Regole chiare e “governo” del settore: investire nell ... · I limiti degli attuali assetti di...

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Regole chiare e “governo” del settore: investire nell’acqua, investire in sviluppo Position Paper

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Il Laboratorio Servizi Pubblici Locali è una iniziativa di analisi e discussione che intende

riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza

al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali.

Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle

finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la

riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la

tutela dell’ambiente.

Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo

ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità

economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle

tendenze macroeconomiche del Paese.

Donato Berardi

Direttore

e-mail: [email protected]

tel. 02 87078150

http://www.refricerche.it/it/laboratorio-spl-futuro/presentazione/

Il presente lavoro è stato redatto da Donato Berardi, Francesca Casarico e Samir Traini. Tutte le

elaborazioni sono state realizzate sulla base delle informazioni disponibili al 23 ottobre 2015.

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Executive summary ............................................................................................................................... 1

1. Le regole rimettono in moto gli investimenti .................................................................................. 5

2. Il ritardo infrastrutturale e il fabbisogno di investimento dei territori ........................................ 9

2.1 Le ferite del settore...................................................................................................................... 9

2.2 Qual è il reale fabbisogno ? ....................................................................................................... 14

3. L’impatto economico degli investimenti nel settore idrico .......................................................... 18

BOX - Il moltiplicatore degli investimenti idrici ........................................................................ 19

BOX - Gli investimenti strategici ................................................................................................. 23

4. I limiti degli attuali assetti di governance ...................................................................................... 26

BOX – La legge siciliana di riordino del servizio idrico............................................................. 30

4.1 Governance e utilizzo delle risorse pubbliche disponibili ...................................................... 33

5. Verso il nuovo periodo regolatorio: MTI 2.0 ................................................................................. 35

5.1 La rafforzata responsabilità degli Enti di Governo d’Ambito (EGATO) ................................. 35

5.2 Le innovazioni al Metodo Tariffario Idrico .............................................................................. 37

5.3 Schemi regolatori 2016-2019: una prima valutazione ........................................................... 38

BOX - Le gestioni alla prova dei nuovi schemi regolatori ......................................................... 41

5.4 Regolazione e finanziabilità degli investimenti: questioni aperte ......................................... 42

5.4.1 Investimenti ed equilibrio economico e finanziario ........................................................ 42

5.4.2 Valore residuo e convenzioni tipo ..................................................................................... 47

5.4.3 Perequazione finanziaria e fondo di garanzia .................................................................. 47

5.4.4 Gli oneri finanziari e le specificità del settore idrico ....................................................... 49

6. Investimenti e finanza: lo stato dell’arte ........................................................................................ 52

6.1 La ritrovata fiducia nel settore ................................................................................................. 52

BOX – Le tipologie di finanziamento del settore idrico ............................................................ 53

BOX – Il finanziamento Viveracqua ............................................................................................ 54

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Executive summary

Le infrastrutture idriche: un “patrimonio comune” - A distanza di quasi quattro anni dal

primo mandato di regolazione del servizio idrico conferito all’Autorità per l’Energia Elettrica, il

Gas e (ora, anche) del Sistema Idrico (AEEGSI) e a meno di due dall’emanazione del primo

metodo tariffario transitorio, poi consolidato nel Metodo Tariffario Idrico, il tempo sembra

maturo per un primo bilancio delle ricadute delle nuove regole. Sembra innanzitutto doveroso

premettere che le “buone” regole sono solo uno dei tasselli di una strategia di rilancio.

Superata la contingenza, dettata dalle emergenze e dai ritardi documentati dalle sanzioni

comunitarie e dalla conta dei disastri autunnali, è necessario ripartire da un disegno più alto,

dotato di più ampio respiro, che delinei una strategia coerente con la rigenerazione delle risorsa,

con i cambiamenti climatici in atto e con la consegna di un “patrimonio comune”, di

infrastrutture in buono stato, alle generazioni future.

Per queste ragioni allo sforzo per recuperare il ritardo è opportuno affiancare una analisi delle

cause che a più livelli vi hanno concorso: dall’assenza di un disegno di sviluppo incentrato

sull’ambiente, alle inerzie e allo stallo istituzionale dovuto ai conflitti tra Stato e Regioni, a

procedimenti autorizzativi complessi e al contempo pletorici, dove è assente ogni responsabilità

sulle conseguenze del non fare, anche quando queste ultime sono di portata superiore a quelle

dell’azione.

Solo di recente, con i provvedimenti contenuti nello “Sblocca Italia” dell’agosto 2014 e nella

Legge di Stabilità 2015, con l’approdo in Parlamento della Riforma del Titolo V della

Costituzione e ancora, con la Riforma della PA, si è avviata una riflessione organica sul futuro dei

servizi pubblici locali, che attendono ancora uno stabile riassetto.

Gli investimenti si rimettono in moto - I più recenti dati disponibili mostrano una chiara

accelerazione degli investimenti realizzati e di quelli programmati per il quadriennio 2014-

2017, segno che l’avvento della regolazione indipendente ha posto le condizioni affinché il

servizio idrico torni attrattivo agli occhi degli investitori. L’incremento degli investimenti del

2014 rispetto al 2011 è del 14% considerando tutte le gestioni, percentuale che sale al 30% al

netto delle gestioni in economia.

Se si confrontano gli investimenti programmati realizzati, si osserva parimenti un

miglioramento rispetto al dato del 2011 (si passa dal 78% al 82% di realizzato).

Va considerato che almeno fino al 2012 il settore ha subito l’incertezza della riforma delle ATO,

soppresse nel 2009 anche se formalmente prorogate, che ha avuto pesanti ripercussioni sulla

pianificazione, sprofondando il settore in uno stallo da cui è lentamente uscito solo nel 2013.

I 34 euro/abitante/anno (27 al netto dei contributi pubblici) contemplati dalla programmazione

2014-2017 non rendono adeguatamente conto dello sforzo profuso: gli investimenti

programmati si scontrano infatti con una governance ancora immatura in larga parte del

Mezzogiorno, e con una ancora inadeguata rappresentazione del reale fabbisogno.

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Una polarizzazione é ben visibile nei Piani degli Interventi per il periodo 2014-2017, dove a

regioni virtuose si affiancano situazioni più problematiche. Una situazione che sintetizza il

diverso ruolo giocato dagli Enti locali nel “governo” del settore: da un lato, infatti, vi sono realtà,

come la Toscana, dove il sostegno agli investimenti nel servizio idrico fa parte di un disegno

strategico avviato sin dai primi anni Duemila, e dall’altro Regioni come la Campania, dove solo di

recente, e comunque a seguito di diffida della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato

istituito l’Ente di Governo d’Ambito.

Le risultanze raccolte documentano dunque un salto di qualità che ancora non si è verificato.

Appare tuttavia altrettanto evidente che senza AEEGSI sarebbe andata molto peggio.

L’analisi degli investimenti realizzati mostra che le dimensioni delle gestioni sono una

determinante importante della capacità di attrarre finanziamenti e di avviare i cantieri. Si

riscontra infatti un tangibile divario della spesa per investimenti tra gli operatori più strutturati,

affidatari del servizio, e i gestori di minori dimensioni: nel 2014, i primi hanno investito circa 37

euro/abitante/anno, un volume tre volte superiore ai 12 euro/abitante/anno delle gestioni

minori.

I bassi investimenti di ieri zavorrano quelli di domani - Il ritardo in cui versa il servizio

idrico è ingente. AEEGSI indica in almeno 65 miliardi le esigenze per i prossimi 30 anni, circa 2,1

miliardi di euro l’anno. Sono invece meno di 40 miliardi quelli attualmente incorporati nella

pianificazione d’ambito.

La programmazione di lungo termine non è evidentemente coerente con il reale fabbisogno del

Paese perché sconta ancora molte delle contraddizioni del passato: vuoi per contenere gli

sviluppi della “tariffa” vuoi per non interferire con il già precario equilibrio economico

finanziario di molte gestioni, secondo la logica per cui “si fa quel che si può”.

Il reale fabbisogno è 3 volte superiore alla spesa corrente - Uno scenario coerente con il

volume degli investimenti registrati nelle maggiori economie europee e che ambisca a

recuperare il ritardo accumulato negli ultimi 20 anni dovrebbe prevedere almeno 5 miliardi di

euro l’anno (90 euro/abitante/anno), per assicurare una convergenza della dotazione

infrastrutturale alle migliori esperienze nazionali e internazionali.

La ridotta patrimonializzazione del servizio idrico italiano è sintetizzata da un dato: 230 euro

pro capite il valore delle infrastrutture attualmente in dotazione alle gestioni (13 miliardi di

euro, tra reti idriche, reti fognarie e impianti di depurazione), rispetto ai circa 1.500 euro pro

capite del caso inglese. Il divario sembrerebbe fotografare un ritardo ingente, di una dimensione

anche superiore a quella apprezzabile attraverso le statistiche sui principali indicatori

infrastrutturali (lunghezza delle reti, perdite di rete, popolazione depurata, ecc.). Un semplice

raffronto con il caso inglese rivela, infatti, una dotazione pro capite di reti di acquedotto tutto

sommato coerente con quella del caso italiano, a segnalare che, al netto del maggiore fabbisogno

testimoniato dalle carenze nella depurazione e dalle perdite nelle reti, il sistema paga anche la

mancata emersione di parte del patrimonio esistente.

Investimenti nell’acqua: un sostegno di 0,7 punti percentuali annui alla crescita del Pil -

Per ogni miliardo di spesa per investimenti nel settore idrico realizzati nel nostro Paese è

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possibile stimare un aumento del PIL pari a oltre 2 miliardi di euro e la creazione di circa 34 mila

nuovi posti di lavoro. Sono grandezze prudenziali che consentono comunque di affermare che in

uno scenario di convergenza alle migliori esperienze nazionali e internazionali (90

euro/abitante/anno) si associa un sostegno alla crescita cumulata sul prossimo decennio di una

dimensione non trascurabile, equivalente a 6-7 punti percentuali di Pil (0,7 punti percentuali per

ciascun anno), e la creazione sul medesimo arco temporale di 1,8 milioni di posti di lavoro in

ragione d’anno (183mila occupati per ciascun anno).

Superare le inerzie nella governance per un nuovo progetto di sviluppo industriale – La

prima emergenza da superare è la necessità di superare i problemi di coordinamento tra gli enti

deputati alla programmazione (Regione, Autorità di bacino, Enti di Governo d’Ambito) e di

ricostruire una “catena di comando” incardinata sugli EGATO alla luce del ruolo di “governo” a

questi ultimi assegnato dallo Sblocca Italia e dalla regolazione AEEGSI. Un percorso che necessità

di un rafforzamento degli EGATO chiamati a “governare” le direzioni di un disegno industriale

per il settore.

2016-2019 si completa la regolazione a sostegno degli investimenti - AEEGSI si appresta a

disciplinare alcuni tasselli mancanti nella regolazione: dalle convenzioni tipo, agli oneri

finanziari e fiscali, all’introduzione di meccanismi di profit sharing per incentivare l’efficienza,

alla introduzione di premi e penalità tariffarie in materia di qualità del servizio. La nuova

regolazione attende anche la disciplina di strumenti straordinari di perequazione finanziaria per

i casi di dissesto e delle garanzie sul valore di riscatto. Nel delicato passaggio dei prossimi mesi

occorrerà tener conto delle specificità del servizio idrico. Rispetto agli altri settori regolati, che

possono vantare una lunga esperienza di regolazione e che hanno beneficiato ad oggi di un

flusso di investimenti più che decennale, appare necessario assicurare al settore idrico un

sostegno finanziario dedicato, in considerazione dell’ingente fabbisogno, della fragile

governance, della elevata frammentazione, oltre che di una credibilità della regolazione ancora

da consolidare. Una precondizione poggia anche sulla necessità di recuperare il pregresso,

evitando che i conguagli limitino gli spazi di crescita della tariffa necessari a finanziare gli

investimenti.

Un illustre assente: il Mezzogiorno - Le buone regole hanno certamente rimesso in moto gli

investimenti. Molto rimane, pur tuttavia, ancora da fare se nel Mezzogiorno quasi un terzo delle

gestioni (oltre 1.400) è risultato destinatario di provvedimenti di decurtazione delle tariffe da

parte di AEEGSI per non avere inviato informazioni complete, sufficienti alla determinazione

delle tariffe, o per non averne inviata alcuna. Le sanzioni, che manifestano la volontà di

procedere con il percorso di enforcement delle regole danno una risposta solo parziale al

problema, che origina, dalla carenza delle competenze necessarie o da una precisa volontà

politica. Le sanzioni se non accompagnate da opportune iniziative di governo dei territori,

rischiano di accrescere i divari e di tradursi in una mera penalizzazione delle poche iniziative a

carattere industriale presenti. Si rendono necessari un disegno e una strategia per

l’infrastrutturazione del Mezzogiorno, con competenze, percorsi e strumenti finanziari dedicati,

per avviare finalmente un disegno industriale moderno.

Alla luce delle difficoltà nella governance, che affliggono alcune regioni del Mezzogiorno, sembra

importante ammettere la possibilità di surroga da parte del gestore nei confronti degli enti di

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governo inerti o inadempienti, in analogia con quanto già previsto in materia di proposta

tariffaria.

Investimenti e finanza, il ritorno delle banche commerciali - Gli investitori istituzionali

tornano a guardare al settore con maggiore fiducia: dopo il crollo dell’operatività finanziaria

seguito al referendum del 2011 nel 2014 si assiste ad un ritorno di interesse degli investitori

istituzionali, a cui dal 2015 si affianca anche il sostegno delle banche commerciali. Alcune

rilevanti esperienze, Smat, Acquedotto Pugliese, Cap Holding, MM, Viveracqua, Acquedotto del

Fiora, Multiservizi, mostrano che le nuove regole, accompagnate da adeguate competenze

manageriali, da un solido piano industriale e da una governance locale chiara ed affidabile, sono

già oggi in grado di assicurare uno sviluppo degli investimenti coerente con le migliori

esperienze internazionali, con un costo della provvista competitivo.

Crescita dimensionale e scala finanziaria efficiente sono requisiti imprescindibili - Gran

parte delle gestioni di piccole dimensioni impegnata a finanziare interventi non particolarmente

corposi (tra i 20 e i 30 euro/abitante/anno) lamenta difficoltà all’accesso al mercato dei capitali,

a causa del basso grado di patrimonializzazione e del ridotto volume complessivo.

Per questa ragione, nelle pagine di questo studio ci si interroga sulla reale capacità delle piccole

gestioni industriali di sostenere lo sforzo di propulsione coerente con l’avvio di un nuovo e più

ambizioso corso degli investimenti, in analogia con quanto osservato nelle migliori esperienze

internazionali.

L’analisi rivela che per realtà poco patrimonializzate, il completamento della regolazione (una

compiuta disciplina delle convenzioni tipo e del valore residuo, un adeguato riconoscimento

degli oneri finanziari e fiscali) non è comunque sufficiente ad assicurare la sostenibilità

dell’equilibrio economico-finanziario necessaria ad attrarre i capitali. Le piccole realtà soffrono

dunque di un comune problema di scala finanziaria inefficiente.

Si impone una riflessione: le alternative vanno dall’aggregazione in realtà più patrimonializzate

e di maggiori dimensioni, secondo un percorso coerente con l’approdo alla gestione unica, alla

fornitura di garanzie pubbliche contro il rischio di fallimento (un fondo di garanzia giace in un

collegato ambientale da due anni), alle sinergie finanziarie e di risk-pooling tra territori.

E’ un percorso obbligato senza il quale ogni ambizioso percorso di recupero del ritardo rischia di

naufragare. Un cammino che potrà giovarsi del sostegno della perequazione finanziaria,

chiamata ad accompagnare questo cambiamento di regime, assicurando gradualità.

La crescita delle tariffe è un falso problema - L’analisi mostra altresì che quello della crescita

della tariffa è un falso problema: un sentiero di efficientamento dei costi operativi, un graduale

rientro dalla morosità endemica, unitamente ad un adeguato sostegno al disagio economico

delle utenze più deboli (bonus idrico), rappresentano un mix di azioni in grado di assicurare una

progressione della tariffa sostenibile e socialmente accettata.

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1. Le regole rimettono in moto gli investimenti

Da diversi anni si discute di come colmare il pesante deficit infrastrutturale che attanaglia il

servizio idrico italiano, dall’emergenza quali-quantitativa dell’approvvigionamento idrico alle

carenze della rete fognaria e della depurazione. Il Paese è già stato oggetto di condanne da parte

della Corte di Giustizia Europea per il mancato rispetto della direttiva 1991/271/CE,

concernente il trattamento delle acque reflue urbane, con sanzioni che interessano oltre 1.000

agglomerati urbani.

Dopo gli anni di incertezza causata dalla riforma delle Autorità d’Ambito (AATO), avviata nel

2009 e più volte prorogata, e dall’esito del Referendum del 2011 che ha minato l’assetto

tariffario del sistema, il settore è stato affidato alla regolazione dall’Autorità per l’Energia

Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI). La scelta di delegare (D.L. 201/11) ad un’autorità

nazionale di riconosciuto standing la riscrittura delle regole è motivata dalla necessità di

rifondare la credibilità di un settore industriale penalizzato da limiti strutturali: elevata

frammentazione delle gestioni, governo debole dei territori e scelte che si muovono su orizzonti

di breve periodo, secondo logiche politiche alla ricerca del consenso e con livelli di servizio non

all’altezza dei migliori standard europei.

Le competenze del nuovo regolatore si estendono a diversi aspetti: dalla definizione dei costi

ammissibili nel rispetto del principio comunitario del full cost recovery, alla determinazione del

metodo tariffario, alle fissazione di standard di qualità del servizio, alla verifica dei piani

d'ambito, alla predisposizione delle convenzioni tipo per l'affidamento del servizio.

In questi anni, nel definire un quadro di regole a sostegno degli investimenti, AEEGSI ha

ricercato un difficile equilibrio tra il necessario recupero dei costi pregressi, figli di una stagione

politica nella quale la tariffa idrica è stata anche strumento di gestione del consenso, il recupero

del ritardo infrastrutturale accumulato e l’aggravio di costi per le utenze, in particolare per

quelle che versano in condizioni di disagio economico.

A tre anni dall’investitura data ad AEEGSI è possibile tracciare un primo bilancio. L’analisi dei

Piani degli Interventi 2014-2017 (PdI) dei gestori con proposta tariffaria approvata dall’AEEGSI

mostra una crescita significativa degli investimenti programmati rispetto a quanto realizzato nel

biennio 2012-2013: si passa infatti dai circa 24 euro/abitanti/anno ai 34 euro/abitanti/anno

(+43%). Ipotizzando un tasso di realizzazione coerente con l’esperienza più recente, e pari

all’80% del programmato1, ci si può attendere per il periodo 2014-2017 un valore degli

investimenti pro capite di 28 euro/abitante/anno, in crescita del 16% rispetto ai consuntivi del

2012. E’ del tutto evidente che un incremento nella capacità di realizzazione degli interventi,

coerente con una regolazione che si consolida e con un accesso più agevole delle gestioni ai

mercati dei capitali, potrebbe condurre a esiti anche superiori.

Si può notare tuttavia come per il Mezzogiorno il dato degli investimenti netti pro capite annui

programmati (a valere sulla tariffa) per il periodo 2014-2017 sia inferiore a quello dei

1 La stima del tasso di realizzazione è stata effettuata rapportando gli investimenti realizzati nel biennio 2012-2013

pubblicati nella Relazione 2015 di AEEGSI al Parlamento e gli investimenti programmati, riferiti al medesimo periodo.

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consuntivi 2012. Una evidenza che sottolinea come in questa area del Paese persistono criticità

che non appaiono superabili con il mero ricorso alle buone regole.

Per il periodo 2014-2017, è possibile analizzare anche lo spaccato regionale come riportato dalla

Tabella seguente, da cui emerge una netta polarizzazione, con Regioni virtuose a cui si

affiancano situazioni più problematiche. Una fotografia che sintetizza il diverso ruolo giocato

dagli Enti locali nel “governo” del settore: da un lato, infatti, vi sono realtà, come la Toscana, dove

il sostegno agli investimenti nel servizio idrico fa parte di un disegno strategico avviato sin dai

primi anni Duemila, e dall’altro Regioni come la Campania, dove solo di recente, e comunque a

seguito di una diffida da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato istituito l’Ente

di Governo dell’Ambito.

Investimenti netti pro-capite realizzati e programmati, anni 2012-2017

Investimenti

programmati

2012 2013 2014-2017

Nord-Ovest 16 15 33

Nord-Est 27 34 37

Centro 35 37 48

Sud 26 10 19

Isole 4 2 16

TOTALE 24 23 34

* campione di 126 gestori che servono una popolazione di circa 40 milioni di abitanti

Fonte: stime Laboratorio REF Ricerche su dati AEEGSI

Investimenti realizzati

(Investimenti al netto dei contributi pubblici dei gestori con tariffa approvata dall'AEEGSI* in

€/ab/anno)

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E’ opportuno evidenziare che i dati appena esposti si riferiscono agli investimenti riconosciuti in

tariffa e non considerano gli investimenti finanziati con contributi pubblici. Motivo che in parte

può contribuire a spiegare i valori più contenuti osservati nelle Regioni del Sud e delle Isole che,

come noto, sono le principali destinatarie di risorse pubbliche comunitarie a sostegno agli

investimenti (si veda la Tabella).

Investimenti programmati finanziati dalla tariffa

NORD 3.055 35

Valle d’Aosta 2 17

Piemonte 573 33

Liguria 190 39

Lombardia 849 33

Veneto 525 30

Friuli Venezia Giulia 168 46

Lemene - ATO interregionale 44 71

Emilia Romagna 703 40

CENTRO 1.813 48

Toscana 798 57

Umbria 86 24

Marche 255 42

Lazio 674 48

SUD E ISOLE 617 18

Abruzzo 74 23

Molise 0 0

Campania 10 4

Basilicata 22 10

Puglia 343 21

Sicilia 85 21

Sardegna 82 13

TOTALE 5.484 34

* campione di 126 gestori che servono una popolazione di circa 40 milioni di abitanti

Fonte: elaborazione Laboratorio REF Ricerche su dati AEEGSI

Area geografica2014-2017

(Mln €)

Pro-capite

(€/ab/anno)

(Investimenti al netto dei contributi pubblici programmati dai gestori con tariffa

approvata dall'AEEGSI*)

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Si tratta di fondi messi a disposizione da diverse delibere del CIPE e rinvenienti da risorse

comunitarie. Nonostante le note problematiche e ritardi nella loro attivazione2, tali fondi

rappresentano una leva fondamentale per agevolare la ripartenza dei cantieri nelle Regioni del

Mezzogiorno: nella sola Sicilia, dove i fondi sono attualmente fermi a causa di carenze nella

progettazione, il loro utilizzo consentirebbe di quadruplicare il volume degli investimenti

attualmente finanziati dalla sola tariffa. Nel caso della Regione Puglia, che invece ha impegnato

tali fondi per finanziare gli interventi programmati per il periodo 2014-2017, la spesa pro capite

per investimenti al lordo dei contributi sale dai 21 euro/abitante/anno coperti dalla tariffa a 48

euro/abitante/anno.

2 Si veda Contributo n. 43 - Acqua - Inerzie e inadempienze alla prova della Riforma Madia, giugno 2015.

Fondi CIPE: interventi deliberati nel Settore Idrico per Regione*

Interventi

(N°)

Totale risorse

(Mln€)

Investimenti pro capite

(€/ab/anno)

Sicilia 96 1164 229

Puglia 88 335 82

Calabria 56 261 132

Campania 7 214 37

Sardegna 15 54 33

Basilicata 11 32 56

TOTALE 273 2061 107

*Delibere CIPE 62/2011- 60/12 -87/2012 -79/2012

Fonte: elaborazione Laboratorio REF Ricerche su dati Invitalia

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2. Il ritardo infrastrutturale e il fabbisogno di investimento dei

territori

2.1 Le ferite del settore

Il settore idrico soffre di una cronica mancanza di investimenti. Da tempo vengono evidenziate le

criticità che lo caratterizzano: dall’obsolescenza delle infrastrutture, agli elevati livelli delle

perdite idriche nelle reti, alle carenze negli standard di qualità dell’acqua destinata al consumo

umano, al deficit di trattamento dei reflui urbani.

La Tavola seguente riassume alcuni indicatori chiave del deficit infrastrutturale che caratterizza

il servizio idrico nei suoi tre segmenti (acquedotto, fognatura e depurazione).

Sebbene il servizio di acquedotto presenti un buon grado di copertura esistono ancora

problematiche persistenti e gravose che riguardano l’efficienza della rete idrica di adduzione e

distribuzione. Secondo gli ultimi dati disponibili, le dispersioni idriche rimangono elevate, con il

37,4% dei volumi immessi in rete che non raggiungono le utenze finali, in peggioramento

rispetto al 2008 (32,1%). I casi di maggiore criticità si concentrano soprattutto nelle Isole e nel

Centro-Sud; tuttavia un deterioramento dello stato delle infrastrutture è documento a tutte le

latitudini.

Deficit infrastrutturale: copertura dei servizi per area geografica

(In % della popolazione)

copertura deficit copertura deficit copertura deficit copertura deficit

Nord 95% 5% 95% 5% 93% 7% 85% 15%

Centro 94% 6% 93% 7% 87% 13% 81% 19%

Sud 98% 2% 91% 9% 71% 29% 69% 31%

Totale

Italia96% 4% 93% 7% 85% 15% 79% 22%

Fonte: elaborazione Laboratorio REF Ricerche su dati Utilitatis - Blue Book

  Acquedotto Fognatura

Depurazione Depurazione

(capacità) (carico trattato)

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Per quanto riguarda i livelli di continuità del servizio, sono circa il 9% le famiglie che dichiarano

di subire irregolarità nell’erogazione, in diminuzione rispetto all’11,7% del 2008. Sempre in

diminuzione, sebbene ancora in percentuale rilevante, e pari al 28%, sono le famiglie che

manifestano un disagio a bere l’acqua del rubinetto (erano il 40,1% nel 2002). La sfiducia

raggiunge livelli elevati soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno e del Centro Italia, quali

Sardegna (53,4%), Calabria (48,5%), Sicilia (46,2%) e Toscana (38,3%).

Del resto l’Italia rimane uno dei Paesi al mondo a maggiore consumo di acque minerali: la spesa

per l’acquisto di acque naturali, gassate e/o naturalmente effervescenti da parte delle famiglie

supera i 3 miliardi di euro l’anno, con una vendita di oltre 16 miliardi di litri e un prezzo medio

di circa 20 centesimi di euro al litro (ovvero circa 200 euro per mille litri, oltre 100 volte quello

dell’acqua distribuita attraverso le reti idriche urbane).

Preoccupante appare la situazione dei servizi di fognatura e depurazione dei quali risultano

sprovvisti rispettivamente il 7% e il 22% degli italiani.

In molte Regioni italiane i carichi inquinanti civili non subiscono un adeguato trattamento, con

situazioni particolarmente critiche quali la Sicilia, dove quasi il 60% dei reflui civili è privo di

trattamento. A dispetto di una graduatoria che vede in testa la maggiore delle Isole, il ritardo

infrastrutturale è tutt’altro che confinato al Mezzogiorno, una volta considerato che in Friuli-

Venezia Giulia, in Veneto e nelle Marche la quota degli scarichi civili non depurati supera

comunque il 50%, e che la stessa Toscana e la Lombardia si collocano su valori di incidenza non

distanti.

Perdite di rete (%)

Fonte: Istat, censimento delle acque per uso civile - 2012

0 10 20 30 40 50 60

SardegnaMolise

CampaniaSiciliaLazio

Friuli-Venezia GiuliaAbruzzoToscanaUmbria

PiemonteVeneto

CalabriaPuglia

LiguriaMarche

BasilicataLombardia

TrentinoEmilia-Romagna

Alto AdigeValle d'Aosta

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11

Il trattamento delle acque reflue urbane è essenziale per assicurare la tutela della vita nei fiumi e

evitare l’eutrofizzazione delle coste, eppure l’Italia registra ancora ritardi nell’adeguarsi agli

obiettivi previsti dalla Direttiva 91/271/CE (recepita con il D. Lgs. 152/2006, il Codice

dell’Ambiente).

Secondo i dati disponibili sul portale Italia Sicura del Governo3 sono più di 1.000 gli agglomerati

con oltre 2 mila abitanti equivalenti che non sono dotati di adeguate infrastrutture di raccolta e

trattamento dei reflui, per le quali sono già scattate procedure di richiamo da parte della

Commissione UE o oggetto di condanna da parte della Corte di Giustizia Europea (CGE).

3 http://italiasicura.governo.it/site/home/acquepulite.html

Carichi inquinanti civili non trattati (%)

Fonte: Istat, censimento delle acque per uso civile - 2012

0 10 20 30 40 50 60 70

SiciliaFriuli-Venezia Giulia

VenetoMarche

ToscanaCalabria

LombardiaValle d'Aosta

AbruzzoCampania

LazioLiguria

SardegnaBasilicata

MolisePuglia

Emilia-RomagnaUmbria

Trentino-Alto AdigePiemonte

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12

In due casi (il primo aperto nel 2004, il secondo nel 2009) il rinvio al giudizio della CGE si è già

risolto in una condanna. Una terza procedura è in corso: si tratta della n. 2014_2059 per mancata

attuazione della direttiva 1991/271/CEE in relazione alla quale un parere motivato, ultimo

passo che precede quello del rinvio al giudizio, è stato inviato all’Italia il 26 marzo u.s.

Le stime del Ministero dell’Ambiente e dalla Tutela del territorio (MATT) pongono a oltre 485

milioni di euro l’ammontare delle sanzioni in arrivo a partire dal 2016 e fino al completamento

delle opere.

Mappa delle infrazioni per agglomerato in Italia

Fonte: Italiasicura

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13

La ricognizione delle criticità desumibile dai Programmi degli Interventi trasmessi dagli EAGTO

ad AEEGSI ha evidenziato:

- una significativa discontinuità del servizio, importanti perdite di rete e carenza di sistemi

fognari e depurativi nell’area Sud e Isole;

- l’assenza di misuratori e limitate attività di lettura dei contatori nell’area Centro;

- criticità riguardo lo stato di conservazione di reti e impianti nell’area Nord.

Si può comprendere perché la promozione degli investimenti è necessaria per raggiungere

obiettivi quali: estendere la copertura dei servizi idrici a quelle aree che ne sono tuttora

sprovviste, in particolare nel Mezzogiorno; mantenere il buono stato di funzionamento delle reti

Infrazioni comunitarie per Regione e procedimento

C 565-10

mancato

trattamento

scarichi per

agglomerati

>10 000 ab.

C 85-13

mancata

realizzazione

fognatura e

pretrattamento

scarichi

PR 2014-2059

mancato

trattamento

scarichi per

agglomerati

>2 000 a.e. TOTALE

Potenziali

sanzioni

(Mln€)

Abruzzo 1 1 26 28 8

Basilicata 0 0 41 41 -

Calabria 18 0 130 148 38

Campania 9 0 115 124 21

Emilia Romagna 0 0 10 10 -

Friuli-Venezia Giulia 2 10 8 20 66

Lazio 1 1 6 8 7

Liguria 9 0 9 18 18

Lombardia 0 14 114 128 74

Marche 0 2 46 48 11

Piemonte 0 1 3 4 5

Provincia di Bolzano 0 0 2 2 -

Provincia di Trento 0 0 2 2 -

Puglia 7 2 36 45 19

Sardegna 0 3 64 67 19

Sicilia 63 5 174 242 185

Toscana 0 0 42 42 -

Umbria 0 0 9 9 -

Valle d'Aosta 0 1 2 3 5

Veneto 0 1 37 38 5

TOTALE 110 41 876 1027 481

Legenda

Fonte: elaborazione Laboratorio REF Ricerche su dati Invitalia e MATT

C 565-10: Causa in cui l'Italia è stata condannata con sentenza 19 luglio 2012 per mancato trattamento degli

scarichi di agglomerati con più di 10.000 abitanti.

C 85 -13: Causa in cui l'Italia è stata condannata con sentenza 10 aprile 2014 per mancata realizzazione di reti

fognarie e trattamento preventivo prima dello scarico.

PR 2014-2029: Procedura d'infrazione relativa al trattamento delle acque reflue urbane negli agglomerati con

carico generato superiore a 2.000 abitanti equivalenti

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e degli impianti esistenti; ridurre i livelli delle perdite ad impedire che i reflui urbani siano

riversati nell’ambiente senza un trattamento adeguato.

2.2 Qual è il reale fabbisogno ?

Ad oggi il Paese non dispone di un sistema informativo in grado di identificare il reale

fabbisogno di investimento del servizio idrico.

Negli ultimi anni in diverse occasioni si è cercato di pervenire ad una sua quantificazione4. La

stessa AEEGSI nel luglio del 2013 ha recepito la proiezione oramai consolidata di un fabbisogno

di 65 miliardi di euro in trent’anni, ossia circa 2,17 miliardi di euro l’anno, corrispondenti a un

flusso di 36 euro/abitante/anno a valori 20115. Tuttavia, tale stima, basata su una

estrapolazione dai Piani d’Ambito (logica bottom-up), è ritenuta a distanza di pochi anni

superata, in ragione della carenza di ricognizioni affidabili: una situazione figlia soprattutto di

una gestione politica della tariffa, ispirata alla massima secondo cui “si fa quel che si può”.

Non a caso la dimensione degli interventi previsti dalla pianificazione risulta ad oggi ancora

notevolmente distante da quella dei maggiori Paesi europei: siamo allo stesso tempo tra i Paesi

che investono meno in Europa e tra quelli con il peggiore stato delle infrastrutture idriche.

In effetti la stessa AEEGSI, già nel 2013, ha riconosciuto che la pianificazione può risentire di una

sottostima riconducibile al ritardo nelle revisioni dei Piani d’Ambito dovuto a tempi lunghi di

recepimento degli obiettivi imposti dalla Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE) e dallo

stallo istituzionale legato al conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni6.

Del resto, un quadro di regole ancora incompleto riguardo le convenzioni tipo e il valore residuo

delle opere, e incardinato essenzialmente sul metodo tariffario e su una programmazione

dettagliata degli interventi sul periodo 2014-2017, oltre ai tempi necessariamente stretti degli

adempimenti richiesti, hanno certamente incoraggiato una soluzione di compromesso, e

condotto nuovamente ad una stima non realistica del fabbisogno anche in occasione della più

recente revisione della pianificazione 2014. La congiunzione di una interpretazione restrittiva

del rispetto dell’equilibrio economico-finanziario, sostanziato dal rimborso integrale del debito

per interventi da realizzare entro la scadenza della concessione7, e il freno della “politica” locale

agli aumenti tariffari, hanno di frequente condotto alla decurtazione dei piani di investimento e

alla dilazione delle opere.

Alla luce della mancanza di una quantificazione attendibile del fabbisogno di investimento, non

appare fuori luogo fare riferimento alle indicazioni offerte da Paesi, come l’Inghilterra che hanno

una dimensione comparabile, in termini di popolazione residente, e una esperienza di

regolazione e governo del settore assai più lunga.

4 Si vedano anche OCSE (2013), Anea (2013) e Federutility (2013). 5 DCO 339/2013/R/IDR. 6 Si veda Contributo n. 34 - Acqua - Riforma della Costituzione: sull'ambiente decide lo Stato, marzo 2015. 7 L’Art. 6.2, Allegato A, delibera 643/2013/R/IDR richiede di tener conto “dell’estinzione, entro la scadenza dell’affidamento, dei finanziamenti contratti per la realizzazione degli investimenti”.

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Il flusso annuale degli investimenti sviluppato dal settore idrico inglese è peraltro coerente con

le esperienze di altri Paesi Europei, quali Germania, Danimarca, Francia, che presentano una

migliore dotazione di infrastrutture idriche rispetto all’Italia, a suggerire che l’intensità dello

sforzo profuso nel nostro Paese è inadeguata a realizzare le infrastrutture già oggi necessarie e a

rispondere alle ulteriori esigenze che si prospettano per le generazioni future.

Non sembra dunque azzardato ritenere che in termini di patrimonializzazione, cioè di valore

delle infrastrutture di cui ciascun cittadino è dotato, il nostro Paese debba aspirare a colmare il

divario che ci separa dalle migliori esperienze europee.

Il settore idrico inglese, tra il 1989 e il 2015, ha investito complessivamente 125 miliardi di

sterline (espressi a valori attuali), equivalenti a oltre 2 mila sterline pro capite.

L’accelerazione degli investimenti, sostenuta da una regolazione incentivante, ha permesso un

significativo miglioramento della qualità del servizio erogato agli utenti finali (qualità dell’acqua,

contenimento delle perdite, estensione e copertura delle reti, ecc.) e, soprattutto, un rinforzo alla

protezione ambientale.

Il flusso di investimenti, pari a circa 20 miliardi di sterline per ciascun periodo regolatorio

(quinquennale), ha permesso al settore di raggiungere una patrimonializzazione coerente con il

fabbisogno: le immobilizzazioni nette a fini regolatori (regulatory asset base, RAB) sono oggi pari

a 63 miliardi di sterline (circa 88 miliardi di euro al cambio corrente), corrispondenti a circa

1.100 sterline pro capite (poco meno di 1.500 euro/abitante).

Per l’Italia si può stimare che il patrimonio del servizio idrico si attesti oggi a circa 12/13

miliardi di euro8, corrispondenti a circa 230 euro/abitante: un valore di quasi 7 volte inferiore a

quello inglese.

8 Il dato relativo alla RAB del nostro campione, pari a 7,5 miliardi, si discosta di circa 2 miliardi rispetto a quanto indicato da AEEGSI nella relazione annuale 2015, da cui emerge che “il valore degli investimenti (riferito ai due terzi della popolazione) – come risultante dagli atti sottostanti alle predisposizioni tariffarie a oggi approvate – presuppone interventi pari al valore totale dalla relativa RAB: l’indicatore, calcolato come media ponderata per la popolazione residente, rappresentato dal rapporto fra gli interventi programmati fino al 2017 e il valore delle infrastrutture idriche esistenti, è infatti di poco superiore all’unità, in parte anche in ragione del sottodimensionamento della RAB

Investimenti nel settore idrico: un confronto europeo

Fonte: Utilitatis - Blue Book

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Il divario sembrerebbe fotografare un ritardo ingente, di una dimensione anche superiore a

quella apprezzabile attraverso le statistiche sui principali indicatori infrastrutturali (lunghezza

delle reti, perdite di rete, popolazione depurata, ecc.). Un semplice raffronto con il caso inglese

rivela, infatti, una dotazione pro capite di reti di acquedotto tutto sommato coerente con quella

del caso italiano, a segnalare che, al netto del maggiore fabbisogno testimoniato dalle carenze

nella depurazione e dalle perdite nelle reti, il sistema paga anche la mancata emersione di parte

del patrimonio esistente9.

Dallo spaccato territoriale emerge poi una netta cesura tra l’area centro settentrionale e

meridionale del Paese. La patrimonializzazione presenta valori più elevati nelle Regioni del Nord

(276 euro/abitante), con una consistenza doppia rispetto all’area del Sud e delle Isole (128

euro/abitante), e di poco superiore a quella delle Regioni del Centro (249 euro/abitante).

Sono valori che manifestano il ritardo infrastrutturale del Paese, quantificabile in un divario

medio di RAB pro capite rispetto all’esperienza inglese di 1.200 euro/abitante, ovvero 75

miliardi di euro in minore patrimonializzazione10.

Le Figure seguenti mostrano la stima del volume di investimenti annui necessari a traguardare

un obiettivo di patrimonializzazione coerente con il fabbisogno espresso dal settore idrico

inglese al variare della finestra temporale considerata. La misura del flusso annuale va dai 9,8

miliardi di euro l’anno nell’ambizioso scenario in cui l’obiettivo viene raggiunto nei prossimi 10

anni (entro il 2025) ai 6,2 miliardi di euro l’anno in uno scenario a 20 anni (entro il 2035), sino

al più abbordabile valore di 5,4 miliardi di euro l’anno su un orizzonte di 30 anni (ovvero entro il

2045)11.

del settore”. Secondo i dati a disposizione di AEEGSI, “i soggetti competenti hanno quantificato, per il periodo 2014-2017, un fabbisogno di investimenti pari a circa 5,5 miliardi di euro, al netto dei contributi pubblici”. 9 Le valutazioni fanno infatti riferimento alla sole opere iscritte tra i cespiti di pertinenza del servizio idrico integrato e per le quali è stato possibile documentare la natura dei fondi impiegati per la loro realizzazione (contributi pubblici o finanziamenti). Trattandosi di opere e di incartamenti che in taluni casi affondano le loro origini in tempi lontani, e in gestioni in economia degli Enti Locali, l’assenza di una contabilità analitica in questi ultimi pregiudica la stessa possibilità di ricostruzione. 10 Occorre precisare che il grado di patrimonializzazione delle diverse gestioni/territori presenta anche nel caso inglese una certa eterogeneità: tra i 13 gestori del servizio idrico inglese si va da un minimo di 220 euro/abitante ad un massimo di oltre 2.600 euro/abitante, a suggerire l’importanza di un valutazione puntuale dei fabbisogni quale attività propedeutica alla costruzione di scenari di investimento nei singoli territori. 11 La riduzione meno che proporzionale del flusso medio annuale di investimento che si osserva all’ampliarsi dell’orizzonte temporale di riferimento riflette la necessità di incrementare il flusso di investimenti necessario a mantenere in efficienza lo stock di capitale esistente, per tenere conto dell’obsolescenza dei cespiti. Gli scenari si

Servizio Idrico in Italia: valore delle immobilizzazioni nette(Anno 2013)

Immobilizzazioni nette

pro capiteImmobilizzazioni nette

€/ab Mld €

Nord 276 7,5

Centro 249 2,9

Sud 128 2,6

Italia 230 13,0

Fonte: stime Laboratorio REF Ricerche su dati gestori, EGATO

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Le proiezioni per area geografica prevedono uno scenario di “convergenza”, ovvero ipotizzando

che il flusso di investimenti permetta a tutte le aree di raggiungere nel tempo preventivato il

medesimo livello di patrimonializzazione. Ciò implica un flusso di investimenti maggiore nelle

realtà che ad oggi versano in condizioni maggiormente deficitarie, ovvero nelle Regioni del Sud e

delle Isole, laddove anche nell’orizzonte di più lungo termine il flusso annuale dovrebbe crescere

di quasi cinque volte rispetto ai valori espressi dalla pianificazione sul 2014-2017. Il percorso si

presenta ambizioso anche per le Regioni “più virtuose” del Nord dove il cambio di regime

dovrebbe vedere un volume di investimenti quasi 3 volte superiore a quello incorporato nella

pianificazione più recente. Questa siffatta evoluzione comporta un riequilibrio del peso relativo

della RAB delle diverse aree sul totale nazionale: il peso al Nord passerebbe dal 58% al 46%,

mentre quello del Sud e delle Isole salirebbe al 34% dal 20% attuale, un valore più coerente con

quello della popolazione residente.

E’ evidente che quello descritto è un esercizio puramente teorico che ha il pregio di quantificare

la dimensione dello sforzo necessario al raggiungimento di una dotazione patrimoniale coerente

con quella di un Paese di più lunga tradizione di regolazione indipendente.

E’ di tutta evidenza la natura straordinaria dello sforzo a cui è chiamata l’area più deficitaria del

Paese, il Mezzogiorno: uno scenario nel quale difficilmente lo sviluppo degli investimenti potrà

essere sostenibile con le sole risorse auto-generate dalla tariffa.

Resta il fatto che, a prescindere dalle specificità geografiche, i circa 5 miliardi l’anno di

investimenti su un orizzonte temporale trentennale costituiscono una misura coerente con il

flusso annuale di investimenti pro capite (80-100 euro/abitante) che caratterizza le maggiori

esperienze europee.

basano su una assunzione di vita utile residua di 15 anni per lo stock di capitale esistente, e in parte già ammortizzato, e di 25 anni per i cespiti di nuova realizzazione.

SII in Italia: flusso di investimento medio annuale al variare dell'orizzonte temporale

(In Mld€)

10 anni 20 anni 30 anni

Nord 0,9 4,5 2,9 2,5

Centro 0,6 1,9 1,2 1,1

Sud 0,4 3,4 2,1 1,9

Italia 1,9 9,8 6,2 5,4

Fonte: stime Laboratorio REF Ricerche su dati gestori, EGATO, OFWAT

Anni al raggiungimento del targetPdI

2014/2017

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3. L’impatto economico degli investimenti nel settore idrico

L’idrico è un settore che presenta elevate ricadute in termini di ricchezza, redditi e occupazione

attivati dagli investimenti.

L’impatto economico di un programma di investimenti nelle infrastrutture idriche va ben oltre i

benefici diretti per il settore. Le ulteriori direttrici sono almeno due:

i benefici indiretti, che creano valore a “monte” del servizio, dalla realizzazione opere

alle forniture di materiali, apparecchiature e servizi (con ricadute positive le aziende che

si occupano della progettazione, per i produttori di impianti e tecnologie, per l’edilizia,

ecc.);

gli effetti di spillover, che catturano le ricadute e i benefici non solo economici, come ad

esempio la riduzione dell’inquinamento delle acque e la migliore protezione

dell’ambiente in senso più ampio.

Il complesso di queste interazioni e effetti diretti e indiretti è comunemente indicato con il

termine di moltiplicatore della spesa pubblica. Si tratta dell’incremento nei redditi interni

(tipicamente misurato in termini di Pil) che consegue all’aumento di una unità addizionale di

investimento (i.e. quanti euro di redditi interni si creano nel Paese a fronte di 1 euro in più di

investimenti). Si può facilmente intuire come tale quantificazione è tanto maggiore quanto

maggiore è l’attivazione di produzione interna piuttosto che estera, e quanto maggiore é la

propensione al consumo o nuovo investimento di coloro che percepiscono i redditi distribuiti

dal settore e dai settori da esso attivati. Le ricadute occupazionali, che sono poi un buon

corollario delle ricadute economiche, sono tanto maggiori quanto più elevata è l’intensità di

lavoro delle produzioni e dei settori attivati dagli investimenti addizionali.

I risultati degli studi12 indicano che gli investimenti nel settore idrico generano ricadute positive

superiori a quelle di impieghi alternativi, sia nell’ambito della spesa pubblica sia di altri settori

infrastrutturali. Ricadute che sono peraltro concentrate nei territori destinatari degli interventi.

Assumendo prudenzialmente un valore del moltiplicatore pari a 2 e una stima di 17 mila

occupati addizionali per ogni miliardo di Pil a regime, coerenti con la fascia bassa delle

quantificazioni rinvenute negli studi, è possibile offrire una misurazione dei benefici

occupazionali e di Pil associati ad alcuni scenari di investimento nel nostro Paese:

un primo scenario (conservativo) è quello rinveniente dal volume degli investimenti

previsto dai diversi piani di ambito (38 miliardi complessivi, 12,8 miliardi in 10 anni);

un secondo scenario (consolidato) proietta sui prossimi 10 anni uno sviluppo degli

investimenti coerente con il fabbisogno indicato da AEEGSI (21 miliardi, 65 miliardi nei

prossimi 30 anni);

un terzo scenario (sviluppo) è quello coerente con il volume di investimenti realizzati

dalle migliori esperienze europee, se si assume un percorso di convergenza (90

euro/abitante/anno, ovvero 5 miliardi di euro l’anno).

12 Si veda il Box “Il moltiplicatore degli investimenti idrici”.

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La Tavola che segue illustra le diverse possibili quantificazioni.

Nello scenario conservativo l’impatto sul PIL è stimabile in 2,6 miliardi di euro all’anno (+0,2%

di aumento del PIL di inizio periodo) con la creazione di oltre 40 mila nuovi posti lavoro all’anno.

Nello scenario consolidato, il PIL aumenterebbe di oltre 4 miliardi all’anno con attivazione di

quasi 70 mila posti di lavoro annuali. Infine in quello di sviluppo, l’aumento del PIL annuale

supera i 10 miliardi all’anno con oltre 180 mila nuovi posti di lavoro.

Sono grandezze prudenziali che consentono comunque di affermare che allo scenario di

convergenza verso le migliori esperienze internazionali (investimenti per 90

euro/abitante/anno) si associa un sostegno annuo alla crescita del Pil dello 0,7% e la creazione

dell’equivalente di 182 mila nuovi occupati.

BOX - Il moltiplicatore degli investimenti idrici

Gli studi empirici volti a quantificare le ricadute sulle economie locali e/o sull’intero sistema

economico degli investimenti nel settore idrico sono in gran parte di matrice internazionale e

misurano la relazione tra la spesa per investimenti infrastrutturali nel settore idrico e alcune

variabili economiche, quali il prodotto interno lordo e il numero degli occupati.

Pereira (2000) per gli USA e Pereira e Pereira (2015) per il Portogallo indagano l’evoluzione del

prodotto interno lordo e dell’occupazione a fronte della spesa in conto capitale nel settore idrico

su orizzonti temporali di lungo termine (1956-1997 per gli USA, 1978-2011 per il Portogallo).

L’elasticità rispetto al PIL oscilla dallo 0,8% nel caso americano al 3% nel caso portoghese,

mentre l’elasticità rispetto all’occupazione si colloca intorno all’1%13.

13 L’elasticità stimata dal modello deve essere interpretata come la variazione percentuale nelle variabili economiche indagate per ogni punto percentuale di variazione degli investimenti in infrastrutture idriche.

Stima dell'impatto su PIL e occupazione degli investimenti nel settore idrico

Scenari

Investimenti annui

pro capite

(€/ab/anno)

Investimenti

medi annuali

(Mld €)

Investimenti

in 10 anni

(Mld €)

PIL

(Mld €)

PIL

(Var %)

Occupazione

(Addetti)

PIL

(Mld €)

Occupazione

(Addetti)

Conservativo 21 1,3 12,8 2,6 0,2% 42.557 25,5 425.569

Consolidato 34 2,1 20,7 4,1 0,3% 68.902 41,3 689.017

Sviluppo 90 5,5 54,7 10,9 0,7% 182.387 109,4 1.823.868

Fonte: stime Laboratorio REF Ricerche su dati ISTAT, EGATO, AEEGSI

Impatto annuale

Impatto cumulato

su 10 anni

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Gli stessi autori indagano anche la dimensione del moltiplicatore associato agli investimenti in

infrastrutture, ovvero la variazione monetaria nel prodotto interno lordo e nel numero di nuovi

posti di lavoro per ogni variazione unitaria degli investimenti in infrastrutture. Pereira (2000)

stima per gli USA un incremento di lungo termine di oltre 6$ nel Pil per ogni dollaro investito in

infrastrutture idriche, Pereira e Pereira (2014) per il Canada quantificano un aumento di oltre

8$, mentre per il Portogallo Pereira e Pereira (2015) prospettano un incremento di quasi 5€ per

ogni euro investito in infrastrutture idriche.

Altri studi hanno indagato il moltiplicatore degli investimenti in infrastrutture idriche sul

reddito e sull’occupazione. Tra questi, il Bureau of Economic Analysis (2008) del Dipartimento

del Commercio degli Stati Uniti d’America calcola che per ogni dollaro aggiuntivo investito nel

settore idrico si ha un aumento del valore della produzione nei settori industriali a valle di circa

2,62 dollari. Sotto il profilo delle ricadute occupazionali, la creazione di un nuovo posto di lavoro

nel settore idrico conduce alla creazione di 3,68 nuovi occupati in attività collegate. Sono valori

medi che sottendono una elevata variabilità a livello territoriale, ma che comunque confermano

che il settore idrico è un settore che assicura elevate ricadute economiche e occupazionali ai

territori14.

14 Sulla corretta quantificazione dei moltiplicatori si è incentrato negli anni più recenti un acceso dibattito. A completamento si riporta un dato: nel caso dei programmi di aumento della spesa pubblica l’evidenza disponibile indica che l’attivazione di Pil può oscillare tra valori del moltiplicatore inferiori all’unità (Cogan e altri, 2009) nell’ipotesi che i percettori di redditi decidano di aumentare il tasso di risparmio, anticipando maggiori tasse future, e

Elasticità del PIL e dell'occupazione rispetto alla spesa per investimenti nel settore idrico

Autore Misura Paese AnniElasticità degli

Investimenti

Pereira 2000

Investimenti infrastrutturali in

acquedotto e fognatura su:

(1) PIL

(2) Occupazione

USA 1956-1997 (1) 0,00856

(2) 0,01239

Pereira e Pereira 2015

Investimenti infrastrutturali in

acquedotto e fognatura su:

(1) PIL

(2) Occupazione

Portogallo 1978-2011(1) 0,0296

(2) 0,0181

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

Autore Misura Paese Anni Prodotto Marginale

Pereira 2000Effetto degli investimenti in

acquedotto e fognatura sul PILUSA 1956-1997 $ 6,35

Pereira e Pereira 2014Effetto degli investimenti in

acquedotto e fognatura sul PILCanada 1976-2011 $ 8,29

Pereira e Pereira 2015Effetto degli investimenti in

acquedotto e fognatura sul PILPortogallo 1978-2011

€ 4,80

Fonte: elaborazioni Laboratorio SPL REF Ricerche

Effetti moltiplicativi su PIL e occupazione di un investimento unitario monetario

nel settore idrico

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La letteratura sembra anche indicare che l’intensità dell’impatto degli investimenti in

infrastrutture idriche sull’economica sia inversamente proporzionale alle condizioni di partenza,

ovvero al grado di sviluppo dello stock infrastrutturale al momento di avvio dell’accelerazione

sugli investimenti.

Sempre con riferimento al caso USA, il Clean Water Council (2009) stima che l’investimento di 1

miliardo di dollari in infrastrutture idriche può triplicare la domanda di beni e servizi a livello

nazionale con un effetto moltiplicativo compreso tra 2,87 e 3,46 miliardi di dollari, in grado di

attivare nuova occupazione compresa tra i 20 mila e i 26 mila nuovi addetti, anche in questo

caso con intensità differenziate a livello regionale e locale.

Più di recente uno studio del National Economic&Labor Impatcs of the Water Utility Sector

(2014) ha quantificato le ricadute dell’attività delle 30 maggiori gestioni del servizio idrico

americane nel periodo 2014-202315. La spesa programmata è pari a 23 miliardi di dollari l’anno,

di cui il 60% destinata a finanziare costi operativi e la restante quota del 40% a manutenzione

straordinaria e nuovi investimenti. Grazie all’effetto del moltiplicatore, indicato in 2,17 si stima

un contributo al Pil americano di oltre 50 miliardi di dollari l’anno (524 miliardi di dollari nei

dieci anni) e l’attivazione di 289mila occupati all’anno (2,9 milioni in dieci anni) tra lavoratori

diretti e indiretti, nonché ricadute in termini di aumento dei redditi da lavoro per i sistemi locali

nei quali le opere sono realizzate pari a 19 miliardi all’anno (189 miliardi in dieci anni).

in questo modo neutralizzando parte dei benefici dello stimolo iniziale, e valori superiori a 1,5 (Romer e Bernstein, 2009), nell’ipotesi che la politica monetaria abbia segno espansivo e i tassi di interesse siano bassi. Un dibattito che rispetto alle quantificazioni riportate più sopra sembra suggerire l’opportunità di veicolare i pur ristretti spazi di spesa pubblica verso gli investimenti nelle infrastrutture idriche. 15 Le gestioni considerate servono una popolazione di 83 milioni abitanti e occupano 36.500 addetti.

USA: stima del moltiplicatore degli investimenti nel settore idrico

su domanda e occupazione con modello Input-Output

Incremento PIL

(dollari)1

Incremento

occupazione

(unità)2

USA 2,62 3,68

Min 1,22 1,97

Max 2,19 3,06

Fonte: Bureau of Economic Analysis (2008)

1) Aumento in termini di valore economico della produzione di tutti i settori industriali causato da un

aumento di un dollaro nel valore economico del settore idrico

2) L'effetto sull'impiego è l'aumento del numero di posti di lavoro in tutti i settori industriali dovuto ad

un posto di lavoro addizionale creato nel settore idrico

USA: stima dell'impatto sull'economica del piano di investimenti nel settore idrico 2014-2023

(spese operative e spese di capitale per 230 Mld US$)

Addetti

(Mgl)

Reddito da lavoro

(Mld $)

PIL

(Mld $)

Impatto complessivo (10 anni) 2.900 189 524

Impatto annuale 289 19 52

Fonte: WRF e WERF (2014)

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Il contributo al Pil della sola spesa in conto capitale è di 22 miliardi di dollari l’anno (con effetto

moltiplicativo pari a circa 2,6) e sono circa 130mila l’anno i nuovi posti di lavoro creati grazie al

volume di investimenti addizionali.

USA: stima dell'impatto sull'economica del piano di investimenti nel settore idrico 2014-2023

(spese in conto capitale per 88 Mld US$)

Impatto complessivo

(sui 10 anni)Impatto annuale Effetto diretto

Effetto

indiretto

Addetti (Mgl unità) 1.300 131 50 81

PIL (Mld US$) 225 22 8 14

Fonte: WRF e WERF (2014)

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BOX - Gli investimenti strategici

Una ricognizione dei Programmi degli Interventi 2014-2017 dei principali gestori del SII rivela

investimenti ambiziosi. Tra di essi è possibile rinvenire alcune opere che più di altre presentano

caratteri di “strategicità” in quanto connotate da un impatto significativo sul territorio locale in

termini di impulso all’attività economica e di miglioramento della qualità del servizio e della

risorsa idrica. La Tabella seguente ne riporta un elenco sintetico con indicazione del gestore

chiamato a realizzarle, l’ambito territoriale di riferimento, la declinazione dell’opera e il

controvalore in termini di impegno monetario.

Elenco opere "strategiche" per gestore e area territoriale

Gestore ATO Opera

Valore

Investimento

(Mln €)

SMAT ATO 3 - TorineseCollettore mediano per acque di prima pioggia ed adeguamento del

collettore intercomunale166

SMAT ATO 3 - Torinese Acquedotto Valle Orco a servizio dell'Eporediese e del Canavesano 153

SMAT ATO 3 - Torinese Potenziamento quali-quantitativo dell'impianto di potabilizzazione del Po 97

MMATO Città di

Milano

Interventi di risanamento e riabilitazione, tramite interventi trenchless

tipo CIPP e consolidamento statico, di reti fognarie in località diverse80

MMATO Città di

Milano

Ristrutturazioni edili-elettromeccaniche (anche comprensive di impianti

di biodenitrificazione) delle Centrali Acquedottistiche70

MMATO Città di

Milano

Interventi di sostituzione e/o potenziamento, con nuove pose, e di

risanamento, con tecniche trenchless varie, in vie diverse di tubazioni

vetuste e/o ammalorate in ghisa grigia e acciaio della rete acquedottistica

50

CAP HOLDING ATO provincia di

Milano

Costruzione di nuovi collettori e di nuove reti di fognature e relative

infrastrutture di volanizzazione funzionali al potenziamento del servizio

di raccolta e recapito delle acque reflue ed riduzione di infiltrazioni di

acque parassite

107

CAP HOLDING

ATO provincia di

Milano e Monza

Brianza

Costruzione di oltre 85 km di nuovi collettori e di nuove reti di fognature

funzionali al corretto recapito dei reflui agli impianti di depurazione di

bacino (Infrazioni Comunitarie)

77

CAP HOLDING

ATO provincia di

Milano e Monza

Brianza

Riassetto e costruzione di condotte idriche intercomunali e di reti di

distribuzione locali per l'aumento della disponibilità di risorsa idrica e la

riduzione delle perdite

61

ACEA ATO 2 Roma Messa in sicurezza acquedotto Peschiera 400

ACEA ATO 2 Roma Potenziamento e adeguamento della linea liquami dell'impianto di

depurazione Roma Nord48

ACEA ATO 2 Roma Collettore di Isola Farnese crescenza III lotto 34

HERA ATO RIMINI Piano di balneazione delle acque di Rimini 85

HERA ATO Trieste Adeguamento depuratore di Servola 47

HERA ATO Bacchiglione Adeguamento depuratore Ca'Nordio 20

IREN ATO Genova Costruzione nuovo impianto e fangodotto del depuratore Area Centrale 99

IREN ATO Genova Costruzione sistema di collettamento e impianto del depuratore di Entella 71

IREN ATO Genova Costruzione impianto depuratore di Rapallo  41.5

VIVERACQUA ATO Brenta Ampliamento dell'impianto di depurazione di Montegrotto Terme 7,3

VIVERACQUA ATO Bacchiglione Raddoppio linea adduttrice idrica Arsiero - Piovene Rocchette 8,5

VIVERACQUA ATO Laguna Veneta Realizzazione rete fognaria in San Giorgio di Livenza - Caorle 2,4

AQP ATO Puglia Potenziamento dell'impianto di depurazione di Bari Ovest e Bari Est 61

AQP ATO Puglia Progetto di Risanamento Reti 2 44

AQP ATO Puglia

Realizzazione di un nuovo adduttore di 37 Km per il completamento del

Sifone Leccese Ramo Ionico dal serbatoio di San Paolo (in agro di Salice

Salentino) al serbatoio di Seclì 

34

Fonte: elaborazione Laboratorio REF Ricerche su informazioni dei gestori

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Una buona parte delle opere riguarda la depurazione, con l’ adeguamento e/o costruzione di

depuratori per risolvere una serie di criticità quali la vetustà degli impianti, la presenza di

scarichi fuori norma e non conformità alla Direttiva UE 91/271/CEE. Nel caso della città di Roma

è emersa la necessità di adeguare il collettamento dei reflui a seguito della eliminazione di

scarichi diretti ai fossi e all’eliminazione degli impianti di depurazione minori, mentre per

quanto riguarda l’area di Padova risulta urgente la necessità di ampliare la capacità di

trattamento dei reflui per garantirne un adeguato trattamento. Il secondo segmento per numero

di interventi strategici è l’acquedotto. Gli interventi sono principalmente volti a migliorare il

livello di efficienza della distribuzione idrica, tramite revamping delle stazioni di pompaggio o

ricerca e recupero delle perdite, e a perseguire il miglioramento del livello qualitativo e

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quantitativo della risorsa idropotabile. Per quanto riguarda le reti fognarie si annoverano

interventi nella Città di Milano per garantire la funzionalità idraulica nonché statica dei collettori

fognari cittadini ammalorati e nella Città di Roma con la realizzazione di un grande collettore

fognario di intercettazione degli scarichi e di trasporto nella zona di Isola Farnese e della

Giustiniana. Infine, ma non da meno, si evidenziano il piano di balneazione delle acque di Rimini

finalizzato a risolvere il problema dei divieti di balneazione che scattano sulla fascia costiera in

seguito all'apertura degli scarichi a mare, il potenziamento quali-quantitativo dell'impianto di

potabilizzazione del fiume Po e il collettore mediano per acque di prima pioggia ed adeguamento

del collettore intercomunale nella zona di Torino.

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4. I limiti degli attuali assetti di governance

I recenti interventi legislativi, dallo Sblocca Italia (D.L. 133/2014), alla Legge di Stabilità

(L.190/2014), alla Riforma del Titolo V della Costituzione e alla recente Riforma Madia

sembrano cogliere la necessità di un riassetto nel “governo” dei servizi pubblici locali, con

l’attivazione di poteri sostituivi da parte delle amministrazioni centrali nei confronti di Regioni e

Enti locali nei casi di reiterata inadempienza.

Lo scopo è rinforzare la “catena di comando” ponendo le condizioni per rimediare alle carenze

fotografate nelle numerose Sentenze di condanna della Corte di Giustizia Europea in materia di

ambiente e utilizzare al meglio le risorse comunitarie disponibili. Si tratta, in particolare, dei

fondi del nuovo ciclo di programmazione degli interventi infrastrutturali per il periodo 2014-

2020 relativi al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e Fondo Sociale Europeo.

Lo “Sblocca Italia” è intervenuto sugli aspetti di governance del settore prescrivendo:

l’individuazione da parte delle Regioni degli Enti di Governo d’Ambito (EGATO) entro il

termine perentorio del 31 dicembre 2014, prevedendo, in difetto, l’attivazione dei poteri

sostitutivi da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

l’adesione obbligatoria dei Comuni agli EGATO, con l’attivazione dei poteri sostitutivi da

parte dei Presidenti delle Regioni nei casi di mancata adesione.

Quella degli EGATO è una storia lunga più di 20 anni. Già la Legge Galli (Legge 36/1994) e quindi

il Codice dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006) prevedevano che negli ambiti territoriali ottimali

individuati dalle Regioni l’organizzazione del servizio idrico integrato fosse demandata alle

Autorità d’Ambito (AATO). Come è noto le AATO sono state soppresse a partire dal 2011 e alle

Regioni è stato delegato il compito di procedere al ridisegno della governance dei servizi entro il

2012, riassetto che, dove si è concluso, ha comportato una significativa razionalizzazione del

numero dei soggetti competenti (in molte Regioni le AATO provinciali sono state sostituite da

autorità/agenzie regionali).

In questo contesto si inserisce il secondo intervento dello Sblocca Italia che ha sancito

l’obbligatorietà dell’adesione dei Comuni agli EGATO. Ancora oggi infatti vi sono Comuni che si

sono rifiutati di aderire dapprima alle ex AATO e quindi ai nuovi enti individuati dalle Regioni.

L’obbligo di adesione agli EGATO avrebbe dovuto essere perfezionato entro il 1° marzo 2015 o,

nel caso in cui la Regione non avesse ancora adempiuto al riassetto, entro 60 giorni

dall’individuazione dell’EGATO. In caso di mancato adempimento, lo Sblocca Italia assegnava al

Presidente della Regione poteri sostitutivi nei confronti dei Comuni inadempienti16.

Dalle informazioni disponibili più aggiornate il processo di adesione degli Enti locali agli EGATO

non è ancora completo: AEEGSI ha avviato un monitoraggio finalizzato a proporre alla

Presidenza del Consiglio dei Ministri le iniziative necessarie17, anche alla luce del rafforzato

16 Contributo n.29,“Aggregazioni e in house nella Legge di Stabilità 2015”, dicembre 2014. 17 AEEGSI, con una determinazione del 31 marzo us (4/2015 – DSID), ha definito le procedure di raccolta dati per monitorare gli affidamenti del servizio idrico integrato e l’adesione degli enti locali agli Enti di governo dell’ambito.

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ruolo di responsabilità nell’ambito delle scelte degli schemi tariffari che il regolatore è orientato

ad assegnare agli EGATO con il nuovo metodo tariffario in avvio dal 2016 (si veda paragrafo 5.2).

Il processo di riordino risulta comunque avviato, sebbene con disomogeneità territoriali. Allo

stato attuale si riscontrano rilevanti criticità a partire dalla solo recente costituzione degli

EGATO da parte di alcune Regioni a cui si aggiunge una diffusa mancata adesione degli Enti locali

agli EGATO e i ritardi da parte di questi ultimi negli affidamenti su scala d’ambito.

L’Osservatorio dei servizi pubblici locali del Ministero dello Sviluppo Economico (Invitalia)

opera un monitoraggio a livello regionale dello stato di attuazione delle norme

sull’organizzazione dei sevizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, evidenziando le aree

in cui si concentrano i ritardi e le inadempienze.

Con riferimento al settore dei servizi idrici i risultati che emergono evidenziano che la

delimitazione degli ambiti territoriali risulta completata in tutte le Regioni. La scala territoriale

scelta presenta una certa varietà: in dieci casi si è fatto riferimento alla dimensione regionale,

nelle altre situazioni ci si è orientati sul territorio provinciale o su scale infra, sub o sotto

provinciali in considerazione dei bacini idrografici. Queste ultime riguardano 11 bacini sub-

provinciali, delineando una situazione di contrasto con le previsioni della “Sblocca Italia” che

fissano quale dimensione minima di bacino il perimetro provinciale. Questo è anche il caso della

recente legge varata dalla Regione Sicilia laddove si prevede la possibilità di articolare bacini a

livello sub-provinciale.

Quanto alla costituzione degli EGATO, giova sottolineare che Calabria e Molise, destinatarie

unitamente a Campania e Sicilia di una provvedimento di diffida da parte della Presidenza del

Consiglio, hanno provveduto nel mese di luglio u.s. alla costituzione degli Enti di Governo

d’Ambito.

La Sicilia ha varato ad agosto la nuova legge sul riassetto del servizio idrico a cui fa seguito

l’effettiva costituzione dell’Ente di Governo d’Ambito (si veda il Box “La legge siciliana di

riordino del servizio idrico”), mentre in Campania solo con la recente Delibera della Giunta

Regionale si è rimesso mano al riordino del servizio idrico con l’istituzione dell’Ente di Governo

d’Ambito.

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Ricognizione riordino assetti di governance*

RegioneNumero

ATO

Dimensione

ATO

Costituzione

EGATOCriticità

Abruzzo 1 Regionale SI

L'Ente di governo d'ambito è stato istituito direttamente dalla legge regionale senza

necessità di uno specifico atto di adesione da parte degli enti locali. La ricognizione

dell'AEEGSI riporta tuttavia la mancata adesione all'EGATO di 20 enti locali nonostante

l'obbligatorietà prevista dalla normativa nazionale.

Inoltre, ad oggi le funzioni dell'EGATO sono ancora svolte dal Commissario Unico

Straordinario, così come previsto dal regolamento esecutivo della legge regionale in oggetto.

Basilicata 1 Regionale SI

Adesione assente degli Enti locali all'EGATO per mancanza del provvedimento della Giunta

Regionale contenente il disciplinare-tipo di convenzione costitutiva dell'ente. In attesa della

piena operatività della Conferenza interistituzionale idrica, quale EGATO, le funzioni

amministrative relative alla gestione del SII sono attribuite a un Commissario Unico

nominato dal Presidente della Giunta regionale.

Calabria 1 Regionale SI

Le funzioni già in capo alle AATO sono esercitate dalla Regione Calabria. Non è prevista

dalla legge regionale la partecipazione degli Enti Locali all'EGATO in contrasto con quanto

previsto dalla normativa nazionale

Campania 1 Regionale SI

La delibera della Giunta Regionale n.441 del 9 settembre 2015 ha rimesso mano al riordino

del servizio idrico integrato in Campania, con l'istituzione dell'Ente Idrico Campano soggetto

di governo d'Ambito. Quest'ultimo dovrà diventare operativo, aggiornare il Piano d'Ambito e

affidare il servizio entro il 30 settembre per rispettare i termini di legge previsti dalla

normativa nazionale .

Emilia Romagna 1 Regionale SI Non si riscontrano criticità degne di nota

Friuli Venezia Giulia 54 provinciali

1 interregionale SI

In base alla ricognizione AEEGSI un Ente locale non ha aderito agli EGATO, pur essendovi

obbligato dalla normativa.

Lazio 5 Provinciali SI

L’attuale assetto organizzativo (mai avviato operativamente) è definito dalla L.R. 6/1996. La

L.R. 5/2014 rinvia ad un successivo provvedimento normativo, la definizione degli ambiti

di bacino idrografico e la definizione di forme e modi di cooperazione fra gli enti locali per

l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato.

In base alla ricognizione AEEGSI 1 Ente locale non ha aderito agli EGATO, pur essendovi

obbligato dalla normativa.

Liguria 53 provinciali

2 sub-provinciali SI

Presenza di due ATO con dimensioni sub-provinciali; situazione in apparenza non conforme

al quadro normativo attuale che prescrive l’individuazione di ATO di dimensioni non

inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane.

Lombardia 1311 provinciali

2 sub-provincialiSI

Presenza di due ATO con dimensioni sub-provinciali; situazione in apparenza non conforme

al quadro normativo attuale che prescrive l’individuazione di ATO di dimensioni non

inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane. La Regione Lombardia ha

attribuito le funzioni già esercitate dalle Autorità di ambito alle Province e al Comune di

Milano per l’ATO corrispondente al territorio comunale, che esercitano le funzioni di

governo dei rispettivi ATO attraverso un'azienda speciale, denominata Ufficio di ambito. Si

ricorda che il comma 90 art. 1 L. 56/2014 richiede la soppressione di enti o agenzie che

svolgono funzioni di organizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica di

competenza comunale o provinciale e la contestuale attribuzione delle funzioni alle

Province.

Inoltre, in base alla ricognizione AEEGSI, 23 Enti locali non hanno aderito agli EGATO, pur

essendovi obbligati dalla normativa.

Marche 52 interprovinciali

3 provinciali SI

Mancanza di adesione degli Enti locali agli EGATO: le Assemblee d’ambito non risultano al

momento insediate.

La competenza ad avviare i poteri sostitutivi per mancata adesione all’Ente di governo

d’ambito da parte degli Enti locali è del Presidente della Regione.

Molise 1 Regionale SI

Con delibera n.285 del 15 giugno 2015 la Giunta Regionale ha istituito l'Ente di governo

d'ambito del Molise. I comuni hanno 60 giorni di tempo, a partire da tale data, per approvare

una deliberazione comunale di adesione all’EGAM e alcuni hanno già manifestato la loro

contrarietà.

Nelle more della piena operatività di tutti gli organi dell’EGAM, il Presidente della Regione

nomina, con proprio decreto, un commissario straordinario che dispone di tutti i poteri

necessari alla gestione ordinaria e straordinaria dell’ente di governo.

Piemonte 6

4 sovra-

provinciali

2 provinciali

SI Non si riscontrano criticità degne di nota

*informazioni aggiornate a settembre 2015

Fonte: elaborazione Laboratorio SPL REF Ricerche su informazioni AEEGSI e Invitalia

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Per quanto riguarda l’adesione degli Enti locali agli EGATO si deve distinguere tra le 3 Regioni in

cui l’obbligatorietà dell’adesione degli enti locali agli EGATO, sancita dallo “Sblocca Italia”, non è

ancora stata recepita e le 6 in cui si riscontra la mancata adesione degli enti locali. In queste

circostanze, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 147 del D.Lgs 152/2006 come modificato

dall’articolo 7 dello “Sblocca Italia”, occorre prevedere un intervento del Presidente della

Regione di diffida e, trascorsi trenta giorni, l’ esercizio di poteri sostitutivi.

Sembra qui importante sottolineare che la definizione dell’assetto di governance è elemento

imprescindibile una volta considerato che sia la pianificazione sia il processo che dovrebbe

condurre alla gestione unica hanno un perno nell’azione dell’EGATO.

Ricognizione riordino assetti di governance*

RegioneNumero

ATO

Dimensione

ATO

Costituzione

EGATOCriticità

Puglia 1 Regionale SI

Sebbene sia rappresentativo di tutti i comuni dell’ATO, l’organo deliberante dell'EGATO è

composto da un numero selezionato di sindaci. In base alla ricognizione AEEGSI 2 Enti locali

non hanno aderito all' EGATO, pur essendo obbligati dalla normativa.

Sardegna 1 Regionale SI

L’Ente di governo d'ambito è istituito e, in via provvisoria, il commissario straordinario ne

detiene la legale rappresentanza, ne cura la gestione ordinaria e ne adotta gli atti

amministrativi strettamente necessari per assicurare la corretta erogazione dei servizi a

decorrere dal 1° gennaio 2015.

Il 2 aprile 2015 si è insediato il Comitato istituzionale d’ambito, organo deliberativo dell’

Ente di governo dell’ambito della Sardegna.

Sicilia 9 Provinciali SI

I criteri dettati dalla L.R. 9/2015 per la delimitazione dei nuovi ATO sono coerenti con le

disposizioni di cui all’art. 3-bis del D.L. 138/2011 e all’art. 147 del D.Lgs. 152/2006.

Quest’ultimo limita, tuttavia, la possibilità di perimetrare sub-ATO per la gestione del

servizio (si veda sotto) al solo caso in cui l’ATO abbia dimensioni regionali.

Enti di governo d'ambito individuati nelle Assemblee idriche territoriali non ancora

operative.

Le Assemblee territoriali idriche sono costituite per legge senza necessità della

sottoscrizione di un accordo (es. convenzione) tra gli enti locali ricadenti nei rispettivi ATO.

Tuttavia, in base alla ricognizione AEEGSI 37 Enti locali non hanno aderito agli EGATO, pur

essendovi obbligati dalla normativa.

Toscana 1 Regionale SI Non si riscontrano criticità degne di nota

Umbria 1 Regionale SI

La legge regionale individua l’AURI quale ente di governo dell’ATO, ma ne rinvia l’istituzione

a successivo decreto del Presidente della Giunta Regionale. A metà settembre è stata

approvata la delibera che fissa i termini per la costituzione dell'Auri e entro fine settembre

si attende il decreto di costituzione dell'ente da parte del Presidente della Giunta Regionale.

Valle d'aosta 1 Regionale SI

Si evidenzia che la competenza dell’affidamento del servizio idrico integrato dovrebbe

essere dell’Ente di Governo d’Ambito, B.I.M., mentre la L.R. n. 13/2008 prevede che i

Comuni associati possano scegliere direttamente il gestore nei sub-ambiti.

Veneto 9

4 interptovinciali

1 provinciale

3 sub-provinciali

1 interregionale

SI

Presenza di 2 ATO di dimensioni sub-provinciali; situazione in apparenza non conforme con

il dettato della normativa nazionale.

In base alla ricognizione AEEGSI 1 Ente locale non ha aderito agli EGATO, pur essendovi

obbligato dalla normativa.

*informazioni aggiornate a settembre 2015

Fonte: elaborazione Laboratorio SPL REF Ricerche su informazioni AEEGSI e Invitalia

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BOX – La legge siciliana di riordino del servizio idrico

Un recente provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico

(Delibera 474/2015/R/IDR) ha riacceso le luci sulla governance “alta” del servizio idrico

integrato, e in particolare sul ruolo delle Regioni a statuto speciale e delle provincie autonome di

Trento e Bolzano.

Le competenze legislative in materia di ambiente sono da sempre organizzate su molti livelli: lo

Stato e le Regioni, in primis, e più di recente anche gli Enti di Governo d’Ambito (EGATO), senza

che siano chiaramente definiti i rispettivi ambiti di azione. La riforma costituzionale del 2001 ha

reso ancora più complesso il quadro di riferimento, distinguendo tra la “tutela” dell’ambiente, di

competenza esclusiva statale, e la sua “valorizzazione”, di competenza legislativa concorrente tra

Stato e Regioni.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale, chiamata a dirimere i conflitti di attribuzioni in

materia ambientale, si è pronunciata in modo non sempre coerente: quella che in uno stadio

iniziale era un’impostazione possibilista e ispirata alla convivenza dei diversi livelli legislativi,

anche e forse soprattutto per la eccessiva litigiosità delle controparti, è divenuta negli anni un

orientamento di maggiore separazione di ruoli, che prelude, nei fatti, alla più netta distinzione

cui il legislatore sta approdando con l’attesa riforma del Titolo V della Costituzione, in questi

giorni approvata al Senato .

L’ennesimo casus belli è offerto dalla recente legge di riforma del servizio idrico approvata dalla

Regione Sicilia (legge 19/2015) negli ultimi giorni di agosto u.s., attraverso la quale l’assemblea

siciliana, chiamata dopo la diffida dell’esecutivo a recepire le prescrizioni dello “Sblocca Italia” ,

ha inteso delineare un assetto normativo e regolatorio che si pone in aperto contrasto con la

disciplina nazionale. L’intervento legislativo della Regione Sicilia disciplina diversi aspetti: dai

criteri per la determinazione della tariffa, all’approvazione delle proposte tariffarie, alla durata

delle concessioni, alle decurtazioni della tariffa riservate ad alcune destinazioni d’uso, alla

previsione di un quantitativo minimo vitale la cui erogazione che non può essere sospesa, alle

modalità di affidamento. In alcuni passaggi la legge siciliana introduce varianti rispetto alla

regolazione nazionale, in altri giunge ad esautorare il ruolo di AEEGSI prevendo l’approvazione

da parte della giunta regionale delle proposte tariffarie formulate dagli EGATO. Accanto a questo

introduce alcune previsioni chiaramente discriminatorie nei confronti delle gestioni non

pubbliche che manifestano la volontà politica di tornare alle gestioni dirette da parte dei

Comuni.

La legge regionale ha cagionato una presa di posizione da parte di AEEGSI che annunciato la

decadenza dell’efficacia dei propri provvedimenti sul territorio siciliano a far data dall’entrata in

vigore della legge, oltre alla possibilità di revoca degli effetti dei provvedimenti già adottati in

precedenza: si tratta in particolare di provvedimenti di approvazione delle tariffe, di

determinazione d’ufficio delle stesse o di esclusione dall’aggiornamento, adottati in conformità

al Metodo Tariffario Transitorio (biennio 2012-2013) e al Metodo Tariffario Idrico (2014-2015).

L’azione AEEGSI si presta a diverse letture, ma può verosimilmente essere interpretata alla

stregua di un invito all’esecutivo a riportare la necessaria chiarezza in merito alla legittimità

costituzionale della legge di riforma del servizio idrico in Sicilia.

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Al di là dei risvolti giurisprudenziali che l’intervento di AEEGSI potrà eventualmente

comportare, appare utile soffermarsi su alcuni aspetti della legge siciliana.

In materia di regolazione tariffaria la legge lascia ampi spazi di discrezionalità alle singole

EGATO siciliane nella determinazione delle tariffe. Il generico richiamo a quanto disposto dal

Codice dell’Ambiente (art. 154 D.Lgs. 152/06) rischia di creare non solo un distacco rispetto ai

criteri nazionali stabiliti da AEEGSI ma anche una eterogeneità di scelte, assetti e interpretazioni

sul territorio siciliano. Una disposizione che si pone in contrasto con le più recenti pronunce

della Consulta laddove si stabilisce che l’organo regionale è comunque tenuto a uniformarsi alle

direttrici della metodologia tariffaria statale.

La legge prevede altresì una riduzione della tariffa del 50% nei casi in cui l’acqua non sia

utilizzabile per fini alimentari e l’erogazione giornaliera destinata a soddisfare il fabbisogno

minimo vitale (alimentazione e igiene), pari ad almeno 50 litri per persona (circa 18 mc/anno a

testa). Se la decurtazione della tariffa in ragione della scarsa qualità della risorsa idrica può

essere in linea di principio condivisibile, qualche perplessità è sollevata dalla previsione di un

flusso gratuito di acqua alle utenze finali, in aree del territorio nazionale caratterizzate da elevati

livelli di morosità endemica. Il gestore dovrebbe infatti assicurare l’erogazione di un

quantitativo minimo di acqua indipendentemente dalla presenza o meno di condizioni di disagio

economico, potendo esclusivamente tutelarsi con l’installazione di un limitatore di flusso.

Sembra abbastanza chiaro che una siffatta previsione, calata in contesti nei quali il servizio

idrico paga già oggi il prezzo di forti squilibri economici e finanziari, è suscettibile di condurre

all’impossibilità di una gestione economica, rispettosa del principio comunitario che prescrive la

piena copertura dei costi di gestione e investimento, e preludendo ad un ritorno alle gestioni

pubbliche in economia laddove il costo del servizio è annegato nel bilancio degli enti locali.

Andando oltre il versante tariffario, si riscontrano ulteriori criticità in merito alle scelte in

materia di organizzazione del servizio. In particolare, gli interventi prospettati in materia di

affidamento del servizio sono chiaramente indirizzati ad assicurare la proprietà pubblica delle

gestioni, con un trattamento discriminatorio nei confronti delle gestioni private o miste.

La legge regionale prevede che la gestione del servizio idrico integrato possa essere affidata ad

enti di diritto pubblico (aziende speciali, aziende speciali consortili, consorzi tra Comuni, società

a totale partecipazione pubblica) a condizione che i Comuni componenti le assemblee territoriali

esercitino il controllo analogo. Qualora invece gli affidatari della gestione siano privati,

individuati attraverso procedura pubblica, la concessione potrà avere una durata massima di 9

anni e in tale periodo le condizioni economiche dell'affidamento non potranno mutare. Un limite

temporale molto ristretto, che stride con i 30 anni indicati nello Sblocca Italia.

Inoltre, per i gestori privati le condizioni economiche dell’affidamento non possono mutare per

l’intera sua durata, restando a carico dell’affidatario gli oneri relativi ad eventuali varianti, per

qualsiasi causa necessarie, ove funzionali all’espletamento del servizio.

Diverso appare anche il trattamento in caso di interruzione del servizio. Per il soggetto privato il

contratto di affidamento sarà risolto qualora si verifichino interruzioni del servizio per oltre 4

giorni, se l’interruzione interessa oltre il 2% della popolazione; mentre nel caso di interruzioni

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di durata superiore al giorno il gestore sarà comunque chiamato a sostenere una penale per

ciascun giorno di interruzione. Per il soggetto pubblico, invece, si prevede una riduzione delle

tariffe a carico degli utenti finali proporzionale alla durata dell’interruzione.

Sono questi aspetti che si pongono in aperto contrasto con i principi di parità di trattamento e

che sembrano trovare fondamento in una precisa volontà politica.

Per quanto riguarda l’assetto organizzativo del settore, se da una parte la Regione mette mano

alla riforma delle ATO suddividendo il territorio in 9 ambiti, dall’altra lascia facoltà ai Comuni

che non hanno consegnato gli impianti ai gestori del servizio idrico integrato, di gestire il

servizio in forma singola e diretta, in chiara contraddizione con la normativa nazionale (Sblocca

Italia) che prevede che gli Enti locali o i gestori senza titolo concessorio giuridicamente valido

debbano consegnare gli impianti al gestore d’ambito.

Non da ultimo la previsione che, per i gestori pubblici già titolari di affidamento, la gestione può

proseguire a condizione che non siano cedute quote di capitale a soggetti privati, sempre che

l'attività prevalente della società sia rivolta agli enti pubblici soci e che questi esercitino nei

confronti della società il controllo analogo. Il possesso di tale requisiti dovrà essere verificato

per le gestioni attuali affidatarie entro 90 giorni dalla pubblicazione della legge, dai consigli

comunali degli enti soci, che potranno anche modificare la durata dell’affidamento. Le stesse

società potranno ampliare il proprio perimetro di gestione all'interno dell'ATO di riferimento

stipulando appositi contratti di servizio con gli Enti locali interessanti o mediante il loro ingresso

nella compagine sociale. Queste ultime previsioni sembrano promuovere un’idea di gestione

unica d’ambito purché però sia affermata la natura interamente pubblica della proprietà del

soggetto gestore.

Quello che maggiormente perplime è l’opportunità di una legge che chiude le porte ad ogni

sviluppo industriale del servizio idrico siciliano. Una legge che “rottama” ciò che di buono la

regolazione AEEGSI ha fatto in questi anni, con regole che agli occhi di tutti gli osservatori hanno

avuto il pregio di riportare la fiducia degli investitori e creare le condizioni per migliorare la

qualità del servizio, realizzare depuratori e reti fognarie, ovvero quelle infrastrutture che

particolarmente deficitano ad una regione, come la Sicilia, dove le condutture perdono quasi

metà dell’acqua (il 46% in media), un quarto dei residenti lamenta interruzioni e disservizi

nell’erogazione dell’acqua e quasi metà della popolazione non si fida a bere l’acqua del rubinetto

(il 46%). A ciò si aggiunga, che a differenza del caso Valdostano o della Provincie autonome

trentine, che vantano una tradizione di pubblica amministrazione efficiente, nel caso siciliano la

situazione è ben diversa: lo testimonia la mancanza di capacità e organizzazione che impedisce

di spendere gli 1,1 miliardi di fondi CIPE disponibili per realizzare i depuratori, a fronte di

sanzioni comunitarie per 185 milioni di euro in arrivo per violazione delle direttive sulla

depurazione stessa.

Alla luce di tali criticità, ad inizio ottobre la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha deciso di

ricorrere davanti alla Corte costituzionale per contrasto con le norme statali di tutela della

concorrenza e di tutela dell'ambiente: secondo il governo la regione siciliana ha acceduto i limiti

posti alle competenze regionali dallo Statuto speciale della Regione stessa, violando al contempo

l'art. 117 della Costituzione che disciplina le competenze su materie concorrenti tra Stato e

Regioni.

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4.1 Governance e utilizzo delle risorse pubbliche disponibili

La mancanza di un chiaro assetto di governance ha ricadute importanti sull’efficacia delle

politiche pubbliche di sostegno agli investimenti.

Nel biennio 2011/2012 sono stati stanziati dal CIPE, con tre distinte delibere, circa 2,5 miliardi

di euro per interventi infrastrutturali nel Mezzogiorno18, cui si aggiungono, a partire dal lontano

2007, circa 4,3 miliardi di euro a valere sui Fondi Strutturali Europei (FSE), destinati al

finanziamento di circa 1.236 interventi. Di questi ultimi però, solo 76 sono stati portati a

compimento, mentre 768 sono ancora in corso (per un impegno di spesa pari a 1,5 miliardi di

euro) e addirittura 452 (per 2,7 miliardi), sono bloccati, non progettati o solo in fase iniziale.

Emblematico è il caso della delibera CIPE 60/2012, che ha messo a disposizione oltre un

miliardo e 700 milioni di euro per il finanziamento di circa 180 interventi. A inizio anno, il

Ministero dell'Ambiente aveva esaminato la progettazione relativa a 128 interventi, pari al 70%

del totale impegnato, valutandone positivamente appena 36: ciò implica che oltre il 72% dei

progetti sottoposti a valutazione richiede correzioni e integrazioni funzionali a ben 3 anni di

distanza dallo stanziamento dei fondi. In particolare, le principali carenze rilevate riguardano la

completezza, la congruità e la conformità agli obiettivi attesi degli elaborati progettuali

presentati dai soggetti attuatori.

In termini operativi, sono stati firmati contratti di assegnazione dei lavori solo per 69 opere su

180, pari a circa 367 milioni di euro, il 20% del totale, mentre i lavori sono stati avviati per

appena 32 opere, per un controvalore di 148 milioni di euro. Per i restanti 1,4 miliardi, gli

interventi sono per lo più ancora in fase di progettazione.

La percentuale di avanzamento della spesa per le opere finanziate è praticamente nulla (Tabella

seguente)19.

18 Con tre distinte Delibere del Cipe: delibera 62/2011 per 695 milioni, delibera 87/2012 per 121 milioni e delibera 60/2012 per circa 1,6 miliardi). 19 Non sono disponibili i dati relativi alla Regione Sicilia.

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Utilizzo dei fondi CIPE per il finanziamento delle infrastrutture idriche

Regione InterventoNumero

progetti

Investimenti

finanziati

(A)

Investimenti

realizzati

(B)

Tasso di

realizzazione

(B/A)

Mln € Mln € %

CampaniaDelibera CIPE 60/2012 - Settore Idrico

Depurazione - Collettamento 8 211,1 3,2 1,5 %

BasilicataDelibera CIPE 60/2012 - Settore Idrico -

Depurazione9 21,9 0,1 0,3 %

BasilicataDelibera CIPE 60/2012 - Settore Idrico

Collettamento2 10,5 0,0 0,4 %

Calabria Depurazione delle acque 18 159,9 0,0 0,0 %

Puglia Depurazione delle acque 37 261,4 0,3 0,1 %

SardegnaInterventi nei settori della depurazione

delle acque e del trattamento dei reflui 15 55,3 0,6 1,1 %

Totale 89 720 4,2 0,6 %

Fonte: elaborazione Laboratorio REF Ricerche su dati Invitalia

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5. Verso il nuovo periodo regolatorio: MTI 2.0

A fine settembre si è chiuso il termine per la presentazione delle osservazioni al DCO

406/2015/R/IDR, documento con il quale AEEGSI ha aperto la consultazione pubblica che

condurrà all’aggiornamento del metodo tariffario idrico (MTI) per il periodo regolatorio 2016-

2019.

Nel biennio 2014-2015, AEEGSI ha adottato una regolazione per schemi, con un approccio di

tipo asimmetrico, delegando agli Enti di Governo d‘Ambito (ex AATO, ora EGATO) la

responsabilità di definire il programma degli investimenti e gli obiettivi di qualità del servizio.

I primi orientamenti confermano una regolazione per schemi pensati per favorire il processo di

aggregazione delle gestioni, in un disegno coerente con l’approdo alla “gestione unica”

d’ambito20 e con la razionalizzazione delle partecipazioni detenute dagli Enti locali. In questo

scenario gli EGATO sono chiamati a esercitare un ruolo centrale di ulteriore responsabilità e

indirizzo.

AEEGSI riconosce che un ostacolo al processo di aggregazione è rappresentato dalle situazioni di

squilibrio economico e finanziario in cui versano numerose gestioni, in particolare del

Mezzogiorno. Per superare lo stallo si prevedono percorsi e strumenti dedicati (temporanei) con

l’accesso alla perequazione finanziaria, le cui disciplina è ancora oggetto di studio21.

Sembra opportuno offrire in rapida rassegna le innovazioni proposte, analizzandone punti di

forza e criticità.

5.1 La rafforzata responsabilità degli Enti di Governo d’Ambito (EGATO)

AEEGSI è orientata a riconoscere agli EGATO un ruolo cardine nel disegno di sviluppo del

settore, che si esplicita lungo due direzioni:

1. la promozione dei processi di aggregazione e consolidamento necessari a pervenire in

tempi celeri alla gestione unica;

2. un ruolo di istruttoria e vaglio preventivo delle richieste di accesso ai fondi perequativi

“finanziari” destinati alle ristrutturazioni aziendali e ai programmi straordinari di

investimento.

Pur confermando una impostazione del metodo a matrice nazionale, AEEGSI intende declinare

percorsi tariffari dedicati a sostenere i processi di integrazione e consolidamento.

20 Come noto il Decreto “Sblocca Italia” ha previsto: 1) l’obbligo, per gli Enti d’Ambito di adottare il Piano d’Ambito e scegliere la forma di gestione e disporre l’affidamento al gestore unico d’ambito entro il 30 settembre 2015; 2) il subentro del gestore unico del servizio idrico integrato agli ulteriori soggetti operanti all'interno del medesimo ambito territoriale; 3) la cessazione ex-lege delle gestioni diverse dall’affidatario unico del servizio idrico integrato per l’ambito, con la sola eccezione delle c.d. gestioni salvaguardate, che proseguono ad esercire il servizio fino alla scadenza naturale del contratto di servizio. 21 Si rimanda al Contributo n. 44 - Responsabilità e solidarietà: AEEGSI avvia la perequazione economico-finanziaria nel servizio idrico, luglio 2015.

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Due sono anche i percorsi tariffari identificati:

1. un primo percorso dedicato ai territori in cui l’aggregazione interessa gestioni per le

quali nel biennio 2014-2015 è risultata disponibile tutta l’informazione necessaria alla

definizione e all’approvazione della proposta tariffaria;

2. un secondo percorso interessa invece quelle gestioni che sono state oggetto di una

determinazione d’ufficio delle tariffe (escluse dall’aggiornamento o destinatarie di un

provvedimento di decurtazione del 10%).

Nel secondo caso le criticità discendono dalla difficoltà di applicare il medesimo schema

tariffario a gestioni verosimilmente assai differenziate per la presenza di gestioni con tariffe

aggiornate e di gestioni con tariffa bloccata o addirittura ridotta, oltre che alla carenza di

informazioni sui costi operativi e di investimento che, qualora non sanabili, richiederebbero

l’adozione di ipotesi per finalizzare la fusione nella gestione unica. AEEGSI ipotizza l’adozione di

schemi regolatori virtuali in base al peso che i gestori destinatari di provvedimenti di

determinazione d’ufficio assumeranno nella nuova entità risultante dalla fusione.

Per quanto concerne invece il ricorso alle misure di perequazione per le ristrutturazioni

aziendali, l’EGATO dovrà sottoporre ad AEEGSI specifica richiesta da esaminare.

Tre sono dunque gli schemi tariffari, a durata variabile:

1) schemi regolatori ordinari: definiti per il secondo periodo di regolazione AEEGSI in

continuità con quelli del precedente biennio per una durata di 4 anni;

2) schemi eccezionali: per le situazioni di squilibrio economico-finanziario ammesse alla

perequazione finanziaria, con una attenzione alla razionalizzazione dei costi e

all’evoluzione delle tariffe applicate all’utenza, nonché una estensione limitata al tempo

necessario al ripristino dell’equilibrio;

3) schemi virtuali: applicabili al caso di aggregazioni tra gestori soggetti a determinazione

d’ufficio della tariffa, per il tempo necessario a reperire le informazioni mancanti e/o a

valorizzare in modo congruo.

E’ opportuno evidenziare due implicazioni degli orientamenti AEEGSI.

La prima: il rafforzamento delle competenze degli EGATO deve fare i conti con le realtà ove

questi ultimi risultano non ancora operativi o inerti; in tutti questi casi è auspicabile che sia

confermata la possibilità di surroga da parte delle gestioni in materia di proposta tariffaria ad

AEEGSI.

La seconda: dalla lettura del documento di consultazione si ha l’impressione che gli incentivi

all’aggregazione siano pensati e riferiti alle sole gestioni intra ambito, una impostazione peraltro

coerente con le disposizioni di legge che prescrivono l’approdo alla gestione unica. Rimane pur

tuttavia non chiaro il futuro di quelle situazioni in cui lo scenario naturale di consolidamento

dovrebbe interessare gestioni di ambiti diversi: si pensi al caso di infrastrutture condivise da più

ambiti o addirittura da più Regioni, situazione abbastanza frequente nel Mezzogiorno.

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In questi casi, laddove è il perimetro degli ambiti che non è coerente con la conformazione del

bacino idrografico, AEEGSI si dichiara disponibile a valutare proposte frutto di un accordo tra

Enti di Governo d’Ambito.

Una impostazione che, seppur condivisibile nei suoi intenti, rischia di rallentare il cammino delle

aggregazioni giacché le inerzie di alcuni EGATO possono ripercuotersi sulla operatività di altri.

Sarebbe auspicabile in questo senso prevedere precise tempistiche e l’esercizio di poteri

sostitutivi: decorso un certo termine congruo e in assenza di una convergenza di intenti, il

disegno strategico di aggregazione andrebbe rimesso ad un livello territoriale superiore, la

Regione, ovvero in caso di inerzia anche da parte di quest’ultima o di mancata convergenza tra

diverse Regioni coinvolte, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

5.2 Le innovazioni al Metodo Tariffario Idrico

AEEGSI si avvia a rivedere i criteri di determinazione delle tariffe per il nuovo periodo

regolatorio. Le proposte avanzate sono di carattere generale e rinviano ad un futuro documento

di consultazione.

Pur tuttavia è possibile soffermarsi su alcuni aspetti di rilievo22:

1. possibile revisione della soglia percentuale del rapporto investimenti/RAB (oggi al

50%) oltre la quale scatta la possibilità di accedere a incrementi tariffari più capienti;

2. monitoraggio e controllo sulla realizzazione degli interventi programmati nel biennio

2014-2015 nonché di verifica degli scostamenti tra interventi programmati per il

biennio 2016-2017 e successive revisioni della pianificazione nel nuovo periodo

regolatorio;

3. eliminazione della distinzione tra costi endogeni e costi esogeni23;

4. efficientamento dei costi operativi per il tramite di un meccanismo di profit sharing.

La Tabella seguente illustra i nuovi schemi tariffari proposti da AEEGSI. Si osserva una

prima grande bipartizione: da un lato le gestioni che non presentano variazioni negli

obiettivi o nel perimetro dell’attività; dall’altro, gestioni frutto di processi di aggregazione,

ovvero chiamate a migliorare la qualità.

Limitatamente al primo gruppo di gestioni si prevedono due percorsi di efficientamento:

uno più “impegnativo” per le gestioni con un costo operativo pro capite superiore alla media

nazionale; uno più graduale per le gestioni che presentano un costo inferiore alla media

nazionale.

Il secondo gruppo di gestioni interessate processi di aggregazione dovrebbe essere esentato,

almeno nella sua prima applicazione, da efficientamenti24.

22 Tra gli altri orientamenti vi sono la riformulazione del moltiplicatore per far fronte alla criticità di eccessiva penalizzazione imposta delle gestioni in presenza di margini negativi sulle altre attività idriche. 23 Per costi endogeni si intendono i costi di materiali e servizi, costo personale, eccetera, mentre tra i costi esogeni rientrano i costi per energia elettrica, mutui e canoni a proprietari terzi, costo funzionamento ATO, eccetera.

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5.3 Schemi regolatori 2016-2019: una prima valutazione

In relazione al primo punto del precedente elenco sembra importante ricordare che il

fabbisogno di investimento contenuto nei Piani degli interventi per il quadriennio 2014-2017 è

ad oggi pari alla RAB media italiana, come peraltro riconosciuto anche da AEEGSI nella sua

ultima Relazione al Parlamento. Già oggi dunque, in media, le gestioni sono chiamate a realizzare

un volume di investimenti pari al 100% della RAB.

Questa semplice osservazione aiuta a capire il perché la gran parte delle gestioni ricada nei

quadranti a più elevato fabbisogno. Una tendenza destinata a intensificarsi nei prossimi anni se,

come sembra ragionevole ritenere, la attuale pianificazione non riflette il reale fabbisogno di

investimento, secondo la massima per cui “si fa qual che si può”. In questo senso i quadranti

regolatori sembrano riflettere lo status quo piuttosto che una visione prospettica del sistema

idrico.

La circostanza di un volume degli interventi approvati pari alla RAB esistente avrebbe forse

suggerito un approccio pragmatico in cui gli interventi programmati per un volume superiore al

100% della RAB trovano una loro ragionevole collocazione negli schemi ordinari, senza

necessità del ricorso a istruttorie dedicate.

Non sembra irragionevole in questo senso prevedere l’aggiunta di due ulteriori schemi

regolatori, dedicati alle situazioni, invero assai frequenti, in cui gli investimenti programmati nel

quadriennio eccedono il valore del patrimonio installato (ovvero la soglia del 100% della RAB,

che è la media del sistema Italia), riservando a queste ultime la possibilità di beneficiare di un

adeguamento tariffario sino al 15%.

Sarebbe questo un segnale importante, perché da un lato testimonierebbe il riconoscimento

anche da parte del regolatore di una situazione emergenziale e di un fabbisogno ingente;

24 Per mantenere elevato il grado di efficacia della regolazione ed evitare che le aggregazioni o le modifiche del perimetro dell’attività siano motivate dal mero desiderio di sottrarsi a efficientamento, AEEGSI propone alcune soluzioni. La prima è ammettere allo schema regolatorio più appropriato la sola parte di gestione risultante dal processo di aggregazione (e dunque con la possibilità di applicazione di schemi diversi alla stessa gestione). La seconda punta a valorizzazione le singole componenti di costo post-fusione al fine di adeguare la regola applicabile al soggetto risultante dalla riorganizzazione/aggregazione (portando dunque all’applicazione di un unico schema ad ogni singola gestione interessata).

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dall’altro consentirebbe di alleviare il carico amministrativo delle istruttorie. La riduzione dei

tempi dell’azione amministrativa AEEGSI avrebbe anche il pregio di depotenziare l’annoso

problema dei conguagli pregressi.

A prescindere da questi ipotetici sviluppi, la questione dei conguagli pregressi merita comunque

di una riflessione dedicata. Negli anni sono stati accusati di sottrarre spazio ai costi di capitale

nel delicato equilibrio tra realizzazione delle opere necessarie e contenimento della crescita

della tariffa. Un problema che potrebbe essere efficacemente superato con l’esclusione degli

stessi dal computo dell’incremento massimo tariffario. Si tratterebbe di una soluzione di buon

senso, una volta considerato che gran parte dei conguagli emersi negli anni più recenti origina

dalla diminuzione dei consumi di acqua e dunque risponde all’esigenza di assicurare una

migliore tutela della risorsa idrica.

Per quanto riguarda il secondo punto del precedente elenco, il monitoraggio AEEGSI è

assolutamente auspicabile al fine di verificare che la pianificazione sia coerente e consistente nel

tempo, promuovendo una più accurata attività di ricognizione dei fabbisogni per assicurare

l’emersione delle reali esigenze a assicurare, anche in futuro, la rigenerazione della risorsa.

L’accorpamento dei costi endogeni ed esogeni presenta qualche risvolto di criticità legato alla

impossibilità o alla non desiderabilità di efficientamento per alcune voci di costo.

L’aspetto più delicato è però legato al meccanismo di efficientamento.

Il fattore di sharing sarà declinato sulla base del rapporto tra i costi operativi pro capite di

ciascuna gestione e quelli medi nazionali25. La scelta di fare affidamento ai costi operativi pro

capite appare ragionevole a condizione che tali costi siano opportunamente corretti per tenere

conto delle specificità del territorio servito26: in termini di densità delle utenze, estensione della

rete di distribuzione, caratteristiche dell’acqua prelevata dall’ambiente, scarsità della risorsa,

maggiore/minore presenza di utenze industriali, eccetera, ovvero di tutti quei parametri

strutturali che possono influire sulla diversa incidenza dei costi non efficientabili.

Il profit sharing immaginato da AEEGSI configurerebbe allo stato attuale una decurtazione alla

variazione della tariffa piuttosto che un vero e proprio efficientamento dei costi operativi. Se da

un lato una correzione alla dinamica tariffaria lascia alla gestione margini di manovra sul come

conseguire la maggiore efficienza, dall’altra rischia di comprimere gli spazi di crescita della

tariffa e dunque di ripercuotersi indirettamente sugli investimenti, con conseguenze simili a

quelle che si osservano in contesti caratterizzati da ingenti conguagli pregressi.

25 Si sceglie la strada dei costi pro capite in luogo dei tradizionali indicatori di costo per metro cubo di acqua erogata, per evitare che si instaurino incentivi che contrastano con l’esigenza di risparmio della risorsa. L’ausilio di indicatori di costo operativo al metro cubo erogato potrebbe confliggere con l’attenzione al risparmio idrico, giacché un maggiore consumo, come conseguenza di comportamenti non responsabili e/o sprechi, nel caso abbastanza frequente in cui il costo marginale sia inferiore al costo medio, potrebbe favorire una riduzione dei costi operativi unitari al crescere del consumo. 26 Per una rassegna delle peculiarità della funzione di produzione e di costo del servizio idrico si rimanda a “Analisi delle strutture di costo dell´industria idrica italiana - Le economie di scala, di densità e di scopo”, Quaderno REF Ricerche n. 43, Giugno 2006.

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Un ulteriore aspetto da chiarire è la modalità di raccordo tra schemi tariffari di periodi

regolatori diversi: quali sono le regole applicabili nei casi in cui, ad esempio, una gestione che

beneficia di ammortamenti finanziari venga successivamente a ricadere in uno schema

regolatorio che non li prevede ?

Una possibile soluzione appare quella di stratificare nel patrimonio i cespiti in relazione alle

regole vigenti all’atto della loro inclusione nel PdI, secondo una logica per cui gli interventi

approvati continuano a beneficiare delle regole in base alle quali sono stati previsti.

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BOX - Le gestioni alla prova dei nuovi schemi regolatori

Alla luce delle innovazioni contenute nel DCO 406/2015/R/IDR sembra interessante proporre

una ricostruzione della mappa delle gestioni nel nuovo assetto regolatorio.

La Figura seguente ne illustra il risultato27.

Si osserva come il 55% delle gestioni (70% della popolazione) ricade attualmente nel IV e V

quadrante, ovvero presenta un elevato fabbisogno di investimento. Il 30% delle gestioni (34%

della popolazione) sarebbe invece soggetto a vincoli di efficientamento più o meno stringenti (I e

IV quadrante). Nel IV quadrante si collocherebbero dunque le gestioni più “critiche”, perché a

fronte di un ambizioso programma di investimenti sarebbero chiamate ad affrontare

contestualmente un percorso di riduzione dei costi operativi.

Nello scenario di aggregazione qui presentato (Figura seguente) il 20% delle gestioni (22%

della popolazione) è potenzialmente candidato ad accorpare altre gestioni, le quali a loro volta

rappresentano il 36% dei gestori ma appena l’8% della popolazione. Più nel dettaglio, il 17%

delle gestioni soggette a processi di aggregazione presenta un contenuto fabbisogno di

investimento, il 34% un fabbisogno elevato, mentre il 15% delle gestioni interessate da

aggregazioni unisce realtà con fabbisogni differenziati.

27 L’esercizio è sviluppato sotto le seguenti assunzioni: •costanza dei valori dei parametri K, rpi, γ e ω adottati con il MTI; •volume di investimenti in PdI per il periodo 2016-2019 equivalente a quello del periodo 2014-2017; • aggregazione delle gestioni per ciascun ATO secondo un criterio per cui il gestore di maggiore dimensioni incorpora le gestioni minori.

Stima della distribuzione delle gestioni e della popolazione per i nuovi schemi regolatori 2016*

** **

SCHEMA I SCHEMA II SCHEMA III

Gestioni 13% 0% 17%

Popolazione 8% 0% 9%

Ibrido

Gestioni 14%

Popolazione 13%

SCHEMA IV SCHEMA V SCHEMA VI

Gestioni 17% 13% 25%

Popolazione 27% 36% 8%

* Le stime sono state condotte mantenendo gli stessi valori dei parametri K, rpi, γ e ω adottati nel MTI 2014-2015

** OPEX 2013 e stima OPM su dati 2013

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati gestori, EGATO

I

NV

ES

TIM

EN

TI

Nessuna variazione di obiettivi o attività del gestoreVariazioni negli obiettivi o nelle

attività del gestore (stima fusioni

per gestione unica)

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Nel complesso, secondo le informazioni disponibili 2/3 delle gestioni sarà chiamato ad

affrontare uno sforzo di investimento superiore al 50% della RAB corrente e circa 1/3 sarà

coinvolto in un percorso di efficientamento. Per queste realtà, e in particolare per le gestioni

poco patrimonializzate e di dimensioni minori, sarà importante valutare se le regole saranno

sufficienti ad assicurare la sostenibilità economico-finanziaria dei relativi programmi di

investimento.

5.4 Regolazione e finanziabilità degli investimenti: questioni aperte

5.4.1 Investimenti ed equilibrio economico e finanziario

L’obiettivo di raggiungere un livello di RAB pro capite di 1.500 euro/abitante nei prossimi

trent’anni è ambizioso perché richiederebbe un flusso di investimenti annuali di circa 90

euro/abitante/anno. Si tratta di un volume di investimenti, lo ricordiamo, di quasi 3 volte

superiore alle recenti risultanze per il 2014 e coerente con il raggiungimento di un obiettivo di

mid-term di una dotazione patrimoniale di 800 euro/abitante nell’arco dei prossimi dieci anni.

Si tratterebbe di un cambiamento di regime coerente sia con le migliori pratiche internazionali

sia con le migliori esperienze già presenti sul territorio del Paese.

Sembra a questo proposito interessante comprendere se, almeno in linea teorica, tale proiezione

è sostenibile con gli attuali assetti e le implicazioni per l’equilibrio economico-finanziario delle

gestioni chiamate a contribuire a questo disegno, in particolare per quelle di minore dimensione.

A tale fine si propone un esercizio di ricostruzione del piano economico-finanziario di due

gestioni di piccole dimensioni (popolazione servita di 35 mila abitanti).

Entrambe le gestioni sono caratterizzate da un fabbisogno di investimento elevato in rapporto

alla dotazione patrimoniale di partenza (con un rapporto tra investimenti e RAB maggiore del

50%) e da costi operativi superiori a quelli medi nazionali. Si tratta di due profili che si collocano

nel III quadrante dell’attuale matrice degli schemi regolatori declinati nel MTI, ma che

dovrebbero ricadere nel nuovo IV quadrante qualora gli orientamenti espressi da AEEGSI in un

recente documento in consultazione dovessero essere confermati.

Variazioni negli obiettivi o nelle attività del gestore (stima fusioni per gestione unica)*

SCHEMA III

Gestioni 17% 7% 10%

Popolazione 9% 7% 2%

Ibrido

Gestioni 14% 6% 9%

Popolazione 13% 10% 3%

SCHEMA VI

Gestioni 25% 7% 17%

Popolazione 8% 5% 3%

* Le stime sono state condotte mantenendo gli stessi valori dei parametri K, rpi, γ e ω adottati nel MTI 2014-2015

** OPEX 2013 e stima OPM su dati 2013

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati gestori, EGATO

I

NV

ES

TIM

EN

TI

SCHEMA VI

Gestioni accorpanti Gestioni accorpate

SCHEMA III

Ibrido

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43

Le caratteristiche dei due profili sono esposti nella Tavola seguente da cui emerge che il profilo

del “piccolo gestore poco patrimonializzato” presenta una RAB pro capite di partenza pari a circa

la metà (114 euro/abitante, coerente con la RAB pro capite delle Regioni del Sud e delle Isole) di

quella del “piccolo gestore patrimonializzato” (228 euro/abitante, coerente con la RAB dell’area

settentrionale del Paese). In relazioni alle determinanti dei costi operativi e finanziari i due

profili sono sovrapponibili, con l’eccezione dell’incidenza della morosità (1,6% sul fatturato per

il gestore patrimonializzato, 6,5% per l’altro) e del costo per l’accensione di nuovi finanziamenti,

più oneroso per il “piccolo gestore non patrimonializzato” a causa del maggiore premio richiesto

dagli investitori in ragione di una elevata rischiosità di contesto operativo (governance instabile,

rischio morosità, eccetera).

Per entrambi si assume che la concessione di cui sono titolari abbia una vita residua di dieci

anni.

Le proiezioni del piano economico-finanziario sono state elaborate ipotizzando una traiettoria di

sviluppo degli investimenti post 2017 pari a 90 euro/abitante/anno per entrambi i profili, con

ipotesi di efficientamento dei costi operativi pari al tasso di inflazione stimato per i prossimi

dieci anni (costi operativi che rimangono fermi in termini reali). Per il profilo “poco

patrimonializzato” si è ipotizzato anche un rientro graduale della morosità su livelli di incidenza

coerenti con quelli del gestore “patrimonializzato” lungo l’orizzonte della vita utile residua della

concessione.

Profili di gestori: caratteristiche e determinanti degli schemi regolatori

Piccolo gestore

patrimonializzato

Piccolo gestore non

patrimonializzato

Area geografica Nord Sud

Popolazione 35.000 35.000

RAB pro capite 2013 (€/ab) 228 114

PdI 2014-2017 pro capite (€/ab) 32 19

Opex pro capite 2014 (€/ab) 146 154

Opex pro capite nazionale 2014 (€/ab) 109 109

Quadrante attuale III III

Quadrante dal 2016 IV IV

Costo morosità (% fatturato) 1,6% 6,5%

Costo del debito 5% 7%

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati gestori, AEEGSI

Scenari investimenti pro capite per profilo di gestore

(€/ab)

2014-2017 2018-2025

Piccolo gestore patrimonializzato 19 91

Piccolo gestore non patrimonializzato 32 91

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati gestori

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Per ciascuno scenario le Figure descrivono l’evoluzione della tariffa28, della RAB pro capite, e di

alcuni comuni indicatori di solidità patrimoniale e finanziaria, come il rapporto debito/RAB e il

rapporto tra MOL e spesa per interessi sul debito. Secondo la prassi finanziaria la solidità del

gestore è assicurata da valori del primo indicatore inferiori al 65% e per valori del secondo

indicatore non inferiori a 3.

28 Rispettando i limiti al teta negli anni in cui scatta il cap, ma ipotizzando il recupero del gettito negli anni successivi a maggiore capienza.

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In sintesi, entrambi i profili sperimentano una incremento della tariffa del 30% (in termini reali)

in 10 anni29. Con un tale sviluppo tariffario, il gestore patrimonializzato raggiunge un livello di

29 L’eventuale accesso all’ammortamento finanziario, che non è stato considerato nell’esercizio proposto, può essere un valido strumento per contribuire a rendere bancabile il piano degli investimenti. Tuttavia presenta evidenti limiti nella misura in cui la sua attivazione comporta un’accelerazione significativa della tariffa che nei casi di programmi di investimento elevati, oltre ad essere oggetto di istruttoria da parte di AEEGSI, solleverebbe problemi di sostenibilità

Evoluzione rapporto Debito/RAB

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati gestori

50%

55%

60%

65%

70%

75%

80%

85%

90%

95%

2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 2025

Patrimonializzato Poco patrimonializzato

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RAB pro capite pari a circa 800 euro/abitante, un valore in linea con l’obiettivo di raggiungere il

livello inglese nel ventennio successivo, mentre il gestore “poco patrimonializzato” si ferma poco

sotto i 700 euro/abitante.

Sotto il profilo patrimoniale e finanziario, la gestione patrimonializzata presenta indicatori di

sostenibilità più robusti, mentre il gestore poco patrimonializzato entra in stress patrimoniale e

finanziario, compromettendo la capacità di ottenere i finanziamenti necessari a sostenere gli

investimenti. Questa situazione si verifica anche in presenza di un valore terminale più elevato

del debito residuo a fine periodo, il quale non viene rimborsato totalmente entro il termine della

concessione come invece auspicato dagli attuali criteri del MTI. Un limite che potrà essere

superato con la disciplina del valore residuo e delle convenzioni tipo.

Alla luce di queste valutazioni si vuol porre l’attenzione su alcune evidenze:

le preoccupazioni riguardo possibili incrementi delle tariffe dei prossimi anni paiono

eccessive, anche in virtù del fatto che i corrispettivi del servizio si collocano oggi ai livelli

più bassi nel contesto europeo. E’ opportuno sottolineare infatti che gran parte degli

aumenti che si sono registrati dall’introduzione del MTT prima, e del MTI poi, possono

essere ascritti al riallineamento del vincolo dei ricavi e dunque delle tariffe ai costi

effettivi del servizio, in particolare a quelli operativi, dopo anni di mancati recuperi.

Come noto infatti, in passato, in diverse aree del Paese, la crescita delle tariffe è stata

“fittiziamente” contenuta per esigenze che trascendevano i costi del servizio. Nei contesti

“sani”, dotati di adeguati livelli di governance e in presenza di operatori industriali, è

stato avviato un recupero per favorire la reale emersione dei costi operativi e destinare i

futuri margini di sviluppo della tariffa al finanziamento degli investimenti. Esigenza

quest’ultima che potrebbe giovarsi del supporto della perequazione finanziaria e

dell’introduzione del Bonus idrico, al fine di graduare le progressione della tariffa e

sostenere le utenze più vulnerabili. L’introduzione di meccanismi di efficientamento

dovrebbe poi incentivare il travaso da spesa corrente a spesa in conto capitale,

assicurando sviluppi della tariffa vincolati alla realizzazione delle opere e socialmente

accettati.

La traiettoria di sviluppo degli investimenti incontra dei limiti nelle piccole gestioni con

elevato fabbisogno: il 64% delle gestioni (che servono il 76% della popolazione italiana)

sarà chiamata a sostenere rilevanti programmi di investimento. Tra queste, le gestioni

minori dimensioni con una scala patrimoniale e finanziaria non adeguata non paiono

nelle condizioni necessarie a sostenere un flusso di investimenti coerente con la

convergenza alle migliori esperienze internazionali. Se è pur vero che per il biennio

2014-2015 la stesura dei piani economico-finanziari è stata accompagnata da indicatori

atti a valutare il grado di redditività e liquidità della gestione, rimane il fatto che il

regolatore non ha definito dei valori obiettivo per questi parametri, a suggerire

l’intenzione di lasciare alle rappresentanze dei territori ampi margini di azione, con il

rischio che ciò si traduca ancora una volta in un sacrifico a carico della pianificazione.

sociale. Nel caso del gestore poco patrimonializzato, l’accesso agli ammortamenti finanziari comporterebbe un incremento della tariffa di circa il doppio rispetto allo scenario senza attivazione.

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47

5.4.2 Valore residuo e convenzioni tipo

Lo percorribilità della traiettoria di sviluppo degli investimenti non può prescindere dal

mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario delle gestioni. Quest’ultimo a sua volta non

può essere separato da quello delle garanzie sul rimborso del valore residuo a fine concessione,

garanzie che consentirebbero di superare gli attuali limiti alla pianificazione.

Su questo punto AEEGSI ha avviato da oltre un anno un percorso di consultazione finalizzato alla

predisposizione delle convenzioni tipo da cui si attende una compiuta definizione entro la fine

del 201530.

Sarà fondamentale stabilire regole che indichino i criteri per quantificare puntualmente il valore

residuo dei cespiti non ammortizzati e la sua modalità di liquidazione, che rappresentano

elementi essenziali del bando di gara per l’assegnazione del servizio, in grado influenzare la

partecipazione e il livello desiderato di concorrenza per il mercato.

Il regolatore è orientato a prevedere l’obbligo per il gestore entrante di fornire di una garanzia

fidejussoria al momento della sottoscrizione del contratto, capace di “coprire” gli investimenti

dei primi cinque anni di affidamento con un meccanismo di aggiornamento annuale in modo da

garantire gli interventi del quinquennio successivo. Non solo, la proposta prevede di includere

nelle convenzioni tipo una serie di garanzie finanziarie e assicurative nel caso in cui l’EGATO

individui un fabbisogno di investimenti significativamente più elevato rispetto al valore di

riscatto.

Lo strumento della fidejussione in funzione della sua misura si può configurare come una

barriera all’entrata alle gare per le nuove concessioni: se però questo può essere vero per le aree

geografiche più appetibili, dotate di una governance chiara e di un altrettanto chiaro commitment

locale alla realizzazione delle opere, vi è il rischio di vedere andare deserte le gare per

l’assegnazione del servizio nei territori con maggiori criticità (governance non chiara, sviluppi

tariffari non adeguatamente condivisi dalle comunità, elevata morosità, eccetera).

5.4.3 Perequazione finanziaria e fondo di garanzia

La nuova regolazione non ha potuto dispiegare i suoi effetti benefici in tutte quelle situazioni di

ritardo gestionale e di assetto di governance incompleto. Non è un caso che AEEGSI abbia

predisposto il blocco delle tariffe per circa 161 gestioni (1,7 milioni di abitanti serviti) per i quali

il diritto a fornire il servizio sia stato ritirato, annullato o dichiarato invalido con sentenza

amministrativa, e una decurtazione del 10% dei corrispettivi per quasi 1.500 gestioni (con una

popolazione interessata di poco meno di 7 milioni di abitanti) per mancato invio dei dati, degli

atti e delle informazioni necessarie alla predisposizione delle proposte tariffarie.

30 Si veda il Contributo n. 45 “Convenzioni tipo e valore di subentro: due tasselli verso la “bancabilità” del SII”, Luglio 2015.

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E’ questo un fenomeno che interessa in gran parte il Mezzogiorno: al Sud il 26% della

popolazione ha registrato una decurtazione della tariffa, percentuale che sale al 37% della

popolazione nelle Isole, ove si aggiunge un ulteriore 18% per la quale è stato applicato il blocco

dei corrispettivi. Particolarmente delicate appaiono le situazioni in Campania (ove le

determinazioni tariffarie hanno riguardato ad oggi solo la metà della popolazione) e la Calabria

(ove gran parte degli enti locali gestori del servizio, per una popolazione interessata di 600 mila

abitanti, sono soggetti a procedure di riequilibrio pluriennale nell’ambito delle norme relative al

dissesto finanziario).

Non è azzardato dunque parlare di un vero e proprio stallo del Mezzogiorno e

conseguentemente immaginare strumenti straordinari che possano contribuire a traghettare i

territori deficitari verso una gestione industriale del servizio.

Uno di questi è la cosiddetta perequazione finanziaria31, a cui AEEGSI ha dato avvio con un primo

intervento straordinario adottato per far fronte ad un grave squilibrio economico e finanziario

da parte di una gestione collocata in un territorio caratterizzato da forti criticità (elevata

morosità, condizioni orografiche e infrastrutturali gravose, ecc.). Il meccanismo di perequazione

31 Si veda Contributo n. 44 “Responsabilità e solidarietà: AEEGSI avvia la perequazione economico-finanziaria nel servizio idrico”, Luglio 2015.

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49

promosso nel settore idrico presenta una accentuata connotazione di sostegno “finanziario”

temporaneo e si differenzia dal caso della perequazione presente nei settori della distribuzione

di energia elettrica e gas che è tesa a favorire la convergenza verso un’unica tariffa (nazionale o

d’ambito). Un sostegno finanziario che si concretizza lungo due direttrici: da una parte un

intervento teso ad agevolare l’adozione di misure di efficientamento dei costi, processi di

convergenza tariffaria intra-ambito, l’ammodernamento delle infrastrutture idriche e il

contenimento della morosità, dall’altra un fondo di urgenza chiamato a garantire la

sopravvivenza delle gestioni a rischio fallimento.

Sono strumenti pensati per un settore che presenta una non completa emersione dei costi del

servizio, in conseguenza di una sistematica loro sottovalutazione. Non è un caso che il primo

intervento straordinario di perequazione sia stato adottato a favore di un’azienda

impossibilitata a recuperare sulle tariffe i conguagli causati da costi pregressi, con potenziali

risvolti di sostenibilità per gli utenti economicamente disagiati. La perequazione finanziaria nel

settore idrico può considerarsi propedeutica al passaggio alla perequazione economica, giacché

facilitando l’emersione dei reali costi del servizio (che oggi sono annegati nei bilanci degli Enti

locali e delle Regioni, quando non direttamente in quelli del bilancio statale, come nel caso delle

gestioni commissariali) creano le condizioni per l’approdo ad una successiva perequazione

generale, nella direzione di una tariffa nazionale o almeno di ambito regionale.

Un ulteriore strumento, di necessaria matrice legislativa, che potrebbe contribuire a migliorare

le condizioni di sostenibilità finanziaria degli investimenti poggia sull’istituzione di un fondo

pubblico di garanzia sul valore di subentro: da due anni giace in Parlamento un disegno di legge

in materia ambientale che prevede l’introduzione di un Fondo di garanzia per il settore idrico,

finalizzato ad incrementare l’attrattività del settore idrico per il sistema creditizio.

5.4.4 Gli oneri finanziari e le specificità del settore idrico

AEEGSI si appresta a ridefinire criteri e parametri di calcolo della remunerazione del capitale

investito nei settori dell’energia elettrica e del gas.

Le scelte potrebbero avere delle ricadute anche per il servizio idrico, stante la volontà di

uniformare tra settori per evitare che un diverso assetto delle regole possa influenzare le scelte

di investimento da parte della regolazione32.

I primi orientamenti lasciano intravedere un percorso innovativo: l’introduzione di un

benchmark europeo al rendimento dei titoli emessi da Paesi dotati di maggiore solidità

finanziaria, come Germania Francia e Olanda, la definizione di tassi di interesse reali, per

superare le criticità emerse in passato, l’introduzione di un premio al rischio Paese, per tenere

conto della maggiore rischiosità degli investimenti in Italia.

L’impostazione sarà verosimilmente retrospettiva, su orizzonti temporali di lungo periodo, per

assicurare ampia prevedibilità e neutralizzare gli “umori” dei mercati finanziari. Sarà rivista al

rialzo anche la struttura finanziaria standard, cioè l’incidenza “teorica” del capitale di debito,

coerentemente con la necessità di attrarre risorse per finanziare gli investimenti.

32 Per un approfondimento si rinvia al Contributo n. 46 “Remunerazione del capitale alla prova degli investimenti”, Luglio 2015.

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Le innovazioni metodologiche prospettate potrebbero però configurare alcune criticità se calate

tout court nella regolamentazione degli oneri finanziari riconosciuti ai gestori del servizi idrico.

In particolare, il riferimento al benchmark europeo per la determinazione del tasso di interesse

reale se da una parte può rappresentare una valida proxy per il riconoscimento della

remunerazione del capitale per i settori energetici del nostro paese, dall’altra potrebbe inficiare

la sostenibilità degli investimenti nel settore idrico.

Il ritardo infrastrutturale e l’elevata frammentazione delle gestioni sono due fattori che

andranno tenuti in debita considerazione nella rideterminazione dei parametri di calcolo degli

oneri finanziari per il nuovo periodo regolatorio.

Una eventuale riduzione del tasso di interesse reale, che già si prospetta nei settori dell’energia,

potrebbe infatti indebolire quel recupero di attrattività che il settore idrico ha ricostruito da

quando AEEGSI ha preso le redini della regolazione.

Del resto, a fronte di una contrazione degli oneri finanziari riconosciuti in tariffa, non appare

risolutiva l’eventuale introduzione di meccanismi di riconoscimento di oneri incrementali per

alcune tipologie di investimento che dovessero essere considerati strategici: oltre alle difficoltà

di determinazione e governance legato all’individuazione della natura strategica delle singole

opere, il grado di arretratezza del settore idrico appare tale da indebolire all’origine l’eventuale

introduzione di logiche premianti, le quali invece possono espletare efficacemente i loro effetti

in settori più maturi come quelli dell’energia.

Al contrario una penalizzazione che dovesse concretizzarsi in questa fase, considerata ancora di

avvio, potrebbe intaccare la certezza nei flussi di cassa necessari a finanziare gli investimenti e/o

a rassicurare gli investitoti finanziari. Nel caso in cui la contrazione degli oneri finanziari

risultasse inevitabile alla luce dell’evoluzione delle determinanti espresse dai mercati, una

possibile soluzione operativa potrebbe poggiare sull’introduzione di una forma di provvista a

sostegno degli investimenti (nella misura pari al differenziale rispetto all’attuale

riconoscimento) con caratteristiche assimilabili a quelle del corrispettivo FONI, provvista che

resterebbe nella disponibilità del gestore ai soli fini del finanziamento dei nuovi investimenti.

Un ulteriore aspetto di delicatezza riguarda la determinazione del premio al costo del debito.

Sotto questo aspetto appare condivisibile l’orientamento del regolatore a tenere conto del fatto

che in ogni momento esiste uno stock di debiti pregressi, afferenti a scelte di investimento di

periodi passati, contratti di finanziamento sottoscritti sulla base delle condizioni prevalenti al

momento dell’accensione: remunerare i futuri investimenti e i vecchi allo stesso tasso

rischierebbe di minare il rimborso dei finanziamenti già accesi causando una ritirata degli

investitori. Occorre dunque tenere conto della stratificazione temporale del debito: un costo del

debito che tenga conto della durata media dei finanziamenti in essere, da sottoporre ad

indicizzazione.

Accanto alla formazione del debito occorre altresì definire la scala finanziaria efficiente delle

gestioni: un esercizio non semplice considerato che accanto alle società quotate in borsa, dotate

di un patrimonio e della possibilità di approvvigionarsi sui mercati finanziari a costi competitivi,

convivono una moltitudine di gestioni minori, poco patrimonializzate, con costi della provvista

sensibilmente più elevati.

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51

Allo stato attuale non sembra possibile prescindere dalle prescrizioni contenute nell’ultima

Legge di Stabilità che ha chiaramente indicato le dimensioni minime delle gestioni nel perimetro

provinciale o di città metropolitana, pur individuando un percorso graduale per giungervi. Gli

assetti proprietari sono neutrali da questo punto di vista.

In linea teorica la regolazione dovrebbe lavorare coerentemente, lasciando ai gestori

finanziariamente più efficienti, che hanno la possibilità di approvvigionarsi a condizioni più

favorevoli rispetto alla scala efficiente d’ambito, i benefici che derivano della loro maggiore

efficienza finanziaria, pur vincolando le risorse alla realizzazione di investimenti.

In ultima analisi, le peculiarità e i limiti del settore idrico renderebbero giustificabile la

possibilità di adottare una procedura di calcolo degli oneri finanziari non puramente

deterministica, lasciando aperta la strada a soluzioni maggiormente flessibili, ispirate oltre che a

principi di efficienza anche a quelli di efficacia.

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6. Investimenti e finanza: lo stato dell’arte

6.1 La ritrovata fiducia nel settore

Il fabbisogno di investimenti nel settore idrico italiano richiede un elevato fabbisogno di risorse

finanziarie che il sistema da solo non può generare, almeno nel breve termine. Il ricorso al

sistema creditizio e finanziario è ineludibile se si vogliono raggiungere obiettivi ambiziosi.

A tal fine si è ritenuto utile verificare se il nuovo contesto regolatorio avviato nel 2013 abbia

creato le condizioni per un cambiamento delle modalità di accesso al credito e per l’attrattività

del settore da parte dei finanziatori. Occorre ricordare che il settore tra il 2010 e il 2012 ha

subito le ripercussioni negative dovute al travagliato processo di riforma delle Autorità

d’Ambito, più volte procrastinato, e dai risultati del Referendum abrogativo del giugno 2011, che

ha posto in discussione la remunerazione del capitale investito nella misura individuata dalla

Legge Galli di metà anni Novanta. Sono queste le situazioni che hanno screditato il settore e

cagionato un calo di fiducia da parte del sistema finanziario, in particolare per quei contesti privi

di una governance stabile e credibile e di operatori di taglia industriale.

La Figura seguente mostra il track record di alcuni finanziamenti convogliati al settore idrico tra

il 2004 al 2015 presso un panel qualificato di istituti di credito.

Dopo la parentesi del periodo 2004-2006, quando il settore ha registrato una sola operazione di

finanziamento di modesta entità (70 milioni di euro), i finanziamenti hanno accelerato nel

biennio 2007-2008, con 8 operazioni concluse per un controvalore di 1,1 miliardi di euro.

Tra il 2009 e il 2010 si apre una fase di rallentamento, con solo 4 operazioni nel triennio 2009-

2011 per un controvalore totale di circa 390 milioni di euro (ascrivibili principalmente a due

finanziamenti chiusi nel 2010).

Operazioni di finanziamento ai gestori del servizio idrico(Anni 2004-2015)

* Primi sette mesi

Fonte: elaborazioni Laboratortio REF Ricerche su dati Utilitalia

0

100

200

300

400

500

600

700

800

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015*

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Controvalore (Ml €) Numero finanziamenti (scala dx)

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Dopo un 2012 ancora interlocutorio con una sola operazione, nel 2013 si sale a 2 finanziamenti,

che accelerano a 7 nel 2014 per un controvalore complessivo che supera i 700 milioni di euro.

Il 2014 in particolare è l’anno del risveglio degli investitori istituzionali con mandato di sostegno

allo sviluppo delle infrastrutture come la Banca Europea degli Investimenti e la Cassa Depositi e

Prestiti (quest’ultima con funzioni principalmente di garanzia).

Infine, la prima parte del 2015 ha già registrato un numero di operazioni pari ad 8, una in più del

2014, per un controvalore di circa 450 milioni di euro. Al contrario dello scorso anno, il 2015 si

sta configurando come l’anno del passaggio di testimone tra gli investitori istituzionali e le

banche commericali, con un rinnovato interesse da parte di queste ultime.

Le informazioni raccolte, che fanno riferimento ai maggiori gruppi finanziari, testimoniano che

l’avvento della regolazione indipendente, unitamente alle buone regole che ne sono scaturite, ha

suscitato un rinnovato interesse per il settore. Un contesto che si è indubbiamente giovato di un

ritrovato attivismo degli operatori per il rilancio dei piani di investimento, in ragione del

contesto estremamente favorevole di liquidità sui mercati finanziari e del minore costo dei

finanziamenti.

BOX – Le tipologie di finanziamento del settore idrico

L’adeguamento infrastrutturale del sistema idrico richiede un impegno di risorse finanziarie

ampiamente superiore a quello che il sistema può sostenere endogenamente, attingendo al

finanziamento pubblico, alle disponibilità finanziarie delle gestioni, ai proventi della tariffa.

Appare dunque inevitabile, se non auspicabile, il ricorso al credito.

Il finanziamento degli investimenti attraverso il capitale di debito può assumere principalmente

due canali:

Finanziamenti corporate, per i quali la garanzia del creditore è rappresentata dai flussi di

cassa dell’impresa finanziata e la valutazione del merito di credito si basa su un

complesso di indicatori di sostenibilità economica finanziaria e patrimoniale;

Finanza di progetto (project finance), laddove la garanzia per il creditore è rappresentata

dai flussi di cassa generati dall’opera finanziata.

Tra le classiche operazioni di corporate finance rientrano l’accensione di linee di credito con il

sistema bancario e l’emissione di prestiti obbligazionari.

Storicamente, nel settore idrico italiano il credito bancario di tipo corporate ha sempre trovato

difficoltà ad espandersi a causa dell’elevato livello di frammentazione del settore, del basso

grado di patrimonializzazione delle gestioni33 e dei tempi lunghi di rientro degli investimenti.

Generalmente i limiti di questa modalità di finanziamento vertono sul ristretto orizzonte

temporale, 3-5 anni, largamente inferiore alla vita utile delle infrastrutture idriche, 15-25 anni, e

sulla ridotta patrimonializzazione delle gestioni. Queste condizioni hanno storicamente limitato

33 Si ricorda che gli impianti di pertinenza del servizio idrico sono beni demaniali e come tali non possono essere oggetto di garanzia.

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l’accesso al credito bancario delle gestioni mono-servizio di minori dimensioni, rimanendo uno

strumento per aziende strutturate e patrimonializzate.

Le piccole gestioni, in particolari in house, in passato hanno molto spesso sopperito a questi

limiti rivolgendosi ad istituti di credito pubblico, come la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), o ad

istituti di credito locale, beneficiando di garanzie prestate dall’ente pubblico di riferimento (Ente

locale, Regione).

In alternativa, per le realtà minori sono possibili altri canali di finanziamento di carattere

corporate, rappresentati da mini-bond e hydro-bond. I mini-bond sono obbligazioni emesse da

società di capitali di piccole e medie dimensioni per un ammontare che eccede i limiti previsti

per le società non quotate, senza la necessità di prestare garanzie accessorie e beneficiando di

un trattamento fiscale agevolato. Gli hydro-bond sono invece titoli obbligazionari la cui

emissione è riservata a società concessionarie del servizio idrico integrato, la cui sottoscrizione è

riservata agli utenti del servizio, sotto forma di obbligazioni convertibili. Quest’ultimo strumento

non ha mai trovato applicazione, per gli evidenti limiti stringenti che lo caratterizzano.

Un’alternativa al canale corporate è la finanza di progetto (project finance), in cui è l’opera con i

suoi flussi di cassa a garantire il rimborso del prestito. La peculiarità di questo strumento è

l’elevato livello di leva finanziaria consentito e quindi il maggior livello di esposizione al rischio

assunto dal finanziatore. La limitata diffusione della finanza di progetto nel settore idrico è

dovuta a tempi più lunghi e procedure meticolose nella fase di valutazione della bancabilità del

progetto, motivi che lo rendono sostenibile solo per progetti di dimensioni apprezzabili (oltre i

50 milioni di euro). Inoltre, la maggior rischiosità assunta dal finanziatore implica vincoli alle

scelte aziendali che rendono la finanza di progetto residuale per le realtà strutturate con facile

accesso ai mercati di capitali, riservandola alle realtà di medie dimensioni prive dell’accesso ai

mercati dei capitali, con un fabbisogno di investimento ambizioso e un solida cultura finanziaria

e manageriale.

Infine, i project bond sono obbligazioni destinante a finanziare progetti infrastrutturali di

pubblica utilità. Rispetto alle emissioni di obbligazioni sono più onerosi in ragione della

necessità di un rating di progetto e sembrano non essere graditi dagli investitori istituzionali

laddove il merito creditizio per il progetto in fase di costruzione sia inferiore al giudizio di

investment grade. Per questo motivo i project bond non hanno ancora trovato sviluppo e

rappresentano perlopiù una modalità di rifinanziamento di opere già realizzate.

BOX – Il finanziamento Viveracqua

Un caso di studio è rappresentato dal consorzio Viveracqua, che riunisce sotto un unico cappello

finanziario quattordici gestioni idriche venete, e che è stato protagonista nel 2014 di

un’operazione di finanziamento ibrida in cui all’emissione di un mini-bond ha affiancato

l’intervento di un SIF.

Nello specifico, Viveracqua ha emesso un mini bond per un totale di 150 milioni (su 300 da

investire nello sviluppo della rete idrica e fognaria), sottoscritti da una società veicolo (SPV) che

ha emesso un titolo di cartolarizzazione acquistato per il 95% dalla Banca Europea per gli

Page 58: Regole chiare e “governo” del settore: investire nell ... · I limiti degli attuali assetti di governance ... 5.4.4 Gli oneri finanziari e le specificità del settore idrico .....

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Investimenti e per il restante 5% da Banca Etica, dal fondo pensioni Veneto solidarietà, Veneto

Banca e Bcc di Brendola.

La durata delle obbligazioni è di 20 anni, con una vita media ponderata di 10-12 anni.

I flussi di cassa derivanti dal rimborso del capitale e interessi, a tasso fisso, vengono utilizzati per

remunerare i titoli, il cui rimborso è ulteriormente garantito da una riserva di cassa, in

percentuale sul totale delle obbligazioni e titoli emessi.

Veneto Sviluppo (società finanziaria della Regione Veneto) e le società emittenti hanno

costituito, in data di emissione, una riserva di cassa, che sarà progressivamente restituita agli

emittenti dopo che i titoli saranno ammortizzati per il 50%. Tale riserva svolge il ruolo di credit

enhancement, per rafforzare le garanzie del pagamento degli interessi sui titoli e del rimborso

del capitale e permettere di ridurre il rischio legato alla durata degli affidamenti (nella maggior

parte dei casi, infatti, la durata delle operazioni è maggiore di quella degli affidamenti). La SPV

utilizzerà il credit enhancement per coprire qualsiasi ritardo o default degli emittenti: a tal fine,

la SPV dovrà utilizzare, nell’ordine, l’importo versato dalla società in ritardo o default, quindi

quello versato da Veneto Sviluppo e, infine, in proporzione al loro apporto, quello versato dalle

altre società emittenti.

Per tutelare gli investitori, ogni società è stata oggetto di un rating unsolicited: gli importi di ogni

obbligazione sono rapportati al rating e all’ammontare degli investimenti da realizzare. Gli

investitori, inoltre, hanno la possibilità di diversificare il rischio tramite l’investimento in ABS

garantito da un pool di obbligazioni. Il supporto di credito alle ABS è costituito da una garanzia

per cassa del 20%.

In futuro, se tali bond dovessero rivelarsi efficaci, l’adozione di questi strumenti potrebbe essere

incentivata tramite opportuni vantaggi fiscali, ad esempio di una tassazione agevolata sugli

interessi, come suggerito dallo stesso presidente dell’AEEGSI.