RESTRIZIONI VERTICALI NON BASATE SUL PREZZO verticali non... · In linea di principio il benessere...

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1 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI BERGAMO FACOLTA' DI INGEGNERIA ECONOMIA INDUSTRIALE Prof. Gianmaria Martini RESTRIZIONI VERTICALI NON BASATE SUL PREZZO Lezione 12 Anno Accademico 2009/2010 Economia Industriale A.A. 2009/2010 - Restrizioni verticali non basate sul prezzo

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI BERGAMOFACOLTA' DI INGEGNERIA

ECONOMIA INDUSTRIALEProf. Gianmaria Martini

RESTRIZIONI VERTICALI NON BASATE SUL PREZZO

Lezione 12

Anno Accademico 2009/2010

Economia Industriale A.A. 2009/2010 - Restrizioni verticali non basate sul prezzo

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DEFINIZIONE

Sono restrizioni imposte dal produttore ‘a monte’sui distributori ‘a valle’ con riferimento non al prezzo del bene quanto a fattori di altra natura (servizio richiesto, zona geografica o categoria di consumatori

raggiungibili, diritti di franchising, etc).

Poiché il livello dei servizi è scelto solo da chi rivende e non da chi produce,le imprese sono suscettibili nel determinare guadagni di efficienza che

massimizzino il profitto dell’intero canale verticale e si generano, di conseguenza, distorsioni pro-competitive.

Talvolta però, in determinate circostanze, anche questa tipologia di intese può produrre due diverse tipologie di effetti restrittivi della concorrenza:� la concorrenza inter-brand

� la concorrenza intra-brand

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Impresa 'a monte' Impresa 'a valle' consumatori

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TEMATICHE

1. DISTRIBUZIONE IN ESCLUSIVA

2. VENDITA IN ESCLUSIVA

3. AFTER-MARKET

4. LEGGE CONTRO RESTRIZIONI

5.FREE-RIDING

6.FRANCHISING e Caso McDonald’s

7.CASO MAIL BOXES vs. UPS

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Tramite un accordo di distribuzione in esclusiva i dettaglianti non possono vendere altri prodotti differenti da quelli del proprio fornitore.

Di solito gli accordi di distribuzione in esclusiva si giustificano con la presenza di conflitti di interessi fra produttore e distributore.

In mancanza di alcune restrizioni verticali tali conflitti possono indurre degli esiti sfavorevoli sia ai consumatori che ai produttori.

Bisogna innanzitutto prendere atto del fatto che i produttori investono molto per la promozione dei propri prodotti: questa pubblicità può fare aumentare di molto la domanda per il marchio del produttore, così come anche quella per la

categoria del prodotto in generale.

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1. DISTRIBUZIONE ESCLUSIVA

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1. DISTRIBUZIONE ESCLUSIVA

?

ESEMPIO PUBBLICITA' TACHIPIRINA

COSTO AZIENDA (Angelini S.p.a)

CONOSCENZA DELPRODOTTO

AUMENTO COSTO PRODOTTO SPECIFICO

CONOSCENZA PRODOTTIANALGESICI NON ASPIRINICI

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DETTAGLIANTE (FARMACISTA)

TACHIPIRINA RATIO PHARMPARACETAMOLO

NUMERO MINORE DI COMPRESSE 4 COMPRESSE IN PIU'

PREZZO MAGGIORE PREZZO MINORE

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1. DISTRIBUZIONE ESCLUSIVA

Il farmacista potrebbe però fare free-riding ovvero sfruttare la pubblicità della tachipirina per informare invece dell’esistenza dell’ antidolorifico generico e

vendere quello. Dal punto di vista del produttore, tuttavia, il farmacista rischia di non vendere nulla nonostante sia stata la pubblicità della tachipirina ad

indurre il consumatore per primo a chiedere un antidolorifico non aspirinico.

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Il dettagliante gioca un ruolo importante poiché la segnalazione agisce come una sorta di garanzia informale sulla qualità del prodotto.

limita il dettagliante nel creare delle sostituzioni anche se lo farebbe nell'interesse di informare il consumatore dell'analoga potenzialità del farmaco

generico.

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1. DISTRIBUZIONE ESCLUSIVA

D.E. usata per limitare la concorrenza fra concorrenti

già presenti o limitare l'entratadi nuovi produttori

Il produttore dovrà spartirsi con il dettagliante i profitti derivanti da tale

potere

ACCORDO DI DISTRIBUZIONE IN ESCLUSIVA

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MATHEWSON & WINTER (1987)

La riduzione del prezzo al dettaglio è sufficiente a compensare i clienti per la rinuncia al prodotto alternativo?

In linea di principio il benessere sociale potrebbe risultare maggiore nonostante il fatto che l'accordo in esclusiva elimini una linea di prodotti dal

mercato.In particolar modo, il produttore che ottiene il contratto in esclusiva può farlo

soltanto offrendosi di vendere al dettagliante a un prezzo all'ingrosso molto basso che si traduce poi in un basso prezzo al dettaglio.

Si limita simultaneamente la concorrenza tra dettagliante e produttori

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1. DISTRIBUZIONE ESCLUSIVA

Limita inter-brand competition, cioè la concorrenza fra marche presso lo stesso distributore e a superare le esternalità tra produttori.

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Tramite un accordo di vendita in esclusiva:� Il Produttore si impegna a vendere solo ad un unico dettagliante competente in una determinata area geografica;� Il Dettagliante non può aprire un punto vendita nelle zone coperte da altri dettaglianti.

ESEMPIO: Toyota

Accordo di vendita in esclusivaToyota si impegna a vendere automobili Lexus ad un'unica concessionaria entro un certo raggio.

Accordo di esclusiva territorialeToyota potrebbe stilare questi accordi con diverse concessionarie Lexus ciascuna della quali si impegna a non aprire un punto vendita in qualsiasi altra zona in cui sia già presente una della altre concessionarie.

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2. VENDITA IN ESCLUSIVA

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Un unico produttore vende un prodotto omogeneo a due o più dettaglianti che si differenziano per collocazione territoriale.I consumatori non considerano i vari dettaglianti come perfetti sostituti per l'acquisto del bene, quindi la concorrenza non è perfetta.

ESTERNALITA'

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2. VENDITA IN ESCLUSIVA

LEGATA AL PREZZO

Ciascun dettagliante non tiene conto dell'effetto sull'altro rivale delle singole decisioni di abbassare il prezzo.

Si stabilizza un prezzo troppo basso:�Riduzione profitti al dettaglio�Riduzione profitti produttore

LEGATA AI SERVIZI

Se un dettagliante sostiene la spesa promozionale sul prodotto/servizio arreca benefici anche all'altro dettagliante (a maggior ragione se quest’altro ha deciso di non investire).

Ben presto il livello di tali servizi finiràper essere troppo basso:�Riduzione profitti dettagliante e produttore�Riduzione surplus del consumatore

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Risulta quindi chiaro che la vendita in esclusiva e gli accordi territoriali possono risolvere le esternalità appena descritte:

Limitando il numero di rivenditori del bene ad uno per ciascuna zona; ciascun dettagliante è l'unico beneficiario delle decisioni sui prezzi e i servizi da fornire.

Il dettagliante, unico competente per una data zona, nell’interesse di vendere cercherà di alzare il livello sia dei prezzi che dei servizi. Si avrà quindi un aumento dei profitti sia per il produttore che per il dettagliante.

� Effetto duplice sui consumatori � prezzo maggiore a causa dell'assenza di concorrenza� maggior livello di servizio verso cui ogni singolo dettagliante si predispone

In ciascuna zona territoriale si crea un fornitore monopolista 'a monte' che vende ad un dettagliante monopolista 'a valle'. Per risolvere il problema della doppia marginalizzazione il produttore crea una tariffa in due parti, o una quota in ingresso. Il dettagliante può così fornire adeguati prodotti/servizi al consumatore e far meglio fronte all'oscillazione della domanda.

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2. VENDITA IN ESCLUSIVA – CONSEGUENZE

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COME ANNULLARE LA DOPPIA MARGINALIZZAZIONE?

IPOTESI:

� I prodotti sono beni sostituti abbastanza vicini l'uno all'altro (indifferenziati)

� Ciascun produttore concede un'esclusiva territoriale ad un dettagliante in ciascun territorio, conferendogli il diritto esclusivo di vendita.

Se un produttore aumentasse il costo all'ingrosso del prodotto, automaticamente il dettagliante monopolista A sarà portato ad aumentare il prezzo al dettaglio per compensare questo aumento. Nello stesso tempo però anche il dettagliante monopolista B, in un'altra zona, sarà portato ad aumentarlo (indipendentemente dal suo prezzo all'ingrosso), poiché sulla base delle esclusive territoriali, i prezzi sono complementi strategici.Perciò il dettagliante A vedrà l'opportunità di aumentare il prezzo senza la perdita di consumatori, sebbene il suo costo all'ingrosso non sia aumentato.

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2. VENDITA IN ESCLUSIVA – DOPPIA MARGINALIZZAZIONE (1/2)

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Quindi anche nel caso in cui un produttore aumentasse il suo prezzo all'ingrosso, egli non perderebbe più lo stesso numero di clienti che avrebbe perso se non avesse goduto delle esclusive territoriali.

Anche se il produttore rivale non aumentasse il prezzo all'ingrosso, il dettagliante rivale potrebbe comunque aumentarne il prezzo al dettaglio.

Esclusive territoriali

Con la possibilità di adottare una schema di tariffa in due parti da parte delle imprese produttrici, il problema della doppia marginalizzazione è risolto.

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2. VENDITA IN ESCLUSIVA – DOPPIA MARGINALIZZAZIONE (2/2)

PRODUTTORIRIDUZIONE

CONCORRENZA AL DETTAGLIO

MINORE CONCORRENZA ALL'INGROSSO

PROFITTI A VALLE E A MONTE PIU'

ELEVATI

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Anche i mercati di post-vendita (after-market) possono essere soggetti ad una particolare restrizione verticale.Il problema centrale rimane se, e in che modo, un'impresa possa esercitare un potere di monopolio nel mercato secondario se non ha quel potere nel mercato primario.

Questo è strettamente legato al potere di contrattazione esercitato dai clienti finali, in particolar modo dovuto ai costi di transazione (o lock-in).

ESEMPIO KODAK:

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3. AFTER-MARKET

MERCATO PRIMARIOApparecchiature micrografiche e fotocopiatrici

MERCATO SECONDARIOReti di aziende indipendenti distribuite su tutto il territorio nazionale per assistenza post-vendita e pezzi di ricambio

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Nel momento in cui la Kodak perse un contratto di assistenza con la Computer Service Corporation a favore di un'impresa indipendente, annunciò la sua nuova politica di stipulare accordi di vendita in esclusiva con la sua rete di assistenza.Da quel momento le altre aziende after-market indipendenti, che videro rescissi i contratti, intentarono causa alla Kodak.

DIFESALa Kodak durante il processo sostenne di non avere una posizione di monopolio nel mercato secondario, poiché anche nel mercato primario erano presenti molti concorrenti.Quindi era impossibilitata ad imporre prezzi di monopolio nel mercato secondario.

ACCUSAIn realtà nel momento in cui un acquirente entra in possesso di un prodotto Kodak nel mercato primario è obbligato a rimanere legato alla medesima azienda anche nel mercato secondario a causa degli alti costi di switching(difficoltà di rivendita dell'apparecchio nel mercato dell'usato e prezzi di ricambio alti).

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3. AFTER-MARKET

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L'aumento dei prezzi nel mercato secondario può essere causato dall'effetto lock-in per due motivi:

1. Gli acquirenti potrebbero non essere in grado di riconoscere il costo complessivo del bene (il prezzo del bene nel mercato primario + i costi del mercato secondario) a causa dell'asimmetria informativa

2. Le aziende stesse potrebbero non avere interesse ad impegnarsi a far pagare un prezzo basso nel mercato secondario in quanto sicure del vincolo dovuto ai costi di switching dei clienti

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3. AFTER-MARKET

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3. AFTER-MARKET

Confronto con Canon:Canon oggi offre sul mercato i suoi prodotti anche attraverso una nuova formula: il NOLEGGIO A CONSUMO.Il cliente paga a Canon un canone costituito da una quota fissa mensile e una quota variabile con i consumi. Ad es. per quanto riguarda lestampanti, il cliente può decidere di pagare una quota fissa che comprende il noleggio del macchinario, la manodopera ordinaria estraordinaria e il toner per la stampa mentre i supporti cartacei costituiscono la quota di costo variabile.Canon proponendo un sistema prodotto-servizio ottiene così una fidelizzazione completa dei suoi clienti dal momento della vendita; si garantisce così continuità sul mercato secondario di assistenza. Il cliente paga per la funzionalità del bene (la carta stampata) e non per il possesso (la stampante); ottiene così valore aggiunto sul livello di servizio (meno spazio occupato, sostituzione e smaltimento del toner a carico di Canon, possibilità di archiviazione delle stampe inclusa nel pacchetto d’offerta…)

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Fino alla fine degli anni '90 l'approccio assunto dall' Unione Europea èimprontato alla condanna di qualsiasi tipo di restrizione verticale non legata al prezzo in generale, eccezione per alcuni accordi specifici (il franchising).

Nel 1999 l'Unione Europea rivede le sue “Linee guida sulle restrizioni verticali”che prevedono un trattamento molto più indulgente per le restrizioni, applicando l'approccio della 'rule of reason', ossia giudicare ogni situazione di dubbia legalità con un metodo ad-hoc, anziché basarsi su valutazioni generiche.

Tuttavia appare chiara la possibilità che vi sia abuso di potere di mercato da parte di produttori e dettaglianti, soprattutto quando le restrizioni interessano un'ampia percentuale del mercato esistente. Se ciò si verifica i consumatori ne sono gravemente danneggiati.

Quando dagli studi dei singoli casi emergono conseguenze negative per i consumatori si è soliti ricondurle ad un aumento dei prezzi al dettaglio, come ad esempio nel free-riding (caso Tachipirina).

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4. LEGGE CONTRO RESTRIZIONI (RULE OF REASON)

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Riprendendo l'esempio della Tachipirina, possiamo sottolineare come vi sia una maggiore probabilità di imbattersi in restrizioni verticali proprio in quei mercati in cui i produttori (nel nostro caso Angelini S.p.A.) devono compiere ingenti investimenti promozionali o di ricerca e sviluppo.

Poiché la spesa di tali investimenti si rifletterà sul prezzo del prodotto, tali restrizioni saranno legate a prezzi finali al dettaglio più elevati in modo indiretto.

La restrizione in sé infatti non è causa di un aumento del prezzo, ma tale aumento è generato dalla possibilità che i produttori concorrenti sfruttino gli sforzi sostenuti dall'impresa a loro vantaggio.

Nel nostro caso i farmacisti sfruttano la pubblicità della Tachipirina per divulgare i benefici del principio attivo generico ed in secondo luogo i produttori del farmaco generico possono trarne vantaggio.

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5. FREE-RIDING

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Il franchising è una formula di collaborazione tra imprese per la distribuzione di servizi e/o beni.

È infatti un accordo di collaborazione che vede da una parte un'azienda con una formula commerciale consolidata (affiliante, o franchisor) e dall'altra una società o una persona fisica (affiliato, o franchisee) che aderisce a questa formula.

L'azienda madre, un produttore o un distributore di prodotti o servizi, concede all'affiliato, in genere un rivenditore indipendente, il diritto di commercializzare i propri prodotti e/o servizi utilizzando l'insegna dell'affiliante oltre ad assistenza tecnica e consulenza sui metodi di lavoro.

In cambio l'affiliato si impegna a rispettare standard e modelli di gestione e produzione stabiliti dal franchisor. In genere, tutto questo viene offerto dall'affiliante all'affiliato tramite il pagamento di una percentuale sul fatturato (royalty) insieme al rispetto delle norme contrattuali che regolano il rapporto.

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6. FRANCHISING

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Questa tipologia di franchising è il modello classico, ma recentemente si sta diffondendo un secondo tipo di franchising noto come business format.

Nel business format l'affiliato acquista i diritti, oltre che sul marchio, anche su un piano commerciale completo (es.: la catena di alberghi Marriott)

I vantaggi del business format rispetto alla tipologia tradizionale di franchising sono:

• Economie di scala su pubblicità e acquisto della merce• Maggior mobilità delle risorse umane• Maggior conoscenza del marchio e quindi maggior 'trust' con i clienti

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6. FRANCHISING

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SCELTE DI GESTIONE IN FRANCHISING:

1. Gestore punto vendita stipendiato direttamente dalla proprietà:

- maggior facilità di controllo da parte dell'azienda madre

- rischio per l'azienda madre che non si raggiunga la massimizzazione

profitti

- massimizzazione dei profitti congiunti di tutti i punti vendita della società

2. Gestione punto vendita affidata ad un affiliato indipendente:

- ha diritto a profitti residuali

- è incentivato ad innovare e a massimizzare il profitto del suo affiliante

- sfrutta gli sforzi competitivi compiuti dagli altri punti vendita; ciò va a

discapito del livello di servizio

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6. FRANCHISING

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Un elevato numero di affilianti può essere un punto di forza per la casa madre perchè:

� opportunità di creare divisioni operative come centri di profitto indipendenti

� maggior capacità di soddisfare le specifiche preferenze di ogni singolo

cliente

� estrazione di maggior surplus dal cliente

� aumento della possibilità di operare una discriminazione di prezzo

� risoluzione dell'asimmetria informativa tra i vari punti vendita valutando

ogni punto vendita sulla base della performance media

� produzione di un output totale elevato

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6. FRANCHISING

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6. FRANCHISING : Caso McDonald’s (1/3)

Caso MCDONALD’S

I ristoranti McDonald’s sono un tipico esempio di business format. La maggior parte dei punti vendita è di proprietà dei singoli ristoratori che pagano delle quote d’ingresso di franchising all’ azienda madre in cambio del diritto a utilizzare il marchio e le ricette McDonald’s. Le ricette di cibi “buoni” almeno quanto quelle McDonald’s sono facilmente reperibili anche a costi minori, rispetto alla quota pagata alla casa madre.

Perché allora gli affiliati sono disposti a pagare somme così elevate agli affilianti?

I singoli ristoratori pagano per godere del diritto di sfruttare il nome di McDonald’s e la sua reputazione. Alcuni clienti sceglieranno pertanto di acquistare un prodotto presso McDonald’s sulla base della reputazione che la catena ha conseguito a livello nazionale piuttosto che comprare lo stesso prodotto offerto (magari ad un prezzo inferiore) presso un dettagliante locale privo della stessa reputazione.

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6. FRANCHISING: Caso McDonald’s (2/3)

Chi sarebbe disposto a pagare di più per ottenere il diritto a utilizzare il marchio McDonald’s in relazione alla posizione geografica ? Un punto vendita che si trova al centro di una città oppure situato all’interno di una stazione o di un Autogrill?

Il punto vendita che si trova in un Autogrill o in una stazione sarà disposto a pagare di più, dato che la maggior parte dei suoi clienti vi entreranno una sola volta e, pertanto, non avranno modo di verificare autonomamente la qualità del prodotto per fare eventualmente (frequenti) acquisti successivi.

Visiteranno inoltre un ristorante McDonald’s sulla base di analoghe esperienze precedenti in altri ristoranti della medesima catena.

Un abitante della città, invece, potrebbe scegliere di provare il ristorante del centro ed eventualmente tornarci se la qualità e i prezzi sono validi ed evitando di tornarci se invece è di qualità e prezzi non accettabili. Gli abitanti di una città potrebbero inoltre chiedere ai propri vicini e conoscenti quali ristoranti consigliano, mentre un viaggiatore ha in genere pochi modi per conoscere valide informazioni o poche occasioni per mangiare bene e a basso costo.

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6. FRANCHISING: Caso McDonald’s (3/3)

Quali incentivi ha la McDonald’s a imporre ai suoi affiliati di acquistare panini per hamburger, carne, tovagliolini ed altre forniture da McDonald’s piuttosto che da altri fornitori locali, probabilmente a più basso costo, a parte l’incentivo ad eleminare la doppia marginalizzazione?

McDonald’s vuole assicurarsi che la qualità offerta presso ogni singolo punto vendita sia uniforme, cosicché la domanda dei consumatori rimanga stabile e la reputazione della qualità dei prodotti offerti dalla catena McDonald’s rimanga elevata. Questo incoraggerà altre persone a voler aprire punti vendita McDonald’s in altre città.

C’è dunque la volontà di assicurare qualità uniforme e di sfruttare l’esternalitàpositiva derivante dall’informazione che altri negozi McDonald’s avranno la medesima qualità. Ciò potrebbe infine essere un modo per incrementare i profitti attraverso una pratica di vendite abbinate.

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Nel 2001 la United Parcel Service (UPS) acquisì l'impresa di recapito di piccoli pacchi Mail Boxes.

Inizialmente gli affiliati indipendenti della Mail Boxes erano entusiasti dell'accordo pensando che la UPS avrebbe portato con sé un aumento dei volumi e della gamma dei servizi.

D'altra parte la UPS cercava di espandere il suo accesso al mercato al dettaglio.

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7. CASO MAIL BOXES vs. UPS (1/2)

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Ma il modello commerciale di UPS imponeva troppe restrizioni verticali:

� Conversione di tutti i punti vendita Mail Boxes in negozi UPS� Richiesta di costose ristrutturazioni dei negozi a carico degli affiliati� UPS impose un limite sul prezzo al dettaglio come mezzo per limitare la doppia marginalizzazione� UPS ridusse i compensi che gli affiliati ricevevano per il fatto di trattare pacchi già etichettati; predispose un sito dal quale i clienti potevano da soli preparare le etichette per i propri pacchi� Gli affiliati non poterono più appoggiarsi a spedizionieri rivali.

Il risultato fu che molti affiliati si sentirono trasformati in semplici punti di smistamento.

Ma soprattutto i negozi Mail Boxes si trovarono a competere direttamente con un numero sempre più elevato di negozi UPS col rischio di saturare la domanda del mercato, e facendo entrare i propri affiliati in competizione tra loro.

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7. CASO MAIL BOXES vs. UPS (2/2)

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SEMINARIO A CURA DI:

PAOLA AMBROSINI 49666

LARA DEL PRATO 49317

MARCELLA MILANDRI 45682

MARCO STUCCHI 56139

NADIA VECCHI50183

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