Remando _Poesie Scelte Di Duilio Martino

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1 Remando (poesie selezionate dall’autore) - diritti riservati - di Duilio Martino

Transcript of Remando _Poesie Scelte Di Duilio Martino

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Remando

(poesie selezionate dall’autore)

- diritti riservati -

di Duilio Martino

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Clessidre

Sulla torre

garriscono le rondini

domina l'aquila vermigli cieli.

Anime affannate

- minuti grani di sabbia -

cadono

segnando il tempo.

3

L’eco del vespro

È nel crepuscolo più che in altri spiragli di tempo

che cerco in affanno improbabile verso - compagno un ciliegio -

consumando la valle con gli occhi ammaliati e vermigli frangenti su bianche scogliere.

Nel crepuscolo si!

quando è il silenzio che nutre lo stesso maledetto silenzio

che mentre mi sazia ti strazia e ti uccide.

Lo cerco lì quel verso importante che stillo bene per sentirlo mio...

e credo che mai cesserò mai di cercarlo so già

poiché m'aggrada dar voce alle rocce annerite dal tempo e che s'ergono a mura.

Nel mentre scuote già ebbra la mente

- droga è quel rosso - un gran bel suono da sempre amico

non fa difetto il bronzo che al vespro mi giunge sol eco

a suntare in un tocco più di quanto so fare

il vivere speso.

- 3° Posto alla X edizione del Premio Letterario "Le Pieridi"; - Premiata finalista (8° Posto) Ottavo concorso nazionale di poesia “Il castello di Sopramonte”

Prato Sesia - NOVARA - Selezionata e pubblicata su antologia poetica “La Nostalgia 2012”;

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Lacrima il cielo sui borghi d’Abruzzo

Vanesie case sui dirupi

abbrunate dal tempo speso a indignarsi e dall'intenso fumo dei camini

stille del cielo i coppi come gocce di sangue colate sui sassi

dal crepuscolo sul dorso delle austere colline.

Grumi di sogni dentro l'anima mia

sono i cippi miliari ovunque posti a rammentarmi

- benché io sappia - quel che rimane da peregrinare.

Sarebbe certo più facile odiarla

questa spinosa terra mia - non è follia -

e piuttosto che amarla nella bruma d'autunno dare le spalle

senza penare rivoltando zolle avido di grani d'oblio.

Ora pensieri

come viscide serpi cercano varchi tra gli antichi muri

i ricordi assediano la mente agitando gli estinti ieri...

ingoio gli attimi non mollo e spero affannandomi a luna spenta

nella nebbia che offusca il futuro.

- Menzione d’Onore – Undicesima edizione – 2012 - Premio Internazionale “L’Arcobaleno della vita” - Città di Lendinara

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Polvere dei secoli

Rigoglio attorno, e insolita quiète nel borgo mio;

ériche e papaveri assediano uno sterile agrifoglio

smunto oramai da primavere ignave.

Muoiono i giorni e il cielo ottenebrato

- come bianco sudario - cala un velo di neve in cima al tetto dissanguato

e sull'aguzze guglie della Pieve.

Solo i cipressi - cerberi forzuti -

pur provati da notte siderale, non cedono ai rimbrotti del grecale e impassibili si scrollano di dosso

- di tanto in tanto - cenere... dei secoli.

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Terra senza voce

Non serve accartocciarsi per offrire un profilo esiguo al nord

quando frusta la bora; e nessuno può dircelo

ove appigliarci ed in che modo ancorarci assecondando vortici...

o come torcerci in spirale - nastri di carne appesi all'occhio di voluta -.

Secoli di trincee

che sono state scavate inutilmente a scongiurare l'orrido declino;

siamo stati ingannati noi figli della terra,

assassinati nelle fertili piane del vicino.

Quale strada intraprendere ora - ignudi - con le membra sfibrate

noi che la guerra ripudiamo ancora? Ossidati i martelli,

falci e scudi crociati sotterrati - rotti - e aguzzini son già tutti morti.

Non serve accartocciarsi

per crepare di pace con l'angoscia che divora molto meglio irritarsi

e ribellarsi ancora se la pace fa più morti della guerra

e continua a ficcar croci tra le crepe di terra senza voce

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“Utopia” (In memoria di 15 frainesi morti a Gibilterra nel naufragio del 17 marzo 1891)

Miraggio d'una ignota ambita sponda fu spento dal modesto navigare

quell'urlo soffocato in spuma d'onda in spoglie di miseria d'altro stare.

Trafitto in rada a picco il ferro leso del ventre d'Utopia colma ingorda al vespro quel ricordo resta appeso

ch'a posteri campan non giunga sorda.

Rintocchi lievi bronzei ... e poi pianti! null'altro porse il pallido albeggiare

che stami già scarlatti titillanti un'onda smorta del funesto mare.

- Menzione d’Onore alla 8ª edizione del Premio Letterario Internazionale Trofeo Penna d’Autore per la Poesia. patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Regione Piemonte, Provincia di Torino e Comune di Torino e pubblicazione nel volume “Ottocento” (I Grandi Classici della Poesia Italiana) edita da A.L.I. Penna d’Autore;

- Attestato d’Onore con targa nel Premio VIVARIUM 1012 - IV Edizione (medaglia del Presidente della Repubblica) selezionata e pubbl icata su antologia poetica “Parole di Vita”- Edizioni Ursini;

- Selezionata e pubblicata su Poetika Vol. IV – La Voce dei Sogni – Edizioni Onirica;

- Selezionata per la raccolta antologica Ass. Tyrrhenum - 2° Concorso Nazionale “Poesia sotto le Stelle” - Edizioni Narrativa&Poesia.

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Il Borgo

Sa di resa quest'atmosfera statica

satura l'aria cinge d'assedio quando smorza il vento...

di cenere sottile ad occluder nari è lieve ascesa

- come polline dai prati - da cento bocche dei camini spenti.

Sanno di resa

le muraglie scorticate scavate e offese

dal feroce fluir del tempo respiro polvere di sassi sgretolati

nel desolante posar passi su cocci di coppi e scaglie di cemento.

Sanno di resa i tenui cenci accesi

tra le macerie del mio borgo spento già grava il verno i cerri sono arresi

e pagan dazio al refolo di vento!

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Sogno sul mare del Vasto

È tardi incombe ormai quasi la sera la luce del crepuscolo solerte

col soffice vermiglio già s'adagia sull'acque rivierasche ora deserte.

Sull'onda i filamenti del tramonto la brezza ne accarezza il sottil velo

bisbiglian sul trabocco mentre al colle il vespro sposa Vasto con il cielo.

Inseguono gli sguardi compiaciuti stracolmi d'una insolita premura

zompetti d'un fanciullo scanzonato e angosce ancora incutono paura.

Il vecchio poi sorride alla sua sposa

la ruga quell'amore non incrina ad un sogno nuovo porge il proprio petto

nel giorno che tra stelle già declina.

- Menzione di merito nella IV edizione del Premio Letterario Internazionale “Città di Martinsicuro” - 2012 per la Poesia

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Universo parallelo

Polla di fuoco l'orizzonte, l'aria sembra pece che cola dal crinale

un'ombra oscura veste il monte e insidia un universo poco funzionale.

Un universo parallelo,

fatto di spigoli, di sassi e scale, dove il sole è perso - il sangue tinge cielo -

e una sera di marmo sparge sale.

Appare un mondo ancora più distante ottenebrato da illusorio faro

- in fondo ambire a vita più frizzante pareva l'unico percorso chiaro -.

Pensiero orrendo strugge il cuore franco

che l'alba allatti ancora una giornata il vecchio lupo ha già lasciato il branco

- sarà perfetta l'ultima risata -.

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L’odore della pioggia nella Pieve di Fraine

L'odore della pioggia edulcora l'attesa del mattino

quando la Luna asperge con l’argento i possenti faggi

e querce ignude abbarbicate ai poggi che nella bruma morbidi declinano.

All'imbrunir nel Vespo

quando s'allumano finestre e stelle il borgo fiato espelle

con i vivaci sbuffi dei camini.

Nel rimirare gli orti ostenta buonumore il contadino

che canticchiando annusa il lauto pasto o quel poco ch'è rimasto

innaffiato dall'ottimo suo vino.

Quietudini che inseguono tempeste a rimembrar nottate malandrine

e quell'umile beltà ch' ancora veste i sassi della pieve di Fraine!

12

Cercami

Non cercarmi nell'ammorbante tarsia di parole

ora che l'anima soggiace all'inverno.

Non cercarmi

nella malia d'un idioma biascicato o nella eco di note discordanti

in macabra ridda dell'ombre dei ricordi.

Non cercarmi

nell'idrogeno liquido sversato sulla pelle

e nei vortici del cielo obnubilato che inghiottì luna e stelle.

Cercami

tra le bollenti ceneri delle ore nella brace degli anni miei ruggenti dentro il respiro fresco dell'aurore

e nel sangue dei tramonti conniventi.

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Genesi

Non parve chiaro all'uomo che la genesi fu d'argilla, d'acqua, fuoco ed aria;

temprò la carne a farne roccia mentre il sangue gli ammorbava già il pensiero.

Tramò una serpe - demone mendace - per piegare la mente assoggettandola

unicamente al tarlo della specie.

Ottenebrato dalla conoscenza pensò perfino di scalzare Dio

bevve superbia al calice del giorno gettando la ragione nell'oblio; nè religione né reminiscenza

come se carne e sangue suo potessero evitar marcescenza nel declino.

Non fu abbastanza il tempo regalato all'uomo

per comprendere il senso della vita... il senso della fine.

Non gli bastò semplicemente vivere

e succhiare la linfa dalla terra, dischiudersi alla brezza - come un fiore -

lasciarsi accarezzar da sole e pioggia e profumare l'aria

per poi sfogliare ritornando polvere a nutrire la terra ed altri fiori

- senza offendere Dio.

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Cercherò l’anima nel borgo

Ti cercherò anima mia in lembi rugginosi di cielo a novembre

- nel crepuscolo - quando dal poggio saliranno canti

di superstiti foglie degli augelli...

e del mite Ponente che - ultimato l'assalto a fronde -

si farà brezza per posare sull'onde tra crespe di mare

l'aulenze dei monti.

Ti troverò anima mia nel grembo consunto di madre

e nelle sue vene abrase dal tormento - nel borgo -

dentro lo sguardo che mai ha cessato di vegliar sulla prole

neanche quando era l'angoscia a dominar la mente.

Verrò a cercarti nel vento di maggio

o tra nitidi vermigli settembrini nella gaia emozione d'un abbraccio

o nell'aspro mosto che ribolle in tini.

15

La luce del suo sorriso

S'apprende, sprofondando nell'inferno, a carotare roccia per sfuggire

quando le tenebre t'han posto assedio estinguendo la luce d'un sorriso.

Come nel pieno dell'inverno, sogni un sole tiepido che scalda il viso

così, quando sei avvinto dalla nebbia, agogni la mano tesa da un sorriso.

(Perciò)

Voglio sognare,vivere la vita per divorare quel che ne rimane... nutrirmi, inebriarmi ed ubriacarmi di sorrisi - i suoi morbidi sorrisi -

fior di ginestre e petali di rose ad infiorar la via dove è sasso

il desiderio ed i pensieri muovono dall'immenso d'attesa... all'infinito.

16

E poi Tu

Vorrò librarmi con quest' ali stanche

inerpicarmi sulle irsute chine varcare passi

su bianche montagne e sopra i sassi leccare manna

- a sera - quando già l'ombre insidieranno il giorno

e colerà neve sul buon cammino.

E poi tu, la sostanza,

fatta di sangue e carne con quest'anima mìa tra le mani...

ed io,

pugno di sabbia, nella bolla del tuo tempo...

- infinito -

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Lapidi sulle sponde del fiume

Vi apparirà insensato e stravagante questo ossessivo intento di scolpire

gelide lapidi ed amorfe rocce sull’irte sponde del modesto fiume

(guardiani d'un fluire irrilevante

inutili pertanto sulle rive...).

Ho le pupille gonfie del mio sangue bruciano schegge e sminuzzati grani

sto scorticando gli arti il cuore langue la pece par tenere le mie mani.

(Non so a chi giova questo salassarmi...)

è un gratinare l’anima umiliante

sull’aspro e accidentato suol montano per dar sapore al nulla dominante

al vuoto che ripudio ancora invano.

La mia terra scannata e sbeffeggiata spogliata, violentata e sconquassata;

gli apolidi ingegneri del futuro... i corvi che si nutrono di puro.

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(TRADUZIONE) LAPIDAS EN LAS ORILLAS DEL ARROYO

Os parece insensato y extravagante,

este obsesivo intento de tallar heladas lápidas y amorfas rocas en abruptas orillas del arroyo.

(guardianes de un fluir irrelevante

que son inútiles en las riberas).

Tengo los ojos llenos de mi sangre queman esquirlas y pequeños granos

raspo artes, languidece el corazón y la pega parece unir mis manos.

(No sé a quien favorece este sangrarme...)

es un cocer el alma - humillante - sobre este suelo àspero montano darle sabor al nada dominante

aquel vacío que rechazo en vano.

Tierra mía agraviada, degollada, despojada, violada y destrozada; apátridas ingenieros del futuro

cuervos que se alimentan de lo puro.

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Vecchio marinaio

Lo sforzo è inutile sembra inchiodata questa giostra

l'inchiostro che rimane è il rosso del mio sangue indocile

e il nero di notti navigate - remi in mano -

che inesorabili mi prostrano.

Non riesco a elaborare architettando e mi duole constatare

che i ricordi son fiele da ingoiare.

Dell'orda dei pensieri ed entusiasmi divorati ieri

rimane l'acre fumo delle polveri bruciate annusate al tramonto - mani alle draglie -

sul ponte - sguardo volto alla scia - seduto a poppavia

coi piedi in rete a fitte maglie.

Non so più tingere l’impolverata tela delle ore

e sbavo sfumando... sporco di grigio anche l'amore

prevale il disincanto.

A dar luce alla via ci provo ed è grottesco

poiché proprio non ci riesco ad allumar la vita con un cencio di poesia.

20

Camminando le sue orme

Non scorderò quando d'ambrosia mi nutriva l'Alba

e, con mano fresca le scioglievo il crine... quando in ore rigide

- con ritrosìa degli anni acerbi - incerto posavo passi

nelle sue orme cesellate sull'ultima neve colata

sui sassi ruvidi in Fragìne.

Ricordo anche l'urlìo del Maèstro che, frustato gelso,

sbuffava fumo denso, furibondo,

dalle gremite bocche dei camini.

Ora ne sono certo, non scorderò quel tempo regalato

da chi il mio tempo ha invece risparmiato ingurgitando, silenziosa, il sale e senza mai sciorinare l'elargito.

Per lenire tormenti cercherò tra le rose di marzo

quel suo sguardo di madre che mi manca e che non trovo tra i fili d'argento...

si! Cercherò il suo sapore in mezzo a rughe

tra i rovi, scure le fragranti more e rimuginando pece

- so già - l'annuserò negli angoli di quarzo...

in declino.

21

Agonia delle stelle

Ho i piedi gonfi abbrustoliti dai tizzoni ardenti

sui quali troppo a lungo ho camminato e non dan pace

ologrammi mordaci e turbolenti proiettati sull'antro della mia ragione.

Le unghie sono nere

abrase sul catrame metropolitano ho carotato con lo sguardo pareti di roccia

di passi sbriciolato ghiaia sempre con fronte al mio domani

e a mitigar la fame ho sfidato maree arrembando

vorace bucaniere a caccia d'emozione.

Guascone e imprudente ho confuso tramonti con aurore

e - sperse in mare ceneri di mio padre - inconsciamente

ho dato portanza al sogno come fosse acrobatico aquilone.

Ed ora

trionfa il buio mentre snocciolo il rosario - grani le perle sgraffignate -

in agonia le stelle chiodate sul soffitto affumicato...

consumo attesa d'una nuova alba di sangue che scuota dal torpore

nel quale son incautamente rovinato.

22

Preludio d’autunno

Sorprende ancora quello scroscio improvviso di pioggia

di fine agosto ... rantola estate sulla brezza di ponente

che olezza l'aere di torba umida e dei rari profumi

del poggio prospiciente.

I cumuli congesti ed inclementi degli augelli mitragliano le ali

e il fogliame dei platani possenti sentinelle di pietra lungo viali.

Sulla loggia un rigoglio scadente

tremuli gerani e begonia in agonia

sotto pioggia battente.

Sfoglia anche la rosa che i petali percossi posa

sul vento… preludio d'autunno

e ancora mi sorprendo.

23

Oltre l’orizzonte

Bugiardo! Se soltanto levassi gli occhi al cielo,

se spingessi lo sguardo ben oltre il velo

che colora di sangue i bordi del mondo, se oltrepassassi

quelle lingue di terra e mare arginate dall'aria

e confuse dai promiscui orizzonti comprenderesti l'universo

dove le verità non urlano sepolte nel clamore del verbo perverso d’un uomo

più incline a piangersi addosso che a salvare se stesso.

24

Ti cercherò mio Dio!

Ti cercherò nell'aspro talamo di Maja

dentro le lacrime del volgo montano dove pallide aurore

si confondono a tramonti in guardo opaco d’un vecchio frentano.

Io ti cercherò

sulle lapidi anonime tra fiori secchi sotto croci ossidate

nel nome strano - ingombrante pastoia -

che strozza i sogni di genti migrate.

Ti cercherò nell'aura armonica al vespro

che urla silenzio a scuotere memoria nei migranti perduti

e in chi - detto brigante - morì vessato senza Patria e gloria.

Ti cercherò Signore...

nel pietrame di borghi diroccati

sotto il velo ch'ammanta un bianco crine nel raspare di passi trascinati

e in chi ogni notte annusa la sua fine.

T’ascolterò Signore quand'è sera nel crepitar del ciocco in un camino

e bisbigliando l'ultima preghiera berrò la feccia ch’ è rimasta in tino.

25

Gagliardo Abruzzo menzoniero

Fu un errore gagliardo Abruzzo menzognero

o inganno forse mostrarmi vita sì maliarda

celando il tratto a ingenuo sguardo di perniciosa mulattiera.

Hai riversato in mente giubilante rossi accesi di flou crepuscolari

d'aurore mistici silenzi prodigi dei tuoi santi romantici briganti

e come croci sguardi persi da rimembrare.

Non temere la fine

mi dicesti banchetta e ridi se l'amico muore

riesumane soltanto il meglio per dargli onore

in desco narrane le gesta a che traccia d'uomo resti

in giovani cuori.

Dovevi dirmi dell'inferno orrendo che morte mitiga con umido addio

e non d'agevole sentiero tra profumi del vento

dov'è il respiro ad ubriacar d'oblio.

26

Maledetti Poeti (sonetto doppio)

Poesia d'animale è la pozione, è notte, la prigione,

cinerea polvere di fiamme spente. Poeta è un fuggitivo un po' imbroglione

che azzanna e mai s'espone dosando il suo veleno dolcemente.

È un cruccio ridondante, ribellione,

lo sputo alla ragione, l'assaggio del dolore alla sorgente,

follia, la poesia è confessione, paura che t'impone

d'implodere spegnendo lentamente.

Poesia è morte, il mai sbocciato giglio, l'artiglio sulla mente martoriata

di madre torturata sopravvissuta al suo amato figlio.

Poesia nel vento, autunno e suo vermiglio,

sul ciglio foglia secca trascinata dai passi triturata,...

è l'urlo che sovrasta ogni bisbiglio.

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Giorni bui

Sgretolati vecchi argini mentali erosa la granitica roccia

dal fluire tumultuoso di notti che divorano istanti

riaffiorano in condotti viscerali tra resti d'abiti dismessi

sbiaditi fotogrammi.

Il giorno non è più spazio vitale mi illudo solo di volare

in gabbie che trattengono l'ascesa è un cappio che mantiene sempre al palo

la trappola mortale d'Aracne che infiocchetta ogni mio sforzo.

Di nero tingo i bordi del mio cielo per scorgere uno sputo di lucore

come pidocchi scuri ammazzo ore

e lottando per non cedere a frangenti profugo annaspo verso ieri

nell'alba nuova spero che plachi la buriana di dolore.

- 1° posto nel concorso on-l ine Poesia E Poeti 2011

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Bestseller d’amore

Ingenuamente ho incenerito il tempo in egoismo

cercando un gesto eroico -con cinismo -

capace celermente di condurmi a sublimar l’amore.

Ho inseguito così tanti sogni

che ora - sfinito - non ne son più capace

nonostante l’agogni come allora ci provo, si,

ma tremula è la mano che trattiene il fragile aquilone.

Vorrei svegliarmi ancora bimbo

per lasciarmi ammaliare - ore -

sguardo piantato sui nembi sfumati dal tramonto in rosso-arancione .

Non so dove cercare

e nell’indaco non trovo una ragione, e so bene

d’aver perso anche tono muscolare per rincorrere bolle di sapone.

Avrei dovuto impaginare istanti

a filo refe brossurare l’ore ottavi di dettagli rilevanti

per un bestseller …carico d’amore.

29

Vita di borgo – l’ultimo atto

E' come in guerra... l'aria si taglia a fette dentro il forte

su questa terra ci si scopre coesi solo quando

sulla pelle alita la morte.

Le gesta degli uomini persi giovani e vecchi per quanto diversi

percuotono e d'inalare l'aura densa di ricordi

con forza impongono.

Non ti consente di restarne fuori t'aspira il gorgo

e inesorabile t’inghiotte lo si vive e lo si respira il borgo

non v'è pienezza di sapori se si scarta l'asprigno della notte.

Come trincea prende gradualmente

la polvere si insinua e defluendo in vene - senza tregua -

erode lentamente.

Pagine di storia stilate su niveo marmo

ci urlano valori e mera gloria invitando al disarmo.

Nel borgo

é un bisbiglio morire la chiusa d’un poema intenso

ultimo atto del magnifico vivere che urla senso.

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Nero di seppia

Ti conosco notte! So bene della subdola latenza

nella fosca ingannevole quiescenza d’ombre distorte

che raschiano sul fondo dell'anima e dalla botte cacciano le scorie

che graffiano il cuore.

Conosco la corposa opalescenza dell'inchiostro in cui intingo il plettro

per scrivere d'amore.

Nero di seppia in quadro esistenziale che svela i toni del colore

frastornante quietudine irreale ingoia l’urlo di dolore.

Crepaccio del silenzio dove cova la serpe che s’avverte dal brusio e la danza di spettri si rinnova su sconcertanti note dell’oblio.

31

Ricordi

Peculiari ricordi grumi di sangue o polvere negli occhi

le rughe flebili scolpite in viso... laceranti i ricordi

scaglie di bronzo i lugubri rintocchi ad interrare un logoro sorriso.

Ammorbanti ricordi

vincono voglie degli uomini sordi piangenti spoglie del bambino ucciso

famelici i ricordi scavano l’alma come tarli ingordi

lasciando il vuoto dentro un saio liso.

Sono gocce i ricordi lame di sole sull'arida pelle

che si concede al tiepido garbino... un assaggio di vespro

che illuminando le briose stelle segna anche il dì che già volge al declino.

32

Sguardi sbiaditi - migrati

Poesia è il sonno che la notte sputa rughe d'un vecchio la sua aspra attesa l'angoscia e speme in oltremare appesa

crudo il tormento che lo finirà.

Poesia è madre che ha spento il cervello sbiaditi sguardi su due grigie foto

la prole persa in quell'immenso ignoto graffiati volti dai rabbiosi:" noooo!".

Poesia è alieno nel proprio paese

geniale autarca che gli spezza il dire sbottando in faccia:"ti devi zittire nel mio paese sei solo ad oziar".

Gli astri poesie sgraffignati al cielo menti superbe e impavidi guerrieri soltanto il meglio che fu perso ieri svenduto l'oro nel grande bazar.

Poesia il ciocco trascinato al fuoco

gli stenti e il tempo con fronte al camino veleno... feccia è quel residuo vino le voglie uccise dal freddo che fa.

- Premiata f inalista nel XXI premio letterario “Maria Scarcella Padovano” Concorso Internazionale di Poesia e Narrativa 2011.

33

Il violino di Auschwitz

Son tutti uguali angosciosi gli istanti

e tra pause di marce odiose e duro lavoro delicate nenie composte risparmiate al dolore.

Pelle segnata da spinosi fili

scarlatto inchiostro nelle piaghe intinto raffinato è infin "cromato"

paterno istinto.

Intento ardito è far frode all'orrore soave il vibrar di corde

melodica la voce dell'angelo di Auschwitz

ch'a Dio conduce.

34

Spigoli di pietre

Forse la colpa è mia ma non m'è chiaro ancora

s'è il pensiero Poesia.

Non ricordo se fui figliato, se a donarmi la luce fu mia madre... non ricordo nemmeno se mi volle

o se fui luce dei suoi occhi.

M'attorce il dubbio - e raspo spigoli di pietre.

35

Metamorfosi banale

Il mio tempo è finito! (Mio padre sussurrò in affanno).

Non penso sia il peggiore dei malanni

pur senza mai recedere o mollare raggiunta ormai la soglia dei miei anni

al fin dovrò comunque rinunciare.

Ascoltami figliuolo! (sguardo al viale) dovrai fartene presto una ragione

soltanto è metamorfosi banale non certo eterno sonno o la prigione.

Condurmi tu dovrai dove dimoro

non amo questo bianco che m'opprime più d'altro ora m'è caro far tesoro

di quanti han sempre acceso le mie rime.

Annusa anche silenzio più straziante senza indugiare nel suo aspro odore perché è morire ogni dannato istante

un vivere sporcato dal terrore.

36

Sotto i cieli di Ustica

(Itavia - Volo 870)

27 - giugno - 1980

C'era fermento in giro notte briosa

in piazza Plebiscito uno dei rari giorni sgraffignati al mare.

Dentro gli occhi la maschia arroganza angioina sul solino odore di caffè

e il profumo residuo delle "margherite" addosso ai più marpioni poi

- va da sé - sali olezzosi di matrone napoletane.

Come un fulmine a ciel sereno: “Cos'è questa frenesia?

A bordo ragazzi a solcare il mare forza è urgente si riprende a navigare...".

“Assicurare la passerella a poppa mollare le cime

macchine avanti tutta destinazione da confermare”.

Chi avrebbe potuto immaginare di sporcar di sangue lo scafo della nave.

Nell'acque arrese l'ho visto quel cuore palpitare

fluttuante in bava d'infuocato demone del cielo…

deposto e avvolto in un candido velo d'onda increspata e lacrime

ho lavato le mani! Ad Ustica

nel blu di quel mare le mie mani.

- 3° posto al “II I Concorso Nazionale Gocce di Poesia 2012”

37

Non ditemi di foibe (sonetto doppio)

Non è sacrilego tener memoria

per vincere idiozia le parole saran sempre importanti

l'inchiostro ai vinti non concede gloria sconforta l’apatia

gli eventi ritenuti irrilevanti-

La mente sfugge a controversa storia il sacrificio d'Istria

sull'ara di trattati deliranti sicario forviante ideologia

su foibe è ritrosia a rimuovere le morchie ristagnanti.

Gli orrori sono sempre ben celati se adombrano convinto sentimento

effetti dell'evento danni collaterali imprecisati.

Quasi cent'anni quelli già passati riaccende il fuoco se si leva il vento

l'odio sembrava spento sotto la cenere degli anni andati.

38

Morire sulle rive del Don

E' un inferno di ghiaccio dove l'attesa logora l'alpino audace

posto a difesa (del nulla)

tra le crepe dell'insidiosa steppa a combattere la fame e mordace il freddo.

Non lo condurrà il duce al desco (della pace)

dove da morto avrebbe avuto più peso che da vivo benchè meno di un chicco di riso.

Centomila gavette di ghiaccio sul quel fronte che tace

dove è il tempo a spegnere il sorriso.

"Resterò inviso strenuamente terrò la posizione!

Non sento i piedi ... nemmeno i colpi del cannone!

M'hanno freddato forse... le maledette scarpe di cartone!"

"Ho fatto fuoco solo per compassione

ho dovuto sparare al mulo! Su chi altro avrei potuto far fuoco?

Già...io l'adoro il focolare le farchie accese alla vigilia di natale

vin cotto e dolci della nonna la moglie

mio figlio appiccicato alla sua gonna. Voglio la mamma...

il fruscio del talamo nuziale si... la mamma...

mamma...!"

E' un flash morire sul Don il tonfo sordo d'una lunga penna nera

il tempo d'una lacrima che sulle gote gela.

39

Occhieggiavano le stelle

Morbosi afflati ci consegnavano al mattino

morbidi gli sguardi arricciavano la pelle e dalla volta stregata

sbirciavano occhieggiando stelle per sfumare indolenti in un'alba dorata

che irradiava il giardino.

Oggi non v'è sentore come ieri d'inebrianti effluvi del mattino

col machete si tracciano sentieri senza curarsi di chi sta vicino.

In preda al panico

vaghiamo in labirinti inestricabili - piedi nudi e le mani -

di noi tritando miserabili i cocci con le unghie scaviamo il buio in cerca d'appigli

plagiati da riverberi di lune morte per massacrarci

ficcando nella carne viva gli artigli e imprecando alla sorte.

Solo carname i resti...

sicari e vittime di stesse trame ordite nell'inerzia di templi sconsacrati

anneriti dal tempo.

40

L’anziana madre

Che brividi quel ghiaccio macinato

in rigide invernate con l'ansia d'appianare il mio cammino

mai colsi allora acerbo e scanzonato il debito contratto

gravante su quell'esile figura.

Trasuda madre il pianto ben celato dal passo barcollante

le mani rattrappite addosso al muro mi duole ancora il verbo impronunciato

sepolto e mai sbocciato da mie edulcorate inerti dune.

Mi strazia ora vederti adoperare ricurva flagellata dai malanni

a profumare gli anni dei figli miei tornati a villeggiare.

La notte squarcia il velo degli inganni

graffiato dal sommesso lamentare flagello è l'origliare

a risciacquare gli imbrattati panni.

41

Gravoso navigare senza vento

Scarrocciando, d’inerzia...

è un navigare greve senza vento; sgonfia la randa ed ammainato il fiocco,

a guidarmi in deriva nella quiescenza pusillanime del mare,

riverberi d'un faro spento... il soffitto emaciato

sembra aver ingoiato le mie stelle.

Non ho perso i remi, anzi,

m'affanno ancor più a vogare e incaponito,

- versando olio di gomito- slargo frisate

e sugli scalmi snervo stroppi.

Non aiutano i denti di cane incrostati in carena - d'anni le scorze -.

Nel vuoto...

dentro il ventre d'onde bianche annegano gli aironi.

42

L’esattrice

Un'arpia ecco cos'è l'anima

l’esattrice l’infida vessale

da tenere a distanza - sarebbe meglio immolarla sull'ara -

Col suo fascicolo esattoriale

giunge puntuale a sostanza esaurita

straziando la carcassa imputridita.

Spolpa la mente lo spazzino funesto

richiamato dal miasma dei resti ...e deroghe niente.

43

Solo stupidi dettagli

Fu l’inezia ad uccidere il soldato al fronte la palla di piombo lo colpì giusto in petto...

un dettaglio banale quel tiro di fumo che indicando il bersaglio lo finì negletto.

In ogni ruga è scritta una storia

ed è dettaglio il segno che tiene memoria.

Distingue il nero se colora la pelle mostrandoci diversi

in eccesso un cromosoma cambia le vite collocandole in cieli neri o tersi.

Un istante modifica l’evento

nelle parole in tarsia basta la virgola a stravolgere il senso

per dir di santo o bestia.

Dimenticavo i verbi coniugati in futuro o in imperfetto

san regalare sogni o chiudere ricordi nel cassetto.

Il tono della voce se ci penso

- benché dettaglio - esattamente stazza il proprio bagaglio...

precisa la stadera del senso.

44

Anonimo

Non sbocciano le stelle* in dune aride la canicola brucia l'ardimento assiomi e postulati poco chiari

cadono acerbi all'alito del vento.

Non c'è reazione in soluzioni morbide soltanto stagnazione e disincanto

viviamo in ozio e ci fingiamo -orbi "memento audere..." resterà rimpianto.

Scaglie di cielo che piovono addosso

non hanno effetto per la resilienza sulla battigia l'onda sputa l'osso le carni marinate in indolenza.

Sepolta in spiaggia senza lode o infamia

non un requiem o prece sottovoce niente dàlie... né lapide né croce un tumulo sull'osso della seppia.

* stelle alpine

45

Autostima (omaggio ad Ernest Hemingway)

Finalmente allentata la morsa

torno ad assaporare il tempo... come fumare dopocena un cohiba

sorseggiando mojito con amici però - sia chiaro -

evitando di conviviare con chi sdegna l'aroma del sigaro

e vapori dell'ottimo rum.

(Traduzione)

Finalmente aflojada la presión

regreso a saborear el tiempo... como fumar después de cena un cohiba

saboreando mojito con amigos, pero

- esté claro - evitando intercambiar charlas

con quien desdeña el aroma del cigarro y los vapores de un excelente ron.

46

Navigando in un mare di poesia

Navigando in assenza di brezza

ho bruciato ore nel cocente silenzio della notte

soffiando otri d'incertezza sul quel misero fiocco issato a prora.

In greve piatta ho costeggiato anse inesplorate

a ridosso annusando uno sputo di vento

e orzando per assecondarne rotta

a scongiurare imbardate e deriva.

Ho arato sabbia conficcando le marre rugginose

- come artigli - in fondali cedevoli e melmosi

in cerca d'appigli per non scarrocciare

naufragando su bianche scogliere.

Ho strambato e scuffiato... stuprato la ragione

ho tranciato robuste gomene di radicate convenzioni.

Ho ripudiato l'ovvio sperimentando alternative soluzioni

senza mai infierire però perché finanche dietro l'ovvio

c'è l'uomo con le sue legittime convinzioni.

- Selezionata finalista nel concorso internazionale “L’otto milioni”.

47

Velata …poesia

Un

gran

sospiro

. è calma

finalmente...

veleggio ancora

tra i fiordi dell'anima

sfibrata dalla tempesta

su lacere vele filamenti tenaci

ripescati tra bolle di nivea spuma

pregni degli umori dell'onda quietata.

Saggiatone il tepore con acume ho intrecciato.

Per

un

vecchio lupo di mare

è vela la poesia.

48

Pesce fuor d’acqua

Il tenebroso velo cali sui miei anni sudati e combattuti

vissuti mossi da ideali e desideri ambiti sono muti.

Affogano in silenzi vellutati

di whisky e vino pensieri al nuovo giorno proiettati

e l’uomo in cerca del nuovo pare in declino.

Ho consumato l’unghie sugli ingrati

ma i crucci miei utopici e datati non potranno scalfire acume impuro

di scaltri ragionieri del futuro.

Incendierà la carne anime spente tamarri sbiadiranno gaie lune

terra, passione e senso... solamente… sottili polveri su brulle dune.

49

Polenta e osei a colazione

Impagabile... un vero spasso osservare mio padre

affastellare ramaglie - ginestre i lacci -

coi ciuffi di felci e sterpaglie poi sagomava il pagliaccio.

Camicia rossa e neri calzoni

sul capo - esumato da mia madre -

un berretto d'alpino un po' tarlato ricordo d'un commilitone.

Pioveva sempre (sul governo ladro)

ministro era Tambroni appena usciti dalla galleria

era nera e imprecavano in molti: "adda venì baffone”.

Tanto non cambierà nulla per l'uomo qualunque

sarà una eterna stagnazione ridotto a straccio

ci si sente in uno Stato penoso uno spaventa (i) passeri

e nessuno s’avvede della produzione. Ma dove sono i passeri?

Punto tre euri su "polenta e osei" a colazione.

50

Acuto inappropriato

Riaffiora ancora sul pentagramma della vita

biscroma sincopata ed inquietante... inappropriato cade

il tocco xilofonico angosciante nel bel mezzo dell'enfasi

dell'allegro andante ed è uno sconcerto

l'acidula nota che frange il razionale

un taglio inferto al quadro esistenziale insulto volto all'opera importante.

Assoggettati

contrabbassi violini ed archi all'elegia dissonante d'un istante

che frantuma la speranza.

51

Il sapore dell’anima

Non scuoierò dell'anima la scorza per risciacquarla decantando il fondo non raschierò dolore e scorie a forza come se fosse un barilotto immondo.

Perciò non dirmi di celare odori non sono delle fecce nauseanti le ceneri residue degli amori o tèrmiti voraci devastanti.

Se vuoi davvero degustane essenza

quest'alma mia scrutala soltanto ascoltane il vibrare in tua presenza e danza sulle note del suo canto.

Non dirle di sedare ciò che sente lasciala respirare e trasudare...

che amor che bolle possa tracimare per te soltanto copiosamente.

52

La morte dell’anima

Danzando su beffarda spuma d'onde orlate dalla bava iridescente

di forze demoniache profonde la vela bianca cede bruscamente.

Nocchiero non governa nel tormento dell'orrido impetuoso d'altomare...

affoga il tempo naufrago e del vento l’urlìo inghiotte il trepido pregare.

Sputate su battigie desolate

sepolte quelle briciole minute e non possono le lacrime colate dare vita a talee su dune mute.

53

Calafatando

Lo so! Cadrò sognando

consumerò le mani scartavetrando il faggio

del logoro ammaccato fasciame sulla carena della vecchia barca

Tra polveri di sale

annerirò ancora istanti calafatando per strozzar commenti

con pece nera masticata nei miei lunghi anni

di certo occluderò le crepe del tempo le offese del mare

e dei suoi aspri frangenti.

Or che conosco ogni segreto d'onda al varo col gran pavese a festa

e cazzata l'anima mia a sfidare nuovamente la tempesta.

- Selezionata e pubblicata nella raccolta “10 Anni di Pensieri Parole” Editore Pensieri Parole.

54

Le mie radici

Vivo! Si vivo sostenuto saldamente da queste solide radici mie

conscio che quel che m'offre nutrimento darà di certo eterna prigionia.

Vivo si!

Ferrato al ventre consumato e leso di un’aspra terra un po' puttana

possente cerro ch’ancor giovane offeso di migranti formiche è adesso tana.

Agogno vita e con le braccia tese al cielo

voglio dirglielo che l'amo ramaglie appese al cielo le mani

foglie caduche e sfibrate dal verno risparmiate

come sogni scaduti appese ai rami.

Vivo allumato dalla notte e dai riverberi di lune lontane il ghiaccio morde sulla pelle

come cotone e polvere di stelle tinge di luce voglie negre insane.

Ma vivo appeso a questo infausto cielo

ancorato al soffitto affumicato con sagole d'argento e fili in rame

bava di stelle e fumi di comete lame di luce ...misere le scorie

d'un cosmo alieno limaccioso cascame.

Vera utopia è infrangere quel velo silente in prece con mani a scavare vivo utopie con lo sguardo in cielo sperando l'ora del crollo stellare.

Si credere

che non siano abbagli di turbini lontani.

Voglio vivere almeno sino quando precipitata infausta notte

luce sarà o morte e se morte dovrà essere che sia...

ma non li amo gli avvoltoi sui rami pronti a spolpare il mio domani.

55

Il menù dei demoni

Impera il dubbio rimbalzano i pensieri

come falene sulle bianche muraglie ripercorrendo il nostro ieri

stracolmo d'angherie.

Garibaldi un eroe in prospettiva risorgimentale

e cosa pensar dei mille che per la rifulgente idea liberale

massacrarono più briganti d'altri imperanti...

s'accaparrarono la gloria scrivendo col sangue la storia.

Gli allori anche al Conte

ingegnere d'inganno piemontese che ripianò le spese

predando altrui tesori...

Pose d'allora basi alla questione scannando il nostro meridione.

Complotti scritti negli annali

quelli tramati da Mazzini poi dediche di viali

e gioie estinte nei fruttati vini.

Ardito kamikaze Micca Pietro ma non c'è gloria

nel barattare grame vite col "marquq" dei forni in pietra.

Fu il senso di nazione

a riesumare la giustizia in declino - non apparati dello Stato -

sacrificando sull'altare della devozione uomini come Borsellino e Falcone.

(continua)

56

Le colpe sono scritte ma il codice non dura in eterno

anzi par designare - questo scritto - sol carne facile da arrostire all'inferno

arbitrario menù di demoni che al momento alla carta scelgono vitto.

Ma se davvero oggi è il soldo la misura

perché non fare eroi i briganti - al muro gli arroganti - per prenderci il futuro?

Lasciate stare...

possiam fidarci delle istituzioni le sole in grado

- stracolme di cinismo - di trasformare il vile terrorismo

in nobile "rivoluzione".

57

Le lacrime non hanno colore

Per effetto dei media recepire gli orrori della guerra

oggigiorno è pressoché inevitabile

e dunque son certo che lo sdegno sarà nel tempo sempre più palpabile.

Altra cosa

è inculcarlo nei crani quando a manipolare eventi

spesso ombrosi son abili penne in mani

di uomini codardi ed altezzosi.

Intere pagine di storia scritte col sangue di chi s'è distinto

a loro gloria sono numeri i deboli

seppur su entrambi i fronti questi son sempre i veri vinti.

D'altronde si sa che il dolore

e le lacrime degli indifesi non hanno mai avuto colore.

58

Fraine madre perfetta (verso ottonario doppio)

elegante ed armoniosa sul roccioso letto posa negli anemici vialetti c'è un vital lieve pulsare torreggiante sulle valli l'eleganza d'una sposa

memorabile vedetta scruta ancor brigante il mare

ammaliato va lo sguardo sui cromatici colori le respiro le carezze su quell'alito di vento

quand'è sazia infine l'alma dei suoi vespertini odori luna amica squarcia il velo che m'avvolge del tormento

nel suo buon grembo materno la residua spersa prole

si alimenta quand'è sera di squisite ore gioviali dell'argilla vien profumo di ginestre e delle viole

nell'autunno olezza il mosto e con la bruma pregna i viali

sotto l'ombra della quercia l'impagabile bisbiglio tra i profumi di tartufi mi confondo in mezzo al prato

non resisto al gran richiamo giacché sono anch'io un figlio di quel mistico silenzio del bell'eremo datato

59

Ellis island

Sui volti spenti brillano due gocce reliquie luminose del saluto

è bere fiele quel dolersi muto gli occhi puntati su mamma e papà.

E' rugiada che posa sull'Abruzzo il sogno nuovo di vita gioviale

giammai rimuove la speme quel sale da piaghe aperte dal grave migrar.

Lo urla la "du botte" appassionata per scongiurare insidie del destino calgionetti e pizzelle con del vino quadriglia sopra il debole vociar.

Su corde rauche il canto del cardillo

valigie in spaghi colme di sapori moka e caciotta tra foto d'amori le icone della Vergine con sè.

Lembi di vita in petto accantonate tra le colonne a sporgersi sul mare

scuro l'abisso nel loro pregare per "Utopìa" che fu persa là.

Sfrontato e crudo fu l’atto finale

nuda la carne l'intimo violato sul tetro luci del mondo bramato quell'isola sul Hudson d'acre sa.

60

Abruzzi…i monti ed il mare

Tra valli impervie e rocce scarruffate tratturi arditi forche millenarie

selciati come gemme incastonate... le eterne segnature leggendarie.

D'indomite tribù in terre sannite

- briganti audaci e impavidi soldati - riecheggia l'urlo in valli impoverite turbando quei silenzi ora dannati

Fresca acqua gaia che da forza a fronde

quietata è giunta sul bel litorale giace reclusa tra globali sponde

confusa e doma da quell'aspro sale.

Udir non voglio il fraudolento amico che il patto primordiale ha rinnegato

ridare ai monti l'elemento antico nuvole e vento non l'han mai negato.

Vorrò semmai sconfitto dagli inganni

sospinto dalla brezza nell'andare salire in quota a fine dei miei anni e all'ombra dei bei colli riposare.

61

L’acredine del sangue che scorre dentro

E' audace

degno di lode mostrare quel che provi

ciò che nell'anima nascondi ma per offrire quel che sei davvero

non puoi servirti d'ingegnosi espedienti dismetti quindi i tuoi orpelli

e se davvero ne sei certo non tentennare... fallo.

Non è la bella foggia del tuo abito

che desta delle belve l'interesse certamente non tanto quanto

l'acredine del sangue che scorre dentro o l'odore della carne che brucia sottopelle

perciò - deciso - se desideri la scena se vuoi sentire il brivido trafiggerti

devi spaccartela la schiena spellare palmi e nocche

i piedi consumarli e nell'arena farlo sanguinare il petto.

Se anche questo non dovesse bastasse

non esitare svenati con dolcezza.

Vedrai che il rosso vivo del tuo sangue accompagnato dall'urlìo delirante della folla

di sicuro desterà lo stupore del pubblico annoiato e se sei pure fortunato finanche l'interesse.

Fallo perciò

senza indugiare ma solo se convinto

di volerla davvero la scena conscio del rischio di finire divorato conscio che la platea tifa per le fiere.

Sennò ritorna con mestizia nel tuo limbo

e nell'anonimato preponderante spegniti come un mozzicone

pigramente.

62

Opachi sorrisi

Nel declinar l’offerta porgo scuse davvero…non mi sento d'accettare

(non m'attizzano bare ed in comodi giacigli non so stare).

Vorrei vibrare intensamente

come aquilone in mani tue geniali sfiorare in cielo nembi

per asciugare al sole stanche l’ali.

Degli opachi sorrisi non è tempo soltanto allora m'offrirai la notte

a che il brillìo soffice riflesso m’ urli addosso che sono ancora vivo.

63

L’antico dannato rovere

Fu l'istinto irrazionale ad espormi alle voraci tarme

marinando la carne in voglie impudiche malsane.

Famelico spietato

pupille impolverate diacce fiutavo fresche tracce

avvampando a nuovi odori.

Ho divorato sesso rigurgitato e vomitato eccesso

in angoli nauseabondi d'inferni effimeri ed immondi.

Arrogante e incosciente

stillando sangue ho accettato proposte infiocchettate

disperate estasiandomi all'odore

non arretrando in enfasi impietosa d'altrui greve dolore.

Ed ora sono qui

a raschiare morchie di questo antico rovere

e non c'è modo di svampar l'odore non può il sale

e nemmeno stracotto il mosto nuovo.

Sarà forse quest'acre emarginato e rinnegato

a dar carattere al mio vin dannato.

Di certo è caglio che addensa il latte versato

timbrando a fuoco il mio vissuto sbalestrato.

64

Ti cerco… poesia

Ti cerco nella piaga meno esposta tra lievi pieghe dei silenzi duri

sepolta in uomini su panche in sosta nel vuoto contenuto dentro muri.

Ti cerco nel destino un po' bastardo

che stuzzica il rigurgito d'amore nel mero egocentrismo assai beffardo

d'oppressa prole che soppesa l'ore.

In morte che talvolta generosa fa sconti sollevando dal dolore

a pochi eletti par che vada in sposa premiando degli eroi il gran valore.

Ti cerco in cento passi d'uno zio per un bisbiglio con le sue sorelle

in quel ruggito che sa solo Dio rimasto in gola ad un leone imbelle.

65

Terra di Sicilia

Sicilia musa d'epici versi

antica ed intrigante terra con scorza diversa

spinosa... voluttuosa...

bisbetica e adorabile la sposa succinta e controversa.

fruttata ed aspra

come il suo nettare e limoni plasmata dalle arcaiche mani

tinta dai vespri e dal sangue d'audaci uomini

copiosamente versato tra ginestre e covoni.

Cocente e spesso infame

come una mantide uccide chi osa troppo e l'ama.

Sicilia dei briganti

e dei silenzi che pesano ancor più del piombo esploso

a domare quel bisbigliare dissenziente che non cede all'ordigno

che scuote e massacrando indigna l'anima della sua gente.

Niente mezze misure

in Sicilia sei schiavo o potenziale martire nessuna deroga ...

si sceglie di morire liberi abiurando inganni o di vivere nel terrore e campicchiare

come zombi nutriti dalla paura senza mai rischiare

sino alla fine degli inutili anni.

66

Scarti

Appaga i figli l'immagine riflessa dal ciglio paterno;

fa sostanzioso un pasto abituale il seno materno

- colostro e battito vitale danno sostanza ai freschi gigli -.

Ad ogni età appropriati alimenti;

ciò che pare normale è l'emarginazione a rendere fatale,

così il nutrirsi - vecchi - di tormenti.

Snervati gli arti come fogliame svigorito dall'autunno

si molla celermente abbandonandosi al modesto vento...

non da forza ingoiare scarti.

67

Quando sfumerà il vermiglio

Crudele questa vita stava per scivolarmi fra le dita

ma forse fu Fortuna a vomitarmi su questa terra bruna.

Sul terreno che tu dici maledetto scorsero rivoli di sangue

di noi che frugoli morivamo di fame e privi d'un tetto

(disse ancora mio padre).

Quel taglio ombelicale sì veloce mi fece padre e madre già a dieci anni

espulso l'astio il pianto sì precoce mi risparmiò forse eccessivi danni.

Forgiato in lesto divenire d'adulto vestii panni.

Per sopravvivere non fu nemmeno necessario

difendermi dall'orco sanguinario denominato mal di vivere.

A te non è serbata sorte mia dovrai lottare per domar tempesta per non farti sbranare dall'arpia

d'anima tua avara e assai molesta.

La sentirai rugghiare quando scarseggerà il cibo in invecchiare

quando sfumati i bei vermigli la bora affonderà gli artigli.

Senza esitare allora imbrattati di fango e questa nostra terra adorala...

abdiga al tuo rango.

Dovrai il tuo sangue spesso ritemprare nelle gelide lacrime di Maja

per bramare ancor più la vita gaia al tepor d'uno sconcio focolare.

68

Solitudine di certe notti

E' in certe notti nei momenti di stasi asfissiante

che affonda l'artiglio del buio assassino in quiescenza

quando fibrilla il cuore o scalcia nel petto senza quietarsi col whisky o col vino.

In certe notti

del silenzio è lo scettro - ahimé -

la memoria governa la mente e in un mare di nebbia veleggio in bolina.

In quelle notti

scandagliando i fondali dell'anima navigo a vista verso il mattino...

al buio masticando gli istanti sin quando l’aurora

trafigge di luce le ombre accasate in fortino.

Rintocca la torre

segna il tempo e rammenta che è soltanto l'inizio del duro cammino

cupo presagio quei punti di sangue stampati sugli occhi

da un sole che - nato ferito -

tinge di rosso il mattutino.

69

Quel “tacito” villano di mio nonno

Era stizzito non tanto per gli esondanti egoismi

quanto per i grovigli di parole nel dir del suo mutismo…

un quisquiliar sconclusionato della prole.

Sollevando gli occhi a malapena - modesto segno -

mostrò coscienza a cena più nulla poi

soltanto silente sdegno!

Notata temporanea presenza acerbo io proferii scemenza:

"Perché mai questo tacito stare, nonno?"

Abbozzato un sorriso lieve - finalmente -

nello sbigottimento generale fu sollievo riattivò mente offrendo "miele":

"Il tempo figliuolo!

Si! Il tempo è proprio immondo

governa le stagioni e impone di potar fronde così le parole...

mi raccomando sempre sfrondale".

Poi muto in poltrona ancora a riflettere per ore ed ore.

70

Ossa di lupi

Trincea dura presidiata da logori soldati

è un fronte aperto sull'austere alture sentinelle del tempo sugli antichi tratturi

manipolo d'eroi senzienti capri predestinati.

Le retroguardie sacrificate

abbandonate in fondo alla pista con le truppe che marciano a conquista

di preziose derrate.

Deserti siderali in sguardi abbrumati mossi dal generale malessere...

istinti predatori marcati.

Guardiani i vecchi come possenti querce svigorite

rocce scavate e scolorite sugli argini di fiumi secchi.

Soltanto ossa di lupi

all'ombra dei maestosi cipressi zampe recise a morsi

spezzate dalle rugginose tagliole sacrificate alla prole

migrata poi per sostentar se stessa.

71

Folle osmosi permanente

Cercando un equilibrio generale compresso il petto gocciola la cute in folle osmosi che trattiene il sale

trasudano le lacrime ora mute.

Mi mordono quei diafani pensieri stillati dal processo permanente

residue solo ceneri di ieri opprimono il respiro della mente.

Continua stasi e sorda ridondanza

m'inchiodano alla fabbrica del niente esplode in ovattata eccelsa stanza un urlo ch'ora appare evanescente.

Evapora l'umore in abbondanza

s'addensa in cupe nubi in un baleno poi il gelido tramonto da sostanza ad un liquido purissimo veleno.

72

Un amore eterno

Anelito intenso la smania profonda di fievoli rughe è firmarmi l'autore

quel tratto addolcirlo sfumando il colore coi grigi sul fondo la profondità.

Cassando ogni traccia di vecchie passioni con tinte più accese darò luce al viso

per poi ravvivarlo un bel bianco al sorriso le timbrerò il cuore col fuoco ch'è in me.

Stipando anche i grani dei suoi freschi giorni sempre vibrando con Lei al mio fianco di berne gli umori giammai sarò stanco

di sera al tramonto le rose offrirò.

Intinta nell'alma una piuma sottile su pagine intense verserò l'amore

con ferma la mano evitando il tremore finanche lo stile sia essenza di Lei.

Semmai - fiaccati dal peso degli anni - le carni avvizzite non brucino ancora alitandoci addosso quand'è tarda l'ora con dita intrecciate la notte ci avrà.

- Finalista concorso on-line “San Valentino VS Faustino 2012” - Oubliette Magazine

73

Camminandomi accanto

Se l'amore è donare penso d'esserne indegno

inutile l'impegno soggiogato dall'egoismo il fare

non lo so controllare e sottaccio quindi comprendendo sdegno

camminandomi Lei accanto

nell'essere me stesso non si placa la voglia di possesso

pulsan le vene a odor suo ch'è incanto inebria e prepotente spande

profumando presenza le ricettive e desolate mie lande

di carezzarla spesso

non posso farne a meno sfiorando le sue rosse labbra

a sbirciar nel petto il pulsar del seno e annusando quel timido respiro son ebbro

smanioso dalla voglia di eclissarla - in men che posso - per trascinarla

nel fiume mio in piena

lo vorrei subito quel battito intrigante accelerato sulle mie voglie

gradirei logorare verve restante lo scintillio di quel suo sguardo sbiadirlo

per assopirmi a fioca luce del residuale cencio che rimane

-stracotto- nella liquida cera che cola infine sulle ruvide mie mani

74

Dignitosa –mente -

La dignità è coscienza sintesi... essenza

un grillo che di norma loquace talvolta per poltrire sottace.

T'invita se sveglio - sguardo al futuro -

a non gettar la vita al vento s'anche fosse dannatamente dura.

Seme indigesto come feccia scartato il torsolo d’un frutto già spolpato.

Resiste sotto coltri di ghiaccio

inatteso virgulto sboccia in estate ad offrire opportuno

una caparra di stagioni scordate.

Cresce nel fango o nel catrame del viale l'ho vista nascere fenice

da ceneri di carta in un sottoscala.

Dignità è lottare disarmati silenti strazi i pargoli emigrati l’ore ossidate strette tra i denti

sguardi sbiaditi nei cervelli spenti.

La dignità è un sentimento puro nato in trincea tra i sassi montani

il sangue versato tra le zolle d’un podere duro e non certo l’oltraggio

ad un popolo stanco c'ha alzato le mani.

In bilico sui sogni vacilla nei crinali defunta è a volte in cella

freddata da lame di troppi animali.

Sui graffi tra gli squarci nei lividi in cuore è proprio lì che la dignità muore

sui brividi ghiacciati esplosi dalla pelle tra gli umori sputati sulla femmina imbelle.

Dignità uccisa con lo strappo alla sottana

soccombe urlando tra le cosce e seno arreso mentre implora a mani tese un figlio di puttana.

75

Stupida notte d’estate -

E' afono il cielo stanotte

imbavagliato dalla opalescente stasi ed io

accovacciato in riva al nostro mare

morso dalla solitudine più nera affogo lo sguardo e l'anima nel frangente

là dove ciclica e lieve la spuma veste la solita onda

e mi perdo nei riflessi filamentosi della luna

nel luccichio delle stelle che generose

m'offrono ancora il solito lucore... ma prive d'entusiasmo

stanotte… in questa stupida notte d'estate.

76

Giochi di guerra (anoressia)

Ben sai di guerra tu ti esaltano le statiche trincee

ti eccita il fragore della battaglia... "solo gioco" pensavo

nel mentre organizzando strategie definivi ogni dettaglio.

Fortificavi il fosso nel respirare polvere ingoiavi il fosco

e delirante - fango in velo - aborrivi mare e cielo

rubando pure l'abito alla notte.

Urlando hai disperato hai pianto

ti sei pisciata addosso per riscaldare piedi e ritemprar le ossa

niente gesti di protesta sul viso né una smorfia né un sorriso

sei implosa solamente e hai fatto centro tu l'invisa.

Nell’esercizio tuo - pelle stinta dagli umori - masticando il nulla hai ingerito sol dolore

t’ha cercata sai la morte t'ha accarezzato a lungo la signora

e non per caso t'ha arruolata... tu sei il milite migliore.

Drogata e inebriata dalla gloria hai brindato alla vittoria danzando nell'ebbrezza.

Mi sfidi ora sento odore di quell'ombra

e poi baccaglia quel ciarpame reclamando con più forza la tua tomba.

L’hai fatto sei scesa agli inferi come volevi

per restare sola con i demoni come non dicevi ed io non ho armi per battermi all’inferno.

Ben sai di guerre tu sai tutto di trincee e di battaglie

...pensavo fosse solo un fottuto gioco.

77

Enigmatici silenzi

Sarà perché son io o perché forse non so farlo

- ma credetemi- decriptare il silenzio non è il cruccio

che mi consuma come un tarlo.

Uno sguardo può urlare da solo strazio... l'omertà veste la menzogna

e tace il bugiardo per non pagarne il dazio... non è affatto loquace la vergogna

e nemmeno lo sono sconforto e mestizia... non lo è l'adulterio,

mentre è clamoroso - spesso anche gogna - il mutismo serio della giustizia.

Perverso il silenzio dei ladri d'anime bianche

impenetrabile quello dell'assassino, rassegnato il tacere del reduce

che - stanco - siede sulla consunta panca

aspettando il declino.

C'è il silenzio che la dice lunga e quello che non dice,

un altro ancora che dice e non dice, il timido abbozzare

o del caro amico quello più bastardo che non spiega

o che non sa spiegare... e presunto quindi silenzio codardo.

Il silenzio che maschera,

che copre macchie, che ti opprime, che deprime,

che mozza il fiato, quello mordace del dolore grande ...

e quello di chi non sa star muto - e loquace -

offre il suo vuoto assoluto.

Quiete dell'estasi, l'appiccicosa stasi della bruma,

il silenzio dell'amore, dell'entusiasmo,

del disagio, della paura e del terrore...

silenzi che sanno squarciare l'inutile clamore... quello assoluto della dignità,

dell'orgoglio ferito, di lesa dignità.

Silenzio che strappa la pelle

quello vestito dal sorriso che non cogli o quello che ti spoglia

d'una sentenza senza appello.

78

Attesa sotto un cielo rosso sangue

L'anziana donna ha certo perso il senno all'imbrunire sosta sempre al passo volge alla valle rimirando accesa

da un'ombra nel tramonto flessa al sasso.

E' scossa sotto un cielo rosso sangue va farfugliando frasi addosso al muro disposto ha il desco con del pane duro

rituale che non cede alla realtà.

Ricordi che confusi col presente proiettano la mente nel futuro

l'attesa anche d'un rozzo uomo duro le dona nell'inconscio sazietà.

Cattura dagli squarci del vissuto

- più che dipinto il quadro appare sporco - son le finestre per sfuggire all'orco

che porgono anestetico elisir.

79

La grande illusione

E' un'illusione crederci poeti noi che del sommo ne inseguiamo l'ombra

cantiamo salmi come vecchi preti vestendo un saio che talvolta ingombra.

Viviamo il sogno d'essere incensati per cosa poi non lo sappiamo manco

e sussurrando verbi ruminati offriamo nenie ad un orecchio stanco.

E' un'illusione credermi poeta poiché i poeti fan rivoluzione

quel biascicare come scimmia inquieta soffia su brace della frustrazione.

Tingerò sfondi con un nero intenso

per dare corpo a gocce di colore bagnerò il plettro nel mio sangue denso

a che dell'anima vi giunga afrore.

80

Taranto - lati

E' un (alto) forno la calura è davvero troppa

ed è proprio quel troppo che t'ammazza... tutto grasso che cola

andiamocene in spiaggia in mar grande l'altro è troppo è piccolo.

Troppi bagnanti disoccupati

quasi tutti laureati purtroppo solo due cadetti

ai giovani i sandali stan troppo stretti.

Due calici d'acciaio fuso: - delle opportunità ch'è troppo vuoto

- e dei veleni troppo pieno bisogna berli entrambi

e non c'è troppo tempo per riflettere.

Roba da matti dodicimila alla de-Riva

son troppi per mandarli a pescare... a ingoiar Code di Rospo

81

Viaggio all’inferno

Quali valori abbiamo assimilato se non quelli che Rizzo e de la Penne

han tramandato?

Quadri dipinti con un nobile sangue... pennellate d'esempio

di rari uomini sprezzanti l'empio che in perniciose acque

il coraggio non l'han mai risparmiato.

Poi i borboni quelli del "Tira a campare "

vecchi marpioni c'han sempre preferito abbozzare.

Generali... soldati...

i marò di Franceschiello assoldati alla fiera dell'oltraggio

mercenari sbandati.

Tremendo e amaro il lascito viaggio all'inferno per l'intero equipaggio...

sparati in orbita d'inverno sul povero Uran (i) o

o come zavorra –palla di piombo nel cranio– da babordo sversati in mare

senza i dovuti onori e senza un pianto - mausoleo l'abisso -

bare d'acciaio foderate d'amianto.

82

Comandi in plancia

L'uomo di mare posa i passi con "chiappe a paratia"

non ama essere "trombato" nella vita di bordo s'è sacrificato

ed ora senza ipocrisia non ha problemi a confessare

che più di fottere gli aggrada comandare.

La rotta è quella giusta condurrà in porto la sua nave sderenata

alla ciurma pennello e pittura ed è carriera sicura

"sei alla banda" in barcarizzo allora sì che avrà goduto come un riccio...

allevierà il disgusto d'aver raccato anche con l'onda increspata.

A star vicini al sole ci si scalda

e forse un buon tutore s'inventerà un gallone superiore

per tenersi la lingua calda magari - perché no - nel lustro futuro

e poi nella quiescenza - questo è sicuro - una gratifica decuplicata

con altra croce di benemerenza.

Si sa qui non si tratta di coraggio é il culo a paratia l'esser saggio

quindi per non rischiare d'arenarsi da certe secche basta allontanarsi.

E poi a quale pro darsi da fare

di produzione non c'è metro in mare gli acuti danno noia e si demanda eseguendo spartiti della banda!

Vuoi un consiglio? Lascia perdere allora... non scoperchiare mai il vaso di Pandora!

83

Fuori dalla corsa

Disconnessi. E' trendy dirli esodati

espulsi dal circuito... fuori gara catorci d'epoca coi cerchi sgangherati

è così che appaiono in andatura lenta un po' sbilenchi

- due fari opalescenti gli occhi consumati.

Ho speso poco tempo per ammazzare ed interrare il mio vecchio

adesso firmerei assegno in bianco per riabbracciarlo disperato.

E poi le autovetture da rottamare

quelle incidentate manco tenute in conto per la corsa

prudente- mente già scartate.

Di cosa diavolo si va a blaterare? Ma poi Signor Ministro

son pendolare e per s- campare al sinistro

dalla periferia vado in treno a lavorare.

84

La grande illusione

E' un'illusione crederci poeti noi che del sommo ne inseguiamo l'ombra

cantiamo salmi come vecchi preti vestendo il saio che talvolta ingombra.

Viviamo il sogno d'essere incensati per cosa poi non lo sappiamo manco

e sussurrando verbi ruminati offriamo nenie ad un orecchio stanco.

E' un'illusione credermi poeta poiché il poeta fa rivoluzione

quel biascicare come scimmia inquieta soffia la brace della frustrazione.

Tingerò sfondi con del nero intenso

per dare corpo a gocce di colore bagnerò il plettro nel mio sangue denso

a che dell'anima vi giunga afrore.