RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL...

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CONSIGLIO NAZIONALE DELLECONOMIA E DEL LAVORO COMMISSIONE GRANDI OPERE E RETI INFRASTRUTTURALI (V) OSSERVATORIO DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI IN ITALIA FEBBRAIO 2007

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CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO

COMMISSIONE GRANDI OPERE E RETI INFRASTRUTTURALI (V)

OSSERVATORIO DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI

IN ITALIA

FEBBRAIO 2007

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Indice

PREMESSA INTRODUZIONE PARTE PRIMA L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione dei servizi di Igiene Urbana 1.3. L’efficacia del settore 1.3.1. La produzione di Rifiuti Urbani 1.3.2. Il recupero e la raccolta differenziata 1.3.3. Il termotrattamento dei rifiuti 1.3.4. Lo smaltimento finale in discarica 1.3.5. Un quadro di sintesi 1.4. L’efficienza complessiva 1.4.1. Costi e produttività 1.4.2. Livello dei ricavi e grado di copertura dei costi 1.5. L’assetto gestionale: struttura e caratteristiche del mercato 1.6. L’Italia nel contesto europeo dei servizi di Igiene Urbana: gap rispetto alle best practice e spunti di evoluzione per il nostro Paese

PARTE SECONDA PERFORMANCE TERRITORIALI A CONFRONTO: VIAGGIO DA NORD A SUD NEL SISTEMA ITALIA 2.1. Performance industriali: overview sui modelli di ciclo dei rifiuti 2.2. Performance economiche: l’equilibrio costi-ricavi lungo lo stivale 2.3. Caratteristiche strutturali del mercato nelle Regioni italiane 2.4. La competitività dei sistemi territoriali 2.5. Riflessioni sui legami causa-effetto alla base dei diversi risultati

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Indice delle tabelle Tabella 1 – Crescita dei Rifiuti Urbani pro-capite in Italia (1998-2005) Tabella 2 – Evoluzione della Raccolta Differenziata in Italia (1999-2005) Tabella 3 – Evoluzione dei rifiuti avviati a selezione e compostaggio e della dotazione impiantistica in Italia (1999-2005) Tabella 4 – Evoluzione dei rifiuti avviati a termotrattamento e della dotazione impiantistica in Italia (1999-2005) Tabella 5 – Evoluzione dei rifiuti conferiti in discarica e della dotazione impiantistica in Italia (1999-2005) Tabella 6 – Evoluzione della destinazione dei Rifiuti Urbani in Italia (1999-2005) Tabella 7 – Evoluzione della dotazione impiantistica italiana (1999-2005) Tabella 8 – Evoluzione dei costi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (1998-2004) Tabella 9 – Evoluzione del grado di copertura dei costi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (1999-2004) Tabella 10 – Evoluzione dei ricavi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (1999-2004) Tabella 11 – Stima dei ricavi da vendita di imballaggi recuperabili (2005) Tabella 12 – Quota di mercato regionale dei principali operatori italiani di Igiene Urbana Tabella 13 – Destinazione dei Rifiuti Urbani (2004) Tabella 14 – Crescita della produzione di Rifiuti Urbani nelle Regioni italiane (1998-2005) Tabella 15 – Rapporto produzione di Rifiuti Urbani/Prodotto Interno Lordo nelle Regioni italiane (2005) Tabella 16 – Destinazione dei Rifiuti Urbani nelle Regioni italiane (2005) Tabella 17 – Produttività dei servizi di Igiene Urbana nelle Regioni italiane (2004) Tabella 18 – Scomposizione della filiera dei costi del servizio di Igiene Urbana per Regione (2004) Tabella 19 – Fatturato del settore dei Rifiuti Urbani per Regione (2004) Tabella 20 – Operatori di Igiene Ambientale per Regione (2004) Tabella 21 – Ripartizione dei Comuni italiani per tipologia di gestore (2004) Tabella 22 – Parametri di efficacia (1A): produzione di Rifiuti Urbani/PIL Tabella 23 – Parametri di efficacia (1B): percentuale di Rifiuti Urbani non smaltiti in discarica Tabella 24 – Parametri di efficacia (1C): autosufficienza regionale sul ciclo Tabella 25 – Indicatore sintetico di efficacia Tabella 26 – Parametri di efficienza (2A): costo per tonnellata di Rifiuti Urbani Tabella 27 – Parametri di efficienza (2B): grado di copertura dei costi Tabella 28 – Parametri di efficienza (2C): spesa media per cittadino Tabella 29 – Indicatore sintetico di efficienza

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Indice delle figure

Figura 1 – La filiera dei Rifiuti Urbani Figura 2 – Il ciclo dei Rifiuti Urbani Figura 3 – Le macro-variabili di competitività del settore Figura 4 – Gli obiettivi di un sistema efficace di gestione dei rifiuti Figura 5 – Produzione di Rifiuti Urbani nel 2005 Figura 6 – Evoluzione della produzione di Rifiuti Urbani in Italia (1998-2005) Figura 7 – Rapporto tra tasso di crescita dei Rifiuti Urbani e tasso di crescita del PIL a prezzi costanti (1998-2004) Figura 8 – Destinazione dei Rifiuti Urbani in Italia (2005) Figura 9 – Il panel CNEL di aziende operanti nel settore dei Rifiuti Urbani Figura 10 – Evoluzione del costo dei principali fattori produttivi (1996-2003) Figura 11 – Scomposizione dei costi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (2004) Figura 12 – Incidenza dei costi del personale sul totale dei costi – confronto settore dei Rifiuti Urbani con altri Servizi Pubblici Locali (2004) Figura 13 – Incidenza dei costi del personale sul totale dei costi – articolazione sulla filiera (2005) Figura 14 – Correlazione inversa tra incidenza dei costi del personale e incidenza trattamento e smaltimento per i principali operatori italiani del settore dei Rifiuti Urbani (2005) Figura 15 – Articolazione dei costi dei processi produttivi “core” del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (2004) Figura 16 – La filiera della Raccolta Differenziata in Italia Figura 17 – Redditività delle aziende del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (2005) Figura 18 – Tarsu vs. Tariffa di Igiene Ambientale in Italia: principali differenze Figura 19 – Diffusione della Tariffa di Igiene Ambientale in Italia (2000-2005) Figura 20 – Forme di gestione del servizio di Igiene Urbana in Italia: % sul numero dei gestori (2004) Figura 21 – Forme di gestione del servizio di Igiene Urbana in Italia: % sul numero dei Comuni serviti da imprese (2004) Figura 22 – Articolazione del settore dei Rifiuti Urbani in Italia per tipologia di gestori Figura 23 – Relazione tra crescita dei Rifiuti Urbani e crescita del PIL (1995-2005) Figura 24 – Percentuale di Rifiuti Urbani smaltiti in discarica (2005) Figura 25 – Costi del servizio di Igiene Urbana per rifiuto prodotto (2004) Figura 26 – Grado di copertura dei costi (2004) Figura 27 – Produzione di Rifiuti Urbani/numero di gestori (2004) Figura 28 – Popolazione servita dai primi cinque operatori del settore dei Rifiuti Urbani (2004) Figura 29 – Gli esempi di SITA France e Veolia

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Figura 30 – Tonnellate incenerite per impianto e numero di inceneritori (2004) Figura 31 – Tonnellate smaltite per discarica e numero di discariche (2004) Figura 32 – Iter per la realizzazione di impianti in Italia Figura 33 – Valori di emissione degli impianti di incenerimento in Italia Figura 34 – Alcuni esempi di termovalorizzatori in Europa Figura 35 – Produzione di Rifiuti Urbani/addetti complessivi del settore (2004) Figura 36 – Incidenza dei ricavi da trattamento e smaltimento sul fatturato complessivo per i principali operatori europei (2004) Figura 37 – La raccolta differenziata nelle Regioni italiane (2005) Figura 38 – La raccolta differenziata in Italia per macro-area territoriale (2005) Figura 39 – Rifiuti avviati a selezione e compostaggio nelle Regioni italiane (2005) Figura 40 – Rifiuti avviati a selezione e compostaggio per macro-area territoriale (2005) Figura 41 – Localizzazione degli impianti di selezione e compostaggio in Italia per Regione (2005) Figura 42 – Rifiuti inceneriti in Italia per macro-area territoriale (2005) Figura 43 – Rifiuti inceneriti e dotazione impiantistica nelle Regioni italiane (2005) Figura 44 – Rifiuti smaltiti in discarica in Italia per macro-area territoriale (2005) Figura 45 – Rifiuti smaltiti in discarica e numero discariche nelle Regioni italiane (2005) Figura 46 – Dotazione impiantistica delle diverse Regioni italiane (2005) Figura 47 – Grado di autosufficienza nel ciclo delle diverse Regioni italiane (2004) Figura 48 – Grado di copertura costi nelle Regioni italiane (2004) Figura 49 – Costo/tonnellata nelle Regioni italiane (2004) Figura 50 – Diffusione della Tariffa di Igiene Ambientale per Regione (% sul numero dei Comuni serviti, 2005) Figura 51 – Diffusione della Tariffa di Igiene Ambientale per Regione (% sulla popolazione, 2005) Figura 52 – Tonnellate/operatore nelle diverse Regioni italiane (2004) Figura 53 – Incidenza delle gestioni in economia nelle diverse Regioni italiane (% sul numero di gestori, 2004) Figura 54 – Incidenza delle gestioni in economia nelle diverse Regioni italiane (% sulla popolazione servita, 2004) Figura 55 – La valutazione della competitività dei sistemi regionali: metodologia utilizzata per la costruzione degli intervalli Figura 56 – Matrice di sintesi della competitività di sistema Figura 57 – Matrice Rifiuti/PIL – grado di copertura dei costi Figura 58 – Matrice indipendenza dalla discarica – grado di copertura dei costi Figura 59 – Matrice autosufficienza regionale sul ciclo – grado di copertura dei costi Figura 60 – Matrice incidenza delle imprese sul totale delle tonnellate gestite – grado di copertura dei costi Figura 61 – Matrice tonnellate gestite per operatore – grado di copertura dei costi Figura 62 – Matrice tonnellate gestite per operatore – indipendenza dalle discariche

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Figura 63 – Matrice dotazione impiantistica (n. impianti di incenerimento, trattamento e recupero) – tonnellate gestite per operatore Figura 64 – Matrice dotazione impiantistica (n. impianti di incenerimento, trattamento e recupero) – indipendenza dalle discariche Figura 65 – Matrice diffusione della Tariffa – grado di copertura dei costi Figura 66 – Matrice raccolta differenziata – indipendenza dalle discariche Figura 67 – Matrice raccolta differenziata – Rifiuti/PIL Figura 68 – Matrice raccolta differenziata – grado di copertura dei costi Figura 69 – Matrice incidenza gestioni private – autosufficienza regionale sul ciclo Figura 70 – Matrice incidenza gestioni private – costi per tonnellata Figura 71 – Matrice incidenza gestioni private – grado di copertura dei costi

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PREMESSA

I processi in corso e le importanti trasformazioni che da qualche tempo investono i Servizi

pubblici locali, i riflessi che la loro attività produce sul piano economico e delle condizioni

sociali nelle varie realtà territoriali del nostro Paese evidenziano sempre più la crescente

rilevanza delle aziende del comparto anche in direzione dell’auspicata crescita della

competitività dell’intero sistema Paese.

Queste aziende operano soprattutto in settori cruciali, nei quali si stanno giocando delicate

ed importanti partite nella grande sfida della competizione globale, quali sono quelli

dell’energia e del gas, della salvaguardia ambientale e dell’ecologia, del sistema idrico e

del trasporto locale.

E’ anche per questo motivo che, da oltre un decennio, è in corso un processo di riforma del

comparto nel suo insieme e nei suoi singoli settori che ha provocato ripetute revisioni

normative finalizzate ad “accompagnare” e regolare programmi e processi di innovazione

organizzativa e imprenditoriale, di riassetto proprietario e di liberalizzazione.

La modifica del Titolo V dalla Costituzione con il decentramento di poteri in materia a

Regioni e ai vari Enti livelli locale ha determinato una diffusa regolazione normativa a

livello regionale che ha interessato molti settori del comparto.

Di recente – come è noto – l’attuale Governo ha presentato un ddl delega per il riordino

dei servizi pubblici locali con forti interventi innovativi che non hanno mancato di

suscitare un profondo dibattito a livello politico-istituzionale e con gli operatori del

comparto.

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In entrambi i casi il CNEL non ha mancato – in aderenza al suo ruolo di organo di alta

consulenza istituzionale – di produrre le sue formali osservazioni e proposte – anche quale

supporto per una migliore valutazione degli effetti e per una loro eventuale correzione.

In questo contesto, il CNEL - attraverso la V° commissione incaricata di seguire il

comparto e detti processi – ha ritenuto e ritiene di non esaurire in queste pronunce la sua

funzione ed il suo compito sull’argomento ma ha deciso di costituire un “Osservatorio dei

servizi pubblici locali” con l’obiettivo, non solo di supportare il Consiglio in via

permanente nell’attività istituzionale di consulenza verso il Governo, il Parlamento e le

Autonomie locali, ma anche di monitorare, informare e fornire una sede di confronto a

favore degli “attori “economici, sociali e istituzionali maggiormente interessati allo

sviluppo e all’evoluzione dei S.P.L.

L’Osservatorio sarò focalizzato, in prima istanza sui Servizi Pubblici c.d. “di rilevanza

economica” (Energia elettrica, Gas, Ciclo idrico Integrato, Igiene Urbana, Trasporto

Pubblico locale), con particolare riferimento all’evoluzione sul piano normativo,

istituzionale, tariffario ed economico.

L’attività si svilupperà attorno a tre livelli di analisi:

- banche dati consultabili via web;

- report periodici (bollettini di informazione) tematici e/o settoriali;

- report annuali “ad hoc” su tematiche specifiche e settoriali.

Il presente Rapporto sui rifiuti urbani, elaborato con la collaborazione della soc. AXTERIA,

vuole essere una “anticipazione” – campione della produzione dell’Osservatorio in

particolare su quest’ultimo punto.

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Esso si sofferma in particolare sul terreno più squisitamente industriale piuttosto che sugli

aspetti normativi che comunque saranno oggetto dell’attività di analisi dell’Osservatorio.

In una realtà in rapida evoluzione non si può avere la pretesa di offrire completezza e

totale e conoscenza dell’insieme dei fenomeni che comunque interessano le attività prese

in esame ma certamente, anche con riferimento ai possibili scenari di evoluzione del

settore del ciclo integrato dei rifiuti urbani del nostro Paese, il rapporto si propone di

fornire elementi di discussione e riflessione per tutti i soggetti interessati e chiamati a

decidere anche attraverso una analisi di “buone pratiche” e delle cause che stanno alla

base dei diversi risultati realizzati nelle varie situazioni.

Il quadro che emerge da questo primo rapporto è di estremo interesse e presenta un

settore certamente in crescita ma impegnato in un necessario processo di

razionalizzazione, rafforzamento e ammodernamento non solo tecnologico, ma anche

organizzativo, dimensionale e strutturale per poter reggere al meglio il confronto con i

grandi competitori stranieri.

L’Osservatorio continuerà con particolare cura l’evoluzione di queste tendenze e di questi

processi.

Commissione Grandi opere e reti infrastrutturali,

politiche energetiche , servizi a rete del CNEL (V)

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INTRODUZIONE

Il primo Rapporto sui Rifiuti Urbani dell’Osservatorio dei Servizi Pubblici Locali CNEL si pone l’obiettivo di analizzare la competitività del sistema italiano da tre punti di vista:

• efficacia, intesa come capacità di massimizzare la prevenzione ed il recupero dei rifiuti;

• efficienza, in termini di economicità e produttività;

• caratteristiche strutturali del mercato, in termini di assetto gestionale (struttura dell’offerta).

La ricerca si fonda su un terreno squisitamente industriale, non soffermandosi volutamente sugli aspetti normativi, ampiamente affrontati nelle numerose pubblicazioni di settore e prescindendo altresì da considerazioni sul dibattito in materia di liberalizzazioni e privatizzazioni, che in assenza di una profonda comprensione delle dinamiche in atto risulta in molti casi astratto, se non addirittura ideologico.

Si ritiene al contrario che scelte di assetto normativo e di mercato debbano essere delle conseguenze di un ragionamento strategico-industriale, contrariamente a quanto accade talvolta, in cui, una volta definite le cornici di legge e dettate le regole del gioco, i settori economici dovrebbero in qualche modo adeguarsi.

Senza pretesa di completezza, la logica quindi è quella di fornire elementi di riflessione per i “decision maker”, cercando di coniugare la conoscenza dei fenomeni con l’approfondimento delle cause alla base dei diversi risultati, anche attraverso l’analisi delle “best practice”.

In quest’ottica, il Rapporto si compone di due parti.

Nella prima, dopo un rapido inquadramento del settore, si declinano le diverse variabili di efficacia, efficienza e di struttura, ponendo in luce l’evoluzione negli ultimi anni e la situazione ad oggi sui vari elementi di interesse.

Successivamente, il “sistema Italia” viene posizionato all’interno del contesto europeo, evidenziando i gap rispetto alle best practice nell’ottica di identificare spunti di evoluzione per il nostro Paese.

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La seconda parte è un tentativo di disaggregazione dei risultati italiani nei subsistemi territoriali, attraverso un “viaggio” da Nord a Sud nelle performance del settore e nelle relazioni causa-effetto alla radice delle stesse, sulla base di un modello di valutazione del grado di competitività complessiva.

I risultati di tale impostazione appaiono estremamente interessanti.

I progressi compiuti dal nostro Paese negli ultimi anni sono sicuramente importanti, ma non ancora sufficienti per metterci al pari con le migliori pratiche europee.

In particolare, fermo restando che le ragioni del gap rispetto all’Europa sono molteplici, e comunque riconducibili a un più generale divario di competitività del sistema complessivo, è possibile identificare alcune cause intrinseche alla base del differenziale di performance.

Con riferimento all’assetto gestionale, l’Italia si caratterizza per una situazione di “nanismo” nella struttura dell’offerta.

Il confronto tra la dimensione media degli operatori italiani e quella degli altri paesi europei pone infatti in risalto come questi ultimi siano significativamente più grandi.

In diretta conseguenza della piccola dimensione degli operatori italiani, il livello di concentrazione del mercato è estremamente diverso: i primi cinque operatori italiani servono complessivamente poco più di un quinto della popolazione nazionale, mentre negli altri paesi i “top five” arrivano a servire in media il 40% degli abitanti.

La maggiore competitività in termini di assetto è anche riconducibile al più elevato grado di integrazione territoriale e industriale.

In Italia esistono una miriade di piccoli operatori (circa 4.000), spesso focalizzati in ambiti locali estremamente circoscritti e specializzati su singole fasi della filiera. Altrove, esistono “campioni” nazionali operanti in tutto il Paese, con decine di sedi operative e impianti a presidio dell’intero ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento alle fasi a maggior valore aggiunto (valorizzazione dei rifiuti a valle della raccolta).

Relativamente alla dotazione infrastrutturale, l’Italia manifesta un’arretratezza evidente: con riferimento, ad esempio, all’incenerimento (che rappresenta una forma di smaltimento del rifiuto molto in uso negli altri paesi), abbiamo gli impianti più piccoli d’Europa (con una “taglia media” pari a circa la metà degli inceneritori presenti negli altri paesi).

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Per converso, l’Italia si caratterizza, se si eccettua l’Inghilterra, per il maggior numero di discariche presenti sul territorio, essendo tale forma di smaltimento ancora la destinazione prevalente dei rifiuti nel nostro Paese.

L’esiguità del parco impianti in Italia è riconducibile in parte alla tempistica dell’iter autorizzativo: solo per ottenere il via a procedere, sono infatti necessari almeno 8 mesi di attesa, cui bisogna sommare i tempi necessari alla presentazione del progetto, all’organizzazione dell’appalto ed alla progettazione e costruzione finale, per un totale di sette/otto anni.

Inoltre in Italia è necessario superare l’arretrata mentalità “not in my backyard”, che lega gli impianti di trattamento e valorizzazione dei rifiuti ad un eccessivo inquinamento ambientale, nonostante i limiti restrittivi alle emissioni previsti dalla normativa ed i monitoraggi continui praticati.

In Europa gli impianti sono invece da tempo costruiti anche al centro delle città, a dimostrazione del superamento del problema culturale.

È evidente come gli obiettivi strategici di evoluzione del settore, nell’attuale situazione di arretratezza impiantistica, possano essere perseguiti solo a patto di realizzare in tempi rapidi significativi investimenti.

Nel 2010 il fabbisogno dell’industria dei Rifiuti Urbani, necessario a garantire una capacità impiantistica adeguata, ammonta a 4 miliardi di Euro, di cui circa il 40% (1,7 miliardi di Euro) dovranno essere spesi nel Mezzogiorno, 1,35 nel Nord e il restante miliardo nelle Regioni del Centro Italia.

In tal modo, sarebbe possibile recuperare almeno in parte il gap rispetto all’Europa.

Oltre alla diversa competitività degli assetti gestionali che caratterizzano le migliori pratiche europee, il divario dal punto di vista dell’efficienza economica è spiegabile anche con riferimento alla maggiore produttività dei servizi operativi di Igiene Ambientale.

L’analisi comparativa tra l’Italia e gli altri paesi evidenzia infatti una distanza notevole anche su tale fronte, con un valore per il nostro Paese inferiore di circa il 25% rispetto alla media dei principali paesi europei.

Il resto d’Europa si caratterizza inoltre per una più elevata incidenza dei ricavi da trattamento e smaltimento sul fatturato complessivo, in ragione della maggiore capacità di generare valore a valle della filiera.

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L’Italia evidenzia anche il minor grado di copertura dei costi (squilibrio economico rispetto ai ricavi), con una differenza del 18% rispetto a Francia, Germania, UK e Spagna.

Traducendo questa differenza di margine industriale in valori monetari, il gap sul fronte dei maggiori costi e/o minori ricavi è quantificabile in oltre 1 miliardo di Euro, lato “Conto Economico di sistema”, che, unito ai fabbisogni minimi di investimento, riconducono a circa 5 miliardi di Euro il divario rispetto alle migliori pratiche europee.

Lo studio dei sistemi di gestione dei Rifiuti Urbani in termini di obiettivi, strumenti e risultati raggiunti pone in evidenza una serie di caratteristiche comuni alle “best practice”, a testimonianza della necessità di chiarezza delle problematiche e delle possibili soluzioni in chiave industriale, come input fondamentale per delineare impianti normativi efficaci.

La distanza dall’Europa, laddove si declina il ragionamento lungo lo stivale, è peraltro il frutto della media tra alcune Regioni del Nord già in linea con i parametri delle “best practice” e altre realtà indietro di almeno dieci anni in termini di politica industriale complessiva.

Fermo restando quindi che non rientra tra gli obiettivi del Rapporto quello di stilare classifiche tra i nostri sistemi territoriali per identificare i “primi della classe” e i “fanalini di coda”, l’analisi regionale ha consentito di comprendere alla radice le criticità che devono essere superate per avviare un percorso virtuoso di consolidamento e sviluppo.

L’efficacia del settore è stata approfondita relativamente ad una serie di variabili fondamentali:

• la capacità di contenere la produzione complessiva di Rifiuti Urbani, misurata dal rapporto tra produzione di rifiuti e Prodotto Interno Lordo;

• il livello di “indipendenza” dallo smaltimento in discarica;

• l’autosufficienza complessiva sul ciclo dei rifiuti.

Per la valutazione dell’efficienza economica, si è invece fatto riferimento a:

• il livello dei costi per unità di prodotto;

• il grado di autosufficienza economica (grado di copertura dei costi);

• la spesa sostenuta dai cittadini per il servizio.

Il “ranking” dei vari elementi e la conseguente costruzione di indicatori sintetici di efficacia ed efficienza hanno posto in luce una serie di importanti considerazioni,

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attraverso lo sviluppo di una matrice della competitività del settore nelle diverse aree territoriali, da cui emergono quattro modelli profondamente diversi, in corrispondenza dei quadranti della matrice stessa:

• area “best performer”, caratterizzata da alta efficacia e alta efficienza, nel cui ambito ricadono Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta;

• area “underperformer”, in cui si trovano Campania, Lazio, Puglia, Basilicata, Liguria e Sicilia;

• area “efficacia costosa”, con Piemonte e Toscana;

• area “efficienza inefficace”, con Sardegna, Molise, Umbria, Abruzzo, Marche e Calabria.

Nel quadrante in basso a sinistra (“underperformer”: bassa efficacia/bassa efficienza) si trovano tutte Regioni in “emergenza rifiuti”, più la Liguria, caratterizzata da una notevole carenza impiantistica (76% dei rifiuti in discarica): le situazioni di crisi partono da lontano e non sono frutto del caso, bensì di precise arretratezze strutturali.

A dimostrazione del grado di correlazione tra efficacia ed efficienza, emerge come le Regioni caratterizzate dalle migliori performance economiche in termini di rapporto ricavi/costi siano anche quelle che:

• riescono a contenere le dinamiche di crescita dei rifiuti (minimizzazione e prevenzione);

• fanno meno ricorso alla discarica come modalità di destinazione dei rifiuti;

• sono maggiormente autosufficienti in termini di ciclo integrato dei rifiuti.

La mancata realizzazione al 2020 dell’impiantistica per i Rifiuti Urbani, necessaria per coprire i fabbisogni e per allineare le performance italiane alle best practice europee, costerebbe alla collettività (in termini di “costi del non fare”) 27 miliardi di Euro, a conferma del rapporto tra efficacia ed efficienza economica.

In una logica inerziale, il quadrante “underperformer” sarebbe destinato a subire una crescita esponenziale sia dal punto di vista del numero di Regioni coinvolte, che in termini di distanza dai parametri di efficacia complessiva.

L’analisi delle relazioni causa-effetto, sviluppata a partire dal modello di valutazione della competitività e dal confronto con l’Europa, consente quindi di identificare una serie di condizioni fondamentali che, pur senza avere la pretesa di esaustività, devono

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sicuramente essere saldamente presenti nell’agenda delle cose da fare in termini di politica industriale in materia:

• superamento dell’attuale modello di gestione in economia;

• consolidamento della struttura dell’offerta attraverso processi di concentrazione tra operatori del settore;

• accelerazione sulla realizzazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti alternativi alla discarica;

• diffusione capillare della Tariffa Rifiuti, basata su criteri realmente incentivanti (“pay as you throw”);

• miglioramento dell’efficienza economica del sistema, anche attraverso significativi recuperi di produttività sui servizi “core”, oltre che come conseguenza dei punti precedenti;

• inquadramento delle varie iniziative all’interno di un piano strategico organico, in cui considerare a sistema tutte le variabili chiave, all’interno di un assetto di governance evoluto, caratterizzato da chiarezza di ruoli, responsabilità e logiche di pianificazione e controllo.

Seppur “a macchia di leopardo”, nell’ambito di un’Italia spaccata in tre da Nord a Sud, l’analisi regionale ci dice che è possibile realizzare certi risultati e che questi sono imprescindibilmente legati ad una serie di presupposti.

Le Regioni caratterizzate dalla maggiore presenza di aziende rispetto alle gestioni in economia sono in molti casi anche quelle che versano nelle migliori condizioni di autosufficienza economica.

Più elevati gradi di copertura costi (rapporto tra ricavi e costi totali) sono in buona parte legati alla presenza di aziende più grandi, efficienti ed integrate dal punto di vista territoriale ed industriale.

Esiste un buon grado di correlazione tra dimensione media degli ambiti gestionali e capacità di sviluppare un sistema moderno di maggiore indipendenza dalle discariche tradizionali.

La competitività di un sistema dal punto di vista delle dotazioni infrastrutturali (nuovi impianti) può essere favorita dallo sviluppo di forme di gestione più grandi, efficienti e integrate.

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Elemento fondamentale per il superamento delle discariche è la realizzazione di impianti di trattamento e valorizzazione alternativi, come condizione fondamentale per la creazione di sistemi industriali efficaci, anche in presenza di elevati livelli di recupero: la raccolta differenziata è fondamentale ma non basta.

Il superamento dei regimi Tarsu vs. un modello di Tariffa “industriale” a totale copertura dei costi e degli investimenti è un requisito imprescindibile per il raggiungimento dell’equilibrio economico.

Iniziative “stand alone”, non inquadrate cioè all’interno di un piano strategico complessivo e coerente, non pagano. Le Regioni più avanzate in tema di raccolta differenziata, oltre a essere le più indipendenti dal conferimento in discarica, sono in molti casi anche quelle:

• più efficaci sul fronte della prevenzione sulla produzione di rifiuti;

• caratterizzate dai più alti livelli di copertura ricavi/costi.

Non ci si può esimere infine dal sottolineare come uno dei temi maggiormente “di moda” nei dibattiti sull’evoluzione dei servizi pubblici locali in generale, legato al tema delle privatizzazioni come possibile strumento per un miglioramento della competitività, pur non rientrando negli obiettivi del presente Rapporto, anche se sicuramente non privo di fondamento, non emerge tuttavia come variabile chiave delle maggiori o minori performance.

Non si rileva cioè alcuna correlazione tra risultati delle diverse Regioni e presenza di soggetti pubblici o privati.

In particolare, non c’è correlazione tra maggiore o minore presenza di privati e grado di autosufficienza sul ciclo, così come non si evince alcun legame con le performance di efficienza, sia in termini di costo totale, sia di equilibrio economico generale.

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PARTE PRIMA

L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI

1.1. La definizione di Rifiuti Urbani

Un rifiuto è, ai sensi della normativa europea1, “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.

Tale definizione è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo 22/1997 (c.d. “Decreto Ronchi”) e confermata nel nuovo Testo Unico sull’Ambiente (D. Lgs. 152/2006).

In tale contesto, i rifiuti sono classificati sulla base di due parametri fondamentali:

• Origine: rifiuti urbani/rifiuti speciali;

• Pericolosità: rifiuti pericolosi/non pericolosi.

Il presente Rapporto si focalizza sui Rifiuti Urbani, ossia sui rifiuti domestici anche ingombranti o provenienti dallo spazzamento delle strade o di qualunque natura e provenienza giacenti su strade e aree pubbliche, nonché i rifiuti vegetali provenienti dalle aree verdi (giardini, parchi, aree cimiteriali, ecc.). A questa frazione vengono aggiunti i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti non ad abitazione e definiti “assimilati” ai Rifiuti Urbani.

1 Direttiva 91/156/CEE.

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1.2. Il ciclo di gestione dei servizi di Igiene Urbana

La filiera dei Rifiuti Urbani si articola in raccolta, trattamento e recupero, smaltimento finale.

Figura 1 – La filiera dei Rifiuti Urbani

PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANI

MERCATORACCOLTA TRATTAMENTO E RECUPERO

SMALTIMENTOFINALE

PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANI

MERCATORACCOLTA TRATTAMENTO E RECUPERO

SMALTIMENTOFINALE

I processi di raccolta comprendono tutte le attività di intercettazione dei Rifiuti Urbani prodotti e si distinguono in:

• raccolta indifferenziata, comprendente l’intercettazione indistinta dei rifiuti conferiti dagli utenti mediante l’utilizzo di attrezzature specifiche (autocompattatori) e le attività di spazzamento, meccanico e manuale, e di lavaggio delle strade;

• raccolta differenziata, definita come “la raccolta idonea a raggruppare i Rifiuti Urbani in frazioni merceologiche omogenee, destinate al riutilizzo, riciclaggio e al recupero di materia prima”.

I rifiuti raccolti in modo indifferenziato vengono avviati negli impianti di trattamento o di smaltimento finale2 (discariche), mentre i rifiuti differenziati (carta, vetro, legno, metalli, tessili, frazione organica, plastica) vengono destinati al mercato per il reimpiego nei processi produttivi, direttamente o dopo selezione e valorizzazione in appositi impianti.

L’insieme dei processi e attività che mettono in relazione i flussi di Rifiuti Urbani attraverso le diverse fasi della filiera, a partire dalla produzione fino alla reimmissione sul mercato costituiscono il ciclo dei Rifiuti Urbani, come rappresentato nella figura seguente.

2 A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 36/2003 attualmente prevista per il 1° gennaio 2008, saranno ammessi in discarica solo i rifiuti sottoposti ad un preventivo trattamento.

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Figura 2 – Il ciclo dei Rifiuti Urbani

PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANI

RACCOLTA DIFFERENZIATA

RACCOLTA INDIFFERENZIATA

MERCATO

Impianti di trattamento meccanico-biologico

Impianti di termotrattamento

DISCARICA

CDR* FOS** Scarti Energia

Impianti di separazione, selezione e compostaggio

* Combustibile derivato dalla frazione secca del rifiuto indifferenziato, utilizzabile per l’alimentazione di impianti industriali, quali cementifici, centrali termoelettriche, acciaierie, termovalorizzatori.** Frazione Organica Stabilizzata, ricavata dalla frazione umida del rifiuto indifferenziato, assimilabile al compost di bassa qualità ed utilizzata in via prevalente in discarica, come strato di copertura dei rifiuti.

PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANI

RACCOLTA DIFFERENZIATA

RACCOLTA INDIFFERENZIATA

MERCATO

Impianti di trattamento meccanico-biologico

Impianti di termotrattamento

DISCARICA

CDR* FOS** Scarti Energia

Impianti di separazione, selezione e compostaggio

* Combustibile derivato dalla frazione secca del rifiuto indifferenziato, utilizzabile per l’alimentazione di impianti industriali, quali cementifici, centrali termoelettriche, acciaierie, termovalorizzatori.** Frazione Organica Stabilizzata, ricavata dalla frazione umida del rifiuto indifferenziato, assimilabile al compost di bassa qualità ed utilizzata in via prevalente in discarica, come strato di copertura dei rifiuti.

I processi di trattamento consistono nella trasformazione/riduzione dei Rifiuti Urbani, tramite il ricorso ad impianti di trattamento meccanico-biologico o impianti di termotrattamento.

Gli impianti di trattamento meccanico-biologico sono impianti in cui si realizza il trattamento dei Rifiuti Urbani indifferenziati per la produzione di Combustibile Derivato da Rifiuti (CDR), Frazione Organica Stabilizzata (FOS) e compost di bassa qualità.

Gli impianti di termovalorizzazione sono inceneritori che realizzano recupero energetico, unici impianti di termotrattamento realizzabili in Italia a partire dal 1° gennaio 1999.

Gli impianti di compostaggio sono impianti di selezione meccanica dei rifiuti differenziati, con separazione della frazione umida biodegradabile e produzione di compost. Il compost prodotto dai rifiuti organici selezionati alla fonte (compost di alta qualità) è commercializzabile e collocabile sul mercato come fertilizzante.

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Le discariche “controllate” sono depositi permanenti nel terreno che accolgono i rifiuti non suscettibili di (ulteriore) valorizzazione perché precedentemente trattati o non trattabili e in quanto tali rappresentano quindi i c.d. impianti di “smaltimento finale”.

Le performance del sistema nelle diverse fasi (produzione, raccolta, trattamento, smaltimento finale, immissione nel mercato) esprimono il grado di competitività del settore, che può essere approfondito nei seguenti aspetti:

• efficacia, intesa come capacità del sistema di massimizzare la prevenzione ed il recupero dei rifiuti;

• efficienza, in termini di economicità e produttività;

• caratteristiche strutturali del mercato, in termini di assetto gestionale (struttura e caratteristiche dell’offerta).

Figura 3 – Le macro-variabili di competitività del settore

COMPETITIVITA’DEL SETTORE

Efficacia Efficienza

Caratteristiche strutturali del mercato

Capacità del sistema di massimizzare la prevenzione e il recupero dei rifiuti

Costo complessivo e produttività

Assetto gestionale dell’offerta

COMPETITIVITA’DEL SETTORE

Efficacia Efficienza

Caratteristiche strutturali del mercato

Capacità del sistema di massimizzare la prevenzione e il recupero dei rifiuti

Costo complessivo e produttività

Assetto gestionale dell’offerta

Appare evidente come tali elementi vadano considerati sinergicamente nelle loro relazioni di causa-effetto, più che nella loro analisi “stand alone”. Basti pensare agli impatti economici in termini di costi di breve e di medio periodo associati ad un diverso grado di efficacia (es. maggior grado di raccolta differenziata e recupero), così come le implicazioni in termini di efficacia ed efficienza realizzabili attraverso opportune forme di configurazione del modello dei ricavi (es. tariffe realmente incentivanti), piuttosto che le

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performance economiche ed industriali legate all’evoluzione degli assetti gestionali (es. concentrazione vs. frammentazione).

La necessità di ricondurre la complessità di tali fenomeni nei confini di semplificazione e schematizzazione di un Rapporto sul settore ci suggerisce la trattazione separata dei diversi elementi di competitività (Parte Prima), avendo poi cura di mettere in evidenza le inevitabili relazioni e sovrapposizioni (Parte Seconda).

1.3. L’efficacia del settore

Obiettivo del presente paragrafo è quello di evidenziare l’attuale grado di efficacia del sistema italiano e la sua evoluzione negli ultimi anni.

Il grado di efficacia può essere compreso attraverso l’analisi dei livelli di produzione dei rifiuti e delle modalità di trattamento e smaltimento degli stessi.

In particolare, la massima efficacia di un sistema si ha nel caso di:

• minimizzazione dei rifiuti prodotti3;

• massimizzazione dei livelli di recupero e di raccolta differenziata;

• minimizzazione delle quantità di rifiuti in discarica.

Un sistema virtuoso punta al raggiungimento e al consolidamento di questi requisiti, nell’ordine con cui sono stati esposti. Bisogna cioè adottare tutte le misure necessarie per prevenire la produzione dei rifiuti, puntare al massimo recupero dei rifiuti che si producono e, nell’ambito dei rifiuti non recuperabili, sviluppare forme di trattamento alternative allo smaltimento in discarica (termovalorizzazione).

3 La maggior parte dei Rapporti sul settore dei Rifiuti Urbani analizzano le fasi di raccolta, trattamento e smaltimento al fine di valutare le performance di sistema, considerando correttamente la maggiore o minore produzione di rifiuti una variabile da ricondurre al più ampio grado di competitività di un sistema paese e quindi in quanto tale “esogena” in senso stretto rispetto al settore, che interviene una volta che il rifiuto si è prodotto. Pur concordando con tale impostazione, nell’ambito del presente Rapporto si ritiene tuttavia importante fornire un orizzonte di ragionamento più articolato ed “end to end”.

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Figura 4 – Gli obiettivi di un sistema efficace di gestione dei rifiuti

Minimizzare la produzione di

rifiutiMassimizzare il

recupero e la raccolta

differenziataMinimizzare il

ricorso alla discarica

… dati i volumi prodotti…… nell’ambito dei rifiuti

non recuperabili…Minimizzare la produzione di

rifiutiMassimizzare il

recupero e la raccolta

differenziataMinimizzare il

ricorso alla discarica

… dati i volumi prodotti…… nell’ambito dei rifiuti

non recuperabili…Minimizzare la produzione di

rifiutiMassimizzare il

recupero e la raccolta

differenziataMinimizzare il

ricorso alla discarica

… dati i volumi prodotti…… nell’ambito dei rifiuti

non recuperabili…

1.3.1. La produzione di rifiuti

Nel 2005 la produzione di rifiuti a livello europeo è stata pari a 270 milioni di tonnellate su un totale di 1,5 miliardi di tonnellate prodotte a livello mondiale.

L’Italia rappresenta il 12% del totale dei rifiuti prodotti a livello europeo, per un totale di 31,7 milioni di tonnellate.

Figura 5 – Produzione di Rifiuti Urbani nel 2005

Nord America20%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT, Eurostat

Asia-Pacifico39%

Centro e Sud America

9%

Africa14%

Europa18%

Produzione mondiale di rifiuti urbani: circa 1,5

miliardi di t

Inghilterra13%

Altri36%

Germania18%

Spagna9%

Francia12%

Italia12%

Nord America20%

sia-Pacifico39%

Centro e Sud America

9%

Africa14%

Europa18%

Produzione mondiale di rifiuti urbani: circa 1,5

miliardi di t

Produzione di rifiuti urbani in Europa: circa 270 mln di t

A

Inghilterra13%

Altri36%

Germania18%

Spagna9%

Francia12%

Italia12%

Produzione di rifiuti urbani in Europa: circa 270 mln di t

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La produzione di rifiuti in Italia (raccolta indifferenziata e differenziata) è cresciuta nel periodo 1998-2005 da 26,8 a 31,7 milioni di tonnellate, per un incremento totale pari al 18% ed un tasso medio annuo di crescita (CAGR) del 2,4%.

Figura 6 – Evoluzione della produzione di Rifiuti Urbani in Italia (1998-2005)

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

26.846 28.364 28.959 29.409 29.864 30.038 31.147Volumi (t. 000) 31.677

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

26.84626.846 28.36428.364 28.95928.959 29.40929.409 29.86429.864 30.03830.038 31.14731.147Volumi (t. 000) 31.67731.677

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Le variazioni nella produzione dei rifiuti sono riconducibili a modifiche nel numero di utenti e/o nell’andamento della produzione di rifiuti pro-capite. Le percentuali di crescita dei due fenomeni e la correlazione tra gli stessi consentono di evidenziare come l’aumento della produzione totale sia fondamentalmente riconducibile all’incremento della produzione pro-capite, da 472 kg. per abitante/anno del 1998 a 539 del 2005 (aumento del 14% nel periodo), a fronte di una modesta crescita della popolazione (+3%).

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Tabella 1 – Crescita dei Rifiuti Urbani pro-capite in Italia (1998-2005)

1998-2005 Totale (%) CAGR (%)

Crescita RU 18,0% 2,4%Crescita popolazione 3,2% 0,3%Crescita RU pro-capite 14,2% 1,9%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT e ISTAT

Un interessante elemento di valutazione della capacità di un sistema di prevenire la produzione di rifiuti è costituito dal rapporto tra crescita degli stessi e crescita del Prodotto Interno Lordo.

In assenza di una normalizzazione della dinamica dei rifiuti rispetto all’andamento economico-produttivo, potrebbero infatti emergere risultati assolutamente fuorvianti: basti pensare al minor grado di produzione dei rifiuti di un paese in via di sviluppo rispetto ad un moderno paese occidentale, non certo legato alla maggiore sensibilizzazione in tema di minimizzazione dei rifiuti quanto alla minore ricchezza prodotta.

L’applicazione di tale analisi al sistema italiano nel periodo 1998-2005 evidenzia risultati interessanti e preoccupanti, con un crescita dei rifiuti nell’ultimo quadriennio che ha ampiamente superato la produzione di ricchezza; nell’analizzare tale dato, va peraltro tenuto presente come quest’ultima, tra il 2002 e il 2005, sia stata prossima allo zero.

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Figura 7 – Rapporto tra tasso di crescita dei Rifiuti Urbani e tasso di crescita del PIL a prezzi costanti (1998-2005)

64,3%

299,8%

55,6%90,1%

451,2%

544,5%

417,2%

1.589,2%

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Tasso di crescita RU 0,9% 5,7% 2,1% 1,6% 1,5% 0,6% 3,7% 1,7%

Tasso di crescita PIL 1,4% 1,9% 3,8% 1,7% 0,3% 0,1% 0,9% 0,1%

64,3%

299,8%

55,6%90,1%

451,2%

544,5%

417,2%

1.589,2%

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

64,3%

299,8%

55,6%90,1%

451,2%

544,5%

417,2%

1.589,2%

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Tasso di crescita RU 0,9% 5,7% 2,1% 1,6% 1,5% 0,6% 3,7% 1,7%

Tasso di crescita PIL 1,4% 1,9% 3,8% 1,7% 0,3% 0,1% 0,9% 0,1%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT e Eurostat

Ipotizzando un tasso inerziale di crescita dei rifiuti per i prossimi cinquant’anni in linea con la media degli ultimi sette anni, la produzione complessiva arriverebbe a 110 milioni di tonnellate!

I risultati in questione segnalano, pur nell’ambito di una profonda disomogeneità tra le diverse Regioni del Paese, come illustrato nella seconda parte del Rapporto, l’esistenza di un gap importante sul tema in questione che ad oggi permane rispetto alle best practice europee, ponendo in luce la necessità di fare ancora molto sul fronte della minimizzazione e prevenzione dei Rifiuti Urbani.

1.3.2. Il recupero e la raccolta differenziata

Nell’ambito del Rapporto, per “rifiuti recuperati” in senso stretto si intende la somma dei rifiuti raccolti in modo differenziato e dei rifiuti raccolti in modo indifferenziato e successivamente trattati in impianti di selezione o compostaggio. In altri termini, la raccolta differenziata più la raccolta indifferenziata che non va a finire presso impianti di termovalorizzazione o discariche.

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In questa accezione, i rifiuti recuperati sul totale della produzione di RU sono passati dal 18% del 1999 al 35% del 2005.

In particolare, le raccolte differenziate sono passate da 3,7 a 7,7 milioni di tonnellate, per un incremento totale pari al 108% e un tasso medio annuo di crescita del 13%.

L’incidenza media percentuale della raccolta differenziata è passata dal 13,1% al 24,3%, mantenendosi ancora molto distante dagli obiettivi inizialmente fissati dal Decreto Ronchi, successivamente rivisti nel Testo Unico Ambientale e recentemente ribaditi nella Finanziaria 2007 (40% nel 2007, 50% nel 2009, 60% nel 2011).

Tabella 2 – Evoluzione della Raccolta Differenziata in Italia (1999-2005)

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005Variazione %(1999-2005)

CAGR(1999-2005)

RU (000 t) 28.364 28.959 29.409 29.864 30.038 31.147 31.677 11,7% 1,9%

RD (000 t) 3.708 4.181 5.115 5.739 6.339 7.067 7.697 107,6% 12,9%

% RD sul totale RU 13,1% 14,4% 17,4% 19,2% 21,1% 22,7% 24,3% 11,2% 10,9%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Il valore medio pro-capite nazionale delle raccolte differenziate è cresciuto da 65 a 131 kg. per abitante/anno (+ 102%).

I rifiuti trattati presso impianti di selezione e compostaggio sono aumentati da 1,4 milioni di tonnellate nel 1999 a 3,0 nel 2005 (+121%).

L’incremento in questione è da porsi in diretta correlazione con l’aumento della dotazione di impianti di selezione e compostaggio, passati da 137 del 1999 a 284 del 2005.

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Tabella 3 – Evoluzione dei rifiuti avviati a selezione e compostaggio e della dotazione impiantistica in Italia (1999-2005)

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Variazione %(1999-2005)

CAGR(1999-2005)

RU (000 t) 28.364 28.959 29.409 29.864 30.038 31.147 31.677 11,7% 1,9%Selezione e com postaggio (000 t) 1.360 1 .952 2 .357 2 .810 2 .786 2 .669 3 .013 121,5% 14,2%% selezione e com postaggio sul totale RU 4,8% 6,7% 8,0% 9,4% 9,3% 8,6% 9,5% 4,7% 12,1%

Num ero im pianti 137 208 212 237 258 251 284 107,3% 12,9%Tonnellate per im pianto 9.927 9 .385 11.118 11.857 10.798 10.633 10.609 6,9% 1,1%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

1.3.3. Il termotrattamento dei rifiuti

La termovalorizzazione dei rifiuti consiste nell’incenerimento degli stessi con recupero energetico, attraverso procedimenti di combustione, gassificazione o pirolisi.

Come detto, dal 1° gennaio 1999 la normativa impone la costruzione di soli impianti con recupero di energia.

La frazione di Rifiuti Urbani trattata presso impianti di incenerimento è passata da 2,1 milioni di tonnellate del 1999 a 3,2 nel 2005, per una crescita complessiva superiore al 50% ed un tasso di crescita medio annuo del 7,6%.

Tabella 4 – Evoluzione dei rifiuti avviati a termotrattamento e della dotazione impiantistica in Italia (1999-2005)

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005Variazione %(1999-2005)

CAGR(1999-2005)

RU (000 t) 28.364 28.959 29.409 29.864 30.038 31.147 31.677 11,7% 1,9%Incenerimento (000 t) 2.072 2.321 2.999 3.027 3.053 3.080 3.213 55,1% 7,6%% incenerimento sul totale RU 7,3% 8,0% 10,2% 10,1% 10,2% 9,9% 10,1% 2,8% 5,6%

Numero impianti 41 43 43 42 49 48 50 22,0% 3,4%Tonnellate per impianto 50.537 53.977 69.744 72.071 62.306 64.167 64.260 27,2% 4,1%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

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La dotazione impiantistica è passata da 41 inceneritori nel 1999 a 50 nel 2005. Ciascun impianto ad oggi incenerisce, in media, quasi 65.000 tonnellate di rifiuti/anno, valore del 27% più alto rispetto al 1999.

Gli alti incrementi percentuali registrati dal 1999 sul tasso di incenerimento non devono tuttavia trarre in inganno: incremento di soli 9 impianti dal 1999 al 2005 e sostanziale stabilità dei volumi inceneriti (circa 3 milioni di tonnellate/anno) negli ultimi cinque anni, a testimonianza dei notevoli margini di miglioramento esistenti in materia.

1.3.4. Lo smaltimento finale in discarica

Lo smaltimento finale in discarica rimane ad oggi la principale destinazione dei Rifiuti Urbani, pur a fronte di una significativa riduzione nel periodo 1999-2005, a vantaggio delle attività di raccolta differenziata, selezione e compostaggio e incenerimento.

I Rifiuti Urbani conferiti in discarica si sono ridotti da 21,8 milioni di tonnellate/anno nel 1999 a 17,2 nel 2005, passando dal 77% al 54% del totale dei rifiuti.

Tabella 5 – Evoluzione dei rifiuti conferiti in discarica e della dotazione impiantistica in Italia (1999-2005)

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005Variazione %(1999-2005)

CAGR(1999-2005)

RU (000 t) 28.364 28.959 29.409 29.864 30.038 31.147 31.677 11,7% 1,9%Discarica (000 t) 21.841 21.917 19.713 18.848 17.999 17.740 17.226 -21,1% -3,9%% discarica sul totale RU 77,0% 75,7% 67,0% 63,1% 59,9% 57,0% 54,4% -22,6% -5,6%

Numero impianti 786 657 619 552 487 401 340 -56,7% -13,0%Tonnellate per impianto 27.788 33.359 31.847 34.145 36.959 44.239 50.665 82,3% 10,5%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

La contrazione dei conferimenti in discarica è stata accompagnata da una riduzione dei siti di oltre il 50%, a fronte della quale permangono tuttora 340 discariche attive sul territorio.

La riduzione ha riguardato soprattutto i siti più piccoli, essendo l’indice tonnellate smaltite/discarica cresciuto di oltre l’80% nel periodo di riferimento.

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1.3.5. Un quadro di sintesi

Riassumendo quanto sin qui detto, l’analisi del ciclo dei rifiuti in Italia permette di trarre una serie di considerazioni interessanti relative all’efficacia complessiva del sistema nazionale.

Sul fronte della produzione dei rifiuti, si è registrata una crescita costante negli ultimi anni, che nel triennio 2002-2004 è stata superiore alla crescita del PIL, anche in ragione dello stato di difficoltà del nostro Paese.

La destinazione dei rifiuti si caratterizza ancora per un ricorso prevalente alla discarica, che a livello nazionale rappresenta quasi il 55% dei Rifiuti Urbani prodotti, mentre i rifiuti recuperati (differenziati a monte/avviati a selezione e compostaggio) rappresentano circa un terzo del totale.

Figura 8 – Destinazione dei Rifiuti Urbani in Italia (% sul totale dei rifiuti prodotti, 2005)

Recupero35,5%

Incenerimento10,1%

Discarica54,4%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Tale situazione è comunque frutto di un quadro che è mutato significativamente negli ultimi anni, e che si è caratterizzato per una diminuzione del ricorso alla discarica di oltre 20 punti percentuali tra il 1999 e il 2005.

I minori volumi di Rifiuti Urbani conferiti in discarica sono stati:

• per il 50% raccolti “a monte” in modo differenziato;

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• per circa il 35% avviati presso gli impianti di selezione e compostaggio;

• per la parte restante avviati ad incenerimento.

Tabella 6 – Evoluzione della destinazione dei Rifiuti Urbani in Italia (% sul totale dei rifiuti prodotti, 1999-2005)

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Var. 99-05 (% )

Discarica 77,0% 75,7% 67,0% 63,1% 59,9% 57,0% 54,4% -22,6%

Incenerimento 7,3% 8,0% 10,2% 10,1% 10,2% 9,9% 10,1% 2,8%

Recupero 15,7% 16,3% 22,8% 26,8% 29,9% 33,1% 35,5% 19,8%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

I progressi sul fronte della modernizzazione del nostro Paese sono confermati anche dal rapporto tra numero di discariche e numero di impianti di selezione, compostaggio e incenerimento, che è passato da 3,5 del 1999 a 0,7 del 2005.

Ciononostante, le discariche rappresentano ancora oltre il 40% degli impianti complessivi, a conferma dell’esistenza di un importante fabbisogno di sviluppo della dotazione infrastrutturale per i prossimi anni.

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Tabella 7 – Evoluzione della dotazione impiantistica italiana (n. impianti, 1999-2005)

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Var. 99-05 (%)

Discariche 786 657 619 552 487 401 340 -57%% sul totale impianti 77,9% 68,2% 65,9% 59,9% 53,4% 49,1% 42,4%Inceneritori 41 43 43 42 49 48 50 22%% sul totale impianti 4,1% 4,5% 4,6% 4,6% 5,4% 5,9% 6,2%Impianti di selezione e compostaggio 137 208 212 237 258 251 284 107%% sul totale impianti 13,6% 21,5% 22,6% 25,7% 28,3% 30,8% 35,4%Impianti di biostabilizzazione e CDR 45 56 65 90 118 116 128 184%% sul totale impianti 4,4% 5,8% 6,9% 9,8% 12,9% 14,2% 16,0%TOTALE IMPIANTI 1.009 964 939 921 912 816 802 -21%Rapporto discariche/altri impianti 3,5 2,1 1,9 1,5 1,1 1,0 0,7 -79%

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Var. 99-05 (%)

Discariche 786 657 619 552 487 401 340 -57%% sul totale impianti 77,9% 68,2% 65,9% 59,9% 53,4% 49,1% 42,4%Inceneritori 41 43 43 42 49 48 50 22%% sul totale impianti 4,1% 4,5% 4,6% 4,6% 5,4% 5,9% 6,2%Impianti di selezione e compostaggio 137 208 212 237 258 251 284 107%% sul totale impianti 13,6% 21,5% 22,6% 25,7% 28,3% 30,8% 35,4%Impianti di biostabilizzazione e CDR 45 56 65 90 118 116 128 184%% sul totale impianti 4,4% 5,8% 6,9% 9,8% 12,9% 14,2% 16,0%TOTALE IMPIANTI 1.009 964 939 921 912 816 802 -21%Rapporto discariche/altri impianti 3,5 2,1 1,9 1,5 1,1 1,0 0,7 -79%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

1.4. L’efficienza complessiva

Nel paragrafo si sviluppa un’analisi dei livelli di efficienza del settore, con particolare riferimento ai principali parametri di costo e produttività, sia in termini generali sia relativamente alle diverse fasi della filiera ed al grado di autosufficienza economica del settore (livello dei ricavi e grado di copertura dei costi).

1.4.1. Costi e produttività

Lo sforzo principale è consistito nel tentare una ricostruzione sistematica del fenomeno “efficienza”, attraverso una fotografia ad oggi sulla base dei dati più recenti ed un’analisi del percorso del settore in questi anni.

Oltre all’elaborazione dei dati economici contenuti nel prezioso contributo di Utilitatis e Federambiente4 e relativi alle spese in conto esercizio, spese in conto capitale (investimenti) dei Comuni italiani in regime Tarsu e ai costi dei Comuni passati a Tariffa, il lavoro si è anche basato sulle evidenze di un’analisi svolta su un campione di 50

4 “Green Book – Aspetti economici della gestione dei Rifiuti Urbani in Italia”, Utilitatis -Federambiente, Dicembre 2006.

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operatori italiani, identificato e popolato nella progettazione dell’Osservatorio dei Servizi Pubblici Locali, nell’ambito della V Commissione del CNEL.

Il panel in questione è composto da aziende che rappresentano il settore dei Rifiuti Urbani in tutte le sue articolazioni, sia in termini di aree geografiche (tutte le Regioni italiane) che di tipologia di operatori (pubblici e privati), dal punto di vista dimensionale (grandi, medie e piccole aziende) e del grado di integrazione verticale (operatori integrati su tutta la filiera/operatori focalizzati sulla raccolta/operatori specializzati nell’impiantistica).

Figura 9 – Il panel CNEL di aziende operanti nel settore dei Rifiuti Urbani

N° Aziende Fatturato delsettore

Ton. Raccolte Abitanti serviti

Panel di aziende analizzate Aziende del settore

38%38%61%61%

1%1%

3.993 aziende

5.870 mln. di Euro

31.147 mila ton.

56.306 mila abitanti100 % =

50%50%

N° Aziende Fatturato delsettore

Ton. Raccolte Abitanti serviti

Panel di aziende analizzate Aziende del settorePanel di aziende analizzate Aziende del settore

38%38%61%61%

1%1%

3.993 aziende

5.870 mln. di Euro

31.147 mila ton.

56.306 mila abitanti100 % =

50%50%

Fonte: elaborazioni Axteria

I costi totali per la gestione dei Rifiuti Urbani sono passati da 4,9 miliardi di Euro del 1998 a 6,5 miliardi del 2004, evidenziando una crescita del 34%. Al fine di disporre di un quadro chiaro e veritiero del percorso del settore in questi anni, risulta tuttavia necessario normalizzare tali valori correnti tenendo conto di:

• tassi di crescita dei rifiuti, al fine di comprendere l’andamento del costo per unità di prodotto (tonnellata di rifiuti);

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• dinamiche inflattive, al fine di mettere a fuoco l’evoluzione del costo per unità di prodotto a valori costanti.

Tabella 8 – Evoluzione dei costi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (1998-2004)

1998 2000 2002 2004Variazione %(1998-2004)

Costi totali(mln Euro)

4.876 5.314 5.993 6.514 33,6%

osto per tonnellata raccolta (Euro valori correnti)

181,6 183,5 200,7 209,2 15,2%

osto per tonnellata raccolta Euro valori costanti)

209,2 202,7 210,6 209,2 0,0%

C

C(

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis L’analisi in questione evidenzia un risultato molto interessante: l’incremento dei costi totali del settore dal 1998 al 2004 è interamente riconducibile all’aumento della produzione di rifiuti e alle dinamiche inflattive.

La stabilità del costo per tonnellata a valori costanti, pur evidenziando un margine di efficientamento rispetto alle “best practice” europee, come si illustrerà nel prosieguo del Rapporto, rappresenta un risultato estremamente positivo ottenuto dal settore.

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un notevole incremento del costo dei fattori produttivi (carburanti, manutenzioni, assicurazioni, ecc.), in misura più che proporzionale rispetto alle dinamiche inflattive, oltre che da un miglioramento del grado di modernizzazione del settore sostenuto da importanti investimenti e da una crescita della dotazione infrastrutturale ancora non sufficiente, ma comunque maggiore rispetto a qualche anno fa (incremento di circa 240 impianti di biostabilizzazione, selezione, compostaggio e incenerimento tra il 1999 e il 2005).

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Figura 10 – Evoluzione del costo dei principali fattori produttivi (1996-2003)

30,0%

20,0%

35,0%

18,0%20,0%

35,0%

Ricambi Carburanti Lubrificanti Riparazioni Manutenzioni Assicurazioni

Fonte: elaborazioni Axteria su dati ISTAT

Interessanti evidenze emergono inoltre dalla disarticolazione dei costi totali del settore per natura (costi del personale, materie prime, servizi, ammortamenti e accantonamenti, altri costi), sviluppata a partire dal “panel” di Aziende del costituendo Osservatorio CNEL ed utili per comprendere le cause alla base delle diverse performance.

La struttura dei costi di settore evidenzia un’incidenza dei costi del personale pari al 41% del totale, dei costi per servizi pari a 37%, dei costi per materie prime pari al 5% e degli ammortamenti e accantonamenti del 11%.

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Figura 11 – Scomposizione dei costi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (2004)

Amm.ti e acc.ti11%

Altri costi6%

Materie prime5%

Servizi37%

Personale41%

Mld di Euro

Personale 2.671

Servizi 2.410

Materie prime 326

Ammortamenti ed accantonamenti 717

Altri costi 391

TOTALE COSTI 6.514

Amm.ti e acc.ti11%

Altri costi6%

Materie prime5%

Servizi37%

Personale41%

Mld di Euro

Personale 2.671

Servizi 2.410

Materie prime 326

Ammortamenti ed accantonamenti 717

Altri costi 391

TOTALE COSTI 6.514

Fonte: elaborazioni Axteria

Il raffronto tra la struttura dei costi del settore dei Rifiuti Urbani e quella relativa agli altri Servizi Pubblici Locali e, più in generale, al sistema produttivo italiano nel suo complesso, evidenzia un’incidenza dei costi del personale significativamente più elevata rispetto agli altri settori.

Figura 12 – Incidenza dei costi del personale sul totale dei costi: confronto settore dei Rifiuti Urbani con altri Servizi Pubblici Locali (2004)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Axteria, Mediocredito Centrale, Mediobanca

14%

22%

41%

Igiene Ambientale Energia Elettrica, Gas, Acqua Mercato generale*

* Analisi condotta da Mediobanca con riferimento a un panel di 2.000 Aziende italiane

14%

22%

41%

Igiene Ambientale Energia Elettrica, Gas, Acqua Mercato generale*

* Analisi condotta da Mediobanca con riferimento a un panel di 2.000 Aziende italiane

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Il peso significativo dei costi del personale sul totale dei costi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia è fondamentalmente riconducibile a:

• natura maggiormente “labour intensive” del settore dei rifiuti rispetto ad altri sistemi produttivi;

• peculiarità del settore italiano dei rifiuti, caratterizzato da un’incidenza più elevata rispetto agli analoghi settori degli altri paesi europei, a causa di una prevalenza delle attività di raccolta e spazzamento rispetto alle attività di trattamento e smaltimento, caratterizzate da una maggiore intensità di capitale e da una minore produttività dei servizi tradizionali.

L’analisi condotta sui bilanci societari delle aziende del “panel CNEL” mette in luce come la struttura dei costi assuma configurazioni diverse all’interno del settore, a seconda del modello di business degli operatori e più nello specifico del loro grado di integrazione verticale. In particolare, la natura “labour intensive” dei servizi è strettamente legata alle attività di raccolta, mentre gli operatori focalizzati sull’impiantistica (trattamento e smaltimento finale) sono caratterizzati per un’incidenza del fattore lavoro molto meno significativa.

Figura 13 – Incidenza dei costi del personale sul totale dei costi: articolazione sulla filiera (2005)

24%

46%41%

Media settore Igiene Ambientale Media operatori focalizzati sullaRaccolta

Media operatori focalizzati sultrattamento e smaltimento

Fonte: elaborazioni Axteria

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La recente ricerca di Mediobanca5 sulle aziende che servono le principali città italiane conferma tale evidenza, mostrando un’incidenza dei costi del personale molto più elevata nelle realtà più deboli sul trattamento e smaltimento e nettamente più contenuta per gli operatori fortemente integrati sull’impiantistica.

Figura 14 – Correlazione inversa tra incidenza dei costi del personale e incidenza trattamento e smaltimento per i principali operatori italiani del settore dei Rifiuti Urbani (2005)

20,2%32,5%

41,2%51,1%

AMA Rm ASIA Na HERA ASM Bs

Incidenza trattamento e smaltimento sul totale dei rifiuti

BASSA ALTA

20,2%32,5%

41,2%51,1%

AMA Rm ASIA Na HERA ASM Bs

Incidenza trattamento e smaltimento sul totale dei rifiuti

BASSA ALTA

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Mediobanca

Particolarmente significativa risulta inoltre la disaggregazione dei costi del settore tra costi dei processi produttivi “core” e costi indiretti relativi alle attività ausiliarie e di supporto (staff).

I costi dei processi di raccolta (e spazzamento), trattamento e smaltimento, ivi inclusi i costi del capitale delle infrastrutture relative (ammortamenti degli asset strumentali all’esercizio delle attività), sono pari al 89% dei costi complessivi, mentre l’incidenza dei costi indiretti6 è pari al 11% del totale .

La distinzione in esame è stata ricavata a partire dai dati APAT-ONR relativi alle dichiarazioni MUD di un campione di Comuni pari a oltre il 70% del totale nazionale.

5 “Le società controllate dai maggiori Comuni italiani: costi, qualità ed efficienza”, Civicum-Mediobanca 2007. 6 Costi generali di gestione, costi amministrativi e altri costi comuni.

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Nell’ambito dei costi relativi ai processi produttivi “core” (pari a 5,8 miliardi di Euro a livello Italia), 1 miliardo è relativo ai costi operativi di spazzamento e lavaggio strade e piazze pubbliche, 1,5 relativi ai costi di raccolta e trasporto di rifiuti indifferenziati, 0,8 ai costi di raccolta differenziata, 1,9 relativi ai costi di trattamento e smaltimento (sia di rifiuti indifferenziati che di rifiuti differenziati), 0,4 miliardi di Euro ai costi d’uso del capitale (ammortamenti, accantonamenti e remunerazione del capitale investito) e 0,2 miliardi di Euro circa ad altri costi.

Figura 15 – Articolazione dei costi dei processi produttivi “core” del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (%, 2004)

Costi di raccolta e trasporto RSU

1,5 mld(26%)

Costi di spazzamento e

lavaggio 1,0 mld(18%)

Altri costi0,2 mld(3%)

Costi di trattamento e

smaltimento RD0,2 mld(4%)

Costi del Capitale0,4 mld

(7%)

Costi di raccolta RD

0,8 mld(13%)

Costi di trattamento e

smaltimento RSU1,7 mld(29%)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis, APAT

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1.4.2. Livello dei ricavi e grado di copertura dei costi

Ai fini della determinazione del fatturato complessivo del comparto dei Rifiuti Urbani, si fa riferimento all’analisi svolta da Utilitatis e Federambiente7, considerando la somma delle entrate di natura tributaria (Tarsu) e di quelle derivanti dall’applicazione dei meccanismi tariffari.

In tale ottica, il fatturato del settore passa da 4,3 miliardi di Euro del 1999 a circa 5,9 miliardi di Euro del 2004, corrispondenti ad una crescita del 37%.

Il suddetto sviluppo dei ricavi, più che proporzionale rispetto alla dinamica di crescita dei costi evidenziata nel precedente paragrafo 1.4.1., si è tradotto in un miglioramento del grado di copertura dei costi, che passa dal 83,4% del 1999 al 90,1% del 2004.

Tabella 9 – Evoluzione del grado di copertura dei costi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (1999-2004)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis, APAT

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis

1999 2001 2003 2004

Gettito TARSU + TIA(mln Euro )

4.280 4.828 5.508 5.870

stimln Euro )

5.132 5.505 6.464 6.514

Grado di copertura dei costi (% ) 83,4% 87,7% 85,2% 90,1%

Co(

In analogia alla precedente normalizzazione del trend dei costi rispetto alle dinamiche inflattive appare estremamente utile sviluppare il medesimo ragionamento sul fronte dei ricavi.

L’andamento dei ricavi per unità di rifiuto prodotto in termini monetari reali (anno base 2004) permette di verificare che la crescita delle entrate a tonnellata è stata pari al 10% nel periodo preso in esame, a fronte di un costo per unità di prodotto rimasto invariato.

7 “Green Book – Aspetti economici della gestione dei Rifiuti Urbani in Italia”, Utilitatis -Federambiente, Dicembre 2006.

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Tabella 10 – Evoluzione dei ricavi del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (1999-2004)

1999 2001 2003 2004Variazione %(1999-2004)

Ricavi totaliln Euro)

4.280 4.828 5.508 5.870 37,1%

icavi per tonnellatauro valori correnti)

150,9 164,2 183,4 188,4 24,9%

icavi per tonnellata a valori costantiuro valori costanti)

170,9 176,6 187,4 188,4 10,3%

(mR(ER(E

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis

La stima del fatturato complessivo del comparto fa riferimento, come detto, alle entrate di natura tributaria o riferite all’applicazione dei meccanismi tariffari.

Una ulteriore fonte di ricavo per gli operatori del settore dei Rifiuti Urbani è costituita dai corrispettivi riconosciuti dal Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) per la raccolta di rifiuti da imballaggio da avviare a recupero o riciclo.

Figura 16 – La filiera della Raccolta Differenziata in Italia

Flussi materiali

Flussi economici

Produttori/utilizzatori

Comuni/operatori

Utenti

Consorzi di filiera

Imballaggi RD

Imballaggirecuperati

Imballaggirecuperati

Contributi Corrispettivi

Flussi materiali

Flussi economici

Flussi materiali

Flussi economici

Flussi materiali

Flussi economici

Produttori/utilizzatoriProduttori/utilizzatori

Comuni/operatoriComuni/operatori

UtentiUtenti

Consorzi di filiera

Consorzi di filiera

Imballaggi RD

Imballaggirecuperati

Imballaggirecuperati

Contributi Corrispettivi

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Tali corrispettivi, fissati a livello nazionale nell’ambito dell’Accordo Quadro stipulato tra il CONAI e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (che riguarda un numero di Comuni rappresentativi di oltre il 90% della popolazione italiana) rappresentano oggi, anche in virtù dei bassi livelli di Raccolta Differenziata che caratterizzano il nostro paese, un introito assolutamente secondario per le Aziende, con un valore complessivo stimabile nell’ordine dei 180 milioni di Euro8, pari cioè al 3% circa delle entrate tributarie e tariffarie.

Tali ricavi, come dettagliato nella tabella seguente, fanno riferimento, per circa il 90%, alle frazioni merceologiche della carta e della plastica.

Tabella 11 – Stima dei ricavi da vendita di imballaggi recuperabili (2005)

Frazione merceologica Volumi in convenzioneCorrispettivi unitari Corrispettivi complessivi % sul totale(tonnellate) (€/t.) (mln. Euro)

Acciaio 142.000 56,0 8,0 4,5%Alluminio 4.900 263,9 1,3 0,7%Carta 949.000 84,5 80,2 45,0%Legno 126.000 9,3 1,2 0,7%Plastica 360.000 214,0 77,0 43,3%Vetro 652.000 16,0 10,4 5,9%

2.233.900 178,1 100%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati CONAI

L’analisi dei bilanci di alcuni tra i principali operatori italiani del settore conferma le stime sin qui esposte, evidenziano come:

• per AMA Roma, i ricavi da vendita di materiale recuperato sono pari a meno del 2% dei ricavi da Tariffa;

• per AMIAT Torino e AMSA Milano, operatori caratterizzati da livelli di Raccolta Differenziata sensibilmente più elevati, i corrispettivi arrivano a rappresentare il 4% circa dei ricavi da servizi di Raccolta e Pulizia.

La redditività media del comparto, espressa in termini di margine EBIT9 così come emerge dalle analisi condotte sul panel CNEL in precedenza descritto, è pari al 4% circa.

8 Stima effettuata a partire da dati CONAI su volumi di rifiuti in convenzione e corrispettivi unitari definiti nell’Accordo Quadro ANCI-CONAI. 9 Risultato Operativo/ Valore della Produzione.

41

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L’analisi ha tuttavia chiarito come in realtà la profittabilità delle aziende sia molto diversa in funzione del grado di integrazione sulle diverse fasi della filiera. In particolare:

• le Aziende focalizzate sulle sole attività di Raccolta presentano una marginalità negativa (-4%);

• le Aziende focalizzate sulle fasi ad elevata intensità di capitale sono quelle caratterizzate dalle migliori performance reddituali (+7%).

Figura 17 – Redditività delle aziende del settore dei Rifiuti Urbani in Italia (2005)

7,0%

-4,2%

4,2%

Media Settore Solo Raccolta Solo Trattamento eSmaltimento

Fonte: elaborazioni Axteria

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, in particolare, risulta tuttavia opportuno fare delle distinzioni, essendo la filiera impiantistica caratterizzata da livelli di profittabilità diversi, in funzione delle tipologie di impianti gestiti dalle aziende.

Per ciò che riguarda le discariche, in particolare, esse rappresentano un business contraddistinto da una profittabilità elevata: pur a fronte degli stringenti vincoli ambientali e tecnologici imposti dalla normativa negli ultimi anni, e dei conseguenti aggravi di costo a carico dei gestori, infatti, il margine industriale è stimabile nell’ordine del 20% circa dei ricavi.

Relativamente al compostaggio, la marginalità industriale associata alla gestione degli impianti è invece fortemente condizionata dalla qualità dei rifiuti in ingresso: un recente

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studio condotto a cura del Consorzio Italiano Compostatori10 ha infatti evidenziato come il Margine Operativo Lordo (espresso come percentuale dei ricavi da vendita di Compost) possa variare tra il -20% (caso peggiore) e il +40% (caso migliore), in funzione degli scarti prodotti nel processo di lavorazione, la cui quantità è condizionata dalla bontà dei rifiuti organici conferiti.

Per ciò che riguarda, infine, il termotrattamento dei rifiuti, esso rappresenta, come noto, un’attività economica “storicamente” profittevole, con margini industriali (EBIT Margin) normalmente vicini al 40-45% del fatturato e utili nell’ordine del 20%.

Tali livelli di redditività trovano giustificazione nelle tariffe di vendita dell’Energia Elettrica prodotta presso tali impianti, che fino ad oggi hanno beneficiato di misure di incentivazione sui ricavi (CIP6, Certificati Verdi) molto consistenti sul piano economico.

La possibilità che, nello scenario normativo in divenire, il Rifiuto Urbano possa non essere più considerato una “fonte rinnovabile”, e la conseguente decadenza di tali incentivi (la cui durata è comunque transitoria), rende tuttavia opportuna una riflessione circa la sostenibilità nel tempo di tali risultati economici: una simulazione condotta sul Conto Economico di un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti “tipo”, ipotizzando tariffe di vendita di Energia Elettrica non più accompagnate da misure di incentivazione, bensì allineate ai prezzi negoziati sulla Borsa Elettrica (ca. 70 Euro/MWh nell’ultimo anno solare di riferimento), pone in luce infatti una contrazione molto significativa dei margini, con un EBIT Margin nell’ordine del 20% e utili d’esercizio nell’ordine del 3-5%.

1.5. L’assetto gestionale: struttura e caratteristiche del mercato

Nell’ambito di questo paragrafo, vengono approfonditi due aspetti salienti che caratterizzano il settore dei Rifiuti Urbani:

• il modello dei ricavi, in termini di grado di diffusione della Tariffa di Igiene Ambientale (TIA);

• la struttura dell’offerta, con riferimento alle caratteristiche degli operatori presenti sul mercato (concentrazione, assetti proprietari, ecc.).

Relativamente al primo aspetto, la distinzione importante da fare è relativa al meccanismo di copertura dei costi di servizi.

10 “Analisi economica costi-benefici di impianti di compostaggio dedicati alla produzione di Ammendante Compostato Verde e Ammendante Compostato Misto”, Padova, Marzo 2006.

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In particolare, il Decreto Legislativo 22/1997 (c.d. “decreto Ronchi”) ha introdotto il meccanismo della Tariffa di Igiene Ambientale, che segna il superamento del precedente regime Tarsu e risponde ad una serie di obiettivi principali:

• finanziare i servizi di Igiene Ambientale, senza intaccare le risorse finanziarie dei Comuni;

• stimolare la riduzione della produzione di rifiuti, commisurando a tale parametro l’ammontare del corrispettivo pagato dai cittadini;

• garantire una maggiore equità del prelievo tra i diversi cittadini.

Figura 18 – Tarsu vs. Tariffa di Igiene Ambientale in Italia: principali differenze

TariffaTassa

Natura del corrispettivo

Finanziamento del costo

Modalità di allocazione dei costi

Criteri di remunerazione del gestore

Riscossione

Rischio industriale

Tassazione ambientale

Tributario e svincolato dell'effettivo godimento

Tariffario, con caratteristiche di corrispettivo per il servizio ricevuto

In parte attraverso il gettito della tassa, in parte attraverso la finanza comunale

Interamente attraverso le entrate tariffarie

Superfici immobiliari; eventuali correttivi per tener conto della produzione di rifiuti

Volumi di rifiuti prodotti e/o qualità e quantità di servizio "consumata"

A piè di lista (gestioni pubbliche). Corrispettivo definito in sede di gara (gestioni in affidamento e privati).

Sulla base del principio di equilibrio economico- finanziario fra costi e ricavi, con l'introduzione di incentivi per l'efficientamento del sistema

Comune Gestore/Comune

Sul Comune (il Comune riscuote la tassa e remunera il gestore sulla base del contratto di servizio)

Sul gestore (il gestore riscuote direttamente la tariffa e sopporta il rischio che le entrate si discostino dai costi)

Il cittadino paga una tassa a prescindere dagli sforzi per minimizzare i rifiuti o partecipare alle raccolte differenziate

La tariffa agisce da stimolo per la riduzione dei rifiuti e la partecipazione alla raccolta differenziata

Fonte: Intesa Bci, ANPA

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In concreto, a quasi dieci anni dalla sua introduzione, la ratio della Tariffa non è ad oggi pienamente soddisfatta, per due ordini di ragioni principali:

• in primo luogo, la Tariffa non ha ancora trovato larga diffusione nel nostro Paese, essendo la stragrande maggioranza dei Comuni ancora in regime Tarsu;

• in secondo luogo, i meccanismi di applicazione della Tariffa non hanno in concreto permesso di cogliere appieno gli obiettivi del nuovo regime di remunerazione.

Con riferimento al primo aspetto, la Tariffa di Igiene Ambientale è oggi applicata in circa il 10% dei Comuni italiani.

La popolazione residente in Comuni in cui viene applicata la Tariffa è pari a circa un quarto dei cittadini italiani, grazie all’introduzione della stessa in alcuni grandi Comuni (es. Roma).

Figura 19 – Diffusione della Tariffa di Igiene Ambientale in Italia (2000-2005, n. Comuni)

776

447

345283

200

564

2000 2001 2002 2003 2004 2005

Popolazione residente

% sul totale popolazione

2.012.127 2.307.189 3.658.907 8.001.872 9.820.351 14.272.078

% sul totale Comuni

3,6% 4,1% 6,5% 14,5% 17,4% 24,7%

2,5% 3,5% 4,3% 5,5% 7,0% 9,6%

Dal 2000 al 2005 il numero dei Comuni passati a tariffa è quasi quadruplicato

776

447

345283

200

564

2000 2001 2002 2003 2004 2005

Popolazione residente

% sul totale popolazione

2.012.127 2.307.189 3.658.907 8.001.872 9.820.351 14.272.078

% sul totale Comuni

3,6% 4,1% 6,5% 14,5% 17,4% 24,7%

2,5% 3,5% 4,3% 5,5% 7,0% 9,6%

Dal 2000 al 2005 il numero dei Comuni passati a tariffa è quasi quadruplicato

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Con riferimento al secondo punto, giova ricordare che la Tariffa permette di garantire la massima equità ed efficacia, oltre ad essere realmente disincentivante della produzione di rifiuti, allorché la sua applicazione sia accompagnata da sistemi che permettano la misurazione dei rifiuti indifferenziati prodotti dalla singola utenza domestica (meccanismo del “pay as you throw”).

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In Italia, il metodo maggiormente utilizzato è invece costituito dall’applicazione di coefficienti “presuntivi”, diversi per categoria di utenza e proporzionali rispetto alla superficie occupata.

______________

Relativamente alla struttura dell’offerta di servizi sul territorio, l’analisi è stata condotta su una serie di variabili principali:

• livello di concentrazione;

• grado di “aziendalizzazione” del settore;

• incidenza del settore pubblico rispetto al settore privato;

• grado di integrazione verticale degli operatori.

Il settore dei Rifiuti Urbani in Italia si caratterizza per la presenza di un numero molto elevato di gestori (circa 4.000).

I gestori presidiano normalmente ambiti territoriali molto circoscritti; l’analisi delle principali aziende italiane evidenzia come, con l’eccezione di Hera, esse servano un numero di Comuni molto basso rispetto al totale dei Comuni della Regione, a testimonianza della presenza diffusa di “piccoli monopoli locali”.

Tabella 12 – Quota di mercato regionale dei principali operatori italiani di Igiene Urbana (% Comuni serviti/ totale Comuni della Regione)

Società N° Comuni serviti % sul totale Comuni

HERA 183 53,67%

ASM Brescia 97 6,27%

VESTA Venezia 28 4,82%

AMIU Genova 7 2,98%

AMSA Milano 8 0,52%

AMA Roma 1 0,26%

ASIA Napoli 1 0,18%

AMIAT Torino 1 0,08%

Società N° Comuni serviti % sul totale Comuni

HERA 183 53,67%

ASM Brescia 97 6,27%

VESTA Venezia 28 4,82%

AMIU Genova 7 2,98%

AMSA Milano 8 0,52%

AMA Roma 1 0,26%

ASIA Napoli 1 0,18%

AMIAT Torino 1 0,08%

Fonte: elaborazioni Axteria

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Per ciò che riguarda il secondo aspetto, il settore si caratterizza per una presenza ancora molto forte di gestioni in economia, che rappresentano oltre il 40% dei circa 4.000 gestori del servizio presenti sul territorio nazionale.

Figura 20 – Forme di gestione del servizio di Igiene Urbana in Italia: % sul numero dei gestori (2004)

Gestione in economia

1.690(42,3%)

Aziende2.303

(57,7%)

Gestione in economia1.690

(42,3%)

Aziende2.303

(57,7%)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati FISE-Assoambiente, Utilitatis, ISTAT

Le gestioni in economia sono maggiormente diffuse nei Comuni più piccoli: i residenti in Comuni serviti da gestioni in economia è infatti pari a solo il 14% della popolazione italiana.

L’elevato grado di frammentazione, in parte riconducibile alla presenza ancora molto significativa delle gestioni in economia, ha come conseguenza una situazione caratterizzata da “nanismo” aziendale:

• il gestore medio italiano è molto piccolo: 30 addetti, 14.000 abitanti serviti, 7.800 tonnellate raccolte;

• i primi cinque player del mercato italiano servono complessivamente poco più del 20% del totale degli abitanti del nostro Paese.

L’analisi degli assetti proprietari delle aziende mostra come il 38% dei Comuni italiani sia servito da aziende private, il 35% da aziende pubbliche, il 16% da aziende a capitale misto e l’11% in economia.

In termini di popolazione servita, le aziende pubbliche presentano tuttavia una netta prevalenza, essendo i principali Comuni italiani serviti da operatori pubblici.

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Figura 21 – Forme di gestione del servizio di Igiene Urbana in Italia: % sul numero dei Comuni serviti da imprese (2004)

Gestioni in economia

11%

Comuni serviti da aziende miste

16%

Comuni serviti da aziende pubbliche

35%

Comuni serviti da aziende private

38%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati FISE-Assoambiente

Per ciò che riguarda il livello di integrazione verticale degli operatori, un recente studio condotto dall’AGICI11 ha evidenziato come il mercato sia oggi di fatto presidiato da tre tipologie di Aziende:

• operatori “monoutility”, attivi su tutte le fasi della filiera (che servono complessivamente il 56% della popolazione italiana). È il caso, ad esempio, di AMSA Milano e AMIAT Torino, tra le principali aziende italiane del settore;

• multiutility/gruppi diversificati (23% degli abitanti serviti), operanti anche nel settore dell’Igiene Urbana (es. Hera Bologna, ASM Brescia);

• operatori specializzati su singole fasi della filiera (tipicamente trattamento e smaltimento), che servono a livello aggregato il 21% della popolazione.

11 “Il settore dei Rifiuti Solidi Urbani ed assimilati: benchmarking strategico dei primi 57 operatori”; AGICI; edizione 2006.

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Figura 22 – Articolazione del settore dei Rifiuti Urbani in Italia per tipologia di gestori (% sulla popolazione servita, 2004)

Multiutility23%

Monoutility56%

Specializzate21%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati AGICI

1.6. L’Italia nel contesto europeo dei servizi di Igiene Urbana: gap rispetto alle best practice e spunti di evoluzione per il nostro Paese

Il sistema italiano, pur presentando (come approfondito nella Parte Seconda del presente Rapporto) un panorama estremamente articolato sul territorio, con alcune Regioni che possono già essere considerate dei sistemi “evoluti”, evidenzia una serie di gap importanti in termini di efficacia ed efficienza economica rispetto alle migliori pratiche europee.

Per ciò che riguarda l’efficacia, un primo dato di interesse è rappresentato dal rapporto tra produzione di Rifiuti Urbani e ricchezza nazionale (PIL), che esprime la capacità di ciascun “sistema paese” di contenere la crescita dei rifiuti.

L’analisi del rapporto tra i tassi di crescita della produzione e del PIL evidenzia una maggiore capacità, nei paesi analizzati, di contenere l’incremento dei rifiuti rispetto alle dinamiche di evoluzione della ricchezza nazionale, con un rapporto mediamente pari al 37%, contro il 63% dell’Italia.

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Figura 23 – Relazione tra crescita dei Rifiuti Urbani e crescita del PIL (1995-2004)

7,9%

23,1%

33,8%

40,8% 42,8% 44,1%

53,1% 53,7%

63,5%

Belgio Finlandia Paesi Bassi UK Francia Germania Danimarca Spagna Italia

(*) Pro capite.(**) Nella media del Panel non è inclusa l’Italia.

Media Panel**:

37,4%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati ISTAT, Eurostat

Un’ulteriore analisi di interesse ai fini della valutazione dell’efficacia complessiva dei diversi sistemi nazionali riguarda la destinazione dei Rifiuti Urbani, ed in particolare il grado di ricorso alla discarica. Con l’eccezione di Finlandia e Inghilterra, l’Europa si caratterizza per un utilizzo di tale modalità di smaltimento del rifiuto significativamente inferiore rispetto all’Italia, e mediamente pari al 31%.

CAGR % RU* (95-04) 0,3% 1,1% 1,4% 2,1% 1,7% 1,7% 2,1% 2,9% 2,2%

CAGR % PIL* (95-04) 3,8% 4,8% 4,1% 5,1% 4,0% 3,0% 4,0% 5,4% 3,5%

7,9%

23,1%

33,8%

40,8% 42,8% 44,1%

53,1% 53,7%

63,5%

Belgio Finlandia Paesi Bassi UK Francia Germania Danimarca Spagna Italia

(*) Pro capite.(**) Nella media del Panel non è inclusa l’Italia.

Media Panel**:

37,4%

CAGR % RU* (95-04) 0,3% 1,1% 1,4% 2,1% 1,7% 1,7% 2,1% 2,9% 2,2%

CAGR % PIL* (95-04) 3,8% 4,8% 4,1% 5,1% 4,0% 3,0% 4,0% 5,4% 3,5%

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Figura 24 – Percentuale di Rifiuti Urbani smaltiti in discarica (2004)

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia(**) Dato 2005

69%

60%54%

51%

37%

18%

10%

4%2%

Paesi Bassi Danimarca Belgio Germania Francia Spagna Italia** Finlandia UK

Media panel*: 31%

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia(**) Dato 2005

69%

60%54%

51%

37%

18%

10%

4%2%

Paesi Bassi Danimarca Belgio Germania Francia Spagna Italia** Finlandia UK

Media panel*: 31%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT, Eurostat

Al minore ricorso alla discarica, si accompagnano naturalmente valori di recupero e incenerimento dei rifiuti significativamente più elevati rispetto all’Italia. La differenza è estremamente significativa per quanto riguarda in particolare l’incenerimento dei rifiuti: in Europa circa un quarto dei rifiuti prodotti vengono inceneriti, mentre per l’Italia questa percentuale sfiora appena il 10%.

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Tabella 13 – Destinazione dei Rifiuti Urbani (2004)

PAESE % DISCARICA % INCENERIMENTO % RECUPERO

ITALIA* 54,4% 10,1% 35,5%

UK 69,3% 8,1% 22,6%

FINLANDIA 60,0% 9,9% 30,1%

SPAGNA 50,8% 5,3% 43,9%

FRANCIA 37,3% 33,6% 29,1%

GERMANIA 17,7% 24,5% 57,8%

BELGIO 10,1% 33,1% 56,8%

DANIMARCA 4,5% 54,5% 41,0%

PAESI BASSI 1,8% 32,3% 65,9%

Media 35,7% 24,1% 40,2%

(*) Dati 2005

PAESE % DISCARICA % INCENERIMENTO % RECUPERO

ITALIA* 54,4% 10,1% 35,5%

UK 69,3% 8,1% 22,6%

FINLANDIA 60,0% 9,9% 30,1%

SPAGNA 50,8% 5,3% 43,9%

FRANCIA 37,3% 33,6% 29,1%

GERMANIA 17,7% 24,5% 57,8%

BELGIO 10,1% 33,1% 56,8%

DANIMARCA 4,5% 54,5% 41,0%

PAESI BASSI 1,8% 32,3% 65,9%

Media 35,7% 24,1% 40,2%

(*) Dati 2005

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT, Eurostat

Per quanto riguarda l’efficienza dei diversi “sistemi paese” europei, l’analisi si è focalizzata sui quattro paesi maggiormente omogenei dal punto di vista dimensionale (Inghilterra, Spagna, Germania e Francia).

Con riferimento all’analisi dei costi per unità di prodotto (costi complessivi del sistema/ produzione di Rifiuti Urbani), emerge con chiarezza un divario di efficienza tra l’Italia e le best practice europee superiore al 10%.

Italia e Inghilterra, paesi caratterizzati dal maggior ricorso alla discarica, sono anche le nazioni in cui si riscontrano i maggiori costi complessivi, a dimostrazione di una correlazione tra modello di ciclo dei rifiuti e grado di efficienza.

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Figura 25 – Costi del servizio di Igiene Urbana per rifiuto prodotto (2004)

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia

210,0209,2

196,0

164,5158,8

Francia Spagna Germania Italia UK

Media panel*: 182,3 €

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia

210,0209,2

196,0

164,5158,8

Francia Spagna Germania Italia UK

Media panel*: 182,3 €

Fonte: elaborazioni Axteria su fonti diverse

Al minor livello dei costi per unità di prodotto si accompagnano performance più soddisfacenti rispetto all’Italia sul fronte dell’equilibrio economico di sistema, misurato dal rapporto tra ricavi e costi complessivi (grado di copertura dei costi).

Il confronto pone in luce come tutti i paesi analizzati siano in equilibrio su questo versante, con un grado di copertura dei costi sistematicamente superiore al 100%.

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Figura 26 – Grado di copertura dei costi (2004)

117,3%108,0%105,4%102,0%

90,1%

ITALIA SPAGNA GERMANIA UK FRANCIA

Media esclusa Italia: 108,2%

117,3%108,0%105,4%102,0%

90,1%

ITALIA SPAGNA GERMANIA UK FRANCIA

Media esclusa Italia: 108,2%

Fonte: elaborazioni Axteria su fonti diverse

Fermo restando che le ragioni del gap rispetto all’Europa sono molteplici, e comunque riconducibili a un più generale divario di competitività del sistema complessivo, le principali cause “intrinseche” alla base del differenziale di performance sono le seguenti:

• assetto gestionale più evoluto, sia dal punto di vista dimensionale sia in termini di integrazione territoriale ed industriale;

• divario nella dotazione impiantistica a sostegno del ciclo dei rifiuti, sia in termini di numerosità che di taglia media;

• maggiore produttività dei servizi di raccolta e pulizia;

• elevata incidenza dei ricavi da trattamento e smaltimento sul fatturato complessivo, in ragione della maggiore capacità di generare valore a valle della filiera;

• livelli tariffari a totale copertura di costi, investimenti e remunerazione del capitale, in virtù di un più spiccato orientamento al principio “pay as you throw”, oltre che come conseguenza del punto precedente;

• chiarezza di politiche industriali “di sistema”, in termini di obiettivi strategici, iniziative e strumenti economici e normativi riconducibili all’interno di un quadro organico e coerente.

Con riferimento all’assetto gestionale, l’Italia si caratterizza per una situazione di “nanismo” nella struttura dell’offerta.

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Il confronto tra la dimensione media degli operatori italiani e quella degli altri paesi europei pone infatti in risalto come questi ultimi siano significativamente più grandi.

Figura 27 – Produzione di Rifiuti Urbani/ numero gestori (2004)

60.534

35.152

17.875

11.4677.800

Germania Regno Unito Spagna Francia Italia

Media panel*: 31.257

60.534

35.152

17.875

11.4677.800

Germania Regno Unito Spagna Francia Italia

Media panel*: 31.257

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Eurostat, fonti diverse

In diretta conseguenza della piccola dimensione degli operatori italiani, il livello di concentrazione del mercato è estremamente diverso. Come già ricordato, i primi cinque operatori italiani servono complessivamente poco più di un quinto della popolazione nazionale, mentre negli altri paesi i “top five” arrivano a servire in media il 40% degli abitanti.

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Figura 28 – Popolazione servita dai primi cinque operatori del settore dei Rifiuti Urbani (% sulla popolazione totale, 2004)

46%

38% 38%36%

21%

Francia Germania Spagna UK Italia

Media: 40%

46%

38% 38%36%

21%

Francia Germania Spagna UK Italia

Media: 40%

Fonte: elaborazioni Axteria su fonti diverse

La maggiore competitività in termini di assetto è anche riconducibile al più elevato grado di integrazione territoriale e industriale.

In Italia, come già evidenziato, esistono una miriade di piccoli operatori spesso focalizzati in ambiti locali estremamente circoscritti e specializzati su singole fasi della filiera. Altrove, esistono “campioni” nazionali operanti in tutto il Paese, con decine di sedi operative e impianti a presidio dell’intero ciclo dei rifiuti, con particolare riferimento alle fasi a maggior valore aggiunto (valorizzazione dei rifiuti a valle della raccolta).

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Figura 29 – Gli esempi di SITA France e Veolia

SITA Lorraine

Sedi regionaliSedi regionaliImpiantiImpianti

SITA Nord

SITA Sud

SITA Lorraine

SITA DectraSITA LorraineSITA Normandie

SITA Ovest

SNNSITA Ile de France

SITA Centre Est

SITA Mos

Surca

SITA Alsace

SITA Centre Ovest

Sedi regionaliSedi regionaliImpiantiImpianti

Ile de France

Ovest

Sud Est

Sud-Ovest

Normandie

Est

•13 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•221 impianti, di cui:43 termovalorizzatori;81 impianti di compostaggio;97 impianti di trattamento e recupero.

•13 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•221 impianti, di cui:43 termovalorizzatori;81 impianti di compostaggio;97 impianti di trattamento e recupero.

•7 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•237 impianti, di cui:45 termovalorizzatori;75 impianti di compostaggio;117 impianti di trattamento e recupero.

•7 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•237 impianti, di cui:45 termovalorizzatori;75 impianti di compostaggio;117 impianti di trattamento e recupero.

Rhone-Alpes

SITA Lorraine

Sedi regionaliSedi regionaliImpiantiImpianti

SITA Nord

SITA Sud

SITA Lorraine

SITA DectraSITA LorraineSITA Normandie

SITA Ovest

SNNSITA Ile de FranceSITA Ile de France

SITA Centre Est

SITA Mos

Surca

SITA Alsace

SITA Centre Ovest

Sedi regionaliSedi regionaliImpiantiImpianti

Ile de France

Ovest

Sud Est

Sud-Ovest

Normandie

Est

•13 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•221 impianti, di cui:43 termovalorizzatori;81 impianti di compostaggio;97 impianti di trattamento e recupero.

•13 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•221 impianti, di cui:43 termovalorizzatori;81 impianti di compostaggio;97 impianti di trattamento e recupero.

•7 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•237 impianti, di cui:45 termovalorizzatori;75 impianti di compostaggio;117 impianti di trattamento e recupero.

•7 Sedi Regionali (copertura di tutto il territorio nazionale)

•237 impianti, di cui:45 termovalorizzatori;75 impianti di compostaggio;117 impianti di trattamento e recupero.

Rhone-Alpes

Fonte: elaborazioni Axteria su dati societari

Relativamente alla dotazione infrastrutturale, l’Italia manifesta un’arretratezza evidente: con riferimento, ad esempio, all’incenerimento (che come detto rappresenta una forma di smaltimento del rifiuto molto in uso negli altri paesi), l’Italia è caratterizzata dalla presenza degli impianti più piccoli d’Europa (con una “taglia media” pari a circa la metà degli inceneritori presenti negli altri paesi).

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Figura 30 – Tonnellate incenerite per impianto e numero inceneritori (2004)

64,368,284,788,1

128,3

192,1194,8

234,0

274,4

Paesi Bassi Finlandia Germania UK Spagna Belgio Francia Danimarca Italia**

RU inceneriti (000 t) 3.293 234 11.880 2.881 1.411 1.586 11.017 2.047 3.213

N. inceneritori 12 1 61 15 11 18 130 30 50

Media panel*: 158,1

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia(**) Dato 2005

64,368,284,788,1

128,3

192,1194,8

234,0

274,4

Paesi Bassi Finlandia Germania UK Spagna Belgio Francia Danimarca Italia**

RU inceneriti (000 t) 3.293 234 11.880 2.881 1.411 1.586 11.017 2.047 3.213

N. inceneritori 12 1 61 15 11 18 130 30 50

Media panel*: 158,1

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia(**) Dato 2005

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Eurostat, fonti diverse

Per converso, l’Italia si caratterizza, se si eccettuano Inghilterra e Francia, per il maggior numero di discariche presenti sul territorio, essendo, come ricordato, tale forma di smaltimento ancora la destinazione prevalente dei rifiuti nel nostro Paese.

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Figura 31 – Tonnellate smaltite per discarica e numero di discariche (2004)

4,85,3

15,6

28,932,3

33,9

50,7

56,2

UK Italia Francia Belgio Germania Finlandia Paesi Bassi Danimarca

RU in discarica (000 t) 24.637 17.226 12.221 484 8.580 1.420 179 167

N. discariche 438 340 361 15 297 91 34 35

Media panel*: 25,3

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia(**) Dato 2005

4,85,3

15,6

28,932,3

33,9

50,7

56,2

UK Italia Francia Belgio Germania Finlandia Paesi Bassi Danimarca

RU in discarica (000 t) 24.637 17.226 12.221 484 8.580 1.420 179 167

N. discariche 438 340 361 15 297 91 34 35

Media panel*: 25,3

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia(**) Dato 2005

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Eurostat, fonti diverse

L’esiguità del parco impianti in Italia è riconducibile in parte alla tempistica dell’iter autorizzativo: solo per ottenere il via a procedere, sono infatti necessari almeno 8 mesi di attesa, cui bisogna sommare i tempi necessari alla presentazione del progetto, all’organizzazione dell’appalto ed alla progettazione e costruzione finale, per un totale di sette/otto anni.

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Figura 32 – Iter per la realizzazione di impianti in Italia

Business Plan preliminare

ATTIVITA’Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 8

Appalto• Gara fornitori• Aggiudicazione appalto

Progettazione e costruzione

121 2 3 4 5 6 8 9 10 117 1 2 3 4 5 6 8 9 10 11 127 1 2 3 4 5 6 8 9 10 11 127 1 2 3 4 5 6 8 9 10 11 127

MILESTONE

Verifica Bancabilità e preliminary information memorandum

Conferenza valutazione

progetti

Autorizzazione Durata complessiva 5 anni (60 mesi)

Ottenimento autorizzazioni (da parte della Provincia/ Regione)

Inizio lavori

Pubblicazione criteri tecnici di costruzione

impianti

Business Plan preliminare

ATTIVITA’Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 8

Appalto• Gara fornitori• Aggiudicazione appalto

Progettazione e costruzione

121 2 3 4 5 6 8 9 10 117 1 2 3 4 5 6 8 9 10 11 127 1 2 3 4 5 6 8 9 10 11 127 1 2 3 4 5 6 8 9 10 11 127

MILESTONEMILESTONE

Verifica Bancabilità e preliminary information memorandum

Conferenza valutazione

progetti

Autorizzazione Durata complessiva 5 anni (60 mesi)

Ottenimento autorizzazioni (da parte della Provincia/ Regione)

Inizio lavori

Pubblicazione criteri tecnici di costruzione

impianti

Fonte: elaborazioni Axteria

Inoltre in Italia è necessario superare l’arretrata mentalità “not in my backyard”, che lega i termovalorizzatori ad un eccessivo inquinamento ambientale, nonostante i limiti restrittivi alle emissioni previsti dalla normativa ed i monitoraggi continui praticati.

Figura 33 – Valori di emissione degli impianti di incenerimento in Italia

INQUINANTE

-Polveri

-HCI

-HF

-SO2

-NOx

-CO

VALORI LIMITE DI EMISSIONE (mg/Nm)

30

60

4

200

400

100

EMISSIONI IMPIANTI (val. medio)

NORD CENTRO SUD

14,4

21,4

1,3

94,3

257,1

62,5*

12,00

17,3

1,5

104,0

220,0

61,4

14,5

19,8

1,5

125

232,8

63,6

Fonte: ENEA

INQUINANTE

-Polveri

-HCI

-HF

-SO2

-NOx

-CO

VALORI LIMITE DI EMISSIONE (mg/Nm)

30

60

4

200

400

100

EMISSIONI IMPIANTI (val. medio)

NORD CENTRO SUD

14,4

21,4

1,3

94,3

257,1

62,5*

12,00

17,3

1,5

104,0

220,0

61,4

14,5

19,8

1,5

125

232,8

63,6

Mon

itora

ggio

co

ntin

uo

Valori mediamente Valori mediamente inferiori rispetto ai inferiori rispetto ai

limiti di leggelimiti di legge

Mon

itora

ggio

co

ntin

uo

Valori mediamente Valori mediamente inferiori rispetto ai inferiori rispetto ai

limiti di leggelimiti di legge

60

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In Europa gli impianti sono invece da tempo costruiti anche al centro delle città, a dimostrazione del superamento del problema culturale.

Figura 34 – Alcuni esempi di termovalorizzatori in Europa

Fonte: elaborazioni Axteria su fonti diverse

• Parigi, quartiere Issy les Moulineaux• Potenzialità impianto: 290.000 t/anno

• Vienna, Spittelau• Potenzialità impianto: 250.000 t/anno

• Copenaghen, zona porto• Potenzialità impianto: 325.000 t/anno

• Monaco di Baviera, nord della città• Potenzialità impianto: 70.000 t/anno

• Montecarlo, centro città• Potenzialità impianto: 22.000 t/anno

Altri esempi:

• Parigi, quartiere Issy les Moulineaux• Potenzialità impianto: 290.000 t/anno

• Vienna, Spittelau• Potenzialità impianto: 250.000 t/anno

• Copenaghen, zona porto• Potenzialità impianto: 325.000 t/anno

• Monaco di Baviera, nord della città• Potenzialità impianto: 70.000 t/anno

• Montecarlo, centro città• Potenzialità impianto: 22.000 t/anno

Altri esempi:

È evidente come gli obiettivi strategici di evoluzione del settore, nell’attuale situazione di arretratezza impiantistica italiana, possano essere perseguiti solo a patto di realizzare in tempi rapidi significativi investimenti.

Sulla base dello scenario futuro dei rifiuti utilizzato da Banca Intesa in un recente rapporto sui Servizi Pubblici Locali12, nel 2010 il fabbisogno dell’industria dei Rifiuti Urbani per garantire una capacità impiantistica adeguata ammonta a 4 miliardi di Euro, di cui circa il 40% (1,7 miliardi di Euro) dovranno essere spesi nel Mezzogiorno, 1,35 nel Nord e il restante miliardo nelle Regioni del Centro Italia.

In tal modo, sarebbe possibile recuperare almeno in parte il gap rispetto all’Europa.

12 “Servizi Pubblici Locali Monitor”, Banca Intesa, n. 10, Febbraio 2006.

61

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Oltre alla diversa competitività degli assetti gestionali che caratterizzano le migliori pratiche europee, il gap dal punto di vista dell’efficienza economica è spiegabile anche con riferimento alla maggiore produttività dei servizi operativi di Igiene Ambientale.

L’analisi comparativa tra l’Italia e gli altri paesi evidenzia infatti una distanza notevole anche su tale fronte, con un valore per il nostro Paese inferiore di circa il 25% rispetto alla media dei principali paesi europei.

Figura 35 – Produzione di Rifiuti Urbani/ addetti complessivi del settore (2004)

219

256

306

353

399

Francia Spagna Germania Italia UK

N. Dipendenti (000) 82,1 76,0 158,2 121,9 162,5

Media panel*: 319

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia

219

256

306

353

399

Francia Spagna Germania Italia UK

N. Dipendenti (000) 82,1 76,0 158,2 121,9 162,5

Media panel*: 319

(*) Dalla media è stata esclusa l’Italia

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Eurostat, fonti diverse

Il resto d’Europa si caratterizza per una più elevata incidenza dei ricavi da trattamento e smaltimento sul fatturato complessivo, in ragione della maggiore capacità di generare valore a valle della filiera, come si può evincere dall’analisi del Conto Economico degli operatori leader di settore.

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Figura 36 – Incidenza dei ricavi da trattamento e smaltimento sul fatturato complessivo per i principali operatori europei (2004)

73%

65%

58%52% 51%

Shanks Sita France Veolia France Veolia UK Sita Germany

Fonte: elaborazioni Axteria su bilanci societari

L’Italia si caratterizza inoltre per il minor grado di copertura dei costi (squilibrio economico rispetto ai ricavi), evidenziando una differenza del 18% rispetto a Francia, Germania, UK e Spagna.

Traducendo questa differenza di margine industriale in valori monetari, il gap sul fronte dei maggiori costi e/o minori ricavi è quantificabile in oltre 1 miliardo di Euro, lato “Conto Economico di sistema”, che, unito ai fabbisogni minimi di investimento evidenziati precedentemente, riconducono a circa 5 miliardi di Euro il divario rispetto alle migliori pratiche europee.

Lo studio dei sistemi di gestione dei Rifiuti Urbani in termini di obiettivi, strumenti e risultati raggiunti pone in evidenza una serie di caratteristiche comuni alle “best practice”, a testimonianza della necessità di chiarezza delle problematiche e delle possibili soluzioni in chiave industriale, come input fondamentale per delineare impianti normativi efficaci.

Senza alcuna pretesa di esaustività, si riportano di seguito alcuni dei principali elementi di interesse evincibili in nazioni più avanti rispetto all’Italia sul tema dei rifiuti, al fine di fornire alcuni spunti per il nostro Paese:

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• meccanismi tariffari “pay as you throw”, come ad esempio nei Paesi Bassi, in Francia, in Belgio, basati sull’effettivo peso dei rifiuti conferiti dai singoli e/o differenziati in funzione del numero e tipologia di sacchetti utilizzati;

• modelli di tassazione fortemente “incentivanti/disincentivanti” finalizzati a spingere le scelte sulla destinazione finale dei rifiuti. Si pensi, ad esempio, alla tassa di 85 Euro/tonnellata sui conferimenti in discarica, esistente nei Paesi Bassi, non a caso miglior paese europeo in termini di grado di dipendenza dalla discarica (2% contro il 57% italiano);

• divieto assoluto di conferimento in discarica di tutti quei rifiuti che possono essere inceneriti, come avviene in Danimarca (4,5% di rifiuti in discarica, oltre il 54% di rifiuti inceneriti);

• forte responsabilizzazione dei produttori, in termini di allungamento del ciclo di vita dei prodotti, raggiungimento di target di recupero, obbligatorietà di eco-etichette, obbligo di ritiro, tassazioni differenziate in base al peso/volume degli imballaggi, situazioni diffuse nei Paesi Bassi, Francia, Germania e Danimarca;

• istituzione di depositi sui vuoti a rendere di contenitori, come in Germania, Danimarca e Paesi Bassi, strumenti di riduzione delle buste di plastica, anche attraverso accordi con la Grande Distribuzione, e di diminuzione della posta indesiderata (“stop pub”), come in Francia;

• obbligatorietà della raccolta porta a porta di specifiche categorie merceologiche, come accade ad esempio in Belgio (Vallonia) per la frazione organica domestica;

• sgravi fiscali e finanziamenti pubblici a sostegno degli investimenti in nuove tecnologie di trattamento e valorizzazione dei rifiuti, come in Belgio, dove la copertura degli investimenti arriva fino al 70% del totale.

Il tutto nell’ambito di un sistema di governance caratterizzato da obiettivi di lungo e di breve periodo e da strumenti di controllo efficaci.

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PARTE SECONDA

PERFORMANCE TERRITORIALI A CONFRONTO: VIAGGIO DA NORD A SUD NEL SISTEMA ITALIA

In questa sezione del Rapporto la competitività del sistema Italia nelle sue componenti di efficacia, efficienza economica e caratteristiche strutturali viene approfondita nelle diverse aree territoriali del Paese, con i seguenti obiettivi:

• evidenziare le omogeneità e differenze di performance esistenti tra le Regioni italiane e tra le diverse aree del Paese (Nord, Centro, Sud e Isole);

• costruire un modello di valutazione del grado di competitività dei sistemi territoriali, al fine di fornire elementi di riflessione a livello nazionale;

• comprendere i legami causa-effetto alla base dei diversi risultati.

2.1. Performance industriali: overview sui modelli di ciclo dei rifiuti

Le dinamiche di crescita dei Rifiuti Urbani non si manifestano in modo uniforme sul territorio nazionale, come evidenziato nella tabella seguente.

A fronte di un tasso medio annuo di crescita dei Rifiuti Urbani nel periodo 1998-2005 del 2,4%, infatti, vi sono Regioni che hanno registrato incrementi superiori al 4% (es. Puglia) ed altre che hanno registrato una crescita dei rifiuti molto bassa (es. Sicilia) o addirittura una flessione (nel caso del Trentino Alto-Adige).

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Tabella 14 – Crescita della produzione di Rifiuti Urbani nelle Regioni italiane (1998-2005)

1998 2005

Piemonte 1.916.000 2.229.000 16,3% 2,2%Valle d'Aosta 60.000 74.000 23,3% 3,0%Lombardia 4.057.000 4.761.000 17,4% 2,3%Trentino A.Adige 510.000 478.000 -6,3% -0,9%Veneto 2.025.000 2.273.000 12,2% 1,7%Friuli Venezia Giulia 541.000 603.000 11,5% 1,6%Liguria 869.000 998.000 14,8% 2,0%Emilia Romagna 2.267.000 2.789.000 23,0% 3,0%Toscana 1.965.000 2.523.000 28,4% 3,6%Umbria 431.000 494.000 14,6% 2,0%Marche 736.000 876.000 19,0% 2,5%Lazio 2.708.000 3.275.000 20,9% 2,8%Abruzzo 545.000 694.000 27,3% 3,5%Molise 112.000 133.000 18,8% 2,5%Campania 2.456.000 2.806.000 14,3% 1,9%Puglia 1.449.000 1.978.000 36,5% 4,5%Basilicata 233.000 268.000 15,0% 2,0%Calabria 737.000 936.000 27,0% 3,5%Sicilia 2.481.000 2.614.000 5,4% 0,7%Sardegna 748.000 875.000 17,0% 2,3%

NORD 12.245.000 14.205.000 16,0% 2,1%CENTRO 5.840.000 7.168.000 22,7% 3,0%SUD e ISOLE 8.761.000 10.304.000 17,6% 2,3%

TOTALE ITALIA 26.846.000 31.677.000 18,0% 2,4%

RegioneRU prodotti Variazione %

(1998-2005)CAGR

(1998-2005)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Il rapporto tra produzione di Rifiuti Urbani e Prodotto Interno Lordo è certamente l’indice che meglio esprime l’effettiva capacità delle Regioni di contenere la produzione di rifiuti.

L’analisi di tale indice per le diverse realtà evidenzia valori crescenti da Nord verso Sud, a testimonianza di una migliore capacità delle Regioni del Nord Italia di minimizzare la produzione, il primo indicatore dell’efficacia di un sistema di gestione dei rifiuti.

Le Regioni “best practice” in tale ambito sono la Lombardia, il Trentino Alto-Adige e il Veneto, mentre le Regioni caratterizzate dall’indice più alto (e quindi dalla maggiore

66

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produzione di rifiuti, a parità di ricchezza) sono la Sicilia, la Campania, la Puglia e la Calabria.

Tabella 15 – Rapporto produzione di Rifiuti Urbani/ Prodotto Interno Lordo nelle Regioni italiane (2005)

Regione Rifiuti urbani (t) PIL (mln di €) RU/PIL

Piemonte 2.229.000 114.178 19,52 Valle d'Aosta 74.000 3.942 18,77 Lombardia 4.761.000 296.282 16,07 Trentino A.Adige 478.000 29.591 16,15 Veneto 2.273.000 131.336 17,31 Friuli Venezia Giulia 603.000 32.314 18,66 Liguria 998.000 39.759 25,10 Emilia Romagna 2.789.000 122.121 22,84 Toscana 2.523.000 94.848 26,60 Umbria 494.000 19.711 25,06 Marche 876.000 36.806 23,80 Lazio 3.275.000 155.436 21,07 Abruzzo 694.000 25.552 27,16 Molise 133.000 5.638 23,59 Campania 2.806.000 89.697 31,28 Puglia 1.978.000 64.786 30,53 Basilicata 268.000 10.052 26,66 Calabria 936.000 31.403 29,81 Sicilia 2.614.000 80.378 32,52 Sardegna 875.000 32.013 27,33

NORD 14.205.000 769.523 18,46 CENTRO 7.168.000 306.801 23,36 SUD e ISOLE 10.304.000 339.519 30,35

TOTALE ITALIA 31.677.000 1.415.843 22,37

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT, ISTAT

Relativamente alla destinazione dei rifiuti raccolti, emergono situazioni disomogenee, con valori sensibilmente distanti dalla media nazionale, e più nello specifico il ciclo dei rifiuti nelle diverse fasi assume configurazioni molto diverse tra Nord, Centro e Sud:

• le Regioni del Nord Italia sono caratterizzate dal più basso ricorso alla discarica (37%) e dai valori più alti di incenerimento (19%) e recupero (44%);

67

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• le Regioni del Centro Italia presentano un ricorso alla discarica sensibilmente più elevato (66%), una percentuale di incenerimento inferiore al 4% e una percentuale di recupero del 30%;

• le Regioni del Sud si caratterizzano per un elevato impiego dello smaltimento in discarica (70% dei rifiuti prodotti), un incenerimento quasi assente e una percentuale di recupero ancora inferiore al 30%.

Tabella 16 – Destinazione dei Rifiuti Urbani nelle Regioni italiane13 (2005)

Regione % RU in discarica % RU incenerita % RU recuperata

Piemonte 55,8% 4,5% 39,7%Valle d'Aosta 67,6% 0,0% 32,4%Lombardia 15,4% 33,9% 50,7%Trentino A.Adige 40,6% 16,1% 43,3%Veneto 36,6% 6,5% 56,9%Friuli Venezia Giulia 38,8% 22,9% 38,3%Liguria 76,1% 0,0% 23,9%Emilia Romagna 42,8% 21,4% 35,8%Toscana 46,1% 7,7% 46,2%Umbria 64,2% 4,9% 30,9%Marche 65,2% 2,2% 32,6%Lazio 82,3% 0,0% 17,7%Abruzzo 74,8% 0,0% 25,2%Molise 95,5% 0,0% 4,5%Campania 28,5% 0,0% 71,5%Puglia 93,2% 3,2% 3,5%Basilicata 52,2% 10,8% 37,0%Calabria 84,6% 0,0% 15,4%Sicilia 90,8% 0,8% 8,4%Sardegna 73,6% 21,5% 4,9%

NORD 36,9% 18,8% 44,3%CENTRO 66,2% 3,3% 30,5%SUD e ISOLE 70,3% 2,9% 26,8%

TOTALE ITALIA 54,4% 10,1% 35,5%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

13 Nella lettura dei dati, va tenuto presente come in Campania l’emergenza rifiuti verificatasi nel 2004 abbia determinato un funzionamento non continuativo di molti impianti, i cui rifiuti sono stati deviati verso lo stoccaggio, in attesa di essere avviati ad impianti di recupero energetico o discariche localizzati fuori dalla Regione.

68

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Il quadro delle singole Regioni permette di identificare interessanti esempi di sistemi di gestione dei rifiuti con caratteristiche variegate, a testimonianza dell’esistenza di diversi “modelli regionali” possibili (anche a sostanziale parità di efficacia):

• la Lombardia è la Regione italiana caratterizzata dal minor ricorso alla discarica in assoluto (15% dei rifiuti) e dal maggior ricorso all’incenerimento (34%), a fronte peraltro di un valore del recupero (51%) comunque sensibilmente superiore alla media italiana e che la colloca tra le Regioni migliori anche su tale parametro;

• il Veneto si caratterizza per un ricorso alla discarica molto basso nel panorama italiano (37%), ma per un basso ricorso all’incenerimento (6%), avendo puntato in misura prevalente sul recupero dei rifiuti (57%);

• Puglia e Sicilia utilizzano in maniera pressoché esclusiva la forma di smaltimento in discarica, in sostanziale assenza di inceneritori e in presenza di valori di recupero molto bassi.

I diversi risultati in termini di “recupero”, tra i principali elementi per valutare l’efficacia di un sistema territoriale, sono riconducibili a due fattori:

• la capacità di differenziare la raccolta “a monte”;

• la dotazione di impianti di selezione o compostaggio dei rifiuti indifferenziati.

Con riferimento al primo aspetto, l’analisi territoriale mostra disuniformità molto significative, con percentuali via via maggiori da Sud verso Nord.

69

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Figura 37 – La raccolta differenziata nelle Regioni italiane (% sui Rifiuti Urbani prodotti, 2005)

5,2%5,5%5,5%

8,2%

8,6%9,9%10,4%10,6%

15,6%17,6%18,3%

24,2%28,4%

30,4%30,7%31,4%

37,2%42,5%

44,2%47,7%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Oltre 35%

Tra 25% e 34,9%

Tra 15% e 24,9%

Tra 10% e 14,9%

Tra 0% e 9,9%

5,2%5,5%5,5%

8,2%

8,6%9,9%10,4%10,6%

15,6%17,6%18,3%

24,2%28,4%

30,4%30,7%31,4%

37,2%42,5%

44,2%47,7%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

5,2%5,5%5,5%

8,2%

8,6%9,9%10,4%10,6%

15,6%17,6%18,3%

24,2%28,4%

30,4%30,7%31,4%

37,2%42,5%

44,2%47,7%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Oltre 35%

Tra 25% e 34,9%

Tra 15% e 24,9%

Tra 10% e 14,9%

Tra 0% e 9,9%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Le Regioni più evolute in termini di Raccolta Differenziata sono il Veneto, il Trentino Alto-Adige e la Lombardia, con percentuali superiori al 40%, mentre i “fanalini di coda” sono Basilicata, Sicilia e Molise, tutte nell’intorno del 5%.

La riaggregazione dei dati regionali per macro-aree territoriali (Nord, Centro, Sud e Isole) fa emergere con ancora maggiore chiarezza un paese “spaccato” nettamente in tre, con il Nord vicino al 40%, il Centro leggermente inferiore alla media nazionale (19%) ed un Sud drammaticamente in ritardo, con una percentuale di Raccolta Differenziata ancora inferiore al 10% e perciò estremamente lontana dagli obiettivi normativi.

70

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Figura 38 – La raccolta differenziata in Italia per macro-area territoriale (% sui Rifiuti Urbani prodotti, 2005)

24,3%

8,7%

19,4%

38,1%

NORD CENTRO SUD e ISOLE ITALIA

24,3%

8,7%

19,4%

38,1%

NORD CENTRO SUD e ISOLE ITALIA

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Le performance territoriali sulla Raccolta Differenziata devono essere integrate con le informazioni relative alle ulteriori forme di recupero dei rifiuti raccolti in modo indifferenziato (trattamento meccanico-biologico e compostaggio).

Anche su questo aspetto l’analisi segna una evidente disomogeneità territoriale del nostro Paese, con percentuali di selezione e compostaggio dei rifiuti in alcuni casi ferme a zero (Basilicata), mentre tale forma di recupero arriva, in Veneto, a raggiungere circa il 30% della produzione di rifiuti.

71

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Figura 39 – Rifiuti avviati a selezione e compostaggio nelle Regioni italiane (% sui Rifiuti Urbani prodotti, 2005)

0,0%1,4%

1,5%2,0%2,4%2,6%3,5%4,0%

4,8%6,6%

8,2%8,3%

8,7%8,8%

9,6%11,5%

13,7%16,8%

19,8%29,4%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Oltre 25%

Tra 15% e 24,9%

Tra 10% e 14,9%

Tra 5% e 9,9%

Tra 0% e 4,9%

0,0%1,4%

1,5%2,0%2,4%2,6%3,5%4,0%

4,8%6,6%

8,2%8,3%

8,7%8,8%

9,6%11,5%

13,7%16,8%

19,8%29,4%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Oltre 25%

Tra 15% e 24,9%

Tra 10% e 14,9%

Tra 5% e 9,9%

Tra 0% e 4,9%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

La lettura congiunta dei dati relativi alla selezione e compostaggio e di quelli relativi alla raccolta differenziata è di estremo interesse, perché consente di identificare con chiarezza differenti politiche adottate a livello di sistemi regionali.

Alcune Regioni hanno scelto infatti di puntare sulla raccolta differenziata più che su altre forme di recupero del rifiuto (es. Trentino Alto-Adige, Toscana), ma vi sono anche realtà (ad esempio Lombardia, Piemonte e Veneto) che hanno scelto di investire sia sulla differenziazione a monte sia sul recupero del rifiuto indifferenziato.

Anche nel caso del recupero, la riaggregazione dei dati per macro-aree evidenzia l’esistenza di “tre Italie”, con valori chiaramente descrescenti da Nord verso Sud.

72

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Figura 40 – Rifiuti avviati a selezione e compostaggio in Italia per macro-area territoriale (% sui

Fonte: elaborazioni Axteria su dat

Rifiuti Urbani prodotti, 2005)

i APAT

’incidenza del recupero all’interno del ciclo dei rifiuti non può essere letta

9,5%

4,1%

6,7%

14,9%

NORD CENTRO SUD e ISOLE ITALIA

9,5%

4,1%

6,7%

14,9%

NORD CENTRO SUD e ISOLE ITALIA

Ldisgiuntamente dal quadro impiantistico territoriale: tre delle prime quattro Regioni caratterizzate dai più elevati tassi di recupero (Veneto, Piemonte e Lombardia) ospitano infatti oltre la metà degli impianti presenti in Italia (149 su 284).

73

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Figura 41 – Localizzazione degli impianti di selezione e compostaggio in Italia per Regione (2005)

532 79

11

1713

723

193

6

164

19

6

1

6

6

2

532 79

11

1713

723

193

6

164

19

6

1

6

6

2

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Con riferimento all’incenerimento dei rifiuti, esso è fortemente localizzato nelle Regioni del Nord Italia, nelle quali questa forma di destinazione del rifiuto rappresenta in media poco meno del 20%, mentre nelle Regioni del Sud Italia è praticamente assente.

Figura 42 – Rifiuti inceneriti in Italia per macro-area territoriale (% sui Rifiuti Urbani prodotti, 2005)

10,1%

2,9%3,3%

18,8%

NORD CENTRO SUD e ISOLE ITALIA

10,1%

2,9%3,3%

18,8%

NORD CENTRO SUD e ISOLE ITALIA

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

74

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Il diverso ricorso all’incenerimento dei rifiuti è ovviamente da mettersi in correlazione con la dislocazione degli impianti di termotrattamento sul territorio nazionale, il 60% dei quali

onte: elaborazioni Axteria su dati APAT

er quanto riguarda lo smaltimento finale in discarica, esso è un fenomeno ancora molto accentuato nelle Regioni del Sud (dove rappresenta ancora il 70% della produzione di

è in appena tre Regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Toscana). In queste stesse Regioni viene incenerito circa il 75% dei rifiuti complessivamente avviati a incenerimento in Italia.

Figura 43 – Rifiuti inceneriti e dotazione impiantistica nelle Regioni italiane (2005)

Oltre 1 mln di t

Tra 0,5 ed 1 mln di t

Tra 0,1 e 0,5 mln di t

Meno di 0,1 t

F

P

Rifiuti Urbani), mentre nel Nord rappresenta poco più di un terzo dei rifiuti complessivamente prodotti.

2

0 13

1 14

09

81

1

30

00

2

1

1

21

Oltre 1 mln di t

Tra 0,5 ed 1 mln di t

Tra 0,1 e 0,5 mln di t

Meno di 0,1 t2

0 13

1 14

09

81

1

30

00

2

1

1

21

75

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Figura 44 – Rifiuti smaltiti in discarica in Italia per macro-area territoriale (% sui Rifiuti Urbani

Fonte: elaborazion

prodotti, 2005)

i Axteria su dati APAT

gioni con i più alti volumi di rifiuti smaltiti in discarica

5)

54,4%

70,3%66,2%

36,9%

NORD CENTRO SUD ITALIA

54,4%

70,3%66,2%

36,9%

NORD CENTRO SUD ITALIA

Lazio e Sicilia sono in assoluto le Re(30% dei valori nazionali); quest’ultima è anche la Regione caratterizzata dal più alto numero di discariche presenti (66, su 340 presenti complessivamente in Italia).

Figura 45 – Rifiuti smaltiti in discarica e numero discariche nelle Regioni italiane (200

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

22

1 6

14 917

1526

Oltre 2 mln di t

Tra 1 e 2 mln di t

Tra 0,5 e 1 mln di t

Tra 0,1 e 0,5 mln di t

226

16

1027

143

18

12

66

1125

Meno di 0,1 mln di t

Oltre 2 mln di t

22

1 6

14 917

1526

Tra 1 e 2 mln di t

Tra 0,5 e 1 mln di t

Tra 0,1 e 0,5 mln di t

226

16

1027

143

18

12

66

1125

Meno di 0,1 mln di t

76

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Nella figura seguente viene riepilogata la dotazione complessiva di impianti di trattamento, recupero, incenerimento e smaltimento finale in Italia.

Figura 46 – Dotazione impiantistica delle diverse Regioni italiane (2005)

quadro è estremamente eterogeneo, come dimostrano ad esempio il caso della Sicilia, caratterizzata da una dotazione impiantistica consistente (di fatto quasi esclusivamente

rtante in termini di configurazione del ciclo dei rifiuti a livello di Regioni riguarda il livello di “autosufficienza” complessiva, intendendo con tale

Regionediscariche inceneritori

impianti di biostabilizzazione

e CDR

N° impianti di selezione e

compostaggio

Totale impianti

Piemonte 22 2 15 53 92Valle d'Aosta 1 0 0 2 3Lombardia 6 13 14 79 112Trentino A.Adige 14 1 1 11 27Veneto 17 4 11 17 49Friuli Venezia Giulia 9 1 3 13 26Liguria 15 0 3 7 25Emilia Romagna 26 9 12 23 70Toscana 22 8 18 19 67Umbria 6 1 3 3 13Marche 16 1 5 6 28Lazio 10 3 7 16 36Abruzzo 27 0 4 4 35Molise 14 0 1 1 16Campania 3 0 9 9 21Puglia 18 2 5 6 31Basilicata 12 1 4 1 18Calabria 25 1 7 6 39Sicilia 66 1 2 6 75Sardegna 11 2 4 2 19

NORD 110 30 59 205 404CENTRO 54 13 33 44 144SUD e ISOLE 176 7 36 35 254

ITALIA 340 50 128 284 802

N° N° N°

Regionediscariche inceneritori

impianti di biostabilizzazione

e CDR

N° impianti di selezione e

compostaggio

Totale impianti

Piemonte 22 2 15 53 92Valle d'Aosta 1 0 0 2 3Lombardia 6 13 14 79 112Trentino A.Adige 14 1 1 11 27Veneto 17 4 11 17 49Friuli Venezia Giulia 9 1 3 13 26Liguria 15 0 3 7 25Emilia Romagna 26 9 12 23 70Toscana 22 8 18 19 67Umbria 6 1 3 3 13Marche 16 1 5 6 28Lazio 10 3 7 16 36Abruzzo 27 0 4 4 35Molise 14 0 1 1 16Campania 3 0 9 9 21Puglia 18 2 5 6 31Basilicata 12 1 4 1 18Calabria 25 1 7 6 39Sicilia 66 1 2 6 75Sardegna 11 2 4 2 19

NORD 110 30 59 205 404CENTRO 54 13 33 44 144SUD e ISOLE 176 7 36 35 254

ITALIA 340 50 128 284 802

N° N° N°

923 112

27

4926

70

6713

28

36 3516

2131

18

39

75

19

25

923 112

27

4926

70

6713

28

36 3516

2131

18

39

75

19

25

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Il

discariche) e della Lombardia, in assoluto la Regione in Italia con il maggior numero di impianti, ma in presenza di appena 6 discariche, a fronte di 92 tra impianti di selezione e recupero e termovalorizzatori.

Un’ultima considerazione impo

parametro il rapporto tra la somma dei rifiuti complessivamente trattati/smaltiti nel territorio regionale e la produzione di Rifiuti Urbani.

77

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L’analisi dell’autosufficienza nel ciclo evidenzia come le Regioni del Nord siano di fatto tutte autonome nella gestione dei propri rifiuti e in molti casi “ricettrici” di rifiuti provenienti da aree geografiche diverse, mentre le Regioni del Sud (con l’eccezione della

Sicilia, che come detto è estremamente ricca di discariche) e alcune Regioni del Centro (Toscana, Umbria) debbano “esportare” i propri rifiuti al di fuori del territorio di riferimento.

Figura 47 – Grado di autosufficienza nel ciclo delle diverse Regioni italiane (2004)

Regioni “ricettrici”

oni “autosufficienti”

Regioni “esportatrici”

Regi

Fonte: elaborazioni Axteria su dati AGICI

95,8%

84,7%

95,1%

NORD CENTRO SUD eISOLE ITALIA

104,3%

Regioni “ricettrici”

oni “autosufficienti”

Regioni “esportatrici”

Regi104,3%

95,8%

84,7%

95,1%

NORD CENTRO SUD eISOLE ITALIA

78

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2.2. Performance economiche: l’equilibrio costi-ricavi lungo lo stivale

L’analisi del grado di copertura dei costi a livello regionale evidenza come, accanto a Regioni sostanzialmente autosufficienti dal punto di vista economico, con alcuni casi di avanzo di sistema (es. Valle d’Aosta, Veneto, Trentino Alto-Adige), ve ne siano numerose, tipicamente localizzate nel Meridione, in cui permane uno squilibrio importante tra costi e ricavi.

In Molise, in Puglia e in Sicilia, ad esempio, i ricavi (Tarsu + Tariffa) arrivano a coprire meno del 80% dei costi operativi del servizio di gestione dei Rifiuti Urbani.

Figura 48 – Grado di copertura dei costi nelle Regioni italiane (2004)

Oltre 100%

Tra 95% e 100%

Tra 90% e 94,9%

Tra 85% e 89,9%

Meno dell’85%

99,3%100,5%100,5%

102,4%

90,1%82,7%

87,7%

97,0%75,1%

78,6%79,9%

82,8%83,2%83,7%

86,9%87,2%

88,5%89,5%

92,3%93,0%93,5%93,8%

95,6%99,0%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Oltre 100%

Tra 95% e 100%

Tra 90% e 94,9%

Tra 85% e 89,9%

Meno dell’85%

99,3%100,5%100,5%

102,4%

90,1%82,7%

87,7%

97,0%75,1%

78,6%79,9%

82,8%83,2%83,7%

86,9%87,2%

88,5%89,5%

92,3%93,0%93,5%93,8%

95,6%99,0%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis

Al fine di comprendere in che misura le differenti performance in termini di grado di copertura dei costi siano legate al livello di efficienza piuttosto che alla modalità ed al livello di copertura della spesa, appare opportuno disarticolare l’analisi tra le due componenti.

79

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Lato costi, un primo livello di analisi consiste nel confronto dei costi operativi per unità di prodotto nelle diverse aree del Paese. Tale analisi evidenzia una serie di disomogeneità, che tuttavia non consentono di identificare una chiave di lettura univoca rispetto alle diverse aree territoriali.

Figura 49 – Costo/tonnellata nelle Regioni italiane (€, 2004)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis

Oltre 250 €

Tra 200 e 250 €

Tra 175 e 199 €

Tra 150 e 174 €

Meno di 150 €

222222

243264

209215

212203

134

161171

177

178185187

191198198

198208

217218219220

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Oltre 250 €

Tra 200 e 250 €

Tra 175 e 199 €

Tra 150 e 174 €

Meno di 150 €

222222

243264

209215

212203

134

161171

177

178185187

191198198

198208

217218219220

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Nell’interpretazione di tale analisi, è tuttavia fondamentale evidenziare come siano moltissime le variabili che incidono sul livello dei costi operativi di ciascun sistema regionale, rendendo il confronto sull’indice costi operativi/tonnellata di per sé non esaustivo.

Come opportunamente evidenziato nei recenti studi di Mediobanca14, tra le variabili che incidono in maniera significativa sul livello dei costi di un sistema territoriale vi sono:

• la densità abitativa delle aree territoriali servite;

• la struttura urbanistica;

14 “Le società controllate dai maggiori Comuni italiani: costi, qualità ed efficienza”, 2007.

80

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• lo stato delle strade;

• le modalità tecniche di raccolta (con cassonetti stradali vs. sistemi “porta a porta”);

• le frequenze di raccolta e spazzamento;

• il processo industriale di smaltimento dei rifiuti (prevalente utilizzo della discarica vs. ricorso all’incenerimento dei rifiuti);

• il grado di integrazione verticale degli operatori;

• la percentuale di raccolta differenziata;

• i fattori culturali (es. grado di collaborazione dei cittadini)

• la dimensione del flusso turistico;

• i fattori climatici.

Pur senza perdere di vista tali specificità, un confronto interessante che dà una misura dell’efficienza produttiva di ciascun sistema regionale riguarda, data la natura “labour intensive” del settore, la produttività degli addetti, misurata con il rapporto tra produzione di rifiuti e dipendenti complessivamente impiegati.

L’analisi condotta su tale parametro evidenzia un divario di produttività importante tra le Regioni del Sud e le Regioni del Nord: queste ultime registrano infatti un valore di tonnellate/addetto superiore di oltre il 65% rispetto alle prime.

A livello regionale:

• Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia evidenziano i valori di produttività più elevati;

• Molise, Basilicata, Sicilia, Campania e Liguria sono le Regioni caratterizzate dalla produttività peggiore.

81

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Tabella 17 – Produttività dei servizi di Igiene Urbana nelle Regioni italiane (2004)

Regione Tonnella te per addetto Addetti per abitante servito (000 )

Piemonte 305 ,0 1,8Valle d'Aosta 1825,0 0,3Lombardia 313 ,9 1,7Trentino A.Adige 417 ,5 1,2Veneto 449 ,9 1,1Friuli Venezia Giulia 765 ,3 0,7Liguria 174 ,5 3,5Emilia Romagna 617 ,9 1,1Toscana 389 ,3 1,8Umbria 195 ,2 3,0Marche 472 ,8 1,2Lazio 183 ,1 3,5Abruzzo 205 ,7 2,6Molise 127 ,0 3,1Campania 174 ,1 2,8Puglia 253 ,2 2,0Basilicata 132 ,6 3,0Calabria 234 ,0 2,0Sicilia 166 ,0 3,1Sardegna 435 ,6 1,3

NORD 357,3 1,5CENTRO 249,9 2,6SUD e ISOLE 198,5 2,5

TOTALE ITALIA 255,6 2,2

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT e ISTAT

Una seconda prospettiva di analisi importante è quella relativa alla scomposizione dei costi operativi delle Regioni sulle diverse fasi della filiera, ricavata a partire dai dati APAT-ONR relativi alle dichiarazioni MUD di un campione di Comuni pari a oltre il 70% del totale nazionale.

La ripartizione dei costi di sistema “per processo” è fortemente condizionata dalle caratteristiche peculiari del ciclo dei rifiuti in ciascuna Regione, oltre che dai valori di produttività dei servizi precedentemente mostrati.

In altre parole, nelle Regioni con una maggiore differenziazione della raccolta si riscontra un peso più elevato dei costi di raccolta indifferenziata sul totale (es. Veneto, Lombardia).

82

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Analogamente, vi è una correlazione diretta tra bassa produttività dei servizi e incidenza dei costi di spazzamento e raccolta indifferenziata (es. Liguria, Lazio).

Tabella 18 – Scomposizione della filiera dei costi del servizio di Igiene Urbana per Regione (2004)

% costi spazzamento e lavaggio

% costi raccolta e trasporto RSU

% costi trattamento e smaltimento RSU

% altri costi RSU

% costi gestione RSU

% costi raccolta RD

% costi trattamento e smaltimento RD

% costi gestione RD

% Costi Comuni% Costi del

Capitale

PieVa

monte 11% 23% 24% 3% 60% 12% 3% 15% 18% 7%lle d'Aosta 13% 43% 19% 1% 77% 21% 0% 21% 2% 0%

Lombardia 15% 16% 27% 2% 59% 16% 6% 22% 13% 5%rentino A.Adige 11% 18% 25% 5% 58% 13% 5% 18% 16% 7%

neto 11% 22% 27% 3% 63% 15% 6% 21% 13% 3%Friuli Venezia Giulia 6% 22% 28% 1% 57% 18% 9% 28% 8% 5%Liguria 23% 31% 35% 1% 90% 7% 0% 7% 3% 1%

milia Romagna 12% 20% 27% 4% 63% 12% 3% 15% 14% 9%Toscana 12% 17% 31% 2% 62% 12% 4% 16% 14% 8%Umbria 17% 27% 26% 5% 73% 13% 2% 15% 5% 7%

rche 11% 27% 31% 5% 75% 8% 2% 10% 9% 6%azio 24% 29% 19% 1% 73% 5% 0% 5% 12% 10%

Abruzzo 9% 39% 29% 1% 78% 8% 3% 11% 8% 1%lise 12% 48% 26% 2% 88% 8% 0% 8% 5% 1%mpania 22% 29% 25% 3% 78% 12% 1% 13% 6% 3%

Puglia 28% 26% 26% 7% 87% 7% 0% 7% 2% 3%silicata 26% 38% 22% 2% 89% 9% 0% 9% 2% 2%labria 18% 37% 26% 3% 84% 10% 1% 11% 3% 0%

Sicilia 16% 35% 24% 6% 81% 7% 0% 7% 8% 5%Sardegna 13% 48% 24% 1% 86% 7% 1% 8% 3% 3%

RD 13% 20% 26% 3% 62% 14% 5% 19% 14% 6%CENTRO 18% 24% 25% 2% 70% 8% 2% 10% 12% 8%

D e ISOLE 19% 33% 25% 4% 82% 9% 1% 10% 6% 3%

OTALE ITALIA 16% 23% 26% 3% 68% 12% 3% 15% 11% 6%

gione

TVe

E

MaL

MoCa

BaCa

NO

SU

T

Re

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

Per ciò che riguarda il fatturato “di sistema”, inteso come somma tra gettito Tarsu e gettito tariffario, l’articolazione territoriale vede circa la metà dei ricavi concentrati nelle Regioni del Nord Italia (47% del totale).

Lombardia, Lazio e Campania pesano per il 37% dei ricavi del settore a livello nazionale.

83

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Tabella 19 – Fatturato del settore dei Rifiuti Urbani per Regione (2004)

R

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis

egione Fatturato(Euro)

% sul totale nazionale

Piemonte 462.281.835 7,9%alle d'Aosta 10.022.447 0,2%ombardia 988.405.102 16,8%rentino A.Adige 94.927.406 1,6%eneto 389.265.877 6,6%riuli Venezia Giulia 102.474.160 1,8%iguria 233.811.857 4,0%milia Romagna 486.738.208 8,3%oscana 457.281.194 7,8%mbria 78.998.874 1,4%arche 139.900.665 2,4%

azio 613.205.765 10,4%bruzzo 106.956.892 1,8%olise 18.299.981 0,3%ampania 565.968.587 9,6%uglia 344.378.169 5,9%asilicata 43.141.037 0,7%alabria 132.859.035 2,3%icilia 440.311.885 7,5%ardegna 160.326.077 2,7%

NORD 2.767.926.892 47,1%ENTRO 1.289.386.498 22,0%UD e ISOLE 1.812.241.663 30,9%

TOTALE ITALIA 5.869.555.053 100,0%

VLTVFLETUMLAMCPBCSS

CS

2.3. Caratteristiche strutturali del mercato nelle Regioni italiane

L’analisi dell’assetto gestionale del settore dei Rifiuti in Italia, con una netta prevalenza dei regimi Tarsu e un elevato grado di frammentazione, accompagnato da una presenza ancora molto significativa delle gestioni in economia, evidenzia forti elementi di disuniformità, e quindi di interesse, nel momento in cui il ragionamento viene declinato nelle diverse aree territoriali.

84

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In particolare, la diffusione della nuova Tariffa di Igiene Ambientale, in quanto fondamentale strumento di modernizzazione del settore, sia dal punto di vista dell’efficacia (collegamento, seppur presuntivo, tra produzione di rifiuti e spesa), sia dell’efficienza economica nel senso di un miglioramento del grado di copertura dei costi, appare ad oggi, almeno dal punto di vista della numerosità dei Comuni coinvolti, un fatto tutto settentrionale.

Veneto, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna e Toscana presentano un numero di Comuni passati al nuovo regime superiore al 20-30% del totale, mentre 13 Regioni italiane, tra cui tutte le Regioni meridionali, hanno un grado di diffusione inferiore al 5% e in molti casi prossimo allo zero.

Figura 50 – Diffusione della Tariffa di Igiene Ambientale per Regione (% sul numero dei Comuni della Regione, 2005)

< 5%5%- 9,9%10% - 19,9%20% - 30%> 30%

23,3%32,0%

35,4%36,5%

9,6%1,1%

6,4%14,4%

0,0%0,3%0,4%0,5%0,8%1,0%1,1%1,1%1,3%1,4%2,2%

3,2%4,3%

5,9%8,1%

10,4%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

< 5%5%- 9,9%10% - 19,9%20% - 30%> 30%

23,3%32,0%

35,4%36,5%

9,6%1,1%

6,4%14,4%

0,0%0,3%0,4%0,5%0,8%1,0%1,1%1,1%1,3%1,4%2,2%

3,2%4,3%

5,9%8,1%

10,4%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT, ISTAT, fonti diverse

Spostando il focus sul numero di abitanti serviti, si confermano i dati territoriali, con l’unica eccezione del Centro Italia, in cui risultano percentuali molto significative, fondamentalmente legate all’introduzione della TIA nel Comune di Roma.

85

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Figura 51 – Diffusione della Tariffa di Igiene Ambientale per Regione (% sulla popolazione della Regione, 2005)

< 10%10%- 19,9%20% - 39,9%40% -49,9%> 50%

52,7%55,0%

64,2%66,4%

24,7%2,7%

45,2%33,5%

0,0%0,4%1,1%1,7%2,0%2,0%

3,7%4,4%5,0%

12,1%

17,6%19,5%

28,5%34,5%

39,1%49,8%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia Giulia

LiguriaEmilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

CampaniaPuglia

Basilicata

CalabriaSicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

< 10%10%- 19,9%20% - 39,9%40% -49,9%> 50%

52,7%55,0%

64,2%66,4%

24,7%2,7%

45,2%33,5%

0,0%0,4%1,1%1,7%2,0%2,0%

3,7%4,4%5,0%

12,1%

17,6%19,5%

28,5%34,5%

39,1%49,8%

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia Giulia

LiguriaEmilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

CampaniaPuglia

Basilicata

CalabriaSicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Fonte: elaborazioni Axteria su dati APAT

In termini di struttura dell’offerta dei servizi sul territorio, la ripartizione dei 4.000 gestori denota un grado di frammentazione crescente da Nord a Sud, con le Regioni del meridione che raggruppano quasi il 50% del totale degli operatori.

86

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Tabella 20 – Operatori di Igiene Ambientale per Regione (2004)

RegioneNumero operatori

% sul totale nazionale

Piemonte 181 4,5%Valle d'Aosta 8 0,2%Lombardia 499 12,5%

entino A.Adige 70 1,8%Veneto 223 5,6%riuli Venezia Giulia 69 1,7%

Liguria 124 3,1%milia Romagna 165 4,1%

Toscana 209 5,2%bria 74 1,9%

Marche 147 3,7%azio 348 8,7%bruzzo 231 5,8%

Molise 93 2,3%ampania 418 10,5%

Puglia 215 5,4%asilicata 107 2,7%

Calabria 254 6,4%icilia 427 10,7%

Sardegna 131 3,3%

NORD 1.339 33,5%TRO 778 19,5%

SUD e ISOLE 1.876 47,0%

TALIA 3.993 100,0%

Tr

F

E

Um

LA

C

B

S

CEN

TOTALE I

Fonte: elaborazioni Axteria su dati ISTAT, Utilitatis

La presenza di una miriade di “micro-gestioni” locali appare ancora più evidente focalizzando l’indagine sulla dimensione media degli operatori, largamente inferiore ai parametri europei in termini generali, ma drammaticamente diversa nelle differenti configurazioni regionali: tra l’Emilia Romagna e il Molise c’è un rapporto di 13 a 1 sulle tonnellate raccolte per operatore, indice esemplificativo della taglia media delle aziende.

87

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Figura 52 – Tonnellate/operatore nelle diverse Regioni italiane (2004)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati ISTAT, APAT, Utilitatis

< 5.000 t5.000 t – 7.499 t7.500 t – 9.999 t10.000 t – 15.000 t> 15.000 t

9.6019.256

9.1259.043

8.5517.685

6.8296.7026.660

6.4465.958

5.6053.717

2.9352.215

1.32310.477

8.9205.425

7.800

16.53912.320

11.9239.798

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

< 5.000 t5.000 t – 7.499 t7.500 t – 9.999 t10.000 t – 15.000 t> 15.000 t

9.6019.256

9.1259.043

8.5517.685

6.8296.7026.660

6.4465.958

5.6053.717

2.9352.215

1.32310.477

8.9205.425

7.800

16.53912.320

11.9239.798

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Come evidenziato nella prima parte del Rapporto, circa il 42% dei gestori del settore sono ancora riconducibili direttamente ai Comuni (gestioni in economia), a fronte di un’incidenza sulla popolazione servita comunque inferiore al 15%, con alcune Regioni come il Molise, la Calabria, l’Abruzzo, la Basilicata e la Sicilia caratterizzate da punte di oltre il 60-65%.

Viceversa, le Regioni del Nord presentano una gestione diretta dei Comuni mediamente nel 24% dei casi.

Seppur con alcune differenze fondamentalmente legate alla diversa dimensione dei Comuni serviti dalle differenti tipologie di operatori, l’analisi territoriale rispetto alla popolazione servita non si discosta dal punto di vista della significatività dei risultati.

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Figura 53 – Incidenza delle gestioni in economia nelle diverse Regioni italiane (% sul numero di gestori, 2004)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis

< 10%

10% - 24%25% - 49%50% - 75%> 75%

62%53%

52%

46%41%

40%36%

33%28%

26%23%23%

23%16%

10%

0%24%

39%

57%42%

87%74%

68%65%

Calabria

Campania

Sicilia

Liguria

Basilicata

LazioTrentino Alto Adige

Molise

Abruzzo

Toscana

Lombardia

Umbria

Friuli Venezia Giulia

Valle d’Aosta

Puglia

Marche

Veneto

Sardegna

Piemonte

Emilia Romagna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

< 10%

10% - 24%25% - 49%50% - 75%> 75%

62%53%

52%

46%41%

40%36%

33%28%

26%23%23%

23%16%

10%

0%24%

39%

57%42%

87%74%

68%65%

Calabria

Campania

Sicilia

Liguria

Basilicata

LazioTrentino Alto Adige

Molise

Abruzzo

Toscana

Lombardia

Umbria

Friuli Venezia Giulia

Valle d’Aosta

Puglia

Marche

Veneto

Sardegna

Piemonte

Emilia Romagna

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Figura 54 – Incidenza delle gestioni in economia nelle diverse Regioni italiane (% sulla popolazione servita, 2004)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis, ISTAT

< 5%

5% - 9%10% - 29%30% - 40%> 40%

26%22%

19%19%

14%11%

9%9%

8%8%8%

7%4%

3%2%

0%6%

10%26%

14%

45%40%

39%38%

Basilicata

Marche

Abruzzo

Puglia

Molise

Umbria

Sicilia

Calabria

Toscana

Campania

PiemonteValle d’Aosta

Emilia Romagna

Trentino Alto Adige

Liguria

Lombardia

Lazio

Veneto

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Sardegna

Friuli Venezia Giulia

< 5%

5% - 9%10% - 29%30% - 40%> 40%

26%22%

19%19%

14%11%

9%9%

8%8%8%

7%4%

3%2%

0%6%

10%26%

14%

45%40%

39%38%

Basilicata

Marche

Abruzzo

Puglia

Molise

Umbria

Sicilia

Calabria

Toscana

Campania

PiemonteValle d’Aosta

Emilia Romagna

Trentino Alto Adige

Liguria

Lombardia

Lazio

Veneto

NORDCENTRO

SUD e ISOLEITALIA

Sardegna

Friuli Venezia Giulia

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Il ruolo diretto da parte degli enti locali nella gestione dei servizi di Igiene Ambientale rappresenta certamente una delle principali spiegazioni alla base dell’attuale frammentazione di mercato, ma non è l’unica.

Le aziende (pubbliche e private) sono infatti circa 2.300 a livello nazionale, a testimonianza di un enorme percorso di consolidamento che dovrà investire anche quella parte di mercato “aziendalizzato”, ma ancora drammaticamente parcellizzato rispetto agli scenari a tendere delineati dalla normativa (es. gestioni unitarie a livello di ATO) e soprattutto con riferimento alle migliori pratiche europee.

Gli assetti proprietari delle oltre 2.000 aziende esistenti sono differenti a seconda delle diverse aree del Paese. In particolare:

• nel Nord Italia la maggioranza relativa (39%) dei Comuni è servita da imprese private, con punte del 60% in Friuli Venezia Giulia. I Comuni serviti da imprese pubbliche sono invece il 36% del totale, con il valore più alto registrato in Piemonte (60%);

• nel Centro si riscontra una prevalenza di aziende pubbliche (35% dei Comuni serviti), che nelle Marche arrivano a gestire la metà dei Comuni della Regione;

• nel Sud, i Comuni serviti da imprese private sono il 45% del totale (in Puglia e Sardegna la percentuale arriva a superare i tre quarti dei Comuni complessivi), mentre le imprese pubbliche servono solo il 22% dei Comuni (con una quota che per Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna si attesta intorno al 5-6%).

90

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Tabella 21 – Ripartizione dei Comuni italiani per tipologia di gestore (2004)

Fonte: elaborazioni Axteria su dati Utilitatis, ISTAT

Regioni %imprese pubbliche (sul tot. Comuni)

%imprese private (sul tot. Comuni)

%imprese miste (sul tot. Comuni)

% gestioni economia (sul tot. Comuni)

iemonte 60% 30% 8% 2%Valle d'Aosta 25% 38% 0% 37%

bardia 41% 50% 5% 4%Trentino A.Adige 22% 45% 9% 24%

eto 49% 37% 10% 4%riuli Venezia Giulia 32% 59% 4% 5%

Liguria 17% 44% 23% 16%milia Romagna 41% 6% 52% 1%

Toscana 41% 8% 42% 9%bria 6% 11% 69% 14%

Marche 49% 27% 9% 15%o 27% 41% 11% 21%

ruzzo 27% 17% 27% 29%lise 8% 29% 5% 58%

ampania 45% 27% 9% 19%uglia 6% 75% 7% 12%

ilicata 7% 61% 9% 23%alabria 6% 21% 53% 20%icilia 7% 1% 3% 19%

Sardegna 6% 78% 6% 10%RD 36% 39% 13% 12%TRO 35% 23% 28% 14%

D 22% 45% 14% 19%TALE ITALIA 35% 38% 16% 11%

Fonte: elaborazioni Axteria su dati FISE-Assoambiente

P

Lom

VenF

E

Um

LaziAbMoCPBasCS 2 5

NOCENSUTO

Regioni %imprese pubbliche (sul tot. Comuni)

%imprese private (sul tot. Comuni)

%imprese miste (sul tot. Comuni)

% gestioni economia (sul tot. Comuni)

iemonte 60% 30% 8% 2%Valle d'Aosta 25% 38% 0% 37%

bardia 41% 50% 5% 4%Trentino A.Adige 22% 45% 9% 24%

eto 49% 37% 10% 4%riuli Venezia Giulia 32% 59% 4% 5%

Liguria 17% 44% 23% 16%milia Romagna 41% 6% 52% 1%

Toscana 41% 8% 42% 9%bria 6% 11% 69% 14%

Marche 49% 27% 9% 15%o 27% 41% 11% 21%

ruzzo 27% 17% 27% 29%lise 8% 29% 5% 58%

ampania 45% 27% 9% 19%uglia 6% 75% 7% 12%

ilicata 7% 61% 9% 23%alabria 6% 21% 53% 20%icilia 7% 1% 3% 19%

Sardegna 6% 78% 6% 10%RD 36% 39% 13% 12%TRO 35% 23% 28% 14%

D 22% 45% 14% 19%TALE ITALIA 35% 38% 16% 11%

P

Lom

VenF

E

Um

LaziAbMoCPBasCS 2 5

NOCENSUTO

91

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2.4. La competitività dei sistemi territoriali

L’obiettivo del presente paragrafo è quello di analizzare e confrontare la competitività dei diversi sistemi regionali di gestione dei Rifiuti Urbani nel territorio, sia dal punto di vista dell’efficacia che dell’efficienza economica.

In quest’ottica, è stato realizzato un “modello di valutazione” basato su una serie di “indicatori sintetici” relativi ai sistemi regionali, a partire dall’identificazione e aggregazione di un set di variabili rappresentative dei livelli di performance.

In particolare, l’efficacia è stata valutata con riferimento a:

• la capacità di contenere la produzione complessiva di Rifiuti Urbani, misurata dal rapporto tra produzione di rifiuti e Prodotto Interno Lordo regionale (parametro 1A);

• il livello di “indipendenza” di ciascuna Regione dallo smaltimento in discarica (parametro 1B);

• l’autosufficienza complessiva sul ciclo dei rifiuti, espressa come rapporto tra le tonnellate complessivamente trattate/smaltite sul territorio e la produzione (parametro 1C).

Per la valutazione dell’efficienza, si è invece fatto riferimento a:

• il livello dei costi per unità di prodotto (espresso dal rapporto tra costi complessivi di gestione e produzione di rifiuti nella Regione) (parametro 2A);

• il grado di autosufficienza economica regionale (grado di copertura dei costi) (parametro 2B);

• la spesa sostenuta dai cittadini per il servizio di Igiene Urbana (parametro 2C).

Relativamente a ciascuna delle sei variabili utilizzate per la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza, le Regioni italiane sono state poi raggruppate in “classi” di performance, numerate progressivamente a partire dalla distribuzione dei risultati tra i diversi sistemi.

92

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Le diverse classi si basano su intervalli definiti in funzione dei valori medi osservati (μ15) e della deviazione standard (σ), che rappresenta il grado di dispersione delle osservazioni dalla media. In coerenza con tale impostazione, sono stati definiti i seguenti intervalli:

• Intervallo 1, in cui rientrano le osservazioni inferiori a (μ - 1,5σ);

• Intervallo 2, in cui rientrano i valori compresi tra (μ - 1,5σ) e (μ - 0,5σ);

• Intervallo 3, in cui rientrano i valori compresi tra (μ - 0,5σ) e (μ + 0,5σ);

• Intervallo 4, in cui rientrano i valori compresi tra (μ + 0,5σ) e (μ + 1,5σ);

• Intervallo 5, in cui rientrano le osservazioni superiori a (μ + 1,5σ).

Figura 55 – La valutazione della competitività dei sistemi regionali: metodologia utilizzata per la costruzione degli intervalli

- ∞

μ

(μ – 0,5 σ) (μ + 0,5 σ) (μ + 1,5 σ)(μ - 1,5 σ) + ∞

12

3

45

- ∞

μ

(μ – 0,5 σ) (μ + 0,5 σ) (μ + 1,5 σ)(μ - 1,5 σ) + ∞

12

3

45

Su ciascun parametro di efficacia ed efficienza, le Regioni vengono quindi raggruppate nelle cinque classi di performance (da 1 a 5, con livelli crescenti di positività).

Il tentativo di inquadrare in termini razionali ed oggettivi una valutazione di competitività del settore è certamente un obiettivo ambizioso, oltre a rappresentare un approccio sicuramente originale nell’affrontare discussioni sul tema.

15 Media aritmetica dei valori regionali, non coincidente naturalmente con il dato nazionale utilizzato nelle considerazioni generali, costruito come media ponderata. Ad esempio, a livello nazionale la percentuale di Rifiuti Urbani non smaltiti in discarica è pari al 43% della produzione complessiva, mentre la media aritmetica dei valori osservati nelle singole Regioni è pari al 35%.

93

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I risultati di tale impostazione sono però sicuramente interessanti nell’ottica di evidenziare spunti di riflessione evolutiva per il nostro sistema paese, almeno nelle considerazioni strategiche complessive che se ne possono ricavare.

Occorre, in altri termini, riflettere sui macro-elementi economici ed industriali ricavabili, più che sui singoli “microrisultati” quantitativi, necessariamente da non considerare nella loro configurazione “stand alone” e nella loro interpretazione scientifico-statistica.

Non rientra inoltre negli obiettivi del presente Rapporto quello di stilare classifiche tra sistemi territoriali per identificare i “primi della classe” e i “fanalini di coda”; è invece fondamentale approfondire alla radice le cause alla base del divario Nord-Sud in generale e tra alcune Regioni ed altre in particolare, al fine di avviare un percorso virtuoso di consolidamento e sviluppo.

La distanza dall’Europa, laddove si declina il ragionamento lungo lo stivale, è infatti il frutto della media tra alcune Regioni del Nord già in linea con i parametri delle “best practice” e altre realtà indietro di almeno dieci anni in termini di politica industriale complessiva.

Il carotaggio sulle relazioni causa-effetto è in particolare declinato nel successivo paragrafo, mentre in questo si sviluppa il punto di partenza del posizionamento delle diverse Regioni sulle variabili chiave identificate.

__________

Con riferimento al parametro di efficacia 1A (Rifiuti Urbani/PIL), l’analisi ha evidenziato un valore medio di 24 tonnellate per milione di Euro. I due valori più bassi, e quindi i risultati migliori, si riscontrano in Lombardia ed in Trentino Alto-Adige (uniche due regioni a ricadere nell’intervallo 5), mentre il valore più elevato (intervallo 1) si ha in Sicilia.

94

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Tabella 22 – Parametri di efficacia (1A): produzione di Rifiuti Urbani/PIL

Rifiuti / PIL(tonn./mln €) Intervallo

Lombardia 16,1 5Trentino Alto Adige 16,2 5Veneto 17,3 4Friuli Venezia Giulia 18,7 4Valle d'Aosta 18,8 4Piemonte 19,5 4Lazio 21,1 4Emilia Romagna 22,8 3Molise 23,6 3Marche 23,8 3Umbria 25,1 3Liguria 25,1 3Toscana 26,6 2Basilicata 26,7 2Abruzzo 27,2 2Sardegna 27,3 2Calabria 29,8 2Puglia 30,5 2Campania 31,3 2Sicilia 32,5 1MEDIA 24,0 DEVIAZIONE STD 5,0

Fonte: elaborazioni Axteria

Per dare l’idea dell’importanza di variazioni nel rapporto Rifiuti/PIL sulla competitività del settore, basti pensare che le circa 32 milioni di tonnellate di Rifiuti Urbani ogni anno prodotte in Italia diventerebbero “solo” 23 milioni se tutte le Regioni fossero allineate ai dati della Lombardia e del Trentino Alto-Adige e “addirittura” 46 se i valori medi regionali fossero pari a quello della Sicilia.

Si tratta naturalmente di un esercizio teorico, ma estremamente utile per comprendere come le diverse performance territoriali possano influire sul risultato complessivo.

Per quanto riguarda l’indipendenza delle diverse Regioni dal ricorso in discarica (parametro 1B), è la Lombardia ad evidenziare il minore utilizzo di tale forma di smaltimento (l’85% dei rifiuti viene trattato o incenerito), ricadendo perciò nell’intervallo 5, mentre il Molise, dove viene smaltito in discarica il 95% della produzione, registra su tale parametro lo “scoring” più basso.

95

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Tabella 23 – Parametri di efficacia (1B): percentuale di Rifiuti Urbani non smaltiti in discarica

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.) Intervallo

Lombardia 85% 5Veneto 63% 4Friuli Venezia Giulia 61% 4Trentino Alto Adige 59% 4Emilia Romagna 57% 4Toscana 54% 4Basilicata 48% 3Piemonte 44% 3Campania 42% 3Umbria 36% 3Marche 35% 3Valle d'Aosta 32% 3Sardegna 26% 2Abruzzo 25% 2Liguria 24% 2Lazio 18% 2Calabria 15% 2Sicilia 9% 2Puglia 7% 2Molise 5% 1MEDIA 37%DEVIAZIONE STD 21%

Fonte: elaborazioni Axteria

L’analisi sull’autosufficienza regionale del ciclo dei rifiuti (parametro 1C) pone in luce dieci Regioni con risultati maggiori o uguali al 100% e dieci “esportatrici” di rifiuti, con punte di eccellenza come il Veneto (113%), il Piemonte (105%) e la Lombardia (104%), nettamente “ricettrici” di rifiuti di terzi, cui si contrappongono situazioni come la Campania (49%), il Molise (80%), la Calabria (86%) e l’Umbria (87%), con un deficit drammatico.

96

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Tabella 24 – Parametri di efficacia (1C): autosufficienza regionale sul ciclo

Rifuti smaltiti nella Regione / Rifiuti prodotti(% tonn.) Intervallo

Veneto 113% 4 Piemonte 105% 4 Lombardia 104% 4 Trentino Alto Adige 103% 4 Valle d'Aosta 102% 4 Sicilia 102% 4 Puglia 102% 4 Emilia Romagna 101% 3 Friuli Venezia Giulia 100% 3 Liguria 100% 3 Lazio 99% 3 Marche 98% 3 Sardegna 97% 3 Abruzzo 96% 3 Basilicata 92% 3 Toscana 91% 3 Umbria 87% 2 Calabria 86% 2 Molise 80% 2 Campania 49% 1

MEDIA 95%DEVIAZIONE STD 13%

Fonte: elaborazioni Axteria

Le variabili in questione vengono poi considerate nella loro visione d’insieme. La media ponderata dei tre indicatori è stata costruita attribuendo un peso minore al rapporto Rifiuti/PIL (20%), in ragione del ridotto grado di influenza intrinseco del settore dei Rifiuti Urbani sul governo di tale variabile, che risente di un più generale fattore di modernizzazione del sistema regionale nel suo complesso, rispetto agli altri due elementi (indipendenza dalla discarica e autosufficienza impiantistica, con peso del 40% ciascuno), a pieno titoli considerabili espressione dell’efficacia del settore.

In tal modo, è possibile pervenire ad un “indicatore sintetico di efficacia” dei diversi sistemi regionali, da cui si evince che:

• le Regioni più efficaci sono la Lombardia, il Trentino Alto-Adige e il Veneto, con un indice maggiore o uguale a 4;

• le Regioni meno performanti sono Abruzzo, Sardegna, Campania, Calabria e Molise con valori minori o uguali a 2,4.

97

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Tabella 25 – Indicatore sintetico di efficacia

Indicatore sintetico efficacia

Lombardia 4,6 Trentino Alto Adige 4 Veneto 4,0 Piemonte 3,6 Valle d'Aosta 3,6 Friuli Venezia Giulia 3,6 Emilia Roma

,2

gna 3,4 Toscana 3,2 Marche 3,0 Lazio 2,8 Puglia 2,8 Basilicata 2,8 Liguria 2,6 Umbria 2,6 Sicilia 2,6 Abruzzo 2,4 Sardegna 2,4 Campania 2,0 Calabria 2,0 Molise 1,8

MEDIA 3,00

Fonte: elaborazioni Axteria

________

Spostando l’analisi sull’efficienza, relativamente alla prima variabile di valutazione (2A), misurata dal costo totale per tonnellata, il sistema regionale caratterizzato dal dato economicamente più vantaggioso è la Valle d’Aosta (134 €/t.), mentre la Liguria si pone su livelli di costo quasi doppi rispetto alla prima (264 €/t.).

98

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Tabella 26 – Parametri di efficienza (2A): costo per tonnellata di Rifiuti Urbani

onte: elaborazioni Axteria

Vale la pena ricordare che l’indicatore in questione di per sé non è sufficiente a delineare il rado di efficienza di un sistema, in ragione delle molteplici variabili che possono

in relazione anche agli altri elementi, quali ad esempio il grado di copertura dei costi (parametro 2B), che fornisce maggiori indicazioni rispetto alle

, Trentino Alto-Adige, Marche, Lombardia ed Emilia Romagna) sono in sostanziale equilibrio economico (grado di copertura costi maggiore o

Costi per tonnellata(€/tonn.) Punteggio

Valle d'Aosta 134,0 5 Calabria 161,4 4 Marche 171,0 4 Veneto 177,3 4 Abruzzo 178,3 4 Friuli Venezia Giulia 185,2 4 Emilia Romagna 186,5 3 Umbria 190,5 3 Trentino Alto Adige 197,7 3 Sardegna 197,9 3 Molise 198,0 3 Lombardia 208,3 3 Puglia 216,6 2 Lazio 217,8 2 Basilicata 218,7 2 Sicilia 220,2 2 Piemonte 221,6 2 Toscana 221,7 2 Campania 243,0 2 Liguria 263,9 1

MEDIA 200,5 DEVIAZIONE STD 28,7

F

ginfluenzare il livello dei costi.

Tale parametro va quindi letto

evidenze di cui al punto precedente.

Solo 6 Regioni (Valle d’Aosta, Veneto

uguale al 96%), mentre le altre sono caratterizzate da un preoccupante squilibrio costi-ricavi.

99

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Un allineamento alla media nazionale (90%) delle dieci Regioni italiane caratterizzate per un grado di copertura dei costi inferiore alla stessa significherebbe un recupero di efficienza di circa 200 milioni di Euro a livello complessivo.

Tabella 27 – Parametri di efficienza (2B): grado di copertura dei costi

Copertura dei costi(% fatturato di settore su Costi totali) Punteggio

Valle d'Aosta 102% 5 Veneto 101% 4 Trentino Alto Adige 100% 4 Marche 99% 4 Lombardia 99% 4 Emilia Romagna 96% 4 Friuli Venezia Giulia 94% 3 Piemonte 94% 3 Liguria 93% 3 Sardegna 92% 3 Lazio 89% 3 Abruzzo 88% 3 Calabria 87% 3 Umbria 87% 3 Campania 84% 2 Basilicata 83% 2 Toscana 83% 2 Puglia 80% 2 Sicilia 79% 2 Molise 75% 1

MEDIA 90%DEVIAZIONE STD 8%

Fonte: elaborazioni Axteria

L’altra “faccia della medaglia” dell’efficienza economica è certamente rappresentata dalla ricaduta sui cittadini in termini di spesa media a sostegno dei servizi di Igiene Ambientale (2C).

Anche su questo punto, il grado di dispersione rispetto alla media nazionale (circa 45 Euro/cittadino) è estremamente significativo, con punte intorno ai 30 Euro per Molise, Calabria e Abruzzo e nell’ordine dei 55-60 Euro per Lazio e Campania.

100

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Tabella 28 – Parametri di efficienza (2C): spesa media per cittadino

Spesa media per cittadino(€/anno) Punteggio

Molise 27,6 5 Calabria 31,7 4 Abruzzo 31,9 4 Umbria 33,2 4 Basilicata 36,0 4 Marche 37,4 4 Sicilia 41,0 3 Sardegna 41,7 3 Puglia 42,7 3 Valle d'Aosta 46,1 3 Toscana 48,3 3 Liguria 48,7 3 Piemonte 49,0 2 Trentino Alto Adige 49,1 2 Veneto 50,0 2 Emilia Romagna 51,2 2 Friuli Venezia Giulia 51,9 2 Lombardia 52,3 2 Lazio 55,8 2 Campania 61,2 1

MEDIA 44,3 DEVIAZIONE STD 8,8

Fonte: elaborazioni Axteria

Costruendo la media dei tre indicatori di efficienza è possibile ricavare un “indicatore sintetico”, in analogia con quanto precedentemente illustrato in tema di efficacia, i cui risultati sono riportati nella tabella seguente.

101

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Tabella 29 – Indicatore sintetico di efficienza

Indicatore sintetico efficienza

Valle d'Aosta 4,3 Marche 4,0 Abruzzo 3,7 Calabria 3,7 Veneto 3,3 Umbria 3,3 Lombardia 3,0 Trentino Alto Adige 3,0 Friuli Venezia Giulia 3,0 Emilia Romagna 3,0 Molise 3,0 Sardegna 3,0 Basilicata 2,7 Piemonte 2,3 Liguria 2,3 Toscana 2,3 Lazio 2,3 Puglia 2,3 Sicilia 2,3 Campania 1,7

MEDIA 2,9

Fonte: elaborazioni Axteria

2.5. Riflessioni sui legami causa-effetto alla base dei diversi risultati

A partire dai diversi livelli di performance regionale evidenziati nel precedente paragrafo, il passo successivo consiste nel provare a tirare delle conclusioni, approfondendo le relazioni di causa-effetto alla base dei fenomeni, al fine di fornire una piattaforma di discussione utile a identificare le azioni strategiche da porre in essere.

In quest’ottica, nel prosieguo si dimostra che:

• efficacia ed efficienza possono andare di pari passo, in quanto un sistema industrialmente evoluto ed autosufficiente può portare nel medio periodo anche importanti risultati in termini di economicità;

• alla base delle performance esistono delle ragioni di assetto e di politica industriale: i risultati non sono frutto del caso, ma sono correlati a scelte precise che influiscono sulle caratteristiche del sistema;

102

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• i sistemi complessivamente migliori o peggiori presentano un minimo comun denominatore, il cui approfondimento è fondamentale nell’ottica di capitalizzare le “lessons learnt”.

In coerenza con tale impostazione, molto interessante risulta la matrice di sintesi della competitività del settore dei Rifiuti Urbani nelle diverse aree territoriali, ottenuta incrociando sulle ascisse e sulle ordinate gli indicatori sintetici precedentemente costruiti, da cui emergono quattro modelli profondamente diversi, in corrispondenza dei quadranti della matrice stessa:

• area “best performer”, caratterizzata da alta efficacia e alta efficienza, nel cui ambito ricadono Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta;

• area “underperformer”, in cui si trovano Campania, Lazio, Puglia, Basilicata, Liguria e Sicilia;

• area “efficacia costosa”, con Piemonte e Toscana;

• area “efficienza inefficace”, con Sardegna, Molise, Umbria, Abruzzo, Marche e Calabria.

103

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Figura 56 – Matrice di sintesi della competitività di sistema

Fonte: elaborazioni Axteria

Nel quadrante in basso a sinistra (“underperformer”: bassa efficacia/bassa efficienza) si trovano tutte Regioni in “emergenza rifiuti”, più la Liguria, caratterizzata da una notevole carenza impiantistica (76% dei rifiuti in discarica): le situazioni di crisi partono da lontano e non sono frutto del caso, bensì di precise arretratezze strutturali.

A dimostrazione del grado di correlazione tra efficacia ed efficienza, si evidenzia come le Regioni caratterizzate dalle migliori performance economiche in termini di rapporto ricavi/costi siano anche quelle che:

• riescono a contenere le dinamiche di crescita dei rifiuti (minimizzazione e prevenzione);

• fanno meno ricorso alla discarica come modalità di destinazione dei rifiuti;

• sono maggiormente autosufficienti in termini di ciclo integrato dei rifiuti.

Tali considerazioni sono facilmente arguibili dalla lettura delle matrici seguenti.

Media = 2,93

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5

Indicatore sintetico di efficacia

“Efficacia costosa” “Best performer”

Indicatore sintetico di efficienza

“Efficienza inefficace”“Underperformer”

Piemonte Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Abruzzo

Molise

Basilicata

Sardegna

Lazio

Campania

Puglia

Calabria

Sicilia

Media = 2,93

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5

Indicatore sintetico di efficacia

“Efficacia costosa” “Best performer”

“Efficienza inefficace”“Underperformer”

Piemonte Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Abruzzo

Molise

Basilicata

Sardegna

Lazio

Campania

Puglia

Calabria

Sicilia

Indicatore sintetico di efficienza

104

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Figura 57 – Matrice Rifiuti/PIL – grado di copertura dei costi

15,0

17,5

20,0

22,5

25,0

27,5

30,0

32,5

35,0

70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 105% 110%

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

Rifiuti / PIL(tonn. / mln €)

PiemonteValle d’Aosta

Lombardia Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

CampaniaPuglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

15,0

17,5

20,0

22,5

25,0

27,5

30,0

32,5

35,0

70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 105% 110%

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

Rifiuti / PIL(tonn. / mln €)

PiemonteValle d’Aosta

Lombardia Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

CampaniaPuglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Fonte: elaborazioni Axteria

105

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Figura 58 – Matrice indipendenza dalla discarica – grado di copertura dei costi

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 105% 110%

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.)

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi

totali)

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

VenetoFriuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia RomagnaToscana

Umbria Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 105% 110%

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.)

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi

totali)

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

VenetoFriuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia RomagnaToscana

Umbria Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Fonte: elaborazioni Axteria

Figura 59 – Matrice autosufficienza regionale sul ciclo – grado di copertura dei costi

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'AostaLombardia Trentino Alto Adige

Friuli Venezia GiuliaLiguria Emilia Romagna

ToscanaUmbria

MarcheLazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

110%

70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 105% 110%

Rifiuti smaltiti / Rifiuti prodotti(% tonn.)

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

106

Page 107: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

Il rapporto tra efficacia ed efficienza economica è confermato anche dai risultati di un recente e interessante studio sui “costi del non fare” di AGICI16, che ha analizzato il tema in ottica prospettica. Le conclusioni della ricerca dimostrano come la mancata realizzazione al 2020 dell’impiantistica per i Rifiuti Urbani, necessaria per coprire i fabbisogni e per allineare le performance italiane alle best practice europee, costerebbe alla collettività (in termini di “costi del non fare”) 27 miliardi di Euro.

In una logica inerziale, il quadrante “underperformer” sarebbe destinato a subire una crescita esponenziale sia dal punto di vista del numero di Regioni coinvolte, che in termini di distanza dai parametri di efficacia complessiva.

L’analisi delle relazioni causa-effetto, sviluppata a partire dal modello di valutazione della competitività, consente inoltre di identificare una serie di condizioni fondamentali, che pur senza avere la pretesa di esaustività, devono sicuramente essere saldamente presenti nell’agenda delle cose da fare in termini di politica industriale in materia:

• superamento dell’attuale modello di gestione in economia;

• consolidamento della struttura dell’offerta attraverso processi di concentrazione tra operatori del settore;

• accelerazione sulla realizzazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti alternativi alla discarica;

• diffusione capillare della Tariffa Rifiuti, basata su criteri realmente incentivanti (“pay as you throw”);

• miglioramento dell’efficienza economica del sistema, anche attraverso significativi recuperi di produttività sui servizi “core”, oltre che come conseguenza dei punti precedenti;

• inquadramento delle varie iniziative all’interno di un piano strategico organico, in cui considerare a sistema tutte le variabili chiave, all’interno di un assetto di governance evoluto, caratterizzato da chiarezza di ruoli, responsabilità e logiche di pianificazione e controllo.

Tali elementi consentirebbero di superare il gap complessivo di competitività in cui versa il nostro Paese, allineandolo alle best practice europee, caratterizzate dalla presenza delle condizioni di cui sopra, come evidenziato nel precedente paragrafo 1.6.

16 “I costi del non fare – quanto costano al Paese gli ostacoli che bloccano impianti e infrastrutture?”, AGICI, 2006.

107

Page 108: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

Nel prosieguo del paragrafo, si riportano alcune importanti evidenze a supporto di tali considerazioni, enucleabili dalle analisi effettuate.

Seppur “a macchia di leopardo”, nell’ambito di un’Italia spaccata in tre da Nord a Sud, l’analisi regionale conferma la possibilità di realizzare certi risultati e come questi ultimi siano imprescindibilmente legati a una serie di presupposti.

Le Regioni caratterizzate dalla maggiore presenza di aziende rispetto alle gestioni in economia sono in molti casi anche quelle che versano nelle migliori condizioni di autosufficienza economica.

Figura 60 – Matrice incidenza delle imprese sul totale delle tonnellate gestite – grado di copertura dei costi

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'Aosta

LombardiaTrentino Alto Adige Veneto

Friuli Venezia GiuliaLiguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

LazioAbruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

105%

110%

50% 55% 60% 65% 70% 75% 80% 85% 90% 95% 100%

Incidenza imprese(% tonn. imprese sul totale)

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

108

Page 109: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

Più elevati gradi di copertura costi (rapporto tra ricavi e costi totali) sono in buona parte legati alla presenza di aziende più grandi, efficienti ed integrate dal punto di vista territoriale ed industriale.

Figura 61 – Matrice tonnellate gestite per operatore – grado di copertura dei costi

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige Veneto

Friuli Venezia GiuliaLiguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

LazioAbruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

105%

1.000 3.000 5.000 7.000 9.000 11.000 13.000 15.000 17.000

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

Dimensione media operatori(tonn. gestite)

109

Page 110: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

Esiste un buon grado di correlazione tra dimensione media degli ambiti gestionali e capacità di sviluppare un sistema moderno di maggiore indipendenza dalle discariche tradizionali.

Figura 62 – Matrice tonnellate gestite per operatore – indipendenza dalle discariche

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

AbruzzoMolise

Campania

Puglia

BasilicataCalabria

Sicilia

Sardegna

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

1.000 3.000 5.000 7.000 9.000 11.000 13.000 15.000 17.000

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.)

Dimensione media operatori(tonn. gestite)

110

Page 111: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

La competitività di un sistema dal punto di vista delle dotazioni infrastrutturali (nuovi impianti) può essere favorita dallo sviluppo di assetti gestionali più grandi, efficienti e integrati.

Figura 63 – Matrice dotazione impiantistica (n. impianti di incenerimento, trattamento e recupero) - tonnellate gestite per operatore

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'AostaLombardia

Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia GiuliaLiguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

1.000

3.000

5.000

7.000

9.000

11.000

13.000

15.000

17.000

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Dimensione media operatori(tonn. gestite)

Dotazione impiantistica(n° di impianti escluse le discariche)

111

Page 112: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

Elemento fondamentale per il superamento delle discariche è lo sviluppo di impianti di smaltimento alternativi (termovalorizzatori), come condizione fondamentale per la creazione di sistemi industriali efficaci, anche in presenza di elevati livelli di recupero: la raccolta differenziata è fondamentale ma non basta.

Figura 64 – Matrice dotazione impiantistica (n. impianti di incenerimento, trattamento e recupero) – indipendenza dalle discariche

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

0 20 40 60 80 100

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

VenetoFriuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia RomagnaToscana

UmbriaMarche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.)

Dotazione impiantistica(n° di impianti escluse le discariche)

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

0 20 40 60 80 100

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

VenetoFriuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia RomagnaToscana

UmbriaMarche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.)

Dotazione impiantistica(n° di impianti escluse le discariche)

Fonte: elaborazioni Axteria

112

Page 113: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

Il superamento dei regimi Tarsu vs. un modello di Tariffa “industriale” a totale copertura dei costi e degli investimenti è un requisito imprescindibile per il raggiungimento dell’equilibrio economico.

Figura 65 – Matrice diffusione della Tariffa (% popolazione servita) – grado di copertura dei costi

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia Trentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia GiuliaLiguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

LazioAbruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

105%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

Diffusione della tariffa(% popolazione con Ta.Ri. sul totale)

Iniziative “stand alone”, non inquadrate cioè all’interno di un piano strategico complessivo e coerente, non pagano. Le Regioni più avanzate in tema di raccolta differenziata, oltre a essere le più indipendenti dal conferimento in discarica (figura 65), sono in molti casi anche quelle:

• più efficaci sul fronte della prevenzione sulla produzione di rifiuti (figura 66);

• caratterizzate dai più alti livelli di copertura ricavi/costi (figura 67).

113

Page 114: RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE DEI RIFIUTI … · 2008-01-28 · L’EVOLUZIONE DEL SETTORE DEI RIFIUTI URBANI 1.1. La definizione di Rifiuti Urbani 1.2. Il ciclo di gestione

Figura 66 – Matrice raccolta differenziata (% sul totale rifiuti) – indipendenza dalle discariche

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.)

Raccolta differenziata(% rifiuti RD sul totale dei rifiuti prodotti)

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

VenetoFriuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia RomagnaToscana

UmbriaMarche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

Rifiuti non smaltiti in discarica(% tonn.)

Raccolta differenziata(% rifiuti RD sul totale dei rifiuti prodotti)

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

VenetoFriuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia RomagnaToscana

UmbriaMarche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Figura 67 – Matrice raccolta differenziata (% sul totale rifiuti) – Rifiuti/PIL

15,0

17,5

20,0

22,5

25,0

27,5

30,0

32,5

35,0

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

Raccolta differenziata(% rifiuti RD sul totale dei rifiuti prodotti)

Rifiuti / PIL(tonn. / mln €)

PiemonteValle d’Aosta

Lombardia Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

CampaniaPuglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

15,0

17,5

20,0

22,5

25,0

27,5

30,0

32,5

35,0

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

Raccolta differenziata(% rifiuti RD sul totale dei rifiuti prodotti)

Rifiuti / PIL(tonn. / mln €)

PiemonteValle d’Aosta

Lombardia Trentino Alto Adige

Veneto

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

CampaniaPuglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Fonte: elaborazioni Axteria

114

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Figura 68 – Matrice raccolta differenziata (% sul totale rifiuti) – grado di copertura dei costi

mi maggiormente “di moda” nei dibattiti sull’evoluzione dei servizi pubblici

elle diverse Regioni e presenza di

e o minore presenza di privati e grado di

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

Fonte: elaborazioni Axteria

Uno dei telocali in generale, legato al tema delle privatizzazioni come possibile strumento per un miglioramento della competitività, pur non rientrando negli obiettivi del presente Rapporto, anche se sicuramente non privo di fondamento, non emerge tuttavia come variabile chiave delle maggiori o minori performance.

Non si rileva cioè alcuna correlazione tra risultati dsoggetti pubblici o privati.

In particolare, non c’è correlazione tra maggiorautosufficienza sul ciclo (figura 68), così come non si evince alcun legame con le performance di efficienza, sia in termini di costo totale (figura 69), sia di equilibrio economico generale (figura 70).

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

105%

110%

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

Raccolta differenziata(% rifiuti RD sul totale dei rifiuti prodotti)

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia GiuliaLiguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

LazioAbruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

105%

110%

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

Raccolta differenziata(% rifiuti RD sul totale dei rifiuti prodotti)

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

Trentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia GiuliaLiguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

LazioAbruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

115

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Figura 69 – Matrice incidenza gestioni private (% sui Comuni serviti) – autosufficienza regionale sul ciclo

Figura 70 – Matrice incidenza gestioni private (% sui Comuni serviti) – costi per tonnellata

PiemonteValle d'Aosta

LombardiaTrentino Alto Adige

Friuli Venezia GiuliaLiguriaEmilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche LazioAbruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

110%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Rifiuti smaltiti / Rifiuti prodotti(% tonn.)

Incidenza gestione privata(% imprese private sul totale dei Comuni)

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia

Trentino Alto Adige

VenetoFriuli Venezia Giulia

Liguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

PugliaBasilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

120

145

170

195

220

245

270

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Costi per tonnellata(€ / tonn.)

Incidenza gestione privata(% imprese private sul totale dei Comuni)

116

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Figura 71 – Matrice incidenza gestioni private (% sui Comuni serviti) – grado di copertura dei costi

Fonte: elaborazioni Axteria

Piemonte

Valle d'Aosta

LombardiaTrentino Alto AdigeVeneto

Friuli Venezia GiuliaLiguria

Emilia Romagna

Toscana

Umbria

Marche

LazioAbruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

70%

75%

80%

85%

90%

95%

100%

105%

110%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Copertura dei costi(% fatturato di settore su costi totali)

Incidenza gestione privata(% imprese private sul totale dei Comuni)

117