Relazione Spettacolo Gh'era 'na Olta 2012

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Le novee dea nonna Autrice: Emma Perodi Autore spettacolo: Angelo Savelli personaggi della rappresentazione: IL PROFESSOR GRIGO’, esploratore LA PROFESSORESSA KOVACEVICH, esploratrice prima rappresentazione 15 dicembre 1994 – Firenze a cura della compagnia Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi di Firenze

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Spettacolo teatrale dedicato alle NOVELLE DELLA NONNA di Emma Perodi 22 novembre 2012 organizzato da MiMA International District Image www.mima.cc

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Le novelle della nonnaAutrice: Emma Perodi

Autore spettacolo: Angelo Savelli

personaggi della rappresentazione:IL PROFESSOR GRIGO’, esploratore

LA PROFESSORESSA KOVACEVICH, esploratrice

prima rappresentazione 15 dicembre 1994 – Firenzea cura della compagnia Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi di Firenze

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IL RACCONTO DEL RACCONTO La scena è composta semplicemente da due cartine geografiche (una dell'Italia ed una della Toscana) appese a due cavalletti che stanno ai due lati di un tavolo coperto da una tela mimetica militare. Ai piedi delle cartine due seggiole. Ai piedi delle seggiole due zaini militari. Sul tavolo un largo sacco sempre di tela verde militare.

(arrivano i due attori vestiti da esploratori)

Kovacevich - Cari bambini, buon giorno! Voi vi chiederete chi siamo e cosa ci facciamo qui vestiti in questa maniera. Allora presentiamoci. Questo che vedete al mio fianco è l'esimio professor Grigo'. Grigò ‑ E q u e s t a è l ' e s i m i a professoressa Kovacevich. Dovete sapere che noi una volta eravamo due attori ed andavamo in giro per le città a raccontare tante belle storie ai bambini come voi. Poi un bel giorno... Kovacevich ‑ ...è arrivata la televisione! La televisione è sicuramente una bell’invenzione, anche molto utile. Pero' per noi l'arrivo della televisione è stato un disastro. Infatti, da quel momento la gente che prima veniva a sentire raccontare le nostre storie ha preferito restare chiusa in casa a guardarsi la televisione. Poi come se non bastasse, quegli omini finti che stanno dentro il televisore ci hanno rubato tutte le

nostre storie. E cosi' siamo rimasti senza storie da raccontare e senza nessuno che le ascoltasse.

Grigò ‑ Insomma siamo rimasti senza lavoro, buttati in mezzo ad una strada. Kovacevich ‑ Ma non ci siamo persi d'animo. Grigò ‑ Per fortuna noi, quando eravamo piccoli come voi, abbiamo studiato

molto ‑ ed eravamo anche molto bravi ‑ così ci siamo laureati a pieni voti in archeologia. Allora abbiamo ritirato fuori del cassetto la nostra bella laurea in archeologia, abbiamo tirato fuori dell’armadio i nostri costumi da esploratori e ci siamo messi a girare il mondo alla ricerca d’antiche storie sconosciute.

Kovacevich ‑ Siamo cioè diventati "ricercatori di storie perdute"! E dove pensate che siamo andati a cercarle queste storie perdute?

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Grigò ‑ In America tra i cow boy? Grigò/Kovac ‑ No!!! Kovacevich ‑ In oriente tra le odalische? Grigò/Kovac ‑ No!!! Grigò ‑ In Australia tra i canguri? Grigò/Kovac ‑ No!!! Kovacevich ‑ Al Polo Nord tra i pinguini? Grigò/Kovac ‑ No!!! Grigò ‑ In Africa tra gli elefanti? Grigò/Kovac ‑ No!!! Kovacevich ‑ Siamo rimasti a casa nostra: in Italia!

Grigò ‑ Si, in Italia. (si porta davanti alla carta geografica dell'Italia e ne indica i vari luoghi

con una bacchetta) Perché in Italia c'è tutto. Vedete. Ci sono le montagne e ci sono i mari.

Ci sono le isole e ci sono i promontori. Ci sono le pianure e ci sono i laghi. Ci sono le paludi ed i vulcani. E qui ci fa freddo come al Polo Nord e qui ci fa caldo come in Africa... Insomma; c'è proprio tutto.

Kovacevich ‑ Ma addirittura siamo restati nella nostra regione. Qual'è la nostra

regione? La Toscana! (si porta davanti alla carta geografica della Toscana e ne indica i vari

luoghi con la bacchetta che le porge il professor Grigo') Siamo restati in Toscana perchè anche qui in Toscana, come in Italia,

c'è tutto. Ci sono le montagne e ci sono i mari. Ci sono le isole e ci sono i promontori. Ci sono le pianure e ci sono i laghi. Ci sono le paludi e ci sono i vulcani...spenti! Insomma. Noi eravamo nel capoluogo della regione.. sapete qual'è? Firenze. E sapete qual'è il fiume che passa da Firenze? L'Arno! Noi siamo risaliti lungo l'Arno fino alle sue sorgenti sul Monte Falterona.

Grigò ‑ (tira fuori una cartina in rilievo della provincia d'Arezzo) Eccolo qui il

monte Falterona. Kovacevich ‑ Su questa cartina il monte Falterona si vede proprio bene. Perché

questa è una cartina cicciolosa. Mica è una cartina come quest'altre... tutte tristi, diritte, magre... questa è una bella cartina cicciottella e paffuta.

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Grigò ‑ Vedete. Noi abbiamo fatto tutto questo viaggio passando da qui, prima in canoa e poi a piedi, abbiamo risalito il fiume Arno. Su, su... tra le zanzare, i cinghiali, le vipere...

Grigò ‑ Le correnti del fiume... Kovacevich ‑ Tra i salici piangenti e le ortiche... Grigò ‑ Tra gole di roccia e cascate... Kovacevich ‑ Sotto i ponti e sopra le dighe, su... su... fino ai piedi del monte

Falterona, dove abbiamo scoperto questa bellissima valle che si chiama Casentino.

Grigò - Il Casentino è una valle chiusa tra i monti. Una valle un po' cupa,

misteriosa, fredda, piena di boschi, dove d'inverno nevica e si sentono ululare i lupi.

Kovacevich ‑ Una valle abitata fin dal tempo dei

tempi, piena d’antichissimi castelli e monasteri medioevali.

Grigò ‑ Qui c'è il castello di Poppi, qui c'è il castello di Romena, qui quello di Porc iano; qui i l monastero di Camaldoli e qui quello della Verna.

Kovacevich ‑ Ci siamo detti: questo è il posto

ideale per ricercare delle belle storie antiche. E ci siamo subito messi a cercare. Ma nessuno sapeva niente. Finchè un giorno, non lontano dal castello di Poppi, nel podere di Farneta, abbiamo incontrato una simpatica vecchietta che si chiamava nonna Regina e che sapeva un sacco di vecchie storie.

Grigò ‑ Subito l'abbiamo pregata di

raccontarci qualcuna delle sue storie, ma lei ci ha risposto...

Kovacevich ‑ "Sie! Le storie non si raccontano mica così! Tornate stasera e vedremo

che cosa si può fare". Grigò ‑ E così siamo ritornati la sera. Nonna Regina ci aveva preparato una

bella sorpresa. Kovacevich ‑ Aveva invitato i parenti, i nipoti, gli amici dei nipoti, i vicini... ed aveva

organizzato una bellissima festa.

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Prima abbiamo giocato tutti ad un bel gioco che si fa con i numeri... la tombola!

Grigò ‑ (estrae dal sacco sul tavolo una tombola) Eccola qua con il suo sacchetto di numerini. Kovacevich ‑ Ci siamo divertiti tantissimo. E nonna Regina a chi faceva terno,

quaterna, quintina e tombola regalava nocciole, noci, fichi secchi e castagne.

Grigò ‑ Eccole le castagne! (estrae dal sacco delle castagne) Le castagne ce le siamo mangiate un po’ arrostite, le "bruciate", un po’

bollite, le "ballotte"... ma le più buone erano quelle con sopra lo zucchero fuso, i "marron glacé".

Kovacevich ‑ Per accompagnare le castagne ci hanno servito del buon vino. Guardate

questo fiasco. (estrae dal sacco un fiasco vuoto) Sapete perché è vuoto? Perché se lo è scolato tutto quello sbevazzone

del professor Grigò. Grigò ‑ Ma mica era vino freddo come quello che beviamo noi di solito a tavola.

No! Era vino caldo, bollito con i chiodi di garofano, il "vin brulè". Kovacevich ‑ Poi nonna Regina ha tolto dal caminetto un grande paiolo pieno di polenta gialla e l'ha versata sulla tavola. (estrae dal sacco una finta polenta) Ci siamo seduti tutti intorno alla tavola, ognuno con un cucchiaio, ed abbiamo cominciato a mangiare la polenta, ognuno dal suo lato andando tutti verso il centro. "Mangiate, mangiate ‑ diceva nonna Regina ‑ che vedrete che troverete una bella sorpresa nascosta nella polenta". L'ho trovata io la sorpresa: una bella salciccia saporita... Grigò/Kovac ‑ Si salcicce, le salciccie del Casentino che sono tanto buone. (estraggono da sotto il tavolo due lunghe file di salcicce e, facendole volteggiare per aria, corrono tra i bambini) Grigò ‑ Finalmente, dopo aver mangiato e giocato, nonna Regina ci ha fatto sedere tutti vicino al grande caminetto con le nostre seggioline di paglia, ha spento le luci, a fatto fare silenzio ed al calduccino ed al bagliore del fuoco, ha cominciato a raccontarci le sue novelle.

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Kovacevich ‑ E ce ne ha raccontate talmente tante che ne abbiamo riempito due enormi sacchi... vedete questi due nostri sacchi? Sono pieni delle storie che nonna Regina ci ha raccontato.

Grigò ‑ Però, bambini, dovete sapere una cosa. Sarà perché il Casentino è

chiuso tra i monti, sarà per il freddo e i lupi, sarà per tutti quei boschi fitti fitti, sarà per quei castelli misteriosi... fatto sta che tutte le storie di nonna Regina erano... come dire?...

Grigò/Kovac ‑ ...cupe, terribili, alquanto paurose. Kovacevich ‑ Ora se voi non avete paura, noi vi possiamo anche raccontare una di

queste novelle. Che dite? Siete paurosi? Grigò ‑ Va bene! Però le novelle sono tante e noi possiamo raccontarne una

sola. Kovacevich ‑ Ho l'impressione che vi farebbe piacere essere voi a scegliere la

novella, visto che sarete abituati davanti al televisore a scegliere i programmi con il vostro telecomando. Allora noi adesso facciamo una bella cosa: noi useremo il telecomando naturale che è incorporato in tutti i bambini, la cosiddetta manina muta. Si fa in questo modo: per scegliere la novella che preferite, alzate il braccio muovendo la manina così, silenziosamente. Va bene?

Allora per prima cosa dobbiamo scegliere da quale sacco pescare la nostra novella: dal mio bel saccone o dal saccuccio del professor Grigò.

Grigò ‑ Ma che dice, professoressa: il mio sacco è molto più bello e panciuto

del suo. Kovacevich ‑ Facciamo scegliere alle manine mute. Ricordatevi che si può alzare la

mano solo una volta. D'accordo? Procediamo. Grigò ‑ Alzi la mano chi sceglie il mio sacco. Kovacevich ‑ E ora alzi la mano chi preferisce il mio. Bene. Mi dispiace professore ma come può ben vedere i ragazzi hanno

scelto il mio sacco. Grigò ‑ Peccato. Mi dispiace per voi, ragazzi, perché io avevo un sacco di belle

storie. Vedete questa? (estrae una lanterna) Era LA LANTERNA DEL LUPO MANNARO. E questa (estrae la statuetta di un soldato in armatura) era L'ARMATURA DEL FANTASMA DEL SIRE DI NARBONA. E queste erano LE CALZE DELLA BEFANA CATTIVA...

Kovacevich ‑ Lasci perdere professore. E' vero ragazzi il professor Grigò aveva un

sacco di belle storie ma ormai abbiamo deciso di scegliere una delle novelle del mio saccone.

Vediamo cosa c'è qui dentro. Dunque.. Questa è LA PADELLA DELL'INCANTATRICE MALEFICA. Qui invece abbiamo LA FIDANZATA DELLO SCHELETRO. Quest'altra invece è I NANI DI PIAN CASTAGNAIO...

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Grigò ‑ Basta così! Sono già abbastanza. Altrimenti passiamo tutto il tempo a

votare novelle. Limitiamoci a queste. Kovacevich ‑ Dunque bambini quale novella volete che vi raccontiamo? Su usate la

manina muta per scegliere. (votazioni e scelta della novella) Bene ed ora che la novella è stata scelta, fate silenzio che

incominciamo il racconto. ** RACCONTO DELLA PRIMA NOVELLA ** Kovacevich ‑ Vi è piaciuta la nostra novella? Bene.

Siamo proprio contenti. Grigò ‑ Siccome siete stati così bravi e buoni

e visto che c'è ancora un po’ di tempo, se volete possiamo raccontarvene un'altra.

Kovacevich ‑ Però questa volta non useremo la

manina muta per scegliere. Grigò ‑ Useremo la nostra tombola. Quanti

sono i numeri della tombola? Bravi: novanta! Allora facciamo così. Ora uno di voi

tirerà fuori dal sacchetto un numero. Se esce un numero da uno a quarantacinque vi racconteremo la novella del ......; se invece esce un numero da cinquantasei a novanta vi racconteremo la novella del .......

Kovacevich ‑ Procediamo all'estrazione. (un bambino estrae un numero dal

sacchetto e si procede alla scelta della novella) Bene. Allora cominciamo la novella. ** RACCONTO DELLA SECONDA NOVELLA **

Grigò ‑ Vi è piaciuta? Vi sono piaciute le novelle di nonna Regina? E pensare che ce ne sono tante altre...

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Kovacevich ‑ Ma dite la verità: vi piacciono di più le novelle di nonna Regina o la televisione?

Lo so, lo so che a voi vi piace di più stare appiccicati davanti al televisore. Però avete mai provato a parlare con un televisore? Ad interromperlo, a chiedergli delle cose come avete fatto con noi? Certo: anche il televisore racconta delle storie ma mica le racconta come noi. Noi siamo veri, in carne ed ossa proprio come voi che ci ascoltate.

Allora bambini volete un bel consiglio? Date retta a noi. Qualche sera spengete la televisione e fatevi raccontare una bella storia dai vostri genitori, dai vostri nonni, dagli zii, insomma da qualcuna di quelle "persone vere" che vi stanno accanto...

Grigò ‑ E se loro vi dicono che non le sanno, non ci credete: probabilmente se

le sono solo dimenticate. Ma se voi insistete vedrete che se le ricorderanno. Kovacevich ‑ E se proprio non se le ricordano, ditegli che vadano a cercarle, come

abbiamo fatto noi... qui dietro l'angolo... Grigò ‑ E se proprio non c'è niente da fare, allora venite a cercarci e noi vi

racconteremo tante altre storie. Kovacevich ‑ Dove stiamo noi? Ma noi stiamo in quelle strane case dove c'è scritto "Teatro". Venite a

teatro e ci troverete. Grigò ‑ E se non ci siamo proprio noi due, troverete sicuramente degli altri attori come noi che vi racconteranno tante altre bellissime storie come le nostre. Grigò/Kovac ‑ Ciao bambini!

** FINE DELLO SPETTACOLO **

REPERTORIO DELLE NOVELLE DELLA NONNA Durante lo spettacolo, come prevede il meccanismo presente nel testo, vengono raccontate al giovane pubblico due novelle scelte dal caso e dai gusti dei ragazzi. Queste due sono scelte da un repertorio di novelle precedentemente preparato dai due attori. Il racconto è

lasciato all’inventiva degli interpreti che sono invitati a non perdere la dimensione del “raccontare”, accompagnandola con piccoli cenni di rappresentazione dialogica e pochi suggestivi elementi scenici o d’abbigliamento. Trascriviamo tre possibili esempi di “canovaccio” per il racconto delle novelle indicate nel testo.

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PRIMA NOVELLA LA PADELLA DELL'INCANTATRICE MALEFICA

Grigò ‑ Vivevano un tempo ad Arezzo due giovani fidanzati che si chiamavano Gosto e Santina.

Questi due giovani erano tanto innamorati e si volevano tanto bene. Però erano anche molto poveri e Gosto non sapeva come fare a guadagnare un pò di soldi per mettere su casa e sposarsi la sua cara Santina. Così un bel giorno Gosto decise di partire e di andare in giro per il mondo a fare fortuna.

Kovacevich ‑ Santina pianse e si disperò per questa decisione e cercò di dissuadere

Gosto dal partire, dicendogli che lei l'avrebbe sposato anche povero. Ma siccome Gosto era irremovibile nella sua decisione, allora Santina prima di lasciarlo partire lo portò nella sua soffitta. Qui estrasse da un vecchio baule arrugginito tre oggetti che sua nonna aveva ricevuto in regalo niente di meno che da S. Francesco in persona quando era passato d'Arezzo per andare alla Verna. Questi oggetti erano un coltello, un campanellino e un bastone.

Il coltello era un coltello magico che toglieva gli incantesimi: bastava toccare con quel coltello la persona o la cosa colpita da un incantesimo per liberarlo dal malefizio.

Il campanellino aveva la possibilità di essere ascoltato anche da molto lontano se la persona che lo portava era in pericolo. E il bastone poteva trasportare chi lo possedeva ovunque quello avesse voluto.

Santina regalo a Gosto il coltello ed il campanellino e si tenne per se il bastone.

Grigò ‑ Gosto la ringraziò, la bacio e si mise subito in cammino dirigendosi

verso il Casentino. Cammina cammina arrivò fino a Stia ai piedi del monte Falterona, ma di

lavoro neanche a parlarne perché in Casentino sembravano diventati tutti più miserabili di lui.

Una sera mentre stava mangiando in una trattoria di Stia un bel piatto di tortelli di patate, Gosto sentì che due persone al tavolo accanto al suo parlavano di una donna ricchissima. Gosto incuriosito chiese ai due uomini chi fosse questa donna ricchissima. Quegli gli risposero che era una donna misteriosa che abitava in un castello incantato in mezzo ad un lago nascosto nei boschi sul monte Falterona. Nessuno sapeva come fosse questa donna perché tutti quelli che avevano cercato di vederla non erano più tornati indietro. Sicuramente doveva essere molto brutta; se no perché si nascondeva in quel castello senza farsi vedere da nessuno.

Gosto pensò: brutta o non brutta se questa donna è davvero ricchissima potrebbe fare la mia fortuna ed io voglio incontrarla.

Così si mise in cammino verso la vetta del monte Falterona. Dopo giorni e giorni di inutili ricerche finalmente arrivò al lago nascosto nel bosco e nel mezzo al lago vide il castello incantato. Sulla riva del lago trovò una barca di legno a forma di cigno con la testa nascosta sotto un ala. Gosto salì sulla barca ed improvvisamente il cigno si animò e disse: "Vecchio e schifoso nel lago t'affogo, giovane e bello ti porto al castello". E la barca a forma di

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cigno schizzò via sull'acqua fino davanti al castello incantato. Quando Gosto scese a terra vide intorno a se giardini dove invece dei fiori fiorivano rubini e dagli alberi pendevano smeraldi e topazi. Il castello era tutto d'oro e vi si accedeva per una grande scalinata di cristallo. Gosto salì la scalinata e si ritrovò in un grande salone circondato da cinquanta colonne d'argento e nel mezzo, dentro una conchiglia di madreperla stava distesa la padrona del castello.

Altro che brutta. Quella donna era bellissima, con il volto candido come il latte, le labbra rosse come le rose, dei lunghi capelli neri che le scendevano fino ai fianchi tutti inanellati di coralli e perle ed un vestito di seta verde tempestato di diamanti.

Kovacevich ‑ "Vieni avanti bel giovane. Non avere paura. Quanto sei carino. Non

vedevo un bel ragazzo come te da tanto tempo. Dimmi chi sei e cosa cerchi".

Grigò ‑ "Sono Gosto e vengo d'Arezzo a cercare fortuna." Kovacevich ‑ "Allora sei arrivato nel posto giusto. Le vedi tutte queste ricchezze:

sono mie. Me le ha lasciate in eredità mio marito, un vecchio gnomo brutto e malefico che per fortuna è morto un anno fa. Ti piace il mio palazzo?"

Grigò ‑ "Altrochè se mi piace. Anzi, bella signora, visto che tu sei tanto ricca

perché non mi fai lavorare nel tuo palazzo e mi regali qualche perla o rubino?"

Kovacevich ‑ "Qualche perla o rubino? Ma se tu vuoi io ti darò la metà delle mie

ricchezze: basta che tu mi sposi." Grigò ‑ Quello sciagurato di Gosto, sentendosi offrire tutte quelle ricchezze, si

dimenticò della povera Santina e disse: "Ma per metà di tutte queste ricchezze io ti sposo anche subito".

Kovacevich ‑ "Meraviglioso! ‑ grido dalla gioia la signora ‑ Però prima di sposarmi

devi superare la prova della mia cucina. Devi sapere che io ed il mio primo marito passavamo le giornate a litigare perché quel brutto bugiardo sosteneva che io non sapevo cucinare. Quindi per evitare discussioni inutili dopo il matrimonio, io ora ti preparo con le mie dolci manine un bel pranzetto. Se vedrò che sei soddisfatto della mia cucina io ti sposerò immediatamente."

E così detto apparecchiò una bellissima tavola con piatti di porcellana, bicchieri di cristallo e posate d'argento. Poi prese una strana rete che teneva legata alla cintura ed avvicinatasi al lago la gettò in acqua. Improvvisamente come per incanto la rete si riempi di brutti pesci con i baffi, serpi, lombrichi, ranocchi, topacci di fogna e via dicendo. La bella incantatrice buttò tutte queste schifezze in una padella e si mise a friggerle canticchiando allegramente. Mentre Gosto guardava disgustato questa orripilante frittura, tutto d'un tratto incominciò a sentire delle voci misteriose per la stanza: "Aiuto... Aiuto..."

Grigò ‑ "Ma di chi sono queste voci che chiedono aiuto?"

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Kovacevich ‑ "Ma che voci e voci! E' l'olio che crepita nella padella!. Rispose

l'incantatrice e riprese a friggere canticchiando. Dopo poco riecco le stesse voci di prima: "Aiuto... Salvaci... Aiuto..."

Grigò ‑ "Ma queste sono proprio voci!" ribatte Gosto preoccupato. Kovacevich ‑ "Ma no: è il rumore della legna che brucia nel fuoco" rispose

l'incantatrice un pò infastidita continuando la sua frittura. "Pietà di noi... Aiuto... Aiuto..."

Grigò ‑ "E no: queste sono proprio delle invocazioni d'aiuto!" ripetè Gosto. Kovacevich ‑ "Finiamola con queste storie ‑ rispose indispettita l'incantatrice ‑

Saranno i grilli che cantano fuori dalla finestra. Tieni mangia il mio bel frittino. Io intanto vado a vestirmi per il matrimonio. Se quando torno avrai mangiato tutto e l'avrai trovato di tuo gradimento io ti sposerò". E così detto uscì.

Grigò ‑ Gosto, rimasto davanti alla padella, disse tra se e se: "Questa frittura è

disgustosa. Ma siccome voglio diventare ricco, faccio un sacrificio e me la mangio". Così dicendo prese il suo coltello e fece per tagliare un pesciaccio puzzolente. Ma appena il coltello magico che toglieva gli incantesimi toccò il pesce, questi si trasformò subito in un uomo. "Grazie amico di avermi liberato. Quell'incantatrice malefica prima mi ha sposato e poi mi ha trasformato in un pesce. Se non era per te sarei già morto. Grazie" E così dicendo si tuffo nel lago e scappo via nuotando a tutta velocità. Allora Gosto tocco con il suo coltello anche il rospo e la biscia ed il topo... e tutti ritornarono gli uomini che erano prima dell'incantesimo. "Scappa Gosto, salvati dalle grinfie di quell'incantatrice malefica" e via tutti di corsa fuori dal castello. Gosto capì il pericolo che stava correndo e fece per scappare via, sennonché l'incantatrice tutta vestita da sposa gli si parò innanzi.

Kovacevich ‑ "Ah, brutto traditore, volevi ingannarmi. Ma io non ti lascerò scappare".

Prese la rete che teneva ai fianchi e la lanciò sul povero Gosto che stava per saltare dalla finestra. Come Gosto finì dentro la rete, immediatamente si trasformò in un brutto ranocchietto saltellante. "Così impari a prendere in giro le signore come me!" E gli diede un gran calcione gettandolo fuori dal palazzo.

Grigò ‑ Ma proprio a causa di quel calcione, il campanellino che Gosto portava

al collo si mise a suonare. Il suono si sparse per l'aria, scese giù per la montagna, si sparse nella valle e onda dietro onda arrivo fino ad Arezzo dentro la casa di Santina. Quando Santina sentì il campanellino capì che il suo Gosto era in pericolo. Allora, senza perdere neanche un secondo, prese subito il bastone magico e disse:

"Bastone bastoncello del santo poverello porta me da Gosto mio con l'aiuto del buon Dio".

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Subito il bastone si trasformò in un bellissimo cavallo bianco. Santina vi saltò in groppa ed il cavallo da solo si mise a galoppare verso il Casentino e poi su verso la cima del monte Falterona. Ma ad un certo punto la strada finì ed anche il cavallo si fermò in mezzo ad una gola rocciosa. Santina si guardò intorno cercando Gosto. Ma invece del suo fidanzato vide su di uno sperone di roccia, appollaiato dentro un nido d'aquila un vecchio gnomo. "Che ci fai lassù, nonnetto?"

Kovacevich ‑ "Sono vittima di un incantesimo. Sto covando due uova di pietra e sono

condannato a restare prigioniero in questo nido finche' le uova non si schiuderanno."

Grigò ‑ "E quando si schiudono le uova di pietra" Kovacevich ‑ "Mai! Questa è la mia condanna" Grigò ‑ "E chi ti ha fatto questo malefizio" Kovacevich ‑ "E' stata mia moglie. Prima mi ha sposato per prendere tutte le mie

ricchezze e poi siccome non voleva un marito vecchio e brutto allora ha rubato la mia rete magica e mi ha fatto questo incantesimo. Ed è lei quella che adesso sta tenendo prigioniero il tuo Gosto. Vai, libera Gosto e così facendo libererai anche me dall'incantesimo."

Grigò ‑ "Corro subito" disse Santina ed avvicinatasi al cavallo recitò: "Cavallo cavallino del santo poverino porta me da Gosto mio con l'aiuto del buon Dio". Improvvisamente al cavallo spuntarono due grandi ali, trasformandosi

in una bellissima aquila. Santina stava per saltare in groppa all'aquila ma lo gnomo la fermò.

Kovacevich ‑ "Ascolta. Se vuoi arrivare all'incantatrice prendi questi abiti e travestiti

da uomo, perché lei fa entrare solo dei ragazzi giovani e belli ed uccide tutti gli altri. E poi devi sapere che l'unica cosa che può sconfiggere quella donna malefica è la mia rete magica che lei mi ha rubato e che porta sempre gelosamente attaccata alla sua cintura."

Grigò ‑ "Grazie nonnino" disse Santina e volò via sulle ali della grande aquila.

Così arrivo' al castello sul lago e l'aquila la deposito proprio davanti alla grande scalinata dopodiché ridiventò il bastone di legno del santo poverello.

Santina travestita da uomo salì la grande scalinata di cristallo e si trovo nel salone davanti alla bella incantatrice.

Kovacevich ‑ "Che bel ragazzo. Come ti chiami?" disse l'incantatrice che non si era

accorta che Santina era una donna. Grigò ‑ "Mi chiamo Santino e sto girando il mondo in cerca di una moglie bella

e ricca"

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Kovacevich ‑ "L'hai trovata! Io non solo sono bella e ricca ma addirittura sono una cuoca bravissima. Adesso ti preparò un bel pranzetto e se rimarrai contento della mia cucina ti sposerò subito."

Così detto preparò la tavola per il pranzo e si tolse la rete dalla cintura. Grigò ‑ A quel punto Santina la fermò dicendole: "Non posso assolutamente

permettere che un bella signora come voi sciupi le sue delicate manine per pescare. Lasciate che sia io a fare questo lavoro in onore della vostra bellezza."

Kovacevich ‑ L'incantatrice, ingannata da tanta galanteria, passò tutta contenta la

rete a Santina. "Cosa mi pescherai, bel giovanottino?" Grigò ‑ "Pescherò il diavolo che ti porti" gridò Santina gettandogli la rete

addosso. Come l'incantatrice fu dentro la rete immediatamente si trasformò nella

brutta strega che in realtà essa era. Santina incominciò a chiamare Gosto a squarciagola. Vide il suo coltello

sul tavolo e si mise a cercarlo per tutte le stanze. Ma ovunque andava non trovava nessuno se non uno stupido ranocchietto che la seguiva ovunque infilandosi tra i suoi piedi. Alla fine esasperata Santina tirò un calcio al ranocchio che la infastidiva. Come il ranocchio volo per aria Santina sentì suonare il campanellino e capì che quello era Gosto. Allora prese il coltello magico e lo toccò e Gosto ritorno vivo e vegeto e bello come prima.

Kovacevich ‑ Mentre i due fidanzati si baciavano contenti ecco che arrivò volando il

vecchio gnomo che ringraziando Santina per averlo liberato gli regalò le due uova di pietra che doveva covare. Poi afferrò la rete con la vecchia strega e se la portò via in cielo tra tuoni e fulmini. Quindi il palazzo cominciò a tremare e l'acqua del lago a ruotare vorticosamente finché tutto scomparve e Gosto e Santina si ritrovarono in mezzo ad un prato verde con in mano le due uova. Allora ritornarono a casa ad Arezzo e fecero la cosa più naturale del mondo: fecero covare le due uova alla loro gallina.

Grigò ‑ Ed un bel giorno le uova si schiusero e ne uscirono due enormi rubini.

Così Gosto e Santina diventarono ricchi e poterono finalmente sposarsi.

FINE NOVELLA

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SECONDA NOVELLA LA FIDANZATA DELLO SCHELETRO

Kovacevich ‑ C'era una volta a Bibbiena... la vedete qui Bibbiena? (mostra la cartina in rilievo) Proprio qui nel centro del Casentino... Viveva a Bibbiena una ragazza di nome Amabile. Amabile era così bella che tutti la chiamavano "la bella delle belle". Amabile era molto vanitosa e passava tutto il suo tempo a pettinarsi, incipriarsi, imbellettarsi. Lei non era molto ricca perché era la figlia di un sarto ma pur di comprarsi un fronzolino, un ammennicolo, una gioia era capace anche di rinunciare a mangiare. Amabile aveva tantissimi pretendenti sia a Bibbiena che nei paesi vicini: garzoni di bottega, contadini, commercianti, impiegati... ma lei li teneva tutti a bada. Lasciava che tutti i ragazzotti dei dintorni le facessero la corte, perché, alla vanesia, piaceva molto essere adulata, ma poi non si concedeva a nessuno. Lei infatti aspettava d'incontrare qualche nobile signorotto che la facesse diventare

come tutte quelle belle signore di Bibbiena che lei vedeva sempre andare in giro per il paese tutte agghindate come principesse e rivestite di broccati, sete e velluti.

E finalmente un giorno incontro l'uomo dei suoi sogni. Era la festa di Carnevale. E a Carnevale i giovani di Bibbiena usano

escono per le strade a cantare e scherzare per poi finire tutti insieme a ballare intorno al rogo di un grande albero di ginepro detto "Bello pomo".

Fu durante questa festa che Amabile scorse in mezzo ad un gruppo di giovanotti un bel ragazzo vestito da signore. Chiese chi fosse e le sue amiche gli risposero: "Quello è Desiderio, uno degli ultimogeniti della più importante famiglia di Bibbiena, i Dovizi. Ma è uno scavezzacollo, un perdigiorno. I suoi genitori l'hanno mandato a studiare a Pisa ‑ dove c'era e c'è ancora la più importante Università della Toscana ‑ ma lui invece di studiare non perde occasione per scappare da Pisa e correre a feste, balli e corse di cavalli." Ma Amabile, vedendo che era tanto carino e sentendo che era uno dei ragazzi più ricchi di Bibbiena se ne innamorò subito e fece di tutto per farsi notare da lui.

Grigò ‑ Anche Desiderio quando vide Amabile così bella che gli sorrideva si

innamorò subito di lei. I suoi amici subito lo sconsigliarono: "Lasciala perdere quella. E' una vanitosa che pensa solo ad agghindarsi ed imbellettarsi. Non sarà una buona moglie." "Che m'importa se non sarà una buona moglie! Pensate che figurona farò quando mi presenterò alle feste con una sventolona di ragazza come Amabile. Quella ragazza deve essere mia."

E così si mise a seguirla per tutto il paese ballando e suonando finché

la festa non finì. Il giorno dopo Amabile si mise alla finestra di casa per vedere se

Desiderio fosse passato da quelle parti. Ed infatti era appena l'alba che già Desiderio si mise a passeggiare davanti all'abitazione di Amabile. E passava e passava ma non diceva niente perché quello zuzzerellone che faceva

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tanto lo spaccone alle feste era in realtà un gran timidone. Così successe anche il giorno dopo ed il giorno dopo ancora. Il quarto giorno Amabile esasperata quando vide arrivare Desiderio fece per lanciargli un fiore, ma urtò un vaso di gerani ch'era sul davanzale e glielo fece cadere in testa che per poco non l'ammazzava.

Subito corse impaurita a consolarlo. Desiderio fece finta di stare malissimo e così tra una carezza ed un bacetto entrarono in dolce intimità. Allora Amabile chiese a Desiderio: "Cosa posso fare per farti stare meglio?"

Grigò ‑ Potresti sposarmi! Kovacevich ‑ Ma io ti sposo subito! Grigò ‑ Si, si: sposiamoci subito! No, subito no! Kovacevich ‑ Perché? Grigò ‑ Perché i miei genitori vogliono che torni subito a Pisa per terminare i

miei studi. Non posso disubbidire ai miei genitori se no mi diseredano. Allora sai che facciamo? Io torno subito a Pisa, studio tanto, prendo la laurea e tra tre mesi esatti torno a Bibbiena e ti sposo.

Kovacevich ‑ Figurati! Quando sarai a Pisa troverai qualche ragazza più bella e ricca

e ti scorderai di me. Grigò ‑ Neanche per sogno. Tornerò e ti sposerò. Ed in pegno di questa mia

promessa d'amore ti lascio questo preziosissimo anello. Addio mia bella. Addio.

Kovacevich ‑ Amabile pianse e si disperò per la partenza di Desiderio. Ma piangi

oggi, piangi domani, quando si accorse che tutte quelle lacrime sciupavano i suoi begl'occhi, smise subito di piangere e si consolò facendo la solita vita in attesa che passassero i tre mesi. Ed infatti i tre mesi passarono ma Desiderio non tornò. Amabile aspettò un altro mese, poi un altro ancora ma del fidanzato neanche l'ombra.

Amabile non sapeva cosa pensare: forse Desiderio era stato bocciato agli esami o forse si era trovato un altra fidanzata. Intanto vedendola sola, i vecchi pretendenti si rifecero sotto ed Amabile, un po’ perché le piaceva farsi corteggiare, un po’ perché non si sa mai, lasciava che gli gironzolassero intorno. Dopo un altro mese d'attesa si decise ad andare a chiedere consiglio alla sua balia che abitava in un casolare al di la del bosco di Fontechiara. Così si mise in cammino da sola. Mentre camminava nel bosco ad un certo momento sentì alle sue spalle lo scalpicciare di un cavallo e voltatasi vide arrivare un cavallo nero montato da un bellissimo cavaliere tutto vestito di nero che si mise a seguire la ragazza.

"Cavaliere cosa volete da me?" Grigò ‑ "Oh bella tra le belle! Se vieni con me ti offrirò questa rosa meno

morbida delle tue mani e meno rossa delle tue labbra."

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Kovacevich ‑ "Scusatemi cavaliere, ma dovete sapere che io sono promessa sposa e non posso accettare regali da uno sconosciuto. Arrivederci."

E si allontanò. Ma il bel cavaliere nero invece di andarsene scese da cavallo e continuò a seguirla a piedi.

Grigò ‑ "Oh bella tra le belle! Se una rosa non ti basta io ti darò una fiore

d'argento perché mio padre è ricco e mi ha lasciato tre carri di fiorini, sesterzi e dobloni."

Kovacevich ‑ "Anche il mio fidanzato è molto ricco e non mi farà mancare niente.

Addio!" E riprese a camminare mentre si faceva lentamente sera. Grigò ‑ "Oh bella tra le belle! Se non vuoi un fiore d'argento te ne regalerò uno

d'oro." Kovacevich ‑ Andatevene, vi prego. Non continuate a tentarmi come fece il serpente

con Eva." E continuò a camminare mentre ormai si faceva sempre più scuro. Grigò ‑ "Oh bella tra le belle! Se neanche un fiore d'oro ti basta io te ne darò

uno tutto ricoperto di diamanti e rubini. E poi ti darò abiti più ricchi di quelli di una regina e un palazzo degno di un re di corona."

Kovacevich ‑ "Abiti da regina?" Grigò ‑ "Si!"

Kovacevich ‑ "Un palazzo da re?" Grigò ‑ "Si!" Kovacevich ‑ "Allora accetto: verrò con te." Grigò ‑ "Bene, andiamo. Ma prima dammi il tuo anello in pegno."

Kovacevich ‑ Amabile ebbe un attimo d'esitazione. Pensò a quello scavezzacollo di Desiderio ma essendo orami passati molti mesi si tolse l'anello e lo diede al cavaliere. Quindi si mise a seguirlo lungo un viottolo scosceso. Ma mentre avanzavano le stelle in cielo scomparivano una ad una ed intorno si sentiva solo il gracchiare sinistro delle civette.

"Ma, mio bel cavaliere, io non vedo davanti a noi che una squallida spianata che assomiglia ad un cimitero."

Grigò ‑ "E' il cortile del mio palazzo, oh bella tra le belle."

Kovacevich ‑ "Ma signor cavaliere, là vedo una croce nera come quelle che si metto sui luoghi dei delitti."

Grigò ‑ "E' la banderuola del mio tetto, oh bella tra le belle."

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Kovacevich ‑ "Ma questo luogo, mio misterioso cavaliere, mi sembra una di quelle cave abbandonate dove si gettano gli animali morti."

Grigò ‑ "E' la soglia della mia dimora: ormai siamo arrivati." Disse il cavaliere e

presala per una mano la trascinò giù nel burrone. Kovacevich ‑ Quando furono in fondo al burrone, improvvisamente tornò la luna in

cielo e così Amabile poté vedere che quello che l'aveva trascinata la in fondo non era un bel cavaliere ma un orrendo scheletro.

"Dio mio! Chi sei?" Grigò ‑ "Come, non mi riconosci? Sono il tuo fidanzato!"

Kovacevich ‑ "Il mio fidanzato?" Grigò ‑ "Si, io sono Desiderio." Kovacevich ‑ "No, tu sei solo un brutto scheletro" Grigò ‑ "Io sono Desiderio! Stavo tornando a Bibbiena dopo aver passato tre

mesi a Pisa, quando arrivato a Fontechiara incontro un vecchio amico che mi invita a passare la sera all'osteria insieme a lui. "non posso devo raggiungere la mia bella Amabile che mi aspetta da tre mesi." "Ma ci divertiremo come pazzi, berremo e balleremo insieme a tante belle ragazze. E domani andrai dalla tua Amabile" "Hai ragione: ha aspettato tre mesi, giorno più giorno meno cosa cambia?" E così sono andato con lui. Ma invece che portarmi all'osteria mi ha portato qui dove lo aspettavano due complici; così mi hanno aggredito, derubato ed accoltellato lasciando il mio cadavere in questa cava. I corvi mi hanno ridotto ad uno scheletro ma il demonio ha avuto pietà di me e mi ha concesso di ritornare sulla terra per provare la tua fedeltà. Se tu mi fossi rimasta fedele io sarei rimasto in vita per sempre. Ma se tu, come hai fatto mi avessi tradito col primo cavaliere che passava, allora io sarei ritornato uno scheletro e tu saresti diventata la fidanzata di uno scheletro."

Kovacevich ‑ "Ma io non voglio essere la fidanzata di uno scheletro. Io voglio Vivere e divertirmi. Voglio abiti da regina e un palazzo da re."

Grigò ‑ "Io te li ho promessi ed io te li darò." Kovacevich ‑ "Come? Mi darai abita da regina?" Grigò ‑ "Si, perché anche le regine quando muoiono vengono rivestite di terra.

ed avrai un palazzo da re, perché anche i re dopo morti abitano sottoterra"

Kovacevich ‑ Detto questo lo scheletro l'abbracciò e sprofondarono insieme in una grotta buia e profonda dove Amabile finì i suoi giorni riducendosi ad uno scheletro come quello del fidanzato.

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E ancora oggi se vi capitasse di passare dalle parti di Fontechiara, nelle notti di luna piena potreste sentire le voci dei due fidanzati sciagurati condannati a litigare per l'eternità.

Grigò ‑ "Oh brutta tra le brutte. La tua infedeltà ci ha ridotti a due scheletracci

putridi." Kovacevich ‑ "La colpa è tua! Se non ti veniva l'idea d'andare all'osteria con le

donnacce non sarebbe successo niente." Grigò ‑ "Zitta, bugiarda, altrimenti ti spacco quest'osso sulla zucca scheletrita."

Kovacevich ‑ "E io ti strappo la mandibola, brutto egoista che non sei altro." Grigò ‑ "Vanitosa!" Kovacevich ‑ "Scavezzacollo" Grigò ‑ "Vanitosa!" Kovacevich ‑ "Scavezzacollo"

FINE NOVELLA

TERZA NOVELLA I NANI DI CASTAGNAIO

Kovacevich - C'era dunque una volta a Castagnaio in Casentino tutto un popolo di Nani, diviso in quattro tribú. Quelli che stavano nei boschi, si chiamavano…

Grigò - Cornetti, perché soffiavano in piccoli corni che tenevano appesi alla cintura.

Kovacevich - Quell i che abitavano le piagge, si chiamavano…

Grigò - Ballerini, perché passavano la notte a ballare in giro al lume di luna.

Kovacevich - Quelli che abitavano le valli…

Grigò - Valletti, per la loro predilezione per quelle località.

Kovecevich - In quanto agli abitatori dei poderi venivano chiamati…

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Grigò - Topolini, perché erano piccini piccini e neri, ed essendo stati accusati di proteggere i cristiani e di favorire i loro raccolti, dovettero fuggire in Mugello.

Kovacevich - Al tempo di cui parlo, dunque non c'erano più che i Cornetti, i Ballerini e i Valletti ma in così gran numero, che pochissimi uomini, anche fra i più coraggiosi, osavano avventurarsi a passar accosto al palazzo rotondo che essi avevano a Castagnaio.

V’era poi un punto, detto Pian del Castagno, nel quale i Ballerini stavano a preferenza, e che era evitato da ogni cristiano durante la notte, perché i perfidi Nani ballerini circondavano il mal capitato nella loro danza vertiginosa, e lo facevano girare fino al primo canto del gallo.

Però, una volta, un certo Bernardo, che faceva il bifolco, tornando di sera, stanco, dai campi, per scorciar la via, prese giù per la piaggia abitata dai Ballerini. Bernardo credeva che fosse presto e sperava che i Nani non avessero ancora incominciato il ballo; ma giunto in mezzo al Pian del Castagno, li vide sparsi intorno ai massi che le piogge avevano travolti dalla vetta dei monti.

Grigò - Il bifolco stava per tornare addietro quando..

Kovacevich - …sentì echeggiare i corni dei Cornetti

Grigò - Piegò allora verso la valle ma improvvisamente…

Kovacevich - …sentì le grida dei Valletti.

Grigò - Bernardo allora si mise a tremare pensando che i nani l’avrebbero costretto a ballare tutta la notte fino a scoppiare.

Kovacevich - Infatti i Nani giungevano da tutte le parti, circondando Bernardo come uno sciame di mosche intorno a un piatto di miele, ma subito si allontanarono vedendo che aveva la forca in mano e si misero a cantar in coro:

Via, fuggiamo dal villano Che la forca reca in mano, Quella forca maledetta, Che compié tanta vendetta! Grigò - Bernardo capí allora che la forca era un amuleto contro i Nani e

alzandola in aria passò in mezzo ad essi senza soffrir nessun danno.

Kovacevich - Quello fu un avvertimento per tutta la gente del contado e chi doveva uscir la sera, prendeva sempre seco una forca e non evitava più il Pian del Castagno e la casa rotonda dei Nani.

Grigò - Bernardo, però, non credé con questo di aver fatto abbastanza per i suoi compaesani; egli era un uomo curioso, aveva il cervello fine e una vivace allegria, non da gobbo davvero.

Kovacevich - Ah, già! Non vi ho detto ancora che Bernardo era gobbo fin dalla nascita, ma gobbo reale, cioè con una protuberanza in mezzo alle spalle e

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un'altra in mezzo al petto che tuttavia non gl'impedivano di lavorare tutto il giorno, e di guadagnarsi coscienziosamente il pane.

Grigò - Una sera, non potendo piú stare alle mosse, prese la forca e, dopo essersi raccomandato a san Francesco, andò al Pian del Castagno.

Kovacevich - Appena i Ballerini lo videro da lontano, gli corsero incontro gridando. Ecco Bernardo! Ecco Bernardo!

Grigò - Sí, omini, sono io; - rispose quel mattacchione del gobbo, - vengo a farvi una visitina.

Kovacevich - Benvenuto! Vuoi ballare con noi?

Grigò - Scusate, brava gente, ma voi non soffrite d'asma, e io sì.

Kovacevich - Ci fermeremo quando vorrai.

Grigò - Me lo promettete? - domandò Bernardo che avrebbe volentieri ballato, per poterlo raccontare.

Kovacevich - Te lo promettiamo, - risposero i Nani. Grigò - Sulla croce del Salvatore? Kovacevich - Sulla croce del Salvatore.

Grigò - Il gobbo, convinto che quel giuramento lo garantisse da ogni sventura, entrò nella catena formata dai Ballerini,

Kovacevich - I quali incominciarono a girare cantando.. Giro, giro tondo, giro, giro tonto… Grigò - Dopo un certo tempo Bernardo si fermò e disse: Con la vostra buona grazia, signori Nani, io vi ho da dire che questo

canto e questo ballo mi sembrano poco divertenti. Senz'esser poeta, credo di poter allungare la canzone.

Kovacevich - Sentiamo! Sentiamo! Grigò - Giro, giro tondo, Un pane, un pane tondo, Un mazzo di viole, Le do a chi le vole; Le vo' dare alla vecchina; Caschi in terra la piú piccina!

Kovacevich - I Ballerini fecero un gran baccano. Avanti, avanti! - esclamarono circondando Bernardo. - Sai far versi e

balli bene; ripeti, ripeti! Grigò - Giro, giro tondo, Un pane, un pane tondo,

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Un mazzo di viole, Le do a chi le vole; Le vo' dare alla vecchina; Caschi in terra la piú piccina! Kovacevich - Intanto i Ballerini giravano come tante piume spinte dal turbine. A un

tratto si fermarono e, affollandosi intorno a Bernardo, gli dissero tutti a una voce:

Che cosa vuoi? che cosa desideri? Ricchezza o bellezza? Parla e noi ti contenteremo.

Grigò - Dite sul serio?

Kovacevich - Che si possa esser condannati a raccattare a uno a uno tutti i chicchi di grano del Casentino, se ti inganniamo.

Grigò - Ebbene, dal momento che volete farmi un dono e me ne lasciate la scelta, vi chiedo una cosa sola: levatemi le due gobbe e fatemi diventar diritto come un fuso.

Kovacevich - Bene! Bene! Vieni qua e vedrai. Essi acchiapparono Bernardo, gli fecero fare una capriola per aria e se

lo buttarono da uno all'altro come se fosse stata una palla, finché non ebbe fatto tutto il giro del circolo.

Grigò - Allora egli ricadde in terra sbalordito, mezzo soffocato, ma senza gobba e ringiovanito, cresciuto, rimbellito. Era così cambiato che anche la sua mamma avrebbe stentato a riconoscerlo.

Kovacevich - Vi potete figurare che sorpresa fece ai suoi compaesani quando ritornò a Castagnaio senza gobba! Nessuno voleva credere che fosse Bernardo, e anche la moglie era in forse se dovesse riceverlo o no.

Grigò - Per farsi riconoscere egli dovette dirle quante paia di lenzuola aveva nel cassettone e di che colore erano le gonnelle che ella teneva nel cassetto.

Kovacevich - Finalmente, quando si furono accertati che era proprio lui, tutti vollero

sapere come aveva fatto a diventare così diritto, da gobbo reale com'era prima.

Grigò - Ma Bernardo pensò che, se lo diceva, lo avrebbero creduto il compare dei Nani, e che tutte le notti che qualcuno si fosse trovato in bisogno, avrebbe subito ricorso a lui. Perciò, a tutti coloro che lo tempestavano di domande, rispose che la guarigione era avvenuta durante il sonno e ch'egli non ne sapeva nulla, altro che s'era addormentato sulla piaggia vicina al Pian del Castagno.

Kovacevich - Allora tutti i gobbi del vicinato andarono a dormire a ciel sereno; ma

rimasero sempre gobbi e pensarono che Bernardo non aveva voluto svelare il segreto.

Ora, dovete sapere che in paese c'era anche un sarto con i capelli rossi e gli occhi loschi, che chiamavano Pietro il Balbuziente, perché parlando

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intaccava sempre. E invece d'essere allegro e burlone, come sogliono essere i rossi, era tetro, uggioso quanto mai, e avaro, aiutatemi a dire avaro. Figuratevi dunque che cela campava a pattona e migliaccio, pur di dare i quattrini a usura, strozzando quanti gli capitavano fra mano.

Kovacevich - Bernardo gli doveva da un pezzo cinque fiorini d'argento. Un giorno Pietro andò da lui a richiederglieli. L'ex gobbo si scusò e lo

supplicò di aspettare fin dopo la mietitura del grano; ma Pietro disse che non gli concedeva la proroga alla restituzione, altro che se gl'insegnava il segreto di diventar bello.

Preso così alle strette, Bernardo dovette confessare, e raccontò la visita ai Ballerini dicendo quali parole aveva aggiunte alla loro canzone.

Pietro il Balbuziente si fece ripetere le rime; poi se ne andò, avvertendo il suo debitore che gli concedeva dieci giorni per trovare i cinque fiorini.

Ma sentendo che i Ballerini avevano offerto a Bernardo la scelta fra la bellezza e la ricchezza, il suo istinto d'avaro si ridesto e la sera stessa volle andare al Pian del Castagno per ballare fra i Nani e scegliere la ricchezza fra le due offerte che gli avrebbero fatto.

Grigò - Appena la luna, fu alta sull'orizzonte, ecco dunque il Balbuziente che si

mette in cammino verso la piaggia, con la forca in ispalla. Kovacevich - I Ballerini, appena lo scorgono, gli corrono incontro e gli domandano se

vuol ballare. Pietro acconsente, dopo aver fatto gli stessi patti di Bernardo, e si mette nella catena degli uomini neri che cominciano, a cantare.

Giro, giro tondo, un pane, un pane tondo, Un mazzo di viole, Le do a chi le vole...

Grigò - Aspettate! Voglio aggiungere qualche cosa alla vostra canzone. Kovacevich - Aggiungi! Aggiungi pure! Le vo' dare alla vecchina; Caschi in terra la piú piccina! Allora i Nani tacquero…Grigò - …ma il Balbuziente riuscì ad aggiungere solo, balbettando: E si... si... rompa la zu ... zucchina.

Kovacevich - I Nani mandarono un altissimo grido. - E poi? - domandarono a una voce.

Grigò - Si si ... rompa la zu… zucchina. Kovacevich - Ma poi, ma poi? Grigò - Si si ... rompa la zu ... zucchina. Kovacevich - Nani ruppero la catena; tutti correvano all'impazzata e, non potendosi

far capire, andavano in bestia. Il povero Balbuziente rimase a bocca aperta non potendo dir nulla. Alla fine tutta quella moltitudine di omini neri si

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calmò un poco; essi circondarono Pietro e mille voci gli gridarono nello stesso tempo:

Kovacevich - Esprimi un desiderio! Esprimi un desiderio!

Grigò - Un de... de... siderio, Bernardo ha... ha... scel...to fra ricchezza e bellezza.

Kovacevich - Sì, Bernardo ha scelto la bellezza e ha lasciato la ricchezza.

Grigò - Ebbene, io, scelgo ciò che Berna ... Bernardo ha ri...cusato.

Kovacevich - Bene, bene! - esclamarono i Ballerini. E sollevarono da terra Pietro, come avevan sollevato Bernardo, lo fecero rimbalzare di mano in mano fino alla fine della catena, e quando cadde in terra aveva sulle spalle una gobba grossa come un cocomero.

Grigò - Il sarto non si chiamava piú Pietro il Balbuziente, ma Pietro il Gobbo balbuziente.

Il sarto tornò a Castagnaio più svergognato di un cane rognoso, e appena si seppe in paese quello che gli era accaduto, non ci fu più chi lo volesse vedere. Tutte le vecchie andavano a casa sua con una ciabatta in mano, col pretesto di chiedere un tizzo di fuoco, e appena vedevano Pietro, gliela picchiavano sulla gobba.

L'infelice campava di rabbia e se la rifaceva con Bernardo, ruminando nel cervello pensieri di vendetta, perché accusava lui solo di tutti i suoi mali.

Diceva che era il preferito dei Nani e aveva loro domandato certo di far quell'affronto al suo creditore.

Così, appena trascorsi gli otto giorni, il Gobbo balbuziente disse a Bernardo che, se non poteva pagargli i cinque fiorini, avrebbe avvertito la giustizia per fargli sequestrare e vendere tutto quello che aveva.

Bernardo ebbe un bel pregare e supplicare; l'altro tenne duro e disse che il giorno seguente gli avrebbe messo all'incanto i mobili, gli attrezzi e il porco.

La moglie di Bernardo si mise a piangere e ad urlare, dicendo che li esponeva alla berlina, che non restava loro altro da fare che prendere la bisaccia e il bastone e andar elemosinando, che non meritava il conto che Bernardo fosse diventato dritto e di bella presenza per farsi segnare a dito da tutti. Ella aggiunse molte altre cose, che è inutile riferire e che il dolore strappa di bocca ai meschini.

Bernardo non rispondeva a tutte quelle lamentazioni. Diceva solamente che bisognava rassegnarsi alla volontà di Dio e di san Francesco; ma il suo cuore sanguinava e si rimproverava di non aver preferito la ricchezza alla bellezza, quando gli avevano la- sciato la scelta. Ora si sarebbe adattato a riprendere le due gobbe, purché fossero state piene d'oro e d'argento.

Dopo essersi lambiccato il cervello per trovare il mezzo di uscir da quel ginepraio, risolse di andare al Pian del Castagno.

I Ballerini lo accolsero con grida di gioia come la Prima volta, e vollero che ballasse in giro insieme con loro. Benché Bernardo non ne avesse voglia, pure non si fece pregare e si mise a saltare con tutte le sue forze. I Nani non saltavano, ma volavano come foglie secche spinte dal vento, ed

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erano tutti lieti. Essi ripeteva- no il primo verso della canzone, Bernardo ripeteva il secondo, essi il terzo, e così di seguito. Ma quel ripeter sempre le stesse parole parve un po' monotono a Bernardo, il quale disse:

Grigò - Se m'azzardassi a esprimere l'opinione mia, direi che questa canzone,

alla lunga, è un po' noiosa.

Kovacevich - E’ vero! E’ vero!

Grigò - Ebbene, io ve ne comporrò un'altra piú allegra.

Kovacevich - Dilla subito.

Grigò - Statemi a sentire: “Siam piccini, siam bruttini, Siamo tutti ballerini, Ed alquanto sbarazzini; Gobba va, gobba viene, Chi l'ha avuta se la tiene.”

Kovacevich - Mille gridi, che formavano un solo grido, partirono da ogni punto della piaggia. In un momento tutto il terreno fu coperto da Nani: ne uscivano dai ciuffi di erba e di ginestra, dal tronco dei castagni, dalle fessure delle rocce pareva un alveare di omini neri, sgambettanti tra i cespugli, e tutti gridavano:

Bernardo, sei l'atteso salvatore, Se' colui inviato dal Signore!

Grigò - In parola d'onore, non capisco quello che dite! - esclamò Bernardo meravigliato.

Kovacevich - Te lo spieghiamo subito. Iddio ci aveva condannati a restare fra gli uomini e a ballare tutta la notte sulle piagge finché un cristiano non ci avesse inventata una nuova canzone. Tu allungasti l’altra ma non bastava; avevamo sperato nel sarto Balbuziente, ma lui ci ha canzonati e noi l'abbiamo punito. Il tempo della nostra pena è cessato, e noi ritorniar4o nel nostro regno, che si stende sotto la terra ed è più basso del mare e dei fiumi.

Grigò - Se è vero che vi ho reso un servigio, allora non ve ne andate senza cavar d’impaccio un amico.

Kovacevich - Che cosa ti occorre? Grigò - Tanto da pagare oggi il Balbuziente e il fornaio tutti i giorni. Kovacevich - Prendi i nostri sacchi! Prendi i nostri sacchi! Esclamarono i Nani. E gettarono ai piedi di Bernardo í sacchetti di

panno rosso che portavano a tracolla.

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Grigò - Egli ne raccolse quanti piú poté e corse a casa tutto allegro. E quando arrivò disse alla moglie: Accendi la lucerna e metti il chiavistello, affinché nessuno ci possa vedere. Porto, tante ricchezze da comprar tutto il Casentino.

Kovacevich - Bernardo posò subito sulla tavola i sacchetti e si mise ad aprirli. Ma

ahimè! Aveva detto quattro prima. d'aver la gatta nel sacco! I sacchetti non contenevano altro che rena, foglie secche e crini.

Il povero Bernardo mandò un grido così acuto, che la moglie, la quale era andata a chiuder l'uscio, accorse spaventata.

Grigò - Il marito le narrò la gita al Pian del Castagno e tutto quello che era accaduto.

Kovacevich - San Francesco, aiutateci! - esclamò la donna. - I perfidi Nani si sono

burlati di te!

Grigò - Purtroppo, me ne accorgo io pure, - disse Bernardo sgomento.

Kovacevich - E va' disgraziato, hai osato toccare quei sacchetti che hanno appartenuto ai dannati?

Grigò - (afflitto) Credevo che contenessero qualche cosa di meglio. Kovacevich - “Chi non val nulla non può dar cosa di valore. Questi sacchi porteranno

disgrazia alla casa.” E stava per buttarli sul fuoco, allorché la moglie ebbe un pensiero e

disse: - Avessi almeno un po' d'acqua santa! Ella andò a capo al letto, staccò da un chiodo una piletta di maiolica,

c’inzuppo un rametto d’ulivo benedetto e ne asperse i sacchetti: Ma appena la rugiada del Signore cadde su di essi, i crini si cambiarono in vezzi di perle, le foglie secche in monete d’oro e la sabbia in diamanti.

L’incantesimo era rotto. Il miracolo era avvenuto e le ricchezze che i nani avevano voluto nascondere ai cristiani, erano costrette a riprendere il loro vero aspetto.

Grigò - Bernardo rese i cinque fiorini al Balbuziente, dette una ricca elemosina a ogni povero del contado, lasciò cinquanta messe al preposto, e poi partì insieme alla moglie per Firenze, dove comprarono una casa, ebbero dei figli e morirono ricchi in età avanzatissima.

Kovacevich - E da quel momento nel Pian del Castagno tutti passano liberamente di notte e nessuno ha incontrato più né Cornetti…

Grigò - né Ballerini,

Kovacevich - né Valletti…

Grigò - né Topolini.

Kovacevich - I nani sono spariti per sempre... F I N E NOVELLA

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Lʼevento è stato organizzato da:

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Patrocinato e sostenuto da:

Da sinistra:Agnese e Elena del MiMAGiancarlo Mordini - Teatro RifrediMilena Lazzaroni - direttrice MiMADon Paolo - Teatro StimateGiacomo Bogoni - attoreDiletta Oculisti - attrice