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REGIONE PIEMONTE La struttura storica del paesaggio: buone pratiche di interpretazione, pianificazione e orientamento Andrea Longhi Davide Rolfo

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REGIONE PIEMONTE La struttura storica del paesaggio: buone pratiche di interpretazione, pianificazione e orientamento Andrea Longhi Davide Rolfo

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REGIONE PIEMONTE La struttura storica del paesaggio: buone pratiche di interpretazione, pianificazione e orientamento Andrea Longhi e Davide Rolfo Torino 2007

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Assessorato all'Urbanistica e alla Pianificazione Territoriale Assessore: Sergio Conti Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica Direttore: Franco Ferrero Settore Pianificazione Paesistica Dirigente: Osvaldo Ferrero Il quaderno è stato realizzato dagli architetti Andrea Longhi (capp. 1-4) e Davide Rolfo (capp. 5 e 6) per conto della Regione Piemonte, nel quadro del progetto Pays.Doc Programma Interreg IIIB MEDOCC, con la collaborazione dei funzionari architetti Maria Quarta e Alfredo Visentini. Le immagini fotografiche sono di Andrea Longhi, realizzate per la Regione Piemonte nel quadro di progetti di ricerca recenti: indagini conoscitive finalizzate all'individuazione dei beni architettonici e ambientali per la redazione di Piani Paesistici (2000-2004; aree di Pollenzo, Racconigi, Vezzolano, Novalesa, comuni dell'Associazione del Barolo); progetto Pays.Doc, azione Osservatorio dei paesaggi mediterranei (2006-2007). Gli stralci di elaborati e di documentazione relativi a progetti e pubblicazioni della Regione Piemonte sono puntualmente citati nella didascalia. In copertina: Carta topografica in misura della Valle di Susa […], foglio VIII (1764-1766), conservata presso l'Archivio di Stato di Torino, Corte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Susa 3, f.8. Regione Piemonte, Piano territoriale regionale. Approfondimento della valle di Susa (2005), Morfologie insediative e paesaggio. Carta della matrici insediative. Descrizione delle stanze e famiglie di principi insediativi. Torino, aprile 2007.

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Sommario 1. TERRITORIO E STORIA, PAESAGGIO E CULTURE 1.1. Tutto il territorio è storico 1.2. La storia "nel" territorio 1.3. Dal territorio storicizzato al paesaggio 1.4. Norme e orientamenti per la valorizzazione della dimensione storica del paesaggio

2. METODI DI ANALISI PER LA STORIA DEL TERRITORIO E DEL PAESAGGIO 2.1. L'individuazione dei processi di trasformazione del territorio 2.2. La selezione e l'analisi delle fonti 2.3. Dai processi storici caratterizzanti ai sistemi culturali territoriali 2.4. Dai sistemi all'individuazione di aree vaste di interesse paesaggistico

3. L'INTERPRETAZIONE STORICA PER LA PIANIFICAZIONE: ESPERIENZE RECENTI 3.1. Premessa: il territorio storico nel Piano Regolatore Generale di Torino (1979-1983; 1990-1991) 3.2. La struttura storica del Piemonte nel Piano Territoriale Regionale (1995-1997) 3.3. Le analisi storiche per i piani paesistici di iniziativa regionale (2000-2002) 3.4. Le analisi storiche paesaggistiche per il Piano Territoriale Regionale - Approfondimento della Valle di Susa (2001-2003)

4. LA STRUTTURA STORICA DEL TERRITORIO NELLA PIANIFICAZIONE PAESISTICA 4.1. Il quadro generale: il PTR del 1997 4.2. Il piano paesistico di Pollenzo (2002) 4.3. Il piano paesistico di Racconigi (2003)

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5. LE GUIDE PER LA QUALITÀ DEL PAESAGGIO 5.1. Il Sistema delle colline centrali del Piemonte. Langhe – Monferrato – Roero. Studio di inquadramento 5.2. La Guida per gli interventi edilizi di recupero degli edifici agricoli tradizionali. Zona Bassa Langa e Roero 5.3. La Guida per gli interventi edilizi nell’area territoriale dei Comuni dell’Associazione del Barolo 5.4. La Guida per la pianificazione in aree extraurbane nell’ambito del PTR Ovest Ticino 5.5. Caratteri, limiti e potenzialità delle Guide 6. VERSO GLI INDIRIZZI ALLA PROGETTAZIONE 6.1. Criteri e Indirizzi per la Tutela del Paesaggio 6.2. Le proposte del Piano Territoriale Regionale – Approfondimento della Valle di Susa

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1. TERRITORIO E STORIA, PAESAGGIO E CULTURE 1.1. Tutto il territorio è storico L'intero territorio è coinvolto – in modo più o meno diretto e continuativo – da fenomeni storici di antropizzazione. I territori dell'attuale Piemonte, che presentano un'estrema varietà morfologica, non fanno eccezione.

• Le pianure aperte o di fondovalle hanno infatti subito la prima razionalizzazione in età romana (centuriatio) e sono state messe a coltura a partire dall'età medievale (bonifiche di iniziativa monastica, tracciamento di canali, attività agricola signorile, dispersione dell'habitat tardomedievale), per ricevere un ridisegno complessivo in età moderna (grandi aziende capitalistiche, canali irrigui di rilevanza regionale, urbanizzazione).

• Fenomeni affini hanno coinvolto i sistemi collinari e i versanti montani, abitati, terrazzati e messi a coltura fino alle quote più elevate (a seconda del clima storico). Anche le distese boschive, apparentemente naturali, sono l'esito di processi storici governati dalle comunità e dalle istituzioni: si pensi alle estensioni coltivate di castagneti (vera e propria base di molte economie montane), di boschi cedui o di foreste di antico impianto (sovente esplicitamente con funzione di controllo dei versanti e di para-valanghe), il cui uso è sovente regolato da consuetudini locali e supportato da imponenti opere di 'addomesticamento' dei versanti alpini.

• Perfino per le parti più alte dell'arco alpino l'archeologia ha dimostrato la continuità della frequentazione, sia di tipo insediativo e pastorale (alpeggi stagionali e aggregati permanenti), sia per le connessioni transalpine e intervallive (strade di valico antiche, medievali e moderne). Da ultimo, anche le aree dei ghiacciai e delle vette sono coinvolte,

Trino Vercellese, trama rurale delle risaie e "bosco della Partecipanza", unico lacerto superstite di bosco planiziale.

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indirettamente, dall'antropizzazione: lo scioglimento dei ghiacciai, la franosità dei versanti e il regime incontrollabile dei torrenti non possono che essere considerati che l'esito di mutazioni climatiche, che vedono nell'attuale modello di sviluppo globale uno dei fattori.

Cesana Torinese, frazione Fenils, abbandono di aree alpine antropizzate e diffusione di bosco spontaneo di risalita.

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1.2. La storia "nel" territorio La forma del territorio è pertanto l'esito di numerosi processi storici (politico-istituzionali, produttivi, socio-culturali, religiosi) messi in atto dalle comunità, alle diverse scale di intervento. Al tempo stesso, però, i processi storici stessi sono condizionati dagli assetti territoriali, siano essi morfologici e naturali, oppure ereditati da culture e trasformazioni precedenti e storicizzati. Il rapporto tra storia e territorio è pertanto complesso e reciproco. L'individuazione delle tracce storiche stratificate – le "permanenze" – tuttavia, non è sempre evidente. Le aree corografiche con caratteri formali più omogenei o identitari hanno una maggiore possibilità di riconoscimento di una comune matrice storica: si tratta di quei "paesaggi culturali" su cui si è soffermata negli ultimi due decenni del Novecento l'attenzione delle comunità scientifiche e politiche. Ora, tuttavia, è maturato il convincimento che l'intero territorio è storicizzato, e che pertanto potenzialmente l'intero paesaggio è "culturale", e non solo le aree più riconoscibili e apprezzabili formalmente. Su questa acquisizione del dibattito scientifico si attesta anche la Convenzione europea del paesaggio (2000), la cui applicazione è prevista per "tutto il territorio" dei paesi firmatari – e non solo per le aree di eccellenza – comprendendo "sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati" (art. 2). La lettura della storia di un territorio stratificato e complesso può avvenire solo in presenza di strumenti analitici e interpretativi adeguati, commisurati alla scala di indagine.

• l'individuazione di "sistemi culturali territoriali" è lo strumento con cui si riesce a far emergere l'identità storica plurima di

Sacra di San Michele, emergenza paesistica di valore assoluto ed elemento relazionale di una pluralità di sistemi culturali territoriali.

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aree vaste: l'individuazione di "relazioni" tra singoli elementi (edifici, infrastrutture lineari, aree urbanizzate, aree rurali) è lo strumento concettuale che consente di riconoscere "sistemi" di elementi materiali che hanno in processi storici territorializzati le proprie radici;

• l'attribuzione di un "valore" è l'operazione critica che consente di non rendere generiche le considerazioni sul territorio nel momento che se ne afferma l'integrale interesse. Per "valore" non si intende una valutazione secondo parametri assoluti, ma una sottolineatura relativa alle qualità relazionale del bene o del sistema di beni (rarità, unicità o tipizzazione del bene; condizioni al contorno che ne compromettono o valorizzano il significato culturale ecc.).

Settimo Vittone, strutture storiche di viticoltura di montagna.

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1.3. Dal territorio storicizzato al paesaggio I sistemi di permanenze storiche che possiamo individuare nel territorio costituiscono gli elementi su cui possiamo avviare percorsi di interpretazione del paesaggio, fondati sulle culture delle popolazioni che hanno costruito, abitato e trasformato quello specifico territorio. I segni e – soprattutto – le loro relazioni sono infatti l'esito di processi storici, ma sono anche gli elementi su cui si è costruita l'identità delle comunità e su cui si fonda la percezione attuale del paesaggio consolidato. La storia dell'architettura, degli insediamenti e del territorio è la disciplina attraverso cui si tenta di ricostruire il significato culturale delle tracce materiali dell'opera dell'uomo nell'ambiente: per tale ragione è un contributo fondamentale per l'interpretazione del paesaggio, ma anche per la sua valorizzazione e per il suo progetto. Quali sistemi culturali territoriali assumono maggiori valenze percettive, condizionando la lettura e la fruizione del paesaggio?

• sistemi infrastrutturali: alcuni sistemi culturali territoriali hanno forte capacità morfogenetica: su di essi si è materialmente 'costruito' un territorio, e la nostra percezione attuale del territorio medesimo non può che essere profondamente 'costruita' sugli stessi:

o fasci stradali storici, in particolare romani e medievali: hanno costituito gli allineamenti a partire dai quali si è tracciato il parcellare agrario storico, la colonna vertebrale degli insediamenti aggregati lineari lungo la strada, i luoghi di addensamento di presenze fortificate, come anche di centri ecclesiastici (antiche pievi, cappelle, piloni), religiosi (monasteri, ospedali) e di servizio (taverne, stazioni di cambio);

o reti di canali, da cui si dirama – seguendo le pendenze naturali delle pianure – la rete irrigua, con i propri

Sant'Ambrogio Torinese, il tracciato della strada medievale segna la matrice storica del borgo, mentre la strada ottocentesca e la ferrovia definiscono le espansioni ottocentesche e recenti.

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sistemi di chiuse, derivazioni, sbarramenti, ma anche su cui si addensano aree o filari di vegetazione ad alto fusto, o in funzione di cui si organizzano i sistemi insediativi aggregati o isolati (cascine);

• paesaggi del potere: gli elementi individui più monumentali ed evidenti costituiscono i poli generatori di sistemi non più materiali, o pienamente immateriali, solitamente fondati su presupposti ideologici, politici o religiosi:

o le torri o le parti più emergenti dei castelli non sono solo elementi funzionali, ma costituiscono la vera e propria materializzazione dell'autorità che esercitava la propria giurisdizione sul territorio, e tuttora sono elementi fortemente identitari per ampie porzioni di paesaggio;

o le torri campanarie delle pievi, delle parrocchie o delle cappelle rurali costruiscono elemento di richiamo visivo, acustico e di scansione del tempo per le comunità urbane e rurali, storiche e attuali;

o le grandi emergenze devozionali (Sacri Monti, santuari, complessi religiosi controriformisti) sono nodi fondamentali dell'organizzazione territoriale, poli attrattivi e segnali ideologici a scala vasta;

• sistemi colturali: intere porzioni di territorio rurale (di pianura, di collina o di versante alpino) manifestano tuttora in modo evidente le culture del lavoro e gli assetti colturali su cui è stata modellata la forma del territorio; le tracce più consistenti sono solitamente di età moderna e contemporanea:

o la pianura delle risaie è la struttura rurale di maggior impatto percettivo: maturati i presupposti a partire dalla colonizzazione agraria dell'immensa foresta planiziale della pianura padana, nel corso dell'età moderna si è realizzata la capillare rete idrografica artificiale che

Serralunga d'Alba, il centro storico 'ristretto' attorno alla mole del castello dei Falletti. Varallo, il complesso del Sacro Monte e del Santuario

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consente tuttora la coltivazione in umido del riso, con le mutevoli condizioni degli specchi d'acqua;

o i terrazzamenti collinari e alpini sono lo strumento di controllo dei versanti che ha consentito l'impianto e lo sfruttamento produttivo della vite, ma anche del castagno e di altre colture specializzate;

• sistemi insediativi: i caratteri tipizzanti delle architetture sono gli elementi che incidono in modo sostanziale nella costruzione del paesaggio, e non solo di quello urbano: si pensi alle modalità aggregative funzionali alla esposizione, alle pendenze e ai materiali dei manti di copertura, al taglio e alla finitura delle aperture, alle soluzioni strutturali e ai materiali edilizi portanti:

o la modalità di aggregazione e di giustapposizione dei volumi caratterizza gli insediamenti nel paesaggio agricolo, secondo sistemi insediativi a cascine lineari (in pianura o secondo le curve di livello), addensamenti fusiformi (lungo strada o crinale) o ristretti in altura (attorno a castelli o fortificazioni collettive), cascine a corte razionalizzate o altre composizioni tipizzanti;

o l'affaccio delle abitazioni rurali caratterizza il fronte meglio esposto degli insediamenti aggregati: ballatoi in legno con tralicci per l'essiccazione, loggiati con pilastri in pietra, sistemi di arcate sovrapposte e la finitura delle aperture incidono in maniera sostanziale sulla percezione dell'insediamento, anche da grande distanza;

o le risorse naturali presenti nelle valli alpine (pietra e legno) costituiscono i materiali edilizi dei manti di copertura, secondo modalità costruttive differenti maturate in contesti locali a volte contigui: si pensi alle coperture in scandole di legno o in "lose" che caratterizzano valli adiacenti.

Exilles, terrazzamenti sul versante solivo della valle. Alagna Valsesia, nucleo di borgata di cultura walser.

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1.4. Norme e orientamenti per la valorizzazione della dimensione storica del paesaggio E' evidente che i temi e i caratteri brevemente finora enunciati costituiscono un patrimonio materiale e immateriale (saperi, tradizioni) che – ove la società conferisca loro un valore attuale – necessitano di strumenti di tutela, restauro, valorizzazione e gestione specifici, che sfuggono agli strumenti della pianificazione urbana e territoriale che si è consolidata disciplinarmente nei primi decenni del Novecento. La legislazione urbanistica nazionale e regionale prevede alcuni strumenti normativi, sempre più orientati a una possibile integrazione tra disciplina dei beni culturali e del paesaggio:

• le prime norme di tutela sulle "bellezze naturali" (L. 778/1922 e 1497/1939) prevedevano non tanto l'apposizione di vincoli sulle parti di territorio aventi notevole interesse pubblico (per bellezza naturale, singolarità geologica, valori estetici e tradizionali, punti di vista e belvedere), ma la redazione di piani territoriali paesistici "al fine di impedire che le aree di quelle località siano utilizzate in modo pregiudizievole alla bellezza panoramica" (art. 5 L. 1497/1939); mentre i vincoli sono stati uno strumento utile per arginare situazioni di emergenza o di aggressione al patrimonio, l'assetto pianificatorio previsto ha avuto un'applicazione sporadica;

• con l'entrata in vigore dell'istituzione delle Regioni (1970) il governo del territorio passa al livello regionale (DPR 8/1972 e 616/1977): la legge urbanistica regionale piemontese (L.R. 56/1977) dà grande rilievo ai temi del patrimonio storico e ambientale, oggetto di specifici approfondimenti obbligatori ai diversi livelli di pianificazione;

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• una nuova disciplina della tutela del paesaggio è stata messa in atto nel 1985 (L. 431/1985, cd. "legge Galasso"), mediante la definizione di vincoli ope legis (ossia automaticamente definiti sulla base di fasce di rispetto, altimetrie e dati oggettivamente definiti) e di aree perimetrale, da assoggettare a specifica disciplina; tali perimetri sono stati tracciati (i cosiddetti "galassini"), ma anche in questo caso i piani paesistici (o piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, art. 1 bis) non hanno avuto applicazione, se non con casi circoscritti ed esperienze pilota (comune di Pragelato, 1993; zona di salvaguardia del parco dell'Alpe Devero nel Verbano, 2000; comune di San Maurizio di Opaglio sul lago d'Orta, 2002);

• una legge regionale specifica (L.R. 20/1989) approfondisce le modalità di analisi e di pianificazione del paesaggio, definendo contenuti e procedure dei piani paesistici (artt. 5-7);

• la disciplina delle aree protette (L.R. 12/1990 e s.m.i., legge quadro nazionale L. 394/1991) interviene a tutelare il paesaggio, prevalentemente naturale ma sostanzialmente antropizzato, in porzioni di una certa estensione territoriale;

• a partire dalla fine degli anni Novanta il governo tenta un percorso di integrazione tra la disciplina dei beni culturali (intesi questi come elementi individui o di sistema) e del paesaggio, operando due sinossi (Testo Unico D.Lgs. 490/1999 e Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.Lgs. 42/2004, cd. "Codice Urbani") che – in realtà – giustappongono le due discipline, in attesa della maturazione di quadri più integrati; la pianificazione paesistica è oggetto di una ampia riscrittura mediante il D. Lgs. 157/2006, in un contesto

San Maurizio di Opaglio. Fascia lago interessata dal Piano Paesistico.

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normativo che pare ancora da consolidare nella sua prassi applicativa;

• nel frattempo, l'apertura alla firma della Convenzione europea del paesaggio nel 2000 (ratificata dal Parlamento italiano con la L. 14/2006) e la modifica del titolo V della Costituzione della Repubblica Italiana nel 2001 (con la conseguente ridefinizione delle competenze nazionali e regionali) sono lo scenario al cui interno si situa il dibattito culturale e normativo.

L'assetto normativo, dinamico e stratificato, ha avuto esiti diversificati, a seconda sia delle competenze messe in campo, sia dell'effettiva sensibilità delle amministrazioni degli enti territoriali preposti alla pianificazione:

• in numerosi casi il livello di pianificazione comunale (Piani Regolatori Generali Comunali) prevede un'azione efficace – ma generalmente puntuale – nell'individuazione e nella tutela dei beni culturali; il caso torinese (analisi preliminari al piano regolatore dl 1980, non realizzato, riprese e sviluppate per il piano regolatore vigente, adottato nel 1993 e approvato nel 1995) ha costituito un'esperienza pilota nella definizione di un metodo volto all'analisi dell'intero territorio comunale (con particolare attenzione al paesaggio urbano consolidato, ai versanti collinari, alle fasce fluviali e alle aree agricole), e non solo all'individuazione delle emergenze storico-artistiche monumentali;

• la pianificazione delle aree protette è strumento efficace, che prevede attenzioni specifiche non solo ai temi ambientali e naturalistici, ma anche a quelli paesaggistici; le analisi storico-territoriali per il piano del Gran Paradiso (1987) e i più recenti studi propedeutici (editi nel 2000) sono capisaldi metodologici;

• il Piano Territoriale Regionale (1997) e i diversi Piani Territoriali Provinciali hanno assunto – con metodi, finalità e

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strumenti diversi – il tema dell'integrazione tra pianificazione urbanistica e gestione del paesaggio anche nei suoi aspetti storici; in particolare l'analisi storica del livello regionale ha messo in evidenza l'esistenza di aree storico-culturali con caratteri paesaggistici diversi, oltre all'individuazione dei beni culturali di interesse regionale (residenze sabaude, sacri monti, santuari, fortificazioni). Il PTR inoltre individua le "aree di elevata qualità paesistico ambientale " (art. 12, in parte coincidenti con precedenti vincoli o con i perimetri dei "galassini"), da sottoporre a specifici piani;

• a seguito dell'entrata in vigore del PTR sono state avviate da parte della Regione e delle Province indagini preliminari per la redazione di piani paesistici o di piani territoriali con valenza paesaggistica. In alcuni casi i piani sono arrivati all'adozione (Piano Paesistico di Pollenzo nel 2002, Piano Paesistico della Collina Pinerolese nel 2006), in altri il percorso è a diversi stati di avanzamento, ma le analisi preliminari – ove approdate ad esiti formalizzati – sono solitamente disponibili alla consultazione pubblica (pubblicazioni cartacee, su cd e on-line);

• attualmente è in fase di redazione un nuovo Piano Territoriale Regionale (si veda il documento programmatico Per un nuovo piano territoriale regionale del dicembre 2005), corredato da un Piano Paesaggistico Regionale ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in un contesto normativo regionale in fase di ridefinizione.

A fianco degli strumenti di pianificazione previsti dalle leggi urbanistiche e di tutela, si affermano – secondo iniziative locali, di scala e valore assai diversificato – strumenti più flessibili e meno 'vincolistici':

• il grande successo degli "ecomusei" (la cui rilevanza istituzionale ha assunto forme consolidate a seguito della

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legge regionale 31/1995 e delle significative risorse messe in campo) ha offerto strumenti innovativi e flessibili di sensibilizzazione delle popolazioni locali sui temi della cultura materiale, che ha diretto e immediato contatto con il tema del paesaggio; l'esperienza ecomuseale piemontese è all'avanguardia europea ed ha costituito modello pilota a livello nazionale;

• due sistemi culturali territoriali caratterizzanti il territorio piemontese sono riconosciuti come patrimonio dell'Umanità dall'Unesco (WHL), ossia le "Residenze reali dei Savoia" (1997) e i " Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia" (2003), sistemi in cui la componente paesistica e territoriale è intrinseca al riconoscimento di valore dei medesimi

• seguendo affermate esperienze europee di "orientamento" dell'edilizia privata (cartaceo o individualizzato), si sono diffusi strumenti di "consiglio" relativi alla qualità dell'architettura, e soprattutto della conservazione e valorizzazione delle architetture tradizionali: alcune guide sono state redatte per iniziativa dei competenti Settori della Regione (cfr. capitolo 4 del presente documento), mentre altri strumenti sono stati promossi da diversi enti territoriali, talora nel quadro di progetti di collaborazione transfrontaliera o di finanziamenti europei;

• attuando percorsi virtuosi di valorizzazione e sviluppo integrato, altre iniziative regionali sono orientate alla conoscenza e alla valorizzazione dei caratteri tradizionali dell'edilizia: citiamo la legge regionale finalizzata schedatura dei caratteri tipizzanti dell'architettura storica (L.R. 35/1995 su Individuazione, tutela e valorizzazione dei beni culturali architettonici nell'ambito comunale), il censimento delle cascine storiche orientato al recupero funzionale dei rustici (Progetto cascine. Conoscenza e consistenza del patrimonio rurale storico piemontese), la banca dati sugli insediamenti storici (BDIS, sviluppata nel contesto del progetto Culturalp –

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Conoscenza e valorizzazione dei centri storici e dei paesaggi culturali nel territorio alpino, Interreg III B Spazio Alpino);

• per lo sviluppo di un dibattito a scala regionale su basi condivise, la Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica della Regione Piemonte ha promosso nel 2004 la collana "temi per il paesaggio" che, giunta al quinto volume, ha affrontato i principali nodi metodologici, quali i metodi di analisi storica (Andrea Longhi), l'interpretazione della cartografia storica (Sandra Poletto), i criteri progettuali (Domenico Bagliani), la didattica e la divulgazione (Benvenuto Chiesa) e il restauro in contesti alpini (Rosalba Ientile e Monica Naretto).

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2. METODI DI ANALISI PER LA STORIA DEL TERRITORIO E DEL PAESAGGIO 2.1. L'individuazione dei processi di trasformazione del territorio La storia del territorio è strumento decisivo per cogliere il paesaggio nella sua dimensione intrinsecamente dinamica e per capirne i meccanismi di trasformazione. Pertanto, obiettivo della ricerca storica non è fissare all'oggi un situazione statica delle permanenze materiali, né mirare a ricostruire un supposto assetto "originario" dei luoghi, e nemmeno forzare l'individuazione di aspetti "tipici". Si tratta piuttosto di capire quali siano i processi fondativi delle matrici territoriali stratificate (processi economici, sociali, religiosi, istituzionali), per potere cogliere le modalità di formazione delle permanenze, le cause delle loro trasformazioni materiali o di significato, come pure le ragioni delle lacune o delle latenze causate dalle distruzioni. Un approccio che privilegia la dinamicità delle trasformazioni rispetto alla staticità delle permanenze consente di impostare fin dagli inizi della ricerca un'attenzione specifica alla previsione delle ulteriori trasformazioni del territorio. In sintesi:

• la ricerca storica può evidenziare processi conclusi, magari da secoli, ma che hanno lasciato tracce materiali, o segni “fossili” (matrici in negativo), o una "matrice immanente" al territorio (ossia fortemente condizionante, ma non riconoscibile in permanenze materiali): in tali casi la previsione di piano o progetto potrà orientarsi preferibilmente verso politiche di tutela, o di valorizzazione di quegli aspetti latenti che possono assumere valenze progettuali aperte:

Busano e Favria, territori agricoli a trama regolare, traccia di matrice centuriata di età romana

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o l'appoderamento agrario di età romana imperiale è certamente una dinamica storica conclusa da secoli, ma che ha lasciato una trama regolare di scansione del territorio tuttora riconoscibile non in reperti archeologici, ma nel disegno geometrico di strade interpoderali, filari, canali irrigui; tali elementi – intrinsecamente fragili a fronte della meccanizzazione dell'agricoltura – possono facilmente diventare oggetto di interventi di conservazione, di parziali integrazioni per migliorarne la leggibilità e la fruizione, di valorizzazione complessiva di un contesto agricolo;

• l'analisi storica può individuare dinamiche fortemente strutturanti il territorio, ora non più attive, ma che hanno lasciato molte testimonianze che possono essere riattivate mediante nuovi processi di valorizzazione culturale e turistica:

o la frequentazione intensa di fasci di strade in età medievale ha definito forti matrici insediative, sia nelle valli alpine, sia in aree di pianura: pur in mancanza dell'oggetto 'materiale' della strada (che nel medioevo era solitamente un fascio di percorsi privi di consistenza ingegneristica), la sequenza di borghi di strada, luoghi di ospitalità e sedi del controllo istituzionale mantiene una riconoscibilità, che è solitamente stravolta nella percezione a causa dello spostamento dei tracciati viari automobilistici moderni (rettifili, circonvallazioni, sequenze di rotonde monumentali); in tali casi è possibile proporre la riscoperta dei tracciati storici (individuabili in strade campestri, mulattiere, strade vicinali, allineamenti di filari residuali), adatti per una frequentazione escursionistica (pedonale, ciclistica o equestre) che riproponga il rapporto percettivo storico tra strada, insediamenti ed emergenze monumentali;

Bassa Val Susa, giustapposizione dei tracciati viari medievali, ottocenteschi, recenti. Exilles, stratificazione di infrastrutture viarie: viadotto in calcestruzzo dimesso e nuovo percorso autostradale.

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• l'attenzione alle dinamiche più recenti può consentire infine l'individuazione di processi ancora attivi, su cui le politiche attuali possono incidere: si tratta per esempio di processi di abbandono di aree rurali collinari o montane – non sempre arrivati a stadi irreversibili – o, in termini negativi, di processi di diffusione urbana priva di caratteri qualificanti – su cui la pianificazione può ancora incidere, se dotata di strumenti analitici attenti al rapporto con il contesto –:

o i versanti solivi delle vallate e delle conche alpine sono stati soggetti a colonizzazione agro-silvo-pastorale fino alle quote più elevate, fenomeno che ha comportato la costruzione di insediamenti e strutture di servizio (principalmente in pietra e legno locali), mulattiere, terrazzamenti, spietramenti, opere di irregimentazione idraulica, colture cerealicole o ortive ecc. L'immenso patrimonio di beni e saperi depositato in tali contesti montani versa in uno stato di abbandono generalizzato, ma in cui permangono piccoli nuclei produttivi familiari, iniziative di part-time farming o attività stagionali; prima che la montagna diventi un tema 'archeologico', è possibile mettere in atto politiche attive non tanto per la tutela dei manufatti, ma piuttosto per l'individuazione di attività innovative che consentono la vita della montagna stessa, favorendo iniziative produttive in continuità con quelle tradizionali (eno-gastronomia di qualità, attività ricettive di taglio culturale e naturalistico, artigianato) e aumentando la qualità della vita delle famiglie e delle imprese che continuano a operare in contesti alpini (potenziamento tecnologico delle reti, miglioramento dell'accesso ai servizi)

Cantoira, borgate Vru e Lities: sistema di insediamenti di mezza costa su versante solivo, già residenza permanente, ora temporanea.

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2.1.A. Processi storici e sistemi culturali territoriali: il progetto "Delta" nel quadro Euromed Heritage II (2002-2003) Nel contesto istituzionale del progetto Euromed Heritage II, finalizzato nel progetto Delta alla stesura di una guida di buone pratiche per la conoscenza e la valorizzazione del paesaggio mediterraneo (progetto per la Pianificazione regionale integrata per la conservazione e la gestione del patrimonio), il gruppo di lavoro del Politecnico di Torino (coordinamento Roberto Gambino) ha anche affrontato il nodo di come la ricerca storica possa convergere – per metodi ed esiti – con le altre discipline paesaggistiche. Già in tale sede (coordinamento Vera Comoli, guida a cura di Andrea Longhi e Chiara Devoti) era emerso come primo obiettivo della ricerca è "l'identificazione di quei processi di trasformazione culturale, politica, economica e sociale che hanno lasciato tracce materiali stratificate. Prima ancora che una 'storia dei manufatti', interessa una 'storia dei processi' o – meglio – una pluralità di 'storie' dei processi, espressione di storiografie differenti a loro volta storicizzate." Con tale approccio, finalizzato alla periodizzazione e alla territorializzazione dei processi, è più evidente il rapporto con le letture dinamiche di altre discipline (geografia, pianificazione, scienze naturali), potendo puntare l'obiettivo sulle logiche intrinseche della formazione dei sistemi culturali territoriali, sulle modalità di formazione dei relativi contesti e sulle cause di trasformazione.

Riferimenti: www.imednet.it/delta/français/SP1.html

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2.1.B. L'individuazione dei processi storici caratterizzanti il paesaggio piemontese: L'Atlante dei paesaggi storici piemontesi (2005-2007) Una recente iniziativa di ricerca finalizzata alla redazione di un Atlante dei paesaggi piemontesi ha consentito di mettere a fuoco in modo sperimentale l'approccio teorico alla lettura processuale del territorio, secondo le esperienze maturate nelle analisi storiche preliminari ad alcuni strumenti di pianificazione. Il progetto, sostenuto dalla Fondazione CRT (progetto "Alfieri"), ha visto collaborare due gruppi di lavoro del Politecnico di Torino: uno sui temi della gestione e della valorizzazione del paesaggio (Dipartimento Interateneo Territorio, sotto la direzione di Attilia Peano e con il coordinamento di Claudia Cassatella), l'altro specificamente sui paesaggi storici (Dipartimento Casa-città, ideazione del progetto di Vera Comoli, metodologia di ricerca sviluppata da Costanza Roggero (direzione scientifica), Mauro Volpiano (coordinamento), Andrea Longhi ed Enrico Lusso, con numerosi contributi del Dipartimento stesso e del Ministero per i beni e le attività culturali). Il gruppo di ricerca storica non è partito dall'analisi fenomenologica del territorio (lettura delle forme e dei beni riconoscibili), ma dall'individuazione dei processi storici che hanno segnato e caratterizzato le principali fasi della storia del Piemonte e della costruzione del paesaggio, organizzandoli secondo una periodizzazione critica. A titolo meramente esemplificativo, i processi storici caratterizzanti la costruzione del paesaggio piemontese in età antica sono il tracciamento degli assi viari, la centuriazione e l'organizzazione produttiva dell'agro, la monumentalizzazione degli insediamenti; per il medioevo la definizione dei fasci di strada (soprattutto nelle aree di valico), l'incastellamento, la trasformazione dei castra da villaggi fortificati a residenze signorili, il restringimento degli insediamenti attorno a poli fortificati, la fondazione di villenovae di iniziativa comunale o

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signorile, la riorganizzazione territoriale dei principati territoriali bassomedievali, la bonifica di territori rurali a iniziativa religiosa o laica, la diffusione delle attività minerarie, metallurgiche e manifatturiere la definizione della rete ecclesiastica diocesana e plebana. Processi caratterizzanti sono stati individuati anche per l'età moderna (con particolare riferimento ai processi economici e politico-militari) e contemporanea (processi di infrastrutturazione e industrializzazione, ma anche di costruzione di un paesaggio alpino per lo sport e la villeggiatura). In un secondo tempo – limitatamente all'area studio del Monferrato– si è passati all'individuazione delle tracce materiali o immanenti dei processi storici selezionati, andando a riconoscere sul territorio le relazioni tra i sistemi di beni culturali esito dei processi medesimi. Si sono pertanto individuate e georeferenziate le permanenze, le latenze e le lacune dei sistemi. La tesi di fondo, verificata per il caso studio, è che i diversi paesaggi a matrice storica attuale siano dati dalla sovrapposizione – differentemente articolata – dei diversi sistemi: la restituzione cartografica può essere pertanto fatta in chiave diacronica (carte di fase sequenziali), ma soprattutto possono essere definite interpretazioni tematiche, volte ad analizzare le permanenze e le potenzialità dei diversi sistemi e paesaggi. La ricerca, conclusa nel marzo 2007, è in attesa di pubblicazione digitale e on-line.

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2.2. La selezione e l'analisi delle fonti Lo studio dei processi di trasformazione del territorio avviene mediante il confronto continuo tra fonti materiali (manufatti, aree, infrastrutture) e fonti documentarie (narrative, grafiche, contabili). Nelle ricerche finalizzate ad iniziative operative (piani, progetti, orientamenti) vengono preliminarmente calibrate l'intensità della ricerca storica, la sua articolazione, le sue finalità specifiche. Senza rinunciare al rigore dei metodi e degli strumenti propri delle discipline storiche, deve essere effettuata una selezione critica delle fonti da analizzare e approfondire nel confronto con il territorio. Alla luce delle esperienze recenti di ricerca, si possono enucleare alcune serie documentali, da sottoporre di volta in volta a verifica incrociata, a seconda degli obiettivi specifici dell'indagine e del contesto territoriale affrontato:

• cartografia storica: ogni rappresentazione del territorio è la risposta a un determinato problema, posto dai decisori soggetti politici decisori ai tecnici in grado di effettuare misurazioni e rappresentazioni; è fondamentale pertanto non acquisire in termini a-critici i documenti cartografici individuati, né porsi velleitari quesiti sulla 'precisione' dei disegni, ma è decisivo per la qualità della ricerca individuare di volta in volta lo specifico tematismo sotteso alla fonte studiata, il quesito posto dal decisore committente e le professionalità tecniche messe in campo dagli esecutori materiali. Ogni documento cartografico viene pertanto letto alla luce della relativa documentazione descrittiva. Si possono, in prima analisi, selezionare alcune categorie di carte storiche:

o atlanti a grande scala, finalizzati a una generica descrizione della consistenza delle compagini statali moderne (a partire dal tardo Cinquecento);

Area dei Comuni dell'Associazione del Barolo, Indagini storiche per la redazione di Piani Paesistici, Iconografia storica, doc. 18, B. Buffetto, Il corso del Tanaro tra Santa Vittoria e Roddi, 1609 (in AST, Corte, Paesi, Monferrato confini, vol.A, n.1); doc. 17, rappresentazione dei confini tra i territori di Guarene e Castagneto, metà XVII sec. (AST, Corte, Paesi, Monferrato confini, Volume A, foglio 238); doc 26, Carta Topografica del territorio della città di Cherasco, metà XVIII sec. (AST, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Cherasco 28 II Rosso).

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o documenti topografici orientati al governo di porzioni ampie di territorio (a partire dalla metà del Settecento), realizzati con strumentazione topografica e metodi trigonometrici di sempre maggior rigore geometrico (dall'età napoleonica e, soprattutto, dalla metà dell'Ottocento);

o cartografia militare, a diverse scale, sensibile all'individuazione delle risorse di un territorio (forestali e idriche, soprattutto) e ad alcuni aspetti della sua morfologia (avvallamenti, corsi d'acqua, alture panoramiche), oltre che alle fortificazioni, ovviamente (murarie, ma soprattutto temporanee e in terra, accampamenti, stazioni di cambio);

o opere di controllo dei corsi d'acqua: rilievo di anse e aree esondabili, progetti di arginatura, dispute di confine dopo lo spostamento naturale di un alveo;

o dispute di confine tra stati, tra comunità, o tra privati; o cartografia statale ottocentesca e novecentesca,

promossa dagli istituti geografici militari (per l'Italia post-unitaria sezioni agli ultimi due decenni dell'Ottocento, agli anni Venti, Trenta e Sessanta del Novecento).

• catasti storici: il fisco costituisce la principale fonte sistematica per lo studio delle attività economiche e – indirettamente – della consistenza materiale delle medesime. A partire dai catasti descrittivi redatti dai comuni medievali (in cui il riscontro territoriale puntuale non è di immediata lettura, ma il cui trattamento statistico può avere grande interesse), si possono individuare negli archivi civici sequenze di fonti catastali che restituiscono la modificazione dei tipi di coltivazioni, della proprietà fondiaria e dell'insediamento. Le serie più significative sono quelle redatte nel quadro di operazioni statali (catasto sabaudo antico, dalla fine del Seicento; catasto 'teresiano' promosso dall'impero asburgico

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dal 1722; catasto francese napoleonico; catasti degli stati moderni), sulla base di specifici regolamenti e protocolli di esecuzione, in cui ai documenti descrittivi (registro dei proprietari, delle parcelle, delle regioni) si associano raffigurazioni cartografiche geometriche, a volte arricchite da elementi figurativi, se non pittorici;

• descrizioni sistematiche del territorio promosse dalle amministrazioni statali: relazioni di visita (per i territori sabaudi degli 'intendenti' o dei burocrati inviati dall'amministrazione centrale, visite pastorali ecclesiastiche o religiose), rapporti statistici sulle attività produttive (quantità di capi di bestiame, o di minerali estratti, o di produzione tessile), verbali di commissioni o di organismi del governo centrale, opere descrittive di carattere sistematico o enciclopedico;

• progetti (elaborati grafici, relazioni, computi metrici, corrispondenza) relativi alla realizzazione di opere statali o civiche (fortificazioni, sedi dinastiche e luoghi del potere locale, infrastrutture stradali, idrauliche, ferroviarie ecc.)

Passando dalla storia del territorio alla storia del paesaggio, assumono rilevanza decisiva:

• relazioni istituzionali di viaggio o di visita (diplomatici, delegazioni per ragioni dinastiche), resoconti di spie o periti

• narrazioni di viaggio di carattere personale, letterario o giornalistico, lettere o diari di forestieri, cronache di campagne militari o spedizioni

• descrizioni corografiche di porzioni di territorio, solitamente esito di erudizione o conoscitorismo locale

• raffigurazioni pittoriche sistematiche (committenza di corte, cicli decorativi e narrativi, appunti grafici di viaggio o di sopralluogo) o episodiche (soggetti storici, pittura di paesaggio ottocentesca e novecentesca)

• guide turistiche e fotografie storiche

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2.2.A. L'analisi incrociata di due fonti sistematiche: gli schizzi di Clemente Rovere e le descrizioni di Goffredo Casalis per l'area del Barolo e per la Valle di Susa L'integrazione delle fonti descrittive e iconografiche è un elemento decisivo per la qualità dell'indagine. Se, d'istinto, la fonte grafica pare più pertinente le indagini territoriali e sul paesaggio, si deve sempre ricordare come nessuna immagine abbia mai la pretesa o la possibilità di restituire un quadro oggettivo, né storico né attuale. La storia dell'arte e la cartografia storica offrono strumenti critici per l'interpretazione delle fonti grafiche, ma l'incrocio delle informazioni è il metodo che garantisce margini migliori di conoscenza e interpretazione. Altro nodo cruciale è la sistematicità delle fonti, ossia la loro estensione: solo un medesimo tipo di rappresentazione e di interpretazione consente di stabilire dei confronti a scala vasta. Se di un'estensione ampia non si hanno descrizioni grafiche estensive, non si possono 'mosaicare' affrettatamente informazioni di fonte fiscale e militare, per esempio. Il territorio piemontese dispone di due fonti eccezionali, per l'integrazione e la sistematicità. Tali fonti sono state usate in modo intenso e critico in due dei lavori di interpretazione paesistica storica più recenti e convincenti, condotti da Luciano Re e Maria Grazia Vinardi, del Dipartimento Casa-città del Politecnico di Torino (con Roberto Maunero il primo, con Monica Fantone il secondo):

• Guida per gli interventi edilizi nell'area territoriale dei Comuni dell'Associazione del Barolo, Regione Piemonte, Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica, Settore Pianificazione Territoriale Operativa (2000)

• Studio relativo al paesaggio, studi per il Piano Territoriale Regionale Approfondimento della Valle Susa, seconda fase (2002)

Guida per gli interventi edilizi nell'area territoriale dei Comuni dell'Associazione del Barolo, Appendice III.1. I caratteri della tradizione edilizia e ambientale dei Comuni del Barolo nelle testimonianze ottocentesche di Goffredo Casalis e Clemente Rovere: Barolo, frazione La Volta, reinterpretazione dello schizzo di Rovere e stato attuale, con tratto uniformato

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I due strumenti estensivi applicati sono: - il Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, pubblicato da Goffredo Casalis tra il 1833 e il 1856 in 28 volumi, che riporta una messe di indicazioni relative alla popolazione, alle attività e alla vita sociale di ogni comune degli stati sabaudi, in riferimento anche alle tradizioni e alla memoria storica; - la raccolta degli schizzi di Giovanni Battista Clemente Rovere (1807-1860), che nei decenni centrali dell'Ottocento (1826-1858 ca.), da autodidatta, si dedica alla raffigurazione sistematica del territorio piemontese, con tono "cronachistico", e non strettamente estetico; molte delle centinaia di schizzi e appunti sono editi a cura di Cristiana Lombardi Sartorio, Il Piemonte antico e moderno delineato e descritto, 2 voll., Torino 1978). L'interesse dei due strumenti (che non hanno tuttavia alcun legame intrinseco) risiede non solo nella consonanza cronologica di descrizione e immagine, ma dall'approccio "territoriale" dei due studiosi, che affrontano la globalità dei problemi che riguardano le attività del Piemonte nel passaggio dall'età carloalbertina al Risorgimento nazionale. Nei territori studiati, la sezione cronologica a metà Ottocento è ancora pienamente pre-industriale, nonostante le opere dinastiche e l'età napoleonica avessero incoraggiato l'avvio di consistenti interventi infrastrutturali: chiaro pertanto il rapporto tra morfologia, colture tradizionali, emergenze storiche (molte oggi decontestualizzate) e inizio dell'infrastrutturazione del territorio, premessa al successivo dilagare – spesso non governato – di urbanizzazione e industrializzazione. In alcuni casi, per stabilire un confronto tra la situazione descritta da Rovere e quella attuale, il documento e la situazione odierna vengono ridisegnati con il medesimo tratto.

Guida per gli interventi edilizi nell'area territoriale dei Comuni dell'Associazione del Barolo, Appendice III.1. I caratteri della tradizione edilizia e ambientale dei Comuni del Barolo nelle testimonianze ottocentesche di Goffredo Casalis e Clemente Rovere: Castiglione Falletto, confronto tra la descrizione di Casalis e lo schizzo di Rovere.

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2.2.B. Lo studio dei catasti storici dell'arco alpino Gli strumenti fiscali costituiscono una fonte di straordinaria ricchezza per la conoscenza del territorio, a condizione che non ci si limiti a una superficiale lettura delle mappe (peraltro prive di finalità topografiche dirette), ma che si sottopongano i dati quantitativi e qualitativi ad analisi puntuali. Nel quadro del Programma di Iniziativa Comunitaria Interreg 1992-1996, il Politecnico di Torino ha collaborato con l'Ecole d'Architecture de Grenoble, con l'Ecole d'Architecture de Versailles e con l'Ecole Nazionale Supérierure du Paysage (coordinamento di Vera Comoli e Françoise Very) per mettere a punto metodi transfrontalieri di indagine del paesaggio alpino. Tra questi, i catasti sono stati oggetto di indagine critica: le elaborazioni grafiche hanno consentito di uniformare dati provenienti da fonti diverse (ma comparabili) con la situazione attuale, andando ad integrare altri percorsi di ricerca (documentari, botanici, percettivi, architettonici ecc.). A partire da tale esperienza, è attualmente in corso uno specifico progetto di ricerca su Catasti e territori. Utilizzo dei catasti storici per la gestione degli ecosistemi e lo sviluppo sostenibile dei territori transfrontalieri, nel quadro del programma Interreg III A Alcotra, promosso dal laboratorio Edytem dell'Università della Savoia con il Politecnico di Torino (Dipartimenti Casa-città e Interateneo Territorio), con i partner Città di Pinerolo, Comunità Montana Pinerolese Pedemontano, Comunità Montana Grand Combin, Associazione Montanea di Chambéry. Obiettivo della ricerca è la definizione di protocolli operativi digitali e di percorsi interpretativi storico-critici relativi all'uso delle fonti catastali storiche, proiettate sul territorio attuale.

Quadro d'unione delle carte d'uso del suolo dai catasti ottocenteschi di Lanslebourg, Bessans, Ferrera-Moncenisio, Novalesa, Venaus, Balme, Usseglio, da V. Comoli, F. Véry, V. Fasoli (a cura di), Le Alpi. Storia e prospettive di un territorio di frontiera – Les Alpes. Histoire et perspectives d'un territoire transfrontalier, Torino 1997, p. 294.

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2.3. Dai processi storici caratterizzanti ai sistemi culturali territoriali L'analisi storica, basata sulla lettura critica delle fonti e sulla conoscenza diretta dei luoghi, porta a riconoscere quei processi che hanno inciso maggiormente sulla costruzione del territorio, o che sono stati maggiormente condizionati dalla morfologia territoriale stessa. La dimensione paesistica di tali processi si deve quindi valutare sul riconoscimento delle tracce materiali sedimentate dai processi stessi, alle scale più diverse: dal singolo manufatto (magari testimone fragile ed episodico di situazioni complesse), all'insediamento stratificato, fino a infrastrutture lineari con sviluppo di decine di chilometri (canali, strade, ferrovie) o a porzioni vaste di aree rurali (parchi storici, tenute agricole di impianto progettato). Due sono i passaggi teorici decisivi per la qualità dell'indagine: • l'individuazione delle trame relazionali: le permanenze storiche

assumono rilevanza paesistica nella misura in cui sono leggibili quelle relazioni che conferiscono loro un significato culturale (identitario, politico, religioso); tali relazioni possono essere:

o relazioni materiali: connessione tra i tessuti di un insediamento storico e le direttrici viarie; tra la rete irrigua e il sistema di appoderamento e di insediamento rurale; tra una residenza di corte e il suo sistema di giardini, viali e aree rurali di pertinenza; tra una palazzina di caccia e il distretto venatorio; tra un'attività industriale e la fonte di energia motrice idraulica; tra un'attività estrattiva e gli impianti di trasformazione; tra una rete ferroviaria e il sistema relazionale di stazione, piazza, viale di accesso ecc.;

o relazioni visive: interventi da parte di autorità – dotate di autonomia istituzionale e/o giurisdizionale – in grado di 'segnare' il territorio con eminenze visive: torri e complessi

Avigliana, stratificazione di relazioni e contesti tra il castello sabaudo (in relazione con il castello di Rivoli), i sistemi stradali, il borgo medievale (in parte plasmato dalla strada) e i laghi morenici.

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fortificati di poteri signorili; sedi del potere centrale statale; campanili, chiese e santuari di altura fondati da autorità ecclesiastiche, religiose o politiche;

o relazioni immateriali: connessioni tra elementi dislocati e privi di connessioni visive o materiali, ma coesi da solide matrici ideologiche: si pensi al sistema dei Sacri Monti, realizzato da committenti diversi e con periodizzazione articolata, sulla base dei presupposti culturali della Riforma cattolica, o al sistema dei comprensori sciistici storici, generati da una 'moda' sportiva nata nei primi anni del Novecento che accomuna alcuni aspetti insediativi e paesaggistici su orizzonti spaziali vastissimi;

• l'individuazione dei contesti: per contesto si intende quella estensione spaziale, continua o discreta, che conferisce significato a un bene o a un sistema di beni. E' evidente che il metodo di definizione e di perimetrazione di un contesto non può essere di tipo strettamente quantitativo e 'metrico', ma è funzione delle trame relazionali e di significato stabilite da un bene o da un sistema di beni. Ad esempio:

o il contesto di una cascina o di un nucleo rurale non è costituito dall'area adiacente all'edificio (pertinenza immediata), ma in prima istanza almeno dall'estensione storica delle colture afferenti alla cascina (ricostruibile mediante cabrei o catasti storici) e, a scala più ampia, dalla trama relazionale costituita dai sistemi di accesso (a partire dalla viabilità pubblica o comunale), dalla rete irrigua e dalle relative opere, dai rapporti spaziali e visivi con le cascine vicine e con i centri demici più prossimi;

o il contesto di un forte 'alla moderna' non è costituito solo dal suo spazio di rispetto militare o dai terreni già demaniali adiacenti, ma dalle relazioni con la viabilità principale dell'area, con i centri di approvvigionamento delle materie prime per la costruzione del forte e delle vettovaglie necessarie alla sua sussistenza, con le risorse

Castelnuovo don Bosco, sistemi relazionali e strutturali sulla dorsale di Cornareto: l'emergenza della cappella di San Michele (in relazione con la gemina Santa Maria), la sottostante borgata Borrelli, i tracciati di crinale a scala regionale per Vezzolano e i percorsi interpoderali.

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idriche e forestali, con la trama di difese e di presidi a scala territoriale (fortini dislocati, trinceramenti temporanei, ridotte, caserme e magazzini di retroguardia, centri di deposito delle polveri da sparo ecc.);

o il contesto di una borgata rurale, alpina o collinare, non è dato solo dagli spazi di relazione adiacenti alle case, ma dal prato a sfalcio che solitamente circonda l'insediamento, dagli orti e frutteti pertinenti, dal sistema di accesso (carrozzabile, a dorso di mulo o pedonale), dal sistema di approvvigionamento di acqua potabile e di smaltimento delle acque reflue, dalle relazioni con le risorse boschive o prative del versante, nonché con i centri di fondovalle, di mezza costa e di altura.

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2.3.A. Sistemi culturali territoriali caratterizzanti il territorio piemontese Le analisi tematiche e parziali condotte negli ultimi dieci anni in contesti di pianificazione territoriale (di cui si dà più ampio riscontro nel capitolo 3) hanno consentito di mettere a punto una griglia interpretativa, flessibile e aperta, di sistemi culturali territoriali a forte matrice storica, qui sinteticamente regestati:

• sistemi viari di matrice romana e medievale: fatta eccezione per pochi tratti viari documentati archeologicamente, la matrice viaria è leggibile nella scansione degli insediamenti (mansiones romane ritmate su base aritmetica lungo le strade: ad quintum, ad septimum, ad decimum ecc. secondo i miliari) e – per i tratti medievali – nella morfologia dei nuclei abitati di strada e nelle presenze militari e religiose (castelli, presidi, ospedali, monasteri ecc.);

• rete viaria moderna e ottocentesca: l'ingegnerizzazione della viabilità, accelerata a partire dall'età napoleonica, ne ha comportato una diffusa conservazione (in molti casi come base per la viabilità attuale), anche se sovente manca la consapevolezza del valore storico costituito dal sistema non solo dei sedimi, ma delle opere di contenimento, dei ponti, dei parapetti e dei paracarri, dei sistemi di smaltimento delle acque ecc., fattori tutti di grande impatto paesistico;

• rete ferroviaria storica: anche in questo caso i tracciati sono sovente quelli dell'attuale trama ferroviaria, ma il sistema è costituito dal vastissimo patrimonio di stazioni, case dei custodi, magazzini e rimesse, piazze delle stazioni e viali di connessione con i nuclei storici preesistenti (spesso di matrice medievali e in collocazione di costa o crinale), viadotti, gallerie;

• reti di canali a scala territoriale: canali artificiali, tracciati a partire dal tardo medioevo per l'irrigazione e per la Canale Cavour nella pianura risicola vercellese.

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produzione di forza motrice idraulica, con le relative opere di sbarramento dei corsi d'acqua naturali, opere di presa e di distribuzione (chiuse, derivazioni), sifoni e opere di attraversamento della viabilità o di altri corsi d'acqua; tale sistema è in forte relazione con i sistemi della produzione agricola, artigianale e protoindustriale (in particolare mulini, fucine, battitoi di canapa)

• tracce dei sistemi di appoderamento romano di età imperiale: segni della centuriatio, leggibili – in modo indiretto – nella trama del parcellare, nei precorsi interpoderali, nei filari di divisione, nella rete irrigua, realizzati secondo matrici ortogonali; analisi di archeologia del paesaggio di tipo più raffinato si basano su rilievi di metrologia storica e sull'incrocio con attestazioni di reperti archeologici o con campagne di ricognizione di superficie;

• sistemi di popolamento pianificati del basso medioevo: la fondazione di centri demici di nuovo impianto (villenovae) è fenomeno che coinvolge l'intera Europa bassomedievale, e costituisce la trama di base della gerarchia insediativa moderna; la fondazione di una villanova non è fenomeno circoscrivibile al solo intorno urbano e non è solo una questione di tracciato geometrico, ma investe le relazioni territoriali tra il centro fondatore (città-stato comunale, vescovo, principe territoriale o sovrano nazionale) e l'intera rete delle città fondata, nonché i rapporti con i preesistenti nuclei forzatamente spopolati e sovente distrutti (ora siti archeologici effettivi o latenti) per indurre il popolamento della villanova;

• insediamenti 'ristretti' attorno a fortificazioni di altura: il popolamento nel medioevo è fenomeno assai dinamico, ma sono riconoscibili sistemi territoriali ancora segnati dal restringimento delle abitazioni attorno a nuclei signorili fortificati (castelli, case-forti) o a fortificazioni collettive (ricetti), solitamente in contesti di altura (sommità di poggi,

Castiglione Falletto, restringimento di sistema insediativo ai piedi del castello di altura.

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crinali); anche in questo caso non si tratta di fenomeni leggibili solo a scala urbana, ma di una complessa rete di relazioni con i centri preesistenti e abbandonati, di cui sovente restano vestigia isolate (come, per esempio, le chiese, probabilmente gli unici edifici in muratura e in grado di sopravvivere alla migrazione della popolazione, si solito riconvertite a uso cimiteriale o trasformate in cappelle rurale);

• disegni territoriali dinastici: l'intorno delle città dominanti e – soprattutto – delle città-capitali moderne è coinvolto dalle funzioni e dalle istanze ideologiche connesse alla presenza della corte; rilevante a scala non solo regionale, ma mondiale (iscrizione alla World Heritage List dell'Unesco), è il sistema delle Residenze Sabaude di Torino, costituito dalla sommatoria delle diverse regge e ville realizzate e utilizzate dai Savoia tra il Cinquecento e l'Ottocento, con i relativi giardini, spazi venatori, borghi rurali e – in termini più ampi – con la rete di collegamento radiale convergente sulla città-capitale, il sistema anulare (ormai molto frammentato) di legamento tra i distretti venatori e tutto il sistema produttivo gravitante sulla vita della corte (allevamenti di cavalli e cani, produzione di foraggio, manutenzione del bosco, approvvigionamento di vettovaglie per la corte e la servitù, manutenzione di carrozze e utensili, legna da ardere, produzione di tessuti di pregio ecc.);

• poli della religiosità di valenza territoriale, quali il sistema dei Sacri Monti dell'arco alpino occidentale, rilevante a scala non solo regionale, ma mondiale (iscrizione alla World Heritage List dell'Unesco), o i diffusi sistemi di viae crucis, percorsi devozionali verso santuari, sovente di altura e di forte valenza paesaggistica;

• sistemi di fortificazione territoriale 'alla moderna', basati sull'applicazione estensiva dei fronti bastionati (per poli di pianura, o per interi versanti e crinali montani), con il relativo

Fontanetto Po, borgo nuovo trecentesco pianificato a maglia regolare, fondazione del marchese di Monferrato. Villar Perosa, chiesa di San Pietro, elemento del sistema di presenza monumentale cattolica in territori valdesi (sec. XVIII).

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contesto di fossati, recinti, ridotte, trinceramenti, accampamenti, magazzini, strade ecc.;

• sistemi di fortificazione territoriale di età contemporanea (dalla fase triplicista di fine Ottocento alla Seconda Guerra Mondiale), con il relativo sistema di batterie e postazioni di artiglieria, associati a una capillare revisione della rete stradale carrozzabile di montagna, con relative opere d'arte (lavori di contenimento del versante, gallerie, ponti);

• sistemi rurali esito della razionalizzazione capitalista della conduzione agraria, tra Sette e Ottocento: le grandi cascine 'a corte' regolare sono l'esito di un lungo processo di polarizzazione dell'habitat rurale e di razionalizzazione della coltivazione, e sono interpretabili solo in chiave sistemica di scala vasta, comprensiva del sistema viario (statale, comunale, vicinale e di sevizio ai poderi), della trama irrigua (a scala vasta e locale) e dell'organizzazione del mix colturale (giardini padronali, orti, prati a sfalcio presso la cascina per l'allevamento, aree a seminativo, alteni e vigne per l'autoconsumo o per la produzione, gerbidi e boschi riparali residuali per la raccolta della legna da ardere, coltivazioni di alberi ad alto fusto), le cui tracce sono solitamente cancellate dall'industrializzazione dell'agricoltura del secondo dopoguerra; i contesti di maggior rilevanza paesaggistica in area piemontese sono costituiti da:

o pianura risicola o colline viti-vinicole

• sistemi agro-silvo-pastorali di versante montano: l'habitat alpino non privilegia, se non in casi particolari, il fondovalle, ma si dispiega con articolazioni complesse a partire dal piede dei versanti, per risalire fino alle aree di alpeggio in quota; l'insediamento vede quindi sistemi locali complessi di borgate di residenza stabile, di nuclei isolati, di aggregati stagionali, connessi da mulattiere e sentieri, in contesti ad elevata intensità di antropizzazione (opere per la coltivazione di

Fenestrelle, fortezza sabauda settecentesca a sbarramento della valle Chisone, in connessione con la linea di difesa della valle di Susa. Serralunga Fontanafredda, monocoltura viticola razionalizzata.

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seminativi, frutta e verdura, castagni, alberi di alto fusto da ardere e o da trasformare);

• contesti di villeggiatura storica, caratterizzati da ville e villini con giardino o parco, di architetture prevalentemente eclettiche o liberty di inizio Novecento, in aree di pregio ambientale (pedemontane, alpine o di riviera lacustre) di facile accesso ferroviario o veicolare;

• distretti di produzioni artigianali storiche o protoindustriali: il legame con le materie prime (reperimento e trasporto) e la produzione di energia (idraulica, legna da ardere) costituisce il fattore territorializzante delle prime attività manifatturiere (tessili, metallurgiche), legame venuto meno con la diffusione della rete di distribuzione di energia elettrica; tra i sistemi produttivi più caratterizzanti ricordiamo:

o la produzione serica (associata all'allevamento dei bachi da seta e alla relativa coltivazione di gelso)

o la lavorazione della canapa o le produzioni metallurgiche connesse ad attività

estrattive locali • aree industriali otto-novecentesche, connesse con attività

sociali promosse dagli imprenditori, quali villaggi operai pianificati, centri di servizio per le maestranze e le relative famiglie, ville padronali, accessi ferroviari e stradali ecc.;

• aree di attività estrattiva storica, fortemente connotate dall'estrazione di materiali lapidei a uso edile (marmi e pietre, in diverse vallate alpine) o manifatturiero (talco, grafite, amianto) o metallurgico (minerali ferrosi), con i relativi impianti di trasformazione e i sistemi di trasporto dei materiali estratti;

• centri e distretti di produzione di energia idroelettrica, con le forti presenze paesistiche delle dighe degli invasi storici (primi decenni del Novecento), con le relative centrali elettriche ed edifici di servizio (case dei guardiani, ecc.), con

La Morra, sistema produttivo vitivinicolo delle colline del barolo. Sauze di Cesana, San Restituto, chiesa parrocchiale del sistema di radicamento ecclesiastico bassomedievale nelle alte valli delfinali.

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relativi sistemi di comunicazione (teleferiche, ferrovie a uso limitato, strade e mulattiere);

• strutture storiche dei domaines skiables alpini, con alberghi, residenze private e locali pubblici, di linguaggio eclettico o moderno, realizzati nei primi decenni del Novecento.

Sestrière, le prime strutture per lo sci invernale in una foto degli anni trenta.

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2.4. Dai sistemi all'individuazione di aree vaste di interesse paesaggistico I sistemi culturali territoriali cui si è fatto riferimento costituiscono un insieme di contesti – più o meno vasti e articolati – su cui si è costruito il territorio e su cui si fonda la nostra percezione del paesaggio. Ad ogni 'sistema' non necessariamente corrisponde un solo 'paesaggio storico' specifico e riconoscibile; al contrario, il maggiore 'interesse storico' del paesaggio è dovuto dalla ricchezza delle possibili interazioni e sovrapposizioni (a volta anche conflittuali) tra i diversi sistemi culturali. Se dunque, in prima analisi, la "omogeneità" pare il fattore più qualificante i cosiddetti paesaggi culturali, in realtà è la "stratificazione" che costituisce l'elemento di maggior fascino per i paesaggi a forti matrici storiche. Alcuni esempi:

• il paesaggio di 'vigne' e 'castelli' di molte porzioni del sistema collinare centrale viene vissuto come un insieme storicamente omogeneo, quando invece il processo di 'restringimento' delle fortificazioni di altura precede la diffusione della vigna (ed è riferito a fenomeni diversi), e il supposto aspetto 'medievale' del paesaggio (dovuto ai castelli) è totalmente privo di fondamento, in quanto le attuali condizioni di coltivazione della vigna, tanto esteticamente apprezzate, si sono affermate nei decenni centrali del Novecento, o sono l'esito di razionalizzazioni colturali assolutamente recenti;

• il paesaggio delle risaie costituisce certamente un unicum estetico di rilievo assoluto, ma il territorio in cui la coltivazione del riso si è affermata è ricco di testimonianze storiche dell'insediamento medievale precedenti la coltivazione del riso (grange cistercensi, castelli rurali), e la coltivazione stessa del riso è stata resa possibile mediante opere di

Grinzane Cavour, emergenze monumentali dei castelli bassomedievali, circondati da colture viticole razionalizzate.

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canalizzazione che hanno i propri presupposti nella gestione delle acque nelle aree montane.

Per consentire la gestione e la valorizzazione non solo dei singoli sistemi di beni, ma di intere porzioni del territorio a forte matrice storica, si rende necessaria le definizione di aree continue ed estese, caratterizzate da processi storici e da sistemi culturali territoriali coerenti, su cui il pianificatore o l'amministrazione possa applicare regimi di pianificazione o politiche di tutela e valorizzazione specifici. Si parla, a seconda dei contesti e dei livelli di pianificazione, di "ambiti di paesaggio" o di "unità di paesaggio", alla cui formulazione concorrono non solo i fattori storici, ma anche quelli naturalistici, morfologici, percettivi ecc.

Trino Vercellese, risaie presso l’abbazia cistercense di Lucedio.

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3. L'INTERPRETAZIONE STORICA PER LA PIANIFICAZIONE: ESPERIENZE RECENTI Il legame profondo e consolidato tra le discipline storiche e la pianificazione territoriale si basa non solo su assunti teorici o – tanto meno – su indicazioni normative, ma su un ethos comune di ricerca sviluppato tra un solido gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino e le amministrazioni locali piemontesi (la Regione, ma anche molte province, comuni, enti parco e comunità montane) a partire dalla metà degli anni Settanta del Novecento. Il ruolo riconosciuto alla storia del territorio da parte della legge urbanistica regionale (L. 56/1977) è pertanto l'approdo di un lungo dibattito culturale, ma al tempo stesso l'avvio di esperienze significative di buone pratiche nell'analisi storica di porzioni di territorio. 3.1. Premessa: il territorio storico nel Piano Regolatore Generale di Torino (1979-1983; 1990-1991) L'esperienza pilota è costituita dalle indagini sulla struttura storica del territorio di Torino, commissionate dall'amministrazione comunale nel quadro della procedura di revisione del Piano Regolatore Regionale (1979-1983), coordinate da Vera Comoli per il Dipartimento Casa-città del Politecnico di Torino. Le acquisizioni più importanti sono:

• si supera il concetto di "centro storico", preferendo parlare di "struttura storica della città", intesa nella sua globalità;

• si supera la catalogazione di tipo "monumentale", per approdare stabilmente al concetto di "sistema di beni";

• si supera il concetto di "tutela vincolistica", per proporre classificazioni di valore orientate allo sviluppo di politiche di valorizzazione.

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Sebbene si operi anche una ricognizione puntuale di ogni edificio della città, l'obiettivo del lavoro è il riconoscimento di ambiti urbani con carattere storico-ambientale (i tanti 'centri storici' della periferia industriale, oltre alla città-capitale barocca), nuclei minori e manufatti (testimonianze rurali, industriali, infrastrutturali e di edilizia di servizio), aree di interesse ambientale e paesistico (sponde fluviali, versanti collinari, parchi urbani e spazi di relazione, aree a strutturazione agricola). Sebbene la procedura di revisione di Piano non arrivi al termine, il monumentale corpus di indagini viene dato alle stampe nel 1984. Gli studi vengono risistematizzati nel quadro degli studi preliminari (1990-1991) al nuovo Piano Regolatore Comunale, approvato nel 1995 e tuttora vigente. Le "zone di carattere storico-ambientale", formulazione normativa degli "ambiti urbani caratterizzanti", sono specificamente regolamentate nella tutela degli elementi storici. Riferimenti: Politecnico di Torino, Dipartimento Casa-città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, ricerca coordinata da Vera Comoli, 2 voll., Torino 1984. Qualità e valori della struttura storica di Torino, coordinamento scientifico di Vera Comoli, Città di Torino, Quaderni del Piano, Torino 1992.

Qualità e valori della struttura storica di Torino, coordinamento scientifico Vera Comoli, Città di Torino, Quaderni del Piano, novembre 1992, tavola La struttura storica della città.

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3.2. La struttura storica del Piemonte nel Piano Territoriale Regionale (1995-1997) L'analisi storico-culturale è una delle indagini preliminari alla stesura del Piano Territoriale Regionale, considerata parte integrante al piano stesso in sede di adozione (1995), nella forma di "Quaderno del Piano" n.5, redatto nel 1994 da Vera Comoli; in sede di approvazione definitiva (19.6.1997) il Quaderno perde valore normativo, ma resta allegato al Piano con ruolo di analisi e ricerca: per tale ragione viene edito nel 1999 ed è tuttora disponibile alla consultazione on-line. Per il territorio piemontese si tratta del primo strumento di pianificazione a scala regionale: non attuati – di fatto – i livelli di pianificazione a scala vasta previsti dalla L.R. 56/1977, "un punto di svolta significativo è rappresentato dalla emanazione della L. 431/1985 che - prevedendo lo strumento del piano urbanistico territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali - ha offerto alle Regioni la base per riprendere l'iniziativa sul terreno della pianificazione, partendo dal punto più sensibile e socialmente rilevante della tutela ambientale" (Relazione, punto 1.1.2.). Il PTR viene espressamente qualificato come "piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali" ai sensi dell'art. 1 bis L. 431/85, realizzato secondo quanto previsto dall'art. 4 della L.R. 56/1977, ma alla luce dalla L.R. 45/1994 che specifica il nuovo quadro della pianificazione territoriale regionale. In questo modo, la Regione si adegua alla prescrizione della stessa L. 431/85," che impone l'obbligo di sottoporre a specifica normativa di uso e di valorizzazione ambientale i territori di particolare interesse paesistico, lasciando alle singole Regioni la scelta se adottare un 'piano paesistico' o un piano territoriale con valenza paesistica" (ibid., 1.1.3). Il PTR è stato redatto dai consulenti incaricati Vera Comoli, Angelo Detragiache, Claudio

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Simonelli, Gian Paolo Varnero, Renato Vezzari e da Mauro Giudice del Settore Pianificazione Territoriale. Anche nel caso del PTR – come già del PRG di Torino – oggetto di indagine storica è l'intero territorio da sottoporre a pianificazione, e non solo le aree di pregio: "Il PTR non si limita dunque a un inventario e a mappe di dati, ma piuttosto propone una interpretazione storico-critica complessiva. L'analisi degli aspetti storico-urbanistici della Regione è stata infatti fatta derivare dallo studio della 'struttura storica del territorio', e non dalla analisi della 'struttura delle parti storiche del territorio', spostando l'interesse da ambiti delimitati topograficamente alla stratificazione complessiva dei fenomeni, in cui ogni settore si intreccia con gli altri e li attraversa continuamente" (Quaderno n.5, p.26). Le analisi sono organizzate su due percorsi di conoscenza e di restituzione:

• la periodizzazione, strumento fondamentale del lavoro storico, è esposta nella prima parte del lavoro: il Piemonte è un concetto storico-geografico recente, esito della stratificazione di una pluralità di identità istituzionali, culturali e religiose che necessitano di una rigorosa analisi preliminare, al fine di non proiettare retroattivamente assetti attuali;

• le componenti storico-culturali dell'attuale territorio piemontese sono invece gli strumenti che lo storico affida al pianificatore per uno specifico trattamento normativo dei temi culturali e paesaggistici. Si definiscono:

o architetture e insiemi architettonico-ambientali di interesse diretto della Regione Piemonte, ossia beni che hanno come "contesto" di significato almeno l'intero territorio regionale ("zona di comando" della città-capitale con la relativa "corona di delizie" sabauda, le grandi opere religiose diocesane e

Piano Territoriale Regionale, Relazione, cartogramma 1.8, individuazione di architetture, insiemi e sistemi di beni architettonici (artt. 17 e 18).

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monastiche, i santuari di protezione dinastica, il sistema delle fortificazioni, cui si affiancano i sistemi di incastellamento medievale, i segni dell'archeologia industriale e della produzione rurale);

o aree ambientali da sottoporre a indirizzi normativi speciali, a causa della compresenza di elementi storici e di valori paesaggistici della morfologia (alpina, collinare, lacustre, di pianura);

o centri storici, cioè il sistema insediativo storico della Regione nella sua gerarchia consolidata;

o aree storico-culturali in cui è suddivisibile la Regione (in totale 12), con l'individuazione di sistemi insediativi, tipi architettonici, particolari edilizi ed assetti colturali connotanti il paesaggio.

Tale ultimo passaggio, sebbene privo di valore immediatamente normativo, è acquisizione decisiva per fondare il rapporto tra architettura storica e paesaggio: questo è infatti costruito dalle relazioni tra la morfologia e le forme dell'insediamento umano, segnate dalle diverse culture convissute nei secoli in area subalpina. La costruzione storica del paesaggio si basa sulle modalità con cui si aggregano i nuclei insediati, si definisce il parcellare agrario, si realizzano gli edifici, arrivando fino ai dettagli tecnologici che – pur nella loro dimensione apparentemente esigua – segnano le aree culturali della regione.

Piano Territoriale Regionale, Relazione, cartogramma 1.9, individuazione delle aree storico-culturali (art. 19): 1. Valle d'Ossola, Laghi Maggiore e d'Orta, Valsesia. 2. Pianura del Vercellese e del Novarese. 3. Canavese, Eporediese, Biellese. 4. Torinese, Valli di Susa e di Lanzo. 5. Pinerolese (Valli Valdesi). 6. Pianura interna verso Cuneo e Saluzzese. 7. Valli del Cuneese. 8. Monregalese. 9. Langhe. 10. Chierese. 11. Monferrato e Astigiano. 12. Alessandrino.

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3.3. Le analisi storiche per i piani paesistici di iniziativa regionale (2000-2002) IL PTR adottato nel 1997 ha programmaticamente "specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali", ma riconosce al necessità di approfondimenti – di indagine e di pianificazione – per le "aree ad elevata qualità paesistico ambientale" (art. 12). Per alcune di queste aree si prevede che gli uffici regionali stessi procedano ad istruire e redigere specifici "piani paesistici", cui attribuire ruolo di riferimento metodologico per ulteriori strumenti di iniziativa locale. La redazione delle analisi storiche – che richiedevano la messa a punto di un metodo commisurato sia agli obiettivi del pianificatore sia alle diverse scale di indagine – è stata affidata dall'amministrazione regionale alla Scuola di specializzazione in Storia, analisi e valutazione dei beni architettonici e ambientali del Politecnico di Torino, diretta da Vera Comoli. Nel corso dell'indagine – che ha riguardato 13 aree, di dimensioni assai diverse (da una porzione di territorio comunale fino a estensioni di decine di comuni) – è stato messo a punto una sorta di protocollo di lavoro, utile al fine di rendere sistematiche e confrontabili le indagini, pur senza rinunciare all'originalità delle impostazioni critiche e storiografiche dei singoli ricercatori (con la direzione di Vera Comoli e il coordinamento di Andrea Longhi e Maria Sandra Poletto, hanno lavorato al progetto Silvia Beltramo, Silvia Bertelli, Annalisa Dameri, Enrico Lusso, Ornella Maglione, Nadia Ostorero, Nadia Pernaci, Salvatore Rosato, Marta Santolin) Esiti dell'indagine storica sono la definizione di:

• quadri di periodizzazione locali, per far emergere le specificità culturali e istituzionali delle singole aree (presenza di fasci stradali di scala sovraregionale, di confini politici o

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amministrativi, di polarità insediative o religiose a scala ampia, di fattori socio-culturali specifici ecc.)

��i processi studiati sono riferiti sempre alla riconoscibilità sul territorio attuale, mediante "carte diacroniche" di sintesi su supporto cartografico aggiornato e georiferito

• regesti di fonti documentarie, grafiche e descrittive, utili per lo studio e per successivi approfondimenti;

��le principali fonti – soprattutto cartografiche – sono allegate alla ricerca in forma digitale

• individuazione di sistemi di beni culturali che connotano il paesaggio, intesi questi come: o ambiti paesistici omogenei, ossia intere parti di territorio

che assumono valore di "bene" areale per la presenza di caratteri storici riconoscibili e significativi;

o insediamenti aggregati, alle diverse scale (dai centri urbani agli addensamenti rurali o alpini), studiati nella morfologia e nella percezione storici;

o infrastrutture storiche che hanno strutturato il territorio e che ne hanno guidato la percezione;

o architetture intese come emergenze monumentali identitarie, ma anche come testimonianze delle culture del lavoro rurale, artigianale o industriale

��ogni bene o sistema di bene è descritto con un documento esplicitamente orientato a temi paesistici, valutato in termini analitici e secondo classi di valore sintetiche, e individuato con il proprio contesto sulla "carta di sintesi per l'individuazione e la classificazione dei beni"

• linee guida per la tutela e la pianificazione, espresse mediante orientamenti strategici generali e indicazioni puntuali, per ogni singolo bene o sistema di beni

Area dei Comuni dell'Associazione del Barolo, Tav. 1, Individuazione e classificazione dei beni, scala originale 1:25.000, stralcio relativo all'individuazione di ambiti paesistici, insediamenti e percorsi storici strutturanti il paesaggio del bacino del Talloria .

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La sintesi critica finale del metodo adottato è pubblicata nel volume: Andrea Longhi, La storia del territorio per il progetto del paesaggio, Regione Piemonte, collana "Temi per il paesaggio", Savigliano 2004 (ISBN 88 7320 102 4); una introduzione all'interpretazione delle fonti è edita in: Sandra Poletto, Cartografia storica. Contributo per lo studio del territorio piemontese, Regione Piemonte, collana "Temi per il paesaggio", Savigliano 2004 (ISBN 88 7320 101 6) Alcune delle indagini storiche sono state pubblicate in forma digitale, quali gli approfondimenti relativi ai Territori di Novalesa e Moncenisio, Zona del Sestriere e Territorio della valle Argentera, nel cd: Piano Territoriale Regionale. Approfondimento della Valle di Susa. Studi preliminari. Seconda fase, luglio 2002, riedito nel dvd conclusivo del 2005. Il Settore Pianificazione Paesistica della Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica ha curato le ulteriori analisi preliminari alla redazione dei piani paesaggistici di propria competenza (analisi degli elementi naturali, situazione urbanistica), di cui ha intrapreso la stesura, arrivando ai seguenti esiti (sviluppati nel capitolo 4).

• il "Piano paesistico dell'Area della tenuta ex reale e del centro storico di Pollenzo" è stato completato nel maggio 2002, adottato nel dicembre 2002 dalla Giunta Regionale e nuovamente adottato con integrazioni nel maggio 2004, per l'invio al Consiglio Regionale per l'approvazione;

• il "Piano paesistico della Zona delle cascine ex Savoia del parco del castello di Racconigi" è arrivato alla stesura finale nell'ottobre 2003, ma l'iter è stato sospeso prima dalla pubblicazione del nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004), poi dalle prospettive di riarticolazione della pianificazione espresse dalla nuova Giunta Regionale, formatasi a seguito delle elezioni amministrative del 2005.

Tav. 4, Struttura storica del territorio (1769-1786): riconoscimento degli insediamenti rurali documentati, degli insediamenti aggregati principali, delle cappelle o chiese, in relazione con la viabilità, sulla base della Carta topografica […] in AST, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, 28 II rosso.

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I materiali prodotti e i documenti acquisiti sono in corso di utilizzo da parte dell'Ufficio del Piano che ha in corso di elaborazione il nuovo Piano Territoriale Regionale (procedura avviata nel 2005: si veda il documento programmatico Per un nuovo piano territoriale regionale del dicembre 2005) Riferimenti: Andrea Longhi, Sandra Poletto, Individuazione e analisi dei beni ambientali e paesistici: il caso del Piemonte, in Paris Persi (a cura di), Beni culturali territoriali regionali. Siti, ville e sedi rurali di residenza, culto, lavoro tra ricerca e didattica, atti del convegno di studi (Urbino, 27-29 settembre 2001), 2 voll., Urbino 2002, vol.1, pp.283-286. Andrea Longhi, La storia del territorio per il progetto del paesaggio, Regione Piemonte, collana "Temi per il paesaggio", Savigliano 2004. Osvaldo Ferrero, Analisi della struttura storica del paesaggio: due casi studio, in Le trasformazioni territoriali per i Giochi Olimpici Invernali Torino 2006, "La rivista dell'Urbanistica" n. 2 (aprile 2004), pp. 30-31. Vera Comoli, Andrea Longhi, Il progetto di conoscenza del paesaggio, in Il paesaggio nel governo del territorio, "La rivista dell'Urbanistica" n.4 (gennaio 2005), pp.43-44.

Tav. 6, Carta storica dell'uso del suolo. Fine XIX secolo (1879-1902): l'analisi, effettuata sulla base delle tavolette IGM di primo impianto, documenta l'estensione della coltura viticola prima dell'epidemia di filossera.

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3.3.A. Le analisi storiche preliminari al Piano Paesistico di Pollenzo L'area di elevata qualità paesistico-ambientale pilota, su cui è stato sperimentato il metodo di analisi territoriale per i piani paesistici, è quella della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, compresa tra i comuni di Bra, La Morra e Cherasco, già perimetrata ai sensi della L. 431/1985 e inserita nell'elenco dell'art. 12 del PTR. Le indagini sono state condotte da Vera Comoli, Nadia Pernaci e Sandra Poletto. La storiografia riconosce numerosi elementi di interesse per l'area, partendo dalla fondazione romana di Pollentia (leggibile non solo archeologicamente, ma anche nella forma dell'anfiteatro perpetuata nel centro storico medievale), passando per le fasi medievali di fortificazione e spopolamento, per arrivare alla rifondazione ad opera del re Carlo Alberto (progetti del 1832), che conferisce al sito il suo volto attuale, con l'Azienda agraria, le cascine, il parco paesaggistico, i territori rurali della Tenuta con le infrastrutture idrauliche e viarie, il cui apice è il celebre ponte sospeso. Come sarà infra evidenziato (paragrafo 4.2.), l'area presenta numerosi fattori di interesse, ma anche di criticità e di rischio. La costruzione della periodizzazione è lo strumento con cui si è data coesione e continuità agli studi finora noti sull'area, integrando la bibliografia edita, l'approfondimento di alcune fonti inedite e lo studio analitico di alcuni documenti iconografici. La restituzione cartografica di tutti i processi ed elementi individuati (carte diacroniche, poi allegate al piano con le sigle A1, A2, A3) ha consentito poi la mappatura sistematica delle tracce riconosciute, avviando il processo di ricomposizione degli aspetti paesaggistici. Il percorso interpretativo è passato attraverso l'individuazione dei sistemi di beni su cui si è costruito il territorio pollentino (schedatura

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e tavola di sintesi A4), arrivando ad isolare delle entità (puntuali, ma soprattutto lineari e areali) su cui concentrare l'analisi e su cui impostare fattivamente politiche di conservazione, restauro e valorizzazione. Pertanto, l'area è stata suddivisa in 3 macro-aree, ciascuna dotata di forti fattori di coesione strutturale e percettiva, argomentati storicamente. All'interno di ogni area si è proceduto all'individuazione puntuale di sistemi di beni, organizzati secondo tipi per efficacia descrittiva, ma anche per prospettiva normativa e progettuale:

• ambiti paesistici omogenei, in cui si sono distinti i seguenti tipi:

o parco eclettico (parco del castello) o aree a strutturazione agricola (aree interne alla tenuta

nelle loro articolazioni, area agricola interna al parco, area agricola San Marco)

o aree fluviali e lacustri • aree di interesse archeologico • tessuti dell'insediamento accentrato, in cui si sono definiti gli

affacci caratterizzanti l'abitato e gli spazi di relazione • insediamenti aggregati, emergenze architettoniche, singoli

manufatti con pertinenza ambientale, andando a riconoscere: o cascine, casotti e palazzine o strutture connesse al regime fluviale: imbarcadero,

ponte e casotti daziari o emergenze monumentali: chiese e piloni, torre,

castello o spazi di relazione: piazza o strutture della Tenuta: muro di cinta e ingressi alla

tenuta • percorsi di comunicazione e legamento, riconoscendo:

o percorsi storici di collegamento territoriale (con relative indicazioni)

Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, Analisi storica, tavola A4 Lettura critica dei beni e sistemi storico-artistici e/o documentario ambientali, maggio 2000 (scala originale 1:5000).

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o percorsi di collegamento nuclei abitati e frazioni o percorsi di attraversamento della tenuta

• elementi funzionali al sistema produttivo: o sistema di canali o bealere, nelle sue diverse

ramificazioni o infrastrutture funzionali di sistema a canali e/o bealere

(chiuse) Gli esiti della ricerca, lungi dall'essere meramente catalogativi, sono già orientati all'individuazione dei nodi che dovrà affrontare la pianificazione. "Lo studio compiuto porta all’individuazione di alcuni elementi territoriali di alto valore storico e documentario che non possono essere considerati unicamente come oggetto di salvaguardia ma che devono assumere il ruolo di elementi cardine di un’azione di valorizzazione volta a definire e valorizzare i caratteri storici e paesistici che connotano il territorio." (Relazione, p. 27). Un primo esito sostanziale è la proposta di ampliamento dell'area perimetrata, andando ad includere l'area cosiddetta di San Marco, territorio rurale fondamentale per la comprensione dell'insieme del sito e per le connessioni visive e paesaggistiche con la corona collinare circostante. Un secondo esito è la definizione di puntuali nodi che la pianificazione dovrà affrontare e su cui sarà opportuno mirare le politiche di valorizzazione: il sistema irriguo e la trama dei percorsi, il rapporto tra parco e contesto, il centro storico stratificato, l'area dei laghi. Per ogni bene individuato sono date puntuali indicazioni per la tutela e la valorizzazione. A seguito dell'esperienza pilota di Pollenzo, il metodo si affina nei suoi presupposti metodologici e nella sua flessibilità ai diversi contesti, e viene applicato alle altre undici aree oggetto di indagine storica.

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Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, Analisi storica, tavola A4 Lettura critica dei beni e sistemi storico-artistici e/o documentario ambientali, maggio 2000 (scala originale 1:5000), tavola completa e stralcio di legenda riferita alla macro-area 3 San Marco.

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3.4. Le analisi storiche paesaggistiche per il Piano Territoriale Regionale - Approfondimento della Valle di Susa (2001-2003) Il Piano Territoriale Regionale, oltre a definire le "aree ad elevata qualità paesistico ambientale" (art. 12) di cui al paragrafo precedente, individua porzioni vaste di territorio come "aree strategiche di interesse regionale" (art. 39), su cui applicare una disciplina specifica con piani territoriali. L'ambito della Val Susa e dell'alta Val Chisone – interessato da eventi e dinamiche di scala almeno europea, quali i Giochi Olimpici Invernali del 2006 e il dibattito sull'Alta Capacità Ferroviaria Torino-Lione (corridoio 5) – è stato sottoposto a tre fasi successive di approfondimento per iniziativa della Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica della Regione Piemonte, mediante indagini condotte da gruppi di lavoro di diversi dipartimenti del Politecnico di Torino e da consulenti liberi professionisti. Le analisi tematiche hanno riguardato l'ambiente fisico e l'ambiente naturale, il patrimonio culturale, gli assetti paesistico, insediativo e infrastrutturale, dei servizi e delle funzioni urbane. L'esito, oltre ai dossier tematici conoscitivi e valutativi, è dato dal tentativo di produrre una interpretazione strutturale interdisciplinare dell'intero territorio, affiancata da un Quadro strategico che definisce obiettivi per i singoli ambiti territoriali (le "stanze") e per l'area nel suo insieme, pur senza efficacia giuridica diretta. I lavori hanno condotto alla redazione dell'Organizzazione e disciplina del territorio, composta da Quadro normativo e da tavole di piano, che non sono tuttavia arrivati all'adozione ai sensi della legislazione regionale vigente. A fianco delle componenti conoscitiva e valutativa, strategica e normativa, l'approfondimento propone una sintesi di 'buone pratiche', costituite da investigazioni e simulazioni su luoghi di particolare interesse o criticità, per offrire un contributo al perseguimento degli obiettivi del Quadro strategico.

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I documenti preliminari (terza fase e bozza di Quadro normativo) sono stati completati nell'ottobre 2003, ma l'iter di redazione si è arrestato, in attesa della riforma della disciplina urbanistica regionale e in concomitanza con l'approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino (adottato nel 1999 e approvato nel 2003 stesso). Tutti i materiali sono stati pubblicati nel gennaio 2005. Nelle intenzioni degli estensori, l'Approfondimento ambisce a non assumere un profilo e un'efficacia strettamente normativi, nell'accezione consolidata dalla disciplina urbanistica regionale. L'Approfondimento dovrebbe essere invece una "cornice per la pianificazione del territorio alle diverse scale, per le politiche settoriali e per gli interventi", con una natura "sperimentale“ (Relazione generale, ottobre 2003, pp. 37-38). In tale approccio il Quadro conoscitivo e valutativo, di cui l'approfondimento storico fa parte, ha uno spettro di intenti più vasto rispetto all'essere 'contributo' alla pianificazione, volto ad un approccio più 'interpretativo' e 'ricognitivo' che 'conformativo'. Le analisi storiche, commissionate a Luciano Re e Maria Grazia Vinardi, docenti di restauro afferenti al Dipartimento Casa-città del Politecnico di Torino, con Monica Fantone, seguono un progetto di conoscenza articolato secondo i diversi livelli dell'approfondimento: 3.4.1. Prima fase (2001) Viene ridefinito il concetto di "paesaggio culturale" alla luce della Convenzione europea del paesaggio, riprendendo anche la definizione di "conservazione integrata" proposta dalla Carta di Amsterdam del 1975: in sintesi sono le identità e le interrelazioni tra segni storici e valori culturali che devono costituire l'oggetto dell'indagine, e non il censimento di oggetti. Vengono quindi

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individuati i "temi emergenti del paesaggio culturale", ossia le trame relazionali materiali e immateriali da sottoporre ad analisi e valutazione:

• la geomorfologia del solco vallivo (sezione, versanti, conoidi, aree di instabilità), come elemento strutturante, al di là di usi e abusi (cave, opere idroelettriche, tracciati stradali)

• i caratteri naturalistici, in particolare le colture storiche con le relative opere di terrazzamento e di controllo dei torrenti

• i caratteri degli insediamenti, distinguendo: o borgate di versante legate alle attività produttive o malghe e alpeggi stagionali o cascine a corte nel fondovalle o nuclei di relazione commerciale, sociale e militare lungo

i percorsi, soprattutto di fondovalle o aree di villeggiatura o rifugi alpini o insediamenti a carattere sportivo sciistico o complessi manifatturieri

• i tipi edilizi e aggregativi, sottolineando: o rapporto tra materiali (pietra e legno), soluzioni

strutturali e distribuzione degli edifici (lobbie, graticci, fienili, manti di copertura delle falde)

o aggregazioni edilizie lungo la strada strutturante l'insediamento

o elementi visivamente dominanti (campanili) o spazi di relazione: fontane, forni pubblici, cimiteri o fortificazioni

• le emergenze monumentali legate alla dialettica tra stabilità di insediamento e attraversamento transalpino

• i valichi alpini e la viabilità, come elementi fortemente strutturanti, dall'antichità al dibattito attuale sull'Alta Velocità

• i beni architettonici con "ruolo morfogenetico e interrelato nella storia del territorio e nella costruzione del paesaggio

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culturale" (p.34), aggregati secondo sistemi (religiosi, militari, industriali)

In accordo con i criteri generali di impostazione del piano, per ogni "stanza" (ossia articolazione del solco vallivo) si definiscono gli elementi

• strutturanti: condizioni geomorfologiche condizionanti l'insediamento, infrastrutture

• caratterizzanti: beni e sistemi di beni fortemente identitari o di rilievo paesaggistico, emergenze storico-paesistiche

• qualificanti: edifici isolati o siti individui • critici: dinamiche in atto di urbanizzazione

incontrollata, consumo degli spazi rurali, infrastrutturazione ingombrante, ristrutturazioni inadeguate, abbandono dei versanti ecc.

I siti e i manufatti individuati vengono preliminarmente organizzati secondo criteri generali di intervento:

• tutela e salvaguardia • allestimento e riqualificazione • restauro architettonico e paesaggistico • mitigazioni d'impatto e riqualificazione del

contesto.

3.4.2. Seconda fase (2002) Sulla base della struttura della Valutazione strutturale che viene definendosi, e in vista dell'articolazione del Quadro strategico, vengono individuati gli interventi sul paesaggio storico riferibili alle diverse azioni in cui si articolano gli obiettivi strategici. I due obiettivi più pertinenti sono il numero 3 Rivalorizzazione paesistica culturale e il numero 5 Riorganizzazione dell'assetto

Piano Territoriale Regionale Approfondimento della Valle di Susa, seconda fase (2002), Studio relativo al paesaggio, 3. Repertorio iconografico per "stanze", schizzi di G.B. Clemente Rovere relativi alla bassa valle e alla conca di Oulx, pp. 112 e 127.

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insediativo ed infrastrutturale, organizzati nelle seguenti azioni, in cui il contributo storico è strettamente integrato con le altre analisi:

•••• azione 3.1. recupero dei paesaggi •••• azione 3.2. riduzione del degrado visivo •••• azione 3.3. tutela di aree e risorse •••• azione 3.4. difesa di identità e patrimonio •••• azione 3.5. recupero di nuclei e tipologie •••• azione 5.1. razionalizzazione insediamenti sparsi,

contenimento sviluppi •••• azione 5.2. riqualificazione ambiti territoriali interessati da

dismissioni industriali •••• azione 5.3. riorganizzazione servizi e funzioni •••• azione 5.4. potenziamento ferrovia e trasporti pubblici •••• azione 5.5. e 5.6. riorganizzazione nodi di intersezione e

riduzione criticità viabilità 3.4.3. Terza fase (2003) Le conclusioni delle indagini preliminari affrontano il problema de La conservazione e l'avvaloramento dei beni del paesaggio culturale, proponendo alcuni sintetici orientamenti finalizzati al quadro normativo del piano e alla proposta di "indicazioni per diverse categorie di interventi sul patrimonio architettonico e ambientale, che possono essere tradotte in norme e raccomandazioni, in particolare alle scale microurbana ed edilizia" (p.3). Sono affrontati criteri relativi a principi generali, quali:

• la questione della gestione degli interventi sulla lunga durata (non solo compatibilità, ma anche sostenibilità delle proposte e delle realizzazioni)

• il giudizio di valore sui beni: non è assoluto, ma storico, rispecchia sensibilità e concezioni storiografiche che si

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trasformano, pertanto deve essere soggetto a revisioni e aggiornamenti

• un orizzonte di priorità: "privilegiare ciò che testimonia le origini della contemporaneità, cioè l'organizzazione del territorio e il patrimonio tipologico ed edilizio dalla fine del Settecento in poi, ed in particolare le consistenze dell'infrastrutturazione stradale e ferroviaria ottocentesca e la trasformazione produttiva" (p.5), senza cadere nella tentazione della ricerca dell'aneddotico, della curiosità, del richiamo turistico estemporaneo

• l'approccio all'individuazione dei beni: ricerca di relazioni e di continuità di uso/memoria, senza pretese di estensività e sistematicità di rilevamento analitico; lettura per valori demoetnoantropologici (memorie, tradizioni, frequentazioni) e per percorsi consolidati

• rapporto con i nuovi interventi: il problema è di spettanza del progetto edilizio e della responsabilità del progettista: "non vi è nessuna garanzia che una prescrizione ottenga miglior esito di una semplice indicazione, potendosi giudicare l'architettura solo sulle cose fatte, e neanche dai progetti […] e non potendosi l'ésprit de finesse prescrivere per norma" (p.7)

L'esito dell'ultima fase sono "raccomandazioni pratiche", unicamente testuali, per offrire criteri di orientamento che aiutino a superare da un lato il ricorso a 'finti rustici' e a costruzioni nuove 'in stile', dall'altro l'inseguimento delle mode e delle innovazioni tecnologiche scarsamente meditate. Problemi emergenti diffusi o specifici sono:

o qualità delle difese spondali e delle opere di risarcimento di frane ed erosioni, da realizzare con tecniche di ingegneria naturalistica e maturali naturali (gabbioni in pietre, piantumazioni); evitare la cementificazione degli alvei, anche in contesti urbani (sistemazioni a "lungofogna", p.11);

o tutela delle infrastrutture storiche (tracciati ottocenteschi, ferrovie, percorsi di altura e di valico) e proposta di interventi

Piano Territoriale Regionale Approfondimento della Valle di Susa, tavole B3 Reti di connessione infrastrutturali, funzionali e ambientali, scala originale 1:50.000, tavola 3 Percorsi storici culturali e relazioni paesistiche (Oulx-Salbertrand).

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di valorizzazione paesaggistica delle strade di grande percorrenza, evitando le barriere omologanti, le opere di protezione invasive, le aree di cantiere irrisolte, ma prevedendo aree di sosta e piazzole panoramiche, con studio delle relative visuali;

o recupero della qualità delle sponde fluviali, in particolare nelle aree intercettate dal tracciato autostradale;

o indicazioni per interventi edilizi sulle preesistenze, criteri per nuovi interventi edilizi in aree di nuova edificazione, indicazioni per l'allestimento degli spazi pubblici.

Il percorso analitico, argomentato su tavole di analisi della cartografia storica e della consistenza attuale dei beni individuati, non arriva – per esplicita scelta del gruppo di lavoro – alla stesura di tavole grafiche di indirizzo e orientamento per la qualità del paesaggio. Consistente invece il contribuito all'individuazione puntuale sulla cartografia attuale di permanenze di sistemi di beni, redatte su basi in scala 1:10.000, mediante il confronto tra fonti bibliografiche, cartografia storica e consistenza reale dei manufatti.

Piano Territoriale Regionale Approfondimento della Valle di Susa, tavole B4 Principali elementi e relazioni di specifico interesse o criticità, scala originale 1:25.000, tavola 3 Sistemi e segni del paesaggio culturale, dettagli (Bussoleno) e legenda.

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4. LA STRUTTURA STORICA DEL TERRITORIO NELLA PIANIFICAZIONE PAESISTICA 4.1. Il quadro generale: il PTR del 1997 Gli esiti principali dell'indagine storica condotta da Vera Comoli (cfr. paragrafo 3.2.), sintetizzati nel relativo Quaderno, vengono recepiti dalle norme di piano: "il primo criterio ordinatore per un assetto territoriale possibile, e quindi per uno sviluppo sostenibile, non può che discendere dalle coordinate spazio temporali; cioè dall'immagine del suolo, dai segni e dai fenomeni che esso contiene e rappresenta, e contestualmente dalle 'ragioni della storia' che il territorio esprime e manifesta" (Relazione, 1.2.2.). Come sopra ricordato, il PTR viene definito "piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali" ai sensi dell'art. 1 bis L. 431/85, assegnando quindi alle componenti storiche un ruolo intrinsecamente e relazionalmente rilevante.

• l'art. 17 riconosce la rilevanza di alcune architetture, non per l'intrinseca monumentalità o per il valore storico, bensì per l'estensione del contesto culturale di riferimento; "Sono architetture e complessi architettonici il cui 'sito' è l'intero Piemonte. Edifici e complessi che in ogni modo hanno avuto, per formazione e per trasformazione (e che tuttora mantengono) un significato non locale, ma di dimensione almeno regionale, con connessioni, reali o virtuali, anche di dimensione sovraregionale ed europea." (Relazione, 1.2.2.);

• l'art. 18 recepisce l'istanza di descrivere e tutelare i beni in quanto "sistemi" o in quanto elementi paradigmatici per "tipologie che concorrono a definire il carattere specifico della Regione", su cui concentrare le politiche di tutela attiva;

• l'art. 19 individua le aree storico-culturali. "Il Ptr individua dunque le tipologie costruttive ed edilizie, infrastrutturali, urbanistiche, paesistiche e territoriali che hanno un tale grado

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di riconoscibilità (analisi diretta del territorio), di specificità (esame comparato dei vari territori storici), di ripetitività (quantificazione relativa dei fenomeni), da proporsi come patrimonio storico connotante reale e virtuale; cioè come elementi e sistemi di condizionamento culturale da non eludere – ma da conservare e valorizzare - in sede di pianificazione e in sede operativa, anche in relazione ai processi, indirizzi e direttive della pianificazione subregionale." (Relazione, 1.2.2.). Tale individuazione non assume valore direttamente prescrittive: la verifica delle perimetrazioni e l'individuazione di direttive e indirizzi è demandata alla pianificazione provinciale;

• l'art.12 rimanda a livelli di pianificazione ulteriori per le 60 aree ad "elevata qualità paesistico ambientale", perimetrando sia alcuni insiemi geomorfologici di rilevante significato naturalistico e storico-culturale (già oggetto di specifica notifica di interesse pubblico in relazione di provvedimenti attuativi della L. 431/85), sia altre aree particolarmente significative e complesse dal punto di vista della stratificazione storico-territoriale. Sono previsti quattro diversi tipi di pianificazione:

��Piani Territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali di competenza regionale (15)

��Piani Territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali di competenza provinciale (23)

��Piani Paesistici di competenza regionale (14) ��Piani Paesistici di competenza provinciale (8)

I piani "sono adottati dalla Regione per le aree dichiarate di interesse regionale; per le altre aree, sono adottati dalla Provincia interessata."

Piano Territoriale Regionale, Relazione, cartogramma 1.5, individuazione delle aree di elevata qualità paesistico-ambientale (art. 12).

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4.2. Il piano paesistico di Pollenzo (2002) Se il PTR del 1997 ha "specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali", tuttavia – come sopra ricordato – "in conformità all'art. 1 bis della legge 431/85 e all'art. 4 della Lr 20/89, le aree a elevata qualità paesistico-ambientale sono sottoposte a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale mediante adozione di piani paesistici o di piani territoriali con valenza paesistica da parte della Regione e delle Province interessate" (art. 12). Dal 1999, la Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica, in particolare mediante il Settore Pianificazione Paesistica, per dare attuazione al PTR avvia le indagini preliminari alla redazione dei Piani Paesistici di competenza regionale, ossia le aree così definite dall'art. 12 del PTR medesimo:

39. area della tenuta ex Reale del centro storico di Pollenzo; 40. territorio delle Rocche dei Roeri Cuneesi; 41. zona delle Cascine ex Savoia del parco del castello di Racconigi; 42. zona della Valle Anzasca; 43. zona del lago d'Orta; 44. castello e aree dei Giardini Reali nei comuni di Venaria e Druento; 45. zona della collina di Rivoli; 46. zona del Sestriere; 47. territori di Novalesa e Moncenisio; 48. territorio della valle Argentera; 49. territorio dei Bosco della Partecipanza e Lucedio; 50. zona di monte Fenera; 51. territorio dei Roeri Astigiani; 52. territorio della conca di Vezzolano;

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Come sopra ricordato (paragrafo 3.3) la Scuola di specializzazione in Storia, analisi e valutazione dei beni architettonici e ambientali del Politecnico di Torino – diretta da Vera Comoli – nel 2000 realizza le indagini sulla struttura storica del territorio e sui sistemi di beni culturali di rilevanza paesistica per le aree 39-43, 46-48, 50-52. La prima area in cui il processo di pianificazione arriva all'adozione da parte della Giunta Regionale (dicembre 2002, con integrazioni maggio 2004) è l'Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo – già perimetrata con DM 1.8.1985 ai sensi della L. 431/1985 – il cui piano paesistico è avviato nel maggio 2000 ed è completato nel maggio 2002. I documenti di piano con la documentazione allegata sono pubblicati nel relativo cd della Regione Piemonte, Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica, edito nel 2003. La redazione del piano è stata curata da Franco Ferrero (Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica della Regione), Osvaldo Ferrero e Alfredo Visentini (Settore Pianificazione Paesistica). Numerose le ragioni che rendono l'area di Pollenzo (divisa tra i comuni di Bra, La Morra e Cherasco, in provincia di Cuneo) di particolare interesse storico, ma anche di delicata gestione:

• il sito dell'attuale località Pollenzo coincide con l'antica città romana di Pollentia, nota per le indagini archeologiche e per le tracce di centuriazione, ma soprattutto per la riconoscibile costruzione del nucleo storico sui resti dell'anfiteatro romano;

• dopo una forte contrazione insediativa medievale, Pollenzo inizia una nuova vita con l'acquisto da parte del re Carlo Alberto, che tra il terzo e il quarto decennio dell'Ottocento realizza una vasta tenuta agricola sperimentale, con architetture, spazi di relazione, infrastrutture e manufatti di rilevanza storica e paesaggistica; la Tenuta fa parte del Sistema delle Residenze e Collezioni Sabaude, iscritto dal 1997 alla lista Unesco del Patrimonio dell'Umanità (WHL);

Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, Tav. P1 Foto aerea del sito.

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• parte della Tenuta è stata rifunzionalizzata a centro alberghiero ed enogastronimico, collegato ad un'istituzione di alta formazione universitaria in tali ambiti;

• l'area è interessata dal forte sviluppo dell'attività viti-vinicola delle adiacenti aree delle Langhe e del Roero, potenzialmente appetibile per l'impianto di aree commerciali e industriali, grazie anche al prossimo arrivo dell'autostrada Asti-Cuneo;

• la Tenuta e il centro storico sono immediatamente adiacenti il corso del Tanaro, il cui alveo è soggetto – storicamente e attualmente – a importanti esondazioni.

L'elaborazione del piano ha consentito di mettere a punto il raccordo tra analisi storica (analisi degli elementi culturali), altri contributi disciplinari (analisi degli elementi culturali) e contenuti del piano, con il vantaggio di interessare una superficie limitata e di poter già tener conto di tre ulteriori passaggi culturali e normativi: l'entrata in vigore del testo unico del beni culturali (D.Lgs. 490/1999, ora abrogato dal nuovo Codice), l'apertura alla firma della Convenzione europea del paesaggio (2000) e l'accordo tra Ministero per i beni e le attività culturali e le regioni sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio (19.4.2001). Dall'analisi storica al Piano: norme per Ambiti e per Elementi Dal punto di vista dei contenuti interpretativi, il merito principale dell'analisi storico-territoriale è stato il tentativo di porre in relazione i processi – assai eterogenei e non strettamente consequenziali – che hanno definito la particolarissima struttura storica del territorio di Pollenzo:

• la costruzione di una periodizzazione coerente ha messo in relazione contributi disciplinari molto diversi e poco comunicanti (archeologia del sito e del territorio, storia dell'insediamento medievale e delle migrazioni dell'habitat,

Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, Tav. P1 Ambiti paesaggistici omogenei, maggio 2002 (scala originale 1:5.000).

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storia del paesaggio agrario moderno, committenza reale, regime del fiume ecc.);

• l'individuazione dei sistemi di beni e la loro valutazione ha consentito di restituire in modo sistematico e coerente il rapporto tra processi e territorio, anche in questo caso superando settorialismi disciplinari.

In sintesi, al centro dell'analisi sta la materialità dei processi storici, associata alla consapevolezza del preminente valore relazionale e culturale dei sistemi di segni pervenuti. Il piano paesaggistico ha tentato di trasformare in documento di pianificazione tale quadro interpretativo, all'interno di un panorama quadro di obiettivi, anche di carattere sociale, educativo ed economico (cfr. art.1). • l'incrocio di periodizzazione e individuazione di beni ha

evidenziato la riconoscibilità di 3 macro-aree dai caratteri storici coerenti, puntualmente descritti nei loro fattori morfogenetici e nei loro esiti materiali persistenti (Burdina, Isola, San Marco); a loro volta le macro-aree sono aggregazione di contesti storici e paesistici omogenei di minor estensione e più specifica caratterizzazione

��a partire dall'individuazione di tali macro aree e contesti, il Piano definisce i 6 Ambiti Paesaggistici Omogenei (Burdina, Isola, Laghi e stagni di Pollenzo, castello e parco, centro abitato di Pollenzo, San Marco), intesi come "parti di territorio che hanno caratteristiche simili per la caratterizzazione fisica, per le forme del loro utilizzo e per la presenza di emergenze o elementi paesaggistici facilmente identificabili" (NTA, art. 5), di cui si definiscono valori, problematiche e obiettivi in specifici articoli, con immediato valore normativo (artt. 6-11)

Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, documentazione fotografica allegata relativa all’Isola e alla Tenuta.

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• l'incrocio tra fonti documentarie e fonti materiali ha portato al riconoscimento di beni, esito di dinamiche socio-economiche, politico-istituzionali e culturali, le cui tracce sono state aggregate in sistemi relazionali, cui sono stati riconosciute due diverse classi di valore (elevato valore storico-artistico; valore ambientale/documentario)

��il Piano riconosce tali beni – individui e sistemi – come Elementi Paesaggistici (art. 12) su cui si applicano, oltre alla norma di ambito, specifiche prescrizioni contenute nelle schede normative facenti parte integrante del Piano.

La disciplina di Ambito Paesaggistico Omogeneo Le prescrizioni del Piano hanno efficacia immediata, in quanto "immediatamente prevalenti" ai sensi della L.R. 56/1977 e s.m.i. Ciò è stato possibile in quanto il Piano investe una porzione circoscritta di territorio, indagata e normata a scala micro-urbana, se non quasi edilizia (tavole in scala 1:5.000). Analizziamo le modalità di intervento del Piano sugli Ambiti, con l'analisi dell'art. 10 sull'ambito di "San Marco", particolarmente delicato in quanto proposto come estensione dell'area perimetrata dal PTR e a forte appetibilità insediativa: • ragioni dell'individuazione: riconoscibilità di sistema colturale,

rete irrigua e legame bipolare con Santa Vittoria d'Alba • valori: connessione visiva con i Roeri e le Langhe, in contesto

rurale conservato come naturale pertinenza della Tenuta e del centro storico

• obiettivi di piano: "Il Piano persegue la tutela e la conservazione delle attuali destinazioni d'uso e delle caratteristiche dell'area destinata essenzialmente alla normale pratica agricola e alla produzione biologica"

• destinazioni d'uso ammesse:

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o residenza rurale ed edifici connessi alla conduzione dei fondi e all'allevamento non intensivo

o residenza, all'interno della volumetria esistente o agriturismo o attività culturali, sportive, ricreative, associative e spazi

pubblici, soggette a restrizioni per volumetria e forma o attività naturalistiche

• restano tollerate le attività produttive e artigianali non nocive né moleste esistenti alla data di adozione del Piano, senza possibilità di ampliamento

• interventi ammessi: manutenzione (ordinaria e straordinaria), restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, demolizione fabbricati incongrui, ma anche il "recupero del volume delle tettoie, dei fienili, ecc. […] purché contestualmente si proceda al recupero delle caratteristiche tipologiche tradizionali dell'intero edificio oggetto dell'intervento", secondo i criteri esposti nella Guida per gli interventi edilizi nell'area territoriale dei Comuni dell'Associazione del Barolo elaborata dalla Regione Piemonte, allegata al piano come parte integrante delle norme di attuazione (cfr. paragrafo 5.3. del presente documento)

• è anche ammesso un bonus di volumetria aggiuntiva pari al 20%, purché – anche in questo caso – si proceda "al recupero delle caratteristiche tipologiche tradizionali dell'intero edificio" con i criteri sopra enunciati, e a condizione che l'ampliamento segua i criteri riportati da un'altra delle guide della Regione Piemonte, ossia la Guida redatta per gli interventi edilizi di recupero degli edifici agricoli tradizionali, anch'essa parte integrante delle norme (cfr. paragrafo 5.2. del presente documento)

• anche le attività agricole sono disciplinate: non sono ammesse coltivazioni intensive o in contrasto con i caratteri dei luoghi e della tradizione (divieto dei tunnel in plastica e serre) e sono proibite trasformazioni per l'allevamento intensivo; nuovi centri

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aziendali o allevamenti intensivi potranno essere realizzati fuori dall'area di piano, sfruttando anche la cubatura maturata applicando gli indici di densità fondiaria ai terreni all'interno dell'area di piano;

• sono ammessi interventi di recupero del paesaggio (cortine vegetali di occultamento, eliminazione di recinzioni) e interventi per il miglioramento della fruizione dell'area (servizi, accoglienza, parcheggio), ma che dovranno "adeguarsi alla caratteristica del paesaggio agricolo esistente", recuperare i percorsi storici esistenti, avere volumetria contenuta e forma riferita ai tipi tradizionali, parcheggi e recinzioni conformi a specifiche norme

• per favorire la rilocalizzazione di attività artigianali dal centro storico, si individua un'area per impianti artigianali, con obbligo di fascia vegetale di occultamento verso l'area rurale (con prescrizione di specifica progettazione del verde da parte di specifiche professionalità) e di fascia a verde di mascheramento e arredo verso strada; i volumi previsti sono soggetti a limiti dimensionali e cromatici.

La disciplina di Elemento Paesaggistico Ogni elemento (bene individuo o sistema di beni) è schedato con apposito documento, riferito in modo puntuale alla cartografia di piano; nella scheda si riportano:

• indicazioni per la tutela e la valorizzazione del bene stralciate dall'indagine storica: valore del bene, criticità e potenzialità

• prescrizioni: interventi ammessi (per funzioni, tipi, materiali) e prescrizioni specifiche

• iconografia relativa a: ��foto aerea ��foto da terra ��cartografia storica (stralcio da uno dei

documenti di analisi) ��estratto della cartografia di Piano (tavola P2,

relativa agli Elementi Paesaggistici), con

Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, Tav. P2 Elementi paesaggistici, maggio 2002 (scala originale 1:5.000), dettaglio centro storico e Isola.

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eventuali indicazioni di massima per ingombri planimetrici aggiuntivi

Altri ambiti di intervento del piano Alcuni temi o problemi di carattere diffuso sono oggetto si specifici articoli:

• elementi vegetali minori (art. 13), da rilevare in maniera puntuale in ambito di adeguamento di PRGC e da sottoporre a specifica normativa (salvaguardia, ricostituzione di corridoi ecologici minori, riduzione fenomeni di isolamento, mitigazione di discontinuità), con divieto di introduzione specie esotiche o non compatibili;

• recinzioni (art. 14): in caso di rifacimento, preferenza a steccati in legno o siepi nelle aree agricole

• viabilità e parcheggi (art. 15): restauro acciottolati esistenti, divieto di nuove strade con pavimentazioni bituminose o cementizie (ammessi percorsi con materiali tradizionali), definizione formale dei parcheggi

La relazione visiva e strutturale con le aree adiacenti è prevista dal Piano (art. 20; cfr. tav. P4), mediante l'individuazione delle "emergenze paesaggistiche" e di "punti belvedere", per i quali (oltre che per l'intero intorno dell'area) vengono indicate prescrizioni che potranno essere introdotte nei piani comunali e provinciali. Riferimenti: Osvaldo Ferrero, La pianificazione del paesaggio, in Istituto Nazionale di Urbanistica, Rapporto dal territorio 2003. Rapporto della Regione Piemonte 2005, a cura di Mauro Giudice, responsabile scientifico Pierluigi Properzi, Roma 2003, pp.6-8 (www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/pubblic/dwd/rapporto03.pdf) Regione Piemonte, L'agenda della pianificazione territoriale in Piemonte: la pianificazione paesistica, in 5 Rassegna Urbanistica Nazionale, Venezia 2004, catalogo della mostra, pp.1-5.

Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, Tav. P2 Elementi paesaggistici, maggio 2002 (scala originale 1:5.000), dettaglio Tenuta.

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Osvaldo Ferrero, La pianificazione paesistica: attività ed esperienze; Osvaldo Ferrero, Maria Quarta, L'importanza dell'analisi storica nella pianificazione paesistica; Osvaldo Ferrero, Alfredo Visentini, La pianificazione paesistica su due aree ad elevata qualità paesistico ambientale, in Governare il territorio piemontese: ruoli, competenze e problemi. Rapporto 2004 sull'urbanistica e la pianificazione del territorio, a cura di Clara Ferrero e Mauro Giudice, Savigliano 2004, pp.43-54 (www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/pubblic/dwd/governar.pdf) Osvaldo Ferrero, Una nuova stagione di pianificazione del paesaggio, in Istituto Nazionale di Urbanistica, Rapporto dal territorio 2005. Rapporto della Regione Piemonte 2005, a cura di Mauro Giudice, Roma 2005, pp.11-12 (www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/pubblic/dwd/rapp05.pdf).

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Piano Paesistico Area della Tenuta ex Reale e del centro storico di Pollenzo, stralci di schede normative relative agli Elementi paesaggistici, allegate alle Norme tecniche di attuazione.

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4.3. Il piano paesistico di Racconigi (2003) Il tema del paesaggio storico di pianura è stato affrontato – dopo il caso di Pollenzo – anche per il territorio di Racconigi, individuato dall'art.12 del PTR come area di elevata qualità paesistico-ambientale, denominata "41. zona delle Cascine ex Savoia del parco del castello di Racconigi". L'interesse del confronto tra i due casi è costituito dalla presenza di processi di trasformazione comuni, ma in contesto morfologico e in una stratificazione storica remota differenti. Punto di contatto tra Racconigi e Pollenzo è l'attività del re Carlo Alberto (il cui ramo dinastico era storicamente proprietario del castello) nel ridisegnare a uso produttivo il territorio rurale pianeggiante, in questo caso prossimo al centro storico di Racconigi e al fiume Maira. Racconigi, come Pollenzo, fa parte del Sistema delle Residenze e delle Collezioni sabaude iscritte al Patrimonio mondiale dell'Unesco. Le analisi storiche sono state realizzate da Vera Comoli, Annalisa Dameri e Nadia Pernaci. La stesura del piano è completata nell'ottobre del 2003, ma la modifica del contesto normativo nazionale (approvazione nel gennaio 2004 del nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio D. Lgs. 42/2004) e le prospettive di riarticolazione di quello regionale hanno consigliato la sospensione dell'iter. La redazione del piano è stata curata da Franco Ferrero (Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica della Regione), Osvaldo Ferrero e Alfredo Visentini (Settore Pianificazione Paesistica). Nella continuità di interpretazione e di proposta con il piano di Pollenzo, il Piano sviluppa prevalentemente temi di conservazione e restauro di paesaggio agrario di pianura, esplicitando i seguenti obiettivi:

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• valorizzazione delle grandi cascine sabaude e del paesaggio agrario circostante

• restauro delle alberate lungo gli assi rettori • mitigazione e occultamento degli elementi degradanti • miglioramento della fascia boschiva lungo il Maira • riqualificazione del borgo Maira

In questo caso l'articolazione normativa prevede tre livelli, con "valenza prescritiva diversificata e graduata in relazione agli obiettivi di tutela e valorizzazione da perseguire:

a) norme di indirizzo, non immediatamente cogenti e applicabili, destinate a fornire ai soggetti pianificatori criteri e orientamenti da utilizzare nel processo di pianificazione locale (riportate nell’articolato con carattere tondo)

b) norme prescrittive, vincolanti ma non immediatamente cogenti e applicabili, che richiedono il loro recepimento all’interno degli strumenti di pianificazione o con appositi regolamenti o strumenti normativi da parte dei soggetti pianificatori nei termini temporali indicati dal piano (riportate nell’articolato con carattere corsivo)

c) norme immediatamente prevalenti e vincolanti; esse sono immediatamente precettive, prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici e sono cogenti per i privati e per gli Enti competenti al rilascio dei provvedimenti autorizzativi edilizi e non (riportate nell’articolato con carattere grassetto)

Ambiti Paesaggistici Omogenei ed Elementi Il valore di bene attribuito a porzioni vaste di territorio, anche in questo caso porta alla definizione di Ambiti Paesaggistici Omogenei come strumenti di interpretazione storica e strutturale, distinguendo:

Piano Paesistico della zona delle cascine ex-Savoia del parco del Castello di Racconigi, Tavola delle conoscenze, scala originale 1:5.000, ottobre 2003.

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• castello e parco, in quanto emergenze storico-artistiche di valore assoluto, ma di cui deve essere valorizzata la relazione con il complesso della Margaria e con il territorio rurale delle cascine ex sabaude;

• latifondo, ossia la trama estesa dei territori rurali organizzati secondo la griglia viaria e irrigua, con le emergenze funzionali e paesaggistiche delle grandi cascine a corte

• nucleo abitato prossimo al castello, centro di media rilevanza regionale ma di grande interesse storico, con aree di recente edificazione e di modesta qualità, pericolosamente prossime all'area del castello.

Dando per scontata la tutela e la valorizzazione del castello e del parco, su cui le Soprintendenze competenti e la Regione hanno redatto appositi Accordi di Programma (2001 e 2002), i reali nodi teorici e operativi sono costituiti da:

• interpretazione e tutela del paesaggio agrario di pianura, storicamente strutturato ma interessato da attività produttive e insediative di una certa dinamicità;

• rapporti tra territorio rurale e margini dell'edificato recente, cresciuto prima dell'acquisizione della consapevolezza del valore del sito.

Con specifica attenzione al tema del paesaggio rurale di pianura, ci soffermiamo sulla disciplina dell'Ambito "Latifondo". Per il "Latifondo" sono previste dalle Norme tecniche (art. 7) le destinazioni d'uso ammesse, gli interventi sui fabbricati consentiti, le possibilità di aumento delle volumetrie e il regime di conduzione agraria permesso. Da notare alcuni passaggi:

• per le architetture rurali, come per Pollenzo, è ammesso il recupero dei volumi di tettoie e fienili, come anche l'aumento del 20% della cubatura, a condizione che "contestualmente di proceda al recupero delle caratteristiche tipologiche

Piano Paesistico della zona delle cascine ex-Savoia del parco del Castello di Racconigi, Tavola di progetto, scala originale 1:5.000, ottobre 2003.

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tradizionali dell'intero edificio oggetto dell'intervento", secondo le indicazioni dell'Allegato A delle norme;

• sono segnalati, con norma immediatamente vincolante, gli edifici "da sottoporre a progetto di riqualificazione architettonica contestualmente al primo intervento di ristrutturazione edilizia o di ampliamento, al fine di ridurne l'emergenza percettiva e favorire il dialogo con il contesto edificato circostante di più antico impianto, anche con l'impiego di materiali, forme e dimensioni, colori e caratteristiche tipologiche ispirate alla tradizione locale", incluse le recinzioni e le pertinenze;

• per le attività agricole, si prescrive che l'area "deve essere uniformemente utilizzata a coltivo e prativo", non ammettendo piantumazioni di tipo industriale o specie arboree non autoctone, né l'impianto di centri di allevamento intensivo; come per Pollenzo è consentito il recupero della cubatura all'esterno dell'area del piano per nuovi centri aziendali o allevamenti intensivi

A differenza dell'impianto normativo di Pollenzo, che prevedeva singole schede normative per i beni individuati, per il latifondo di Racconigi si definiscono delle norme per "tipo" di bene, così articolate:

• cascine storiche, destinate a ritrovare la propria funzione ordinatrice del territorio e del paesaggio (ruolo delle corti, degli accessi monumentali, delle prospettive degli assi rettori passanti o tangenti): gli interventi devono seguire le norme dell'Allegato A, inoltre sono individuate alcune aree – già compromesse e suscettibili di completamento e riqualificazione – in cui concentrare la volumetria di eventuali ampliamenti (norme prescrittive di tipo c, immediatamente prevalenti), contestualmente alla realizzazione di fasce di occultamento di specie arboree ed arbustive autoctone;

Piano Paesistico della zona delle cascine ex-Savoia del parco del Castello di Racconigi, Tavola di progetto, scala originale 1:5.000, ottobre 2003, dettaglio.

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• assi rettori della struttura rurale, storicamente trattati ad allea alberata, centrati prospetticamente sulle cascine e sulle connessioni con il parco del castello: si prevede la ricostruzione delle parti mancanti delle alberate ai lati degli assi rettori secondo le indicazioni tratte dalla cartografia storica (norma prescrittiva di tipo b, che richiede il recepimento all'interno degli strumenti di pianificazione o con appositi regolamenti), accompagnata al potenziamento della fruizione turistica, con il mantenimento dei fondi non asfaltati;

• tenuta Berroni, villa padronale con parco di elevato valore storico-artistico: si prevede (norma prescrittiva di tipo c) la mitigazione del nucleo aziendale fortemente impattante adiacente e si individua l'area in cui concentrare eventuali altri volumi, realizzati come da Allegato A e occultati da vegetazione;

• nuclei rurali di antico impianto: si prevede (norma prescrittiva di tipo c) la possibilità di inserire nuovi edifici "in modo organico nel contesto esistente garantendo la continuità della trama insediativa originaria ed escludendo la tipologia isolata"; per i casi di edifici fortemente compromessi, si prevede che gli interventi superiori alla manutenzione ordinaria debbano prevedere "una contestuale riqualificazione architettonica e formale dell'intero edificio che garantisca una migliore integrazione con le preesistenze edilizie e che ne riduca l'emergenza percettiva", comprese recinzioni e pertinenze;

• edifici a carattere religioso in contesto rurale: si segnala l'urgenza di interventi di restauro;

• fascia fluviale boschiva, in parte classificata come SIC: si prevede il potenziamento della fruizione naturalistica e paesaggistica;

• filari: si propone "il restauro e la ricostruzione delle alberate lungo alcuni assi viari espressamente segnalati in cartografia che , per l'elevato valore paesistico e per i diretti rapporti

Piano Paesistico della zona delle cascine ex-Savoia del parco del Castello di Racconigi, documentazione fotografica allegata relativa alle infrastrutture idriche e alle cascine storiche.

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visuali con altri elementi di valenza paesaggistica, sono stati rilevati e sottoposti all'attenzione del processo di pianificazione dall'indagine storica" (norma prescrittiva ma da regolamentare, di tipo b);

Seguono una serie di indicazioni su alcune aree produttive e insediative interne o adiacenti l'ambito paesaggistico, tutte coinvolte da interventi di riqualificazione e occultamento secondo specifico regolamento (norma prescrittiva di tipo b). In prospettiva spiccatamente progettuale, viene individuata un'area su cui possono insediarsi attività a servizio della residenza sabauda e dell'area, previa bonifica degli aspetti incongrui e redazione di specifici strumenti di pianificazione e di progetto. Si prevede (art. 9) che il comune, contestualmente alla recezione del piano a livello urbanistico, provveda alla redazione di un "piano del verde" che vada a regolamentare tutti gli aspetti vegetativi prescritti dal piano Le norme tecniche di attuazione (art. 14) offrono anche indicazioni sulle aree adiacenti al perimetro dell'area pianificata, recependo la sostanza – purtroppo solo con norme di indirizzo non prescrittive – delle individuazioni di beni realizzate in sede di indagini storiche preliminari (cascine a ovest dell'area, borgate, mulino, setifici, asse rettore per Cavallermaggiore). Guide per gli interventi edilizi allegate al piano (Allegato A) Le norme tecniche di attuazione subordinano la possibilità di interventi edilizi in contesti storici al recepimento degli orientamenti contenuti nell'Allegato A, costituito da:

• stralcio della Guida per gli interventi edilizi nell'area territoriale dei Comuni dell'Associazione del Barolo, Regione

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Piemonte, Direzione Pianificazione e Gestione Urbanistica, Settore Pianificazione Territoriale Operativa (2000)

• fascicolo Indirizzi progettuali per gli interventi edilizi sui fabbricati di origine rurale, appositamente redatto dal Settore Pianificazione Paesistica (2003)

Tale secondo documento è composto da due parti:

• criteri di intervento sugli edifici e nei contesti storici, specificando in forma unicamente testuale indirizzi per:

o ampliamenti o nuovi fabbricati rurali o coperture o gronde e pluviali o muri tagliafuoco e comignoli o abbaini e lucernai o materiali di rivestimento delle facciate o aperture e serramenti o inferriate, ringhiere e balconi o tinteggiatura dei prospetti o porte, portoni e passi carrai o impianti tecnologici o grandi corti, cortili e pertinenze

• Repertorio delle tipologie edilizie e dei particolari costruttivi: la seconda parte degli Indirizzi propone un'efficace rassegna di casi-studio del territorio di Racconigi, documentati fotograficamente e con sintetici commenti relativi alle qualità rilevate e agli elementi detrattori riscontrati; si indagano:

o tettoie con pilastri in mattoni, carpenterie lignee e manto in coppi

o cortili definiti da porticati (anche con struttura in calcestruzzo armato, ma in continuità formale con i processi aggregativi consolidati)

o edifici in linea a due piani per residenze, stalle e fienili, con pilastrature e balconate;

Piano Paesistico della zona delle cascine ex-Savoia del parco del Castello di Racconigi, Allegato A, Repertorio delle tipologie edilizie e dei materiali costruttivi, pp. 17, 23.

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o grandi corti con ampi prati curati, vialetti perimetrali in ghiaietto, attenta progettazione di gruppi di alberature, filari di piante lungo gli assi rettori

o portali monumentali di ingresso alle cascine, portoni, serramenti

o composizione dei volumi e inserimento paesaggistico, con attenzione anche all'impatto visivo di materiali e tecniche

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5. LE GUIDE PER LA QUALITÀ DEL PAESAGGIO L’Assessorato all’urbanistica e alla pianificazione della Regione Piemonte ha prodotto una serie di volumi finalizzati all’indirizzo alla progettazione, raccolti sotto la definizione complessiva di Guide per la qualità del paesaggio:

• Guida per la pianificazione in aree extraurbane nell’ambito del PTR Ovest Ticino (1998);

• Guida per gli interventi edilizi di recupero degli edifici agricoli tradizionali, zona bassa Langa e Roero (1998);

• Sistema delle colline centrali del Piemonte. Langhe – Monferrato – Roero. Studio di inquadramento (1999);

• Guida per gli interventi edilizi nell’area territoriale dei Comuni dell’Associazione del Barolo (2000);

Riferimenti: http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/pubblic/guide.htm Parallelamente ai testii citati, gli anni recenti hanno visto, in Piemonte, il moltiplicarsi di iniziative mirate alla produzione di guide e manuali per l’aiuto alla progettazione in ambito paesaggistico. Tali documenti hanno spesso origini, anche istituzionali, e configurazioni diversissime tra loro, e tuttavia costituiscono un corpus di strumentiche investe ormai ampie aree della Regione. Per un primo quadro d’insieme vedi: Regione Piemonte, Guide per il recupero del patrimonio edilizio tradizionale, Atti del Seminario di Fontanafredda (15 settembre 2000), Torino 2000 (http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/pubblic/guide.htm); Liliana Bazzanella, Guido Callegari, Massimo Crotti, Antonio De Rossi, Alessandro Mazzotta, Manuali, regolamenti edilizi, piano di settore inerenti il tema del patrimonio architettonico e ambientale, in

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Regione Piemonte, Metodologie per il recupero degli spazi pubblici negli insediamenti storici, Savigliano 2005, pp. 21-24; Mariella Olivier, Manuali per il recupero degli edifici tradizionali: strumenti nuovi per migliorare la qualità del paesaggio, in Guido callegari, Antonio De Rossi, Sergio Pace (a cura di), Paesaggi in verticale. Storia, progetto e valorizzazione del patrimonio alpino, Venezia 2006, pp. 167-172;

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5.1. Il Sistema delle colline centrali del Piemonte. Langhe – Monferrato – Roero. Studio di inquadramento

Il Piano Territoriale Regionale (PTR) del 1997 prevedeva un approfondimento relativo alle cosiddette colline centrali (Langhe, Monferrato, Roero): il Sistema delle colline centrali nasce sulla base di questa specifica. Il volume venne pubblicato nel 1999, e rappresenta il testo di base dal quale le varie Guide più specifiche, di fatto successive anche se formalmente pubblicate in precedenza, derivano e rimandano. Come documento in un certo senso introduttivo, il Sistema non fornisce indicazioni dirette, ma piuttosto delinea linee di azione il cui approfondimento affida alle pubblicazioni successive. La pubblicazione si pone l’obiettivo, visto come strategico nel quadro dello sviluppo della Regione, di fornire strumenti atti a tutelare e valorizzare il patrimonio paesaggistico, di favorire lo sviluppo di “colture qualificate” e di “attività turistico-ricreative”. I temi che lo studio si propone di affrontare sono: • la messa a punto di una metodologia di lettura e di intervento

sul paesaggio; • la definizione di indicazioni metodologiche e strumenti da

mettere a disposizione delle comunità; • la formazione di guide di consigli e raccomandazioni rivolte a

privati e Amministrazioni; • una proposta di programma per la realizzazione di un

progetto di salvaguardia e valorizzazione del sistema colline centrali.

La quantità e la relativa eterogeneità dei temi affrontati, insieme alla pluralità di destinatari di questi scritti, sono aspetti che si ritrovano in questa ed altre pubblicazioni della stessa collana. Inoltre, il rivolgersi programmaticamente ad un pubblico non necessariamente specializzato comporta una quasi inevitabile semplificazione dei ragionamenti esposti. Questa complessità, non pienamente risolta,

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si riflette immediatamente nell’indice del volume, che comprende cinque parti distinte. Nella prima parte, Studio di inquadramento del sistema delle colline centrali del Piemonte, è messa in evidenza la differenza di approccio tra questi strumenti di pianificazione e gli orientamenti “tradizionali”. Abbandonando la separazione tra tutela e pianificazione, si vedono in una nuova forma di azione di tutela, che deve essere “attiva, dinamica, diffusa, strutturale, partecipata, concreta, coerente”, e in un nuovo atteggiamento pianificatorio, che ponga attenzione su una rinnovata centralità dell’aspetto morfologico, i nuovi strumenti con cui affrontare il problema dell’ambiente antropizzato. È quindi centrale il paragrafo Raccomandazioni per la predisposizione degli strumenti urbanistici, dove, se si pone ancora l’accento sull’“inefficacia” dei singoli PRG, dovuta a “carenze di ordine conoscitivo che, necessariamente, si trasferiscono nei contenuti progettuali” dei Piani Regolatori stessi, si ammette che “non vi è alcuna garanzia che ad una esaustiva indagine sulla qualificazione storico-culturale, ambientale e paesistica del territorio, corrisponda una compiuta individuazione di obiettivi e strategie di tutela”; l’indagine rimane un requisito necessario, ma non sufficiente, per la redazione di un buon Piano, ma soprattutto costituisce “condizione per poter verificare, da parte di chiunque, la congruenza tra indagine e progetto, in particolare per cogliere una incoerente valutazione delle risorse […] nella formulazione delle scelte di piano”. Rimane comunque presente il rischio che prescrivere, da parte della Regione, indagini preliminari estremamente dettagliate costituisca un appesantimento eccessivo per le singole Amministrazioni. Un ragionamento particolare si meritano le Commissioni Edilizie, che rappresentano, specie nei piccoli Comuni, l’unico “grado di giudizio” sulle future realizzazioni; esse, intente in maniera routinaria a “dirimere questioni di interpretazioni normative, o ad istruire direttamente la pratica edilizia”, finiscono per non svolgere alcun

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controllo di qualità. Il rimedio auspicato è una riforma che introduca una netta distinzione tra incarichi professionali e istituzionali in una medesima località, “passo fondamentale per l’istituzione di un effettivo controllo estetico”. L’approccio morfologico al territorio viene distinto in tre livelli:

• strategico; • operativo; • relativo allo spazio pubblico.

Se al primo livello corrisponde un atteggiamento dell’urbanista “molto simile al restauratore di un’opera d’arte”, che impieghi tecniche coerenti e se possibile identiche a quelle tradizionali che nel passato sono state impiegate su quel territorio, al secondo si pone la necessità di “tornare alle regole”, rimettendo mano alle prescrizioni: tipologie edilizie da adottare, allineamenti obbligatori, attestamenti obbligatori alle fronti laterali, rapporti precisi con la dimensione della strada, caratteristiche degli spazi aperti. Per quanto riguarda il terzo livello, quello dello spazio pubblico e urbano, le raccomandazioni di dare a questi luoghi − “bene collettivo, […] espressione di una determinata società, di una certa cultura” − attraverso una migliore struttura pianificatoria ed una maggiore chiarezza di rapporti tra pubblico e privato, “significato e identità […], collegando contenuti funzionali con contenuti formali, storici simbolici”, rimangono a un livello di generalità.

Le prime interessanti indicazioni operative possono essere rintracciate nel capitolo Un piano di comunicazione della Regione Piemonte per il miglioramento del paesaggio culturale di Langhe – Roero – Monferrato. La prima constatazione è quella dello squilibrio nell’impiego delle risorse degli enti locali, a favore dell’attività legislativa e normativa. La strada imboccata da istituzioni estere paragonabili alle Regioni italiane va invece verso il “produrre e diffondere il savoir-faire, stimolare l’innovazione e fornire il cosiddetto aiuto all’auto-aiuto”. Si

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tratta quindi di un ruolo propositivo, operativo, che può attribuire vero significato al concetto di “tutela attiva”. La conversione dall’attività normativo-vincolistica verso quella propositiva pare stimolata, oltre che da virtuoso spirito di emulazione, anche dalla constatazione del fallimento del sistema tradizionale. Si ipotizza, prima ancora che un sistema di indirizzo alla progettazione, un “piano di comunicazione” dei valori e dei modi di intervento in quello che viene definito “paesaggio culturale”, destinato a comprendere in sé, certo, azioni di design guidance, ma anche altro, e sotto forme molto varie:

• edizione di guide di consigli e raccomandazioni destinate ai comuni;

• predisposizione di materiali per la sensibilizzazione del grande pubblico (mostre video…);

• edizione di documenti per la sensibilizzazione del grande pubblico (brochure, dépliant);

• organizzazione di attività di formazione e sperimentazione, anche in collaborazione con sponsor privati, di forme di consiglio e assistenza del tipo CAUE;

• studio degli approcci adottati dalle regioni europee; • organizzazione di concorsi di realizzazioni; • organizzazione di concorsi tra comuni.

Il prototipo di quella che sarebbe dovuta essere l’ossatura del “piano di comunicazione” presenta una serie di schede.

• Concezione e pianificazione dei nuovi quartieri e delle espansioni edilizie. Guida per la pianificazione locale. Documentazione di base ad uso dei comuni

Vengono delineati gli aspetti di una strategia pianificatoria “di qualità”, ovvero l’“adattare le zone urbanizzabili alla domanda reale”, realizzando così una “economia di superficie e continuità con gli abitati esistenti”.

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Vengono fornite raccomandazioni relative alla coerenza delle dimensioni delle espansioni alla effettiva domanda, alla loro collocazione in modo da tener conto della struttura dell’insediamento originario, della prossimità delle attrezzature, dei collegamenti, della qualità del paesaggio, della qualità dei terreni; viene suggerito di adattarsi ai rilievi, sia a livello di Piano Regolatore sia a livello di Piano Esecutivo Convenzionato (PEC); di prevedere di insediare, oltre alla residenza, altre attività, in modo da indurre gli abitanti a frequentare i nuovi insediamenti. Scendendo di scala a livello di disegno urbano, viene posto al centro del discorso lo spazio pubblico. Esso va trattato rendendosi conto della sua complessità, evitando un approccio esclusivamente funzionalistico al sistema viario; è necessario evitarne l’uniformità. Obiettivo della pianificazione è assicurare la continuità tra ambiente costruito e ambiente naturale e con la struttura costruita esistente, utilizzando le potenzialità dello spazio naturale per programmare percorsi e possibilità ulteriori di sviluppo. Per quanto riguarda la redazione dei PEC, si sollecita la “coerenza intercomunale”, “la riflessione comunale”, “l’azione fondiaria”, e si suggerisce di frapporre tra lo schema d’intenti e il progetto (che dovrebbe essere redatto prevalentemente per mezzo di disegni, limitando per quanto possibile il regolamento scritto) una fase di concertazione.

• Qualità delle lottizzazioni e dei piani di zona. Guida per la

pianificazione locale. Documentazione di base ad uso dei comuni

La lottizzazione è la modalità di urbanizzazione che, dal punto di vista banalmente quantitativo, è la più utilizzata. Ma è anche pragmaticamente considerata come lo strumento, forse l’unico, che potrebbe permettere ancora di intervenire sulle forme degli insediamenti (anche se “l’immagine del vecchio insediamento” rimane “unica e irripetibile”). Si ritrova qui il concetto di “tutela attiva”.

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Il confronto con l’edificato storico, caratterizzato da “armonia di paesaggio e abitato”, “equilibrato rapporto tra spazi pubblici e privati”, “omogeneità dei volumi delle costruzioni” è, nuovamente, inevitabile: “colpisce la mancanza di forma urbana dei nuovi insediamenti”. Ma le esigenze sono cambiate: “la possibilità di godere di un giardino privato, l’isolamento rispetto ai vicini, le possibilità d’ampliamento della propria casa costituiscono le principali attrattive del villino individuale”. Si tratta quindi di introdurre un modello di mediazione: raggruppare al massimo le costruzioni, favorendo gli accostamenti delle case le une alle altre, ad esempio attraverso le costruzioni annesse come i garage, ricercando un piano parcellare tale che la larghezza dei lotti sulla strada di distribuzione sia il più possibile ridotta; evitare di disperdere le costruzioni su lotti troppo modesti o con una struttura monotona e ripetitiva; favorire l’unità e l’omogeneità architettonica attraverso la messa in opera di un numero limitato materiali; attribuire una grande importanza alle recinzioni, poiché esse costituiscono il legame visivo tra le differenti costruzioni Il Comune dovrà esigere dagli operatori diversi tipi di azioni:

• una analisi sulle “componenti del sito naturale” e sulle “componenti del sito costruito”;

• un impegno su un programma di piantumazione, con definizione dei relativi tipi di essenze coerenti con quelle autoctone;

• elaborati grafici a scale maggiori di quelle consuete, arrivando fino a sezioni in scala 1:200;

• la dimostrazione di un “buon adattamento al terreno” (limitato uso di terrazzamenti e di variazioni delle pendenze naturali, risultato favorito dall’adozione di tipi edilizi dalla manica stretta e allungata, disposti parallelamente alle curve di livello);

• il riferimento ad una campionatura standard dei colori utilizzabili per intonaci e coperture.

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È sviluppato un esempio di espansione urbana: un “ambiente di paese” di forte densità, caratterizzato da uno spazio pubblico definito dalle costruzioni. Il caso-studio è approfondito attraverso un possibile prototipo di regolamento. Le prescrizioni dedotte dai bozzetti sono articolate su differenti livelli di importanza, in modo da preordinare parti di maggiore o minore importanza, in modo che queste ultime si possano eventualmente “alleggerire”, e riguardano l’“insediamento di costruzioni e recinzioni”, l’“aspetto delle recinzioni in rapporto allo spazio pubblico”, l’“insediamento di autorimesse e annessi”, il “volume e l’aspetto delle costruzioni”, concludendo che “una buona coerenza del volume d’insieme autorizza una diversità nei dettagli”.

• Un esempio di regolamento edilizio nelle zone sensibili. Raccomandazioni per la pianificazione locale. Documentazione di base ad uso dei comuni

Si affronta qui il problema di come presentare ai cittadini un regolamento edilizio da essi comprensibile. Il presupposto è quello dell’assunzione di responsabilità da parte dei singoli possibili attori (o dell’impossibilità del loro controllo): “Il cittadino deve essere sicuro che la norma è a suo favore e nell’interesse del comune in cui vive”. In questo quadro, “la normativa dovrebbe costituire una cornice che lascia ampio spazio alla libertà di costruzione del singolo: sono in fondo sempre il progettista e il suo cliente i responsabili della costruzione”. Viene quindi definita una serie di dieci “caratteristiche dello stile edilizio delle Langhe”.

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5.2. La Guida per gli interventi edilizi di recupero degli edifici agricoli tradizionali. Zona Bassa Langa e Roero In questo secondo volume del progetto della Regione vengono ribaditi gli intenti già espressi dal Sistema delle colline centrali: “l’obiettivo che ci si propone è quello di fornire un utile strumento tecnico, di ausilio agli operatori pubblici e privati interessati agli interventi”. In effetti, la seconda parte del testo (Norme di indirizzo per interventi su edifici agricoli tradizionali) è occupata da una serie di schede pratiche, che danno indicazioni progettuali relative alle varie possibilità di intervento sul patrimonio edilizio esistente: le indicazioni di good practice prendono forma di suggerimenti grafici chiari. Tuttavia, il carattere di cogenza delle indicazioni che si intendono fornire è molto incerto, poiché l’utilità dello “strumento tecnico” appare messa in crisi dalla funzione di promozione e dalla auspicata flessibilità dello strumento stesso. Pesante rimane inoltre il vincolo del fatto che le indicazioni proposte siano limitate esclusivamente agli edifici agricoli tradizionali. Se si riconosce che “una procedura vincolistica potrebbe risultare sterile e fine a se stessa ostacolando le possibilità di adeguamento che nascono da necessità oggettive”, la successiva proposta esecutiva, Norme di indirizzo per interventi su edifici agricoli tradizionali, è redatta nella forma di un vero e proprio regolamento, che si esprime attraverso articoli di carattere impositivo/esclusivo. I primi articoli (2-3) sono mirati al riconoscimento, attraverso una catalogazione, del tipo edilizio e della distinzione tra “le parti originarie e le successive modificazioni” del manufatto edilizio: per poter presentare domanda di intervento è necessario identificare tipo e modifiche. Gli articoli 4, 5, 6 distinguono i tipi di interventi ammissibili (dalla manutenzione ordinaria all’aggiunta di corpi). L’articolo 8 consente un piccolo incremento «una tantum» delle superfici utili esistenti, riconoscendo un “diritto all’ampliamento” di fatto praticato sotto forma di tettoie, ricoveri, microabusi. Tutti gli

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interventi che alterano i volumi dovranno “essere corredati da elaborati idonei a valutare il corretto inserimento ambientale dei nuovi volumi” (art. 12). Tutte le nuove costruzioni, così come gli interventi su edifici esistenti che dovranno ottenere il parere della Sezione provinciale della Commissione Regionale per i Beni Culturali ed Ambientali (Art. 91 bis L.R. 56/1977), a meno che non si adeguino alle prescrizioni delle schede di progetto e dell’abaco delle tecnologie e dei materiali (con l’eccezione delle nuove costruzioni, per cui il parere è sempre richiesto). Le Schede di progetto riferite alla tipologie riportate di seguito distinguono una serie di nove tipi edilizi/insediativi:

• cascina in linea; • cascina ad “elle”; • cascina a corpo doppio; • cascina di pianura; • borgo a genesi spontanea; • borgo in linea lungo asse stradale; • borgo a pettine lungo asse stradale; • nuovi corpi di fabbrica per funzioni particolari (installazioni

produttive relative alle aziende agricole, come stalle e magazzini).

Di ciascuno viene sviluppata una breve parte di analisi, attraverso l’individuazione degli “elementi ricorrenti” del tipo; in seguito viene identificato un “esemplare ideale”, nei cui confronti vengono quindi forniti alcuni indirizzi di progetto per l’ampliamento, la sopraelevazione, la realizzazione di corpi aggiunti. Attraverso una successiva discesa di scala, si passa dagli schemi volumetrici riguardanti la collocazione di un’estensione in rapporto all’edificio esistente, fino a fornire alcuni dettagli costruttivi; all’intervento “coerente” viene sempre contrapposto un esempio di operazione “non coerente”. Una successiva sezione è dedicata all’Abaco delle strutture e dei materiali: di ciascun componente dell’elenco vengono individuati gli

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“elementi ricorrenti” che li caratterizzano, gli “elementi di contrasto”, ossia i “cattivi esempi” di intervento, le “altre soluzioni ammissibili”. Il linguaggio proposto, riferendosi unicamente ad interventi su edifici rurali tradizionali, tende inevitabilmente al vernacolare, escludendo la possibilità di innovazione. Alcune soluzioni tecnologiche proposte, come le strutture in muri portanti di mattoni pieni, sembrano essere poco plausibili. La rigidità dell’approccio è mitigata tuttavia da una serie di aperture e di accorgimenti, a partire dal “consentire la realizzazione di interventi con tecniche non tradizionali, anche difformi dalle prescrizioni delle guida purché di elevata qualità progettuale” e dalla possibilità di mettere in campo incentivi economici, quali l’azzeramento oneri concessori o l’esenzione temporanea dall’ICI per chi si attenga al dettato della Guida. Accanto alla ovvia necessità di divulgazione del documento, e al suo auspicabile inserimento prescrittivo all’interno dei Piani Regolatori, si riconosce l’opportunità della formazione di organismi professionali di consulenza gratuita simili ai CAUE. Il trattamento relativo al patrimonio tradizionale rimane nettamente diviso rispetto a quello riservato alle recenti o nuove costruzioni.

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5.3. La Guida per gli interventi edilizi nell’area territoriale dei Comuni dell’Associazione del Barolo Nonostante la premessa indichi chiaramente che la guida è “concepita per fornire a tecnici, amministratori e privati, indicazioni operative per le diverse categorie di interventi sul patrimonio edilizio esistente”, anche questo testo risente fortemente della mancanza di distinzione tra le fasi di analisi e di proposta. In questo caso, la mancanza di indicazioni nettamente operative è volontaria, e distintamente affermata: se lo studio si propone come “insieme di suggerimenti e come sollecitazione all’attenzione”, è tuttavia sua intenzione non fornire “prescrizioni in qualche modo deresponsabilizzanti” ma suscitare attenzione alle problematiche emergenti, e suggerire indicazioni. Il volume si presenta quindi come una sorta di saggio, articolato in:

• Indicazioni di metodo e modalità degli interventi edilizi; • Caratteri tipologici qualificanti del patrimonio edilizio dell’area; • I caratteri della tradizione edilizia e ambientale dei Comuni

del Barolo nelle testimonianze ottocentesche di Goffredo Casalis e Clemente Rovere;

• censimenti delle emergenze architettonico-ambientali nell’area considerata.

La parte di riguardante le modalità di intervento precede quella analisi e di rilevamento delle caratteristiche architettoniche, mentre le indicazioni di progetto sono esposte facendo ricorso a pochissime immagini che non illustrano modi di intervento, ma esempi di buono o cattivo comportamento. L’atteggiamento che informa tutto lo studio è orientato al recupero del patrimonio esistente, mentre le nuove realizzazioni appaiono come “indirizzat[e] sovente solo da ragioni d’ordine pratico o da suggestioni e predilezioni di gusto passivamente recepite”; dalla generale “crisi dei procedimenti e dei modelli della progettazione” si può uscire solo applicando un atteggiamento funzionalista, dato che “tanto più le disposizioni e le scelte sono rigorosamente funzionali,

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tanto più l’edificio trova caratteri comuni con il contesto sia storico che paesistico, ed una oggettivazione, che è presumibile (anche se non esclusiva) garanzia di qualità”. D’altra parte, non vi è alcuna garanzia che l’“approssimativa imitazione” di un edificio tradizionale ne garantisca la buona riuscita: “un brutto edificio convenzionale è altrettanto brutto e deturpante quanto qualsiasi brutto edificio «moderno»”. A fronte del generale degrado delle capacità progettuali contemporanee, “pare più pertinente offrire il contributo di indicazioni ragionate e suggerimenti operativi, piuttosto della definizione di ulteriori norme, precostituite a monte della specificità delle circostanze degli interventi”. Queste indicazioni sono espresse sotto forma di generiche raccomandazioni, nella direzione di un operare con discrezione: in generale si suggerisce di “mitigare il contrasto tra il nuovo e l’esistente”. Gli aspetti della costruzione che “influiscono sull’ambiente” sono identificati in:

• collocazione e volumetria; • composizione dei prospetti; • coperture; • trattamento delle superfici esterne; • recinzioni.

A questi riguardi vengono fornite una serie di indicazioni di “preferibilità”, in genere anche qui orientate nella direzione dell’uso discreto di materiali opachi, di tecnologie e di disegni tradizionali. Particolare attenzione va dedicata a:

• rispetto dei regolamenti già esistenti; • cura nel progetto (meglio se per concorso) dello spazio

pubblico; • rappresentazioni molto estese e realistiche dell’inserimento

degli edifici proposti nel loro contesto edificato e paesaggistico.

Guida per gli interventi edilizi nell’area territoriale dei Comuni dell’Associazione del Barolo, esempi negativi di rifodero del pianterreno di case tradizionali (p.22) e di inserimento tipologicamente discordante per forma e orientamento del tetto (p.43).

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In ogni caso, “le normative non devono inibire aprioristicamente l’impegno di una ricerca compositiva autentica”, salva una attenta verifica sui suoi esiti, condotta da Commissioni Edilizie che si pongano in una prospettiva di riassunzione “delle facoltà, dell’impegno, dell’autorevolezza delle Commissioni d’Ornato ottocentesche”. Il criterio generale è dunque, in maniera abbastanza chiara, quello di un rappel à l’ordre.

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5.4. La Guida per la pianificazione in aree extraurbane nell’ambito del PTR Ovest Ticino Questa guida si occupa sostanzialmente del paesaggio agrario e non fa specifico riferimento a problemi di carattere architettonico. Sebbene l’intento sia quello di costituire una sorta di repertorio delle “operazioni compatibili a sostegno delle scelte decisionali che le Amministrazioni locali ed i tecnici dovranno operare”, questo testo risente di una impostazione che lo avvicina nettamente ad uno strumento urbanistico tradizionale, “configurandosi come uno strumento di indirizzo per le attività di pianificazione del territorio a scala locale” in particolare nel campo della tutela ambientale. Il manuale risulta quindi indirizzato esclusivamente ad amministratori e tecnici. Il volume è diviso in due sezioni. La prima parte fornisce alcune indicazioni sulla classificazione degli ambienti del “paesaggio agrario”, considerati come costituiti, secondo un approccio di scuola naturalistica, da emergenze naturali e antropiche, queste ultime caratterizzate da diversi “gradi di riconoscibilità”, determinati dai seguenti aspetti caratterizzanti:

• percettivo; • storico; • tipologico; • costruttivo.

Tali aspetti sono distinti, con un approccio che sembra decisamente risentire delle pratiche di valutazione di impatto ambientale, in compatibili o meno con il paesaggio agrario. Le strutture di carattere insediativo-architettonico riconosciute sono:

• borghi agricoli; • grandi cascine; • cascine a corte; • edifici semplici.

Vengono quindi forniti una serie di esempi relativi a: • schemi di piantumazione;

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• sistemazioni delle sponde fluviali; • integrazione di movimenti di terra.

Dopo queste considerazioni, la seconda parte del volume si riallaccia al dettato del PTR per l’ambito “Ovest Ticino”, fornendo una serie di schede che ne interpretano e chiariscono gli articoli. Il testo traccia anche una breve “evoluzione storico-tipologica” degli edifici e dei borghi rurali. Le indicazioni che ne seguono sono indirizzate ai tecnici proposti alla pianificazione, con l’intento di aiutare nel riconoscimento di strutture sedimentate sul territorio. Le indicazioni di carattere formale espresse sono formulate nei termini di interventi ammessi o meno, alla stregua di un PRG.

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5.5. Caratteri, limiti e potenzialità delle Guide Nel caso dei documenti analizzati che assumono, in tutto o in parte, ruolo di manuali, il passaggio dalla fase storico-analitica alla fase propositiva presenta una serie di limitazioni e di vincoli, configurandosi come vero e proprio passaggio-chiave. Alcune di tali limitazioni possono essere riconducibili a questioni formali, di metodo:

• la definizione del pubblico di destinazione; • la definizione dei livelli di cogenza; • l’eterogeneità degli approcci e degli strumenti;

altre riguardano questioni di merito, che riguardano il vero e proprio processo scientifico di elaborazione dei documenti:

• la difficoltà di conciliazione tra paesaggi storicizzati e paesaggi contemporanei;

• il ruolo delle tecnologie; • la difficoltà nell’affrontare il disegno di territorio nel suo

insieme come argomento oggetto di indicazioni morfologiche. Un primo elemento la cui individuazione appare talvolta incerto è la definizione del pubblico di destinazione. In più casi, i testi considerati hanno l’aspirazione di raggiungere un pubblico ampio. Tale atteggiamento deriva probabilmente dalla consapevolezza dei processi di moltiplicazione degli attori che costruiscono il territorio. Tuttavia, il rivolgersi in maniera programmatica ad un pubblico non necessariamente specializzato, intenzione di per sé virtuosa, comporta un certo margine di rischio, dovuto ad una quasi inevitabile semplificazione dei ragionamenti esposti e alla difficoltà nella definizione del tipo di linguaggio da impiegare. Questa ambiguità finisce talvolta per condizionare l’efficacia di strumenti altrimenti validi, ma che finiscono per rimanere poco incisivi.

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Strettamente legata alla definizione del pubblico di riferimento è la questione della definizione dei livelli di cogenza. Se alcune esperienze – esterne a quelle considerate – hanno messo in campo in maniera esplicita complesse strutture normative basate sull’articolazione tra diversi livelli di cogenza (dalle prescrizioni obbligatorie ai suggerimenti), legati a sistemi di incentivi e disincentivi, il panorama piemontese in questo campo sembra presentarsi come piuttosto incerto. Alcuni dei documenti considerati alternano al loro interno affermazioni perentorie e suggestioni affidate a schizzi evocativi; tuttavia, nella maggior parte dei casi, gli elaborati proposti si limitano a “funzioni di supporto e di indirizzo generale”: il panorama normativo appare tuttora affollato e allo stesso tempo esitante tra negative e positive planning. Alcune di queste questioni sono riconducibili all’eterogeneità degli approcci e degli strumenti se considerati a livello regionale, dovuta al moltiplicarsi di iniziative di diversa origine istituzionale (comuni, province, comunità montane, regione), generate da occasioni diverse (convenzioni con istituti di ricerca, progetti europei di vario livello), con fini differenti (sensibilizzazione, informazione, raccolta di dati, redazioni di manuali, messa a punto di strumenti legislativi) e generalmente viziate da una generale difficoltà di circolazione. Appare talvolta evidente la difficoltà di conciliazione tra paesaggi storicizzati e paesaggi contemporanei. Nella redazione di strumenti che si occupino di interventi sulla “struttura storica del paesaggio” è chiara la maggiore facilità di dare indicazioni relative al recupero o comunque all’intervento sul patrimonio storico inteso come singolo manufatto (o al più aggregazione omogenea di manufatti); da ciò discende, in genere, una concentrazione dell’attenzione sui sistemi storici e consolidati, siano essi centri urbani o porzioni rilevanti di paesaggio. Tale possibile approccio rischia di non confrontarsi compiutamente con la pervasività dei paesaggi (non solo fisici) contemporanei, ritraendosi di fronte alla possibile integrazione di fenomeni territoriali

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non riconducibili a precedenti storici (si pensi alla dispersione insediativa, alle urbanizzazioni innestate sugli assi infrastrutturali, ai recinti monofunzionali). Il rischio è la creazione di “riserve” di paesaggi storici circondate da “paesaggi ordinari”. La crisi di un approccio “rivolto al passato” è ancora più evidente quando si tratta di confrontarsi con il singolo manufatto di recente edificazione. Appare evidente che il passaggio dall’analisi alla proposta risulta qui, spesso, pesantemente condizionato dal tentativo di applicare modi di produzione degli organismi edilizi propri di un determinato sistema socio-culturale a situazioni non comparabili se non per prossimità geografica. Se è importante il recupero dei saperi tradizionali, il ruolo delle tecnologie innovative pare sottovalutato. Il risultato finale, tuttavia, ricade quasi inevitabilmente nella vernacolarizzazione o è segnato da processi di gentryfication. Intrecciata con il punto precedente, è la questione di una certa difficoltà nell’affrontare il disegno di territorio nel suo insieme come argomento oggetto di indicazioni morfologiche. La difficoltà di superare un approccio frutto della somma di molteplici specialismi si riflette nelle aree considerate dai singoli strumenti, che, anche quando fisicamente estese, risultano spesso determinate da processi storici o caratterizzazioni culturali ben definite. Riamane aperto il problema, già accennato sopra, di estendere le trattazioni del paesaggio alla generalità degli aspetti in esso rilevabili, indipendentemente dalla loro collocazione fisica, considerando l’intera complessità del palinsesto. A questa situazione fa eccezione il principio applicativo delle matrici insediative esplicitato nell’Approfondimento della Valle di Susa del Piano Territoriale Regionale – illustrata nel successivo capitolo 6 – che, seppur sotto forma di prototipo, prende in considerazione, a valle di una amplissima analisi del territorio, il disegno complessivo dell’ambito considerato.

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6. VERSO GLI INDIRIZZI ALLA PROGETTAZIONE 6.1. Criteri e Indirizzi per la Tutela del Paesaggio All’inizio degli anni 2000, l’Assessorato ai Beni Ambientali della Regione Piemonte ha pubblicato un manuale su Criteri e Indirizzi per la Tutela del Paesaggio, con particolare riferimento alle zone alpine. Il testo si presenta esplicitamente come una raccolta di indicazioni operative in materia di tutela del paesaggio rivolte agli operatori del settore (con riferimento agli assunti della Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze 2000), mettendo in evidenza “problematicità e criticità che si possono incontrare al momento della progettazione e della realizzazione di interventi in aree soggette a tutela paesistico-ambientale, sia in presenza che in assenza di piani a scala vasta, quali i Piani Paesistici o i Piani Territoriali Operativi”. Il documento non si propone come manuale esaustivo, ma intende fornire supporto nei confronti di quelli che sono individuati come passaggi fondamentali per l’inserimento delle opere nel paesaggio:

• approfondita conoscenza del paesaggio, della sua sensibilità e delle sue qualità;

• analisi puntuale delle peculiarità dei luoghi dove si interviene, per contestualizzare indicazioni che altrimenti resterebbero estremamente generiche;

• approccio interdisciplinare, che prenda in considerazione le diverse componenti ed accezioni del paesaggio;

• ulteriori approfondimenti legati alle specificità dell’intervento da realizzare.

A tal fine, il documento è articolato in quattro parti principali:

• Parte I - La normativa: quadro sintetico dei principali riferimenti normativi in materia di tutela sia a livello europeo, sia in ambito nazionale e regionale; possibili motivazioni del

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vincolo di tutela, per facilitare la corretta interpretazione e applicazione dei disposti normativi;

• Parte II - La tutela paesaggistico-ambientale: definizioni di riferimento e obiettivi della tutela del paesaggio; messa in evidenza di criticità e principali problematiche relative agli aspetti caratterizzanti il paesaggio;

• Parte III - Inserimento degli interventi nel paesaggio: indicazioni di carattere generale relative ai criteri di progettazione e di valutazione degli interventi; in particolare alcune tipologie di intervento sono approfondite attraverso la predisposizione di schede tematiche;

• Parte IV - Procedure e modulistica: indicazioni per agevolare la presentazione delle domande di autorizzazione, in particolare a proposito della relazione tecnica e paesaggistico-ambientale.

In particolare, per quanto concerne il presente studio, è interessante considerare la Parte III, nella quale, attraverso una serie di schede tematiche, è messa in evidenza la relazione tra analisi e intervento. Assunto che “il paesaggio deve essere salvaguardato per il valore estetico-percettivo, storico-culturale e in quanto la sua tutela e conservazione costituiscono il presupposto per la vita dell’uomo, degli animali e delle piante”, vengono individuate alcuni criteri generali di riferimento che devono orientare gli interventi:

• adeguata conoscenza degli elementi caratterizzanti il paesaggio;

• interdisciplinarietà e transdisciplinarietà; • utilizzo sostenibile delle risorse disponibili; • rispetto delle caratteristiche orografiche e morfologiche; • compatibilità ecologica; • compatibilità visuale; • localizzazioni alternative; • rispetto di elementi, tecniche e materiali tradizionali; • integrazione nel contesto; • compensazione;

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• concorsi di idee. Tali criteri generali, variamente articolati dal testo, e filtrati dai parametri definiti per la verifica di compatibilità degli interventi proposti da parte delle Amministrazioni competenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (Accordo Stato-Regioni, 19 aprile 2001), si ritrovano articolati nelle singole schede esemplificative che riguardano differenti categorie di intervento tra quelle individuate come “maggiormente significative tra quelle abitualmente oggetto di valutazione in base alla normativa in materia di beni ambientali”. Le schede hanno carattere propedeutico, poiché “si propongono di fornire indicazioni generali e di carattere metodologico su interventi riconosciuti maggiormente rappresentativi, rimandando a successivi approfondimenti di natura tecnica e specialistica”; infatti “i criteri di approccio proposti dovrebbero costituire un ideale punto di partenza per una progettazione più consapevole dal punto di vista della tutela paesistica-ambientale”. Le schede proposte riguardano:

• Scheda 1. Edifici di civile abitazione: interventi edilizi di nuova costruzione; interventi sul patrimonio edilizio esistente;

• Scheda 2. Strutture per le attività produttive: industria, commercio, produzione agraria, vivaistica, ecc.;

• Scheda 3. Discariche: discarica rifiuti; deposito di materiali permanente o temporaneo;

• Scheda 4. Patrimonio arboreo: selvicoltura, utilizzazioni forestali, espianto di bosco e nuovi impianti; arboricoltura da legno; piste di esbosco, viali taglia-fuoco attivi e passivi, cantieri; interventi su siepi, alberature e filari;

• Scheda 5. Paesaggio agrario: interventi di riordino fondiario e trasformazione colturali, ecc.;

• Scheda 6. Cava: coltivazione di cava di pianura; coltivazione di cava di versante;

• Scheda 7. Sistema irriguo: interventi sulla rete di derivazione irrigua (canali, tubazioni, fontanili, ecc.); apertura di pozzi e vasche di raccolta;

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• Scheda 8. Opere stradali: realizzazione di strada o allargamento di sede stradale esistente; realizzazione di opere di attraversamento quali ponti e viadotti;

• Scheda 9. Impianti di risalita: realizzazione, ampliamento di impianti di risalita; piste per lo sci; impianti d’innevamento artificiale;

• Scheda 10. Linee aeree: installazione linee aeree elettriche; installazione linee telefoniche;

• Scheda 11. Impianti per telecomunicazioni: installazione antenne di trasmissione, ripetitori (telefonia cellulare, trasmissioni radiotelevisive, ecc.);

• Scheda 12. sistemazioni fluviali e opere idrauliche: interventi di sistemazioni idraulico forestali in alveo destinati a regolare il deflusso delle acque ed i relativi fenomeni di erosione e/o deposito;

• Scheda 13. Sistemazione idrogeologica dei versanti lungo i corsi d’acqua: interventi atti a stabilizzare i versanti coinvolti in fenomeni di degrado conseguenti ad alterazioni dell’asta torrentizia.

Le singole schede, nelle quali è nettamente preponderante la parte di testo rispetto a quella grafica, sono articolate secondo le seguenti voci:

• intervento puntuale/lineare; • tipi d’intervento; • caratteristiche dell’intervento; • indirizzi progettuali e mitigazioni; • componente percettiva del paesaggio; • componente antropico-culturale del paesaggio; • componente naturale.

In particolare, la Scheda 5. Paesaggio agrario (paragrafo 5.2.5.) mette in relazione alcuni atteggiamenti progettuali con le conclusioni dei vari tipi di analisi, mettendo in evidenza l’importanza degli aspetti

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visivo-percettivi nella considerazione di un tale tipo di paesaggio: l’atteggiamento generale raccomandato è quello di “tutelare in modo particolare gli elementi che dall’analisi visuale risultano costituire fattori di «riconoscibilità»”; allo stesso modo si sottolinea come “il paesaggio coltivato fa parte dell’immaginario collettivo e dell’identificabilità di molti luoghi; pertanto è necessario […] approfondire le relazioni esistenti tra il tipo di uso dei terreni agricoli e i caratteri paesistici, individuare le tipologie di modellamento del terreno in uso per le coltivazioni […] e la rete dei percorsi di appoderamento”; è quindi essenziale “salvaguardare gli elementi storicamente connotanti il paesaggio”. Riferimenti: http://www.regione.piemonte.it/montagna/dwd/manuale.pdf

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6.2. Le proposte del Piano Territoriale Regionale – Approfondimento della Valle di Susa Rispetto ai materiali approntati per il PTR nella sua generalità, il caso della Valle di Susa presenta una maggiore concentrazione di indagini: benché mai diventato operativo, l’Approfondimento della Valle di Susa del PTR (2001-2005) ha consentito la produzione e la sistematizzazione di una grande quantità di informazioni, organizzate, all’interno del Piano, in documenti molto diversi tra loro (cartografia, tavole sinottiche, relazioni, schede, sequenze fotografiche, tabelle ecc.). In particolare, la sezione Morfologie insediative e paesaggi, curata dal Dipartimento di Progettazione architettonica del Politecnico di Torino, mette in relazione l’evoluzione insediativa del territorio della valle con le indicazioni e proposte operative suggerite, individuando tra questi due momenti una serie di rapporti logici. L’analisi insediativa individua come elemento portante della strutturazione del territorio della valle l’aspetto infrastrutturale, che porta – storicamente – alla definizione della Valle di Susa come “corridoio” o “cavidotto specializzato”. Vengono individuate due caratteristiche peculiari della costruzione del territorio. La prima riguarda i processi decisionali: “dato che ogni livello di governo del territorio è fautore di un progetto di infrastrutturazione del territorio differente, gli interventi sono legati alla disponibilità di finanziamenti piuttosto che all’attuazione di un programma complessivo di lungo periodo. Decisa la realizzazione di un’opera […] e espletate le pratiche di rito come la Valutazione di impatto ambientale, tutto il confronto sulle modalità di costruzione dell’opera si gioca tra l’ente realizzatore e i comuni interessati […] senza nessuna interazione con la pianificazione intermedia e di area vasta”. La seconda è individuata nel “persistente successo del modello autostradale”, che fa sì che “la costruzione di nuove strade non è mai occasione per discutere sulla forma dell’insediamento, sulla valorizzazione dei luoghi, è semplicemente la risoluzione di un

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problema tecnico che sostanzialmente consiste nell’attraversamento dello spazio e nel superamento degli ostacoli attraverso la separazione dall’intorno”. I processi di accumulo di nuova edificazione lungo le infrastrutture, con conseguente dispersione insediativa rispetto alla tradizionale struttura urbana per nuclei compatti, mettono in evidenza le conseguenze non considerate dell’impiego di un tale modello. A fronte di questa situazione, e in stretta relazione con le analisi di carattere specialistico (vedi paragrafo 3.4.), si riconosce la necessità di una elaborazione analitico-progettuale ulteriore, che funga da raccordo tra l’analisi vera e propria e la fase di proposta: “si tratta di comprendere gli elementi strutturanti che hanno guidato e che guidano la costruzione dei luoghi, le continuità o le rotture, l’esistenza di regole insediative, l’influenza del substrato nell’orientare le trasformazioni”. Tale passaggio porta alla messa a punto di una “carta delle matrici insediative” che riporta “le strutturazioni insediative storiche e contemporanee in relazione all’orizzonte geomorfologico […], le modalità di relazione tra costruito e trama infrastrutturale […], le forme dell’edificato […], le ricorrenze e le specificità” all’interno delle unità territoriali omogenee. L’Approfondimento individua a questo punto due assi di azione principali, relativi a:

• infrastrutturazione morfologica dei luoghi, per la quale si invita ad abbandonare “la logica dei grandi progetti per punti, dei corridoi e dei recinti separati e autoreferenziali, delle riduzioni d’impatto a posteriori, del risarcimento dei costi ambientali alle comunità locali attraverso la realizzazione al di fuori di un piano strategico d’insieme di una miriade di ulteriori opere”;

• valorizzazione territoriale e immagine/carattere dei luoghi: per quanto concerne questo aspetto, sono state adottate strategie distinte. Il patrimonio costruito storico della bassa valle è stato oggetto di proposte di manualistica e good

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practice; a riguardo del patrimonio edilizio moderno dell’alta valle si riconosce la necessità di “politiche di incentivazione” al fine di favorire pratiche innovative di recupero; per quanto riguarda il paesaggio costruito del fondovalle le criticità sono riconosciute nelle “modalità insediative” e nel “confronto tra costruito e spazi aperti”, a fronte delle quali “diventa fondamentale incrementare la qualità del paesaggio costruito”.

Lo strumento operativo di articolazione territoriale dei vari ragionamenti esposti è individuato, fin dalle fasi di impostazione analitica dell’Approfondimento, nel riconoscimento di una sequenza di ambiti spaziali omogenei in cui la Valle di Susa viene suddivisa, definiti “stanze”. Esse sono analizzate, in questa ed in altre sezioni dell’Approfondimento, sotto il profilo fisico, biologico, storico, insediativo, paesistico. Per ciascuna delle sette stanze vengono individuati e descritti, con le attenzioni “analitico-progettuali” esposte sopra:

• aspetti geomorfologici; • infrastrutture; • insediamenti; • valori da preservare e potenziare; • elementi di criticità e quindi di progetto.

Tale analisi viene resa attraverso carte puntuali accompagnate da descrizioni verbali (Carte delle matrici insediative_descrizione delle stanze e famiglie di principi insediativi), e in una serie di schede puntuali sintetiche (Storia dei luoghi). In particolare, gli insediamenti vengono letti attraverso l’individuazione di una serie di “famiglie di principi insediativi”:

• edificato a pettine; • edificato con affaccio su fronte strada; • edificato aperto a blocchi;

Morfologie insediative e paesaggi. Atlante fotografico: confronto tra foto storiche e foto contemporanee.

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• recinto industriale storico; • tessuto a trama discontinua; • tessuto a trama regolare; • tessuto con trama irregolare a blocchi; • edificato sparso; • manufatto contemporaneo; • recinto monofunzionale; • tessuto consolidato; • tessuto industriale e commerciale.

Da questa fase discende la redazione di un serie di schede di Approfondimenti progettuali organizzate secondo elementi morfologici di carattere generale, contestualizzati però nella realtà delle varie stanze, distinti tra temi progettuali:

• porte; • bordi del tessuto urbano; • bordi di aree produttive; • rapporto tra tessuto storico e recente; • trasversalità urbane; • attraversamenti; • spazi aperti interni; • spazi interstiziali urbani; • spazi interstiziali extraurbani; • spazi interclusi; • fronti neve; • strade e spazi aperti; • lungofiume; • opere d’arte delle infrastrutture;

e schede di orientamento progettuale:

• parco fluviale; • tetto verde; • sponda verde;

Legenda delle Carte delle matrici insediative – Descrizione delle stanze e famiglie dei principi insediativi.

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• introdurre un percorso alberato; • costruito continuo; • ricucitura per nuclei; • densificazione di area; • spazio attrezzato; • corridoio verde; • recinzioni e mascheramenti.

Le indicazioni contenute nella sezione Morfologie insediative e paesaggi qui analizzata, infine, trovano raccordo con i suggerimenti delle best practices del Quadro strategico e con l’atteggiamento esposto nella sezione relativa alla Conservazione e avvaloramento dei beni del paesaggio culturale. Riferimenti: http://www.regione.piemonte.it/sit/argomenti/pianifica/pianifica/piani/ptr.htm

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GLI AUTORI Andrea Longhi, architetto, svolge attività di ricerca storica presso il Dipartimento Casa-città del Politecnico di Torino, dove ha conseguito nel 2000 il dottorato in Storia e critica dei beni architettonici e ambientali; ha tenuto presso la Prima Facoltà di Architettura del Politecnico medesimo i corsi di Storia e metodi di analisi dell'architettura, Storia delle trasformazioni urbane e territoriali e il seminario di Storia e conservazione del paesaggio; autore di numerose pubblicazioni sui temi della storia dell'architettura e del territorio – con particolare riferimento all'età medievale – per la Regione Piemonte ha pubblicato il volume La storia del territorio per il progetto del paesaggio, Savigliano 2004, mentre per le Edizioni del Politecnico di Torino ha recentemente curato (con Francesca De Filippi) Architettura e territorio: internazionalizzazione e ricerca. Davide Rolfo, architetto, svolge attività di ricerca progettuale presso il Dipartimenti di Progettazione Architettonica e di Disegno Industriale del Politecnico di Torino, dove ha conseguito nel 2003 il dottorato in Architettura e progettazione edilizia; ha tenuto presso la Prima Facoltà di Architettura del Politecnico medesimo il corso Architettura e paesaggi insediati e diversi workshop progettuali; autore di diverse pubblicazioni relative agli aspetti paesaggistici delle infrastrutture e alla manualistica per la progettazione.