Regola di Chiara d'Assisi

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  • 7/30/2019 Regola di Chiara d'Assisi

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    REGOLA

    Chiara dAssisi

    A CURA DI WIESAW BLOCK

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    Bolla Sollet annuere di papa Innocenzo IV

    1 Innocenzo vescovo, servo dei servi di Dio. 2 Alle dilette figlie inCristo Chiara abbadessa e alle altre sorelle del monastero di SanDamiano d'Assisi, salute e apostolica benedizione.

    3 La Sede Apostolica suole acconsentire ai pii voti e benevolmen-te favorire gli onesti desideri di coloro che chiedono. 4 Ora, da

    parte vostra ci stato umilmente richiesto che ci prendessimo cu-ra di confermare con la nostra autorit apostolica 5 la forma divita, secondo la quale dovete vivere comunitariamente in unitdi spiriti e con voto di altissima povert, 6 che vi fu data dal bea-to Francesco e fu da voi spontaneamente accettata, 7 quella cheil venerabile nostro fratello vescovo di Ostia e Velletri ritenne be-ne che fosse approvata, come ampiamente contenuto nella let-tera scritta a proposito dallo stesso vescovo.

    8 Noi pertanto, ben disposti ad accogliere la vostra supplica, rati-ficando di buon grado quanto sopra ci stato fatto dal medesi-mo vescovo, lo confermiamo col potere apostolico e l'avvaloria-mo con l'autorit del presente scritto, 9 nel quale facciamo inseri-re parola per parola il testo della stessa lettera, che e questo:

    Regola il frutto di un lungo processo di nascere diquesta forma di vita, scritto nel arco degli ultimi annidi vita di Chiara (1247-125).

    Lautrice basandosi sulla esperienza di vita di SanDamiano e prendendo in considerazione la Regola disan Francesco, codifica la forma di vita svoltasi nellacomunit di San Damiano.

    Questo testo stato per i secoli e specialmente neigiorni nostri il punto di riferimento per le tantissimecomunit femminili che vogliono vivere il santo

    vangelo al modo di Francesco e Chiara. Chiara ricevette lapprovazione della sua proposta di

    vita da papa Innocenzo IV con la bolla Sollet annuere il9 agosto 1253.

    I titoli dei capitoli sono stati aggiunti in seguito e nonprovengono da Chiara.

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    10 Rinaldo, per misericordia di Dio vescovo di Ostia e Velle-tri, alla sua carissima in Cristo madre e figlia Donna Chiaraabbadessa di San Damiano in Assisi, 11 e alle sorelle di lei,presenti e future, salute e paterna benedizione.

    12 Poich voi, figlie dilette in Cristo, avete disprezzato le vani-t e i piaceri del mondo 13 e seguendo le orme (2 Cor 8, 2)dello stesso Cristo e della sua santissima Madre, avete sceltodi abitare rinchiuse e di dedicarvi al Signore in povert som-ma per potere con animo libero servire a Lui, 14 noi, enco-miando nel Signore il vostro santo proposito, di buon gradovogliamo con affetto paterno accordare benevolo favore ai vo-stri voti e ai vostri santi desideri.

    15 Per questo, accondiscendendo alle vostre pie suppliche, conl'autorit del signor Papa e nostra, confermiamo in perpetuoper voi tutte e per quelle che vi succederanno nel vostro mo-nastero e con l'appoggio della presente lettera avvaloriamo laforma di vita e il modo di santa unit e di altissima povert,che il beato padre vostro Francesco vi consegn a voce e inscritto da osservare e che qui riprodotta. 16 Ed questa:

    Capitolo primo

    NEL NOME DEL SIGNORE

    INCOMINCIA LA FORMA DI VITA

    DELLE SORELLE POVERE

    1 La Forma di vita dell'Ordine delle Sorelle Povere, istituitadal beato Francesco, questa:2 Osservare il santo Vangelo del Signore nostro Ges Cristo,vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castit.

    3 Chiara indegna serva di Cristo e pianticella del beatissimopadre Francesco, promette obbedienza e riverenza al signorpapa Innocenzo e ai suoi successori, canonicamente eletti ealla Chiesa Romana.

    4 E, come al principio della sua conversione, insieme alle suesorelle, promise obbedienza al beato Francesco, cos promettedi mantenerla inviolabilmente ai suoi successori.

    5 Le altre sorelle siano tenute ad obbedire sempre ai successo-ri del beato Francesco e a sorella Chiara e alle altre abbades-se, che le succederanno mediante elezione canonica.

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    Capitolo secondo

    DI COLORO

    CHE VOGLIONO ABBRACCIARE QUESTA VITA

    E COME DEVONO ESSERE RICEVUTE

    1 Quando qualcuna, per divina ispirazione, verr a noi con ladeterminazione di abbracciare questa vita, l'abbadessa sia te-nuta a chiedere il consenso di tutte le sorelle 2 e se la maggio-ranza acconsentir, la possa accettare, dopo aver ottenuto li-cenza dal signor cardinale nostro protettore.

    3 Se le sembrer idonea ad essere accettata, la esamini con di-ligenza, o la faccia esaminare intorno alla fede cattolica e aisacramenti della Chiesa.

    4 E se crede tutte queste cose, ed risoluta a confessarle fedel-mente e ad osservarle con fermezza sino alla fine; 5 e non hamarito, o se l'ha, ha gi abbracciato la vita religiosa con l'au-torit del vescovo diocesano ed ha gi fatto voto di continen-

    za; 6 e se, inoltre non impedita dall'osservare questa vita daet avanzata o da qualche infermit o deficienza mentale, 7 lesi esponga diligentemente il tenore della nostra vita.

    8 E se sar idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: chevada e venda tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle aipoveri (Mt 19, 21). 9 Se ci non potesse fare, basta ad essa labuona volont.

    10

    Si guardino per l'abbadessa e le sue sorelle dal preoccu-parsi per le cose temporali di lei, affinch ne disponga libera-mente, come le verr ispirato dal Signore. 11 Il Se tuttavia do-mandasse consiglio, la indirizzino a persone prudenti e timo-rate di Dio, col consiglio delle quali vengano distribuiti i suoibeni.

    12 Poi, tosati i capelli in tondo e deposto l'abito secolare, le

    conceda tre tonache e il mantello. 13 Da quel momento nonle pi lecito uscire fuori di monastero, senza un utile, ragio-nevole, manifesto e approvato motivo.

    14 Finito poi l'anno della prova, sia ricevuta all'obbedienza,promettendo d'osservare sempre la vita e la forma della no-stra povert.

    15 Non si conceda a nessuna il velo durante il tempo della pro-va. 16 Le sorelle possono avere anche le mantellette per como-dit e convenienza del servizio e del lavoro. 17 L'abbadessapoi le provveda di vestimenti con discrezione, secondo la qua-lit delle persone, i luoghi e i tempi e i paesi freddi, conformevedr essere richiesto dalla necessit.

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    18 Le giovanette, accolte in monastero prima della legittimaet, siano tosate in tondo 19 e, deposto l'abito secolare, indossi-no un abito da religiosa, come parr all'abbadessa. 20 Rag-giunta poi l'et legittima, vestite alla maniera delle altre, fac-

    ciano la loro professione.

    21 Ad esse, come alle altre novizie, l'abbadessa assegni con sol-lecitudine una maestra tra le pi assennate del monastero, 22la quale le istruisca con cura intorno al modo di vivere santa-mente da religiose e alle oneste costumanze secondo la formadella nostra professione. 23 Le medesime norme si osservinonell'esame e nell'accettazione delle sorelle che presteranno il

    loro servizio fuori del monastero; esse per potranno usarecalzature.

    24 Non si ammetta nessuna a dimorare con noi in monasterose non sia stata ricevuta secondo la forma della nostra profes-sione.

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    E per amore del santissimo Bambino, ravvolto in poveripannicelli e adagiato nel presepio, e della sua santissima Ma-dre, ammonisco, prego caldamente ed esorto le mie sorelle avestire sempre indumenti vili.

    Capitolo terzo

    DELLUFFICIO DIVINI E DIGIUNO,

    DELLA CONFESSIONE E COMUNIONE

    1 Le sorelle che sanno leggere celebrino l'ufficio divino secon-do la consuetudine dei frati minori, e perci potranno avere ibreviari, leggendo senza canto. 2 Se qualcuna, per un motivoragionevole, a volte non potesse recitare leggendo le sue Ore,le sia lecito dire iPater noster, come le altre sorelle.

    3 Quelle invece che non sanno leggere, dicano ventiquattroPater nosterper il Mattutino, cinque per le Lodi per prima, ter-za, sesta e nona, per ciascuna di queste Ore, sette; 4 per il Ve-spro dodici; per Compieta sette. 5 Inoltre dicano ancora per idefunti settePater nostercon il Requiem per il Vespro e dodiciper il Mattutino, 6 quando le sorelle che sanno leggere sonotenute a recitare l'Ufficio dei morti. 7 Alla morte poi di unasorella del nostro monastero, dicano cinquantaPater noster.

    8 Le Sorelle digiunino in ogni tempo. 9 Ma nel Natale del Si-gnore, in qualunque giorno cada, possano rifocillarsi due vol-te. 10 Con le giovanette, le deboli e le sorelle che servono fuoridel monastero, si dispensi misericordiosamente, come parr

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    all'abbadessa. 11 Ma in tempo di manifesta necessit, le sorel-le non siano tenute al digiuno corporale.

    12 Si confessino almeno dodici volte l'anno, con licenza del-l'abbadessa. 13 E devono guardarsi allora dal frammischiare

    altri discorsi che non facciano al caso della confessione e del-la salute dell'anima.

    14 Si comunichino sette volte l'anno, cio: nel Natale del Si-gnore, nel Gioved santo, nella Resurrezione del Signore, nel-la Pentecoste, nell'Assunzione della beata Vergine, nella festadi san Francesco e nella festa d'Ognissanti.

    15 Per comunicare le sorelle, sia sane che inferme, lecito alcappellano celebrare all'interno.

    Capitolo quattro

    DELLA ELEZIONE E DELLUFFICIO DI ABBADESSA.

    DEL CAPITOLO, DELLE RESPONSABILI DEGLI UFFICI

    E DELLE DISCRETE

    1 Nella elezione dell'abbadessa le sorelle siano tenute ad osser-vare la forma canonica.

    2 Esse si procurino con sollecitudine di avere il ministro gene-rale o provinciale dell'Ordine dei frati minori, 3 il quale me-diante la parola di Dio le disponga alla perfetta concordia eala utilit comune nelle elezioni da farsi.

    4 E non si elegga se non una professa. 5 E se fosse eletta unanon professa o venisse data in altro modo non le si presti ob-bedienza se prima non avr fatta la professione della formadella nostra povert. 6 Alla sua morte, si faccia l'elezione diun'altra abbadessa.

    7 E se talora sembrasse alla generalit delle sorelle che la pre-detta non fosse idonea al servizio e alla comune utilit di esse,8 le dette sorelle siano tenute ad eleggerne, quanto prima pos-sono e nel modo sopraddetto, un'altra per loro abbadessa emadre.

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    9 L'eletta poi consideri qual carico ha accettato sopra di s ea Chi deve rendere conto del gregge affidatole. 10 Si studi an-che di presiedere alle altre pi per virt e santit di vita cheper ufficio, affinch le sorelle, provocate dal suo esempio, le

    obbediscano pi per amore che per timore

    11 Si guardi dalle amicizie particolari, affinch non avvengache, amando alcune pi delle altre, rechi scandalo a tutte

    12 Consoli le afflitte Sia ancora l'ultimo rifugio delle tribolateperch, se mancassero presso di lei i rimedi di salute, non ab-bia a prevalere nelle inferme il morbo della disperazione.

    13 Conservi la vita comune in tutto, ma specialmente in chie-sa, in dormitorio, in refettorio, nell'infermeria e nelle vesti. 14E ci tenuta a fare allo stesso modo anche la sua vicaria.

    15 L'abbadessa sia tenuta a convocare a Capitolo le sue sorellealmeno una volta la settimana. 16 lvi, tanto lei quanto le sorel-

    le debbano accusarsi umilmente delle comuni e pubblichemancanze e negligenze. 17 Ivi ancora discuta con le sue sorel-le circa le cose da fare per l'utilit e il bene del monastero. 18Spesso infatti il Signore manifesta ci che meglio al pi pic-colo.

    19 Non si contragga alcun debito grave, se non di comuneconsenso delle sorelle e per manifesta necessit, e questo permezzo del procuratore. 20 Si guardi poi l'abbadessa con le suesorelle dal ricevere alcun deposito in monastero, 21 poich daci nascono spesso disturbi e scandali.

    22 Allo scopo di conservare l'unita della scambievole carit edella pace, tutte le responsabili degli uffici del monastero ven-gano elette di comune consenso di tutte le sorelle. 23 E nellostesso modo si eleggano almeno otto sorelle delle pi assenna-te, del consiglio delle quali l'abbadessa obbligata a servirsiin ci che richiesto dalla forma della nostra vita.

    24 Se qualche volta sembrasse utile e conveniente, le sorelle

    possano anche e debbano rimuovere le responsabili e le di-screte ed eleggerne altre al loro posto.

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    Capitolo quinto

    DEL SILENZIO, DEL PARLATORIO E DELLA GRATA

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    Le sorelle osservino il silenzio dall'ora di compieta fino a ter-za, eccettuate le sorelle che prestano servizio fuori del mona-stero. 2 Osservino ancora silenzio continuo in chiesa, in dor-mitorio e in refettorio soltanto quando mangiano. 3 Si eccet-tua l'infermeria, dove, per sollievo e servizio delle ammalate,sar sempre permesso alle sorelle di parlare con moderazio-ne. 4 Possano tuttavia, sempre e ovunque, comunicare quanto necessario, ma con brevit e sottovoce.

    5 Non sia lecito alle sorelle accedere al parlatorio o alla grata,senza licenza dell'abbadessa o della sua vicaria; 6 e quelle chene hanno licenza, non ardiscano parlare nel parlatorio, senon alla presenza e ascoltate da due sorelle.

    7 Non presumano poi di recarsi alla grata, se non siano pre-senti, assegnate dall'abbadessa o dalla vicaria, almeno tre di

    quelle otto discrete che furono elette da tutte le sorelle comeConsiglio dell'abbadessa. 8 Questa forma nel parlare siano te-nute ad osservarla per conto proprio anche l'abbadessa e lasua vicaria. 9 E quanto si detto per la grata avvenga moltodi rado; alla porta poi non si faccia in nessun modo. 10 A det-ta grata sia applicata dalla parte interna un panno, che non

    sia tolto se non quando si predica la divina parola o alcunaparli a qualcuno. 11 Abbia inoltre una porta di legno, ben dife-sa da due differenti serrature in ferro, da imposte e chiavistel-li, 12 affinch, specialmente di notte, sia chiusa con due chia-vi, una delle quali la tenga l'abbadessa e l'altra la sacrestana;13 e rimanga sempre chiusa, fuorch quando si ascolta il divi-

    no ufficio e per i motivi sopra esposti. 14 Non lecito assoluta-mente a nessuna parlare ad alcuno alla grata prima della leva-ta del sole o dopo il tramonto.

    15 Al parlatorio poi, vi sia sempre, dalla parte interna, un pan-no che non deve essere rimosso per nessun motivo. 16 Duran-te la quaresima di san Martino e la quaresima maggiore nes-suna parli al parlatorio, 17 se non al sacerdote per motivo diconfessione o di altra manifesta necessit Ci riservato allaprudenza dell'abbadessa o della sua vicaria.

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    Capitolo sesto

    LE PROMESSE DEL BEATO FRANCESCO

    E DEL NON AVERE POSSEDIMENTI

    1 Dopo che l'altissimo Padre celeste si degn illuminare l'ani-ma mia mediante la sua grazia perch, seguendo l'esempio egli insegnamenti del beatissimo padre nostro Francesco, io fa-cessi penitenza, poco tempo dopo la conversione di lui, libe-ramente, insieme con le mie sorelle, gli promisi obbedienza.

    2 Il beato padre, poi, considerando che noi non temevamo

    nessuna povert, fatica, tribolazione, umiliazione e disprezzodel mondo, che anzi l'avevamo in conto di grande delizia,mosso da paterno affetto, scrisse per noi la forma di vita inquesto modo: 3 Poich per divina ispirazione vi siete fatte fi-glie e ancelle dell'Altissimo sommo Re, il Padre celeste, e visiete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondola perfezione del santo Vangelo, 4 voglio e prometto da partemia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, at-tenta cura e sollecitudine speciale.

    5 Ci che egli con tutta fedelt ha adempiuto finch visse, evolle che dai frati fosse sempre adempito.

    6 E affinch non ci allontanassimo mai dalla santissima pover-t che abbracciammo, e neppure quelle che sarebbero venutedopo di noi, poco prima della sua morte di nuovo scrisse pernoi la sua ultima volont con queste parole: 7 Io frate France-sco piccolino, voglio seguire la vita e la povert dell'AltissimoSignore nostro Ges Cristo e della sua santissima Madre, e

    perseverare in essa sino alla fine. 8 E prego voi, mie signore evi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e po-vert. 9 E guardatevi molto bene dall'allontanarvi mai da essain nessuna maniera per l'insegnamento o il consiglio di alcu-no.

    10 E come io, insieme con le mie sorelle, sono stata sempre sol-lecita di mantenere la santa povert che abbiamo promesso alSignore Iddio e al beato Francesco, 11 cos le abbadesse chemi succederanno nell'ufficio e tutte le sorelle siano tenute adosservarla inviolabilmente fino alla fine: 12 a non accettare,cio, n avere possedimenti o propriet n da s, n per mez-zo di interposta persona, 13 e neppure cosa alcuna che possacon ragione essere chiamata propriet, 14 se non quel tanto diterra richiesto dalla necessit, per la convenienza e l'isolamen-to del monastero; 15 ma quella terra sia coltivata solo a orto

    per il loro sostentamento.

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    Capitolo settimo

    DEL MODO DI LAVORARE

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    Le sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare,lavorino, dopo l'ora di terza, applicandosi a lavori decorosi edi comune utilit, con fedelt e devozione, 2 in modo tale che,bandito l'ozio, nemico dell'anima, non estinguano lo spiritodella santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cosetemporali devono servire.

    3 E l'abbadessa o la sua vicaria sia tenuta ad assegnare in capi-

    tolo, davanti a tutte, il lavoro che ciascuna dovr svolgere conle proprie mani. 4 Ci si comporti allo stesso modo quandoqualche persona mandasse delle elemosine, affinch si preghiin comune per lei. 5 E tutte queste cose vengano distribuitedall'abbadessa o dalla sua vicaria col consiglio delle discrete acomune utilit.

    Capitolo ottavo

    CHE LE SORELLE NON SI APPROPRINO DI NULLA.

    1 Le sorelle non si approprino di nulla, n della casa, n del

    luogo, n d'alcuna cosa, 2 e come pellegrine e forestiere (1 P2, 11) in questo mondo, servendo al Signore in povert e umil-t con fiducia mandino per la elemosina. 3 E non devono ver-gognarsi, poich il Signore si fece per noi povero (2 Cor 8, 9)in questo mondo. 4 E questo quel vertice dell'altissima pover-t (2 Cor 8, 2), che ha costituto voi, sorelle mie carissime, ere-di e regine del regno dei cieli (Mt 5, 3), vi ha reso povere disostanze, ma ricche di Virt. 5 Questa sia la vostra parte di

    eredit, che introduce nella terra dei viventi (Sal 141, 6).6

    Aderendo totalmente ad essa, non vogliate mai, sorelle dilet-tissime, avere altro sotto il cielo, per amore del Signore nostroGes Cristo e della sua santissima Madre.

    7 Non sia lecito ad alcuna sorella mandare lettere, o ricevereo dare cosa alcuna fuori del monastero, senza licenza dell'ab-badessa. 8 N sia lecito tenere cosa alcuna che non sia statadata o permessa dall'abbadessa. 9 Che se le venga mandatoqualche cosa dai parenti o da altri, l'abbadessa gliela facciaconsegnare. 10 La sorella poi, se ne ha bisogno, la possa usa-re; se no, n faccia parte caritatevolmente alla sorella che neha bisogno. 11 Se poi le fosse stato mandato del denaro, l'ab-badessa, con consiglio delle discrete, le faccia procurare cidi cui ha bisogno.

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    12 Riguardo alle sorelle ammalate, l'abbadessa sia fermamen-te tenuta, da s e per mezzo delle altre sorelle, a informarsicon sollecitudine di quanto richiede la loro infermit, siaquanto a consigli, sia quanto ai cibi ed alle altre necessit, 13e a provvedere con carit e misericordia, secondo la possibili-t del luogo. 14 Poich tutte sono tenute a provvedere e a servi-

    re le loro sorelle ammalate, come vorrebbero essere servite es-se stesse nel caso che incorressero in qualche infermit.15L'una manifesti all'altra con confidenza la sua necessit. 16 Ese una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quantamaggiore cura deve una sorella amare e nutrire la sua sorellaspirituale!

    17 Quelle che sono inferme, potranno usare pagliericci e ave-re guanciali di piuma sotto il capo; 18 e quelle che hanno biso-gno di calze e di materasso di lana, ne possano usare. 19 Lesuddette inferme, poi, quando vengono visitate da quelli cheentrano nel monastero, possano, ciascuna per proprio conto,rispondere brevemente con qualche buona parola a chi rivol-ge loro la parola. 20 Le altre sorelle, invece, che pur ne hannolicenza, non ardiscano parlare a quelli che entrano nel mona-stero, se non alla presenza e ascoltate da due discrete, designa-

    te dalI'abbadessa o dalla sua vicaria.21

    Questa forma nel par-lare siano tenute ad osservarla anche l'abbadessa e la sua vica-ria.

    Capitolo nono

    DELLA PENITENZA E DELLE SORELLE CHE PRESTANOSERVIZIO FUORI DEL MONASTERO

    1 Se qualche sorella, per istigazione del nemico, avr peccatomortalmente contro la forma della nostra professione e, am-monita due o tre volte dall'abbadessa o da altre sorelle, 2 nonsi sar emendata, mangi per terra pane e acqua in refettorio,alla presenza di tutte le sorelle, tanti giorni quanti sar statacontumace, 3 e, se l'abbadessa lo riterr necessario, sia sotto-posta a pena anche pi grave. 4 Frattanto, finch rimarr osti-nata, si preghi affinch il Signore disponga il suo cuore a peni-

    tenza.

    5 Tuttavia, l'abbadessa e le sue sorelle si guardino dallo adirar-si e turbarsi per il peccato di alcuna, 6 perch l'ira e il turba-mento impediscono la carit in se stesse e nelle altre.

    7 Se accadesse, il che non sia, che fra una sorella e l'altra sor-

    gesse talvolta, a motivo di parole o di segni, occasione di tur-bamento e di scandalo, 8 quella che fu causa di turbamento,subito, prima di offrire davanti a Dio l'offerta della sua orazio-ne, non soltanto si getti umilmente ai piedi dell'altra doman-dando perdono, 9 ma anche con semplicit la preghi di inter-cedere per lei presso il Signore perch la perdoni. 10 L'altrapoi, memore di quella parola del Signore: Se non perdonere-

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    te di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdoner voi(Mt 6, 15), 11 perdoni generosamente alla sua sorella ogni offe-sa fattale.

    12 Le sorelle che prestano servizio fuori del monastero, non

    rimangano a lungo fuori, se non lo richieda una causa di ma-nifesta necessit. 13 E devono andare per la via con onest eparlare poco, affinch possano essere sempre motivo di edifi-cazione per quanti le vedono. 14 E si guardino fermamentedall'avere rapporti o incontri sospetti con alcuno. 15 N faccia-no da madrine a uomini e a donne, affinch per queste occa-sioni non nasca mormorazione o turbamento.

    16 Non ardiscano riportare in monastero le chiacchiere delmondo. 17 E di quanto si dice o si fa dentro siano tenute anon riferire fuori dal monastero nulla che possa provocarescandalo. 18 Se capitasse a qualcuna di mancare in questedue cose, per semplicit, spetta alla prudenza dell'abbadessaimporle con misericordia la penitenza. 19 Se invece lo facesseper cattiva consuetudine, l'abbadessa, secondo la qualit dellacolpa, col consiglio delle discrete imponga una penitenza.

    Capitolo decimo

    DELLA AMMONIZIONE

    E CORREZIONE DELLE SORELLE

    1 L'abbadessa ammonisca e visiti le sorelle e le corregga conumilt e carit, non comandando loro cosa alcuna che siacontro la sua anima e la forma della nostra professione.

    2 Le sorelle suddite, poi, ricordino che hanno rinunciato allapropria volont per amore di Dio. 3 Quindi siano fermamen-te tenute a obbedire alle loro abbadesse in tutte le cose che

    hanno promesso al Signore di osservare e che non sono con-trarie all'anima e alla nostra professione.

    4 L'abbadessa poi, usi verso di loro tale familiarit che possa-no parlarle e trattare con lei come usano le padrone con lapropria serva, 5 poich cos deve essere, che l'abbadessa sia laserva di tutte le sorelle.

    6 Ammonisco poi, ed esorto nel Signore Ges Cristo, che siguardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, ava-rizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione emormorazione, dalla discordia e divisione.

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    7 Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamentel'unit della scambievole carit, che il vincolo della perfezio-ne.

    8 E quelle che non sanno di lettere, non si curino di appren-

    derle,9

    ma attendano a ci che soprattutto debbono desidera-re: avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, 10 apregarlo sempre con cuore puro e ad avere umilt, pazienzanella tribolazione e nella infermit, 11 e ad amare quelli checi perseguitano, riprendono e accusano, 12 perch dice il Si-gnore: Beati quelli che soffrono persecuzione a causa dellagiustizia, poich di essi il regno dei cieli (Mt 5, 10). 13 Chiperseverer fino alla fine, questi sar salvo (Mt 10, 22).

    Capitolo undicesimo

    DELLA CUSTODIA DELLA CLAUSURA

    1

    La portinaia sia matura come condotta e prudente, e sia diet conveniente. Di giorno rimanga ivi in una cella aperta,senza uscio. 2 Le si assegni anche una compagna idonea, laquale, la quale quando ci sar bisogno, faccia in tutto le sueveci.

    3 La porta sia ben difesa da due differenti serrature in ferro,da imposte e chiavistelli, 4 affinch, specialmente di notte, sia

    chiusa con due chiavi, una delle quali la tenga la portinaia,l'altra l'abbadessa. 5 E di giorno non si lasci mai senza custo-dia e sia stabilmente chiusa a chiave. 6 Badino poi, con ognidiligenza e procurino che la porta non rimanga mai aperta,se non il minimo possibile secondo la convenienza. 7 E non siapra affatto a chiunque voglia entrare, ma solo a coloro cuisia stato concesso dal sommo pontefice o dal nostro signorcardinale.

    8 E non permettano che alcuno entri in monastero prima del-la levata del sole, n vi rimanga dopo il tramonto, se non l'esi-ga una causa manifesta, ragionevole e inevitabile. 9 Qualoraper la benedizione dell'abbadessa, o per la consacrazione amonaca di qualche sorella, o per qualche altro motivo, venga

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    concesso a qualche vescovo di celebrare la Messa nell'internodel monastero, si accontenti del minor numero possibile dicompagni e ministri che siano di buona fama.

    10 Quando poi fosse necessario introdurre nel monastero qual-

    cuno per compiervi dei lavori, l'abbadessa con sollecitudineponga alla porta una persona adatta, 11 che apra solo agli ad-detti ai lavori e non ad altri. 12 Tutte le sorelle si guardino, al-lora, con somma diligenza, che non siano vedute da coloroche entrano.

    Capitolo dodicesimo

    DEL VISITATORE, DEL CAPPELLANO

    E DEL CARDINALE PROTETTORE

    1 Il nostro visitatore sia sempre dell'Ordine dei frati minori,secondo la volont e il mandato del nostro cardinale. 2 E siatale che ne conosca bene l'integrit di vita. 3 Sar suo compi-to correggere, tanto nel capo che nelle membra, le mancanzecommesse contro la forma della nostra professione. 4 Eglistando in luogo pubblico, donde possa essere veduto dalle al-

    tre, potr parlare a molte o a ciascuna in particolare, secondoriterr pi conveniente, di ci che spetta all'ufficio della visi-ta.

    5 Chiediamo anche in grazia, allo stesso Ordine, un cappella-no con un compagno chierico, di buona fama, discreto e pru-dente, e due frati laici, amanti del vivere santo e onesto, 6 inaiuto alla nostra povert, come abbiamo avuto sempre miseri-

    cordiosamente dal predetto Ordine dei frati minori; 7 e que-sto per amore di Dio e del beato Francesco.

    8 Al cappellano non sia lecito entrare in monastero senza ilcompagno. 9 Ed entrando, stiano in luogo pubblico, cos chepossano vedersi l'un l'altro ed essere veduti dagli altri. 10 lo-

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  • 7/30/2019 Regola di Chiara d'Assisi

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    ro lecito entrare per la confessione delle inferme che non po-tessero recarsi in parlatorio, per comunicare le medesime, perl'Unzione degli infermi, per la raccomandazione dell'anima.11 Per le esequie poi, e le messe solenni dei defunti, o per sca-vare o aprire la sepoltura, o anche per rassettarla, possono en-trare persone idonee a sufficienza, secondo il prudente giudi-

    zio dell'abbadessa.

    12 Inoltre le sorelle siano fermamente tenute ad avere semprecome governatore, protettore e correttore, quel cardinale del-la santa Chiesa romana che sar stato assegnato ai frati mino-ri dal Signor papa; 13 affinch suddite sempre e soggette aipiedi della stessa santa Chiesa, salde nella fede cattolica, os-serviamo in perpetuo la povert e l'umilt del Signore nostroGes Cristo e della santissima Madre, e il santo Vangelo, co-me abbiamo fermamente promesso Amen.

    14 Dato a Perugia, il 16 settembre, l'anno decimo del pontifi-cato del signor papa Innocenzo IV.

    15 Pertanto a nessuno sia lecito invalidare questa scrittura del-

    la nostra conferma od opporvisi temerariamente. 16 Se qualcu-no poi presumer di attentarlo, sappia che incorrer nello sde-gno di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Pao-lo.

    Dato in Assisi, il 9 agosto, l'anno undicesimo del nostro ponti-ficato.

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