Ricordami Che Sono Felice - Volonte, Daniela

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estratto dal libro capitolo 1-3

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Daniela Volontè

Ricordami che sono felice

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Dedicato a tutti coloro che guardano il mondo,

senza mai smettere di fantasticare.

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“La felicità non è fare tutto ciò che si vuole,

ma volere tutto ciò che si fa”

- Nietzsche -

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Capitolo 1

Sono quasi le cinque del mattino. Ho perso tutta lanotte maledizione! Mi sto facendo la doccia poi, forse,potrò concedermi due o tre ore di sonno prima didovermi presentare al lavoro. La cosa più irritantedell’aver dato retta al Gringo, non è lo spreco di tempo,quanto il fatto che non sia successo assolutamente nulla.Il che mi sembra strano perché tendenzialmente le sueinformazioni risultano piuttosto attendibili. Altro chedormire! Sarà l’effetto di tutti i caffè bevuti ieri sera,proprio per poter affrontare la nottata, oppure sarà chec’è un qualcosa che non mi torna in tutta questafaccenda, ma comunque non riesco a prendere sonnonemmeno dopo una lunga doccia calda. I miei pensierivagano. Secondo me ci sono due tipologie di pensieriche possono vorticare nella testa di una persona a

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quest’ora (e dopo una nottata insonne): quelli che siprotendono nei progetti o nelle aspettative del futuro equelli che si perdono nei ricordi del passato. I secondisono sicuramente i più scomodi. Inoltre più tenti ditenerli lontano e più ti si fissano nella testa, ritornandocontinuamente, nonostante il tuo sforzo mentale dideviarli, costringendoti a pensare a tutt’altro.

Tutto sommato quei voli pindarici a qualcosa sonoserviti visto che la sveglia sul comodino segna le sette ecinquanta: alla fine devo essermi addormentato. Devofare un certo sforzo per alzarmi dal letto. Faccio unapromessa a me stesso: questa sera a letto alle nove.Oltre a non dare mai più ascolto a quel tossico! Apro ilfrigorifero e come al solito è vuoto, cerco nei variarmadietti della cucina, ma a parte biscotti al kamut,riso biologico, una quantità improponibile di legumi ditutti i tipi e semi vari, di qualcosa di commestibile perme, nemmeno l’ombra.

Anna è partita da qualche giorno per far visita ai genitorie la dispensa non è per nulla fornita. Se il prezzo dapagare per avere finalmente un po’ di tregua da lei, edalle sue continue avance, è quello di dover fare

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colazione al bar, bene è uno scotto che pago moltovolentieri. È già abbastanza dura lavorare insieme, madover anche condividere l’appartamento sta diventandopensante. Da che è finita con Marco è diventatainsopportabile. E il fatto di aver venduto il suoappartamento per comprarne uno in comune con ilfidanzato, si è dimostrata la scelta meno azzeccata dellasua vita. Marco è sempre stato un grandissimo stronzo,con quella sua aria snob, i suoi soldi e tutte le sueconoscenze elitarie. Il suo amore per Anna però misembrava sincero, ma da un momento all’altro si sonolasciati e senza un motivo plausibile. Almeno per chicome me ha assistito a tutto quanto dall’esterno. Marcoil motivo deve averlo assimilato eccome: non si è fattopiù vedere. Non si è opposto nemmeno quando lei gliha detto che non rivoleva la metà dell’acconto versatoper la casa. Sembra essersi arreso a una qualcheevidenza, senza tentare di lottare per convincere Anna acambiare idea o senza presentarsi per caso sulla suastrada.

Non avendo più una casa lei, e avendo una stanza in piùio, mi è sembrato naturale chiederle se voleva sistemarsi

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da me finché non trovava qualcosa di suo gusto. Bellaidea! Peccato che siano già trascorsi quasi quattro mesie con essi varie disposizioni dei miei mobili, tende nuovein tutta la casa, tappeti bianchi (ma poi, perché liproducono i tappeti bianchi se, per non sporcarli, cifanno camminare sopra senza scarpe, a questo puntonon fateli nemmeno!), stencil ovunque (io fino a quattromesi fa non sapevo nemmeno che cavolo fossero e orame li trovo ovunque persino in bagno) e piante di ognitipo. Prima di partire Anna mi ha fatto una testa così:

— Mi raccomando Luca, le orchidee bagnale almenouna volta mentre sono via. Le piante grasse lascialecosì. Ci penso io quando torno, tanto sto via solo unasettimana!

Se almeno avesse deciso di stare via un mese intero, misarei sbarazzato di tutto questo verde! Avrei preso lascusa del troppo lavoro e magicamente mi sareiscordato di annaffiare quelle adorabili piantine.

Sono già in ritardo, mi preparo in fretta. Parcheggiol’auto negli spazi riservati e prima di entrare devio nelbar all’angolo. Non amo particolarmente questo posto,

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ma essendo l’unico vicino al lavoro, almeno èfrequentato dai colleghi. Dopo una brutta serata è unbalsamo iniziare la giornata con delle facce amiche.

Dopo aver scambiato qualche parola accompagnata daun buon cappuccino con brioche, direi che possoiniziare la mia giornata lavorativa. Mentre mi storecando nel mio ufficio dalla guardiola Giarratano, cheoggi è in servizio, alza lo sguardo e con il suo fare tral’ironico e il rispettoso mi saluta come sempredicendomi:

— Buongiorno commissario Renzi! Tutto bene?

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Capitolo 2

È finita! È davvero finita! Niente ripensamenti, nientedietrofront! Dio, come mi sento leggera! Se avessisaputo prima che firmare una stupida lettera didimissioni mi avrebbe fatto stare tanto bene, lo avreifatto molto tempo fa!

Balle! Inutile raccontarti stronzate Isabelle: avevi unobiettivo e solo ora, che lo hai raggiunto, hai potutofirmare quel maledettissimo foglio. Ho sacrificato molto,troppo.

Va bene, basta rimuginarci sopra, ciò che è fatto èfatto. Mi devo organizzare. Mentre mi dirigo verso casala mia mente sta già passando in rassegna tutto il mioguardaroba, o meglio ciò che mi ricordo di avere nelguardaroba. Sto per girare la chiave della porta del mio

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appartamento e la signora Bianchi fa capolino dalla sua:

— Signorina Isabelle, buonasera!

— Buonasera a lei.

— Non ho ancora avuto occasione di chiederle comesta! Mi sono quasi spaventata nel vederla questamattina. Pensavo che ormai si fosse trasferita a Londrada sua sorella.

— In effetti sono stata via molto più del previsto, ma lafrattura alla gamba di Alice era più seria del previsto.Aveva proprio bisogno di un aiuto.

— Oh che strano! Mi sembrava di aver capito cheaveva preso una brutta infezione ai polmoni!

Porca miseria! È proprio vero che le bugie hanno legambe corte! Ma come faccio a ricordarmele tutte, èumanamente impossibile!

— No signora Bianchi, lei si ricorda bene. Infatti sonopartita proprio per assisterla perché malata dipolmonite, ma una mattina era talmente debole chedopo essersi alzata è caduta nel bagno e, pensi la

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sfortuna, ha sbattuto contro il bidet!

— Un bidet? Ma non è una prerogativa di noi italiani?

Oh santo cielo, questa donna è soffocante. Sono setteanni che vivo qui e, da che mi ricordo, la mia vicina nonsi è mai mossa da Milano.

— Infatti Alice è decisamente italiana! Per questo se nefatta installare uno nella sua casa londinese! — Edecisamente inesistente, visto che sono figlia unica, maquesto forse è meglio non dirlo alla mia zelante vicina dicasa. — Ora la devo salutare signora, ho molte cose dasistemare prima di ripartire.

— Sta già pensando di ripartire? Non è che inInghilterra c’è qualcun altro che la sta aspettando?Magari quel bel giovanotto moro che ogni tantoincontravo sul pianerottolo l’anno scorso?

Al massimo due anni fa! Mi sbagliavo, non è soffocante,è proprio urticante questa donna. Un concentrato diodiosità e curiosità! Scommetto che il suo hobbypreferito è quello di passare la giornata con un bicchiereattaccato alle pareti confinanti con i vicini!

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— Caspita ha proprio l’occhio lungo. Complimenti!Allora tante care cose e mi stia bene signora Bianchi.

— Ne ero sicura, doveva esserci per forza un uomodietro a questo trasferimento. Le auguro ogni bene e sigoda la vita finché è giovane e senza problemi. E sitenga stretto il suo bel fidanzato!

Si goda la vita. Quale vita? Quella che fingo di vivere oquella vera. E poi lui. Ho stravolto la sua vita e ora cosasto pensando di fare? Complicare di nuovo tutto. Porcamiseria! Proprio ora dovevo incontrare quella donna.Ero così decisa. Avevo già programmato tutto e mi erofatta un bel film in testa e adesso, tutte le mie certezze, imiei progetti e le speranze sono crollate. Oddio bastacosì poco! Finché i ricordi erano solo i miei, potevanoessere la mia isola felice, ma la zelante vicina di casa liha materializzati tutti. Lui è diventato concreto. Luca.

Entro nell’appartamento e mi dirigo spedita in camera.Prendo la valigia dall’armadio e inizio a buttare dentrovestiti. Non importa quello che ci metto dentro,l’importante è partire il prima possibile. Il cellulare iniziaa squillare e volutamente lo ignoro. Continuo a pressare

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magliette e pantaloni in quel minuscolo spazio. Dopopoco inizia a squillare il telefono di casa. Non dà segnidi cedimento, ma io so essere più dura. Non rispondo epasso a preparare il beauty. E di nuovo il cellulare. Cheinsistenza! Lo prendo dalla borsa e il displayovviamente mi dà numero sconosciuto. Decido dirispondere.

— Pronto?

— Isabelle, mi spieghi che cazzo significa questa letterasulla mia scrivania?

— Ciao Roberto! Secondo te cosa significa? C’éscritto, non ci vuole un genio!

— Spero che sia uno scherzo!

— Secondo te ho voglia di scherzare? Me ne vado!Lascio tutto!

— Non puoi farlo! Abbiamo investito molto su di te.

— Hai ragione Roberto, ma vi ho già dato molti annidella mia vita. Sono stanca, voglio pensare a me. Devosistemare le cose…

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La voce di Roberto si addolcisce:

— Isa, sai che ti voglio bene come a una figlia e capiscoche tu voglia rimettere tutto a posto con Luca, ma tichiedo solo di non essere affrettata! Vuoi prenderti unperiodo di pausa? Va bene! Ti concedo anche sei mesidi aspettativa dal lavoro, ma non lasciare tutto senzaaverci pensato bene.

— Ci ho già pensato! Non è un colpo di testa.

Il mio interlocutore, dopo un momento, ritrova tutta lasua autorità:

— Ascoltami bene, non ho intenzione di accettare le tuedimissioni! Chiaro?

E giusto per marcare le parole sento rumore di cartastrappata. Poi riprende subito a parlare senza darminemmeno la possibilità di controbattere.

— Ti aspetto domani alle nove in punto nel mio ufficio.Se non ti vedo arrivare giuro che ti faccio cercare datutte le volanti in servizio a quell’ora!

Porca miseriaccia, nemmeno il tempo di rispondere, che

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caratteraccio. Tutto uguale a mio padre. Ho già capito:niente valigia e partenza rimandata. Alla fine la partita lavince sempre lui. Proprio come mio padre.

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Capitolo 3

Commissario. Sono già passati due anni dalla mianomina a capo di questo distretto: il commissariato diTor Vergata a Roma.

Mentre sto per raggiungere il mio ufficio, vedo Riccardoche si dirige verso di me.

— Ciao Luca, come è andato l’appostamento ieri sera?Novità?

— Assolutamente nulla! Sono rimasto in quelparcheggio fino alle quattro, poi me ne sono andatoperché iniziavano ad arrivare gli operai della ferrovia.

— Pensi che la soffiata di quel fattone del Gringo siastata una montatura?

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— Non credo, di solito il nostro informatore è piuttostoattendibile! Forse c’è stato qualche casino all’ultimomomento. L’unica cosa certa qui è il mio sonnoarretrato!

— Visto che siamo in argomento, ricordati dell’uscita diquesta sera. Abbiamo convinto Andrea a pagare ungiro di birre. Oggi è il suo compleanno.

— Non ti preoccupare, mi ricordo gli impegni presi congli amici. Ci vediamo più tardi.

La giornata è trascorsa piuttosto lentamente. Scartoffieda compilare, qualche telefonata, firme varie, dueriunioni per capire a che punto stanno due casispigolosi. Una serie di auto rubate nella zona dicompetenza del distretto e l’aumento di atti vandaliciverso cose e persone in viale Kennedy.

Viale Kennedy, la mia mente non può non correre aMilano. E a lei: Isabelle.

Sono passati già sei mesi dall’ultima volta che ci siamosentiti. Non posso fare a meno di chiedermi cosa stiafacendo in questo momento. Il non sapere come stia, mi

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fa mancare il respiro. È come se vivessi costantementein attesa. E per ironia della sorte, questa è propriol’unica cosa che posso fare: aspettare. Aspettare suenotizie. Aspettare che lei torni da me. Se è ciò chevuole davvero.

Quasi quasi provo a telefonare a Bressan. Lui deveavere per forza sue notizie.

Mentre sto per comporre il numero, bussano alla porta:

— Avanti.

— Luca, scusa se ti disturbo, ma abbiamo unproblema.

— Di che si tratta Silvia?

— Due addetti alla manutenzione delle saline di Ostiahanno trovato il corpo di un uomo.

Dopo essere arrivati sul posto, non ci metto molto ariconoscere il cadavere: è il Gringo, il mio informatore.

Apparentemente non ha nessuna ferita da arma dafuoco, né tanto meno lividi evidenti. Qualcosa di certopotrà dirlo solo il medico legale. Ecco perché non si è

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visto nessun camion ieri sera: sapevano di esserecontrollati?

Un omicidio per un carico di merce contraffatta? Misembra esagerato anche per gente con pochi scrupoli. Ilpiano per la notte scorsa era quello di segnare la targadel mezzo e, se ci fossi riuscito, mettere un segnalatoreGps per capire dove fosse il magazzino principale dellamerce.

Chi ha fatto questo lavoretto sembra un dilettante:tracce di pneumatici lasciati in bella mostra e il corpoper nulla nascosto.

Dopo i rilevamenti del caso, io e Silvia torniamo aldistretto. E dopo mezzora eccomi qui al bar Boccio,ritrovo dei miei colleghi. Questa sera Andrea festeggia isuoi trent’anni, quindi è obbligato a pagare da bere atutti. Anche se ho un sonno pazzesco, preferisco esserequi. A casa telefonerei subito a Roberto per averenotizie di Isabelle. Meglio stare in mezzo alla gente edevitare di rompergli le scatole.

— Ehi, pianeta Terra chiama Luca! A cosa staipensando? Di’ la verità, non è che senti la mancanza

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dell’ispettrice Girone?

In effetti stavo pensando a un donna, ma non certo adAnna.

— Ricky, sempre le stesse cose. Quante volte devoripeterti che tra me e Anna non c’è nulla! Siamo soloamici e colleghi.

— Forse per te è così, ma da parte sua ti possoassicurare che c’è molto di più. Ora che poi si ètrasferita da te, chi la ferma più! — Pure Andrea devesottolineare il suo pensiero, meglio mettersi sulladifensiva.

— Prima di tutto, non si è trasferita da me. La ospitosolo per qualche tempo, finché non trova un altro postodove stare, dopotutto ho una camera in più! Non citrovo nulla di strano nell’aiutare un amico o collega.

Anche se effettivamente ci sono vari indizi chepotrebbero far pensare ad un insediamento permanentee non temporaneo: la dispensa della cucina piena dicibo vegano, le orchidee e piante varie sparse per casa,il tappeto nuovo del salotto e quello stupido zerbino

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fatto a forma di cane con la scritta welcome (con tantodi osso al posto della elle).

— Hai ragione, Luca! Peccato che Anna non sia unamico, ma è una donna. E che donna! Avete visto chegambe! — Anche Franco si sente di dispensaregratuitamente la sua opinione. Era meglio andarmene acasa a dormire.

— E alla festa di Natale dell’anno scorso? Quandostava ancora con quel tipo, quello biondo, Matteo!Aveva un vestito tanto aderente e corto che lasciavapoco spazio all’immaginazione!

— Si chiama Marco, non Matteo. — Tendo aprecisare, nella remota possibilità di cambiareargomento.

— Ma chi se ne frega di come cavolo si chiama queltipo, l’importante è che non ci sia più! Secondo medovresti farci un pensiero Luca! È gnocca, ha un culospettacolare, capisce i problemi legati al nostromestiere, in più vivete già insieme! Cosa aspetti adichiararti e scrivere e vissero felici e contenti alla finedi questa storia! — Detto ciò Riccardo inizia e ridere e

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tutti gli altri con lui.

Non ci posso credere, basta una birra per renderli giàbrilli.

— Facciamo un bel brindisi in onore del nostro amicoAndrea che compie trent’anni! — Rispondo io tentandodi chiudere e cambiare argomento.

— Auguri! — Rispondono in coro gli altri.