Rassegna stampa del 03/01/2011

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Rassegna stampa del 03/01/2011

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LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO - Quotidiano fondato nel 1887 LA GAZZETTA DI POTENZA - LA GAZZETTA DI MATERA

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IL GIALLO DI POTENZAI RETROSCENA DEL CASO RESTIVO CON EPISODI INQUIETANTI AVVENUTI PRIMA DELLA SCOMPARSA DI ELISA BASILICATA IMPRODUTTIVE, COSTOSE E CON TROPPE MISSIONI

D buono, il vero, il cattivo «Tagliate» Danilo e le sue 3 personalità 7 sedi lucane Messaggi alle ragazze firmati Francesco, Giuseppe e Vittorio U C l l c l K C ^ l O H C

«Un pericoloso delirio sconvolgeva la sua

mente», dicono oggi gli investigatori. E allora?

• Vittorio era cattivo e mo­lesto, Francesco buono e gentile e Giuseppe era il nome che aveva scelto per sé. Sono ì tre «io» di Danilo Restivo, indagato per l'omicidio di Elisa Claps e in­criminato in Inghilterra, dove si è trasferito una dee lnadi armi fa, per il delitto della sarta Heather Barnett, la sua dirimpettaìa. Po­co prima che Elisa sparisse nel nulla, quel U settembre del 1993. Danilo aveva preso di mira al cune sue vicine di casa, studen­tesse universitarie e, a Potenza, avevano preso in affitto un ap­partamento proprio di fronte al palazzo in cui abitavano i Re­stivo. È nelle lettere che invia alle sue dirimpettaie che Danilo costruisce i tre personaggi.

AMENDOLAAA A PAGINA II »

CAPODANNO

EnSZ3aoroooooi

Cresce l'usura la Finanziaria lo ignora

• Usura in crescita in Basili­cata e poste regionali ferme alla cifra già inadeguata dì lOOmila eli ro. La denuncia é dell'associazio­ne Sos Impresa Basilicata (Con-fesercenti) che ha segnalato l'au­mento delle vittime (oltre il 1B% fra gli operatori economici attivi in Basilicata), tassi e scommesse.

SERVIZIO A PAGINA III »

Tra il 60 e l'88% dei giorni j di servizio impiegati per «missioni» nelle sedi di

Potenza e Matera

• «Scarsa attività», costano troppo e fanno «troppe missioni», Per questi motivi la Regione ha deciso di chiudere 7sedi lucane. A finire sotto la scure della «razio­nalizzazione» la metà delle sedi regionali esistenti in Basilicata: sono quelle di Bernalda. MaiTo-nia. Irsina e Tricarico nel Mate-rano e di Moliterno. Muro Lucano e Genzano di Lucania, in provin­cia di Potenza. Ad essere ((salva­te», invece, lesedi di Polìcoro, Villa d'Agri; Lagonegro, Senise, Meta­ponto e Melfi. La Regione annun­cia un risparmio di 470 mila euro su 980 mila. Ma, se erano inutili e dispendiose, ci voleva la crisi per far pensare che i soldi pubblici potessero essere spesi per cose se­rie e utili ai lucani'

INCISO A PAGINA III «

INCONTRO MULJICTNICO A C A N H L L A R A ; PROTAGONISTI 22 RAGAZZI DELIA REUNION

Fine d'anno esotico con danzatrici creole e lucane La Réunion sbarca a Cancellerà dova si è chiuso con un tocco di bellezza esotica il 2010. Un grup­po di 22 ragazzi, provenienti dall'isola della Réu­nion (Francia d'oltremare), è stato ospite del centro lucano nell'ambito del programma «Gio­

ventù in azione», promosso dall'Unione Europea ed elaborato dalle sezioni di Potenza e Napoli dell'Alitante Frammise. Confronto di culture, ci­bi, danze e ritmi lucani e creoli.

SERVIZIO A PAGINA I I »

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LE ESEQUIE A SAN CATALDO L'ultimo saluto della gente di San Cataldo al cìcloamatore Francesco

travolto da un'auto

risii» A PAGINA II »

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EROSIONF La costa ionica

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• Il Comitato SOS. Costa .Io­nica torna a chiedere risposte ur genti alla Regione e ai suoi pre­cedenti ammitùsiralori sulla tjns-stione dell'arretramento costiero di Metaponto e dell'intera area Io­nica lucana. Il Comitato, stanco di un trito gioco delle parti (tra

operatori turistici e amministra-toril che si trascina da tempo, concentra l'attenzione sulle strut­ture portuali sorte lungo la fascia

MORIZZI A PAGINA IV »

Step One Alito «Ferrosudnon ci interessa più»

• FeiTosud Un altro finale amaro per lo stabilimento di Je-sce Anche fi 2010 si è chiuso con una porta sbattuta. La StepOnedi Tito, che aveva avanzato una pro­posta per l'acquisizione dello sta­bilimento di materiale rotabiledi Matera, ha dichiarato «che non sussistono più le condizioni».

SERVIZIO A PAGINA IV »

Contro la crisi via ai saldi a Potenza e a Matera

LAGIMHDIA A PAGINA III »

LAVELLO

Sequestrati 30 kg di botti illegali dai CC: 3 denunciati

SERVIZIO A PAGINA I I I»

MATERA

Cittadini irritati bollette di luce e gas dopo la scadenza

SERVIZIO A PAGINA IV

FUNERALI FRANCESCO SABATO, 52 ANNI. TRAVOLTO DA UN'AUTO METflPONTINO IL COMITATO CHIEDE RISPOSTE URGENTI ALLA REGIONE

L'ultimo saluto di Bella Erosione della costa jonica al cicloamatore investito e le strutture portuali

Banco Metall Preziosi

POTENZA • 1042466

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Il "patto" dei fuori sede

PIÙ del 70% degli l e v a i

Iscrìtti lucani all'università lasci» la studiare fuori regìone.A PAGINA S

L'allarme di Sos Impresa: sempre più lucani rovinati dalle "macchinette mangiasoldi"

Giochi e scommesse, cresce l'usura Lavello Botti di

Capodanno:

tre giovani

sorpresi

con 30 chili

di esplosivo

A PAGINA 4 s «

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Giocatori lucani sempre più a rìschio usura. A PAGINA 2

Maratea Fiamme in

una soffitta

per colpa

della canna

fumaria:

nessun ferito

A PAGINA 4

Intanto ad Anzi festa lungo il percorso della Natività

Il Presepe delle polemiche Boom di presenze e disservizi: Molerà discute ancora

Area Sud in rivolta. Ieri dibattito sulla Nuova Tv

Didn.rfhHit sulle Comunità loadi, scelta "neo centralista'' della Regione

Le lunghe file di visitatori presenti alla rappresentazione vivente del 29/12 a Matera. Ad Anzi festa grande per il "Presepe Day" in un percorso di grotte e cantine. ALLE PAG. S E 41

LAGONBGRO • Gli effet­ti della legge regionale che determinerà la sop­pressione delle Com uni­tà locali e gli effetti sul territorio. Se ne è discus­so ieri a LagonegTO con i due presidenti delle co­munità montane dal­l'Area Sud Carlomagno e Trupa. »Si tratta - è sta­to detto - dell'ennesimo tentativo di accentra­mento da parte della Re­gione» .

A PAGINA 3

Nel Ma f erano recapitate 1 x rilette scadute da giorni

A Matera e Pomarìco problemi per l'utenza secondo Adlcomum A PAG. 42

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LA NUOVA UN ANNO DI SPORT fk

IN f | § BASILICATA PJ

Potenza, rione Verderuolo somiglia ad una "favelas"

OGGI IN ABBINAMENTO GRATUITO CON LA NUOVA

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STSAOITNIGÌTTT"

L'imam attacca il Papa: perché non ha chiesto protezione per i musulmani?

• pagina 4

OGGI tutti gli eventi del 2010

REGIONI Buoni propositi per il 2011 Politica e sindacato: •Sia l'anno delle riforme»

0 1 ^^^k mt W 1 0 rfe//.i Basilicata

il Quotidiano Anno 10. n.2€ 1.00 www.llquolidianodellabasillcata.lt Lunedi 3 gennaio 2011

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GRUPPO INDUSTRIALE SERRAMENTI

Prima domenica dell'anno tra saracinesche aperte e sconti

E' assalto ai negozi Corsa ai saldi a Potenza. A Matera avvio in polemica POTENZA - Fino al 30, in qualche caso anche aJ 50%. Questi gli aconti tra le bouti­que di via Pretoria, a Poten­za. L'aasalto alle vetrine ini­zia con cualche ora di ritar­do, data l'abitudine di larga parte dei commercianti del centro di posticipare l'aper­tura oltre le dieci del matti­no Davanti ad alcuni negozi di veatìti. comunque, le Ole hanno iniziato a formarsi già dalle prime ore del mat­tino. Lo shopping è conti­nuato per tutto 11 pomerig­gio, complice anche la do­menica e un clima insolita­mente pocoostile. Affluenza considerevole anche nei nuovi quartieri di interesse commerciale, come via del Gallitello. Amara sorpresa, però, per ohi ha pensato di posteggiare l'auto In centro. 1 vigili urbani hanno conse­gnato pacchi di m u! te ai tra­sgressori.

servizio u. pagina 9

Lega Pro

Melfi e Matera: stadi sempre più vuoti

Basket Roberto Miriello analizza l'andata delle più importanti squadre di Basilicata Volley Il Mercato dell'Oro sfrutta la pausa per recuperare gli i i id is pon ibi li

MATERA - Non tutti i com­mercianti sono d'accordo con L'anticipazione dei saldi al due gennaio. Per esempio gli esercenti di Matera si spaccano in due. C'è chi, ri­chiamando l'onda lunga della crisi, è contento di po­ter vendere, pure a prezzi scontati, senza doversene restare per altri dieci giorni con le mani in mano. Matc'e anche chi, invece, considera il ribasso dei prezzi della merce, operato cosi in antici­po, addirittura l'indice della «morte del commercio» Opinioni distanti, ma alla fi­ne saracinesche tutte aperte nella prima domenica del 2011. Dopo una settimana di "fermo' post-natalizio, i materani sono tornati a visi­tare i negozi, a scegliere e comperare spessi} a prezzi così scontati da rasentare il 50%. E non era che il primo giorno.

servizio a pagina 12

Basket Bawer, la vera forza è sugli esterni Publisys condannata anche dai numeri Basket

Enzo Maria lascia la panchina a Senise Potrebbe arrivare Dino De Angelis

• . SANITOPOUn CARO DIRETTORE, AL DOSATORE

SCELGO LA MITRAGLIA DI DI CONSOLI

diPINOSURIANO

Caro direttore, come sai vi vo in Basilicata e ho trent 'anni. Nient'al tro, se non questo, mi da titolo ad esprimere qual-cheopinione. Ho letto lalettera aperta ailucani di Andrea Di Consoli e il tuo editoriale. Li ho pesati e confrontati, e a uncertopuntoniisonachiestoeiodacheparteBto?

segue a pagina 6

ABBIAMO PRESO COSCIENZA ORA PERÙ BISOGNA AGIRE

di ROSARIA SCARA1A

Caro Andrea, hai dato voceatuttelepersoneperbeneche pa­gano le tasse, indignate dallo strapotere di una decina di persone: i geniali Luongo, Viti. Bubbìco. Pittella, Antezza, De Filippo . e i signori Viceconte, Latronieo. Taddei e Pa-gliuca nsUerizioélapiùgi^naepaura.C'èriscattoinuna

segue a pagina 6

Su QUELL'INDAGINE

LA DIFESA È DIFFICILE

di ANTONIO-BILANCIA

n Giornale conia vicenda dei presunti legami tra alcu­ni polìtici Lucani e il mondo della droga e della mala­vita organizzata e Libero con la cosiddetta Sanitopoh lucana, hanno, in negativo, portato alla ribalta nazio

i a pagina 6

Calcio poterti Dodici mesi da dimenticare Intrighi epersonaggi dalla A alla Z

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CONTRO

I PRIVILEGI

SERVE PIÙ CULTURA

di NINO D'AGOSTINO

Clie la cultura, intesa co­me insieme di conoscen­ze, abitudini, comporta­menti di una comunità, sia alla base di qualsiasi ipotesi di sviluppo econo­mico è ormai concetto ac­oniti to da parte degli eco­nomisti, sociologi, politi­ci, imprenditori. 9u que­sta base, la questione di­venta che tipo di cultura esprime il capitale urna-nodi un dato territorio.

Molte delle cause del sottosviluppo della Basi­licata risalgono al basso Livello culturale che per­mea la società regionale e

segue a pagina 7

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il Quotidiano Quotidiano

REGIONE BASILICATA

Data 03-01 -201 1 Pagina 3

Foglio "1

Politica e sindacato rilanciano su piano sanitario ed enti sub-regionali, tra tagli e concertazione

Se questo è l'anno delle riforme Invito alla responsabilità: «Meno strutture e più occupazione». Ricordando la ricerca

POTENZA - L'anno appena oomincia-to.perlaRegioneBasilicata, prospet­ta all'orizzonte un appuntamento or­mai inderogabile, la riforma com­plessiva della governance. Lo chiedo­no più fronti, lo stesso esecutivo del governatore EU LiÌ!M'I'l n e n a fatto punto di forza chiudendo l'anno con un duro dibattito sulle comunità lo­cali tracciato in consiglio. Per poi co­minciare a mettere nero su bianco, sul tanto atteso piano regionale, l'in­dirizzo di un'altra grande riforma lanciata da tempo, la razionalizzazio­ne (non solo organizzativa) del setto­re sanitario. Che non è certo semplice questione economica.

E adesso che comincia un nuovo anno di attività amministrativa, la politicae il sindacato non rinunciano al ruolo di indirizzo e sollecitazione su temi tanto caldi. Visto l'invito «a raddoppiare ogni sforzo per racco­gliere la pesante sfida che ci attende tutti, senza alcunaesclusione», che il presidente US [ 2 B S ^ n a affidato al messaggio di fine anno, Antonio Flo-villa, coordinatore regionale della HJsSSHSIBsJdellaRosaper l'Italia verso il Partito della Nazione, raccoglie e ri­lancia. «Questo deve essere l'anno della responsabilità e delle riforme sulla governance territoriale e di set­tore, portando a termine il percorso già tracciato in occasione della finan-ziariaregionale». Detto in altri termi­ni l'aspettativa è per «meno enti e me­no strutture», magari con «più prov­vedimenti di sviluppo ed occupazio­ne». A patto che la "responsabilità" non generi equivoci: «Serve chiarez­za di orientamento sui problemi, sui

rischi realichelasituazionepresenta e le strade da percorrere per avviare un processo per uscire dalla crisi, su quali riforme siano immediate ».

Scendono invecepiù nello specifico gli uomini del Psi. Dalla sezione Per-tini di Rionero in Vulture, la segreta­ria Angela Bagnoli, non nasconde la preoccupazione per la prospettiva presentata proprio dal piano sanita­rio: non mandano giù, seguendo così un'accorata levata di scudi dei giorni scorsi, « i tagli alle strutture sanitarie decise dalla giunta regionale». L'in­comprensione nasce da una riduzio­ne di risorse di 6,5 milioni di euro per una strut tura come il Crob di Rione­ro, istituto di ricerca a carattere scientifico».

L'assessore lucano alla Sanità, At-tolio Martorano, aveva spiegato, re­plicando in particolare ai dissensi che simili tagli avevano sollevato sul fronte dell'azienda ospedaliera del capoluogo San Carlo, che «il riparto del 2011 non fa altro che riportare la quota di finanziamento al livello del 2008 », prime che i bilanci in rosso do­vessero essere coperti con fondi ag­giuntivi. Così, «in un clima di ristret­tezze, con il fondo regionale che era e resta sottodimensionato nel suo complesso rispetto ai reali fabbiso­gni, tutti sono chiamati a esercitare le virtù di razionalizzazione ».

Ma le preoccupazioni restano. E pure le critiche. «Dalle dichiarazioni espresse nel'ultimo consiglio regio­nale, basate sul rilancio degli investi­menti nella ricerca - prosegue Ba­gnoli - ci saremmo aspettati una con­seguente rivalutazione della funzio­

ne dell'unico istituto di ricerca scien­tifica oncologico . La ricerca, specie se qualificata e riconosciuta a livello in­ternazionale, va sostenuta nei fatti e con gli opportuni finanziamenti». I tagli, allora, meglio dirigerli in altri settori, come «l'improponìbile selva dei carrozzoni politici istituzionali, sempre salvaguardati». Nell'ideache tagliare la ricerca significhi «ipote­care il futuro della regione, sottraen­done una fetta alle giovani genera­zioni per quel poco che è rimasto ».

Ma di governance e strutture par­lano anche i sindacati. E' la Cisl a ri­chiamare il destino dei lavoratori, spesso precari, di alcuni enti sub re­gionali quali l'Alsia, l'Arbea o le sop­presse Comunità montane. I recenti provvedimenti regionali «hanno ge­nerato - dice il segretario lucano della Pp -Cisl, Giovanni Sarli - forti preoc­cupazioni trailavoratori, dipendenti e non, poiché non sono stati affronta-ti,neldettaglio,aspettirelativiallarì-collocazione e miglior utilizzo delle risorse umane, tutte meritevoli di grande attenzione». Se da un lato la sigla riconosce che la Regione non si possa sottrarre a tagli economici «per effetto delle drastiche e penaliz­zanti decisioni del governo naziona­le», non possono passare in secondo piano «i diritti dei lavoratori». Certo, «le riforme sono ineludibili, lo sap­piamo bene, e noi vogliamo condivi­dere il coraggio delle scelte, elimi­nando gli sprechi e le diseconomie». Ma cosa diversa è «ignorare il ruolo del sindacato». Riforme sì, ma con concertazione.

sa.lo.

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La Regione sullo sfondo; in alto Flovilla (Rosa per l'Italia) e in basso Giovanni Sarli (Fp-Cisl)

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Se questo è l'anno delle riforme

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In Basilicata

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il Quotidiano Quotidiano

REGIONE BASILICATA

Data 03-01 -201 1 Pagina \ f

Foglio 1 / 2

coast to coast JJ

gio interiore con un film di NUNZIO FESTA

E' stato anche l 'anno del marke t ing cine­matografico per l'attore lucano Rocco Pa-paleo. Il 2010 a Papaleo h a dato in dono il g rande successo del film di esordio da re­gista HHEBlSHs!coast to coast".

Una pellicola che ha fatto tanto discute­re in quanto, messa t raparentes i tempora­neamente la storica "I Basilischi", tanto per cominciare già dal titolo l'acconta u n pezzettino di identità regionale. Tanto da essere, appunto, EE35SB5S??! coast to coast. Un debutto dietro la macchina da presa, quello di Papaleo, che più della Pr ima di u n Pasolini fa ovviamente pensare alla Pr ima di una Paletti, alle prese con la regia.

A 52 ann i compiuti, il lucano Rocco, pe­rò, di successo ne ottiene tanto da arr ivare alla tanto agogna ta top ten degli incassi al botteghino per diversi giorni. Superando i 3 milioni di euro.

« Il bello di questo successo tardivo -testi-monierà lo stesso attore e neo regista- è che non ti cambia la testa, anche se certo fa pia­cere ». r - ^ _ „ ^ _ _

Piacere per u n Papaleo dallaiìStSUIEiMl che si sente sia "artista" che "artigiano". UWHMsHEH coast to coast nato, cresciuto, pasciuto, uscito quale pr ima opera vera di marke t ing cinematografico della BtHBl iilBl altro che le possibilità delle Film Com-mission tanto sospirate, che h a fattopiace-re, insieme, a RegioneBSIiSHSIBUe Total.

Senza dimenticare la gioia di u n a bella fetta di popolazione di questo microbo di Meridione, che h a osannato e si è fatta ra­pire da u n a Mezzogiorno e/o da u n Ales­sandro Gassman che gira e si g i ra nelle fet­tine di u n a striscia di terra, che molto fu di poesia. MaHUIiSIHSsBIH è persino omaggio al lamusica dell 'anima. Nel sensoche fa ve­dere e intravedere quanto sia importante coltivare la musica preferita che si tiene a livello di passione e si esporta al limite di superare ogni confine varcabile.

Un'opera cinematografia, l'esordio di Papaleo, che a distanza di cinque mesi dal­la sua p r ima uscita si faceva ancora segna­lare t ra i pr imi dieci film più visti; quindi, non solamente nelle sale ma anche nei ci­nema all'aperto. Progetto che in breve tempo è passato anche in formato dvd. Un bel viaggio interiore t ra gli scorci sugge­stivi della U&fcJUmAIBI fino alla piazza del castello baronale di Scanzano Jonico. Tut­to racchiuso in u n cofanetto contenente

ben due dischi: uno con il film in versione cinematografia, uno con il film in versione worlwide (e alcuni contributi t ra cui "Post Scriptum": filmato esclusivo della dura te di ventitré minut i g i ra to dallo stesso Papa­leo sulla gente dellalSMHMMMI Infine uno speciale "dietro le quinte più "intervi­ste".

E in più, lo stesso cofanetto ha in sé la cart ina Movie Map delle location e u n li­bretto di 48 pagine con il racconto origina­le che fece inventare il film stesso. Ma il Pa­paleo a precisa domajKJaha.risposto: «Più che aver dato alla lìMdiliJM^ mi sembra di aver preso». Questo per confermare quan­to lo stesso regista sia consapevole, in real­tà, di quello che ha prodotto.

Sulla scia del suo film, poi, Rocco Papa­leo arr iva con lo spettacolo teatrale "Eduardo più unico che raro". Interpreta­to con Giovanni Esposito. Recentemente, Rocco Papaleo ammette al Quotidiano e tornando al film che: «I lucani, quelli della p r ima lettura, sono r imast i delusi, perché non par la diret tamente della UfefdNNkliH e non evidenzia direttamente il modo di vi­vere lucano e molte cose del film sono quin­di sembrate forzate». Inutile, forse, torna­re davvero alla t r ama del film. Perché su tut to, Papaleo da Lauria è riuscito nell'im­presa principale: Far conoscere maggior­mente la UfefcWtftislEI Come e quanto non conta.

Non è u n caso, per esempio, se gli amant i del U>»WimgBSfisono i nordist i che adora-no il Sud, e in special modo la IsfefeUHhkMsl Magari scontenti e scontentati dal Nord. Mentre i meno presi sono coloro che ama­no sia il Meridione che il Settentrione.

Che, per dire, in quel nome di regione nel titolo non vedono tu t ta questa poesia. Ep­pure , altre testimonianze raccontano che tant i turist i , anche illustri, sono arr ivat i in U&KUmsttlBi dopo aver visto la pellicola. Per la cronaca, il film h a regis t ra to anche il g rande debutto da at tore del cantante Max Gazze, che non parla perchè sordo­muto; oltre alla meravigliosa interpreta­zione di Alessandro Gassman. Adesso la storia della cinematografia dovrà dire se il ricordo di questo film di esordio di u n at­tore lucano ha cambiato davvero qualcosa. Intanto, la eco del successo fischia ancora. A questo pun to si attende l 'annuncio della par tenza di u n a nuova esperienza cinema­tografica, non sola­mente autoriale, del regista.

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In Basilicata

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il Quotidiano Quotidiano

REGIONE BASILICATA

Data 03-01 -201 1 Pagina \ f

Foglio 2 / 2

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_,* ^ M " .FenomenoPapaleo

Basilicata coast to coast" Viaggio ìnteiioic con u n film

prelievo a d o m i c i GRATUITO

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In Basilicata

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IA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO IA GAZZET1A DI BASILICATA

Quotidiano

REGIONE BASILICATA

Data 03-01 -201 1 Pagina 3

Foglio "1

POTENZA DENUNCIA DI «SOS IMPRESA D S U f f i l NELLA RETE UN OPERATORE ECONOMICO SU 4

«Crescono usura, scommesse e vittime ma la Finanziaria regionale lo ignora»

# Usura in crescita in IHST3HB ISBH (come denunciato nuovamen­te dall'Associazione La Pira a Po­tenza e dal responsabile di Libera per la lifcldimiBSl don Marcello Cozzi). Notizia che «non coglie di sorpresa "SOS Impresa IrfsfcWJAl [EMES (associazione costituita da Confesercenti l'ottobre scorso) che sollecita istituzioni, forze so­ciali e cittadini a tenere alta l'at­tenzione» e, tramite il suo presi­dente Salvatore Groisa - denuncia: «Ci saremmo aspettati, con la Fi­nanziaria 2011, un incremento del Fondo regionale antiusura desti­nato alle Fondazioni e Associazio­ni che si occupano degli usurati, specie piccoli operatori economici e famiglie, e invece si è confermata la posta, ampiamente inadeguata, di 400mila euro per il 2011».

Secondo uno studio di Confe-sercenti-SOS Impresa, «l'usura ha un giro d'affari mBEBllHH-J. di 270 milioni (su 20 miliardi comples­sivi in Italia), ha coinvolto negli

ultimi due anni 3mila commer­cianti lucani (18,7% degli opera­tori economici attivi) con tassi d'interesse medi sui prestiti del 10% mensile». Secondo dati del Ministero dell'Interno, fermi al 2009, «sono stati 184 in KETaiirerSl (131 in provincia di Potenza e 53 in quella di Matera), gli episodi re­lativi al racket estorsioni-usura con 80 incendi dolosi, 56 denunce e 48 danneggiamenti e 2 sequestri per usura».

Cresce il fenomeno delle scom­messe (clandestine o legali: Supe-renalotto, Gratta e vinci & e.) e l'uso di «macchinette mangiasol-di»: secondo stime di Agicos (rie­laborate da SOS Impresa IKflaill Egra» «la spesa media dei lucani per giochi-scommesse è intorno a 500 euro pro-capite l'anno per un ammontare complessivo di alme­no 3milionì di euro». Più un altro milione del «gire clandestino». E gli usurai si sono adeguati lucran­do su questi nuovi scenari.

&mt££ Regione, chiuse sette sedi «inutili» Ifenle kìijll.i fui felli orin gli uffici periferici' .Scuffi titflvitó e. noppe. mis fioro»

Potentini a «caccia» .iajujii» = dell'affare migliore I

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Foglio "1

METAPONTO SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO DELL'ASSOCIAZIONE LE STRUTTURE PORTUALI ARGONAUTI E MARIIUAGRI

«Risposte urgenti sull'erosione» lì Comitato Sos chiede interventi e dati alla Regione sul problema dell'arretramento della costa

ANGELO MORIZZI

• BERNALDA. H Comitato S.O.S. Costa Jonica torna a chiedere risposte urgenti alla Regione EEfeUtfafeiE! e ai suoi precedenti amministratori, tra cui l'ex Presidente della Giunta Filippo Bubbico, sulla spinosa que­stione dell'arretramento costiero di Meta­ponto e dell'intera area jonica lucana, «n Comitato - spiega il referente locale Pino PassareUi - si è costituito nel febbraio 2010 come gruppo di cittadini, che, stanchi del continuo gioco delle parti tra operatori tu­ristici e amministratori regionali e comu­nali, hanno deciso di approfondire il fe­nomeno dell'erosione anomala che ha ri­guardato, negli ultimi anni, la spiaggia di Metaponto». Al centro dell'attenzione le due strutture portuali sorte lungo la fascia co­stiera (Argonauti e Marinagri). «Nella va­riante al piano territoriale paesistico di area vasta del Metapontino per la localiz­zazione di porti turistici - riferisce il Co­mitato - si individua­rono, cautelativa-

mente, solo due delle quattro infrastruttu­re portuali ipotizzate, assumendo a para­metro un metodo di controllo, monito­raggio e verifica, il più possibile attento alla salvaguardia ecologica e naturale della costa. All'art. 43 bis comma 5, inoltre, prima degli inizi dei lavori, si richiedeva alla società incaricata un'idonea polizza fidejussoria per le even­tuali trasformazioni che la spiaggia avesse subito, a causa della realizzazione delle in­frastrutture portuali». Quindi, viene segna­lata un'altra contraddizione. «Nel 2002 - os­serva Passarelli - la Giunta provinciale di Matera aveva dato un parere contrario alla costruzione del Porto degli Argonauti, scri­vendo, tra l'altro, che i bracci da realizzare avrebbero determinato un accumulo di se­dimenti verso Sud con conseguente ero­sione a Nord degli stessi, contribuendo alla

demolizione della spiaggia e della duna. Ciononostante, fu formulata una delibera di Giunta regionale n. 526 del 9 Marzo 2004, con la quale si concedeva il nulla osta alla co­struzione del Porto degli Argonauti di Pi-sticci. In quella seduta erano assenti gli assessori Restaino, Straziuso e Chiurazzi e la delibera venne approvata a maggioranza con tre voti favorevoli Bubbico, Nigro e Salvatore e l'astensione dell'ass. Collazzo». Sos costa jonica, in attesa di avere la do­cumentazione sul monitoraggio della costa e sulla polizza fideiussoria, fa notare che «la Regione IKEHIEEWa non tenne conto del pa­rere negativo formulato dalla Provincia di Matera, perchè giunto oltre i termini con­sentiti. Eppure era stato formulato nel 2002, mentre la delibera che ha autorizzato il Porto degli Argonauti fu approvata nel 2004. Come se non bastasse, il massimo Ente lo­cale deliberò che le simulazioni sul com­portamento futuro della spiaggia, in pre­senza di un nuovo porto, quantificavano un contenimento della tendenza evolutiva di arretramento,"prdprio per la presenza delle opere portuali».

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Foglio 1 / 2

CONTRO

I P R I V I L E G I

SERVE PIÙ CULTURA

di NINO D'AGOSTINO

Che la cultura, intesa co­me insieme di conoscen­ze, abitudini, comporta­menti di una comunità, sia alla base di qualsiasi ipotesi di sviluppo econo­mico è ormai concetto ac­quisito da parte degli eco­nomisti, sociologi, politi­ci, imprenditori. Su que­sta base, la questione di­venta che tipo di cultura esprime il capitale uma­no di un dato territorio.

Molte delle cause del sottosviluppo della ìsklAi HBBIlfl risalgono al basso livello culturale che per­mea la società regionale e

segue a pagina 7

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Foglio 2 / 2

CONTRO I PRIVILEGI

SERVE PIÙ CULTURA di NINO D'AGOSTINO

seguedallaprima

che si estrinseca nella "zavorra cultural" che molti gio­vani siportano sulle spalle durante il loroprocesso di ap­prendimento, nello scarso progetto di vita lavorativa che essi si costruiscono, nel contesto che li orienta, nelle modalità di relazione ohe caratterizzano il rapporto tra politicaesocietàecosì via. Ilfamìlismoamorale, lacultu-ra dirigista delle istituzioni, intese nel duplice significa­to di regole che stannoallabase delle transazioni sociali e di appar atopubblico di regolazione e controllo delle stes­se (mi riferisco ai centri di potere politico, alle strutture religiose, al mondo associativo ed ai vincoli formali ed informali che essi impongono alla collettività), sono per molti versi fattori decisivi di impedimento dello svilup­po delle potenzialità, di cui sono portatori i lucani.

Molti studi hanno messo in evidenza che il divario eco­nomico tra le regioni italiane è da ricercarsi nella diver-saiterazionetraleistituzionipolitiche, valori individua­li e norme sociali di comportamento, esistente nelle sin­gole regioni.

Una volta instaurate le istituzioni culturali e politi­che, influenzano direttamente gli equilibri sociali dei periodi successivi, dando luogo a fenomeni di isteresi difficilmente rimuovibili.

In un libro molto noto, Putnam (1993) ha affermato che questa differenza tra le regioni italiane può essere fatta risalire alle loro differenti tradizioni civiche nell'Alto Medio Evo.

All'esperienza del medioevo si può aggiungere un da­to storico più recente, quello, cioè, relativo alla resisten­za contro il nazi-f ascismo che è stata sostanzialmente as­sente nel Mezzogiorno e di contro fenomeno di massa in molte aree del centro-nord e dalla quale è scaturita molta energia morale per intraprendere la strada del progres­so nelle regioni in cui ha avuto luogo (vedi Emilia e non solo).

Ai fini del nostro ragionamento, ciò che conta è che in hfefjMftWiBUvi è all'interno del capitale umano un basso li­vello di autostìma, di fiducia nelle proprie capacità, di scarsa voglia di rischiare e di contro persiste la diffusa ricercadiprotezionepolitica,esprimendounadomanda dei diritti al ribasso, utilizzando scorciatoie alientelari.

Come rimuovere questo atteggiamento culturale che frena le potenzialità di crescita individuale e collettiva? Dove agireper un cambiamento, per avviare, come dire, una necessaria rifondazione culturale della società lu­cana?

Sono domande da un miliardo di euro, alle quali è dun­que estremamente difficile rispondere.

Mi sia consentito provare a suggerire qualche idea pragmatica, ben sapendo che i cambiamenti culturali necessitano di politiche di lungo periodo, come la storia insegna.

Partirei dai luoghi terzi e dai soggetti sociali meno compromessi col vigente sistema di regole.

Mi riferisco alla scuola, all'università ed ai giovani. È proprio questa relativa lontananza da assetti rela­

zionali consolidati di questi luoghi terzi che mi spinge in questa direzione.

Ma c'è un'altra ovvia ragione che mi suggerisce dipre­stare attenzione a tali istituzioni e cioè sono i luoghi in cui c'è il capitale umano del futuro, in cui è possibile tro­vare ancora lo studente che dice «faccio finta di non aver sentito» a suo padre che voleva contattare un suo amico docente universitario per dargli la tesi (fatto realmente accaduto).

Sono contesti in cui dovrebbe essere possibile affron­tare senza condizionamenti particolari i temi relativi ai beni relazionali che sono la base della crescita di una co­munità, dove si potrebbe e si dovrebbe combattere l'idea molto diffusa secondo la quale una volta acquisito, stor­

to o dritto, un titolo di studio spetti agli altri il compito di trovarci un lavoro, dove si dovrebbe maggiormente ac­quisire senso critico e senso civico.

Affermare una mentalità del genere vale molto di più che costruire cento autostrade.

I giovani sono sbandati, impreparati, vivono la loro stagione di idealità e di innocenza senza grandi suppor­ti, vivendo in un contesto in cui plasticamente hanno ri­lievo determinante fattori molto distanti dalla merito­crazia.

I giovani percepiscono tale stato di cose e ne subiscono le conseguenze e quando non le accettano spesso emi­grano.

Sarebbe straordinario che la scuola e l'università si at­trezzassero in un'ottica diversa dalla attuale, fornendo sapere, ma anche saper fare, la voglia di creare impresa, considerando la laurea labase per fare progetti di vita la­vorativa gratificanti e non coincidenti necessariamente colposto fisso nellapubblica amministrazione, non con­siderando uno scandalo la figura del laureato-artigia­no.

Diventino incubatori di progetti di cambiamento, di strumento dove incomincia ad avere senso la meritocra­zia e non siano diplomifici fini a se stessi.

Certo non si può pretendere che l'università della ISEH SHB51EI possa, registrare tra i suoi studenti i Bill Gates che ad Harvard, in combutta con Steve Ballmer, produs­se un nuovo algoritmo o i due studenti di Stanford che in­ventarono google o che spinga come succede nelle uni­versità americane i ragazzi ad essere competitivi e nel contempo solidali, ad andare oltre le convenzioni, in al­tri termini, «ad essere curiosi e folli», per dirla con Steve Jobs, nell'ottica riassunta nel film The social network, dove il rettore di Harvard ed ex segretario al tesoro, Lar­ry Summers, rampogna due atletici studenti, facendo osservare che ad Harvard «i ragazzi non vengono per trovare lavoro. Vengono per inventarsene uno».

Ma poter contare su una università che faccia, ad esempio, una ricerca sul grado di cultura dei suoi stu­denti, individuandone le criticità e che predisponga un progetto di orientamento degli stessi che consenta di su­perarle, preparandoli alle sfide che la modernità richie­de, mi sembra una cosa fattibile ed utile (forza, rettore Fiorentino).

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Foglio "1

Belisario (Idv): «Il Pd parli con noi

per battere il premier»

POTENZA - Anche il centro­sinistra lucano deve tenersi pronto alle elezioni. Perchè, dice il capogruppo dei sena­tori Idv, Felice Belisario, «il Governo traballante non po­trà resistere ancora lungo: l'insofferenza dei cittadini cresce ogni giorno, mentre dallastessamaggioranzaar-rivano segnali di resa». Ma «il centrosinistra si prepari alle nuove elezioni, per ri­spondere prontamente alla società che chiede a gran vo­ce una nuova guida per il Paese».

Oggi «il centrodestra è giustamentein difficoltà, do­po che Berlusconi l'ha ridot­to ai minimi termini, e il terzo polo non è riuscito ad orga­nizzarsi intorno ad una pro­posta credibile. Il bipolari­smo ci impone coesione e p ro-poste programmatiche chia­re: è necessario rimediare all'operato di un Governo che ha tagliato ogni risorsa e ha stroncato il futuro del Paese occupandoci di lavoro, equa distribuzione della ricchez­za, lotta all'evasione fiscale, sostegno a imprese e fami­glie e investimenti per lo svi­luppo». Se Berlusconi «è un macigno per la nostra demo­crazia, il Pd si confronti con Idv per rimuoverlo e offrire insiemeun'al ternati va».

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Se questo è l'anno delle riforme

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Foglio "1

Invito della De ai consiglieri: «Il gettone alla chiesa d'Egitto»

VIGGI ANO - « La solenne ce­lebrazione eucarìstica di Papa Benedetto XVI alla presenza della sacra effigie della Madonna del Monte di Viggiano, patrona dellaisgri ISIflBSiBi deve caricarci di impegno in difesa della li­bertà religiosa e dei cristia­ni perseguitati nel Mondo ». Ma l'occasione, per il segre­tario lucano della De, è buo­na anche per lanciare una provocazione-invito ai consi­glieri regiona­li. Perchè non devolvere il gettone della pr ima seduta del consiglio regionale alla Chiesa copta di Alessandria d'Egitto? Me­glio istituendo u n fondo per l'adozione a distanza di bambini orfani dopo la stra­ge che nel giorno di Capo­danno ha colpito la comuni­tà cattolica d'Egitto.

«E' la profonda ed auten­tica devozione popolare dei lucani per la Madonna di Viggiano a richiederlo - ag­giunge in una nota Giusep­pe Potenza - per dare u n si­gnificato dì continuità all'evento di fede, quindi

non estemporaneo, che ha visto il Pontefice rivolgere la sua preghiera alla Ma­donna di Viggiano, la Re­gione deve avviare iniziati­ve concrete perché i cattolici possano praticare ovunque la propria fede, perché l 'umanità ha bisogno dì va­lori etici e spirituali, univer­sali e condivìsi, e la religio­

ne può offrire u n contributo prezioso nella loro ricerca, per la costru­zione di u n or­dine sociale e internazionale giusto e pacifi­co».

Tornando sulla presenza della Madonna di Viaggiano,

Potenza lancia una critica all 'amministrazione del luogo perchè - dice - l'ap­puntamento è stato inter­pretato quasi come un "spot"per il territorio. Que­sto mentre arriva «l'invito del Pontefice all 'umanità che non può mostrarsi ras­segnata alla forza negativa dell'egoismo e della violen­za e non deve fare l'abitudi­ne a conflitti che provocano vìttime e mettono a rischio il futuro dei popoli ».

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Foglio 1 / 2

SALVATAGGIO RINVIATO

imrxn 04 CHE SI E « La Step One di Tito aveva avanzato una proposta per l'acquisizione dello stabilimento di materiale rotabile

«Non sussistono più le condizioni per insistere, essendo pronte valide alternative in analoghi siti»

Ferrosud, troppi silenzi «Ora non ci interessa più» Delusione tra i possibili nuovi partner dello stabilimento

• Ferrosud. Un altro finale amaro per lo stabilimento di Jesce, l'ennesimo. Anche il 2010 non poteva terminare peggio, si è chiuso con una porta che era aperta e adesso sembra ermeticamente chiusa. La Step One di Tito, che aveva avanzato una proposta per l'acquisi­zione dello stabilimento di materiale rotabile di Matera, ha dichiarato «con rammarico, che non sussistono più le condizioni per insistere ulteriormente nella iniziativa proposta, essendo pronte valide alternative in analoghi siti». Della serie, arrivederci, grazie e amici come prima.

n ripensamento lo ha comunicato il procuratore dell'azienda, Canio Cerai-di. Lo ha fatto con una nota inviata alla Regione trfìktHhkUjl ai vertici della Fer­rosud, al sindaco di Matera, al pre­sidente della Giunta provinciale e ai segretari territoriali di Cgil, Cisl, Uil, Cisal e Ugl. Non ha voluto tenere proprio nessuno all'oscuro circa l'argomento maturato. Alla base della rinuncia, la mancanza di "riscontri" da parte delle istituzioni alla proposta avanzata il 22 novembre scorso dalla Step One. Le istituzioni non si sono espresse, ma anche la società per azioni dì Jesce, più direttamente interessata a dire qualcosa in merito non è sembrata chissà quanto loquace. Aspetto che.qualche problema . di fondo lo solleva, dubbi più che altro. In questi casi, è fin troppo noto, bisogna trovare accordi precisi sul capitolo fi­nanziario, situazione debitoria compre­sa. Forse sarà possibile saperne di più quando le organizzazioni di categoria capiranno fino in fondo che cosa ha suscitato un così fragoroso silenzio.

«Avevamo creduto - ha scritto a questo proposito Ceraldi nella sua lettera - che la proposta formulata fosse idonea ad assicurare la continuità produttiva e occupazionale dell'azienda nel comparto

FERROSUD Nelle foto l'ingresso e un interno. Una proposta industriale che avrebbe potuto essere almeno discussa, non essendo stata presa neppure in esame i partner industriali hanno deciso di cercare altri siti idonei alle loro iniziative [foto Genovese]

ferroviario, nel mentre si garantiva il pieno soddisfo dei creditori, in primis dei lavoratori. Purtroppo il preoccu­pante silenzio intorno alla proposta ci ha, invece, convinto che essa non è stata

" • COME E ANDATA Alla base della rinuncia

la mancanza di riscontri rispetto al percorso proposto

trovata interessante e, pertanto, trat­tandosi di uiia acquisizione che Step One e gli altri partner industriali in­tendevano seguire nel breve periodo, ci si vede costretti con notevole ramma­rico, a dichiarare che non sussistono più

le condizioni per insistere ulteriormente nella iniziativa proposta, essendo pronte valide alternative in analoghi siti».

Insomma, per i 150 dipendenti so­pravvissuti ad una lontana stagione pro­duttiva in cui le unità erano quasi 800 è una specie di lunga agonia. Eppure, tanto lo stabilimento, quanto le pro­fessionalità sono tra quanto di meglio può offrire il territorio. È l'unico sito industriale sul versante murgiano do­tato di un tratto di ferrovia privato e a scartamento ordinario collegato diret­tamente alla rete nazionale. Ma sono le officine il pezzo forte di una realtà che ha fatto la storia del materiale rotabile in Italia, essendo questo sito industriale tra i più importanti a livello nazionale nella realizzazione di carrozza ferroviarie. Un potenziale di tuto rispetto, ma oggi si­curamente sfruttato a bassi regimi.

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Confepi e il 2011 Economia, reagisce meglio

chi è abituato a soffrire • I «Secondo l'opinione prevalente il 2011 non sarà l'anno della ripresa, dal punto di vi­sta produttivo e soprattutto da quello occu­pazionale. La coda del 2010 ha visto una re­crudescenza del ricorso alla cassa integra­zione e alla mobilità. Le imprese che nel 2011 si riprenderanno, difficilmente ripristi­neranno i livelli occupazionali precedenti, perché la ripresa sarà comunque molto lie­ve». Sono alcuni dei pensieri ad aita voce da parte di Confapi in merito al nuovo anno ap­pena iniziato. «Il settore più problematico - secondo Con­fapi - si rivelerà quello dell'edilizia per un motivo molto semplice. L'edilizia sposta nel tempo gli effetti della crisi rispetto al suo in­sorgere. Finora, infatti, le imprese di costru­zione hanno portato avanti i cantieri degli ap­palti aggiudicati l'anno scorso e hanno, per così dire, vissuto di rendita. Ora, invece, d'un tratto sì troveranno senza lavoro, a causa del calo repentino degli appalti, sia numerica­mente che nel loro importo». C'è comunque da chiedersi che economìa è quella che pen­sa di potere campare solamente di mattone. Ad ogni modo, secondo l'organizzazione di categoria, «la ripresa può attendere, quindi. In generale, inoltre, questa recessione diffe­risce dalle altre del passato perché causata da una crisi finanziaria». Espliciti i riferimenti alle banche che «non prestano più denaro anche se il suo costo e molto basso». Per questo la ripresa è più lenta». Secondo Confapi, però, «le imprese lucane hanno un vantaggio, sono abituate a resiste­re, allenate ad affrontare le crisi, dalle nostre parti frequenti dato che le carenze infrastrut-turali e logistiche hanno sempre compresso il mercato. Esiste, al contempo, un'indomita voglia di lottare, investire, innovarsi per su­perare le difficoltà». Questa abitudine a lotta­re viene considerato un vantaggio da Confa­pi, come dire, siamo nati per soffrire?

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Romaniello (Sei) aderisce a "Lavoro e libertà" Ugl sull'occupazione: «Serve iniziativa condivisa» L'ADESIONE di Giannino Romaniello, con­sigliere regionale della Sei, all'associazione "LavoroeLibertà"eall'appelloproniossoaso-stegnodellaFiom, segue una «profonda indi­gnazione». Manca, in Italia, spiega richia­mando l'appello, «un interesse sui diritti de­mocratici dei lavoratori e delle lavoratrici. Così come nei meccanismi elettorali i cittadi­ni sono stati privati del diritto di scegliere chi eleggere, allo stesso modo ma assai più gra­vemente ancora un lavoratore e una lavora­trice non hanno il diritto di deci- , „.,. dere, con il proprio voto su op- , , ''$Jc • zioni diverse, di accordi sinda­cali che decidono del loro reddi­to, dellelorocondizioni di lavoro edeilorodirittinelluogodi lavo­ro». Questo mentre «largaparte della politica italiana cerca di ri­dimensionare la piena libertà di esercizio del conflitto sociale». Un'idea «cara al governo, assie­me a Confindustria e Fiat, quel­la di una società basata sulla so­stituzione del conflitto sociale con l'attribuzione aun sistema corporativo di bilanciamenti tra le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, sotto l'egida governativa, del potere di prendere, solo in forme consen­suali, ogni decisione rilevante sui temi del la­voro, comprese le attuali prestazioni dello stato sociale, è di per sé un incubo autorita­rio». Ma perchè - si domanda Romaniello con gli altri sottoscrittori dell'appello - su simili scenari non si esercita «una assunzione di re­sponsabilità che coinvolga il numero più alto possibile di forze sociali, politiche e culturali per combattere, fermare e rovesciare questa deriva autoritaria» ? Questo mentre si assiste a una «continua riduzione del lavoro, in tutte

le sue forme, a una condizione che ne nega la possibilità di espressione e di realizzazione di sé», dal precariato, all'aziendalizzazione del­la regolazione sociale del lavoro. Ecco, in que­sto elenco, « i tasselli materiali del processo di spoliazione della dignità di chi lavora».

«Bisogna - sottolinea l'appello condiviso da Romaniello - ridare centralitàpolitica al lavo­ro. Riportare il lavoro, il mondo del lavoro, al centro dell'agenda politica: nell'azione di go­verno, nei programmi dei partiti, nellabatta-

glia delle idee». Da qui si muove l'associazione.

Sultemadellavoro, seppuresu spunti diversi, riflette anche l'Ugl lucana. Non nasconde le difficoltà il segretario dei metal­meccanici, Giuseppe Giordano, visto che « l'anno appena trascor­so ha lasciato in tutte le famiglie i segni di una crisi che ha coinvol­to ilmondointeroenonsololano-stra regione. Adesso bisogna fa­re i conti coi debiti ed il lavoro che manca». Il lavoro e l'occupazione

sono «valori fondamentali che l'Ugl vuole di­fendere con il massimo impegno a tutti i livel­li istituzionali - afferma Giordano - ma ora bi­sogna fare i conti con le Banche che non aspettano certamente le risoluzioni di dram­maticità che le famiglie lucane stanno attra­versando» . Il pensierocorre in particolare «ai tanti dipendenti lucani che rischiano seria­mente lo stipendio, a tutti i dipendenti della Fiat Sata di Melfi che stanno attraversando un particolare e difficile momento». E' a loro che ri volge l'invito « a non abbandonar si nello sconforto, ma passate le festività, si metta in piedi un'iniziativacomuneperdifendereetu-telare le famiglie ed i lavoratori ».

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Se questo è l'anno delle riforme

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Ciò che Napolitano dice sul futuro dei giovani

non si avvererà in Basilicata di MICHELE NAPOLI'

IL discorso di fine anno delpresidente della Re-pubblicaNapolitanoè, senza tema di smentita, un messaggio rivolto in maniera diretta alla politica affinché cominci a pensare seriamen­te al futuro della nostra nazione. In questo mo­mento ci si trova a dover affrontare scelte im­portanti attraverso le quali si determineranno gran partedellesortidelpopoloitaliano.Epro­prio guardando al futuro che il presidente Na­politano ha chiesto di far leva sui giovani. Noi lucani non possiamo che condividere l'indiriz­zo che il Capo dello Stato ha voluto suggerire attraverso le sue sagge considerazioni. I gio­vani denunciano la necessità di avere le giuste opportunità per mettere in evidenza le loro ca­pacità e la loro intelligenza chiedendo alla po­litica semplicemente labontà di essere ascolta­ti. Sarebbe il modo giusto affinché si possa fi-nalmente riempire quel vuoto che i-nlMKmMBW la politica ha voluto determinare: l'incapacità di dialogo e la mancanza di confronto tra i vari

stadi della società. E vero quello che dice il pre­sidente Napolitano quando afferma che «se i giovani spno senza futuro la democrazia è in scacco».Evero,edinterralucanaèpropriociò che accadde. Da noii giovani sono lepedine uti­lizzate per mettere in scacco la democrazia.

Se non emigrano vengono tenuti a guinza-glioper esserebacino elettorale sul quale far le­va. Questo si determina attraverso le scellera­te scelte di un governo regionale che elargisce contributi apioggia senza creareprospettive.

Questo è quello che è successo con i progetti Gel e Albaper i quali sono stati spesi 12 milioni di euro in quattro anni che non hanno fruttato nemmeno un posto di lavoro, questo è quello che succederà anche con l'iniziativa "Reddito Ponte". Confidiamo nell'assoluta bontà delle parole del presidente Napolitano, ma diffidia­mo sulla possibilità che esse si traducano in fatti nella n ostra JBHdmhhlMI

* consigl iere regionale Pdl

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Election dav

La conferma di US LitltMiV Tornano i nostalgici della De

dì SALVATORE SANTORO

E ' stato l 'anno della riconferma d i E l

-•e elezioni amministrat ive per la guida del più grande ente della Ì35EH1EBM1 che si sono svolte il 28 e 29 marzo, sono state ov­viamente, l 'appuntamento politico più im­portante del 2010 lucano segnando e con­dizionando larga par te dell 'anno. Fino a pr imavera per la campagna elettorale e poi per gli equilibri postelezioni.

Con cambi di casacca e novità assolute. Poi u n a volta che la giostra delle Regionali si è man mano rallentata, e solo a par t i re dall'estate scorsa, la scena e il dibattito si è spostato essenzialmente sul nazionale. Lo s trappo t r a Berlusconi e Fini h a avuto dei focolai anche in kJsUMBBWSI non il senatore Digilio che si è posto a guida dei finiani e con i berlusconiani della pr ima ora che h a n n o fatto incetta di molti ex di An t r a cui l'ex sindaco di MateraBuccico.

Da novembre, poi, si è iniziato a parlare anche del Terzo polo, dove 7 consiglieri re­gionali e diversi esponenti di pr imo piano della politica nos t rana hanno prontamen­te rispolverato il vecchio amore per la De che fu. In ogni caso, i l2010ès ta to rappun-tamento con la storia per BIWiilKSjaHUWiMI il 29 aprile, infatti, viene eletto per la secon-da volta consecutiva come presidente della g iun ta regionale. Nessuno pr ima di lui. Eletto nella coalizione di centrosinistra, IEH iiltHUVtW h a raccolto oltre 202mila voti con u n a percentuale del 60,81 per cento che gli ha consentito anche di essere il più eletto in tut te le regioni dove si è votato. Dalle u r n e è anche emerso il secondo posto del candidato del centrodestra, Nicola Pa-gliuca, che si è fermato a 93mila voti con la percentuale del 27,92. Nella corsa alla Re­gione il "terzo incomodo" è stato l'ex vice­direttore del Corriere della Sera, Magdi Cristiano Allam, con quasi 30mila voti e u n a percentuale dell'8,72. In lizza per la carica di presidente della Regione anche Marco Toscano di "Sui generis" (4.936 voti) e Fiorenzo Doino del Part i to comunista dei la­voratori (3.512).

Per quanto r iguarda i partit i , dopo il fa cne na confermato di essere il pr imo par t i to di ìiklAE l iEH^con poco p iù del 2 7 per cento e 7 consi­glieri eletti, nel cen­trosinis tra c'è stato l'ottimo risultato del-l'Idv di Dipietro, che h a ottenuto quasi il 10 per cento eleggendo 3 consiglieri. Rima­nendo al centrosini­s t ra l'Udo che per la pr ima volta ha corso

ufficialmente contro il centrodestra ha ot­tenuto il 7,39 per cen­to (eleggendo 2 consi­glieri e "meritandosi" u n assessorato con Agatino Mancusi) ment re i Popolari uni­ti h a n n o sfiorato il 6 per cento e rieletto Scaglione. Oltre il 4 per cento i Socialisti ( 1 consigliere) e l'Api di Rutelli che h a eletto u n consigliere più la delega di assessore per Vilma Mazzocco. La SeL di Vendola h a sfiorato solo il 4 per cento, eleggendo pe­rò in consiglio u n pro­prio esponente.

Nell'altra coalizio­ne il Pdl h a r agg iun to il 19,43 per cento con­fermandosi secondo part i to della Ì5feM>it«fe%iBII eleggendo 7 consiglieri. Uno anche per la lista "Pa-gliuca presidente"", che supe- "" rando il 4,5 per cento ha eletto Roberto Falotico che 5 anni pr ima era u n a delle colonne del centrosinistra luca­no. Riesce a tornare (ma questa volta nel centrodestra) in consiglio regionale an­che Franco Mollica che ha guidato la lista dell'Mpa. Discorso a par te meri ta Io amo laTBffBBBBsldi Magdi Allam ^ che è s tata la vera novità del panorama politico lucano, destando da subito molta

k curiosità e polemiche. Alfiere di Allam in con­

siglio regionale è l'ex sindaco di Melfi, Er­nesto Navazio, che so­lo alcune sett imane pr ima del voto aveva abbandonato il Pdl in­nescando così la suc­cessiva crisi al comu­ne federiciano.

Dopo le elezioni ad aprile è s tata la volta della composizione della g iunta . Non hanno trovato posto quelli della sinistra. Ben 3 dei 6 assessori però sono donne: le due segretarie regio­nali rispettivamente dell'Idv e di Api (Mar strosimone e Mazzoc­co) e l 'esterna Rosa Gentile. Ha trovato u n a propr ia colloca-

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il Quotidiano Quotidiano

REGIONE BASILICATA

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zione politica entran­do in giunta come esterno anche l'ex presidente di Confin-dustria, Attilio Mar-torano con delega alla Sanità che iniziò, in­vece, il 2010 come possibile candidato presidente del cen­trodestra.

Poi le cose hanno preso un'altra piega, con il solo assessore Erminio Restaino (ol­

tre alpresidentedel con­sigliò Vincenzo Forino e

naturalmente alEUMBsSìSS a rappresentare il Partito de­

mocratico ai massimi livelli nel­l'ente Regione. Un'evoluzione stori­

ca per la dalla politica alle istituzioni.

sotto tutti gli aspetti

• * •

Ilpresidente ha fatto il pieno di preferenze

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LA RAZIONALIZZAZIONE DEGLI UFFICI

La «scure» sugli uffici per i quali si pagava l'affitto e per i quali i costi di gestione erano decisamente elevati

SPESE M f i i S S ì O i i Tra il 60 e l'88 per cento delle giornate dì servizio venivano impiegate per missioni verso Potenza e Matera

Regione, chiuse sette sedi «inutili» lente taglia sul territorio gli uffici periferici: «Scarsa attività e troppe missioni»

ANTONELLA INCISO

• Costano troppo, hanno at­tività scarse e le missioni rap­presentato una percentuale de­cisamente elevata rispetto ai giorni lavorativi. Per questo devono essere chiuse e gli im­piegati destinati ad altra sede.

È il regalo chelianno trovato sotto l'albero di Natale i di­pendenti regionali di sette sedi sparse sul territorio lucano. Con una delibera - datata 23 dicembre 2010 -' infatti la Giun­ta regionale ha approvato il documento dì razionalizzazio­ne delle sedi decentrate regio­nali. Un documento che nei fatti contiene la decisione di sopprimere ben sette sedi di uffici regionali sparse sul ter­ritorio lucano. Esattamente la metà di quelle attualmente esi­stenti. A finire sotto la «for­bice» dei tagli le sedi di Ber-

nalda, Marconia, Irsina e Tri-carico nel Materano e quelle di Moliterno, Muro Lucano e Genzano dimiwmiinl Ad essere «salvate», invece, le sedi di Po-licoro, Villa d'Agri, Lagonegro, Senìse, Metaponto e Melfi. -

Ma con quali criteri sono state scelte le sedi da tagliare ? E soprattutto perché ?

Per la Regione le sedi da sopprimere sono state indivi­duate tra quelle che avevano spese di locazione ossìa che erano hf affitto. Un modo per abbattere i costi, quindi. Sì ma

con una deroga: quella del co­mune di Melfi dove la struttura regionale è in fitto e vi la­vorano 24 dipendenti con una dotazione di 2 automobili.

In questo modo - secondo la Regione - si ottiene «per gli elementi considerati un abbat­timento della spesa, rispetto a quella attuale, del 49 per cento al quale devono aggiungersi le

ulteriori economie di spesa de­rivanti dalle presumibili ridu­zioni delle giornate di mis­sione, dei fabbisogni delle at­trezzature di uffici, dei premi assicurativi, dei minori inve­stimenti necessari per il rin­novo del parco macchine».

In poche parole si passerà da una spesa di 980mila euro ad una spesa di 510mila euro, con un taglio di 470mila euro.

Se il contenimento dei costi è la giustificazione, però, è al­trettanto vero che la stessa Regione nella sua relazione paila anche di «scarsa atti­vità». «Le esigenze di sussi­stenza delle sedi periferiche non appaiono supportate dall'entità e dalla tipologia del­le funzioni esercitate - viene spiegato - considerato che dal 2009 sono stati chiusi i conti di credito postale accesi per cia­scuna delle sedi di cui si tratta,

che presentavano da tempo nella maggior parte dei casi scarsa o nessuna attività, ri­manendo a carico della Re­gione i soli oneri di gestione dei conti».

Insomma, una «scarsa atti­vità» a cui si aggiunge anche il taglio delle missioni. «In que­ste sedi c'è un'alta incidenza dei giorni di missione rispetto alle giornate di servizio - pre­cìsa il provvedimento - dal 60 all'88 per cento , con desti­nazione prevalente verso le se­di principali dì Potenza e di Matera». Il che significa che buona parte del lavoro doveva essere svolto proprio nei due capoluoghi, con costi aggiun­tivi di auto e di personale. Ora non sarà più cosi Anche se i tempi non saranno strettissi­mi, le sette sedi in questione verranno chiuse. E le altre? Finiranno al centro di nuove analisi e ipotesi di raziona­lizzazione.

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LA SEDE Nella foto una veduta degli uffici della regione a Potenza

GLI UFFICI L'interno di una delle sedi della regione

sparse sul territorio regionale

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DONATO DISTEFANO Presidente CialliSlMiiJ

Lettera aperta agli agricoltori lucani

,„„,„. , A ,• i-~- ,o -, •, e valorizzare le effettive propensioni e risorse presenti nella 12010 e stato ancora un anno di difficolta per il mondo n o s t o i m e Q ^ l e s M e i e fl s e t t o r e ^ agricolo lucano L imico segno positivo e v e n u ^ ^ ^ ^ (Prodotto Lordo Vendibile) che si chiude apiu 1,6% (più anche d i c o n t e s t o e territoriali 2,2% per l'ortofrutticolopiù 2,5% per il cerealicolo, più T r a l e fe a b r e v e e me( J io t e m i n k r i d e U a

16%perilSettorelatte,piu21%perilflorovivaismo)msieme concertazione attraverso U Tavolo Verde e il Tavolo Agro-ali-ad un incoraggiante segnale di mcrementi m presenze e m e n t a r e prima di tutto per verificare lo stato deUa spesa del coperti nelle aziende agrituristiche con più 2 2%. I segni p g r m 2 0 1 3 e { p re p a r a re ia Conferenza Regionale negativiimvece abbondano: meno;80mrla giornate lavorative d e f f A g r i c o l t u r a ; d a realizzare con le organizzazioni prò-e meno 1.200 addetti; -25mila ha di terreno investiti a cereali: -3% del patrimonio bovino;-14% degli allevamenti suini;-4% della Superficie Agricola Utile.

fessionali agricole, gli enti locali, le Provìnce, Anci e Upi, e forze economiche e sociali della filiera agro-alimentare, qua­le occasione e strumento per aggiornare la programmazione

E trai "segni in rosso" mettiamo anche il fatto che non c'è , ,, l t t i h aericele regionali tanto nifi necessaria ner stato neanphp un ppntesimn dei fondi del PSP ?nn7-?rrn ohe ponticne agricole regionali tanto più necessaria per auest'aroTeXatS S ^ ^ S ^ f ^ ^ S S S Z ^ ^ ™ f ° sull'agiicolto, Le altre proposte: una norma-dìsfazione del Presidente M i l i e dell'Assessore Maz- t l v a q u a d r o s u U a c o m P e M a d e l s e t t o r e agncolo/alrmem J. J. i- i»- u.- J- M i. ÌÌ 'i tare e rurale, in grado di determinare imprese di qualità sia zocco per aver centrato 1 obiettivo di evitare che scattasse il agronomico che multifunzionale; un program-meccamsmodel disimpegno manonesufncientaBxsogna m a ^ n t a r e che tae p e c u l i a r i t à d ^ e s a ec0no-inoltre rilevare come i finanziamenti abbiano interessao m i c a d i d o f t o cm u s i s f e m a d e U e toi regionale deUa principalmente misure che sostengono 1 agro-ambiente e e t r a s f o r m a z i o n e > p e r r a f f o r z a r e fl. «M a d e m RamEl e le-zone svantaggiate, mentre si è molto in ritardo rispetto agli gando qualità delle produzioni e tecniche di lavorazione al aiuti per gli investimenti aziendali, ai piani integrati di territorio; un grande progetto per l'agricoltura estensiva di filiera e a tutte quelle azioni finalizzate alla competitività; all'innovazione e al reddito degli agricoltori. Tra l'altro, il qualità e multifunzionale, che veda un protagonismo sociale

in grado di cogliere tutte le potenzialità inerenti, a partire eseguimento di queUo che riteniamo r ^^^^ sia pure primo e parziale risultato, e stato possibile grazie in particolare.

. , . ,. , A . , „ Ci attende una nuova impegnativa fase di "sindacato del di assistenza agricola) particolarmente impegnati sul Par. territorio" che abbiamo costruito nel corso del 2010 attraverso • I Vi-i-i-f-i-t v i l l i rtKn i nrvrMrt/Hn+ti n-iii+i rii " n n v i r t i 4 i mr\" n n i T i r l i l ' i

anche alle organizzazioni professionali e ai loro CAA (Centri

Tanto più che i cosiddetti aiuti di "superficie", quindi la maggior parte di quelli erogati rispetto alla spesa generale,

l'autoriforma organizzativa e l'elezione di nuovi dirigenti, , „ . . , . , . r . . . •,,• espressione diretta del mondo agricolo e chiamati pertanto

strettamente connessi al sistema informatizzato, sono andati ^ provadeUareSponsabflità. L'obiettivo è molto ambizioso: m porto, proprio grazie al lavoro dei Caa. E sarebbe rm- ^ ^ ^ c e n t r o d e ] r a g e n d a p o l i t i c a i p r o b l e m i d e ] J a . portante un maggiore impegno sia sul fronte della sem- gricoltura, adeguando l'organizzazione alla nuova impegna-

con la società lucana e senza rinunciare alla prospettiva, purtroppo sempre più lontana (nonostante qualche passo avanti compiuto a livello nazionale con Confagricoltura e

rendere più snelle e veloci le procedure che riguardano i Bandi del PSR, innanzitutto con la completa informatiz­zazione del sistema delle domande e con un'adeguata as­sistenza tecnica agli agricoltori, affrontando una volta per . . j. WJ. •! i.i J ? i J-4. J. i J. J n i Copagn), dell unita tra le rappresentanze degli agricoltori e tutte il problema di accesso al credito tenuto conto della quota , £ ? f ,. , . , . -, ,, % •

delle loro forme di autotutela economica della produzione. H mondo agricolo lucano sollecita nel nuovo anno uno

scatto di responsabilità da parte di tutti i soggetti istitu-

a carico degli agricoltori. Se dunque invitiamo la Regione a "non mollare" nell'im­

pegno per accelerare e qualificare la spesa del PSR, au- . ,. ,.,. . . v , ,. , „, . ,, • v-t_ -u 'ìnA-nj- i-r- i~ J. i> j i i -r ' zionali, politici e sociali che vogliono bene ali agricoltura per

•nniia CTir\vc*r\ o/vH-irv"» OMO r\ r>\tr\ TiArtvi vtrvi v i v i m i rnnv*-\i rìni vmrvim ° x

nelle scorse settimane e che vedrà, nei primi giorni del nuovo anno, la ripresa della concertazione al Tavolo Verde.

La Cia rilancia, in proposito, il Progetto Economico Cia per definire una norma quadro regionale in materia di com­petitività del settore agro-alimentare e rurale tesa a ga­rantire, in forma costante e strutturale, ì necessari supporti al settore e alle aziende, recuperando un minimo di pro­grammazione e coerente pianificazione in campo agro-ali­mentare. Siamo sempre più convinti che per avviare un processo di sviluppo che dia centralità al settore primario ed allo sviluppo rurale, è indispensabile operare coerentemente

[presidente Càg

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CORRIERE DELLA SERA Quotidiano

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RISCHI E STRANEZZE PI UNA SCELTA

LE PRIMARIE FANNO MALE AL PD d; GIOVANNI SARTORI

•1 e elezioni prima-j; rie sono una inven-r zione americana. ? .- „ / E negli Stati Uniti

servono specialmente (ma non soltanto) per selezio­nare i candidati alla presi­denza del Paese. In Italia so­no state, invece, una inven­zione di Prodi e del suo fi­do Parisi. Dico invenzione e non importazione perché le primarie prodiane non erano una vera contesa, una vera gara; erano piutto­sto un modo per rafforzare e legittimare un candidato che era un leader senza par­tito, che non aveva il soste­gno di un suo partito.

Negli Stati Uniti esisto­no molte varietà di prima­rie, alcune «aperte» a tutti, altre «chiuse», e cioè riser­vate agli iscritti o a chi si di­chiara tale. Ma non mi ad­dentro in questa casistica, che è varia, cangiante e complessa. D punto è che dopo il fallimento del pro­getto prodiano le primarie, quelle vere, sono state adot­tate dalla sinistra.

È una buona idea? In li­nea di principio, sì. Perché non c'è dubbio che le pri­marie sono uno strumento e un «aumento di democra­zia» molto più efficace del voto di preferenza. Sono le primarie, ben più che le preferenze, a dare voce e peso effettivo all'elettorato nella scelta dei candidati. Inoltre la sinistra italiana soffre oggi di mancanza di idee, di nuove «idee di sini­stra». E le primarie diventa­no una idea di sinistra, vi­sto che Berlusconi ha una concezione padronale del suo partito, e visto, quindi, che per lui le primarie so­no inaccettabili.

Ciò detto, non è detto che le primarie funzionino sempre come dovrebbero. Un primo rischio è che le

primarie «estremizzino» la scelta dei candidati. È così, o può essere così, perché chi va a votare nelle prima­rie è di solito più coinvolto nella politica, e quindi più «intenso», più appassiona­to dell'elettore medio, del­l'elettore normale. In tal ca­so il candidato scelto dalle primarie è un candidato sbagliato, un candidato perdente. Se, per esempio, Vendola trionfasse nelle primarie della sinistra, la mia previsione è che per il Pd sarebbe una catastrofe.

Un secondo rischio è che le primarie producano, all'interno del partito che le adotta, un forte frazioni­smo. Per vincere nelle pri­marie i pretendenti debbo­no avere una propria orga­nizzazione elettorale inter­na. La prima volta, o per un paio di volte, le prima­rie possono essere salutari: immettono aria fresca, svecchiano un partito trop­po ingessato e intorpidito. Ma poi la frammentazione in correnti, oggi variamen­te travestite da «fondazio­ni», centri studio e simili, diventa inevitabile. Negli Stati Uniti non è così per­ché lì i partiti sono deboli, non scelgono i candidati ma, piuttosto, sono scelti dai candidati. Inoltre negli Stati Uniti i soldi (elettora­li) saltano il partito e van­no direttamente a chi scen­de in campo. In Italia, inve­ce, i soldi per i partiti van­no ai partiti. E questa diffe­renza fa molta differenza.

Infine, una stranezza (forse). A lume di logica i partiti con primarie dovreb­bero piacere agli elettori più dei partiti senza prima­rie. Ma in Italia non è così. Agli elettori di Berlusconi sembra (dai sondaggi) che delle primarie non importi un fico.

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Mdffii Quotidiano

REGIONE BASILICATA

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Alla Camera un voto per conti rigorosi CAMBIO DI PASSO

/ \ uel rigore che almeno negli ultimi tempi è mancato I | in diversi atteggiamenti di alcuni deputati, la Came-

'*V ,- ra prova a darselo nei conti. Il bilancio di previsione per il 2011 fotografa una situazione di crescita zero: dotazioni uguali a quelle degli ultimi due esercizi (992,8 milioni) e spe­sa che aumenta di un modesto 0,87%, poco più della metà del tasso di inflazione programmato. In realtà, quando a fine di quest'anno si tireranno le somme, ci si accorgerà che anche i costi di funzionamento di Montecitorio avranno il segno me­no, conseguenza dei tagli (60 milioni nel prossimo triennio) voluti dalla manovra della scorsa estate e che colpiranno gli stipendi di parlamentari e dipendenti, nonché alcune spese, tra cui quelle della carta e delle utenze. Soldi che la Camera dovrà restituire al bilancio statale. A Montecitorio, insom­ma, hanno fatto di conto adeguandosi al senso di responsabi­lità tanto invocato in questi anni difficili. Ma non perdendo di vista il fatto che alcuni costi non si possono comprimere senza evitare ripercussioni sul funzionamento della demo­crazia. L'equilibrio - assicurano i contabili - anche per il 2011 è stato trovato. C'è solo da chiedersi perché questo sforzo non sia stato tentato in anni più lontani.

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la Repubblica Quotidiano

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Dopo le primarie c'è ancora il Pd?

ILVO DIAMANTI

DA QUALCHE tempo, nel Pd, la passione per le primarie sembra in

declino. Nel gruppo dirigente, perlomeno. Lo stesso Bersani, direcente.nehamesso indub­bio il ricorso in caso di allean­za con il Terzo Polo (di Cen­tro) . Al quale le primarie—per usare un eufemismo — non piacciono. D'altronde, l'atteg­giamento verso le primarie è sempre stato contraddittorio. Basti pensare al caso della Pu­glia, in vista delle Regionali di un anno fa, quando alcuni di­rigenti del Pd (D'Alema e Let­ta, in particolare) tentarono di bloccarle. Per impedire la ri­candidatura di Vendola.

SEGUE A PAGINA 11

SENZA esito. Anzi, con l'effetto opposto: raffor­zare Vendola. Trionfato­

re delle primarie e ri-eletto Go­vernatore. Tuttavia, non solo in Puglia, ma anche altrove, per esempio a Firenze e, di re­cente, a Milano, si sono impo­sti candidati diversi da quelli indicati dal Pd. Da ciò la cre­scente insofferenza dei suoi di­rigenti verso le primarie. Con l'argomento che mobilitano soprattutto i "militanti". E, in questo modo, favoriscono la scelta di candidati maggior­mente caratterizzati. Ma, per lo stesso motivo, meno rappre­sentativi degli orientamenti degli elettori. Soprattutto, di quelli più moderati.

In effetti, il dibattito sulle primarie è rivelatore di una questione più ampia. Che ri­guarda, direttamente, l'iden­tità e il progetto del Centrosini­stra in Italia. Oltre che del Pd, che ne costituisce il riferimen­to. Le primarie, infatti, non hanno un significato sempli­cemente "tecnico". Assumo­no, invece, una grande impor­tanza simbolica. Arturo Parisi, che (accanto a Prodi) ne è stato — se non il primo — uno dei primi sostenitori, le ha definite il "mito fondativo" dell'Ulivo. Soggetto politico a vocazione maggioritaria, destinato ad ac­cogliere le istanze e le compo­nenti più diverse del Centrosi­nistra. In altri termini: il mo­

dello dell'Unione, sperimen­tato alle elezioni del 2006. In vi­sta delle quali si svolsero le pri­marie, nell'autunno del 2005, che designarono Romano Pro­di candidato premier. Si trattò, in effetti, di una investitura. A cui, tuttavia, parteciparono ol­tre 4 milioni e 300 mila elettori —deidiversip artiti della coali­zione. Non solo l'Ulivo, ma an­che l'IdV, l'Udeur, i Verdi. Se­gno di una domanda effettiva e particolarmente ampia nel Centrosinistra. Si tratta, peral­tro, dell'unica occasione in cui le primarie siano state utilizza­te, in ambito nazionale, per il loro fine naturale (come ram­menta spesso Gianfranco Pa­squino). Cioè: selezionare il candidato a una carica mono-cratica. In questo caso: il Presi­dente del Consiglio. Successi­vamente, nel 2007 e nel 2009, hanno, invece, funzionato da surrogato—o da complemen­to — ai congressi di partito. Mediante cui eleggere i segre­tari—egli organismi—delPd. Che, nel frattempo, aveva so­stituito l'Ulivo. Seguendo il modello americano del bipar­titismo. Non più Unione, ma Partito Unico dei riformisti. Nell'autunno del 2009, in par­ticolare, l'elezione del segreta­rio e degli organismi avvenne attraverso un percorso com­plesso. Prima i Congressi — a livello di circolo e di provincia — riservati agli iscritti, con il compito di eleggere la Con­venzione (e l'Assemblea na­zionale) . Poi le primarie, aper­te agli elettori (dichiarati). Poi ancora l'Assemblea, a ratifica­re la scelta delle primarie. Un collage di modelli organizzati­vi, che riassume — ed enfatiz­za — l'incertezza progettuale alla base del Pd. In bilico fra "partito di massa" — dunque di "iscritti"—radicato a livello territoriale. E "partito di eletto­ri", in formato maggioritario e americano. Fondato sulle pri­marie. Un equivoco mai risol­to. Cheriemergedicontinuo.E oggi diventa difficile da elude­re e da rinviare. Anche perché coinvolge gli stessi elettori. I cui orientamenti riflettono la medesima incertezza dei gruppi dirigenti. Come emerge dal sondaggio di Demos (con­dotto nelle scorse settimane), lamaggioranzadegli elettori di Centrosinistra continua a rite­nere utili le primarie per sce­gliere i candidati Premier, Sin­daci, Governatori e Parlamen­

tari. Ma coloro che vorrebbero utilizzare questa procedura "sempre"—e in ogni occasio­ne—costituiscono comunque una minoranza, per quanto ampia: il 30%. Questa posizio­ne, peraltro, èespressa dal 42% degli elettori di Sei, ma da poco più di un quarto di quelli del Pd e dell'Idv. Per contro, è vero che solo una quota limitata (in­torno al20%) rifiutale primarie "a prescindere". Tuttavia, fra gli elettori appare evidente un certo grado di confusione. Sul­le primarie, sul partito, sul Centrosinistra.

Sulle primarie. Perché, fino ad oggi, sono state utilizzate "à la carte". Per eleggere i candi­dati alle cariche di governo — centrale e locale. Vi si è fatto ri­corso per designare Prodi ma non Veltroni. Né, a Roma, per candidare Rutelli. Per eleggere gli organismi e i segretari di partito: Veltroni e Bersani, ma non Franceschini.

Sul partito. Sul Pd. I suoi se­gretari, i suoi organismi, la sua identità. La sua memoria. Hanno tratto legittimazione dalle primarie. Senza che, pe­raltro, questa procedura ve­nisse regolata e istituzionaliz­zata.

Sul Centrosinistra. Di cui le primarie hanno definito gli in­certi confini. In modo estensi­vo, nel 2006. Da Mastella fino a Bertinotti. In modo selettivo, nel 2007. Quando Veltroni ne hariassunto il perimetro intor­no all' asse Pd-Idv. Oggi, nel gruppo dirigente del Pd tutti questi dubbi restano. Irrisolti. E si ripercuotono, evidenti, sulle intese e sulla leadership. Ma con le elezioni che continuano a incombere è meglio scioglierli. Presto. Bersani e il gruppo dirigente del Pd: decidano. Quali intese e quali candidati. E quale metodo di coinvolgimento della base. In altre parole: quale modello di partito. Ma senza reticenze. Le primarie non sono una religione. Restano, tuttavia, il "mito fondativo". Dell'Ulivo, del Pd. Non ultimo: sono la procedura attraverso cui è avvenuta l'elezione di Bersani e degli organi dirigenti del partito. Il rito che garantisce loro legittimazione. Discuterle è utile, perfino necessario. Consapevoli, però, che, nello stesso momento, si rimettono in discussione la leadership e il modello di partito. E anche questo mi pare utile, perfino

necessano. D RIPRODUZIONE RISERVATA

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D Pd e il grande equivoco delle primarie la scelta che cambia il futuro del partito Ma tra gli elettori di sinistra solo un terzo legiudica indispensabili

Le primarie per scegliere il candidato premier Secondo lei, in futuro, con che frequenza il centrosinistra dovrebbe utilizzare le primarie per scegliere il Presidente del Consiglio? (valori %, tra gli elettori dei partiti di centrosinistra)

•Sempre HIQualche volta Ut Mai l i Non sa, non risponde

Elettori Pd

Elettori Idv

Settori Sei

Settori altri partiti di centrosinistra

Totale elettori di centrosinistra

Le primarie "sempre" (valori %, tra gli elettori dei partiti di centrosinistra, di quanti ritengono che le primarie debbano essere utilizzate "sempre", per ogni tipo di elezione)

Elettori Pd

Elettori idv

Elettori Sei

Elettori altri partiti di centrosinistra

Totale elettori di centrosinistra

26,8

28,0

42,3

' 35,0

30,4

Quando ricorrere alle primarie Secondo lei, in futuro, con che frequenza il centrosinistra dovrebbe utilizzare le primarie per scegliere... (valori %, tra gli elettori di centrosinistra)

• S e m p r e SSQualche volta Mai W Non sa, non risponde

Il Presidente del Consiglio

I Presidenti di Regione e i Sindaci

I parlamentari, i consiglieri regionali e comunali

m 5,6

Mota, i»®i©dte»I*Mpca il sondaggio, realizzato da Demos&Pi, è stato condotto nei giorni 18-21 dicembre 2010 da Demetra (metodo Cati). Il campione, di 1200 persone, è rappresentativo per i caratteri socio-demografici e la distribuzione territoriale della popolazione italiana di età superiore ai 18 anni. Materiali suwww.demos.it. Documentazione completa su www.sondaggipoliticoelettorali.it

GAZEBO Fila di gente al gazebo del Partito democratico in Largo Cairoti a Milano

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Foglio "]

Federalismo, ultimatum di Bossi " 0 passa a gennaio o allenine" BSemM:iltempodellechiaccMereèfinito,mnvogliosckrzì ROMA —Adesso l'aut aut della Lega a Berlusconi si arricchisce di date e contenuti: se entro il 27 gennaio non avrà incassato il via libera al federalismo fiscale dei municipi, il Carroccio staccherà la spina al governo e non resterà che andare al voto. Con le urne da allestire per il 27 marzo. L'ul­timatum al premier Silvio Berlu­sconi arrivadalleaderdelCarro-cio che ieri sera, da Ponte di Le-gno,haammonito:«Igiomiclou

saranno quelli traill7eil23 gen­naio: questa è l'ultima occasio­ne per il federalismo. O l'ultima occasione per votare. Il tempo delle chiacchiere è finito». L'ul­timatum a Berlusconi del Se-natùr è in perfetta sintonia con l'esternazione di Roberto Cal-deroii che ha passato gli ultimi giorni alavorare sul federalismo anche con i tecnici di Tremonti. «Se non si fa il federalismo—av-

CalcEevoM ixicfìca la «tata «lei 21 mazzo per il voto. H IMI : um errore dare scawiexize '«egide

PolexxncarGteclisn*» e Napoli* f i iixsÉaxso Umanità: il Carrocci© apra %sxt confronto sa» tatto

verte il ministro della Semplifi­cazione — la legislatura non ha più senso e quindi si va al voto anticipato». Dopo le minacce, tuttavia, Bossi s'è dimostrato ot­timista. Dopo aver ribadito di essere «amico» del Cavaliere

(«Scherzi non ne faccio—preci­sa il leader leghista — ma non voglio che me ne facciano gli al­tri»), e di non temere "trappole" dal ministro dell'Economia («Tremonti non ha bisogno di fondare un partito politico, che bisogno ha di spaccarsi la te­sta?»), s'è detto convinto che «il federalismo passeràamarzo». E che dunque «ci sono poche pro­babilità che ci siano elezioni a marzo».

La Lega presenta quindi il conto al premier che a dicembre aveva ottenuto il sostegno del Senatùr a patto che — appunto entro gennaio — fosse in grado

IN TRINCEA La Lega chiede a Berlusconi garanzie sul percorso parlamentare del federalismo. Nelle foto i tre ministri Calderoli, Bossi e Maroni. In basso, il dg della Rai Mauro Masi e Angela Buttigliene

di trovare quei deputati neces­sari ad allargare la risicata mag­gioranza alla Camera. «Come ha ripetuto Bossi la via maestra sa­rebbe stata il voto—testimonia Calderoli—ma abbiamo voluto ascoltareBerlusconichecihari-petuto che i numeri ci sono».

Uscitaindigesta al Pdl che per bocca del capogruppo alla Ca­mera acchitto, pur notando co­me sia «sacrosanto sollecitare l'approvazione del federali­smo», bacchetta la Lega: «Defi­nire il giorno e l'ora nella quale tutto ciò deve essere fatto può valere come sollecitazione po­lemica, noncome scadenzario». 11 dubbio che siinsinuatrai ber-lusconiani è che l'uscita di Cal­deroli non lasci molte alternati­ve alle elezioni anticipate. Come testimoniailnumeroduedelPdl a Montecitorio Osvaldo Napoli:

«L'accelerazione che ogni tanto arriva dagli amici del Carroccio mi dà l'impressione di motiva­zioni per anticipare le elezioni». Ma Calderoli risponde al Pdl: «Non è la Lega a fissare le date per il federalismo, lo fanno la legge e i regolamenti parlamen­tari, cheimpongonoilpareresul quarto decreto entro 028».

Partono all'attacco i finiani. Per Carmelo Briguglio Futuro e libertà «non è disponibile agli aut aut del Carroccio a cui inte­ressa solo mettere in sicurezza il federalismo fiscale e fare cassa in termini elettorali per poi tor­nare ad appiattirsi su Berlusco­ni». Per l'esponente futurista se la Lega vuol parlare di federali­smo prima deve confrontarsi con il terzo polo su tutti gli altri temi. Dal canto suo l'Italia dei valori vede il voto più vicino e esorta il centrosinistra a prepa­rarsi alle urne.

(a. d'a)

Bossi: "Osi faagennaioosì vota

Federalismo la Lega lancia l'ultimatiirn

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Foglio 1 / 2

Ultimatum sul federalismo " 0 passa a gennaio o si vota" Calàroliattacca, ilPàlojrena: erroredarescadenzerigide

ROMA — Adesso l'aut aut della Lega a Berlusconi si arricchisce di date e contenuti: se entro il 27 gennaio non avrà incassato il via libera al federalismo fiscale dei municipi, il Carroccio staccherà la spina al governo e non resterà che andare al voto. Conle urne da allestireperil27 marzo. L'ultima­tum al premier Silvio Berlusconi arriva dal ministro leghista Ro­berto Calderoli che ha passato gli ultimi giorni a lavorare sul fede­ralismo (anche con i tecnici di Tremonti) e ieri a Ponte di Legno ha incontrato il leader padano Umberto Bossi. Ed è proprio do­po essersi congedato dal Senatùr che Calderoli esterna la nuova ed ultima posizione della Lega.

«Senonsifailfederalismolale-gislaturanonhapiùsensoequin-di si va al voto anticipato», è il messaggio che il ministro della Semplificazione lancia a Berlu-

a»s§t^ l a dtate p e r

S 2 f ssaaia©

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Csmt&ex&n aipsa ss» cinÉb«Nnto:Stt f r i t te

sconi. Dunque il Carroccio può aspettare fino a gennaio per veri-ficareresistenza «dei numeri che ci aveva prospettato Berlusconi laddove è chiaro che non basta una maggioranza risicata: per fa­re le riforme servono numeri for­ti». La chiave di volta sarà la setti­mana che si apre il 17 gennaio, quando in Parlamento appro­derà il quarto decreto federalista (quello sul fisco municipale) : «Lì -tagliacortoCalderoli-sivedràse c'è un Parlamento che vuole fare le riforme, altrimenti tanto vale andare al voto il prima possibile ferma restando la potestà del Ca­po dello Stato sullo scioglimento delle Camere». Il Carroccio indi­ca anche la data per le elezioni: l'ultimo fine settimana di marzo.

La Legapresenta quindi il con­to al premier che a dicembre ave­va ottenuto il sostegno del Se­natùr a patto che - appunto entro

IN TRINCEA La Lega chiede a Berlusconi garanzie sul percorso parlamentare del federalismo. Nelle foto i tre ministri Calderoli, Bossi e Maroni. In basso, il dg della Rai Mauro Masi e Angela Buttigliene

gennaio - fosse in grado di trova­re quei deputati necessari ad al­largare la risicata maggioranza alla Camera. «Come ha ripetuto Bossi la via maestra sarebbe stata il voto - testimonia Calderoli - ma abbiamo voluto ascoltare Berlu­sconi che ci ha ripetuto che i nu­meri ci sono».

Uscita indigesta al Pdl che per bocca del capogruppo alla Ca­mera Cicchitto, pur notando co­me sia «sacrosanto sollecitare l'approvazione del federalismo», bacchetta la Lega: «Definire il giornoel'oranellaqualetuttociò deveesserefattopuòvalerecome sollecitazione polemica, non co­me scadenzario». Il dubbio che si insinua tra i berlusconiani è che l'uscita di Calderoli non lasci molte alternative alle elezioni an­ticipate. Come testimonia il nu­mero due del Pdl a Montecitorio Osvaldo Napoli: «L'accelerazio­

ne che ogni tanto arriva dagli amici del Carroccio mi dà l'im­pressione di motivazioni per an­ticipare le elezioni». Ma Caldero­li risponde al Pdl: «Non è la Lega a fissare le date per il federalismo, lo fanno la legge e i regolamenti parlamentari, che impongono il parere sul quarto decreto entro il 28».

Partono all'attacco i finiani. PerCarmelo Briguglio Futuro eli­bertà «non è disponibile agli aut aut del Carroccio a cui interessa solo mettere in sicurezza il fede­ralismo fiscale e fare cassa in ter­mini elettorali per poi tornare ad appiattirsi su Berlusconi». Per l'esponente futurista se la Lega vuol parlare di federalismo prima deve confrontarsi con il terzo po­lo su tutti gli altri temi. Dal canto suo l'Italia dei valori vede il voto più vicino e esorta il centrosini­stra a prepararsi alle urne.

(a.d'a)

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Calderoli: "0 si fa a gennaio o si vota"

Federalismo la Lega lancia rultimatum

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Bocchino avverte il Cavaliere: la Lega vuole il voto,per far guidare poi aTremonti un governo di grande coalizione

"Silvio è in trappola, accetti la nostra offerta tavolo per le riforme e legge elettorale' '

CARMELO LOPAPA

ROMA—Berlusconi in una "trap­pola". Stretto tra la minaccia di vo­to anticipato dell'asse Bossi-Tre-monti e «l'inutile accanimento te­rapeutico» su una maggioranza difficile da allargare. Italo Bocchi-no,capogruppodiFuturoelibertà, è di ritorno dalle vacanze nei mari caldi, prepara la ripresa e il con­gresso fondativo diFliafebbraio,e il presidente del Consiglio da lon-tanolovedecosì.Alpremieroraifi-niani, depostal' ascia di guerra, of­frono «una via d'uscita: sieda al ta­volo, accetti l'appello alla respon­sabilità e me tta a punto un patto di legislatura con tre -quattro riforme fondamentali per il Paese». Diver­samente, «faccia pure come creda, se governerà altri due giorni o due anni a noi interessa poco».

Come sarebbe a dire interessa poco, onorevole Bocchino. Ades­so volete lasciarlo B a Palazzo Chi­gi?

«Noi abbiamo rescisso il cordo­ne ombelicale che ci legava a un partito che avevamo co-fondato

per renderlo un grande partito moderato. Ci siamo ritrovati su un vagone estremista, conlaLegaafa-re da locomotiva. Ora siamo oltre, a febbraio lanceremo un grande progetto per l'Italia. Proporremo un patto repubblicano, per chi ha davvero a cuore le sorti di questo Paese che, nonostante l'ottimi­smo del premier, vede crollare il potere d'acquisto delle famiglie, decrescere l'occupazione, Piazza AffariperderepiùdialtreBorseeu-ropee. Lui vuole andare avanti con trevotidimaggioranza?Facciapu-re».

Il patto voi lo stringete intanto con l'Udc, per il Polo della Na­zione. Maalla ripresa sipartirà

, con la riforma federalista. Ca-» sini a differenza vostra ha già votato contro. Rischiate di spaccarvi al primo banco di pro­va?

«La nuova coalizione voterà sempre unita. Su alcuni provvedi­menti ci siamo divisi in passato, ma questo è un falso problema. Il problema vero è che federalismo realizziamo. Se la riforma consen­tirà di ridurre gli sprechi, bene, ma se rischia di dividere il Paese e la-

Se vogliono un federalismo che rischia di dividere il Paese se lo facciano da soli. Al congresso di febbraio noi lanceremo un grande patto repubblicano

sciarne per strada un pezzo, allora lo facciano da soli, se ne sono ca­paci. Noi non ci stiamo. E su que­sto il nuovo Polo sarà compatto».

D'accordo. Chiedete al pre­mier Berlusconi di sedere ad un tavolo per mettere a punto poche riforme. Ma quali?

«Proponiamo al presidente del Consiglio di trasformare una som­matoria di debolezze in un'occa­sione di rilancio per l'Italia, nel­l'anno del 150'. Quali riforme? Quella sul mercato del lavoro, tan­to per cominciare, la vogliamo af­frontare o la lasciamo fare a Mar-chionne? E poi, la riforma fiscale, per ridurre una buona volta le tas­se a carico delle famiglie e delle imprese. Sarebbe inevitabile inse-rirenelpacchettolariformaeletto-rale, chiaro. Infine, una grande riforma centrata sui giovani, come sollecitato dal capo dello Stato a fi­ne anno. Berlusconi adesso ha due strade davanti a sé, anzi tre».

Ovvero? «Può proseguire con l'accani­

mento terapeutico. Può cedere al­la tentazione delle urne, sponso-rizzatadallaLega.Oppureprende-re in considerazione l'unica solu­zione che serve al Paese e accoglie-

rel'appello alla responsabilità». Difficile. Il Carroccio già lo in­

calza: allargamento della mag­gioranza e federalismo subito o voto il 27 marzo. Cosa c'è dietro il loro pressing così insistente?

«Alzano il tono per spaventare Berlusconi, ottenere la riforma, l'unica che interessaloro, epoi an­dare al voto. In questo Bossi fa i suoi interessi, ma ha ragione, leg • gè i numeri, si dimostra più politi­co del premier: così non si gover • na».

Raccontano di un presidente del Consiglio in rotta con Tre­monti. Siamo già alla guerra di successione sul dopo-Berlusco-ni?

«La conflittualità tra il premier e il suo ministro è evidente. La rifor­ma del fisco è nelle mani del solo Tremonti, il quale però ha altri di­segni, d'intesaconBossi:vuolean-dare al voto. Perché alle elezioni la Lega vincerebbe, il Pdl uscirebbe a pezzi, e il risultato sarebbe due maggioranze diverse tra Camera e Senato».

E a quel punto? «Andiamo dritti verso una solu­

zione alla tedesca. E chi meglio di Tremonti potrà guidare un gover­no di grande coalizione?»

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CAPOGRUPPI Italo Bocchino capogruppo di Futuro e Libertà alla Camera

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Foglio "1

SE UN SENATORE DICE COSE DI SINISTRA LUCIANO GALLINO

Finalmente. Un senatore ha tenuto un discorso in aula dicendocosedisinistra.Ha descritto in modo severo la

situazione in cui versa il paese, ma sono stati tali e tanti i temi affron­tati che impartito consapevole che la destra sta portando tutti al disa­stro potrebbe ricavarne un pro­gramma completo perle prossime elezioni. In questa prospettiva merita soffermarsi sui punti sa­lienti del suo discorso, disponibile nella trascrizione fatta in Senato.

Ampio spazio viene dato ai pro­blemi dell'occupazione e del red­dito. Tempo fa, prima che arrivas­sero l'economia globale, laroboti-ca e i computers, nota il senatore, una persona poteva lavorare 40 ore alla settimana e guadagnare abbastanza da pagare i conti della famiglia. Oggi perpagareiconti bi­sogna lavorare almeno in due, e se non si sgobba in due - facendo magari tre o quattro lavori - si ri-schiadinonriuscireapagarenem-meno il riscaldamento e il carbu­rante per l'auto. Per vari gruppi di età, in specie i giovani e gli over 50, il reddito reale è addirittura più basso che negli anni 70.

C'è una causa precisa per tale peggioramento.-inpocopiù di die­ci anni il paese ha perso milioni di posti di lavoro nell'industria ma­nifatturiera. Il lavoro è andato in Cina, Vietnam, India o Messico, dove costa dieci volte meno. La chiamano competitività. E per i la­voratori rimasti, rileva il senatore, si veda quel che succede alla Chry­sler. I media hanno enfatizzato la ripresa delle assunzioni da parte dell'azienda. Ma i nuovi assunti sono pagati 14 dollari l'ora invece di 28, per fare lo stesso lavoro dei compagni più anziani. «Se ci ren­diamo conto che l'industria del-

l'auto-sichiedel'oratore-erafor-se lo standard aureo per la mani­fattura. .. che cosa pensiamo suc­cederà in futuro ai salari degli ope­rai?». Storicamente, in questo pae­se, nota altrove il senatore, i posti di lavoro nel settore manifatturie­ro erano laspinadorsaledellaclas-se lavoratrice. L'emigrazione del­l'industria verso altre coste non è solo un mutamento del modo di produrre: è un disastro sociale.

La crisi economica, iniziata ben prima di quella finanziaria, sta mutando in peggio la vita non solo degli operai, ma anche delle classi medie. Molti che vi appartengono sono figli di operai, impiegati, con­tadini, che grazie al lavoro dei ge­nitori hanno potuto andare alle superiorioall'università.Orasono in ansia, piùancora che perse stes­si, per i loro figli. E si chiedono se per la prima volta nella storia mo­derna di questo paese i figli non avranno un livello di vita più basso dei genitori, a cominciare dal livel­lo di istruzione cui riusciranno ad accedere.

Quel che succede, rileva il sena­tore, rientra in un progetto delle forzepolitiche di destra. Illoro sco­po ultimo - cito ancora dal suo di­scorso -è l'annullamento radicale di quasi tutti i provvedimenti che sono stati introdotti durante pa­recchi decenni per proteggere i la­voratori, gli anziani, i bambini. Al­lo scopo di ridurre il deficit di bi­lancio, stanno discutendo di una brillante idea: innalzare l'età di pensionamento sinversoi70 anni. In questo modo chi per decenni si batte con fatica per sopravvivere, facendo un lavoro duro e soppor-tandomolti sacrifici, dovràlavora-re sino al giorno in cui muore.

Ma agli occhi del nostro senato-rel'ottusità della destra si vede so­

prattutto nei tagli effettuati all'i­struzione, in tutte le sue forme e li­velli, dagli asili alla scuola prima­ria, dalle superiori all'università. Sempre al fine di ridune la spesa pubblica. Andare in questa dire­zione «significa semplicemente tagliarsi il naso per far dispetto alla faccia». Come potremo mai diven­tare una grande economia, egli chiede, se non avremo gli scienzia­ti, gli ingegneri, gli insegnanti che ci vogliono, mentre molti altripae-si nel mondo hanno una maggior percentuale di giovani diplomati che vanno all'università? Ed è mai possibile che sia così scarsa nel paese una buona educazione per i bambini che tutti possano per­mettersi? I risultati di questa ca­renza per il prossimo futuro po­trebbero essere disastrosi. I bimbi che non hanno una istruzione in­tellettualmente stimolante fin dal­la scuola primaria dieci anni dopo abbandoneranno gli studi e maga­ri finiranno in carcere.

Il discorso del senatore si esten­de alle infrastrutture. Dappertut­to, egli afferma- e di questi giorni è difficile dargli torto - stanno an­dando in pezzi. Dovremmo inve­stire in modo significativo per ri­costruire ponti, strade, acquedot­ti, reti per la banda larga, trasporti pubblici, sistema ferroviario, di­ghe. È vero che sindaci e governa­tori di regione trovano poco at­traente un investimento del gene­re. Ma se non si provvede oggi, ci costerà molto di più domani.

Ho citato quasi alla lettera vari passi del discorso di questo sena­tore, limitandomi a semplificarli e riordinarli,poichésitrattadiun in­tervento molto lungo - la trascri­zione è di 124 pagine - e ripetitivo. Resta da precisare che il discorso è stato davvero tenuto al Senato l'I 1

dicembre scorso. Purtroppo non era il Senato italiano. Era quello degli Stati Uniti. Dove il senatore Bernie Sanders, che si definisce un «indipendente progressista» e vo­ta per lo più con i democratici, ma non manca di criticarli quando oc­corre, ha parlato senza interruzio­ne per quasi nove ore. Video e tra­scrizione sono disponibili sul web. Il suo bersaglio era lo scandaloso compromesso con i repubblicani fatto dal presidente Obama, accet­tando di estendereper altri due an­ni riduzioni fiscali che peri contri­buenti più ricchi toccano i milioni di dollari a testa, allo scopo di poter mantenere detassazioni da mille dollari l'anno alle classi medie e al­la classe operaia. Due giorni prima il Senato aveva bocciato una pro­posta dello stesso Sanders che avrebbe concesso a milioni di po­veri ed ex combattenti disabili un assegno una tantum di 250 dollari.

Il discorso di Sanders merita at­tenzione per due motivi. In primo luogo mostra che la situazione economica e politica degli Stati Uniti è molto simile a quella dell'I­talia. Sotto questo aspetto dagli Usa non c'è proprio più niente da imparare. Se non una cosa. In quel paese circolano in molti ambienti, strati sociali, centri di ricerca, idee forti, definite, fondate su cifre e ar­gomenti solidi, che laggiù si chia-manoliberaloprogressiste.manel lessico nostro sono idee di sinistra. Tanto che un senatore può espri­merle con la massima chiarezza nella Camera alta, facendosi capi­re davvero da tutti anche fuori, per nove ore di seguito. Restiamo in at­tesa che un nostro parlamentare -magari delPd,chissà-faccia un di­scorso simile a quello di Bernie Sanders.

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Foglio "1

I IL TRAMONTO DEI "DURI"

IN POLITICA FEDERICO GEREMICCA

A anno appena con-

L / eluso ha di fatto arenato la legisla-

i tura in un panta-' no che ancora po­

chi mesi fa era difficile perfi­no da immaginare. E invece la situazione - sul piano della stabilità politica, certo, ma non solo su questo - è quella che è. L'eredità che il 2010 la­scia all'anno che comincia, in­somma, è pesante: ma nella lunga crisi politica che ha pre­ceduto i voti di fiducia e di sfi­ducia del 14 dicembre, alme­no un paio di questioni sono emerse con la forza dell'evi­denza. E non sarebbe male te­nerne conto per cercare di correre finalmente ai ripari.

La prima è certamente il naufragio dell'idea che una politica spiccia e muscolare sia sempre meglio che con­frontarsi per poi, se possibile, scendere a patti: o almeno provare a cercarli. Da settem­bre in poi (mese in cui la crisi ha iniziato ad avvelenarsi) non un solo canale di comuni­cazione è stato aperto, non una posizione politica è cam­biata, nulla si è mosso: «co­lombe» ed ambasciatori di pa­ce sono stati subito additati come potenziali traditori ed il risultato è stato il finale thril­ling cui abbiamo assistito. Una cosa a metà tra il codice penale ed un'amara comme­dia all'italiana. Da farci un film. Titolo: Il Venduto.

Partiti tutti lancia in re­sta - i luogotenenti di Berlu­sconi e i fedelissimi di Fini -e convinti di spuntarla col mero uso del diktat e della forza, hanno finito col mer­canteggiare un cambio di campo o il rispetto della fe­deltà appena giurata.

CONTINUAAPAGINA25

Comunque lo si guardi, l'epilo­go rappresenta una sconfitta per i più duri tra i duri, da La Russa e Cicchitto, da Bocchi­no a Gasparri, passando per i

colpi da cecchino di Maroni e Calderoli,

poche uscite ma tutte distruttive: una gioiosa macchina da guerra - si sarebbe detto qualche tempo fa - che ora si lecca le ferite, prova a riaggiustare i pezzi e fa i conti con quel che è rimasto e che il mercato ancora offre. Mercato in tutti i sensi, naturalmente.

E' stato - anche - un passaggio terribi­le per Silvio Berlusconi, avviatosi in bat­taglia con fanfare e minacce, per poi con­cluderla - più modestamente - con pro­messe e blandizie: ma non è che gli altri leader, nelle stesse settimane, se la siano passata granché meglio. Anzi, mai come stavolta, forse, i limiti e le debolezze del «leaderismo all'italiana» sono apparsi nella loro impietosa evidenza. Della rab­bia impotente di Silvio Berlusconi abbia­mo detto. E che aggiungere dell'incedere via via più barcollante di Gianfranco Fini o delle sentenze sempre più oscure di Umberto Bossi, che ormai parla come la Sibilla cumana e come tale viene inter­pretato?

E' una difficoltà - una debolezza - che ha riguardato tutti: Bersani, nel suo zig­zagare contraddittorio, condizionato ora da Vendola e ora da D'Alema; Casini,

impegnato prima di tutto a evitare altre scissioni ed emorragie, dopo quella (dolo­rosissima) in terra siciliana; Di Pietro, il più duro dei duri, costretto a scoprire i «traditori» proprio nella sua agguerritissi­ma falange, ed ora oggetto di sberleffi e di contestazioni. Mai come stavolta si è av­vertito che il «leaderismo all'italiana» sta forse esaurendo le sue ultime cartucce. Lo spettacolo non regge più: e il potere che segretari e presidenti hanno fondato su ri­sorse economiche illimitate, sul potere di decidere con un cenno chi entra e chi esce dal Parlamento e perfino sul fatto di aver stampato il proprio nome sulle insegne del partito, va inesorabilmente consuman­dosi, come la cera di una candela.

E' evidente da anni che il sistema avrebbe bisogno di una profonda risiste­mata; e senza andare troppo indietro nel tempo, lo dimostrano le ultime due legisla­ture: quella di Prodi, naufragata dopo due anni, e la terza di Berlusconi, quella attua­le, avviatasi alla deriva appena giunta al giro di boa. Ed è ugualmente chiaro che sarebbe stato anche simbolicamente signi­ficativo che alla riscrittura delle regole si riuscisse a metter mano proprio in questo 2011,150° anniversario dell'unità d'Italia. Sperare non costa nulla, naturalmente, ma gli ultimatum di Bossi e Calderoli -puntuali come i botti di fine anno - non pa­iono un gran viatico. L'ipotesi più probabi­le - purtroppo - è che leader sempre più deboli e partiti senza più radici, finiranno per continuare a galleggiare sulle loro pro­messe: nuova legge elettorale, fine del bi­cameralismo perfetto, riduzione del nume­ro dei parlamentari, abolizione delle pro­vince... E' una filastrocca che si potrebbe

mandare a memoria: e che - questo è il ti­more - continueremo magari a recitare an­che in questo anno, che doveva essere di orgoglio e di celebrazione...

IL TRAMONTO DEI "DURI"

IN POLITICA

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GIORGIA MELONI

«La sinistra tace, che vergogna» L'esponentePdlfuribonda con l'opposizione: «Le critiche delPd?Le rispedisco al mittente, non ha malfatto nulla Battisti non è un terrorista ma un criminale comune che ha ammantato di politica i suoi omicidi fatti per denaro»

Andrea Cuomo

Roma «Lo sa che cosa mi fa rabbia? Mi farabbia subire le­zioni di civiltà da altri Paesi, mi fa rabbia sentire dire che noi non garantiamo il diritto, noi che del diritto siamo la cul­la. Ricordo al signor Lula che il Granducato di Toscana è stato il primo ad abolire la pe­na di morte». Il ministro Gior­gia Meloni è in Scozia, ha fred­do e fretta, ma non è per que­sto che al telefono appare furi­bonda. Lo è perché segue dai giornali la vicenda Battisti e anche da oltre il vallo di Adria­no la storia le appare nella for­ma e nella sostanza incredibi­le. Anzi, come dice lei: «Inac­cettabile. Anzi, scriva vergo­gnosa».

Addirittura vergognosa? «Vergognosa, vergognosa.

In che altro modo si può defi­nire la concessione dello sta­tus di rifugiato politico a un uomo che non ha nulla di poli­tico?».

Battisti militava nei Prole­tari armati per il comuni­smo...

«Battisti è un criminale co­mune. È un ladro e un rapina­tore, che per rubare dei soldi ha ucciso. Il fatto che in un se -condo momento abbia am­mantato questi misfatti di un significato politico non fa di lui un rivoluzionario. Resta un criminale comune. E un vi­gliacco, che è scappato per sfuggire alle sue responsabili­tà e per non pagare il suo con­to con la giustizia. Non capi­

sco come faccia l'intellighen­zia a proteggere un uomo del genere. Bisogna fare di tutto perché questa persona paghi il suo conto con l'Italia».

Fare sì. Ma che cosa? «Intanto dobbiamo mobili­

tare l 'opinione pubblica ita­liana. Lo stiamo già facendo attraverso il comitato di Tor-regiani (intitolato a Pierluigi, il gioielliere ucciso nel 1979 durante una rapina per la qua­le Battisti è stato condannato e guidato dal figlio Alberto, che nell'occasione rimase pa­ralizzato, ndr). Abbiamo ade­rito come Giovane Italia alla manifestazione che si svolge­rà sotto l 'ambasciata brasilia­na a Roma il 4 organizzata da Torregiani e dal Movimento per l'Italia di Daniela Santan -chè,con l'auspicio di fare una successiva mobilitazione più numerosa. Anche bipartisan, perché riteniamo che su que­sta vicenda si debba mobilita­re l'Italia intera anche in mo­do trasversale. Ho apprezza­to il fatto che il Pd abbia man­dato un appello a Lula. Anche se...»

Anche se? «Anche se rispediamo al

mittente le accuse del Pd di un silenzio assordante da par­te del governo, perché questo si è mosso con grande passio­ne con la sottoscritta, con La Russa, conio stesso presiden­te Berlusconi. Non ricordia­mo invece una mobilitazione della sinistra su questa vicen­da. E anche se anche il tono dell'appello democratico tra­

disce il complesso di inferiori­tà del quale loro sono sempre portatori quando si confron­tano con un Paese straniero. Ma malgrado ciò ben venga che in extremis anche loro si siano svegliati su questa vi­cenda».

Secondo lei si può fare an­cora qualcosa a livello di­plomatico? «Io penso e spero di sì. Cre­

do come il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica che si possa impugnare que­sta decisione alla Alta Corte brasiliana, che già si era detta favorevole all'estradizione. In questo modo potremmo ri­tardare la decisione di fornire lo status di rifugiato politico e aspettare così che possa inter­venire la neoinsediata presi­dente del Brasile Dilma Rous-seff, che per fortuna non la pensacome il suo predecesso­re Lula».

Una strada piuttosto stret­ta, non trova? «Non c'è dubbio. Ma noi

chiediamo soltanto di poter dare seguito a una sentenza emessa, come ha riconosciu­to anche Bruxelles, nel pieno rispetto dei principi di legali­tà su cui si fonda l'Unione eu­ropea. E già nel 2006 la Corte europea dei diritti dell 'uomo aveva dichiarato inammissi­bile il ricorso presentato da Battisti contro la sua estradi­zione in Italia».

Ma secondo lei come la pensano i brasiliani? «Ecco, me lo chiedo anche

io. Penso che Lula abbia scel­to la strada più comoda. Ha

messo a repentaglio i buoni rapporti tra due Paesi amici come l'Italia e il Brasile per darsi le arie da rivoluziona­rio, lasciando al suo popolo tutti gli svantaggi di questa cri­si e a chi lo sostituisce il com­pito di ricucire lo strappo».

Lula e l'avvocatura dello Stato sostengono che in Ita­lia c'è un clima da guerra fredda... «Ogni paragone con

un 'epoca tragica come gli an­ni Settanta mi pare franca­mente esagerato».

Però è indubbio che, tra contrapposizioni politi­che, proteste studente­sche, scontri, pacchi bom­ba e il caso Battisti sembra proprio che l'Italia fatichi a uscire dagli anni Settan­ta... «Fin quando ci saranno per­

sone favorevoli a Battisti nel nostro Paese sarà impossibi­le chiudere definitivamente con il passato. Lo sa con chi ce l'ho? Ce l'ho con personaggi come Oreste Scalzone, che so­no fuggiti dall'Italia in attesa che i propri reati cadessero in prescrizione e che oggi, rien­trati nel nostro Paese, vanno nelle università a pontificare ai giovani. E ce l'ho ancora di più con chi li invita. Io penso che sia saggio e giusto a di­stanza di anni ascoltare tutti, ma che solo chi ha pagato il conto con la giustizia ora ab­bia il diritto di dire la sua. Non abbiamo nulla da imparare da chi non si è preso le sue re­sponsabilità».

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REGIONE BASILICATA

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Vergogna Non capisco perché certa intellighenzia lo protegga

Mobilitazione Ci vuole una manifestazione bipartisan e numerosa

Asilo politico Ci impegneremo per ritardare la concessione dello status

Stagioni d'odio Francamente esagerato ogni accostamento con gli anni '70

Cattivi maestri Chi non ha pagato il conto con la giustizia non parli

L'ex terrorista Cesare Battisti viene arrestato

in Brasile nel marzo del 2007

per ingresso illegale nel Paese

sudamericano e falsificazione di documenti.

Ma dopo il no all'estradizione potrebbe uscire di cella. A destra il ministro della

Gioventu Giorgia Meloni

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il Giornale Quotidiano

REGIONE BASILICATA

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Caro presidente Napolitano, ecco tre proposte sui giovani da una baby eurodeputata di Lara Comi4

"~ aio Presidente Napolitano, mi permetta un'affermazione un po'

es trema, ma mai così vera come nel no-" - sirotempo:lagiovinezzaèunvalorein

se, e di \ alori di questo tipo ce ne sono ben pochi. Li possiamo contare sulle dita di una mano: la pace tra i popoli, il diritto alla salu­te, la possibilità di studiare e lavorare, il ri­spetto verso vecchiaia e infine - appunto - la passione e l'apertura verso il futuro che, non a torto, consideriamo caratteristiche della gioventù.

Per questa ragione ho provato un'immedia­ta e sincera contentezza quando, ascoltando il Suo discorso di fine anno, ho capito che lo stava dedicando proprio ai giovani. Non sol­tanto perché anch'io faccio parte «della cate­goria», come direbbero i giornalisti, ma an­che per il mio impegno politico: tra le fila dei nostri deputati in Ttalia e in Europa risulto infatti essere, senza farne un titolo di merito, la più giovane eletta. Mi sono sentita, dun­que, doppiamente chiamata in causa: come chi ha la fortuna di avere davanti a sé la parte più lunga della vita e come chi ha, allo stesso tempo, la responsabilità di dover prendere decisioni che avranno un peso anche al di fuori del proprio percorso individuale. Per usare le Sue parole: «Senza opportunità per i giovani la democrazia è in scacco». Sottoscri­vo appieno. E aggiungo: è necessario che queste opportunità vengano coltivate ogni

singolo giorno dell'anno, al­l'interno dei discorsi istitu­zionali come all'esterno, nella quotidianità concreta di ogni giorno. Proprio quel­la che i giovani vivono con più partecipazione.

Mi permetto di aggiunge­re alle Sue parole, dunque, tre proposte che nei prossi­mi mesi politica e istituzio­ni non dovrebbero lasciare in secondo piano.

La prima: un più esteso ri­conoscimento delle profes­sioni all'interno dell'Unio­ne europea. Vorrei che per un insegnante o un infer­miere italiano fosse molto più semplice recarsi in un'altra nazione della no­stra Comunità per svolgere

il proprio mestiere e inca­merare nuove esperienze, nonché trasmettere le pro-prie. Il mercato del lavoro è sempre meno italiano e

sempre più europeo. Stavo per scrivere: sem­pre più globale. Non possiamo più prescinde­re da questa realtà di fatto, ma vedo l'Italia non intraprendere con adeguata convinzio­ne questa sfida.

La seconda proposta: una più dinamica osmosi tra Università e mondo del lavoro. In questo abbiamo già fatto buoni passi avanti. La riforma Gelmini ha promesso, e di certo manterrà, che l'accento cada sempre sui più meritevoli. È a loro che innanzitutto occorre dare speranza, senza per questo dimentica­re l'istruzione e la cultura per tutti. È un atto di coraggio e non, come è stato lasciato inten­dere da alcune parti forse un po' troppo inte­ressate a mantenere lo sterile e dispendiosis­simo status quo, un atto di ingiustizia socia­le. Lo sviluppo è fatto anche di individui trai­nanti e competitivi: vogliamo farne a meno? Con quali capacità, allora, ci presenteremo nei prossimi anni sul mercato globale?

Terza proposta: è necessario limitare una flessibilità lavorativa che, sovente, è remune­rativa solo per i datori di lavoro. Ci sono aziende che usano ripetutamente la formula dello «stage» per tenersi strette le persone più valide. Ecco che di nuovo torna, allora, il tema della speranza: che tipo di futuro può vedere e costruire un giovane che, conscio (ma non in modo arrogante) delle proprie capacità, si vede «parcheggiato» dall'azien­da in quella zona grigia in cui è parecchio più difficile pensare a lungo termine? Per non dire ottenere quel mutuo bancario spesso in­dispensabile per comprarsi una casa e final­mente «uscire» dalla propria famiglia d'origi­ne. Al Parlamento europeo stiamo lavoran­do affinché la situazione degli stagisti presso le aziende non rimanga una condizione esi­stenziale.

Avendola conosciuta personalmente, Si­gnor Presidente, so che lei non spende paro­le che non abbiano l'effettiva possibilità di tramutarsiin fatti. Prenda queste mie propo­ste come segno di obiettivi comuni e come il mio personale augurio di buon anno.

*Europarlamentare Pdl

SEGGIO UE

Lara Comi. 2 ; iinni, del Peli 0 l<i più giovane piìrlnmpntarp emnppoelGItii nei 2? Paesi membri

LE MOSSE DEL CENTRODESTRA

'rremonti-Maroiii-Caldeioli: Tasse che Silvio vuol l'ai' sallare

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Governo, ma^oranza divisa. Ultimato d e M ^

Bertoni, il piano per il w m partito IlpKDgettopostrPcBinfaseavanzata, dovi^bechiamaci "Popolari"

di MARCO CONTI T ALega preme per il fede­li—ffalismo? Tremonti an­nuncia una sua corrente nel Pdl? Il ministro Bondi mi­naccia di dimettersi per tor­

nare a tempo pieno in via dell'Umiltà? Silvio Berlu­sconi ha in tasca la soluzio­ne per azzerare ogni conten­zioso: un'altra casa nuova di zecca dove ospitare tutti

i moderati rottamando quel "Pdl" che gli ha porta­to certamente meno fortu­na di "Forza Italia". Il no­me è pronto: "Popolari". Secco e a prova di sigle.

Asciutto e resistente a stor­piature e acronimi. "Popo­lari" per riprendere in ma­niera diretta la "famiglia" europea nella quale si trova­no gli eurodeputati ora Pdl.

Continua a pag. 5

IL P R E D E L L I N O 2 ^^^defe|»ssibielezioriantic^ _ _ ^ _ _ ^ _ _ _ _ _ _ _ ^ ^ _ (ieatirapotitica.Manokrx)lerxi$itionpermincarìcodìvertice

Addio Pdl, arrivano i "Popolari": Berlusconi prepara l'ennesima svolta In fase avanzata il progetto del nuovo partito. In squadra solovoltì giovani

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

di MARCO CONTI

"Popolari" per saldare al centro il nuovo schieramen­to, e sottrarlo alle derive che gli ex di An rischiano di accentuare ora che nel Pdl riescono a dare le carte in maniera diretta anche gra­zie al peso di La Russa e Gasparri. Tra gli studi che esperti di marketing hanno sottoposto al Cavaliere, la dizione "Popolari" risulta infatti meno nostalgica di "Italia" (o "Avanti Italia" noto inno fascista compo­sto in occasione della guerra in Etiopia), più diretto di "Libertà" (che comporta la definizione di "libertini" per iscritti e parlamentari) e sicuramente più efficace di un doppio nome. Bloccati i domini su internet, messo a punto un primo spunto gra­fico, il presidente del Consi­glio sta dando seguito a quanto promesso sia nella conferenza stampa di fine anno che il giorno dopo a "Matrix". Per ora niente nuovi predellini, perché «al­la mia età devo stare attento ai gradini», ma il progetto di restyling è in fase avanza­ta e tutto deve essere pronto

qualora la Lega non si accon­tenti dell'allargamento del­la maggioranza al quale lavora il Cavaliere, e spinga per il vo­to anticipato a primavera.

L'intenzio­ne di voler ab­bandonare al suo destino il nome-Pdl è sta­ta annunciata più volte dal premier, ma i possibili moti­vi di contenzio­so con i finiani rappresentano solo una parte delle motiva­zioni che spin­gono il Cavalie­re a cambiare. Più concreti gli obiettivi di az­zerare le quote tra ex forzisti ed ex An, smon­tare il complica­to triumvirato e, soprattutto, realizzare una "casa dei mode­rati" attraver­so la quale pro­vare a recupera­re nuovi spezzo­

ni centristi, se non tutta l'Udc di Pier Ferdi­nando Casini.

Con il nuo­vo partito tutto tornerà in di­scussione, tran­ne, ovviamen­te, la leader­ship del Cava­liere. In ballo però finiranno tutti gli azzurri della prima ora, perché Ber­lusconi, nel nuovo partito di giovani

vuole essere l'unico "gran­de-vecchio". A dispetto del­le voci delle ultime settima­ne, difficilmente troveran­no posto con un ruolo decisi­vo t r a i "Popolari" nomi pesanti come quello dì Clau­dio Scajola, Antonio Marti­no, Romano Comincioli, Enrico La Loggia e Beppe Pisanu.

Spazio ai giovani. A cominciare dal ministro Angelino Alfano, indi- j cato da Berlusconi più volte come ' possibile coordinatore unico , del Pdl, e che in caso ' di vittoria elettorale

potrebbe raccogliere il testimone del Cava­liere qualora per que­st'ultimo si spalancasse­ro le porte del Quirinale. Nella pattuglia delle donne spiccano la Gelmini e la De Girolamo, mentre in ombra sono finite la Carfagna e la Prestigiacomo. Emergono la Ravetto, la Ronzulli e la Calabria mentre resistono la Biancofiore e la Loren-zin. In ascesa anche la pattu­glia cattolica guidata da Maurizio Lupi e che potreb­be arricchirsi di new entry se Oltretevere si prenderà per buono l'invito fatto di recente da Berlusconi a se­gnalare «uomini e donne capaci e di buona volontà».

La pattuglia degli ex An rimasti con Berlusconi ver­ranno traghettati nel nuovo partito dagli ex colonnelli La Russa, Gasparri, Matteo-li e Alemanno. A loro sarà riconosciuta una quota nel­le liste poco sotto l'attuale trenta per cento anche per evitare di avvantaggiare sul

territorio i futuristi di Fini. Malgrado il progetto stia

in fase avanzata, poiché Ber­lusconi ha sempre conside­rato il partito una macchina elettorale, lo

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scossone e ri­mandato e per essere uf­ficializzato si dovrà at­tendere la fi­ne, naturale 0 meno, del­la legislatu­ra. Ovvia­mente tutto ciò sta però scatenando

nuove gelo­sie da parte di coloro che rischiano di non ritrovare nel nuovo contenitore il pe­so avuto sinora. La tensione di Tremonti con Berlusco­ni, che riaffiora ormai sem­pre più frequentemente, ne è una conferma. Così come è stato evidente, e ammesso dallo stesso Cavaliere, che nella guerra con Fini «le

ragioni personali» hanno da­to sostanza ad una guerra di leadership che sinora nel centrodestra a guida berlu-sconiana ha fatto già parec­chi morti e feriti.

Il Pdl, il «Partito delle Liti», come lo definì ironica­mente lo stesso Berlusconi qualche tempo fa, va quindi in pensione. Ma fino ad un certo punto perché, in caso di scioglimento anticipato,

il Pdl dovrà restare ancora in vita per lucrare il finan­ziamento pubblico che co­munque i partiti prenderan­no sino al 2013. Un gruzzo­lo non da poco, visto che il Pdl ha diritto a 41 milioni di euro l'anno per cinque anni che potrebbero som­marsi, così come accade per tutti gli altri partiti, ai soldi della legislatura 2006-2008, già interrotta.

LA PAROLA* CHIAVE PREDELLINO

Il 18 novembre 2007 Berlusconi si presenta a Milano, piazza San Babila, a un gazebo di Forza Italia «per mandare a casa Prodi». E dal predellino dell'auto annuncia: «Oggi nasce ufficialmente un nuovo grande partito, il Popolo della libertà. Anche Forza Italia si scioglierà in questo movimento». Ora, pare, si scioglie pure il Pdl

E RIPRODUZIONE RISERVATA

IL NODO DEGLI EX AN

Affidato a La Russa Malleoli, Alemanno e Gasparri l'incarico di "traghettatori"

H LE TAPPE h -Forza Italia

Popolo della libertà

Silvio Berlusconi nel 1994 fonda Forza Italia e vince le elezioni

Casa delle libertà

Il 18 novembre 2007 Berlusconi annuncia la fine di FI e la nascita del Pdl Silvio Beriusconi

Il Cavaliere formalizza l'alleanza con Ccd e An dando vita alla Cdl

Voglia di nuovo Silvio Berlusconi in piazza San Babila a Milano, il 18 novembre del 2007, quando annunciò la chiusura di Forza Italia e la nascita del Popolo della libertà

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UN ALTRO CUNEO NELLA COALIZIONE Il pressing leghista su Berlusconi non accen­na a diminuire: al contrario si accentua, ed è difficile considerarlo solamente un fatto me-diatico, di bandiera, di visibilità partitica: Anche perché stavolta il Carroccio mette sul tappeto la sua stessa ragione sociale, la riforma federalista. Roberto Calderoli spie­ga che se nelle seconda metà dì gennaio ì decreti attuativi non avranno il via libera del Parlamento, allora non resterà che andare al voto anticipato. Di più. Secondo il ministro della Semplificazione, bloccato il federali­smo occorre aprire le urne al più presto, entro fine marzo. Ragion per cui è necessario sciogliere le Camere entro Questo mese. In­somma la tabella di marcia leghistaprevede-rebbe che in caso di stop entro il 23 gennaio, il Cavaliere dovrebbe dimettersi in tutta fretta e il capo dello Stato firmare in due-tre giorni il decreto di scioglimento. Praticamente sen­za consultazioni, senza passaggi intermedi, senza alcun tentativo di verificare l'esistenza di una maggioranza alternativa con un inca­rico anche solo esplorativo, magari anche senza attenersi alla Costituzione che stabili­sce che lo scioglimento avviene dopo che il Presidente della Repubblica ha sentito ìpresi-denti di Senato e Camera: e chissà quale sarebbe l'orientamento di Fini rispetto alla richiesta di voto anticipato...

Insomma è chiaro che c'è un elemento di voluta drammatizzazione da parte leghista, magari nutrita anche dai sondaggi svolti dallo stesso Calderoli nei confronti del Pd ed evidentemente non andati a buon fine. Ciò non toglie sarebbe tuttavia sbaglialo conside­rare effimero. L'insofferenza e la preoccupa­zione leghista nonsonodifacciqta, alcontra-rio rappresentano il dato di frizione più netto all'interno della maggioranza. Vero è che Bossi a staccare la spina al governo non ci può arrivare; vero anche che se viene messo a rischio il federalismo la Lega vedrebbe sgreto­larsi il patrimonio di affidabilità che il suo elettorato le annette, e peraltro - stando ai sondaggi - in misura crescente.

La sortita di Calderoli, coni 'era inevitabi­le, provoca risentite reazioni da parte dei futuristi che rifiutano «l'aut aut leghista», e qualche sussulto anche nel Pdl. Schermàglie. Il bersàglio vero è Berlusconi. Che deve dare conto dell'operazione allargamento della maggioranza mentre sul federalismo, nelle attuali condizioni numeriche, non può garan­tire più di tanto.

» RIPRODUZIONE RISEHVATA

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Lega, nuovo avviso: federalismo entro gennaio o a marzo si vota

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l'Unità Quotidiano

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REGOLE CONDIVISE NECESSARIO IL

CONCORSO DI TUTTI

Conclusa questa fase, le identità (centrodestra e centrosinistra) torneranno prioritarie nelle scelte programmatiche e nella composizione delle allean­ze politico-elettorali e saranno percepite con chia­rezza dall'elettorato. In una cornice di regole condi­vise. E già questo sarebbe gran risultato.*

IL PD E IL DILEMMA DELLE ALLEANZE

luigi Berlinguer EX MINISTRO PUBBLICA ISTRUZIONE

1 Partito democratico sembra tormentato dal no­do da sciogliere in tema di alleanze politico-pro­grammatiche. Per prima cosa, a mio parere, va approfondito il problema dell'identità di questo

nostro partito, ciò che vuole, quale pezzi di società intende rappresentare, attraverso quali priorità. Il primo obiettivo sono le alleanze, per così dire, socia­li: l'universo dei lavori, le imprese, i giovani studio­si, coloro che oggi sono più deboli.... Ciò avviene attraverso l'insediamento sociale di un grande parti­to quale il Pd capace di declinare politiche d'innova­zione che facciano perno sul binomio education-la-voro. Le alleanze politiche, importantissime, non so­no dunque le sole sulle quali concentrare l'attenzio­ne.

Anche perché, a mio parere, i tempi delle allean­ze politico-elettorali (quelle programmatiche attra­verso le quali il Pd si candiderà a governare il Paese) si preparano oggi, ma si completeranno in una fase successiva a quella immediatamente più urgente. Nella prospettiva di alleanze in vista di elezioni ge­nerali dovrebbe apparire chiaro che Gianfranco Fini e Fli non sono un possibile alleato del Pd, ma una naturale e qualificata alternativa di centrodestra, co­me dimostrano le esperienze di altre democrazie evolute. Piuttosto, di fronte al nostro elettorato e ai milioni di cittadini che guardano con interesse al Pd (ce ne sono ancora e numerosi) mi concentrerei ora sul messaggio politico immediato. Che altro non è se non quello di ribadire che su regole condivise (leg­ge elettorale) ed emergenze sociali da affrontare og­gi (lavoro, ripresa) si deve ricercare il concorso di tutti coloro che hanno a cuore il futuro dell'Italia. Un futuro che passa dalla liberazione del peso di Berlusconi per il Paese (un peso per la sua concezio­ne del potere, per la sua pratica demolitoria di ogni contrappeso democratico, un peso per la sua manife­sta incapacità di governare). Un'alleanza per ristabi­lire regole condivise e affrontare le emergenze è ri­sposta cristallina alla crisi di sistema. Non è inciu­cio, non è pratica consociativa. Trova fondamento nella storia italiana (la solidarietà nazionale) e in quella europea (la Grosse Koalition). Le diverse ani­me di questa alleanza scelgono temporaneamente di compiere un pezzo di strada assieme per consoli­dare la democrazia. Riscrivono regole che valgano per tutti (non solo per chi è al potere). Si tratta, con ogni evidenza, di un tentativo legittimo ed è dovero­so lavorare al suo buon esito.

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la Repubblica Quotidiano

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Battaglia d'inverno sulle tasse locali la Lega cerca il dialogo con Pd e Idv

ALBERTO D'ARSENIO

ROMA—Bicamerale e commis­sione bilancio alla Camera. È su questi campi che si giocherà la battaglia finale per il federali­smo fiscale e, di conseguenza, dopo l'ultimatum leghista per la sopravvivenza del governo. Il primo scontro sarà sul fisco dei municipi, il quarto decreto at-tuativo del federalismo madc in Lega Nord. Dovrà essere portato a casa entro il 28 gennaio, termi­ne inderogabile. lì poi il treno fe­deralista per i leghisti non si può fermare perché deve arrivare a destinazione entro il 21 maggio (eventualmente anche con le elezioni di mezzo), scadenza della delega per approvare tutti i testi attuativi. Che non sono po­chi. Per ora il Carroccio è riusci­to a fame approvare in via defi­nitiva tre: Roma Capitale, fabbi­sogno standard di comuni e pro­vince e federalismo demaniale.

All'appello oltre al fisco munici­pale mancano cinque decreti: fi­sco regionale e provinciale, i co­sti standard della sanità, i premi e le sanzioni per gli amministra­tori, la politica di coesione e l'ar­monizzazione dei bilanci degli enti territoriali.

Tra questi provvedimenti il primo a dover incassare i pareri del Parlamento sarà appunto il fisco dei comuni. Ma dopo l'u­scita dalla maggioranza dei fi-nianilastradapcrlecamicie ver­di è tutta in salita. Alla commis­sione Bicamerale presieduta da Enrico La Loggia l'asse Pdl-Lega non ha più la maggioranza: il pallottoliere indica un 15 pari. «Poco male - assicura un big le­ghista - coni) pareggio il governo è libero di andare avanti». I pro­blemi arriveranno però dalle commissioni della Camera. Non tanto alla Finanze, dove Peli e I-e-ga hanno numeri confortanti, quanto alla Bilancio, dove l'e­ventuale asse Pd-Idv-Udc-Fli è in grado di mandare sotto il go­verno (maggioranza e opposi­

zione contano 24 deputati a te­sta, ma il presidente - il leghista Giancarlo Giorgetti - non vota). Per neutralizzare questo rischio si è già mosso Roberto Calderoli, "il mago" padano di regolamen­ti e voti a rischio che in autunno sul federalismo è riuscito ad in­cassare i voti dell'Idv di Antonio Di Pietro. Insieme ai suoi tecnici e a quelli di Tremonti tra Natale e Capodanno ha lavorato perve­nire incontro alle richieste dei partiti diopposizionecheincon-trerà singolarmente nei prossi­mi giorni (in agenda anche un vertice con la maggioranza).

Se il miracolo non dovesse riuscire per la Lega ci sarebbe una sola soluzione: «Il voto». Ma anche se supereranno lo scoglio i padani verificheranno se l'e­ventuale maggioranza alla Bi­lancio - fondamentale per i provvedimenti economici di Tremonti - sia stabile. Esempio: nelle prossime settimane la commissione di Montecitorio dovrà esaminare il decreto Mil-leproroghe e se non ci saranno

garanzie che esca intatto (si te­me che gli emendamenti del­l'opposizione lo stravolgano) per il Carroccio la via d'uscita sarà ancora una sola, il voto. Se­condo i vertici leghisti la strada migliore per assicurare federali­smo e riforme sarebbe la forma­zione dei nuovi gruppi parla­mentari che sta gestendo Berlu­sconi. E ancheinquesto caso un insuccesso del premier avrebbe un inevitabile esito, il voto. Con un asso nella manica che per ora ibigdellaLegatengononascosto e che spiega l'ansia di portare a casa subit o quanti più decreti at­tuativi possibile: il Carroccio è certo di poter andare avanti sui testi anche a Camere sciolte e di potermantenere in vita la delega sul federalismo anche in caso di urne. In caso di vittoria elettora­le la Lega cercherebbe di ripren­dere in mano i dossier e con cir­ca un mese a disposizione tenta­re di incassare i decreti restanti entro il 21 maggio, coronando così il sogno federalista.

©HK'HODtWfONf: RISERVATA

I decreti legislativi da approvare

Fisco municipale Il decreto assegna ai comuni il gettito dei tributi immobiliari e introduce dai 2011 la cedolare secca al 20% sugli affitti e dal 2014 l'imposta municipale unica. Il parere della commissione bicamerale è atteso entro il 20 gennaio

Fisco regionale e provinciale

> Attribuisce ai governatori ! compartecipazione Iva, | addizionale Irpef e la possibilità j di diminuire Plrap tino a zero. j Ha avuto il sì S della Conferenza, | Stato-Regioni

I d e c r e t i l e g i s l a t i v i g i à a p p r o v a t i o Roma capitale

l e a w t ì at t i iat ìwi a r i s c M o a i a C«K«MÌS5»»©

Bi lanc io dH M«WBÌecito»o

Armonizzazigne

Dal 2014 scattano gli stessi principi contabili per regioni, province e comuni, che dovranno adottare il bilancio per missioni e programmi. Ha avuto il primo via libera dal Consiglio dei ministri il 17 dicembre scorso

Premi

In attesa di andare in Conferenza unificata il decreto individua forme di premìalìtà per le amministrazioni locali che dimostreranno di avere i conti in ordine e, al contrario sanzioni fino all'ineleggibilità per chi va in rosso

Politica di coesione

Il provvedimento fissa nuovi criteri per la polìtica di coesione e per , l'utilizzo di fondi comunitari e ' risorse Fas. Rientra nel piano per il Mezzogiorno ì e ha avuto finora solo il sì i preliminare di palazzo Chigi ì

Fabbisogni standard di comuni e province Federalismo demaniale

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Fondi Comunitari

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27 GENNAIO La verifica sulla tenuta della maggioranza chiesta dalla Lega parte il 17 gennaio e si chiude il 28, data ultima per i'ok al fisco municipale

27 MARZO È la data in cui per la Lega si dovrebbe eventualmente votare: il 27 marzo 1994 Berlusconi ottenne la sua prima vittoria elettorale

21 MAGGIO La scadenza dei decreti. Ma la lega vuole incassare il possibile prima de! voto e chiudere il pacchetto dopo l'eventuale vittoria elettorale

6 DECRETI Sono sei i decreti che mancano all'appello per la chiusura dei federalismo fiscale. Tra questi i costi standard della sanità

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Foglio "]

LA SFIDA PER L'ITALIA

Serve più coraggio per riawiare un circolo virtuoso di Carlo Bastasin

I a prima metà del 2011 sarà decisiva per l'eu­ro. Tra gennaio e la primavera sarà messa

.ialla prova la capacità di tutti i paesi critici di finanziarsi sul mercato a costi sostenibili. Già nelle prossime quattro settimane bisognerà col­locare titoli governativi della zona euro per 80-100 miliardi Gli ultimi giorni del 2010 hanno visto tassi in aumento anche sui titoli italiani. Per tutti nei prossimi mesi ci saranno difficoltà, turbolenze e delusioni. Ma alla fine dovrebbe prevalere la principale lezione del 2009-2010: i costi politici e finanziari di un fallimento della moneta unica sono troppo alti perché i governi -anche quello tedesco - non continuino a interve­nire. Lo faranno tuttavia imponendo delle "con­dizioni" che rendano tollerabili i costi degli aiuti per i paesi finanziatori e che li garantiscano dal non ripetersi di rischi di insolvenza in futuro.

Per l'Italia, che finora è ben riuscita a tenersi al riparo dalla crisi più acuta, le implicazioni del do-po-crisi sono molto impegnative, vanno al cuore della vita pubblica e dovrebbero rappresentare la piattaforma di ogni riflessione politica.

Il cantiere europeo delle "condizioni" a cari­co dei paesi deboli è aperto e la struttura a cui si lavora può essere completata in pochi mesi. Grecia, Irlanda e Portogallo saranno isolati fi­nanziariamente attraverso le risorse già previ­ste dagli ultimi Consigli europei e da quelle che è in grado di muovere la Banca centrale euro­pea. Entro il 2013 dovranno ridurre gli squilibri e le inefficienze rendendo credibile il finanzia­mento dei loro debiti. Spagna, Italia e Belgio do­vranno rassicurare da sé i mercati, con impegni fiscali stringenti per la riduzione nel medio ter­mine del debito pubblico. I meccanismi di riso­luzione della crisi saranno resi permanenti, ma a essi si aggiungeranno sistemi di sorveglianza che terranno d'occhio in ogni paese oltre alla finanza pubblica anche l'andamento dei prezzi, il costo del lavoro, gli indici di produttività e gli squilibri con l'estero. Altri elementi di coordi­namento politico riguarderanno il fisco, alcune riforme di struttura e il sistema finanziario.

Dentro questa cornice c'è il quadro attuale dell'Europa con i paesi attorno alla Germania e nel nord che hanno riformato i mercati, aperto i confini, investito in conoscenza e che cresco­no al 3-4%, e gli altri paesi che invece arranca­no. Questi ultimi devono aumentare la produt­tività e possono farlo in due modi diversi: rifor­me oppure deflazione.

Perché questi ragionamenti non sembrino astratti, basta consultare l'ultimo rapporto del Fondo monetario sul programma di risana­mento dell'economia greca (www.imf.org/ex-

ternal/pubs/ft/scr/20io/cno372.pdf). Nel suo ottimismo è una testimonianza impressionan­te di quanto occorra per recuperare la compe­titività perduta. L'economia greca sta rimpic­ciolendosi, i redditi reali sono erosi dalle tasse dirette e indirette, un secondo round di rifor­me strutturali è in cantiere e i tagli alla spesa pubblica sono ingenti. Ma il piano prevede che la crescita torni al 4% nel 2015 e il debito scenda al 90% nel 2019. Si dirà che l'Italia è messa molto meglio della Grecia.

Continua • pagina 8

Ed è vero, ma la natura delle sfide non è molto diversa: analoga la perdita di competitività, analoghi i volumi del de­bito pubblico in rapporto al Pil. Anche se le imprese e le famiglie italiane sono molto più solide di quelle greche, le ri­cette politiche non sono tanto diverse.

Dall'autunno inoltre sono un po' peg­giorate le previsioni di crescita dell'eco­nomia italiana e ultimamente è aumenta­to il costo di finanziamento del debito. Il governo si è impegnato a ridurre il disa­vanzo dal 5% del Pil al 2,7% entro il 2012 -si tratterebbe del punto di svolta per il debito che dal 2013 tornerebbe a scende­re sul Pil -, ma se davvero la crescita do­vesse essere più debole del previsto an­che le entrate fiscali ne risentiranno. In questo senso i due problemi italiani - al­to debito e bassa crescita - si legano: le gravi debolezze strutturali hanno porta­to a una severa perdita di competitività e a tassi di crescita poco sopra lo zero. Questo rende difficile ridurre il debito.

La capacità di governare-riformare l'economia italiana sarà dunque parte in­tegrante della difesa del paese, oggi dai venti della crisi e domani da un doloro­so aggiustamento deflazionistico.

In un certo senso l'aggiustamento in­terno alla struttura dei prezzi è in cor­so da dieci anni in Italia: la differenza tra la forte perdita di competitività mi­surata in termini di costo del lavoro e quella molto minore in termini di prez­zi all'export rivela che all'interno della società italiana sono in atto profondi conflitti tra lavoro ufficiale e lavoro non ufficiale, tra settori emersi e som­mersi, tra attività domestiche e quelle esposte alla concorrenza internaziona­le, tra risorse che servono solo a con­trollare il consenso di oggi e quelle ne­cessarie agli investimenti del domani. Èia via conflittuale alla sopravvivenza italiana nella globalizzazione. Ma il ri­sultato è un paese che non cresce, in cui queste quotidiane guerre di logora­mento creano un clima di sospetto e tal­volta di abuso che si rispecchia perfet­tamente nel linguaggio politico e in quello ormai sintonico dei media e infi­ne degli individui ridotti all'incattivi-mento e alla frustrazione.

Come si vede a questa catena doloro­sa non mancano anelli: i governi non ri­formano, il paese non cresce, la lotta per

sopravvivere incattivisce il discorso pubblico e la politica cavalca le divisioni evitando di governare, riawiando nuo­vamente il circolo vizioso. Quella che è una sensazione di confusione polemica senza respiro, un disegno impressioni­stico, è in realtà proprio la vera fotogra­fia del paese.

Grecia e Irlanda ne usciranno grazie all'Europa, ma di fatto sospendendo la democrazia rappresentativa e sostituen­dola - con un gradimento dei cittadini, si badi, molto maggiore del previsto - con organismi tecnici: la Commissione euro­pea, la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale. Era in fondo una facile profezia: la crisi finanziaria sa­rebbe diventata una crisi economica e questa a sua volta avrebbe prodotto una crisi della società che, se non fosse stata affrontata con coraggio, avrebbe infine prodotto una crisi della politica. Il 2011 è l'ultimo anno per evitarlo.

Carlo Bastasin c6nstosin@(3roo((ings.ecfu

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Più coraggio per riawiare il circolo virtuoso

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Le sfide per le Imprese LE PREVISIONI

Eurolandla. Il test decisivo sarà riuscire \ La Cina. Pechino continuerà a essere a ridare credibilità all'area e alla moneta unica uno dei mercati a maggiore crescita

Per le Pmi può iniziare l'anno della svolta Prove di ripresa graduale nel mondo: buone chance dai consumi Usa e dall'export verso la Germania

Chiara Bussi

Nuove prove di ripresa per l'economia mondiale. Qualche segnale positivo non manca, co­me le buone notizie della scorsa settimana sul mercato del lavo­ro Usa. Ma quest'anno la marcia sarà «graduale e irregolare» se­condo l'Ocse e «a due velocità» a detta del Fmi.

Le ombre all'orizzonte non si sono ancora dissipate, con alcu­ni rischi che potrebbero irrom­pere sulla scena. Dai debiti so­vrani alle pesanti correzioni di bilancio nella Zona euro, all'in­cognita del rilancio dei consumi oltre oceano, fino alla corsa del petrolio che si avvicina ai 100 dollari al barile e alla volatilità dei cambi: non sono poche se­condo gli economisti le probabi­li zavorre. È questa la situazione che le oltre 4 milioni di Pmi ita­liane dovranno aspettarsi per i prossimi dodici mesi.

«Il 2011 ha buone probabilità per essere l'anno del vero punto di svolta», dice Luigi Campi­glio, prorettore dell'Università Cattolica di Milano. Questo per­chè «le prospettive di breve ter­mine dell'economia mondiale sono diventate più favorevoli -spiega Luca Mezzomo, respon-

GLI ECONOMISTI Mezzomo: restano i rischi ma prospettive più favorevoli Sapelli e Campiglio: premiate la creatività e la ricerca delle nicchie d'eccellenza

sabile delle ricerche macroeco­nomiche di Intesa Sanpaolo - la crescita globale è però destina­ta a rallentare rispetto al 2010: prevediamo un ritmo del 4,4% rispetto al 4,6% stimato per l'an­no scorso, ma il rischio di una fi­ne prematura della ripresa con­tinua a essere minimo». Al di là del dato medio, il passo cambia a seconda delle aree. Quest'an­no - secondo l'istituto - gli Usa cresceranno del 3,1% rispetto al 2,8% stimato nel 2010 e un'acce­lerazione è prevista anche per l'Europa orientale, mentre la zo­na euro dovrebbe confermare il livello dello scorso anno con un Pil in crescita deH'1,7%, con l'Ita­lia sotto la media all'i per cento.

Gli sforzi di Eurolandia, che da due giorni ha aperto le porte all'Estonia, saranno rivolti nel 2011 al consolidamento di bilan­cio. Un'ondata di austerity già in corso in Grecia, Irlanda e Por­togallo, con pesanti correzioni fiscali in cantiere anche per il 2011, mentre la Spagna continua a essere una «sorvegliata spe­ciale» da parte dei mercati. Tut­te misure necessarie, ma da te­nere d'occhio, perché la fase di rigore, sottolinea Mezzomo, «potrebbe colpire la domanda interna di questi paesi con riper­

cussioni anche per le esporta­zioni delle Pmi italiane». Per la zona euro, aggiunge Campi­glio, «la vera sfida sarà riuscire a riconquistare la credibilità per far sì che i timori di una dis­soluzione della moneta unica tornino a essere impensabili. Per farlo servono però azioni politiche concrete».

L'area euro ha intanto ritrova­to la locomotiva tedesca, che re­sta il primo mercato di sbocco per le esportazioni italiane e a detta degli economisti si mette­rà in luce anche nel 2011. Le spe­ranze di un'effettiva ripresa di tutta l'area vanno tutte in dire­zione di Berlino: «Dovrà com­portarsi come Anchise con Enea e portare sulle sue spalle tutta l'area. Dalle sue sorti - dice Giulio Sapelli, ordinario di Sto­ria economica all'Università Statale di Milano - dipendono quelle di tutta l'area. L'altra inco­gnita è l'effettiva ripresa del­l'economia mondiale, ma resto convinto che ci sarà e sarà guida­ta dagli Usa, con India e Brasile al loro fianco».

I consumi saranno la chiave di volta dello scenario economi­co degli Stati Uniti e sono appe­si al filo degli incentivi fiscali del pacchetto Obama approva­

to prima delle festività natalizie. Secondo le stime di Intesa Sanpaolo dovrebbero aumenta­re di oltre il 3% quest'anno, an­che alla luce del rialzo struttura­le del tasso di risparmio. «La cre­scita americana, però - precisa Mezzomo - è presa a prestito dal futuro, perché il sentiero dei conti federali diventa sempre più insostenibile».

Sul fronte degli emergenti gli occhi degli economisti sono puntati sul Brasile: «È destinato a diventare la nuova Germania - spiega Sapelli - negli ultimi 20 anni ha creato una borghesia contadina, dando vita a imprese medie e grandi e auna ricchezza diffusa, con opportunità anche per le Pmi italiane».

E la Cina? «Pechino resta uno dei mercati a maggiore crescita - rileva Mezzomo - anche se è possibile che sia soggetta a fasi di boom and bust. Il rischio prin­cipale è sul mercato immobilia­re, dove è in atto un forte rialzo dei prezzi. Ma questo surriscal­damento dovrebbe avere un ef­fetto limitato sulla crescita».

Inattesa di segnali concreti di svolta, conclude Sapelli, «a fare la differenza sarà la creatività imprenditoriale», alla ricerca, gli fa eco Campiglio, di «nicchie di mercato e nuovi sbocchi».

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Foglio 2 / 2

I numeri per il 2011

Uno scenario della crescita mondiale a due facce nel 2011. Secondo le stime macroeconomiche più recenti i l dato medio sarà inferiore a quello del 2010. È prevista un'accelerazione negli Usa e nell'Europa centrale e un rallentamento nell'Asia orientale (che viaggerà però ancora sopra i l 7%), mentre l'area euro dovrebbe confermare la performance del 2010 (+1,7%). L'inflazioneappare perora sotto controllo, a eccezione della Cina. Conti pubblici in affanno negli Usa ein alcuni paesi dell'area euro (Irlanda, Spagna e Grecia in testa)

O L A CRESCITA DEL P I ,

Eurozona Stati Uniti

Europa

Orientale Opec

Fonte: elaborazione II Sole 24 Ore su dati Ufficio Studi Intesa Sanpaolo ed Economist Intelligence Unit

0 IL QUADRO DEGLI INDICATORI MACROf CONCIMICI

Dati e variazioni espressi in percentuale

Consumi privati

Export

Import

Deficit/Pil

Debito/Pil

Inflazione

Disoccupazione

Produzione industriale

Eurozona

™ " u "

' 8,6'

7,7

4,4

86,3

1,8

9,8

2,4

Usa Giappone Cina

3,2

7,3

9,5

10,4

99,1

1,7

9,7

5

0,7

6

3,9

7,8

195,6 1

0,5

5,2

0,8

9

14

1,8

17,4

3,5

4,3

8

India

8,9

11,5

16,2

5,3

55,7

5,6

8

8,6

Brasile

4,7

7,4

12,5

2,3

58,6

4,6

7,5

4,8

Cauto ottimismo nonostante le incertezze legate a debiti sovrani, prezzi delle materie prime e tensioni sull'euro

Prove di ripresa per le Pmi Boccia: «Occorre mettersi in rete per crescere e trovare nuovi mercati»

»«s Per le Pmi italiane sarà un 2011 all'inse­gna della ripresa graduale. I segnali positi­vi dell'economia mondiale non mancano, ma esistono ancora rischi sul frpnte dei de­biti sovrani in Eurolandia, dell'approvvi­gionamento delle materie prime e degli squilibri di bilancio negli Usa.

Tra opportunità e incognite saranno cin­que i nodi da sciogliere per le Pmi. Sul fron­te dell'accesso alla liquidità gli esperti pre­vedono un anno di svolta nei rapporti tra banche e imprese, anche se il credito conti­nuerà a essere selettivo. Per le commodi-

•• -"UBIU" ' *^ J>% ties sono in vista nuove accelerazioni dei

Obiettivo crescita. Le Pmi dovranno andare alia ricerca di nuove nicchie e di nuovi sbocchi {neh fulu. un addetto delta Philips HeullhwreuBest, in Olanda}

prezzi. E se bollette di luce e gas subiranno ritocchi all'insii non troppo violenti, tor­mentato rimarràinvece il fronte delle valu­te, con l'area euro ancora in tensione. Infi­ne, i mercati emergenti porranno nuove sfi­de alle Pmi che vogliono internazionaliz­zarsi: Egitto, Vietnam, Brasile, Turchia, Co­rea del Sud e Polonia saranno le sei stelle su cuipuntare l'attenzione. E per crescere tro­vando nuovi sbocchi il presidente della Pic­cola industria di Conflndustria, Vincenzo Boccia, invitale imprese a mettersi in rete e a creare una business community.

Senni • pagine 2-5

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Foglio "]

Federalismo difficile «contro» i comuni NUMERI NON CONDIVISI

W a politica, i numeri non hanno mai la solida certezza I che acquistano quando sono stampati in un libro di i . matematica. Sul federalismo, però, l'assenza di nu­meri condivisi rischia di far impazzire la maionese del­la riforma più importante di questo tormentato scorcio di legislatura. Alle critiche sollevate la scorsa settima­na dallo studio del Pd sugli effetti disomogenei nelle città, la maggioranza ha risposto (con qualche ragione) che i meccanismi di riequilibrio, pensati nella riforma, servono proprio a evitare che alcuni sindaci restino in braghe di tela.

La questione sollevata oggi dalPIfel, cioè l'istituto degli enti locali nominato «partner scientifico» dai decreti at­tuativi, è più pesante: il problema, dicono le tabelle, è che ì fondi assegnati ai comuni sono troppo scarsi e troppo in­certi, le stime del governo (sull'emersione del nero negli affitti e sulle dinamiche del mattone) sono troppo ottimi­stiche, la perequazione è ancora troppo confusa.

Sono critiche «di parte»? Può darsi, ma, come mostra l'esperienza recentissima della trattativa fra governo e re­gioni, senza basi condivise non si va avanti, e il gioco dei sospetti incrociati può essere letale: è difficile pensare di fare il federalismo contro i diretti interessati.

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IL CONTROLLO BELLA FINANZA PUBBLICA

Manovre Uè per l'instabilità Le recenti modifiche al trattato rischiano di ampliare il contagio

di Hans Werner Sinn

1«i Europa era destinata a diven-* tare, entro il 2010, «la socie­

tà basata sulla conoscenza ...J più competitiva e dinamica

a livello mondiale». Così, almeno, aveva proclamato ufficialmente la Commissione europea nel 2000 nel contesto dell'Agenda di Lisbona. La scadenza è passata e ormai è ufficia­le: l'Europa ha il record di crescita più lenta a livello mondiale. Se infatti i membri della Uè sono cresciuti del 14% negli ultimi dieci anni, il Nord America è cresciuto del 18%, l'Ameri­ca latina del 39%, l'Africa del 63%, il Medio Oriente del 60%, la Russia del 59%, Singapore, la Corea del Sud, l'In­donesia e Taiwan del 52%, l'India del 104% e la Cina del 171 per cento.

Gli europei avevano pensato di rag­giungere i propri obiettivi attraversò, tra le varie cose, una migliore protezio­ne ambientale e una coesione sociale più forte. Obiettivi ammirabili, ma che non rappresentano delle strategie di crescita. L'Agenda di Lisbona si è rive^ lata, infatti, una farsa.

Il patto europeo di stabilità e cresci­ta del 1995 non ha avuto un percorso mi­gliore. I paesi Uè hanno concordato di limitare i loro deficit fiscali al 3% del Pil per assicurare un contenimento del de­bito in euro, in modo tale che nessun paese potesse utilizzare la nuova valu­ta per rendere ostaggi i suoi vicini for­zandoli a compiere operazioni di salva­taggio. Nella realtà dei fatti i paesi Uè sono andati ben oltre il 3% stabilito per 97 volte. In 29 casi le violazioni sono sta­te concesse dalla dicitura originale del patto, visto il contesto di recessione in cui si trovavano i paesi. Ciononostan­te, gli altri 68 casi di eccedenza del 3% del Pil hanno rappresentato un'eviden­te violazione del patto ai quali l'Ecofin avrebbe dovuto rispondere con l'impo­sizione di sanzioni. Ma nessun paese è

mai stato penalizzato. Le restrizioni legate al debito politi­

co che i membri dell'eurozona si sono autoimposte non sono mai state prese sul serio in seguito a quel contesto, in

quanto i peccatori e i giudici si sono sempre trovati dalla stessa parte della barricata. Un soggetto degno di Kafka.

Nel 2010 poi due paesi, la Grecia e l'Ir­landa, sono stati salvati dal resto dell'Europa anche se, in base all'artico­lo 125 del trattato Uè, nessuno stato membro può prendersi carico del debi­to di un altro stato membro. Questa dot­trina di dura disciplina è stata abolita con un sol colpo nel maggio del 2010 quando ci si è trovati di fronte a un col­lasso mondiale che non si sarebbe potu­to evitaresenza l'intervento diretto del­la Germania.

Il fatto che sia stata data la possibilità alla Grecia di unirsi all'euro con una semplice frode, ovvero dichiarando un rapporto deficit/Pil al di sotto del 3% quando in realtà era ben al di sopra, ren­de emblematico il lassismo con il quale è stato definito il patto di stabilità e cre­scita.

La Germania, da parte sua, ha deciso di aprire il suo portafogli ed è stato il primo paese a intervenire per salvare la Grecia. Inoltre, al vertice che si è te­nuto prima di Natale, i capi di stato eu­ropei hanno deciso di modificare il trat­tato Uè legittimando lo strumento eu­ropeo per la stabilità finanziaria, ora ri­battezzato strumento per la stabilità eu­ropea, e trasformandolo in un'istituzio­ne permanente. Una volta tornata a ca­sa, Angela Merkel, che per mesi aveva insistito per chiudere questa struttura, ha considerato questo passo come una vittoria sul resto dell'Europa. Si è tratta­to, infatti, di una concessione necessa­ria alla Corte costituzionale tedesca che aveva sollevato la questione della mancanza di basi legali nelle misure di salvataggio. La partecipazione delle banche creditrici, che da lungo tempo

sono state la conditio sine qua non per la Merkel, è stata ora relegata allo sta­tus di opzione.

Anche la Bce ha perso la sua credibili­tà. Un anno fa ha promesso di non ac­cettare più titoli di stato con rating BBB come garanzia collaterale per le sue operazioni monetarie. Ma anche que­sta promessa è stata messa da parte a maggio, quando la Banca ha iniziato a comprare anche le obbligazioni greche ad alto rischio annunciando, nel frat­tempo, la duplicazione del proprio ca­pitale.

Le manovre della Uè potrebbero sta­bilizzare l'Europa a breve termine e aiu­tarla ad affrontare in modo migliore gli attuali attacchi speculativi su alcuni ti­toli di stato, ma potrebbero comunque rischiare di portarla alla destabilizza­zione a lungo termine. Se da un lato il contagio finanziario è oggi limitato alle interazioni bancarie, dall'altro le misu­re europee hanno ampliato i canali di contagio arrivando a intaccare i bud­get pubblici.

È pur vero che il primo passo verso una catena potenziale di insolvenze pubbliche in Europa è stato fatto. Ma sebbene il rischio sia oggi limitato, sa­rebbe sempre più grande nel caso in cui lo strumento europeo per la stabili­tà finanziaria diventasse un'assicura­zione a piena copertura contro le insol­venze, senza la condivisione di alcun peso tra i creditori. In vista dei prevedi­bili rischi demografici derivati dal dirit­to alla pensione, potrebbe essere stata innescata una bomba a orologeria.

Ogni volta che i politici tentano di contrastare le regoleferree dell'econo­mia, perdono. E anche in questo caso è andata così. Hans- Werner Sinn è professore di economia e finanza

pubblica presso l'Università di Monaco e Presidente

dell'lfo Institute

(traduzione di Marzia Pecorari)

Copyright: Project Syndicate, 2010.

www.project-syndicate.org

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Cambio. Prima di Natale i capi di stato Uè hanno varato lo strumento per la stabilità europea. Angela Merkel {nella foto), che per mesi aveva insistito per chiudere questa struttura, ha considerato questo passo come una vittoria sul resto dell'Europa

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Sono in bilico contratti

per 10 miliardi E spunta il giallo della commessa militare bloccate

Retroscena ALESSANDRO BARBERA

ROMA

In ballo ci sono almeno dieci mi­liardi di commesse pubbliche: a tanto ammonta l'accordo di cooperazione strategica fra Ita­lia e Brasile che il governo ita­

liano minaccia di congelare. Per que­sto alla Farnesina, al ministero della Difesa e a Palazzo Chigi sperano an­cora in un ripensamento. Una spe­ranza alla quale il governo si aggrap­pa ricordando l'intervista con la qua­le la stessa Dilma Rousseff, lo scorso 24 giugno, disse al quotidiano Metro Campinas che «su Battisti si dovrà applicare la decisione del Supremo tribunale federale». Pochi mesi pri­ma, a novembre 2009, quel collegio, con 5 voti a 4, disse sì alla richiesta di estradizione avanzata dall'Italia. Da allora sembra passato un secolo. Ie­ri, mentre da Brasilia rimbalzavano a Roma voci su una Rousseff «incer­ta», il neoministro della Giustizia con­fermava la decisio­ne di Lula. Ora, a meno di colpi di scena, al governo non resta che far presentare all'am­basciatore italiano ricorso di fronte al­la stessa Corte fe-lusconi e Lula. Il voto doveva arrivare

nei primi giorni di gennaio, un sì scon­tato ad un accordo in sedici punti. Una decisione rischiosa perché quell'inte­sa riguarda soprattutto commesse ci­vili per imprese italiane, e in particola­re di Fincantieri e Finmeccanica.

Fs e Ansaldo Sts sono interessate alla costruzione della linea ad alta velo­cità fra Rio, San Paolo e Campinas, Ansaldo Sts all'installazione dei siste­mi di segnalamento ferroviario, Sai-pem, già partner della Petrobras, sta lavorando a nuovi contratti per la co­struzione di infrastrutture per l'estra­zione del gas. La partita più grossa scaturita dall'accordo commerciale è però quella in materia di Difesa: da Iveco, che sta trattando una commes­sa per la fornitura di mezzi Lince al­l'esercito brasiliano, ma soprattutto Fincantieri che attraverso il governo ha chiuso un accordo con la marina brasiliana per la vendita di pattugliato­ri, fregate e navi da rifornimento. L'an­no scorso il sottosegretario Guido Cro-setto è volato due volte in Brasile per mettere a punto i dettagli dell'intesa. Fra Fincantieri - che costruirà le navi -e Finmeccanica - che fornirà i sistemi d'arma - ci sono in ballo sei miliardi di commesse.

Proprio attorno alla vicenda di Fin-cantieri nel gover­no c'è chi avanza letture maliziose: dopo mesi di tratta­tive, a dicembre mancava l'ultimo sì del governo bra­siliano. A Roma in

molti si sono chiesti il perché del ritar­do; la settimana prima di Natale le pri­me voci sul diniego alla estradizione di Battisti hanno fatto crescere i sospet­ti. Poiché l'Italia ha vinto la mega-com-derale. L'altra mossa, più rischiosa per gli interessi italiani, è quella di congelare la ratifica parlamentare dell'accordo strategico firmato ad aprile dell'anno scorso da Silvio Ber-messa lasciando di stucco i concorren­ti francesi, c'è chi si è convinto che die­tro la decisione di Lula ci sia stata una pressione diplomatica da parte di Pa­rigi per far saltare gli accordi con l'Ita­lia. Voci, per ora niente di più, che pe­rò testimoniano la tensione che in que­sti giorni si respira sull'asse Roma-Bra­silia.

E'anche per que­sto se nelle ultime ore, a fronte della conferma al no al­l'estradizione, il go­verno brasiliano in­siste nel sottolineare i rapporti di ami­cizia con l'Italia. Una tensione diplo­matica, come sempre accade quando ci sono di mezzo importanti interessi economici, non conviene a nessuno: l'anno scorso l'Italia ha superato la Francia come partner commerciale, diventando l'ottavo Paese esportatore in Brasile con quasi il 3% delle quote. Nel 2009 il Brasile ha importato dal­l'Italia prodotti per tre miliardi e 664 miliardi di dollari, ne ha esportati per tre miliardi e 16 mi­lioni. In Brasile la prima azienda ita-

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Foglio 2 / 4

liana per fatturato è la Fiat, presente con due stabilimen­ti e ora impegnata a costruirne un terzo nell'area di Recife. Fra gli altri hanno interessi consolida­ti in Brasile Pirelli, Impregilo, Tele­com Italia: non a caso sabato, alla ceri­monia di insediamento della nuova presidente, è stato intravisto il presi­

dente di Telecom e Tim Brasil Gabrie­le Galateri. Da quando, con una cre­scita a due cifre, il Brasile si è imposto come prima lettera di «Bric», gli inte­ressi delle imprese italiane si sono moltiplicati: da 120, quali erano meno di dieci anni fa, le imprese in terra ca­rioca oggi sono più di trecento. Nel­l'accordo dell'anno scorso fra Lula e Berlusconi c'è l'impegno a rafforzare gli investimenti in vista dei mondiali

di calcio del 2014 e le Olimpiadi del 2016, entrambe in programma in Bra­sile. Se il primo italiano a sbarcare sulle coste brasiliane fu Amerigo Ve-spucci, oggi laggiù vivono 25 milioni di persone di origine italiana, il 15% della popolazione. L'ultima cartuccia del governo italiano per convincere la Rousseff a ripensarci potrebbe arriva­re da qui: «Credo che l'opinione pub­blica brasiliana ci aiuterà», diceva ie­ri, non a caso, Franco Frattini.

Crosetto Il sottosegretario

del governo Berlusconi

è volato due volte durante l'anno

scorso in Brasile per perfezionare

l'intesa di fornitura tra la

marina brasiliana, Fincantieri

e Finmeccanica

Interscambio commerciale Interscambio Italia - Brasile Trend 2007-2008-2009 • fu

2007 valore in €

2008 valore in €

2009 valore in €

Esportazioni

2.560.629.030 3.341.891.305 2.693.428.788

1 " • 3.783.478.161 3.844.117.493 2.415.696.355

Importazioni N -1.222.849.131 -502.226.188 277.732.433

< !

I contratti siglati con l'accordo di giugno valgono oltre 10 miliardi di euro

II più importante è con Finmeccanica: in ballo ci sono 5 miliardi di euro per quattro fregate e cinque pattugliatori

Centimetri - LA STAMPA

Il record dei Pil Un Continente che

cresce a due cifre • m II Brasile ha già lanciato la sua sfida al mondo: diven­tare entro il 2016, se non pri­ma, la quinta potenza econo­mia mondiale. L'economia carioca continua a dare nu­meri da capogiro: secondo gli analisti nel 2010 il prodot­to interno lordo (pil) è cre­sciuto del 7,7%, un tasso che si avvicina a quello della Ci­na. Ma non c'è solo il Brasile, tutto il Sud America sta vi­vendo un periodo di grazia, con la sola eccezione del Ve­nezuela. Le stime per gii altri Paesi dell'America Latina mo­strano un'economia da re­cord in Paraguay, dove il pil 2010 segna un +14,5%, se­guito da Uruguay (+9%) e Pe­rù (+8,6%). Molto forte è an­che la crescita dell'Argentina (+8,4%), mentre Messico e Cile si devono accontentare entrambi (si fa per dire) di un +5,3%. L'unica nota dolen­te, il Venezuela, terza econo­mia dell'America Latina, che chiude il 2010 con un pil in calo dell'I,9%. È l'unico pae­se sudamericano a termina­re l'anno in recessione, colpa della battuta d'arresto del-''attività petrolifera (-2,2%), della politica di forte control­lo sui cambi e delle naziona­lizzazioni che scoraggiano gli investimenti.

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Foglio 3 / 4

CONTRATTO CONGELATO Fincantieri doveva fornire

navi per 6 miliardi: l'ordine fa gola anche ai francesi

LE FERROVÌE DELLO STATO Con Ansaldo Sts puntano

all'Alta velocità tra Rio e San Paolo

1 CUGINI DJ PARIGI Il sorpasso nell'export risale all'anno scorso

L'Italia è all'ottavo posto

LO SPORT Nell'accordo con Berlusconi

investimenti per i mondiali 2014 e le Olimpiadi del 2016

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Fìat Pirelli

Più di quattro miliardi in nuovi investimenti

La Fiat è il primo costruttore di automo­bili in Brasile e punta a produrre più di un milione di veicoli all'anno entro il

2014. Lo stabilimento principale è a Betim nel Minas Gerais. Ma a fine anno il Lingotto ha po­sato la prima pietra di una nuova fabbrica nel polo industriale di Suape, nella regione di Re-cife. Gli investimenti ammonteranno a 3 mi­liardi di reais (1,35 miliardi di euro) mentre la capacità di produzione arriverà a 200 mila ve­icoli/anno dal 2014. Il polo industriale a pieno regime creerà 3.500 posti di lavoro. 13 miliar­di di reais fanno parte di un totale di 10 miliar­di di reais che Fiat investirà in Brasile tra 2011 e 2014, di cui 7 miliardi sono destinati ad au­mentare di 150 mila veicoli la capacità annua­le dello stabilimento di Betim, che arriverà a produrre 950 mila unità/anno, oltre allo svi­luppo di nuovi prodotti e tecnologie.

Un terzo dei ricavi grazie agli pneumatici

Pirelli è presente in Brasile dal 1929. Lo sta­bilimento di pneumatici di Santo André rappresenta il cuore industriale e hi-tech

di Pirelli nel Paese sudamericano. Il Brasile è un mercato cruciale per Pirelli Tyre che rappresen­tato oltre il 30% del fatturato complessivo (oltre i 4 miliardi di euro). In questo Paese la Bicocca è leader nel primo equipaggiamento dei ricambi, in particolare, il gruppo conta su una rete di di­stribuzione di 600 punti vendita in esclusiva. Dei 23 stabilimenti di Pirelli Tyre, sette sono nel Sud America, di cui cinque in Brasile. Qui si concen­tra circa il 90% della produzione sudamericana di Pirelli Tyre, di cui oltre il 35% è destinato al­l'esportazione. Anche in Brasile, la ricerca del gruppo, guidato da Marco Tronchetti Provera, è impegnata a favore dello sviluppo sostenibile, per esempio con l'utilizzo della gomma naturale, prodotta in modo eco-sostenibile.

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Foglio 4 / 4

lekmm Italia

Tim Brasil supera i 47 milioni di clienti

Il punto di forza all'estero di Telecom Italia è rappresentato dal Brasile. La consociata Tim Brasi], con oltre 47 milioni di abbona­

ti, è fra i principali operatori del Paese con servizi di telefonia mobile Umts e Gsm. Dal 2009 Tim Brasil ha avviato un piano conver­gente in cui la telefonia mobile, fissa e i servizi di banda larga sono inclusi in un'unica fattu­ra. Tim ha una posizione di leadership nel mercato brasiliano nelle vendite dell'iPhone, il telefonino della Apple. Nei primi nove mesi del 2010, mentre il giro d'affari italiano di Te­lecom è sceso a 15 miliardi (contro i 16,2 mi­liardi del 2009), i ricavi in Brasile sono esplo­si, balzando da 3,4 miliardi a 4,5 miliardi con un aumento superiore al 30%. Solo nel terzo trimestre, Tim Brasil ha totalizzato profitti netti in aumento del 6,3%, grazie a quasi 47 milioni di clienti (+18,5% rispetto al 2009).

il tremi

Corre sul business delle autostrade

Anche per Impregno, il primo gruppo ita­liano delle costruzioni, il Brasile si con­ferma come un motore di crescita. La

società, guidata dall'ad Albero Rubegni, è mol­to attiva nel Sud America nel settore delle au­tostrade. Nel 2010 Impregilo ha valorizzato la sua controllata Bcorodovias, che opera nelle concessioni autostradali e nella logistica, con la quotazione alla Borsa di San Paolo (Bove-spa). A seguito dello sbarco in Borsa, la quota di Impregilo in Ecorodovias si è diluita attor­no al 29% per un valore di capitalizzazione ini­ziale di 642 milioni. Dagli anni Novanta, Im­pregilo ha ottenuto molte commesse impor­tanti (raddoppi, sistemi di automazione, ecc) sulle principali autostrade in Brasile: dalla San Paolo-Santos, alla Caminho do Mar, che unisce la città di Curitiba con Paranaguà, uno dei porti principali della costa sud-atlantica.

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Data 03-01 -201 1

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Foglio 1 / 4

Tasse, pensioni e prove antistress Il lavoro cambia Dalla stretta sui controlli fiscali all'età per andare a riposo Uffici e fabbriche dovranno certificare il livello di disagio

LUIGI GRASSIA

Il 2011 porta molte novità per le aziende, e ovviamente an­che per le persone nei loro rapporti con le imprese stes­se (in quanto consumatori o fruitori di servizi oppure la­voratori).

Adeguandosi con due an­ni di ritardo - come al solito -alle richieste europee, anche l'Italia nel 2011 fa diventare legge le norme per misurare e combattere lo stress in azienda. Tutti gli uffici e le fabbriche dovranno mettersi in regola entro l'estate, e c'è chi ha già cominciato a mobi­litare psicologi, sociologi ec­cetera. In Italia gli stressati dal lavoro sono calcolati in circa 4 milioni. Le procedure per valutare la situazione in ogni azienda sono definite dall'Agenzia europea per la salute e recepite in Italia dal­la Commissione consultiva

per la salute e la sicurezza sul lavoro. In pratica si usano schede di valutazione e sopral­luoghi da parte di tecnici per verificare le condizioni di stress secondo parametri pre­fissati: per esempio ripetitivi­tà dei compiti, possibilità di carriera eccetera. Staremo a vedere che cosa ne verrà fuori.

Dal punto di vista fiscale una delle innovazioni più note­voli del 2011 riguarda il cosid­detto «spesometro», cioè lo strumento con cui si valuta la capacità di spesa (e quindi il reddito presuntivo) dei contri­

buenti attraverso gli acquisti che fanno. Da gennaio l'Agen­zia delle Entrate ha abbassato da 25.000 a 3.600 euro, Iva compresa, il tetto sopra il qua­le scatta l'obbligo di comunica­zione telematica al Fisco delle operazioni rilevanti ai fini Iva (il tetto è di 3.000 euro al netto dell'Iva nei casi di regimi mini­mi speciali). La stretta interes­sa imprese, professionisti e consumatori finali. L'obbligo di registrare queste operazio­ni è già scattato il 1° gennaio per le operazioni fra aziende, mentre per quelle che riguar­dano i consumatori individuali scatterà dal 1° maggio. In pra­tica chi vorrà comprare qual­cosa che costa più di 3.600 eu­ro (per esempio un'automobi­le, o un televisore sofisticato, o un bel gioiello) dovrà portarsi dietro il codice fiscale, che il venditore registrerà e comuni­cherà poi all'Agenzia delle En­trate. La trasmissione telema­tica dei dati al fisco dovrà av­venire, a cura del commercian­te o del professionista, entro il 30 aprile dell'anno successivo, quindi a partire dal 2012.

Il Fisco ricorre anche ad al­tri mezzi per combattere l'eva­sione e aumentare gli introiti. Tutte le riduzioni previste, co­me quella di un quarto del mi­nimo per gli accertamenti con adesione o l'acquiescenza, dal primo gennaio 2011 saliranno a un terzo. E sarà meno a buon mercato anche ricorrere al ravvedimento operoso, la

scappatoia per chi paga le tas­se ma lo fa in ritardo. Vengono aumentate (sempre a un ter­zo) anche le multe in caso di ri­nuncia a impugnare l'avviso di accertamento o liquidazione o di formulare istanza di accer­tamento con adesione. Altre novità sono in arrivo per mi­gliorare l'attività di controllo. Viene rivisto lo strumento del­l'accertamento parziale in ma­teria di Iva e redditi personali. Il bottino che l'esecutivo atten­de dalle norme del pacchetto fiscale è di 610 milioni l'anno a partire dal 2011. Dalla sola di­minuzione dello sconto per il ravvedimento operoso e le ade­sioni nelle procedure di con­tenzioso arriveranno 490 mi­lioni, altri 120 milioni sono at­tesi dal rafforzamento dell'ac­certamento parziale.

Stretta in arrivo anche per chi vuole andare in pensione: da gennaio ai dipendenti sono necessari 61 anni per uscire dal lavoro, a causa dello scatto del terzo «scalino» previsto dalla riforma del 2007 (l'età minima per l'assegno di anzia­nità passa da 59 a 60 anni a fronte di almeno 36 anni di contributi) e della contempo­ranea entrata in vigore delle nuove regole sulla «finestra mobile» (12 mesi di attesa una volta raggiunti i requisiti ana­grafici e contributivi) varate quest'estate. Per gli autonomi i tempi sono ancora più lunghi, perché l'età minima è di 61 an­ni e la finestra mobile di 18 me­

si. Perciò l'età minima di pen­sionamento effettivo di anzia­nità è di 61 anni per i dipenden­ti e di 62 e mezzo per gli auto­nomi. La finestra mobile si ap­plica anche alla pensione di vecchiaia (65 anni gli uomini, 60 le donne): di fatto quindi si andrà in pensione di vecchiaia con almeno 61 anni le donne e 66 gli uomini. Le nuove regole di fatto cancellano la pensione di anzianità per le lavoratrici del settore privato che potran­no uscire dal lavoro dopo i 60 anni, età già prevista per la pensione di vecchiaia.

La crisi economica impone di rifinanziare nel 2011 gli am­mortizzatori sociali, cioè la cas­sa integrazione nelle sue varie forme (ordinaria, straordina­ria e in deroga): è in arrivo più di un miliardo. Inoltre la legge Finanziaria ha detassato il sa­lario di produttività: l'aliquota relativa viene abbassata al 10%, in modo che i lavoratori che hanno conservato il posto in questo periodo difficile pos­sano godere di un sollievo eco­nomico per le esigenze loro e delle loro famiglie.

Fra le disposizioni della Fi­nanziaria relative a vari setto­ri, va segnalato che l'agricoltu­ra potrà godere della proroga delle agevolazioni contributi­ve per le imprese delle aree sottoutilizzate e di montagna; confermate le agevolazioni fi­scali per i coltivatori diretti. E l'autotrasporto riceverà nel 2011 fondi supplementari per 400 milioni di euro da destina-

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Foglio 2 / 4

re a interventi vari a sostegno delle aziende.

Inoltre le imprese che, no­nostante la crisi, avranno biso­gno di lavoratori stranieri, in base al decreto sui flussi po­tranno assumerne 98.080.

Cagliari Un immigrato

indiano sul posto di lavoro nel porto

del capoluogo sardo.

Quest'anno si riaprono

i flussi in entrata per gli

stranieri: l'Italia farà

entrare 100 mila persone

la Rete Pmi Giorgio Guerrini alla presidenza

MK Cambio della guardia al vertice di Rete Imprese Italia, la holding delle Pmi che Confcommercio, Con-fesercenti, Cna, Confarti-gianato e Casartigiani. Il testimone è passato a Gior­gio Guerrini, presidente di Confartigianato, che per 6 mesi svolgerà la funzione di presidente pro-tempo­re. È il secondo incarico dalla nascita ufficiale della super-organizzazione: è stato infatti Carlo Sangal­li, presidente di Confcom­mercio, a guidare Rete Im­prese Italia dal 10 maggio 2010, con una piccola pro­roga di quasi 2 mesi.

Le agevolazioni in arrivo

milioni perìcMiiton

È la cifra stanziata dal governo con la Finanziaria

licenziata a dicembre in favore

dell'autotrasporto: il settore, vitale per

l'economia italiana, attende da anni una

riorganizzazione che procede con grande fatica

miliario alla Cassa

La cassa integrazione, insieme con gli altri

ammortizzatori sociali, ha ottenuto un miliardo dal governo (sempre con la

Finanziaria): servirà a sostenere i periodi di cassa

integrazione straordinaria e quelli in deroga, resi più

frequenti dalla crisi

lo sconto ftecale stilb produttività

Il salario di produttività, ovvero le cifre corrisposte ai

lavoratori per raggiungere obiettivi specifici di

aumento della produzione all'interno delle singole

aziende, sarà tassato solo al 10%. Un modo per dare

fiato anche alle tasche delle famiglie. E ai consumi

Gli stranieri

Partite Iva Boom di cinesi

e marocchini

mmm Aumentano ancora le imprese individuali guidate da cittadini extracomunitari, con i marocchini e i cinesi a trainare la crescita. Nei primi nove mesi del 2010 - secon­do i dati di Infocamere, la so­cietà informatica delle Came­re di commercio - le aziende con titolare straniero sono salite a quota 262.934, con un +4,5% rispetto alla fine dell'anno scorso (251.562). Nello stesso periodo, invece, tutte le imprese individuali in Italia si sono ridotte di 2.287 unità. Gli imprenditori stranieri rappresentano il 7,8% del totale (3.373.513), il settore principale di attivi­tà è il commercio e il 18,4% è concentrato in Lombardia. E per un'impresa su cinque (il 20,1%) il titolare è una don­na: nei primi nove mesi dell' anno scorso, le aziende al femminile hanno superato quota 50mila (52.932), con un incremento del 6,5%. I più numerosi tra gli impren­ditori extracomunitari sono i marocchini, una delle comu­nità da più tempo presenti in Italia: sono 49.958 (+4%) e le regioni in cui sono più numerosi sono il Piemonte (6.840) e la Lombardia (6.673). Subito dopo ci sono i cinesi, in totale 36.788 (+6,3%), diffusi su tut to il territorio e soprattutto in To­scana (8.086) e Lombardia (6.702).

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Foglio 3 / 4

Pensioni

A riposo dodici mesi più tardi

Lavoratori dipendenti

Lavoratori autonomi

61 0 anni ì\\\\)i

Età minima effettiva del ritiro

r v * ^ :

ale 61 anni l'età minima . •— per la pensione di an-Kjr zianità. Scatta infatti il terzo «scalino» previsto dal­la riforma del 2007 (l'età mi­nima per l'assegno di anziani­tà passa da 59 a 60 anni a fronte di almeno 36 anni di contributi) e al contempo en­trano in vigore le nuove rego­le sulla «finestra mobile» (12 mesi di attesa una volta rag­giunti i requisiti anagrafici e contributivi). Per gli autono­mi i tempi sono ancora più lunghi, perché l'età minima è di 61 anni e la finestra mobile di 18 mesi. Perciò l'età mini­ma di pensionamento effetti­vo di anzianità diventa di 61 anni per i lavoratori dipen­denti e di 62 e mezzo per gli autonomi. La finestra mobile si applica anche alla pensio­ne di vecchiaia (65 anni gli uomini, 60 le donne): di fatto quindi si andrà in pensione di vecchiaia con almeno 61 anni le donne e 66 gli uomini.

mmm

Rifinanziati gli interventi anti-crisi

C i sono novità (legate al­la crisi che continua a mordere) anche per i

rapporti di lavoro, sia nella loro fase per così dire ordina­ria, sia in quelle di allarme rosso che scattano con le cri­si aziendali. Con la legge Fi­nanziaria il governo ha rifi­nanziato per il 2011 gli am­mortizzatori sociali, cioè la cassa integrazione nelle sue varie forme (ordinaria, stra­ordinaria e in deroga) met­tendo sul piatto più di un mi­liardo di euro. Era un provve­dimento necessario, perché pur essendosi in parte atte­nuate nel 2010 le situazioni di crisi aziendale grazie alla ripresa economica cui si è as­sistito lo scorso anno, le im­prese a rischio restano trop­pe, con centinaia di migliaia di lavoratori tuttora in bilico. Il riassorbimento della Cig è lento e non è neanche da escludere per il 2011 una rica­duta nella recessione. Con una diverso intendimento, la Finanziaria ha anche provve­duto alla detassazione del sa­lario di produttività: l'aliquo­ta relativa viene abbassata al 10%, in modo che i lavoratori che hanno conservato il po­sto in questo periodo difficile possano godere di un sollie­vo economico per le esigenze loro e delle loro famiglie.

iG

Ammortizzatori Fìsco/1

lovita Fondi pubblici

Lo spesometro per gli acquisti da 3.60G euro

Somme recuperate dal Fisco, in miliardi di euro nel 2009 8 *10

2009 ÌÌOIO Dal 2011 lo Stato dovrebbe

incassare 610 min di euro in più

E ntra in piena operativi­tà il cosiddetto «speso-metro», cioè lo stru­

mento con cui il Fisco valuta la capacità di spesa (e quindi il reddito presuntivo) dei con­tribuenti attraverso gli ac­quisti che fanno. L'Agenzia delle Entrate ha abbassato dai 25.000 che erano a 3.600 euro, Iva compresa, il tetto sopra il quale scatta l'obbligo di comunicazione telematica al Fisco delle operazioni rile­vanti ai fini dell'Iva (il tetto è di 3.000 euro al netto dell'Iva nei casi di regimi minimi spe­ciali). L'obbligo di registrare queste operazioni è già scat­tato il 1° gennaio per le ope­razioni fra aziende, mentre per quelle che riguardano i consumatori individuali scat­terà dal 1° maggio. La tra­smissione telematica dei dati al fisco dovrà avvenire, a cu­ra del commerciante o del professionista, entro il 30 aprile dell'anno successivo.

Più soldi all'agricoltura e ai trasporti

L a legge Finanziaria contiene una serie di provvedimenti che pos­

sono interessare sia le azien­de (di qualunque settore) sia i privati. Per quanto riguar­da il ramo immobiliare, viene prorogata di un anno l'esen­zione dall'Iva per gli immobi­li invenduti. Invece le impo­ste vengono anticipate per chi acquista un immobile in leasing. Un'imposta sostituti­va relativa ai contratti in es­sere dovrebbe portare mag­gior gettito per 173 milioni. Viene anche rifinanziato l'eco-bonus (nella misura del 55%) per le ristrutturazioni edilizie che portano vantag­gio all'ambiente, spalmando le detrazioni fiscali su 10 an­ni. In base a disposizioni del­la Finanziaria relative a vari settori, l'autotrasporto rice­verà nel corso del 2011 fondi supplementari per 400 milio­ni di euro da destinare a in­terventi vari a sostegno delle aziende. L'agricoltura potrà godere della proroga delle agevolazioni contributive per le imprese delle aree sot­toutilizzate e di montagna; confermate le agevolazioni fi­scali per i coltivatori diretti. Per il sostegno all'editoria ar­rivano nel 2011 oltre 100 mi­lioni di euro e altri 45 milioni andranno alle tv locali.

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Foglio 4 / 4

Fmmil Immigrazione

Le multe saranno più salate

Obbligo di registrare le operazioni sopra i 3.600 euro

Dal 1° gennaio nei rapporti tra imprese

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Dal V maggio per i consuma­tori finali, che dovranno fornire il codice fiscale

Tutte le riduzioni previ­ste, come quella di un quarto del minimo per

gli accertamenti con adesio­ne o l'acquiescenza, dal pri­mo gennaio 2011 saliranno a un terzo. E sarà meno a buon mercato anche ricorrere al ravvedimento operoso, la scappatoia per chi paga le tas­se ma lo fa in ritardo. Vengo­no aumentate a un terzo an­che le multe in caso di rinun­cia all'impugnazione. Novità in arrivo per migliorare i con­trolli: cambia lo strumento dell'accertamento parziale in materia di Iva e redditi perso­nali. Il bottino che l'esecutivo attende dalle norme del pac­chetto fiscale è di 610 milioni l'anno a partire dal 2011. Dal­la sola diminuzione dello scon­to per il ravvedimento opero­so e le adesioni nelle procedu­re di contenzioso arriveranno 490 milioni, altri 120 milioni sono attesi dal rafforzamento dell'accertamento parziale.

Consentiti 100 mila nuovi ingressi

Dopo due anni di stop, arriva un decreto flus­si migratori che auto­

rizza quasi 100 mila nuovi in­gressi per lavoratori stranie­ri. Circa 50 mila ingressi sono riservati a lavoratori subordi­nati, di tutti i settori, cittadini di Paesi che hanno accordi con l'Italia (cioè Albania, Al­geria, Bangladesh, Egitto, Fi­lippine, Ghana, Marocco, Mol­davia, Nigeria, Pakistan, Se­negal, Somalia, Sri Lanka, Tu­nisia, India, Perù, Ucraina, Niger, Gambia). 30 mila in­gressi sono riservati ai lavora­tori domestici di altre nazio­nalità, e 4 mila a lavoratori che hanno partecipato a pro­grammi di formazione nei Pa­esi di origine, e 500 a discen­denti di italiani in Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasi­le inseriti negli elenchi dei consolati. Infine, via libera a 11 mila conversioni di permes­si per studio, tirocinio, stagio­nali e lungo soggiornanti (rila­sciati da altri Paesi dell'Ue) in permessi per lavoro subor­dinato, e a 500 permessi per lungo soggiornanti in permes­si per lavoro autonomo. I da­tori di lavoro potranno pre­sentare le domande di assun­zione solo via Internet e gli in­gressi verranno assegnati fi­no a esaurimento in base al­l'ordine di presentazione.

lasse, pensioni e prove antistress Il lavoro cambia

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il Giornale Quotidiano

REGIONE BASILICATA

Data 03-01 -201 1 Pagina "]

Foglio "]

TRA BERLUSCONI E TREMONTI C'È IL FISCO DI MEZZO di Nicola Porro

rjtìfc crlusconi e Tre-p monti sarebbero ai

^ ferri corti. Non è la : * li* prima volta che tra

il premier e ilministro (il più filoleghista tra i suoi uomi­ni) ci sono scintille. E non sa­rà probabilmente l'ultima. Il punto è ovviamente un al­tro. Per quale motivo all'in­terno del governo avvengo­no attriti di questa portata?

La prima secca ipotesi ri­guarda la situazione politi­ca nel suo complesso. Il go­verno ha un problema: non ha opposizione. Il gabinet-todi Berlusconi èinciampa-to sempre e solo per cause interne. Il centrosinistra non sembra proprio avere un progetto alternativo; non ha una parola d'ordine vincente e utilizza sempre l'antiberlusconismo come suo collante. Troppo poco per rappresentare un peri­colo. L'inesistenza dell'op­posizione amplifica le diffe­renze di posizioni all'inter­no della maggioranza. Con­viene sempre ricordare che lo stesso Pdl è un melting pot di origini politiche: in cui convivono liberali, so­cialisti e democristiani. Le differenze con gli ex An e con i leghisti, arricchiscono il quadro. E il leaderismo della struttura regge me­glio, quandoilnemicoèalle porte. Non quando le trup­pe nemiche sono allo sban­do.

Vi è però un secondo aspetto, che riguardai rap­porti tra Governo e Tremon-ti. Il ministro dell'Econo­mia conunamano dispone delle risorse da spendere (Tesoro) e con l'altra delle leve per raccattare quattrini (Finanze): viste le dimensio­ni del bilancio pubblico, si tratta di unpotere nonindif-ferente. Tremonti ha sapu­to con grande abilità dosare

le uscite e ha spinto sulrecu-pero di gettito fiscale. Avrà pure un «caratteraccio» co­me molti suoi colleghi la­mentano, ma andate a par­lare di carattere a greci, ir­landesi, portoghesi e spa­gnoli che oggi debbono su­bire i simpatici errori dei lo­ro governi spendaccioni. Berlusconi riconosce evi­dentemente questo grande merito al suo ministro, ma non può bastare.

L'economia italiana è al­meno da quindici anni in convalescenza, ed è chiaro che per uscire dall'Impasse si debba osare. Le strade al­l'orizzonte sono due. Quel­la abbozzata da Amato, con­fusamente tratteggiata nel­le note di un documento go­vernativo inviato allaUe e fi­losoficamente avallata dal Quirinale: una misura tribu­taria straordinaria, una sor­ta di patrimonialeperabbat-tere il debito pubblico. Sa­rebbe un disastro. In alter­nativa unariformafiscalera-dicale che riduca il gettito per le casse dello Stato, ma nel contempo preveda un taglio della spesa pubblica in Italia. Non intacca subito il debito, ma sradica la ma­lattia del biggovernment.

Si ha l'impressione che forte del suo successo, an­che internazionale, e della sponda leghista Tremonti sia più preoccupato della tenuta del sistema, qui e su­bito . Mentre Berlusconi vo-glia uscire dall'imbaraz­zante condizione di essere ricordato come il premier che è riuscito a «vivacchia­re» durante gli anni della grande crisi economica.

Ecco perché conviene guardare con grande atten­zione agli attriti di queste ore: di mezzo non c'è solo la durata della legislatura, ma ci sono anche i nostri quattrini.

« il Giornale #

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Page 61: Rassegna stampa del 03/01/2011

MWtmmw Quotidiano

REGIONE BASILICATA

Data 03-01 -201 1 Pagina "]

Foglio 1 / 2

Il 2011 delle monete

L'EURO STA MEGLIO

DEI SUOI RIVALI

di MARIO MARGIOCCO

LO "zio Miltie" non credeva nel­l'euro e pensava che non sareb­

be mai nato. E quando nacque, nel gennaio del 1999, pronosticò che non sarebbe sopravvissuto alla pri­ma seria recessione economica. Pef-ché economie troppo diverse non potevano prosperare all'ombra del­la stessa moneta.

L'euro è nato, ha superato il decennio e smentito così la prima parte della profezia di Milton Fried-man ( 1912-2006), faro del neolibe­rismo e, fino alla Grande Recessio­ne del 2008, l'economista più in­fluente del secondo 900. Poi gli eccessi dei mercati hanno in parte offuscato la sua stella, che non sem­pre era stata una supernova. Fried-man aveva assicurato al presidente Richard Nixon, nel 1971, che abo­lendo i cambi fissi del dollaro i conti con l'estero si sarebbero automatica­mente stabilizzati, e non è affatto andata così.

Sarà il 2011 probabilmente a dirci se la seconda e assai più circo­stanziata profezia di Friedman, l'impossibile coesistenza di moneta unica ed economie diverse, è, nel caso dell'euro, una legge inevitabi­le. Intanto è diventata la bandiera di chi prevede la fine dell'euro, giudicando non realistica la convi­venza monetaria di Germania e Grecia, o anche Germania e Italia. Questo soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, Paesi dove l'euro può contare da sempre su pochi autorevoli amici, un'infinità di scettici tra benevoli e malevoli, e moltissimi tenaci avversari.

Nel 2011 varie nazioni europee dovranno convincere i mercati del­la propria capacità di far fronte al debito pubblico, con l'aiuto a volte dei partner e del Fondo monetario. E di saper mettere i conti nazionali su una rotta compatibile con la disciplina della moneta unica.

Leggere tuttavia qualcuno dei necrologi anticipati sulla moneta unica europea, e riflettere sulla realtà dei conti dei Paesi dai quali provengono, può far sorgere un dubbio: siamo sicuri che sarà l'Eu­

ropa della moneta unica il grande malato del 2011, e non altri?

Non ha dubbi l'americano di origini sudafricane Desmond Lacri­mali, lunga carriera al Fondo mone­tario e a Wall Street, ora all'Ameri­can Enterprise Institute, pensa­toio conservatore di Washington.

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di MARIO MARGIOCCO

A settembre pronosticava il probabile rapido disfacimen­to dell'euro, adesso dice che i problemi europei sono "mol­to peggiori" di quelli america­ni, e si chiede "Può sopravvi­vere l'euro?" Probabilmente no sostiene, cautelandosi pe­rò nel finale dicendo che se l'euro soprawiverà sarà... una sorpresa. Il 12 gennaio il Legatum institute di Lon­dra, votato alla difesa di liber­tà e mercato, braccio intellet­tuale di un gruppo finanzia­rio, ospiterà in una serata di gala Lachman e le sue teorie sull'euro.

Londra è sensibilissima, come noto, alle vicende della moneta unica perché guai seri per l'euro potrebbero evi­tare, o diminuire, guai anco­ra più seri per la sterlina ed è stato fra i tanti il sindaco conservatore di Londra, Bo­ris Johnson, strenuo difenso­re della City, a scendere in campo. Boris era un simpati­cissimo giovanotto quando 20 anni fa faceva il corrispon­dente del Daily Telegraph da Bruxelles. Adesso domanda perentoriamente a chi, fra gli inglesi, era ed è a favore deL-l'euro di chiedere scusa, per­ché solo grazie all'aver man­tenuto la vecchia sterlina la Gran Bretagna può salvarsi. Nel senso che può decidere da sola, questo quello che Johnson non dice, misure for­ti di austerità come il raddop­pio e oltre delle tasse universi­tarie e tagli del 30% nella legislatura agli enti locali, per dare un piccolo esempio, sen­za doverle contrattare con Bruxelles e con Francoforte. Quanto alla sterlina, e al siste­ma finanziario inglese, il 2011 è da incubo, se è vero quanto dice un recentissimo rapporto della Banca d'In­ghilterra. Il 20 Ì0, sostiene, è stato miracoloso per le ban­che che sono riuscite a rifi-

nanziare 130 miliardi di ster­line di titoli in scadenza. Nel 2011 le scadenze saranno a quota 350-400 miliardi.

Dagli Stati Uniti si potreb­bero aggiungere vari esempi autorevoli, a partire da Mar­tin Feldstein di Harvard, da sempre convinto che l'euro sia destinato a fallire. Ma va più dritta al punto una penna meno togata come quella di Diana Furchtgott-Roth del­l'Hudson institute, la compa­gine sempre ottimista sui de­stini americani fondata negli anni Settanta dal futurista Herman Kahn. La ripresa americana in atto, dice la Furchtgott-Roth, "potrebbe essere risucchiata dall'in­combente cataclisma euro­peo".

C'è negli Stati Uniti una ripresa trainata da qualcosa che non siano gli stimoli pub­blici, in esaurimento nel cor­so del 2011, e la ricostituzio­ne delle scorte? Non sembra, in un sistema che sta ancora digerendo, e ne avrà per pa­recchi altri mesi, l'eccesso di debito. E da dove viene una spinta duratura in un'econo­mia trainata dai consumi se le famiglie americane, nono­stante i progressi degli ultimi due trimestri, hanno ancora quasi 11 mila miliardi in me­no di risorse finanziarie (va­lori immobiliari compresi) rispetto ai 66 mila miliardi di due anni e mezzo fa? E che cosa succede, anche ai bilan­ci delle grandi banche piene di titoli legati all'immobilia­re, se ha ragione anche solo in parte un recentissimo stu-. dio della Federai reserve di Dallas secondo cui i trend storici indicano che i valori immobiliari 'scesi già circa del 30% in tre anni potrebbe­ro perdere un altro 23 per cento?

È ragionevole prevedere che, in un 2011 difficile per tutti, i guai possano venire anche da altri, e non dalla sola Europa. Ma John Bol-ton,Tex ambasciatore di Bu­sh Jr. all'Onu, neocon senza tentennamenti, è perentorio: gli Stati Uniti devono pensa­re ai propri interessi, "e il fatto che l'euro sia stato fin dall'inizio un progetto politi­co e non economico giustifi­ca l'indifferenza degli Stati Uniti di fronte al suo desti­

no". Stando attenti che non rovini la ripresa americana. Ripresa che Jim O'Neill, l'ex capo economista e ora capo operativo di Goldman Sa­chs, prevede smagliante, più 3,4 nel 2011 "anno degli Sta­ti Uniti" dice, e più 3,8 nel 2012. Tutti i 49 analisti, di Wall Street sentiti in questi giorni dal settimanale Bar-ron's sono ottimisti: un bel­l'esempio di group thinking che già altre volte ha sbaglia­to mira. E del resto, le previ­sioni di Wall Street e di Gold­man Sachs, visto che nel 2008 gli è crollato il mondo addosso senza che se ne ac­corgessero (ufficialmente), non sono più quelle di una volta.

Nessun europeo ragione-, vole sottovaluta le difficoltà di convincere i mercati finan­ziari a investire nel debito pubblico di Paesi già forte­mente indebitati. Etantome­no la difficoltà di mantenere l'equilibrio dei conti naziona­li con una moneta forte, non svalutabile, che non consen­te più di scaricare sul cambio le proprie debolezze, da af­frontare in altro modo, politi­camente difficile. Ma gli eu­ropei sanno anche che la cre­dibilità monetaria, in un mondo dove ildebito pubbli­co di quasi tutti è esploso, e dove gli Stati Uniti hanno un debito, reale, secondo solo a quello del Giappone, è la base irrinunciabile della cre­dibilità complessiva di un sistema. E allora, chi può abbandonare l'euro?

I cinesi, che da qualche tempo sulla finanza globale dicono sempre la loro, non hanno parlato solo nei giorni scorsi per bocca del vice pre­mier Wang Qishan, ampia­mente ripreso da tutti i gior­nali italiani quando ha detto che Pechino aiuterà l'Europa nel far fronte ai debiti sovra­ni.

Pochi giorni prima Da­vid Daokui Li, direttore del Centro per la Cina nell'eco­nomia mondiale della Banca centrale cinese, è stato più esplicito. E ha detto che la situazione del dollaro e dei titoli del Tesoro americano è al momento in secondo pia­no perché i mercati sono fis­sati sul debito sovrano euro-

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peo. Ma quando la situazio­ne europea si stabilizzerà, ha detto Daokui Li economista formato a Harvard ed ex do­cente negli Stati Uniti, appa­rirà chiaro che la situazione dei conti pubblici americani è "assai peggiore di quella europea". Se Pechino ha ra­gione, che senso ha anticipa­re il funerale dell'euro?

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IL 2011 DELLE MONETE

L'euro sta meglio dei suoi rivali

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