Rapporto povertà 2006

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Nota:

Un grazie di cuore all’Equipe della Ca-ritas Diocesana ed in particolare a tuttigli operatori, i volontari, le servizio ci-viliste, le stagiste ed i tirocinanti chequotidianamente raccontano il volto ela passione di una Chiesa impegnata adascoltare ed accogliere i bisogni dei po-veri.Senza il loro servizio umile, appassio-nato, competente e troppo spesso nonvalorizzato, questo rapporto non sareb-be stato possibile.

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C a r i t a s d i o c e s a n a d i P i s amaggio 2006

Esclusi?Secondo rapporto diocesano

sulle povertà incontrate

o

Introduzione ...................................................................................... 5S.E. Mons. Alessandro PlottiS.E. Mons. Alessandro PlottiS.E. Mons. Alessandro PlottiS.E. Mons. Alessandro PlottiS.E. Mons. Alessandro PlottiArcivescovo di PisaArcivescovo di PisaArcivescovo di PisaArcivescovo di PisaArcivescovo di Pisa

Esclusi? .............................................................................................. 7Don Emanuele MorelliDon Emanuele MorelliDon Emanuele MorelliDon Emanuele MorelliDon Emanuele MorelliDirettore della Caritas Diocesana di PisaDirettore della Caritas Diocesana di PisaDirettore della Caritas Diocesana di PisaDirettore della Caritas Diocesana di PisaDirettore della Caritas Diocesana di Pisa

PARTE I: I dati dei Centri di Ascolto..................................................... 9Dott. Federico RussoDott. Federico RussoDott. Federico RussoDott. Federico RussoDott. Federico Russo

PARTE II: Quali risorse possibili?....................................................... 29Avv. Laura ZampanoAvv. Laura ZampanoAvv. Laura ZampanoAvv. Laura ZampanoAvv. Laura Zampano

Appendice: i Centri d’Ascolto ........................................................... 37Equipe formazione Caritas Diocesana di PisaEquipe formazione Caritas Diocesana di PisaEquipe formazione Caritas Diocesana di PisaEquipe formazione Caritas Diocesana di PisaEquipe formazione Caritas Diocesana di Pisa

Appendice Statistica .......................................................................... 39

Note .................................................................................................. 45

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introduzione

II Rapporto 2006sulle povertà incontratedalla Caritas Diocesana di Pisa

La Caritas diocesana presenta il 2°Rapporto sulle povertà nel nostroterritorio. Sono dati significativi

che occorre conoscere e valutare perpoter intervenire con mezzi sempre piùadeguati. Forse molti operatori pastora-li non sono al corrente di quanto lavorosvolga la Caritas diocesana nei suoi mol-ti servizi. Questa constatazione mi fadire che dobbiamo moltiplicare gli sforziper declinare l’essere e l’agire Caritasanche a livello parrocchiale, in metodo,azioni e percorsi educativi, che permet-tano di operare con progettualità e so-prattutto con attenzione del cuore in ri-sposta alle diverse necessità.È certamente importante che la Caritasdiocesana continui a monitorare le po-vertà, le dinamiche di esclusione, i di-versi e drammatici disagi sociali; ma tut-to questo deve avere una ricaduta nellasensibilizzazione delle nostre parroc-chie. Non si può delegare la Caritas dio-cesana di un servizio formativo che è ti-pico e irrinunciabile per le singole co-munità ecclesiali.

Questo Rapporto deve quindi diventareuno stimolo affinché ogni Parrocchiafaccia seriamente un esame delle pover-tà esistenti sul suo territorio con un ap-proccio peculiare, che non si esauriscenell’assistenza, ma che diventa propostadi percorsi educativi a partire “dai fat-ti”, per concretizzare gesti di servizio cheesprimano l’amore privilegiato per i po-veri di tutta la comunità ecclesiale.La Caritas parrocchiale non è un grup-po di persone generose che assistono ipoveri con servizi funzionali, ma deveessere sempre più “coscienza ecclesia-le” per l’apertura dell’intelligenza e del-la volontà alle esigenze del bene comu-ne. Mi auguro che la lettura e lo studiodi questo Rapporto sia occasione pertutti, parroci e animatori pastorali, permettere al centro della nostra pastorale,la carità, come espressione genuina dellafede e della speranza.Le Caritas parrocchiali devono elabora-re, in continuità con la Caritas diocesa-na, “opere-segno” che aiutino tutti i par-rocchiani a porre una maggiore atten-

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introduzione

zione solidale con le povertà, eviden-ziando anche, se necessario, la debolez-za di analisi e politiche di intervento so-ciale delle Istituzioni civili. Solo unarete di integrazione, di collaborazione edi complementarietà potrà manifestarel’amore che la Chiesa vuole testimonia-re per i più deboli.Si tratta, in ultima analisi, di verificareil modo di fare Caritas, cioè del connet-

tere strettamente le funzioni dell’ascol-tare, dell’osservare e del discernere peranimare alla carità l’intera comunità, inuna visione integrata, che coinvolga an-che catechesi e liturgia.Mi auguro che questo documento ab-bia una larga diffusione.

+Alessandro PlottiArcivescovo

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EEEEEsclusi?sclusi?sclusi?sclusi?sclusi? È la domanda che quest’anno dà il titolo al rapportoelaborato dall’Osservatorio Dioce-

sano sulle povertà, a partire dai dati delCentro d’Ascolto della nostra Caritas dio-cesana. Ci siamo domandati: esclusi dacosa, da chi e perché? Proviamo a rispon-dere.Esclusi da cosa?Esclusi, lasciati fuori, buttati via, fatti scen-dere, messi da parte, marginalizzati, di-menticati, invisibili, resi ultimi… è lacondizione nella quale si trovano tutte lepersone che incontriamo quotidiana-mente e che ci raccontano le loro diversestorie di esclusione. Ci raccontano chesono stati esclusi dalla possibilità di frui-re di opportunità che stanno diventandosempre di più per pochi; da un mercatodel lavoro dove flessibilità è purtroppo si-nonimo di precarietà; dal fatto che vivo-no una povertà culturale radicale; dall’as-senza di politiche di inclusione più co-raggiose; dalla debolezza di politiche di in-tegrazione; dalla non conoscenza dei pro-pri diritti; da logiche sclerotizzate di assi-

Esclusi ?

stenzialismo deresponsabilizzante; dalfatto di produrre un reddito che ha persoil reale potere di acquisto; dallo sfilacciarsidi reti di protezione sociale… In sostan-za sono esclusi dalla possibilità di viverein pienezza.Esclusi da chi?I soggetti che generano esclusione sonodiversi. Sono le istituzioni della societàcivile quando organizzano la solidarietàa partire da una soglia che si sposta sem-pre di più verso l’alto, lasciando “sotto”un numero sempre maggiore di uominie di donne. Sono ancora le istituzioni del-la società civile quando destinano al “so-ciale” una quantità sempre minore di ri-sorse, umane ed economiche, di modoche le politiche di welfare diventino, pur-troppo, solo residuali. Ma è anche la co-munità ecclesiale quando consideral’esercizio della carità un accessorio e nonun “opus proprium” che prima ancorache definirne il suo agire, ne definisce l’es-sere e l’identità profonda. Quando unacomunità ecclesiale accetta come inevi-tabile che i poveri stiano sulla sua soglia e

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non crea percorsi perché possano abitarepienamente le relazioni dei discepoli diGesù tradisce la propria natura e la pro-pria missione. Quando le comunità par-rocchiali si limitano a fare elemosina enon osano i percorsi dell’ascolto, del di-scernimento, dell’accompagnamento,della promozione umana smettono diessere “vangelo” per i poveri. Ma credia-mo che il problema peggiore dipenda dalfatto che le persone che si pensano “nor-mali” (io e te…) abbiano perso la coscien-za che i primi ad essere confrontati ed in-terrogati dal crescere della povertà nonsono i soggetti collettivi ma prima di tut-to proprio le persone singole. I poveri e laloro povertà sono una provocazione alcambiamento che deve interessare primadi tutto la nostra coscienza personale.Esclusi perché?Eppure, alla fine, abbiamo la certezza chenon ci sia un vero e proprio soggetto fisi-co che esclude. Non c’è una persona conla quale prendersela, non c’è un “caproespiatorio”. Abbiamo l’impressione che ilproblema sia molto più grave e più pro-fondo. È questione di stile di vita. Siamodentro un sistema culturale che esclude,dove individualismo ed indifferenza sonoi tratti che connotano in maniera indele-

bile la nostra convivenza, che ama defi-nirsi civile. L’esclusivo interesse persona-le, la ricerca del proprio benessere a sca-pito di quello dell’altro, l’incapacità di co-niugare il vocabolario dei beni comuni,di pensare al plurale… sono il vero moti-vo che porta la nostra società ad essere nonuna società che include ma che esclude.Che cosa fare?Allora che cosa fare? Occorre cambiare lavita. Non è poco ma è alla nostra portata.È necessario ed urgente ripensare le poli-tiche, rivedere l’agire delle comunità ec-clesiali e pensare nuovamente i nostri stilidi vita personali a partire dalla scelta diritrovare il senso della nostra vita nelleprassi del servizio, della condivisione, del-la compassione, della costruzione di le-gami forti, dell’accoglienza del diverso…È necessario “ripartire dagli ultimi”, nel-le politiche, nella pastorale, nei compor-tamenti quotidiani perché la nostra con-vivenza sociale possa ancora definirsi conl’aggettivo “civile” senza doversi vergogna-re.“Includere” diventa perciò il dovere pertutti coloro che vogliono costruire com-portamenti quotidiani, politiche e prassipastorali capaci di consegnare al futuro lanostra società.

don Emanuele Morelli

Direttore della Caritasdiocesana di Pisa

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PARTE I

I DATIDEI CENTRI DI ASCOLTO

PremessaPrima di esaminare i dati dei centri diascolto vogliamo riflettere su una do-manda di metodo: che cosa ci possonodire questi dati sulla povertà a Pisa?Questo è l’interrogativo cruciale che gliosservatori della Caritas non possonopiù fuggire. Se il significato di questi datinon andasse al di là di un semplice bi-lancio contabile degli utenti che si sonorivolti ai nostri sportelli la presentazio-ne dei nostri rapporti sarebbe interes-sante solo ad uso interno: al contrario,molte Caritas diocesane hanno comin-ciato a divulgare i propri dati nella con-vinzione che questi potessero essere unbuon punto di partenza per far riflette-re la chiesa locale e la società civile. E’ ilmomento di giustificare questa “prete-sa”, spiegando in modo esplicito comevogliamo utilizzare i dati dei centri diascolto per dire qualcosa di sensato sul-la nostra società. In queste righe cerche-remo di descrivere i metodi adottati inalcuni rapporti Caritas, e proveremo amettere in luce i loro limiti e le condi-zioni necessarie perché possano portarea conclusioni plausibili. Crediamo cheesistano almeno tre strade percorribiliper raggiungere questo obiettivo: l’osser-vazione dei trend storici, il metodo del-la domanda sociale visibile e l’indivi-duazione di profili tipici. La prima viapuò essere tentata per cogliere alcune

trasformazioni che avvengono sul terri-torio, la seconda è particolarmente adat-ta a individuare gli strati della popola-zione che si trovano in una situazionedi disagio, mentre la terza mira a defi-nire e ricostruire in dettaglio alcune si-tuazioni che appaiono rilevanti per nu-mero o gravità. Ovviamente nessuna diqueste operazioni può essere intrapresasenza considerare con attenzione la na-tura dei centri di ascolto e le percezionidegli operatori e dei volontari che han-no fisicamente incontrato le persone incerca d’aiuto. Solitamente i dati più at-tesi nei rapporti sugli utenti dei centridi ascolto riguardano il numero degliutenti ascoltati le loro caratteristiche ri-spetto agli anni precedenti. Se l’attenzio-ne per il numero delle presenze è giu-stificato dalla sua immediatezza, chebene si sposa con le esigenze della co-municazione giornalistica, l’interesseper l’aumento o la diminuzione di cer-te categorie di utenti è spesso utilizzatoper fare delle inferenze su presunti cam-biamenti avvenuti sul territorio. Questomodo di procedere è assai diffuso maallo stesso tempo diventa molto rischio-so se non si adottano alcune cautele.Facciamo un esempio pratico: se da unanno a quello successivo raddoppiasse-ro le persone che manifestano un disa-gio abitativo se ne potrebbe trarre la con-clusione che questo tipo di problemastia diventando più acuto. In fin dei con-ti un ragionamento simile è largamen-te applicato in altri contesti: ad esempio,negli Stati Uniti l’andamento crescenteo decrescente della disoccupazione è sti-

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mato a partire dal numero di personeche si presentano agli sportelli compe-tenti per richiedere il relativo sussidio.Nell’estendere meccanicamente questalogica ai nostri centri si dimenticanodue elementi fondamentali: innanzitut-to, le persone in difficoltà non sono ob-bligate a rivolgersi alla Caritas per otte-nere i servizi che desiderano: piuttosto,scelgono se farlo soltanto se ritengonoche i centri di ascolto possano forniredelle risposte adeguate alle loro doman-de1 . Inoltre, i centri di ascolto sono spes-so in evoluzione costante, e sia la loroorganizzazione sia le risorse disponibiliinfluenzano in modo determinante ilnumero e la tipologia degli utenti in-contrati. Alla luce di questa osservazio-ne possiamo tornare sull’esempio pre-cedente: un aumento delle persone conproblemi di abitazione potrebbe esserespiegato semplicemente con la aumen-tata capacità dei centri di ascolto di tro-vare una soluzione a questo problema.Prima di lanciarsi in considerazioni af-frettate diventa fondamentale chiedersise le variazioni riscontrate di anno inanno possano essere spiegate da fattoriinterni, che possono riguardare ad esem-pio il numero degli operatori coinvoltinell’ascolto, le risorse materiali a lorodisposizione e più in generale tutte lerisposte che essi sono in grado di forni-re. In mancanza di spiegazione di que-sto genere le variazioni possono essereconsiderate dei segni, per quanto in-completi e incerti, di trasformazioni av-venute sul territorio. Le impressionitratte dai dati dovrebbero essere con-

frontate con altre fonti informative ognivolta che questo è possibile: fortunata-mente non sono rari i fenomeni socialiche lasciano tracce in più di una fontestatistica. Ad esempio, se i nostri datisuggerissero un aumento delle personein difficoltà a pagare l’affitto potrebbe es-sere utile cercare di capire se gli sfrattisono o non sono in aumento.Un buon esempio di analisi della “do-manda sociale visibile” è dato dal “Se-condo Rapporto sulle Povertà”2 realiz-zato dall’osservatorio provinciale dellepolitiche sociali di Arezzo: nel secondocapitolo, scritto dal sociologo di CaritasItaliana Walter Nanni, le caratteristichedel gruppo di utenti che hanno usufru-ito dei servizi sociali e di quelli della Ca-ritas vengono comparati con quelle del-la popolazione residente. L’assunto fon-damentale è che gli utenti che si presen-tano ai Centri d’Ascolto stiano vivendouna situazione di disagio, e questo èsenz’altro confermato dalla nostra espe-rienza: se tutti i tipi di persone si rivol-gessero alla Caritas con la stessa facilità,la sottopopolazione degli “utenti Cari-tas” sarebbe uno specchio preciso dellapopolazione residente sul territorio. Perquesto “Il confronto tra l’incidenza di unadeterminata variabile anagrafica o di sta-tus all’interno di una sottopopolazione spe-cifica, e l’incidenza della medesima varia-bile presso la popolazione complessiva, è difondamentale importanza per evidenzia-re fenomeni di segregazione e l’eventualeesposizione differenziale al rischio di de-terminati gruppi di persone, che sarebbe-ro soggetti quindi a processi sovradimen-

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sionati di emarginazione sociale” 3. Anda-re alla ricerca dei profili tipici significaindividuare dei gruppi di utenti che pre-sentano caratteristiche simili e descri-verli in modo approfondito. Se alcuniindividui sono accomunati da molte va-rabili significative (ad esempio età, ge-nere, cittadinanza) ed hanno problema-tiche simili possiamo dire di essere inpresenza di un “profilo tipico”. Da unpunto di vista analitico la ricerca di que-sti profili può cominciare con l’analisidelle varabili socio-anagrafiche: adesempio nel “Dossier 2004 sulle pover-tà in Toscana”4 i profili tipici vengonoindividuati grazie ad una comparazio-ne sistematica tra utenti italiani e stra-nieri, ulteriormente distinti per genere.Questa ricerca non è fine a se stessa, mapermette di conoscere i tratti qualitatividi alcune situazioni di disagio esistentisul territorio che non possono essere residai dati ufficiali sulla povertà né da al-cuna statistica: una volta individuati,alcuni profili tipici possono essere even-tualmente approfonditi con altri stru-menti di indagine, come ad esempio lestorie di vita. Siamo comunque consa-pevoli che nonostante tutte le possibilicautele che si possono adottare nell’ana-lisi dei dati, nulla può sostituire l’espe-rienza diretta degli operatori che hannofisicamente incontrato i volti delle per-sone che chiedevano un aiuto. Metterea confronto le sensazioni degli operato-ri con i dati statistici già parzialmenteelaborati permette di raggiungere unduplice obiettivo: da una parte illumi-na i dati di maggior significato, spiegan-

do le situazioni concrete che si celanosotto i numeri e suggerendo ulteriorianalisi. Dall’altra, a volte i numeri cor-reggono le percezioni degli operatori chepotrebbero essere portati a sovrastimarela numerosità delle situazioni che piùli hanno colpiti, magari perché nuove oparticolarmente gravi. Queste righe sonouna sintesi del metodo che abbiamo se-guito per elaborare i dati sugli utentipassati dai nostri centri di ascolto nel2005: in parte sono anche un’agenda diricerca che ci ripromettiamo di seguiree perfezionare in futuro. In Toscana, enon solo, gli osservatori diocesani sullepovertà stanno diventando uno stru-mento diffuso ed il numero crescentedei “rapporti” che in questi anni sonostati pubblicati testimonia l’attenzionedelle Caritas a farsi laboratorio di rifles-sione. Siamo convinti che l’utilità degliosservatori per la Chiesa e per la societàcivile si gioca sulla loro capacità di pro-durre rapporti che superino una logicacontabile ma sviluppino dei metodi perparlare del territorio. Solo rendendoespliciti questi metodi ed i loro assunti,per quanto siano rudimentali, sarà pos-sibile alimentare un dibattito che faràcrescere tutti.

Aspetti metodologici e modalità dilavoro dei CdAIn questo rapporto analizziamo i datirelativi agli utenti dei centri di ascolto(CdA) della Caritas di Pisa: dal 2003 leinformazioni raccolte dagli operatorisono registrate sia su un archivio carta-ceo sia su un database elettronico. Dopo

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ogni colloquio gli operatori compilanousa scheda che è stata elaborata e condi-visa a livello regionale, e successivamen-te trascrivono i dati in un apposito pro-gramma informatico5 utilizzato da qua-si tutte le diocesi toscane. Il nostro “stru-mento di rilevazione” sono proprio iCdA, che per loro natura non raccolgo-no le informazioni per fini statistici:come è meglio spiegato nell’appendicededicata, i centri di ascolto sono l’espres-sione della chiesa locale e hanno comeprima funzione quella di accogliere,ascoltare e farsi carico delle persone indifficoltà. Può capitare che le ragionidell’ascolto siano a volte poco compati-bili con quelle dell’osservazione: richie-dere informazioni delicate in alcuni casirischia di pregiudicare il buon esito del-l’ascolto, e per questo il database degliutenti presenta qualche informazionemancante. D’altra parte nel corso degliultimi anni gli operatori e tutti coloroche prestano il loro servizio nei CdAhanno maturato una attenzione cre-scente alle ragioni dell’osservazione, epossiamo finalmente disporre di unabase informativa di qualità soddisfacen-te. Come spiegato nell’appendice, cuirimandiamo, il sistema dei CdA delladiocesi di Pisa ha subito una riorganiz-zazione nell’ottobre del 2005: a partireda quella data i CdA “Mediazione” e“Bassa soglia” si sono uniti e per la pri-ma volta gli utenti di quest’ultimo han-no cominciato ad entrare nel databaseinformatico. Questo cambiamento ren-de i dati del 2005 non completamentecomparabili con quelli degli anni pre-

cedenti, da un punto di vista sia quanti-tativo sia qualitativo. Date le caratteri-stiche dell’utenza che si rivolgeva al CdA“Bassa Soglia” nell’ultimo trimestre del2005 compaiono molte persone stranie-re che sembrano vivere in situazioniancora più difficili degli altri utenti:questi, incidendo soltanto sul 2005, ren-dono complicata l’analisi delle serie sto-riche. Per questa ragione per alcune ana-lisi diacroniche, specialmente prenden-do in esame gli utenti stranieri, consi-dereremo i dati dei soli primi tre trime-stri del 20056 .

Il numero degli utenti ascoltatiNell’arco dell’intero 2005 gli operatori deicentri di ascolto della Caritas di Pisa han-no incontrato 486 persone: nel 2003 e nel2004 gli utenti che si erano rivolti ai CdAerano stati rispettivamente 264 e 293.Come abbiamo già notato i numeri del-l’ultimo anno non sono direttamenteconfrontabili con quelli degli anni pre-cedenti, dato che nel quarto trimestre2005 il sistema dei centri di ascolto è sta-to profondamente riorganizzato. Per con-trollare se ci troviamo di fronte ad un au-mento vero o soltanto all’effetto dei cam-biamenti organizzativi, è possibile limi-tare la nostra analisi comparativa al pe-riodo Gennaio-Settembre dei tre anniconsiderati: mentre nei primi tre trime-stri del 2003 e del 2004 erano passate pocomeno di 200 persone, nei primi nove mesidel 2005 gli operatori dei nostri centrihanno incontrato 299 persone, con unaumento del 50% rispetto ai due anni pre-cedenti. L’aumento di richieste di aiuto si

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è verificato prima che i CdA cambiasseromodello organizzativo, quindi le ragionivanno ricercate altrove. Non sembra plau-sibile che l’aumento degli utenti sia do-vuto alle crescenti risorse finanziarie ero-gate sotto forma di buoni e contributi, per-ché il loro ammontare non viene stabili-to a priori ma determinato di volta in vol-ta a seconda delle esigenze. Inoltre, datochi i centri di ascolto Caritas operano incittà da molto tempo con modalità simi-li, non crediamo che questo incrementosia riconducibile ad un improvviso au-mento della loro popolarità. Un’altra ipo-tesi suggerita da questi dati è che sul terri-torio pisano nel 2005 possano essere au-mentate le situazioni di disagio a cui i CdACaritas offrono risposta, situazioni cheanalizzeremo meglio nella parte finale diquesto capitolo.

Caratteristiche socio-anagrafichePrima di analizzare i dati dell’archivio ènecessario evidenziare l’anzianità delleschede di cui è composto, che rispecchiaabbastanza fedelmente la data in cui gliutenti si sono rivolti per la prima voltaal CdA della Caritas: tra le persone ascol-tate nel 2005 ben il 79,4% si è presenta-to per la prima volta nel corso dell’an-no, mentre l’11,9% era già venuto alme-no una volta nell’anno precedente. Solol’8,7% delle persone ascoltate può esse-

re collocato nella componente storica dipersone che frequentano i centri d’ascol-to da almeno due anni7 . La forte presen-za di nuovi arrivati fa intuire che il CdAsia utilizzato spesso come risorsad’emergenza, mentre solo una frazionedi persone viene “accompagnata” neltempo: in merito a questa variabile nonsi riscontrano differenze significative traitaliani e stranieri. Come ha recente-mente ricordato Walter Nanni8 , la let-teratura sulla povertà ha evidenziatol’esistenza del fenomeno dei “professio-nisti dell’assistenza”, persone caratteriz-zate da scarsa volontà di promozionesociale che utilizzerebbero allo stessotempo molti servizi assistenziali presen-ti sul territorio: in altre parole si tratte-rebbe di persone che si rivolgono concontinuità agli sportelli disponibili perappropriarsi delle risorse necessarie alloro sostentamento senza impegnarsi inpercorsi virtuosi di uscita dal bisogno.Allo stato attuale non siamo in grado diquantificare le dimensioni di questo fe-nomeno, perché la nostra banca dati co-pre soltanto tre anni: comunque, datala scarsa percentuale di coloro che han-no frequentato i nostri centri per tuttoil periodo considerato, possiamo esclu-dere che questo fenomeno interessi unnumero rilevante di utenti.Dei 486 utenti passati nel corso dell’in-

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tero 2005 il 31,5% (153) erano italianied il 68,5% (333) straneri. Il rapportotra uomini e donne è sostanzialmenteequilibrato: tra gli italiani prevalgono dipoco gli uomini sulle donne (89 contro64) mentre un rapporto inverso si regi-

stra tra gli stranieri (171 donne e 162uomini). La crescita del numero diutenti ha interessato tutte le categorie diutenti in modo simile9 . A livello pisa-no, così come a quello regionale, l’etàmedia della popolazione incontrata dai

CdA si situa all’interno delle classi me-diane (40 anni): questo dato è stato in-terpretato10 come il segno che i centridi ascolto Caritas siano complementaririspetto ai servizi pubblici, rivolgendosiad una popolazione che solitamente nonè coperta da politiche sociali specifiche,che in Italia sono prevalentemente ri-

volti a minori e anziani. Questa spiega-zione potrà essere meglio discussa ana-lizzando separatamente gli utenti italia-ni e quelli stranieri.A conferma dell’ipotesi precedente pos-siamo notare che tra gli italiani sono as-senti i minorenni e molto rari gli ultra-sessantacinquenni: la Caritas sembra

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supplire all’assenza di risposte per i cit-tadini poveri ma ancora in età lavorati-va, che in Italia non godono di misureefficaci come il reddito minimo di in-serimento o strumenti simili. L’età de-gli stranieri è considerata generalmentecome il riflesso dell’esperienza migra-toria, che è vissuta da persone nel pienodella loro capacità produttiva: infattianche gli utenti di cittadinanza non ita-

liana sono concentrati principalmentenelle fasce di età centrali, ma mentre gliuomini sono mediamente più giovani,le donne hanno un’età più avanzata, si-mile a quella degli utenti “autoctoni”.La maggiore anzianità delle donne èmolto influenzata dalle utenti che si ri-volgevano al CdA Bassa Soglia e che han-no cominciato ad entrare nell’archivioda Ottobre11 .

Cittadini StranieriNel corso del 2005 gli operatori dellaCaritas di Pisa hanno ascoltato 333utenti stranieri di circa cinquanta na-zionalità. Come abbiamo sottolineatonel precedente rapporto rivolgersi aiCdA è “segno di problematiche complesseoppure di una carenza di relazioni tale darendere difficile il soddisfacimento di nor-mali esigenze: se un gruppo nazionale è allostesso tempo poco presente sul territorio emolto rappresentato ai CdA ciò potrebbefar suonare un campanello di allarme”.

Infatti, una presenza numerosa di grup-pi nazionali scarsamente rappresentatisul territorio può essere la spia di duefenomeni preoccupanti: un alto nume-ro di irregolari o una situazione di scar-sa integrazione. Lo scorso anno aveva-mo operato questa comparazione con-cludendo che il numero di utenti alba-nesi fosse basso rispetto alla presenza al-banese sul territorio, mentre sottoline-avamo un preoccupante numero diutenti rumeni, macedoni, polacchi educraini. Ad oggi non sono pervenute in-

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formazioni più aggiornate sulla popo-lazione straniera residente, quindi lanostra analisi si terrà ad un livello ne-cessariamente più “impressionistico”.La tabella 3 presenta la graduatoria del-le nazionalità più rappresentate tra gliutenti del centro di ascolto: già nel 2004i romeni avevano superato gli albanesi,ed anche nel 2005 si confermano ilgruppo più nutrito. Nel periodo consi-derato il peso dei romeni è costante-mente cresciuto, passando dal 12% del2003 al 15% del 2004 fino ad arrivare al20% nel periodo compreso tra Gennaioe Settembre 2005. Al contrario i cittadi-ni albanesi sono costantemente dimi-nuiti, passando dal primo posto del 2003al terzo del 2005. La presenza dei Mace-doni, che nel 2005 sono stati il secondogruppo nazionale per numero di pre-senza, è invece assai stabile nel tempo.Tra le altre nazionalità dobbiamo nota-re la crescita di ucraini e bulgari e la so-stanziale tenuta dei Polacchi: tutti insie-me rappresentano il 21% degli utentistranieri. Questi dati suggeriscono alcu-ne riflessioni: gli albanesi, arrivati in Ita-lia negli anni passati e certamente lacomunità più numerosa del territorio

pisano, hanno sempre meno bisogno dirivolgersi ai CdA della Caritas. La lungapermanenza unita ad un progetto mi-gratorio di lunga durata12 ed al proba-bile consolidamento delle reti informalisembrano aver favorito la loro integra-zione. Al contrario, i rumeni hanno co-minciato ad arrivare in tempi più recen-ti e spesso vengono in Italia ripetuta-mente ma per brevi periodi13 : questomodello migratorio è certamente con-traddistinto da più precarietà, che si ri-flette nell’aumento di presenze ai CdAdella Caritas. I macedoni sono inveceuna presenza costante ed abbastanzaconsistente, e sembrerebbero prevalen-temente provenienti dalle comunitàrom locali. Per quanto riguarda Bulga-ria ed Ucraina è opinione comune chesiano le nazioni da cui provengono granparte delle collaboratrici familiari cheoperano a Pisa: il loro aumento potreb-be segnalare il consolidarsi di questiflussi. I primi cinque gruppi nazionaliche abbiamo appena citato meritanosenz’altro un ulteriore approfondimen-to, che sarà realizzato nel prossimo pa-ragrafo. Lo stato civile degli straneri è in-fluenzato dal genere (figura 3): sebbene

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la maggioranza degli utenti incontratinel 2005 sia coniugata, gli uomini sonocelibi nel 41,5% dei casi, mentre le don-ne sono più frequentemente separate ovedove. La differenza è probabilmentecausata dalla più elevata età media delledonne, che spesso vengono in Italia dasole separandosi temporaneamente dal-la loro famiglia. I nostri dati ci permet-tono di osservare l’evoluzione della si-tuazione occupazionale ed abitativa deinostri utenti stranieri. In tutti gli anniconsiderati il numero di disoccupati èsempre stato molto più alto di quello deilavoratori, a conferma che tra i nostriutenti sono decisamente sovra-rappre-

sentate le situazioni di forte disagio: in-fatti, il tasso di disoccupazione tra lapopolazione straniera residente in To-scana nel 2004 non superava l’8%14 .Nel corso dell’ultimo anno è aumenta-ta lievemente la percentuale di disoccu-pati (che nel 2005 è salita al 74,3%) ed èdiminuita, di conseguenza, quella deglioccupati. L’aumento non sembra esse-re causato da cambiamenti avvenuti al-l’interno del centro di ascolto, perchénon è aumentata la scarsa capacità difavorire inserimenti lavorativi: d’altraparte, l’aumento è troppo limitato perpermetterci generalizzazioni fondate. Lasituazione abitativa non è cambiata di

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molto, e l’appartamento in affitto è an-cora la soluzione più popolare (tabella5): l’unico cambiamento rilevante è sta-to il raddoppio del peso delle sistema-zioni in “appartamento di amici o fami-liari” avvenuto dal 2003 al 2004 e con-fermato nel 2005. Secondo gli operatoridei CdA questo tipo di alloggio nascon-de in realtà il fenomeno degli “alberghi”per stranieri gestiti da stranieri stessi; si-stemazioni poco decorose ma moltoeconomiche dove si offre agli stranieriappena arrivati di condividere una ca-mera con altre persone, naturalmente alnero. La tabella successiva mostra la ri-partizione degli utenti stranieri perquanto riguarda il permesso di soggior-no: poco più del 50% degli utenti ascol-tati era sprovvisto di regolare permesso.Non è possibile dire con certezza che sitratti di irregolari, perché quest’anno ipossessori di “cedolino”15 sono conflui-

ti nella categoria dei senza permesso. E’plausibile ritenere che gli stranieri sen-za permesso siano particolarmente pro-pensi a rivolgersi alla Caritas, che rima-ne una delle poche risorse a loro dispo-sizione. In sintesi possiamo dire che idati del 2005 sono molto simili a quellidell’anno precedente, che avevano fattoregistrare un consistente aumento de-gli irregolari tra i nostri utenti: il più bas-so numero di irregolari registrato nel2003 potrebbe essere effetto della recen-te sanatoria prevista dall’attuale leggesull’immigrazione, che d’altra parte nonsembra aver evitato il ricrearsi di un con-sistente bacino di irregolari. I cittadinistranieri che si rivolgono alla Caritassono immigrati abbastanza di recente,ma non è assolutamente corretto direche siano appena arrivati in Italia: inmedia sono giunti per la prima volta inquesto paese da 4,2 anni. La figura 4

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mostra che sebbene il 45% degli utentistranieri sia in Italia da 2 o meno anni,ben il 32% sono arrivati da 3 a 6 anni fa;infine, esiste un certo gruppo di utentiche continua ad aver bisogno del soste-gno della Caritas a più di 7 anni dal pro-prio arrivo. La sensazione dei nostri ope-ratori è che gli stranieri irregolari si ri-volgano a CdA appena arrivati per usu-fruire di servizi necessari alla sopravvi-

venza, mentre quelli con permesso disoggiorno vengano spesso con più cal-ma per ottenere varie consulenze, spe-cialmente sulle disposizioni di legge cheli toccano più da vicino. In effetti la fi-gura 5 mostra che gli utenti che sonoarrivati da poco in Italia sono in largamaggioranza irregolari (67,6%), men-tre il numero dei senza permesso di sog-giorno cala drasticamente all’aumenta-

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re del periodo di residenza in Italia. Alcontrario di quanto da molti ritenuto,nei nostri centri di ascolto sono moltorari i casi di stranieri irregolari di lungoperiodo16 ; significa che sono poco nu-merosi anche sul territorio o che sem-plicemente non si rivolgono alla Cari-tas? Anche se la risposta non può esserecerta propendiamo per la prima ipotesi:infatti per uno straniero senza permes-so di soggiorno gli sportelli della Cari-tas sono uno dei luoghi dove ottenere ri-sposte ad alcuni bisogni. Piuttosto, que-sti dati sembrano essere il prodotto del-le disfunzioni del nostro quadro legisla-tivo, per cui è molto più facile ottenereun permesso di soggiorno risiedendo il-legalmente in Italia per un certo perio-do piuttosto che rispettando alla letterale disposizioni vigenti17 .

Le nazionalità più rappresentateLa distribuzione dei nostri utenti percittadinanza ha mostrato che i gruppinazionali più numerosi sono stati i ru-meni, i macedoni, gli albanesi, gli ucrai-ni ed i bulgari. Secondo gli operatori deicentri di ascolto è frequente che gli uten-ti della stessa nazionalità presentino datianagrafici, percorsi migratori e proble-matiche abbastanza simili: sarebbequindi utile analizzare le loro situazio-ni in modo distinto, per delinearne me-glio i profili più ricorrenti. Nella perce-zione degli operatori gli utenti bulgari eucraini sembrerebbero essere in granparte donne appena arrivate in Italia conla speranza di svolgere il lavoro di “ba-danti” e colf; i macedoni sarebbero pre-

valentemente rom, un certo numero deiquali coinvolti nel progetto della socie-tà della salute “Le città sottili”; i romenidovrebbero essere membri di giovanifamiglie arrivati in Italia con la speran-za di lavorare nell’edilizia; infine, gli al-banesi sarebbero in gran parte costituitida persone già da tempo residenti in Ita-lia alle prese con i problemi della vitaquotidiana. Innanzitutto procederemoa verificare se le percezioni degli opera-tori rispondono a realtà, ed eventual-mente analizzeremo separatamente leproblematiche dei vari gruppi. Secondoquanto specificato all’inizio del capito-lo condurremo questa analisi sui dati ditutto il 2005. Il primo dato rilevante è ildeciso cambiamento della graduatoriadelle nazionalità una volta consideratol’ultimo trimestre del 2005. L’inseri-mento delle persone che si rivolgevanoallo sportello Bassa Soglia (vedi appen-dice) ha portato a questo esito: la Roma-nia mantiene il primo posto con 107presenze, mentre l’Ucraina sale al se-condo posto con 66, seguita da Mace-donia con 56, Bulgaria con 28 e Alba-nia con 25. Il quadro delineato dalla fi-gure 6 e 7 dà alcune conferme impor-tanti alle percezioni dei nostri operato-ri: tra gli utenti bulgari e ucraini c’è unagrande prevalenza di donne, mentrenegli altri gruppi nazionali il rapportotra i generi è assai meno sbilanciato. Nelcaso della Macedonia uomini e donnesono in numero quasi identico ma an-che tra gli utenti romeni e albanesi c’èuno squilibrio meno pronunciato. Perquanto riguarda la situazione dei per-

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messi di soggiorno gli utenti albanesisono quasi sempre in regola (8 su 10hanno il permesso di soggiorno), men-tre gli utenti bulgari e romeni, ma an-che ucraini, sono prevalentementesprovvisti di permesso. Per caratterizza-re meglio la situazione in cui si trovanogli utenti di queste nazionalità può es-sere utile controllare da quanto temposiano in Italia: secondo le ipotesi degli

operatori, macedoni ed albanesi dovreb-bero essere residenti in Italia da un cer-to numero di anni, mentre gli altri do-vrebbero essere arrivati da poco. La ta-bella 7 ci dà delle informazioni interes-santi: in media, gli utenti macedonisono presenti in Italia da quasi 9 anni,gli albanesi da 4, gli ucraini da 3,3, i ro-meni da 2,6 ed i bulgari da poco più diun anno. Bisogna ricordare che le pri-

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me ondate migratorie dall’Albania chehanno interessato il nostro territoriosono cominciate nella seconda metàdegli anni novanta: evidentemente i pri-mi migranti non si rivolgono più ai cen-tri della Caritas. Inoltre, gli utenti alba-nesi che si sono rivolti ai nostri centriavevano problematiche differenti, nonriconducibili ad un unico modello18 :questo sembra frutto della diversifica-zione delle varie situazioni personali,una conseguenza della loro crescenteintegrazione nella società italiana. Perquanto riguarda i macedoni, il loro lun-go periodo di permanenza in Italia è ilfrutto di due gruppi di utenti distinti,uno arrivato in Italia da più di 5 anni eduno di approdo più recente19 . In ognicaso la loro situazione sembra partico-larmente disagiata soprattutto a causadella disoccupazione, che interessa cir-ca l’80% di loro. Non è quindi sorpren-dente che il tratto caratteristico delle loroproblematiche sia la povertà20 : al con-trario, sono poco rilevanti le problema-tiche abitative. Una possibile spiegazio-ne potrebbe essere ricercata nel pro-gramma “Le città sottili” promosso dal-la Società della Salute della zona pisana

e volto a superare le condizioni di disa-gio abitativo e sanitario della popolazio-ne Rom residente sul territorio: nel qua-dro di questo programma sono state tro-vate delle sistemazioni abitative (manon ancora lavorative) per molte fami-glie. Questo potrebbe aver portato ad ungrande numero di richieste di aiuto eco-nomico, magari per far fronte al costodelle nuove utenze domestiche. Ancheil quadro delle problematiche che afflig-gono gli utenti romeni e bulgari è coe-rente con la ricostruzione degli opera-tori: gli utenti bulgari, appena arrivati inItalia (circa un anno), hanno bisogno ditutto e specialmente di lavoro (70%) eabitazione (80%). Al contrario di quan-to accade ai cittadini di altra nazionali-tà, loro non possono contare su una retedi relazioni informali molto sviluppataperché la comunità bulgara a Pisa è didimensioni piuttosto esigue. I tratti sa-lienti degli utenti romeni vanno ricer-cati nella alta percentuale di personegiovani (media 31 anni) sprovviste dipermesso di soggiorno (81,9%) che vi-vono in nuclei familiari (43%) e con fi-gli minori conviventi (55%): queste ul-time due caratteristiche sono degne di

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nota considerando il periodo relativa-mente breve da cui questi utenti sonoin Italia (2,6 anni). Il profilo degli utentiucraini è abbastanza coerente con quel-lo delineato degli operatori: la maggiorparte di loro è costituita da donne(83,3%), senza permesso di soggior-no(69,2%), che vivono in nucleo nonfamiliare (62,8%) pur essendo spessoconiugate (48,8%), in media dichiara-no di essere arrivate in Italia 3 anni fa,ma è molto probabile che in questi treanni abbiano alternato periodi in patriae periodi nel nostro paese. Nell’inten-zione di sviluppare nuovi strumenti dianalisi basati sulle informazioni siste-maticamente raccolte dai CdA abbiamodeciso di elaborare una scala delle “con-dizioni di integrazione” dei nostri utentistranieri. Questa misura aggrega in ununico numero alcune informazionipresenti nei nostri archivi su quelli chesono normalmente considerati i prere-quisiti per vivere stabilmente in unanuova società e cominciare un percor-so di integrazione21 . La complessità el’ampiezza del dibattito sul concetto di“integrazione” non ci permettono didiscuterne il significato in questa sede,e certo non abbiamo la pretesa di potermisurare con una scala assai rudimen-tale una variabile sociologica così per-sonale e sfuggente. Tuttavia non c’è dub-bio che alcune condizioni, come trovarsiin posizione di regolarità giuridica, ave-re un lavoro ed un’abitazione sicura evivere in un nucleo familiare, abbianoa che vedere con l’integrazione, essen-done a volte pre-requisiti ed a volte mi-

sure indirette. Lo scopo di questa scala èquello di sperimentare e mettere a di-sposizione degli osservatori Caritas unostrumento sommario ma sintetico percomparare le condizioni di diverse ca-tegorie di utenti stranieri: in questo ca-pitolo sperimenteremo questa scala ap-plicandola agli utenti delle cinque na-zionalità più rappresentate nei CdA. Aconferma delle impressioni dei nostrioperatori gli utenti albanesi sono quelliche si contraddistinguono per le miglio-ri condizioni potenziali, raggiungendoun punteggio di 2,4 sulla nostra scala diintegrazione. La stessa misura dà risul-tati piuttosto bassi per gli utenti mace-doni soprattutto, ma non solo, a causadella diffusissima disoccupazione: que-sti risultati sono abbastanza sorprenden-ti ed allarmanti se consideriamo il lun-go tempo da cui molti di essi sono in Ita-lia. Utenti romeni (1,3), ucraini (1,2) ebulgari (1) si situano prevedibilmenteal termine di questa classifica; la brevepermanenza in Italia sicuramente gio-ca un ruolo in tutto questo, ma ci sonoulteriori fattori da tenere in considera-zione. Ad esempio, il basso punteggioattribuito agli utenti ucraini potrebbeessere attribuibile ad un modello migra-torio che non contempla l’obiettivo distabilizzarsi in Italia22 .

Cittadini italianiCome abbiamo già avuto occasione discrivere, nel corso dell’intero 2005 sonopassati dai nostri centri 153 utenti ita-liani, 64 donne e 89 uomini. Oltre al giàcitato aumento del numero di utenti ita-

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liani, dobbiamo notare che per il primoanno gli uomini superano decisamentele donne: nel 2003 e nel 2004 c’era so-stanziale equilibrio di genere. In via diipotesi questa novità era stata spiegatacon i ben noti cambiamenti organizza-tivi del centro di ascolto: si poteva infat-ti pensare che l’inserimento degli uten-ti del l’ex CdA “Bassa soglia” avesse fat-to incrementare il numero di uomini,

che più spesso delle donne usufruisco-no delle mense. Al contrario, l’aumen-to di uomini è avvenuto ben prima diquesta riorganizzazione, e le sue causedevono essere ricercate altrove23 . In unodei paragrafi iniziali, esplorando le ca-ratteristiche socio-anagrafiche dei nostriutenti, abbiamo notato che la maggiorparte degli italiani che si sono rivolti aicentri di ascolto si concentrano in età

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lavorativa. Qui è possibile svolgereun’analisi più sofisticata, comparandola distribuzione per classi di età dei no-stri utenti italiani con quella del totaledella popolazione residente nel comu-ne di Pisa24 . Questo servizio ci consen-te di sottoporre a test un’ipotesi moltoaccreditata tra gli addetti ai lavori, secon-do la quale i centri di ascolto Caritas rap-presentano uno dei pochi aiuti disponi-bili per i cittadini poveri in età lavorati-va. La figura 9 dà un importante soste-gno a questa ipotesi: i cittadini italianicon un’età compresa tra i 35 e i 64 annisono sovrarappresentati tra gli utenti deiCdA, cioè sono più propensi degli altria rivolgersi alla Caritas. Al contrario, gliultra sessantacinquenni sono poco rap-presentati trai nostri utenti, nonostantesiano molto numerosi tra la popolazio-ne pisana: evidentemente, raggiuntal’età necessaria per usufruire della pen-sione, diminuisce il bisogno di rivolgersialla Caritas per ottenere beni di primanecessità e per far fronte alle spese quo-tidiane. Il genere influenza molto lo sta-

to civile dei nostri utenti italiani: sia trale donne sia tra gli uomini sono assaipresenti i separati e divorziati, ma men-tre le donne sono molto frequentemen-te coniugate (31,5%), gli uomini sonoprincipalmente celibi (46,3%). Questadifferenza si ripete regolarmente25 ne-gli anni: in generale le donne sembra-no particolarmente fragili alle situazio-ni di rottura del matrimonio, e questopotrebbe essere causato dal fatto che glieventuali figli sono affidati di preferen-za alla madre. D’altra parte, il grandenumero di uomini soli o separati fa pen-sare alla categoria degli emarginati gra-vi, che tradizionalmente affollano i no-stri centri di ascolto. I dati ISTAT (2005)riportano l’incidenza dei divorziati sul-la popolazione residente nel comune diPisa, e può essere utile metterla a con-fronto con i dati dei nostri utenti: comeera prevedibile i divorziati sono più pre-senti tra i nostri utenti (9,4%) che tra lapopolazione maggiorenne (2,7%), aconferma dei processi di impoverimen-to che possono verificarsi dopo la rottu-

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ra del vincolo familiare. La letteraturasull’argomento mostra che la povertàtende a replicarsi a livello intergenera-zionale: in altre parole i figli di una fa-miglia povera hanno molte probabilitàdi rimanere poveri anche da adulti. Sen-za dubbio, dietro molti dei nostri utentisi nascondono delle intere famiglie indifficoltà, spesso con dei bambini: il26,1% del totale degli utenti italiani in-contrati nel 2005 ha dichiarato di averedei figli minori conviventi. La maggio-ranza di queste famiglie vive in un ap-partamento in affitto o in casa popola-

re, ed ha problemi di povertà (89%) e difamiglia (44,4%). La situazione lavora-tiva dei nostri utenti (figura 11) rimaneassolutamente negativa e, al contrario diquello che sta avvenendo a livello regio-nale26 , non accenna a migliorare: sia gliuomini (76,7%) sia le donne (61,5%)sono in larga maggioranza disoccupati.Allargando lo sguardo sugli anni prece-denti si nota che nel 2005 la condizioneprofessionale dei nostri utenti uominiè decisamente peggiorata: infatti, nel2003 e nel 2004 gli uomini senza lavo-ro erano “solo” il 60% del totale. La ta-

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bella 7 presenta la condizione abitativadegli utenti italiani che sono passati dainostri sportelli nel 2005 e la comparacon quelle registrate negli anni prece-denti. La grande maggioranza dei nostriutenti continua a risiedere in un appar-tamento in affitto o in una casa popola-re. La variazione più significativa pro-posta da questi dati è la diminuzionedelle persone che risiedono in casa po-polare ed il contestuale aumento deisenza alloggio: in effetti questo cambia-mento è spiegabile con l’aumento degliuomini italiani, che come abbiamo sot-tolineato precedentemente vivono spes-so in condizioni di emarginazione as-soluta.

Problematiche e profili tipiciAnche nel rapporto di quest’anno chia-miamo “problematica” ogni bisognodelle persone incontrate ai nostri spor-telli così come lo ha individuato l’ope-ratore che ha condotto il colloquio. Laproblematica non si riduce così alla ri-chiesta espressa dall’utente nel corso delcolloquio, ma cerca di estendersi ideal-mente alla complessità della persona.Questa scelta rende soggettiva la “misu-razione”, in quanto fattori come la sen-sibilità dell’operatore e la qualità del-l’ascolto diventano cruciali, tali da met-tere in discussione l’affidabilità dellamisura (cioè la sua capacità di esserecoerente nel tempo). Scegliamo questostile non perché sia perfetto, ma inquanto superiore alle alternative possi-bili, come ad esempio ridursi a ridurrela “problematica” alla richiesta del-

l’utente. Un esempio potrà dare contodelle nostre ragioni; se un uomo si pre-senta al centro d’ascolto chiedendo deisoldi per comprare delle medicine unadelle possibili soluzioni è annotare lamancanza di reddito come sua “proble-matica”. Un ascolto approfondito po-trebbe però rivelare che quell’uomo inrealtà ha perso il lavoro, e ciò è successocome conseguenza della sua dipenden-za da alcol. In un caso come questo inostri centri segnano una molteplicitàdi problematiche: alcolismo, disoccupa-zione e mancanza di reddito. Come ab-biamo già sottolineato lo scorso anno,le persone che si rivolgono ai nostri spor-telli sono prevalentemente multiproble-matiche: la maggior parte delle volte inostri operatori si trovano di fronte a sto-rie di vita dove più problematiche si in-trecciano e si complicano a vicenda,rendendo vana la ricerca di un interven-to “risolutivo”. In media, i nostri utentihanno problemi che investono 2,6 areetra quelle indicate nella tabella 8. Fra lediverse problematiche rilevate dai nostrioperatori emerge la centralità dei pro-blemi di reddito, che interessano circail 70% degli utenti straneri ed oltrel’80% di quelli italiani. L’altro proble-ma comune a italiani e straneri èsenz’altro la mancanza di occupazioneo la sua scarsa qualità, che viene rileva-to come problema per circa il 50% de-gli stranieri e per più del 40% degli ita-liani. La gravità della situazione di mol-ti dei nostri utenti è sottolineata dall’al-ta percentuale di persone che lamenta-no problematiche abitative: più che la

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nazionalità, è il genere a fare la differen-za perché ne sono interessati quasi il40% degli uomini e meno del 30% didonne. Le donne italiane sono senzadubbio la categoria di utenti più toccatadalle problematiche familiari (47,4%) edalle altre problematiche personali(29,8%), mentre gli uomini italianisono gli unici ad avere con una certa fre-quenza problemi di dipendenza (1,5%).L’analisi approfondita dei profili tipicidi povertà incontrata dai CdA va oltre loscopo di questo rapporto, ma sarà pro-babilmente oggetto di una ricerca checoinvolgerà non solo la Caritas ma an-che altri enti come Università e Provin-cia. Per il momento concludiamo que-

sto capitolo con l’identificazione dellesituazioni che i nostri operatori hannoincontrato molto spesso e che ritenia-mo essere meritevoli di attenzione: sitratta delle donne italiane con proble-mi di famiglia, degli uomini italiani conproblemi di abitazione e degli straniericon problemi di immigrazione. Tra gliitaliani le donne si caratterizzano ancheper un alto numero di problematichepiù “complesse” rispetto a quelle degliuomini, come salute e problemi perso-nali27 ; anche per questo ci auspichiamodi approfondire la loro condizione, equella degli altri “profili tipici”, attraver-so strumenti qualitativi come intervisteed analisi delle storie di vita.

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PARTE II

QUALI POSSIBILI RISORSE?

“L’obiettivo dello sviluppoè creare un ambienteche consenta alle personedi godere di vite lunghe,sane e creative”Mahbub ul Haq 28

Dopo aver analizzato a fondo tutti i dati rela-tivi alle persone che si sono rivolte ai nostriCentri di Ascolto nel corso del 2005, ritenia-mo sia doveroso dare un rapido sguardo allarete di risorse che il nostro ordinamento edil nostro territorio offrono a quanti si trova-no a dover fronteggiare situazioni di esclu-sione o di emarginazione sociale. Ci soffer-meremo in particolare su quegli strumentiche più direttamente possono servire a dareuna risposta alle problematiche che si sonopresentate con una maggiore frequenza tragli utenti.

POVERTA’Come abbiamo visto quella della povertà(in particolare come ‘incapacità di farfronte alle normali esigenze di vita’) sipalesa come una condizione che accomu-na la stragrande maggioranza degli utentiche si sono rivolti ai nostri centri, senzasostanziali distinzioni di nazionalità ogenere. E’ intuitivo come tentare di farfronte a tale problematica sia di fonda-mentale importanza, dal momento che lacondizione di povertà si riflette sulla glo-balità della condizione della persona, re-legandola in una situazione di emargina-

zione e vulnerabilità difficile da supera-re. Qui di seguito presentiamo una pano-ramica piuttosto generale sulle risorse di-sponibili per chi si trova ad affrontare unasituazione di indigenza: naturalmente,l’ampiezza dell’argomento non ci permet-te di offrire un elenco esaustivo, ma cre-diamo che le informazioni raccolte offra-no un quadro della situazione abbastan-za preciso.

- Contributi EconomiciInnanzitutto tra gli strumenti disponi-bili per far fronte ai problemi legati alledifficoltà economiche esistono tutta unaserie di prestazioni a sostegno del red-dito che sono erogate dall’INPS per di-soccupazione, nucleo familiare, mater-nità, invalidità ed età29 .In particolare:

a) In caso di disoccupazione- Indennitàdi disoccupazione ordinariaE’ un’indennità che spetta ai lavoratoriassicurati contro la disoccupazione chesiano stati licenziati e di cui possonousufruirne cittadini italiani, comunitaried extracomunitari regolarmente sog-giornanti (ma non se in possesso di unpermesso di soggiorno per lavoro stagio-nale). Per ottenerla bisogna essere assi-curati all’Inps da almeno due anni edavere almeno 52 contributi settimanalinel biennio precedente la data di cessa-zione del rapporto di lavoro. Consiste inuna percentuale della retribuzione per-cepita precedentemente e viene corri-sposta per 180 giorni (al disoccupato che

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ha superato i 50 anni può essere corri-sposta fino a 9 mesi). La domanda vapresentata all’INPS entro 68 giorni dallicenziamento. Prima di presentare larichiesta è necessario essere iscritti nel-le liste dei disoccupati presso il Centroper l’Impiego (per gli stranieri extraco-munitari è richiesto, per tale iscrizione,il permesso di soggiorno in corso di va-lidità, da presentare in originale).

- Indennità di disoccupazionecon requisiti ridottiSpetta ai lavoratori licenziati che nonpossano far valere 52 contributi settima-nali negli ultimi due anni , ma che co-munque abbiano lavorato almeno 78giornate nell’anno precedente, siano as-sicurati da almeno 2 anni e poter far va-lere almeno un contributo settimanalenel biennio precedente la domanda. Diregola questa indennità spetta per unnumero di giornate pari a quelle effetti-vamente lavorate nell’anno precedentee per un massimo di 156 giornate.Anche in questo caso possono usufrui-re dell’indennità cittadini italiani, co-munitari ed extracomunitari regolar-mente soggiornanti, ma non se in pos-sesso di un permesso di soggiorno solostagionale.L’importo è sempre una percentualedella retribuzione precedente, ma mi-nore rispetto all’indennità ordinaria. Ladomanda di indennità di disoccupazio-ne con requisiti ridotti può essere pre-sentata entro il 31 marzo dell’anno suc-cessivo a quello in cui è cessato il rap-porto di lavoro.

b) Per chi vive in nucleo familiare:- Assegno per il nucleo familiareE’ una prestazione istituita per aiutare inuclei familiari siano composti da piùpersone e i cui redditi siano al di sotto dideterminati limiti stabiliti di anno inanno dalla legge. Spetta a tutti i lavoratoridipendenti, ai disoccupati, ai lavoratori inmobilità, ai cassaintegrati, ai soci di coo-perative, ai lavoratori parasubordinati edai pensionati. Spetta anche ai lavoratoriextracomunitari regolarmente soggior-nanti (non se in possesso solo di un per-messo di soggiorno per lavoro stagiona-le), ma solo per i familiari residenti in Ita-lia. Può essere corrisposto ai lavoratoriextracomunitari regolarizzati solo dopo il09.09.2002 (a colf e badanti anche perperiodo precedenti).

- Assegno per il nucleo familiarecon almeno tre figli minoriQuesto contributo, concesso dai comu-ni ed erogato dall’Inps, è diretto a forni-re sostegno economico ai nuclei fami-liari numerosi (con tre o più figli mi-nori) che abbiano un reddito inferioread una soglia stabilita annualmente. Idestinatari sono i nuclei familiari com-posti da cittadini italiani o comunitari,residenti nel comune. Non è ricono-sciuto ai cittadini extracomunitari (ne-anche se in possesso di carta di soggior-no).

c) A sostegno della maternità:- Assegni di maternitàGli assegni di maternità sono sostegnieconomici erogati alle madri che non

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hanno maturato i contributi sufficientiper aver diritto ai trattamenti previden-ziali di maternità. E’ previsto per ognibambino nato, adottato o preso in affi-damento. L’assegno di maternità è ero-gato alle cittadine italiane, a quelle co-munitarie e a quelle extracomunitariesolo se in possesso di carta di soggiorno.Sono previsti due diversi assegni di ma-ternità, non cumulabili tra loro:· un assegno, erogato dallo Stato, rivol-to alle madri lavoratrici che non hannodiritto ad altri trattamenti di maternità:lavoratrici o ex-lavoratrici che hannoalmeno 3 mesi di contributi nel perio-do compreso tra i nove e i diciotto mesiprima del parto, e madri che hanno la-vorato per almeno 3 mesi negli ultimi 9mesi;· un assegno, erogato dai Comuni, ri-volto alle madri che non hanno dirittoné alle altre indennità di maternità néall’assegno statale.Se, per qualche motivo, la madre non èpresente nella famiglia (abbandono delfiglio, separazione, ecc.), l’assegno spet-ta al padre.

d) Per chi ha una invalidità- Assegno ordinario di invaliditàPuò essere richiesto all’Inps da coloroche hanno una capacità lavorativa ridot-ta di almeno 2/3 a causa di una infer-mità fisica o mentale accertata da me-dici INPS. Può essere erogato a cittadi-ni extracomunitari solo se in possessodella carta di soggiorno. Per poter otte-nere l’assegno, è necessario aver versatoalmeno cinque anni di contributi, dei

quali almeno 3 anni nell’ultimo quin-quennio precedente la domanda. L’an-zianità contributiva non è necessaria sel’invalidità è stata conseguita per causedi servizio o se non si ha diritto a pre-stazioni derivati da assicurazioni controinfortuni per lo stesso evento. E’di im-porto variabile secondo il reddito, è tem-poraneo, è compatibile con altre attivitàlavorative ed ha durata triennale. Se l’in-validità permane, può essere rinnovatosu richiesta. Dopo due rinnovi consecu-tivi, l’assegno diventa permanente.

e) Per chi ha più di 65 anni di età- Assegno SocialeUn cittadino italiano (o comunitario oextracomunitario con carta di soggior-no) che ha raggiunto i 65 anni di età erisiede abitualmente in Italia può faredomanda di assegno sociale quando nonpercepisce alcun reddito o ne percepi-sce uno inferiore all’importo dell’asse-gno sociale.

- Esenzione TicketE’ possibile ottenere l’esenzione dal pa-gamento del ticket in presenza di deter-minati requisiti, legati in particolare al-l’età, al reddito o all’invalidità. Inoltrealle donne in stato di gravidanza è rico-nosciuto il diritto all’esenzione dal pa-gamento degli esami e delle visite pre-viste. Sono escluse da tutti i tipi di esen-zione quelle prestazioni che non sonosoggette al pagamento del ticket bensìall’intero costo della prestazione. Unaserie di strumenti a disposizione di chisi trova a dover fronteggiare situazioni

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di scarsità di risorse economiche sonomesse a disposizione anche a livello lo-cale, in particolare:

- Mense cittadineOggi esistono sul territorio di Pisa 2mense diurne (San Francesco e Cotto-lengo) e una serale (presso la parrocchiadi S. Stefano ), aperta nei mesi inverna-li. Per accedere alle mense è necessarioritirare un buono che viene consegnatoal Centro d’Ascolto Caritas di via Con-soli del Mare. Complessivamente lemense sono in grado di fornire all’in-circa novanta pasti al giorno.

- Pacchi spesaPer situazioni particolari, che vengonovagliate caso per caso, il Centro di Ascol-to Caritas provvede a fornire buoni (concadenza solitamente quindicinale omensile) che consentono di ritirare,presso le parrocchie di San Giusto o diSant’Ermete, un ‘pacco spesa’, conte-nente generi alimentari (il cui contenu-to può variare a seconda della composi-zione del nucleo familiare o delle richie-ste, sempre tenendo conto delle dispo-nibilità contingenti. Anche molte altreparrocchie della Diocesi di Pisa distri-buiscono pacchi spesa a persone in si-tuazioni di bisogno.

- Ambulatorio Villani,I cittadini stranieri e senza fissa dimorache non possono usufruire del serviziosanitario nazionale possono rivolgersiall’Ambulatorio Villani (via Garibaldi198, Pisa). L’Ambulatorio è gestito dal-

l’Associazione San Vincenzo de Paoli edoffre servizi di medicina di base e pre-ventiva, visite specialistiche, diagnosti-ca Inevitabilmente i problemi di povertàsi intrecciano con difficoltà abitative.Per far fronte a problematiche di questotipo ci sono innanzitutto strutture cheoffrono accoglienza gratuitamentecome: - Dormitorio(via Banti, S. Ermete )E’ una struttura di prima accoglienza acui possono accedere uomini e donne,italiani o stranieri, anche irregolari; peraccedervi è necessario avere un docu-mento di identità valido (anche stranie-ro). Salvo eccezioni, è possibile pernot-tare al dormitorio per un massimo di 10giorni consecutivi., che devono essereintervallati da almeno 3 giorni fuori perpoter avere nuovamente accesso allastruttura. Per l’accesso occorre rivolgersiallo sportello della struttura.- Centro di accoglienza(via Garibaldi 190)Offre accoglienza riservata agli uominiitaliani o stranieri (ma in tal caso devo-no essere in possesso di regolare permes-so di soggiorno). E’ possibile risiedere alCentro di Accoglienza per un massimodi 6 mesi consecutivi, salvo deroghe chevengono decise caso per caso. Per l’ac-cesso occorre rivolgersi allo sportellodella struttura.- Casa di accoglienzaper donne immigrate (via Possenti)E’ una struttura di accoglienza per don-ne, anche con figli, gestita dall’Associa-

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zione ‘Donne in movimento’ e destina-ta a donne straniere in condizioni di di-sagio socio-abitativo. Consiste in un ap-partamento per l’accoglienza a tempodeterminato di 4 persone. Viene inoltrefornita consulenza legale e amministra-tiva, informazione, orientamento e ac-compagnamento ai servizi utili alla ri-soluzione delle problematiche. Per ac-cedere alla casa è sufficiente una richie-sta presso lo sportello della struttura.Sono inoltre disponibili altri tipi di stru-menti volti a facilitare la realizzazionedel diritto all’abitazione:- accesso all’edilizia popolaree ai contributi dei canonidi locazioneVengono periodicamente indetti dalcomune bandi di concorso per l’asse-gnazione degli alloggi dell’edilizia resi-denziale pubblica e per l’ottenimento dicontributi di integrazione dei canoni dilocazione (l’ultimo bando per l’assegna-zione degli alloggi della ERP è scadutoil 27.03.2006). I bandi richiedono la re-sidenza nel comune e determinati re-quisiti massimi di reddito per nucleofamiliare.- Accesso alla casaper cittadini immigratiL’associazione Batik offre agli stranieriextracomunitari in possesso di un rego-lare permesso di soggiorno un sostegnoed accompagnamento per l’accesso almercato della casa, in particolare nel-l’individuazione e nel controllo degliimmobili da acquistare o affittare, nellagestione dei rapporti con gli agenti im-mobiliari.

- microcreditoE’ stata stipulata tra Caritas di Pisa, Ban-ca Popolare Etica, Società della Salutedella Zona Pisana, ASL 5, ARCI Tosca-na e ARCI Pisa una convenzione che haavviato un progetto di microcredito ri-volto a persone in situazione di diffi-coltà socio-economica e destinato allarealizzazione di interventi diretti al mi-glioramento della situazione abitativa.E’ possibile infatti avere accesso ad unfinanziamento fino ad un massimo di• 4.000,00 da restituire al massimo in36 mesi e senza interessi. Lo scopo delprogramma non è solo quello di con-sentire l’accesso al credito a soggetti a cuitale possibilità sarebbe negata dai nor-mali istituti di credito, ma anche di ac-compagnare quanti vengono ammessial progetto, per consentire non solo unpositivo rientro delle somme erogate,ma soprattutto un miglioramento dellesituazioni complessive di vita dei sog-getti interessati.

OCCUPAZIONEUna percentuale molto elevata degliutenti incontrati in questo ultimo annoè composta da disoccupati.Purtroppo le risorse a disposizione perfar fronte a tale problematica non sonomolte, e si riducono a zero per quantoriguarda gli extracomunitari irregolari:in nessun caso, come vedremo più avan-ti parlando dei permessi di soggiorno, lalegge consente loro di lavorare in Italia.- Centro per l’impiego( via Nenni 24 Pisa)Italiani e stranieri muniti di permesso

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di soggiorno per lavoro posso rivolgersiai centri per l’impiego per candidarsi alleposizioni lavorative offerte da privati eimprese che operano nella zona. Il per-sonale del centro per l’impiego opera uncolloquio di preselezione; la preselezio-ne non ha luogo per le offerte di lavoroper cui è prevista l’autocandidatura. Glialtri centri per l’impiego della provin-cia sono situati a Pontedera, Santa Cro-ce e Volterra.

- Ufficio Lavori CaritasGli operatori dell’ufficio lavori accom-pagnano gli utenti aiutandoli ad orien-tarsi nella ricerca di un lavoro. In parti-colare fornendo indicazioni sul funzio-namento dei centri per l’impiego, sulleofferte di lavoro disponibili sul territo-rio, sulle agenzie di lavoro interinaleesistenti a Pisa, ecc.

IMMIGRAZIONECome abbiamo visto, tra i profili tipicidi persone incontrate dai Centri diAscolto nel corso del 2005 vi è quellodello straniero con problemi di immi-grazione, in particolare legati alla irre-golarità giuridica, propria o di un pros-simo congiunto.Il tema dell’immigrazione e della pre-senza di stranieri irregolari sul territo-rio italiano è sicuramente tra i più sen-titi e dibattuti nell’attuale panorama so-cio-politico e non è certo questa la sedeper procedere ad un esame approfondi-to, ma d’altronde riteniamo necessariofornire almeno alcuni cenni che possa-no servire ad una prima e sommaria

cognizione della questione. Il soggior-no regolare in Italia è consentito soloallo straniero che sia in possesso di pas-saporto (o documento equivalente), diun visto di ingresso, che sia entrato re-golarmente attraverso uno dei valichi difrontiera e che abbia un permesso di sog-giorno o una carta di soggiorno (sonoquesti i due documenti che provano ilregolare soggiorno in Italia) rilasciatidalla competente autorità italiana o diuno Stato dell’Unione Europea. Il per-messo di soggiorno può essere richiestoe rilasciato per vari motivi: turismo, curemediche, ricongiungimento familiare,coesione familiare, lavoro dipendente,lavoro stagionale, lavoro artistico, lavo-ro autonomo, rifugiati politici, affari,missione, studio, religione o culto, pro-tezione sociale, residenza elettiva.Solo alcuni di questi permessi di sog-giorno consentono allo straniero di la-vorare regolarmente in Italia. La norma-tiva italiana prevede la determinazioneannuale di ‘quote d’ingresso’ che fissa-no il numero massimo di stranieri ex-tracomunitari e neocomunitari che pos-sono entrare ogni anno in Italia permotivi di lavoro subordinato, stagiona-le o autonomo.Queste quote vengono stabilite attraver-so l’emanazione di un Decreto del Pre-sidente del Consiglio dei Ministri: il co-siddetto “Decreto Flussi”. I visti di in-gresso e i pds per lavoro subordinato,anche stagionale, e di lavoro autonomo,sono rilasciati entro il limite delle quo-te. Gli stranieri extracomunitari che vo-gliono venire a lavorare in Italia devo-

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no dunque rientrare all’interno dellequote fissate30 . La carta di soggiorno vie-ne invece rilasciata allo straniero cheabbia 6 anni di permanenza regolare inItalia, sia titolare di un permesso di sog-giorno che permette un numero inde-terminato di rinnovi ed abbia un reddi-to che rientri nel limite fissato dalla leg-ge. Consente di risiedere e lavorare re-golarmente in Italia. Le donne in statodi gravidanza o con un bambino conmeno di sei mesi e che non sono in re-gola con le normative relative alla per-manenza in Italia, possono richiedereun permesso di soggiorno per salute, cheregolarizzi la loro posizione per il perio-do della gravidanza e fino ai sei mesi delfiglio.

SITUAZIONE DEGLI IRREGOLARICome abbiamo visto, però, il 58% deglistranieri che si sono rivolti nel corso del2005 ai Centri di Ascolto Caritas nonerano in possesso di un permesso di sog-giorno. La condizione di irregolarità,come è facile prevedere, riduce al mini-mo le risorse che il nostro welfare ga-rantisce a tali soggetti, che si riduconoalla garanzia dell’assistenza sanitaria eall’accesso all’istruzione.

- Assistenza Sanitaria:Il cittadino straniero extracomunitarionon in regola con le norme relative al-l’ingresso e al soggiorno perché sprovvi-sto di un permesso di soggiorno o conpermesso di soggiorno scaduto da oltre60 giorni, ha diritto comunque alle cureambulatoriali ed ospedaliere urgenti o

essenziali, anche se continuative, permalattia ed infortunio, nelle strutturepubbliche o convenzionate. Per riceve-re le cure mediche è necessario richie-dere presso qualsiasi Asl un tesserino,chiamato STP (Straniero Temporanea-mente Presente), valido in tutta Italiaper 6 mesi, ma rinnovabile. Il medicoche esegue la visita farà richiesta di que-sto codice, tramite una ricetta in cui di-chiara che lo straniero ha bisogno di cureurgenti o essenziali. Lo straniero dovràpoi recarsi presso i distretti della USLdove gli verrà chiesto di compilare la ‘Di-chiarazione di Indigenza’, nella qualeafferma di non possedere risorse econo-miche sufficienti.Non è necessario esibire un documen-to di identità ma è sufficiente una di-chiarazione delle proprie generalità. E’anche possibile chiedere che il tesserinosia rilasciato senza l’indicazione delnome e del cognome. L’accesso allestrutture sanitarie non comporta alcuntipo di segnalazione alle autorità di pub-blica sicurezza. Tutte le donne incinte,anche sprovviste di permesso di soggior-no, possono rivolgersi ai consultori fa-miliari, che sono tenuti ad assistere gra-tuitamente loro, nonché i loro figli finoalla maggiore età. Alla cittadina stranie-ra in stato di gravidanza è inoltre rico-nosciuto pienamente il diritto all’assi-stenza sanitaria: ha diritto all’esenzionedal pagamento del ticket per tutti gli ac-certamenti di diagnostica strumentale edi laboratorio e per tutte le prestazionispecialistiche ai fini della tutela dellamaternità.

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- IstruzioneI minori con cittadinanza non italianahanno diritto all’istruzione nelle formee nei modi previsti per i cittadini italia-ni, indipendentemente dalla regolaritàdella loro posizione di soggiorno. Se pri-vi di documentazione anagrafica o inpossesso di documentazione irregolareo incompleta, i minori sono iscritti conriserva e questo non pregiudica il con-seguimento dei titoli conclusivi dei corsidi studio delle scuole di ogni ordine egrado. Per l’iscrizione degli alunni stra-nieri alla scuola dell’obbligo si applica-no anche le disposizioni in materia divaccini obbligatori.

PROBLEMI di FAMIGLIAUn tipo di problematica molto diffusatra le donne, soprattutto italiane, che sisono rivolte ai nostri Centri di Ascolto èquella legata alla famiglia. In particola-re i nostri operatori hanno rilevato chetra gli utenti di sesso femminile sonomolto aumentate le vittime di maltrat-tamenti in famiglia. Pensate per donnecon problemi familiari, sul territoriopisano sono presenti:

- Associazione ‘Casa della Donna’(via Galli Tassi 8)gestisce in collaborazione con il settorePolitiche Sociali del Comune di Pisa

una casa di accoglienza per donne mal-trattate, rivolto a donne e minori chesubiscono o hanno subito maltratta-menti o abusi.

- ‘Demetra’ (Calci, località Il Colle,via di Villa 60)E’ una struttura, gestita dalla cooperati-va ‘Il Simbolo’, in cui vengono accoltedonne con figli minori che si trovano inuna situazione di povertà o di esclusio-ne sociale. Le donne vengono accompa-gnate dagli operatori in percorsi volti alraggiungimento dell’autonomia. L’ac-cesso alla struttura si realizza tramite iservizi sociali.

* * *

Il nostro obiettivo nel proporre questaveloce panoramica era quello mostrare,sebbene in modo sommario e certa-mente incompleto, un quadro generaledelle possibilità offerte a quanti si tro-vano a dover fronteggiare una situazio-ne di esclusione sociale, originata dalleragioni più disparate. Queste risorsesono sufficienti? Tenendo conto dellestorie di quanti abbiamo incontrato edei dati presentati in questo rapportoprobabilmente dovremmo rispondereche non lo sono. Ma forse possiamoconsiderarle un punto di partenza.

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Appendice:i centri di ascolto

L’identitàdel Centro d’Ascolto CaritasIl Centro di Ascolto Caritas (CdA) è unostrumento pastorale, un luogo dove si re-alizza un servizio mediante il quale tuttala comunità cristiana esprime e vive ladimensione dell’ascolto e della testimo-nianza della carità. Nasce come frutto diun progetto pastorale di tutta la comuni-tà per dare visibilità della propria testimo-nianza nella società; In concreto il CdAsi offre come un punto di riferimento perle persone in difficoltà in cui i loro biso-gni trovano ascolto e considerazione. Po-tremmo paragonare il CdA un’antenna,un punto di osservazione privilegiato perla conoscenza delle situazioni di emargi-nazione presenti sul territorio che a lorovolta vengono restituite alla comunitàperché tutti si sentano chiamati a farsenecarico.

Le motivazioniCuore del CdA è la dimensione del-l’ascolto. Il primo servizio che si deve alprossimo è quello di ascoltarlo. Comel’amore di Dio comincia nell’ascoltodella Sua Parola, così l’inizio dell’amo-re per il fratello sta nell’imparare adascoltarlo. Al CdA accogliere ed ascol-tare una persona significa permetterledi esprimere tutta l’umana ricchezzadella sua unicità.L’ascolto è il primo e fondamentalestrumento per giungere alla condivisio-ne, una condivisione che ci interroga

sul rapporto carità/giustizia e sulle suemediazioni.

Gli obiettiviIl CdA opera passando dall’assistenzaalla promozione della persona che di-venta in questo modo protagonista delproprio cambiamento. La persona chevive uno stato di disagio viene accom-pagnata in un processo di liberazioneprogressivo dalle cause che hanno pro-vocato la domanda di aiuto, coinvolgen-do l’intera comunità. Questo stile favo-risce la diffusione di una cultura di so-lidarietà affinché la comunità cristianaviva un intreccio dinamico tra annun-cio, celebrazione e testimonianza dellacarità. Guardando al di là dell’ambito ec-clesiale il CdA si impegna a stimolare lasocietà civile affinché maturi atteggia-menti di corresponsabilità.

Le funzioniIl Centro d’Ascolto:· accoglie, ascolta, orienta e si fa caricodelle persone in difficoltà;· individua i bisogni espressi e latenti sulterritorio;· lancia messaggi alla comunità cristia-na ed alla società civile affinché cono-scano e si prendano cura delle situazio-ni di povertà.

I Centri di Ascolto presenti nellacittà di Pisa e la loro trasformazioneNel corso del 2005 la Caritas diocesanaha riorganizzato il suo sistema di centridi ascolto. Fino alla fine di Settembre2005 erano operativi questi sportelli:

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Nome Tipo Utenti Inserim. dati nel database

CdA Bassa soglia Diocesano Alta marginalità, rispondea bisogni primari di sopravvivenza NO

CdA Mediazione Diocesano Bisognosi di sostegnoe accompagnamento SI

Sportello Percorsi Diocesano Cittadini stranieri con problemidi immigrazione SI

CdA s.Michel Scalzi Parrocchiale Generale, area Nord-Est della città Parziale

Da Ottobre 2005 non esistono più i CdA“Bassa Soglia” e “Mediazione” che sonostati unificati nel nuovo “CdA CaritasDiocesana” che si pone come uno spor-tello unico di accesso per tutti gli utentiche intendono rivolgersi alla Caritas.Questa trasformazione ha portato duevantaggi principali: a tutti gli utenti vie-

ne offerta la possibilità di un colloquioapprofondito volto ad individuare i bi-sogni della persona, cosa che preceden-temente avveniva nel solo CdA “Media-zione”. Inoltre, tutti i dati sono inseritinel database e quindi analizzabili. Loschema degli sportelli attivi da Ottobre2005 è quindi il seguente:

Nome Tipo Utenti Inserim. dati nel database

CdA Caritas Dioc. Diocesano Generale SI

Sportello Cittadini stranieriPercorsi Diocesano con problemi di immigrazione SI

CdA s.Michel Scalzi Parrocchiale Generale, area Nord-Est della città Parziale

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Appendice statistica

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NOTE :1 Inoltre, anche la presenza di altri sog-getti che erogano gli stessi servizi deicentri di ascolto può influenzare la ti-pologia di utenti: per rimanere al nostroesempio, se aprisse uno sportello capa-ce di trovare un’abitazione a tutti colo-ro che la richiedono il numero delle per-sone con problemi abitativi che si rivol-gono alla Caritas scenderebbe sensibil-mente.2 “Secondo rapporto sulle povertà”, Pro-vincia di Arezzo e Caritas di Arezzo,2006.3 Op.cit. pag 37.4 “Dossier regionale 2004 sulle povertàin Toscana” Caritas della Toscana, Con-ferenza Episcopale Toscana, 2005.5 Il programma, basato sulla piattafor-ma Lotus Domino-Notes, è sviluppatoe gestito da un volontario della diocesidi Pescia, Marco Frazzoli, a cui vanno inostri più sentiti ringraziamenti.6 In alcune analisi compareremo i datidei primi tre trimestri del 2005 con i datidegli interi 2003 e 2004: ovviamenteabbiamo limitato questo metodo a va-riabili che non presentano un anda-mento stagionale.7 La riorganizzazione logistica dei cen-tri di ascolto avvenuta a Settembre haportato senz’altro a sottostimare un po’il dato degli utenti storici, perché gliutenti dello sportello Bassa Soglia nonerano inserti nell’archivio, e risultanotutti nuovi arrivati anche nel caso fos-sero vecchie conoscenze. Senza consi-derare l’ultimo trimestre le percentualidegli utenti presentatisi nel 2005, nel

2004 e in data precedente sono rispetti-vamente del 70,6%, del 17,4% e del12,1%.8 Nel secondo capitolo del “Secondorapporto provinciale sulle povertà” diArezzo, Provincia di Arezzo, Caritas diArezzo, Associazione Sichem.9 Se escludessimo dal computo i dati delquarto trimestre 2005 la ripartizionedegli utenti tra italiani e stranieri non sipresenterebbe diversa da quella del 2003e del 2004: gli italiani rimangono gros-somodo la metà degli stranieri. Consi-derando anche l’ultimo trimestre dl2005 la percentuale degli stranieri saleun po’ perché questi rappresentavanol’utenza tipica del CdA Bassa Soglia.10 “Dossier regionale 2004 sulle pover-tà in Toscana” Caritas della Toscana,Conferenza Episcopale Toscana.11 Vedi appendice sui centri di ascolto.12 “Gli immigrati in Provincia di Pisa”a cura di Michela Casarosa per la Pro-vincia di Pisa, Pacini Editore.13Un buon articolo sull’argomento sipuò leggere all’indirizzo internet http://www.eumap.org/journal/features/2004/migration/pt1/commuting14 Dati Istat, citati in Dossier Immigra-zione 2005.15 Il “cedolino” è la ricevuta che vieneconsegnata dalla Questura a chi fa do-manda di primo rilascio o di rinnovo delpermesso di soggiorno. Negli anni pre-cedenti i possessori di tale titolo sonostati compresi tra il 2 ed il 4% degli uten-ti stranieri.16 Sarebbe interessante sapere in che mi-sura questi irregolari “di lungo periodo”

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siano sempre stati clandestini o siano ri-fluiti nell’irregolarità dopo aver godutodi un regolare permesso di soggiorno.Questa lettura non rientra negli obietti-vi del presente rapporto, ma sarà ogget-to di analisi nei rapporti dei prossimianni.17 Sull’inadeguatezza dei meccanismi diincontro tra domanda e offerta di lavo-ro per gli stranieri si veda l’introduzio-ne del Capitolo del “Dossier Statistico2004” curato da Caritas e fondazioneMigrantes. Sul comportamento real-mente seguito dagli immigrati e dai lorodatori di lavoro può essere utile la lettu-ra dell’articolo “La grande gara del per-messo di soggiorno” di Pier Luigi Par-cu, pubblicato nel 2006 sul sitowww.lavoce.info18 I problemi più diffusi tra gli utenti al-banesi sono stati la povertà, i problemidi immigrazione e salute.19 Nella tabella più dettagliata che è alle-gata nell’appendice statistica è possibilevedere che il valore della “standard devia-tion” associato alla media degli anni dipermanenza in Italia dei macedoni è alta,segno che la media stessa è il risultato disingoli valori piuttosto diversi tra loro.20 Comune al 90% degli utenti mace-doni che si sono rivolti ai nostri CdA.21 L’indice tiene in considerazione lacondizione abitativa, lavorativa, la pre-senza della famiglia e la condizione diregolarità o irregolarità giuridica.

22 Sarebbe interessante incrociare la sca-la di integrazione con il tempo perma-nenza sul territorio; aspettiamo di per-fezionare la nostra scala prima svolgerequesto tipo di analisi in modo sistema-tico.23 Anche escludendo il periodo interessatodai cambiamenti, cioè il quarto trimestre2005, gli uomini risultano sempre più nu-merosi delle donne (62 contro 46).24 Per la precisione consideriamo il to-tale dei residenti nel comune di Pisa conetà superiore a 13 anni: questa è infattila popolazione che può rivolgersi ai cen-tri di ascolto.25 Vedi “Vuoti a perdere?”, primo rap-porto sulle povertà incontrate della Ca-ritas di Pisa (2005).26 Vedi “Dossier 2004 sulle povertà inToscana”.27 Che possono nascondere violenze,maltrattamenti, problemi psicologici edaltro.28 Economista pakistano, tra gli ideato-ri e i maggiori sostenitori del Rapportosullo Sviluppo Umano dell’UNDP.29 Per informazioni più dettagliate suirequisiti e le condizioni di concessionedi tali contributi è necessario rivolgersiagli uffici INPS.30 Esistono delle categorie di lavoratoriche possono fare ingresso in Italia al difuori delle “quote”. Si tratta di personeche svolgono lavori particolari e/o alta-mente specializzati.

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