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Scuola di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale Fisica e Astrofisica Ricerca di Z primo nel canale dimuonico con l’esperimento CMS Search for Z prime in the dimuon channel with CMS experiment Relatore: Prof. Simone Paoletti Correlatore: Prof. Vitaliano Ciulli Candidato: Saverio Mariani Anno Accademico: 2014/2015

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Scuola diScienze Matematiche

Fisiche e NaturaliCorso di Laurea Triennale

Fisica e Astrofisica

Ricerca di Z primonel canale dimuonicocon l’esperimento CMS

Search for Z primein the dimuon channelwith CMS experiment

Relatore:Prof. Simone Paoletti

Correlatore:Prof. Vitaliano Ciulli

Candidato:Saverio Mariani

Anno Accademico: 2014/2015

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Sommario

Il Modello Standard descrive i fermioni fondamentali ad oggi conosciuti checompongono la materia e le loro interazioni, mediate dallo scambio di bosoni.Ad oggi, esso costituisce uno dei risultati piu accurati raggiunti nel campodella fisica subnucleare. Nonostante cio, esistono importanti indicazioni dellasua incompletezza, cioe tali da far ipotizzare la sua estensione con l’introdu-zione di ulteriori particelle o di extra-dimensioni. All’interno delle possibiliteorie che sono state formulate trova posto un nuovo bosone supermassivo,con massa dell’ordine dei TeV, chiamato Z’ per le proprieta analoghe al bo-sone Z del Modello Standard. Bosoni di gauge in aggiunta a quelli conosciutisono oggetto di ricerca in vari studi scientifici, dato che una loro evidenzacomporterebbe un importante indizio di nuova fisica.Di seguito e presentata la ricerca di un segnale riconducibile alla Z’ utilizzan-do i dati raccolti nel 2015 dall’esperimento CMS al CERN durante il Run 2di LHC che corrispondono a una luminosita integrata totale di 2.67 fb−1 dicollisioni pp a

√s =13 TeV. L’incremento di energia nel centro di massa che

e avvenuto con il Run 2 (da 7-8 TeV a 13 TeV) rende la ricerca di nuove par-ticelle ad alta massa competitiva rispetto ai risultati gia raggiunti nel primoRun, pur essendo la luminosita integrata inferiore di un ordine di grandezza.Considerando quindi il canale di decadimento della Z’ in coppie µ+µ−, sie isolato lo stato finale di due muoni di segno opposto e tali da soddisfarealcuni tagli di selezione sull’impulso trasverso, sulla regione di accettanza esulla ricostruzione. Si e quindi calcolata la massa invariante delle coppie dimuoni scelti, ricercandone nello spettro un picco che fosse riconducibile albosone Z’ sopra la distribuzione di fondo (background) valutata attraversoopportuni algoritmi di simulazione Monte Carlo.Sfruttando il software d’analisi ROOT, uno dei framework piu utilizzati nelcampo della fisica delle particelle e la programmazione in linguaggio C++,si e quindi scritto un codice che ha permesso l’analisi di dati e simulazioni.Non avendo osservato evidenza di segnale, si e calcolato il limite superio-re alla sezione d’urto del processo di produzione della Z’ con decadimentoZ ′ → µ+µ− per diversi valori di massa.

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Indice

Indice

1 La fisica oltre il Modello Standard 11.1 Il Modello Standard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Limiti del Modello Standard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 Il bosone Z’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 La fisica a LHC 62.1 Il Large Hadron Collider . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.2 Le collisioni protone-protone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.3 Il rivelatore CMS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102.4 La ricostruzione dei muoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

3 Analisi dati 183.1 Selezione del segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183.2 Analisi in Narrow Width Approximation . . . . . . . . . . . . 223.3 Analisi in Full Width Approximation . . . . . . . . . . . . . . 24

Conclusioni 28

Appendice: Test statistici e livello di confidenza 29

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Capitolo 1

La fisica oltre il ModelloStandard

1.1 Il Modello Standard

Nel campo della fisica delle alte energie, ad oggi il Modello Standard rap-presenta lo stato dell’arte ma costituisce allo stesso tempo il punto di par-tenza per l’indagine di nuove teorie tese a completare la nostra comprensionedi cio che ci circonda. Esso ha superato una grande quantita di prove speri-mentali ma potrebbe essere considerato come l’approssimazione di una teoriapiu generale, che spieghi effetti non previsti ai quali ci riferiamo di solito coltermine di nuova fisica.Come mostrato in Fig. 1.1, il Modello Standard organizza la materia in dueclassi fondamentali di particelle: i fermioni (e le loro rispettive antiparti-celle), di spin semintero e che obbediscono alla statistica di Fermi-Dirac, e ibosoni, che invece seguono la statistica di Bose-Einstein e posseggono spinintero. Oltre a cio, il Modello Standard fornisce una descrizione completa ditre delle quattro interazioni fondamentali tra le particelle, ovvero:

• Forza forte, all’origine delle interazioni nucleari;

• Forza debole, responsabile ad esempio del decadimento beta del neu-trone;

• Forza elettromagnetica, legata alle caratteristiche elettriche e ma-gnetiche delle particelle e per energie opportune (dell’ordine dei 100GeV) unificata alla precedente sotto il nome di forza elettrodebole;

• Forza gravitazionale, legata invece all’attrazione tra i corpi dotati dimassa ma che non e ad oggi inclusa nel Modello Standard.

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2 Capitolo 1 La fisica oltre il Modello Standard

Figura 1.1: La classificazione delle particelle secondo il Modello Standard.

A loro volta, i fermioni sono suddivisi nelle due categorie fondamentali dileptoni, che interagiscono per via debole o elettromagnetica, e di quark,che invece sono soggetti anche alla forza forte. Ai tre tipi di leptoni, elet-troni, muoni e tau, sono associate altrettante specie, o piu propriamentesapori, di neutrini, particelle particolarmente sfuggevoli in quanto di massamolto piccola e interagenti con la materia solo tramite forza debole.Anche i quark sono suddivisi in tre doppietti, detti generazioni, in base al-la massa. Per le particolari proprieta della forza forte, non ne e possibilel’osservazione nello stato libero, i loro aggregati vengono detti genericamenteadroni e tra questi si annoverano ad esempio il protone e il neutrone allabase della struttura del nucleo atomico. Per quanto riguarda invece i bosonifondamentali, questi sono i mediatori delle tre interazioni precedentementenominate e vengono detti per questo di gauge : gli 8 gluoni per la forte, ibosoni W e Z per la debole e il fotone per l’elettromagnetica. Si deve poiaggiungere alle particelle nominate il bosone di Higgs, di recente scopertae che attraverso il meccanismo della rottura spontanea della simmetria confe-risce massa alle altre particelle e in particolare ai bosoni W e Z, permettendocosı di capire il fatto che, come emerge dalle evidenze sperimentali, non tut-

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1.2 Limiti del Modello Standard 3

te le interazioni hanno range infinito.1 Questo e importante, in particolare,per conciliare l’unificazione delle interazioni debole e elettromagnetica con ilrange finito della prima.

1.2 Limiti del Modello Standard

Per quanto il Modello Standard abbia soddisfatto un gran numero di verifichesperimentali, prima fra tutte la scoperta del bosone di Higgs, sussistono co-munque argomentazioni teoriche ed evidenze sperimentali dalle quali emergela sua incompletezza [1].Una mancanza del Modello Standard e che non comprende la quarta intera-zione fondamentale, cioe quella gravitazionale. L’impossibilita di integrarecoerentemente una teoria di campo con la relativita generale e in parte con-seguenza del fatto che l’intensita della forza gravitazionale tra particelle esvariati ordini di grandezza inferiore rispetto alle altre tre interazioni.Un’altra problematica, peraltro legata alla precedente, corrisponde all’evolu-zione con l’energia delle costanti di accoppiamento. Come mostrato inFig. 1.2, possiamo infatti osservare che, diversamente da quanto previsto dal-le cosiddette Teorie di Grande Unificazione (GUT), non esistono energiealle quali le costanti tendano allo stesso valore, permettendo l’unificazione inun solo tipo di interazione. Tale osservazione ha portato quindi a ipotizzareche il Modello Standard sia una teoria efficace, cioe valida solamente fino allescale di energia accessibili ai collisori attuali (dell’ordine quindi della decinadi TeV). Una teoria invece piu generale abbraccerebbe il Modello Standardcome caso particolare, esattamente come la Relativita Speciale la meccanicaclassica. Oltre al problema dell’integrazione degli effetti gravitazionali nellateoria, persistono altre questioni teoriche irrisolte.Una e il cosiddetto problema della bariogenesi, ovvero del perche nell’evo-luzione dell’Universo primordiale la materia abbia prevalso sull’antimateria.Un’altra riguarda invece i neutrini, dei quali risultano ancora non del tuttonoti i mescolamenti e le masse e si ha poi il problema dell’ordinamento e dellemasse delle tre generazioni di quark.Da un punto di vista sperimentale, le principali evidenze a mettere in discus-sione il Modello Standard provengono dal mondo dall’astrofisica e portano aipotizzare l’esistenza di materia oscura e di energia oscura [2]. Dai datidisponibili, sappiamo infatti che solo circa il 5% di cio che compone l’Uni-

1Come predetto dal principio di indeterminazione, interpretando le forze mediantescambio di bosoni, la massa del bosone mediatore e inversamente proporzionale al rangedella forza.

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4 Capitolo 1 La fisica oltre il Modello Standard

Figura 1.2: Evoluzione con l’energia delle costanti d’accoppiamento delle in-terazioni fondamentali. A sinistra, evoluzione prevista in base al Model-lo Standard, a destra quella ipotizzata assumendo la presenza di particellesupersimmetriche alla scala del TeV [1].

verso ci sarebbe noto: e la materia standard, composta da protoni, neutroni,elettroni e cosı via. La restante percentuale sarebbe invece composta peril 27% circa da materia oscura e per il 68% circa da energia oscura. Conla prima, si intende materia in nessun modo interagente con la radiazioneelettromagnetica. Fu ipotizzata per la prima volta per spiegare due osserva-zioni sperimentali: la velocita di rotazione delle galassie, che risulta concordealle leggi di Keplero solo ammettendo l’esistenza di quantita di massa ag-giuntiva distribuita nella galassia, e alcuni casi di Lensing gravitazionale, unfenomeno previsto dalla Relativita Generale per il quale i fotoni emessi dasorgenti astrofisiche vengono deflessi quando attraversano un campo gravita-zionale. Le evidenze piu forti derivano poi dalla mappatura della radiazionecosmica di fondo, effettuata in successione dagli esperimenti COBE, WMAP,PLANCK e compatibile con il modello evolutivo dell’Universo solo ipotiz-zando la presenza di materia oscura.Tra gli altri fattori, proprio le misurazioni sull’omogeneita della radiazio-ne cosmica hanno portato a ipotizzare la presenza dell’energia oscura, chesarebbe legata all’aumento della velocita di espansione dell’Universo.

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1.3 Il bosone Z’ 5

1.3 Il bosone Z’

Come evidenziato nel paragrafo precedente, sussistono buone motivazioniper ricercare un’estensione al Modello Standard. Le teorie a tal fine sonomolteplici e possono prevedere l’introduzione di nuovi tipi di particelle, adesempio gli s-partners per la supersimmetria o bosoni supermassivi, o diextra-dimensioni. Questo lavoro di tesi si concentra sul bosone Z’, una par-ticella di spin 1 inserita all’interno di alcune estensioni al Modello Standardla cui scoperta rappresenterebbe un importante segnale di nuova fisica. Sen-za entrare nei dettagli, diverse teorie ipotizzano la presenza di repliche delbosone Z a masse piu alte (dell’ordine di alcuni TeV) e con una larghezza Γpropria (Γ e legata all’inverso della vita media della particella) che dipende invario modo dalla massa. Nel seguente lavoro di tesi, si seguira un approccioindipendente da un particolare modello, potendo essere i risultati applicati avarie teorie.In ogni caso, dato che uno dei canali di decadimento privilegiati e quello di-leptonico (Z’→ l+l− con l = e, µ), come previsto dalla teoria, si ricerchera ilbosone Z’ come una risonanza, cioe un picco, nel profilo di massa invariantericostruita dei due leptoni.

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Capitolo 2

La fisica a LHC

2.1 Il Large Hadron Collider

Approvato nel 1994 e entrato in funzione nel settembre 2008, LHC, acronimoper Large Hadron Collider, e un acceleratore di particelle circolare conuna circonferenza di 27 km posto a una profondita media di 100 m (vedi Fig.2.1). Al suo interno circolano due fasci di protoni (o di ioni di piombo) indirezioni opposte. La configurazione a collisore, cioe quella in cui entrambii fasci vengono accelerati, consente di raggiungere energie elevate nel centrodi massa, pari alla somma delle energie dei due fasci.Le collisioni fra i protoni avvengono in quattro punti prestabiliti dell’anellopresso i quali si trovano altrettanti esperimenti:

• CMS (Compact Muon Solenoid), grande rivelatore a simmetria cilin-drica concepito per investigare su piu campi, a partire dalle confermeal Modello Standard fino alla ricerca di nuova fisica. E sui dati raccoltida questo rivelatore nel 2015 che si basa il seguente lavoro di tesi.

• ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS ), esperimento analogo a CMSper scopi e metodologie d’indagine, ma che sfrutta una configurazionetoroidale per il campo magnetico dedicato alla rivelazione dei muoni.

• ALICE (A Large Ion Collider Experiment), specializzato nello studiodi eventi con ioni pesanti.

• LHCb, dedicato alla fisica del quark b.

Per funzionare, l’apparato deve garantire contemporaneamente accelerazionee curvatura ai due fasci di protoni. Cio e realizzato rispettivamente da unsistema di cavita risonanti e da un insieme di piu di 9000 magneti (in parti-colare i 1232 dipoli superconduttori mantenuti a una temperatura di 1.9 K

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2.1 Il Large Hadron Collider 7

Figura 2.1: Veduta aerea di LHC.

grazie a un sistema criogenico che sfrutta elio liquido superfluido), che gene-rano al loro interno un campo magnetico bending di intensita fino a 8.5 T.Al momento in cui avvengono le collisioni, i protoni hanno velocita prossimea quella della luce.Un importante parametro che caratterizza il collisore e la luminosita L,definita come la costante di proporzionalita fra il rate delle collisioni R e lasezione d’urto σ del processo:

R = L · σ (2.1)

I fasci di protoni in LHC sono suddivisi in pacchetti detti bunch. Ciascunfascio contiene fino a nb = 2800 pacchetti di protoni, che si scontrano neipunti sperimentali alla frequenza f = 40 MHz. Sfruttando una formulasemi-empirica, e possibile correlare la luminosita alle caratteristiche fisico-geometriche del sistema come:

L ' N2 · F · nbT · Seff

, (2.2)

dove N e il numero di protoni per bunch (N ' 1011), T = f−1riv il periodo dirivoluzione dei protoni (T = 27km/c = 9 · 10−5s), Seff = 4πσ l’area effica-ce della collisione (Seff ' 3 · 10−5cm2) e F un fattore geometrico prossimoall’unita che tiene conto dell’angolo di incrocio dei fasci nel punto della col-lisione. Sostituendo i valori numerici, la luminosita di LHC si trova essere

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8 Capitolo 2 La fisica a LHC

Figura 2.2: Luminosita integrata fornita da LHC nel Run 2 (in blu) eregistrata da CMS con rivelatori pienamente efficienti (in giallo).

nominalmente L ' 1034 cm−2s−1. Un secondo parametro d’interesse e laluminosita integrata, definita come integrale temporale della luminositadurante la presa dati. Questa fornisce quindi indicazione riguardo alla quan-tita di dati raccolti e si esprime in barn−1 (o meglio i suoi sottomultipli),essendo 1 barn = 100fm2 = 10−24cm2. I dati che si utilizzano in questolavoro di tesi provengono dal Run 2 di LHC, iniziato a meta 2015, che haprodotto una luminosita integrata totale di collisioni a 13 TeV di energia nelcentro di massa pari a 4.22 fb−1, come mostrato in Fig. 2.2 [8]. Consideran-do solo il periodo temporale nel quale l’esperimento e stato funzionante conrivelatori pienamente efficienti, la luminosita integrata e pari a 3.88 fb−1.Durante il Run un problema di criogenia al magnete di CMS ha comportatopero che in alcune fasi della presa dati questo non fosse operativo. Nella tesisi utilizzano solo i dati per i quali CMS ha funzionato con il magnete accesoall’intensita nominale di 3.8 T, corrispondenti ad una luminosita integrataLint = 2.67 fb−1. Nonostante la quantita di dati raccolti sia un ordine digrandezza inferiore a quella integrata alla fine del Run 1 di LHC (tra il 2011e il 2012), l’aumento di energia nel centro di massa (da 7-8 TeV a 13 TeV)rende questo studio significativo per la ricerca di particelle ad alta massa.

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2.2 Le collisioni protone-protone 9

2.2 Le collisioni protone-protone

Gli eventi nei quali possono essere generate particelle ad alta massa sonoquelli in cui i protoni interagiscono trasferendo un alto impulso trasverso. Inquesti casi l’urto e sensibile alla struttura interna delle particelle, ovvero siriescono a risolvere i quark e i gluoni all’interno dei protoni. Piu propriamen-te quindi, ci si riferisce a urti fra due partoni, cioe fra generici componentidel protone. Tutti gli altri partoni appartenenti ai due protoni che collido-no procedono invece quasi indisturbati nella loro direzione originaria. Nonessendo nota quale frazione x dell’impulso del protone venga trasportata daogni partone, in LHC non e possibile chiudere completamente la cinematicadell’urto. Viceversa, negli acceleratori e+e− come LEP (il Large Electron-Positron Collider che ha preceduto LHC) e possibile assicurarsi che il sistemadi riferimento del laboratorio coincida con quello in cui avviene l’urto elemen-tare. Se x e la frazione di quadrimpulso del protone trasportata da un suopartone prima della collisione, si capisce come in un collisore adronico a pa-rita di energia dei protoni incidenti si possa ottenere al variare di x un largospettro di energie nel centro di massa dell’urto tra partoni. La distribuzionestatistica che descrive la x, a cui ci si riferisce come variabile di Bjorken, edetta Parton Distribution Function (PDF). Complessivamente quindi, sianop1 = x1P1 e p2 = x2P2 i quadrimpulsi dei due partoni che collidono, da cuil’energia disponibile nel centro di massa risulta essere1:

scoll = (p1 + p2)2 = (x1P1 + x2P2)

2 ' x1x2s (2.3)

essendo s = (P1 +P2)2 ' 2P1 ·P2 il quadrato dell’energia nel centro di massa

dell’urto fra i protoni (i 13 TeV nominali)2.Ora, l’impulso dei partoni puo essere scomposto in una parte collineare alladirezione di moto (impulso parallelo, pz), e in una parte giacente sul piano aessa ortogonale (impulso trasverso, pt =

√p2x + p2y). In base al valore di tali

componenti, si possono avere hard collisions, in cui i prodotti di decadimentohanno alto impulso trasverso e sono per questo di particolare interesse e softcollisions, che costituiscono invece un fondo sempre presente comunementedetto minimum bias. E inoltre da notare come l’impulso trasverso totale siainvariante per trasformazioni di Lorentz lungo z.L’invarianza relativistica, congiuntamente alla geometria dell’apparato, e cioche suggerisce il sistema di riferimento piu conveniente da utilizzare nelladescrizione dell’esperimento. Visto che si ha simmetria assiale rispetto alla

1Si assume il sistema naturale di unita di misura, cioe si impone c=~=1.2Nelle due relazioni precedenti, cosı come nel seguito, si assume l’ipotesi di regime

ultrarelativistico, cioe si considera Erest � E.

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10 Capitolo 2 La fisica a LHC

Figura 2.3: Fotografia del rivelatore CMS durante l’installazione.

direzione di propagazione dei fasci (asse z), si adotta un sistema cilindrico esi separano i contributi paralleli, e in quanto tali non invarianti per boost diLorentz lungo z, da quelli trasversi. Si definisce quindi la rapidita come:

y =1

2lnE + pzE − pz

(2.4)

E possibile dimostrare che per trasformazioni di Lorentz lungo l’asse z larapidita si trasforma per una costante additiva, da cui consegue che il diffe-renziale δy e invariante.Per connettere la rapidita alla geometria del rivelatore, e in particolare all’an-golo del sistema cilindrico θ, si sfrutta il limite di particelle ultrarelativistiche(p� Erest), per cui si ha:

y =1

2lnE + pzE − pz

' 1

2lnp(1 + cos θ)

p(1− cos θ)= − ln(tan

θ

2) (2.5)

La quantita all’ultimo membro e detta pseudorapidita η, e nulla in prossi-

mita di θ =π

2, e cresce poi non linearmente per θ → 0.

Aggiungendo infine l’angolo azimutale φ, la terna di coordinate complessiva-mente utilizzata nel seguito e (r, η, φ).

2.3 Il rivelatore CMS

In uno dei quattro punti in cui avvengono le collisioni pp e posizionato l’e-sperimento CMS, che e stato disegnato secondo le seguenti caratteristichegenerali:

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2.3 Il rivelatore CMS 11

• General purpose, cioe mirato a una molteplicita di ricerche. CMS rico-pre la maggior porzione possibile di angolo solido ed e costituito da uninsieme di sottorivelatori che lo rendono adatto allo studio di molteplicisegnature sperimentali;

• Alta segmentazione, cioe buona capacita di distinguere le traiettoriedelle particelle, in modo da assicurare la risoluzione angolare e ridurrel’incidenza del pile up;

• Alta velocita di risposta, essendo il rate delle collisioni dell’ordine di40 MHz (la distanza temporale fra due bunch successivi e ' 25 ns);

• Resistenza alla radiazione, in particolare per quanto riguarda i canalidi elettronica.

Il rivelatore possiede una simmetria cilindrica intorno alla beam pipe (il tuboa vuoto entro il quale scorrono i fasci) e si distinguono una zona centrale dettabarrel e due terminali dette endcap. Di fondamentale importanza all’internodi CMS e il solenoide superconduttore in cui scorre una corrente di circa19 kA tale da generare un campo magnetico uniforme lungo la direzione deifasci di 3.8 T. Come mostrato in Fig. 2.4, immersi nel campo magnetico sidistinguono diversi sottorivelatori, ognuno dal compito specifico. Essenzial-mente, tali sottorivelatori appartengono a due categorie fondamentali: quelladegli spettrometri, in cui l’impulso delle particelle cariche e misurato dallacurvatura delle traiettorie in un campo magnetico, e quella dei calorimetri,che assorbono invece le particelle misurandone l’energia.Dall’interno verso l’esterno, si riconoscono:

• Tracciatore interno, adibito alla misura dell’impulso delle particellecon carica elettrica, nonche all’identificazione di eventuali vertici se-condari. Da un punto di vista strutturale, e costituito da tre strati dirivelatori pixel e dieci strati di rivelatori a strips di silicio. Median-te i pixel e le strips si riesce a ricostruire per punti la traiettoria dellaparticella carica, la quale e curvata dalla presenza del campo magnetico.

• Calorimetro elettromagnetico (ECAL), adibito alla rivelazione del-le particelle che interagiscono con la materia creando uno sciame elet-tromagnetico. In particolare, gli elettroni emettono per bremsstrahlungfotoni, che interagiscono poi a loro volta col materiale del calorimetroportando alla formazione di coppie elettrone-positrone. Si viene quin-di a creare un diagramma ad albero i rami del quale sono elettroni efotoni con energia sempre piu bassa fino al raggiungimento di una so-glia critica sotto la quale sono privilegiati l’effetto Compton e l’effetto

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12 Capitolo 2 La fisica a LHC

Figura 2.4: Settore della sezione trasversa di CMS. Si distinguono i varisottorivelatori e le traiettorie di piu tipi di particelle.

fotoelettrico, con conseguente assorbimento di fotoni, elettroni e posi-troni.Il calorimetro elettromagnetico di CMS rientra nella categoria dei calo-rimetri omogenei. E costituito da cristalli di PbWO4

3 che produconouna luce di scintillazione di intensita proporzionale all’energia rilasciatadallo sciame. La luce viene rivelata da dei fotorivelatori, degli Avalan-che Photo Diode (APD) nel barrel e dei fototriodi a vuoto (VPT),dispositivi simili a fotomoltiplicatori, negli endcap. I primi sono immu-ni agli effetti del campo magnetico, ma hanno resistenza alla radiazioneinferiore ai secondi, che sono stati pertanto scelti per la zona degli end-cap, dove il campo magnetico e parallelo all’asse del fototriodo . Comevedremo meglio al momento in cui tratteremo il meccanismo di trigger,e importante che, oltre che a una buona risoluzione, ECAL abbia altavelocita di risposta.

• Calorimetro adronico (HCAL), adibito alla identificazione e allamisura degli sciami generati dalle particelle adroniche isolate o sottoforma di jets. HCAL, a differenza di ECAL appartiene alla categoria deicalorimetri a sampling. In sintesi, al suo interno si alternano strati attividi scintillatori e passivi di ottone, al quale si deve l’assorbimento delleparticelle per interazione forte. Come nel caso di ECAL, e necessarioche anche HCAL abbia buona risoluzione e alta velocita di risposta.

3La scelta di un tale materiale, oltre che alle caratteristiche di scintillazione, e legataal fatto che permette di mantenere contenute le dimensioni fisiche dell’apparato.

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2.3 Il rivelatore CMS 13

• Camere a muoni (inserite nei traferri che fungono da gioghi di ritor-no del campo magnetico solenoidale), adibite alla rivelazione dei muoniche, avendo massa circa 200 volte quella dell’elettrone, per energie in-feriori al TeV difficilmente danno luogo a sciami elettromagnetici e sicomportano come particelle al minimo di ionizzazione. Nella zona delbarrel si usano le drift chambers (DT), un tipo di rivelatore a gas incui, a seguito dell’attraversamento del muone, si formano nubi di coppieione-elettrone che guidati da forti campi elettrici migrano in direzionidiverse rilasciando un segnale sull’anodo. Dal tempo impiegato in que-sta diffusione si risale al punto da cui e passata la particella. Le driftchambers sono rivelatori piuttosto lenti (il tempo di transito degli elet-troni e dell’ordine di 100 ns) e si possono usare solo in regioni a bassaoccupazione. Nelle zone di endcap per questo motivo le drift chamberssono sostituite da un altro tipo di rivelatori a gas, le camere a stripa lettura catodica (CSC)4, piu veloci ma che richiedono una maggioredensita di canali di elettronica. Parallelamente alle drift chambers ealle strip a lettura catodica, si utilizza per la rivelazione dei muoni unaltro tipo di rivelatore a gas, le resistive plate chambers (RPC), che,in quanto di veloce risposta, contribuiscono a fornire la primitiva ditrigger.

Il funzionamento degli spettrometri e dei calorimetri permette quindi la rive-lazione di tutti i possibili prodotti di decadimento ad eccezione dei neutrini,che, interagendo con la materia solo attraverso la forza debole, non vengo-no fermati all’interno del rivelatore. La loro rivelazione puo avvenire quindisolo indirettamente mediante il bilancio dell’impulso trasverso, cioe della co-siddetta Energia Trasversa Mancante (MET), definita come la sommadegli impulsi trasversi delle particelle cambiata di segno:

−−−→MET = −

∑i

~pTi (2.6)

In ogni caso, per quanto sia possibile ricavare il loro impulso trasverso com-plessivo, non si riesce a identificare correttamente e a ricostruire le singoletraiettorie quando ci sono piu neutrini.Un’altra componente fondamentale di CMS e il sistema di trigger. Non einfatti possibile salvare su supporto informatico i dati dei rivelatori alla fre-quenza di 40 MHz a cui avvengono gli scontri tra pacchetti di protoni. Il

4Particolare rivelatore a gas costituito da una griglia di strip negative e fili carichipositivamente. Nel punto di attraversamento del muone si formano coppie elettrone-ione,i quali migrano verso l’elettrodo di carica opposta e inducono una corrente.

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14 Capitolo 2 La fisica a LHC

compito del sistema di trigger e di selezionare gli eventi di interesse, tipica-mente quelli che producono particelle ad alto impulso trasverso, riducendola frequenza di scrittura a un valore accettabile di 150-300 Hz.Il sistema di trigger di CMS si compone di due parti, il Livello 1, implemen-tato interamente a livello hardware e che riduce la frequenza di acquisizionea circa 100 kHz, e l’High Level Trigger HLT, un sistema di algoritmisoftware che porta alla selezione finale degli eventi da salvare su disco.Solo i calorimetri e i rivelatori per muoni forniscono un’informazione, o primi-tiva, di Livello 1. D’altra parte, al momento in cui gli eventi vengono scelti eraggiungono HLT, per selezionare in modo piu fine gli eventi sono necessarieanche delle informazioni del tracciatore centrale. Quando un bunch crossingviene accettato a Livello 1, il sistema di acquisizione interroga allora le pipe-line di elettronica di front end del tracciatore, che acquisisce dati con unaprofondita di v 4µs (192 posizioni), per ottenere i dati relativi alla collisioneselezionata. Viceversa, se l’ evento non supera la selezione L1, allora vienescartato e la pipe-line vi sovrascrive.

2.4 La ricostruzione dei muoni

La ricostruzione della massa invariante di due muoni parte dalla loro sceltae dalla misurazione del loro impulso.La prima selezione dei muoni e eseguita dal sistema di trigger, che per l’ana-lisi seguente non e prescalato5. In particolare, il Livello 1 utilizzato e moltoinclusivo ed e il L1 SingleMu16 (pt > 16 GeV). Il trigger di alto livello einvece HLT Mu50, che richiede una soglia in impulso trasverso pt > 50 GeVe una zona fiduciale nel rivelatore corrispondente a |η| < 2.4.Rispetto alla ricostruzione, si deve ricordare che l’interazione dei muoni con lamateria dipende dalla loro energia secondo la legge di Bethe-Bloch. Sebbenenormalmente i muoni si comportino come particelle al minimo di ionizza-zione, con una perdita di energia per unita di lunghezza costante, quandoquesti superano soglie di alta energia (dell’ordine della centinaia di GeV) co-me quelli prodotti dal decadimento della Z’ con massa di diversi TeV, questonon e piu vero e si hanno effetti radiativi considerevoli in particolar modonei calorimetri ECAL, HCAL e nel ferro dei gioghi di ritorno del campo ma-gnetico. Sono quindi stati sviluppati algoritmi di ricostruzione appositi chetengono conto degli sciami elettromagnetici (radiazione di bremsstrahlung)tipici per muoni di questa energia.

5Un trigger si dice prescalato quando viene accettata solo una frazione degli eventiche soddisfano le soglie. Questo e spesso utile per studiare con i dati la zona di reiezionenell’intorno a soglie piu alte.

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2.4 La ricostruzione dei muoni 15

Figura 2.5: Efficienza di selezione e ricostruzione dei muoni in funzione dellaloro massa invariante.

[GeV]-µ+µm0 1000 2000 3000 4000 5000

[G

eV]

- µ+ µσ

0

50

100

150

200

250

300

350

Figura 2.6: Andamento della risoluzione sperimentale in funzione dellamassa invariante dei muoni.

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16 Capitolo 2 La fisica a LHC

L’identificazione e la ricostruzione dei muoni in CMS richiede l’abbinamentodel tracciatore interno e delle camere a muoni, che forniscono la primitivadi trigger. Il matching tracciatore-spettrometro puo essere eseguito secondodue procedimenti:

• Metodo outside-in, per cui si parte dalla risposta delle camere a muonie si cerca una corrispondenza nel tracciatore interno.

• Metodo inside-out, per cui invece si ricostruisce il muone a partiredalle tracce interne che passano alcune soglie in impulso trasverso e siricercano tracce compatibili nelle camere a muoni tenendo conto deirilasci calorimetrici e della probabilita di scattering multipli all’internodi essi.

In entrambi gli approcci, risulta cruciale correlare la risposta del tracciato-re interno a quella degli spettrometri esterni, che possono misurare impulsimolto diversi in conseguenza ai rilasci calorimetrici.L’algoritmo utilizzato per ricostruire i muoni di alto impulso trasverso nell’a-nalisi che segue, chiamato cocktail algorithm, e un’opportuna combinazionedei due approcci, e implementa una richiesta di qualita sulla traccia in ter-mini di numero di hits.La risoluzione sperimentale e principalmente dominata dalla combinazionedella risoluzione intrinseca del tracciatore interno e dello spettrometro a muo-ni esterno, dagli effetti della radiazione e dalla qualita dell’allineamento deglispettrometri. A partire da eventi simulati di Drell-Yan, che producono nellostato finale coppie µ+µ− isolate a varie masse invarianti, si e costruita la Fig.2.6 confrontando la massa invariante ricostruita con quella generata. Trami-te lo studio di altri canali, si e poi verificata la consistenza della risoluzionestimata dalla simulazione con i dati.La Fig. 2.5 mostra lo studio dell’andamento dell’efficienza di ricostruzionedella coppia µ+µ− in funzione della massa invariante. Tale profilo e ottenutodallo studio degli eventi di decadimento DY di un bosone Z virtuale6 che, inquanto particella di spin 1 come la Z’, e caratterizzata dalle stesse tipologie diproduzione e di decadimento della Z’, in particolare per quel che riguarda ladistribuzione angolare dei muoni. La linea rossa mostra l’andamento con lamassa invariante dell’efficienza di ricostruzione, la verde aggiunge gli effettidi trigger, la blu include l’effetto dell’accettanza del rivelatore. Quello che sipuo osservare dalle prime due curve e un andamento sostanzialmente costan-te intorno a 0.9 fatta eccezione per una leggera pendenza all’aumentare della

6Si intende per particella virtuale una particella che viola la conservazione dell’energia,ma nel limite temporale determinato dal principio di indeterminazione, cioe per un tempo∆t tale che ∆E∆t ∼ ~.

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2.4 La ricostruzione dei muoni 17

massa causata dalle difficolta di ricostruzione dovute all’emissione radiativa.Per quanto riguarda invece la curva blu, e interessante osservare come a bassamassa l’efficienza complessiva diminuisca alcune decine di punti percentuali.Questo e dovuto al fatto che esiste una certa probabilita che a bassa massala Z’ sia creata partendo da uno stato iniziale in cui le variabili di Bjorkendei due partoni sono molto diverse tra loro, con il risultato che la Z’ ha unelevato impulso lungo l’asse z. Questo causa una diminuzione dell’efficienzacomplessiva, dovuta alla fuoriuscita dei muoni dalla zona di accettanza adalto η. Viceversa, a masse piu alte e necessario che la frazione x dell’impulsosia alta per entrambi i partoni e dunque la Z’ e tipicamente prodotta con unbasso impulso lungo l’asse z, il che facilita la ricostruzione dello stato finale.

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Capitolo 3

Analisi dati

3.1 Selezione del segnale

Come precedentemente accennato, lo scopo generale dell’analisi e la ricercadi una risonanza nel profilo di massa invariante di due leptoni riconducibileal decadimento del bosone Z’ (Z’→ l+l− con l = e, µ), secondo il processoriportato in Fig. 3.1. In particolare, in questo lavoro di tesi si isola lasegnatura a due muoni, cioe si considera il canale dimuonico Z’→ µ+µ−.Esistono ulteriori processi, alcuni dei quali raffigurati in Fig. 3.1, che portanoa uno stato finale con due leptoni simile al segnale cercato. Questi sonoprevisti dal Modello Standard e costituiscono quindi un fondo che puo essereriducibile, nel caso in cui con opportuni tagli di selezione se ne possa limitarel’entita, o irriducibile, nel caso in cui lo stato finale sia non distinguibile dalsegnale. Tali fondi possono essere raggruppati in quattro categorie, sottoelencate, di cui pero solo la prima irriducibile:

• Fondo Drell-Yan (DY), in cui la collisione partone-partone genera unfotone o un bosone Z virtuali, che decadono poi in una coppia leptone-leptone. Dato che in questo caso gli stati iniziale e finale sono identiciper segnale e fondo, allora il Drell-Yan e irriducibile. E possibile tener-ne conto con opportuni algoritmi di simulazione Monte Carlo, in questocaso utilizzando il generatore POWHEG. E importante precisare cheper semplicita si e deciso di trascurare gli effetti quantistici di interfe-renza, dovuti al fatto che lo stato finale e lo stesso, fra il segnale e ilfondo DY.

• Processi in cui i due leptoni provengono dal decadimento di particellediverse, come ad esempio tt , tW , WW , WZ e ZZ. Tale fondo eriducibile e se ne puo tener conto con algoritmi di simulazione analoghial caso precedente.

18

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3.1 Selezione del segnale 19

Figura 3.1: Diagrammi di Feynman di segnale e di alcuni fondi dell’analisi.

• Processi in cui uno o entrambi i leptoni sono in realta altri prodottidi decadimento mal rivelati, tipicamente jets. Questo puo avvenire adesempio in quanto il cristallo di cui e composto ECAL possiede unacerta probabilita di interazione forte Λ, ed e quindi possibile che un jeta bassa molteplicita rilasci un deposito consistente di energia, poi scam-biato per un muone energetico che ha subito una forte bremssthralung.I due eventi sono a livello di rivelatore molto simili e possono essereconfusi, ma fortunatamente costituiscono il solo 3% del background.Rientrano in questa categoria i processi di decadimento come W+jets,dijets e γ+jets, tutti stimabili con simulazioni Monte Carlo.

• Muoni dei raggi cosmici, che, attraversando l’intera sezione di CMS,possono essere interpretati come prodotti dalle collisioni. Il fondo puoessere fortemente ridotto richiedendo che i muoni non siano esattamenteback to back, ovvero che l’angolo formato tra di essi sia minore di π-0.02rad.

Per ottimizzare il rapporto segnale su fondo, si sono implementati dei taglidi selezione. Prima di tutto, si richiede che i muoni abbiano un impulso tra-sverso maggiore di 53 GeV con un errore relativo δpt

pt< 0.3 e che siano nella

regione di accettanza |η| < 2.4. Entrambi i muoni devono inoltre essere Glo-bal Muons, ovvero ricostruiti associando segnali dal tracciatore centrale, dai

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20 Capitolo 3 Analisi dati

Figura 3.2: Rappresentazione grafica di un evento con una coppia di muoniad alta massa invariante rivelato da CMS nelle collisioni pp a 13 TeV.

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3.1 Selezione del segnale 21

[GeV]-µ+µm0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500

Eve

nti

3−10

2−10

1−10

1

10

210

310

410

Datidi-boson

Wt, tW, ttDrell-Yansegnali

Figura 3.3: Spettro in massa invariante della sovrapposizione dei processi difondo, dei dati e dei segnali simulati per la massa della Z’ di 1, 2 e 3 TeV.

calorimetri e dallo spettrometro esterno consistenti fra loro. Se nell’eventosono presenti piu di due muoni, si considerano il muone leading e il subleading,cioe i due di impulso trasverso maggiore. Inoltre, si richiede che i muoni sceltisiano isolati, ovvero che la somma scalare degli impulsi trasversi presenti al-l’interno di un cono di apertura angolare ∆R = [(η1−η2)2+(φ1−φ2)

2]12 = 0.3

intorno al muone sia minore del 10% dell’impulso del muone stesso. Infinesi impone che la distanza di ciascun muone dal beamspot, cioe il punto diimpatto dei due fasci, sia minore di 0.02 cm, ovvero di fatto che i muonioriginino entrambi dallo stesso vertice in prossimita della collisione primaria.Utilizzando il software Fireworks, in Fig. 3.2 viene mostrata la rappresenta-zione grafica di un evento candidato Z ′ → µ+µ− registrato da CMS. L’eventoviene rappresentato sul piano trasverso, sul piano longitudinale e in assono-metria e vengono mostrate le traiettorie ricostruite dei muoni (in rosso) con irispettivi segnali negli spettrometri esterni, e i rilasci calorimetrici in ECAL(in rosso) e in HCAL (in blu). Si osserva, oltre ai due muoni leading e sublea-ding, la presenza di un terzo muone di basso impulso trasverso, come emergedall’accentuata curvatura, e di uno in coincidenza con un jet. Quest’ultimoe la presenza di MET suggeriscono che si tratti di un evento di fondo. Nelleprime due immagini vengono rappresentate solo le tracce con alto impulsotrasverso, nella terza tutte le tracce ricostruite dallo spettrometro interno.

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22 Capitolo 3 Analisi dati

[GeV]-µ+µm800 900 1000 1100 1200 1300

Eve

nti

3−10

2−10

1−10

1

10

210

310

410

Datidi-boson

Wt, tW, ttDrell-Yansegnalefinestra d'integrazione

Figura 3.4: Zoom della distribuzione di dati, fondi e segnale a 1 TeV. Lelinee verticali individuano la finestra di integrazione.

3.2 Analisi in Narrow Width Approximation

In una prima fase, si e svolto l’analisi in Narrow Width Approximation (d’orain poi NWA), cioe ipotizzando che la width naturale sia molto minore dellamassa della Z’ e della risoluzione sperimentale. Per campioni di massa dellaZ’ da 1 a 5 TeV simulati, si e applicato alla distribuzione in massa invariantedelle coppie µ+µ− generate uno smearing gaussiano adottando la risoluzionein Fig. 2.6. La Fig. 3.3 mostra la distribuzione in massa invariante dellacoppia di muoni, sovrapponendo il segnale simulato per tre punti di massaa 1, 2 e 3 TeV e la distribuzione apettata dal Monte Carlo per i processi difondo1.Successivamente, si procede al conteggio, con l’obiettivo di fissare un limite

superiore al numero di eventi di segnale per le diverse masse.Come mostrato in Fig. 3.4 (relativa al segnale a 1 TeV), si procede per tuttii valori di massa individuando una finestra di ±2σ dal valore nominale dellamassa della Z’, essendo σ la risoluzione sperimentale. Su questa finestra siintegrano il numero di eventi previsti per i processi di fondo dalla simulazioneMonte Carlo e il numero di dati osservati, ottenendo rispettivamente nb enobs. Ora, il numero osservato e somma delle variabili di Poisson di fondo esegnale nobs = ns + nb e in quanto tale obbedisce anch’essa alla statistica diPoisson [3]. Se νs e νb sono rispettivamente i valori d’aspettazione delle due

1Nell’istogramma non si sono riportati i fondi W+jets e il dijets, il cui contributo etrascurabile rispetto agli altri.

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3.2 Analisi in Narrow Width Approximation 23

variabili, allora ν = νs + νb e la distribuzione di probabilita di nobs e:

f(nobs, νs, νb) =(νs + νb)

nobs

nobs!e−(νs+νb) (3.1)

In termini di estimatori, nobs coincide con l’estimatore del numero vero dieventi osservati e si ha quindi che l’estimatore per il segnale e non polariz-zato e dato da νs = nobs − νb. Oltre alla definizione di un valore per νs,e di interesse la costruzione di un intervallo di confidenza, ovvero di unintervallo all’interno del quale ricada il valore vero νs, pensando di ripeterel’esperimento e la costruzione degli estimatori, con una probabilita pari allivello di confidenza. Si procede in questo caso, essendo l’entita aspettata delsegnale compatibile con un valore nullo, alla costruzione di un intervallo diconfidenza one side, cioe al calcolo di un limite superiore al numero di eventidi segnale νups per il quale valga [4]:

β = P (ν ≤ νobs, νups , νb) =∑n≤nobs

(νups + νb)n

n!e−(ν

ups +νb), (3.2)

dove β, che si pone uguale al 5%, e il complemento a 1 del livello di confidenza.Piuttosto che risolvere numericamente per νups , si puo dimostrare a partiredalla distribuzione di probabilita riportata sopra che vale

νups = νup(νb = 0)− νb (3.3)

Per calcolare νup(νb = 0) e possibile sfruttare una particolare relazione validaper la distribuzione Poissoniana:

νup(νb = 0) =1

2F−1χ2 (1− β, 2(nobs + 1)), (3.4)

dove F−1χ2 e l’inversa della funzione cumulativa della distribuzione del χ2 con2(nobs + 1) gradi di liberta. All’interno del codice d’analisi, l’espressionesopra puo essere implementata mediante la funzione Chisquarequantile()di ROOT [11].Una volta ottenuto un limite superiore per il numero di eventi di segnale, e

possibile ottenerne uno per la sezione d’urto sfruttando la relazione

σup =νupsLint · ε

. (3.5)

L’efficienza ε per cui si divide e data dal prodotto dell’efficienza di conteggio,pari a 0.95 visto che si considera un segnale gaussiano in un intervallo di±2σ, e dell’efficienza di ricostruzione, che per i diversi valori di massa puo

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24 Capitolo 3 Analisi dati

[GeV]-µ +µm1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000

)- µ + µ →

(Zσ)/- µ + µ

→(Z

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.66−10×

Figura 3.5: Limiti superiori alla sezione d’urto Z ′ → µ+µ− in Narrow WidthApproximation.

essere ricavata a partire dalla curva in Fig. 2.5.Ripetendo il procedimento per i diversi valori di massa, si ottiene l’andamentodei limiti superiori in NWA. In Fig. 3.5 tali valori sono divisi per la sezioned’urto di produzione della Z con successivo decadimento in due muoni, cheassumiamo costante e pari a 1928 pb.

3.3 Analisi in Full Width Approximation

Abbandonando l’ipotesi che la width della Z’ sia trascurabile, lo spettro inmassa invariante del segnale cambia notevolmente. In Fig 3.6 in blu e ripor-tato lo spettro simulato dal generatore PYTHIA per una Z’ di massa 5 TeV.Analizzando la sua forma si osservano due interessanti effetti. Si nota l’asim-metria del picco, dovuta alla radiazione di stato finale, ovvero effetti dielettrodinamica quantistica (QED) che portano all’irraggiamento di un foto-ne da parte dei muoni nello stato finale. E presente inoltre una consistentespalla di eventi a bassa massa invariante (≤ 1 TeV) dovuta alla produzionedi Z’ off shell. Si tratta di un effetto quantistico per il quale, all’aumentaredella massa e della width della Z’, aumenta la probabilita relativa di pro-duzione off-shell, dal momento che quella on-shell richiede l’interazione dipartoni con una frazione x dell’impulso totale dei due protoni che collido-no sempre maggiore. Si osserva infatti come l’effetto sia tanto piu rilevantequanto maggiore la massa nominale della Z’, il che trova spiegazione in parte

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3.3 Analisi in Full Width Approximation 25

[GeV]-µ+µm0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000

Eve

nti

0

0.005

0.01

0.015

0.02

0.025clonehsignew

Entries 70882Mean 2680RMS 1902

Generatore

Generatore con Smearing

Simulazione del Rivelatore

Figura 3.6: Distribuzione in massa invariante delle coppie µ+µ− ottenutedalla simulazione del segnale a livello di generatore (in blu), applicando aquesto la procedura di smearing descritta nel testo (in verde) e procedendoalla simulazione completa del rivelatore CMS (in rosso) per MZ′ = 5 TeV.

nell’andamento della width naturale, linearmente crescente con la massa peril modello adottato da PYTHIA, in parte nella minore probabilita, a livellodi PDF, di produrre Z’ on shell a masse piu alte.Anche in ipotesi di Full Width si simula la risposta del rivelatore applicandoal profilo generato uno smearing gaussiano con larghezza dipendente dallamassa. Il contenuto di ogni bin viene pero ora pesato per il valore di effi-cienza corrispondente. Si ottiene in questo modo per il campione a 5 TeV ilprofilo verde di Fig. 3.6 in cui il picco risulta, come aspettato, piu basso elargo. Inoltre, essendo l’efficienza di ricostruzione a bassa massa invarianteminore rispetto all’andamento circa costante a masse piu alte, si capisce an-che l’abbassamento della spalla. Per confronto in Fig. 3.7 viene riportato (inrosso) il segnale ottenuto passando gli eventi generati attraverso la simula-zione completa del rivelatore CMS. Si puo osservare l’ottimo accordo tra ledue distribuzioni, permettendo di confermare la validita della procedura dismearing, che viene quindi adottata per tutti i punti di massa. Si procedequindi alla procedura di conteggio seguita in NWA. In particolare, si man-tengono le finestre di massa invariante precedentemente determinate sullequali integrare per il numero di dati osservati e di fondi aspettati. Per i varipunti di massa, si ottengono quindi gli stessi valori di νb, nobs e νs gia trovatiin NWA. Per ricavare il limite sulla sezione d’urto si calcola poi l’efficienza

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26 Capitolo 3 Analisi dati

[GeV]-µ+µm1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000

)- µ + µ →

(Zσ)/- µ + µ

→(Z

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

6−10×

Limite in NWA

Limite in FWA

Figura 3.7: Confronto tra i limiti superiori al 95% c.l. sul rapporto tra lesezioni d’urto σ(Z ′ → µ+µ−)/σ(Z → µ+µ−) in Full Width Approximation(blu) e in Narrow Width Approximation (rosso).

come il rapporto fra il numero di eventi ricostruiti entro la finestra di massainvariante e il numero totale di eventi simulati. Si tiene cosı automaticamen-te conto della percentuale di eventi che sfuggono al conteggio a causa dellaforma non gaussiana del segnale.Riportando in grafico i limiti superiori per il rapporto fra la sezione d’urtodella Z’ e quella della Z in FWA, come in Fig. 3.7, e facile osservare comequesti siano in questa ipotesi meno stringenti, il che si capisce essendo il con-teggio del numero di eventi lo stesso nei due casi, ma l’efficienza minore perla forma non gaussiana del segnale. Inoltre la distanza fra i due limiti nelledue diverse ipotesi aumenta con la massa, il che e causato dal gia evidenziatoaumento dell’entita della spalla a bassa massa invariante.Infine si e sovrapposto alla curva dei limiti di esclusione in FWA l’andamen-to della previsione teorica della sezione d’urto della Z’ alle diverse masse (leprevisioni al Leading Order vengono moltiplicate per un K-factor 1.3), comein Fig. 3.8. In questo modo si e ottenuta la definizione di una regione diaccezione e una di reiezione, ovvero un test statistico sull’ipotesi semplicedi esistenza del bosone Z’. Si conclude quindi che, al 95% di livello di con-fidenza, si puo rigettare l’esistenza della Z’ a masse minori di 3023 GeV. Ilrisultato ottenuto e consistente con quello dell’analisi ufficiale presentata dal-la collaborazione CMS [7], la quale tiene anche conto degli effetti sistematicie dall’incertezza delle simulazioni Monte Carlo di fondi e segnale.

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3.3 Analisi in Full Width Approximation 27

[GeV]-µ+µm1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000

)- µ + µ →

(Zσ)/- µ + µ

→(Z

7−10

6−10

5−10

Limite in FWA

Sezione d'urto teorica (LOx1.3)

Figura 3.8: Curva di esclusione della Z’. In blu e riportato il limite superioreal 95% c.l. sul rapporto tra le sezioni d’urto σ(Z ′ → µ+µ−)/σ(Z → µ+µ−),in verde la previsione per questo rapporto in funzione della massa invariantedella coppia di muoni.

1000 GeV 2000 GeV 3000 GeV 4000 GeV 5000 GeV

σ (pb) 0.40 0.016 0.0016 0.00023 0.000056σup (pb) 0.0041 0.0015 0.0020 0.0026 0.0048σup/σZ 2.1 10−6 8.0 10−7 1.0 10−6 1.4 10−6 2.5 10−6

Tabella 3.1: Sezione d’urto teorica e limiti superiori al 95 % c.l. sulla sezioned’urto σ(Z ′ → µ+µ−) e sul rapporto σ(Z ′ → µ+µ−)/σ(Z → µ+µ−) per variemasse della Z’ in Full Width Approximation.

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Conclusioni

In questo lavoro di tesi si e valutata la possibilita di evidenziare la presenzadi un segnale riconducibile al bosone massivo Z’, indizio di nuova fisica, uti-lizzando i dati raccolti dall’esperimento CMS nel Run 2 di LHC a un’energianel centro di massa di 13 TeV e per una luminosita integrata di 2, 67fb−1.In particolare, si e analizzato il canale di decadimento della Z’ in una coppiadi muoni µ+µ−. Si e implementata una procedura per la selezione e la rico-struzione della massa invariante della coppia µ+µ−, applicata sia ai dati chealla simulazione del segnale e a quella dei principali processi di fondo.Il segnale e stato simulato in due diverse ipotesi: la narrow width appro-ximation, in cui la particella Z’ ha una width trascurabile, e la full widthapproximation, in cui invece questa cresce proporzionalmente con la massadella Z’. Individuate varie finestre di massa invariante centrate sui valori no-minali di massa e di ampiezza legata alla risoluzione sperimentale, si sonocontati il numero di eventi osservati nei dati e il numero di eventi di fondoprevisti dalle simulazioni Monte Carlo. A partire da questi, e utilizzandorelazioni statistiche valide per le distribuzioni di Poisson, si e ottenuto per ivari punti di massa un limite superiore al numero di eventi di segnale. Divi-dendo per luminosita integrata e efficienza complessiva, si e quindi ricavatoil limite superiore alla sezione d’urto del processo, cosı da poter confrontarei risultati in FWA con la previsione teorica. Si e cosı potuto escludere al95% livello di confidenza l’ esistenza di Z’ con masse minori a 3023 GeV. Ilrisultato trovato, che non tiene conto degli effetti sistematici della misura, ecompatibile con l’analisi ufficiale recentemente presentata dalla collaborazio-ne CMS.Si prevede che il Run 2 di LHC prosegua fino al 2018, permettendo a CMS diraccogliere una quantita di dati equivalenti a una luminosita integrata del-l’ordine di 100 fb−1. Questo permettera di ottenere una statistica quasi dueordini di grandezza maggiore a quella analizzata attualmente, aumentandoulteriormente la regione di massa esplorabile.

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Appendice: Test statistici elivello di confidenza

Si riportano in questa Appendice alcune nozioni di statistica che possonoessere utili alla comprensione del lavoro di analisi svolto.Si ricorda, prima di trattare in dettaglio i concetti di test statistico dei datie di livello di confidenza, che esistono due diversi approcci per la probabilita:

• Approccio frequentista, correlato ai dati e per cui, nel limite di ungran numero di osservazioni N, si associa alla probabilita dell’evento Aun numero compreso fra 0 e 1 dato dal rapporto fra il numero di voltein cui e avvenuto e N, ovvvero P (A) = limN→∞

n(A)N

.

• Approccio Bayesiano, in cui oltre alle variabili aleatorie propriamen-te dette si trattano statisticamente anche le ipotesi, ovvero si associaloro una probabilita a priori, o degree of belief, π(H). Tra le altre cose,tale approccio risulta fondamentale nel trattare la statistica di eventiirripetibili.

Nel caso dell’analisi svolta, la collisione protone-protone e certamente unevento ripetibile, e risulta quindi abbastanza naturale adottare un approcciofrequentista.

Test Statistici

Consideriamo in generale il risultato di un esperimento ~x, in cui ogni va-riabile aleatoria generi uno spazio degli eventi, e delle ipotesi H0, H1 e cosıvia. Queste vengono dette ipotesi semplici nel caso in cui prevedano unadistribuzione statistica f(x|H) completamente determinata, ipotesi compo-ste nel caso in cui la probability density function (pdf) dipenda da almenoun parametro di cui si intende dare una stima.

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Figura A.1: Individuazione grafica degli errori del I e del II tipo per un teststatistico a due ipotesi.

• Supponiamo inizialmente di dover confrontare due ipotesi semplici, laNull Hypothesis H0, che e quella di cui si vuole provare la veridicita, e unaalternativa H1. In tutta generalita, possiamo definire un test statistico di H0,supponendo che questa sia vera, la definizione di una regione critica W dellospazio degli eventi in cui esiste una certa probabilita α, fissata e piccola, chexεW . Matematicamente, questo si puo esprimere come P (xεW |H0) ≤ α erappresenta una probabilita condizionale: se H0 e vera, la probabilita che xappartenga a W e minore di α. In prima battuta quindi, il test statisticoconsiste nell’implicazione: xεW =⇒ H0 e da rigettare, e si e quindi suddivisolo spazio degli eventi in una acceptance region e in una rejection region. Inrealta, come mostrato in Fig. A.1, si compiono con tale affermazione dueerrori, uno detto di primo tipo quando rifiutiamo H0 essendo questa vera, euno detto di secondo tipo quando invece la accettiamo pur essendo falsa.Ora, l’approccio finora seguito e corretto, ma prevede nel caso in cui il cam-pione di dati sia multidimensionale la definizione di una regione critica dellestesse dimensioni, con notevoli difficolta. Quello che solitamente si fa piutto-sto e quindi la definizione di una funzione dei dati t(~x) che riduca le dimen-sioni di cui tener conto. Nel caso usuale unidimensionale, la definizione deltest consiste quindi nella scelta di un taglio tcut che distingua le due regionie nella richiesta t > tcut. I due tipi di errori sono ora definiti da:

α =

∫ +∞

tcut

g(t|H0)dt; β =

∫ tcut

−∞g(t|H1)dt (3.6)

Rispettivamente α e la significanza del test, 1 − β il potere del test.Un’altra nomenclatura, pensando alla null hypothesis come all’assenza disegnale, e quella di chiamare la significanza efficienza di background, cioe laprobabilita di rigettare l’ipotesi per eventi di background e il potere del testcome efficienza di segnale, cioe quella di accettare un evento di segnale comesegnale. Il valore dei due parametri dipende ovviamente dal taglio scelto

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e l’uno cresce in modo inversamente proporzionale all’altro, ovvero si devenecessariamente trovare un compromesso fra le due questioni.Per concludere, i metodi statistici che indicano la scelta del miglior tagliosono molteplici, la cui descrizione dettagliata si ritrova in [3].

• Un’altra esigenza comune all’interno dell’analisi e quella di verificare l’ac-cordo di una certa ipotesi con i dati indipendentemente da tutte le altre. Talequestione e affrontata dai cosiddetti Goodness of Fit Test. Essenzialmente,se ~xobs e il risultato dell’esperimento, si stabiliscono due regioni dello spazioin cui si ha maggiore o minore accordo con l’ipotesi H0. Quantitativamente,si introduce quindi il P valore come la somma delle probabilita di otteneredati discostanti dai valori aspettati quanto o piu di quelli ottenuti dall’e-sperimento. Da un punto di vista grafico invece, pensando ad esempio alcaso Gaussiano, si ha che il goodness of fit test corrisponde all’ individua-zione delle code della distribuzione, ovvero di quelle zone della distribuzionestatistica che distano dal centroide un numero Z detto significanza di de-viazioni standard. Le due grandezze Z e P sono correlate, vedi ad esempioP = 32% =⇒ Z = 1.E necessario ribadire che il P valore non fornisce nessuna indicazione sullaveridicita dell’ipotesi H0, assumendo in partenza che essa sia vera, ma solosu quanto essa sia in accordo con i dati raccolti.Applichiamo dunque i concetti sopra a una situazione comune in fisica delleparticelle, ovvero quella in cui si voglia stabilire se una discrepanza fra i datiraccolti in un esperimento e i valori aspettati sia da ricondurre a una nuovascoperta o solo a una fluttuazione statistica. Consideriamo quindi due va-riabili ns e nb, corrispondenti al segnale e al background complessivo di ungenerico istogramma, distribuite secondo Poisson intorno rispettivamente aE{ns} = νs e E{nb} = νb. Allora anche n = ns +nb e una variabile aleatoriadi Poisson distribuita secondo:

f(n, νs, νb) =(νs + νb)

n

n!· e−(νs+νb) (3.7)

Sia inoltre nobs il numero di eventi che emerge dall’esperimento e H0, cioel’ipotesi che assumiamo vera, l’assenza di segnale. Siamo nelle condizionidi utilizzare un goodness of fit test, e possiamo infatti calcolare il P valoretenendo conto del solo contributo del background:

P (n ≥ nobs) =∞∑nobs

f(n; νs = 0; νb) = 1−nobs−1∑

0

(νb)n

n!· e−νb (3.8)

Se supponiamo ad esempio νb = 0.5 e nobs = 5, allora vale P = 1.7 · 10−4, dainterpretare come la probabilita, sotto assunzione di segnale nullo, che per

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Figura A.2: Distribuzione statistica dell’estimatore.

una fluttuazione statistica si siano osservati valori uguali o maggiori di nobs.L’equivalente gaussiano del P calcolato e una significanza Z ' 3.8, mentreconvenzionalmente si parla di nuova scoperta per Z=5.

• Dovremmo trattare poi il caso di ipotesi composte, ovvero delle proprietaprima e delle metodologie di costruzione poi degli estimatori di parametri.Non entriamo pero nei dettagli, che possono essere riscontrati in [3], ricor-dando solo che si definisce estimatore una funzione dei dati θ(~x) che permettedi stimare un parametro θ della pdf.

Livello di Confidenza

Oltre alla point estimation, ovvero al calcolo del valore dell’estimatore, unimportante aspetto nel riportare i risultati di un’analisi e il concetto di livellodi confidenza. Questo, tra le altre cose, assolve alla funzione inversa rispettoal caso precedentemente trattato, cioe quello in cui non si abbia evidenza diuna scoperta, permettendo di porre limiti statistici.Consideriamo quindi che sia θ(~x) l’estimatore di un parametro θ distribuito

secondo una pdf g(θ, θ) e che sia θobs il valore calcolato a partire dai dati.Individuiamo inoltre due numeri α e β relativi all’area delle code della di-stribuzione (in Fig. A.2 entrambi pari a 0.025, ma non e essenziale che siaα = β). Rigorosamente, dette uα(θ) e vβ(θ) le due funzioni che individuanoi tagli, i due parametri introdotti possono essere definiti dagli integrali:

α = P (θ ≥ uα(θ)) =

∫ ∞uα(θ)

g(θ, θ)dθ; β = P (θ ≤ vβ(θ)) =

∫ vβ(θ)

−∞g(θ, θ)dθ

Ora, nelle funzioni uα e vβ abbiamo una dipendenza da θ, dato che al variaredi questo cambia la distribuzione statistica dell’estimatore e di conseguenzala posizione dei tagli (mantenendo fissi α e β). Sfruttando questa osservazio-ne, e il fatto che non e nota la posizione del valore vero del parametro, si hainteresse nella cosiddetta confidence belt, definita come la regione di spazio

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Figura A.3: Costruzione di Neymann per la Confidence Belt.

compresa fra le due funzioni, come in Fig. A.3.A partire dal valore θobs ricavato dai dati, e seguendo la costruzione mostratain figura, si definisce intervallo di confidenza [a,b] quel particolare inter-vallo che conterrebbe con frequenza 1−α− β (coverage probability) il valorevero del parametro ripetendo l’esperimento e la stessa costruzione dell’esti-matore. Rispettivamente, gli estremi dell’intervallo di confidenza si trovanoinvertendo le due funzioni uα e vβ

2, ovvero a = u−1α (θobs) e b = v−1β (θobs).Si riesce quindi a capire il significato di una notazione spesso usata in lettera-tura in cui un risultato e presentato come θ+d−c , dove c = θobs−a e d = b− θobs.In altre situazioni invece si puo riscontrare un intervallo di confidenza cen-trale, ovvero in cui α = β, o un one-side confidence interval, in cui si da soloun limite superiore o inferiore. In ogni caso la notazione sopra equivale a direnon che P (a ≤ θ ≤ b) = 1 − α − β, ma che se si ripetesse l’esperimento ela costruzione dell’estimatore e dell’intervallo nello stesso modo, allora nell’1− α− β dei casi l’intervallo conterrebbe θ.Nell’analisi svolta in questo lavoro di tesi, si e considerato quindi un caso par-ticolare definendo con la procedura illustrata un one-side confidence intervalper variabili distribuite secondo Poisson.

2uα e vβ sono funzioni monotone se l’estimatore del parametro e un buon estimatore.

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Bibliografia

[1] Guido Altarelli, Oggi e gia domani, asimmetrie:rivista dell’IstitutoNazionale di Fisica Nucleare, anno 10 numero 18, 04/2015

[2] Antonio Masiero, Il lato oscuro dell’Universo, asimmetrie:rivistadell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, anno 2 numero 4, 06/2007

[3] Glen Cowan, Statistical data analysis, Oxford University Press, 1998

[4] Glen Cowan, Statistics and Discoveries at the LHC, Academic Trai-ning Lecture Regular Programme, 2010, http://indico.cern.ch/event/77830/

[5] CMS Collaboration, The CMS experiment at the CERN LHC, JINST 3SO 8004, 2008

[6] CMS Collaboration, Search for physics beyond the Standard Modelin dilepton mass spectra in proton-proton collisions at

√s=8 TeV,

JHEP 04 025, 2015 https://cms-results.web.cern.ch/cms-results/

public-results/publications/EXO-12-061/index.html

[7] CMS Collaboration, Search for a Narrow Resonance Produced in13 TeV pp Collisions Decaying to Electron Pair or Muon Pair Fi-nal States, CMS PAS EXO-15-005, http://cms-results.web.cern.ch/cms-results/public-results/preliminary-results/EXO-15-005

[8] CMS Collaboration, CMS 13 TeV Physics Results, 02/12/2015 Seminaryhttp://indico.cern.ch/event/442432/

[9] CERN website, http://www.cern.ch

[10] CMS public website, http://cms.web.cern.ch/

[11] ROOT User’s Guide, https://root.cern.ch/guides/users-guide

[12] CMS Firenze website, https://web2.infn.it/cms_firenze