Recensione Pacman's nemesis

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Pacman Returns Il 28Divino Jazz è sempre in prima linea nell’offrire ai suoi soci le novità della scena musicale. Ed anche stasera un nutrito pubblico di appassionati ha potuto gustare Jazz di prim’ordine, suonato da musicisti di prim’ordine. Il progetto, a firma di Andrea Biondi, si chiama Pacman Nemesis e vede Andrea Biondi (vibrafono, live electronics) con Daniele Tittarelli (sax alto), Enrico Bracco (chitarra), Jacopo Ferrazza (contrabbasso), Valerio Vantaggio (batteria). Presentano il loro disco, da poco inciso ed in cerca di una etichetta. Pacman, famoso gioco elettronico dei primi anni Ottanta, è la metafora dell’uomo, costretto ogni giorno a correre e cacciare fantasmini. Ed è proprio il campionamento del suono a 8 bit, colonna sonora del videogame, ad aprire la serata. I brani, per la maggior parte a firma di Biondi, denotano un certo gusto funky, ed un marcato utilizzo delle strutture ritmiche dispari (gli anglofoni direbbero odd meters, dove odd significa anche strano, bizzarro, ed è probabilmente questo l’obiettivo di Biondi, rendere palpabile il senso di estraneità dell’uomo alla sua vita stessa). Si parte con Nomen Omen, caratterizzato da un tema con una parte A funky ed una parte B swing. Il primo solo è per Tittarelli, il cui sound non manca di accarezzare con decisione le volute del brano, rimanendo distaccato come una nave dal faro. Il suono è misurato, mai strabordante; spesso si avventura fuori dalla tonalità ma vi rientra con incredibile naturalezza. Ambarabà è il secondo brano, anche questo sui colori del funky ma che sul primo solo, eseguito da Biondi, si apre completamente perdendo una struttura ritmica propriamente detta e lasciando spazio al leader per evolvere in un fraseggio liquido, a tratti scoglioso, sempre eufonico e con impercettibili ma caratterizzanti strizzate d’occhio alla musica contemporanea. Il brano sfrutta poi degli scambi sax-chitarra, reiterati ad libitum, a creare una tensione crescente, fino ad una inaspettata chiusura. Parte l’applauso, ma poi il contrabbasso riattacca ed introduce il tema finale, che chiude davvero il pezzo. È il momento di un brano a firma di Bracco, Alis in 3, un tre quarti ispirato che parte con una intro di chitarra sola seguita dal tema, esposto dal sax. Qui Biondi lascia generosamente la scena ai suoi comprimari scegliendo di non eseguire il solo, dando spazio prima al bravo Bracco e poi al sax di Tittarelli. Anche il successivo brano, Keka, vede Bracco ad introdurre con un guitar solo, stavolta quasi esoterico, per via dell’utilizzo creativo di alcuni effetti. Il mood diventa poi poliritmico, sax e chitarra espongono il tema quindi parte il solo di vibrafono. Forse questo ed anche il successivo brano, Pacman Changes, sono la parte più rappresentativa del lavoro, dove quel senso di estraneità si manifesta con forza ma anche con una sorta di insita rassicurazione, che in fondo se il mondo è sempre andato così allora ce la possiamo fare, per intere generazioni siamo sopravvissuti al “logorio della vita moderna”, e dunque perché disperarsi? La serata vola via entusiasmante, con le vibrazioni che ci avviluppano e la temperatura che sale, con un altro brano di Bracco, il Blues del gatto nero e Joe (dedicata al vibrafonista Joe Locke). Ci aspettiamo un grande interesse delle etichette discografiche per questo lavoro, che speriamo dunque di veder presto pubblicato. E vi invitiamo a comprare il disco, quando uscirà. Anche se, come sanno bene i nostri lettori, nulla è più entusiasmante che sedersi al tavolino di un club ed ascoltare un vero vibrafono sorseggiando del buon vino

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Pacman Returns Il 28Divino Jazz è sempre in prima linea nell’offrire ai suoi soci le novità della scena musicale. Ed anche stasera un nutrito pubblico di appassionati ha potuto gustare Jazz di prim’ordine, suonato da musicisti di prim’ordine. Il progetto, a firma di Andrea Biondi, si chiama Pacman Nemesis e vede Andrea Biondi (vibrafono, live electronics) con Daniele Tittarelli (sax alto), Enrico Bracco (chitarra), Jacopo Ferrazza (contrabbasso), Valerio Vantaggio (batteria). Presentano il loro disco, da poco inciso ed in cerca di una etichetta.

Pacman, famoso gioco elettronico dei primi anni Ottanta, è la metafora dell’uomo, costretto ogni giorno a correre e cacciare fantasmini. Ed è proprio il campionamento del suono a 8 bit, colonna sonora del videogame, ad aprire la serata. I brani, per la maggior parte a firma di Biondi, denotano un certo gusto funky, ed un marcato utilizzo delle strutture ritmiche dispari (gli anglofoni direbbero odd meters, dove odd significa anche strano, bizzarro, ed è probabilmente questo l’obiettivo di Biondi, rendere palpabile il senso di estraneità dell’uomo alla sua vita stessa).

!Si parte con Nomen Omen, caratterizzato da un tema con una parte A funky ed una parte B swing.  Il primo solo è per Tittarelli, il cui sound non manca di accarezzare con decisione le volute del brano, rimanendo distaccato come una nave dal faro. Il suono è misurato, mai strabordante; spesso si avventura fuori dalla tonalità ma vi rientra con incredibile naturalezza.

Ambarabà è il secondo brano, anche questo sui colori del funky ma che sul primo solo, eseguito da Biondi, si apre completamente perdendo una struttura ritmica propriamente detta e lasciando spazio al leader per evolvere in un fraseggio liquido, a tratti scoglioso, sempre eufonico e con impercettibili ma caratterizzanti strizzate d’occhio alla musica contemporanea. Il brano sfrutta poi degli scambi sax-chitarra, reiterati ad libitum, a creare una tensione crescente, fino ad una inaspettata chiusura. Parte l’applauso, ma poi il contrabbasso riattacca ed introduce il tema finale, che chiude davvero il pezzo.

È il momento di un brano a firma di Bracco, Alis in 3, un tre quarti ispirato che parte con una intro di chitarra sola seguita dal tema, esposto dal sax. Qui Biondi lascia generosamente la scena ai suoi comprimari scegliendo di non eseguire il solo, dando spazio prima al bravo Bracco e poi al sax di Tittarelli.

Anche il successivo brano, Keka, vede Bracco ad introdurre con un guitar solo, stavolta quasi esoterico, per via dell’utilizzo creativo di alcuni effetti. Il mood diventa poi poliritmico, sax e chitarra espongono il tema quindi parte il solo di vibrafono. Forse questo ed anche il successivo brano, Pacman Changes, sono la parte più rappresentativa del lavoro, dove quel senso di estraneità si manifesta con forza ma anche con una sorta di insita rassicurazione, che in fondo se il mondo è sempre andato così allora ce la possiamo fare, per intere generazioni siamo sopravvissuti al “logorio della vita moderna”, e dunque perché disperarsi?

La serata vola via entusiasmante, con le vibrazioni che ci avviluppano e la temperatura che sale, con un altro brano di Bracco, il Blues del gatto nero e Joe (dedicata al vibrafonista Joe Locke).

Ci aspettiamo un grande interesse delle etichette discografiche per questo lavoro, che speriamo dunque di veder presto pubblicato. E vi invitiamo a comprare il disco, quando uscirà. Anche se, come sanno bene i nostri lettori, nulla è più entusiasmante che sedersi al tavolino di un club ed ascoltare un vero vibrafono sorseggiando del buon vino