Rassegna Stampa - Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia
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UFFICIO COMUNICAZIONE/URP Direttore Dr Sandro Cortese
Rassegna Stampa
16, 17 e 18 Giugno 2012
A cura dell’Ufficio Comunicazione/URP
Avviso pubblico per direttori sanitario e amministrativo, appello della Cisal
Sanità, se non tutto è mafia Curiosi: «Non si mortifichino oltre le professionalità locali»
i La sede dell'Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia
«L'ASP di Vibo Valentia cerca due figure di estrema importanza per la sua struttura: il direttore sanitario aziendale ed il direttore amministrativo. Si affida ad un avviso pubblico ed ancora una volta cerca professionalità anche fuori regione. Quasi a voler dimostrare che se non ci sono da queste parti, e l'idea resta dubbia, figure idonee è anche giustopensarechepos-
sano arrivare, aa esempio, dal Trentino o dal Piemonte». E1 quanto sostiene in una nota diramata agli organi di stampa dal segretario aggiunto della Cisal Filippo Cur tosi.
«La discrezionalità rimane sempre il punto discutibile», continua il sindacalista. Il termine per le domande scade mercoledì prossimo. Sui titoli richiesti nulla da obiettare. C'è
pero un passaggio cne non convince la Cisal. «Quel che apre il varco ad una dubbia interpretazione - afferma Curtosi nel suo comunicato - e che ad un certo punto nell'avviso si legge, tra l'altro, che "attesa la natura esclusivamente fiduciaria dell'incarico, la scelta della commissione straordinaria ha natura "discrezionale ed insindacabile" e che non è limitata ai soli partecipanti al presente avviso. C'è solo da sperare - conclude - che alla fine la commissione straordinaria tenga conto che le figure richieste esistono anche a livello locale. Come dire che nonostante l'etichetta affibbiata all'Azienda sanitaria provinciale dai tristi eventi del passato le professionalità - chiosa il segretario aggiunto dal sindacato guidato da Franco Cavallaro - ci sono ed anche in grado di garantire la copertura dei ruoli».
Come dire: qui non tutto è mafia.
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«L'Asp si affida ad un avviso pubblico ed ancora una volta cerca professionalità anche fuori regione. Quasi a voler dimostrane che se non ci sono da queste parti, e l'idea resta dubbia, figure idonee è anche giusto pensare che possano arrivare, ad esempio, dal Trentino o dal Piemonte». Così commenta, il segretario provinciale della Cisal Filippo Cimosi, il bando per individuare il direttore sanita-rioequello amministrativo. Così ricorda come, secondo quanto prescrive l'avviso pubblico, «alle
Bando delPAsp Le osservazioni
ddluCisal domande intestate alla commissione straordinaria deli'Asp, che devono essere presentate entro il 20 giugno, occorre allegare tutte le certificazioni relative ai titoli che si ritiene opportunopresentare agli effetti della valutazione. Per accedere all'incarico di direttore sanitario i candidati devono possedere i seguenti requisiti: laurea in medicina e chirurgia ed aver svolto, per almeno 5 anni, una qualificata attività di direzione tecnico sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche e private, di media
o grande dimensione e non aver compiuto il ósesimoannodi età. Analoga richiesta per l'incarico di direttore amministrativo per il quale, come titolo di laurea, occorre quella in disciplina giuridica o economica. Il rapporto di lavoro conseguente è esclusivo e avrà la durata corrispondente a quello dei periodo di insediamento della commissione straordinaria, ovvero fino al 31 dicembre 2012. Fin qui - aggiunge Curiosi - nulla da rilevare. Quel che apre il varco ad una dubbia interpretazione e che ad un certo pun
to nell'avviso si legge, fra l'altro, che '*... attesa la natura esclusivamente fiduciaria dell'incarico, la scelta della commissione ha natura "discrezionale ed insindacabile" e che non è limitata ai soli partecipanti al presente avviso. C'è solo da sperare che alla fine la commissione tenga conto che le figure richieste esistono anche a livello locale. Come dire che nonostante l'etichetta affibbiata all'Asp dai tristi eventi del passato le professionalità ci sonoed anche in grado di garantire la copertura dei ruoli».
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ASMARA - Gli stessi medici che sono all'origine della rete di assistenza agli stranieri pao-lana con il nefrologo Roberto Pititto hanno ideato l'Associazione medici Volontari AsMeV che (con il supporto del'azienda calabrese Ko-smos Hospital) ha varato il progetto "un rene per la vita", alla base della realizzazione all'Asmara in Eritrea dell'unico centro dialisi esistente nel Corno d'Africa. Il Centro - ribattezzato "Calabria" - nasce da un accordo del 2008 tra l'Asp Cosenza e il governo eritreo, rinnovato nel 2010 con i buoni uffici AsMeV.
Di recente, proprio il Centro Dialisi eritreo è stato al cen-
Salute in Eritrea
Così da una rete di medici calabresi è partito l'unico Centro dialisi del Corno d'Africa tro della vita associativa del Sindacato Medici Italiani, un cui donativo ha permesso di sostituire l'apparecchiatura per l'osmosi inversa, quella che produce acqua deionizzata per tutti e otto i reni artificiali del Centro. «L'apparecchiatura era l'unica non "italiana"; era stata infatti montata dagli stessi operatori cinesi che hanno costruito l'Ospedale Orotta di Asmara», racconta Pititto legale rappresentante AsMeV Calabria e realizzatore del centro eritreo. «Servivano ottomila euro
per sbloccare le dialisi acquistando un nuovo apparecchio e riparando il vecchio. In Italia il costo è diverse decine di migliaia di euro, ma una Azienda si è offerta di darcelo a un prezzo irrinunciabile, l'AsmeV ci ha messo il tecnico e l'esecutivo Smi ha raccolto 4000 euro, mentre altri 1500 sono arrivati da donativi ed altri 2500 stanno per arrivare». «Ora- conclude Pititto - in accordo con l'Associazione Mondiale del Diabete vogliamo realizzare un progetto in larga scala di prevenzione di una patologia diffusa che troppo spesso in Africa porta a danni renali irreversibili».
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Sotto accusa la decisione di aprire una nuova unità all'ospedale di Lamezia
«Lo spreco di Audiologia» Costanzo contro il direttore generale delVAsp: «Produce doppioni»
Sergio Costanzo, consigliere comunale del Pdl
IL REPARTO Audiologia all'Asp? Per il consigliere comunale del Pdl, Sergio Costanzo, è uno spreco. Costanzo parladi«uninutiledoppione, perché da mesi alcuni dipendenti percepiscono lo stipendio senza far nulla, almeno relativamente alle loro qualifiche di assunzione. Infatti, un tecnico logopedista, un tecnico audiometrista ed un infermiere professionale, dal primo di marzo, sono stati trasferiti dall'Azienda Mater Domini all'Asp di Catanzaro e sono a disposizione del direttore sanitario, dottor Mario Catalano, percependo regolarmente lo stipendio. Ma cosa producono?» - si chiede il consigliere , che ormai da alcune settimane ha ingaggiato una azione di controllo a tappeto sugli atti dell'Asp.
Costanzo si rivolge a Scopelliti, «per segnalare al governatore Scopelliti - dice - le tante anomalie dell'Asp; anomalie che di sicuro si scontrano con quei principi di gran
de moralizzazione che il direttore generale ha sbandierato ai quattro venti, con conferenze stampa quotidiane, all'inizio del suo mandato».
La questione del nuovo reparto di Audiologia, da allocare presso l'ospedale di Lamezia Terme, che il direttore generale ha annunciato «deve fare riflettere tutti. Soprattutto la politica perché ormai il vaso è colmo».
« La situazione dei tre dipendenti -dice Costanzo - nasce dalla deliberazione n. 375 del 15.2.2012, avente per oggetto "Atto d'intesa per la riallocazione della ILO. di Audiologia e Foniatria dell'Asp di Catanzaro". Ed entriamo nel merito. Con tale deliberazione, proposta da un responsabile di procedimento che non fa riferimento alcuno al Dipartimento Amministrativo, l'Asp di Catanzaro ha inteso "recepire l'Atto di Intesaper la riallocazionedell'UnitàOperativadi Audiologia e Foniatria dell'Asp di Catanzaro».
«Insomma - continua Costanzo -l'atto d'intesa prevede la riallocazione presso l'Asp di Catanzaro di Audiologia e Foniatria della Mater Domini «perché - testualmente - sono venute a mancare le condizioni giuridiche ed organizzative che avevano portato all'accorpamento funzionale delle Unità Operative ». Ma quali sono queste condizioni? «Lo scorporo delle due Unità Operative è avvenuto , sempre facendo riferimento alla citata deliberazione, a partire dall'I marzo 2012. Insomma, in un momento in cui il Piano di rientro consigliadiridurreicosti gestionali e di accorpare servizi sanitari analoghi, l'Asp non trova di meglio che separare quanto di fatto era già stato accorpato in precedenza. Bel risultato ! A favore di chi e perché? Un'altra domanda ci viene spontanea ed è questa: se il direttore generale è incompatibile, come abbiamo scritto qualche giorno fa, lo stesso principio non vale per il direttore sanitario? La legge dice di sì. Ma torniamo ad Audiologia. La struttura esistente al Policlinico di G-ermaneto ha sempre svolto e svolge inmanieraef-ficace la propria attività in un contesto di alta levatura, quale quello universitario. L'attività assistenziale è addirittura significativamente au-mentatanonostantesiastato ridotto l'organico, sia medico che tecnico. La cosa che appare particolarmente scandalosa è la dichiarazione del direttore dell'Asp che ha affermato su numerosi quotidiani di aver stanziato 500mila euro per costruire un nuovo reparto, facendo passare questa decisione come una semplice operazione di trasferimento d'equipe e di strumenti. Di fatto si tratta di un nuovo reparto, gemello di uno esistente a soli 35 km di distanza».
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la ricerca
Medici dell'Annunziata in trasferta in dna XTJLV/VIJLVJL V-IV'.I.I. i l i 111.L-il liAICWCA i l i UL CfÀ3JLV/JL LO. I l i . \^ÌJLMJL
con un studio sulla meningiteIhirneeolaire
L'ospedale civile dell'Annunziata
La Cina è più vicina per l'ospedale dell'Annunziata. Le dottoresse Cavalcanti e Mauro parteciperanno al convegno "Bit's ìotfa anni-versary of international drug discovery science and technology" nella città di Nan-jing, a novembre prossimo.
La trasferta arriva in seguito a uno studio condotto dalle unità operative complesse di Microbiologia e Virologia (diretta dalla Giraldo in sinergia con quella di Pediatria (diretta da Sperlì). I risultati della ricerca cosentina sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale "Microbial drug resi-stence 2011". Ed è proprio grazie a questa
vetrina internazionale che il comitato scientifico del convegno ha deciso di formalizzare l'invito per i camici bianchi bruzi che dovranno relazionare alla presenza di colleghi provenienti da molti paesi stranieri.
Lo studio ha individuato un microorganismo multi resistente di raro riscontro non solo nella provincia di Cosenza, ma nell'intero territorio nazionale. «Si tratta di un gene resistente di meningite tubercolare trovato proprio in un bambino italiano», commenta la dottoressa Cavalcanti, che continua: «La notizia rende merito all'Azienda ospedaliera, che ha saputo recepire la notizia e dare subito la disponibilità per la partecipazione all'importante evento che porta fuori dai confini italiani il frutto delle nostre faticose ricerche». Grande soddisfazione esprime pure il direttore generale dell'Annunziata, Paolo Maria Gangemi: «Esprimo
apprezzamento e soddisfazione per l'invito quali speaker delle nostre professioniste in un congresso di così elevato livello scientifico. Tutto questo dimostra, ancora una volta, come il personale che opera in questa Azienda ospedaliera goda di grande stima nell'ambito della comunità scientifica nazionale e internazionale e come anche la nostra Azienda risulti al passo con i tempi». Al di là del Piano di rientro, il nosocomio cosentino riesce ancora a resistere e in molti casi ad eccellere, malgrado le evidenti difficoltà nelle quali sono costretti ad operare medici e personale sanitario.
Alfonso Bombili!
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Abortì In Calabria più del 70% dei medici è obiettore di coscienza
DI CHIARA LALII
Secondo la relazione attuativa sulla legge 194, cioè la legge che norma l'interruzione volontaria di gravidanza, in Calabria il 73,3% dei ginecologi si dichiara obiettore di coscienza. A questi si aggiungono il 64,5% degli anestesisti e il 78,1% del personale non medico.
Siamo in linea con la media nazionale di questi ultimi anni, che è in costante aumento e raggiunge in alcune regioni il 90%. Non solo: in alcune strutture non c'è proprio il reparto di Ivg, sebbene la legge sancisca che il servizio deve essere garantito alle donne. Secondo l'articolo 9 della legge infatti "gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure". Sembrerebbe che la richiesta di abortire della donna debba essere considerata piùforte del parere personale del ginecologo. È utile anche ricordare che molti hanno scelto questa professione a legge già approvata: perché chiedere una esenzione da un servizio nell'ambito di una professione liberamente scelta? Quali sono i doveri professionali del medico?
Si potrebbe anche andare più in là. Lo stesso articolo 9 prevede l'obiezione di coscienza per le "procedure e [le] attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento". In che modo l'anestesia sarebbe diretta a determinare l'interruzione di gravidanza? Perché le percentuali di obiezione sono tanto alte? E soprattutto, quali sono le conseguenze?
É abbastanza semplice immaginare che un servizio in cui sono attivi solo 3 operatori su 10 rischia l'implosione. Le liste d'attesa si allungano e alcune donne rischiano di andare oltre il termine legale (90 giorni, a meno che non vi sia una patologia fetale o della donna), il peso è tutto sulle spalle di quei 3 medici - che nei singoli reparti possono anche essere uno o due. Quando l'interruzione è tardiva e segue un esame prenatale la situazione può anche complicarsi: sono infatti ancor meno i ginecologi che eseguono interruzioni dopo il terzo mese di gestazione,
la procedura è più complessa sia clinicamente che emotivamente. Molti ginecologi obiettori, però, eseguono indagini prenatali nascondendosi dietro alla scusa che fare una amniocentesi serve soltanto a conoscere la condizione fetale. Sembrano dimenticare che le donne che non abortirebbero mai non si sottopongono ad esami, preferiscono ignorare le condizioni del nascituro fino al parto. Al contrario, le donne che li fanno vogliono poter scegliere. Ma spesso si imbattono in ginecologi che le seguono fino al responso e poi le abbandonano perché la loro coscienza è contraria all'aborto, ma non alle diagnosi.
A pagare il prezzo più alto, come sempre accade quando i diritti zoppicano, sono le persone più deboli: le donne con meno mezzi economici, senza amici al posto giusto, che vivono in zone rurali o che non sono consapevoli dei propri diritti. Ed è forse proprio da qui che si potrebbe partire per invertire la corrente: sapere che l'interruzione di gravidanza deve essere garantita e che l'assistenza è un dovere da parte del personale sanitario. Almeno sulla carta e almeno finora.
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al congresso di Istanbul L'azienda locale diventa baricentro del Mediteranneo
Ì L S U M M Ì T Alcuni scatti dall'incontro che si è tenuto ad Istanbul per discutere di diverse questioni legate al mondo della sanità dove ha preso parte l'azienda ospedaliera "Pugliese Giaccio"
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n congresso è stato presieduto
da Stefania Zampogna
di Catanzaro
Al termine è stato firmato un, protocollo per migliorare la cura dei bambini
Prende sempre maggiore consistenza il progetto transnazionale che dall'Italia, e dalla Calabria in particolare, promuove lo scambio delle conoscenze medico-scientifiche in campo pediatrico. Si è appena concluso infatti il 3° Congresso Intemazionale "Il Bambino del Mediterraneo" tenutosi dal 9
affli giugno ad Istanbul, la città più popolosa della Turchia con i suoi 15 milioni di abitanti.
In una metropoli dove Oriente ed Occidente si fondono, ma che per i bambini re
sta ancora ima magica ambientazione di favole e cartoon, si sono dati appuntamento esponenti del mondo scientifico pediatrico calabrese e di quellotur-co.
Il Congresso è stato presieduto da una Dirigente dell'Azienda Ospedaliera "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro, la dottoressa Stefania Zampogna, componente del Direttivo Nazionale Sip (Società Italiana di Pediatria), e da altri medici calabresi, il dottor Giovanni Capocasale e la dottoressa Anna Sul-la,Presidente Simeup Calabria, i quali hanno instaurato un confronto su protocolli e linee guida relativi agli argomenti di gastroenterologia, tema del simposio.
Tra i relatori del Congresso intemazionale anche l'avv. Elga Rizzo, Direttore Generale dell'Ao "Pugliese-Ciaccio" di Catanzaro, sostenitrice di "Calabria Baricentro del Mediterraneo", progetto che mira a promuovere la Magna Graecia come luogo ideale per intrecciare importanti rapporti culturali, scientifici e sociali, come testimoniano i protocolli già firmati dalla Simeup con Malta e gli Emirati Arabi di Dubai. Nel coreo del suo intervento la Rizzo ha evidenziato «l'importanza che l'Azienda ospedaliera catanzarese annette nel sostenere gli operatori sanitari capaci di creare rapporti tecnico-scientifici con altre realtà varcando addirittura i confini nazionali e sviluppando percorsi formativi che elevano il grado di efficienza della sanità calabrese. Grazie alle idee del management che mi onoro di rappresentare, alle campagne di motivazione del personale e soprattutto rimettendo al primissimo posto la "mis-
sion" istituzionale dell'Ospedale che è quella d'essere al servizio del paziente -ha detto il dg - stiamo rispettando l'austerity impostaci dal governo centrale ma grazie a precise strategie di risparmio e reinvestimento strutturale e strumentale, abbiamo inaugurato alcuni reparti e ci apprestiamo ad aprime altri».
Nel merito della tre giorni, di lavori congressuali si sono sviluppati sulle linee-guida per le situazioni di emergenza ed urgenza in gastroenterologia. Secondo quando evidenziato dalla professoressa Dalgic Buket della Società Turca di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica, man mano che dalle grandi città si procede verso l'esteso entroterra turco, gli approcci diagnostici e terapeutici non riescono ad essere applicati per cui si verificano gravi problemi di alimentazione e di reidratazione in fase di diarrea acuta. In questo contesto particolare interesse hanno riscosso i corsi di PBLSD (Pediatrie Basic Life Support and Defibrillation), Triage e Tossicologia tenuti dagli istruttori Simeup italiani ai pediatri turchi.
Al termine del congresso è stato firmato un protocollo di intesa finalizzato principalmente a difendere e migliorare la cura dei bambini in situazioni di emergenza-urgenza in tutta l'area del Mediterraneo, con la pos-
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sibilità di coinvolgere anche altri paesi e ad organizzare in Italia e Turchia meeting annuali su specifici argomenti.
r. e.
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isabili... ma senza cure genitori braccano lAsp
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Lo hanno aspettato davanti al portone di Palazzo Nicotera dove era atteso per relazionare al convegno "Uguali o diversi da chi? Processi di integrazione territoriale". Lì hanno tentato un blitz a cui il direttore generale, che aveva dato loro appuntamento, è però fuggito infilandosi immediatamente nell'atrio del palazzo dove si svolgeva l'incontro. I genitori dei ragazzi disabili che da novembre scorso hanno vi -sto interrompere le terapie erogate dalla comunità Progetto Sud perché era terminato il numero di prestazioni coperte dal contratto con l'Asp, ieri erano fuori di sé. Da giorni, hanno raccontato, hanno provato a contattare il dg dell'Asp Gerardo Mancuso senza riuscire ad ottenere un incontro che consentisse loro di capire perché non è possibile riprendere le terapie presso la comunità, nonostante ci fossero state rassicurazioni in tal senso.
E ieri il clima era visibilmente teso. «Continuiamo a pagare le terapie per i nostri figli da mesi, qualcuno anche da anni - ha detto Claudia Stranges, madre di un bambino disabile - ogni volta che il Mancuso ci ha dato un appuntamento lo ha disertato, quindi, oggi siamo stati costretti ad improvvisare un sit in pacifico per chiedergli delle risposte. Lui ci aveva detto che avrebbe convocato un tavolo tecnico per dare risposte a noi e alla Progetto Sud, di fatto questo tavolo non
Tentano il blitz
Nicotera E il dg Mancuso
lì evita è mai stato convocato». «La Progetto Sud sta cercando di venire incontro alle famiglie anche nei prezzi - ha
aggiunto Stranges - le patologie sono tante, da ritardi psicomotori a forme di autismo e la comunità non si limita al trattamento di psicomotricità ma la sua è una presa in
carico globale e noi abbiamo bisogno di questo tipo di terapia». Gerardo Mancuso arri
vato in ritardo al convegno non si è però fermato a parlare con i genitori scegliendo, invece, di affrontare la que
stione al termine del suo intervento nel convegno e generando inizialmente una brusca reazione dei genitori che si sono riversati nell'atrio del palazzo. Le urla dei manifestan
ti hanno anche rischiato che Mancuso decidesse di non chiarire la sia posizione sulla vicenda. La calma è stata ristabilita da Nicola Emanuele, esponente della comunità, che, in veste di moderatore del convegno, ha contribuito a raffreddare gli animi. Mancuso ha potuto così spiegare che la macchina si sta muovendo. La Progetto Sud è un'azienda privata che lia un contratto con l'Asp, ha tenuto a ricordare il dg, e nonostante siano stati presi contatti per rinnovare il contratto ed ampliare il budget in modo da snellire le liste di attesa e consentire a più persone possibili di accedere
alle terapie, ci sono dei ritar-di.Ma, ha assicurato Mancuso, massimo entra metà luglio la comunità sarà nuovamente legata da contratto all'Asp e potrà ricominciare ad offrire le proprie prestazioni.
Tiziana Bagnato
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SANITÀ/1
Un Piano molto " Secondo i dati della Cgil gli accreditamenti sono in aumento rispetto al 2009. Allarme per il settore sociale: «Troppi imprenditori senza scrupoli»
A istantanea è quella di un Pronto soccorso preso d'as-7 salto, come tanti nella Calabria del Piano di rientro. Gli
stessi che si allagavano d'inverno, e rimarranno quasi sguarniti di personale d'estate. A seconda dei casi, si può passare in un ospedale di confine ridimensionato
perché i conti della salute sono in rosso da anni. È questo, oggi, il prezzo che paga chi si ammala. Alla fotografia, poi, si uniscono i numeri. Che saranno pure freddi, ma servono per raccontare il presente della sanità. L'elaborazione del dipartimento Welfare della Cgil mostra un dato apparentemente in controtendenza con gli obiettivi della razionalizzazione. Il totale delle strutture private accreditate - quelle fotografate dal decreto del 5 gennaio 2011 - è pari a 479. Ben 52 in più rispetto a quelle che di cui la Calabria era dotata nel 2009, nel corso dell'era Loiero. Cioè prima che il Piano di rientro si abbattesse sul settore della salute. Una cifra che stona, ma solo apparentemente, con i fatti messi in evidenza dal presidente nazionale dell'Aiop, Enzo Paolini, in una recente conferenza stampa. Paolini ha spiegato che i tempi hanno portato tagli feroci al numero dei posti letto della sanità pubblica e privata, «a tutte le strutture, meno la "Calabro dentai", di proprietà di Massimo Marrelli, marito di Antonella Stasi (vicepresidente della giunta regionale, ndr), che li ha visti aumentare». Paolini parla di posti, la Cgil del numero di strutture. Dunque i due dati sono compatibili. Non lo sono, invece, le osservazioni. Il sindacato prende spunto dall'aumento di enti privati accreditati per mettere in evidenza quanto l'offerta sia sbilanciata. Lo dice Mimma Iannello, della segreteria regionale. E lo fa senza troppa diplomazia: «La sanità privata, che pure vanta valide realtà, complessivamente non ha assolto ad una funzione di competitività qualificata e diversificata. Anzi, ha rappre
sentato elemento di distorsione del rapporto domanda-offerta assimilando duplicazioni, disfunzioni e inappropriatezze del pubblico, per non parlare delle violazioni contrattuali». Diciotto presidi pubblici sono stati tagliati perché insicuri. Una scelta sofferta, ma necessaria: «Eppure dalla sanità privata le Asp comprano prestazioni da cliniche accreditate ben al di sotto di quei requisiti». I tagli dei posti letto si sono abbattuti sia sul pubblico che sul privato, ma - secondo l'analisi della Cgil -per il secondo settore «si aggirano garantendo specialità ben remunerate e tetti di spesa sforati da anni con l'escamotage dell'extrabudget (rappresenta le prestazioni offerte dagli operatori privati in eccedenza rispetto ai contratti, ndr)». Il tutto «mentre i cittadini perdono garanzie e presidi di cura». Va bene il risanamento, ma qui è discussione l'accesso alle cure. E le redini sono in mano a una politica «presa in perenni contorsioni elettorali». Un esempio per tutti: a distanza di cinque anni dalla messa in programma della realizzazione dei quattro nuovi ospedali, non si è visto un solo mattone. Per Iannello non c'è dubbio: «È un fallimento, sul quale incom-
LE CIFRE DEL SINDACATO: DOPO LA RAZIONALIZZAZIONE LE STRUTTURE ERANO 4 7 9 . SONO 5 2 IN PIÙ IN CONFRONTO ALL ULTIMO ANNO DELLA GESTIONE LOIERO
bono, peraltro, i costi sostenuti dalle casse regionali per via della convenzione con "Infrastrutture lombarde" (la società che segue il percorso per la costruzione delle strutture, ndr), finora sconosciuti». Un fallimento che anticipa una richiesta: «Il commissariamento va superato non per scadenza naturale - chi pensa davvero che la Calabria uscirà dal Piano di rientro a dicembre 2012? - ma per inadempienza di obiettivi e di strategie sanitarie in tutela degli interessi di salute dei calabresi, ai quali si sono svuotate le tasche con tasse e ticket per veder peggiorare le condizioni di accesso ai servizi sanitari». E dei servizi sociali sarebbe meglio non parlarne. Perché, con i tagli in arrivo, le politiche di settore rischiano di essere azzerate. Una Situazione analoga a quella vissuta in campo sanitario. Con le stesse condizioni al contorno, perché - dice Iannello - «in Calabria il sociale è sinonimo di privato». E di ."religioso": su 374 strutture riconosciute , ben 144 fanno riferimento alla Chiesa. È ancora una volta lo squilibrio dell'offerta a preoccupare il sindacato. Per non parlare delle prospettive future: «Dal 2013 in poi c'è un vero e proprio salto nel
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POLITICA
buio, mentre i bisogni sociali delle famiglie sono in continuo aumento». Come fare? La Cgil propone di «rifuggire dal tentativo di accrescere ulteriormente l'offerta di servizi privati». Ma soprattutto «capovolgere il paradigma che spinge a improvvisarsi in Calabria imprenditori sociali. Troppo spesso, così come accade nella sanità, ci si trova davanti a imprenditori senza scrupoli, che
PER I SERVIZI SOCIALI LA CHIESA FA LA PARTE DEL LEONE: 144 STRUTTURE SU 3 7 4 SONO RELIGIOSE. TUTTI I LIMITI DI UN SISTEMA DA RIFORMARE
Secondo la Cgil, il Piano di rientro ha penalizzato eccessivamente la sanità pubblica in Calabria
puntano solo a fare business». Le storie raccolte dal sindacato, sono quelle di interventi sociali affidati a micro-nidi o alloggi condominiali «che non offrono alcuna garanzia o certezza di standard educativi». È una riflessione che apre a un ragionamento complessivo. E coinvolge anche la Chiesa, che «ha un ruolo importante, visto che assorbe un pezzo significativo dell'offerta di servizi sociali e socio-sanitari. È vero che esistono buone esperienze di privato sociale, ma abbiamo anche conosciuto lager come il Papa Giovanni di Serra d'Aiello e altri ancora». Ritornare alle storie delle persone e dimenticare gli affari: è da qui che si può e si deve ripartire. «È inaccettabile - continua Iannello - che nella nostra regione i bisogni dei minori vengano relegati in luoghi di segregazione dove si sa quando si entra ma non quando si esce». È in discussione il modello: «Così si segrega il bisogno, si isola la persona, la si allontana dalla propria famiglia e dei propri riferimenti sociali e lavorativi». C'è anche un aspetto più prettamente economico sul quale si può intervenire: una programmazione di sistema dell'intervento sociale «che a nostro parere oggi appare frammentato e ancorato a una logica tradizionale e monetizzante». La Regione pensa a voucher e card sociali, che non hanno un impatto duraturo sul disagio. Sono interventi episodici. Alla Calabria serve altro, ad esempio «rafforzare la rete di servizi pubblici oggi inesistente». Punto di partenza per poter partecipare al piano sui servizi sociali predisposto dal governo è la realizzazione di servizi integrati tra intervento sanitario e sociale, «che nella nostra regione è tutta da costruire». La ricetta, che può apparire paradossale, è quella di ripartire dalla crisi, perché questa condizione può servire per riformare il sistema «a condizione che chi deve farlo liberi le risorse, metta le volontà, le idee e il coraggio di investire per dare risposte adeguate alla dimensione del bisogno sociale che non può essere scaricato sulle spalle delle famiglie o governato da logiche di profitto che mercificano i bisogni e nutrono le clientele politiche».
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SANITÀ/2
Quelle leggi regionali abrogate per decreto Tante le anomalie nella gestione del Piano di rientro: nomine discutibili, aberrazioni giurìdiche e gli strali del Tavolo Massicci per una norma "contrapersonam"
Giampaolo Latella
erle dì saggezza. Piccoli "capolavori" di ardita ingegneria giurìdica, capaci di sfidare anche i principi più generali del nostro ordinamento. La produzione normativa della Regione Calabria è in grado di generare disposizioni così contraddittorie e mal scritte da risultare a volte del tutto in
comprensibili. Le censure di incostituzionalità mosse all'indirizzo dell'assemblea di palazzo Campanella si contano a decine. Ma a superare qualsiasi immaginazione sono alcuni provvedimenti in materia di sanità, sottoscritti dai subcommissari per l'attuazione del Piano di rientro, controfirmati dal commissario ad acta (il governatore Giuseppe Scopelliti) e redatti dall'Ufficio commissariale. La cui segreteria è coordinata da Daniela Greco: una fun-zionaria degli Accreditamenti "prestata" a un incarico di grande responsabilità amministrativa. Dal curriculum di quest'ultima, tuttavia, non si evince una particolare dimestichezza con il diritto, visto che la signora ha fatto seguire agli studi di ragioneria la laurea in Scienze motorie. Cosa c'azzecchi con un ufficio che si occupa del disbrigo di gravosi procedimenti burocratici, è un mistero. Molto meno oscuri sono invece i rapporti di parentela della dottoressa Greco, sposata con Saverio Mosciaro, che - da dipendente regionale di categoria C - è diventato il capostruttura del direttore generale della giunta regionale, Franco Zoccali. L'Ufficio del commissario, nel corso degli ultimi due anni, è riuscito a partorire atti che hanno dell'aberrante sul piano del diritto. A cominciare dalla stessa "camicia" adottata: la forma è sempre quella del decreto del presidente della giunta regionale, con tanto di carta intestata e logo di pa
lazzo Alemanni. Peccato che il commissario ad acta, formalmente, con la Regione non c'entri nulla, essendo nominato dal presidente del Consiglio dei ministri. Anche perché, ragioniamoci: se dovesse essere proposto un ricorso in via gerarchica contro un atto del Commissario, a chi andrebbe indirizzato se non al premier? Questione che, evidentemente, nessuno in Regione sembra essersi mai posto. Ma la summa si raggiunge nella sostanza. Prendiamo, ad esempio, uno dei primi decreti del governatore - o del commissario? -: il numero 4 del 24 agosto 2010. Tra le disposizioni, se ne legge una, all'articolo 3, che farebbe rabbrividire gli studenti del primo anno di giurisprudenza. Il presidente della Regione decreta che «sono abrogati il comma 4 dell'art. 9 della legge regionale 18.07.2008 n. 24, il comma 2 dell'art. 65 della legge regionale 12.06.2009 n. 19, gli articoli 32,35,38 e il 39 della legge regionale 26.02.2010 n. 8 e l'art. 21 della legge regionale 11 agosto 2010, n. 22». Ole:
A DIRIGERE LA SEGRETERIA DELL UFFICIO COMMISSARIALE È UNA LAUREATA IN SCIENZE MOTORIE. MOGLIE DI UN IMPIEGATO SCELTO DAL DG ZOCCALI COME CAPOSTRUTTURA
norme cancellate così, in spregio ai rudimenti della civiltà giuridica. Certo, c'è chi eccepirà che c'è di peggio. Che il "think tank" dell'emergenza sanitaria calabrese ha appalesato sbadataggini di gran lunga più gravi. Come quella - che il Corriere della Calabria ha già raccontato - della necessità di emanare un decreto per correggerne uno sbagliato per un "errore materiale". Un "copia-incolla" non riletto, che si è reso indispensabile emendare, spiegando che la Regione Liguria è da intendersi Regione Calabria, e che l'azienda ospedaliera interessata non è quella di Genova, bensì quella di Cosenza. Sarà anche per questo, oltre che per l'inversione di tendenza annunciata e mai compiuta, che' il governo è pronto a "commissariare il commissario", come già minacciato e messo nero su bianco nel verbale della riunione del Tavolo Massicci dello scorso 4 aprile. L'organismo interministeriale tornerà a riunirsi all'inizio di luglio. E, in quella circostanza, sarà chiesto conto di diversi atti della gestione di Scopelliti e dei subcommissari Pezzi e D'Elia, ma anche di altre delicate questioni. Tra
38 I 21 giugno 2012 I COUUDUE della CALABRIA
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REGIONE CALMU*
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE (nella qnalifi di Coiaaiiuario md «rt« per l ' imuiui del piano di rientro dal dkavaaxi del •ettort «aitano «dia Regata* Calabrie Mn.la.io eoa deUbtn del CoaaigHe dd Mhilatri del
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Sono abrogali:
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gli articoli 1?. 35.38 ed il 3» della legge regionale 26 02 2010 n.8
La sede del dipartimento Sanità della Regione Calabria, a Catanzaro. Sotto, il decreto con cui il governatore ha "abrogato" alcune leggi vigenti
IL MINISTERO DELLA SALUTE HA CHIESTO DI REVOCARE IL TESTO CHE HA DISPOSTO L ENNESIMO ACCORPAMENTO TRA LASP 5 E LAS DI LOCRI: UN "DISPETTO" A CARULL0
queste, la "famosa" «confusione istituzionale», rimproverata a Scopeiliti non solo in relazione ai rapporti, quanto mai tesi, tra il dipartimento guidato da Antonino Orlando e i subcommissari, ma anche e soprattutto per un'altra vicenda. Quella scaturita dall'articolo 40 della legge regionale 47/2011, meglio conosciuta come la "norma contra personam" perché finalizzata a impedire il reintegro dell'ex direttore generale dell'Asp 5, Renato Carullo. Dopo che quest'ultimo ha vinto una battaglia legale, con tanto di sentenza esecutiva, il consiglio regionale ha approvato quella legge al fine di dichiararlo decaduto. Qual era l'escamotage dell'articolo 40? Semplice: l'accorpamento dell'Asp di Reggio con l'Azienda sanitaria di Locri. Un atto che, però, era già stato assunto per ben due volte dalla stessa Regione negli anni precedenti. Una disposizione così illogica che, in un duro parere, il direttore generale del dipartimento Programmazione sanitaria del ministero della Salute, Francesco Bevere, ha chiesto espressamente che venga «ritirata dal consiglio regionale» perché «in contrasto con il Piano di rientto e con l'attuale situazione di fatto». Agli argomenti del ministero, l'avvocatura regionale avrebbe risposto con un controparere che però risulta essere introvabile: che fine avrà fatto? Sarà stato forse secretato? in attesa di svelare anche questo arcano, c'è da chiedersi se palazzo Campanella ottempererà o meno alla richiesta del governo, abrogando l'ennesimo abominio giuridico, nato da un subemendamento del consigliere Salerno. Che ha ottenuto il via libera dell'assemblea, nonostante non sia stato approvato (ma trasformato in ordine del giorno) l'emendamento dal quale dipendeva: quello sulla costituzione di un'unica azienda sanitaria regionale. Presentato da Nicola Adamo e Giuseppe Bova. Due consiglieri di minoranza, dicono.
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CORRIERE della CALABMA I 21 giugno 2012 l 39
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Dima: riattivare le procedure per realizzare i nuovi ospedali
Il deputato annuncia: nei prossimi giorni un'iniziativa parlamentare
CATANZARO «É necessario che le procedure di realizzazione dei nuovi ospedali, ormai ferme dalla fine dello scorso mese di dicembre, a causa della scadenza della gestione commissariale istituita con l'ordinanza del presidente del Cdm n. 3635/2007 (con poteri di protezione civile per la costruzione di nuovi
ospedali), siano al più presto riattivate per portare a termine il processo di modernizzazione e di sviluppo della rete ospedaliera regionale». Ad affermarlo è il deputato del Popolo della libertà Giovanni Dima, che spiega: «Addirittura, per alcuni di questi nuovi presidi, come quello della Si-baritide e di Vibo, l'iter tecnico-amministrativo si trova
in uno stato di avanzamento tale che, una volta formalizzate le offerte, si sarebbero dovute nominare le
commissioni di gara per procedere, successivamente, all'assegnazione dei lavori se la
proroga della gestione commissariale non si fosse scontrata sia con i dubbi della Ragioneria generale dello Stato, sui contenuti dello schema di ordinanza concordato tra la Protezione civile nazionale e la Regione, sia con quanto disposto dal decreto legge 59/2012 di riforma della Protezione civile nazionale che contiene anche specifiche disposizioni sulla natura e sulla durata degli stati di emergenza. Nonostante le sollecitazioni del presidente Scopel-liti, in qualità di commissario delegato per il superamento dell'emergenza sanitaria, ed alcune nostre interrogazioni ed interventi in Aula per sollecitare il Governo a prendere posizione su una questione che riteniamo debba essere definita in
tempi brevi, sia alla luce del fatto che è necessario ridare un volto nuovo alla nostra sanità sia perché la Regione sta continuando a pagare le rate di mutuo per le somme a suo carico, non abbiamo però ricevuto nei mesi scorsi risposte molto convincenti».
«Su questo argomento -assicura Dima -, ci impegneremo nei prossimi giorni a formalizzare un'iniziativa parlamentare che abbia il sostegno di tutti i colleghi calabresi, essendo tale problematica legata a più province, Reggio, Catanzaro, Vibo e Cosenza, e degli altri parlamentari nelle cui regioni di appartenenza si vive il problema della rimessa in moto delle attività connesse alle gestioni commissariali».
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Il direttore dell'azienda sanitaria provinciale ospite di un convegno a Montecitorio
Mancuso: risparmiati 60 milioni Deputati e operatori sorpresi per i risultati raggiunti in soli due anni
IL DIRETTORE generale dell'Asp, Gerardo Mancuso, ha relazionato, a Roma, sulle attività gestionali ed organizzative delle Aziende sanitarie soggette a Piano di rientro, nel corso della tavola rotonda sul sistema sanitario nazionale che si è tenuta nella sala Refettorio della Camera dei Deputati.
«Il dg Mancuso, che è stato invitato in qualità di relatore -si legge in una nota - è intervenuto su quanto si sta realizzando in Calabria nel campo sanitario evidenziando come e stata scelta una fase di politica di "spending review" che ha dato risultati importanti, con la riduzione del debito conso-lidato e del debito corrente, eduna seconda fase di programmazione sanitaria attraverso l'utilizzazione di soluzioni tecnologiche e moderne. Un intervento che è stato particolarmente apprezzato dalla platea dei deputati e degli operatori tecnici del ministero della Salute, per l'onestà intellettuale e per la lucidità di pensiero espressa. Un apprezzamento che è stato tale che il direttore generale è sta
to invitato a relazionare in una convention sulla sanità, che si terrà il prossimo autunno sempre nella capitale».
«In quasi due anni - ha spiegato ildgMancuso-l'Asp di Catanzaro ha risparmiato 60 milioni di euro, riducendo così il deficit dibilancio a 9,9 milioni nel 2011, rispetto ai 69 del 2009. La determinazione e l'applicazione delle regole ed il costante impegno nella direzione dei principi contenuti nel Piano di rientro sono state le credenziali attraverso le quali la nostra Regione si è accreditata nella conferenza Stato-Regioni e agli occhi dei ministeri del nostro paese. La ripresa di credibilità e la considerazione del Paese nei nostri confronti hanno prodotto risultati incoraggianti con un incremento di fondi e finanziamenti: la Calabria infatti ha ottenuto l'aumento del fondo sanitario, pari a 44 milioni di euro, previsto dal riparto del Fondo sanitario nazionale, frutto della politica di rigore che il Presidente Scopelliti sta esercitando nella nostra Regio
ne». «La situazione debito
ria che il governatore ha trovato all'inizio del suo mandato - ha sottolineato Mancuso - poteva intimidire e scoraggiare chiunque, ma l'azione continua e determinata ha convinto i tecnici circa la serietà e la direzione che la nostra regione ha preso. Questi risultati incoraggiano, ma il realismo ci obbliga alla prudenza ed al lavoro; siamo molto lontani da un cambiamento radicale dei servizi ma la direzione sembra quella giusta. La gente, più della politica, ha capito che le cose stanno cambiando e i servizi stanno migliorando, soprattutto ha capito che la serietà di azione contraddistingue il nuovo modi di operare nella sanità calabrese. Oggi, grazie a questa azione oculata i conti sanitari calabresi iniziano ad essere certi, la spesa è sotto controllo e soprattutto in poco più di un anno e mezzo si è avuta la riduzione del debito corrente di 130milionidieuro».
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Errori sanitari gonfiati per indurre i malati a fare causa
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,À ttenzione: «bomba i l sexy» pronta a esplodere. I! senso dell'assalto
contro il pianeta dei medici è tutto in un manifesto affisso per rastreEare clienti: il seno d'una donna coi fili di un ordigno al tritolo, un orologio e una scritta:
«Protesi cancerogene e difettose». Ma vai la pena di dare la «caccia al medico»? Parliamoci chiaro: ci sono medici che se le vanno a cercare, le denunce oer cer
te sciatterie, certe superficialità, certe negligenze, per non dire di peggio, che causano ai pazienti danni a volte irrimediabili.
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Le pubblicità terroristiche degli studi legali e la leggenda dei 90 morti al giorno
Le cronache raccontano storie assurde. Le quali confermano che anche tra i medici, come in tatti i mestieri, esistono i mediocri, gli incapaci, gli Schettino. E anche qualche delinquente, come quelli che in questi giorni in certe cliniche impiantavano su anziani protesi infette perché tanto «hanno aspettativa di vita breve».
Vanno bastonati senza pietà, quei medici che per propria colpa (non per errore: per colpa) provocano dolori, menomazioni permanenti e lutti. Vanno colpiti penalmente, anche con il carcere, e nel portafoglio. Anche se nessuna cifra potrà restituire ad Alfonso Saltella, per fare un solo esempio, suo figlio Flavio, che dopo essere caduto da una giostra morì nel 2007 in Calabria, come scrisse Panorama, «dopo una carambola di ospedali che rifiutavano il ricovero, ambulanze che non si trovavano, elicotteri dell'e-lisoccorso che non volevano saperne di alzarsi in volo dopo il tramonto». Uno strazio seguito da un nuovo strazio: un processo interminabi
le segnato da rinvìi, scaricabarile, rimpalli di competenze.
Detto questo, il modo in cui certi studi professionali e certe «associazioni» che si avvalgono della consulenza di studi professionali vanno a caccia di pazienti traditi nella loro fiducia mal riposta nei confronti di un cardiologo 0 di un ortopedico ma spesso più semplicemente decisi a farla pagare a chi secondo loro ha sbagliato 0 peggio ancora furbetti che provano a fare un po' di soldi, è inaccettabile.
Avete presente «Non per soldi ma per denaro» dove Jack Lemmon si lascia convincere da Walter Matthau, un awocaticchio di pochi scrupoli, a fingere dopo un incidente di essere semiparalizzato per fregare l'assicurazione? Beh, diciamolo: a leggere certi annunci online 0 vedere certe pubblicità sui muri è difficile non andare con la memoria a quel film di Billy Wilder.
Le pubblicità Che senso ha affiggere sui muri spropositati manifesti con la radiografia di un torace dove spicca in mezzo ai polmoni (ai polmoni!) una gigantesca forbice con la scritta «sei proprio sicuro che ti abbiano curato bene?» e la pubblicità di una «rete in franchi-
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sing leader in Italia nell'assistenza al risarcimento danni»? In franchising! L'Ordine, così tignoso nella difesa del tariffario minimo e di certi privilegi della categoria, non ha nulla da dire sullo spaccio di messaggi tipo «ci prenderemo cura di te e avrai zero spese anticipate»?
È giusto sparare nell'home page di un sito web (dirittidelmalato.com) il titolone «Malasanità» affiancata parte per parte da due figuri con la cuffletta e la mascherina da dottore e la scritta «Il killer silenzioso»? E adescare clienti elencando decine e decine di possibili danni (dalle ipossie neonatali alla «mancata diagnosi di tumori», dalla «prescrizione della
terapia anticoncezionale» alle «patologie con esordio subdolo che vengono dimesse») parlando sempre di «errori» medici tra virgolette col sottinteso che non di errori si tratta ma di probabili mascalzonate o come minimo di casi di «malpractice», cioè negligenza dei medici o della struttura ospedaliera, tra i quali si fa spesso (forse volutamente) confusione?
La dice lunga, accusa il chirurgo Maurizio Maggiorotti, presidente dell'Amami (Associazione medici accusati di malpractice ingiustamente) «il modo in cui si è diffusa la balla dei 90 morti al giorno». Era il 2004 e all'ospedale di Niguarda, in una conferenza stampa, «saltò fuori una cosa teorizzata in Internet e cioè che se fossero stati veri certi dati americani allora proporzionalmente in Italia ci sarebbero una novantina di vittime al giorno dovuti a qualche errore medico 0 al degrado di certi ospedali 0 alla cattiva organizzazione di alcuni servizi. Ammesso che il dato fosse verosimile, tutto da dimostrare perché dal 2002 chiediamo inutilmente un "Osservatorio sul contenzioso e sugli
errori medici" proprio per spazzare via le chiacchiere, si parlava genericamente di vittime: dal morto alla signora che si lagna perché si aspettava di più dall'operazione all'alluce valgo».
Dati forzati Ci fu chi scrisse, sottolineando la cosa col condizionale, che poiché secondo gli anestesisti dell'Aaroi c'erano 14 mila morti l'anno e secondo gli assicuratori di Assinform 50 mila «il 50% evitabili se soltanto ci fosse da parte dei pazienti una maggiore attenzione agli esami di controllo e alla prevenzione» (traduzione: troppi pazienti trascurano la prevenzione e gli avvertimenti degli esami) «ogni giorno morirebbero "per errore" da un minimo di 40 persone a un massimo di 140: la media è di 90 malati che perdono la vita "per sbaglio"». «Sc-sc-sc-scientifico», direbbe il Vittorio Gas-sman de «I soliti ignoti».
Da allora, attribuendo il dato all'oncologo Enrico Bajetta («Io? Mai detto una stupidaggine simile. Qualcuno capì 0 volle capire male e non c'è più stato verso di correggere la cosa») la leggenda metropolitana è diventata sul web una verità conclamata. Provate a inserire in Google le parole «errori medici 90 morti giorno»: escono oltre 400 mila link. Dove ogni formula
prudentemente dubitativa è sparita per dare spazio a frasi copia-incolla: «La malasanità uccide più degli incidenti stradali. Ogni giorno 90 persone...».
Dice l'indagine della commissione d'inchiesta parlamentare sugli errori sanitari presieduta allora da Leoluca Orlando (non proprio un pompiere) che dalla fine di aprile dei 2009 al 30 settembre 2011 i morti per malasanità segnalati sono stati 329. Cioè una vittima ogni 2,6 giorni. Allora come la mettiamo? Di più: la stessa
commissione, come ha scritto «La Stampa», avrebbe accertato che «su oltre 50 mila procedimenti per lesioni colpose il 98,8% si conclude con l'archiviazione».
Fatto sta che sull'onda della caccia al medico scatenata dalla caccia al cliente da parte di tanti aspiranti vendicatori, scrive l'avvocato Vania Cirese sulla rivista «Gynecologo», «secondo i più recenti dati dell'Ama in un anno solare sono ben oltre 34 mila le denunce dei cittadini per danni subiti nelle strutture sanitarie. L'au
mento dal 2008 al 2009 è stato addirittura del 15%».
Potine In corsia Conseguenza? Decine di studi legali specializzati, migliaia di medici denunciati (molti giustamente, tutti gli altri a capocchia), assicurazioni che disdicono i contratti e sono sempre più riottose a fornire polizze (sempre più care, anche 14 mila euro l'anno) a chirurghi, ortopedici 0 addetti al pronto soccorso...
Il nostro Paese, sostiene Umberto Genovese, medico legale della Statale di Milano, «è tra quelli ove si registra il più alto numero di medici soggetti a procedimenti per colpa professionale, nonché la nazione europea con il più alto numero di sanitari sottoposti a procedimenti penali: da qui il sorgere della così detta "medicina difensiva", vale a dire di quelle pratiche caratterizzate 0 da una maggior richiesta di indagini e accertamenti, anche superflui dal punto di vista diagnostico-terapeutico, ma molto pregnanti per ciò che concerne la dimostrazione di prudenza, diligenza e perizia del medico in un futuro contenzioso».
Alla Scuoia superiore universitaria luss di Pavia hanno chiesto a 1.392 medici di diverse specialità se avessero mai ricorso alia «medicina difensiva». Ha risposto sì il 90,5%. Ovvio: i dottori che hanno già ricevuto 0 mettono in conto di ricevere un avviso di garanzia sono circa l'8o%. Risultato: secondo un'indagine dell'Università Federico II l'iper-prescrizione di farmaci, visite e analisi costa 12,8 miliardi l'anno, cioè 1*11,8% dell'intera spesa sanitaria.
«0 il Parlamento si fa carico del problema
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sbloccando finalmente la legge 50 che fissa nuove regole assicurative e si è impantanata per le resistenze degli assicuratori 0 va a finire male», accusa Marco D'Imporzano, ortopedico, già primario al Gaetano Pini, presidente dei chirurghi italiani: «I ragazzi non si iscrivono più alle specializzazioni troppo rischiose, colleglli bravissimi costretti a farsi carico da soli di polizze sempre più care non vanno più in sala operatoria 0 in sala parto, altri sono spinti a rifiutare gli interventi più difficili perché l'assicurazione minaccia di non coprirli, macchinari di ultimissima generazione costa
ti un occhio della testa non vengono usati perché magari il primario è lì solo in quanto leghista 0 ciellino e non ci capisce niente senza l'iper-specialista che però non può assumersi certe responsabilità. Se va avanti così finiremo come in America. Dove il gioco della caccia al cliente per far causa al medico ha portato al risultato che in sala operatoria, per gli interventi più difficili, ci vanno solo chirurghi pachistani che quando hanno accumulato troppe cause giudiziarie tornano in Pakistan e addio...».
Gian Antonio Stella
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lagine I dati su quello che può accadere a danno dei ricoverati
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dovuti a errori medici, che si verificano in ospedale e possono mettere a rischio la salute dei pazienti. Nel nostro Paese, in media cinque ricoverati su cento sono vittime di «eventi avversi», che in più della metà dei casi potrebbero essere evitati. Le conseguenze? Il prolungamento della degenza, una disabilità al momento della dimissione e, in un caso su dieci, il decesso del paziente.
Sono i principali risultati di uno studio italiano finanziato dal ministero della Salute e coordinato dal Centro gestione rischio clinico della Regione Toscana che si è avvalso della supervisione di un gruppo di ricercatori internazionali. Gli autori dello studio, che sarà pubblicato sulla rivista intemazionale «Epidemiologia e prevenzione», hanno esaminato un campione di più di 7 mila cartelle cliniche di 5 ospedali italiani: Niguarda di Milano, Careggi di Firenze, San Filippo Neri di Roma, Azienda ospedaliera-universitaria di Pisa e Policlinico di Bari. L'obiettivo? Individuare con criteri scientifici, riconosciuti a livello intemazionale, la frequenza di eventi avversi durante i ricoveri, capire se è possibile prevenirli e quali conseguenze provocano in termini di danni al paziente. «Finora il nostro Paese era uno dei pochi a non disporre a livello nazionale di studi sugli eventi avversi, cioè incidenti inattesi e indesiderati, non attribuibili alla malattia del pa
ziente ma alla gestione sanitaria — chiarisce uno degli autori dello studio, Riccardo Tartaglia, coordinatore nazionale del Comitato tecnico delle Regioni per la sicurezza delle cure —. I dati italiani sono in linea con quelli di altri Paesi europei, come l'Olanda 0 la Francia, 0 addirittura migliori di quelli internazionali, che fanno registrare in media una percentuale di circa il 9 per cento di eventi avversi. Si tratta comunque di "numeri" importanti». Per intenderci, se questo tasso di incidenza si estendesse al numero di ricoverati nel 2010, circa 11 milioni, significherebbe che si verificano circa 550 mila eventi avversi Fanno, di cui più della metà prevenibili. «Contrariamente ad altri studi — precisa Tartaglia — il nostro evidenzia che il maggior numero di eventi avversi avviene in area medica e non in quella chirurgica, che però segue a breve distanza. Altre aree maggiormente interessate sono il pronto soccorso e l'ostetricia». Chirurghi italiani, dunque, più bravi dei colleghi stranieri? «Operare secondo protocolli scientifici e adottare check-list per la sicurezza dei pazienti in sala operatoria sono buone prassi che aiutano a ridurre eventi avversi ed errori» commenta Marco dìmporzano, presidente del Collegio italiano dei chirurghi e della Società italiana di ortopedia e traumatologia.
Eppure, secondo uno studio pubblicato sul New England Journal cf Medicine, le richieste di indennizzo da parte di pazienti che intraprendono azioni giudiziarie nei confronti dei medici per presunti errori vedono ai pri
mi posti proprio la chirurgia, in particolare quella cardiovascolare, ortopedica e, negli Stati Uniti, la neurochirurgia.
La ricerca evidenzia che in media più di sette medici su cento ricevono una richiesta di risarcimento, riconosciuta però dai giudici soltanto nell'1,6% dei casi.
«Alcuni interventi chirurgici sono ad altissimo rischio clinico e l'aumento vertiginoso del contenzioso giudiziario per casi di presunta malpractice sta spingendo soprattutto i chirurghi più giovani a evitare queste procedure, per timore di azioni legali — sottolinea dlmporzano —. Inoltre, diventa ogni giorno più difficile stipulare polizze assicurative, che vengono disdette dalle compagnie alla prima segnalazione di sinistro medico-legale». Lo studio italiano, comunque, puntava a individuare eventi avversi al fine di prevenirli.
«Rispetto ad altri Paesi, da noi risulta più alta la stima di incidenti che potrebbero essere evitati: il 56,7% contro il 43% registrato all'estero — puntualizza Tartaglia —. È la conferma che occorre insistere sulle misure di prevenzione per contenere il numero di eventi avversi ed errori, migliorando la qualità delle cure. Il ministero della Salute e l'Agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali hanno reso disponibili, sui rispettivi siti web, raccomandazioni e buone pratiche per la sicurezza del paziente, basate su evidenze scientifiche: possono permettere di ridurre su larga scala gli eventi avversi prevenibili».
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Gli eventi inattesi non sono sempre errori medici
or analisi 1 settemil si-p
cliniche eli cinque
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L fiVentO è u n ,ncKjfinte inatteso derivato non dalla malattia ma dalla gestione sanitaria che provoca prolungamento
d W c i SO del ricovero lesione disabilita morte del malato
5 ricoverati su 100 vanno incontro a eventi avversi
Le aree dove si registrano più « e r t i avversi Area medica
|37 s5% Chirurgia
30% Pronto soccorso llllll iÌMn% Ostetricia 111454%
Nei56f?% dei casi i'evento avverso
potrebbe essere prevenuto
Le conseguenze (percentuali sul tolde dei cosi)
Prolungamento delia degenza
M o l l i l i Disabilita
alle dimissioni 10,5% 111
Decesso del paziente Fonte: Indagine 'Esenti avversi e omsegueRje potenzialmente prevenibili ' (Ministero delia Salute, Centro gestione rischio clinico Regione Toscana) su 7460 schede dimissioni ospedaliere (2008) di 5 ospedali D'ARCO
Buone pratiche che and segui
ohbei i c y y
,aaa tutti Dall'igiene delie marti per prewenire ie infezioni ospedaliere aila check-list per editare «dimenticanze» in saia operatoria, dalla scheda terapeutica unica per la corretta gestione dei farmaci alia prewenziene di emorragie post partum o cadute iti ospedale, Sono soio alcuni esempi di «buone pratiche» per migliorare ia sicurezza dei pazienti, Una «dote» di circa 1,200 esperienze, realizzate da strutture sanitarie
di ogni Regione e consultabili online sui sito web di Agetias, l'Agenzia nazionale per I serwizi sanitari regionali. «Ogni anno wiene lanciata una Cali £®r Good Prartice per imitare medici e strutture sanitarie a presentare le loro esperienze — spiega Barbara tabella, responsabile dell'Osservatorio buone pratiche per ia sicurezza dei pazienti, istituito nei 2008 presso l'Agenas, grafie a un'intesa Stato-Regioni —. Attualmente è aperto, fino a ottobre, l'appello per raccogliere ie buone pratiche dei 2012». L'Osservatorio ha il compito di monitorarle e raccoglierle in una banca dati, per favorire ia loro circolazione ma anche per informare 1 cittadini. «Abbiamo avwìato una ricerca per
ìndiwìduare quei fattori, basati su evidente scientifiche, cbe aiutino a trasferire esperienze e comportamenti ¥irtuosì anche in altre realtà» dice Giovanni Caracci, dirigente delia sezione "Qualità e Accreditamento" di Agenas. A ¥olte, sottolineano gii esperti, non è semplice farlo nemmeno nella stessa Regione.
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tecau se Secondo uno studio la metà dei nostri camici bianchi segnala queste difficoltà
^ orinazione inadeguata, man-• cata adozione di linee guida
e di protocolli clinici basati su evidenze scientifiche, carenza di comunicazione tra
operatori sanitari e mancanza di un sistema per registrare gli incidenti. Sono le principali cause di eventi avversi ed errori, evidenziate da una ricerca pubblicata a marzo sulla rivista scientifica British Medicai journal.
Fattori di rischio confermati anche dai medici Italiani, che però individuano nell'eccessivo carico di lavoro e nello stress i principali responsabili di incidenti. Lo afferma quasi un dottore su due, in base a uno studio
kju, %tikili «1 i-U |J i - . l i i i - l 1-
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tra I col leghi induce
Il proprio sbaglio
— pubblicato sulla rivista Quality & Safety Health Care edita dal British Medicai journal — che ha coinvolto tra il 2006 e il 2007 un campione di circa un migliaio di professionisti in 18 ospedali italiani.
«Anche se la maggioranza degli operatori sanitari ritiene utile il cosiddetto Repor-ting and Learning System, cioè il sistema di registrazione degli incidenti per imparare da ciò che non ha funzionato, meno della metà lo utilizza segnalando l'evento avverso» spiega Riccardo Tartaglia, del Centro gestione rischio clinico-Regione Toscana, che ha partecipato allo studio.
I motivi? «Manca nel nostro Paese una cultura della segnalazione degli eventi avversi — sottolinea l'esperto
—. Non è ancora una priorità ana
lizzare e discutere T pire i motivi per cui si è verificato. Non si tratta, ritengo, di timori legati alle possibili conseguenze giudiziarie, quanto di remo
re psicologiche, come la paura di perdere la reputazione tra i colieghi».
Eppure, ricorda Sharon Kleefield, docente all'Harvard Medicai School: «Errare è umano e si può sbagliare, non solo nel mondo della sanità, ma è fondamentale imparare dagli errori. Certo, sono più a rischio aree critiche come la medicina di emergenza, la terapia intensiva, la chirurgia-, un altro momento pericoloso per i malati è il cambio di turno tra gii operatori. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che a minacciare la sicurezza dei pazienti in sala operatoria è anche lo scarso lavoro di squadra».
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GIURISPRUDENZA Pag. 10
ultimo presidio di uno Stato
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Il pronto soccorso come unico servizio
per gtt immigrati clandestini
Nell'attesa gli uomini si lamentano detta crisi e detta politica
Ha una broncopolmonite che non passa, la giovane donna arrivata al triage con il marito, ragazzo anche lui.
È molto magra, spossata, una copertina blu sulle spalle, all'infermiere dice che il cortisone non fa effetto e stamattina si sente peggio degli altri giorni.
Le parole sono una trama d'affanno, smorzate dai colpi di tosse, gli ocelli stanno all'ancora, fissano il tavolo a
fianco del quale la donna è seduta. Oltre il vetro dell'accettazione, all'ingresso del pronto soccorso del
"Santa Maria degli Ungheresi", tre persone, familiari in at
tesa, si lagnano delle decisioni del governo Monti. La coppia di cinquantenni (ma potrebbero averne diversi di meno, sembrano COITOSI dal lavoro e dalla vita) boccia senza remissione l'attuale premier: «Persino Berlusconi e Prodi hanno lavorato meglio». Il marito, sarcastico: «Al ristorante ho smesso di ordinare l'antipasto mari e monti».
Due sedili più in là una ragazza annuisce su tutta la linea: «I sacrifici chiesti solo ai poveracci, la pensione da quindici mila euro dei deputati... dei deputati?! dei portaborse!... il tagliodei parlamentari che non verrà mai realizzato... perché, le province le hanno abolite?». Alla fine, marito e moglie sentenziano: «L'annoprossimo non andiamo a votare. Tanto col voto non cambia niente». Arrivano due uomini e una donna, sono parenti fra loro, giovani, tutti e tre vestiti di nero. Hanno avuto un lutto di recente, smozzica la ragazza di fronte all'infermiere. Si trovano qui perché uno degli uomini, come spiega lui stesso, mentre faceva la doccia si è accorto di avere i piedi gonfi. Qualche minuto dopo, il ragazzo è all'interno della saletta dove si dà assistenza ai codici bianchi. Nel corridoio interno, invece,
subito fuori la porta dell'emergenza, due donne si incamminano lente. Sono madre e figlia - è facile intuirlo - si somigliano nel corpo e in faccia, come le foto di una stessa persona scattate a ventanni di distanza. La madre è anziana, in vestaglia, la figlia sta trapasso dietro, con loro si muove l'asta portaflebo. Non fanno rumore, quei visi, tengono la preoccupazione ammansita dentro solchi lievi. All'ingresso dell'ospedale si ferma un'auto.
L'infermiera avvicina una sedia a rotelle. Vi sale una donna di mezza età, respira a fatica. Sdraiata sul lettino della zona rossa, i medici verificano che il tracciato è regolare. Parlano di un senso di oppressione avvertito dalla signora, aspettano l'esito di altre indagini cardiologiche.
Fanno entrare una delle due persone che l'hanno accompagnata. Viene avanti la figlia, sguardo incerto, trova la madre, prima di essere da lei si gira verso i medici che si è lasciata alle spalle: «Vi ha detto della cheniio?».
Quelli rispondono di sì. Accanto all'infermiere del triage ci sono due ragazze di poco più di ventanni, rumene, e un italiano smilzo con quasi il triplo - sembrerebbe - dell'età. La giovane seduta contrae il
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viso, lamenta forti dolori alla pancia, l'amica le dice qualcosa nella loro lingua, forse un rimbrotto, forse una sottolineatura, prima di mettersi a parlare fitto con l'uomo. Quando poi c'è da dare un recapito telefonico per la registrazione, la ragazza sofferente passa all'infermiere direttamente la sim del cellulare.
Poco più tardi, aspettando la visita, l'altra ragazza le sistema i capelli, una tessitura quieta. Ora che il terzetto si è allontanato, qualcuno mormora con sdegno che le due giovani sono clandestine, senza un medico di famiglia, e che per qualsiasi prestazione sanitaria gli immigrati si rivolgono al pronto soccorso. Ma la Romania è dentro l'Unione Europea da cinque anni, si potrebbe obiettare.
E in ogni caso, più che mai in un ospedale lo stigma della clandestinità è fuori posto, sia che si tratti di cittadini rumeni sia di extracomunitari, fossero pure entrati in Italia irregolarmente. Però, dopotutto, lo spunto è incisivo. Rafforza l'immagine del pronto soccorso come uno degli ultimi erogatori di welfare, terreno inquieto di allentamento degli
squilibri sociali. E se certo la gente vi ricor
re anche per disturbi assai lievi - tendenza che riguarda la popolazione indigena, prima ancora degli immigrati - è indubbio che quello, e l'ospedale in generale, viene visto come l'approdo più sicuro, a maggior ragione dalle fasce sociali vulnerabili. Nel frattempo, a distanza di mezz'ora l'ima dall'altra, due coppie di signori anziani si affacciano al pronto soccorso.
«Da questa parte per la sala mortuaria?» chiedono. L'infermiere risponde che il posto va raggiunto dall'esterno, proseguendo lungo il peri -metro dell'edificio. Al di là della vetrata che dà sulle panche dell'ingresso, la giovane figlia della donna trattata in emergenza per quel senso di peso al cuore, tiene la schiena al muro, faccia all'insù, gli occhi forse chiusi. I piedi arcuati dentro le ballerine nere. Non c'è nessun altro.
Da questa parte del vetro, allora, ti viene da pensare a come si sia ristretto il tuo sentimento del pudore, per poter re
sistere la vista di un familiare angosciato. A rifletterci, tutta l'umanità abita in quei due lati dell'acquario. Arrivano risate da lontano. Nel corridoio di medicina d'urgenza, invece, la ragazza con la broncopolmonite si guarda intorno, seduta assieme al marito. Avranno fatto degli esami ai piani di sopra, ora sono di nuovo qua, attendono l'esito e forse un ricovero in osservazione.
La copertina blu addosso a lei, il sorriso tenue dell'infermiera che passa a fianco, due sedie a rotelle in fila davanti all'unico ascensore che funziona. «Giornata calma» dice un medico.
ANGELO SICILIANO [email protected]
I sacrifici economici U Governo li chiede solo ai poveracci. E i parlamentari continuano a prendere pensioni daismilaeuro al mese
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Ispettori dell'Asp in azione a San Lorenzo del Vallo. Oltre mille i capi da abbattere
Torna l'incubo influenza aviaria Posta sotto sequestro un 'azienda di allevamento di galline nel Cosentino
Resta incerta l'origine del virus
di EMANUELE ARMENTANO
SAN LORENZO DEL VALLO - Un'azienda agricola di allevamento di galline ovaiole nel comune di San Lorenzo del Vallo è stata posta sotto sequestro dall'Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza per influenza Aviaria. Fa così ritorno in Calabria il preoccupante fenomeno virulento che colpisce principalmente volatili ma anche suini e purtroppo anche l'uomo. La scoperta è avvenuta nell'ambito dei controlli che l'Asp svolge durante tutto l'anno come normale cautela. Ed è proprio in uno di questi controlli che alcune galline sono state trovate affette del virus dell'Aviaria.
In buona sostanza la cosa risalirebbe a qualche mese fa quando vennero fatti i primi prelievi di sangue ad alcuni campioni di galline ed i cui risultati davano segnali sospetti. E' stato quindi necessario un complesso iter di verifiche, culminato con il parere del Centro di referenza nazionale per l'influenza
Aviaria presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, per arrivare a sciogliere ogni tipo di dub-biosulproblema. All'origine sarebbero stati solo due i casi dubbi su una trentina di prelievi campione, cosa sufficiente per far scattare l'allarme.
Ci sono però alcuni elementi che tornano strani, infatti, se la malattia si presenta con mortalità nell'allevamento, nel caso specifico la cosa non è registrata. Un altro elemento dell'influenza aviaria è solitamente quello del calo della produzione ma attualmente gli animali sono produttivi. Quindi, seppur presente la malattia in alcuni capi dell'allevamento, da questi segnali si presume che si tratti di un ceppo a bassa patoge-nicità.
Ciò non esclude però che se questo virus si diffonde, vista la grande capacità di mutazione e di ricombinarsi, potrebbe entrare in contatto con la specie umana e, su persone anziane, bambini o immunodepressi, potrebbe essere altamente pericoloso.
Sull'origine dell'arrivo della malattia nell'allevamento sanlorenzano, le ipotesi sono diverse. Infatti, essendo l'influenza Aviaria una malattia che si diffonde attraverso l'aria (ma anche attraverso le feci o per contatto con oggetti contaminati), il virus potrebbe essere arrivato per mezzo di qual
che capo di commercializzazione giunto infetto, oppure da gabbie non disinfettate regolarmente o attraverso gli stessi mangimi. Una situazione che, se dovesse prendere una forma più consistente, sarebbe difficilmente gestibile.
Attualmente l'Asp ha messo sotto sequestro l'allevamento, comunicando la cosa alle autorità competenti. E mentre si attende di sapere qualèiltipodi virus che ha infettato gli animali, il
prossimo passo dovrebbe essere quello di procedere all'abbattimento totale degli animali (oltre mille capi) ed allo smaltimento delle carcasse.
Il pericolo che principalmente si teme, anche se allo stato attuale non ci sono elementi validi che suscitano questa preoccupazione, è che il virus possa uscire fuori dall'allevamento ed infettare l'uomo. Ecco perché si procederà con massima priorità nel tentativo di bloccare il fenomeno.
Secondo la prassi, infatti, dovrà essere tracciata un'area attorno al focolaio che sarà chiamata "zona di protezione". In questa zona, quindi, si applicheranno una serie di misure di biosicurezza che prevede il controllo di eventuali aziende che hanno volatili e che potrebbero essere a rischio.
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SANITÀ CALABRIA Pag. 5
LA MEDICINA DIFENSIVA CI COSTA OGNI ANNO 14 MILIARDI
Più elettronica, meno carta: la sanità va snellita RENDERE omogenee le spese, dagli aghi alle protesi fino a macchine per la diagnosi come la risonanza magnetica. Liberare la sanità da tonnellate dì carta, dando spazio all'elettronica e alla telemedicina. Puntare sull'appropriatezza, che prevede per ogni persona il corretto percorso dì diagnosi e la giusta cura, così da poter ridurre il ricorso alla medicina difensiva che ogni anno manda in fumo 14 miliardi di euro. Queste le ricette per il welfare del sottosegretario alla Salute, Adelfo Elio Cardinale, emerse nel corso del convegno «Sostenibilità del Sistema Salute e innovazione in oncoematologia: dalla ricerca al
paziente», tenutosi a Roma. Secondo Cardinale, è fondamentale per il futuro liberare risorse, per evitare la debcalizzazione dal territorio italiano delle industrie che investono nel nostro Paese. «Gli investimenti nel campo cruciale della ricerca non sono una sovvenzione, - ha spiegato Cardinale — ma investimento e risorsa». Sul fronte della richiesta all'industria farmaceutica di ripianare il 35 per cento dello sfor amento dì spesa delle Regioni, Cardinale considera la misura «un aggravio non da poco col pericolo dì una possìbile disincentivazione di quelle Regioni meno virtuose ad introdurre gli auspicati maggiori controlli».
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in TAC E ESAMI IHUTIU
Sanità, così si sprecano 14 miliardi di euro IN ITALIA si fanno troppi esami clinici spesso inutili. Per una sanità che boccheggia, la tendenza alla medicina difensiva - cioè l'abitudine a prescrivere un numero elevato di accertamenti per evitare possibili problemi - costerebbe circa 14 miliardi di euro. Lo ha ricordato Adelfio Elio Cardinale, sottosegretario dalla Salute, in occasione del convegno "Sostenibilità del sistema salute e innovazione in oncoe-matologia: dalla ricerca al paziente" tenutosi a Roma. Il problema sarebbe particolarmente sentito per le prestazioni in radiologia, come ad esempio l'eccesso
di richieste per risonanze magnetiche o Tac quando invece questi esami complessi non sarebbero necessari. Altrettanto importante, per far meglio quadrare i conti, sarebbe l'omogeneizzazione delle spese per materiale e attrezzature (aghi, protesi, macchine pesanti, diagnostiche, mezzi di contrasto) su tutto il territorio nazionale. «Nei contratti pubblici» ricorda Cardinale «ci sono differenze territoriali che arrivano fino al 1.200%». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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