Repubblica italiana

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REPUBBLICA ITALIANA sent. 473/2010 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONE PUGLIA composta dai seguenti magistrati: SANTORO dott. Pelino PRESIDENTE RAELI dott. Vittorio CONSIGLIERE RELATORE QUARATO dott.ssa Maria Nicoletta CONSIGLIERE ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio, iscritto al n. 29386 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale nei confronti di: LEPORALE Giuseppe, nato a Villa Castelli (BR), il 5.01.1949 e residente in Cassano delle Murge (BA) alla via Convento n. 211; D’AMBROSIO Domenica, nata a Cassano delle Murge (BA), il 29.06.1959 ed ivi residente alla via Panoramica n.14; GIULIANI Luciano Amedeo nato a Bari, il 21.11.1950 e residente in Cassano delle Murge (BA), in via Cardinale Mimmi n.4 GIUSTINO Giuseppe, nato a Cassano delle Murge (BA), il 17.01.1955 ed ivi residente alla via Trieste n. 33; PETRUZZELLIS Antonio, nato a Cassano delle Murge (BA), il 26.03.1964 ed ivi residente alla via N. Piccinni n.2; MONTEDORO Francesco, nato a Bari-S. Spirito, il 2.08.1944 e residente in Cassano delle Murge (BA), alla via G. Mameli n.3; per il pagamento, in via solidale ed in favore del Comune di Cassano delle Murge, della somma di € 248.503,60 (duecentoquarantottomilacinque- REPUBBLICA ITALIANA file:///C:/DOCUME~1/FABRIZIO/IMPOST~1/Temp/Tributaria_sentenza Corte dei Conti.htm 1 di 20 15/10/2010 10.12

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REPUBBLICA ITALIANA sent. 473/2010

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONE PUGLIA

composta dai seguenti magistrati:

SANTORO dott. Pelino PRESIDENTE

RAELI dott. Vittorio CONSIGLIERE RELATORE

QUARATO dott.ssa Maria Nicoletta CONSIGLIERE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio, iscritto al n. 29386 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale nei confronti di:

LEPORALE Giuseppe, nato a Villa Castelli (BR), il 5.01.1949 e residente in Cassano delle Murge (BA) alla via Convento n. 211;

D’AMBROSIO Domenica, nata a Cassano delle Murge (BA), il 29.06.1959 ed ivi residente alla via Panoramica n.14;

GIULIANI Luciano Amedeo nato a Bari, il 21.11.1950 e residente in Cassano delle Murge (BA), in via Cardinale Mimmi n.4

GIUSTINO Giuseppe, nato a Cassano delle Murge (BA), il 17.01.1955 ed ivi residente alla via Trieste n. 33;

PETRUZZELLIS Antonio, nato a Cassano delle Murge (BA), il 26.03.1964 ed ivi residente alla via N. Piccinni n.2;

MONTEDORO Francesco, nato a Bari-S. Spirito, il 2.08.1944 e residente in Cassano delle Murge (BA), alla via G. Mameli n.3;

per il pagamento, in via solidale ed in favore del Comune di Cassano delle Murge, della somma di € 248.503,60 (duecentoquarantottomilacinque-

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centotre/60), oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio.

Udito alla pubblica udienza del 21 gennaio 2010 il consigliere relatore, dott. Vittorio Raeli;

Uditi , altresì, i difensori degli odierni convenuti;

Udito il Vice Procuratore Generale dr.ssa Carmela de Gennaro;

Visto l’atto di citazione depositato il 17.06.2009, iscritto al 873/00DGN del registro delle vertenze della Procura Regionale;

Esaminati gli atti e la documentazione tutta della causa;

Considerato in

FATTO

Il Procuratore regionale, con atto notificato in data 8 luglio 2009 e depositato il 17 settembre 2009, ha citato in giudizio i sigg.ri LEPORALE

Giuseppe, PETRUZZELLIS Antonio, D’AMBROSIO Domenica, GIULIANI Luciano, GIUSTINO Giuseppe , MONTEDORO Francesco rispettivamente

nelle loro qualità il primo - di sindaco e - gli altri - di amministratori del Comune di Cassano delle Murge (Ba), dopo aver inviato in data 13.02.2009

l’informativa ante causam ex art 5 comma 1°, D.L.453 del 15.11.1993 (conv. nella L. 19/94), per sentirsi condannare al pagamento della somma di €

248.503,60, oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio.

Espone il PM che a partire dalla fine del 1994 il sig. LEPORALE Giuseppe, nella qualità di sindaco del comune di Cassano delle Murge,

intraprendeva una serie di iniziative tese alla costituzione di una società mista intercomunale, a supporto dell’attività amministrativa di accertamento dei

tributi, con il dichiarato scopo di realizzare e gestire un servizio di “anagrafe tributaria comunale” che consentisse la gestione di tutti i tributi municipali ed il

monitoraggio dell’evasione fiscale, a mezzo di personale specializzato e tecnologie avanzate, in modo da sgravare tutti gli enti aderenti dagli adempimenti

connessi a tale attività.

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Il Consiglio comunale, con deliberazione n.8 del 9.03.1995 - in primo luogo - approvava la proposta del sindaco di costituzione della società mista a

prevalente capitale privato denominata “Tributaria Intercomunale s.p.a.” con un capitale sociale di £.200.000.000, di cui il 70% a carico del socio privato

pari a £. 140.000.000, ed il 30% pari a £. 60.000.000 del socio pubblico (Comune di Cassano delle Murge).

Con la medesima delibera si approvava l’atto costitutivo – che, tra le altre cose, fissava la durata della società fino al 31.12.2050 -, lo Statuto e lo

schema di convenzione, nonché si decideva di procedere alla scelta del socio privato mediante procedura ad evidenza pubblica.

Il Consiglio comunale con deliberazione n.20 dell’1.03.1996 apportava alcune modifiche allo Statuto della società mista, delegando il Sindaco

(Giuseppe Leporale) e la Giunta (composta da Petruzzellis Antonio, D’Ambrosio Domenica, Giustino Giuseppe, Montedoro Francesco e Giuliani Luciano

Amedeo) all’esecuzione del deliberato.

In esecuzione della delega la Giunta, nella composizione sopra riportata, preso atto che i comuni aderenti all’iniziativa non avevano adottato i

necessari provvedimenti, venendo meno, di fatto, al progetto comune, e con provvedimento n.210 del 29.07.1997 deliberava di procedere comunque alla

selezione del socio privato mediante asta pubblica, seguendo il metodo di cui all’art.73 lett.c) del R.D. n.827/’24 e secondo le modalità di cui al successivo

art.76 e fissava l’ammontare del capitale sociale in lire 200 milioni di cui del 30% era detentore il Comune e del 70% il partner privato.

Dall’istruttoria condotta dalla Procura Regionale è risultato che l’avviso di gara veniva quindi pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia

n.97 del 4.09.1997 e sul quotidiano “Gazzetta aste e appalti pubblici” n.165 dell’11.09.1997, mentre veniva omessa sia la pubblicazione sulla Gazzetta

Ufficiale della Repubblica sia sulla Gazzetta Ufficiale C.E.E., sia su altri quotidiani a diffusione nazionale e locale.

Con delibera n.321 del 14.11.1997 la Giunta approvava l’aggiudicazione della gara in favore della “Il Pellicano s.r.l.”, unica concorrente, a cui si

riconosceva l’aggio nella misura del 28,5%. In sostanza, la società aggiudicataria aveva offerto una ribasso percentuale dell’1,5% sulla base d’asta fissata

nella misura del 30%, mentre con deliberazione C.C. n.6 del 5.03.1998 l’importo del capitale sociale della costituenda società mista veniva elevato sino alla

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somma di £.1.000.000.000 (un miliardo).

Nell’agosto 1999 (prot.10260 del 4.08.99) il nuovo Sindaco del comune di Cassano delle Murge, nutrendo dubbi sulla legittimità della società mista

costituita dal suo predecessore, poneva un formale quesito alla Direzione Centrale per la fiscalità locale presso il Ministero delle Finanze, circa la sussistenza

o meno dei requisiti formali e sostanziali per ritenere conforme all’ordinamento la “Tributaria Intercomunale s.p.a.”.

A seguito di tale iniziativa il nuovo Sindaco, nel novembre successivo, apprendeva dell’illegittimità della istituita “Tributaria Intercomunale” anche a

seguito dalla nota dell’Amministrazione finanziaria (prot. n.7/158604-99), con la quale la stessa l’Amministrazione finanziaria ribadiva che l’Ente locale era

obbligato, non soltanto ad individuare il socio privato a mezzo di gara ad evidenza pubblica, ma questi avrebbe dovuto essere scelto tra soggetti giuridici

iscritti all’albo nazionale di cui all’art.53 del d.leg.vo n.446/’97 e comunque fra quelli aventi il capitale sociale non inferiore ad un miliardo di lire.

Risultava quindi evidente - considera il Requirente - che la società mista in questione fosse stata costituita in modo del tutto illegittimo e che la

conseguente attività fosse stata svolta, fin dall’inizio, senza titolo.

Preso atto del suddetto parere ed al fine di ripristinare la legalità nella gestione della funzione tributaria e tutelare gli interessi dell’Amministrazione

comunale, il Consiglio comunale con provvedimento n.30 del 13.06.2000 deliberava di annullare le precedenti deliberazioni del Consiglio comunale n.8 del

9.03.1995, n.20 dell’1.03.1996 e n.6 del 5.03.1998, di rinviare alla competenza della Giunta l’annullamento delle delibere G.C. n.210 del 29.07.1997 e n.321

del 14.11.1997 nonché di procedere dinanzi alle competenti sedi giurisdizionali, proponendo le necessarie azioni giudiziarie per l’accertamento della

sussistenza di cause di nullità e/o di annullabilità nella concessione-convenzione nel frattempo stipulata tra il Comune e la società Tributaria Intercomunale

s.p.a. in data 31.10.1998.

La Giunta comunale con provvedimento n.115 del 14.06.2000 provvedeva a quanto demandato dal Consiglio comunale ed annullava le precedenti

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deliberazioni.

L’illegittimità della citata costituzione e lo spregio per le norme di legge, ad avviso del Procuratore regionale, lo si evince sia dai giudizi promossi

innanzi al Tar (sentenza n.1659 del 20.02.2002, depositata il 2.04.2002, della Sez. I ̂del TAR Puglia) e al Consiglio di Stato (Sez.V ̂con sentenza n.3672/05

emessa l’8.02.2005) con i quali il Giudice amministrativo dichiarava nulla la convenzione stipulata tra il Comune di Cassano delle Murge e la Tributaria

Intercomunale s.p.a., e condannava quest’ultima alla restituzione al comune degli archivi informatici e cartacei depositati presso la società e degli elaborati

concernenti la gestione dei tributi negli anni 1998, 1999 e 2000, dichiarando non dovuta la restituzione al comune di quanto percepito dalla società a titolo di

compensi derivanti dall’esecuzione della convenzione.

Sotto il profilo penale l’illiceità veniva acclarata con sentenza n.1203, emessa il 29.05.2002, la Sezione I ̂Penale del Tribunale di Bari, che riconosceva

tutti i predetti amministratori colpevoli del reato di cui all’art.323 c.p. e, pertanto, li condannava alla pena di anni uno (il Leporale) e mesi otto (gli altri) di

reclusione, oltre alla interdizione dai pubblici uffici per un anno ed, in solido, al risarcimento, in favore del comune di Cassano delle Murge, dei danni, da

liquidarsi in separata sede.

La sentenza veniva confermata anche in secondo grado dalla Sez.I^ della Corte d’Appello di Bari (sentenza n.1631 del 6.12.2004, depositata il

9.02.2005) ed i ricorsi presentati in Cassazione venivano rigettati dalla VI ̂Sezione Penale, con sentenza n.1498 del 2.12.2005, depositata l’1.03.2006.

Il PM espone, quindi, che a causa della inadeguatezza, per scarsa professionalità ed esperienza nonché per carenza organizzativa, della società “Il

Pellicano s.r.l.”, socio di maggioranza (70%) nonché alla inutile ed illegittima costituzione della società mista il Comune ha sopportato un costo complessivo

di Euro 248.503,60, dato dalla sommatorie di tre distinte poste di danno.

In primo luogo, la somma di £.190.600.00 (pari ad €.98.437,00) , di cui:

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· £.600.000 per spese di pubblicazione del bando di gara sul B.U.R., pagate con mandato n.1653 del 25.08.1997;

· £.90.000.000 per versamento decimi del capitale societario, pagati con mandato n.1275 del 17.06.1998;

· £.60.000.000 per versamento ulteriori decimi a seguito di elevazione del capitale sociale, pagati con mandato n.2605 del 16.12.1999;

· £.20.000.000 per primo acconto sulla fattura n.1 del 7.07.99, pagati con mandato n.116 del 17.01.2000;

· .20.000.000 per secondo acconto sulla fattura n.1/99, pagati con mandato n.296 del 10.02.2000.

Ulteriore posta di danno che il P.M. ritiene di porre a carico delle finanze del comune di Cassano delle Murgen riguarda le spese giudiziali determinate

in Euro 51.629,16, che l’ente comunale ha sopportato in relazione ai numerosi contenziosi promossi dai contribuenti e che lo hanno visto soccombente, ad

avviso del medesimo PM, nell’82,06% dei casi, per errori e vizi negli atti di accertamento, negli avvisi di liquidazione e persino nelle notifiche.

Infine, il PM ha determinato il danno all’immagine, in via equitativa, per una somma pari ad euro 98.437,00.

Si sono costituiti in giudizio i sigg. LEPORALE Giuseppe, D’AMBROSIO Domenica, GIULIANI Luciano, PETRUZZELLIS Antonio, GIUSTINO

Giuseppe a mezzo dell’avv. Vito Aurelio PAPPALEPORE; mentre il sig. MONTEDORO Francesco a mezzo dell’avv. Luigi RAGO.

L’avv. Pappalepore ha depositato comparsa di costituzione in data 30 dicembre 2009, formulando le seguenti eccezioni.

In via preliminare, eccepisce la prescrizione della domanda in quanto il fatto dannoso si è verificato con l’adozione delle delibere consiliari e giuntali

negli anni 1997/1998 ; e, comunque, la scoperta del danno in ipotesi risale al mese di dicembre 1999, giusta la nota prot. n. 16141 del 6.12.1999 , pervenuta

alla locale procura regionale il giorno successivo, con cui il Sindaco segnalava la sussistenza di “ urgenti danni di natura patrimoniali”, successivamente

integrata da altra nota ( prot. n. 6688 del 3.5.2000 ) pervenuta alla Procura regionale il 5.5.2000.

Nel merito, eccepisce:

- la legittimità e l’utilità della costituzione della società mista, non essendo stata affatto inutile né diseconomica , sulla base della relazione di perizia

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giurata a firma del rag. Gaetano Carnicella, e, quindi, l’inesistenza del danno;

- l’inesistenza del danno per spese di soccombenza in sede giudiziaria, in quanto il numero delle fattispecie nelle quali il Comune è risultato

soccombente è esiguo rispetto alla mole del contenzioso che l’ente comunale si è trovato ad affrontare, tenuto conto anche della complessità e della

incertezza delle fattispecie controverse;

- l’inesistenza del danno all’immagine, in quanto tale posta di danno è inesistente e non provata, non essendo stato dimostrato l’esborso di somme per

il ripristino dell’immagine dell’ente comunale, oltre al fatto che l’art. 17, comma 30-ter, l. n. 10272009 ricollega il danno all’immagine ai fatti di cui alla

condanna penale e non anche a quelli indiretti derivanti da altre cause che sono rimaste estranee al giudizio penale;

- l’inesistenza o, comunque, l’interruzione del nesso di causalità, in quanto i danni loro ascritti non costituiscono che conseguenza diretta ed immediata

della condotta degli amministratori e dei dipendenti della società mista ovvero della società “ Il Pellicano “, sicchè l’omesso esercizio della azione sociale di

responsabilità costituisce fattore interruttivo del rapporto di causalità.

In via gradata, l’esercizio del potere riduttivo e, comunque, la rideterminazione del danno, in ipotesi addebitabile, nella misura corrispondente ai

vantaggi comunque conseguiti dall’ente comunale, da individuarsi nel recupero di “ forti sacche di evasione fiscale “

L’avv. Rago ha depositato memoria difensiva in data 23 dicembre 2009, invocando l’applicazione della esimente di cui all’art. 1, comma 1, secondo

periodo, della legge n. 20/1994, siccome modificato dal decreto-legge n. 103/2009, nel testo risultante dalla conversione nella legge n. 14172009, in

considerazione della apposizione del visto alle delibere consiliari n. 8/95 e n. 20/96, da parte della S.P.C. della regione Puglia.

Ha eccepito, inoltre:

- che il Sig. Montedoro non ha partecipato alla seduta del Consiglio comunale, in cui è stata approvata la delibera n. 8 del 9.3.1995, costitutiva della

società mista “ Tributaria Intercomunale s.p.a. “

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- che la società non aveva il compito di svolgere attività di liquidazione, accertamento e riscossione delle imposte e tasse comunali, essendo stato

conferito alla stessa semplicemente la gestione della anagrafe tributaria comunale;

- la mancanza di prove in ordine alla idoneità dei fatti di causa a pregiudicare il prestigio dell’ente comunale e all’esborso patrimoniale per il ripristino

dell’immagine e prestigio lesi;

- in via del tutto subordinata, la graduazione e la riduzione delle poste di danno a suo carico;

Il tutto con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.

In via istruttoria, si chiede l’acquisizione ai sensi dell’art. 213 c.p.c. della documentazione attinente ai rapporti tra il Comune di Cassano delle Murge

con la S.ES.I.T. Puglia s.p.a. e con la GESTOR s.p.a., comprovante l’aggio applicato, oltre le delibere di nomina del responsabile comunale dell’accertamento

e della riscossione e di costituzione dell’avvocatura comunale nei giudizi tributari.

All’odierna udienza le parti hanno illustrato le tesi a sostegno delle rispettive posizioni.

Ritenuto in

DIRITTO

1.In via preliminare risulta destituita di fondamento l’eccezione di prescrizione formulata dall’avv. Pappalepore, sulla base delle seguenti

motivazioni.

Come già precedentemente esposto, con sentenza n.1203, emessa il 29.05.2002, la Sezione I^ Penale del Tribunale di Bari riconosceva tutti i predetti

amministratori colpevoli del reato di cui all’art.323 c.p. e pertanto li condannava alla pena di anni uno (il Leporale) e mesi otto (gli altri) di reclusione,

oltre alla interdizione dai pubblici uffici per un anno ed, in solido, al risarcimento, in favore del comune di Cassano delle Murge, dei danni, da liquidarsi in

separata sede.

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La sentenza veniva confermata anche in secondo grado dalla Sez.I^ della Corte d’Appello di Bari (sentenza n.1631 del 6.12.2004, depositata il

9.02.2005) ed i ricorsi presentati in Cassazione venivano rigettati dalla VI ̂Sezione Penale, con sentenza n.1498 del 2.12.2005, depositata l’1.03.2006.

Risulta dalle citate sentenze che il Comune di Cassano si è costituito parte civile già nel giudizio di primo grado.

Orbene a riguardo giova osservare che oltre che dalla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio contabile – l’atto di citazione emesso dal

Procuratore regionale – l’effetto interruttivo del diritto al risarcimento del danno erariale scaturisce dalla costituzione dell’amministrazione danneggiata

come parte civile nel processo penale, a condizione che l’amministrazione esprima inequivocabilmente la volontà di chiedere il risarcimento del danno ed

i destinatari siano gli stessi dell’azione di responsabilità esperita dal P.M. contabile, anche se non sia quantificata la pretesa risarcitoria.

Tutto questo risulta essersi verificato nel giudizio penale di primo grado

Orbene, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale la costituzione di parte civile nel processo penale ha efficacia interruttiva permanente,

nonostante qualche isolata pronuncia affermi l’efficacia istantanea della costituzione di parte civile sul presupposto della inapplicabilità dell’effetto

sospensivo di cui all’art. 2945, comma 2, c.c. con riferimento alla posizione del P.M. contabile, da differenziarsi, per il diverso ruolo, da quella

dell’amministrazione costituitasi parte civile nel processo penale per esercitare una propria azione civile risarcitoria.

Al riguardo giova ulteriormente precisare che: «La costituzione dell’amministrazione danneggiata come parte civile nel processo penale interrompe

il corso della prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile sino alla definizione del giudizio penale» (cfr. C. conti, Sez. III centr.

app., 17 maggio 2006, n. 213).

Tanto premesso, nel caso di specie non vi sono dubbi sulla circostanza che la costituzione di parte civile è intervenuta tempestivamente anche rispetto

alle delibere causative di danno, in relazione alle quali la difesa individua il dies a quo del termine di prescrizione, mentre la definizione del giudizio

penale è avvenuta solo con la pronuncia della Cassazione con la quale la VI^ Sezione Penale, con sentenza n.1498 del 2.12.2005, depositata l’1.03.2006

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che rigettava il ricorso, e l’atto di citazione è stato notificato l’8 luglio 2009

Decade, pertanto, l’altro profilo della eccezione che ha riguardo alla data della scoperta del danno.

2.Nel merito, il giudizio si presenta maturo per essere deciso, sicchè non può essere accolta l’istanza di accertamenti istruttori, e la domanda è fondata, per

le ragioni e nei limiti in appresso indicati.

La prova della antieconomicità della operazione, oltre che della illegittimità della stessa, è confermato da una serie di considerazioni poste in luce dal

consulente tecnico d’ufficio nel processo penale dr. Cosimo CAFAGNA, il quale nella sua relazione asserisce che la neosocietà costituita da giovani diplomati

era inattiva, non aveva esperienza nel settore tributario, non aveva dipendenti, non offriva garanzie patrimoniali e non aveva una sede attrezzata.

L’illegittimità, l’antieconomicità e l’inutilità della operazione è ulteriormente attestata, inoltre, dal dettato normativo all’epoca vigente ( d.p.r. 533 del

1996 e d.lgs. n. 446 del 1997 ) e dalle risultanze dell’Amministrazione finanziaria, la quale ( cfr. nota prot. n.7/158604-99) ribadiva che l’Ente locale era

obbligato, non soltanto ad individuare il socio privato a mezzo di gara ad evidenza pubblica, ma che questi avrebbe dovuto essere scelto tra soggetti giuridici

iscritti all’albo nazionale di cui all’art.53 del d.leg.vo n.446/’97 e, comunque, fra quelli aventi il capitale sociale non inferiore ad un miliardo di lire: risultava

quindi evidente che la società mista in questione fosse stata costituita in modo del tutto illegittimo e che la conseguente attività fosse stata svolta, fin

dall’inizio, senza titolo.

Effettivamente, l’esame delle norme in materia, consente di affermare che il Sindaco e la Giunta che individuarono nella “Il Pellicano s.r.l.” il socio

privato di maggioranza della società mista, agirono in modo del tutto illegittimo ed arbitrario.

L’art.22, 3° co. della legge n.142/’90, vigente all’epoca della emanazione della delibera C.C. n.8 del 9.03.1995, stabiliva che i comuni potessero gestire i

servizi pubblici oltre che in economia, in concessione a terzi, mediante azienda speciale e mediante istituzione, anche a mezzo di società per azioni a

prevalente capitale pubblico locale. Il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria venne soppresso dall’art.12, 1°co. della legge n.498/’92, la quale

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disponeva fra l’altro che “…Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all’eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con

procedure di evidenza pubblica” e che “.…Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all’azionariato diffuso e resta

comunque sul mercato”.

Nel caso in questione, trattandosi di società a prevalente partecipazione di capitale privato (70%) non vi è alcun dubbio che dovessero trovare

applicazione gli obblighi contenuti nel predetto articolo 12.

Inoltre, in epoca successiva all’adozione della delibera C.C. n.8/95, ma antecedente a quella della delibera G.M. n.210 del 29.07.1997, fu promulgato

l’art.1, del dpr 16.09.1996 n.533 che contemplava quanto segue:

- il capitale delle società miste a prevalente capitale privato, non poteva essere stabilito in misura inferiore ad un miliardo di lire (comma 2);

- l’atto costitutivo e lo statuto dovevano riservare all’ente promotore una partecipazione non inferiore al quinto del capitale sociale (comma 3);

- il socio privato di maggioranza doveva essere scelto dall’ente o dagli enti promotori mediante una procedura concorsuale ristretta, assimilata

all’appalto concorso di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n.157 (comma 4);

- all’azionariato diffuso doveva essere riservata una quota determinata del capitale sociale e che i soci (pubblico e privato) doveva stabilire l’entità di

tale quota e le modalità del suo collocamento, dopo la costituzione della società (comma 5).

A tali profili di invalidità devono poi aggiungersi quelli relativi al contrasto della costituzione della società e dell’affidamento del servizio con le chiare

disposizioni recate dal d.leg.vo n.446 del 1997, entrato in vigore il 1° gennaio 1998, quindi in epoca precedente sia alla costituzione della società Tributaria

Intercomunale s.p.a. ( in data 3.08.1998, con atto omologato il 28.09.1998) che alla stipula della convenzione per l’affidamento del servizio ( il 31.10.1998).

Ai sensi del 5° comma dell’art.52 del predetto decreto legislativo, infatti:

“…a) l’accertamento dei tributi può essere effettuato dall’ente locale nelle forme associative previste negli articoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8

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giugno 1990, n.142;

b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate,

le relative attività sono affidate: 1) mediante convenzione alle aziende speciali di cui all’art.22, comma 3, lettera c), della legge 8 giugno, n.142, e nel

rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società per azioni o a responsabilità limitata a

prevalente capitale pubblico locale previste dall’art.22, comma 3, lettera e), della citata legge n.142 del 1990, i cui soci privati siano prescelti tra i

soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 oppure siano già costituite prima della entrata in vigore del presente decreto; 2) nel rispetto delle procedure

vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società miste, per la gestione presso altri comuni, ai concessionari di cui al

D.P.R. 28 gennaio 1988, n.43, a prescindere dagli ambiti territoriali per i quali sono titolari della concessione del servizio nazionale di riscossione, ai

soggetti iscritti nell’albo di cui al predetto articolo 53;…”

Pertanto, come evidenziato nell’art.52, solo dopo l’emanazione degli appositi regolamenti comunali sarebbe stato possibile promuovere la costituzione di

società per la gestione dei tributi, peraltro solo a prevalente capitale pubblico, con individuazione del socio privato tra gli iscritti all’istituendo albo di cui al

successivo art.53, non essendo prevista alcuna ipotesi derogatoria a favore di società miste a prevalente capitale privato già costituite (la deroga all’iscrizione

all’albo per le società già costituite alla data del 1° gennaio 1997 si riferisce pur sempre alle società a prevalente capitale pubblico).

La Giunta comunale, come si rileva dalle diverse delibere approvate, ha senza ombra di dubbio violato le predette disposizioni normative irrefutabilmente

tese ad assicurare la trasparenza nella scelta del socio privato con un ampio confronto di mezzi e professionalità fra enti privati aspiranti a divenire organo

dell’ente pubblico, nonché a garantire una partecipazione collettiva alla proprietà dell’istituendo organismo societario.

Una violazione di norme è poi riscontrabile anche in riferimento alla particolare esosità dell’aggio (28,5%) riconosciuto alla costituenda società mista

“Tributaria Intercomunale s.p.a.”

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Infatti, le misure degli aggi esattoriali, secondo quanto disposto dal legislatore, in primo luogo, devono rapportarsi alle somme riscosse e non già alle

somme accertate, in secondo luogo, sono individuate dall’art.3 del dpr 29.09.1973 n.603, per la riscossione dei tributi mediante ruoli esattoriali, in misura

compresa fra lo 0,60 % ed il 6,72% e per la riscossione mediante versamenti diretti, fra lo 0,48% ed il 5,38%, questi ultimi successivamente ridotti nel range

compreso fra lo 0,31% ed il 3,53% (art.1-bis del d.l. 6.01.1986, n.2 convertito in legge n.60/’86) e poi ancora alla misura dell’1% dal d.leg.vo 30.12.1994

n.504, istitutivo del tributo ICI.

Sicché appare incontrovertibile che l’aver fissato la base d’asta di aggio al 30% e l’aver aggiudicato la gara ad una società che offriva un aggio del 28,5%

sulle somme accertate, avesse unicamente lo scopo di arrecare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla società “Il Pellicano s.r.l.” e quindi al socio privato di

maggioranza, con conseguente danno per l’Ente pubblico.

Tanto, trova ulteriore conferma, da un lato, nella circostanza per la quale, il comune aveva già in precedenza aggiudicato il servizio di rilevazione, verifica

e controllo dei tributi comunali relativi ai R.S.U. (per gli anni 1993-1994), all’ICIAP (per gli anni 1990-1994) e all’ICI (per gli anni 1994 e 1995), proprio alla

società “Il Pellicano s.r.l.” con il riconoscimento di un aggio molto più ridotto e ragionevole della misura del 7,50%; dall’altro, nello stesso bando di gara nel

quale risultano inseriti dei requisiti, obiettivamente inconsueti ed estremamente specifici e selettivi, che si addicevano perfettamente ed esclusivamente alla

ditta “Il Pellicano s.r.l.” ed alla sua compagine sociale.

Non v’è dubbio anche dal bando di gara che il Comune di Cassano non si è premurato di tutto ciò e che la costituzione della citata società sia stata

estremamente dannosa non avendo prodotto altro che un notevole disavanzo nel bilancio comunale come risulta evidente anche dalle risultanze della CTU

penale.

A riguardo l’eccezione mossa dalla difesa del MONTEDORO in merito alla assenza di responsabilità di quest’ultimo per mancata partecipazione alla

delibera del CC n. 8 del 09.03.1995 risulta priva di fondamento, atteso che lo stesso MONTEDORO ha proceduto alla attuazione di una illegittima volontà del

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Consiglio Comunale (Cfr. delibera CC n.20 dell’1.03.1996; GC n.210 del 29.07.1997; n.321 del 14.11.1997) - oltre che illecita - siccome attestato dalle

risultanze penali del giudizio.

Va,altresì, respinta l’eccezione della difesa degli altri convenuti volta a dimostrare la assenza o, comunque, la interruzione del rapporto di causalità, in

quanto il danno è direttamente riconducibile all’operato degli amministratori comunali, senza che alcuna rilevanza abbia potuto avere la condotta degli

amministratori e dei dipendenti della società mista né tanto meno di quelli della società “ Il Pellicano s.r.l. “, sotto il profilo di interrompere il nesso di

causalità.

Tale voce di danno corrisponde all’importo in Euro 98.437,00 - come correttamente indicato nell’atto di citazione - che va posto a carico degli odierni

convenuti, in solido tra di loro, ravvisandosi nella condotta serbata dagli stessi l’esistenza di un “ dolo intenzionale”, da individuarsi nella sciente volontà di

procurare un ingiusto patrimoniale agli amministratori, soci e dipendenti della società “ Il Pellicano s.r.l.”, nonostante le scadenti qualità strutturali e le carenti

capacità professionali della predetta società, bene evidenziate nella perizia del consulente tecnico del P.M. penale, da cui si evidenziano le carenze che hanno

causato forti ritardi nell’espletamento dell’incarico .

L’esistenza dell’elemento soggettivo rappresentato dal dolo esclude che possa trovare applicazione la esimente rappresentata dalla registrazione ( con

visto positivo ) in sede di controllo, che, si osserva, si riferisce soltanto alla registrazione operata dalla Corte dei conti e non da altri organi di controllo.

Deve pronunciarsi condanna, quindi, dei Sigg.ri D’Ambrosio Domenica, Giuliani Luciano Amedeo, Giustino Giuseppe, Leporale Giuseppe, Montedoro

Francesco e Petruzzellis Antonio al pagamento - in via solidale ed in favore del Comune di Cassano delle Murge - della somma di Euro 98.437,00.

3. Diversamente, a giudizio di non colpevolezza giunge il Collegio, per quanto concerne la posta di danno rappresentata dalle somme spese dal Comune

in relazione ai numerosi contenziosi promossi dai contribuenti e quantificate dal P.M in Euro 51.629,16.

Ed invero, la non riconducibilità del danno in ipotesi contestato agli odierni convenuti non sembra che possa contestarsi seriamente anche sul piano

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soggettivo, non essendo prevedibile il risultato conseguibile in sede giudiziaria, che si appalesa come aleatorio, non potendosi trarre elementi di prova di segno

contrario dall’esito dei giudizi in cui l’ente comunale è risultato soccombente.

4. Con riferimento al danno all’immagine determinato dal PM in Euro 98.437,00, il Collegio, verificando la sussistenza della giurisdizione della Corte, in

quanto il danno azionato nel presente giudizio è in ipotesi ricollegabile al delitto p. e p. dall’art. 323 c.p. e sul punto è intervenuta sentenza passata in

giudicato, concorda con le argomentazioni della citazione in giudizio in ordine alla colpevolezza degli odierni convenuti, essendo ricollegabile la lesione

dell’immagine dell’ente comunale alla condotta tenuta dagli stessi e ritenendosi sussistente il “ dolo intenzionale”

L’immagine che una P.A. ha il diritto di vedersi tutelare è a fondamento della fiducia che la collettività nutre nei confronti di essa riguardo al corretto

svolgimento (in termini di legalità, efficacia, efficienza ed economicità) dell’attività istituzionalmente demandatele per il soddisfacimento di un interesse

generale.

La tutela dell’immagine corrisponde quindi ad un interesse della collettività stessa, in quanto il “vulnus” arrecato all’immagine di una P.A. ha ad oggetto

il “bene-valore” alla cui realizzazione è preposta l’Amministrazione.

Con riferimento a tale particolare figura di danno erariale, deve osservarsi che la giurisprudenza ormai consolidata della Corte dei Conti, formatasi sulle

pronunce della Corte di Cassazione, ritiene che rientra nella cognizione del Giudice contabile anche il danno arrecato all’immagine del pubblico potere, per

effetto dell’azione contra ius del soggetto legato da rapporto d’impiego o di servizio alla P.A.

Secondo la predetta giurisprudenza, la lesione si concretizza nella violazione di situazioni giuridiche soggettive di rilevanza costituzionale, ed, in

particolare, in quelle disciplinate dall’art. 97 Cost., e dagli artt. 7 e 10 cod. civ., norme ritenute applicabili anche alle persone giuridiche (ex multis, Sez. Riun.

n.10/QM del 23.4.2003).

Per quanto concerne l’art. 97 Cost., il 1° comma, prevede che “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano

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assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. I predetti principi hanno, peraltro, trovato piena affermazione nell’art. 1, comma 1,

legge 7.8.1990, n. 241, che ha previsto la necessità d’improntare l’azione amministrativa a criteri di efficienza, efficacia ed economicità, criteri del tutto

disattesi nel caso in esame.

Si ritiene, inoltre, che vi sia stata violazione anche dei principi tutelati dall’art. 97, comma 2, Cost. secondo il quale “nell’ordinamento degli uffici sono

determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”. Infatti, secondo la già citata sentenza delle SS.RR.,

“nell’ambito del rispetto dell’immagine ed identità personale, l’interesse costituzionalmente garantito è che le competenze assegnate vengano rispettate,

le funzioni assegnate vengano esercitate, le responsabilità proprie dei funzionari vengano attivate. Ogni azione del pubblico dipendente che leda tali

interessi si traduce in un’alterazione dell’identità della Pubblica Amministrazione e, più ancora, nell’apparire di una sua immagine negativa in quanto

struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente, non responsabile, né responsabilizzata”.

Tuttavia, la mera violazione dei predetti principi non determina automaticamente una lesione dell’immagine della PA, occorrendo, come si vedrà a breve,

una condotta particolarmente lesiva.

A tal fine, la giurisprudenza contabile ha incentrato la propria attenzione sulla individuazione dei comportamenti gravemente offensivi del prestigio e della

personalità pubblica dell’Amministrazione.

Si è evidenziato che non tutti i comportamenti illeciti determinano danno all’immagine. Secondo la giurisprudenza, infatti “la potenzialità dannosa nei

termini delineati del comportamento illecito dei pubblici poteri va saggiata in concreto nei singoli casi. Infatti, ove si tratti di episodi sporadici e di cui

non si è avuta diffusione può mancare un evento di danno (e comunque questo va dimostrato attraverso specifici indici). Laddove invece la pluralità degli

episodi criminosi o la gravità in sé dei fatti ed il conseguente impatto sull’opinione pubblica o sulle categorie interessate sia sicuro indice della diffusione

della conoscenza da parte dei cittadini dell’esistenza di una distorta organizzazione dei pubblici poteri è conseguenza ineludibile il danno per la P.A. sia

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in termini di danno emergente sia in termini di lucro cessante. Detti episodi vengono infatti ad incidere sia sull’organizzazione dell’attività

amministrativa, con conseguenti maggiori costi, sia sulla necessità di ripristinare l’immagine, sia sulla posizione della P.A. la quale, ove eserciti

correttamente ed imparzialmente il proprio potere, può ottenere l’adesione convinta dei cittadini, il loro apprezzamento o quantomeno non subire azioni

di contrasto. In questi termini, esiste per la P.A. un danno certo, che può essere quantificato equitativamente” ( Sez. I Centrale, 20.9.2004, n.334/A).

Occorre considerare, infine, che, poiché il danno all’immagine è “ danno non patrimoniale “, la conseguenza che va provata non è la spesa ( anche da

sostenere ) per il ripristino dell’immagine della P.A., ma anch’essa “ non patrimoniale”: e cioè soltanto la lesione all’immagine della P.A., rilevando il profilo

della spesa soltanto come parametro di liquidazione di un danno che rimane pur sempre “ danno non patrimoniale “ ma non come “ conseguenza “ da

provare.

Tanto premesso, il Collegio condivide quanto affermato dal PM in merito alla prova della diffusione mediatica dei fatti di causa sulla stampa a carattere

nazionale (v. Corriere della Sera e L’Espresso).

Nel caso in esame, poi, indipendentemente dalle spese sostenute o sostenende per il ripristino dell’immagine, la quantificazione del danno è operata in via

equitativa, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., secondo i criteri “oggettivi” (gravità e/o ripetitività dei comportamenti), “soggettivi” (collocazione del soggetto ed

idoneità a rappresentare l’Amministrazione) e “sociali” (capacità esponenziale dell’Ente, dimensioni territoriali, ampiezza e diffusione dell’illecito),

individuati dalla giurisprudenza (cfr., tra le altre, Sezione Umbria, 12.7.2004, n.277).

E’ appena il caso di ricordare che il Sindaco ai sensi dell’art.50 del d.leg.vo n.267/2000 è organo responsabile dell’amministrazione del comune e che la

Giunta, quale organo di governo (art.36), collabora con il sindaco nell’attuazione degli indirizzi generali dell’azione amministrativa (art.48) ed entrambi gli

organi sono tenuti al rispetto delle leggi ed in primo luogo della Costituzione (v. comma 11 dell’art.50).

Pertanto, proprio la posizione funzionale ed organizzativa rivestita all’interno dell’Amministrazione comunale avrebbero dovuto indurre il Sindaco e i

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componenti della Giunta a tenere un comportamento pienamente osservante dei canoni di imparzialità, correttezza e buon andamento della gestione

amministrativa canonizzati dall’art.97 della Costituzione, nonché alla rigorosa osservanza di tutti gli obblighi scaturenti dal mandato, compreso quello della

osservanza della legge e della efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.

Principi che nel caso di specie sono stati gravemente vulnerati atteso che oltre, alle illegittimità sopra rilevate, rappresentanti il presupposto storico e

giuridico delle condotte illecite contestate al Sindaco ed ai componenti della Giunta, i giudici penali hanno anche acclarato l’esistenza, all’epoca della

costituzione della società mista, di un fitto intreccio di rapporti di coniugio, affinità e parentela, fra coloro che rivestivano cariche nell’ambito della società “Il

Pellicano s.r.l.” ed alcuni dei pubblici amministratori in carica.

Non minore influenza negativa ha esercitato la sfiducia indotta nell’opinione pubblica cassanese dalla visione dell’azione amministrativa come volta a

soddisfare esclusivamente interessi privati degli amministratori, che riverbera i suoi effetti nel tempo, sì da far pregiudizialmente dubitare che ogni iniziativa

istituzionale comunale possa essere a ciò sottesa.

Sussistono, pertanto, tutti i criteri individuati dalla giurisprudenza, quali: a) comportamento gravemente colposo del dipendente pubblico che sia contrario

ai propri doveri funzionali e che pertanto abbia una rilevanza istituzionale, b) diffusione nella collettività della notizia del predetto comportamento (clamor

fori); c) pregiudizio nel rapporto fiduciario tra la collettività e l’Amministrazione.

In applicazione degli stessi, pertanto, deve pronunciarsi condanna dei Sigg.ri D’Ambrosio Domenica, Giuliani Luciano Amedeo, Giustino Giuseppe,

Leporale Giuseppe, Montedoro Francesco e Petruzzellis Antonio al pagamento - in via solidale ed in favore del Comune di Cassano delle Murge - della

somma di Euro 98.437,00.

5. Conclusivamente, il Collegio, ritenendo che, in relazione al comportamento degli odierni convenuti, non siano conseguiti vantaggi per la comunità

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cassanese, in quanto negli esercizi in cui il servizio di accertamento dei tributi comunali è stato gestito dalla società “ Tributaria Intercomunale s.p.a. non vi

è stato alcun incremento di entrata degli stessi, bensì un decremento “ e che non sussistano i presupposti potere riduttivo, in considerazione del dolo,

determina, dunque, il danno di cui sono chiamati a rispondere, in euro 196.874,00 – in via solidale e da ripartirsi, nei rapporti interni tra i convenuti, in

parti eguali - i Sigg.ri LEPORALE Giuseppe, D’AMBROSIO Domenica, GIULIANI Luciano, Amedeo, GIUSTINO Giuseppe, PETRUZZELLIS Antonio,

MONTEDORO Francesco.

Sulle somme dovute spetta la rivalutazione monetaria effettuata secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

Dalla data di deposito della sentenza e sino all’effettivo soddisfo sulla somma così rivalutata si applicano gli interessi per legge.

Le spese del presente giudizio, a carico degli odierni convenuti, sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M

La Corte di Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale Puglia, definitivamente pronunciando,

CONDANNA

I sigg LEPORALE Giuseppe, D’AMBROSIO Domenica, GIULIANI Luciano Amedeo, GIUSTINO Giuseppe, PETRUZZELLIS Antonio, MONTEDORO

Francesco, ut supra generalizzati, al pagamento, in via solidale ed in favore del Comune di Cassano delle Murge, della somma di € 196.874,00

(centonovantaseiottocentosettantaquattro/00), oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali, nonché al pagamento solidale delle spese di giustizia, liquidate in €

2125,19 (euroduemilacentoventicinque/19).

Così deciso in Bari, nella Camera di consiglio del ventuno gennaio duemiladieci

IL PRESIDENTE L’ESTENSORE

f.to (P. SANTORO) f.to (V. Raeli)

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depositata in segreteria il 22 luglio 2010

Il Direttore di cancelleria

f.to (Giuseppe de Pinto)

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