RASSEGNA STAMPA 07-11-2019 - AIOM
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RASSEGNA STAMPA 07-11-2019
1. CORRIERE DELLA SERA.IT Tumore fegato, in aumento fra le donne e in calo fra gli uomini
2. LIBERO QUOTIDIANO MILANO Tumori Pazienti a caccia di terapie alternative
3. GIORNALE DI SICILIA Oncologia, Russo premiato a Washington con il "Niaf Award"
4. GAZZETTINO "La sigaretta" di Piva a convegno contro i tumori
5. QUOTIDIANO SANITÀ Le donne con diabete trascurano gli screening per il cancro
6. AVVENIRE Il nuovo fronte dei tumori rari
7. LA STAMPA.IT Colonscopia, 50 anni di un esame diagnostico salvavita
8. GAZZETTINO PADOVA Prevenire il tumore alla prostata “Diagnosi precoce indispensabile”
9. CORRIERE SALUTE Prostata (e non solo) quello che gli uomini non dicono ...
10. LIBERO QUOTIDIANO.IT Tumore, i semi dell'uva apportano benefici: ricerca tutta italiana
11. GAZZETTINO Una proteina è responsabile della crescita di alcuni tumori
12. AVVENIRE La prevenzione dei tumori al seno ora sperimenta lo "storytelling"
13. IL MESSAGGERO Trapianto di batteri intestinali contro le infezioni
14. HEALTHDESK La diagnosi al tempo dei social? Un sondaggio popolare tra sconosciuti
15. QUOTIDIANO SANITÀ Come “manipolare” i farmaci in compressa. Ministero della Salute
16. HEALTHDESK Addio aghi. Presto anche i farmaci potranno essere presi per bocca
17. ABOUTPHARMA L’immunoterapia cambia tutto, e Big Pharma deve ripensare alla sua R&D
18. IL SOLE 24 ORE Farmaci, imprese in coro: "Cambiare i tetti sulla spesa"
19. REPUBBLICA TORINO E' torinese la start up per produrre l'anticorpo che neutralizza i tumori
20. ANSA Nei Pronto soccorso migliaia di medici a partita Iva
21. REPUBBLICA BARI Al via le vaccinazioni contro l’influenza
22. GIORNALE DI SICILIA Inverno "stress test" dei polmoni
23. GAZZETTINO Allarme fake news sulla salute. Nove su 10 riguardano i vaccini
24. IL FATTO QUOTIDIANO La politica tuteli davvero l'autonomia della ricerca
25. AVVENIRE "Dobbiamo contrastare la fuga dei cervelli all'estero"
26. QUOTIDIANO SANITÀ Patto Salute. Tutti i “no” del Mef. Conferma aumento Fondo sanitario
27. QUOTIDIANO SANITÀ Manovra. Diagnostica di primo livello dal medico di famiglia
06-11-2019
Lettori 2.227.938
https://www.corriere.it/salute/
PREVENZIONE E TERAPIE
Tumore fegato, big killer in aumento fra le
donne e in calo fra gli uomini Non dà sintomi specifici, così solo il 10 per cento dei casi è diagnosticato in fase iniziale quando
l’intervento chirurgico può essere risolutivo. Per questo le percentuali di guarigione sono ancora
basse, infatti solo un quinto dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi. « In Italia, in più del
90% dei casi, l’epatocarcinoma si sviluppa in pazienti con cirrosi, che dovrebbero essere tenuti
sotto sorveglianza» dice Giordano Beretta, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia
Medica (Aiom). Ecco cosa serve sapere.
di Vera Martinella
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I numeri in Italia
Sono circa 12.600 (8mila negli uomini, 4.600 nelle donne) i nuovi casi di tumore del fegato stimati in Italia
nel 2019. Le diagnosi fra le donne sono aumentate del 21% in cinque anni (da 3.800 nel 2014 a 4.600 nel
2019), mentre sono in calo del 7,5% fra gli uomini (da 8.600 a 8mila). Il 90% dei casi è rappresentato
dall’epatocarcinoma e in più del 90% dei casi, l’epatocarcinoma si sviluppa in pazienti con cirrosi. Un terzo
dei casi di tumore del fegato nel Nord Italia è dovuto ad abuso di alcol. Il tumore del fegato è il quinto «big
killer», dopo polmone, colon-retto, mammella e pancreas.
TUMORI
Oltre il 5% della popolazione italiana è stata colpita da una forma di cancro. C'è un numero sempre crescente di uomini, donne a cui vanno aggiunti parenti, amici o semplici conoscenti che vogliono capire sempre di più e soprattutto sperano di trovare buone notizie in un momento di particolare fragilità. Ecco perché le cosiddette cure alternative quelle cioè che propongono metodi non supportati da evidenze scientifiche sono fra le più gettonate.
Pazienti a caccia di terapie alternative
Due pazienti su tre consultano internet a caccia di metodi non ufficiali che si rivelano soltanto falce news. Per fortuna poi solo una minoranza si rivolge a santoni e ciarlatani con gravi rischi per la salute. L'allarme viene dall'Associazione Italiana degli Oncologi Medici che avvertono come non esistono terapie oncologiche miracolose ma bisogna invece sempre rivolgersi agli specialisti e seguire terapie avvallate dalle linee guida internazionali. Sono oltre 400 le bufa
le che si possono leggere online e che riguardano i tumori. Molti di queste propongono terapie "farlocche" che in realtà sono rimedi inutili, tossici e non in grado di contrastare la malattia. Ecco perché da ormai un anno L'Associazione Italiana degli Oncologi Medici ha aperto un portale disponibile a chiarire tutti i dubbi dei pazienti rispetto alle notizie fuorvianti che hanno acquisito.
Alessandro Bovicelli e.mail
ONCOLOGIA 1
Riconoscimento al professore ordinario
Oncologia, Russo premiato a Washington con il «Niaf Award»
Salvatore Fazio
Riconoscimento internazionale per Antonio Russo, professore ordinario di Oncologia medica dell'università: gli è stato conferito a Washington il Niaf Award for Ethics and Creativity in Medicai Research, prestigioso premio per la ricerca medica attribuito dalla fondazione italo-americana Niaf. «Si tratta di un importante riconoscimento per la nostra università -commenta Russo - e per la facoltà di Medicina che rappresento». Russo, che è anche membro del consiglio direttivo Aiom, l'associazione italiana di Oncologia medica, è stato l'unico italiano ad aver ricevuto tale riconoscimento in ambito medico. Nella sua presentazione ha parlato dell'innovazione in Oncologia. Con il gruppo del professor Antonio Giordano della Tempie University di Philadelphia c'è una significativa e proficua collaborazione scientifica con scambio di personale che effettua stage presso lo Sbarro Institute di Philadelphia. Una
specializzanda in oncologia medica ha iniziato uno stage di 6 mesi per mettere a punto nuove collaborazioni su diversi tumori solidi quali neoplasie polmonari non a piccole cellule, tumori renali e pancreatici relativamente alla possibilità di identificare con biopsia liquida biomarcatori predittivi di risposta alla immunoterapia. Russo, in qualità di coordinatore del dottorato di Oncologia e chirurgie sperimentali, ha proposto di istituire un dottorato internazionale con
il doppio titolo americano e italiano. E nella conferenza ha parlato di biopsie liquide in cui «il nostro gruppo ha forte esperienza a livello internazionale» ha sottolineato. La Niaf, National italian american foundation, è una fondazione con sede a Washington che rappresenta oltre 20 milioni di cittadini italo-americani che vivono negli Stati Uniti. Le sue due più importanti finalità sono quelle di far sì che gli italo-americani continuino a mantenere sempre vivo e presente il ricchissimo patrimonio dei propri va
lori e delle proprie tradizioni culturali, e quella di assicurarsi che l'intera comunità non dimentichi mai il grande contributo che gli italiani hanno apportato alla storia ed al progresso degli Usa. A tal fine, la Fondazione collabora attivamente con il Congresso e con la Casa Bianca su tutte le maggiori questioni che riguardano gli italo-americani. Ogni anno la Niaf organizza a Washington una grande serata di gala alla quale intervengono anche il presidente degli Stati Uniti, importanti esponenti del mondo politico, della cultura e della finanza, illustri italo-americani. In questa occasione, la Fondazione conferisce onorificenze ad eminenti personalità italiane ed italo-americane che si sono particolarmente distinte nel loro ruolo professionale e civico. In passato la Niaf ha premiato Antonino Scalia, primo giudice italo-americano della Corte Suprema degli Stati Uniti, Frank Sinatra, Joe Di Maggio, Lee la-cocca, Liza Minnelli, Luciano Pavarot-ti e Sofia Loren. (*SAFAZ*)
ONCOLOGIA 1
Tiratura: 0 - Diffusione: 9928 - Lettori: 126000: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 14foglio 1
Superficie: 12 %Dir. Resp.: Giuseppe De Tomaso
1256
06-11-2019
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Le donne con diabete trascurano gli screening per il cancro
Le donne affette da diabete hanno maggiori possibilità delle altre di trascurare gli screening per il
cancro. Questa evidenza emerge da un’analisi condotta da ricercatori canadesi, che ha preso in
considerazione una serie di studi condotti tra il 1997 e il 2018 su questo argomento
06 NOV - (Reuters Health) – Uno studio condotto dal Women’s College Hospital dell’Università di Toronto sostiene che il peso della gestione di una malattia cronica come il diabete potrebbe distrarre le donne dagli screening raccomandati per il cancro. “Sappiamo che le persone con diabete hanno un piccolo, ma significativo rischio aumentato di certi tipi di cancro. Con il nostro studio abbiamo voluto capire se un minor numero di controlli per il cancro contribuisce ad aumentare i rischi in questo senso”, dice Lorraine Lipscombe, ricercatrice principale dello studio ed endocrinologa presso il Women’s College Hospital. Lo studio Gli autori hanno preso in considerazione studi condotti tra il 1997 e il 2018 sui tassi di esami di screening raccomandati in adulti con diabete: mammografia per tumore al seno e test Papanicolaou (Pap) per tumore della cervice nelle donne e test per sangue nelle feci o colonscopia per tumore colorettale nei soggetti di entrambi i sessi. Dei 37 studi inclusi nell’analisi, 21 provenivano dagli Stati Uniti, tre dal Canada e il resto da Europa, Medio Oriente e Asia. I campioni variavano in termini di dimensioni da 129 a 732.687 persone.
Complessivamente le donne diabetiche avevano il 24% in meno delle probabilità delle controparti senza diabete di sottoporsi a screening per tumore della cervice e il 17% in meno delle probabilità di screening per tumore al seno. Quando il team ha analizzato i tassi di screening per cancro colorettale, le donne diabetiche avevano il 14% in meno delle probabilità di essere controllate, mentre gli uomini con e senza diabete presentavano tassi di adesione agli screening simili. “La complessità e il tempo impiegato per gestire il diabete potrebbe implicare che medici e pazienti dimentichino o trascurino servizi preventivi di routine come gli screening per il cancro”, osserva Lipscombe. Non è chiaro, però, perché i tassi di screening per tumore del colon sono differenti solo per le donne, “Ci chiediamo se vi sia una percezione che il tumore colorettale è più comune negli uomini che nelle donne”. Fonte: Diabetologia 2019 Vishwadha Chander (Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
I «GIORNI DELLA RICERCA»
Il nuovo fronte dei tumori rari
IGOR TRABONI
Per informare e sensibilizzare l'opinione pubblica sui progressi della ricerca oncologica e per raccogliere nuove risorse da destinare al lavoro dei ricercatori (sa
bato 9 novembre in migliaia di piazze italiane altrettanti volontari distribuiranno «I cioccolatini della ricerca») torna l'iniziativa della Fondazione Aire «I Giorni della Ricerca», parafrasando la quale si potrebbe dire che tutti questi giorni portano ad anni e anni di studi. E a risultati sempre più evidenti per quella che potrebbe sembrare una battaglia impari: a fronte del fatto che ogni giorno in Italia vengono diagnosticati oltre 1.000 casi di tumore, la sopravvivenza a cinque anni è aumentata, sia per gli uomini (dal 51 al 54%) che per le donne (dal 60 al 63%), rispetto al quinquennio precedente. E così ora in Italia quasi 3,5 milioni di persone hanno superato una diagnosi di cancro. I ricercatori Aire da qualche tempo hanno iniziato una battaglia nella battaglia: quella contro i tumori rari. «Diciamo subito che "rari" non sta per "incurabili" ma per tumori "poco comuni" - esordisce Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro -. L'Aire sta ora concentrando gli sforzi su questo tipo di tumori. Man mano che si va avanti la ricerca ottiene infatti risultati sui tumori più comuni, dove si è arrivati prima e si rie
sce a trasferire determinati risultati sui pazienti. Dai buoni e talora ottimi risultati sui tumori più comuni, siamo passati a quelli rari perché non restino indietro. Certo, c'è la problematica dei cosiddetti tumori "orfani", laddove questo termine si riferisce più che altro ai farmaci, con le grandi aziende poco interessate a investire sui tumori meno frequenti. Dal punto di vista della ricerca, quindi, è importante arrivare a capire determinati meccanismi, così da poter arrivare a farmaci efficaci. Grazie alla ricerca si è anche capito che farmaci già esistenti possono servire per varianti tumorali, come nell'ambito di tumori pediatrici o del sangue». È quanto è successo per esempio con la leucemia a cellule capellute, rara forma di tumore ematologico, grazie a una ricerca in gran parte sostenuta daAirc: «Nel 2011 abbiamo scoperto che una sola specifica mutazione del gene "Braf " causa la malattia - spiega Enrico Tiacci, ematologo e professore all'Università di Perugia-. Abbiamo quindi testato per bocca il Vemurafenib e ora ne stiamo sperimentando l'utilizzo insieme a un farmaco già disponibile, il Rituximab, che agisce rafforzando la risposta del sistema immunitario. In Italia ci sono circa 180 nuove diagnosi ogni anno di questa malattia, che insorge intorno alla mezza età e di cui si continua a morire. Ecco dunque l'importanza di sostenere l'Aire, in un Paese che alla ricerca, per i tumori in generale e per quelli rari in particolare, destina la minore quota di fondi in Europa».
ONCOLOGIA 1
06-11-2019
LETTORI
1.029.083
https://www.lastampa.it/
Colonscopia, 50 anni di un esame diagnostico
salvavita. Barcellona gli dedica una mostra
Il test vive una fase di rinnovamento anche grazie all’uso di applicazioni come l’alta definizione, le colorazioni elettroniche e la realtà aumentata. Con l’azione di prevenzione è possibile ridurre in modo significativo l’incidenza del tumore del colon
FABIO DI TODARO
Era il giugno del 1969 quando William Wolff, assieme al collega Hiromi Shinya, praticò al Beth Israel Medical Center di Manhattan la prima colonscopia, perfezionando quella tecnica che oggi è riconosciuta come la più efficace non solo nella diagnosi precoce dei tumori del colon-retto, ma anche per la cura di malattie gravi e invalidanti come quelle infiammatorie intestinali: il Crohn e la rettocolite ulcerosa. Un’intuizione che ha segnato la storia della medicina e che nei giorni scorsi è stata celebrata con una mostra a Barcellona, dove si è tenuto il congresso europeo di gastroenterologia.
«La colonscopia ha cambiato la prassi diagnostica e di intervento per i tumori del colon-retto - spiega Elisabetta Buscarini, direttore dell’unità operativa complessa di gastroenterologia dell’ospedale di Crema e presidente della Federazione italiana delle Società Malattie dell’Apparato Digerente (Fismad) -. Nei tre percorsi di screening oncologico diffusi a livello nazionale, questo è l’unico realmente in grado di interrompere la storia naturale della malattia».
La «svolta» della colonscopia
La colonscopia (1.2 milioni gli esami effettuati ogni anno nel nostro Paese) vive oggi una fase di rinnovamento anche grazie all’uso di applicazioni sempre più avanzate come l’alta definizione, le colorazioni elettroniche (che consentono di caratterizzare subito le lesioni osservate) e la realtà aumentata (aiuta il medico a individuare i polipi). La loro rimozione rappresenta un’azione di prevenzione primaria, perché permette di ridurre l’incidenza del tumore del colon: di cui nel 2019 si ammaleranno 49mila italiani. La sua introduzione nella pratica clinica, assieme alle modifiche degli stili di vita, ha determinato negli anni un aumento della sopravvivenza dei pazienti affetti da quello che è il secondo tumore più frequente. «Grazie alla colonscopia, oggi siamo in grado di anticipare l’insorgenza dei tumori del colon-retto - afferma Cristiano Crosta, direttore della divisione di endoscopia dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. Occorre però ampliare l’adesione alle campagne di screening per limitare la mortalità legata a questa malattia e ridurre gli interventi chirurgici su tumori già invasivi».
Screening a macchia di leopardo
L’Italia, nell’ambito delle iniziative di screening oncologico, è uno dei Paesi più all’avanguardia del mondo. Ma le percentuali di adesione ai progetti di screening, nel nostro Paese, non sono omogenee. Anzi: il divario è significativo, al momento si va dal 70 per cento delle regioni del Nord a poco più del 50 per cento nel Mezzogiorno. Una forbice che determina una differenza nei tassi di sopravvivenza alla malattia: inferiori dell’8 per cento nelle regioni meridionali. Deficit organizzativi a livello locale, scarsa conoscenza dell’importanza della diagnosi precoce e timore dell’accertamento sono i principali motivi che frenano l’adesione agli screening. Ma la colonscopia, in questo caso, non è soltanto un'opportunità per fare diagnosi. «Con questo esame oggi possiamo rimuovere lesioni precancerose e contribuire direttamente a ridurre la mortalità determinata dal tumore del colon», aggiunge Enzo Masci, direttore della struttura complessa di endoscopia diagnostica e chirurgia endoscopica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Una mostra dedicata alla colonscopia
Proprio allo scopo di diffondere una corretta conoscenza delle prassi diagnostiche, a Barcellona è stata presentata una mostra (sostenuta dalla multinazionale Norgine) che ha avuto come protagonisti alcuni pazienti affetti da tumori del colon-retto, morbo di Crohn e altre malattie intestinali che, grazie alla colonscopia, hanno recuperato una qualità di vita eccellente. A comporre il percorso diversi quadri realizzati dall’artista Fabric Lenny che ha tratto ispirazione dalle storie raccolte da uomini e donne che hanno accettato di aderire al progetto per testimoniare l'importanza di sottoporsi (quando previsto) a un esame non particolarmente invasivo e salvavita.
Prevenire il tumore alla prostata: «Diagnosi precoce indispensabile
LA SALUTE „È II PANPDfl t u t t i § H uomin il 'esamePsama da LA SALUTE
PADOVA Un incontro legato all'informazione su un tumore che ancor oggi vede i maschi refrattari alla prevenzione, unica strada però in grado di ottenere risultati in chi fosse affetto dalla patologia. Prevenzione come unica via per poter ottenere risultati nella cura di una malattia che risulta essere ancora mortale in tantissimi casi ma che se diagnosticata in tempo può essere curata. "Il tumore alla prostata: come riconoscerlo, come prevenirlo" è il tema discusso ieri nella sala conferenze del Museo della Terza Armata. L'appuntamento, organizzato dal Comando Forze Operative Nord, ha visto relatori Francesco Pagano, presidente della Fondazione Ricerca Biomedica Avanzata, Andrea Ali-monti dell'Istituto Veneto di Medicina Molecolare e il colonnello Sergio Garofalo, direttore del Dipartimento militare di Medicina Legale di Padova.
LA MENTALITÀ Occorre investire di più nella
sensibilizzazione e nella prevenzione per combattere una mentalità, quella del maschio, poco attenta a questo tipo di approccio. «L'uomo non è propenso a recepì-
IL PROFESSOR PAGANO:
«E IL CANCRO PIÙ FREQUENTE NELLA POPOLAZIONE MASCHILE E MOLTO TEMIBILE» re il concetto di diagnosi precoce come lo è la donna per quanto riguarda la mammografia per il tumore al seno - ha spiegato Pagano - invece la prevenzione è fondamentale perché quando si avvertono i sintomi del cancro alla prostata, questo è già sviluppato. È il tipo di cancro più frequente nei maschi. È quindi della massima importanza intercettarlo al più presto. Abbiamo la capacità di utilizzare l'esame Psa, il test che individua l'antigene prostatico specifico, che va fatto una volta l'anno a partire dai 50 anni ma se c'è familiarità l'accertamento va retrodatato a partire dai 40 anni».
L'INFORMAZIONE I relatori hanno più volte sotto
lineato l'importanza della prevenzione. In ambito militare lo scree-
a9dd7e7718292f379l ning per il cancro alla prostata è sempre stato eseguito. «Prevenzione è parola d'ordine per il servizio sanitario militare - ha affermato il colonnello Garofalo - Fino a pochi mesi fa si effettuava su
tutti gli uomini l'esame Psa ma da qualche mese viene eseguito solo su coloro che presentano familiarità, in quanto l'esame ha delle caratteristiche specifiche per questo tipo di paziente». Alimonti, uno dei più grandi esperti mondiali del settore, ha messo a punto una metodologia innovativa. «Quello alla prostata è il primo tumore per incidenza nei maschi, il 90% ha una sopravvivenza a cinque anni - ha affermato - Ci poi i pazienti resistenti alle terapie ormonali, nei quali il tumore progredisce fino alla morte quasi immediata». Ci sono accorgimenti in base ai quali intervenire. «Si
>6fe4fda006b883 deve cercare di evitare che pazienti sensibili alle terapie ormonali non sviluppino la resistenza alla cura mettendo in campo diversi accorgimenti - ha continuato Alimonti - Si deve intervenire con combinazioni di farmaci che riattivino il sistema immunitario compromesso».
Luisa Morbiato
L'ESPERTO ALIMONTI: «TERAPIE ORMONALI E FARMACI PER RIATTIVARE IL SISTEMA IMMUNITARIO»
ONCOLOGIA 1
Dall'ipertrofia prostatica, ai disturbi della sfera sessuale, alla prevenzione in vista della fertilità. I maschi sono ancora restii a occuparsi di sé stessi
Prostata (e non solo) QUELLO CHE GLI UOMINI NON DICONO E QUELLO CHE NON SANNO Dossier a cura di Uera Martinella a pagina 04
Che cosa si può fare per l'ipertrofia prostatica
ONCOLOGIA 1
Slimolo frequente, minzione dolorosa, risvegli notturni sono alcuni dei faslidi collegati a questa patologia molto diffusa. Gli uomini tendono a considerare i disturbi come «normale invecchiamento», ma è sbagliato sottovalutarli perché spesso possono essere risolti o sono una spia di problemi da indagare
Una visita dall'urologo ai primi sintomi evita terapie invasive
i Vera Marinella
Convincere gli uomini a fare una visita urologica resta un'impresa titanica. Nonostante le molte sollecitazioni da parte della comunità medica il messaggio fatica a passare: la maggior parte dei ma
schi non vuole farsi vedere da un medico, se non in presenza di sintomi allarmanti o di un problema che perdura da molto tempo, peggiora ed è ormai diventato insostenibile.
«Così spesso si condannano a convivere con disturbi che pottebbero essere alleviati e arrivano a curarsi quando la situazione è compro-messaela terapia dev'esserepiù invasiva—sottolinea Luca Carmignani, presidente di Fondazione Siu (Società italiana urologia), che si è impegnata a fianco di Fondazione Umberto Veronesi nel progetto dedicato alla Salute al Maschile (Sam) nato nel 2015 per sensibilizzare gli uomini di tutte le età a prendersi cura della propria salute —. Lo abbiamo appurato anche durante il tour appena concluso, che ha girato 13 città italiane per sensibilizzare il pubblico maschile di tutte le età sull'importanza della prevenzione. Gli interessati, soprattutto se giovani, venivano fascinati dalle compagne a parlare con i medici che erano a disposizione gratuitamente. Ad occuparsi del loro benessere, insomma, sono ancora spesso le donne». La prevenzione Da maggio a novembre due «Ducato», messi a disposizione da Fiat Chrysler hanno girato 13 piazze italiane con abordo materiale informativo e, grazie alla collaborazione degli urologi di Fondazione Siu, era possibile ricevere un consulto specialistico. «Vogliamo diffondere la cultura della prevenzione declinata al maschile
— dice Monica Ramaioli, direttore generale di Fondazione Umberto Veronesi —. Ancora oggi in Italia meno del 5% dei ragazzi sotto i 20 anni ha fatto una visita dall'urologo, mentre più del 4096 delle ragazze coetanee è stata almeno una volta dal ginecologo, n progetto Sam è nato per incentivare concretamente gli uomini a "farsi vedere", promuovere la prevenzione delle patologie tipicamente maschili e sostenere, tramite borse di ricerca, medici e scienziati che lavorano per combattere le malattie che colpiscono maggiormente gli uomini».
n problema più diffuso è certamente l'ipertrofia prostatica benigna, che interessa praticamente tutti i maschi a partire dai 40 anni circa, quando la ghiandola prostatica inizia per natura a ingrossarsi. Si calcola che colpisca il 5-10 per cento degli uomini prima dei 40 anni, la metà dei soenni e fino all'8o per cento dei ma-
di italiani soffrono di ingrossamento della ghiandola prostatica e non ne conoscono i sintomi
seni dopo i 70 anni. A oggi ne soffrono ben sei milioni di connazionali.
«Si manifesta con difficoltà a iniziare la minzione, bruciore durante la stessa, aumentata frequenza, anche notturna, senso di urgenza e di vescica non vuota e dolore al basso ventre — spiega Alberto Lapini, presidente della Società italiana di urologia oncologica (SlUrO) e responsabile della Prostate Cancer Unit all'ospedale Careggi di Firenze —. Alcuni pazienti la-
ONCOLOGIA 2
mentano, inoltre, presenza di sangue nello sperma ed eiaculazione dolorosa. In alcuni casi, può esser presente febbre con brivido. Sono due i buoni motivi per non trascurare queste avvisaglie: il primo è che con una diagnosi precoce è possibile impostare un regime terapeutico su misura del paziente e ridurre l'impatto della patologia sulla qualità di vita. In pratica, una volta individuato il problema e avviata la cura, si vive meglio, mentre moltissimi uomini si condannano a vivere situazioni di disagio per anni, convinti che siano disturbi tipici dell'età che avanza e che non si possa fare altro che sopportare, n secondo motivo è che questi sintomi non vanno sottovalutati perché in alcuni casi possono indicare la presenza di un tumore della prostata». Una volta appurata la presenza di ipertrofia prostatica (nota anche come adenoma), che cosa si fa? «Si personalizza la cura — risponde Carmignani, responsabile dell'Urologia all'Irccs Policlinico San Donato milanese—. Oggi l'approccio è "sartoriale", ritagliato su tipo di malattia ed esigenze individuali di ciascun paziente: si punta a proteggere e migliorare la qualità di vita, con grande attenzione per la sfera sessuale, lavorativa e sociale. In ogni caso prima di iniziare una terapia, si può fare molto per arginare i sintomi anche solo cambiando il proprio stile di vita. Basta, ad esempio, bere in modo più "intelligente": non più di un litro e mezzo d'acqua al giorno, evitare l'assunzione di liquidi prima di mettersi in viaggio e due ore prima di andare a letto. Sempre per evitare i disturbi urinari tipici di chi soffre di ipertrofia sono sconsigliati di sera cibi liquidi (tipo minestre), alcolici e caffè, onde evitare di alzarsi per andare in bagno di notte». Le terapie iniziano solo quando i sintomi influenzano la normale attività quotidiana. Le prime cure sono a base di
Il ruolo delle donne è ancora fondamentale Sono ancora loro, in molti casi, a portare i maschi dal medico
farmaci e quando la situazione è più complessa si passa all'intervento di disostruzione della ghiandola.
«Il medico espone le possibili cure in base al tipo e grado di ipertrofia, il paziente sceglie valutando le possibili conseguenze indesiderate e le proprie priorità — prosegue Lapini —. I farmaci a disposizione sono molti, possono essere prescritti anche in combinazione fra loro, non hanno effetti collaterali pesanti, ma il loro sco
po è quello di arginare i sintomi, per cui vanno presi avita. Gli integratori hanno un effetto antinfiammatorio blando, gli alf alitici rilassano la muscolatura, inibitori della 5-alfa reduttasi sono utili per ridurre il volume della ghiandola. Operare elimina il disturbo alla radice, fra le conseguenze indesiderate da valutare, oltte ai normali rischi connessi a un intervento, c'è però l'eiaculazione retrograda permanente (il li-
dei maschi europei interpellati dalla European Association of Urology sa a cosa serve la ghiandola prostatica
quido seminale anziché uscire dall'uretra risale indietro nella vescica urinaria per poi essere espulso con le urine, ndr), un problema molto sentito dagli uomini anche anziani e che richiede una corretta informazione».
Le possibili terapie «Sempre più pazienti, specie giovani, chiedono di poter mantenere l'eiaculazione e grazie a tecniche innovative e dedicate può essere conservata sempre più spesso. Mentre nei malati anziani occorre valutare la malattia in un possibile quadro di complessità dovuto alla presenza di altre problematiche, (ad esempio cardiovascolari) che richiedono l'assunzione di cure anticoagulanti e antiaggreganti o la presenza di catetere vescicale — aggiunge Carmignani —. Di fronte a queste specifiche situazioni una chirurgia mininvasiva (con laser o in endoscopia, tramite la resezione prostatica ttans uretrale o Turp) è fondamentale per riuscire a bilanciare i benefici e le complicanze postoperatorie».
E la terapia termica con vapore acqueo? «È l'ultima arrivata — conclude Lapini — con risultati interessanti che tuttavia richiedono conferme nei numeri e nel tempo. È disponibile anche nel nostro Paese e consiste nel disostruire la ghiandola tramite vaporizzazione. Può migliorare i sintomi e mantenere integra l'anatomia, ma come ogni cura può avere controindicazioni e effetti collaterali. Consente, insomma, di recuperare il corretto modo di urinare e preserva la normale funzione erettile ed eiacu-latoria. Può essere utile solo in casi selezionati, come alternativa ai farmaci, in pazienti che non hanno un grande adenoma. Un'opzione in più per ritardare l'intervento chirurgico».
ONCOLOGIA 3
38% 17%
%J Da sapere
Autopalpazione È consigliato eseguire regolarmente (circa una volta al mese) l'autopalpazione dei testicoli per verificare che non ci siano anomalie. Meglio fare una visita in caso di rigonfiamenti, aumento di consistenza, dolore, arrossamenti
Danni da fumo Il fumo fa salire il rischio di tumore della vescica (diagnosticato in 24mila italiani nel 2019) e può causare infertilità e impotenza. I danni che provoca ai vasi sanguigni, con riduzione di afflusso di sangue, si ripercuotono sulla capacità di erezione
Disfunzione erettile È un problema che colpisce oltre 3 milioni di italiani. Molte sono le opzioni terapeutiche oggi disponibili, ma solo un terzo dei maschi con disturbi erettili si rivolge al medico e la percentuale di chi riceve un trattamento è ancora inferiore (meno del 20%)
Le età della prevenzione
Una visita urologica durante la pubertà (12 anni ) consente di verificare che non esistano problemi legati allo sviluppo degli organi genitali ed eventuali patologie che possono compromettere la fertilità. Dall'adolescenza è utile l'autopalpazione dei genitali (anche una volta al mese), verso i 18 anni una visita urologica serve a controllare che lo sviluppo sia completo, che non siano presenti alterazioni del pene 0
varicocele, che insorge solitamente tra i 15 e 25 anni e colpisce circa il i5%dei giovani. Dai 40 anni in poi è consigliato un controllo annuale dall'urologo.
ONCOLOGIA 4
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Fare sport aiuta Nuoto e cammino «decongestionano»
Non sempre gli uomini hanno le idee chiare sul tema. Ai dubbi più comuni risponde Marco Carini, Ordinario di Urologia all'Università degli Studi di Firenze e direttore dell'Urologia 1 all'Azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze. L'ingrossamento della prostata si può prevenire.
© «Non si può impedire l'ingrossamento perché è un fenomeno naturale.
Per godere di buona salute, non
solo prostatica, aiuta una dieta bilanciata, ricca di frutta, verdura, pesce e povera di grassi». I cibi afrodisiaci fanno male. ^ ^ ^ ^ ^ v «Meglio non f V 1 I F J eccedere nel ^ ^ ^ ^ consumo di spezie (pepe, peperoncino e simili), caffè, crostacei e alcolici, specie per chi già soffre di irritazioni alla prostata: queste sostanze infiammano semplicemente l'area creando un artificiale impulso al coito. Da limitare anche i grassi saturi che
provengono da carni rosse cotte alla griglia, formaggi e fritti perché emerge, come per altri tumori, una correlazione tra dieta ricca di grassi e cancro». L'intestino non c'entra niente.
© «Vista la loro contiguità intestino e prostata si influenzano in negativo
quando uno dei due è infiammato. Soprattutto per i pazienti con prostatite cronica, è importante la puntualità del proprio intestino». Fare sport aiuta.
ONCOLOGIA 5
© «Praticare attività fisica, anche solo camminare 30 minuti al giorno, è un
toccasana. Gli sport con prevalente movimento delle gambe (come corsa e nuoto) hanno effetto decongestionante. Solo, per chi soffre di prostatite, meglio limitare la bici perché favorisce microtraumi Derineali che
possono accentuare l'infiammazione prostatica». L'attività sessuale è nociva.
© «No, anzi, praticata con regolarità ha effetti benefici. L'astinenza
prolungata, invece, provoca il ristagno delle secrezioni nella ghiandola prostatica favorendone
la congestione e la possibile infezione 0 infiammazione. Perlo stesso motivo sarebbe meglio evitare il coitus interruptus, perché lo stimolo all'eiaculazione va assecondato, mentre interromperlo frequentemente può causare congestione prostatica».
ONCOLOGIA 6
06-11-2019
Lettori
345.977
https://www.liberoquotidiano.it/news/salute/
Tumore, i semi dell'uva apportano benefici: la clamorosa ricerca tutta italiana
Mangiare l'uva fa bene alla salute. Secondo lo studio di Enea, Cnr e Università Federico II di Napoli
(Unina), il seme di questo frutto apporta grandi benefici contro il mesotelioma maligno, una
forma rara e aggressiva di tumore che colpisce il mesotelio, tessuto che riveste gran parte degli
organi interni. La ricerca, rivela Italia Oggi, dimostra come alcune molecole contenute nei
vinaccioli delle uve di Aglianico e Falanghina siano capaci di bloccare la crescita di cellule di
mesotelioma e potrebbero essere in grado di aumentare l'efficacia delle terapie farmacologiche
standard, come la chemioterapia.
I semi di Aglianico - secondo lo studio - sono molto ricchi in proantocianine (speciali molecole
dalle spiccate proprietà antiossidanti), che sono in grado di indurre nel mesotelioma meccanismi
di apoptosi, cioè di morte cellulare, anche nei casi di linee tumorali, che mostrano resistenza ai
farmaci.
Gazzettino - Salute&benessere
Tiratura: 0 - Diffusione: 0 - Lettori: 0: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 15foglio 1
Superficie: 6 %Dir. Resp.: Roberto Papetti
1256
La prevenzione dei tumori al seno
ora sperimenta lo «storytelling»
Un racconto inedito in cinque momenti, dall'attesa della diagnosi al futuro: è l'opera che Ester Viola, avvocata e scrittrice, ha firmato per Fujifilm con l'obiettivo di affrontare un argomento delicato e complesso come il cancro. Con la voce dell'attrice Mariella Valenti-ni, il racconto è fruibile tramite podcast sulla piattaforma Storytel e sul sito della divisione Medicai Systems di Fujifilm. Le storie si potranno inoltre ascoltare nelle sale d'attesa degli ambulatori dei senologi che
aderiscono al progetto. La proposta, che punta a diffondere con un approccio innovativo la cultura della prevenzione, si inserisce nel più ampio fenomeno del cambiamento di approccio alla malattia per effetto della maggiore tempestività e precisione della diagnosi, con cure che si fanno sempre più spesso risolutive. La partnership del progetto porta su un piano narrativo l'esperienza tecnologica nel settore medicale e in particolare nella mammografia digitale.
ONCOLOGIA 1
Tiratura: 116308 - Diffusione: 91913 - Lettori: 998000: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 23foglio 1
Superficie: 9 %Dir. Resp.: Virman Cusenza
1256
06-11-2019
LETTORI 18.000
http://www.healthdesk.it/
Il fenomeno
La diagnosi al tempo dei social? Un
sondaggio popolare tra folle di
sconosciuti
Il quesito sulle proprie condizioni di salute viene lanciato all’universo-mondo del Web e raccolto da una folla di “gentili sconosciuti” che nel giro di pochi minuti arriva in
soccorso del paziente mischiando messaggi di solidarietà a proposte di diagnosi
“Ciao a tutti sono una ragazza di 25 anni. Ho avuto un rapporto sessuale non protetto,
temo di avere contratto una malattia sessualmente trasmissibile. Per favore, aiutatemi
gentili sconosciuti. Che dovrei fare?” Seguono 59 commenti, ognuno dice la sua.
Qualcuno suggerisce possa trattarsi di clamidia, ma l’herpes è la diagnosi che va per la
maggiore. Siamo su Reddit, la piattaforma social che fa la concorrenza a Twitter con
330 milioni di utenti attivi, al sesto posto nella classifica dei siti più visitati dagli
americani. L’appello della ragazza preoccupata per la serie di sintomi appena
comparsi è solamente uno di una lunga lista di quesiti dello stesso tipo. A una folla di
perfetti sconosciuti dalle ignote competenze si chiede il parere su macchie rosse,
prurito, bolle e altre anomalie apparse sulle parti intime, allegando tanto di
documentazione fotografica. L’autodiagnosi via Google è stata superata da questo
nuovo tipo di consulto popolare che i ricercatori dell’Università della California di San
Diego hanno definito “crowd diagnosis”, una diagnosi fatta a mo’ di sondaggio.
Il quesito sulle proprie condizioni di salute viene lanciato all’universo-mondo del Web
e raccolto da una folla di “gentili sconosciuti” che nel giro di pochi minuti arriva in
soccorso del paziente mischiando messaggi di solidarietà a proposte di diagnosi e
consigli sulle terapie.
I ricercatori californiani hanno analizzato per la prima volta il fenomeno delle
diagnosi popolari sui social network concentrando l’attenzione sulle richieste di aiuto
per le infezioni sessualmente trasmissibili (Ist). I risultati dell’indagine sono stati
pubblicati su Jama Network.
Gli scienziati hanno monitorato tutti i post apparsi su Reddit tra novembre del 2010 e
febbraio del 2019 che affrontassero il tema delle malattie a trasmissione sessuale. In
questo arco di tempo il numero di interventi sull’argomento è raddoppiato. Nel 58 per
cento dei casi l’autore del post richiede esplicitamente una diagnosi alla folla di utenti
allegando il 31 per cento delle volte una foto della zona interessata dal disturbo. Ed
ecco la prima stranezza: migliaia di persone preferiscono mostrare a perfetti
sconosciuti dettagli delle loro parti intime piuttosto che rivolgersi a un medico.
"Cos'ha che non va il mio pene". Ecco una delle centinaia di conversazioni su Reddit in cui gli utenti interrogano la comunità su un
problema di salute che li sta affliggendo. In tal caso le "diagnosi" vanno dall'Herpes alla sifilide passando per gli esiti di una
masturbazione troppo intensa.
Proseguendo con l’analisi del fenomeno, i ricercatori hanno osservato che le richieste
di aiuto non cadono quasi mai nel vuoto. Il popolo del Web a domanda risponde e lo
fa anche in fretta: l’87 per cento dei quesiti riceve un commento in media entro 3 ore
con punte di solerzia da record di meno di 1 minuto.
«Le diagnosi popolari stanno diventando popolari perché gli sconosciuti sono tanto
desiderosi di fornire aiuto. Il 79 per cento delle richieste di diagnosi riceve una
risposta in meno di un giorno. Provate a ottenere il parere di un medico con la stessa
velocità. Peccato però che veloce non significhi accurato», ha dichiarato John Ayers,
coautore dello studio.
I ricercatori hanno poi scoperto una seconda stranezza: il 20 per cento delle richieste
arriva da persone che hanno già in mano un responso medico. C’è da fidarsi? Il
paradosso è lampante: la diagnosi dell’esperto viene sottoposta “per sicurezza” al
sondaggio popolare.
C’è stato chi, per esempio, dopo aver ricevuto una diagnosi di HIV da un
professionista con camicie bianco, laurea, specializzazione ed esperienza clinica sul
campo, si è rivolto alla folla dei social media nella speranza di scoprire che il medico si
era sbagliato.
Dall’indagine delle conversazioni su Reddit è emerso che i “soccorritori” sono più
realisti del re: in pochi si fermano alla diagnosi e una volta entrati nella parte gli
improvvisati dottori da tastiera vanno fino in fondo e propongono terapie risolutive
“stranamente” ignorate dalla medicina ufficiale. Quasi tutte a base di aceto di mele.
L’anonimato, la rapidità e la varietà di opinioni rendono le crowd diagnosis via Web
molto appetibili. «Ma l’accuratezza di fondo delle diagnosi di massa non è nota dato
che chi risponde potrebbe avere con informazioni limitate sul paziente e non avere
una formazione medica. La diagnosi errata potrebbe favorire la trasmissione di
malattie in corso, e indurre altri utenti che visualizzano un post a proporre
un’autodiagnosi errata delle proprie condizioni», concludono gli autori dello studio.
06-11-2019
Lettori 45.000
http://www.quotidianosanita.it/
Come “manipolare” i farmaci in compressa. Ecco le indicazioni del Ministero della Salute
Rivolta a Regioni, Asl, ospedali, Ircss, Rsa, medici, farmacisti e caregiver il documento fornisce
indicazioni per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide (e quindi per la corretta
gestione della terapia farmacologica orale) nei casi in cui non sia possibile somministrarle
integre. LA RACCOMANDAZIONE
06 NOV - Nuova Raccomandazione del Ministero della Salute per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide. In un documento appena pubblicato da Lungotevere Ripa si forniscono indicazioni per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide (e quindi per la corretta gestione della terapia farmacologica orale) nei casi in cui non sia possibile somministrarle integre e quando le attività di allestimento non siano effettuate dalla Farmacia. Sono esclusi dal campo di applicazione della presente Raccomandazione i farmaci antineoplastici. La Raccomandazione considera alcuni aspetti tecnici della gestione delle preparazioni magistrali pediatriche e della manipolazione dei farmaci a domicilio del paziente, 5 argomenti che saranno approfonditi in altri documenti in tema di sicurezza delle cure, così come lo sconfezionamento primario dei medicinali al fine di utilizzare le relative dosi unitarie. Per una corretta manipolazione delle compresse la Raccomandazione prevede le seguenti procedure: l’accertamento della indisponibilità di una forma farmaceutica orale alternativa che non richieda manipolazione (ad esempio, gocce orali, sciroppo, compressa effervescente, compressa oro-dispersibile, granulato per sospensione orale);
- le indicazioni da seguire nel corso della manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide;
- le modalità per effettuare una preliminare valutazione dei rischi che tale intervento può comportare;
- gli operatori sanitari coinvolti e i livelli di responsabilità.
La Raccomandazione prevede inoltre che la procedura dovrà fornire anche ogni informazione utile a garantire
la sicurezza delle cure a domicilio del paziente quando non possono essere utilizzate le forme farmaceutiche
integre.
In particolare:
- porre in evidenza, tramite apposita lista e all’interno del Prontuario terapeutico (laddove presente), le forme
farmaceutiche orali solide, che possono essere manipolate, con le informazioni scaturite dalle valutazioni
effettuate dal Farmacista;
- ricorrere ad una preparazione magistrale allestita dalla Farmacia o ad un farmaco a dosaggio corrispondente
a quello prescritto, prima di utilizzare un medicinale per il quale si renda necessaria la manipolazione;
- contattare il Farmacista se la manipolazione di forme farmaceutiche orali solide non sia stata
precedentemente “validata”;
- procedere alla manipolazione subito prima della somministrazione di ogni singola dose;
- spezzare le compresse divisibili lungo la linea di divisione (dove presente) e prestare attenzione nei casi di
compresse senza linea di divisione in quanto il taglio può determinare angoli vivi o facce ruvide. Al riguardo,
controllare visivamente che le porzioni siano delle stesse dimensioni;
- non dividere le compresse in meno di ¼ (un quarto), se non specificato dal produttore;
- garantire l’igiene delle mani durante la manipolazione (e somministrazione della terapia) nonché
l’igienizzazione degli ambienti e delle attrezzature;
- disporre di uno spazio adeguato ed isolato dove effettuare la manipolazione al fine di prevenire la
contaminazione conseguente allo spargimento di polvere;
- prestare attenzione alla inalazione e/o al contatto con i principi attivi (aerosolizzazione);
- rendere disponibile un dispositivo per la manipolazione dedicato ad ogni paziente e provvedere alla sua
igienizzazione dopo ogni utilizzo al fine di rimuovere eventuali tracce residue;
- riportare, nella documentazione sanitaria, l’avvenuta somministrazione del farmaco sottoposto a
manipolazione annotando la data e l’ora; allegare, anche, la richiesta del Medico prescrittore;
- effettuare (secondo normativa) lo smaltimento delle compresse divise e non somministrate a meno che non vi
siano specifiche indicazioni nella procedura aziendale che ne consentano la conservazione e l’utilizzo in
sicurezza (aspetti igienici, corretta identificazione e conservazione).
La raccomandazione è rivolta alle Regioni e Province Autonome, alle Direzioni aziendali e agli operatori
sanitari, coinvolti nel processo di cura del paziente e nella gestione dei farmaci, delle Aziende Sanitarie Locali
(ASL), delle Aziende Ospedaliere (AO), degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), delle
Strutture Sanitarie private accreditate, delle Case Residenze per Anziani non autosufficienti (CRA), delle
Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), delle Case di riposo nonché ai Responsabili della funzione aziendale
dedicata alla gestione del Rischio clinico.
E’ rivolta altresì ai Medici di Medicina Generale (MMG) e ai Pediatri di Libera Scelta (PLS), agli operatori
sanitari del Servizio di emergenza/urgenza territoriale 118, ai Medici del servizio di continuità assistenziale, ai
Farmacisti di comunità, ai pazienti e ai caregiver
Allegati:
La raccomandazione
06-11-2019
LETTORI 18.000
http://www.healthdesk.it/
Innovazione
Addio aghi. Presto anche i farmaci che
hanno bisogno dell'iniezione potranno
essere presi per bocca
Le nuove capsule quando giungono nell’intestino tenue si dissolvono in micrscopici aghi che si attaccano alle pareti dell’intestino e rilasciano il farmaco che viene catturato
dal sistema sanguigno.
Addio siringhe, capsule innovative permetteranno di assumere oralmente la terapia
che finora doveva essere iniettata. Il primo pensiero va all’insulina, ma i farmaci che
perdono la loro efficacia quando passano per il tratto gastrointestinale sono molti.
Attaccati dagli acidi dello stomaco, molti medicinali, soprattutto a base di proteine,
non hanno altra possibilità di venire assorbiti se non con la puntura.
Ora un gruppo di ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (Mit) in
collaborazione con la farmaceutica Novo Nordisk ha progettato nuove capsule che
possono trasportare insulina e altri medicinali permettendogli di superare indenni la
prima parte del percorso all’interno dell’organismo arrivando integri all’intestino
dove possono svolgere la loro azione.
Quando le capsule giungono nell’intestino tenue infatti si dissolvono in micrscopici
aghi che si attaccano alle pareti dell’intestino e rilasciano il farmaco che viene
catturato dal sistema sanguigno. La procedura è indolore perché le pareti
dell’intestino tenue sono prive dei recettori del dolore.
Il nuovo ingegnoso sistema di somministrazione dei farmaci è stato testato sui maiali
dimostrando di essere una valida alternativa alle iniezioni. Le capsule possono essere
caricate con una quantità di insulina comparabile con quella assunta dagli esseri
umani tramite le punture e il rilascio nel sistema sanguigno avviene in tempi
rapidi. La nuova tecnologia è stata descritta su Nature Medicine. Per
sopravvivere agli attacchi dei corrosivi acidi dello stomaco, le capsule sono state
rivestite di materiale polimerico resistente ad ambienti dal pH acido (tra 1,5 e 3,5).
Quando le capsule raggiungono l’intestino tenue, il pH più elevato (introno a 6) le
spinge ad aprirsi e a tirare fuori il loro contenuto: una struttura microscopica a tre
braccia, che possiede su ogni braccio fascette di microaghi lunghi 1 millimetro che
trasportano insulina o altri farmaci. Quando i bracci della struttura si dispiegano gli
aghi sono spinti verso le pareti dell’intestino tenue con una forza tale da poter
penetrare solamente lo strato più superficiale. Una volta inseriti, gli aghi rilasciano il
prodotto e si dissolvono insieme alla struttura a tre braccia per evitare ostruzioni
intestinali. «Abbiamo eseguito numerosi test di sicurezza sui tessuti animali e umani
per assicurarci che la puntura consentisse l'erogazione del farmaco senza causare una
perforazione più profonda o altri eventi avversi gravi», affermano i ricercatori.
Quando le capsule raggiungono l’intestino tenue, il pH più elevato (introno a 6) le spinge ad aprirsi e a tirare fuori il loro contenuto:
una struttura microscopica a tre braccia, che possiede su ogni braccio fascette di microaghi lunghi 1 millimetro che trasportano
insulina o altri farmaci. Immagine: MIT (CC BY-NC-ND 3.0 IT)
Nei test sui maiali, gli scienziati hanno verificato che una capsula lunga 30mm può
rilasciare in maniera efficace dosi di insulina e generare come risposta un
abbassamento immediato del glucosio nel sangue.
Negli esperimenti è stata utilizzata insulina, ma il nuovo sistema potrebbe essere
usato per rilasciare qualunque altro farmaco a base di proteine come ormoni, enzimi,
anticorpi e farmaci a base di Rna.
«Possiamo rilasciare insulina, ma intravediamo applicazioni in altri ambiti terapeutici
e potenzialemente anche nei vaccini. Stiamo lavorando a stretto contatto con i nostri
collaboratori per individuare i prossimi passi e le possibili applicazioni con il
maggiore impatto».
06-11-2019
https://www.aboutpharma.com/
Medicina scienza e ricerca
L’immunoterapia cambia tutto, e Big Pharma deve
ripensare alla sua R&D
Intervista al premio Nobel per la medicina 2018 James Allison durante l’evento milanese “The Healthcare
to come”. Dal numero 173 del magazine
di Giulio Zuanetti e Alessio Chiodi
Il senso dell’ironia non gli manca di certo. Un esempio? Vincere un premio Nobel per la
medicina (nel 2018 col collega giapponese Tasuku Honjo) per i suoi studi sui checkpoint
immunitari e suonare l’armonica in una band blues chiamata, per l’appunto, “Checkpoints”.
L’aneddoto è solo indicativo di come la vita di James P. Allison sia stata segnata dalle ricerche
nel campo del sistema immunitario. Con il suo team all’Università di Berkeley in California, negli
anni ’90, ha individuato il ruolo rivestito dalla proteina CTLA-4 nel bloccare la risposta
immunitaria dei linfociti T contro autoantigeni e ha poi sviluppato un anticorpo anti-CTLA-4 che
determina l’attivazione delle cellule T, in grado di fornire una adeguata risposta antitumorale.
Allison è stato ospite d’onore all’evento “The Healthcare to come” organizzato a Milano
dalla Fondazione Umberto Veronesi e dalla Fondazione Silvio Tronchetti Provera, con la media
partnership di AboutPharma. Che l’ha intervistato.
Professore, durante la sua lecture, lei ha enfatizzato il concetto secondo cui la
combinazione dei farmaci immunoterapici che agiscono in diversi punti spesso non ha
una funzione additiva o sinergica, ma può determinare risposte inaspettate. Questo è
sicuramente affascinante ma anche potenzialmente rischioso. Come è possibile
analizzare al meglio questo tipo di risposte massimizzando l’efficacia e minimizzando i
rischi per il paziente?
L’elemento decisivo è di inserire nel processo di ricerca clinica quella che viene definita reverse
translation, ovvero la possibilità durante uno studio clinico di andare ad analizzare il profilo
molecolare e cellulare del paziente trattato per capire come sta agendo esattamente il
farmaco in studio, soprattutto quando utilizzato in combinazione, per comprenderne appieno i
potenziali effetti. Se trattiamo un paziente e non riusciamo a prelevare campioni di tessuto da
analizzare facciamo un grave errore perché abbiamo sempre da imparare dall’uso di queste
terapie innovative e possiamo avere fenomeni di tossicità o altri effetti inaspettati proprio per
l’interazione tra due composti differenti che l’approccio di reverse translation ci consente di
studiare.
Quindi le stesse aziende farmaceutiche devono rivedere il proprio modo di fare
ricerca?
Non c’è dubbio che debbano ripensare il loro approccio perché le fasi I, II e III sono dal punto
di vista dell’immunoterapia assolutamente obsolete e non molto utili. Il farmaco PD-1 della
Merck (MSD in Italia n.d.r.) è stato approvato sulla base di risultati ottenuti durante un trial di
fase I e non è mai entrato in una fase II o in una fase III. Questo perché normalmente nella fase
I si guarda non tanto all’efficacia quanto alla sicurezza e durante questa fase si aumenta la
dose fino ad arrivare a una dose massima tollerata. In realtà nell’immunoterapia non c’è una
dose massima tollerata. Questo concetto è totalmente irrilevante. Se nell’immunoterapia non
vedi una risposta in venti pazienti, probabilmente non funzionerà comunque e quindi la fase I
diventa già una fase I-II avanzata. Si sta assistendo a un cambio significativo nello sviluppo
della ricerca e di questo le aziende devono tenerne conto.
La strada da lei indicata può portare a un approccio simile e quindi trasversale anche
in altri tipi di tumore?
Non c’è dubbio che diversi tipi di tumore (vescica, prostata etc.) potranno beneficiare della
terapia ma soprattutto si assisterà a un utilizzo in fasi più precoci, dalla forma metastatica a
forme localizzate, come sta succedendo per il melanoma.
La robustezza dei dati ha fugato molti dubbi inizialmente diffusi tra i suoi stessi colleghi,
giusto?
Ciò che ho scoperto analizzando i dati era qualcosa di assolutamente incontrovertibile.
Quando ho cercato di accelerare il passaggio dalla sperimentazione animale a quella umana
alcuni mi dicevano ‘questi sono topi, non persone’ e io rispondevo ‘proviamo’ e loro ‘oh no,
questo approccio non funzionerà sulle persone, è folle’. Bisogna tuttavia guardare ai dati e
soprattutto tenersi lontani da quelli che definisco bias emozionali e pregiudizi. Io sono uno
scienziato e per me i dati sono la realtà. Se la gente non li accetta, hanno problemi loro, non i
dati.
Le stesse aziende, tra l’altro, hanno mostrato inizialmente un grande scetticismo nei
confronti di tecniche come quella da lei proposta…
Non c’è dubbio. Quando ho mostrato i miei dati, a fianco di ricercatori molto scettici, ce ne
erano di entusiasti e ho cominciato a contattare le società più importanti. Lì ho trovato
interesse, ma poi il management ha deciso che il tutto fosse troppo rischioso. Spesso per loro è
più facile uccidere un progetto che portarlo avanti e le big company non se la sentono di
prendere rischi e in questo caso i costi di sviluppo erano sicuramente molto elevati. Dopo
questo insuccesso iniziale, ho cominciato a contattare company sempre più piccole, fino a
che ho trovato in Medarex l’interlocutore giusto. Avevano la tecnologia per inserire un
anticorpo umano nel topo e questo ha consentito di ridurre drasticamente i costi di sviluppo
dell’anticorpo umano. A quel punto i costi di sviluppo erano diventati sostenibili ed eravamo
pronti a partire.
Improvvisamente i “big guys” hanno visto l’opportunità e allora tutto è potuto procedere in
modo rapido. Ma per mettere le cose in prospettiva, la mia prima elaborazione concettuale è
stata nel 1994 e il primo lavoro fondamentale è stato pubblicato nel 1996. C’è voluto fino al
2011 per tradurre questo in un successo clinico, quindi sono passati quindici anni. A posteriori,
posso dire di essere stato fortunato ad aver trovato un paio di persone nella società giusta che
hanno creduto nel progetto.
Tiratura: 113072 - Diffusione: 157191 - Lettori: 713000: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 6foglio 1
Superficie: 11 %Dir. Resp.: Fabio Tamburini
1256
Tiratura: 0 - Diffusione: 7648 - Lettori: 85000: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 9foglio 1
Superficie: 26 %Dir. Resp.: Carlo Verdelli
1256
06-11-2019
780.455
http://www.ansa.it/
Nei Pronto soccorso migliaia di medici a
partita Iva Per tamponare la carenza, soprattutto in Lazio, Piemonte, Veneto
Sono oltre 2.000 i medici che mancano nei Pronto Soccorso in Italia, un numero destinato a raddoppiare
entro il 2025. E per tamponare l'emergenza, aumenta il ricorso alle partite Iva.
"Non esiste un censimento nazionale - spiega il segretario del sindacato Anaao, Carlo Palermo - ma sono
migliaia in tutta Italia, soprattutto in Piemonte, Lazio, Veneto, Campania e Sicilia. Il loro numero è
cresciuto molto negli ultimi anni, perché in questo modo le aziende sanitarie aggirano il blocco delle
assunzioni". Secondo i dati Anaao, entro il 2025 è prevista la mancanza di 4.422 medici dell'area
dell'Emergenza e Urgenza, di cui 800 solo in Campania e 550 nel Lazio. Per tamponare la situazione nei
momenti critici, come quelli estivi, le aziende hanno cercato ogni possibile risorsa. Tra queste, il ricorso a
medici libero professionisti a partita Iva, chiamati a gettone per svolgere turni in strutture di volta in volta
diverse.
Tra i pochi dati disponibili, quelli del Lazio, dove è "una realtà molto importante nelle provincie (Latina
20%, Frosinone 20%, Viterbo 42%) e nella provincia romana", spiega Guido Coen Tirelli, segretario
regionale Anaao Assomed Lazio. Una situazione che però comporta delle criticità. "In primis - precisa
Palermo - non hanno una qualifica specifica per svolgere la funzione. Inoltre, visto il rapporto di lavoro
non stabile è impossibile controllarne i turni accumulati, cosa che si traduce in una mancanza di sicurezza
per se stessi e per gli altri. Infine, proprio perché chiamati di giorno in giorno in posti diversi, hanno più
difficoltà a conoscere in modo approfondito l'ambiente di lavoro e le procedure".
uelli che lavorano a partita IVA nei pronto soccorso, inoltre, sono medici che spesso hanno accumulato
anni e anni di esperienza nell'area Emergenza-Urgenza, ma che non possono accedere ai concorsi per la
stabilizzazione perché non sono specialisti. "Per questo - conclude il segretario dell'Anaao Palermo -
rilanciamo al Governo la proposta di trovare per loro delle forme di assunzione a tempo determinato, con
iscrizione alla scuola di specializzazione, nell'ambito delle quote di contratti aggiuntivi finanziati dalle
regioni".
Quelli che lavorano a partita IVA nei pronto soccorso, inoltre, sono medici che spesso hanno accumulato
anni e anni di esperienza nell'area Emergenza-Urgenza, ma che non possono accedere ai concorsi per la
stabilizzazione perché non sono specialisti. "Per questo - conclude il segretario dell'Anaao Palermo -
rilanciamo al Governo la proposta di trovare per loro delle forme di assunzione a tempo determinato, con
iscrizione alla scuola di specializzazione, nell'ambito delle quote di contratti aggiuntivi finanziati dalle
regioni".
Tiratura: 0 - Diffusione: 3665 - Lettori: 37000: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 8foglio 1 / 2
Superficie: 46 %Dir. Resp.: Carlo Verdelli
1256
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06-NOV-2019da pag. 8foglio 2 / 2
Superficie: 46 %Dir. Resp.: Carlo Verdelli
1256
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06-NOV-2019da pag. 39foglio 1 / 2
Superficie: 40 %Dir. Resp.: Antonio Ardizzone
1256
Gazzettino - Salute&benessere
Tiratura: 0 - Diffusione: 0 - Lettori: 0: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 8foglio 1
Superficie: 16 %Dir. Resp.: Roberto Papetti
1256
Tiratura: 70591 - Diffusione: 41884 - Lettori: 370000: da enti certificatori o autocertificatiwww.datastampa.it
06-NOV-2019da pag. 18foglio 1 / 2
Superficie: 38 %Dir. Resp.: Marco Travaglio
1256
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06-NOV-2019da pag. 18foglio 2 / 2
Superficie: 38 %Dir. Resp.: Marco Travaglio
1256
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06-NOV-2019da pag. 11foglio 1
Superficie: 12 %Dir. Resp.: Marco Tarquinio
1256
06-11-2019
Lettori 45.000
http://www.quotidianosanita.it/
Patto Salute. Tutti i “no” del Mef: no a stop incompatibilità per i presidenti-commissari, no ai tetti flessibili e ad altre norme sul personale. Conferma invece per aumento Fondo sanitario
Più in particolare, dall'Economia hanno bocciato la proposta che prevedeva, per le Regioni in
equilibrio economico o che abbiano migliorato i loro conti negli ultimi 3 anni, di mettere a
disposizione delle aziende risorse aggiuntive per valorizzare la professionalità dei dirigenti medici,
veterinari e sanitari e degli operatori delle professioni infermieristiche, ostetriche e tecniche della
riabilitazione e della prevenzione. Altra riserva da parte del Mef riguarda la possibilità per gli
specialisti di rimanere a lavoro oltre i 40 anni di servizio. Riserve anche su fondi integrativi. LA
NUOVA BOZZA
06 NOV - Pronta la nuova bozza di Patto per la Salute che integra quella già anticipata da Quotidiano Sanità lo scorso 25 settembre. Diverse le conferme, ma anche le novità inserite nel nuovo testo composto non più da 15 ma da 14 schede. Salta infatti, nella nuova versione, la scheda sul sistema comune di controlli di appropriatezza degli erogatori accreditati. Innanzitutto, vengono confermati gli aumenti da 3,5 mld al Fondo sanitario per il 2020-2021: in particolare: 114.474.000.000 euro per l'anno 2019, 116.474.000.000 euro per l'anno 2020 e in 117.974.000.000 euro per l'anno 2021, come previsto dall'articolo 1, comma 514, della legge di Bilancio dell'anno scorso. Così come la cancellazione della clausola di salvaguardia finanziaria, la maggiore flessibilità ai tetti di spesa per il personale, il commissariamento solo per le Regioni in gravi difficoltà e l'abolizione del superticket. Non mancano, però, in questa nuova bozza, diversi pareri negativi e riserve da parte del Ministero dell'Economia su molte proposte. A partire dalla scheda 2 sulla garanzia dei Lea, dove il Mef pone il suo veto sulla proposta di stop ad ogni forma di incompatibilità tra il ruolo di presidente di Regione e quello di Commissario ad acta del Ssr.
In tema di risorse umane poi, alla scheda 3, viene bocciata la possibilità di rendere flessibili i tetti di spesa per il personale rimodulati dal recente "Decreto Calabria". Sempre qui, troviamo la riserva del Mef sulla possibilità di prevedere, fino al 2022, la permanenza in servizio su base volontaria di medici specialisti anche oltre i 40 anni di servizio in modo da far fronte al problema della carenza di medici. Stop del Mef anche al possibile ricorso a
contratti di lavoro autonomo per svolgere attività ordinaria nei casi in cui risulti impossibile procedere tempestivamente al reclutamento di nuovi specialisti. Ancora alla scheda 3 troviamo poi il parere negativo alla proposta, per quelle Regioni in equilibrio economico o che abbiano migliorato i loro conti negli ultimi 3 anni, di mettere a disposizione delle aziende risorse aggiuntive per valorizzare la professionalità dei dirigenti medici, veterinari e sanitari e degli operatori delle professioni infermieristiche, ostetriche e tecniche della riabilitazione e della prevenzione sulla base di criteri definiti da linee di indirizzo regionali; remunerare i dirigenti medici, veterinari e sanitari che effettuano attività di lavoro per guardia medica e/o in pronta disponibilità con un'adeguata maggiorazione dei compensi e delle indennità previste dai contratti di lavoro; riconoscere ai dirigenti medici, veterinari e sanitari e agli operatori delle professioni infermieristiche, ostetriche e tecniche della riabilitazione e della prevenzione del comparto che operano in zone disagiate e in servizi disagiati specifiche indennità volte a ristorare il relativo disagio, sulla base di linee di indirizzo regionali. Infine, alla scheda 9, troviamo un'ultima riserva del Mef circa le misure previste per il riordino dei fondi sanitari integrativi. Quanto alle novità, troviamo, ad esempio, nella prima scheda sul fabbisogno del Ssn la proposta di ricondurre le quote vincolate del riparto del fabbisogno sanitario standard all'interno del riparto riguardante la quota indistinta per una più tempestiva assegnazione delle risorse. Presente anche l'impegno da parte di Governo e Regioni a semplificare la procedura di attribuzione degli obiettivi di piano. Si fa poi riferimento alla necessità di portare a termine il decreto che fissa le tariffe per le prestazioni di assistenza specialisitica ambulatoriale e di assistenza protesica previsto dall'aggiornamento dei Lea. Qui tutte le novità delle 14 schede contenute nella nuova bozza di Patto per la Salute. Giovanni Rodriquez
06-11-2019
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Manovra. Diagnostica di primo livello dal medico di famiglia. Ecco come funzionerà e come saranno suddivisi i 235 milioni
Per i medici di famiglia che lavorano da soli nel proprio studio (circa 13 mila) la dotazione
finanziaria per l’acquisto dei dispositivi diagnostici sarà di 10 mila euro mentre per gli studi
aggregati (circa 8 mila) di medici di famiglia (dove convivono più di 32 mila professionisti) avranno
una dotazione finanziaria di 12 mila euro. Ecco cosa prevedono la relazione tecnica allegata
alla Legge di Bilancio.
06 NOV - ECG, holter, spirometro, dermoscan, servizi di tele-care e tele-Health e telemonitoraggio, teledermatologia, retinografia, polisonnografia. Sono questi alcuni degli strumenti di diagnostica di primo livello che la Legge di Bilancio con uno stanziamento di 235,8 mln a valere sulle risorse per l’edilizia sanitaria ha deciso di affidare ai medici di famiglia. A disciplinare il tutto, ricordiamo, dovrà essere un decreto del Ministero della Salute da attuare entro il 31 gennaio 2020 previa intesa in Stato-Regioni. L’obiettivo, secondo la misura è che “i medici di medicina generale, assumono una valenza centrale ed erogano una definita gamma di servizi ai cittadini (prestazioni di primo livello: servizi di tele-care e tele-Health e telemonitoraggio, ecg, holter, holter pressorio, teledermatologia, retinografia, polisonnografia, ecc.) in grado di concorrere alla sostenibilità del Servizio Sanitario Pubblico, realizzando una più forte presa in carico degli utenti, migliorando la gestione delle cronicità, decongestionando le liste di attesa, favorendo un minore ricorso al Pronto Soccorso e garantendo in buona sostanza più elevati livelli di appropriatezza delle cure”.
In questi giorni, dal momento della presentazione del Ddl Bilancio, si è molto discusso sul funzionamento di questa misura e sull’entità delle risorse dove per esempio lo Smi stima un investimento di 4 mila euro a medico di base. Ma i conti, non rappresentano una semplice divisione tra numero di medici e risorse e a metterli nero su bianco è proprio la relazione tecnica allegata alla Legge di Bilancio. La stima dell’onere derivante dal fabbisogno di apparecchiature sanitarie da destinare per le prestazioni di competenza dei medici di medicina generale ammonta come abbiamo visto a circa 235,834 mln di euro. “L'importo – si legge nei documenti tecnici - è stato stimato considerando distribuiti sul territorio nazionale circa 46.243 medici di medicina generale (valore fornito da annuario statistico ENPAM anno 2017) e tenendo in considerazione che sull'intero territorio i medici sono distribuiti in modo disomogeneo”.
In questo quadro la relazione tecnica al ddl Bilancio ipotizza quanto segue: 1. circa 13.873 medici di medicina generale, corrispondenti al 30% operano in ambiti isolati. Si ipotizza un investimento unitario pari a €. 10.000,00, finalizzato all'acquisto di dispositivi diagnostici digitali di primo livello (ECG, holter, spirometro, dermoscan, etc), per un costo totale pari a €. 138.730.000,00 2. circa 8.092 ambiti aggregati di medici di medicina generale, in cui i rimanenti 32.370 medici, corrispondenti al 70% del totale, operano in aggregazioni mediamente composte da 4 unità. Si ipotizza un investimento unitario pari a €. 12.000,00, finalizzato all'acquisto di dispositivi diagnostici digitali di primo livello (ECG, holter, spirometro, dermoscan, etc), per un costo totale pari a €. 97.104.000,00. In sostanza i medici che sono soli nel loro studio vedranno assegnarsi 10 mila euro, mentre gli studi aggregati di medici di famiglia avranno una dotazione finanziaria di 12 mila euro. Luciano Fassari