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66 IL TURISMO CULTURALE LUGLIO AGOSTO 2008 67 Cirase, girase, cerexie www.restipica.net TUTTE LE DECLINAZIONI DELLE CITTÀ DELLE CILIEGIE Collezione Italiana di Filippo Radaelli con la collaborazione di Giuseppe Galeone Res Tipica è il progetto promosso dall’Anci - Associazione Nazionale Comuni Italiani - per valorizzare l’immenso patrimonio ambientale, culturale, turistico ed enogastronomico dei Comuni italiani, a iniziare da quelli piccoli e medi. L’iniziativa riunisce numerose Associazioni di Città di Identità (fra cui Città del Vino, Città del Pane, Borghi più Belli d’Italia) per un totale di circa 1700 realtà locali aderenti. U n hanami in versione nostrana, come lo vedete? Sì, una festa dei ciliegi in fiore tutta italiana ispirata alla celebre e bellissima ricorrenza pri- maverile giapponese: che ne dite? Perché non proclamare solennità nazio- nale, anche da noi, la fioritura dei ciliegi? L’Italia non è forse il Giardino d’Europa? Quale evento simboleggerebbe meglio l’invidiabile reputazione che godiamo nel mondo? Non sarebbe un’ottima pubblicità? Dico sul serio: non c’è collina della nostra penisola in cui non fioriscano ciliegi. A primavera un magnifico paesaggio trasversale di petali nivei o bianco-rosacei, risalendo dalle isole lungo tutto l’Appennino e fin sotto le Alpi, accomuna l’intero Belpaese. Non per caso, del resto, sono già cin- quanta le Città delle Ciliegie che finora hanno aderito all’Associazione omonima, fondata appena cinque anni fa a Celleno, a pochi chilome- tri da Viterbo. Celleno, appunto: minuscolo e grazioso borgo sulle colline tra il Tevere e il lago di Bolsena, cresciuto sotto le imponenti mura di un antico castello. Sotto un maniero si estendono anche i ciliegeti di Lari, borgo pisano da cui, assieme a Celleno, venne lanciata l’idea dell’Asso- ciazione. E torri e rocche troverete anche a Montelibretti e a Moricone, a Maenza e a Pastena: tutte contrade a nord e a sud di Roma. E ville e castelli res tipica © ISTOCKPHOTO.COM/MISTIKAS ©ARCHIVIO FOTOGRAFICO FONDAZIONE DI VIGNOLA

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66 Il TurIsmo CulTurale luglio agosto 2008 67

Cirase, girase, cerexie

www.restipica.net

tutte le declinazioni delle Città delle Ciliegie

CollezioneItaliana

di Filippo Radaellicon la collaborazione di

Giuseppe Galeone

Res Tipica è il progetto promosso dall’Anci - Associazione Nazionale Comuni Italiani - per valorizzare l’immenso patrimonio ambientale, culturale, turistico ed enogastronomico dei Comuni italiani, a iniziare da quelli piccoli e medi. L’iniziativa riunisce numerose Associazioni di Città di Identità (fra cui Città del Vino, Città del Pane, Borghi più Belli d’Italia) per un totale di circa 1700 realtà locali aderenti.

un hanami in versione nostrana, come lo vedete? Sì, una festa dei ciliegi in fiore tutta italiana ispirata alla celebre e bellissima ricorrenza pri-

maverile giapponese: che ne dite? Perché non proclamare solennità nazio-nale, anche da noi, la fioritura dei ciliegi? l’italia non è forse il Giardino d’europa? Quale evento simboleggerebbe meglio l’invidiabile reputazione che godiamo nel mondo? non sarebbe un’ottima pubblicità?dico sul serio: non c’è collina della nostra penisola in cui non fioriscano ciliegi. a primavera un magnifico paesaggio trasversale di petali nivei o bianco-rosacei, risalendo dalle isole lungo tutto l’appennino e fin sotto le alpi, accomuna l’intero Belpaese. non per caso, del resto, sono già cin-quanta le città delle ciliegie che finora hanno aderito all’associazione omonima, fondata appena cinque anni fa a celleno, a pochi chilome-tri da Viterbo. celleno, appunto: minuscolo e grazioso borgo sulle colline tra il tevere e il lago di Bolsena, cresciuto sotto le imponenti mura di un antico castello. Sotto un maniero si estendono anche i ciliegeti di lari, borgo pisano da cui, assieme a celleno, venne lanciata l’idea dell’asso-ciazione. e torri e rocche troverete anche a Montelibretti e a Moricone, a Maenza e a Pastena: tutte contrade a nord e a sud di Roma. e ville e castelli

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vi segnalo a conversano e Sammichele, in Puglia, e a castel San Giorgio e a Mercato San Severino, in campania; e poi a Bonnanaro, in Sardegna, e a Vignola, in emilia, e a Maser e Pianezze, in Veneto. Ma il più imponente, forse, sicuramente il più famoso fra i castelli delle città delle ciliegie si trova a Marostica, la celebre città vicentina che è anche sede nazionale dell’associazione.insomma, se le mura merlate sono il motivo ricor-rente che caratterizza il paesaggio dei borghi ita-liani, si fa generalmente poco caso al fatto che un ciliegeto ne è frequente e delizioso ornamento: non solo sotto specie di piantagioni campestri o di silvestri colture, ma di vero e splendido giar-dino urbano. Splendido, ma di certo non adegua-tamente valorizzato. e allora, una Festa nazionale dei ciliegi in fiore: non vi pare una buona idea?Va bene, va bene… a ognuno le sue tradizioni, secondo inclinazione. lasciamo ai giapponesi lo

hanami, delicata ed effimera festa per gli occhi, e teniamoci care le nostre sagre, feste per il palato più vivaci e sostanziose. a Palombara Sabina, quaranta chilometri da Roma (proprio sotto un magnifico castello, naturalmente!) si svolge la più antica: essendo la prima edizione datata 1928, ha compiuto questo giugno ottant’anni tondi tondi. l’occasione è stata celebrata con la Festa nazionale di tutte le città delle ciliegie. altro grande evento annuale promosso dall’asso-ciazione è il concorso “ciliegie d’italia”: quest’anno l’appuntamento si è tenuto a maggio, a castegnero (Vi). nell’emiliana Vignola (Mo), che è anche una delle piazze ortofrutticole più importanti d’ita-lia, si è invece svolta la conferenza mondiale sulla Frutta Biologica, in contemporanea con il congresso della Federazione internazionale dei Movimenti di agricoltura Biologica (iFoaM) che, nella vicina Modena, ha visto riuniti i mas-

simi esperti ed operatori del bio dei cinque continenti.e se le sagre ormai sono trascorse, le città delle ciliegie meritano sempre una visita al castello e al borgo medievale: dove ci son ciliegie, c’è sempre un castello, ve l’ho detto; e se il castello non c’è, c’è senz’altro un meraviglioso borgo medievale. l’occasione può offrire anche il pretesto per una degustazione di ciliegie locali nature o in forma di gelati, frullati, sciroppi, liquori e quel che trovate. un suggerimento? a casamassima, nelle terre di Bari, mi hanno proposto l’abbinamento con for-maggi freschi: caciocavallo, giuncata, mozzarella. ottima idea! alle ciliegie il cacio con le pere ci fa un baffo! Quando degustate le migliori varietà di ciliegie, sperimentate anche ricotta, robiola, squacquerone. e con mozzarella e ciliegie prove-rei a fare anche la pizza: gli argippei di erodoto non ci facevano focacce?

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Associazione Nazionale Città delle Ciliegiec/o comune di marostica, rivellino della Biblioteca civicavia B. cairoli, 4 - 36063 marostica (vi) tel: 0424/479121www.cittadelleciliegie.it

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Un quartiere invisibile

un ciliegeto a due passi dal castello Sforzesco o da San Pietro: ve lo immaginate?

non parlo di uno striminzito e temerario giardino di ciliegi oscurato da storici palazzi o schiacciato da moderni condomìni, ma di una piantagione disseminata per un quartiere intero, tanto da dare il nome - via dei ciliegi - ad una assai trafficata arteria urbana a quattro corsie.

l’idea vi sembra fantasiosa e poco probabile? avete ragione! neppure io mi sarei sognato niente di simile se non fossi capitato, un anno fa, nel popolare rione d’una grande città dove la rag-guardevole presenza dei ciliegi ha davvero qual-cosa di stupefacente e prodigioso. Quale rione? Si chiama chiaiano. dove si trova? Vi dice qualcosa ma non ricordate? Bene, allora digitate il nome su Google-maps, opzione satellite, e cliccate invio: ingrandendo al massimo, non solo i ciliegi riu-scite a vederli, ma li potete perfino contare! ora zoomate indietro, opzione mappa, e tenetevi forte. Vedete? chiaiano è a napoli, nella periferia set-tentrionale del capoluogo campano, qualche fer-mata d’autobus dal Parco di capodimonte e dalla meravigliosa Reggia dei Borboni. adesso rammen-tate? Si, la rivolta contro la discarica.Meno di cent’anni fa, chiaiano era una piccola contrada rurale: negli orti delle sue masserie, i ciliegi la facevano da padroni. Ma il bello è questo: che i ciliegi sono ancora lì, e tanti!, curati e colti-vati dalle mani esperte ed appassionate di chi, pur vivendo ormai in una metropoli, conserva antiche abilità contadine e mantiene vivace la secolare tradizione cerasicola. i ciliegi resistono talmente bene che ogni anno chiaiano celebra una popola-rissima ed affollata sagra: lo scorso anno è stata anche teatro della Festa nazionale delle città delle ciliegie, con delegazioni dal Veneto, dall’emilia, dalla toscana, dal lazio, dall’abruzzo, dalla Puglia e da numerose località campane.chiaiano e suoi ciliegi, per me, valgono quanto la Reggia di capodimonte: forse di più. È il segno della vitalità di una civiltà popolare niente affatto arcaica, capace di resistere perfino agli aggressivi assalti del cemento e dell’asfalto, resi più viru-lenti e devastanti dagli interessi della crimina-lità camorristica. Resisterà, chiaiano, anche alla munnezza? Resisteranno i suoi ciliegeti? Sarebbe davvero bef-farda sorte se il nome di questo rione, rimasto fino ad oggi sconosciuto malgrado il pregio eccezio-nale delle gentili fioriture primaverili e del dolce e acidulo prodotto estivo, dovesse adesso venire associato ad una gigantesca discarica, o ad una furente sommossa di chi la vuole (comprensibil-mente) scongiurare.ci sono altre soluzioni? non so. capisco che le pazzesche circostanze cui si è giunti impongono una soluzione drastica e, dovunque sia, essa sarà comunque dolorosa. So che, finché a napoli fiori-ranno i ciliegi, si può sperare che tutto il resto - la munnezza e la speculazione edilizia, il degrado e la iattura della camorra - tutto, ma proprio tutto il resto, passi. e passi in fretta.

Un quartiere invisibile

don carmelo, Sciazza e Spernocchia rischia-vano seriamente di fare una brutta fine, di

scomparire per sempre da Siano e dalla faccia della terra.lo stesso pericolo correvano i duroni - il Rosso e il nero - e il nello, che non sono di queste parti. alla chetichella, assieme a loro, da qualche altra parte, stavano eclissandosi pure la Bella, la Mora, la Morellina; e Morandina e Maggiolina.anche cancello stava per esser cancellato, e lenguafora, fora! e Ferrovia e Pollaio e Moglie, pure loro, basta: nomi ormai da scrivere in minuscolo, nomi qualunque e non di preziosi, carnosi piccoli frutti dai sapori delicati e sorprendenti, dai pro-fumi intensi, dalle variegate sfumature di colore rosso che rendono difficile capire qual è quello cui attribuire esattamente la tonalità ciliegia.ciliegie, appunto. don carmelo e Moglie, Morellina e durone, Pollaio e lenguafora non sono che ottime varietà di ciliegie in via d’estinzione. ciliegie di mezza italia, ognuna con il suo gusto speciale e ghiotto, ognuna unica e inimitabile, tutte destinate a “uscir di produzione” perché in contrasto con le ottuse leggi del commercio: maturazione tardiva, pezzatura ridotta, difficile manipolazione per l’imballaggio o la trasformaz-ione industriale.

Il giardino di ciliegi in estinzione

Rischiava di morire anche Siano. chi non ricorda la tremenda alluvione che nel 1998 colpì Siano e Sarno, Quindici, Bracigliano e castel San Giorgio, fece 150 morti, distrusse 400 abitazioni e un ospedale, e mise in ginocchio 400 aziende agricole?Siano, sommersa ma scampata alla frana, non è scomparsa. come per un principio omeopatico, il rischio di sterminio delle preziose varietà nos-trane trova oggi rimedio nei provvedimenti presi per impedire nuovi disastri nel borgo campano: in una grande area destinata, in caso di nuove inon-dazioni, al deflusso di acque e detriti, è nato lo scorso anno il primo Parco nazionale delle ciliegie italiane.le più neglette varietà autoctone nostrane del pregiato frutto estivo tornano a riguadagnar ter-reno ad iniziare dal singolare vivaio e stupendo giardino realizzato dal comune, assieme all’ente Promotore Valle delle ciliegie e all’associazione nazionale città delle ciliegie. con la nascita del Parco e le iniziative culturali e scientifiche messe in cantiere è ora possibile ristabilire la dignità qualitativa che meritano le ciliegie d’italia.

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Riordinando una casalinga collezione alcolica, capitano fra le mani alcune bottiglie: una di

cherry; una di sherry. curioso bisticcio di parole: hanno qualche parentela? compare un’altra eti-chetta ove si legge kirsch: con le prime, ci azzecca qualcosa? Se salta fuori infine il ratafià, non vi sembra il caso di aver davanti un bell’enigma? Proviamo a risolverlo.Bene: si comincia da cherry. È il nome inglese, of course, della ciliegia; ma, sottintendendo brandy, indica pure un popolare tipo di liquore, un infuso di polpa di ciliegie in alcol, in acquavite o in vino amabile. l’elisir, d’intensa tonalità rossa, risulta piuttosto dolce per l’aggiunta di zucchero e, di regola, resta di contenuta gradazione.occhio! Molti dizionari traducono cherry-brandy alla lettera: “acquavite di ciliegia”. errore! Quello è il kirsch. ecco che ci azzecca kirsch con cherry! che in effetti è nome tedesco di ciliegia, ma anche il termine sincopato di kirschwasser, vale a dire “acqua di ciliegie”: insomma, una grappa nord-europea incolore, secca e alquanto alcolica (fino

a 45%) ottenuta non da vinacce, ma da ciliegie macerate e fermentate. dalla Svizzera in su, la vite è scarsa e per produrre distillati si ricorre ad ogni altra risorsa più adatta al clima: dalle patate, come si sa, alle piccole ma eccellenti ed abbon-danti drupe del Prunus avium, cioè del ciliegio.e sherry? È un anglicismo dello spagnolo xérès, o jerez, il celebrato vino bianco e liquoroso prodotto nel sud della Spagna, non lontano da Gibilterra: esattamente a Jerez de la Frontera, fondata dai Fenici col nome di Xera e ribattezzata ceret dai Romani e cherish dagli arabi, che perdendo terreno videro lì segnata la frontiera con il loro ultimo iberico regno, il Sultanato di Granada.Sherry, Xeres, Jerez, Xera, ceret, cherish… tanti modi per indicare la stessa città, nonché un vino che della città ha preso, come si direbbe oggi, la denominazione di origine. Ma con ciliegie e cherry, e kirsch sembra proprio che non c’entri niente. eppure, tutte quelle assonanze…alle quali, a questo punto, aggiungo quella con una nostrana voce dialettale: cerasa. È un ele-gante vocabolo di diretta discendenza dal latino; con aggiustamenti locali - dal valdostano seayesa al siciliano girasa, dal veneto siaresa al sardo cerexia - è diffuso in tutta italia. Sta per “ciliegia”, come tutti sanno. il che potrebbe confermare la suppo-sizione che, prima che fossero impiantati i pre-ziosi vigneti attuali, la fenicia Xera, oggi Jerez, fosse luogo ricco di ciliegi. Sembra perfino che gli arabi, introducendo la distillazione, traessero ed esportassero un liquore molto kirsch, piuttosto che cherry. nell’antichità, per altro, il caso non fu unico. Giresun, porto turco sul Mar nero, è l’an-tica cerasunte, città del Ponto, di cui riferisce, fra gli altri, Plinio. da qui, egli rivela, il proconsole di cilicia licinio lucullo, vincitore di Mitridate e ricco e gaudente gastronomo romano, nel 70 a.c. importò in italia i primi ciliegi coltivati, “seb-bene possa credersi - come è stato ragionevolmente osservato - che ancor prima di tale epoca non dovesse essere ignoto il Ciriegio nell’Italia, mentre in alcuni luoghi si trova spontaneo; ma che solo egli ne introducesse una qualche varietà di buon sapore, dalla quale poi ne siano derivate tutte quelle che si conoscono al presente”. così è scritto, tale e quale, spiega il dizionario della lingua italiana di costa e cardinali, anno 1820. comunque sia andata, il successo delle nuove varietà fu tale che centovent’anni dopo lucullo la coltivazione era già diffusa in tutta l’europa continentale e fino in Britannia.tuttavia, il sapiente teofrasto, successore di aristotele nella direzione dell’accademia, già nel iV secolo a.c. aveva descritto la tecnica di colti-

Di cherry in sherryvazione dei ciliegi (in greco, kerasos) nella peni-sola ellenica. duecento anni prima, addirittura, era stato erodoto a parlare di questo albero carat-teristico del Ponto. egli racconta di una singolare tipicità gastronomica degli argippei, popolo che viveva ai più remoti confini orientali del mondo conosciuto: “Un’ampia regione ai piedi di alte monta-gne è abitata da uomini che, si dice, sono tutti calvi dalla nascita, maschi e femmine indistintamente, e vivono dei frutti degli alberi. Pontico si chiama l’albero del cui pro-dotto si cibano: ha le dimensioni di una pianta di fico, più o meno, e produce un frutto grande come una fava e che ha il nocciolo; quando è maturo lo filtrano attra-verso panni e ne cola un succo denso e scuro, che chia-mano aschi; se lo sorseggiano e se lo bevono mescolato col latte; di ciò che resta del frutto spremuto fanno delle focacce e se le mangiano”. Ricette che fanno medi-tare, eh? un’altra notizia trovo davvero interes-sante: che il significato primordiale del latino cerasa, del greco kerasa, del fenicio xera, come degli odierni cherry, kirsch, cerise o cereza, andrebbe cer-cato nella radice kar (o kra), che nella madre delle

lingue indoeuropee esprimeva l’idea di “duro”. il greco keras (“corno”) avrebbe la stessa origine, ma anche l’italiano quercia, tanto per far due esempi. Queste congetture le apprendo consultando il mitico www.etimo.it, dove ne scopro un’altra dav-vero curiosa: che se digiti ciliegio il sito ti rinvia alla voce ciriegio. o bella! Mai sentito dire ciriegio; qualche riga sopra non vi sarà sfuggito che così lo nominano il costa e cardinali: ma ho pensato a un refuso. un rapido controllo e accerto invece che la grafia è corretta: molti dizionari di meno di cent’anni fa lo danno come lemma principale. e finalmente, googlando ancora, scopro che “gli antichi nostri dissero ciriegio, e ciriegie, per accen-nar forse così la loro denominazione; essendoché alcuni dicono che fossero portate a Roma da una Città d’Asia nominata cerasunte, cioè ciliegieto”. Sicché la turca Giresun, come la spagnola Jerez, ovvero la pontica cerasunte e la iberico-fenicia Xera, non furono che le prime e più antiche città delle ciliegie. il mondo, alla fin fine, è piccolo, mondo ciliegia!

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Postilla per un prosit

Mi sfugge qualcosa? cherry, sherry, kirsch… ah, già: ratafià!

come salta fuori? cosa c’entra, nella nostra col-lezione di bottiglie? lunga storia, in breve: il ciliegiolo è un vitigno diffuso soprattutto in toscana; il cerasuolo è invece un vino abruz-zese ottenuto da uve di vitigno Montepulciano. Ma il primo è anche un nome da tempo in disuso del liquore di ciliegia: insomma, del cherry. ed il secondo, negli abruzzi, è adoperato per la produ-zione tradizionale di questo infuso. altrove - per esempio in Piemonte, ad andorno Micca, nel biel-lese - si ottiene ricorrendo non a vino ma ad una soluzione idroalcolica o ad acquavite. comunque ed ovunque, questo delizioso elisir è oggi noto come ratafià. il termine - che presenta varianti locali di accento (sulla i) o di doppie (sulla t o sulla f) - con l’etimo di ciliegia, evidentemente, non c’entra nulla. Si sostiene che deriverebbe dai termini malesi arak e tafia, per dire “acquavite di canna”. Mah… È vero che certe arti alcoliche vengono dall’oriente; ed è vero pure che il nome ratafià è diventato sinonimo di rosolio e indica oggi tutta la famiglia di liquori ottenuti per infusione di frutta macerata e fermentata in zucchero. io,

però, non la farei troppo complicata. Propendo per un’origine più nostrana, più semplice e cer-tamente più avvincente.Raccontano di un notaro, dotato di pazienza e tenacia, che risolse la feroce contesa fra due nobili casati in lungo e sanguinoso litigio per motivi di proprietà. Firmate e controfirmate le carte con cui si raggiungeva il sospirato accordo, fu il notaro stesso a offrire un liquore squisito a base di cilie-gie. Riempì i bicchieri e li porse a tutti, poi alzò il suo e brindò: “Res rata fiat”. come dire: “Sia ciò che è stato ratificato”. Sollevando il proprio bicchie-rino, ad una voce sola, con inconfondibile cadenza abruzzese, tutti i contendenti, pacificati, rispo-sero: “Rata fiat”. e fu il ratafià, per un paio di secoli ritualmente offerto come benaugurante sigillo dei contratti.avendone bevuto uno eccellente a Raiano, godi-bile città della ciliegia in provincia dell’aquila, m’è venuta in mente una variante del bell’uso: che impegnandoci a conservare non solo la memoria, ma la vitalità delle cose buone prodotte tradizio-nalmente nei nostri bei territori, di tanto in tanto si brindi anche noi, a modo nostro: “Res tipica rata fiat”. Prosit.

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