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Via Raffaele Perla 21, 81055 Santa Maria Capua Vetere (CE) – e-mail: [email protected] – tel. +39 340 6564937 1 RICCARDO LATTUADA PROFESSORE ORDINARIO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CAMPANIA ‘LUIGI VANVITELLIGinevra Cantofoli (Bologna, 1618? – 1672) Allegoria della Temperanza Olio su tela, cm 130 x 95. Fig.1.

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RICCARDO LATTUADA

PROFESSORE ORDINARIO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CAMPANIA ‘LUIGI VANVITELLI’

Ginevra Cantofoli (Bologna, 1618? – 1672)

Allegoria della Temperanza

Olio su tela, cm 130 x 95.

Fig.1.

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Il dipinto è una silloge visiva della Allegoria della Temperanza descritta nella Iconologia di Cesare Ripa:

“Donna, vestita di porpora, nella destra mano tenga un Ramo di Palma, e nella sinistra un Freno. […] Le

si dà una palma in mano, simbolo del premio, che hanno in Cielo quelli, che dominando alle passioni

hanno soggiogati se stessi. La Palma non si piega, ancorché le stiano sopra grandissimi pesi, anzi si

solleva, come dicono li Scrittori. Così anco l’animo temperato, quanto più sono apparenti le passioni,

che lo molestano, tanto più è avveduto, e accorto in superarle, e procurarne vittoria. Il Freno dichiara,

che deve essere la Temperanza principalmente adoprata nel Gusto, e nel Tatto. […]”1. Salvo i colori

dell’abito della donna, il dipinto riprende quindi pressoché alla lettera la descrizione di Ripa: il freno

(meglio: le redini) nella mano sinistra, la frasca di palma nella destra. Lo splendore dell’abito di raso

azzurro (ottenuto stendendo il lapislazzulo su una base bianca) e del mantello rosso vivo è temperato

dai toni beige/verde oliva chiaro della camicia impunturata da ricami a fili d’oro, ed è riscaldato

dall’ampio tendaggio color oro cupo sullo sfondo. Il supporto, rintelato, è costituito da una tela a trama

piuttosto fine molto comune tra Roma e Bologna nel XVII secolo: la conservazione è vicina alla

perfezione.

Fig. 2. Fig. 3.

Dal punto di vista stilistico è evidente il legame con le invenzioni di Guido Reni e della sua scuola nel

campo delle mezze figure, un ambito in cui il maestro bolognese intensifica una comunicazione

empatica di particolare profondità tra la figura rappresentata nell’immagine e lo spettatore. L’impianto

compositivo della nostra ‘Temperanza’ riporta a un’opera come la ‘Santa Margherita’ di Reni in

1 Cf. C. Ripa, Iconologia, Venezia, Presso Cristoforo Tomasini, 1645, III, p. 618.

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Collezione privata (fig. 2)2. Quest’opera, nota anche nelle varianti (spesso di bottega) in cui è

rappresentata con gli attributi di ‘Santa Caterina d’Alessandria’ (ad esempio nella versione a

Manchester, City Art Gallery) è anche uno dei modelli tipologici, compositivi ed espressivi per Giovanni

Andrea Sirani e per la sua brillante e originale figlia, Elisabetta, della quale la tavolozza lussuosa e

brillante, la compattezza del disegno e la maggiore sensualità dell’immagine sono l’antecedente diretto

del dipinto in discussione. Della Sirani basta ricordare qui il noto autoritratto all’Hermitage di San

Pietroburgo (fig. 3) o l’ ‘Allegoria della Liberalità’ a Nîmes, Musée des Beaux-Arts, tradizionalmente

scritta ad Elisabetta ma che, come vedremo fra un attimo, è stata espunta dal suo catalogo (fig. 4)3.

Sono opere in cui è evidente la determinazione a conferire una forte interazione psicologica tra l’artista

e la modella. Lo sguardo è fisso sul riguardante, e c’è quasi una complicità tra la modella stessa e lo

spettatore. Non sapremo mai quale fosse il sottotesto della scelta di iconografie così specifiche, ma

non c’è dubbio che le allegorie femminili della Sirani rispondono a una dimensione che consegue una

sofisticata e misteriosa declinazione dell’esercizio ritrattistico.

Fig. 4. Fig. 5. Fig. 1a.

Venendo all’attribuzione della ‘Temperanza’, una volta definito l’ambito culturale dell’opera occorre

definirne l’autore, che in questo caso è l’autrice. I raffronti chiave riconducono infatti a Ginevra

Cantofoli. Per giungere a questa conclusione è sufficiente confrontare il dipinto con la ‘Vanitas’ in

Collezione Koelliker (Milano) (fig. 5), giustamente attribuita a Ginevra Cantofoli da Massimo Pulini in

quella che è la prima monografia su questa misteriosa quanto affascinante figura di donna artista

2 Cf. L. Puppi, “Repliche”. Quesiti aperti, e sospesi, su due inediti di Guido Reni e Antoon van Dyck, in ‘Engramma’, n. 170,

ottobre 2017, s.i.p., (http://www.engramma.it/eOS/index.php?id_articolo=3290), per la fortuna critica del dipinto e del suo

adattamento come ‘Santa Caterina Martire’ nella versione a Manchester, City Art Gallery. Il dipinto è passato a New York,

Sotheby’s, 29-I-2009, lotto 36, olio su tela, cm 96 x 77). 3 Cf. A. Modesti, Elisabetta Sirani. Una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna, 2004, pp. 15-17, fig. 3; p. 227; p. 229, fig.

127; olio su tela, cm. 135 x 95. Per una recente rassegna sulla pittrice cf. Dipingere e disegnare “da gran maestro”. Il talento

di Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665), catalogo della mostra, Firenze, 2018.

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bolognese4. In questo studio, nella trentina di opere ascritte alla Cantofoli - che di Elisabetta Sirani è

stata forse la più autorevole allieva (o collaboratrice, o controparte) - Pulini ha spostato la maternità

della ‘Allegoria della Liberalità’ a Nîmes dalla Sirani alla Cantofoli5. Tale proposta è ragionevole, poiché

a ben guardare i modi pittorici di Ginevra Cantofoli sono sufficientemente distinti da quelli di Elisabetta

Sirani: maggiore nettezza delle forme, con un effetto più plastico dei panneggi che effettivamente

parla di una attenzione della Cantofoli nei confronti di Michele Desubleo6 (fig. 1b); una tavolozza per

certi simile alla linea reniana della pittura napoletana che fa capo a Massimo Stanzione e alla sua

scuola.

Che la Cantofoli fosse una maestra di quella che Pulini ha felicemente definito “La ripetizione

differente”7 è un assioma ribadito anche dall’ultimo confronto che qui si propone per l’attribuzione

della ‘Temperanza’: l’autoritratto in veste di ‘Allegoria della pittura’ già a Londra, BNB (fig. 6)8.

Fig. 1b. Fig. 6. Fig. 1b.

Non ostante l’evidente componente di serialità insita in questo metodo, la forza di Ginevra Cantofoli

sta nella sua capacità di sottrarre o aggiungere sempre nuovi elementi alle sue immagini, che non

ripetono mai esattamente la stessa composizione. La riscoperta della ‘Temperanza’ è una riprova del

metodo di Ginevra, e anche dell’abilità di questa artista in parte ancora misteriosa di aggiungere

sempre nuova linfa alle sue invenzioni.

4 Cf. M. Pulini, Ginevra Cantofoli. La nuova nascita di una pittrice nella Bologna del Seicento, Bologna, 2006, pp. 122-124, n.

32; olio su tela, cm. 92 x 73. Per recenti aggiunte al catalogo della Cantofoli mi permetto di rinviare a R. Lattuada, Due

coppie rare e inedite: una di Ginevra Cantofoli euna di Giovanni Antonio Burrini, in ‘Valori Tattili’, n. 2, luglio-dicembre 2013,

pp. 128-144, in part. pp. 128-133. 5 Cf. M. Pulini, Ginevra Cantofoli, cit., pp. 124-126, n. 33.

6 Cf. M. Pulini, Ginevra Cantofoli, cit., pp. 28-30.

7 Cf. M. Pulini, Ginevra Cantofoli, cit., pp. 17-19.

8 Olio su tela, cm. 98 x 74.

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Dato l’interesse del ritrovamento, è intenzione di chi scrive di rendere noto il dipinto qui discusso in

una appropriata sede scientifica9.

Roma, 10 novembre 2018

Riccardo Lattuada

9 Desidero esprimere la mia gratitudine alla Dottoressa Milena Naldi per lo scambi di idee intercorso in occasione della

catalogazione del presente dipinto.