Report Tavolo 9 - Stati Generali delle Carceri DEFINITIVO...Regionale alle carceri della Regione...

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Commissione Biblioteca, I a Casa di Reclusione di Milano-Opera STATI GENERALI Tavolo 9 PARTECIPANTI Coordinatrice Donata Civardi, volontaria Associazione Cuminetti Commissione Biblioteca Guglielmo Gatti Francesco Renzo Rossi Ivan Gallo Antonio Lorenzo Martini Davide De Lucci Nicola Petrillo Albert Borsalino Massimo Colombo Andrea Cozzoli Danilo Bisio Erjugen Meta Kristopher Scollo Marian Cristescu Hanno collaborato Luca Calajò Cheng Li Cheng e Lin Jin Lai Lamchannek Abdelmajid Amato Ramondetti Alfredo Visconti

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

STATI GENERALI

Tavolo 9

PARTECIPANTI

Coordinatrice

Donata Civardi, volontaria Associazione Cuminetti

Commissione Biblioteca

Guglielmo Gatti

Francesco Renzo Rossi

Ivan Gallo

Antonio Lorenzo Martini

Davide De Lucci

Nicola Petrillo

Albert Borsalino

Massimo Colombo

Andrea Cozzoli

Danilo Bisio

Erjugen Meta

Kristopher Scollo

Marian Cristescu

Hanno collaborato

Luca Calajò

Cheng Li Cheng e Lin Jin Lai

Lamchannek Abdelmajid

Amato Ramondetti

Alfredo Visconti

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Sommario

A) Cultura ............................................................................................................. 5

L'evoluzione della Biblioteca della Ia C. R. di Milano-Opera ...................... 5

1) La situazione prima del 2013 e la svolta ................................................... 5

2) La situazione attuale ............................................................................... 10

3) Prospettive per il futuro .......................................................................... 14

A) Della lentezza ......................................................................................... 14

B) Del costituirsi in Associazione ............................................................... 16

C) Dell'organizzazione interna .................................................................. 18

D) Del multilinguismo ............................................................................... 19

E) Del supporto didattico ............................................................................ 19

F) Del reperimento di nuovi spazi ............................................................. 20

G) Del coinvolgimento ................................................................................ 21

H) Dell'ampliare la frequentazione............................................................. 22

I) Degli iter autorizzativi. ........................................................................... 23

J) Dei Reparti a regime ordinario. ............................................................... 24

4) Prima riflessione: Il carcere come “quartiere” ........................................ 25

5) Seconda riflessione: Della partecipazione spontanea .............................. 27

6) Terza riflessione: Degli "atteggiamenti culturali" ................................. 30

7) La normativa di riferimento .................................................................... 34

I contributi delle comunità cinese e islamica ................................................ 37

La comunità cinese .......................................................................................... 37

La comunità islamica ...................................................................................... 39

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B) Il Tavolo sull'Istruzione ............................................................................. 40

1) Il carcere sembra escludere forme diverse di espiazione .............................. 40

2) Investire nell'istruzione è la scelta migliore .............................................. 41

3) Istruzione e Integrazione ........................................................................... 43

4) Estratto dall'intervento della Dott.ssa Marta Giorgi, .

Tutor Università Bicocca/C.R. Opera............................................................. 44

C) Il Tavolo dello sport ...................................................................................... 52

D) Il punto di vista di associazioni e operatori della I^ C. R. di Milano-

Opera .............................................................................................................. 57

Gruppo "Parole che sprigionano" e "Cineforum" .......................................... 57

Laboratorio Teatrale Opera Liquida ................................................................ 60

Il Progetto Inside............................................................................................. 72

Intervento del cappellano Don Francesco Palumbo ........................................ 74

Intervento dell'insegnante volontaria Prof.ssa Maria Teresa Zabban ........... 78

Intervento di un partecipante al progetto Sicomoro ....................................... 79

F) Alcune considerazioni sull'esecuzione penale ......................................... 81

Riduzione delle pene detentive ........................................................................ 83

Trattamento penitenziario umanizzato .......................................................... 83

Salvaguardia e rispetto dei diritti dei detenuti ............................................... 84

Garanzie delle pene alternative in corso di esecuzione ................................... 84

Pene alternative al carcere ............................................................................. 85

Giornali nel carcere ......................................................................................... 90

G) Riflessioni sul significato della pena ........................................................ 92

Il carcere, rottamatore degli affetti .................................................................. 92

La pena deve tendere alla rieducazione e al reinserimento .............................. 93

L'intera società potrebbe ricavarne solo benefici se... ................................... 94

In chiusura .......................................................................................................... 100

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A) Cultura

L'evoluzione della Biblioteca della Ia C. R. di

Milano-Opera

1) La situazione prima del 2013 e la svolta

L'11 aprile 2013 il Ministero della Giustizia, la Conferenza

delle Regioni e delle Province Autonome, l’Unione delle

Province d’Italia, l’Associazione dei Comuni Italiani e

l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB), hanno emanato un

"Protocollo d’intesa per la promozione e gestione dei servizi di

biblioteca negli istituti penitenziari italiani".

Come brevemente richiamato in Appendice, tale protocollo,

richiamandosi a precedenti documenti redatti in ambito

internazionale, fissa le linee di indirizzo per l'integrazione

delle biblioteche degli Istituti Penitenziari con le analoghe

realtà del territorio di appartenenza, inserendosi nei circuiti

del prestito interbibliotecario.

Il primo esempio in Italia di concretizzazione di tali

raccomandazioni, è l’accordo stilato e ratificato fra la Ia Casa

di Reclusione di Milano-Opera e la “Fondazione di

partecipazione delle Biblioteche Sud Ovest Milano” “Fondazione

per Leggere”, che coordina e gestisce più di sessanta biblioteche

comunali di pubblica lettura.

L’accordo, siglato già nell’aprile 2013, e la successiva

riorganizzazione del II° Reparto della Casa di Reclusione, che

è passato ad un regime trattamentale avanzato, con l’adozione

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di procedure di sorveglianza dinamica, sono i due eventi che

hanno determinato un’evoluzione sostanziale nella vita della

Biblioteca Centrale di Istituto.

Fino a tale data, infatti, la Biblioteca era un ambiente chiuso,

non accessibile alla frequentazione diretta dei detenuti. Il

servizio offerto all’utenza consisteva esclusivamente nella

raccolta di richieste, redatte per iscritto e relative solo a

volumi cartacei, che potevano essere soddisfatte (un solo giorno

alla settimana, dai due lavoranti preposti, con la supervisione di un

Assistente Volontario dell'"Associazione Cuminetti - Gruppo

Carcere) con un recapito “a domicilio”. Inoltre, sparse

all’interno della Casa di Reclusione, esistevano varie altre

collezioni di materiale librario, non coordinate fra loro,

parzialmente catalogate e di fatto inaccessibili.

L'arrivo di “Fondazione per Leggere”, con l’adozione di rigorosi

criteri biblioteconomici nella gestione del patrimonio e delle

collezioni, ha determinato, in primo luogo, la

razionalizzazione e la riorganizzazione degli spazi interni

della Biblioteca, affiancando alla zona di conservazione un

nuovo, ancorché piccolo, spazio di lettura. Per sopperire alla

limitata capienza (circa 15 posti) di quest’ultimo, è stato

individuato ed attrezzato uno spazio verde all’esterno che,

almeno nei mesi estivi, permette di quadruplicare i posti

disponibili.

Ciò ha consentito di autorizzare l’accesso diretto dei detenuti

alla struttura. Al momento la Biblioteca è aperta dal lunedì al

venerdì in tre turni giornalieri (uno al mattino e due al

pomeriggio). L’accesso avviene attraverso liste di prenotazione

settimanali.

La possibilità di scegliere i libri, accedendo di persona alla

Biblioteca, ha incrementato in modo considerevole il numero

dei prestiti erogati, come mostra il grafico riportato nella

pagina seguente.

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In secondo luogo è stata avviata e completata una profonda

opera di revisione del patrimonio, assorbendo e

centralizzando tutti i fondi dispersi in vari contesti

dell’istituto, arricchendo la dotazione con l’ingresso di nuove

tipologie documentarie, in particolare di tipo multimediale:

CD musicali, audiolibri e DVD.

La mossa qualificante della nuova gestione, però, è stata la

costituzione della Commissione Biblioteca. A tale organismo,

creato ex novo, è stata demandata la piena responsabilità

progettuale ed operativa per la riorganizzazione del servizio

bibliotecario, la definizione dei suoi “obiettivi strategici”, la

pianificazione di eventi e “attività permanenti”, l’assegnazione

delle risorse umane all’espletamento dei vari compiti.

L’elemento che caratterizza la Commissione è quello di essere

costituita pressoché interamente da detenuti.

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Il suo statuto prevede infatti che essa sia composta da:

- un educatore (quale rappresentante formale dell’Area

Trattamentale dell’Istituto)

- il responsabile dell’Area Pedagogica dell’Istituto (per le

necessarie verifiche di autorizzazione)

- il funzionario di Fondazione per Leggere incaricato di

mantenere i contatti con la Casa di Reclusione (per

l’integrazione con la rete esterna di biblioteche)

- due Assistenti volontari dell’”Associazione Cuminetti -

Gruppo Carcere” (ai quali sono inevitabilmente demandati tutti i

contatti con le realtà esterne alla Casa di Reclusione)

- tra i dodici e i quindici detenuti che si dividono, secondo la

necessità del momento, i ruoli di:

lavoranti interni alla Biblioteca, volontari bibliotecari per il

contatto con l’utenza sui quattro piani del II° Reparto,

mediatori interculturali per l’assistenza ai detenuti di

madre lingua non italiana, redattori del mensile "Prospettiva

Oltre" internamente prodotto, ideatori ed organizzatori di

eventi e attività, responsabili di fatto dell’intera gestione

della struttura.

2) La situazione attuale

Attualmente la Biblioteca Centrale di Istituto della Casa di

Reclusione di Milano-Opera offre i seguenti servizi:

- prestito di volumi delle collezioni interne o attinti dal

patrimonio delle sessanta biblioteche esterne

- prestito interno ed esterno di CD musicali, audiolibri, e altri

supporti multimediali; viene progressivamente arricchita la

dotazione interna di DVD che verranno proposti agli utenti

non appena saranno disponibili i PC che saranno destinati

alla loro visione

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- prestito di periodici e consultazione di quotidiani (donati

dalla Direzione e da altri detenuti che, dopo averli acquistati, li

cedono alla Biblioteca)

- servizi di “reference bibliografico”, con produzione di ricerche

mirate per argomento o per autore

- possibilità di acquistare a prezzi scontati qualsiasi articolo

disponibile al normale commercio librario, attraverso una

sub-convenzione tra “Fondazione per Leggere” e una libreria

sul territorio

- organizzazioni di incontri con scrittori, giornalisti e blogger

Il recente consolidamento Biblioteca ha consentito di

progettare e attuare una serie di attività, mentre altre sono in

via di definizione:

- è imminente l'attivazione, in tre appuntamenti settimanali,

di un servizio di proiezioni cinematografiche, con la

proposta di cicli tematici autonomamente ideati

- è imminente l'inaugurazione di una sala di intrattenimento

ludico (sala “gaming”) con proposte di videogiochi, giochi di

ruolo, classici giochi da tavolo

- sono già organizzati, a cadenza mensile, tornei di scacchi,

backgammon, burraco, ….

- dall'autunno, saranno indetti concorsi interni a premi, da

intendersi quali stimoli alla lettura (per esempio: “Individua il

riferimento all’interno dei volumi segnalati nella vetrina delle

proposte del mese”)

- è pienamente operativa la redazione di un mensile di

servizio, ambiziosamente intitolato "Prospettiva Oltre", che

viene pubblicato regolarmente dal gennaio 2015. L'obiettivo

principale da raggiungere è quello della continuità delle

uscite, purtroppo condizionate dal reperimento di fondi per

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la stampa. La finalità del periodico è quella di essere, oltre

che uno stimolo alla vitalità culturale dell’Istituto con

ragionate proposte di approfondimento bibliografico, anche

una vetrina per le operazioni messe in cantiere dalla

Commissione Biblioteca

- è iniziata la gestione parallela del fondo bibliotecario e della

sala di lettura ubicati presso il Centro Detentivo Terapeutico

(CDT), anche noto come Centro Clinico, struttura

fisicamente separata, anche se all’interno delle mura di cinta

della Ia C. R.. Il Centro ospita numerosi degenti, anche

allettati, ai quali si cercherà di estendere progressivamente

tutti i servizi offerti alla restante popolazione detenuta.

Tutte le iniziative collaudate hanno beneficiato di un buon

successo. Per "successo" non si intende solo il numero dei

partecipanti, ma soprattutto il buon funzionamento

dell'organizzazione, gestita esclusivamente dal team dei

bibliotecari, che ha avuto apprezzamenti anche da parte della

Sorveglianza dell'Istituto, in virtù dell'andamento ordinato e

tranquillo nello svolgimento delle manifestazioni.

Il progetto CO2

La Ia C. R. di Milano-Opera è uno dei quattro Istituti di pena (gli altri sono

il carcere di Monza, di Roma, la sezione femminile di Secondigliano) in

cui è attiva la sperimentazione del Progetto CO2.

L'iniziativa, nata dalla collaborazione tra la SIAE e il Provveditorato

Regionale alle carceri della Regione Lombardia, nelle persone del Dott.

Pagano e del Dott. Fabozzi, e portata a felice realizzazione dall'impegno

inesauribile dal Maestro Franco Mussida, mira a definire un efficace

modello di integrazione tra l'esperienza dell'ascolto musicale e le

dinamiche della rieducazione e della crescita psicologica delle persone

recluse.

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Dichiaratamente la finalità è quella di esplicitare, perfezionare ed

esportare tale modello, i suoi valori e la sua struttura concettuale all'intero

ambito nazionale.

Il nucleo del progetto è l'uso della musica per supportare e coadiuvare il

percorso trattamentale di detenuti ed internati. In sintesi, decine di

musicisti professionisti che collaborano al progetto hanno esplorato il

patrimonio della musica universale, tipizzando e catalogando i risvolti

psicologici ed emozionali di migliaia di capolavori di ogni genere

musicale.

La loro fruizione, resa possibile da supporti tecnologici di ultima

generazione, avviene in questo modo: gli utenti, selezionando uno stato

d'animo in quel momento a loro congeniale, scelgono tra centinaia di

proposte; al termine dell'ascolto sono tenuti a valutarne l'impatto emotivo

rispondendo ad alcune semplici domande.

L'iniziativa, inizialmente riservata ad un gruppo molto ristretto di

volontari, è stata poi allargata a tutti i frequentatori della Biblioteca

Centrale di Istituto, i quali possono liberamente utilizzare uno degli iPad,

con relative cuffie, della dotazione.

Il riscontro è stato particolarmente positivo: molti utenti hanno

ripetutamente richiesto di accedere al servizio.

Dopo circa un anno di verifiche, il giorno 16 settembre 2015, nei locali

della Biblioteca si è tenuta l'inaugurazione ufficiale del Progetto, alla

presenza del Direttore, Dott. Giacinto Siciliano, del Provveditore

Regionale, Dott. Aldo Fabozzi, e del Maestro Franco Mussida.

Il Maestro Mussida, nel suo discorso, ha proposto questa analogia:

"Prendete un libro e fatelo analizzare ad un vero scrittore; sicuramente saprà

individuare i passaggi più significativi, sarà in grado di distillare le valenze

emotive, intuire le suggestioni che potrà far sbocciare nelle coscienze dei lettori, e

sarà in grado di comunicarlo in modo convincente ed efficace. Questo è quello che

abbiamo fatto noi musicisti con i brani musicali".

Queste parole sono state uno stimolo preciso in direzione di una

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3) Prospettive per il futuro

Che cosa resta da realizzare? ovvero: Su quali dei punti

precedentemente esposti esistono margini di miglioramento?

Passiamo in rassegna gli argomenti di discussione più

lungamente dibattuti in seno alle riunioni periodiche della

Commissione Biblioteca.

A) Della lentezza - La critica principale, rivolta dagli utenti ai

gestori della Biblioteca, concerne la lentezza della risposta a

ogni loro richiesta che implichi un contatto con il mondo

esterno. In un’era dominata da comunicazioni quasi istantanee

risulta a volte difficile spiegare come l’assenza totale di

contatti telematici con i propri referenti esterni comporti che

anche la commissione più banale, come la richiesta di un libro

al circuito delle biblioteche esterne, costringa nell’ordine:

alla stampa di un apposito documento, al suo passaggio in

almeno tre mani diverse (un lavorante interno, un assistente

volontario autorizzato ex art. 17 e un impiegato della Biblioteca

Comunale di Opera), al suo inserimento nell’OPAC del circuito

Milano Sud Ovest per poterla convertire in un’effettiva

prenotazione suscettibile di avere corso.

maggiore integrazione tra le attività del Gruppo Progetto CO2 e la

realtà e i valori culturali di cui la Biblioteca è portatrice.

La Biblioteca si è infatti dimostrata il giusto luogo per coordinare gli

aspetti organizzativi dell'iniziativa, avendo gli spazi per ospitare

l'attività, i volontari addestrati a rapportarsi con gli utenti e

raccoglierne adesioni e sollecitazioni, la vocazione ad essere il vero

luogo di aggregazione di tutte le attività culturali ospitate in Istituto.

Le parole del Maestro Mussida saranno sicuramente sviluppate in

senso ideativo ed attuativo. La loro concretizzazione è già all'ordine

del giorno delle prossime riunioni della Commissione Biblioteca.

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In seguito il volume dovrà passare dalla sua biblioteca di

deposito (una delle 60 possibili) alla biblioteca del Comune di

Opera, dove un altro volontario, nel suo impegno settimanale,

si prenderà l’incombenza di prelevarlo e conferirlo all’interno

della Casa di Reclusione.

Il tempo minimo per la felice conclusione di tutta la trafila è di

2 settimane, sempre che qualche festività o un’epidemia di

influenza non faccia raddoppiare l’attesa.

Nel caso di un acquisto, a causa dell’ancora maggiore numero

di passaggi richiesti, il tempo di attesa non può essere

inferiore alle 6 settimane. Obiettivamente, con simili

tempistiche, anche con la pena dell’ergastolo, qualcuno

potrebbe spazientirsi.

La mancanza di connettività con l’esterno ha impatti nefasti

anche su tutta l’attività organizzativa che necessiti di

contattare, recapitare inviti, dare conferme, segnalare

variazioni, relazionarsi con soggetti esterni.

Anche il lavoro redazionale per la realizzazione del mensile

interno, “Prospettiva Oltre”, soffre di fortissime limitazioni.

Inoltre, spesso, in Biblioteca arrivano richieste connesse

all’attività dello Sportello Giuridico, di testi legislativi, di

dettagli di dispositivi di sentenze, di fotocopie di articoli del

Sole 24 Ore, …

Gli assistenti volontari sopperiscono, portandosi il lavoro a

casa e operando da lì, ma quella che dovrebbe essere una

normale routine da ufficio diventa qualcosa di molto lento e

inefficiente.

La soluzione logica sarebbe quella di fornire una linea

“blindata” verso almeno tre diversi indirizzi:

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· l’OPAC di “Fondazione per Leggere” (per perfezionare la

piena integrazione con il servizio territoriale, così come specificato

dal testo della Convenzione e dalle Linee Guida dell’IFLA)

· il portale dell'Università di Milano-Bicocca (per l'assistenza

agli studenti)

· il futuro portale del Comune di Milano che raccoglierà

l’opera delle redazioni di tutti i giornali realizzati negli

Istituti Penitenziari della ex provincia di Milano.

B) Del costituirsi in Associazione - Un’esigenza analoga di

maggiore apertura verso il mondo esterno si focalizza intorno

a una diversa serie di problematiche.

L’attuale mancanza di budget fa sì che non sia possibile

costituire un magazzino nemmeno per i materiali di consumo

di uso quotidiano. A maggior ragione non si hanno fondi per

attività più complesse, per esempio, per la stampa del

periodico autoprodotto, per l’allestimento di spazi espositivi,

per allargare il parco di PC da offrire agli utenti della

Biblioteca per la consultazione del materiale multimediale, …

Finora la struttura di “Fondazione per Leggere” ha tamponato le

esigenze minime, ma, per citare un caso tipico, l’esaurimento

di una cartuccia di toner è suscettibile di paralizzare il lavoro

per diversi giorni. E’ prioritario instaurare una stabile

relazione con associazioni, società, organismi istituzionali, con

il Banco Informatico, con possibili sponsor, ovverosia crearsi

un “book” di contatti e di possibili finanziatori ai quali far

ricorso in caso di necessità.

Ma, in attesa di benefattori esterni e, possibilmente,

dell’assegnazione di fondi sotto forma di vincite dei bandi di

concorso ai quali la Biblioteca ha partecipato e continuerà a

voler partecipare (per esempio quelli istituiti dalla Fondazione

Cariplo, dal Rotary e simili), l’unica altra via che resta per far

fronte al problema è quella dell’autofinanziamento, ossia della

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donazione spontanea da parte degli utenti che usufruiscono di

servizi erogati dalla Biblioteca, ovvero, al limite, sotto forma

di pagamento per alcuni di quelli più onerosi in termini di

risorse materiali.

Per chiarire: è frequente che qualche utente, o anche qualche

membro della Commissione Biblioteca, abbia la necessità,

sfruttando i PC disponibili, di redigere qualche elaborato, per

fini personali, e di volerlo poi stampare; oppure, taluni utenti

richiedono complesse ricerche bibliografiche, che impegnano

parecchio tempo per essere realizzate, saturando la

disponibilità già ampiamente sfruttata degli assistenti

volontari, che, soli, se ne possono occupare.

In tali casi potrebbe non essere arbitrario esigere una forma di

pagamento, eventualmente non per l’effettivo ammontare, ma

in forma poco più che “simbolica”.

Il grosso problema è che al momento non c’è alcun modo per

riscuotere tale pagamento: La Biblioteca Centrale di Istituto è

di fatto sconosciuta all’Ufficio Conti Correnti e non ha modo

né di incassare né di detenere fondi.

Per riassumere: si suggerisce la costituzione, quale

emanazione diretta della Commissione Biblioteca, ma con

l’inserimento auspicabile di persone e professionalità

accuratamente selezionate, di un Ufficio Relazioni Esterne, che

possa operativamente occuparsi della creazione di stabili

rapporti di collaborazione con enti, federazioni ludico-

sportive, fondazioni culturali, strutture e persone

dell'Amministrazione cittadina preposte alla Cultura, sponsor

e associazioni varie.

Si raccomanda l’apertura, presso il Servizio Contabile

dell’Istituto, di un conto corrente collegato alla Biblioteca,

verso il quale far confluire le donazioni di detenuti e soggetti

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esterni e che possa costituire l’indispensabile serbatoio per far

fronte alle esigenze spicciole di gestione.

C) Dell'organizzazione interna - In vista del pianificato

accrescimento dei ruoli della Commissione Biblioteca, che

dovrà allargare la sua sfera di influenza e coordinare un

numero sempre crescente di sottocommissioni e attività, sarà

prioritario definire con cura i compiti da assegnare ad ogni

soggetto, in base alle sue propensioni e capacità, nonché

sottoporre a verifica la disponibilità effettiva a portare a

compimento tali compiti una volta che essi siano stati assunti.

La definizione di un preciso organigramma, anzi, la

ristrutturazione della Commissione in funzione dei rinnovati

compiti che essa dovrà assolvere, è, al momento, la materia di

più pressante attualità che viene dibattuta nelle riunioni della

Commissione stessa.

Una tematica collegata è quella delle competenze. Un

bibliotecario non dovrebbe limitarsi ad essere un efficace

riordinatore di scaffali (attività per altro essenziale), ma

dovrebbe offrirsi all'utenza come un punto di riferimento, per

offrire assistenza agli spaesati e orientare le scelte degli

indecisi, sapendo consigliare e suggerire in base alla propria

formazione culturale e alla propria sensibilità individuale.

La Commissione programma di organizzare una serie di

incontri formativi, destinata proprio ai suoi membri, con

figure professionali del settore, responsabili di biblioteche,

operatori culturali, giornalisti, che possano fornire un utile

inquadramento, valorizzare le attitudini dei singoli,

condividere esperienze di efficace gestione di un sistema

bibliotecario.

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D) Del multilinguismo - A seguito di un sondaggio

esplorativo condotto sull’utenza è risultato che praticamente

tutti i soggetti contattati hanno espresso il desiderio di

apprendere una lingua, che è tipicamente l’inglese per i

detenuti italiani e l’italiano per i detenuti stranieri.

Attualmente la Biblioteca ospita, un singolo giorno alla

settimana, un’insegnante di francese che tiene due sessioni,

differenziate per livello di competenza dei partecipanti, di un

laboratorio di conversazione e di approfondimento

linguistico.

Si cercherà di contattare il Provveditorato agli Studi di Milano

per acquisire liste di insegnanti che abbiano manifestato la

disponibilità ad effettuare opera di volontariato all’interno

degli Istituti Penitenziari, e di attivare attività analoghe anche

per altre lingue, italiano compreso.

Allargare l’offerta per i detenuti di madre lingua straniera

comporterà anche di dover trovare efficaci canali per

l'acquisizione di testi nei loro idiomi. La dotazione attuale

interna della Biblioteca è infatti particolarmente carente per

quanto concerne i testi in lingua originale romena, albanese,

araba. Anche le biblioteche del circuito esterno, che sono

biblioteche “generaliste”, sono pressoché prive di tale tipologia

di materiale. Purtroppo, i tentativi condotti in passato di

prendere contatto con le ambasciate e i consolati dei paesi in

questione hanno dato esito pressoché nullo. La concomitante

presenza presso l’Expo dei padiglioni delle varie nazionalità

offre, però, una nuova opportunità ed è già in corso un

tentativo in tale direzione.

E) Del supporto didattico - Un’esigenza particolarmente

sentita è quella di un maggiore coordinamento con le strutture

pedagogiche che gestiscono le attività degli studenti, in

particolare quelli iscritti a corsi universitari.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

Presso la C.R. di Milano-Opera è operativa una convenzione

con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e il numero

degli iscritti è presumibilmente destinato a lievitare. La

Biblioteca Centrale di Istituto appare come un serbatoio

naturale, un ovvio “repository” dei testi didattici adottati dai

diversi Corsi di Laurea.

Purtroppo, finora, la ristrettezza degli spazi, proprio nei

termini di quelli richiesti per lo stoccaggio dei volumi, e la non

regolare consegna dei medesimi da parte dell’ateneo, hanno

impedito un’appropriata razionalizzazione della questione.

Si chiederà alla Sorveglianza di autorizzare l’uso di alcuni

piccoli locali contigui al compound della Biblioteca, ed al

momento apparentemente inutilizzati, per la creazione di

alcune zone supplementari di conservazione e per

l’allestimento di uffici di appoggio da destinare, per esempio,

al già menzionato Ufficio Relazioni Esterne, agli incontri della

redazione allargata del mensile autoprodotto, ad ogni altra

attività collaterale che dovesse confliggere con la destinazione

naturale degli spazi interni alla Biblioteca, che è quella di

essere delle zone di lettura.

F) Del reperimento di nuovi spazi - La questione degli spazi

si ripropone, con ben superiore rilevanza, quando si tratta di

individuare un luogo alternativo allo Spazio Verde di Lettura

per lo svolgimento di eventi e attività nel periodo invernale o

in caso di congiuntura climatica sfavorevole.

E’ stato proposto di contattare uno sponsor esterno che, già

nel caso di un’altra realtà penitenziaria, ha provveduto a

donare una tensostruttura smontabile da collocare in giardino

nel periodo più freddo.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

Una soluzione immediata e più efficace sarebbe allargare le

autorizzazioni relative a un’altra area già destinata ad una

delle attività promosse e realizzate dalla Commissione

Biblioteca: il servizio di proiezioni cinematografiche. In

particolare si cercherà di farsi assegnare permanentemente la

gestione di tale ambiente (tecnicamente la “Seconda Galleria”) e

indirizzare lì buona parte delle attività “di contorno” (tornei,

mostre e simili) per cercare di restituire alle aree di lettura della

Biblioteca la loro destinazione naturale.

G) Del coinvolgimento - Avere a disposizione una nuova

area di adeguata capienza consentirebbe inoltre di aumentare

la partecipazione diretta dei detenuti con vetrine dedicate alla

loro espressione personale (per esempio: poesia, pittura,

modellismo, disegno architettonico, …).

La tematica del maggior coinvolgimento possibile dei detenuti

sottoposti a regime trattamentale avanzato nelle attività della

Commissione Biblioteca è stata particolarmente discussa e si è

deciso di procedere con decisione in tale direzione,

ravvisando notevoli possibilità di stimolare risvegli di spirito

partecipativo e di addestramento al lavoro di équipe.

Su questa linea si è stabilito di allargare la redazione che

provvede mensilmente alla stesura di “Prospettiva Oltre”, la

rivista della Biblioteca Centrale di Istituto. Ad un “comitato

tecnico”, che manterrà la cura dei dettagli di impaginazione e

di definizione grafica, si affiancherà un gruppo di lavoro

esteso, aperto a chiunque voglia contribuire alla definizione

dei contenuti, anche condividendo testi da loro stessi

realizzati.

L’obiettivo minimo che il mensile si ripromette di conseguire è

quello di crescere nello spessore dei contenuti e in qualità

editoriale, fino al punto di poter confluire con onore

all’interno del portale Internet che verrà prossimamente

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

istituito dal Comune di Milano, e che ospiterà gli interventi

redazionali di tutte le testate autoprodotte all’interno degli

Istituti Penitenziari presenti nel bacino territoriale della nuova

Area Metropolitana.

H) Dell'ampliare la frequentazione - Una tema largamente

ricorrente è quello dei detenuti impegnati in attività

lavorative. Poiché gli orari dei laboratori e quelli di apertura

della Biblioteca si sovrappongono quasi completamente, tali

soggetti sono impossibilitati ad usufruire, non solo degli spazi

di lettura, ma anche di qualsivoglia attività venga proposta.

Si spingerà per ampliare gli orari di apertura al pubblico

all'intera giornata di ogni sabato (attualmente il sabato mattina è

riservato a riunioni di coordinamento per i volontari bibliotecari,

mentre il pomeriggio è totalmente inutilizzato) e, possibilmente,

sfruttare la domenica per i lavori interni della Commissione

Biblioteca.

Un discorso parallelo è quello inerente alle modalità di

prenotazione settimanale degli accessi. La procedura corrente

prevede che ogni persona comunichi, entro il venerdì della

settimana precedente, in quali giorni e fasce orarie desidera

scendere in Biblioteca. L'esistenza di un limite, imposto dalla

Sorveglianza e dalla capienza stessa della struttura, alle

presenze contemporanee nelle aree di lettura, fa sì che non

tutte le richieste possano essere accolte. Spesso i volontari

bibliotecari devono mediare, contrattando per giorni e orari

diversi da quelli richiesti dagli utenti.

Inoltre varie persone lamentano il fatto di non essere in grado

di programmare la propria disponibilità con dieci giorni di

anticipo. Non sempre è possibile prevedere se si verrà

chiamati a colloquio con un educatore o dall'avvocato, o se ci

sarà un parente in visita.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

A tale proposito si intende proporre di risolvere la questione a

monte, liberalizzando completamente gli accessi in Biblioteca.

Chiaramente, la Sorveglianza annota i movimenti all'interno

dell'Istituto, e quindi il numero totale delle persone presenti

nel settore della Biblioteca; non autorizzerà nuovi ingressi al

raggiungimento del massimo di capienza.

La Commissione Biblioteca avanzerà alla Direzione una

proposta per l'effettuazione di un esperimento secondo tali

modalità di organizzazione e, posto che esso venga approvato,

di valutarne gli effetti dopo alcune settimane, riservandosi di

ripristinare il vecchio sistema in caso si verifichino delle

problematiche.

I) Degli iter autorizzativi - La programmazione di una serie

di incontri con personaggi del mondo dell'informazione o

dello sport, con scrittori, magistrati e operatori sociali

sistematicamente va incontro alla necessità di superare la

verifica amministrativa connessa all'autorizzare il loro accesso

in carcere.

Ciò richiede di stabilire i dettagli dell'evento con un congruo

anticipo, per permettere alla Direzione dell'Istituto di ottenere

i visti da parte della Magistratura di Sorveglianza.

La Commissione Biblioteca si ripromette di interfacciarsi

direttamente col Tribunale di Sorveglianza di Milano, al fine

di ottenere una serie di autorizzazioni cumulative, in blocco,

da far corrispondere a un certo numero di ospiti dei quali si

programma l'invito in più manifestazioni distinte, con una

durata estesa ad un periodo prolungato (per esempio 6 mesi). In

questo modo si riuscirebbe a concentrarsi sulle tempistiche e

sui dettagli dell'evento avendo già superato a monte il

principale scoglio alla flessibilità di organizzazione.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

J) Dei Reparti a regime ordinario - Come ritorna in più punti

del presente documento, il I° Reparto dalla C. R. di Milano-

Opera non è ancora abilitato all'accesso diretto in Biblioteca.

La ragione principale appare la diversità dei circuiti a cui

appartengono i detenuti in esso ristretti. Infatti, due piani di

tale Reparto sono riservati all'Alta Sicurezza, mentre negli altri

due ci sono detenuti comuni a regime ordinario.

Il contatto con tali detenuti è interamente mediato dalla

Polizia Penitenziaria. Non esistono volontari bibliotecari di

piano; chi richiede un prestito di libri o CD si limita a

presentare una domandina Mod. 393 che segue i normali

canali interni. Una volta alla settimana uno dei bibliotecari

provvede a consegnare all'ufficio dell'Ispettore di Reparto gli

articoli corrispondenti alle richieste pervenute nel corso della

settimana precedente.

Di fatto, non c'è alcun modo, né per la Commissione

Biblioteca di reclamizzare le diverse iniziative poste in essere,

né per i detenuti del I° Reparto di potervi partecipare.

Nella logica di gestione della Biblioteca, l'accesso di tale

nuovo bacino di utenza equivarrebbe a pressoché raddoppiare

i contatti con la popolazione del suo "territorio", mentre,

chiaramente, in un'ottica trattamentale, ciò significherebbe

adeguarsi a quanto espressamente stabilito nell'Ordinamento

Penitenziario: bisogna favorire l'accesso di tutti i detenuti.

La Commissione Biblioteca solleciterà la Direzione affinché

consenta al I° Reparto di frequentare la Biblioteca almeno una

mezza giornata alla settimana (per esempio: il martedì mattina

per i detenuti comuni e il giovedì mattina per l'Alta Sicurezza).

Individuare una fascia oraria riservata non crea una

situazione diversa da quanto già loro consentito per recarsi

alla Messa, al colloquio coi parenti o in palestra. Incentivare i

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

detenuti tutti alla lettura, alla cultura e alla socializzazione è

l'obiettivo primario dei volontari che, a vario titolo,

collaborano con la Biblioteca.

4) Prima riflessione: Il carcere come “quartiere”

La Casa di Reclusione di Milano-Opera ospita circa 1500

detenuti: è la popolazione di un tipico piccolo paese del suo

bacino territoriale.

Analizzando il ruolo della Biblioteca Centrale di Istituto nel

quadro dell’attività trattamentale e del processo di

riabilitazione e rieducazione che la legge assegna agli Istituti

Penitenziari, soprattutto in un contesto di sorveglianza

dinamica (nel quale, pur con ovvî limiti, c’è una libera circolazione

dei reclusi negli ambienti che ospitano le diverse attività), appare

spontaneo sviluppare la metafora che equipara un carcere agli

altri quartieri della realtà metropolitana in cui è inserito.

Integrato o meno che esso sia nel tessuto urbano circostante,

risulta suggestiva l’idea che si possa arrivare al punto in cui,

oltre agli abitanti “obbligati”, che, nel corso della loro residenza

coatta, sono portati alla rielaborazione del loro atteggiamento

nei confronti della società e a partecipare alla ricostruzione di

uno spirito civico, per essere riconsegnati un giorno alla vita

civile, la vita civile stessa entri all’interno del carcere.

Si consideri la seguente analogia: una “cittadella” di

proporzioni analoghe può essere senza dubbio individuata in

un grosso complesso ospedaliero o, per esempio, in un

campus universitario. Essi sono parte della vita quotidiana

degli abitanti di una grande città, sono “quartieri”

specializzati nella struttura e nelle funzioni, in cui non è

anomalo o strano potersi recare, ma anzi è spesso prezioso in

virtù delle attività, dei servizi, degli intrattenimenti che vi

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

vengono svolti e della manodopera specializzata che vi si

trova. Allo stesso modo, per un cittadino “standard”,

dovrebbe essere naturale recarsi in un carcere, in virtù della

manodopera specializzata che vi si trova (o vi si troverà, se

adeguatamente formata) e delle attività e dei servizi che vi

vengono svolti. Tutto dipende dalla qualità e della rilevanza

sociale dei medesimi.

Questo chiarisce quella che dovrebbe essere l’utilità per i

cittadini. Se non altro potrebbero verificare se i soldi dei

contribuenti sono ben spesi e se la rieducazione è efficace. Ma

quale potrebbe essere l’utilità per i detenuti?

Se è vero che più del 50% dei detenuti ha un residuo di pena

inferiore ai tre anni, costoro dovrebbero essere già in una

condizione di non pericolosità sociale; non si capisce come

potrebbero essere restituiti integri ad un ambiente che

manifesta il desiderio di non voler avviare contatti e, in

particolare, non permette di creare le occasioni per un

reinserimento di tali persone nel mondo del lavoro.

L’opportunità di rafforzare l’opera di rieducazione e ridurre il

rischio di recidive passa, senza dubbio, anche attraverso

l’insegnamento di una professione, offrire la possibilità di

apprendere un’arte, che non sarà più quella di arrangiarsi, ma

quella di potersi garantire la sopravvivenza attraverso il

lavoro.

Viceversa, chi è soggetto a pene più lunghe corre il rischio di

trovarsi all’interno di una bolla temporale (oltre che spaziale)

con la vita “fuori” che va avanti, mentre lui è deprivato dal

partecipare all’evolversi dell’avventura umana; perderà

aderenza quasi subito con la tecnologia e i suoi progressi e, via

via, coi rapporti familiari e poi con i fenomeni economici e

sociali di un mondo che muta e che, in definitiva, dovrebbe

continuare ad essere anche il suo mondo.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

Il senso di aumentare gli standard di vivibilità all’interno di

un Istituto Penitenziario, oltre ad essere indispensabile per

garantire un rientro nella dignità del vivere civile per reclusi e

operatori, dovrebbe essere quello di far perdere alla struttura

in sé la lugubre immagine di catacomba dei tempi moderni, di

serbatoio di derelitti e “lebbrosi”, un luogo decisamente da

evitare, anzi, che è meglio far finta che non esista. Una

struttura moderna, sul modello di altre esperienze europee,

dovrebbe essere in grado di calamitare gli interessi di settori

imprenditoriali, di cooperative sociali, di associazioni

artigianali, delle forze vive della società che non hanno perso

la visione di un futuro possibile di crescita e di collaborazione.

Molto in tal senso potrebbe contribuire un'applicazione più

estesa delle diverse tipologie di misure alternative alla

detenzione, nel momento in cui tali misure venissero vincolate

all'assunzione di un concreto impegno lavorativo.

Allargare il numero dei detenuti che beneficiano di un Art. 21

o di una semilibertà (istituto questo particolarmente poco

sfruttato), di persone cioè che vivono la loro quotidianità in un

sentiero a cavallo tra la realtà penitenziaria e la realtà esterna,

potrebbe smussare il contrasto tra tali realtà, dimostrando che

non sono radicalmente alternative, ma potranno (e dovranno)

integrarsi in un progetto di convivenza, crescita e

cooperazione.

5) Seconda riflessione: Della partecipazione spontanea

“Spontaneità!”

Nel dialogo tra la Commissione Biblioteca e la Direzione della

Casa di Reclusione di Milano-Opera è in più occasioni stato

sollevato il problema se promuovere la partecipazione alle

attività e allargare la base dei possibili frequentatori della

Biblioteca, superando l’inerzia individuale e la diffidenza che

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

molte persone manifestano nei confronti di ogni novità,

attraverso allettamenti di tipo psicologico o materiale (la

possibilità di primeggiare in una competizione, un torneo, un

concorso, e i premi a questo associati) oppure, almeno nei primi

tempi, di rodaggio delle attività, per mezzo di una sorta di

obbligo, di imposizione da parte dell’Istituto.

Lo spunto è nato, da un lato, dalla constatazione che per le

biblioteche di pubblica lettura nei comuni sul territorio è

prassi corrente cercare di fidelizzare l’utenza e, anzi, attirare

nuovi frequentatori con un’offerta di servizi che, a rigore, non

si possono realmente considerare di stampo culturale, almeno

nell’accezione tradizionale del termine. Ci si riferisce in

particolare all’apertura di spazi per il gaming (videogiochi e

giochi di ruolo), di corsi di fitness (ginnastica, pilates, yoga), di

laboratori per la modellistica (lavorazione della carta, della pasta

di sale), …

Il ragionamento dei promotori di simili iniziative dovrebbe

essere il seguente: se attiro pubblico offrendo qualcosa che

interessi anche persone che non frequentano abitualmente la

Biblioteca, farò un favore, in primo luogo, a me stesso, perché

acquisirò presenze e migliorerò le mie statistiche di impatto

sul territorio, e farò un favore soprattutto ai nuovi utenti, che

scopriranno un ambiente stimolante e piacevole e, trovandosi

già sul posto, sia pur portati da un incentivo ben diverso,

potrebbero anche interessarsi alle proposte culturali di

impianto più tradizionale.

Su questa linea anche la Biblioteca Centrale di Istituto della

Casa di Reclusione di Milano-Opera ha organizzato e

realizzato tornei di scacchi, scala-quaranta e simili, che,

invero, hanno avuto un notevole successo (in un caso con una

lista di iscritti superiore alle 180 unità), riuscendo a contattare

molte decine di persone che non l’avevano mai visitata.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

Nello specifico di un Istituto Penitenziario è, d’altro canto,

esperienza corrente che, a fronte delle molte variegate

iniziative che vengono proposte alla popolazione detenuta, ci

sono persone che difficilmente escono dalla loro sezione,

ancorché questa sia totalmente aperta, e non si discostano

dalla routine dell’ora d’aria, delle due ore in saletta a giocare a

carte, delle molte ore in cella a guardare la televisione.

In talune circostanze, per smuovere i più riottosi, si è

apparentemente scelta la via di far scendere un intero piano,

in blocco, a partecipare a certi incontri o attività. Lo si è

proposto anche per gli accessi in Biblioteca e lo si sarebbe

realizzato segmentando l’affluenza (quel giorno-quel piano, un

altro giorno-un altro piano).

La prassi consolidata era però differente e si è scelto di non

modificarla. Nello specifico, vista la totale sconsegna di tutti i

detenuti del II° Reparto e del fatto che ognuno di loro aveva

firmato un patto di responsabilità all’atto dell’accesso al

regime trattamentale avanzato, non si sono posti limiti al loro

“mescolarsi” nei diversi contesti dell’Istituto. Di conseguenza,

previo il rispetto delle apposite liste di prenotazione dovute

alla limitata capienza delle aree di lettura, in Biblioteca c’è

sempre la presenza contemporanea di detenuti di ogni piano.

Segmentare sarebbe equivalso a compiere un passo

all’indietro, in direzione di una maggiore chiusura.

Tale proposta si è però ripresentata, e tuttora rimane un

problema irrisolto, per quel che concerne i detenuti dell’altro

Reparto, il I°, che per il fatto di appartenere a circuiti

differenti, Regime Ordinario e Alta Sicurezza, sono di fatto, ad

oggi, inibiti dal poter usufruire degli spazi della Biblioteca e

ricevono un sottoinsieme limitato dei servizi normalmente

erogati ai detenuti del II° Reparto.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

Il dibattito resta aperto: se, da un alto, è certamente vero che è

impossibile “imporre alle persone di divertirsi”, cioè a partecipare

nello stesso tempo in forma coatta e di buon grado alle

occasioni di svago o formazione, magari chiudendole

temporaneamente al di fuori della propria cella, è altrettanto

vero che adescare il pubblico con proposte d’intrattenimento

intriganti, ma del tutto prive di spessore culturale, sembra

avere dei ritorni, che sono probabilmente positivi, ma non

pienamente convincenti, soprattutto in termini di persistenza

del contatto.

Questi discorsi richiamano un’immediata generalizzazione. In

fondo è l’intero sistema carcerario che è basato sulla

imposizione di un trattamento, ovvero che, nel contesto di una

costrizione, che è la detenzione stessa, veicola la vita di

individui verso auspicabili percorsi di partecipazione. E’ poi

l’attitudine individuale dei singoli destinatari di tali attenzioni

che determinerà se reagiranno con ostilità ad ogni tipo di

imposizione, se necessiteranno di incentivi allettanti, di

prospettive di crescita o realizzazione convincentemente

suggerite, se aderiranno acriticamente ad ogni sollecitazione

per accondiscendenza o per avere rapporti favorevoli.

Probabilmente, la dialettica tra partecipazione forzata e

volontà di partecipare è un nodo cruciale per definire

l’efficacia di un intero progetto trattamentale e non potrà non

essere ulteriormente esplorato nelle idonee sedi.

6) Terza riflessione: Degli "atteggiamenti culturali"

Primo scenario: Il detenuto x ha chiesto di fare una telefonata

straordinaria, fuori quota, ma non gli viene concesso. Allora

brucia il materasso. L'ha già fatto varie altre volte e sa che, di

solito, "funziona". Difatti il giorno seguente telefona.

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Secondo scenario: Una cooperativa offre all'interno del carcere

un lavoro particolarmente ben remunerato. Il detenuto y

decide che fa per lui. Allora sradica dal muro un termosifone e

per tre giorni e tre notti lo sbatte contro il blindo della sua

cella; poi si taglia con una lametta. Dopo un paio di settimane

viene assunto dalla cooperativa.

Terzo scenario: Il detenuto z si presenta a muso duro dal

volontario bibliotecario del suo piano e gli intima di essere

segnato in Biblioteca per tutta la settimana, così da potervi

accedere ogni qual volta ne avesse voglia. Il volontario, che è

un tipo tosto, con molti più anni di carcere del detenuto z, non

si scompone e gli spiega pazientemente, con misurata

eloquenza, che gli spazi sono limitati, che lui, pur essendosi

precedentemente prenotato, non è mai sceso una sola volta in

Biblioteca e che quindi è giusto non occupare a vuoto posti

che qualcun altro potrebbe utilizzare. Allora il detenuto z va

dall'Ispettore di Reparto a lamentarsi del razzismo dei

bibliotecari che vogliono far scendere solo i loro amici italiani.

Però accederà alla Biblioteca solo quando, equamente, gli

spetta.

C'è una differenza?

Chiaramente la conseguenza diretta di simili comportamenti è

che qualcuno ha subito un danno diretto. Nel primo caso

l'Amministrazione Penitenziaria, e in definitiva anche qualche

detenuto, si ritrova con un materasso in meno; nel secondo,

con ogni probabilità, un altro detenuto che avrebbe avuto

titolo per essere assunto si è ritrovato scavalcato in

graduatoria; nel terzo, il volontario bibliotecario, sarà, quanto

meno, convocato nell'ufficio dell'Ispettore a sentirsi rivolgere

delle raccomandazioni che lui, comunque, aveva già ben

presenti.

Ad aggravare la sgradevolezza di queste situazioni c'è il fatto

che, lungi dall'essere unanimemente stigmatizzate come

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riprovevoli, queste sceneggiate riscuotono un largo plauso,

per lo meno presso il gruppo di appartenenza dell'autore delle

medesime, il suo "clan", la sua comunità, il suo gruppo di

amici o come lo si voglia definire. Nel suo gruppo, l'autore

della bravata, acquisisce considerazione e "rispetto", è uno che

ci sa fare, che sa come ottenere le cose. Sarà imitato, il suo è un

modello di successo, e quel particolare modo di rapportarsi

con le istituzioni diventerà un pattern comportamentale.

Si è cioè rafforzato quel particolare "atteggiamento culturale"

per il quale "se vuoi ottenere qualcosa devi rompergli i c…oni".

Ora, ottenere "qualcosa", quale che sia, potrebbe essere una

buona cosa, se ciò non si traducesse nel far perdere

qualcos'altro a quanti, invece, hanno deciso di volersi attenere

alle regole e mantengono ancora un briciolo di fiducia nel

fatto che chiedere educatamente, e poi aspettare con pazienza

che la pratica segua il suo corso ("sa…, siamo oberati di lavoro,

non riusciamo a far fronte nemmeno alle richieste ordinarie, … poi

vediamo"), consenta di ottenere ciò di cui si ha legittimamente

diritto.

Come sradicare un'abitudine consolidata, oltretutto rafforzata

dai legami incrociati che consolidano un branco in

opposizione a tutti gli altri branchi presenti nella savana?

Stiamo parlando, ovviamente, dei legami dati

dall'appartenenza etnica, dalla lingua, del far parte di

un'organizzazione criminale, ma anche solo nel sentirsi, e nel

voler continuare a sentirsi, "carcerati", questa specie di razza

aliena, che mai e poi mai potrà assorbire gli standard della

convivenza civile, perché non sarà mai in grado di sostituire i

sotto-codici deteriori che regolano la sua vita e che costringe i

suoi rappresentanti ad essere per sempre "paralleli", a non

poter mai convergere verso l'accettazione di una norma

comune.

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Queste tematiche sono state spesso affrontate in seno alla

Commissione Biblioteca. Nel suo organico ci sono detenuti

con reati molto diversi, con pene di durata fortemente

diseguale, con esperienze di vita prima della detenzione

radicalmente eterogenee. Vi sono rappresentati quindi molti

punti di vista, anche quelli più ancorati alle logiche da

detenuto "vecchio stile", che, cioè, pongono, se non una

contrapposizione netta, almeno un fermo distinguo tra quello

che compete a un detenuto e ciò che tocca alle istituzioni. C'è

anche, però, chi ritiene che, al di là delle proprie vicende

personali, l'opportunità di crescere vada sfruttata, che dove ti

viene offerta vada colta, dove è parziale valga la pena di

lavorare per potenziarla, dove non esiste sia il caso di darsi da

fare per inventarla. E se si cresce, singolarmente o come

gruppo, questo sia infinitamente superiore al fossilizzarsi in

stereotipi comportamentali e aiuti davvero a ricostruire un

senso alla propria vita. Ci sono poi anche posizioni agnostiche

o intermedie.

Diversi i punti di vista, diverse le soluzioni proposte, talvolta

fantasiose o radicali. Senza entrare nei dettagli aggiungiamo

solo qualche rapida considerazione, suggerita dalla vicenda

stessa della Biblioteca. Come in altro punto ricordato, la vita

della Biblioteca, che era un ambiente chiuso e inaccessibile, ha

subito un'inarrestabile evoluzione quando sono state

introdotte due innovazioni: l'agganciarsi ad una realtà esterna

(quella del consorzio delle Biblioteche Milano Sud-Ovest), che è

penetrata all'interno del carcere, e la "selezione" effettuata in

seno alla popolazione detenuta, che ha permesso il passaggio

di un intero Reparto al regime trattamentale avanzato.

Esterno e persone. Enti esterni di buona volontà e persone

all'interno di buona volontà.

Dare un legame, offrire un senso di appartenenza col mondo

vero, col mondo fuori, col mondo al quale un giorno si potrà

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ritornare, e la convivenza con persone che, forse, “l’hanno

capita" e che condividono le tue speranze e il tuo impegno.

E' così complicato?

7) La normativa di riferimento

I riferimenti legislativi e la documentazione di supporto per la

materia delle biblioteche all’interno degli istituti penitenziari

sono (in ordine cronologico) i seguenti:

- art. 27 terzo comma della Costituzione italiana (viene sancita

la finalità rieducativa della pena)

- art. 12 e 19 L. 26 luglio 1975 n° 354 “Norme sull’Ordinamento

Penitenziario e sulle misure privative e limitative della

libertà” (viene esplicitamente prevista la presenza di una

Biblioteca in ogni Istituto Penitenziario)

- Rapporto “Education in prison” del Consiglio d’Europa -

Strasburgo 1990 (la biblioteca carceraria deve funzionare secondo

gli stessi standard professionali delle altre biblioteche della

comunità, deve offrire libero accesso ai detenuti, venendo incontro

a interessi e necessità di una popolazione differenziata dal punto di

vista culturale e fornire una gamma di attività legate

all’alfabetizzazione e alla lettura)

- Manifesto Unesco per le biblioteche pubbliche 1994 (servizi e

materiali specifici devono essere forniti a quegli utenti che, per

qualsiasi ragione, non abbiano la possibilità di utilizzare servizi e

materiali ordinari, per esempio le minoranze linguistiche, le

persone disabili, ricoverate in ospedale, detenute nelle carceri)

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

- Carta del lettore dell’”International Book Committee and

International Publishers Associations” pubblicata dall’Unesco

1994 (leggere è un diritto universale)

- art. 158 DLgs 31 marzo 1998 n° 112 “Conferimento di funzioni e

compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti Locali in

attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997 n° 59” (assegna allo

Stato, alle Regioni e agli Enti Locali i rispettivi compiti di

provvedere alla promozione delle attività culturali, anche

attraverso forme di integrazione con le attività relative

all’istruzione scolastica e alla formazione professionale)

- art. 21 DPR 30 giugno 2000 n° 230 “Regolamento recante norme

sull’Ordinamento Penitenziario e sulle misure privative e

limitative della libertà” (la biblioteca deve essere costituita da libri

e periodici scelti secondo criteri che garantiscano un’equilibrata

rappresentazione del pluralismo culturale esistente nella società,

assicurando ai soggetti in esecuzione di pena un agevole accesso

alle pubblicazioni presenti in biblioteca, oltre alla possibilità di

consultare altre pubblicazioni mediante l’attuazione di specifiche

intese con biblioteche e centri di lettura pubblici)

- Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea - 7

dicembre 2000

- Linee guida per le Biblioteche in Carcere dell’”International

Federation of Libraries Associations” (IFLA) 2005 (le biblioteche

carcerarie devono emulare il modello della biblioteca pubblica,

fornendo, in aggiunta, risorse per i programmi educativi e

riabilitativi del carcere)

- Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Educazione e la

Formazione ai diritti umani - 23 marzo 2011

- Risoluzione del Parlamento Europeo 15 dicembre 2011 n°

2897 (gli stati membri dell’UE sono sollecitati ad adottare misure

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

urgenti per garantire che siano rispettati e tutelati i diritti

fondamentali dei detenuti, in particolare se persone vulnerabili)

- Linee di politica bibliotecaria per le Autonomie emanate dal

Coordinamento dei Presidenti delle Regioni e delle Province

Autonome nonché dall’Associazione Nazionale dei Comuni

d’Italia e dall’Unione delle Province Italiane

- Protocollo d’intesa per la promozione e gestione dei servizi

di biblioteca negli istituti penitenziari italiani - 11 aprile 2013

(firmato dal Ministero della Giustizia D.A.P., dalla Conferenza

delle Regioni e delle Province Autonome, dall’Unione delle

Province d’Italia, dall’Associazione dei Comuni Italiani e

dall’Associazione Italiana Biblioteche (AIB); stabilisce che le

biblioteche degli istituti penitenziari debbano integrarsi con le

biblioteche del territorio in collaborazione con le realtà locali,

inserendosi nel circuito del prestito interbibliotecario territoriale e

recependo le Linee Guida dell’IFLA come riferimento ottimale e

ideale e come obiettivo a cui tendere; le biblioteche degli istituti

penitenziari devono valorizzare gli aspetti multiculturali delle

etnie presenti, progettare e realizzare iniziative culturali e seminari

su specifiche tematiche, al fine di integrarsi con il Progetto

d’Istituto stilato dall’Area Trattamentale (titolare della gestione

del servizio interno di biblioteca) e con le attività scolastico-

formative presenti nel singolo istituto; suggerisce un modello di

Convenzione per la ratifica dei predetti accordi tra la Direzione dei

singoli istituti e le controparti territoriali)

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

I contributi delle comunità cinese e islamica

La comunità cinese

La maggior parte di noi cinesi, siamo un po’ conservatori,

spesso non comprendiamo e non condividiamo quello che

fanno gli altri.

Come un semplice saluto: per noi, baciarsi e abbracciarsi ogni

volta che ci si incontra e ogni volta che ci si lascia , sia un po’

eccessivo, ovvero di troppo (specialmente se tra uomo e uomo).

Applicare questa affettuosità su noi cinesi, a volte può

sembrare un po’ invasivo per noi. Perché riteniamo che per

salutare, è sufficiente dare la mano, o addirittura, quando

abbiamo stabilito una certa confidenza, non ci diamo neanche

la mano.

Perché riteniamo che sia solo una formalità che ci tiene in

distanza. Paradossalmente, in questo caso ci hanno tenuti

lontani proprio con la loro affettuosità che ci fanno sentire a

disagio…..

Mentre per noi cinesi che siamo in carcere, non sapendo

parlare l’italiano, ci rende estremamente passivi da qualsiasi

punto di vista: non possiamo partecipare alle attività culturali

che richiedano una certa base di italiano; non possiamo sapere

bene le situazioni giuridiche in cui ci troviamo; la

comunicazione con la direzione diventa un problema ecc. ecc.

Per imparare una lingua, gli impegni e la volontà stanno alla

base di tutto.

Ma considerando le differenze tra le lingue, sarebbe necessario

un insegnante che conoscesse e sapesse spiegare in modo

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chiaro le diverse particolarità di due lingue, per agevolare sia

gli insegnamenti che gli apprendimenti degli studenti.

Ad es. un insegnante cinese che insegna italiano agli altri

cinesi, sarà sicuramente molto più efficace.

Ma considerando che sia una cosa poco realizzabile, io avrei

una proposta da fare: se si potrebbe trovare qualche libro

scritto in italiano che riguarda la differenza tra lingua cinese e

quella italiana (credo di si).

Allora gli insegnanti potrebbero cominciare a insegnare dalle

differenze di due lingue. In questo modo sarebbe più facile

non solo per noi cinesi a capire, si arricchirebbero anche gli

insegnanti.

Mentre un altro fattore importantissimo per imparare una

lingua, è la pratica. Dialogare con altre persone, credo che sia

la via più efficace per crescere a livello linguistico.

Ma per poter dialogare è necessario avere un certo rapporto

con l’altra persona (quando non sai parlare la lingua), e non devi

avere nessun pregiudizio nei suoi confronti. Forse la biblioteca

potrebbe organizzare degli incontri tra gli studenti volontari

esterni con gli studenti stranieri in terni: suddividendoli in

vari gruppi, e separando gli stranieri della stessa nazionalità --

-- uno a ogni gruppo.

E cominciamo a conoscersi ed a dialogare.

Credo che trovarsi da solo in mezzo ad altre persone che

parlano solo l’italiano, sei costretto anche tu a impararlo, se

non vuoi essere escluso ……

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La comunità islamica

Forse ancor più complesse sono le problematiche per i

detenuti di Fede Islamica:

Considerando di praticare la Religione in modo d’istruzione,

abbiamo bisogno di elementi fondamentali per poterla

conoscere a fondo:

- libri religiosi,

- rendere degno per la pratica lo spazio di culto islamico;

- integrazione, anche quella dipende da elementi di

conoscenza, come dizionari (per conoscere meglio i termini che

si possono leggere nei giornali o libri in lingua italiana),

- mettere comunque a nostra disposizione anche un po’ di

romanzi o libri di storia in lingua araba, un po’ di persone

farebbero un tesoro di conoscenza, prendendo nota che

molti arabi hanno smarrito la via, dovendo o trovandosi, in

qualche modo a fare la vita da strada e non hanno avuto la

possibilità d’istruirsi con dei libri, ecco l’occasione;

- cibo degno per chi non mangia carne non -Halal- non tutti

abbiamo la possibilità di comprarsi questo tipo di carne, se

ci mettono a diposizione nel carrello il tipo di carne

tritato-Halal; Halal: il modo, la macellazione animale, per i

mussulmani è una maniera particolare, se non viene

eseguita la carne non la possono mangiare anche se non è

carne suina

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B) Il Tavolo sull'Istruzione

1) Il carcere sembra escludere forme diverse di espiazione

All’Amministrazione Penitenziaria è assegnato il mandato

istituzionale di promuovere interventi "che devono tendere al

reinserimento sociale" (art. 1 della legge 354/1975 sull'Ordinamento

Penitenziario) per i detenuti, avviando "un processo di

modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali, nonché

delle relazioni familiari e sociali che sono di ostacolo ad una

costruttiva partecipazione sociale" (art. 1, comma 2, regolamento di

esecuzione, D.P.R.30 giugno 2000 n. 230)

Tenendo conto di questa realtà, all’Amministrazione

Penitenziaria è assegnato il mandato istituzionale di

provvedere a organizzare attività, misure ed interventi che

concorrano a conseguire l'obiettivo della risocializzazione della

persona detenuta; questo impegno prende il nome di

trattamento rieducativo.

L’Amministrazione può favorire il reinserimento sociale dei

condannati rimuovendo le cause del disadattamento sociale che

starebbero alla base della devianza criminale, ma soprattutto

incentivando un processo di riflessione e assunzione di

responsabilità sulle condotte antigiuridiche poste in essere,

sulle motivazioni e le conseguenze negative, con il fine di

riparazione al reato, incluso il risarcimento dovuto alla persona

offesa e allo Stato che ha sostenuto spese a carico dei cittadini

secondo la definizione dell’art. 13 della legge 26 luglio 1975 n° 354

(Ordinamento Penitenziario).

Periodicamente il Gruppo di Osservazione e Trattamento

(G.O.T.), soggetto indicato dall’art. 29, comma 2, D.P.R. 30 giugno

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2000 n° 230, si riunisce per redigere la relazione di sintesi,

contenente una proposta di programma/trattamento, a cui

dovrebbe poter partecipare il detenuto, il diretto interessato,

aderendo alle decisioni che riguardano la sua vita, così che ci

sia una presa diretta di responsabilità per il proprio futuro.

L’evolversi dell’osservazione, parte integrante del percorso,

dovrebbe essere posta alla conoscenza del detenuto, in qualsiasi

momento; in questo modo si potrebbe stimolare la sua effettiva

partecipazione al processo.

2) Investire nell'istruzione è la scelta migliore

Alla base di ogni trattamento rieducativo, l’istruzione dovrebbe

essere un punto di riferimento essenziale per tutti i detenuti.

Un punto fondamentale per stimolare i detenuti ad investire

sulla propria istruzione, è l’art. 45 del D.P.R. 230/2000, nei quali

è previsto che gli studenti detenuti ricevano premi di

rendimento, sussidi economici o benefici sulla pena da scontare,

in base alla tipologia del corso frequentato, ai risultati scolastici

e alle condizioni personali e sociali.

Basti pensare che per molte persone detenute (con ovvia

superiore percentuale fra i detenuti stranieri, ma non soltanto), è

motivo di orgoglio apprendere un uso corretto della lingua

italiana. Se fossero premiati i migliori risultati, l’impegno, la

frequenza, le adesioni aumenterebbero a dismisura.

Stesso discorso per tutti coloro che studiano in un percorso

avanzato, maggiormente per gli studenti universitari, che

realmente hanno deciso di cambiare il loro modo di pensare, di

apprendere qualcosa nella vita e approcciarsi al futuro.

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Un altro fattore essenziale dovrebbe essere quello di poter

frequentare corsi professionali, corsi cioè che diano la

possibilità a chi non ha nessun titolo di studio, o professione già

acquisita, di imparare un mestiere. Ciò offre le maggiori

opportunità di ottenere un posto di lavoro, una volta espiata la

loro pena.

Per gli studenti detenuti, sia degli istituti superiori che quelli

universitari, dovrebbe essere possibile completare il loro

percorso formativo, con stage, corsi di specializzazioni, Master

e Dottorati di ricerca che prevedono l’obbligo di frequenza.

Questo è un discorso di equità: garantire le stesse opportunità

che hanno tutti gli studenti civili e non rendere vano l’impegno

speso nel tempo, ma offrire le stesse carte da giocare per

conseguire un posto di lavoro.

Per dare modo a quelle persone che non fossero in possesso dei

requisiti per usufruire dei benefici (art. 21) che gli

permetterebbero di frequentare le lezioni universitarie o gli

stage previsti, un’alternativa valida sarebbe quella di

permettere agli stessi di utilizzare le videoconferenze con gli

Atenei di appartenenza.

Connessioni schermate con le Università renderebbero il lavoro

degli studenti e degli addetti che si occupano del lavoro

universitario molto più celere e semplificato.

Altro problema, di fondamentale importanza, è la carenza di

materiale didattico, molti studenti delle scuole superiori sono

costretti a condividere i testi scolastici con i loro compagni di

classe, perché insufficienti, o a dover utilizzare un quaderno per

più materie scolastiche.

Lo stesso problema è presente anche per gli studenti

universitari, aggravato dal fatto che, se non preparano per

tempo gli esami, si vedono costretti a rimandarli anche di

svariati mesi. Non c'è sincronizzazione tra l’Ateneo di

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appartenenza e l’Istituto Penitenziario; ciò crea seri problemi

economici, in quanto le spese universitarie sono a carico del

detenuto.

Qualche agevolazione è stata trovata con l’Università di Milano

- Bicocca, che ha ridotto i costi di iscrizione e riesce a far

pervenire qualche libro di testo: gli studenti ne usufruiscono a

rotazione. Questo comunque si applica ai pochi fortunati il cui

Corso di Laurea è coperto da tale ateneo, o a coloro che sono

costretti ad iscriversi ad esso, rinunciando a un percorso di

studi più in linea coi propri desideri personali, non potendo

permettersi l’eccessivo costo di iscrizione di altre università.

3) Istruzione e Integrazione

L’Istruzione negli Istituti di pena è spesso considerata un

fattore secondario, fine a se stesso, nell’ottica di un

accrescimento solamente personale o puramente ludico.

La domanda da porsi è se le varie etnie, presenti, possano

usufruire di materiale didattico con la presenza di tutor, formati

anche con lo scopo di creare i migliori presupposti per favorire

l’integrazione.

Cosa risulta più facile menzionare : quello che c’è o quello che

serve per un principio di logico percorso didattico?

Purtroppo si evidenziano mancanze anche e soprattutto per i

più basilari fabbisogni: la quasi totale assenza di libri e insegnanti

bilingue è il primo fattore che favorisce l’isolamento delle persone di

lingue diverse; accentua la difficoltà di integrazione, contribuisce

a creare gruppi e gruppetti segregati, visti come unico luogo di

rifugio per tentare una pseudo socializzazione.

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Si innescano in questo modo meccanismi che hanno come unico

risultato di accrescere le tensione fra le diverse etnie.

In questo scenario, le chiavi di volta per un'evoluzione sono la

cultura e l’istruzione: metaforicamente parlando possono essere

considerate come colonne portanti di un ponte a due sensi di

marcia per unire nel dialogo e nella comprensione reciproca.

Un riscontro pratico, di tutto ciò, si può individuare

nell’incremento di frequentazioni da parte di detenuti, non di

lingua Italiana, nell’Area Biblioteca; attirati in un primo

momento dalla possibilità di partecipare a tornei di vario tipo

(scacchi, scala quaranta, ecc.), in un secondo momento sono

spesso ritornati, scoprendo un ambiente pronto a seguirli anche

in presenza di poche disponibilità di mezzi.

4) Estratto dall'intervento della Dott.ssa Marta Giorgi,

. Tutor Università Bicocca/C.R. Opera

Come funziona l’esperienza pilota con l’Università Bicocca

L’esperienza pilota con l’Università Bicocca nasce dall’incontro tra la

realtà universitaria e il Carcere, che si traduce in pratica in una

Convenzione, che ha come obiettivo lo sviluppo delle attività

scientifiche, culturali e didattiche presso gli Istituti Penitenziari di

Milano, Monza e Lodi e presso l’ufficio di Esecuzione Penale Esterna

di Milano-Lodi e dello stesso Provveditorato. La convenzione, rivolta

a tutto il personale, alle persone detenute e agli studenti dell’Ateneo

milanese, prevede in particolare la realizzazione di un nuovo polo

universitario lombardo presso le case di reclusione di Milano Bollate

e Milano Opera.

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La Convezione Bicocca-Carcere stipulata nel 2013 è demandata nella

sua gestione al Responsabile che l’ha sottoscritta, il professor Alberto

Giasanti. L’accordo originario prevedeva diverse tipologie

d’intervento:

- per le persone detenute, inserite nelle Case di Reclusione di

Bollate e Opera, saranno istituiti corsi ad hoc, la replica di

corsi attivi nell’ateneo milanese e saranno semplificate le

procedure d’iscrizione;

- per tutto il personale (da quello di polizia penitenziaria, a

quello del comparto ministeri, ai dirigenti), continuerà la

formazione sul campo attraverso corsi dedicati, ad esempio, al

lavoro in equipe, alle competenze e alla comunicazione

interculturale, alla valorizzazione delle competenze

professionali di ciascuna figura coinvolta;

- per gli studenti dei diversi corsi di laurea triennale e

magistrale verranno potenziate le possibilità di stage e di

tirocinio.

Da un anno a questa parte poche attività sono state attuate in

relazione al progetto originario ed è ancora tutto demandato agli

educatori del Carcere, ai professori referenti in Bicocca, a pochi altri

funzionari e per ultimi ai tirocinanti in carica da inizio o metà 2015.

A questo punto vorrei sottolineare e far emergere alcune

osservazioni.

Da quando ho iniziato il mio tirocinio, seguendo all’inizio solo i

detenuti iscritti a Sociologia, ho potuto constatare che sono tutti

motivati a studiare, anche per l'appoggio che gli posso fornire (per

esempio, ho provveduto a rifornirli di materiale didattico).

Più o meno tutti si lamentano, però, delle condizioni di poca

concentrazione e poca possibilità di studiare senza essere disturbati.

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Nonostante le numerose difficoltà che ci sono all’interno del carcere,

i progetti d’integrazione con la società esterna e con l’Università sono

fortemente appoggiati; possono quindi essere una potenziale risorsa

per un miglioramento dei percorsi trattamentali intra-murari ed

extra-murari, poiché l’impegno, la costanza, il desiderio di cambiare

e di acquisire conoscenza vengono, nei limiti del possibile, premiati.

Con il ruolo di Tutor Universitario che sto ricoprendo, mi è capitato

di trovarmi alle strette con i limiti organizzativi e la distanza che

troppe volte si percepisce tra ciò che è “scritto” in una Convenzione e

ciò che si riscontra nella realtà.

Inoltre, avendo avuto l’opportunità di affiancare educatori

responsabili all’interno del Carcere, ho compreso la complessità del

lavoro necessario al buon funzionamento dell’organizzazione della

formazione e i numerosi limiti che pone la burocrazia da una parte e

dall’altra.

C'è da rilevare che tutto il materiale didattico viene stampato dagli

operatori volontari e comporta costi alti per le persone detenute e

costi in termini temporali per chi deve reperire il materiale, poiché

non sono autorizzate le connessioni online in Carcere. Il reperimento

dei libri di testo avviene tramite richiesta alla Biblioteca Centrale

Bicocca, con tempi lunghi e spesso indisponibilità dei testi; la

scadenza del prestito a soli 40gg è sempre un tempo troppo limitato

per lo studio all’interno del Carcere.

Gli studenti sia Comuni che di Alta Sicurezza hanno a disposizione

poche aule per studiare. L'Alta Sicurezza del 3°piano è quella più

disagiata per la condivisione di spazi e celle con persone che non

sono interessate allo studio.

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La richiesta di computer personali da parte delle persone detenute,

che già è stata fatta a Gennaio 2015, ancora oggi non ha avuto

risposta e questo provoca disagio, soprattutto agli studenti.

Oltre a ciò mi sembra opportuno fare un elenco semplice delle

opportunità e dei rischi, citando i punti di forza e di debolezza di

questa esperienza pilota.

PUNTI DI FORZA

CARCERE

>Area pedagogica rivolta ai progetti formativi molto ben funzionante.

>Numero di diplomati dalle scuole media inferiore e superiore abbastanza elevato

>Numerose attività rivolte alle persone detenute (Teatro, Pittura, Disegno, Inglese,

Informatica ecc., corsi di vario tipo a partecipazione elevata)

>Biblioteca fornita e funzionante all’interno del Carcere

>Importanza delle attività in un Carcere che recentemente era massima sicurezza.

>Competenza elevata degli operatori, educatori, agenti di rete ecc.

>Direttore del Carcere Dott. Giacinto Siciliano molto interessato a progetti rivolti al

miglioramento della detenzione delle persone detenute

>Agenti penitenziari responsabili area pedagogica e quelli che (io) ho avuto modo di

incontrare molto disponibili

>Persone detenute volenterose di avere delle opportunità e dei corsi a cui possono

partecipare

>Persone detenute riconoscenti del lavoro dei tutor di Bicocca e del lavoro degli operatori

che si spendono per miglioramento situazione.

>Persone detenute disponibili a collaborare per riuscire a migliorare alcune situazioni e per

cambiare in meglio il Carcere

>Disponibilità degli operatori a collaborare per migliorare la gestione del lavoro che

riguarda l’iniziativa dell’Università.

>Opportunità per chi ha pene lunghe di tradurre il tempo in attività che impegnano la

mente e che aumentano la cultura e la formazione

>Opportunità per le persone detenute di venire a contatto con la società esterna attraverso

percorsi positivi e formativi.

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PUNTI DI DEBOLEZZA

>Mancanza di aule durante il periodo scolastico per sovrapposizione con la scuola>

>Mancanza di spazi per studiare in sezione Alta Sicurezza 3

>Uso dei computer (senza internet) non permesso o molto difficile da ottenere

>Difficoltà ad ottenere in maniera celere materiale di supporto allo studio dei libri di testo.

>Difficoltà ad ottenere in maniera celere i libri di testo prenotati tramite la Biblioteca

dell'Università e problemi nella restituzione dei libri per ritardi dovuti al poco tempo per il

prestito

>Operatori ed educatori sottodimensionati hanno materialmente poco tempo da dedicare

agli universitari

>Burocrazia del carcere rigida che talvolta non permette di velocizzare alcuni passaggi e

pratiche

OPPORTUNITA’

CARCERE

>Possibilità che queste iniziative possano diventare un punto di attrazione per la gestione

della sicurezza e dei percorsi di detenzione di persone detenute che provengono da altri

carceri.

>Polo attrattivo ed esempio di buona formazione e buon modello da replicare in altri

contesti sul territorio nazionale

>Opportunità per il futuro delle persone detenute una volta uscite dal percorso detentivo:

più formazione significa più possibilità di lavoro

>Opportunità per la società di avere, in seguito al reinserimento, persone che hanno fatto e

provato un percorso trattamentale degno del suo nome

>Diminuzione della percentuale di recidiva, perché i progetti hanno fatto breccia nelle

persone e quindi a loro volta hanno prodotto cambiamento

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RISCHI

>Rischio che questi progetti d’integrazione non vengano compresi dalla società civile

>Rischio che bei progetti vengano “infangati” per gelosia, per mancanza di soldi e per

politiche di sicurezza restrittive.

>Rischio di non riuscire a trasmettere alla società l’importanza che hanno questi progetti

volti alla reale risocializzazione della persona detenuta

>Molti sforzi e pochi risultati alla fine del percorso detentivo per la mancanza di

opportunità di lavoro

>Molti sforzi e pochi risultati, a causa del ritorno delle persone detenute all’interno dei

circoli viziosi che li avevano portati a delinquere

CARCERE OPERA

RIGIDITA' NEL RICONOSCIMENTO

OPERATIVO DELLO STUDIO UNIVERSITARIO

Rigidità nel fornire strumenti ai detenuti per facilitare lo

studio

I detenuti

As1 e As3 non hanno

luoghi tranquilli

per studiare

difficoltà nella

disponibilità di aule in area

pedagogica e impossibilità

contatto Comuni-AS

Difficoltà

gestione fotocopie a pagamento

per i detenuti

Regolamento

della gestione

soldi detenuti

Detenuti

non possono utilizzare computer personali controllati

per studiare

Direttore favorevole,

blocco a livelli inferiori

Piattaforma

e-learning non attiva nell'area

pedagogica

Blocco dall'Univeristà

Detenuti hanno difficoltà nello studio

individuale per condizioni /contesto

difficoltà nella

disponibilità dei prof

per supporto

studio interno carcere

non presenza tutor in materie

difficili come Matematica o

Giurusprudenza

non ci sono

aule a sufficienza

per studio di gruppo

detenuti e per

affiancamento tutor

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Riflessioni conclusive:

Nella mia analisi ho cercato di dare una soluzione a queste

problematiche, tentando di individuare quali sono gli obiettivi a cui

si deve mirare per migliorare la Convenzione e le attività legate

all’Università.

Qui di seguito, per concludere il mio modesto aiuto al tavolo 9,

presento la direzione che a mio parere si dovrebbe prendere ed

alcune idee interessanti per innovare e migliorare quanto iniziato nel

2013.

Gli Obiettivi dal punto di vista del Carcere

- Gli operatori del carcere riusciranno a contattare e ad avere

delle risposte in maniera più veloce dall’Università;

- Ci sarà una piattaforma che aiuterà i tutor o gli operatori del

carcere a reperire il materiale didattico nei vari siti delle

diverse facoltà a cui sono iscritte le persone detenute

- Gli studenti detenuti verranno percepiti dall’Università come

una tipologia di studenti a parte (“speciali”) e saranno

previste delle differenze di trattamento nei limiti consenti dal

Regolamento

- Possibilità di accedere al sito Bicocca da parte degli operatori e

dei beneficiari detenuti

- Uso del materiale didattico attraverso computer protetti a uso

delle persone detenute

- Alleggerimento burocrazia intorno al reperimento testi di

studio e alla gestione della Biblioteca Centrale Bicocca

- Aumento aule studio per Comuni e Alta Sicurezza

- Alleggerimento burocrazia in relazione ai materiali che

servono per le persone iscritte all’Università

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Diagramma Obiettivi e Proposte di Analisi:

FDIAGRACILITARE LO STUDIO DELLE PERSONE DETENUTE

CA

RC

ER

E

FA

CIL

ITA

ER

E L

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CIO

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O S

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IVE

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ITA

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DE

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RS

ON

E D

ET

EN

UT

E

FACILITARE LO STUDIO

DELLE PERSONE DETENUTE

Riconoscimento dei detenuti studenti e delle loro esigenze di studio

Aule in area pedagogica e in reparto 1 AS

DARE AUTONOMIA PER LO STUDIO UNIVERSITARIO

INDIVIDUALE

ingressso Professori per aiuto allo studio

INTRODURRE STRUMENTI

MIGLIORATIVI PER UN

OFFERTA FORMATIVA PIU'

COMPLETA

facilitazione studio attraverso computer per utilizzo materiali didattici

semplificazione per studenti detenuti e operatori attraverso piattaforma e-learnig

FACILITARE E POTENZIARE

L'INGRESSO AI CORSI

UNIVERSITARI DA PARTE

ANCHE DEI DETENUTI NON

UNIVERSITARI

Ampliamento e integrazione di più persoine detenute all'interno di corsi di formazione e

scambio culturale con l'Università

FORMAZIONE AVANZATA ATTRAVERSO SCAMBIO

STUDENTI UNIVERSITARI (tutti) e PERSONE DETENUTE (tutte)

maggiore conoscenza della realtà del carcere da parte degli studenti che

partecipano ai corsi

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C) Il Tavolo dello sport

In numerose trasmissioni, carta stampata e social network,

l’attività fisica è descritta come una delle basi per una vita

sana e protegge le persone nelle loro infinite forme

d’espressione.

Numerosi scienziati consigliano almeno un’ora al giorno di

attività fisica, e questo vale per chi conduce una vita articolata

e libera, fatta di lavoro, famiglia, amici, ecc..

Per un detenuto è molto importante trovare valvole di sfogo,

per un effetto benefico a livello psicologico, essendo

costantemente sotto stress e in ansia per i vari problemi che la

detenzione causa. Le ricerche sulla cura della depressione

mostrano che l’attività fisica è una cura molto efficace, più di

quella farmacologica e, come si può ben immaginare, quando

si è privati del bene primario, quello della libertà, è facile

cadere in stati depressivi e angosciosi.

Lo sport aiuta a relazionarsi con gli altri detenuti,

contrastando l’"autoreclusione", cioè la tendenza di soggetti

introversi e timidi a rinchiudersi nel loro guscio, spesso

amplificando i loro problemi fino a arrivare a gesti estremi.

Chissà, forse, una partita di calcetto o una di ping pong

potrebbero portarli ad accettare con più serenità la loro

detenzione.

Nell’art. 13 OP si parla in termini di "…osservazione scientifica

della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause

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del disadattamento sociale". L’attuazione del sopracitato art. è

difficile, per la carenza del personale competente e anche di

risorse economiche, ed è per questo che si dovrebbero creare

delle figure ad hoc, composte da detenuti, che collaborino e

osservino, in appoggio agli educatori, i vari detenuti, così da

segnalare i soggetti idonei per eventuali corsi sportivi, o

anche culturali.

L’art 27 OP cita "… negli istituti devono essere favorite e

organizzate attività culturali, sportive, e ricreative, volte alla

realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche

nel quadro del trattamento rieducativo".

Al comma 2 del suddetto articolo si parla della commissione

dei detenuti e del rapporto con il mondo esterno, utile al

reinserimento sociale.

Nella realtà di Opera la commissione è ampia e competente,

ma si dovrebbe cercare di creare un collegamento più forte

con Comune, Regione, società sportive, scuole, accademie e

associazioni. E' importante creare uno sportello relazioni

esterne, che valga anche per altri settori non solo nell’ambito

sportivo.

Il carcere non deve rimanere uno spazio sconosciuto della città

dove è ubicato materialmente, la fusione con la società è molto

importante da entrambi i lati ed è positiva per il fine ultimo

della detenzione: il reintegro del soggetto nella società civile.

Anni fa c’era la squadra “Free Opera” che giocava nel

campionato di seconda categoria, c’era la squadra di pallavolo.

Dopo un silenzio di alcuni anni la luce si è riaccesa all’interno

dell’Istituto: la palestra è stata potenziata e le ore di

frequentazione sono state ampliate, sono stati inseriti vari

corsi con istruttori specialisti esterni. Questo ha creato un

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movimento e un fluido positivo nella comunità detenuta, e la

sorveglianza dinamica che permette di spostarsi più

liberamente all’interno dell’Istituto è una scommessa vinta. Si

è potuto constatare che anche per gli operatori è molto meglio

così, e quasi tutti concordano sul fatto che l'autolesionismo si è

ridotto moltissimo dopo questi progetti.

Quando si fanno dei cambiamenti è sempre difficile; ci sono

paure, resistenze, e si tende a non tuffarsi nel rischio

dell’innovazione, ma qui si è intrapreso il cammino

dell’evoluzione, e si spera che si continuerà su questa rotta,

perché il viaggio è ancora lungo e le cose da fare sono ancora

molte, e le complicazioni sono infinite. Ma se è vero che l’art.

27 della Costituzione dice: "... le pene non possono consistere in

trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla

rieducazione del condannato…", allora si sta andando nella

direzione giusta.

La demagogia della politica, o i giustizialisti, non danno una

soluzione al problema dei detenuti. In una democrazia

avanzata è giusta la certezza della pena, ma con il rispetto

della dignità delle persone e attraverso un percorso che porti

l’individuo ad essere più formato, più responsabile, più

consapevole della società che lo circonda. E' evidente che stare

chiusi in una cella 20 ore su 24 non è dare attuazione alla

Costituzione.

Qualcosa è cambiato, e c’è un’aria, un’armonia diversa nella

C. R. di Opera. Per esempio il corso di Fit-box poteva essere

visto come un’arma a doppio taglio, ma in realtà, essendo

un’arte nobile, ha portato i detenuti a una stima reciproca e il

potenziare la propria tecnica di combattimento non ha portato

a comportamenti aggressivi e prepotenti, ma anzi ha dato

calma e consapevolezza.

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Si parla di costruire di un campo di calcio a 7. Questo

potrebbe condurre alla costituzione di una squadra interna,

com’era un tempo il "Free Opera", o come quella di San Vittore,

così da potersi iscrivere al campionato CSI.

E’ stato tenuto un corso di pallavolo, e anche per tale

disciplina si potrebbe pensare ad una squadra che si incontri

con squadre esterne (per esempio di scuole o università), a tornei

e campionati.

Si è organizzato un torneo di ping pong, all’interno del carcere

ma con la collaborazione del comune di Milano e di vari

volontari. E' stata una giornata speciale, con rinfresco, buffet e

dolci artigianali. Anche il consigliere comunale, dott. Giungi,

si è dichiarato entusiasta e contento della manifestazione.

Il comune di Milano ha sponsorizzato anche la realizzazione

di giochi per i bambini nell’area verde destinata ai colloqui, e

un percorso-salute, con la possibilità di svolgere all'aperto

numerosi esercizi, che ha creato grande entusiasmo nei

detenuti, che non vedono l’ora di poterne usufruire.

Su richiesta della commissione sportiva, il Direttore ha

autorizzato nell'Area Verde due tavoli di calcio balilla, e questi

hanno dato un’energia diversa ai momenti trascorsi con le

famiglie: i padri detenuti hanno giocato con i loro figli,

instaurando così una relazione nuova e inaspettata. Sarebbe

bello poter creare giornate sportive per i padri detenuti, dove

si potesse fare sport con i bambini, anche una partita a

pallavolo fatte di squadre miste, mamme, padri e figli, o anche

di palla prigioniera, del gioco della bandiera, ecc..

Lo sport è un legame particolare e non è lo stesso stare fermi,

seduti ad un tavolino, e fare insieme un goal a calcio balilla,

che fa scattare un abbraccio magico tra padre e figlio,

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inspiegabile. Figuriamoci fare insieme una partita a calcio a 7

o a 5 in palestra.

Tutti comprendono che le risorse umane, economiche e di

spazi siano carenti. Sappiamo perfettamente dell’enorme

impegno della Direzione, in tutti i settori, ma è importante che

vengano creati ambienti all'aperto adibiti allo sport, campi da

basket, da calcio, da pallavolo, cosi da poter destinare la

palestra solo a corsi di formazione nelle varie discipline, per

esempio creando un ring per il pugilato, come avviene nelle

carceri sud americane.

In Italia il calcio è uno sport seguito con passione e attenzione,

e tutti plaudono alla bellissima iniziativa di autorizzare un

abbonamento Premium e di poter seguire le partite tutti

insieme nelle salette. Alla finale tra Juventus e Barcellona

sembrava di essere al bar, tra amici, e si era tutti uniti, senza

razze, nazionalità, religioni.

Abbiamo discusso a fondo con il consigliere comunale dott.

Giungi dell’aiuto che il Comune e la Regione potrebbero

fornirci per la realizzazione di nuovi spazi da destinare allo

sport.

Si potrebbe trasformare il carcere in un'ottica sportiva, come

sono strutturati i college americani, dove attraverso lo sport

molti soggetti possono ritrovare un allineamento con la società

civile. In carcere ci sono molti ragazzi giovani, con meno di 30

anni, molto bravi in diverse discipline. E allora, perché non

potenziarne le inclinazioni? E chissà che fra loro non ci siano

dei veri talenti.

Lo sport e la cultura sono aggreganti, e in carcere è molto

importante non sentirsi “soli”. A volte, alcune persone si

ritrovano sperdute, abbandonate da tutti, e chissà che

attraverso lo sport, la Biblioteca, queste stesse persone non

possano migliorare le loro relazioni.

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D) Il punto di vista di associazioni e

operatori della I^ C. R. di Milano-Opera

Gruppo "Parole che sprigionano" e "Cineforum"

Nell’ottica di sviluppare collaborazioni e sinergie, riteniamo

opportuno attribuire alla Biblioteca una funzione di

aggregazione delle attività culturali, con particolare

riferimento alle attività di lettura e riflessione condivisa, di

cineforum, di educazione artistica.

Crediamo che la Biblioteca possa costituire un punto di

confronto finale tra attività complementari che hanno

sviluppato una ricerca su contenuti e tematiche affini e

condivise, pur nell'autonomia di ogni gruppo, per esempio

attraverso incontri con scrittori, saggisti, registi e comunque

con portatori di testimonianze significative.

Inoltre ci sembra importante la sua funzione specifica di

raccolta di materiale di consultazione, da sviluppare anche in

rete con istituzioni cittadine, per esempio biblioteche,

emeroteche, mediateche, audioteche, ecc.

Infine riteniamo importante promuovere occasioni che

consentano ai detenuti dei vari gruppi di attività culturali di

partecipare ad eventi esterni a livello cittadino, corrispondenti

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alla attività svolte all'interno del carcere, al fine di

accompagnare il loro graduale reinserimento sociale fino al

compimento del fine pena.

Alcune proposte nate dall’esperienza nella C.R. di Milano-

Opera:

-Istituzione di una Commissione di pianificazione e

coordinamento delle attività culturali-sportive-ricreative

(integrate anche con le attività scolastiche e di formazione

lavorativa), con il compito primario di redigere e tenere

aggiornato un quadro riassuntivo di tutte le attività in atto,

con l’indicazione del volontario preposto ad ognuna di esse,

da mettere a disposizione di tutti gli interessati al fine di

prevenire eventuali sovrapposizioni e conflitti ed individuare

possibili sinergie

-Interlocuzione agile e diretta con gli operatori del carcere

preposti alle attività culturali, con i quali instaurare un

rapporto organico di coordinamento delle attività

programmate

-Comunicazione puntuale delle modalità operative di accesso

e gestione di tali attività, destinata agli operatori del carcere

preposti alla gestione delle attività culturali e ai referenti delle

attività medesime

Per il 2° Reparto (sorveglianza dinamica):

-Cessazione della procedura finora in atto, che prevede la

presentazione da parte del detenuto di specifica domandina per

la partecipazione al gruppo e soprattutto la verifica preventiva

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da parte del GOT della relativa idoneità, procedura sostituita

dalla semplice indicazione da parte del detenuto del proprio

nominativo su apposito modulo affisso ai piani del Reparto

unitamente alla locandina di presentazione dell’attività

proposta; il modulo così compilato verrà quindi consegnato

all’Area Pedagogica e trasmesso ai volontari preposti a ogni

attività con la relativa autorizzazione

-Conferma della libertà di movimento dei detenuti

partecipanti nell’accesso alle singole attività, senza la necessità

di chiamata e accompagnamento da parte degli Agenti di

Reparto, nel rispetto dei tempi di inizio e termine delle attività

programmate

-Coinvolgimento di rappresentanti dei detenuti in

commissioni miste per il monitoraggio delle attività in merito

ai contenuti trattati e le modalità di gestione, al fine di

promuovere la responsabilizzazione dei detenuti nella

partecipazione, anche in termini propositivi alternativi

-Istituzione di un attestato di partecipazione all’attività, da

rilasciare a cura delle Aree Pedagogica e Trattamentale, anche

sulla base di schede informative individuali trasmesse dai

volontari preposti nel corso delle attività svolte, attestato da

rilasciare ai detenuti partecipanti ad ogni fine anno e

comunque a fine pena

-Promozione, in sede di pianificazione iniziale dei progetti

presentati ed eventualmente in corso di svolgimento delle

attività, di opportunità di integrazione e aggregazione tra

attività complementari, comprese attività scolastiche e di

formazione lavorativa, al fine di favorire un percorso

trattamentale unitario, che favorisca nei detenuti una crescita

individuale in termini di consapevolezza delle proprie

capacità e autostima, di capacità di valutazione critica dei

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risultati e dei necessari adeguamenti, di coinvolgimento e

autonomia nell’applicazione operativa, fino alla progettazione

"in progress" di un personale percorso di formazione culturale,

scolastica (ad es. lingua straniera e informatica) e lavorativa

-Verifica della possibilità di inserire i detenuti in eventi

culturali esterni al carcere e, ove possibile, in attività

lavorative per servizi di pubblica utilità promossi dagli Enti

Locali competenti, al fine di favorire la conoscenza della realtà

cittadina esterna e agevolarne il progressivo reinserimento

sociale a fine pena, anche offrendo ai detenuti l’opportunità di

mettersi in relazione con istituzioni, enti, associazioni,

rappresentanze sindacali di datori di lavoro e di categoria, con

i quali verificare possibilità di sbocchi lavorativi, con il

supporto di associazioni e singoli volontari in grado di

promuovere contatti conoscitivi in tal senso.

----------------------

Laboratorio Teatrale Opera Liquida

sezione media sicurezza

Opera liquida lavora all’interno della I^ Casa di Reclusione di

Milano-Opera dal 2008, producendo spettacoli originali, a

partire dai testi degli attori reclusi, grazie al laboratorio

drammaturgico che si affianca a quello di formazione

dell’attore; 6 ore alla settimana suddivise in due mattinate.

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Premesse metodologiche – Il Laboratorio

Da ormai molti anni il teatro all’interno delle carceri viene

utilizzato come attività trattamentale .

Il laboratorio di formazione dell’attore, attraverso la sua parte

di training che riguarda l’utilizzo della voce, del corpo, riattiva

in questo senso la consapevolezza migliorando i livelli di

autostima, ed aiutando la persona nella comunicazione

interpersonale efficiente (utilizzo di sguardo, di corretta postura,

mantenimento di un atteggiamento tranquillo e positivo che

permetta l’espressione completa dei concetti che si vogliono esporre).

Il carcere ha inoltre, tra i suoi vari “effetti collaterali”, la

deresponsabilizzazione della persona, intesa come perdita di

capacità decisionale e della presa in carico di responsabilità

finalizzata al raggiungimento di obiettivi o al riconoscimento

delle mancanze.

In questo senso il trattamento avanzato applicato attualmente

all’interno dell’Istituto ha un’importanza fondamentale.

Opera Liquida lavora in colleganza e assenza di giudizio.

I suoi operatori entrano all’interno del laboratorio con la

finalità unica di realizzare uno spettacolo teatrale; non di

attuare un’osservazione trattamentale. In questo senso il

detenuto, all’interno del gruppo, è libero di manifestare le sue

personali caratteristiche, di intessere relazioni basate sullo

scopo primario della messa in scena; di agire comunicazione e

conflitti in modo più autonomo e spontaneo, e

conseguentemente di crescere in questa direzione.

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Il laboratorio teatrale si basa su una rilettura di quelle che

sono le regole di convivenza.

Se da un lato una certa mentalità fa pensare che le regole siano

un impianto da infrangere per non divenire “pecore regolari”, il

teatro propone una lettura profondamente diversa rispetto a

questo pregiudizio.

In laboratorio esistono molte regole rigide, ma se queste non

vengono seguite, l’impianto, semplicemente, non funzione ed

è subito evidente e tangibile (es. non rispetto il silenzio durante il

lavoro, si interrompe per tutti ed immediatamente il processo

creativo di improvvisazione).

E’ talmente evidente questo assioma da essere, nel tempo,

necessariamente acquisito.

Questo delicato processo di rilettura della regola ha generato,

nell’osservazione di detenuti attori che hanno lavorato per

diversi anni con Opera Liquida, profonde modificazioni nel

modo di approcciare le regole applicate alle più diverse

attività (lavoro etc.)

Lavorare insieme per un obbiettivo, confrontarsi con

l’impegno e il sacrificio degli operatori (penso agli incontri con

gli studenti della Naba – Nuova Accademia di Belle Arti, seppur

molto giovani, colorati e creativi, così impegnati strenuamente per la

realizzazione di costumi e scenografie per gli spettacoli), partecipare

attivamente alla costruzione di un prodotto artistico, e

raccogliere il successo della messa in scena, attraversando

livelli di adrenalina altissimi, ma per una volta non dannosi,

sono tutti elementi che concorrono al sodalizio del gruppo,

alla sua maturazione e alla maturazione del singolo individuo.

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Opera Liquida inoltre mette in scena spettacoli originali a

partire dai testi degli attori reclusi.

All’interno del laboratorio drammaturgico si trattano temi

importanti, profondi ed impegnativi.

Il recluso impara ad attraversare, grazie alla scrittura creativa,

fasi, atti, traumi della propria esistenza, senza sovraesporsi.

Anche nello scritto più delicato ed autobiografico, si impara a

non mettere a nudo le proprie vicende personali, dando in

pasto al pubblico la propria vita o i suoi passaggi più dolorosi.

L’arte dello scrivere permette invece di traslare fatti ed

avvenimenti in sensazioni e sentimenti che valgono per ogni

essere umano, che riescono a contattare il pubblico

profondamente.

La scrittura permette inoltre al detenuto una visione più critica

ed analitica che ciò che sta narrando.

Una presa di distanza dal dolore che, come abbiamo notato

negli anni, può essere un passaggio fondamentale nel

prendere coscienza rispetto al proprio reato o a traumi

importanti che hanno attraversato la vita della persona, che

visti da un punto di vista più osservante, possono innescare

cambiamenti importanti.

Criticità:

Accade spesso che in laboratorio ci sia un grande turnover di

persone.

Abbiamo sperimentato nel tempo che se le persone recluse si

fermano almeno 2 o 3 anni nel laboratorio, si innescano una

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serie di rapporti virtuosi all’interno del gruppo, una maggior

crescita e consapevolezza personale, la possibilità di

concludere cicli artistici, che sfociano nelle messe in scena e di

goderne dei frutti.

Sono in orso riflessioni con i responsabili dell’area educativa

affinchè la scelta delle persone recluse che possono avere al

laboratorio ricada su chi non ha fatto richiesta di trasferimento

o sia prossimo al fine pena.

Risultati artistici

Sono diverse le produzioni artistiche realizzate in questi anni:

•2009 “I luoghi dell’altro”- Spettacolo sul testamento biologico

e il senso della vita vegetativo, affrontando attraverso

metafore, il coma emotivo che vive chi è recluso. Replicato sul

Naviglio Grande di Milano in occasione della chiusura “Estate

sui Navigli” manifestazione del Comune di Milano e nel Teatro

del Carcere in occasione di “Carcere aperto” manifestazione di

Regione Lombardia e Provveditorato alle Carceri Lombarde,

•2010 “Anime cosmetiche” spettacolo sulla crisi economica,

un centro commerciale dove tutti rinchiusi si tenta di far

ripartire l’economia,

drammaturgia questa che ha permesso di riflettere su come,

per bisogni indotti da questa società, molti reclusi abbiamo

addirittura rinunciato alla libertà.

Replicata a novembre 2014 nel Teatro del Carcere all’interno

del Festival “Prova a sollevarti dal suolo”, marzo 2015 Teatro

Qoelet di Bergamo, luglio 2015 Expo padiglione Qatar

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all’interno delle manifestazioni organizzate dal Ministero di

Giustizia e dal Provveditorato alle Carceri Lombarde.

•2012 “Le meccaniche dell’anima” spettacolo sul crash

emotivo che ha permesso di riflettere su ciò che accade ad una

persona quando a causa di un evento deflagrante tutti gli

equilibri saltano.

Piangere e disperarsi o ricostruirsi e magari scoprire che la

nuova forma ha anche più dignità delle precedente.

Replicato nella II^ Casa di Reclusione di Milano-Bollate nella

rassegna teatrale “Essere Liberi” e al Carlo Conte di Sesto San

Giovanni nell’agosto 2013 davanti ad un pubblico di 1200

persone.

•2014 “Ma i sogni li ho presi?” prima produzione esterna della

compagnia, a partire dall’auto biografia di Roger Mazzaro,

attore ex recluso che narra la sua vita tra casa e galera, fino al

cambiamento raggiunto portatogli dal Teatro.

Debutto Frigoriferi Milanesi maggio 2014, replicato all’Arci

Ohibò di Milano, nel Teatro del carcere a novembre, marzo

2015 Teatro Trivulzio di Melzo all’interno della rassegna

“Tagadà” di Ilinx.

•2015 “Non più i luoghi dell’altro” montaggio drammaturgico

degli spettacoli realizzati negli anni, in una sorta di biglietto

da visita della compagnia. Spettacolo realizzato con ex

detenuti e Orazio Guagliardo, art. 21 in permesso da Opera.

Debutto 30 luglio Teatro Elfo Pucci – Expo padiglione Teatri.

in replica il prossimo novembre a Manifattura K, Pessano con

Bornago all’interno del Festival “Innesti” e nella quarta

edizione del Festival “Prova a sollevarti dal suolo” che vedrà

detenuti ed ex detenuti sul palco.

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•2015 “Undicesimo Comandamento” dal libro di Elena

Mearini (in produzione). Uno spettacolo che affronta il tema

sulla violenza sulle donne, gli attori reclusi daranno voce e

corpo alle donne maltrattate, affinchè si difendano, attraverso

la legge. Debutto previsto primavera 2016.

Criticità:

E’ accaduto che alcuni detenuti, in occasione delle uscite della

compagnia, non siano riusciti ad ottenere i permessi,

nonostante la presenza della scorta. Quando l’impossibilità è

insuperabile (a causa delle posizione giuridiche o

all’assegnazione a Magistrati non propensi a concedere

benefici) esistono ovviamente livelli di frustrazione alti. La

posizione di Opera Liquida è piuttosto lineare. Per noi è

sufficiente che il detenuto abbia chiaro questo limite e possa

farsene una ragione, in tal caso può serenamente proseguire il

percorso all’interno del laboratorio partecipando alle messe in

scena all’interno del Teatro del Carcere.

A questo scopo vengono appunto in ausilio gli ex detenuti per

le sostituzioni occorrenti.

Opera Liquida ha l’obbiettivo di produrre spettacoli teatrali

con una dignità artistica intrinseca, riconoscendo la sua

peculiarità di Teatro Carcere e da sempre impegnata affinchè

l’interesse del pubblico che si sviluppa intorno al suo lavoro

riguardi la qualità del lavoro stesso. Questo elemento va

naturalmente anche a favore dei detenuti che all’attività stessa

partecipano. In questo senso lo sforzo è e sarà quello di

distribuire gli spettacoli all’interno dei circuiti teatrali. Per

compiere questa operazione è necessaria una programmazione

che prevede la dichiarazione almeno sei mesi prima della

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disponibilità della compagnia. I Teatri programmano infatti le

stagioni con lauto anticipo, in questo senso avere un gruppo di

partecipanti che possano realmente accedere ai permessi può

rappresentare un ausilio significativo.

Progetto “Stai all’Occhio”

Il progetto agisce per la prevenzione di comportamenti a

rischio e la diffusione del concetto di legalità tra i giovani.

L’intervento porta a diretto contatto con i giovani le

problematiche e l’esperienza di attori ex detenuti e detenuti in

permesso, che, grazie al lavoro trattamentale svolto nel

laboratorio teatrale in carcere, portano la loro testimonianza di

presa di coscienza del valore intrinseco della vita proprio e

altrui e pertanto dell’innesco di un cambiamento che li

attraversa, nel tentativo di reinserirsi. Nella messa in guardia

dei giovani dai comportamenti scellerati che possono portare

conseguenze gravi sulla vita di ognuno, sono gli adulti

finalmente ascoltati,a cui nessun adolescente potrà mai dire:

“Ma tu che ne sai …….”. Opera Liquida lavora attraverso

riattivazioni e metafore, per uscire da una forma di pietismo

che è tipica dei mezzi di comunicazione correnti. Per tanto

anche nella performance, in cui si affrontano temi scottanti,

non esiste nessuna forma di sovraesposizione ma l’arte poetica

al servizio della narrazione. Tutto ciò permette un

riconoscimento della dignità dell’essere umano, anche nel suo

più profondo errore o baratro. La conferenza proposta alterna

monologhi estratti dalle produzioni appartenenti al repertorio

della compagnia, alla proiezioni di video e immagini

fotografiche che illustrano il lavoro nel laboratorio ma

soprattutto viene dato ampio spazio al dibattito con gli attori

reclusi ed ex reclusi che rispondono alle domande degli

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studenti. Il progetto è inserito all’interno della rete “Tempo di

Ricominciare” ASL Milano 2 - Regione Lombardia

Festival di Teatro e Teatro Carcere “Prova a sollevarti dal

suolo”

Dal 2014 Opera Liquida organizza due Festival all’anno,

rispettivamente di Teatro e di Teatro Carcere, a maggio e

novembre. Siamo ormai alla quarta edizione.

Su incarico ufficiale del Direttore Dott. Giacinto Siciliano per

l’apertura della sala, abbiamo effettuato un anno di ricerca di

fondi e di reti di sostegno. La vittoria del Bando di Fondazione

Cariplo sul Nuovo Pubblico ha permesso l’avvio delle attività.

La particolarità di questo Festival, decisamente nuova per il

nostro Istituto, ma già sperimentata in altre carceri italiane,

prevede la presenza di un pubblico misto detenuti/civili.

Siamo infatti convinti che , per quanto siano importanti i

sostegni finanziari, di servizi e di accompagnamento rivolti al

reinserimento dei detenuti, ci siano anche i processi sociali che

riguardano il tessuto collettivo in cui un ex detenuto va ad

inserirsi. Il pregiudizio da parte della società civile nei

confronti degli ex reclusi, spesso interrompe, nella sua rigidità,

i percorsi virtuosi di reinserimento. I processi di modificazione

collettivi sono lenti e faticosi, ma siamo convinti che entrare a

far parte dell’ “Universo Carcere” anche solo per una sera,

condividere un momento culturale con la popolazione

detenuta (diversamente solo relegata a stereotipo), magari

assistere ad uno spettacolo messo in scena dagli stessi, sia un

modo per installare per osmosi un pensiero diverso, una

conoscenza diversa. Ignorare una realtà, si sa che il carcere è

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molto spesso rimosso dalla coscienza collettiva, aumenta le

distanze.

Organizzare un Festival in una sala periferica all’interno di

una Casa di Reclusione, dove le prenotazione e le relativa

compilazioni dei moduli fa effettuata almeno tre giorni prima

della messa in scena, diffondere il progetto utilizzando i canali

tipici della prassi teatrale (materiale pubblicitario cartaceo,

ufficio stampa, social network), senza la chiamata di pubblico

organizzato, è un lavoro lungo, difficile e complesso. Una

chiamata alla società civile perché decida di passare i cancelli e

occuparsi di ciò che normalmente si pensa non sia di propria

competenza, crediamo sia un passo importante verso

l’inclusione sociale. Il detenuto è infatti un costo per la società

intera, il recidivo anche peggio. Il fatto che ci si prenda carico

dei percorsi di reinserimento, in questo ragionamento, non è

certo un fatto di buonismo, ma la presa in carico della società

tutta di un problema comune. I risultati ottenuti in tre edizioni

del Festival, dove il calore del pubblico, con una media di

50/80 spettatori civili a replica e un centinaio di detenuti, la

stampa e i media in genere, che hanno dato sempre maggior

rilevo alle attività, ci parlano di quanto questa sia la giusta

direzione. Almeno un paio di lettere di pubblico (una delle

quali pubblicata dalla Fedigrotti sul Corriere della Sera)

centrano esattamente il punto. Perché anche il fatto uno

spettatore si stupisca di quanto sia ben curato il verde di una

Casa di Reclusione e racconti le sue emozioni nell’entrare in

un carcere, è un passo verso la conoscenza che accorcia le

distanze. La partecipazione degli ex detenuti a Start di Opera

Liquida per la realizzazione all’interno dell’Istituto delle

serate del Festival ha una importanza fondamentale. Da un

lato afferma che anche l’arte teatrale ha una sua dignità

lavorativa e può avviare percorsi di reinserimento virtuosi,

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dall’altro consolida i rapporti con il gruppo di reclusi, la presa

in carico di obbiettivi comuni importanti, la realizzazione di

eventi che appartengono alla vita del carcere, in un’ottica di

atteggiamento attivo e di presa di responsabilità.

Criticità

Nella prassi si comprendono le difficoltà e si attuano azioni

per ovviare ad eventuali difficoltà. Nel tempo, in un clima di

collaborazione con l’Area Pedagogica, sono stati individuati

errori e sono stati corretti. (ad es. nella prima edizione,

essendo il Festival aperto alla popolazione civile c’era stata

una partecipazione non prevista di parenti detenuti, nelle

edizioni successive si sono trovate prassi per la gestione di

questa eventualità). Naturalmente la prenotazione almeno tre

giorni prima della messa in scena, in un mondo frenetico e

poco programmabile come il nostro, resta uno scoglio, ma

siamo anche convinti che la consuetudine abituerà il pubblico

a questo tipo di procedura.

Risultati trattamentali

Semestralmente Opera Liquida stila relazioni di osservazione

sui partecipanti al gruppo di lavoro e le consegna all’area

educativa. Queste relazioni riguardano l’osservazione dei

partecipanti al gruppo per circa sei ore settimanali. In un certo

senso una fruttuosa lente di ingrandimento sul loro lavoro

all’interno del gruppo, sulle criticità che si individuano

all’inizio del percorso, o in corso d’opera, sui cambiamenti via

via in atto. Gli operatori sono sempre inoltre disponibili per

eventuali approfondimenti sui singoli casi. Lavorare in

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sinergia con l’area educativa significa per noi dare un senso

alla nostra presenza all’interno dell’Istituto di pena. Pur

mantenendo il focus dell’attività della produzione artistica, le

storie attraversate, i molti detenuti incontrati nei quali

abbiamo notato profondi cambiamenti, ci rassicurano sul fatto

che il Teatro all’interno delle carceri ha una sua utilità

intrinseca.

A suffragio di quanto appena affermato poniamo l’attenzione

sul fatto che, da circa due anni, si è realizzato il sogno di

fondare una Compagnia anche esterna, formata da ex detenuti

(attualmente cinque). Questo “Ponte Umano” tra il dentro e il

fuori è il frutto di quel lavoro realizzato in colleganza e

assenza di giudizio, cominciata all’interno del laboratorio.

Il desiderio di diversi ex detenuti, una volta concluso il loro

percorso giudiziario, di continuare il lavoro di Opera Liquida

ha permesso da un lato di ampliare le attività

dell’Associazione sul territorio, di avviare percorsi lavorativi

per alcuni, di continuare il lavoro artistico con straordinari

risultati (come ad esempio ad Expo Padiglione Teatri, presso

l’Elfo Puccini con gli ex detenuti e un detenuto in art. 21

proveniente dall’Istituto), di supportare il gruppo interno di

attori (sostituzione di attori reclusi che non ottengono il

permesso in caso di uscita), e, non ultimo, di motivare i

partecipanti al gruppo interno. Gli ex reclusi attraversano

infatti tutte le difficoltà del reinserimento. Mancanza di casa,

lavoro, resistono alle complicazioni della vita con grande

coraggio e determinazione. E, accade fortunatamente, che

raggiungono anche risultati dati da questi sacrifici. Si

confrontano con il gruppo interno, portando la loro

esperienza, nei momenti di condivisione del lavoro (ad

esempio in occasione dei Festival).

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Opera Liquida ringrazia per l’opportunità del proprio

contributo al Tavolo 9 degli Stati Generali, progetto

importante a cura del Ministero della Giustizia.

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Il Progetto Inside

Inside, è un progetto nato nel 2014 dal Corso di Giornalismo e

Comunicazione dei detenuti della I^ Casa di Reclusione di Milano-

Opera, in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti e GUS e

tenuto da giornalisti professionisti.

I detenuti, frequentando il laboratorio, hanno avuto l’idea di

provare a dare uno sblocco concreto alla formazione che

stavano via via acquisendo con lezioni ed esercitazioni.

Da questa intuizione è nata l’ipotesi di costituire una

Associazione, denominata Inside, con l’obiettivo di creare uno

strumento concreto (e, fatto eccezionale, gestito dai detenuti

stessi) per impiegare le persone recluse e favorirne, così, il

reinserimento socio-lavorativo.

La prima attività lavorativa che il gruppo di lavoro Inside ha

offerto al mercato è quella frutto del percorso di formazione

compiuto nel Corso di Giornalismo.

Ad oggi sono in essere due tipologie di servizio:

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1) servizi di comunicazione ed ufficio stampa, con il brand

INSIDE*comm: al momento i clienti sono alcune realtà esterne

operanti nel carcere stesso e diverse aziende esterne, che stanno

cominciando a dare fiducia all’iniziativa e ad utilizzare i servizi

proposti

2) realizzazione di un Magazine trimestrale dedicato a test e

valutazioni di oggetti e servizi innovativi, promossi da start-up o

campagne di crowd funding

Il prossimo passo è quello di sviluppare ed offrire attività di

formazione, ricerca, scouting e affiancamento, in modo che i

detenuti possano presentare idee e progetti di impresa, da

testare sul mercato, a dimostrazione che le persone recluse

possono essere una risorsa e non solo costo sociale.

Inside è una Associazione ideata e coordinata da e per

detenuti, per creare (già durante la carcerazione) le condizioni

lavorative necessarie ad una dignità economica fondamentale,

per un nuovo inizio nella legalità e per una riduzione dei

rischi di recidiva e di reiterazione dei reati.

Il percorso lavorativo può rendere il detenuto pronto, meglio e

prima, ad accedere alle misure alternative, spesso negate a

causa della mancanza di condizioni socio-familiari e lavorative

esterne adeguate.

Terzo punto, oggetto attualmente di valutazione, è la

strutturazione di un vero e proprio incubatore delle idee dei

detenuti, perché arrivino a creare e organizzare l’impresa

attraverso il supporto e l’affiancamento di INSIDE, per la

ricerca degli spazi, la struttura giuridico-finanziaria,

l’organizzazione lavorativa, la selezione dei fornitori, la

modulistica, la sperimentazione dell’idea imprenditoriale.

•INSIDE vuole sviluppare ed individualizzare il senso di

responsabilità di ogni detenuto che partecipa al progetto,

anche attraverso un percorso di revisione dei reati commessi,

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impegnando e individuando le capacità lavorative di ognuno,

creando l’opportunità di un riscatto sociale.

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Intervento del cappellano Don Francesco Palumbo

Credo in una cultura che non sia fonte di potere (il carcere

ospita chi ha vissuto nel segno dell’esperienza della violenza e

del potere), ma occasione grazie alla quale le scoperte dei

viaggi interiori che uno vive diventino occasioni di chi guarda

o legge o ascolta così che sia aiutato ad andare più in là nel

proprio viaggio.

La tentazione della superficialità o del consegnare i propri

desideri esclusivamente ad una prospettiva del materiale,

della “cosa bruta”, è contrastata proprio dal dare a ciascuno

mezzi per poter accedere a quella dimensione che è sotto la

propria pelle.

Da questo nasce l’impegno di questi anni ad offrire strumenti

attraverso cui invitare ad andare più in là, meglio, più in

profondità.

Un impegno che non ho in esclusiva perché c’è chi ha iniziato

prima di me, con proposte più di qualità e con maggiore

competenza.

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Io ho cercato di perfezionarmi in un’attenzione che tocchi

tutti, di qualunque livello culturale sia, da qualunque

esperienza venga, senza dare paletti troppo definiti, insomma

cercare di garantire possibilmente a ciascuno una possibilità.

Un primo impegno sta nel portare libri e riviste e di metterli a

disposizione di chi passa in Cappella per la Messa festiva

(questo è lo spazio che crea l’occasione).

Questi strumenti mi sembrano utili per un percorso che può

dotare chi legge del bagaglio necessario per poi lavorare sulla

propria esperienza, sulle proprie convinzioni, sulla propria

percezione della realtà, fino ad affinarsi per “raccontare” agli

altri e così contribuire in prima persona nel “servizio” della

cultura.

Non c’è solo (ma anche) bisogno di recuperare la grammatica

per leggere e scrivere, ma anche di educarsi a saper attingere

da quel che si legge a livelli sempre più profondi.

Mi immagino una escalation di questo genere:

a. vincere quella forma di pigrizia intellettuale che privilegia il

“non-fare” o il “fare” al “pensare”

b. far incontrare una capacità espressiva (saper organizzare i

pensieri in un discorso “pulito”) che è di un altro ma che

arricchisce la propria (es. frequentando una costruzione lineare

dei periodi si impara a parlare così)

c. arricchire il proprio vocabolario, non solo di parole, ma di

concetti, di modi di affrontare le cose, di domande

d. intravedere le sfumature nel guardare e raccontare le cose ,

fino a scoprire e a saper nominare tutto lo spettro dei sentimenti

e. imparare così a riconoscere nel proprio vissuto, emozioni,

pensieri, desideri che abitavano nel cuore, ma che forse non

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avevano vie per arrivare in superficie, per poter essere compresi e

manifestati

f. appassionarsi al gusto di cercare più in profondità, di non

accontentarsi

g. arrivare a raccontare, a condividere i risultati delle proprie

esplorazioni

Naturalmente ciascuno parte da livelli diversi, da motivazioni

diverse, forse anche da resistenze diverse a questo.

Perciò sono convinto che ogni pubblicazione (o quasi, mi si

permetta, perciò alcuni mi rifiuto di metterli a disposizione) ha

qualcosa da trasmettere, non è mai tempo perso.

In carcere tempo ce n' é a disposizione, quindi ho ritenuto

importante strappare spazio alla tv, al fumare, al vagare per i

corridoi, in nome di un dare "uscite di sicurezza" che si aprano

sul “mondo interiore”.

Il secondo impegno che mi sono preso è quello di offrire un

“Cineforum”: una proposta settimanale di visione di un film

per i detenuti “Comuni” di entrambi i reparti (I° e II°) che mi

sono affidati.

Lo strumento Cinema ha certo dei limiti, ma il vantaggio di

riuscire ad entrare in profondità, nonostante le nostre

resistenze, insomma “tocca” il livello delle emozioni.

La proposta:

a. voleva avere innanzitutto la caratteristica della

libertà di accesso, dato che chiunque poteva

partecipare (certo poi con tutti i soliti paletti, di divieti

di incontro ecc.), e poteva partecipare al giorno del

film che lo incuriosiva

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b. il criterio di scelta era trovare dei film piacevoli,

anche d’azione o divertenti, quindi non ho pescato

tra i film d’essai, pur avendo proposto anche

pellicole più impegnative

c. sono stato invece sempre molto deciso nel chiedere

la partecipazione alla discussione dopo il film:

questo era il tratto qualificante, il condividere

quanto raccolto e aiutarsi a esplicitare sentimenti e

riflessioni che potessero poi rimanere nella testa di

ciascuno

In qualche occasione ho cercato di preparare una scheda con

qualche frase tratta dai dialoghi del film, e qualche domanda

di provocazione, così da invitare ciascuno a ripensarci in

seguito personalmente (questo è certamente da coltivare perché

offre un’occasione più duratura a tutti).

Con piacere ho notato che ogni tanto nei colloqui personali

riaffioravano pensieri o sviluppi di riflessione a partire dai

film o dai libri.

Così certo il dialogo diventa più ricco e permette di affrancarsi

“dai soliti discorsi” che spesso condizionano pesantemente,

chiudendosi in un continuo borbottare sulla propria

condizione e sulla non-giustizia italiana, ecc… .

Anche il mio impegno di accompagnamento spirituale ha

trovato grande beneficio da questa piattaforma di riflessioni e

pensieri.

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Intervento dell'insegnante volontaria Prof.ssa Maria

Teresa Zabban

Da un buon numero di anni partecipo come insegnante

volontaria alla vita del carcere di Opera. Ci sono "dentro", pur

con i limiti del mio operato: "vedo", cioè incontro delle persone;

e sempre, nei rapporti a volte anche molto belli che si

costruiscono, oppure nel semplice scambio dei percorsi di

studio, scopro una umanità sofferente, lacerata, fallita in parte

forse, ma mai, MAI, perduta del tutto.

Per questo sottolineo la forza della cultura, l'importanza

dell'istruzione e di ogni forma che possa rendere più degno il

necessario, ma duro, percorso di riabilitazione inserimento.

L'uomo, qualunque uomo, è dotato di dignità, è “l'essere in

piedi". Va dunque aiutato, quando è necessario e per quanto è

possibile, a mantenere, o a ritrovare, questa sua specifica

identità.

Nel corso degli anni, come mi pare di aver constatato, ci sono

stati molti passaggi di risveglio in questo senso:

- Risveglio "dall'alto": l'Istituzione carceraria di Opera

ha individuato a poco a poco strategie di apertura verso

questo modo di intendere la struttura penitenziaria

come mezzo di recupero e non solo di punizione.

- Risveglio "dal basso": i detenuti, seppur ancora in

minima parte, si sono attivati, richiedendo, sollecitando,

la possibilità di studiare, di coltivare interessi, di aprirsi

verso il mondo per ora a loro negato.

Espressione di questa sinergia mi sembra possano essere: la

formazione di gruppi di studio e di lettura a vario livello,

l'ampliamento e l'organizzazione "aperta" della Biblioteca, la

formazione di un Polo universitario in accordo con Bicocca,

l'impegno per aiutare lo studio singolo a livello di Scuola

Superiore …

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Intervento di un partecipante al progetto Sicomoro

"La consapevolezza ci aiuta a rimediare agli errori commessi"

Molte persone come me, si rendono conto delle problematiche

che hanno creato alla società e, con questa consapevolezza

hanno deciso di rimediare agli errori commessi, sulla scia della

giustizia riparativa.

Maggior convinzione l’ho acquisita dopo aver partecipato al

“PROGETTO SICOMORO” nell’Istituto di Milano Opera;

essermi confrontato con persone vittime di reati ha fatto sì che

la mia visione della vita sia completamente cambiata.

Oggi sono una persona diversa.

Ora intravedo una speranza per tutte quelle persone che a

differenza di me devono ancora trovare la loro strada.

Per tutti c’è la possibilità di un futuro migliore.

L’importanza che ha avuto il potersi confrontare con persone

provenienti dall’esterno, con un carico di dolore che si rifletteva

su di noi, è stato traumatico, ma fondamentale per il mio

percorso di rieducazione, dandomi la possibilità di rendermi

conto di ciò che sia giusto o sbagliato, e quindi intraprendere la

via di quella che dovrà essere la mia vita futura.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

Ciò che ho appreso oggi, lo devo solo all’impegno di persone

che hanno deciso di cambiare il mondo, impegnandosi, ma

specialmente grazie agli studi che hanno effettuato nell’arco

della loro vita.

Tutti noi dovremmo avere l’opportunità di poterci migliorare,

intraprendendo studi che ci daranno la possibilità di capire ciò

che oggi ci appare come un mondo estraneo, ma in realtà è più

vicino di quanto si può credere.

Il passato mi ha visto commettere un reato, oggi sono un uomo

che ha deciso di riprendersi la vita in mano, domani sarò la

persona che ho deciso di essere oggi, pronto ad essere reinserito

nella società come una persona nuova, migliore e in grado di

aiutare il prossimo senza più danneggiarlo.

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F) Alcune considerazioni sull'esecuzione

penale

Il tavolo ha come tema “Istruzione, Cultura e Sport”, temi che

fanno parte dell’osservazione che ogni detenuto percorre

durante la detenzione. Il percorso trattamentale verrà utilizzato

per la sintesi, in equipe, tenuta dalla Direzione, dagli operatori

e dal referente di reparto della Polizia Penitenziaria, sintesi che

una volta inviata al Magistrato di Sorveglianza competente

potrà, se positiva, portare all’accoglimento dei benefici previsti

nell’Ordinamento Penitenziario.

Nel primo incontro al TAVOLO 9, tenuto il giorno 11.08.2015

presso la Biblioteca della Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera,

presente anche il Garante dei Detenuti Dott.ssa Alessandra Naldi,

siamo stati sollecitati ad occuparci anche di esecuzione penale,

ponendo all’attenzione queste problematiche attuali:

- a nostro avviso, è necessario affrontare il problema

proponendo soluzioni definitive in merito all’esecuzione

penale, ove l’osservazione da parte degli operatori del carcere è

proprio il punto principale per le relazioni che vengono inviate

ai Magistrati di Sorveglianza assegnati ai Tribunali di

Sorveglianza competenti per territorio;

- pur in presenza di nuove modifiche emanate dal Ministro

Orlando, il sistema dell’esecuzione penale risulta ancora

tortuoso, con tempistiche eccessive e difficoltà nel comprendere

come, pur in presenza di un Ordinamento Penitenziario,

l’accedere ai benefici risulti essere una strada a volte difficile o

impraticabile.

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Ogni Tribunale di Sorveglianza affronta la concessione dei

benefici in modo diverso, tanto che alcune Regioni o città

risultano più applicative di altre: i benefici vengono concessi in

questi Tribunali con più disponibilità, e non certo perché la

recidiva risulti inferiore ai dati nazionali. A parte gli Istituti di

Milano-Bollate e Padova, ove i valori variano tra il 9% e il 16%,

la recidiva nel restante territorio nazionale sale a più del 60%.

Gli esempi di Milano-Bollate e Padova sono significativi, perché

applicano (nel vero senso della parola) l’esecuzione penale,

prevedendo come passaggio principale l’inserimento del

detenuto al lavoro esterno in art. 21 O.P., ed ancor prima

attuano, nel periodo inframurario, un programma trattamentale

che prevede anche l’inserimento lavorativo nelle cooperative

interne alle strutture detentive.

Partiamo da alcune possibili proposte per una più moderna e

attuale riforma della Giustizia Penale, per entrare poi

nell’esecuzione penale vera e propria, poco conosciuta ed

applicata secondo quanto previsto nell’attuale Ordinamento

Penitenziario:

- oggi più che mai, nella stragrande maggioranza dei cittadini,

cresce la domanda di giustizia, vedendo nel carcere la sola

possibile espiazione per i reati commessi, senza sapere cosa sia

veramente un Istituto Penitenziario, come si vive la detenzione

e quali sono le “pene accessorie” che un detenuto deve subire;

- il carcere è un’istituzione insostenibile, sotto il profilo

giuridico, politico, sociale e finanziario; da una parte la

domanda di giustizia dei cittadini e dall’altra il diritto del

condannato al proprio inserimento sociale al termine della pena

(quasi sempre disatteso);

- occorrono quindi altre misure; gli Stati Generali, alla presenza

del Ministro della Giustizia Orlando, inaugurati presso la IIa

Casa di Reclusione di Milano-Bollate il 19 maggio 2015 tema

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“Dignità, diritti, sicurezza”: sei mesi di idee per cambiare il carcere

hanno anche l’obiettivo di elaborare, attraverso il contributo di

coloro che vivono all’interno delle strutture carcerarie, una

proposta di riforma della Giustizia Penale e della sua

esecuzione. Sembra, questo, un primo timido passo in avanti

verso l’individuazione di nuovi criteri che tendano a rivisitare

modalità e termini di applicazione dell’azione penale;

- nella veste di persone detenute, ma nello stesso consapevoli e

responsabili, si pongono all’attenzione degli organi deliberanti

alcune riflessioni che potrebbero costituire un programma

minimo di modifica del sistema penale, da attuare in tempi

brevi, e propedeutico ad un ampio percorso di riforme nella

Giustizia, che allinei il nostro Paese a quelli più evoluti e attenti

al problema dell’esecuzione della pena in Europa.

•Riduzione delle pene detentive

L’abolizione dell’ergastolo, considerato, oggi, una pena senza

fine che contrasta con i principi rieducativi espressi nella

Costituzione e contrari al senso dell’umanità; molti si sono

espressi in questo senso, non ultima l’affermazione di Papa

Francesco nel suo intervento presso il carcere di PoggioReale lo

scorso marzo:

“….. i carcerati troppo spesso sono tenuti in condizioni indegne della

persona umana e dopo non riescono ad inserirsi nella società …..”;

l’abolizione di questa pena, inoltre, consentirebbe di mettere un

limite massimo alle pene detentive, commisurando, le altre,

verso il basso.

•Trattamento penitenziario umanizzato

Occorre individuare circuiti penitenziari differenziati in base

alle diverse tipologie di reato, (a titolo esemplificativo

l’assoggettamento di detenuti fortemente diversi tra loro, con

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incompatibilità oggettiva che produce in ciascun individuo un

ulteriore isolamento e auto reclusione).

•Salvaguardia e rispetto dei diritti dei detenuti

Diritto alla salute e alla cura del proprio corpo, diritto alle

relazioni affettive e familiari;

diritto ad una istruzione adeguata, culturale, formativa e

lavorativa;

diritto/dovere al lavoro, sia all’interno che all’esterno, per

giungere poi al fine pena, individuando una corsia

preferenziale per l’inserimento nel mondo del lavoro, attraverso

accordi con le organizzazioni datoriali e sindacali, pubbliche e

private, che ne regolino l’obbligatorietà di assunzione anche

attraverso l’applicazione di strumenti incentivanti di tipo

contributivo e fiscale, potendo accedere a fondi europei,

regionali e a start up legate al recupero dei detenuti.

•Garanzie delle pene alternative in corso di esecuzione

Occorre abolire la discrezionalità decisionale della

Magistratura di Sorveglianza per l’accesso alle misure

alternative, spesso troppo selettiva e priva della conoscenza sul

percorso di ogni singolo detenuto.

Occorre pensare all’ampliamento delle stesse, questo in

alternativa al carcere, eliminando le condizioni ostative (ove non

vi siano reati di pericolosità accentuata); la conversione delle pene

alternative in pene detentive dovrebbe essere comminata solo

in gravi casi di violazioni plurime e comunque correlata a

criteri di gradualità.

Proposte di rapida applicazione, orientate al miglioramento

della vita carceraria, al recupero e alla restituzione

dell’individuo al mondo di fuori, alla semplificazione delle

procedure attuative, all’economizzazione dei costi di gestione,

ridanno maggior sicurezza alla società civile.

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L'Ordinamento Penitenziario vigente, introdotto con la legge di

riforma del 26 luglio 1975 n. 354, prevede diverse modalità di

esecuzione della pena: dalla privazione totale della libertà a

limitazioni parziali di essa. E' ancora diffuso nel comune

sentire, quando si affronta il tema dell’esecuzione delle pene,

l’opinione che identifica l’espiazione della sanzione penale con

il carcere; nell’immaginario collettivo il carcere, con la sua

fisicità, presente nella società ma distinto da essa, rappresenta

ancora il luogo esclusivo della pena, che sembra escludere

forme diverse di espiazione.

•Pene alternative al carcere

Un capitolo a parte merita il tema riguardante le pene

alternative;

non a caso è un argomento piuttosto delicato, poco incline ad

una oggettiva presa di coscienza da parte dell’opinione

pubblica, aggredita e condizionata dalla propaganda

giustizialista dei media che ne traggono vantaggio, alimentando

molte volte, strumentalmente, la cultura dell’odio e del male;

un argomento che affronta e riguarda la riduzione della

detenzione e/o l’individuazione di pene alternative.

A tal proposito vi è stato un monito al legislatore da parte della

Corte Costituzionale, con l’ordinanza 279/2013, che, tra l’altro,

sollecitava l’adozione di misure idonee, diverse dalle attuali e

nel rispetto del senso di umanità.

Sulla stessa tematica, il 9 ottobre 2013, l’ex Presidente della

Repubblica Giorgio Napolitano, in un messaggio indirizzato

alle Camere, qualificava “imperativo morale” la necessità di

cambiare la condizione carceraria italiana. A tal fine venivano

suggerite le linee di riforma del sistema sanzionatorio,

funzionale per risolvere i problemi di sovraffollamento delle

Case di Reclusione e di riabilitazione, e il conseguente

reinserimento delle persone carcerate nella società civile.

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L’attuale sistema penale mostra la necessità e l’esigenza di

un’incisiva depenalizzazione; richiede l’introduzione di

meccanismi nuovi, che mettano alla prova i soggetti meritevoli

di affrontare un percorso di reale reinserimento sociale,

evitando la clausura carceraria.

Occorre prevedere pene che, pur limitando la libertà personale,

considerino la carcerazione quale “extrema ratio” per i reati più

gravi; è necessario attenuare gli effetti “distorti, devastanti e

anticostituzionali” della recidiva, per poter allineare il nostro

sistema penale ai principi costituzionali di uno Stato di Diritto.

In Italia, le sanzioni non carcerarie sono possibili solo in

situazioni molto limitate e in base a presupposti piuttosto

stringenti, e lasciate, quasi sempre, alla discrezionalità della

Magistratura di Sorveglianza.

Ci si domanda come il Governo abbia volontariamente lasciato

decadere, senza esercitarlo, il potere delegato dalla Legge

67/2014 per l’introduzione di pene detentive non carcerarie.

Per dare maggior contezza alla necessità di una vera riforma

del sistema penale, è sufficiente ricordare che nel nostro Paese,

a fronte di oltre l’80% dei condannati che scontano la pena in

carcere, in altri Paesi Europei, quali ad esempio la Francia, la

Gran Bretagna ed altri, il tasso scende al 24%, e che le recidive

più basse sono ottenute soprattutto grazie al lavoro esterno e

con pene non carcerarie.

In alcuni stati americani e in altri europei, Gran Bretagna tra i

primi, sono state valorizzate le attività rieducative attraverso

progetti d’investimento sociale, finanziati da fondi destinati a

programmi di reinserimento dei detenuti; nello specifico i

capitali di rischio venivano remunerati proporzionalmente al

perseguimento degli obiettivi di reinserimento.

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Ad avviso di molti personaggi del mondo politico e altri di

“common sense” appartenenti alla società civile, al di là della

comprovata insostenibilità dell’attuale istituzione carceraria,

occorre avviare nel nostro Paese una riforma intesa come una

vera e propria rivoluzione culturale, politica e giuridica, che

tuttavia necessita di un periodo di transizione, che consenta

l’applicazione di alcune modifiche che riducano la carcerazione,

sostituendola con misure meno afflittive extramurarie.

Per concludere vorremmo rammentare una recente postfazione

scritta, a margine di un noto saggio sull’inutilità e la necessità

del carcere, da Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte

Costituzionale, che sul tema lancia un monito e ci invita a

riflettere e a ricercare nuove soluzioni, pur nel rispetto del

principio dell’obbligatorietà dell’azione penale:

“non ci appare stupefacente che in tanti secoli l’umanità che ha fatto

progressi in tanti campi delle relazioni sociali non sia riuscita a

immaginare nulla di diverso da gabbie, celle, dietro le quali

rinchiudere i propri simili, come animali feroci”.

La privazione della libertà personale tramite la reclusione in

carcere si è affermata nel XIX secolo ed è la pena più diffusa

negli ordinamenti contemporanei per i reati di non lieve entità;

la nostra Costituzione con l’art. 27 c. 3, affermando i

fondamentali principi di umanità e funzione rieducativa della

pena, ha superato, pur non rinnegandola, la funzione

punitivo/retributiva della pena, per cui il reo ha un debito con

la società determinato dalla violazione della legge, violazione

che deve essere pagata/scontata.

In questa area informativa, si trovano schede sulle attività

praticate negli istituti penitenziari che costituiscono "elementi del

trattamento", individuati dall'art. 15 dell'Ordinamento

Penitenziario, informazioni sui diritti che condannati e internati

conservano durante la privazione della libertà e gli strumenti di

tutela. Alcune delle misure di sicurezza detentive non sono

pene, ma sanzioni che comunque richiedono la limitazione

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della libertà e perciò sono applicate anche in istituti che

rientrano nel sistema penitenziario.

Nell'attuale sistema penitenziario l'osservazione scientifica

della personalità, rappresenta il metodo scientifico attraverso

cui l'Amministrazione deve favorire il reinserimento sociale dei

condannati, attraverso la rimozione delle cause di

disadattamento sociale che starebbero alla base della devianza

criminale; secondo la definizione dell’art.13 della legge 26 luglio

1975 n.354 (Ordinamento Penitenziario), l'osservazione è

espletata, secondo quanto disposto dall'art.28 DPR n.230 del

30.6.2000 (regolamento di esecuzione) da personale dipendente

dell'amministrazione (educatori, assistenti sociali, personale di

Polizia Penitenziaria) e, se necessario, anche dai professionisti

indicati nell'art. 80 dell'Ordinamento Penitenziario (esperti di

psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia

clinica), attraverso il coordinamento e la responsabilità del

direttore dell'istituto.

L'art. 27 del regolamento di esecuzione precisa la metodologia

da seguire in sede di osservazione, comprendente:

- acquisizioni documentali di dati giudiziari e penitenziari, clinici,

psicologici e sociali

- svolgimento di colloqui con il detenuto, sottoposto ad osservazione

sulla base dei dati acquisiti , finalizzati a stimolare il processo di

c.d.

- revisione critica, una riflessione sulle condotte antigiuridiche poste

in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle

stesse per l'interessato medesimo e sulle possibili azioni di

riparazione delle conseguenze del reato, incluso un possibile

risarcimento dovuto alla persona offesa.

L'osservazione è compiuta all'inizio dell'esecuzione e prosegue

nel corso di essa; periodicamente il Gruppo di osservazione e

trattamento (G.O.T), formato dai soggetti indicati nell'art. 29

comma 2, si riunisce per redigere la relazione di "sintesi

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dell'osservazione scientifica della personalità", contenente una

proposta di programma, trattamento, che dovrà essere

approvata con decreto dal Magistrato di Sorveglianza.

L'osservazione è compiuta all'inizio dell'esecuzione della pena e

proseguita nel corso di essa per registrare l'evoluzione della

personalità del detenuto o internato in rapporto al suo grado di

adesione alle offerte trattamentali.

L’art. 15 dell’Ordinamento Penitenziario (Legge 354/1975)

prevede l’istruzione come fondamentale elemento di

risocializzazione, l’istruzione è strumento per la formazione

scolastica, professionale e per promuovere lo sviluppo della

personalità attraverso nuovi interessi.

Negli istituti penitenziari sono organizzati, secondo quanto

stabilito dall’art. 19 Ordinamento Penitenziario, corsi

d’istruzione scolastica di ogni ordine e grado e corsi

professionali, in alcuni Istituti penitenziari sono presenti poli

universitari; gli studenti detenuti ed internati, secondo quanto

previsto dall’art 45 del DPR 230/2000, ricevono premi di

rendimento e sussidi economici in base alla tipologia del corso

frequentato, ai risultati scolastici, alle condizioni personali e

sociali.

Il regolamento di esecuzione adottato con DPR n. 230 del 30

giugno 2000, ha introdotto diverse agevolazioni per gli studi

universitari, l’art. 44 prevede che, per potersi concentrare nello

studio gli studenti siano assegnati, ove possibile, a camere e

reparti adeguati e siano resi per loro disponibili appositi locali

comuni.

I detenuti possono inoltre essere autorizzati a tenere nella

propria camera e negli altri locali libri, pubblicazioni e tutti gli

strumenti didattici necessari.

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•Giornali nel carcere

Un’importante attività risocializzante si esprime attraverso la

creazione di redazioni giornalistiche all’interno degli Istituti

Penitenziari; generalmente i periodici nascono grazie alla

collaborazione di giornalisti che operano come volontari

all’interno e all’esterno delle strutture e che, attraverso alcuni

corsi di formazione, insegnano ai detenuti le basi e gli elementi

del mestiere; in molti istituti l'attività redazionale si svolge in

locali dedicati, nei quali i detenuti si incontrano per discutere

della stesura e della definizione del giornale.

Diversi periodici vengono pubblicati e distribuiti attraverso

circuiti esterni, diffusi anche in rete, alcune esperienze si sono

ormai consolidate negli anni costituendo un importante

contributo all'informazione sul/nel carcere.

•Libertà di culto

L’art. 26 dell’Ordinamento Penitenziario (Legge 354/1975)

riconosce ai detenuti la libertà di professare la propria fede, di

“istruirsi” nella propria religione, di praticarne il culto; negli

Istituti penitenziari è assicurata la celebrazione del culto

cattolico con la presenza di almeno un cappellano, mentre i

detenuti di altre religioni hanno il diritto di ricevere, su

richiesta, l’assistenza dei ministri del proprio culto e di

celebrarne i riti, purché siano compatibili con l’ordine e la

sicurezza e non si esprimano in comportamenti molesti per la

comunità o contrari alle legge.

L’art. 58 del regolamento di esecuzione (DPR 230/2000)

stabilisce che le Direzioni devono avvalersi dei ministri di culto

di religioni diverse da quella cattolica, indicati da quelle

confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato italiano sono

regolati da legge, o indicati dal Ministero dell’Interno.

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In alternativa l'ingresso dei ministri di culto può essere

autorizzato in base all’art. 17 Ordinamento Penitenziario in

quanto, queste figure, possono essere ricomprese tra gli

operatori appartenenti alla comunità esterna che collabora

all’azione rieducativa, promuovendo “lo sviluppo dei contatti tra

la comunità carceraria e società libera”.

Per ovviare alla mancata compilazione di un elenco di ministri

di culto islamici le circolari n. 5354554 del 6 maggio 1997 e n.

508110 del 2 gennaio 2002 si è individuata una procedura che

prevede la comunicazione delle generalità del ministro di culto

nonché della moschea o della comunità di appartenenza, alla

Direzione generale detenuti e trattamento e al Ministero

dell’Interno per l’acquisizione di un parere sull’autorizzazione

all'ingresso in carcere.

La procedura prevede l’invio alla Direzione generale detenuti e

trattamento anche dei nominativi di tutti i rappresentanti di

fede islamica autorizzati all’ingresso negli istituti penitenziari ai

sensi dell’art. 17 dell’Ordinamento Penitenziario.

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G) Riflessioni sul significato della pena

Il carcere, rottamatore degli affetti

In carcere si verificano storie di abbandono tutte simili tra

loro, molti non avrebbero voluto giungere ad estreme

conseguenze come quelle che hanno indotto al suicidio un

numero rilevante di detenuti.

Poco si è fatto in materia di affettività, tanto si potrebbe e si

deve fare.

Esiste una statistica a conoscenza dei detenuti e degli operatori

del settore, siano essi educatori, dirigenti penitenziari,

Magistrati, psicologi, assistenti sociali, che dimostra con dati

concreti l’inevitabile deterioramento dei rapporti con i

familiari entro i primi due anni di detenzione.

Una delle principali cause è l’assenza della “quotidianità”,

proprio per questo diventa difficile mantenere viva l’unione.

Durante il primo anno i sentimenti che regolano questi

rapporti, paradossalmente crescono di intensità, per cui si

fanno promesse, si fanno progetti …………. , passato questo

momento, quando non vi è la possibilità di uscire in breve

tempo dal carcere, allora la parabola inizia la sua fase

discendente e molte unioni si dissolvono.

Tutto questo è comprensibile, tutti abbiamo necessità

fisiologiche ed affettive che non possono essere trascurate per

molto tempo o addirittura dimenticate senza dar luogo a vere

proprie patologie fisiche e patologiche.

Certo vi sono le eccezioni, si sente parlare di attese durate

anche trent’anni, viene da domandarsi quali siano le

motivazioni per continuare a distanza simili rapporti affettivi.

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Le leggi che regolano l’espiazione della pena, ormai obsolete,

perché non più adeguate ai tempi e alle necessità di una

società che si è modificata facendo enormi passi avanti in tema

di politiche sociali, devono essere rivisitate ed improntate ad

una maggiore umanità.

Il desiderio, comune ai detenuti, è pensare all’inserimento,

nell’Ordinamento Penitenziario, di concessioni che

permettano di coltivare, nel senso più ampio, le affettività con

le proprie famiglie e con le proprie compagne; prevedere un

inserimento lavorativo, permettendo così di uscire dalle

devianze della criminalità, aderendo al solo reinserimento

sociale.

La pena deve tendere alla rieducazione e al reinserimento

La famiglia e l'esistenza di rapporti affettivi, validi, incidono

moltissimo sulle decisioni di qualsiasi Magistrato di

Sorveglianza quando è chiamato a valutare la concessione di

misure alternative al Carcere e allora, perché non adeguare

Leggi e mentalità uscendo da quella spirale collettiva che

trasforma la punizione in vendetta, non rispettando il dettato

Costituzionale.

Quando il nucleo familiare di una persona detenuta si sfalda,

perdendo affetti, casa e riferimenti, in che modo la Legge e di

conseguenza lo Stato intervengono?

Attraverso i Magistrati di Sorveglianza si giunge solo alla

negazione di quei diritti, (rigetti di richieste di misure alternative)

che dovrebbero essere di tutti e finiscono per essere solo dei più

abbienti che possono pagare “Principi del Foro”o dei più

fortunati che non hanno subito lo sgretolarsi dei rapporti con la

famiglia.

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Gli stessi Magistrati di Sorveglianza, deputati alla vigilanza

sull'esecuzione della pena, non dispongono di normative certe e

inderogabili, automatiche, che possano ovviare a una simile

disparità; si avvalgono, pertanto, di commissioni e

sottocommissioni di esperti quali educatori, psicologi,

criminologi che dovrebbero fornire un’ipotesi di reinserimento

analizzando il percorso della persona reclusa.

Spesso questi operatori non sono in grado portare a

compimento il loro lavoro attraverso la così detta chiusura della

“sintesi trattamentale” in virtù dell’'elevato numero di presenze

di detenuti e lo scarso numero di addetti.

Allora i Magistrati di Sorveglianza si affidano al loro potere

discrezionale e, essendo esseri umani, fallibili, come tutti, senza

alcuna cattiveria, ma solo nell'incertezza di poter assumere una

“responsabilità” che potrebbe portare a risvolti negativi, capita

che commettano errori di valutazione, trasformando,

inconsapevolmente, quella discrezionalità che la Legge

attribuisce loro, in potere di “vita e di morte” nel momento in cui

sono chiamati a decisioni che riguardino detenuti, persone

anziane detenute, malate o comunque al limite delle loro

possibilità fisiche, mentali e materiali, perché distrutte da

lunghe carcerazioni o da vicissitudini infauste e che, proprio

perché non più in possesso di quei requisiti che possano

fungere da “garanzia” per esservi sottoposti, sono oggetto di

valutazioni negative...

L'intera società potrebbe ricavarne solo benefici se...

Una persona che ha commesso un “crimine”e espia la sua pena

in maniera serena, in luoghi ove sia reale la possibilità di

coltivare affetti, partecipare ad attività formative propedeutiche

a un effettivo reinserimento nel mondo del lavoro, uscirà, se

non altro, preparata ad affrontare la vita con maggiore

responsabilità.

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La maggior parte delle condotte devianti sono frutto di mancata

o errata educazione, miseria, ignoranza, incapacità gestionale

delle emozioni, per tanto ogni deviante può e dovrebbe essere

considerato come un “diversamente abile” e, come tale,

seriamente seguito e inserito in corsie preferenziali sia dal

punto di vista psicologico, talvolta psichiatrico, oltre che

criminologico, che siano in grado di individuare un effettivo

trattamento risocializzante. Trattamento che non può e non

deve prescindere dal lavoro che deve essere assicurato, se non

imposto in casi particolari, durante e dopo l'espiazione della

pena.

Accade invece che, pur avendo espiato la propria pena, ogni ex

detenuto sia bollato come tale e, di fatto, estromesso da ogni

contesto lavorativo e sociale...

Non è concepibile che una società come quella italiana,

avanzata per cultura umanistica, lungimirante nelle politiche

economico-sociali, all'avanguardia in numerosi altri settori e,

soprattutto, basata su un'economia che spazia dal pubblico al

privato con grandi numeri di realtà lavorative, non preveda vi

sia obbligo di una percentuale di assunzioni per le categorie più

deboli e, invece, si pianga addosso quando si verificano

situazioni non rispettose delle regole, correndo ai ripari nella

maniera più sbrigativa, meno responsabilizzante e meno

produttiva.

I media che seguono correnti politiche non fanno altro che

esacerbare gli animi dando risalto e, talvolta enfatizzando,

condotte devianti, con il solo scopo di distogliere l'attenzione

dell'opinione pubblica da problemi più gravi.

La sensazione che se ne ricava è quella di uno Stato allo sbando,

incapace di fronteggiare comportamenti fuori dalle regole.

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Le politiche emergenziali in ambito penale, che avrebbero

dovuto coprire solo un arco temporale ben definito atto a

fronteggiare le momentanee esigenze, sono divenute pratica

quotidiana, non sono state mai più rimosse e non hanno sortito

gli effetti per i quali erano state messe a punto; l'unica loro

funzione è stata quella di stabilire aumenti di pene nella

presunzione di aver creato deterrenti.

Ipotesi totalmente fallite e tuttora fallimentari, che hanno

portato solo ad una più lunga permanenza nelle patrie galere di

soggetti che avrebbero potuto essere puniti diversamente e alla

necessità di creare nuovi posti per i nuovi devianti che,

altrimenti, non troverebbero collocazione in assenza di deflusso

della popolazione carceraria esistente.

Non va sottaciuto anche un ulteriore pasticciato

comportamento legislativo - emergenziale che, al fine di

alleggerire l'imponente e pesante carico di lavoro delle Procure

e dei Tribunali, nonché evitare sanzioni dal Parlamento

Europeo, emette decreti che depenalizzano reati minori

permettendo a chi fosse fuori, imputato di codesti reati, e a chi

volesse commetterli, di ottenere una sorta di impunità che,

però, non viene garantita anche a chi, per quegli stessi reati, si

trova in carcere in espiazione delle relative pene.

Tutto ciò contravvenendo ancora una volta al dettato

costituzionale che sancisce l’eguaglianza dei cittadini di fronte

alla Legge.

Questo comportamento lascia posto ad ambiguità palesi e,

“malignamente” si potrebbe pensare che serva a mantenere

comunque inalterato il numero dei detenuti presenti nelle

galere (definitivi che non hanno possibilità di fruire delle leggi più

favorevoli) di tanto in tanto rimpiazzati, allo scadere

dell’espiazione delle loro pene, da nuovi arrivi in modo da non

creare squilibri tra gli addetti ai lavori (Polizia Penitenziaria e

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operatori civili) che possano mettere a repentaglio posti di

lavoro.

Allo stato attuale tutti gli operatori possono lamentare, a

ragione, carenze di personale, ma se la popolazione carceraria

diminuisse sensibilmente, certe lamentele non avrebbero più

ragion d’essere.

Si ritiene, senza alcuna presunzione, che gli interventi del

Legislatore in tema di criminalità, recidiva, risocializzazione,

non possono non passare attraverso una volontà di

riconciliazione; assistiamo a tanta demagogia e a luoghi comuni

dai quali non si riesce ad uscire perché assaliti da inutili

allarmismi e notizie false o mal raccontate.

Non riusciamo a reagire in maniera concreta, nel rispetto delle

esigenze di tutti, per paura e insicurezza, perché il non fare non

impone assunzione di responsabilità.

Le poche iniziative prese, ad esempio la permanenza fuori dalle

celle per più ore al giorno ed altre simili, pur essendo utili ad

alleviare la situazione di degrado delle Carceri, per altro non

eliminata del tutto per motivi logistici e di sicurezza vigenti in

tanti Istituti, non risolvono in alcun modo il problema

principale.

La popolazione detenuta che oggi ammonta a circa

sessantamila unità e che, dal punto di vista lavorativo, si

ridurrebbe in maniera consistente data la presenza di anziani,

inabili totali e, comunque di persone ormai fuori dal mercato

del lavoro esterno (vedasi condannati all'ergastolo o a pene

ostative), rappresenta una percentuale irrilevante rispetto ai

ventisette milioni di lavoratori esistenti e comprende un gran

numero di giovani per i quali non vi sarebbe altra possibilità di

non tornare a delinquere se non inseriti nel mondo del lavoro...

L'inserimento di queste persone che si accontenterebbero anche

del più umile dei lavori, di quelli che ormai la maggior parte

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degli italiani non vuole più fare, non dovrebbe risultare

difficoltoso, ma se pure qualche difficoltà, di qualsivoglia

natura, sorgesse, il suo superamento sarebbe ripagato dai

risultati che andrebbero a tutto vantaggio della collettività.

Quelli sopra descritti sono dati di natura sociologica che non

possono più essere disattesi, tanto meno nascosti!

Viviamo in un'era altamente tecnologica in cui tutto si muove

velocemente.

Sono mutate le esigenze sociali e di relazione, sono mutati i

metodi e i mezzi per stabilire contatti e allora come si può

pensare che una persona, solo perché detenuta, debba essere

tenuta lontana da tutto ciò che è progresso?

Come sarà possibile, quando queste persone riacquisteranno la

libertà, renderle autosufficienti ed inserite in un mondo che, di

fatto, non conoscono?

I reclusi vivono in maniera totalmente diversa da chi vive

all’esterno, subiscono privazioni d’ogni tipo, pensiamo alle

carenze d’igiene, impossibile da sanare vista la fatiscenza degli

Istituti di pena e per la disposizione di “mobili” e suppellettili

varie, fissate al muro o al pavimento.

Pensiamo alla preparazione dei pasti che avviene in cella, per

integrare, per chi è munito di forza economica, il vitto fornito

dall’amministrazione spesso carente in qualità e quantità, in

uno spazio ricavato in un angolo del “bagno” posizionando uno

sgabello sopra il wc a cielo aperto.

Pensiamo alla convivenza forzata con un compagno che non si

conosce e con il quale, pur sforzandosi ed usando tutta la buona

volontà possibile, non si riuscirà ad andare perfettamente

d’accordo.

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Pensiamo inoltre a tutte le frustrazioni derivanti dal vivere in

cattività lontani dagli affetti, in una solitudine che spesso è

devastante.

La “forma mentis” di un recluso è racchiusa in quattro mura

come il suo corpo, per quanto individualmente si cerchi di

tenersi impegnati in qualunque modo, non si riesce ad uscire

dal recinto, ed è un bel dire che si può riacquistare la libertà

interiore, che pure aiuta, ma non è certamente paragonabile a

quella di cui è privato chi sta in carcere.

Certamente si potrebbe obbiettare che chi è sottoposto a un

simile regime, ha commesso qualcosa che lo ha condotto a

doverne subire le conseguenze, quindi, “chi è causa del suo mal

pianga se stesso”, ma non si può liquidare un fatto socialmente

rilevante come quello di cui qui si scrive con delle frasi fatte che

potevano trovare fondamento in una cultura arcaica in cui la

deresponsabilizzazione ne era il “leit motiv”.

In questo momento storico, in Italia, e, forse, nel mondo, credo

non vi sia nucleo familiare che non abbia al suo interno un

deviante, chiaramente questi vengono catalogati come

delinquenti incalliti o come povere vittime di un momento di

debolezza, tutto dipende dal ceto sociale di appartenenza, ma

in ogni caso è innegabile l’impatto negativo sull’intero tessuto

sociale e la rilevanza di una situazione di tale portata.

Si potrebbe andare avanti ad argomentare e certamente vi

sarebbe ancora moltissimo da dire, ma forse è meglio fermarsi

qui ed esprimere solidarietà nei confronti di tutti coloro che

operano all’interno delle carceri e si trovano a dover lavorare in

contesti così disastrati, nella speranza che loro, per primi,

esprimano, quantomeno, il loro disappunto difendendo la loro

dignità di professionisti ed esseri umani.

Questi sono gli interrogativi che la società intera dovrebbe porsi

e, questi, i quesiti a cui si dovrebbe dare esaurienti risposte!

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In chiusura

Vale citare l’ultimo libro “ABOLIRE IL CARCERE” di:

• Luigi Manconi (è parlamentare e presidente della

Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato,

fondatore nel 2001 dell’Associazione “A Buon Diritto”)

• Stefano Anastasia (ricercatore di Filosofia e sociologia del

diritto presso il dipartimento di Giurisprudenza

dell’Università di Perugia dove coordina la Clinica legale

penitenziaria, ex presidente di Associazione Antigone)

• Valentina Calderone (direttrice di “A Buon Diritto”, autrice di

saggi sul tema della detenzione)

• Federica Resta (avvocato, dottore di ricerca in Diritto penale e

funzionario del Garante per la protezione dei dati personali)

ove viene toccata in modo esaustivo e profondo l’esecuzione

penale.

“Nel 1978 il parlamento italiano votò la legge per l’abolizione dei

manicomi dopo anni di denunce della loro disumanità; ora dobbiamo

abolire le carceri, che servono solo a riprodurre crimini e criminali e

tradiscono i principi fondamentali della nostra Costituzione.

Tutti i paesi europei più avanzati stanno drasticamente riducendo

l’area del carcere (solo il 24 per cento dei condannati va in carcere in

Francia e in Inghilterra, in Italia l’82 per cento).

Nel nostro paese chi ruba in un supermercato si trova detenuto

accanto a chi ha commesso crimini efferati.

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Il carcere è per tutti, in teoria.

Ma non serve a nessuno in pratica.

I numeri parlano chiaro: la percentuale di recidiva è altissima.

E dunque? La verità è che la stragrande maggioranza dei cittadini

italiani non ha idea di che cosa sia una prigione.

Per questo la invoca, ma per gli altri.

La detenzione, in strutture in genere fatiscenti e sovraffollate, deve

essere quindi abolita e sostituita da misure alternative più adeguate,

efficaci ed economiche, capaci di soddisfare tanto la domanda di

giustizia dei cittadini nei confronti degli autori di reati più gravi

(solo una piccola quota dei detenuti) quanto il diritto del condannato

al pieno reinserimento sociale al termine della pena, oggi

sistematicamente disatteso.”

Nello stesso libro, dalla postfazione di Gustavo Zagrebelsky :

“Non ci appare stupefacente che in tanti secoli l’umanità, che ha

fatto tanti progressi in tanti campi delle relazioni sociali, non sia

riuscita a immaginare nulla di diverso da gabbie, sbarre, celle dietro

le quali rinchiudere i propri simili come animali feroci ?”

Ed ancora:

Raf Vallone (sergente Marco Galli), in "RISO AMARO" di

Giuseppe De Santis, (1949): “Il carcere l’ha inventato qualcuno

che non c’era mai stato ”

D’altro canto, la Costituzione non parla mai di carcere, né di

pena detentiva.

Anche se i costituenti conoscevano solo il carcere (per averlo

personalmente scontato durante il regime fascista) e la pena

capitale, in modo saggio e miracolosamente lungimirante non

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aggettivarono le pene, lasciando campo libero a un legislatore

che volesse cambiare radicalmente la fisionomia delle sanzioni

penali.

Ben 2368 persone sono morte nelle carceri italiane negli ultimi

quindici anni: quasi 160 all’anno, di cui almeno un terzo per

propria scelta, ricorrendo ai vari strumenti che consentono a

chi si trovi recluso di togliersi la vita: dall’impiccagione alle

sbarre della cella all’aspirare il gas di un fornello.

Più della metà dei detenuti sopporta la reclusione solo grazie all’uso

abituale di psicofarmaci, mentre, la gran parte, quasi il 70 per cento, è

destinata a rientrare in carcere entro un breve periodo di tempo.

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

Appendice A

TAVOLO - 9 Istruzione, cultura, sport

Proposte per la cultura

Attivare una linea di comunicazione "blindata" verso la propria controparte

esterna del servizio bibliotecario territoriale.

Garantirsi l'autonomia finanziaria attraverso un programma di tesseramenti. I

fondi saranno utilizzati per i materiali di consumo e per attivare nuovi servizi per

gli utenti.

Ricerca di nuovi sponsor.

Organizzare corsi di formazione destinati al personale della Biblioteca.

Arricchire l'offerta di corsi di lingue e di pubblicazioni in lingua originale.

Reperire libri di testo per gli studenti iscritti a corsi scolastici e universitari.

Allestire uno spazio all'aperto da usare come area di lettura nella bella stagione.

Dotarsi di ambienti all'interno di analoga capienza per i mesi invernali.

Proiezioni cinematografiche di film e concerti recenti.

Cosa ha funzionato nella nostra gestione

La convenzione firmata con "Fondazione per Leggere".

La costituzione della Commissione composta in prevalenza da detenuti.

Il libero accesso garantito dal regime di detenzione attenuato.

L'organizzazione dei tornei che ha aumentato le presenze in Biblioteca.

La creazione di una zona dedicata all'intrattenimento ludico (sala gaming).

La collaborazione col progetto CO2 (ascolti audio-musicali improntati agli stati

emotivi).

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Commissione Biblioteca, Ia Casa di Reclusione di Milano-Opera

TAVOLO - 9 Istruzione, cultura, sport

Proposte per l'istruzione

Aumentare il numero delle aule.

Ampliare l'uso dei computer.

Velocizzare la fornitura di libri di testo e materiale didattico.

Attivare una linea "blindata" con l'Università e offrire lezioni universitarie in

videoconferenza.

Aumentare il numero dei tutor che seguono gli studenti.

Snellire le formalità burocratiche per le iscrizioni alle facoltà universitarie.

Fornire strutture adeguate anche per l'Alta Sicurezza.

TAVOLO - 9 Istruzione, cultura, sport

Proposte per lo sport

Aumentare l'offerta di attività sportive all'interno dell'Istituto.

Allacciare contatti con l'esterno e creare occasioni di praticare lo sport insieme

alla società civile.

Organizzare tornei periodicamente al fine di alimentare lo spirito di gruppo.