Registro degli Osteopati d'Italia C.E.R.D · Preambolo Questo lavoro prende spunto da precedenti...
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Registro degli Osteopati d'Italia C.E.R.D.O
tesi di diploma in Osteopatia
“Tra materialismo e teleologia: l'approccio osteopatico al sistema linfatico”
relatore: Mauro Longobardi D.O.
Candidato: Stefano Silvi
Roma 2002/2003
Prefazione
“La connessione tra essere e linguaggio in una direzione sempre più spostata
verso quest’ultimo, è il senso dell’urbanizzazione” sostiene Gianni Vattimo, da
cui ne consegue che è possibile parlare più intensamente e “con conseguenze
sempre più marcate.”
Tali conseguenze sono evidenti da un lato dalla sempre più complessa rete di
informazioni e dati che si intesse nel mondo occidentale, dall’altro dalla
diffusione sempre più marcata di patologie tipiche di tale urbanizzazione che, per
usare i termini di Therese Bertherat1, “conforma e deforma” le altre sfere della
personalità.
Gadamer2 scrive che “nell’era moderna l’ essere che può venir compreso è puro
linguaggio”, e L. Anderson “il linguaggio è un virus” che prolifera dove il corpo
1 Formata agli insegnamenti di F. Mezieres relativamente alla ginnastica posturale e teorica
dell'antiginnastica.
2 Filosofo tedesco morto nel 2002, fondatore di una ontologia ermeneutica: la verità non può
essere garantita da un metodo che mira al possesso dell'oggetto (scienza) come risulta chiaro
nell'esperienza estetica e nello studio dei fenomeni culturali. La verità si svela nell'atto
interpretativo che nella sua storicità trova non un limite ma la possibilità di un colloquio con la
tradizione ("fusione di orizzonti") che - testo o evento che sia - è comprensibile non in quanto
"essere" ma in quanto "linguaggio".
non detiene il primato di cui necessita.
Quel che ne consegue è che i disturbi funzionali, provano, usando le parole di
Waddel 3, “come il trattamento clinico tradizionale abbia fallito e il ruolo dalla
medicina nella situazione epidemiologica attuale debba essere esaminato
criticamente”.
La ricerca tende ad allargare i propri orizzonti verso prospettive transdisciplinari,
convergendo su un’ottica di intervento globale, dove gli strumenti della terapia, la
massoterapia, la kinesi, i farmaci, le procedure conservative e preventive, gli
aspetti psicologici, non ricoprano ruoli assoluti, bensì siano integrati e integranti
un programma terapeutico sempre meno assimilabile a protocolli fissi e
anelastici.
Ma, dall’esigenza del superamento delle vecchie idee, si diparte anche la critica
dei sostenitori delle terapie alternative:
La fonte della critica è rappresentata dal pensiero 4nel quale la terapia è collegata
e soggiace a regole di ordine filosofico-religiose.
La via della guarigione scorre in parallelo con quella che avvicina l’uomo al
divino.
3 G. Waddel, considerato uno dei massimi esperti in low back pain e del suo costo sociale.
4 Di matrice orientale.
Scriveva Ippocrate: “Mi sembra che il male sacro (l’epilessia) non sia più divino
di qualsiasi altra malattia. Gli uomini lo credono divino solo perchè non lo
capiscono. Ma se chiamassero divino tutto ciò che non comprendono, non ci
sarebbe limite alle cose divine”.
Queste idee contrastanti rappresentano i rispettivi confini.Si scava un solco, e
qualcuno impera spartendosi il territorio:
Scrive Enrico Bellone 5, “prendere atto del divario sempre maggiore fra ricerca
scientifica e mode culturali vuol dire anche sentire il desiderio di gettar ponti tra
buona scienza e buona filosofia”.
Ovvero, la filosofia può aiutare ad evidenziare un concetto comune alle terapie
cosiddette integrate alla medicina tradizionale occidentale, le quali si fondano su
un patrimonio conoscitivo pertinente alla” buona scienza”?
E ancora, l'osteopatia è solo una moda culturale?
Il concetto cui certa buona scienza fa riferimento è la globalità, che scaturisce dai
concetti di “struttura” e di “funzione”, certamente centrali anche nel pensiero
osteopatico, ma di sicuro non sufficienti; gli stessi scritti di Still sono permeati di
un senso profondo di spiritualità, e attualmente sappiamo quanto sia limitativo
ridurre tutto il nostro intervento ad una mera relazione di causa /effetto 6.
5 Direttore dell'edizione italiana di "Sciencies"
6 Teoria del caos e del determinismo
L'approccio osteopatico si carica di valenze profonde, il processo di
autoguarigione, "l'autoregolazione" di Piaget, si giustifica anche tramite
l'epistemologia genetica 7; un intervento che tocchi campi comuni dell'ontogenesi
e della filogenesi è certamente e concettualmente profondo. L' ambiente fluido è
un componente fondamentale del "respiro della vita"8, proprio perchè ha in sè il
valore ontogenetico, filogenetico, di materia, di movimento ed è intimamente
spirituale.
Ricercare l'accostamento ai territori intimi e profondi del paziente, dove
convivono "materia, movimento e spirito", significa a mio parere ridurre il solco,
annullare le differenze, riunire l'occidente con l'oriente ed invalidare i termini
"alternativo", "complementare" o "integrato"; vuol dire, sostanzialmente,
riconoscere la globalità ed accettarne la sfida, difficile purtuttavia, indispensabile.
7 Teoria piagetiana secondo la quale le tappe dello sviluppo cognitivo dell'individuo ricalcano le
tappe dello sviluppo della specie.
8 Rollin Becker
Preambolo
Questo lavoro prende spunto da precedenti esperienze da me fatte nel campo del
drenaggio linfatico manuale. L' LDM è però una tecnica a mio avviso non
sempre efficace, in quanto avvicina l'ambiente liquido dell'essere umano da un
punto di vista limitato nel suo corpo di dottrina. Proprio la relativa efficacia di
tale tecnica mi ha spinto ad integrarla, se non a volte sostituirla, con un lavoro
osteopatico mirato al miglioramento di tutte quelle situazioni perturbanti la libera
circolazione dei liquidi. L'interesse nei confronti di questi argomenti, liquidi e
osteopatia, mi ha spinto a chiedermi quale fosse l'interesse del sistema linfatico in
osteopatia e come questa potesse trovare risposte e soluzioni ai suoi problemi.
L'approccio osteopatico al sistema linfatico è, rispetto ad altri tipi di trattamento,
globale, nel senso che non perde di vista gli altri aspetti dell'unità e unicità
dell'essere umano. Attraverso collegamenti giustificati dall' anatomia e dalla
fisiologia, mira a riportare l'equilibrio, col solo ausilio delle mani, in quell'
organismo che, a causa di traumi, stress o patologie di varia natura, non riesca più
in maniera autonoma ad autoregolarsi. I disturbi funzionali del sistema linfatico
diventano così per l'osteopata, il sintomo di un disequilibrio più generale che può
avere le sue cause in altri sistemi. Le mie ricerche mi hanno portato a pensare che
oltre questa prospettiva "materialistica" dell'osteopatia in ambito liquido, se ne
aggiunga un'altra: la si potrebbe definire "vitalistica" o "teleologica" nel senso
che il sistema linfatico, e più in generale quello dei fluidi, viene visto da alcuni
osteopati come l'espressione di un principio ordinatore e animatore della vita.
Tale principio, denominato "respiro della vita", si manifesta attraverso quella che
Sutherland 9 definì come la "marea":
"siamo manifestazione del tutto, all'interno di un tutto....ovunque sei, sei intero,
esiste uno stato embrionale primordiale, che è un campo completo d'interazione
ed espressione.10 Questo stato embrionale, di una forma che si rivela
continuamente, è sempre dentro di noi. Il movimento cellulare ed il
differenziamento sono generati dai fluidi. Il respiro della vita è espresso
inizialmente come una funzione della linea mediana all'interno dell'embrione e la
sua potenza è trasportata dai fluidi, essi portano la sua potenza per tutto il corpo
ed il mondo cellulare e dei tessuti si organizza attorno alla sua funzione....al
momento del concepimento iniziamo come singola cellula. Dopo di ciò
l'intenzione sgorga e scorre, quindi avviene una rapida divisione. Ogni volta che
si divide non avviene nulla di nuovo, dall'unità prende forma la molteplicità ed al
suo interno c'è l'unità originale. Emergono tre foglietti germinativi e si tratta di un
processo fluido. I fluidi guidano lo sviluppo dell'intenzione e seguono le leggi
delle dinamiche dei fluidi. Tali dinamiche sono organizzate attorno all'espressione
9 William Garner Sutherland D.O. (1873-1954) allievo di Andrew Taylor Still, prese molto
seriamente il monito del Dott. Still di "scavare più profondo". A lui dobbiamo il concetto craniale.
10 Dominick Masiello D.O. "a philosophical perspective, reflections on Sutherland's experience of
the tide"
della potenza del respiro della vita."11
Queste due visioni filosoficamente apparentemente contrastanti sono state, e per
me probabilmente continueranno ad esserlo, i confini entro i quali si è sviluppata
ed è cresciuta la dottrina osteopatica.
Gli spunti applicativi descritti più avanti derivano sia da ricerche bibliografiche,
sia da tecniche apprese durante il corso di osteopatia: insegnanti differenti,
trattando argomenti non direttamente inerenti il sistema linfatico, hanno
presentato tecniche differenti applicabili in tale campo, il mio lavoro è stato di
riunirle, ed individuare quelle che fossero di più facile applicazione e maggiore
efficacia. A tale scopo ho raccolto sulle schede informative dei pazienti anche
loro dichiarazioni sulle sensazioni e sul grado di soddisfazione, informazioni
soggettive che mi hanno dato però delle indicazioni sulla strada da percorrere.
11 UK craniosacral therapy association The fulcrum n° 19 inverno 2000
Prefazione
“La connessione tra essere e linguaggio in una direzione sempre più spostata verso
quest’ultimo, è il senso dell’urbanizzazione” sostiene Gianni Vattimo12, da cui ne
consegue che è possibile parlare più intensamente e “con conseguenze sempre più
marcate.”
Tali conseguenze sono evidenti da un lato dalla sempre più complessa rete di
informazioni e dati che si intesse nel mondo occidentale, dall’altro dalla
diffusione sempre più marcata di patologie funzionali tipiche di tale
urbanizzazione che, per usare i termini di Therese Bertherat13, “conforma e
deforma” le altre sfere della personalità.
Gadamer14 scrive che “nell’era moderna l’ essere che può venir compreso è puro
linguaggio”, e L. Anderson “il linguaggio è un virus” che prolifera dove il corpo
non detiene il primato di cui necessita.
Quel che ne consegue è che i disturbi funzionali, provano, usando le parole di
12 Filosofo e parlamentare europeo, teorico del "pensiero debole" che lo ha fatto conoscere in
molti paesi, è una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana come una progressiva
riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle stratificazioni
sociali che da questi derivano.
13 Teorica dell'antiginnastica.
14 Filosofo tedesco morto nel 2002, fondatore di una ontologia ermeneutica: "la verità non può
essere garantita da un metodo che mira al possesso dell'oggetto (scienza)."
Waddel 15, “come il trattamento clinico tradizionale abbia fallito e il ruolo dalla
medicina nella situazione epidemiologica attuale debba essere esaminato
criticamente”.
La medicina allopatica tende ad allargare i propri orizzonti verso prospettive
transdisciplinari, convergendo su un’ottica di intervento multiplo, dove gli
strumenti della terapia, la massoterapia, la kinesi, i farmaci, le procedure
conservative e preventive, gli aspetti psicologici, non ricoprano ruoli assoluti,
bensì siano integrati e integranti un programma terapeutico sempre meno
assimilabile a protocolli fissi e anelastici.
Parallelamente si sviluppa e si afferma l'approccio "alternativo" basato sul
pensiero di matrice orientale, secondo il quale la terapia è collegata e soggiace a
regole di ordine filosofico-religiose.
La via della guarigione scorre in parallelo con quella che avvicina l’uomo al divino.
Scriveva Ippocrate: “Mi sembra che il male sacro (l’epilessia) non sia più divino di
qualsiasi altra malattia. Gli uomini lo credono divino solo perchè non lo capiscono.
Ma se chiamassero divino tutto ciò che non comprendono, non ci sarebbe limite
alle cose divine”.
Queste idee contrastanti16 rappresentano i rispettivi confini.
15 G. Waddel, considerato uno dei massimi esperti in "low back pain" e del suo costo sociale.
16 Il contrasto è relativo al problema della validazione scientifica delle medicine complementari.
Scrive Enrico Bellone 17, “prendere atto del divario sempre maggiore fra ricerca
scientifica e mode culturali vuol dire anche sentire il desiderio di gettar ponti tra
buona scienza e buona filosofia”.
Ovvero, la filosofia può aiutare ad evidenziare un concetto comune alle terapie
cosiddette integrate alla medicina tradizionale occidentale, le quali si fondano su
un patrimonio conoscitivo pertinente alla” buona scienza”?
E ancora, l'osteopatia è solo una moda culturale?
Il concetto cui certa buona scienza fa riferimento è la globalità, che scaturisce dai
concetti di “struttura” e di “funzione”, certamente centrali anche nel pensiero
osteopatico, ma di sicuro non sufficienti; gli stessi scritti di Still sono permeati di
un senso profondo di spiritualità 18, e attualmente sappiamo quanto sia limitativo
Raffaele Cascone in "Salute è" inserto di Settembre di AAM Terranuova, chiarisce la diatriba
scrivendo che "quello della validazione scientifica è in realtà una sorta di credenza
superstiziosa, un mito sostenuto dall'industria farmaceutica, dagli ambienti accademici e dagli
interessi politico-economici ad essi collegati, secondo cui esisterebbero prove scientifiche
"esaustive" e definitive su cui si fonderebbe una scienza in gradi di fornire criteri esatti di
valutazione e verifiche obbiettive e ripetibili di ciò che si studia. Chi ha compiuto studi scientifici
sa bene che la scelta dei criteri di valutazione conduce a risultati diversi. Il problema sarebbe
allora quello di accordarsi su quali criteri sono obbiettivi per tutti, e questo non è possibile : il
contesto culturale , economico, sociale di una scienza influisce enormemente sui criteri di
valutazione e infine sui risultati."
17 Direttore dell'edizione italiana di "Sciencies"
18 Il concetto di un principio animatore della vita è forse un filo conduttore: la medicina ayurvedica
lo chiama "prana", nella medicina cinese è consciuto come "chi", Ippocrate lo definì "phisis",
ridurre tutto il nostro intervento alla sola relazione di causa / effetto 19.
L'approccio osteopatico si carica di valenze profonde, il processo di
autoguarigione, "l'autoregolazione" di Piaget , si giustifica anche tramite
l'epistemologia genetica 20; un intervento che tocchi campi comuni
dell'ontogenesi e della filogenesi non è solo concettualmente profondo. Teorie
neanche troppo audaci, ipotizzano che la motilità degli organi viscerali ripercorra
le tappe di sviluppo embrionale di questi ultimi, e ne riproduca ciclicamente i
movimenti.21 L' ambiente fluido è un componente fondamentale del "respiro
della vita"22, proprio perchè ha in sè il valore ontogenetico, filogenetico, di
materia, di movimento e spirito.
Ricercare l'accostamento ai territori intimi e profondi del paziente, dove
convivono "materia, movimento e spirito", significa a mio parere ridurre il solco,
annullare le differenze, riunire l'occidente con l'oriente e sostituire i termini
"alternativo", "complementare" o "integrato" con "autonomo"; agire tra
Galeno "pneuma", Paracelso "archeo", Hannemann fondatore dell'omeopatia lo chiamò forza
vitale. Con Still è più che una forza della natura o un principio ordinatore: non è una forza cieca
ma ha un piano ed uno scopo. È orientato verso questo obiettivo ed in questo senso è forse
teleologico, asserisce, cioè, una finalità nell'ordinamento universale.
19 Teoria del caos e del determinismo
20 Teoria piagetiana secondo la quale le tappe dello sviluppo cognitivo dell'individuo ricalcano le
tappe dello sviluppo della specie. Tutti i meccanismi conoscitivi riposano sul movimento.
21 Jean Pierre Barral "manipolazione viscerale"
22 "....un fluido all'interno di un fluido." “The breath of life: the fundamental principle of osteopathy”
Steve Paulus, DO Inter Linea Osteopathic newsletter
materialismo e teleologia vuol dire, sostanzialmente, riconoscere la globalità ed
accettarne la sfida, difficile, purtuttavia indispensabile 23.
23 "La mente è quel tipo di entità che vive soltanto nel linguaggio, e rinunciarvi significherebbe
quindi rinunciare a comprendere la peculiare biologia dell'umano. Una biologia linguistica,
certamente, ma pur sempre biologia." Enrico Bellone "La nuova stella" Einaudi 2003
Introduzione
L’essere umano è composto per un terzo di elementi solidi e per due terzi da un
liquido simile all’acqua di mare, e così come questo ci riporta ad una nostra
filogenesi marina, così il movimento cellulare e il differenziamento che sono
generati dai fluidi, ci riportano ad un ambito ontogenetico.La parte liquida è
formata per il 5% dal sangue, per il 15 % dal liquido cellulare. L’importanza
dell’ambiente liquido è data dal fatto che i costituenti, gli elementi biochimici,
possono essere trasportati solo in tale ambiente.
Globalmente se da un lato si deve immaginare il sangue, fluido, separato dal
liquido cellulare e quindi dalle cellule, dal tessuto connettivo, dall’altra è utile
riflettere sulla medesima origine embriologica sia del sangue che del tessuto
connettivo stesso.
Il sangue, per sua costituzione e per sua origine, diventa così il mediatore tra gli
ambienti solido e liquido.
E’ bene ricordare però che solo il 40% totale dell’acqua presente nell’organismo
viaggia e si sposta attraverso il torrente vascolare, la maggior parte utilizza come
via preferenziale il sistema linfatico.
L’osteopatia, arte medica manuale, si occupa nella sua essenza della funzione che
è in stretta correlazione con la struttura. Approcciare l’ambiente liquido
dell’uomo in senso osteopatico vuol dire ricercare le restrizioni di mobilità che ne
condizionano la normale funzione, da un punto di vista meccanico, endocrino
umorale e finanche neurovegetativo.
Vuol dire mettere le mani su uno dei sistemi concettualmente più significativi per
i suddetti motivi ontofilogenetici, biochimici e di mantenimento ed incremento
del concetto di salute umana.
Vedremo nel capitolo dedicato all’anatomia e ad alla fisiologia di tale sistema
come i liquidi riescano a muoversi senza soluzione di continuità, nel capitolo
dedicato all’immunologia come le relazioni tra efficienza del sistema linfatico e
la risposta immunitaria possano essere centrali nel mantenimento dello stato di
salute , e nei capitoli relativi agli spunti applicativi, come l’osteopatia possa
approcciare quei casi in cui il flusso linfatico risulti rallentato, ed infine, come i
pazienti giudichino tale approccio.
Presentazione anatomica
Il sistema linfatico contiene più del 70% dei liquidi del nostro corpo, permette di
rimuovere i cataboliti cellulari, ha come vedremo in seguito, un ruolo nel
trasporto dei prodotti dell’assorbimento a livello dell’intestino tenue e sempre a
questo livello recupera gli elementi di base che non possono essere recuperati
dalle vene mesenteriche.
Infine, ma di non minore importanza, il sistema linfatico ha un ruolo nel
complesso meccanismo immunitario, sia nel trasporto che nella produzione di
linfociti.
Il liquido che fuoriesce dal plasma sanguigno all’estremo arteriolare dei capillari
contribuisce alla costituzione del liquido interstiziale, che va ad occupare gli
spazi intercellulari.
Il riassorbimento del liquido interstiziale avviene in parte all’estremo venulare
del microcircolo, in parte attraverso i vasi dell’apparato circolatorio linfatico.
La linfa è simile al plasma sanguigno e varia a seconda delle zone e degli organi
da cui proviene. La linfa drenata dai capillari linfatici deriva dal liquido
interstiziale o isolinfa, arricchito dall’essudato dai capillari sanguigni nel
connettivo interstiziale o emolinfa.
I vasi linfatici intestinali trasportano una emulsione di goccioline di grasso che
danno alla linfa un colore bianco latte e che prende il nome di chilo.
Normalmente la linfa contiene sostanze di rifiuto, anidride carbonica e poco
ossigeno.
Il suo riassorbimento tiene conto di tre fattori:
l’equilibrio tra filtrazione e riassorbimento o legge di Starling;
la differenza di pressione tra l’arteriola e la venula;
la pressione oncotica dovuta alla presenza di proteine nel plasma sanguigno.
Il riassorbimento inoltre è di due tipi:
uno oncotico extravascolare;
uno extramurale, ossia basato su forze entrinseche del sistema come la
contrazione muscolare, l’alternanza dovuta alla respirazione o le contrazioni
ritmiche dei grossi vasi.
Il sistema linfatico è quindi costituito da un apparto vasale lungo il decorso del
quale sono intercalate formazioni di tessuto linfoide, i linfonodi.
Sistema dei vasi linfatici
I capillari linfatici sono formati da un endotelio maggiormente permeabile di
quello dei capillari sanguigni; i vasi linfatici di maggiori dimensioni hanno una
struttura più complessa. Presentano infatti, oltre all’endotelio, una tonaca
muscolare liscia con fasci longitudinali interni, anulari medi e longitudinali
esterni.
Tutti i vasi confluiscono in due grandi tronchi: il tronco o vena linfatica di destra
e il dotto toracico. Entrambi sfociano in corrispondenza della confluenza tra la
vena giugulare interna e la vena succlavia, sulla faccia posteriore di questi vasi
venosi.
I capillari linfatici iniziano a “dita di guanto” nel tessuto ed hanno tendenza ad
organizzarsi in reti linfatiche, che in passato si pensava si anastomizzassero tra
loro (teoria del sistema chiuso), attualmente ci si orienta maggiormente verso una
concezione più “aperta” del sistema.
La struttura del sistema linfatico viene infatti descritta come formata da spazi
irregolari, più o meno ampi a seconda del tessuto ove decorrono, ed in diretta
comunicazione con l’origine dei capillari. Molte osservazioni tendono a
confermare questa ipotesi.
La diffusione di coloranti solubili in acqua, iniettati nei vasi linfatici con
l’assorbimento lineare, proprio delle fibrille argentofile del connettivo, gruppi di
queste fibrille variamente disposte avrebbero rapporto con la parte aperta dei
capillari. Esse, immerse nel liquido interstiziale, fungerebbero da formazioni
villose, succhiando gli umori dagli spazi interstiziali ed avviandoli verso il
capillare.
Questa osservazione riporta su un piano attuale l’esperienza osteopatica riguardo
la circolazione dei liquidi: le relazioni tra il liquido cefalo rachidiano e la
circolazione linfatica.
Naumenko e Moskalenko scoprirono che il liquido cerebrospinale viene
distribuito in tutto il corpo attraverso un intreccio reticolare dei tubuli, i cosiddetti
microtuboli, fibre di collagene vuote del diametro di circa mezzo millimetro, che
si trovano nelle fasce.
Dalle guaine nervose, il liquido cerebrospinale viene a contatto con le aree
extracellulari e la linfa. In questo modo, il liquido cerebrospinale viene distribuito
in tutto il corpo e influenza tutte la parti dell’organismo. Iniettando oro colloidale
nell’area subaracnoiea delle cavie, fu possibile dimostrarne la distribuzione in
tutto il corpo. Il marker fu distribuito per tutto il corpo in poche ore.
I risultati della ricerca descrivono solo una scelta di una pluralità di ulteriori
indagini, la maggior parte delle quali indica la stessa descrizione.
L’osteopatia craniosacrale dà un’importanza fondamentale al liquido
cerebrospinale, non solo per il sistema nervoso, ma anche per l’immunità
corporea.
In base ai risultati della ricerca è possibile almeno documentare l’esistenza di una
relazione di comunicazione del liquido cerebrospinale nella linfa.
Inoltre esiste una connessione anatomofunzionale tra l' impulso ritmico craniale
ed il compartimento liquido di tutto il corpo mediata dalle membrane di tensione
reciproca e dal continuum fasciale periferico 24.
Questi elementi giustificherebbero, o almeno, possono autorizzare l’ipotesi degli
osteopati, secondo la quale il lavoro sulla fasce, e quindi sul tessuto connettivo, è
di estrema importanza per il cosiddetto “terreno”. Possiamo tracciare globalmente
la circolazione linfatica e distinguere:
1. vasi capillari e reti d'origine, rete di piccoli canali anastomimzzati tra loro, che
compongono la sezione periferica assorbente del sistema, permettendo così il
24 Chiara Fiore "Trattamento osteopatico nella terapia dei linfedemi degli arti inferiori" tesi di D.O.
CERDO 1996
passaggio di liquido extracellulare e di macromolecole.
2. vasi precollettori, costituiti da unità contrattili in serie, i linfangioni, separati da
valvole unidirezionali.
3. vasi collettori, formati da elementi superficiali e profondi, analogamente alla
rete venosa.
4. vasi collettori terminali, divisi in dotto toracico e condotto linfatico destro. Il
dotto toracico è strutturato in maniera più complessa dei vasi linfatici minori.
Ad una tasca muscolare, una di collagene e ad un endotelio, si aggiunge
esternamente un' avventizia come quella dei grandi vasi venosi e arteriosi. Esso
rappresenta il collettore di tutta la linfa del corpo ad eccezione di quella
proveniente dall'arto superiore destro, dalla metà destra della testa, del collo e
del torace. Il dotto toracico nasce con una formazione a forma di sacco,
anatomicamente incostante, denominata cisterna di Pequet o cisterna chili dove
confluiscono i tronchi linfatici. Da qui attraversa il diaframma passando per
l'orificio aortico ed arriva nel mediastino posteriore che percorre verticalmente
fino a giungere in corrispondenza della base sinistra del collo, confluendo nel
punto d'incontro tra vena giugulare interna con la succlavia. Tutta linfa che non
giunge nel dotto toracico, confluirà nel condotto linfatico di destra, che infine
sfocerà nella struttura terminale dell' angolo di unione delle vene giugulare
interna e succlavia del lato destro.
L’unità funzionale del sistema vasale: il linfagione
Kislin scoprì che i vasi linfatici sono costituiti da segmenti ognuno dei quali ha
una valvola a monte ed una a valle che si aprono nella sola direzione del flusso
della linfa, impedendone così il reflusso:
Questi segmenti sono assimilabili a vere e proprie unità funzionali del sistema
linfatico e prendono il nome di linfagioni. Visto in sezione sagittale, il
linfangione è strutturalmente formato da un endotelio, da una membrana basale
interrotta o molto permeabile e da una tunica muscolare composta da fibrocellule
muscolari lisce disposte a spirale; tunica non presente nei punti d'inserzione delle
valvole. La presenza di tessuto muscolare liscio innervato da entrambe le sezioni
autonome orto e parasimpatiche, spiega la contrattilità del vaso, ritmica e
costante. Le contrazioni a riposo di un vaso linfatico sono circa 5/7 al minuto:
queste aumentano nel caso sia necessario un incremento della funzione di
riassorbimento, come nel caso di un edema. La frequenza delle contrazioni è
determinata da corpuscoli sensitivi all'interno del vaso. Quando la pressione
interna aumenta i corpuscoli vengono compressi e attraverso un meccanismo di
arco riflesso vengono stimolate le fibre muscolari per riportare la pressione
interna al vaso verso valori più bassi. Per quanto riguarda la contrattilità del
linfagione esiste una diretta proporzionalità tra l'allungamento delle fibre
muscolari e la contrazione di risposta, tale relazione è in accordo con la legge di
Frank-Sterling.
I linfonodi
I linfonodi sono scaglionati sul decorso dei canali collettori della linfa o del chilo.
Vasi afferenti penetrano attraverso un punto qualunque della loro superficie, al
contrario dei vasi efferenti che invece escono da un punto fisso del linfonodo,
l’ilo.
I vasi efferenti sono più voluminosi ma meno numerosi di quelli afferenti, ed
inoltre accompagnati da vasi sanguigni.
A livello topografico si dividono in linfonodi superficiali e profondi: i primi
occupano il tessuto cellulare sottocutaneo, e secondi sono posti al di sotto delle
fasce perimuscolari o nelle cavità viscerali.
I linfonodi sono formati da tessuto linfoide, aggregazione di un cospicuo numero
di follicoli linfatici che si organizza con i vasi linfatici. Sono avvolti da una
membrana connettivale che forma la capsula. Da questa si diparte
un’organizzazione trabecolare di tessuto connettivo, che divide il parenchima,
l’insieme dei follicoli linfatici e del tessuto linfoide.
A livello della capsula si ritrova tessuto muscolare liscio, che si raggruppa
intorno ai punti d’inserzione dei vasi.
La muscolatura ha sia funzione di “pompa” verso i vasi efferenti, che di valvola
ad impedimento di flussi inversi versi i vasi afferenti. L’innervazione della
capsula ha anche ruoli sensitivi 25 oltre che motori.
Come detto la capsula invia all’interno del linfonodo, dei setti fibroelastici che
delimitano degli spazi entro i quali sono posti i follicoli, costituiti da cellule con
funzione immunitaria, che si estrinseca con attività fagocitante, anticorpale o
metabolico enzimatica.
Nei linfonodi esiste una doppia circolazione: una linfatica e naturalmente una
sanguigna, quest’ultima è data da arteriole che penetrando in prossimità dell’Ilo
25 La capsula linfonodale poco distensibile per la natura delle strutture che la compongono,
comprime le terminazioni nervose che inviano a loro volta un messaggio nocicettivo verso il
sistema nervoso centrale.
linfonodale a livello della parte midollare, si diramano dando origine ad una fitta
rete capillare che fa capo a piccole vene.
La rete capillare venosa termina in vene che migrano verso l’Ilo dopo aver
raccolto il sangue proveniente dalla parte midollare. Le vene escono dall’Ilo dopo
essersi arricchito, sembra, di linfociti.
La circolazione linfatica rappresenta l’aspetto più importante.
Al di sotto della capsula ricordiamo la presenza di un seno marginale che
raccoglie la linfa proveniente dai vasi afferenti. Il seno marginale è attraversato
da numerose fibrille che passano a ponte tra la capsula e lo stroma della corticale,
tali fibrille danno al seno l’aspetto di una spugna. Dal seno partono dei canali
linfatici che attraversano la corticale ed assumendo intimi rapporti con i follicoli,
passano poi nella midollare. A questo livello, in corrispondenza dell’Ilo,
ritroviamo il seno terminale dal quale si dipartono i vasi efferenti.
Valvole sono disseminate lungo le vie afferenti ed efferenti ed anche negli spazi
intralifonodali, garantendo la progressione della linfa verso un’unica direzione.
Le funzioni dei linfonodi sono molteplici: la prima e più importante è quella di
filtraggio della linfa, questa infatti, passando nei seni marginali, irrompendo negli
spazi intertrabecolari, bagna tutte le cellule immunitarie del linfonodo.
Tali cellule venendo così a contatto con l’antigene, vengono “sensibilizzate” e
diventano capaci di differenziarsi, stabilendo così una difesa specifica.
L’ammassamento di linfociti B nel linfonodo viene chiamato linfo follicolo, i
linfociti T invece sono sparsi singolarmente nel linfonodo dove possono restare
da qualche ora a diversi giorni.
L’etichettatura di “proprio” o “estraneo” viene data ad un antigene tramite la
mediazione dell’albumina. Linfociti, plasmacellule e fagociti residenti
contrastano, distruggono ed infine decompongono i complessi antigene-
anticorpo.
Il filtraggio della linfa, prima che questa ritorni al “terminus” 26, ossia alla
circolazione venosa generale, è di fondamentale importanza ai fini omeostatici.
Altra funzione dei linfonodi è la produzione di cellule con attività immunitaria.
26 Giunzione tra giugulare interna e vena succlavia a destra e a sinistra.
Il sistema immunitario
l'organismo mantiene la propria integrità opponendosi attivamente ad ogni
tentativo d'invasione da parte di sostanze esterne, tale obiettivo viene perseguito
per mezzo di una serie di meccanismi che costituiscono il sistema immunitario.
Molti studiosi sono fortemente orientati a credere che un sistema immunitario
forte posa influenzare la lunghezza della vita, la lucidità mentale in età avanzata,
e persino il peso corporeo.
Si ritiene che il suo funzionamento possa essere influenzato dalle abitudini di
vita. Ad esempio i cibi preconfezioanti, precotti, in scatola e surgelati, bevande
con coloranti e aromi artificiali, dieta ricca di dolci, e zuccheri raffinati in genere,
troppo sale e troppi grassi, dipendenze alimentari, pasti troppo frettolosi, alimenti
raffinati quindi privati industrialmente delle fibre, eccessivo consumo di dolci e
sigarette, scarsa assunzione di acqua, vita sedentaria, sovrappeso, mancanza di
tranquillità interiore, luoghi di vita o lavoro quotidiani troppo rumorosi, privi di
luce naturale, vicino fonti di inquinamento di tipo elettromagnetico oltre che
ambientale, sono tutti fattori riconosciuti come in grado di deprimere il sistema
immunitario, di facilitare l’insorgere di patologie infettive di varia entità, nonché
probabilmente di patologie degenerative ed autoimmuni.
Tutto questo lascia pensare che il sistema immunitario sia in stretta correlazione
con altri sistemi, tramite il possibile intervento del sistema linfatico che sfrutta
l'ubiquità e la continuità del tessuto connettivo.
I microrganismi, una volta penetrati nell'ospite superando le barriere cutanee o
mucose, possono sopravvivere e moltiplicarsi rimanendo confinati negli spazi
extracellulari oppure possono penetrare all'interno delle cellule e mimetizzarsi. Si
distinguono perciò germi invasivi extra cellulari come streptococchi e
stafilococchi e microrganismi intracellulari come virus e funghi.
Il sistema immunitario è costituito dal sistema linfatico, e dagli organi ad esso
associati.
Gli organi principali del sistema linfatico sono il timo, il midollo osseo, il sangue,
la milza, le cellule di Kupfer del fegato, le ghiandole surrenali, le tonsille,
l’apppendice, e i linfonodi.
La ghiandola principale del sistema immunitario è il timo, situato dietro lo sterno,
nel torace.
E’ molto attiva prima e dopo la nascita, mentre tende a decrescere con l’età fino a
risultare quasi inattiva in età adulta.
Il midollo osseo ha il compito di produrre cellule staminali, cioè cellule madri
dalle quali poi evolvono le cellule del sangue.
Il nostro corpo è provvisto di cellule denominate fagociti o macrofagi, che hanno
il compito di "mangiare" i rifiuti del nostro organismo e i corpi estranei.
Nel sangue e nella linfa le cellule impegnate sul fronte della difesa sono i globuli
bianchi o leucociti.
I globuli bianchi si suddividono in:
Granulociti, neutrofili, eosinofili, basofili, linfociti, linfociti B, linfociti T.
I linfociti T si suddividono loro volta in T helper, in grado di attivare le difese, in
T suppressor che hanno il compito di disattivare la risposta immunitaria quando
l’infezione è stata debellata.
Quando il microrganismo è confinato negli spazi extracellulari, il sistema
immunitario mette in atto i meccanismi difensivi immediati degli anticorpi, i
recettori di membrana dei linfociti B. Questi anticorpi riconoscono gli antigeni
del microrganismo e lo compensano; si ha così l'attivazione del complemento cui
fa seguito l'intervento di polimorfonucleati che fagocitano il germe. Gli anticorpi
non sono però in grado di penetrare all'interno delle cellule, non hanno quindi
alcun valore difensivo nei confronti di microrganismi invasivi intracellulari. La
funzione specifica dei linfociti T (timo-dipendenti), è proprio quella di eliminare
le cellule infette, possiedono infatti un recettore di membrana per il
riconoscimento di neo antigeni che compaiono sulla membrana cellulare in
seguito all'infezione; grazie alla presenza di questi recettori, i linfociti T possono
ancorarsi alle membrane delle cellule infette, reclutare altri linfociti T e
macrofagi ed innescare una reazione di ipersensibilità che porterà alla distruzione
di queste cellule. Le unità elementari delle risposte immunitarie sono quindi le
cellule capaci diriconoscere gli antigeni; i linfociti B che portano sulla membrana
le molecole anticorpali, e i linfociti T che esprimono recettori di membrana per il
riconoscimento antigenico.
Spunti applicativi
Il sistema linfatico deve essere messo in condizione di circolare liberamente, a tal
fine bisogna:
eliminare le cause di rallentamento;
velocizzare la circolazione.
Il dotto toracico nasce a livello del diaframma. A livello dell’aorta e del foro
aortico tra aorta e vertebra per venir meglio compresso ad ogni battito dell’aorta.
Le tensioni dell’orificio aortico provocano un rallentamento di flusso sia a livello
inferiore che in generale perché questo ha un ruolo di richiamo della circolazione.
A livello embriologico, il diaframma si sviluppa da tutte le differenti cellule che
compongono l’embrione: i pilastri si sviluppano a partire dal mesoderma, le
cupole dall’ectoderma e il centro frenico dall’endoderma.
Le differenze si esplicano anche su di un piano funzionale: i pilastri
diaframmatici hanno una funzione strutturale, di fondamenta. Le cupole si
adattano ai visceri e ne promuovono in maniera diretta la mobilità.
Il centro frenico, dando passaggi ai grandi vasi e nervi ed essendo luogo di
inserzione dell’Asse Aponeurotico Centrale, “è l’eco del sistema duramerico”27 .
Per eliminare le cause di un eventuale rallentamento il lavoro diaframmatico è
primario. È opportuno cominciare con il testare ed eventualmente correggere la
zona dalla quale parte l'innervazione del diaframma: i nervi frenici, provenienti
dal rachide cervicale a livello di C3/C4/C5, sono infatti responsabili sia della sua
motricità. I pilastri del diaframma saranno poi la prima stuttura che andrà
verificata, eventualmente corretta e successivamente ritestata. Il trattamento
osteopatico prevede infatti che qualsiasi sia la regione da trattare si debba
27 Pascal Ceyrat D.O. Appunti del corso
eseguire un test, una correzione e di nuovo un test per verificare l’efficacia della
tecnica utilizzata.
Premesso che esistono diverse tecniche per approcciare i pilastri del diaframma,
quelle che mi sono sembrate maggiormente efficaci e meglio tollerate dai
pazienti, sono un adattamento di tecniche fasciali nel senso dell’autoregolazione.
Lavoro sui pilastri
Premessa obbligatoria è la ricerca e la correzione di disfunzioni somatiche 28
vertebrali della zona d’inserzione diaframmatica, inoltre, dato che l’apparato
informazionale del diaframma è affidato ai muscoli intercostali, particolare cura
viene data all’esame della funzione costale e alla ricerca di eventuali riduzioni di
mobilità a questo livello.
Tenendo conto delle relazioni muscolari con la catena retta e le due crociate, le
quali confluiscono a questo livello:
28 La disfunzione somatica è l' alterata funzione dei componenti relativi del sistema somatico della
struttura del corpo: strutture scheletriche, articolari, miofasciali ed elementi vascolari, linfatici e
neurali riferiti. Gary Fryer "Somatic Dysfunction: updating the concept" The Educational
Council on Osteopathic Principles (1981)
Il pilastro di destra viene stirato insieme allo psoas di sinistra: il paziente supino,
la mano destra sotto il capo, l’arto inferiore sinistro abdotto e flesso sotto il
destro; l’osteopata spinge sul gomito e sul ginocchio del paziente in direzione
tangenziale a queste due strutture, per non mettere in tensione lo psoas, evitando
così la lordotizzazione lombare.
Questo lavoro è e diretto, ossia contro la barriera motrice e globale sullo psoas,
sul pilastro e su tutta la catena crociata.
In alcuni casi ho adottato un adattamento della tecnica proveniente dall’idea di
Rollin Becker 29 della ricerca di un punto neutro, un punto, cioè, dove le tensioni
si annullino e sia così possibile la normalizzazione attraverso la motilità (nel caso
del diaframma la sua mobilità) naturale della struttura da trattare.
Mentre la tecnica diretta tende alla stiramento della catena fasciale, quella
autoregolazione mette in accorciamento tale catena affinché sia possibile un
maggior effetto nel senso della correzione e del detensionamento a partire dal
semplice atto respiratorio del paziente stesso.
L’arto inferiore che prima era abdotto e flesso ora è solo flesso e quello superiore
è in adduzione (nei casi di scarsa capacità di rilassamento del paziente ho
applicato un blocco o cuneo dietro la spalla e sotto l’ischio controlaterale per
29 Rollin E. Becker (1910-1996) crebbe in una famiglia di osteopati. Suo padre, Arthur D. Becker,
era un osteopata rispettato, assistente in facoltà con Andrew Taylor Still. Allievo di Sutherland,
Rollin Becker si laureò all' università di Kirksville nel 1934.
realizzare l’avvicinamento), con una mano sotto la regione dorso lombare e
l’altra sull’epigastrio, entrambe che ascoltano valutando l’aumento della mobilità
a questo livello, e che contemporaneamente, seguendo il movimento, inducono
una normalizzazione prima nel senso della disfunzione, poi della sua correzione.
Il tempo di applicazione della tecnica è di circa tre minuti.
Lavoro sul centro frenico
Si dovranno liberare le bandellette del centro frenico per dare spazio al foro
della vena cava.
La bandelletta obliqua è posteriore a destra e anteriore a sinistra, le mani
dell’osteopata, quindi, saranno una posteriore a destra ed una anteriore a sinistra,
a livello della proiezione del diaframma in superficie. La mano è sul cavo
epigastrico: si effettua un’azione di allontanamento delle mani rimanendo su un
piano frontale.
La bandelletta arciforme è invece convessa avanti e s’inserisce posteriormente a
destra e a sinistra del centro frenico. La presa è simmetrica sui paravertebrali, si
effettua un allontanamento delle mani e contemporaneamente un raddrizzamento
delle spalle: è una tecnica lenta e progressiva per stirare gradualmente i tessuti, si
lavora in coordinazione con la respirazione del paziente, guadagnando durante
l’inspirazione e mantenendo nell’espirazione. Bisogna dire che avendo bisogno di
tempo è una tecnica faticosa, con un appoggio dell'avambraccio sull'iliaco del
paziente e dell'altro sul fianco dell'osteopata il quale con un movimento di
torsione del corpo, realizzerà una tecnica ergonomicamente più vantaggiosa.
Anche in questo caso a volte ho preferito adattare la tecnica in un senso
maggiormente funzionale, ossia utilizzando la chiusura delle cupole durante
l’inspirazione, in modo tale da realizzare l’avvicinamento, e quindi il
detensionamento, delle bandellette.
A ciò ho aggiunto la chiusura degli arti inferiori sul bacino tramite una loro
flessione, ed il raccorciamento dell’asse aponeurotico centrale tramite una
estensione dell’occipite.
La chiusura delle cupole ha gradualmente determinato, impressione personale
non confortata da ricerche sperimentali, un aumento della respirazione cosiddetta
“alta” con maggiore mobilità delle prime coste e dello sterno in senso antero
posteriore. Questo, in aggiunta ad eventuali correzioni delle coste e dello sterno,
potrebbe determinare un migliore scorrimento fasciale a livello toracico con un
relativo incremento della pressione negativa intratoracica ed un aumento
dell’ingresso linfatico nell’angolo venoso.
L' equilibrio dei diaframmi
Sarebbe un errore grave non considerare la dinamica del diaframma inserita nel
contesto più generale delle strutture orizzontali: ogni diaframma lavora e vive in
relazione con gli altri. Il diaframma toraco addominale inoltre, vuole essere
rimesso in armonia con tutti i suoi costituenti: ho trovato concettualmente
rilevante e praticamente piacevole sia per me, osteopata, che per i pazienti,
concludere il trattamento diaframmatico con dei movimenti lenti, coordinati con
la respirazione naturale, di accompagnamento delle cupole in senso trasversale ed
opposto. Un movimento detto lemniscale, in quanto riproduce la forma del
simbolo matematico dell'infinito.
La correzione del diaframma passa quindi attraverso la verifica di strutture da
esso distanti ma al contempo vicine da un punto di vista funzionale: il pavimento
pelvico, lo stretto toracico superiore e la sutura occipito mastoidea diventano così
il naturale completamento di un intervento specifico sulle dinamiche orizzontali e
sul loro equilibrio 30.
30 In realtà le strutture orizzontali assimilabili ai diaframmi sono di più: dal tentorio del cervelletto
alla lingua, dal piatto tibiale alla pianta del piede.
Implicazioni epatiche del lavoro diaframmatico
La correzione di disfunzioni diaframmatiche hanno anche una valenza sulla
mobilità/motilità del complesso viscerale, conseguentemente sulla sua funzione.
In precedenza si è citata l'albumina come responsabile dell'etichettatura di un
antigene come "proprio" o "estraneo": il fegato è direttamente implicato nel buon
funzionamento del sistema immunitario proprio perchè produce quelle proteine
plasmatiche dette del "complemento", le quali veicolano l'informazione di
discriminazione antigenica. Una buona dinamica del diaframma garantisce anche
un migliore funzionamento epatico che a sua volta potrà contribuire ad un'
efficace azione immunitaria di tutto il complesso.
La zona sterno claveare
Abbiamo visto come tutta la linfa proveniente dalla periferia si ricongiunga al
torrente circolatorio dopo essere stata depurata. La zona dove tale
ricongiungimento si esplica è il "terminus" che anatomicamente si situa alla
confluenza delle grandi vene alla base del collo, che andranno succesivamente al
cuore destro. Abbiamo anche ricordato come l'ingresso della linfa nell'angolo
venoso sia tributario di una buona funzionalità del torace, sia per quel che
concerne l'alternanza di movimenti inspiratori ed espiratori, sia per mantenere la
pressione negativa intratoracica che favorisce l'azione di pompaggio. Una delle
zone che possono essere perturbate meccanicamente da disfunzioni osteopatiche
è proprio quella che ricopre, proteggendolo, il terminus, ossia la zona sterno
claveare. Il lavoro su questa zona può essere di diversi tipi, quello che a mio
avviso si è rivelato essere più armonizzabile con il ritmo 31 del trattamento e 31 Roberto Pagliaro D.O. asserisce che ogni paziente ha bisogno di un "ritmo" di trattamento, in
relazione anche al suo stato neurovegetativo, infatti molte tecniche osteopatiche, compresi i
tests, possono essere eseguite in modo tale da poter contare sul fenomeno della "facilitazione
olonistica": l'olonismo è l'individuo che ,per induzione, imita meccanicamente suoni o parole
(ecolalia), gesti (ecoprassia), movimenti o stati (ecocinesia). È il fenomeno che si prova
meglio percepito dai pazienti, prevede una presa con pollice ed indice ai due terzi
esterni della clavicola con la mano interna dell'osteopata, mentre con quella
esterna, che tiene il polso del paziente, induce delle piccole circonduzioni nel
senso della migliore mobilità, inizialmente, per andare gradualmente verso la
barriera motrice dell'articolazione acromion claveare. Aggiungendo dei piccoli
movimenti di elevazione ed abbassamento dell'arto superiore del paziente, si
lavorerà sulla capacità della clavicola di fare delle rotazioni antero posteriori,
tirando avanti, o verso l'alto o verso il basso, fino ad ingaggiare l'articolazione
sterno claveare, il lavoro di liberazione della clavicola sarà così completo.
Un aspetto a mio parere importante, che si deve valutare è la tensione del
muscolo succlavio. Oltre a dare passaggio ai vasi linfatici ed alla vena ed arteria
omologhe, può perturbare la meccanica non solo della clavicola, ma dell'intero
complesso costale alto, modificando la dinamica respiratoria e l'equilibrio dello
stretto toracico superiore, considerato come un diaframma virtuale. Con il
paziente supino, l'osteopata pone la mano caudale in contrappoggio sul gomito
del paziente che è a braccio flesso, la mano cefalica ingaggia la prima costa:
durante un tempo espiratorio aiuta la prima costa a scendere, durante un tempo
inspiratorio mantiene quel che ha guadagnato,spingendo contemporaneamente
verso l'alto il gomito, conseguentemente la clavicola del paziente. Chiede
successivamente un'apnea inspiratoria ed una contrazione verso il basso dell' arto
superiore contro l'appoggio della mano caudale dell'osteopata, a tre secondi di
sedendo in riva al mare e trovarsi poi a muoversi, parlare o "essere" in sintonia col ritmo delle
onde.
contrazione seguiranno tre secondi di rilasciamento e durante l'espirazione
seguente farà ulteriormente scendere la prima costa realizzando così un
allontanamento delle inserzioni del succlavio ed il suo allungamento.
L' intero complesso sternale, formato dal manubrio e dal corpo, riveste
un'importanza capitale nella dinamica del torace, è inoltre la protezione ossea del
cuore e dei grandi vasi, del timo e di un tratto dell' apparato digestivo. La sua
fisiologia è condizionata non solo da tutte le strutture con cui contrae rapporti, ma
stati emozionali e tratti caratteriali strutturano ( e viceversa, probabilmente) la sua
forma e ne definiscono la mobilità. Senza entrare troppo nello specifico, il
trattamento dello sterno anche da un punto di vista emozionale, viene condotto
cercando di ripristinare la mobilità dell'alternanza di ascesa e discesa dello sterno
in toto e quella di apertura e chiusura dell'angolo di Luis, tra manubrio e corpo.
Tramite tecniche di appoggio leggero che seguano i movimenti naturali dello
sterno , si cerca nel senso della maggiore mobilità, di aumentarne le possibilità di
movimento da un punto di vista fasciale.
La stimolazione linfatica
Attraverso un lavoro specifico sul sistema neurovegetativo, si ha la possibilità di
stimolare la circolazione linfatica in maniera specifica per quanto riguarda sia il
versante sopra che sotto diaframmatico.
La stimolazione ortosimpatica con effetto indiretto sul sistema linfatico, si basa
presumibilmente sul rapporto che intercorre tra il battito dei vasi arteriosi e la
motilità dei vasi linfatici, inoltre l'accellerazione della circolazione della regione
aumenta il gradiente di pressione a livello extracellulare, tutto questo stimola un
richiamo di drenaggio linfatico.
Il primo tempo della tecnica di stimolazione superiore si basa sulla
articolazione a livello cervicale basso e dorsale superiore.
Provocare un’articolazione 32 vuol dire fare una lateroflessione su di un lato
cioè un’umbricazione delle faccette articolari sul lato che si vuole stimolare.
L' effetto diretto è sul foro di coniugazione, sulla catena latero vertebrale ma
soprattutto a livello specifico del ganglio della catena latero vertebrale.
Si ripeterà il movimento più volte, la particolarità fisiologica dell’ortosimpatico,
infatti, è che necessita di una serie di ripetizioni per dare una risposta, se una
sola tecnica fosse sufficiente ci sarebbero molti problemi nella vita corrente, in
quanto muovendosi si darebbe una stimolazione costante dell’ortosimpatico.
Si eseguirà quindi una lateroflessione di C6 su C7, di C7 su D1 e D1 su D2 più
32 Jean Marie Michelin D.O. Appunti del corso
volte bilateralmente e nel momento in cui la reazione inizierà tramite un
cambiamento di colore, calore e umidità a livello della pelle della regione, si
effettuerà un' inibizione tra C5 e C6 bilateralmente.
Con il paziente in decubito laterale, l'osteopata con il suo cavo ascellare
bloccherà il braccio del paziente
Creerà una pinza tra pollice ed indice ripiegato per controllare C7.
Con l’altra mano prenderà la testa dal lato verso il tavolo e farà una
lateroflessione e rotazione opposta per fare un bloccaggio fisiologico.
Tale bloccaggio fisiologico si coinvolgerà C1 su C2, C2 su C3, C3 su C4, C4 su
C5 e C5 su C6. Si porterà C6 su C7 sollevando la testa del paziente e si farà il
movimento tra C6 e C7. Faremo la stessa cosa per le vertebre fino a D2 e si
ripeterà lo stesso lavoro sull'altro lato.
Successivamente con il paziente supino si farà una tecnica di inibizione:
s'ingaggerà C5 su C6 posterioremente
e si metterà in estensione fino a sentire che si ingaggia C5 e poi una leggera
pressione con la mano sul capo si spingerà verso l'avanti, non sulle trasverse ma
sulle articolari.
Attraverso un movimento sincrono più si spingerà avanti e più si spingerà in
basso con l’altra mano sul capo.
Prima di lavorare sulla stimolazione della sfera sottodiaframmatica, è opportuno
verificare la sinfisi pubica, questa, infatti, è la chiave inferiore, è assimilabile alla
funzione della clavicola. 33
Solo in seguito si faranno delle stimolazioni sull'inserzione dell’arcata crurale e
sulle inserzioni delle lamine sacro/retto/genito/vescico/pubiche (qui si trova il
plesso ipogastrico superiore ed inferiore, considerato come il cervello uro-
genitale), e sulle inserzioni del pavimento pelvico.
Le stimolazioni superiori hanno un effetto discendente, al contrario di quelle
superiori che vanno in senso inverso: la tecnica prevede l'articolazione di L2 su
L1, di L1 su D12 e di D12 su D11. Come precedentemente visto, si ripete la
tecnica per più volte sui due lati fino alla comparsa di reazioni. Successivamente
si effettuerà un' inibizione intertrasversaria di L2 su L3. Idealmente è come voler
chiudere la porta ad una corrente che vuole scendere per aiutare la corrente
linfatica che invece vuole risalire.
33 Alcuni autori considerano il legamento inguinale come l'equivalente della clavicola.
La pompa linfatica
Viola Fryman è colei che per prima ideò questo lavoro meccanico sul torace, di
vera e propria "pompa", che stimolasse non solo l'ingresso della linfa nell'angolo
venoso, ma anche le risposte immunitarie 34 dell'organismo.
La tecnica prevede che l'osteopata sia dietro al paziente supino, e con un
appoggio delle mani sulle prime coste e sulle zone sterno claveari, alterni delle
spinte per un tempo variante dai due ai quattro minuti. Ci sono due modi per
effettuare la tecnica a seconda che ci si trovi di fronte ad un adulto o ad un
bambino: nel primo caso si inviterà il paziente a cingere con le mani la vita
dell'osteopata, il quale ad ogni tempo di spinta assocerà un' estensione ed un
allontanamento del bacino per realizzare una distensione degli arti superiori del
paziente. Nel secondo caso l'estensione si potrebbe rivelare uno stimolo troppo
forte e se ne farà a meno, così come tempo ed energia di applicazione della
tecnica saranno minori.
34 Breithaupt, Harris, Ellis, Clothier, Boesler: "Thoracic lymphatic pumping and the efficacy of
influenza vaccination in healthy young and elderly populations" JAOA gennaio 2001
Il lavoro sulla fascia
La fascia connettivale circonda e avvolge ogni struttura corporea. Ogni osso, ogni
muscolo, ogni organo, ogni vaso sanguigno o linfatico, ogni nervo è circondato
da un sottile strato di tessuto connettivo con il compito di sostenerlo e
proteggerlo. Ognuna di queste strutture non rimane però isolata nella sua tasca
connettivale, ma, grazie proprio alla fascia si interconnette con le altre strutture
creando un continuum, uno strato connettivale, senza soluzione di continuità, che
ricopre e si struttura all' interno dell' intero corpo, dalla testa ai piedi.
La fascia costituisce il periostio che circonda le ossa, il pericardio intorno al
cuore, il rivestimento esterno dello stomaco e degli intestini, il tessuto sinoviale
intorno alle articolazioni, e può assottigliarsi od ispessirsi, a seconda delle
esigenze meccaniche o funzionali del corpo, per formare sottili rivestimenti o
tasche, borse con azione di ammortizzatori o retinacoli in ogni parte del corpo. La
fascia non solo costituisce il rivestimento delle strutture corporee, ma penetra
all'€interno, profondamente, in molte di esse: ad esempio ogni muscolo possiede
un rivestimento fasciale esterno, il perimisio, da cui si dipartono internamente
setti che rivestono ogni fascio di fibre muscolari ed ogni fibra muscolare
individualmente (endomisio).
Pertanto la fascia penetra profondamente in queste minute strutture, ma,
contemporaneamente, mantiene una connessione con tutti gli altri tessuti fasciali.
Questo "network" fasciale, questa rete tridimensionale diventa di particolare
importanza da un punto di vista funzionale, in quanto, essendo la fascia una
struttura elastica a relativa tensione reciproca, ogni trazione, stiramento o
limitazione a livello locale viene automaticamente ridistribuito sull' intero
sistema.
Possiamo immaginare la trasmissione di questa energia meccanica come quella di
un' onda che si forma gettando in acqua un sasso, onda che diffonde la propria
energia circolarmente intorno a sé, riducendo la propria intensità mano a mano ci
si allontana dal punto di creazione dell' onda stessa.
Tradizionalmente, soprattutto nella considerazione anatomica e fisiologica, la
fascia viene considerata un tessuto inattivo di scarsa importanza, in quanto le si
attribuisce prevalentemente la funzione di permettere lo scivolamento fra
differenti strutture, quali lo scorrimento dei muscoli fra di loro o sopra le ossa, o
degli organi fra loro. Oppure lo scivolamento del connettivo sottocutaneo, cioè
della fascia superficiale, sui piani più profondi.
In realtà essa gioca un ruolo molto importante nella visione osteopatica del corpo
umano: grazie alla sua azione di "collante" fra i vari distretti e segmenti corporei,
la fascia diviene fondamentale nell'™assorbimento o nel mantenimento di
tensioni o traumi, con conseguenti squilibri anche dell'intero organismo. Risulta
evidente che la gravità dell' azione sistemica dipenderà da molti fattori quali l'
intensità e la quantità di restrizioni fasciali presenti, la presenza di indebolimenti
corporei dovuti a concomitanti malattie o a precedenti traumi.
Si riconosce inoltre alla fascia anche un ruolo attivo nei processi metabolici e
biochimici, sia a livello locale che sistemico35.
La contrazione dei vasi linfatici non è promossa solo dall'aumento della pressione
interna, i corpuscoli di Vater-Pacini, infatti, rispondono anche a sollecitazioni
esterne leggere. Inoltre distensioni tramite stiramenti trasversali e longitudinali
hanno questo effetto. Al contrario forze di taglio possono portare uno spasmo
linfatico impedendo così il riassorbimento. Due tipi di lavoro è possibile
effettuare a questo livello: uno sui vasi più in superficie, la cosiddetta rete a "dita
di guanto", e di calibro minore, l'altro su vasi più grandi e profondi che scorrono
insieme ai grandi vasi venosi e arteriosi, dei quali sono tributari. La "fascia
superficialis"36 dà passaggio alla fitta rete linfatica, è possibile effettuare delle
manovre leggere e lente di stiramento di questa struttura o con le mani ad anello,
tecnica derivante direttamente dal drenaggio linfatico manuale, o con il palmo di
entrambe le mani stando attenti a non scivolare sul tessuto, ma ancorandosi ad
esso e cercando di far scivolare la cute sul derma sottostante, scollandolo 37.
Queste manovre vanno effettuate dal centro verso la periferia in un primo tempo
35 Raffaele Cascone 1990
36 Da non confondere con l'aponeurosi superficiale.
37 Aumento del fenomeno del tixotropismo.
per due o più cicli, successivamente, come uno svuotamento dalla periferia verso
il centro.
La tecnica sui vasi collettori ricalca quella che può essere usata per i vasi
sanguigni, stirando longitudinalmente il vaso si stimolerà la contrazione della
muscolatura liscia favorendo l'azione di pompa. Anche in questo caso si lavorerà
prima sulle strutture più centrali, affinchè si crei un gradiente di pressione, per
andare successivamente verso la periferia. Una variante che induca lo stiramento
in senso trasversale può essere effettuato lungo il decorso delle membrane
interossee degli arti inferiori e superiori e sui passaggi vascolo nervosi delle
braccia, tra bicipite e tricipite, e delle cosce, medialmente tra gli adduttori lungo e
breve, rispettando comunque l'applicazione di una forza che sia sufficente ma che
non tenda a bloccare, spasmandolo, il sistema.
La compressione del 4° ventricolo
Bienfait distingue due circolazioni di fluidi: una cosiddetta centralizzata o
"legata", costituita dal circolo vascolo linfatico, da una lacunare o "libera" che è
costituita invece dal liquido interstiziale e dagli scambi che avvengono tra questo
e le cellule: asserisce che la circolazione di acqua libera era stata individuata
molto tempo fa dagli osteopati che vi riconoscevano una più generale
circolazione del liquido cefalo rachidiano. Toglie successivamente valore a questa
ipotesi 38 citando studi sulla circolazione cerebrale, ma riconosce un'importante
circolazione rapida i cui dotti sono le guaine del tessuto connettivo.
Upledger cita 39 molti studi sia in ambito osteopatico che medico come prova
dell'efficacia della compressione del quarto ventricolo per una serie di disturbi,
non ultimo quelli relativi al sitema linfatico . Alcuni studi effettuati da
diplomandi di questa scuola dimostrano come l'uso di questa tecnica possa essere
efficace nel trattamento del linfedema. Un carattere comune a tutti gli autori che
hanno trattato l'argomento, è definito dalla ricerca della migliore esecuzione: i
punti di repere vanno cercati in maniera precisa, gli appoggi devono esserre
rigorosi, e l'applicazione dell'osteopata dev'essere massima; questo perchè, alle
molte indicazioni della tecnica, si associano poche controindicazioni a patto che
questa sia eseguita in maniera perfetta. Inoltre il tempo di esecuzione può essere
molto lungo e se l'osteopata non trovasse una posizione confortevole, oltre che
precisa, ciò andrebbe a detrimento della tecnica stessa.
38 Abbiamo già citato il lavoro di Moskalenko YE, Naumenko AI. Movement of Cerebrospinal Fluid
in the Cerebral & Spinal Cord Spaces. Fiziol. zh. SSSR. 1957; 43:No. 10, 928-933, che
autorizza invece l'ipotesi della continuità tra LCR e sistema linfatico.
39 Harold Magoun, 1978
La compressione del quarto ventricolo venne introdotta nel 1934 dal dottor
Sutherland, tale tecnica utilizza le forze biodinamiche, bioelettriche e
biochimiche del liquido cefalo rachidiano per accelerare gli scambi vitali
nell'organismo. Attraverso la compressione il liquor si diffonde "attraverso le
guaine dei vasi e dei capillari, le guaine dei nervi e per tutte le ramificazioni che
portano ad ogni singola cellula nervosa del cervello, alle fibrille collagene dei
fasci, fino ai liquidi intracellulari ed extracellulari dei quali siamo composti"40.
Successivamente si ha un liquor "fresco" nei plessi corioidei e gli scambi
biologici vengono così favoriti. Questo dinamismo energetico migliora la
nutrizione, la pulizia cellulare, il recupero dei tessuti e la circolazione linfatica.
Upledger afferma che si stimola il potenziale di guarigione del corpo ed accelera
tutti i processi fisiologici con effetti che si fanno sentire immediatamente.
Nel dettaglio i processi biologici che possono migliorare sono:
• riequilibrio neurovegetativo
• risoluzione delle infiammazioni
• lotta contro le infezioni
40 "Potenziale terapeutico del 4° ventricolo" Laura Pedrazzini tesi di D.O. cerdo
• processi di ossificazione
• attraverso l'aumento di produzione di oxitocina, l'inerzia uterina
• aumento della circolazione linfatica
• eliminazione dei corpi estranei dall'organismo
Le controindicazioni sono relative a stati iper parasimpaticotonici, trapianti di
organo, coliche renali e naturalmente fratture craniche o emorragie.
Per avere la certezza di essere in una posizione corretta, l' osteopata farà scivolare
gli indici dietro le mastoidi, affinchè l'ultima falange si trovi a livello dell' apofisi
mastoidea, flettendo il medio poggerà l'eminenza tenar all'interno della squama
occipitale evitando qualsiasi contatto con i temporali o con i parietali. Le mani
dell'osteopata si troveranno così a coppa sotto l'occipite. Durante il tempo di
estensione craniale si sarà attivi seguendo l'adattamento della squama senza
comprimerla, durante il tempo di flessione si manterrà la posizione e nel
successivo tempo di estensione si riprenderà a seguire l'adattamento dell'occipite.
In questo modo s'impedirà alla squama di espandersi garantendo l'adattamento
della volta. La tecnica si continuerà fino all'apparire di segni come una leggera
sudorazione frontale o un ritmo respiratorio profondo41. A questo punto si
41 Alcuni autori continuano la tecnica fino allo "still point", ossia il punto dove tutto si ferma, altri
fino al raggiungimento dello scopo es. espulsione di corpi estranei, in questi casi la tecnica può
rilascerà gradualmente e dolcemente la compressione. Le reazioni alle quali si
può assistere successivamente alla somministrazione della tecnica sono molto
varie: dall'aumento della profondità della respirazione alla diminuzione della
frequenza cardiaca, da formicolii agli arti a calore alle estremità ed in ultimo una
aumentata vitalità. L'efficacia di questa tecnica nel trattamento di stati
neurovegetativi alterati nel senso del ortosimpaticotonia è provata dalla
sistematica 42 diminuzione della frequenza cardiaca e dalla comparsa di uno stato
di rilassamento profondo, negli altri stati di disequilibrio neurovegetativo le
variazioni nel senso del riequilibrio, testati tramite la frquenza cardiaca e
respiratoria, ne provano il potenziale terapeutico.
È a questo punto che entra in gioco il concetto teistico e teleologico cui si faceva
menzione nel prologo: l'approccio craniale è quello che più si avvicina alla
percezione del "respiro della vita", ed è una percezione che coinvolge sia il
praticante che il paziente, creando tra loro una relazione particolare: molte
tensioni si sciolgono, a mio parere cadono le barriere sociali e tutti i pregiudizi
che possono accompagnare una relazione interpersonale si dileguano; è come se
si fosse denudati di orpelli che frenano lo scambio esistente tra paziente e
terapeuta. Si è alla pari di fronte alla rivelazione di ritmi così sottili, ci si accosta
vicendevolmente a sentimenti intimi e profondi. Personalmente è stata la prima
volta che ho "pecepito" il concetto di spiritualità, che per me, formato su solidi
principi materialistici e deterministici, è stato quasi motivo di crisi.
protrarsi anche per 40 minuti.
42 Laura Pedrazzini "Potenziale terapeutico del 4° ventricolo" tesi D.O.
Riprendendo il filo legato alla tecnica craniale, bisogna dire che, come per il
diaframma, la verifica di altre strutture connesse alla fisiologia del cranio è
d'obbligo: il controllo del sacro, dell'inserzione della dura madre sulle prime tre
vertebre cervicali, insieme alla clavicola ed allo stesso diaframma, sono il lavoro
preliminare ad una corretta esecuzione della tecnica di compressione del quarto
ventricolo.
L'equilibrio posturale
La funzione linfatica trae vantaggio, come visto in precedenza, anche
dall'alternanza di contrazione e rilassamento della muscolatura scheletrica, e in
quest' ottica assume importanza la meccanica della pianta dei piedi, come pompa
non solo del sistema vascolare, il cosiddetto "cuore periferico", ma anche della
linfa. In termini forse semplici, si può inoltre affermare, come accennato anche
in precedenza, che l'efficienza della pianta del piede, in quanto struttura
orizzontale deputata alla regolazione delle forze verticali, è tributaria anche delle
altre stutture orizzontali 43: i diaframmi. Seguendo questi assunti si denota come
l'insieme delle strutture muscolo scheletriche abbia un ruolo importante nella
corretta circolazione dei liquidi corporei e ciò ci porta inevitabilmente a
considerare tutti gli aspetti della postura. Il suo crisma di globalità è inoltre
arricchito dal concetto di oscillazione fisiologica, espressione del buon
funzionamento dei sistemi superficiale, medio e profondo. 44 L'oscillazione
rappresenta l'alternanza di contrazione e rilassamento, il ritmo, la pompa, ma
anche in senso più lato la doppia possibilità:
Moshe Feldenkrais45 in proposito, rafforza l’ipotesi di un coinvolgimento in toto
dell’uomo nell’analisi degli aspetti biologici della postura, giustificando tramite
questa, anche il modello biologico dell’ansia : “La stabilità aumenta il nostro
senso di sicurezza. L’instabilità significa rischio, ma anche facile mobilità. Sono
entrambe importanti biologicamente e abituarsi ad una sola di loro ci rende
insicuri per mancanza di scelte”.
Secondo Henri Laborit "la ragione d'essere di un essere, è essere. Se è
impossibilitato ad agire entra in uno stato di inibizione dell'azione. Ciò è causa di
angoscia e di ogni genere di squilibri."46 (1986)
43 Alain Jourcin: "Diaphragme thoracique et appui podal" tesi D.O. cerdo
44 Jean Marc Campigotto D.O. Appunti dei corsi
45 Ingegnere russo ideatore del metodo di "integrazione funzionale", si è dedicato allo studio del
movimento partendo da un approccio fisico matematico.
46 Henri Laborit "L'inhibition d'actiòn" Masson, Parigi 1986. Laborit, neurobiologo, fu chirurgo
Dichiarazioni di pazienti
Senza avere la pretesa di oggettivare il trattamento osteopatico relativamente al
sistema linfatico, voglio riportare dichiarazioni di alcuni pazienti disomogenei
per età, motivo di consultazione e tecniche osteopatiche utilizzate durante il
trattamento. Il fine era quello di avere un' informazione di ritorno riguardo
l'efficacia dell'approccio osteopatico, eventualmente insieme a trattamenti
manuali linfodrenanti o totalmente in alternativa ad essi.
militare nella marina, prima di diventare un farmacologo famoso (premio Lasker 1957,
l'equivalente del premio Nobel) poi dimenticato dalla storia della psichiatria moderna, per essere
in seguito pensatore dell'organismo umano secondo i modelli della cibernetica, e infine definire
le condizioni di una "biologia politica". Filosofo del comportamento, non dimenticò mai di legare
le scoperte sugli ormoni in neurobiologia con una riflessione più generale sul piano dell'uomo
nella società.
Paziente 1
R. D. Età 72 medico in pensione
postumi di operazione chirurgica di correzione alluce valgo sx
edema diffuso gamba e coscia sx
migliorata dopo 5 trattamenti LDM, dolore persistente
1° trattamento osteopatico: diaframma basso dx, D11 ers dx, D6 ers sx (15 minuti
per la correzione), piccolo omento, trattamento fasciale delle membrane
interossea della gamba e delle dita del piede sx, membrana otturatoria e della
coscia.
2° trattamento: sintomi dolorosi in remissione.
Equilibrio dei diaframmi, , OM dx, ripetizione del lavoro fasciale locale.
La paziente molto contenta, ha ripreso una deambulazione normale anche se con
qualche dolore due giorni dopo il 1° trattamento, asserendo che erano passati
contestualmente i dolori nella regione epigastrica.
Paziente 2
A. G. Età 55 impiegata
esiti di incidente automobilistico con frattura del collo dell'astragalo dx, trattato
chirurgicamente con sintesi metallica. Edema diffuso dell'arto inferiore dx,
dolore, algodistrofia dalle rx 8 mesi dopo l'intervento.
Edema ridotto dopo 8 trattamenti LDM, dolore ed edema nelle ore serali.
1° trattamento osteopatico: iliaco ant. Dx, pavimento pelvico, cicatrice di esito di
parto cesareo, diaframma basso dx, k1 esp dx.
2° trattamento: dolore invariato, migliorato l'edema.
Test emodinamico: ipopara, lavoro su tutte le membrane dell'arto inferiore, CV4,
consigliati anans e uva e ginnastica vascolare con acqua calda alternata ad acqua
fredda.
3° trattamento: sintomi in lieve remissione. Trattamento fasciale arto inf dx,
diaframmi, CV4.
Dopo una settimana la paziente si dichiara molto soddisfatta perchè, anche se con
una zoppia dopo sforzo, riesce a camminare per lunghi tragitti fino al luogo di
lavoro.
Paziente 3
C. M. Età 48 infermiera
postumi di intervento chirurgico di correzione alluce valgo unilaterale sx.
Soggetto depresso, assume benzodiazepine.
Edema e dolore localizzati esclusivamente al piede sx.
Niente LDM, 1° trattamento: diaframma inspirazione alta dx, pompaggio del
fegato, D1 frs sx, OM dx, membrane interossee delle dita del piede.
2° trattamento: piede e cicatrice meno rossi, dolore ed edema invariati.
Compressione craniale, CV4, lavoro fasciale stretto toracico superiore, sterno in
insp, angolo di Luis chiuso, calcagno sx in inv, lavoro su tutte le articolazioni del
piede e sulle membrane interosse di piede e gamba.
3° trattamento: dorme meglio ed è più vivace, dolore diminuito sensibilmente,
dichiara di poter camminare senza zoppicare anche se con fastidio.
C0/C1 lavoro membranoso, compressione craniale, CV4, tecniche propriocettive
sul piede.
Paziente 4
L.D. S. Età 41 impiegata separata con una figlia
gonfiore agli arti inferiori, assume eutirox per noduli tiroidei, cervicalgie.
4 trattamenti LDM con lavoro su diaframma, pompa linfatica e stimolazione
linfatica inferiore. Corrette D12 ers dx, D1 frs sx, C3 post dx. Lavoro sui visceri
del collo.
Si dichiara felice perchè, dopo aver risolto problemi relazionali con l'ex marito,
dorme meglio e di più, a distanza di 3 settimane il medico dimezza il farmaco.
Paziente 5
G. V. Età 43 impiegato
periartrite scapolo omerale dx
1 trattamento: D2 ers dx, k5 insp sx, legamenti gastro frenici, diaframma basso
sx, piccolo omento, scapola fasciale.
2° trattamento: migliorata la mobilità, permane dolore notturno.
Stretto toracico superiore, CV4, clavicola dx fasciale, lavoro muscolare su
piccolo pettorale e sottoscapolare, succlavio dx.
3° trattamento: migliorata la mobilità, invariato il dolore.
Pompa linfatica 4 volte nel corso della giornata a distanza di 4 ore una dall'altra e
due CV4 (soggetto ipopara). Il giorno successivo mi telefona per dirmi che ha
dormito tutta la notte senza svegliarsi mai per il dolore.
Conclusioni
Quello che la mia ancora povera pratica quotidiana mi ha fatto capire è che
lavorare in senso osteopatico sul sistema linfatico può essere molto producente
ma richiede applicazione, studio e concentrazione, in quanto la sua complessità e
complessività lo necessitano. Le diverse personalità sono la chiave di lettura di
stesse patologie, nel senso che trattare un edema secondo un protocollo ragionato,
in maniera "meccanicistica" o meglio ancora "materialistica" può dare dei
risultati; trattare una persona, una e unica, con un problema di edema tenendo
conto di tutti i suoi aspetti della personalità potrebbe aumentare le possibilità di
successo.
Giungere a delle conclusioni in ambito osteopatico è, a mio parere, una
contraddizione in termini: Maurice Aoudouard D.O. è solito concludere il ciclo di
formazione in osteopatia con una domanda rivolta ai suoi studenti che recita più o
meno: "cos'è per te l'osteopatia?"
A lui, ma prima ancora a me stesso, dico che non si risponde ad una domanda con
un' altra domanda. L' osteopatia non è altro, secondo me, che un punto
interrogativo costante, una ricerca di risposte che si trasmutano immediatamente
in altrettante domande.
Di una cosa sono certo però: vale la pena affrontare il disagio dell' "altro" e la sua
sofferenza con l'approccio osteopatico, se non altro per onestà nei suoi confronti,
per poter affermare con certezza che si è cercata la soluzione al suo problema in
un campo molto vasto e pieno di difficoltà, e la si è cercata con passione. Non
facendo, quindi, ma essendo, osteopati.
Bibliografia
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L. Chaytow “il massaggio neuromuscolare” red como
R. Cascone,” W. Reich” Empedocle Palermo 1986
altri spunti, ove non indicato nelle note:
appunti del corso di vacuum lifatica manuale, appunti del corso di educazione fisica, appunti
del corso di massofisioterapia, appunti del corso di osteopatia, le tesi degli studenti del cerdo,
journal of american association of ostheopathy, the fulcrum, www.gss.it, www.craniosacrale.it,
il forum del roi, il forum della soma.