Reputation Today 7-2015 Interno-7-2015-PIF filenegativa: l’altro costituisce una possibile...

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07 dicembre 2015 NEL TUO NOME IL TUO VALORE Registrazione al Tribunale di Roma n. 14 del 13/02/2014 REPUTATION AGENCY Proposta editori ale 2016: come gestire la reputazi one azi endale Banche, una scelta eti ca che alimenta fiduci a intervista a Ugo Biggeri Un framework nazi onale per la Cyber Security intervista a Roberto Baldoni

Transcript of Reputation Today 7-2015 Interno-7-2015-PIF filenegativa: l’altro costituisce una possibile...

07 dicembre2015

NEL TUO NOME IL TUO VALORE

Registrazione al Tribunale di Roma n. 14 del 13/02/2014

REPUTATIONAGENCY

Proposta editoriale 2016:come gestire la reputazione aziendale

Banche, una scelta eticache alimenta fiduciaintervista a Ugo Biggeri

Un framework nazionaleper la Cyber Securityintervista a Roberto Baldoni

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EDITORIALEdi Claudia Di Lorenzi

L’INTERVISTAAmbiente, sociale, legalità:investire in trasparenzaintervista a Ugo Biggeri

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20 LE BUONE PRATICHEa cura di Isabella Corradini

23 Le buone pratiche in azienda:la gestione della reputazionea cura di Reputation Agency

DAL MERCATO

INDICE

ETICA E VENDITAEtica e vendita nella società liquidaCarla De Simone

SCUOLA E SOCIETÀDiario di bordo di Programma il Futuro,tra successi e novitàa cura di Reputation Agency

21 Il Passaparola digitale, volano per le aziendeMaila Nuccilli

24 La tutela della reputazione personale:la difficile scelta tra sito sorgente e motore di ricercaFabio Di Resta

15 L’INTERVISTACyber Security: un framework nazionale perla sicurezza di aziende e istituzioniintervista a Roberto Baldoni

1REPUTATION today n. 6 settembre 2015

EDITORIALE

Claudia Di Lorenzi

Direttore Responsabile

Costruirefiducia,capitaleperlacoesionesocialeelosviluppo

C’è un bene prezioso che oggi scarseggia come nonmai: è la fiducia. La fiducia negli altri, quelli che cono-sciamo, familiari e non, ma anche quelli che incon-triamo per la prima volta, magari per lavoro o per casoo su internet, magari per strada, soprattutto se hanno

tratti somatici diversi dai nostri. E la fiducia nel “sistema”, nelle isti-tuzioni politiche, economiche e sociali, nelle figure di riferimento perla collettività, negli “esponenti”, nei capi e nei leader, spesso consi-derati come il prodotto di un meccanismo malato, mosso da interessidi parte, corruzione, clientelismo, familismo, illegalità diffusa.

È un bene prezioso, la fiducia, perché fa da collante nei rapportisociali, fra gli individui negli scambi reciproci, e fra le persone e le isti-tuzioni, o gli enti, le imprese, le aggregazioni di ogni sorta. Assicuracoesione, armonia e sviluppo perché consente l’apertura generosaall’altro, l’accoglienza e il donarsi, la reciprocità, lo scambio, la mutua-lità, la collaborazione al bene comune, la sicurezza, la certezza, lastima. Contro la chiusura, la diffidenza, l’isolamento e la paura che pro-ducono disgregazione, lacerazione, involuzione. A livello sistemico lafiducia si traduce nell’aspettativa circa un andamento regolare, pre-vedibile e generalizzato del mondo in cui la persona si trova ad inte-ragire, e fa si che la persona si conformi a quel determinato ordine dieventi e alle sue regole. Parimenti la fiducia in un leader si declina inaspettative circa l’abilità, l’intelligenza, il coraggio, la sensibilità, il com-portamento responsabile rispetto ad un mandato, l’autorevolezza, lacoerenza, l’onestà, l’adesione a certi valori e principi morali.

2REPUTATION today n. 6 settembre 2015

3REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

EDITORIALE

Oggi più che mai questa fidu-cia scarseggia, anche in conse-guenza dei recenti fatti di cronaca,nazionale e internazionale, chehanno investito, e in certi casi travolto,la politica, l’economia, la finanza, i rapporti fra gli Stati e fra cittadinie istituzioni, toccando temi quali la sicurezza, l’integrazione e la con-vivenza, ma anche il risparmio, la speculazione finanziaria, la respon-sabilità sociale e d’impresa, la tutela del cittadino in ognideclinazione.

Oggi, dopo gli attentati terroristici di Parigi, che hanno causato130 morti, ci fidiamo meno del nostro prossimo e delle istituzionichiamate a governarci. Nonostante gli appelli a “non avere paura”,in molti casi il timore di nuovi attacchi condiziona il vivere quotidiano,nei comportamenti abituali e per giunta banali, come prendere l’au-tobus o la metropolitana, andare allo stadio, nei centri commercialie nei locali del divertimento, partecipare a cerimonie religiose ochattare sui social. Cresce il sospetto verso coloro che identifichiamocome musulmani, laddove il termine è usato in maniera generica etalvolta impropria. E si consolida il pregiudizio negativo verso unaminoranza che in vero si compone per lo più di persone moderate,integrate, desiderose di una convivenza pacifica. La stessa diffidenzaè rivolta verso “lo straniero” in generale e poggia su un’aspettativanegativa: l’altro costituisce una possibile minaccia per me, i miei cari,i miei beni, i miei valori, le mie libertà. La sfiducia investe così lo sco-nosciuto ma anche i governi e le loro istituzioni, soprattutto se emer-gono falle nei sistemi di sicurezza, difficoltà di collaborazione fra leintelligence e l’ammissione che di fronte alla minaccia jihadista nonc’è “garanzia” per nessuno.

La propaganda estremista che avanza nel web mostra che anchela rete è fonte di minacce inedite. Anche di internet oggi ci fidiamomeno, e non solo per la presenza degli islamisti. Sempre più spessol’universo digitale svela lati oscuri e difficilmente controllabili: hacker,stalker, pedofili, bulli e criminali di ogni sorta sono in agguato, prontia minacciare la nostra incolumità fisica e psicologica, i nostri beni, irisparmi e la nostra privacy, ma anche le aziende, i brevetti, i segretidel made in Italy, e ancora i sistemi di sicurezza dei Paesi, le infra-strutture strategiche, i dati sensibili in possesso della pubblica am-ministrazione. L’attenzione alla cyber-security è diventata strategicaper ogni Paese ed ogni azienda, finalizzata a tutelarne l’immagine,la reputazione e la percezione di affidabilità e sicurezza. Su questifattori infatti si misurano gli investimenti e il livello di attrattività, e

la fiducia si traduce nell’aspettativa circa unandamento regolare, prevedibile e

generalizzato del mondo in cui la persona sitrova ad interagire, e fa si che la persona si

conformi a quel determinatoordine di eventi e alle sue regole

4REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

EDITORIALE

dunque la scelta del Paese in cui aprire un’impresa o dell’azienda dicui acquistare azioni: una realtà vulnerabile agli attacchi informaticinon costituisce un investimento ottimale. Sarà piuttosto l’anello de-bole che minaccia l’intera catena.

Ecco che strategica si rivela anche la formazione alla rete, all’usoresponsabile di internet ma anche ai meccanismi di funzionamentodell’universo informatico e digitale. Solo la consapevolezza dei pe-ricoli e delle opportunità presenti nel web costituisce un valido si-stema di prevenzione del rischio. Per i bambini e per gli adulti.

Ma oggi una profonda crisi investe anche la fiducia verso il sistemafinanziario. La vicenda del cosiddetto “decreto salva-banche”, appro-vato dal Governo di concerto con Bruxelles per evitare il fallimento diquattro banche italiane, del quale hanno fatto le spese migliaia di pic-coli risparmiatori che in molti casi hanno perso tutti i loro denari, haassestato un colpo durissimo alla fiducia nelle banche e nel mondodella finanza in generale. L’episodio tragico del suicidio di uno deipensionati beffati ha drammatizzato ulteriormente la vicenda. La man-canza di chiarezza nei contratti sottoscritti – soprattutto circa i reali li-velli di rischio degli investimenti – l’utilizzo di un linguaggio per soliaddetti ai lavori, l’esistenza di formule ambigue e di “trappole” na-scoste negli accordi ha posto in luce l’urgenza di una maggiore tra-sparenza nel rapporto fra i cittadini e le istituzioni bancarie. Il Governoha istituito un fondo per rimborsare i risparmiatori, ma per ricostruirela fiducia servono norme che assicurino maggiori garanzie.

La fiducia, è evidente, richiede sempre responsabilità, e traspa-renza, lealtà, coerenza. È un bene che va incoraggiato e custodito,rinforzato e confermato. E quando viene tradita la delusione che nederiva può essere talmente profonda da compromettere totalmenteil nesso fiduciario.

Ma la fiducia si può ricostruire. Con l’evidenza e la costanza dinuove buone pratiche. Con l’offerta di nuovi percorsi, nuove regolee nuovi comportamenti, tanto nei rapporti interpersonali quanto nellerelazioni con le istituzioni politiche ed economiche. È la reiterazionedi azioni efficaci e virtuose, che si sostituiscono alle vecchie dannose,a giustificare aspettative rinnovate di segno positivo.

Questo numero di Reputation Today, che esce mentre il nuovoanno si approssima, vuole essere un incoraggiamento alla fiducia,da concedere, costruire e ricostruire sulla base di evidenze incorag-gianti, in nome di una irrinunciabile e più solida coesione sociale edi un slancio rinnovato nel lavoro comune verso lo sviluppo e il be-nessere della collettività.

DAL MERCATO

SOTENIBILITÀ E REPUTAZIONE

Una ricerca commissionata dal Consorzio Nazionale Imbal-laggi (CONAI) – realizzata da Doxa Marketing Advice – haevidenziato la correlazione tra reputazione e sostenibilità.

Nella ricerca emerge infatti che per 7 aziende su10 un aumento degli investimenti nell’ambito

della sostenibilità ha prodotto una ricaduta posi-tiva in termini di reputazione (82%) oltre che in

termini di fatturato (62%) e competitività (70%). Un’azienda su due, tra quelle che hanno regi-

strato un aumento del fatturato negli ultimi due anni, èstata molto impegnata sul versante della sostenibilità,

mentre solo il 20% delle aziende con un fatturato indiminuzione o stabile è impegnato nella realizza-

zione di politiche sostenibili.

Fonte:http://www.ecoreport.tv/materie-prime-riciclate-e-

imballaggi-eco-sostenibili-aumentano-fatturato-e-competitivita-delle-aziende/

REP TRAK CITY 2015

Reputation Insititute ha reso noto il RepTrak City 2015, il report annuale sulle 100città con la miglior reputazione al mondo.L’indagine si è svolta tra il febbraio e ilmarzo del 2015 ed ha convolto più di19000 consumatori dei paesi del G8.

Le prime due città con la miglior reputa-zione al mondo sono australiane, rispettiva-

mente Sidney e Melbourne. Al terzo posto sicolloca Stoccolma, prima delle europee; a se-

guire nella classifica Vienna e Vancouver. Laprima città italiana che si posiziona nel report è

Venezia, al decimo posto.

Fonte: http://www.reputationinstitute.com/research/City-RepTrak.aspx

LAVOROE REPUTAZIONE

Un ricerca svolta da Adecco, in collabora-zione con l’Università Cattolica di Milano, ha in-dagato il rapporto tra internet e la ricerca dilavoro. Lo studio è stato condotto su 26 Paesi ed inItalia ha coinvolto 143 selezionatori e 2742 candidati.Dallo studio emerge che l’uso dei social network alloscopo di trovare lavoro è in aumento sia per i candidatiche per i selezionatori, con un incremento molto signi-ficativo per questi ultimi (dal 19% dello scorso anno al71% previsto per l’anno prossimo). La reputazione che cisi crea sul web sembra essere un criterio di selezione de-terminante in quanto 1/3 dei selezionatori dichiara diaver escluso un candidato a causa di quanto emerso suisocial.

Fonte: http://www.wired.it/economia/lavoro/2015/11/17/work-trends-study-reputazione-digitale/?utm_source=twitter.com&utm_medium=marketing&utm_campaign=wired

5REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

DAL MERCATO

LA SOSTENIBILITÀ VIENE PREMIATA

La società Nielsen ha condotto un sondaggio, la Global Survey ofCorporate Social Responsibility, in cui emerge che il 52% dei

consumatori italiani è disposto a pagare di più per un prodottoappartenente ad un marchio sostenibile. Il trend è in aumento rispetto

allo scorso anno ed è riscontrabile anche a livello mondiale (66%).I consumatori italiani si dimostrano sensibili al cosiddetto “eco-

friendly” (43%), al basso impatto ambientale del confezionamento(38%) e all’impegno sociale dell’azienda (33%).

Fonte: http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-

italia/mercati/2015/11/02/news/la_responsabilita_sociale_paga-126452667/

HEALTY WORKPLACESUMMIT 2015

Il 3 e 4 novembre 2015 si è svolto a Bilbao l’Healthy WorkplaceSummit 2015. L’EU-OSHA ha organizzato l’evento a conclusione della

campagna 2014-2015 “Insieme per la prevenzione e la gestione dellostress lavoro correlato”. All’evento hanno partecipato oltre 300 delegati dei

vari Paesi europei. Ampia risonanza all’iniziativa è stata data dai canali social Twittere Facebook, con l’hashtag #EUOSHSummit diventatoTrending Topic a Bilbao.

È possibile scaricare il programma dell’evento, i materiali delle sessioni e la lista dei partecipanti:https://osha.europa.eu/it/tools-and-publications/seminars/healthy-workplaces-summit-2015.

L’EU-OSHA ha anche messo a disposizione i video del Summit che si possono trovare sul canaleyoutube: https://www.youtube.com/channel/UCdBjw8viTTc31o8wA9jKXdQ

Healthy Workplaces

Media Partner2014-2015

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REPUTATION todayè stata media partner

della campagna dell’EU-OSHA

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REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

Intervista a Ugo Biggeri, Presidente di Banca Etica.

di Claudia Di Lorenzi

L’INTERVISTA

Ambiente, sociale, legalità:investire in trasparenza

All’inizio di dicembre il governo italianoha deciso per il salvataggio di quattrobanche in dissesto: la Banca delle Mar-che, la Banca Popolare dell’Etruria edel Lazio, la Cassa di Risparmio di Fer-

rara e la CariChieti, che avevano accumulato in-genti perdite. Un’operazione che ha vistoripianare i debiti degli istituti anche grazie ai soldidei risparmiatori investiti in azioni e obbligazionisubordinate. In altre parole, in applicazione di unadirettiva europea sulla risoluzione delle crisi ban-carie, migliaia di cittadini hanno perso all’improv-viso tutti i capitali investiti, talvolta i risparmi diuna vita, utilizzati per sanare i debiti delle bancheed evitarne il fallimento.

Si è scelto il male minore, ha spiegato il go-verno, perché il rischio maggiore, quello scongiu-rato, avrebbe visto il licenziamento di migliaia dilavoratori e il prelievo forzoso anche dei soldi de-positati, non investiti, per capitali al di sopra dei100mila euro. Uno scenario terribile che, seppurevocato, non è bastato a placare gli animi: il“Salva Banche” ha suscitato la sollevazione popo-lare e la protesta delle opposizioni e di frange

della stessa maggioranza, e ha indotto il governoa promettere misure di compensazione per i ri-sparmiatori vittime dell’operazione.

Il tema della trasparenza nelle attività di inter-mediazione finanziaria, insieme a quello della af-fidabilità delle banche dove depositiamo i nostririsparmi, ha conquistato così il primo piano nel di-battito pubblico. In molti casi i risparmiatori sisono detti “truffati” in quanto ignari dei rischi realidei propri investimenti e dei percorsi su cui eranostati avviati i propri depositi. Anche stavolta la nar-razione collettiva, ospitata sui media e alimentatadai gruppi della cosiddetta antipolitica, ha ripro-posto un canovaccio noto: sono le banche unodei maggiori responsabili della crisi economicadegli ultimi anni e all’origine delle sofferenze eco-nomico-finanziarie di molti cittadini. Le bancheconcepite secondo una visione stereotipata e daiconnotati fortemente negativi, additate come ne-miche e portatrici di interessi confliggenti conquelli delle persone. Le banche come “mostri daabbattere”, capro espiatorio per molti inamidati“responsabili” ma anche per i “duri e puri” del ci-vismo combattente.

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Ma lungi da pregiudizi, slogan e facili con-trapposizioni, se delle responsabilità, talvoltagravi, sono evidenti, in vero esiste un modo difare banca responsabile che molte delle storturedella finanza potrebbe sanare. A patto che de-cisori, operatori e risparmiatori siano pronti afare un vero e proprio salto culturale. Ne ab-biamo parlato con Ugo Biggeri, Presidente diBanca Etica.

Presidente, i dati economici parlano di una tie-pida ripresa per il nostro Paese, con previsionidi crescita non esaltanti ma incoraggianti. Tut-tavia le conseguenze della crisi continuano afarsi sentire e sono in molti ad attribuire partedelle responsabilità alle banche. Ma il sistemabancario è davvero quel “mostro” da distrug-gere?

“Occorre fare una distinzione. Tendiamo a ve-dere nelle banche i servizi finanziari, di paga-mento, i prestiti, il conto corrente, insomma ciòdi cui abbiamo bisogno. In realtà le banchesono molto di più: anticipando i ricavi futuriesse consentono all’economia di muoversi.Quindi quando le banche si fermano è un pro-blema. Tuttavia, se questo lavoro lo fai nell’eco-nomia reale favorisci la comunità, l’economia, ilcommercio, tutto ciò che concorre al PIL., se in-vece lo fai nel campo puramente finanziario –penso alle speculazioni sul cibo, al mercato ab-norme dei derivati o degli scambi valutari – noncrei ricchezza ed economia per tutti. Quindi, seda una parte le banche sono un mostro, nel mo-mento in cui i volumi finanziari sono venti volteil PIL mondiale – si tratta però di poche decinedi banche sistemiche a livello internazionale –dall’altra, sia quelle sistemiche che le piccolebanche locali, che solitamente non hannograndi avventure in meccanismi speculativi,sono un elemento fondamentale dell’econo-mia”.

Ci sono delle responsabilità oggettive?

“La società di controllo dei mercati americani daanni sta dando miliardi di dollari a grandi istitutibancari per motivazioni di alterazione del mer-cato. Quando si parla di multe per miliardi di dol-lari per alterazione del mercato, molto spessopatteggiate, vuol dire che l’impresa finanziaria èd’accordo a pagare la sanzione, e significa che ab-biamo un problema di trasparenza dei mercati,delle modalità con cui sono gestiti. Una settimanafa si è saputo di una sorta di rinvio a giudizio perle cinque banche che decidono il prezzo dell’oro:si sarebbero messe d’accordo per controllarne lepiccole variazioni. Variazioni che sembrano pic-cole ma il fatto di conoscerle in anticipo ha con-sentito a queste banche di fare un sacco di soldi.Poi ci sono le responsabilità delle banche minori.Pensiamo alla piccola banca che fa un prezzo difavore agli amici, con effetti disastrosi”.

“Le azioni economiche – voi dite – hanno con-seguenze non economiche”. Quali sono?

“Pensiamo ai cambiamenti climatici: se ne parlada trent’anni, siamo arrivati alla 21.ma confe-renza mondiale. Sono cambiamenti che la fi-nanza prima ha ignorato, poi negato, poiminimizzato, finalmente ammette che ci sono maora sembra troppo tardi. Questa è una conse-guenza non economica che ha tante responsa-

L’INTERVISTA

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bilità nella finanza. Se oggi potessimo chiedereai cittadini se vogliono investire in un’idea ener-getica del futuro, per cui ci impegniamo da quia vent’anni a non estrarre più il petrolio e nelfrattempo finanziamo la ricerca e le energie rin-novabili, tutti sarebbero d’accordo. La finanzanon lo fa perché attraverso la borsa quel petrolioche è sottoterra lo ha già venduto. Ma oggisiamo nei guai perché non riusciamo a gover-nare il cambiamento climatico, non tanto per unproblema tecnologico ma di tipo finanziario.Altri esempi possono riguardare la vita quoti-diana, come il fondo pensione che investe nelleimprese che tagliano posti di lavoro, come ilfondo dei metalmeccanici. Se guardiamo solol’aspetto economico perdiamo di vista una partenon trascurabile degli effetti della finanza sullavita di tutti i giorni”.

Banca Etica dimostra che esiste un modo“buono” di fare banca, responsabile, affidabile,trasparente, solidale. In cosa consiste?

“Banca Etica rappresenta una provocazione.Non abbiamo l’ambizione a diventare unabanca sistemica – perché siamo piccolissimirispetto ai grandi numeri della finanza – madimostriamo che se si fa sapere dove vanno isoldi i cittadini rispondono, e la banca anche seha solo diciassette filiali in Italia ha però corren-tisti da tutto il Paese. Evidentemente questa tra-sparenza incide sulla reputazione e alla finepaga. Noi dimostriamo che ai risparmiatori in-teressa sapere dove vanno a finire i soldi, e poi,visto che funzioniamo bene, dimostriamo ancheche prestare soldi a realtà che hanno comeobiettivi principali delle finalità sociali e ambien-tali e che vivono il profitto come un obiettivo la-terale o un vincolo, fa sì che i soldi poi tornanoindietro più che dalle altre banche. Questo si-gnifica che questa scelta non solo è buona mafunziona anche”.

Cosa significa che Banca Etica adotta criteri dieticità nell’attività finanziaria?

“Quando si finanziano organizzazioni no profit ocooperative sociali è chiaro che l’attività econo-mica è votata a obiettivi sociali e ambientali.Anche quando finanziamo imprese valutiamo se ilfinanziamento ha un impatto positivo sotto il pro-filo sociale e ambientale, e verifichiamo anche lareputazione delle realtà che ci chiedono un finan-ziamento. Grazie all’attività delle decine di socipresenti sul territorio, che vengono formati perfare indagini socio-ambientali, elaboriamo unasorta di rating andando a misurare variabili chenormalmente le altre banche non guardano. Adesempio la differenza di stipendio fra il presidentee l’ultimo degli operai; o il ricambio della gover-nance, il numero di donne presenti nei Cda, l’og-getto dell’attività imprenditoriale e i legami conaltri soggetti. Si fa un vero e proprio check-upetico e si cerca un riscontro di reputazione. Se unarealtà mi dice di fare un bel lavoro sociale ma poi

le persone che vivono intorno ne parlanomale, come minimo conviene indagare”.

Come contribuite a combattere racket e usura?

“Il tema della legalità è arrivato in Banca Etica gra-zie all’associazione “Libera” del Gruppo Abele,che è uno dei nostri fondatori. Ci siamo resi contoche la legalità è un prerequisito fondamentale perpoter sviluppare un’economia sana, equa e soli-dale. Allora, in collaborazione con associazionicome “Addio pizzo”, abbiamo messo in atto fi-

L’INTERVISTA

Se si fa sapere dove vanno i soldi icittadini rispondono. Evidentemente

questa trasparenza incide sullareputazione e alla fine paga.“

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nanziamenti per quei soggetti che si ribellano allacriminalità organizzata. Altra cosa che finanziamomoltissimo sono le realtà che crescono sui beniconfiscati alla mafia”.

Come si diventa correntisti?

“Oltre ad aprire un conto – c’è anche chi lo fa purnon avendo filiali nella sua Regione perché si puòusare a distanza e si possono far versamenti sulconto alle Poste – è possibile acquistare prodottidi risparmio o fare investimenti anche in societàquotate e in titoli di Stato. Le possibilità sono tutteillustrate su www.bancaetica.it In generale BancaEtica è stata la prima banca al mondo a mettereonline tutti i finanziamenti erogati alle personegiuridiche. Se una persona vive a Firenze e va sulsito, vede le decine di finanziamenti fatti nel terri-torio, quanti soldi sono stati dati, a chi e per qualipercorsi. Questo è il nostro miglior biglietto da vi-sita. Sono pochissime le banche nel mondo chelo fanno, in Italia siamo gli unici”.

Avete scelto di mettereonline il vostro bilanciosociale: la trasparenzacosta o è un valore?

“Siamo un’impresa e dob-biamo misurare i costi –quelli della trasparenza,dell’organizzazione deisoci, del redigere un bilan-cio sociale – con ciò cherientra nella nostra missionaziendale. Siamo convintiche un bilancio ben fatto,integrato e presentato suinternet, in modo chechiunque con pochi clicpossa capire a grandi lineele cose che gli interessano,

sia un valore che paga. Non paga forse in terminidi valore di azione che cresce, ma paga perchéabbiamo clienti che diventano soci e restano fe-deli all’istituto. Abbiamo vinto di recente un pre-mio dell’ABI per questo”.

È dunque anche un investimento in reputa-zione...

“Abbiamo riscontrato un fenomeno interessantesul web, dove rispetto alle altre banche abbiamouna reputazione alta, molti follower e interazioniaddirittura fuori scala: tantissimi soci e clienti rac-contano in internet la loro esperienza su BancaEtica, e le volte che abbiamo avuto delle criticitàdi tipo reputazionale, abbiamo aspettato ad inter-venire con il nostro ufficio stampa perché a rispon-dere per noi erano i nostri soci e clienti. Questo èun esempio indiretto di come quei costi di traspa-renza vengono ripagati da esperienze come questeil cui valore è senza misura, nemmeno paragona-bile a quello di un comunicato stampa”.

L’INTERVISTA

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Nella società liquida ha senso parlare di vendita etica, oppurela vendita lo è per definizione, in quanto soddisfa i bisogni delcliente? È l’interrogativo con cui diamo inizio a una serie di ar-ticoli dedicati a questo importante aspetto della relazione colcliente ed al suo impatto sulla reputazione aziendale.

Etica e venditanella società liquida

Viviamo e lavoriamo, in quella cheZygmunt Bauman ha definito una“società liquida”, in cui tutto sem-bra essere relativo, inclusi i valori.In un simile contesto è lecito chie-

dersi se ha senso parlare di etica e, per aziende,manager e professionisti, esiste ed è attuabile una“vendita etica”. In caso contrario sarebbe neces-sario accettare il paradigma tradizionale, secondocui la vendita lo è per definizione, in quanto sod-disfacendo i bisogni del cliente produce benes-sere. Cerchiamo perciò in primo luogo dicomprendere le caratteristiche della società con-temporanea, per verificare se nel suo ambito esi-ste uno spazio per l’etica.

In fisica la liquidità è lo stato in cui i fluidi, le cuimolecole sono prive di coesione, non possonomantenere una forma. Bauman identifica così l’at-tuale condizione della nostra civiltà. Per il socio-logo «Il carattere liquido della vita e quello della

società si alimentano e si rafforzano a vicenda. Lavita liquida, come la società liquido-moderna nonè in grado di conservare la propria forma o di te-nersi in rotta a lungo».1

La “modernità liquida”2 si delinea a partiredalla caduta del Muro di Berlino. Il conseguentecrollo delle ideologie che alimentavano i tradizio-nali punti di riferimento etici, politici ed economicine innesca la scomparsa, generando la relativizza-zione dei valori. In mancanza di un’etica il vuotoviene colmato attraverso l’esaltazione della libertàindividuale e del piacere, garantito dal consumoimmediato. La società liquida è dominata da unasindrome «fatta tutta di velocità, eccesso escarto».3

Parallelamente la continua innovazione tecno-logica produce un costante mutamento, per cuitutto diventa già superato, nell’attimo stesso in cuiviene scoperto, o ce ne appropriamo. L’uomo

ETICA E VENDITA

Carla De Simone

Sociologa

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post-moderno diventa così simile a un esploratoreprivo di bussola, in un territorio sconosciuto, ametà strada lungo un viaggio di cui ignora la de-stinazione e da cui non può fare ritorno. Le cer-tezze e i valori del passato sono scomparsi,insieme alle ideologie che li sostenevano.

Allo stesso tempo assistiamo all’inaspettato pa-radosso di una innegabile crescente attenzione al-l’etica e ai temi connessi. Responsabilità socialedi impresa, marketing relazionale, sviluppo soste-nibile, energie rinnovabili e ambientalismo, rap-presentano alcuni esempi ormai familiari di questasensibilità. Occorre quindi dirimere la questionese la felicità dell’individuo post-moderno è affi-data esclusivamente al consumo, piuttosto cheall’etica, per decidere se questa ha diritto di asilonella società liquida. In termini economici significadecidere che tipo di rapporto si debba instaurarefra individuo e consumo, fra società e mercato, insintesi fra cliente e azienda.

Per articolare correttamente questa dialetticafra etica e post-modernità e capirne il valore per

l’azienda, occorre ampliare l’orizzonte della rifles-sione, perché In realtà il discorso parte da più lon-tano. Fin dagli anni ’70 in America è cresciuto undibattito relativo all’etica applicata. In altri terminiin merito a valori, regole e scopi morali, riguar-danti campi specifici della vita umana. Lo sviluppotecnologico modificando profondamente le con-dizioni esistenziali, oltre a generare un continuocambiamento sociale ha sollevato problemi moralidel tutto inediti fino a quel momento. Etica del-l’ambiente e delle professioni, bioetica ed eticadegli affari, progressivamente sono così diventatitemi di attualità.

A indirizzare la discussione, in quel contesto dimodernità, erano ancora i valori tradizionali, so-stenuti dalle diverse ideologie che, fondandosi sulprogresso, rivendicavano la capacità di attribuireun significato unitario al mondo e alla realtà.4 Un

quadro destinato però irrimedia-bilmente a mutare, con la post-modernità e la scomparsa deivalori tradizionali.

Samuel Huntington proponeuna interessante chiave di lettura,per questo nuovo assetto socialeglobalizzato.5 Nella società li-quida non si è più comunisti o ca-pitalisti, il confronto piuttosto siarticola fra gruppi appartenenti adiverse civiltà, identificate in basealle proprie credenze. In terminiidentitari, perduta la fiducia nelleideologie, si è prima di tutto cri-stiani o musulmani, ortodossi obuddisti, perché in mancanza di

ETICA E VENDITA

Le certezze e i valori del passato sonoscomparsi, insieme alle ideologie che li

sostenevano. Allo stesso tempo assistiamoall’inaspettato paradosso di una innegabile

crescente attenzione all’etica e ai temi connessi.“

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una ideologia è il credo a connotare un popolo egli individui che ne fanno parte.

Si tratta solo di una fra le molteplici prospet-tive, attraverso cui possiamo guardare la realtàcontemporanea. Tuttavia la tesi di Huntington, amio avviso, ha il pregio di far luce sulle ragionidella crescente attenzione verso i temi etici. L’eticapresuppone una “spiritualità”, un’attenzioneverso il bene, sia del singolo sia della collettività,propria delle maggiori religioni.

Ognuna indica un modo per essere felici, per-seguire il bene e autorealizzarsi. In altre paroleogni religione propone un’etica che se spesso dif-ferisce nelle forme, sostanzialmente pare coinci-dere nella sostanza. Caduti i tradizionali valorisostenuti dalle scomparse ideologie, è apparsonaturale colmare il vuoto con i principi etici, insitinelle diverse forme di religiosità che li hanno so-stituiti, oltre che attraverso il consumismo.

A promuovere questi valori attraverso una “spi-ritualità fai da te”, che svincola il principio dallasua matrice religiosa, più ancora delle confessioni

religiose sono i singoli individui.6 Una specie di“spiritualità laica” trasversale a chiese, partiti egruppi di appartenenza, priva della credenza in unessere trascendente, che alle preghiere sostituisceil comportamento, adattandosi perfettamente allavita liquida. In una simile prospettiva, per certiversi, appare sorprendente il nesso esistente fraetica e impresa.

Socialmente l’azienda qui si caratterizza comeun gruppo all’interno del quale l’individuo puòrealizzare parte del suo essere, cioè perseguire unfine etico “individuale”, soddisfacendo quei biso-gni che già Maslow aveva identificato con la suacelebre piramide.7 Accanto a questa definizione,in un senso più ampio l’impresa risponde ancheai bisogni del mercato e dei soggetti che lo com-pongono. Così facendo tende al bene comune,perseguendo cioè uno scopo riconducibile aun’etica collettiva.

In questa luce appare con chiarezza il valore diconcetti come etica e reputazione, sia a livello so-ciale che in relazione alla vendita, ossia l’attivitàprincipale tramite cui l’azienda si rapporta con i

ETICA E VENDITA

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propri clienti, che costituiscono il contesto sociale.Solo valorizzando l’insieme dei comportamentietici, dei vari soggetti che la formano, è possibiletradurli in scelte e strategie etiche proiettate versol’esterno, capaci di creare valore sia per il cliente,sia per l’impresa. Si crea così una relazione di fi-ducia che fidelizza i clienti e accresce il capitalereputazionale dell’azienda.

Tuttavia il modello economico tradizionale haignorato a lungo questi aspetti dell’impresa e delmercato, fino a quando la crisi del 2007-2009 nonli ha prepotentemente portati alla ribalta. Sonoemersi allora gli squilibri di un sistema economicoil cui baricentro si era pericolosamente spostatodalla produzione industriale alla speculazionepura, al produrre danaro per il danaro, senza il mi-nimo riferimento etico.

La crisi ha sfatato il tradizionale mito di un mer-cato in grado di autoregolamentarsi, svincolato daqualsiasi legge sociale ed etica, rivalutando unruolo diverso dell’impresa. Il suo obiettivo nonconsiste più nel massimizzare quel profitto che,generando benessere, rappresenterebbe il suovalore etico.

Piuttosto l’azienda ora ha la responsabilità so-ciale di produrre valore per sé stessa, per i sog-getti che la compongono e per il mercato in cuiopera. Le risorse di cui dispone per raggiungerequesto obiettivo sono i servizi e i prodotti cheoffre. Si tratta di un processo possibile solo par-tendo da una sana, trasparente e fattiva relazionecol cliente, tramite cui avviene la creazione di va-lore, grazie alla commercializzazione dell’offerta ela valorizzazione del capitale reputazionale del-l’azienda. Un percorso che possiamo a ragionedefinire vendita etica.

Note1 Zygmunt Bauman, Vita Liquida, trad. it., Laterza, Roma-

Bari, 2005, p. VII.2 Cfr. Zygmunt Bauman, Modernità Liquida, trad. it., La-

terza, Roma-Bari 2006.3 Id, Consumo, dunque sono, trad. it., Laterza, Roma-Bari

2008, p. 108.4 Cfr. Jean Francois Lyotard, La condizione postmoderna.

Rapporto sul sapere, trad. it., Feltrinelli, Milano 200214.5 Cfr. Samuel P. Huntington, Lo scontro delle civiltà e il

nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano 2001.6 Pino Lucà Trombetta, Il bricolage religioso, sincretismo e

nuova religiosità, Edizioni Dedalo, Bari 2004, pp. 74-77.7 Abraham H. Maslow, Motivazione e Personalità, trad. it.,

Armando Editore, Roma 2010, pp. 83-118.

ETICA E VENDITA

Carla De Simone

Laureata in sociologia è stata per sette anni responsabile relazioni esterne della MAICO, societàleader nel settore audiologico e audioprotesico, organizzando eventi e attività promozionali nelsettore medico. Con la DSC Communication, studio di comunicazione e marketing di cui è titolare,ha fornito consulenza commerciale a diverse società fra cui SEAT Pagine Gialle e Pagine Utili, ope-rando in vari settori merceologici. Ha acquisito così una significativa esperienza sul campo, carat-terizzata da una forte connotazione etica. Collabora infine da oltre dodici anni, in qualità di accountmanager, con ABIEVENTI nella promozione di eventi e pubblicità per il mercato finance.

Email: [email protected]: https://twitter.com/carla_desimone

@carla_desimoneLinkedin: https://it.linkedin.com/in/desimonecarla

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Intervista a Roberto Baldoni, Direttore del Centro di Ricerca di CyberIntelligence e Information Security di Sapienza Università di Roma

di Claudia Di Lorenzi

CyberSecurity:un framework nazionaleper la sicurezza di aziendee istituzioni

Gli episodi recenti degli attacchi terro-ristici a Parigi e l’accresciuto allarmein tutto l’Occidente per il timore dinuove stragi per mano dei jihadisti,hanno portato il governo italiano a

predisporre un giro di vite sui sistemi di sicurezzain internet. “Rafforzeremo la cyber security” haannunciato il premier Matteo Renzi all’indomanidelle stragi parigine. È noto infatti che le attivitàdi proselitismo e pianificazione degli attentati sirealizzano per buona parte in Rete, attraverso al-cuni fra i più noti social network, dove si arruolanoi volontari e si raggiungono i sergenti della jihad,e nelle stanze oscure del “deep web”, che nono-stante gli sforzi delle intelligence internazionaliresta una terra di nessuno, in molti casi inaccessi-bile e incontrollabile.

Ma il controllo della Rete si rivela sempre piùun’esigenza non contestuale ma diffusa. Lo è afronte delle minacce del terrorismo, è evidente,ma anche in considerazione di tutti i rischi a cui inavigatori del web sono esposti, sia che si tratti disingoli che di gruppi, aziende o istituzioni. La si-curezza in Rete si configura sempre più come unvalore primario da tutelare, per il benessere, l’in-columità e la privacy dell’individuo, e per gli inte-ressi economici, strategici e di sviluppo diun’impresa e di un Paese. Uno strumento strate-gico anche per conquistare e consolidare la fidu-cia di investitori e stakeholder a tutti i livelli: unPaese o un’impresa che “si fa derubare” non è ilposto più sicuro dove investire i propri soldi.Anche la percezione di affidabilità ha dunque unvalore economico.

L’INTERVISTA

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Guardando alle aziende e alle istituzioni,un’interessante ricognizione è offerta dal LibroBianco intitolato “Il Futuro della Cyber Securityin Italia”, realizzato dal Laboratorio Nazionale diCyber Security del Consorzio InteruniversitarioNazionale per l’Informatica (CINI). Il volume, pre-sentato nel novembre scorso al Senato, raccogliei dati di un’indagine tesa a cogliere l’evoluzionepiù recente dell’universo cyber, con tutte le op-portunità e i rischi connessi, e con le esigenze le-gate alla governance di internet e ad unaefficace politica di sicurezza. Un’analisi volta a fo-calizzare una serie di sfide a cui né le aziende, néla pubblica amministrazione, né le istituzioni pos-sono sottrarsi: si parla di infrastrutture critiche esistemi cyber-fisici; di fattore umano e ingegneriasociale; di sistemi avanzati di crittografia e di ri-duzione delle superfici di attacco; di poligoni vir-tuali e di investigazione digitale. Non mancanoalcune raccomandazioni fra cui l’invito ad una al-leanza fra pubblico, privato e universo accade-mico, e la proposta della creazione di unFramework nazionale sulla cyber security chepossa indirizzare le iniziative e le politiche per lasicurezza di tutte le aziende e le istituzioni ita-liane.

Un quadro di riferimento, quest’ultimo, chesarà presentato il 4 febbraio prossimo presso Sa-pienza Università di Roma, ma i cui elementi sonoancora in via di definizione. Il documento è dispo-nibile per la consultazione pubblica fino al 10 gen-naio 2016 e può essere scaricato – a questapagina http://www.cybersecurityframework.it/ – esoggetto a commenti ed emendamenti.

Del Framework per la sicurezza cibernetica edelle nuove minacce dal web, abbiamo parlatocon il Prof. Roberto Baldoni, curatore, insieme aRocco De Nicola, del Libro Bianco sulla cyber se-curity, e Direttore del Centro di Ricerca di CyberIntelligence e Information Security di SapienzaUniversità di Roma.

Prof. Baldoni, l’aumento della dipendenza dalcyberspazio offre per un verso nuove opportu-nità ma introduce per l’altro nuove minacce,negli ambiti più diversi. Partiamo da quello deimercati, nazionali e internazionali: quali rischi siconfigurano per le imprese?

“Nel momento in cui si aprono al cyberspace epoggiano la loro operatività sul web, le aziende siespongono automaticamente a delle vulnerabilitàche possono essere utilizzate da cyber criminali oda altri attori, magari mandati da Stati specifici,con l’intenzione di intrufolarsi dentro i loro sistemiaziendali. Una volta dentro, questi soggetti pos-sono causare il blocco dell’operatività del sistema,il furto dei dati o attività di spionaggio. A voltel’obiettivo è quello di vedere cosa fanno gli ope-ratori e le imprese concorrenti. È chiaro dunqueche l’uso del cyberspace è per le aziende unafonte di produttività e di efficienza immensa, madall’altra parte le imprese devono essere consape-voli che questi strumenti portano minacce gravi”.

L’INTERVISTA

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Il rischio economico riguarda anche il mondodella pubblica amministrazione?

“Se consideriamo che le informazioni hanno unvalore, la pubblica amministrazione detiene mol-teplici informazioni riguardo la nostra vita: pensoalla sanità, il catasto, le tasse. Avere queste infor-mazioni per una parte terza può essere assoluta-mente rilevante dal punto di vista economico maanche strategico. Sapere dove abitano certe per-sone che all’interno di una nazione hanno ruoli ri-levanti, in caso di attacchi può essere un fattoredeterminante”.

Il Laboratorio che lei guida presso il CINI hacondotto una ricerca sulla cyber security in Ita-lia, condensata in un Libro Bianco. Quali datisono emersi?

“Il Libro tratta delle sfide inerenti il mondo cyberche un Paese avanzato deve sostenere per poter ri-manere nel gruppo dei Paesi avanzati. Nel libro evi-denziamo in particolare quindici sfide, non solotecnologiche ma anche di tipo disciplinare, e allafine offriamo una serie di raccomandazioni destinatein particolare ai decisori politici, perché ovviamentela scelta fra il rispondere o meno a questesfide dipende anche dalla volontà politica.

Ci fa un esempio di questi suggerimenti?

“Tra le varie raccomandazioni c’è quella rivolta allaPresidenza del Consiglio dei Ministri, perché rag-

giunga un controllo diretto e completo delle po-litiche sul cyberspace e sull’agenda digitale, edelle scelte strategiche del nostro Paese in questosettore. Per quanto riguarda il mondo delle im-prese, proponiamo di realizzare a livello italiano –come sta già avvenendo in altri Paesi - un Frame-work nazionale di sicurezza cibernetica: una listadi cose che le aziende devono fare per proteg-gersi al meglio possibile, fermo restando che arri-vare al rischio zero di subire attacchi è impossibile.Esistono però delle pratiche che possono miglio-rare le difese, e se tutte queste pratiche vengonoadottate da tutte le aziende in tutti i settori, nel-l’ambito di un quadro di riferimento comune, laquestione sicurezza si fa più semplice. Avere unFramework nazionale di riferimento sulla cyber se-curity è fondamentale per un Paese che vogliadirsi evoluto dal punto di vista delle sue difese ci-bernetiche”.

Concretamente come si procede?

“Facendo riferimento a questo Framework co-mune, le aziende individuano delle procedure disicurezza da implementare: si tratta di controlli adalta, media e bassa priorità che vengono imple-

mentati gradualmente. Ovviamente tutto questoha un costo ma un euro speso in sicurezza èun euro investito per il futuro dell’azienda”.

Che rapporto c’è fra il livello di sicurezzacyber e la prosperità economica di un Paese?

“C’è un legame strettissimo, perché se noi nonproteggiamo il nostro cyberspace nessuno verràad investire nel nostro Paese. Grandi aziende in-ternazionali non andranno a realizzare business inaree dove manca un sistema appropriato di pre-venzione, di due diligence e di early warning, ov-vero di analisi approfondita dei pericoli e di allertaprecoce. Un sistema che, ad esempio, possa in-formare rapidamente della presenza di attacchi,

L’INTERVISTA

Avere un Framework nazionale diriferimento sulla cyber security èfondamentale per un Paese che voglia dirsievoluto dal punto di vista delle sue difesecibernetiche

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spesso mirati su un dato comparto – come quellodelle banche, della sanità, o delle telecomunica-zioni - e segnalare le contromisure da adottare nelminor tempo possibile. Se si verifica un attacco inuna banca è molto probabile che un simile attaccoavverrà verso un’altra banca. Un intervento in que-sta direzione è fondamentale affinché aziendemultinazionali possano decidere di investire in Ita-lia: una multinazionale non può permettersi dipoggiare una sua installazione sul ventre molle diun Paese negligente dal punto di vista della sicu-rezza cyber. Se questo accadesse e l’impresa su-bisse un attacco, allora per mezzo di essoarriverebbero altri attacchi che potrebbero colpireal cuore l’organizzazione”.

Può fare un esempio?

“Immaginiamo un’azienda della galassia delle pic-cole e medie imprese italiane che conserva tuttoil suo know-how d’eccellenza in alcuni file. Se que-sto know-how viene trafugato allora può accadereche venga costituita una società ad hoc in un’altra

parte del mondo che realizza lo stesso prodottoo lo stesso servizio ad un costo che è un decimodi quello italiano. La società italiana esce automa-ticamente dal mercato, ma con essa se ne vaanche un pezzo di PIL italiano. E tutto questo ac-cade spesso all’insaputa delle aziende che ven-gono derubate”.

Accanto al rischio economico si profila ancheun rischio di immagine, particolarmente gravese investe un intero Paese: basti pensare ai casiAssange e Snowden negli Stati Uniti, o allospionaggio informatico fra Paesi che si diconoalleati.

“Certamente la tutela dell’immagine e della repu-tazione è fondamentale anche a fini economici, ilcaso Volkswagen (ribattezzato “dieselgate”, conla truffa sulle emissioni nocive delle auto) mostrala rilevanza economica dell’immagine. È chiaroche un attacco portato al cuore di un Paese conla diffusione in internet di informazioni e docu-menti secretati crea una sensazione di sfiducia in

coloro che vorrebbero investire in quelPaese e che decidono così di nonfarlo. Questo si traduce chiaramentein un danno economico”.

Ma il mondo cyber è in costanteevoluzione: le acquisizioni odiernesaranno superate domani, e ai vecchipericoli se ne aggiungeranno dinuovi. Investire nella ricerca è fonda-mentale. A che punto siamo in Italia?

“l’Italia spende zero in ricerca, in tuttii settori. È chiaro che nella cyber secu-rity la ricerca è l’unica arma che con-sente di anticipare una minaccia incontinua evoluzione. Se vuole restareun Paese avanzato l’Italia deve inve-stire in ricerca”.

L’INTERVISTA

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BUONE PRATICHE

Isabella Corradini

Responsabile scientifico

Le buone pratiche

Questa sezione descrive le buone pratiche in-tese come esperienze positive riportate da entied aziende in vari contesti e ambiti. Ma ancheconsigli e approfondimenti su tematiche at-tuali e di interesse per tutti.

Che si tratti di innovazione, di comunicazione,di sicurezza, o di altro, le buone pratiche peressere tali devono essere condivise.

In questo numero: la novità editoriale del2016 per la buona gestione della reputazioneaziendale, i modelli di business redditizi, quelloche bisogna sapere per tutelare la reputazionepersonale sui siti web.

Per partecipare all’iniziativa potete scrivere a

[email protected]

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BUONE PRATICHE

21Il Passaparola digitale,volano per le aziende

Oggi il passaparola, il consiglio, l’avver-timento hanno un nuovo e immensoporto dove attraccare: il web. Chi dinoi non si è mai “googlato”? Chi dinoi non ha mai avuto la curiosità di

scoprire cosa dicono di noi, della nostra azienda,del nostro lavoro? Gli utenti commentano, scam-biano idee, descrivono prodotti ed esperienze, siconfrontano in maniera pubblica su You-tube, suiblog e sui social network, da Facebook a Twittera Istagram.

Su Internet l’utente è diventato sempre più“multicanale”: si esprime e condivide esperienzeche hanno luogo fuori e dentro il web, obbligandole aziende a riconsiderare le proprie strategie dimarketing.

L’elemento di rottura con il passato recente delweb è che molti utenti non sono più solamentefruitori di contenuti, ma diventano essi stessi au-tori. Quest’evoluzione è sicuramente determinatadal fatto che le tecnologie per il web presentanointerfacce e servizi facilmente utilizzabili, con unamaggiore possibilità di interazione tra le persone.

L’utente può arrivare ad assumere anche ilruolo di “opinion leader” e, forte della credibilitàconquistata, può influenzare la percezione diffusache si ha di un’azienda e di un marchio e di con-

seguenza condizionare le scelte di acquisto di altriutenti.

A pensarci bene si tratta di un fenomeno che,secondo modalità diverse, accade anche fuori dalweb: chi prima di effettuare un acquisto di unaqualche rilevanza non chiede ad amici, conoscenti,presunti esperti se hanno già avuto un’esperienzapositiva del prodotto/servizio da acquistare? Lanovità dell’esperienza online consiste nella perva-sività del messaggio sul web e del giudizio cheesso contiene. Un messaggio che diviene imme-diatamente visibile ad un pubblico vastissimo o,ancor meglio, ad un pubblico targettizzato. Sitratta di un corollario della cosiddetta “teoria dellacoda lunga”, di Chris Andersson, per cui le discus-sioni su un argomento vengono raccolte ed ali-mentate dagli interessati che, anche se dispersi alivello geografico, grazie alle opportunità di inte-razione offerte dalla Rete, diventano degli interlo-cutori.

La teoria di Andersson, uno dei fenomeni piùdiscussi nel mondo dell’economia, è comparsaper la prima volta nel 2004 in un articolo di Wirede ampliata nel saggio dello stesso autore Da unmercato di massa ad una massa di mercati (2006).In questo saggio Andersson dimostra come il re-lativamente recente mondo di internet sia riuscito

Maila Nuccilli

PR ed esperta di comunicazione

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a far tremare le fondamenta dell’economia “neo-classica” ribaltando uno dei suoi principi fonda-mentali: quello che afferma che la distribuzionedelle vendite è regolata dal conflitto che nasce trail bisogno illimitato dell’uomo e la scarsezza dellerisorse. Il concetto alla base della coda lunga è ilseguente: mentre i negozi fisici possono vendereun numero limitato di prodotti, e quindi propor-ranno prodotti hit, cioè prodotti che la grandemaggioranza dei clienti cerca e compra, i siti e-commerce possono proporre un catalogo poten-zialmente infinito di prodotti e quindi soddisfare ibisogni di molteplici nicchie di mercato. La teoriaalla base della coda lunga afferma che le venditeaggregate di prodotti di nicchia possono essereredditizie tanto quanto i modelli tradizionali dovei prodotti best seller fanno gran parte dei volumidi vendita. Il modello di business incentrato sullacoda lunga richiede bassi costi di inventario epiattaforme in grado di rendere i contenuti di nic-chia facilmente disponibili agli acquirenti interes-sati. Esempi sono: Netflix, eBay, Amazon, Spotify.

E com’è la loro diffusione? Più efficace rispettoa quella dei negozi tradizionali: questi ultimi almassimo possono aspirare a rivolgersi a un pub-blico locale. Prendiamo come esempio l’infinita

lista dei film indiani in stile Bollywood: per ovvimotivi di mercato, questi non riusciranno mai afarsi largo tra gli scaffali dei negozi statunitensi,anche se in America vivono più di un milione emezzo di indiani! Al contrario, una comunissimaconnessione internet permette di fare qualsiasi ac-quisto da ogni luogo e in momento del giorno.

Avete uno smartphone o un tablet? Allora sa-pete già che sulla Rete non esistono sedi, orari diapertura e orari di chiusura: tutto è sempre dispo-nibile. Come se non bastasse, al “calderone” sisomma anche l’efficace passaparola (word ofmouth) digitale tipico del web 2.0 e 3.0: i filtri diricerca su Google, le informazioni dei sistemi nonpiù così chiusi dei social network, i consigli per gliacquisti dei portali e-commerce, il moltiplicarsidei blog, i siti internet di varia natura, le applica-zioni mobile e chi più ne ha più ne metta. Nonesistono più ostacoli, insomma, tra l’offerta e ladomanda, perché le microinformazioni sono dis-seminate in ogni angolo della matrice che siestende ormai fino ai confini del mondo civiliz-zato: la Rete.

BUONE PRATICHE

Maila Nuccilli

Da 10 anni è impegnata nel settore della comunicazione e del giornalismo. Ha maturato esperienzacome ufficio stampa e PR occupandosi di pubbliche relazioni in ambito internazionale lavorandonell’ufficio programmi del Consiglio d’Europa di Venezia (unica sede italiana) all’interno del qualecurava i rapporti con le istituzioni e la stampa, occupandosi dell’organizzazione di convegni e se-minari in ambito europeo (Intercultural Cities, Convenzione di Faro, Festa dell’Europa 2013 - 2014).Negli ultimi tempi, oltre a proseguire l’attività giornalistica e di ufficio stampa per enti privati e pub-blici, ha maturato esperienza nel business networking e nella gestione dei social media per la crea-zione di reti professionali (facebook, twitter e Google+ per la start up Kid Pass srl).

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le vendite aggregate di prodotti dinicchia possono essere redditizie tanto

quanto i modelli tradizionali dove i prodotti bestseller fanno gran parte dei volumi di vendita“

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Le buone pratiche inazienda: la gestionedella reputazione

La reputazione costituisce una risorsa stra-tegica per ogni azienda. Ancor di piùoggi, alla luce delle connessioni globaliche, mediante il web, rendono semprepiù correlate le dimensioni personali e

sociali. Tuttavia, la reputazioneaziendale, corporate reputation,pur essendo spesso associata allasola dimensione della Rete tantoda essere etichettata come webreputation, rappresenta una verae propria costruzione sociale. Ilfulcro del concetto di reputa-zione è, infatti, rap pre sen tato datutti i portatori di interessi rile-vanti per l’azienda (gli stakehol-der) e dalle persone che, al suointerno e all’esterno, interagi-scono, percepiscono, si formanoimpressioni. Di conseguenza,monitorare il “sentimento”, gli“umori” riguardo al brand, aiprodotti ed ai servizi della pro-pria azienda diventa una priorità

per il business. La Rete, infatti, costituisce semprepiù il contesto privilegiato per lo scambio di infor-mazioni e di opinioni tra i vari stakeholder. La va-lutazione della reputazione aziendale costituisceuna strategia vantaggiosa e, al contempo, una

tappa obbligata per qualsiasiorganizzazione che opera nel-l’attuale contesto economico esociale. Ma come e con quali strumentivalutarla? Quali stakeholdercoinvolgere? Come gestirla afronte di situazioni di crisi azien-dali? E come costruire percorsidi prevenzione per una buonareputazione aziendale?Il volume La reputazione azien-dale, di Isabella Corradini e En-rico Nardelli (FrancoAngeli, pp.132, euro 20,00, disponibile dagennaio 2016) risponde a questiquesiti e pone ulteriori riflessionialla luce delle attuali tecnologiedell’informazione.

BUONE PRATICHE

A cura di

Reputation Agency

Aspetti sociali, di misurazione e di gestione

LA REPUTAZIONEAZIENDALE

FRA

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ISABELLA CORRADINIENRICO NARDELLI

24REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

Al fine di analizzare il diritto all’oblio ap-pare opportuno addentrarsi nelle que-stioni relative alla protezione dei datipersonali con particolare riguardo aicasi di cronaca giudiziaria.

Da alcuni anni i maggiori quotidiani hannoprovveduto a digitalizzare gli archivi cartacei, equesto ha reso le loro piattaforme web dei siti di-namici che utilizzano banche dati più o menocomplesse e strutturate e consentono una mag-giore facilità di accesso alle informazioni da partedel pubblico che utilizza internet.

A fronte di ciò, la richiesta di deindicizzazionerivolta all’editore (sito sorgente), ossia rimuovereil/i link alle URL associate al nome e cognome (pa-rola chiave) della persona che richiede la cancel-lazione dei contenuti, può presentare notevolicomplessità tecniche e in diversi casi potrebbe es-sere difficile se non addirittura impossibile arrivarea risultati utili.

In tale contesto, uno dei primi pronunciamentidel Garante della privacy risale all’11 dicembre2008. Lo stesso riprende il percorso argomentativosopra accennato asserendo che: «alla luce dell’at-tuale meccanismo di funzionamento dei motori diricerca standard, intendendo con ciò quelli di mag-giore diffusione, la raccolta di informazioni sullapagine disponibili nel world wide web (fase di“grabbing”) è influenzabile dal solo amministra-tore di un sito web sorgente per il tramite dellacompilazione del file robots.txt*, previsto dal “Ro-bots Exclusion Protocol”, o tramite l’uso dei “Ro-bots Meta Tag”, secondo convenzioni concordatenella comunità di internet (avendo presente co-munque come tali accorgimenti non siano imme-diatamente efficaci rispetto ai contenuti giàindicizzati da parte dei motori di ricerca internet,

BUONE PRATICHE

24La tutela della reputazionepersonale: la difficilescelta tra sito sorgente emotore di ricerca

Fabio Di Resta

Avvocato

* File che contiene delle istruzioni che possono impedire a tuttio alcuni spider, gestiti dai motori di ricerca, il prelievo di alcuneo tutte le pagine del sito.

25REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

la cui rimozione potrà avvenire secondo le moda-lità da ciascuno di questi previste)».

Il problema sopra illustrato – piuttosto ricorrentein realtà – mostra da una parte che il semplice ag-giornamento e/o rettifica della notizia sul sito sor-gente può non sempre essere una sufficientesoluzione in termini di effettività di tutela del dirittoalla protezione dei dati personali; dall’altra la que-stione è ancora più complicata quando si pone unproblema di giurisdizione come nel caso di Google,nel quale essendo i server e le attività dei motori diricerca svolte negli Stati Uniti, la applicazione aGoogle Italia della giurisdizione italiana ed europeapresenta ostacoli ritenuti a lungo insormontabili.

Anche il recente protocollo di verifica adottatodal Garante della privacy rappresenta in tal sensouna risposta a questi problemi (Provv. Garante pri-vacy del 22 gennaio 2015). Il protocollo prevedeaggiornamenti trimestrali sullo stato di avanza-mento dei lavori e la possibilità di effettuare pressola sede americana di Google verifiche di conformitàalla disciplina italiana delle misure in via di imple-mentazione: informative, consenso, conservazionedei dati, rimozione delle informazioni dai risultati diricerca da parte degli utenti.

Più nel merito, il tema della tutela della pro-tezione dei dati personali come diritto fonda-mentale che deve essere osservato in tuttomondo, anche su internet, è stato affrontatodalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea del13 maggio 2014 nella nota sentenza Costeja sulcaso Google (causa C-131/12). La stessa da unaparte affermava che il trattamento dei dati ope-rato dall’editore di una pagina web era lecito(dati personali pubblicati nel 1998), poiché sitrattava di una pubblicazione di dati personali ef-fettuata per esclusivi scopi giornalistici (par. 85),beneficiando delle deroghe previste dall’art. 9della Direttiva, dall’altra parte si asseriva che talideroghe non erano applicabili ai motori di ri-cerca.

Si constatava per la prima volta in Europa chele società come Google Spain, nonostante svol-gessero attività pubblicitarie, non erano titolari au-tonomi del trattamento delle informazioni, bensìsocietà che svolgevano attività nel territorio di unoStato Membro. Pertanto, anche Google Spain eraqualificabile come responsabile del trattamentodelle informazioni operato dal motore di ricerca(Google Search) ai fini dell’applicazione del dirittoeuropeo e poi nazionale.

In questo punto della sentenza risiede laquestione giuridica cruciale: le attività dipubblicità e commerciali dei servizi del mo-tore di ricerca rendono lo stesso “economi-camente più redditizio” anche se lagestione è esclusiva della società madreamericana (Google Inc.). Pertanto, la stru-mentalità delle due attività è sul piano in-trinseco del loro stretto interesseeconomico.

Si affermava così un landmark case (casoscuola) tramite il quale, in linea di principio,il diritto alla protezione dei dati personaliprevaleva, nell’ottica di un bilanciamento didiritti – la notizia era infatti di ben sedicianni prima – non soltanto sugli interessi

BUONE PRATICHE

26REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

economici dei motori di ricerca ma anche sull’in-teresse del pubblico ad accedere alla notizia in oc-casione di una ricerca concernente il nomedell’interessato.

Le tesi sopra esposte sono maggiormente sup-portate tenendo in conto una distinzione cruciale:una cosa è esercitare il diritto di aggiornare e/orettificare e perfino cancellare (rectius attualizzaree contestualizzare) i dati personali contenuti nellenotizie pubblicate, altro è invece chiedere al mo-tore di ricerca di deindicizzare le parole chiave dairisultati dello stesso.

L’operazione di deindicizzazione non è – ad av-viso di chi scrive – un’operazione assimilabile all’ag-giornamento né alla rettifica. La deindicizzazioneconsiste infatti nel rimuovere un link che è funzio-nale alla facilitazione di accesso alle informazionicontenute nei motori di ricerca, e tale rimozionerende un certo dato personale non più accessibiletelematicamente (al momento questo è vero per leconnessioni europee e non oltreoceano), anche sespesso esso rimane visibile con altre modalità, peresempio tramite l’accesso all’archivio storico peresigenze storico-documentaristiche.

Pertanto, il diritto all’oblio nel senso stretto deltermine riferito ai motori di ricerca non dovrebbeessere associato a sostantivi quali la contestualiz-zazione e l’attualizzazione. Secondo la giurispru-denza nota, infatti, questi sono da riferirsi alla solanotizia pubblicata dall’editore. Al più si potrebbeparlare, in riferimento ai motori di ricerca, di con-

testualizzazione e attualizzazione ma in riferimentoalla tutela della propria identità sociale, rientrando

comunque nell’alveo del diritto fondamentalealla protezione dati personali.

D’altro canto, la rimozione di un link da unrisultato di un motore di ricerca non attua-

lizza certo la notizia. In vero, il test del bilan-ciamento di interessi da effettuare consiste nel

valutare se sussiste un interesse attuale all’infor-mazione da parte del pubblico (oppure un legit-timo interesse del motore di ricerca) o se iltrascorrere del tempo ha reso la notizia non più diinteresse. Per contro se la notizia fosse non veri-tiera dovrebbe essere rettificata o aggiornata manei soli confronti del sito sorgente (editore) senzacoinvolgere un esercizio del diritto all’oblio intesoin senso stretto.

A sostegno di quanto esposto e per fornireesempi più concreti al lettore appare opportuno ri-chiamare alcune pronunce di legittimità e di merito.

In un caso che può essere considerato come unleading case (Cass., 5 aprile 2012, n. 5525) relativoad un sito web sorgente – nella fattispecie il quoti-diano “Corriere della Sera” – e che ha sollevatoanche molte critiche, la Corte di Cassazione asserivache se da una parte occorre tutelare l’identità per-sonale anche nelle fasi successive alla prima pubbli-cazione dell’articolo, ai fini di tutela della proiezionesociale della stessa identità, dall’altra vi è pur semprel’interesse del pubblico ad accedere alla notizia equindi ad una permanenza della stessa nella memo-ria storica presente su internet. Pertanto, la Cassa-zione asseriva che proprio sulla base dell’esigenzadi garantire una liceità del trattamento successivoalla prima pubblicazione, non era sufficiente che ilCorriere della Sera spostasse nell’archivio storico lanotizia, era invece necessario che il quotidianoadottasse un sistema di segnalazione dello svi-luppo della stessa (p.e. banner all’interno dell’arti-colo) in modo da garantire la contestualizzazione el’aggiornamento della notizia.

BUONE PRATICHE

il diritto all’oblio altro non è che unamera accezione del diritto allaprotezione dei dati personali da intendersicome controllo della nostra identità personalenella sua proiezione nella Societàdell’Informazione

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Si sanciva così in via giurisprudenzialela tesi che ciascun soggetto era titolaredi un diritto all’oblio inteso come con-trollo a tutela della propria immagine so-ciale o morale nella sua proiezionesociale. Questo poteva tradursi anchenella cancellazione della notizia pubbli-cata e doveva essere tale da garantire lacontestualizzazione e l’aggiornamentodella notizia stessa.

Peraltro, vi è da rilevare che, corretta-mente, la Corte non sembra aver accoltoaltre richieste del ricorrente volte invecea chiedere anche la deindicizzazione dal-l’archivio online, trovando in vero questarichiesta di difficile realizzabilità tecnica.Come si è avuto modo di illustrare piùsopra, la deindicizzazione avrebbe do-vuto essere rivolta al motore di ricerca,sebbene i limiti giurisdizionali all’epoca ancorasussistenti non avrebbero probabilmente consen-tito di ottenere comunque risultati utili processual-mente.

Un altro caso che si inserisce parzialmente nelsolco delineato da questa significativa pronunciaè l’ordinanza del Tribunale di Firenze del 29 marzo2014. La questione è attinente alla cronaca giudi-ziaria: anche qui il diritto all’autodeterminazione in-formativa – nell’accezione di diritto alla tuteladell’identità personale e quindi alla veridicità delleinformazioni contenute nell’archivio storico online –si contrapponeva al diritto di informare e di essereinformati, e dunque lo scopo storico-documenta-ristico.

L’organo giudicante asserisce che: «il presentegiudizio infatti non tocca in alcun modo il conte-nuto degli archivi storici del quotidiano che rimar-rebbero pertanto disponibili a chiunque vogliaprenderne visione […] la deindicizzazione dei duearticoli risulta, pertanto misura adeguata e suffi-ciente a contemperare l’esigenza di manteni-mento della memoria storica della cronaca

giudiziaria (continuando i due articoli ad essere re-peribili nell’archivio storico del quotidiano) maanche a garantire, al contempo, in via immediatala tutela dell’immagine telematica dal punto divista professionale e lavorativo dell’odierno ricor-rente […]. Nel caso di specie l’avvenuta rettificanel corpo dell’articolo di cui alla URL […] pur rista-bilendo la verità storica, non tutela certamente inmodo sufficiente l’interesse cui è diretto il pre-sente ricorso, che consiste, principalmente, nel di-sincentivare l’associazione del nome del ricorrentealle parole “arresti domiciliari” ogni qualvolta losi digiti sul motore di ricerca Google».

Pertanto, da una parte il pronunciamento delTribunale fiorentino è pienamente conforme allapronuncia della Suprema Corte del 2012, dall’altralo stesso va oltre asserendo che l’esattezza dell’in-formazione non è sufficiente e occorre che la no-tizia venga deindicizzata dal sito sorgente.

D’altro canto, il Tribunale fiorentino si era già pro-nunciato su una questione analoga l’anno prece-dente (Ord. Trib. di Firenze del 13 febbraio 2013)asserendo su un ricorso per provvedimento d’ur-genza ex art. 700 c.p.c. che: «non spetta ai motori

BUONE PRATICHE

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di ricerca provvedere all’aggiornamento e alla con-testualizzazione delle informazioni immesse, ma aisiti sorgente e quindi alle testate giornalistiche […]è chiaro perciò che il fumus boni iuris (letteralmente“parvenza di buon diritto”, indica la presunzionedell’esistenza di sufficienti presupposti per chiedereal giudice di tutelare il diritto in via d’urgenza) deidiritti all’identità personale del ricorrente derivadalla indicizzazione da parte dei motori di ricercadel suo nome e cognome e dall’associazione dellostesso alla qualità di indagato e all’evento dell’arre-sto non più attuali e veritieri; e perciò dal mancatoaggiornamento delle notizie inerenti la sua personamediante link di collegamento ad articoli relativiall’attuale situazione giudiziaria. Ciò posto la per-manenza di tali informazioni non può che arrecareun pregiudizio grave e irreparabile al ricorrente”.

In conclusione, la dimensione di internet ha ge-nerato una serie di rischi e problematiche dovutial fatto che viviamo in un mondo interconnesso epervasivo. La tutela dell’identità personale nelmondo digitale diviene molto più complessa epone problemi che superano i confini nazionali edeuropei. La giurisprudenza della Corte di Giustiziasopra richiamata ha fornito ad avviso di chi scriveun coraggioso approccio verso l’affermazione deldiritto al controllo dei dati personali sui rischi de-rivanti dall’evoluzione della tecnologia dell’infor-mazione e della comunicazione, laddove il dirittoall’oblio altro non è che una mera accezione diquesto diritto alla protezione dei dati personali daintendersi come controllo della nostra identitàpersonale nella sua proiezione nella Società del-l’Informazione.

BUONE PRATICHE

Fabio Di Resta

Avvocato, dopo la laurea in giurisprudenza si specializza in Gran Bretagna in diritto dell’informa-tica in ambito comunitario. Inizia l’attività di consulenza legale per società di primaria importanza,nazionali ed internazionali, occupandosi sin da subito di problematiche giuridiche attinenti allaprotezione dei dati personali e al diritto delle nuove tecnologie. Nel 2005 ha fondato lo studio legale Di Resta è diventato oramai a vocazione internazionale conil coinvolgimento di avvocati e consulenti senior anche all’estero. Nella nuova veste internazionalelo studio “Di Resta Lawyers” (www.direstalawyers.eu) assiste anche giudizialmente numeroseaziende italiane ed internazionali ed enti pubblici sia relativamente a casi giudiziari specialisticiche stragiudiziali, dalla contrattualista nel commercio internazionale alle questioni di diritto co-munitario e di trasferimento dei dati all’estero. L’avvocato Di Resta ricopre diversi incarichi come quello di Presidente del Centro europeo perla Privacy (EPCE) e quello di componente del consiglio direttivo del master universitario, sotto ilpatrocinio del Garante per protezione dei dati personali, dal titolo “Responsabile della prote-zione dei dati personali: Data Protection Officer e Privacy Expert” del Dipartimento di giurispru-denza dell’Università Roma Tre.Infine, lo stesso è autore di una decina di libri sul tema della privacy, ha pubblicato circa una cin-quantina di articoli e attualmente collabora con la rivista Avvocato 24 ore del Sole 24 ore, ha par-tecipato a numerose conferenze anche internazionali sulle tematiche della privacy e diritto dellenuove tecnologie.

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REPUTATION today n. 7 dicembre 2015

Diario di bordo diProgramma il Futuro,tra successi e novità

Dopo l’evento tenuto alla Camera deiDeputati il 15 settembre 2015, che haaperto il secondo anno di Programmail Futuro (http://programmailfuturo.it/progetto/avvio-secondo-anno), conti-

nua a mantenersi alto l’interesse per il progettodel MIUR e del CINI. Ricordiamo, per chi leggeper la prima volta di questa iniziativa, che il suoobiettivo è introdurre nelle scuole l’educazione alpensiero computazionale, cioè agli aspetti scien-tifico-culturali dell’informatica, come elementonecessario per la formazione dei futuri cittadini(http://programmailfuturo.it/progetto/descrizione-del-progetto).

I successi

Negli ultimi mesi ci sono stati diversi appunta-menti significativi, ai quali l’Italia si è affacciata conalle spalle quasi 1.800.000 Ore del Codice (singoleore di formazione al pensiero computazionale)svolte da più di 300.000 studenti a partire dal lan-cio del progetto avvenuto a settembre 2014.

Un primo evento rilevante è stato la la Code-Week europea che si è svolta tra il 10 e il 18 otto-bre (http://codeweek.eu).

Molte scuole hanno partecipato all’iniziativaraccogliendo fin da subito l’invito ad organizzarei percorsi dell’Ora del Codice con i loro studenti.I partner del Progetto hanno contribuito a diffon-dere e supportare l’iniziativa grazie all’aiuto deivolontari. Tra loro TIM ha dato un contributo si-gnificativo inviando il 9 ottobre in 100 scuole ita-liane i propri volontari per contribuire allarealizzazione di un’Ora del Codice.

SCUOLA E SOCIETÀ

A cura di

Reputation Agency

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Dopo solo poche settimane il progetto si è pre-sentato all’apertura della settimana mondialedell’Ora del Codice (7-13 dicembre 2015) regi-strando un notevole incremento di partecipazionerispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Le novità

Tra le novità di quest’anno c’è anche la possi-bilità, riservata per ora solamente agli insegnantidi scuola statale, di organizzare dei laboratori,cioè seminari formativi organizzati e svolti dagli in-segnanti per gli insegnanti (formazione ai forma-tori auto-gestita). Questo nuovo strumento ha loscopo di favorire la condivisione di riflessioni e ladiscussione di esperienze legate all’insegnamentodel pensiero computazionale, nonché la promo-zione del reciproco supporto (http://programmailfuturo.it/laboratori-pif/introduzione).

Quest’anno sono disponibili molte nuove at-tività. Ad esempio, è possibile adesso svolgerel’Ora del Codice in 8 differenti versioni con

personaggi dei videogiochi e dei film più amatida bambini e giovani, tra i quali StarWars®, Mi-necraft®, Frozen®, Ice Age®, Angry Birds®(http://programmailfuturo.it/come/ora-del-codice).Per quanto riguarda i percorsi didattici più strut-turati, sono disponibili 5 differenti corsi con attivitàtecnologiche differenziate a seconda del livello dietà (http://programmailfuturo.it/come/lezioni- tecnologiche).

Il futuro di “Programma il Futuro”

Tra i due importanti eventi internazionali è statopubblicato il Piano Nazionale per la Scuola Digi-tale, il documento di indirizzo del MIUR per il lan-cio di una strategia complessiva di innovazionedella scuola italiana e per un nuovo posiziona-mento del suo sistema educativo nell’era digitale(http://istruzione.it/scuola_digitale/index.html).Tra le varie azioni che con questo piano entranonella fase operativa ricordiamo l’azione #17 che hacome obiettivo “portare il pensiero logico-compu-tazionale a tutta la scuola primaria” mediantel’estensione del progetto Programma il Futuro.

Per saperne di più

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SCUOLA E SOCIETÀ

Insegnanti Iscritti Scuole

6 dic 2014 4.251 6.105 1.808

6 dic 2015 8.349 13.015 3.109

incremento 96% 113% 72%

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SCUOLA E SOCIETÀ

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5.000 docenti, grazie a volontari e percorsi didattici di semplice applicazione, ospitati su una piattaforma dedicata

Per permettere a ogni studente della scuola primaria di svolgere un corpus di 10 ore annuali di logica e pensiero computazionale, sarà estesa l’iniziativa “Programma il Futuro”, sia tramite allargamento del partenariato, che arricchendo i percorsi didattici disponibili, anche includendo progetti satellite con missione affini.

Oltre a “Programma il Futuro”, che costituisce quindi l’offerta di base che sarà fatta a tutte le scuole, saranno sviluppate sperimentazioni più ampie e maggiormente orientate all’applicazione creativa e laboratoriale del pensiero computazionale, coinvolgendo anche la scuola dell’infanzia in azioni dedicate.

È fondamentale partire dai giovanissimi, per almeno due ragioni: primo, anticipare la comprensione della logica della Rete e delle tecnologie, proprio perchè l’avvicinamento alle tecnologie stesse avviene prima, a partire dal contesto familiare; secondo, preparare da subito i nostri studenti allo sviluppo delle competenze che sono al centro del nostro tempo, e saranno al centro delle loro vite e carriere.

L’iniziativa congiunta MIUR-CINI Programma il Futuro, per l’introduzione del pensiero computazionale nella scuola, nell’anno scolastico 2014-2015 ha coinvolto oltre 305.000 studenti in 16.000 classi e oltre 2.000 scuole. Attraverso questo modello, frutto di un partenariato innovativo con diverse imprese impegnate sul nostro territorio, sono stati accompagnati circa

Risorse avvalere dell’azione #15 + fondi PON FSE “Per la Scuola” 2014-2020

Strumenti protocollo d’intesa ad adesione

Tempi di prima attuazione Progetto in corso. Ottobre 2015 per la defi-nizione della strategia per il prossimo triennio

Obiettivi misurabili tutti gli studenti della scuola primaria praticano un’esperienza di pensiero computazionale nel prossimo triennio

Portare il pensiero logico-computazionale a tutta la scuola primaria

Azione #17

IstrstruIMinistero delll’Istruzione, dell’ Università e della Ricercastruzione, dell’ Università e della Ricerca

www.istruzione.itwww #pianoscuoladigitale#pianoscuoladigitale

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SCUOLA E SOCIETÀPartnerI partner del progetto Programma il Futuro (a.s. 2015-16)

Il progetto Programma il Futuro è basato sul materiale didattico di Code.org

e si avvale della collaborazione strategica, attraverso “accordi quadro”, di associazioni nazionali di categoria.

Il CINI, oltre a fornire la consulenza scientifica, provvede a reperire tutte le risorse (materiali, tecnologiche, economi-che, ...) necessarie alla realizzazione del progetto. A tal scopo il CINI coinvolge gli enti interessati all’avvio di un’azionefondamentale per la crescita culturale e lo sviluppo della società italiana.

Il sostegno fornito dagli enti è di diverse tipologie. Gli attuali partner (a.s. 2015-16):

Mecenate: FONDATORE

Benefattore: FONDATORE FONDATORE

Donatore: FONDATORE

FONDATORE FONDATORE

Sostenitore: FONDATORE FONDATORE FONDATORE

Per le aziende che desiderano aderire al progetto è disponibile il dettaglio del programma di partenariatohttp://programmailfuturo.it/partner

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Responsabile scientificoIsabella Corradini

Psicologa sociale e del lavoro, criminologa, è esperta sui temi della sicurezza(safety, security e cybersecurity) con approccio psicosociale e in comunica-zione aziendale. Dal 2003 è Presidente del Centro Ricerche Themis, e dal2009 anche Direttore Scientifico. Dal 2006 è docente presso l’Universitàdell’Aquila, Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità pubblica, Scienze dellaVita e dell'Ambiente, dove attualmente insegna psicologia sociale. È con-sulente di primarie aziende ed enti pubblici italiani, svolgendo anche attività

peritale nel campo della psicologia e della criminologia. Relatrice in convegni nazionali e inter-nazionali, segue diversi progetti a livello internazionale nell’ambito delle scienze sociali (ProgettiTempus) tenendo conferenze in Russia, Kazakhstan, Ukraina, Moldavia, Francia, ecc. È docentein corsi di perfezionamento e master presso diverse Università italiane in materia di sicurezza,comunicazione e reputazione. È membro scientifico di diversi comitati editoriali e tecnici, e autricedi numerose pubblicazioni (http://www.themiscrime.com/it/direzione). È curatore di una collanasulla reputazione per la Franco Angeli.

Direttore responsabileClaudia Di Lorenzi

Giornalista professionista, si occupa in particolare di politica interna, massmedia e temi sociali. Lavora per emittenti televisive e radiofoniche, quotidianie periodici, a diffusione nazionale e locale, anche in veste di conduttrice, au-trice testi, programmista regista e addetto stampa di parlamentari italiani.Ha lavorato e lavora tra gli altri per Rai1, Tv2000, T9TV, Canale21, Radio24 –Il Sole 24Ore, Radio Vaticana, Radio Ies, Città Nuova. È autrice di pubblica-zioni specialistiche sul tema della psicologia dei mass media. È membro sup-

plente del Comitato Media e Minori presso il Ministero dello Sviluppo Economico e membro delComitato Scientifico dell’Aiart – Associazione Spettatori. Collabora con la Fondazione Il BuonSamaritano, presso il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.

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REPUTATION today desidera facilitare la pubblicazione di articoli chepossono provenire da tutti i lettori.Si riportano di seguito le norme editoriali alla base dei criteri selettivicon cui verranno presi in esame gli articoli.Il testo deve essere accompagnato da una dichiarazione firmatadell’autore o dagli autori nella quale si attesti che l’articolo è origi-nale e non è stato pubblicato in precedenza su altre testate.I lavoridevono pervenire all’indirizzo della redazione:[email protected]. nella loro forma definitiva,completi dinome, cognome, qualifica, foto e firma dell’autore.Gli argomenti proposti debbono essere correlati agli aspetti gestio-nali, organizzativi, giuridici e sociali delle seguenti aree: comunica-zione e social media; reputazione aziendale; società, cultura ereputazione; buone pratiche; reputazione on line; misurazione dellareputazione.Il sommario dovrà chiarire lo scopo e le conclusioni del lavoro e nondovrà superare le 300 battute (spazi inclusi).Didascalie e illustrazioni devono avere un chiaro richiamo nel testo.La bibliografia sarà riportata in ordine alfabetico rispettando le ab-breviazioni internazionali.La Direzione, ove necessario, si riserva di apportare modifiche for-mali che verranno sottoposte all’Autore prima della pubblicazionedel lavoro.

REPUTATION todayanno II, numero 7, dicembre 2015

Direttore ResponsabileClaudia Di Lorenzi

Responsabile ScientificoIsabella Corradini

Responsabile area Sistemie TecnologieEnrico Nardelli

RedazioneIleana Moriconi

GraficaPaolo Alberti

Pubblicazione trimestraleregistrata presso il Tribunaledi Roma il 13/02/2014 n. 14

Reputation AgencyDivisione di Comunicazione di Themis s.r.l.via Veturia 44- 00181 Romatel. +39 06 9292.7629

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NEL TUO NOMEIL TUO VALORE

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03dicembre2014

NEL TUO NOME IL TUO VALORE

RAEDIZIONI

Il punto di vistaTelecom ItaliaProgramma il Futurodella scuolaLa Redazione

Le rubriche

L’angolo delle buone praticheIsabella Corradini

Comunicare la crisiBarbara Ferraris di Celle

Registrazione al Tribunale di Roma n. 14 del 13/02/2014

L’accordoLa salvaguardia dei posti di lavoro tutela la reputazione. Il caso del Teatro dell’OperaMarco Micaroni

Healthy Workplaces

Media Partner2014-2015

02settembre2014

NEL TUO NOME IL TUO VALORE

RAEDIZIONI

Il punto di vistaLa tutela della reputazione e del “brand name” nel settore turistico alberghieroFrancesca della Torre

Le rubriche

L’angolo delle buone praticheIsabella Corradini

Comunicare la crisiBarbara Ferraris di Celle

Registrazione al Tribunale di Roma n. 14 del 13/02/2014

L’iniziativaProgramma Il Futuro: la cultura informatica nella scuola italianaLa Redazione

la cultura informatica

06settembre2015

NEL TUO NOME IL TUO VALORE

Registrazione al Tribunale di Roma n. 14 del 13/02/2014

REPUTATIONAGENCY

Le buone pratiche in azienda:SIA e il rischio operativo

Programma il Futuro:parte il secondo anno

Il volto nuovo

dell’Intelligenceintervista a Paolo Scotto di Castelbianco

04marzo2015

NEL TUO NOME IL TUO VALORE

RAEDIZIONI

Registrazione al Tribunale di Roma n. 14 del 13/02/2014

Il punto di vistaReputazione e politica, suggestioni

per vecchi e nuovi leader

Claudia Di Lorenzi

Sondaggio EXPO2015Tra informazione,

sicurezza e reputazione

Isabella Corradini

e-Health e reputazioneUn esempio di eccellenza:

intervista a Sergio Pillon

Barbara Ferraris di Celle Comunicare la crisiBarbara Ferraris di Celle

la reputazione. Idel Teatro dell’OMarco Micaroni

AI

RRRAAAIOOONNNI

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05giugno2015

NEL TUO NOME IL TUO VALORE

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Registrazione al Tribunale di Roma n. 14 del 13/02/2014

Le buone pratichein tema di rischi e sicurezzaIsabella Corradini

Politici e reputazioneintervista ad Andrea Scanzi

Claudia Di LorenziVenezia, città digrandi eventiMaila Nuccilli

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01giugno2014

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Il punto di vistaLe memorie della rete e il diritto all’oblioCarla Izzo, Domenico Vulpiani

L’intervista Isabella CorradiniLa reputazione nella società digitale

Reputazione e Pubblica Amministrazione:spunti di riflessione

Il primo passo per una buona reputazione? Riuscire a instaurare

con i cittadiniEleonora Curatola, Paola Tarquini

Registrazione al Tribunale di Roman. 14 del 13/02/2014

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