Ricerca Storica 02 - Fopponino 2021. 1. 26. · alle sepolture in grandi fosse comuni, i fopponi,...

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1 Ricerca Storica Chiesa di San Giovanni Battista e San Carlo Borromeo Il “Fopponino”

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    Ricerca Storica

    Chiesa di San Giovanni Battista e San Carlo Borrome o Il “Fopponino”

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    Indice: Inquadramento nella città attuale pag. 3 Descrizione del sito e del toponimo pag.3 Prima della fondazione della fabbrica pag.4 La fondazione della fabbrica pag.5 Il cimitero e la cappella dei defunti pag.8 Il chiesa attuale pag.11 Serie delle planimetrie storiche pag.14 Allegati pag.17

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    Inquadramento nella città attuale Il sito dove sorge la chiesa si trova nel quadrante ovest della città costruita, lungo la circonvallazione in prossimità del nodo di Piazzale Aquileia. L’area circostante fu caratterizzata nel tempo dalla presenza dello sperone costituito dalle mura spagnole, l’area insediativa dove attualmente si sviluppa la chiesa risultava esterna alle mura stesse, il perimetro del sagrato si attesta su via S. Michele del Carso. L’appellativo popolare della chiesa risale ai primordi della sua esistenza cioè “Il Fopponino di Porta Vercellina” , le sue radici profonde trovano luogo nella memoria storica del quartiere e nella funzione tragica da esso rappresentato durante la peste a Milano. Uno dei segni che fanno riconoscere la presenza della chiesa sono costituiti da un varco su un muro di cinta in mattoni faccia vista, l’interruzione è costituita da un portale rappresentato da due pilastri settecenteschi bugnati e conclusi in cima dalla presenza di due statue: San Giovanni Battista sul lato di sinistra e San Carlo Borromeo su quello di destra. L’altro segno di rilievo è costituito dalla “cappella dei defunti” che si incontra poco distante percorrendo verso nord via S. Michele del Carso e della quale i milanesi che vi transitano davanti non sembrano quasi accorgersi, ma esso riporta un’iscrizione dal severo monito inciso all’interno della cartella decorativa della cimasa della finestra: «Ciò che sarete voi noi siamo adesso - chi si scorda di noi scorda se stesso». La cosa sorprendente e che dietro quella cappella, dietro quella recinzione si mimetizza un luogo denso di memoria rimasto immutato protetto dalla sua stessa aura. Descrizione del sito e del toponimo La chiesa è di limitate proporzioni, spicca la qualità del cotto lombardo come spruzzo di colore rosso tra le abitazioni adiacenti, davanti si stende un cortile, un rustico sagrato privo di pavimentazione e punteggiato di piante ad alto fusto, vecchie piantumazioni semplici che ben si integrano nel luogo. Il cortile è quello che di più antico rimane, laddove ebbero luogo le prime sepolture della peste di fine “500, zolle benedette che forse accolgono e custodiscono i resti dei nostri avi. Infatti in quest’area esisteva un cimitero, ovvero, una grande fossa comune per i morti, da cui il nome, “Foppa” , equivalente di buca, termine dilettale milanese, poi “Fopponino” come diminutivo. In origine quindi il luogo destinato alle sepolture comuni della peste che raccoglieva i morti del territorio di Porta Vercellina. L’appellativo di Fopponino di Porta Vercellina trae origine dalla sua territorialità a scala di città, dalla sua funzione, dal linguaggio dialettico popolare ma anche da un tentativo strategico delle autorità sanitarie di situare i Fopponini, ed in Milano nel periodo della peste ne esistevano altri, in zone limitrofe alla città esterna cioè fuori dalle mura e lontani dagli abitati. “… la furia del contagio (1630) andò sempre crescendo: in poco tempo non ci fu più quasi casa che non fosse toccata; in poco tempo la popolazione del Lazzaretto, a dir del Somaglia citato sopra, montò da duemila a dodicimila: più tardi, a dir quasi tutti, arrivò fino a sedicimila. Il 4 luglio, come trovo in un’altra lettera dei Conservatori della Sanità al Governatore, la mortalità giornaliera oltrepassava i cinquecento. Più innanzi, e nel colmo, arrivò, secondo il calcolo più comune, a milleduecento, millecinquecento, a più di tremilacinquecento…..”(1)

    (1) A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXXII

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    Il grande numero di decessi quotidiani aveva obbligato le autorità sanitarie a provvedere alle sepolture in grandi fosse comuni, i fopponi, nelle vicinanze dei lazzaretti. Anche quello più grande di Porta Orientale, San Gregorio al Foppone, si dimostrò insufficiente ad accogliere tanti morti, fu così che se ne aggiunsero altri che si formarono in zone diverse della città, mantenendo la regola di posizionarli fuori dalle mura e distanti dai luoghi abitati nel tentativo di limitare la diffusione del contagio. E’ opinione comune condivisa tra gli storici recenti come il Tedeschi (2), che tra i Lazzaretti improvvisati in quegli anni e relativi Fopponi situati nelle vicinanze, apprestati fin dalla prima grande moria del 1576, ci fosse anche il nostro ubicato nel suburbio di Porta Vercellina, oltre le mura spagnole in zona considerata di aperta campagna perciò priva di abitazioni. Questa potrebbe essere una delle ragioni di carenza di notizie sulle possibili visite pastorali degli arcivescovi di Milano di allora Federico Borromeo e Cesare Monti i quali prediligevano il contatto con la popolazione milanese. Prima della fondazione della fabbrica La prima notizia del Fopponino proviene dall’archivio notarile di Milano con un documento datato 29 agosto 1630, il periodo in cui maggiormente la peste si abbatteva sulla città. E’ un rogito redatto dal notaio Quarterio costituito da un lascito da parte di Giovanni Andrea Crivelli fu Baldassare, abitante nella parrocchia di San Martino al Corpo (corrispondente all’attuale S.Vittore al Corpo), il quale deciso a fondare “… al loco del Foppone, fora di Porta Vercellina”, una chiesetta dedicata a San Giovanni Battista ed a questo scopo destinava una somma di denaro per dare avvio alle opere di edificazione della stessa, nello stesso testamento, il Crivelli, si augurava che gli abitanti della località seguissero il suo esempio concorrendo alle spese di completamento della chiesa. E’ comunque il riscontro che il Foppone di Porta Vercellina fosse già operativo collocando la sua origine proprio al tempo della prima grande peste del 1576. Altra testimonianza è quella del Ripamonti (3), che parlando della funzione dei lazzaretti sussidiari dice: “Dovere di storico mi vieta di tacere delle capanne, dei sepolcri, de’funerali e cadaveri; lugubre argomento! Le capanne degli appestati furono 645 a Porta Nuova, 715 a Porta Vercellina , non più di 30 a Porta Romana …” ed aggiunge ricordando anche la grande peste di San Carlo del 1576 quanto segue: “… In tali ristrettezze del Lazzaretto si supplì come facemmo noi pure, alla turba, erigendo pei malati ed moribondi, Lazzaretti succursali fuori le mura”. Tali testimonianze non fanno altro che avallare ancora una volta l’ipotesi che il nostro Fopponino era collocato fuori dalle mura di Porta Vercellina quindi in un’area priva di abitazioni e di popolazione come accadeva per gli altri.

    (2) Dott. Carlo Tedeschi, segretario del Comune di Milano, scrisse “Origini e vicende dei cimiteri a Milano e del servizio mortuario. Ed. Agnelli Milano 1899 (3) G. Ripamonti (1577-1643), La peste a Milano del 1630,(5 volumi). Volgarizzato dal latino da F.Cusani Milano 1841

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    La fondazione della fabbrica Alcuni studiosi milanesi confondono la chiesa di cui in oggetto con quella già esistente dedicata a San Giovanni alla vipera, Vepera o Vepra (4) edificata presso la cascina Brera, in vicinanza del fiume Olona. Altri la ricordano, confondendo, con il nome di San Giovanni alla Paglia o al Fopponcino, o Fopponino, o anche con quello assegnato ad un'altra chiesetta scomparsa da molti anni intitolata a San Giovanni alla Paglia nei pressi della vecchia stazione centrale nei pressi della chiesa di San Gregorio, messa in evidenza anche nelle antiche mappe della città nei pressi del Lazzaretto di Porta orientale ed orientata verso nord-ovest. Nella terminologia si associava la piccola chiesa con l’appellativo “alla Paglia” per identificare la densità di capanne improvvisate nei piccoli recinti delle medesime per ospitare i contagiati; inoltre tale associazione era sempre accompagnata al nome di San Giovanni come santo popolare degli Acta Santorum. La chiesa non risulta orientata ma è disposta in sull’asse nord-ovest / sud-est, molto probabilmente fu costruita in due fasi successive integrate fra loro: una prima fase databile nel periodo compreso tra 1662-1663 riguarda il nucleo primitivo di fondazione costituito dal corpo centrale ed identificabile nella piccola navata voltata a botte conclusa da un piccolo presbiterio di forma rettangolare coperto con una piccola volta a vela, entrambe sormontate da una copertura a capanna, quella del corpo a voltato a botte di poco più alta rispetto a quella che copre il presbiterio. Della fondazione così come del progetto originario non si ritrovano testimonianze e documenti precisi, inoltre si riscontra una discordanza di opinioni tra gli storici milanesi che nei secoli scorsi si sono occupati dell’argomento. La prima data attendibile è del 1663 in quell’anno infatti la primitiva costruzione, di modeste dimensioni, forse poco più grande di una cappella, doveva essere già terminata ed addirittura funzionante difatti nello stesso anno si ha notizia che fu benedetta da un certo Don Macario prete della basilica di S. Ambrogio e Prefetto di Porta Vercellina. Nello stesso anno, il 26 dicembre, vennero autenticate da parte della Curia Arcivescovile le reliquie dei santi martiri Faustino, Fortunato, Feliciano e Vitale, giacenti nella chiesetta. Non appena conclusa la fase d’impianto, si diede inizio ad una campagna di ampliamenti che dal 1662 si conclusero nel 1673, undici anni attraverso i quali la chiesa acquista la sua attuale fisionomia passando attraverso vari accorpamenti: • l’ampliamento longitudinale con la realizzazione di un presbiterio più ampio coperto da

    una volta a vela e sormontato da una copertura a capanna, la quale è impostata ad una quota di colmo più bassa rispetto alla porzione originaria voltata a botte (1663-1664);

    • la realizzazione della Canonica della “Confraternita della buona morte” sia maschile che femminile fondate dal Cardinale Alfonso Litta, arcivescovo di Milano (1664), potrebbero aver inglobato nella loro costruzione la realizzazione del basamento del campanile e della porzione del piano terra la cappella di sinistra della Beata Vergine (1664-1666);

    • Nel 1666 Don Carlo Ghioldo, canonico della Basilica di San Nazaro, con delega arcivescovile, benedice l’altare maggiore ormai terminato;

    • Nel 1673 la chiesa poteva considerarsi compiuta in ogni sua parte poiché oltre all’altare

    maggiore risultavano completate anche le due cappelle laterali, quella di sinistra, dedicata alla “Beata Vergine” e quella di destra, dedicata al “Santissimo Crocifisso”.

    (4) W.Pinardi, I corpi santi di Porta Vercellina, pag.10 – Milano 1966

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    Risultò finito anche il piccolo campanile a pianta rettangolare dotato di due campane, e la nuova sacrestia;

    Dai documenti conservatisi nella Curia Arcivescovile di Milano sappiamo di una visita fatta in luogo, nel 1683, da Don Carlo Giuseppe Saita, arciprete di San Lorenzo e prefetto di Porta Vercellina: “Visitavi oratorium Sanctorum Joan-Baptistae et Caroli Portae Vercellinae, vulgo al Foppone”(5). La visita vicariale di Don Carlo Giuseppe Saita del 6 maggio 1683 conferma l’importanza ricoperta ed il ruolo raggiunto dalla chiesa, sono testimonianza l’elenco e la descrizione degli elementi e delle suppellettili che componevano il patrimonio liturgico, le visite vicariali, i legati a favore della chiesa ed i sepolcri in essa contenuti. Venne stilato infatti dal Vicario Saita un elenco consistente con circa una cinquantina i voci che riguardano i quadri di varie dimensioni e relativi soggetti che comparivano fino a quell’anno nella chiesa. Oltre ai quadri che in parte furono sottratti in tempi successivi l’elenco annota ben centotrenta pezzi liturgici suddivisi in opere multiple o singole. Questi oggetti formavano un patrimonio sacro che andò sempre crescendo fino all’epoca delle soppressioni effettuate da Giuseppe II. Ciononostante un recente inventario ha consentito di identificare alcuni beni con ogni probabilità risalenti al periodo della antica fondazione, ne sono testimonianza le cassette portareliquie dei santi martiri autenticate presso la chiesa. • Nel 1722 l’altare maggiore fu spostato in avanti ed in quell’occasione il presbiterio

    venne delimitato mediante la realizzazione di balaustra lapidea munita di cancelletto in ferro;

    • Nel 1736 venne eretto l’altare nella cappella superiore della Beata Vergine che era stata costituita 60 anni prima.

    Sono le ultime notizie che riguardano il Fopponino inteso come chiesa e costruzioni accessorie, successivamente con le leggi emanate da Giuseppe II, ed in parte con le loro conseguenze, ha inizio un periodo di lenta ma inarrestabile decadenza. La chiesa e l’area circostante vennero, per forza degli avvenimenti, lasciati in stato di semiabbandono impedendone lo svolgimento delle sue funzioni benefiche, si ridusse, nel 1895 con la soppressione del cimitero, a svolgere la funzione di oratorio maschile dipendente dalla parrocchia di San Pietro in Sala.

    (5) W.Pinardi, Il Fopponino di Porta Vercellina in Milano, pag.23 – Edizioni di “Arte Cristiana” – Milano 1969

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    Planimetria di sintesi delle soglie storiche e degli ampliamenti del corpo di fabbrica (6) Legenda soglie storiche:

    Fondazione nucleo primitivo 1662-1663

    Primo ampliamento: presbiterio 1663-1664 Secondo ampliamento: Confraternita 1664-1666

    Conclusione impianto: cappelle 1673

    (6) Planimetria di base: W.Pinardi, Il Fopponino di Porta Vercellina in Milano, illustrazione n°8 – Ediz ioni di “Arte Cristiana” – Milano 1969

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    Il cimitero e la cappella dei defunti Il complesso primitivo che formava il nostro Fopponino era un cimitero che si stendeva davanti alla Chiesa e sui fianchi della stessa dove si notava la maggior ampiezza dell’area di destra che fu recintata nel 1674 dal parroco di San Pietro alla Vigna, Don Andrea Gatti. Apprendiamo questo dato da una visita vicariale tenutasi nel 1683, in precedenza detto cimitero era aperto quindi abbiamo collocato la conclusione della parte murata dell’area. Il muro allacciava sui lati la “cappella dei morti” che attualmente si affaccia su via S.Michele del Carso. Questa cappella votiva doveva essere stata costruita qualche tempo prima, a titolo devozionale e voluta dalla pietà dei fedeli. Nessuna datazione o documento al riguardo, è un piccolo saccello che per stile ed ordine è perfettamente aderente a quello della chiesa ma la sua fondazione potrebbe appartenere al primitivo cimitero ipoteticamente databile 1630-1640, una cartella barocca si svolge sulla porzione superiore della finestra, chiusa da una robusta inferriata, che riporta un monito: «Ciò che sarete voi noi siamo adesso - chi si scorda di noi scorda se stesso». L’interno è un minuscolo corpo quadrangolare con una copertura voltata, il piano della pavimentazione è ribassato rispetto al piano stradale attuale segno che all’esterno la storia si è stratificata all’interno è rimasta immutata, tutto si conclude in un altarino semplice e con scarse decorazioni addossato alla parete di fondo. All’esterno resti sepolcrali adornano l’edicola a sesto ribassato ed interrotto, conclusa sui fianchi da due pilastri a base quadrangolare di ordine tuscanico. Sulle sepolture all’interno della chiesa ci viene data conferma da l’Istromento Rabia (1668), documento che legittimava le medesime, riservate esclusivamente ai confratelli, che dovevano avvenire davanti all’altare maggiore. Nel 1767 il governo di Milano era impegnato in un progetto per far seppellire tutti i defunti fuori dalle chiese, progetto che sarà attuato nel 1786. Allo scopo il Comune di Milano aveva scelto, in precedenza (26 dicembre 1785), fra i terreni convenienti per ubicazione e conformazione geologica quello sito in località di San Giovannino alla Paglia presso Porta Vercellina che furono acquistati con somma anticipata dal comune stesso. In quel periodo si procedette all’ampliamento dell’antico cimitero deciso con leggi emanate da Giuseppe II, le stesse leggi che abolivano beni ecclesiastici e sepolture dei morti nelle chiese. La risposta della confraternita della morte fu immediata poiché si acquistarono i terreni posti a sinistra e dietro il fabbricato della chiesa dando avvio immediato ai lavori per la costruzione del nuovo cimitero. Difatti l’anno successivo il cimitero era già pronto ad accogliere le prime sepolture dei fedeli abitanti nelle vicine località, con la concessione del Comune Forese dei Corpi Santi di recente costituzione. Nel febbraio del 1808, dopo pochi anni di autonomia, Comune Forese Corpi Santi di Porta Vercellina venne aggregato alla città di Milano con l’obbligo di contribuire alle spese di manutenzione dei cimiteri urbani. Nel febbraio del 1816 l’Ex Comune Forese ritorna ad essere autonomo pur rimanendo impegnato in concorso di spesa per la gestione dei cimiteri urbani, tale autonomia rimarrà inalterata fino al 1873 anno in cui il Comune Forese passerà definitivamente in proprietà al Comune di Milano. Il cimitero risulta presto insufficiente deve subire altri ampliamenti.

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    In precedenza il 2 novembre 1866 venne aperto alle prime inumazioni il cimitero Monumentale di Milano su progetto dell’architetto Carlo Maciacchini per rispondere alle rinnovate esigenze del comune di Milano di avere un cimitero più grande. Nel 1867, venne composta una commissione tecnico – sanitaria che diede avvio ad una ispezione del cimitero del Fopponino, che si concluse nel 1882 con una delibera negativa all’uso del terreno per effettuare inumazioni in quanto la composizione del terreno risulta argilloso e perciò atto alla decomposizione dei corpi organici.

    Nella planimetria soprastante è riportata la reale estensione del cimitero del fopponino di Porta Vercellina aggiornata al 1875 (7), è interessante notare come il corpo della chiesa ed il sagrato rustico rimangano circoscritti quasi sospinti verso l’attuale via S. Michele del Carso, mentre l’area cimiteriale si snoda proteggendo il complesso da nord – ovest. Nel 1882 il sindaco di Milano Giulio Bellinzaghi, dichiarò l’esigenza di implementare le superfici da destinare ad area cimiteriale in quanto il Monumentale non poteva assolvere da solo a detta funzione. Si identificò allo scopo un’area ancora più esterna collocata nell’allora comune di Musocco e uniti a nord – ovest di Milano. Nel 1887 venne decretato il progetto vincente del bando di concorso ad opera degli ingegneri Brotti e Mazzocchi per la realizzazione del “Musocco”.

    (7) Archivio di Stato: Catasto Lombardo Veneto. Mappe del Catasto Urbano - Corpi Santi di Porta Magenta. Comune censuario MilanoMappa originale del comune censuario dei Corpi Santi di Porta Magenta: Foglio 19 Mediazione Grafica: inchiostro nero, inchiostro colori, acquerello, matita Formato Dimensioni (altezza x base): 55x70 - anno finale mappa: 1875

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    Il 30 novembre 1895 il cimitero di Porta Vercellina fu definitivamente soppresso con quello che ne conseguì per la chiesa per cui la funzione perse di valore insieme al complesso della confraternita, ricordiamo che allora la parrocchia di riferimento era quella di San Pietro in Sala e così rimase fino al 1958 quando la nuova chiesa diede anche una nuova identificazione alla vita della parrocchia, rendendola autonoma ed intitolandola a San Francesco D’Assisi al Fopponino.

    Carta di Milano 1895 dove con evidenziata l’area del cimitero soppresso (campitura di colore verde) riportante il nome di cimitero di Porta Magenta La ricostruzione storica degli avvenimenti legati al cimitero influirono sui risvolti di quanto accadde per la nostra chiesa, quindi la lettura trasversale che ne deriva è condensata nel fatto architettonico visibile, difatti con ogni probabilità senza la presenza originaria del “foppone”, il significato di questo sito e del suo complesso chiesastico avrebbe una valenza diversa. Sinteticamente questo luogo si è preservato nel tempo anche se la sua storia risulta avvolta dalle nebulose e tragiche vicende di cui è stato partecipe.

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    Il chiesa attuale L’esterno della chiesa è semplicissimo, ha un paramento murario in vista tipo cotto lombardo rustico che lo caratterizza, le facciate non vennero mai completate dall’intonaco, inoltre non vi sono notizie dello stato di progetto originale. Attualmente il corpo della chiesa risulta libero su tre prospetti, il fianco sinistro della chiesa è parzialmente aderente ad un corpo basso nella zona della terminazione del presbiterio. Questo è il risultato di un recente intervento che ha interessato una serie di demolizioni autorizzate nel 1966 da parte degli uffici preposti della Curia, della Soprintendenza e del Comune di Milano. La descrizione degli elementi tipologici che compongono l’edificio ed il loro stato di conservazione sono di seguito descritti. La copertura si presenta con un tetto a capanna in laterizio tipo coppi “maritati” aggraffati alle cantinelle di forma rettangolare di formato 5x2 cm (bxh) in essenza di legno tipo abete che risultano attaccati da un degrado dovuto in parte agli agenti atmosferici ed in parte all’aggressione di agenti chimici. La struttura di copertura è disposta su tre ordini: • i travetti o palombelli passafuori di forma rettangolare di formato 10x12 cm (bxh) in

    essenza di legno tipo abete sui quali sono fissate le cantinelle; • le terzere che corrono longitudinalmente di sezione circolare avente diametro di circa

    25cm in essenza di legno tipo larice sulle quali sono fissati i travetti, questa struttura è riconoscibile come quella originaria; sono in buono stato di conservazione.

    • le capriate che sono posate trasversalmente dotate di puntoni di sezione circolare aventi diametro di circa 28 cm in essenza di legno tipo larice sulle quali sono fissate le terzere, queste strutture sono riconoscibili come quellaeoriginarie; sono in buono stato di conservazione.

    Sul muro perimetrale infine è collocato un dormiente sempre in larice poggiato su pilastrini in mattoni pieni che emergono dalla muratura così da formare una alternanza tra pieni (appoggi che costituiscono il vincolo perimetrale della copertura) e vuoti che costituiscono la ventilazione tra testa della muratura ed intradosso del manto di copertura. Questa trama risulta chiaramente visibile sul corpo centrale del nucleo primitivo identificato nella navata coperta da volta a botte. L’estradosso della copertura è caratterizzata dal sistema tipo a coppi in laterizio maritati, non esistono profili di lattoneria di testata in quanto il bordo è costituito dal primo coppo rovesciato con la parte concava rivolta verso l’alto. Il manto di copertura si presenta con visibili depositi superficiali e zone che presentano fessurazioni o frammentazioni. La linea di colmo è caratterizzata da una differenza di quota al colmo che individua le periodizzazioni di intervento indicando nella quota più alta la zona che copre la navata originaria, al colmo più basso il presbiterio originario dello stesso periodo ragguagliato in quota dal colmo del suo successivo ampliamento.8 Le lattonerie risultano alterate da una forma di degrado antropico, dovuto al come si è posto rimedio nel tempo e alle sovrapposizioni di materiali utilizzati, infatti l’unico dato omogeneo lo si legge sulle canalizzazioni di gronda che risultano in rame, poi in discesa esiste una interpretazione varia del tipo di materiale che vede l’uso del pvc, della lamiera zincata e della ghisa per gli spezzoni di base.

    (8) Rilievo Ortofoto con sezione sull’ampliamento del presbiterio rivolta verso l’ingresso.

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    (8) Rilievo Ortofoto con sezione sull’ampliamento del presbiterio rivolta verso l’ingresso I paramenti murari perimetrali non sono del tutto omogenei, le pezzature dei mattoni risultano avere delle oscillazioni dimensionali comprese tra 6÷7 cm di altezza e 24÷25 cm di larghezza la cui composizione chimica e datazione è stata accertata (vedi allegato). Sono mediamente in buono stato conservativo pur evidenziando lievi alterazioni cromatiche diffuse e principi di erosione localizzati. Fanno parte del sistema murario anche i corsi di allettamento di malta cementizia la cui composizione chimica e datazione è stata accertata (vedi allegato). Sono attaccate da degrado generale tipo disgregazione e decoesione, di fatto i corsi svuotati dalla malta di allettamento non garantendo la continuità tra un mattone e l’altro, inoltre si osservano delle lacune dovute ad erosione dei laterizi in modo diffuso.

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    Sono presenti vari segni sulle facciate come lacerti di malta cementizia, chiavi in ferro in stato ossidativo, fosse pontaie che testimoniano la formazione del fabbricato, formelle rappresentative in cotto che rappresentano i santi Giovanni Battista e Carlo, lapidi murarie o a basamento e sculture in ferro e bronzo. Esiste un unico portale d’accesso caratterizzato da una cornice interna e da basette in pietra tipo granito rosa di Baveno, utilizzata nel XVI secolo nell’architettura milanese(9), a lato del portale vi sono due mezze colonne che incorniciano l’ingresso addossate al muro perimetrale e rivestite con pietra tipo arenaria, ornate con motivi funebri e sormontate da una cornice in aggetto sulla quale si stacca un ovale dello stesso materiale contenente una scultura che in origine doveva raffigurare San Carlo che comunica agli appestati. L’ovale infine risulta sormontato da una cornice barocca che si completa con la sovrastante finestra di generose dimensioni. Il portone d’ingresso è costituito da struttura a telaio unico con traverso e sopraluce chiuso da scudo cieco decorato a cassettone così come a cassettone sono decorate le ante mobili, l’essenza del materiale e di legno tipo larice che risulta attaccato da alterazione cromatica dovuta alla carie bianca del legno. Appena varcato l’ingresso, nella navata si incontrano due piccole cappelle contrapposte una a destra del “Crocifisso” l’altra a sinistra della “Beata Vergine” La pianta della chiesa evidenzia una buona proporzione tra larghezza e profondità in rapporto di uno a tre come già espresso l’interno è coperto da volta a botte per la zona del nucleo primitivo e da due volte a vela in successione che coprono il presbiterio originario ed il suo ampliamento che si apre dopo una lieve strozzatura della muratura perimetrale. La volte a botte è interrotta da una crociera nella quale si aprono le finestre laterali della navata, di forma regolare e di buona proporzione. L’ampliamento del presbiterio è caratterizzato dalla presenza dell’altare e delle due finestre laterali alla “Belga”, composizione formale curvilinea e simmetrica L’interno è sinteticamente rappresentato dall’immagine raccontata da Walter Pinardi: Gli elementi architettonici decorativi ideati dagli ignoti costruttori seicentisti e che da loro furono usati con molta misura sono di “ordine toscano“, e riescono a dare all’intero ambiente, malgrado la sua frammentarietà, un particolare senso di armonia e di raccolta spiritualità. (10) Attualmente le condizioni delle volte interne non presentano quadri fessurativi o allarmi di natura statico-strutturale. (9) L'impiego del granito nell'architettura milanese si sviluppò solo nel XVI secolo soprattutto per pilastri e colonne (Lazzaretto, demolito nel 1880). L'uso si diffuse nel XVII secolo con i fusti per le colonne dei cortili dei grandi palazzi come Brera, del Senato, del Seminario, Ospedale Maggiore, Stelline e delle facciate di edifici religiosi come Santa Maria alla Porta e Sant'Alessandro. Il termine utilizzato in antico era "migliarolo" o "miaròlo rosso" dal termine "miarœu" del dialetto milanese. (10) W.Pinardi, Il Fopponino di Porta Vercellina in Milano, pag.23 – Edizioni di “Arte Cristiana” – Milano 1969

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    Serie delle planimetrie storiche Le serie storiche delle planimetrie sono una raccolta di carte tecnico - tematiche che individuano per soglie piuttosto ravvicinate gli eventi che hanno contribuito a restituire l’attuale immagine della chiesa e del suo intorno. La prima soglia è del 1875 poco prima della soppressione del cimitero, si identifica l’area costruita del corpo della chiesa e della porzione della canonica della confraternita addossata al fianco della chiesa ed indicata con la lettera “ E” (11), con la lettera “F” è chiaramente visibile il sagrato rustico limitato dalla cinta muraria verso la vecchia circonvallazione l’attuale via S. Michele del Carso, infine in evidenza lo sperone delle mura spagnole tangente al limite interno della strada di circonvallazione.

    (11) Archivio di Stato: Catasto Lombardo Veneto. Mappe del Catasto Urbano, Corpi Santi di Porta Magenta. Comune censuario Milano Mappa originale del comune censuario dei Corpi Santi di Porta Magenta - Mappa. Foglio 19 Mediazione Grafica: inchiostro nero, inchiostro colori, acquerello, matita Formato Dimensioni (altezza x base): 55x70 - anno finale mappa: 1875

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    La seconda soglia storica è del 1930,dopo il Piano Beruto, si nota l’assenza dello sperone delle mura spagnole dove in sua sostituzione si nota una linea tratteggiata, l’intorno urbano risulta più densamente edificato e la nomenclatura della viabilità è già quella attuale. La chiesa verso la fine dell’ottocento era adibita ad attività di oratorio maschile per la parrocchia di San Pietro in Sala, dapprima si tentò di adattare la sala capitolare della “Confraternita della morte” a teatro per piccole rappresentazioni, successivamente nei primi del “900, si realizzò un ampliamento delle opere maschili costituito da un corpo longitudinale che si sviluppava lungo il confine ovest del cortile.

    Carta di Milano 1930 Legenda Impianto chiesa 1663 Impianto Confraternita della morte 1666 Impianto opere maschili 1908 - 1909

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    La terza soglia è del 1965, emerge la realizzazione della nuova chiesa intitolata a San Francesco d’Assisi al Fopponino su progetto dell’Architetto Giò Ponti, in concomitanza la parrocchia riacquista la sua autonomia (1958) scindendosi dalla parrocchia di San Pietro in Sala. Questa soglia è stata scelta poiché come visibile non accade nulla al cospetto della chiesa confermando lo status quo della soglia precedentemente analizzata.

    Planimetria del 1965 Carta Tecnica Comune di Milano. Infine l’ultima soglia scelta è del 1972, Carta Tecnica Comune di Milano, riguarda proprio lo stato di fatto attuale da cui emerge la demolizione della canonica della confraternita della morte e delle opere maschili (1966), mettendo a nudo il fianco sinistro della chiesa dal quale rimane visibile l’estradosso della cappella della Beata Vergine coperta da un unica falda.

    Planimetria del 1972 Carta Tecnica Comune di Milano.

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    Allegati Atti autorizzativi provenienti dai pubblici uffici relativi alle opere di demolizione effettuate nel 1966:

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    Documento proveniente dalla Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia

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    Stralcio del progetto cui si riferisce la nota della Soprintendenza dei Monumenti della Lombardia

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    Comune di Milano: Ripartizione Edilizia privata, Licenza per opere di demolizione

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    IL FOPPONINO DI PORTA VERCELLINA

    1576 - PESTE DI S. CARLO E PRIME SEPOLTURE IN LUOGO

    1630 - SECONDA GRANDE PESTE DI MILANO

    ....... - LAZZARETTO CON 715 CAPANNE PER APPESTATI

    ....... - DONAZIONE CRIVELLI PER UNA CHIESA DEDICATA POI

    ....... - AI SANTI GIOVANNI BATTISTA E CARLO BORROMEO

    1662 - INIZIO COSTRUZIONE DELLA CHIESA

    1664 - EREZIONE CANONICA DELLA CONFRATERNITA DELLA MORTE

    1674 - RECINZIONE DEL CAMPOSANTO

    1778 - AMPLIAMENTO DEL CIMITERO INTORNO ALLA CHIESA

    1808 - DONAZIONE TREVES PER IL CIMITERO ISRAELITICO CITTADINO

    1826 - NUOVO AMPLIAMENTO DEL CIMITERO

    1828 - DONAZIONE LEVI PER L'AMPLIAMENTO DEL REPARTO ISRAELITICO

    1882 - DICHIARAZIONE DI INAGIBILITA' DEL CIMITERO

    1885 - CHIUSURA DEL SACRO LUOGO ALLA INUMAZIONE DELLE SALME

    ....... - DESTINAZIONE DELLA CHIESA E ANTISTANTE CORTILE

    ....... - A ORATORIO MASCHILE PARROCCHIALE DI S. PIETRO IN SALA

    1912 - TRASPORTO DEI RESTI AL CIMITERO MAGGIORE

    1958 - EREZIONE DELLA PARROCCHIA DEI SANTI GIOVANNI

    ....... - BATTISTA E CARLO BORROMEO AL FOPPONINO

    1959 - RICONOSCIMENTO CIVILE DELLA PARROCCHIA

    1961 - POSA DELLA PRIMA PIETRA DEL TEMPIO VOTIVO DI

    ....... - S.FRANCESCO D'ASSISI AL FOPPONINO BENEDETTA

    ....... - DAL CARD. GIOVANNI BATTISTA MONTINI

    1964 - CONSACRAZIONE DELLA NUOVA CHIESA PARROCCHIALE

    .........................A.D. MCMLXXIII

  • 22

    Il linguaggio Simbolico riconoscibile sulle lesene a lato del portale d’ingresso: Le simbologie della devozione funeraria, così, si diffondevano dovunque e rapidamente, con conseguenza del moltiplicarsi dei simboli mortuari -quasi sempre immagini di teschi - in molte sedi associative. Negli stessi anni, una associazione con lo stesso nome di quella melzese era stata costituita anche a Melegnano, nella Cappella dei santi Cosma e Damiano della Basilica minore, dedicata a San Giovanni Battista. All’altare della cappella erano destinati diversi legati testamentari, perché secondo la tradizione si trattava di un altare “privilegiato”, cioè col privilegio della liberazione di un’anima del Purgatorio.