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Rapporto 2014 IMMIGRAZIONE IN CALABRIA Focus: I minori non Accompagnati Partner del progetto

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Rapporto 2014

IMMIGRAZIONE IN CALABRIAFocus: I minori non Accompagnati

Partner del progetto

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Proprietà letteraria riservata

© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

Stampato in Italia nel mese di luglio 2014 da Pellegrini Editore

Via Camposano, 41 (ex Via De Rada) - 87100 Cosenza

Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

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I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

Il Rapporto è stato promosso dalla Regione Calabria Dipartimento La-voro e Politiche Sociali e realizzato dalla Fondazione Field, soggetto in house della stessa Regione, nell’ambito del progetto “Study in Action: Stu-di e azioni integrate su Immigrati, ROM e vittime di tratta” finanziato dal POR Calabria FSE 2007-2013 Asse 3 Inclusione Sociale.

Il Rapporto è stato curato da Renato Scordamaglia, Carmen Messinetti e Giuseppe Morelli.

Il lavoro è stato svolto con la collaborazione di: Maurizio Alfano, Pino Giordano, Napoleone Palermo

La Seconda Parte – “Approfondimenti: Il sistema di accoglienza e la tutela dei minori non accompagnati in Europa ed in Italia”, è stata realizza-ta dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (DiSPeS) dell’Università della Calabria, con il coordinamento scientifico di Anna Elia e la collabo-razione di Irene Signorelli e Cettina Santangelo.

Si ringraziano:Carlo Montesi, per l’elaborazione grafica dei Distretti Socio Assisten-

ziali della CalabriaItalia Lavoro Spa, per la redazione dell’Appendice al Capitolo 2 “I

principali sistemi informativi a supporto delle procedure di ingresso e sog-giorno in Italia per motivi di lavoro dei cittadini non appartenenti all’U-nione Europea”

Il Comitato Tecnico Scientifico è composto da: Alessandra Celi (Regio-ne Calabria), Anna Elia (Unical), Francesco Di Ciò (IRS), Giuseppe Mo-relli (Field), Vito Samà (Regione Calabria), Renato Scordamaglia (Field).

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Presentazione

Presentazione

Le migrazioni dei popoli sono una costante nella storia del gene-re umano, ma negli ultimi decenni del secolo scorso hanno assunto nuove dimensioni e prospettive, invertendo la propria direzione e trasformando molte aree da paesi di emigrazione in mete di desti-nazione per milioni di persone appartenenti alle aree più povere della terra e attratte da prospettive di cambiamento.

In tale contesto si inserisce l’Italia ed in particolare la Calabria, che restando purtroppo ancora soggetta alla partenza di molti suoi giovani alla ricerca di offerte più vicine alle loro aspettative, nell’ul-timo decennio ha visto decuplicarsi le presenze di stranieri sul ter-ritorio.

Ciò è determinato sicuramente dalla posizione geografica della nostra regione, che rimane uno dei principali approcci via mare per i flussi di migranti. Contestualmente si prospetta l’aumento costan-te dei residenti, delle nascite, dei ricongiungimenti familiari, delle presenze per motivi di studio. Una serie di elementi che influenza-no strutturalmente l’assetto sociale e che possono generare alcuni degli effetti tipici delle aree di destinazione di nuove popolazioni, come l’aumento demografico, la copertura di settori abbandonati dalla manodopera locale, l’aumento della flessibilità del lavoro, con-flitti tra generazioni, xenofobia, perdita dell’identità culturale.

La Regione già da alcuni anni è impegnata nello sviluppo di in-terventi ritenuti di primaria importanza per favorire l’integrazione dei nuovi cittadini e prevenire eventuali occasioni di conflitto. Vale la pena evidenziare in particolare l’impegno assunto per l’afferma-zione e la valorizzazione della figura del mediatore interculturale, per la creazione di una rete di punti formativi per l’apprendimento della lingua italiana, oppure, per quanto riguarda l’accoglienza del-le categorie ancora più disagiate, il ruolo assunto nel supporto alla

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Immigrazione in Calabria

rete dei comuni inseriti nel Sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati.

Essendo un fenomeno relativamente nuovo per il nostro terri-torio e, anche per tale motivo, in continua trasformazione, l’immi-grazione necessita tuttavia di monitoraggi e studi continui che ne analizzino le cause, le dinamiche e le implicazioni che esso determi-na sulla società ricevente.

È per tale motivo che la Regione, accanto ai servizi primi citati, ha deciso di investire sugli strumenti di conoscenza e di monito-raggio del fenomeno come la ricerca oggetto della presente pubbli-cazione, che rappresenta il primo di una serie di lavori che hanno l’ambizione di fornire non solo maggiori e più dettagliate informa-zioni sulla condizione dei migranti in Calabria, ma anche elementi per una più precisa possibile programmazione dei futuri interventi.

Nazzareno SalernoAssessore alle Politiche Sociali

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Introduzione

L’importanza strategica e operativa delle rilevazioni di dati affidabili, in grado di descrivere il fenomeno delle immigra-zioni in Calabria, è stata la ragione di fondo per la quale la Regione Calabria ha avviato il lavoro di ricerca del progetto “Study in Action”, finanziato con le risorse comunitarie del POR Calabria FSE 2007-2013. Il progetto, in corso di attua-zione, prevede ulteriori pubblicazioni sui temi della presenza in regione delle comunità Rom, del fenomeno delle vittime di tratta, degli esiti della “ricerca-azione”, rivolta ai migranti a rischio di sfruttamento lavorativo.

Il rapporto Immigrazione 2014, si compone di due parti:La prima parte è relativa al quadro generale della presenza

straniera in Calabria , alle dinamiche del lavoro e dell’impresa straniera, ai servizi per la salute e l’abitazione.

La seconda parte rappresenta un approfondimento temati-co inerente: “il sistema di accoglienza e la tutela dei minori non accompagnati in Europa ed in Italia”a cura del DISPES dell’Università della Calabria.

Al rapporto si accompagna un appendice tecnica che descri-ve in forma puntuale “i principali sistemi informativi a suppor-to delle procedure di ingresso e soggiorno in Italia per motivi di lavoro dei cittadini non appartenenti all’Unione Europea”.

Il rapporto, che si basa sui dati consolidati al 2012, è intro-dotto nel primo capitolo dall’analisi della consistenza numeri-ca e dell’ andamento demografico della popolazione straniera in Calabria. L’evidenza più lampante è il “carattere strutturale “ delle migrazioni in Calabria, che nell’arco di un decennio (2002-2012) sono aumentate del 303% per un valore assoluto di circa 74.000 persone straniere residenti.

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Immigrazione in Calabria

La Calabria dunque tra le “porte d’Europa” si presta all’ap-prodo dei migranti, non solo in via transitoria, a causa della sua specifica collocazione geografica, ma quale terra di inse-diamento stabile per nuclei familiari e segmenti di nuove gene-razioni che contribuiscono significativamente all’andamento demografico regionale. Ed è proprio l’elemento demografico ad essere particolarmente importante, considerato l’apporto al bilancio della natalità regionale delle nuove popolazioni , che nel 2012 raggiungono in Calabria il 6% delle nascite comples-sive. Dall’esame del dinamismo dei flussi migratori, esposto nel primo capitolo, emergono le riflessioni che incidono sul profilo giuridico dell’acquisizione della nuova cittadinanza, sulle modalità di accoglienza degli stranieri in tutti i sistemi di welfare, sulla peculiarità dell’immigrazione a carattere fem-minile, sui bisogni di interculturalità delle giovani generazioni nei percorsi scolastici e universitari, e non ultimo, sulla parte-cipazione dei migranti all’economia regionale quale fattore di integrazione e inclusione sociale .

Accolti in una società con un’ economia poco sviluppata e in condizioni “strutturalmente sfavorevoli”, i migranti residen-ti in Calabria ottengono il permesso di soggiorno prevalente-mente per motivi di lavoro. Dei 25.921 permessi rilasciati al 2012, ben il 49,3% sono rappresentati da permessi di lavoro, seguito dal 19,3% per motivi familiari, mentre in forte cre-scita si attestano i permessi appartenenti alla tipologia della protezione internazionale o umanitaria. Contestualmente si ri-ducono notevolmente i permessi per lavoro stagionale, e ciò induce a riflessioni più circostanziate, qualora il dato dovesse essere interpretato incrociando le informazioni sulla presenza irregolare di migranti “nell’ambito della produzione agricola calabrese” considerato “l’ampio ricorso al lavoro sommerso che si riscontra in riferimento a questo settore produttivo”.

Di difficile trattazione è il fenomeno della presenza non regolare in regione, che sfuggendo alla rilevazione statistica ufficiale, ha ingenerato atteggiamenti in alcuni casi pregiudi-ziali e colpevolizzanti. Si pensi ai migranti che sottrarrebbero

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Introduzione

il lavoro agli autoctoni. Una conoscenza più approfondita e ra-gionata delle dinamiche migratorie può aiutare a “scardinare il legame esistente tra immigrazione irregolare e segmentazione del mercato del lavoro, economia informale, lavoro sommer-so, nel rispetto dei diritti e della dignità”.

Interessante l’analisi differenziata dell’insediamento dei migranti che i ricercatori propongono per distretto territoriale. I dati raccontano di possibili trend, come nel caso dell’ aumen-to del rilascio di permessi per lavoro subordinato nella provin-cia di Reggio Calabria, le cui prime tre nazionalità sono Ma-rocco, Ucraina e Cina; si rivela, ad esempio, la forza attrattiva dei Comuni di Lamezia Terme, Rossano, Corigliano Calabro e Gioia Tauro, generata dall’intensa domanda di forza lavoro in agricoltura. Ma i dati propongono anche una lettura territoriale (per distretto socio assistenziale) della distribuzione abitativa dei migranti nella regione, fornendo in questo modo ai porta-tori di interesse la possibilità di programmare politiche sociali mirate, prassi di convivenza civile e di coesione sociale, fon-date sul concetto di prossimità e di partecipazione diffusa.

A veder crescere la popolazione straniera in questi anni è la provincia di Cosenza, che si connota per un insediamento di tipo “concentrativo urbano” nei comuni di dimensione più ampia, nonostante la provincia di Reggio Calabria registri “la più alta incidenza straniera sul totale della popolazione com-plessiva (4,2% rispetto a una media regionale del 3,8%).” La concentrazione nelle aree urbane e periurbane è avvalorata dai dati dei Comuni di Reggio Calabria e di Lamezia terme, ri-spettivamente il primo e il secondo comune a più alta presenza straniera in termini assoluti.

Nel secondo capitolo, dedicato al “Lavoro e Impresa Stra-niera”, introdotto da un’accurata premessa metodologica, si pongono in evidenza i dati sulla condizione occupazionale de-gli stranieri in Calabria.

Sono 33.731 gli stranieri avviati al lavoro al 31/12/2012, circa 18.204 maschi e 15.527 femmine, che si concentrano prevalentemente nel settore dei servizi alle imprese (41%) il

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cui 70% si riferisce tuttavia ai servizi domestici. Seguono gli addetti ad attività industriali con il 21,3% (costruzioni); gli av-viati nel settore del commercio con l’11,8% (prevalente ambu-lantato) e nel settore dell’agricoltura con il 10,8%, quest’ultimo caratterizzato da un insostenibile impiego di lavoro sommerso.

I ricercatori, nel mettere in luce la predominanza di contratti di tipo indeterminato, avvertono il lettore della maggiore con-sistenza dei numeri che riguardano la cessazione dei rapporti di lavoro, che nel saldo delle rilevazioni annue non è riportata.

“La nazionalità più numerosa tra gli avviati è quella rome-na, con presenze particolarmente indicative in provincia di Cosenza e di Reggio Calabria». A seguire i lavoratori ucraini, marocchini e indiani.”.

Il capitolo prosegue con una particolareggiata analisi de-gli avviati al lavoro, della disoccupazione e dei senza lavoro stranieri, suddivisa per nazionalità, classi di età, genere e set-tori produttivi. La molteplicità dei dati, raccolti su base pro-vinciale, consente una disamina approfondita delle peculiarità dei flussi di lavoro nei territori regionali. L’ultimo paragrafo è incentrato sull’impresa straniera, il cui profilo giuridico è sicuramente caratterizzato dalla conduzione in “forma indivi-duale” e con una forte concentrazione nel piccolo commer-cio al dettaglio. Una vivacità di impresa che appartiene nella maggior parte dei casi alla popolazione marocchina, ma che si confina nel settore dell’ambulantato con percentuali molto più contenute nel settore delle costruzioni e dell’agricoltura.

Il capitolo si termina con alcune valutazioni sui “nodi irri-solti” dell’immigrazione in regione, come ad esempio la pos-sibilità di rendere non concorrenziale e complementaria la re-lazione tra forza di lavoro autoctona e straniera, facendo leva anche sul nuovo quadro programmatico degli obiettivi e delle risorse comunitarie relative al periodo 2014-2020.

Il capitolo su “la salute e le condizioni abitative degli stra-nieri”, affronta lo spaccato regionale dell’attuazione di due di-ritti fondamentali delle persone, che rappresentano altrettante condizioni imprescindibili per il raggiungimento del benessere

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Introduzione

individuale, sociale e giuridico dei migranti al pari della comu-nità ospitante.

I paragrafi sulla “salute” sono stati elaborati attraverso l’in-tegrazione dei dati disponibili di natura quantitativa tramite le interviste alle referenti dei distretti sanitari calabresi e il focus group a maggiore valenza qualitativa.

Il progetto di ricerca sui servizi alla salute degli stranieri, inquadra inizialmente il profilo giuridico della materia a livel-lo nazionale e regionale per proseguire con l’approfondimento dei dati secondo un approccio territoriale, dunque per distretto sanitario.

Si evince la difficoltà dei singoli distretti a gestire in for-ma omogenea il sistema informativo, e l’assenza di strumenti di monitoraggio e valutazione, che in presenza di un’accurata scelta di criteri e indicatori, potrebbe coadiuvare tutte le orga-nizzazioni coinvolte nel miglioramento delle performances dei servizi sanitari regionali.

Come deducibile dalle proposte conclusive del focus group, sono di significativa importanza i bisogni di riorganizzazione degli uffici preposti e di un completamento o consolidamen-to dell’integrazione della filiera dei servizi sociali e sanitari a maggiore tutela della salute dei migranti e della comunità locale.

Il paragrafo sulle condizioni abitative, pone in risalto sin da subito l’aspetto pragmatico della disponibilità di un alloggio quale “prerequisito fondamentale per aspirare a una stabilità nella concessione dei permessi di soggiorno e per il mante-nimento dell’unità familiare”. La ricerca evidenzia come sia troppo diffuso il disagio abitativo degli stranieri correlato alla fragilità dello status giuridico e condizionato dalla pluralità delle rispettive condizioni economiche, sociali, culturali, che richiedono un adeguato e più organico intervento di natura isti-tuzionale anche in collaborazione con il privato sociale.

La parte che si riferisce ai Minori non Accompagnati (MNA) segnala l’intensificazione del fenomeno causata sia da un progressivo “processo di destrutturazione sociale, politica

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Immigrazione in Calabria

ed economica del paese di origine” che esclude sempre più i ragazzi dai rispettivi ambienti sociali e educativi, sia da una vera e propria “ strategia” delle famiglie di appartenenza che obbligano alla migrazione i propri figli “per evitare persecu-zioni politiche, per accedere all›istruzione e all’assistenza so-ciale e medica negate in patria”.

Dopo un excursus sui MNA in Europa, attraverso l’anali-si della situazione in Belgio, Svizzera, Francia e Spagna, si affronta l’esigenza di un piano di azione comune a carattere europeo, al fine di evitare ad esempio, differenziazioni nelle procedure di identificazione o di rilevazione statistica, che sot-tendono i rischi di una grave violazione delle norme interna-zionali di protezione e rispetto dei diritti e della vita dei minori.

L’approfondimento tematico indaga il panorama regionale della Calabria attraverso la duplice condizione nella quale i mi-nori si ritrovano: da un lato il suo status di “minore” sottoposto a tutele e protezioni, dall’altro, la sua realtà di “immigrato” vincolato alle disposizioni del testo unico sulle immigrazioni.

L’analisi del sistema di accoglienza rivolto ai ragazzi che sono emigrati da soli nel periodo del “post-emergenza”, rileva la complessità della gestione dei flussi rientranti nelle compe-tenze comunali alle prese con una forte incidenza, superiore ad altre regioni, di minori cosiddetti “irreperibili” sul totale dei minori segnalati.

Dopo aver ricostruito il quadro giuridico, che nello speci-fico dell’ordinamento italiano consente di mettere in risalto il regime di parità normativa con i minori italiani in stato di abbandono o privi di tutela, i ricercatori rivolgono l’attenzio-ne all’accoglienza dei MNA dall’Emergenza Nord Africa alla fase del post emergenza, evidenziandone contraddizioni e ina-deguatezze.

La ricerca condotta sul campo ha fatto emergere l’insuffi-cienza di un sistema che da un lato lamenta l’esiguità di risorse finanziarie e dall’altro impone una diversa “assunzione di re-sponsabilità istituzionali” di concerto con “la sperimentazione di nuove professionalità da parte degli operatori sociali”.

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Introduzione

Il rapporto continua con l’analisi dell’auspicata nuova go-vernance promossa dalla Direzione Generale dell’Immigrazio-ne e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito del una “cooperazione interistituzionale tra i diversi livelli di governo”, come si legge nel documento ministeriale discusso nel 2014 al Tavolo nazio-nale sui minori non accompagnati.

Tra le prime azioni è presentata l’istituzione del SIM (Siste-ma Informativo Minori) che si propone di divenire un efficace strumento di rilevazione e di monitoraggio delle presenze dei MNA nel territorio regionale, che evidentemente sarà utile a condizione che la presa in carico dei minori, la diffusione terri-toriale dei servizi, le competenze professionali degli operatori e il sostegno alle amministrazioni locali, diventino un sistema reale e qualitativamente differente.

L’approfondimento si conclude con la presentazione di dati statistici e relative implicazioni sociali in Italia e in Calabria, che consentono di analizzare una molteplicità di variabili: dal-le provenienze geografiche dei minori ai modelli di accoglien-za adottati, dando modo ai lettori di conoscere le difficoltà e la complessità di un sistema di ospitalità e di protezione che necessita di una completa ed efficace riorganizzazione.

Renato ScoRdamaglia

Coordinatore del progetto “Study in Action”

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Immigrazione in Calabria

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Parte seconda

APProFondImentI: “Il SIStemA dI ACCoglIenzA e lA tutelA deI mInorI non

ACComPAgnAtI In euroPA ed In ItAlIA”

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4 - I minori non accompagnati in europa: minori, immigrati o rifugiati?

4. I minori non accompagnati in europa: minori, immigrati o rifugiati?*

4.1 Premessa

Il fenomeno dei minori non accompagnati è una compo-nente oramai strutturale nel panorama delle migrazioni in Eu-ropa. Le cause sono da far risalire all’impatto del capitalismo tardivo nelle regioni periferiche che si vedono inserite in una posizione di dipendenza rispetto ai paesi del centro. Da un lato il flusso di capitali che dall’Europa si dirige verso le vecchie e le nuove periferie – i paesi del Maghreb in Africa; i paesi dell’Europa orientale – intensifica i fenomeni di esodo rurale indebolendo il sistema di autosufficienza alimentare attraverso i processi di delocalizzazione delle industrie. D’altro lato la divisione internazionale del lavoro alimenta un flusso che si muove in direzione contraria composto soprattutto dai gruppi più vulnerabili, donne e bambini, che diventano la manodope-ra più a basso costo e la meno protetta nel mercato del lavoro delle economie avanzate europee1.

L’emigrazione dei minori soli si inserisce in un generale processo di destrutturazione sociale2, politica ed economica

* La stesura del quarto capitolo è da attribuire ad Anna Elia.1 Beck U., Che cos’è la globalizzazione? Rischi e prospettive della società plane-taria, Carocci, Roma, 1999.2 Alcune ricerche si sono soffermate su questi processi analizzando le migrazioni dei giovani dall’Africa Sub-sahariana in Europa (cfr. Bolzman C., Gakuba T.O., Guissé I., Migrations des jeunes d’Afrique subsaharienne, Quels défis pour l’ave-nir?, Paris, L’Harmattan, 2011). Altri studi sull’emigrazione dei giovani dall’Al-bania verso l’Italia, hanno evidenziato le aspettative di emancipazione sociale che

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del paese di origine. Giovani e ragazzi che emigrano da aree escluse dal mercato globalizzato o, per riprendere le parole di Manuel Castells, strutturalmente insignificanti all’interno del sistema3. La migrazione dei minori non accompagnati deve quindi essere considerata come una strategia elaborata per ri-mediare ad una condizione di esclusione sociale che si espri-me su diversi livelli: sul piano familiare; sul piano educativo; sul piano politico per gravi situazioni che ledono l’incolumità fisica o l’autonomia del ragazzo4. I giovani rivendicano, emi-grando, i loro diritti di minore e nello stesso tempo inseriscono la propria esperienza migratoria in una strategia familiare, so-stenuta spesso da una rete di adulti. Spesso i minori non parto-no spontaneamente, ma vengono “inviati” dalle loro famiglie, per evitare persecuzioni politiche, per accedere all’istruzione e all’assistenza sociale e medica negate in patria o semplice-mente per trovare lavoro nell’UE, mentre altri cercano di ri-congiungersi con familiari che già si trovano nell’Unione5.

La condizione di minore non accompagnato viene riportata nell’articolo 2 della Direttiva Europea 2001/55/EC3: “citta-dini di paesi terzi o […] apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per essi in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori

questi ragazzi riponevano nell’emigrazione (cfr. Melossi D., Giovannetti M., I nuo-vi sciuscià. Minori stranieri in Italia, Roma, Donzelli, 2003).3 Castells M., The Rise of the Network Society, The Information Age: Economy, Society and Culture, Vol. I. Cambridge, MA; Oxford, UK. Blackwell, 1996.4 Alcuni minori fuggono da conflitti armati, catastrofi naturali, discriminazioni o persecuzioni. In questo contesto eventi di portata mondiale, quali il conflitto in Af-ghanistan e in Iraq o i conflitti politici legati alle Primavere arabe, possono essere considerati fattori che intensificano tali flussi (cfr. Desomer V., Dutriex B., Enfants en exil-Exils d’enfance, «Les Politiques Sociales», 3 & 4/2011).5 Jovelin E., “Contribution à une analyse socio-politique des mineurs demandeurs d’asile”, Rapport de Recherche, Groupe d’Études et de Recherches en Travail, In-stitut Social Lille-Vauban, Université catholique de Lille, FASILD, juin 2003

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che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri”. Il sistema giuridico in mate-ria di accoglienza e tutela dei minori non accompagnati deriva principalmente dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e dalla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo. Il Consiglio d’Europa ha inoltre approvato negli anni norme e circolari introducendo uno status valido in tutto il territorio europeo ed eliminando le disparità di trattamento tra gli Stati membri. Esistono però dei margini di competenza da parte di ogni Stato nell’applicazione di direttive specifiche che riguar-dano il trattamento e la protezione del minore nel momento in cui questi giunge in maniera illegale sul territorio di un paese dell’Unione. Si tratta di pratiche e di politiche con una dimen-sione fortemente discrezionale, che collocano il minore in una posizione a metà tra l’essere adulto passibile di espulsione per le normative sull’immigrazione sempre più restrittive e quel-la di minore soggetto alla protezione dell’infanzia. Il saggio, attraverso la comparazione tra diversi modelli governativi di protezione è teso ad evidenziare le caratteristiche dei dispositi-vi di accoglienza e di presa in carico dei minori nell’ambito di misure di controllo sempre più restrittive tese ad individuare i “falsi minori”; la costruzione sociale della categoria di minore in rapporto al futuro status di “immigrato”, di “richiedente o non-richiedente asilo”, di “rifugiato”; le fasi di sospensione dei diritti di cittadinanza che caratterizzano le procedure di re-golarizzazione.

4.2 minori soli “richiedenti” o “non-richiedenti” asilo in Belgio

In Belgio la richiesta d’asilo è l’unica maniera per evitare il rischio di espulsione al quale sono esposti i minorenni di origine straniera in posizione di irregolarità dai sedici anni in poi. Nel 2006 sono stati 384 i minori non accompagnati ad avere presentato domanda di asilo, mentre nel settembre 2011 erano 1.291, di cui 81,80 per cento ragazzi e 18,20 per cento

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Immigrazione in Calabria

giovanissime donne. Un dato che sottostima i minori che tran-sitano in Belgio e coloro che vi soggiornano irregolarmente. Le nazionalità più rappresentate sono quelle dell’Afghanistan, della Guinea, del Congo RDC, del Gambia e del Bangladesh.

La gran parte dei minori che giunge in Belgio utilizza come mezzo l’aereo ed è proprio nell’aeroporto di Bruxelles che sono presenti dei centri di detenzione, in cui i minori possono essere trattenuti e anche espulsi sulla base di un sistema simi-le alle “zone di attesa” presenti in Francia. Numerosi sono i minori che transitano verso il regno Unito o i paesi scandina-vi, molti quelli che vivono nell’invisibilità divenendo vittime di circuiti delinquenziali, del mercato della prostituzione, del traffico di esseri umani. Un aspetto che evidenzia le proble-maticità relative al sistema di presa in carico dei minori resisi visibili alle autorità.

La fase dell’accoglienza prevede che il minore presente nel-le zone di frontiera senza documenti di riconoscimento debba essere segnalato all’Office des étrangers indipendentemente se sia o meno richiedente asilo. La permanenza presso un Centre fédéral d’observation et d’orientation, in una condizione di status extra-territoriale, va solitamente da 15 giorni a un mese. In questo periodo il minore affronta il Test dell’età dietro segna-lazione da parte della polizia di frontiera. Una volta effettuata l’identificazione, e nel momento in cui il minore viene ricono-sciuto come tale, gli viene attribuito un tutore. Dal 2004 tutti i minori, a prescindere dal loro status giuridico, usufruiscono della rappresentanza del tutore in tutti gli atti giuridici e le pro-cedure previste dalla Legge del 15 dicembre del 1980 sull’In-gresso al territorio belga, il soggiorno e l’allontanamento6.

L’Agence pour l’accueil des demandeurs d’asile (Fedasil) è l’autorità preposta all’orientamento dei minori non accompa-

6 Réseau européen des migrations point de contact belge, Mineurs non accompa-gnés en Belgique, modalités d’accueil, de retour et d’intégration, PDF consultato su www.dofi.fgov.be, Juillet 2009.

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gnati. Coloro che sono richiedenti asilo vengono inseriti in una struttura della Fedasil che può essere un centro di accoglienza federale, un centro della Croix-Rouge o una Initiative Loca-le d’Accueil (ILA) che dipende dalla Federazione dei Centres Publics d’Action Sociale (CPAS). Se il minore non è un richie-dente asilo viene orientato dalla Fedasil verso un centro gestito dalle Comunità fiamminga o francese.

Si tratta di due percorsi differenziati a seconda dello sta-tus giuridico rivestito dal minore. Nella pratica avviene che le Comunità accolgono raramente i minori non accompagnati “non-richiedenti asilo”, ad eccezione dei casi “più” vulnerabili (ad esempio i più giovani, le vittime di tratta), una procedura dovuta alla scarsità dei posti disponibili. I Minori non accom-pagnati “non-richiedenti” asilo entrano quindi raramente in quella che è la “seconda fase” dell’accoglienza. L’assenza di intervento istituzionale struttura degli interventi di urgenza per questa “categoria” di minori che si collocano nella posizione più bassa in questo specifico sistema di stratificazione civica dei diritti. La mancanza di posti disponibili li costringe infatti ad una sosta indefinita nei centri di pronta accoglienza e a vi-vere situazioni di promiscuità. Per arginare queste problema-tiche la Fedasil ha definito accordi con centri specializzati che entrano all’interno di questa rete di accoglienza ormai satura, ma i minori “non-richiedenti” asilo non riescono in ogni caso ad accedervi in quanto non sono compresi nelle “liste priori-tarie”. Si tratta di una situazione di provvisorietà che riguarda i circa 1.800 minori “non accompagnati” che vengono iden-tificati annualmente dal Service des Tutelles, la maggioranza dei quali (dal 60 al 70 per cento) non fanno la richiesta di asilo una volta intercettati dalle forze di polizia. La maggior parte di questi proviene da Algeria, Marocco, India e dai paesi dell’Eu-ropa Sud orientale (Serbia, Bosnia, Romania)7.

7 Desomer V., Accueil des mineurs étrangers non accompagnés. Au sein des deux centres Menas des CPAS d’Assesse et de Gembloux, Relazione presentata al se-

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La situazione giuridica in cui versano i minori non accom-pagnati regola un accesso differenziato al sistema di welfa-re. L’accesso al sussidio sociale (aide sociale financière) del CPAS di residenza è riservato esclusivamente ai minori rico-nosciuti come “rifugiati”; nessun contributo finanziario (aide financière) viene invece assegnato a coloro che sono richie-denti asilo i quali ne possono usufruire indirettamente nei Cen-tri, nei limiti dei posti disponibili. I minori che hanno avuto accesso allo statuto di protezione umanitaria hanno diritto per un anno all’aide sociale financière. Un aide matérielle, e cioè un’assistenza ai bisogni primari, viene invece assegnata ai mi-nori “non-richiedenti” asilo presenti nei Centri.

L’assenza di uno statuto speciale di protezione non favori-sce il rispetto dei diritti fondamentali dei minori in quanto tali e permette la definizione di categorie che determinano proces-si di inclusione-esclusione dal sistema dei diritti. Anche quelle poche norme esistenti in grado di tutelare gli inalienabili diritti del fanciullo, sono applicate in senso restrittivo. Questo è il caso dell’articolo 118 della legge del 15 dicembre 1980 (Mo-niteur belge del 31.12.1980), relativa all’accesso al territorio, al soggiorno e all’allontanamento degli stranieri, che vieta il rimpatrio dei minori. In diversi casi, violando questa norma, l’ordine di “riaccompagnare” il minore nel paese di origine viene attribuito oltre che a un parente, anche al tutore legale. L’Office des étrangers, responsabile della realizzazione della procedura di rimpatrio, valuta anche la maturità del minore straniero, che ha tra i 16 e i 18 anni, nell’affrontare senza ac-compagnamento il ritorno al paese di origine8.

Questo aspetto introduce una questione controversa che è quella dell’età. Il sedicesimo anno segna l’inizio di una rapida

minario su Accueil et Intégration des jeunes réfugiés en Afrique (Côte D’Ivoire, Sénégal) et en Europe (Belgique, Espagne, France, Italie, Suisse): Regards croisés des chercheurs, HES-SO di Ginevra, 21 e 22 novembre 2011;Desomer V., Diver-sités et Citoyennetés, SPECIAL «MENA», «La Lettre de l’IRFAM», n° 29, 2012.8 Ivi, p. 14.

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emancipazione del minore. In due anni i minori vengono in-seriti in un percorso di accompagnamento al fine di divenire autonomi dai centri che li hanno presi in carico. In realtà in questa fase di contenimento dell’autonomia dei minori, questi usufruiscono di percorsi di integrazione a margine del sistema scolastico nelle “classi ponte” previste dal sistema di istruzio-ne belga per i minori di origine straniera9. Un fattore ancora più importante di marginalità sociale deriva dall’impossibilità di accedere al mercato del lavoro per i minori fino a quan-do sono ospitati nei Centri10. Una condizione di provvisorietà nell’accesso ai diritti di cittadinanza sociale e civile che san-cisce l’avvio verso un processo di “clandestinizzazione” e di invisibilità dei minori soli nello Stato belga.

4.3 I RAMNA in Svizzera: un rapido processo di adultizza-zione

In Svizzera i minori non accompagnati sono in grande maggioranza richiedenti asilo e come gli adulti sono soggetti ad una normativa sui rifugiati divenuta nell’ultimo decennio sempre più restrittiva. Comunemente definiti nel linguaggio giuridico-istituzionale con l’acronimo RAMNA (Requérants d’Asyle Mineurs Non Accompagné), i minori che rientrano in questo status giuridico hanno un’età inferiore ai 18 anni e nel momento in cui effettuano la richiesta di asilo non sono rico-nosciuti come maggiorenni nel proprio paese di origine. La loro presenza è in continua crescita dal 199011. In particolare negli ultimi quattro anni è più che raddoppiata. Nel 2011 sono

9 Sensi D., Réflexions à propos de l’obligation scolaire, in Desomer V., Dutriex B. (a cura di), Enfants en exil-Exils d’enfance, «Les Politiques Sociales», 3 & 4/2011, pp. 80-90.10 Desomer V., op. cit., 2012.11 Éducateur magazine, Les mineurs non accompagné, 4, 1996.

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presenti 25.551 RAMNA (5 mila in più rispetto al 2008) con un’età per lo più compresa tra 15 e 18 anni (84,3 per cento), provenienti dall’Afghanistan, dall’Eritrea, dalla Tunisia, dalla Bielorussa e dalla Guinea12.

Invece sono 327 i minori che non fanno la richiesta di asi-lo (l’1,5 per cento), quasi la metà rispetto a quelli presenti in Svizzera nel 2008 (638)13. Al contrario la presenza dei minori “senza statuto” è in continuo aumento, un fenomeno difficile da quantificare, ma che diverse analisi collegano alla debolez-za del loro status che li costringe ad abbandonare le procedure per la richiesta di asilo14. Secondo l’art. 121 della Constitution fédérale suisse, la competenza in questa materia è condivisa tra il governo centrale e i Cantoni. Questi ultimi beneficiano di un ampio margine di manovra, tanto che la programmazione e la gestione degli interventi può variare considerevolmente da una regione all’altra determinando dei casi di forte discrezio-nalità. Come per i richiedenti asilo adulti, i minori sono “distri-buiti” in 26 cantoni, in proporzione al numero degli abitanti. Le disposizioni legislative nazionali in materia di asilo e di tutela e protezione dell’infanzia lasciano un largo margine di interpretazione nella messa in pratica delle misure di protezio-ne a livello locale15.

Le carenze nel sistema di presa in carico istituzionale dei minori pone questa “categoria” al centro di un dibattito politi-co negli anni ‘90. La denuncia nell’ottobre del 1991 al Consi-

12 Statistiques Office fédéral des Migrations. 13 Ibidem. 14 L’Office fédéraldesMigrations stima nel 2005 la presenza illegale in Svizzera di 90.000 residenti. Le ulteriori restrizioni alla normativa sull’asilo approvate attra-verso un referendum dello scorso giugno lasciano intendere quanto sia destinato ad aumentare il fenomeno dei minori, e degli adulti, che rinuncia alla richiesta di asilo.15 Bolzman C., Rosserl L., Felder A., Requérantes d’asile mineures non accom-pagn.es en Suisse. Dispositif institutionnel des prise en charge, réactions au vécu de l’exil et comportement identitaire, Rapport de recherche au FNS, Institut d’étu-des sociales, Genéve, 2004.

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glio Federale (Governo Svizzero) in merito al rimpatrio di due minori alloggiati nel cantone di Vaud, evidenziava un conflitto di competenze tra le istituzioni a difesa del diritto di asilo e le autorità locali e nazionali. In generale la questione ruota attor-no a due diverse forme di tutela: quella della protezione del minore e il diritto di asilo (Convention des droits de l’enfant del 1989, ratificata dalla Svizzera nel 1991 ed entrata in vigore nel 199716). I minori non accompagnati richiedenti asilo sono considerati come degli “adulti” richiedenti e quindi sono te-nuti al rispetto di procedure che non tengono conto della loro minore età.

La stessa normativa impone al minore di dovere dimostra-re le ragioni che potrebbero avvalorare la propria richiesta di asilo nonostante la loro condizione di minorenni. I minori sono in ogni caso tutelati dal rischio di espulsione, in quanto il rimpatrio non può essere effettuato se mette a rischio la vita della persona, ma questa norma si applica solo ai RAMNA che collaborano con le autorità ai fini dell’accertamento dell’età. Il minore richiedente asilo deve, come un adulto, sostenere la propria richiesta di asilo. È però molto raro che questi riescano ad addurre delle motivazioni; prova ne è che una percentuale bassissima (meno dell’un per cento) riesce ad ottenere lo status di rifugiato17. Al centro di queste questioni risulta la strumenta-lizzazione della “capacità di discernimento” contenuta nel Co-dice Civile Svizzero che recita: “[…]le opinioni del fanciullo devono essere prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità, del suo stato di salute menta-le, di debolezza di spirito e di altre cause simili che possono incidere sulla sua capacità di discernimento” (Art.16 CCS).

16 In Svizzera la situazione dei MNA dipende dalla Legge federale sull’asilo (LAsi) e dalla Loi sur les étrangers, mentre il Codice Civile Svizzero (CCS) regolamenta le disposizioni in materia di protezione/assistenza all’infanzia. 17 Bolzman C., «Les mineurs non accompagnés en Suisse: demandeurs d’asile ou enfants exilés?», in Desomer V., Dutriex B. (a cura di), Enfants en exil-Exils d’en-fance, « Les Politiques Sociales », 3 & 4/2011, pp. 104-117.

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L’articolo 368 del CCS indica anche che ad ogni minore deve essere assegnato un tutore, ma i rallentamenti riguardo questa procedura, diversi per ogni cantone, bloccano i passag-gi successivi previsti per la regolarizzazione. Inoltre, alcune ricerche pongono in rilievo la mancanza di competenze di que-ste figure che spesso agiscono sulla base di interessi diversi rispetto a quelli della tutela del minore18.

Il richiedente asilo minorenne ha una maggiore tutela per quanto riguarda le espulsioni, ma le autorità locali, in relazio-ne alla presenza di “falsi-minori” svolgono di frequente i test per accertare la loro età biologica (art.7 par. 1 OA 1). Que-ste procedure (esami ossei e l’esame della mascella) hanno un margine di errore di 2 anni. In questi casi può essere prevista la “non ingerenza in materia (la Non Entré en Matière)”19, che attribuisce un carattere discrezionale a questa valutazione. Per quanto riguarda il rimpatrio, questo non può essere eseguito se produce una situazione di concreto pericolo per il minore, ma tale principio viene applicato unicamente ai RAMNA che “cooperano con le autorità”, e ciò non esclude quindi che un minore che non “collabora” nella fase dell’identificazione pos-sa essere espulso20.

Uno dei maggiori problemi nei processi di integrazione dei RAMNA è quello relativo all’assenza di coordinamento tra le autorità competenti a deliberare in materia di asilo e gli ope-ratori sociali che seguono i giovani. Solitamente prevalgono i criteri giuridici senza considerare gli aspetti sociali ed educati-vi di presa in carico dei minori21.

Nel momento dell’adozione della Convenzione sui diritti

18 Ibidem; Vitte S., La Situation des mineurs non accompagnés en Suisse, in TDH (a cura di); Mineurs non accompagnés en Suisse, Terres des Hommes, 2006.19 Sanchez-Mazas M., La construction de l’invisibilité, cit.20 Bolzman C., Rosserl L., Felder A., Requérant.e.s d’asile mineur.e.s non accompagné.e.s en Suisse, cit.21 Ibidem.

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del fanciullo è stato segnalato a titolo di riserva all’art. 37, che “la séparation des jeunes et des adultes privés de liberté n’est pas garantie sans exception”. Questa riserva si applica in modo particolare ai minori richiedenti asilo di età superiore ai 15 anni di età i quali possono essere detenuti per un periodo di tre mesi rinnovabile in vista della loro espulsione dalla Svizzera. La le-gittimità di una tale riserva può sembrare discutibile nella mi-sura in cui l’articolo 37.b della Convenzione sui diritti del fan-ciullo precisa che «l’arresto, la detenzione e l’incarcerazione di un minore deve risultare una soluzione di ultima istanza e deve in ogni caso durare il più breve tempo possibile».

La gran parte dei giovani sono inseriti in foyers (centri re-sidenziali collettivi) per richiedenti asilo, mentre i minori che hanno meno di 15 anni nelle famiglie. Nei foyers, la percen-tuale degli educatori in rapporto ai minori è inferiore rispetto a quella dei foyers nei quali sono presenti altri giovani (0.12 per cento vs 0.40 per cento). Per quanto riguarda l’aspetto delle cure sanitarie, occorre evidenziare che in Svizzera i richiedenti asilo non possono curare ogni tipo di malattia. Infatti, la Legge sulla sanità prevede all’art 32 che le prestazioni sanitarie de-vono essere efficaci, appropriate ed economiche. I minori sono soggetti quindi, come gli adulti, al “gate keeping”, saranno quindi gli operatori sanitari a svolgere una funzione di “filtro” valutando in merito alla necessità di una consulenza medica22.

In merito ai percorsi di inserimento scolastico i ragazzi fino a 15 anni sono inseriti nelle “classi di accoglienza”, per poi essere indirizzati verso una formazione professionale che pre-senta alti tassi di abbandono. I minori richiedenti asilo richie-dente asilo sono inoltre soggetti a importanti limitazioni che li differenziano in maniera significativa rispetto ai loro coetanei:

22 Oerster K., Les refugiés en Suisse. Aspect de l’intégration, Lucerne, Caritas, 1985; Bolzman C., «Les mineurs non accompagnés en Suisse: demandeurs d’asile ou enfants exilés?», op. cit.; Bolzman C., 2001, «Politiques d’asile et trajectoires sociales des réfugiés. Une exclusion programmée. Le cas de la Suisse» in Sociolo-gie et Sociétés, vol.33, N°2.

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il 10 per cento del salario è trattenuto per rimborsare le spese di assistenza e di espulsione; i lavori ai quali accedono sono nel settore alberghiero e nella ristorazione. Il “peso” dell’esse-re richiedenti asilo li costringe ad accettare quei lavori che la popolazione locale o gli immigrati residenti rifiutano, proiet-tarsi quindi verso il futuro non è un esercizio facile. Il carattere provvisorio del loro soggiorno - spesso espulsi alla maggiore età -rende difficile definire delle aspettative in merito ad un futuro percorso scolastico, lavorativo e personale23.

4.4 mineurs isolés in Francia: un conflitto di competenze

La Francia si confronta con il fenomeno dei mineurs isolés étrangers (MIE) da circa un ventennio. La terminologia di mi-neurs isolés (minori soli) si sostituisce a quella di minore non accompagnato dal 1990 riferendosi, in senso più allargato, ai minori giunti sul territorio francese che - pur se “accompagna-ti” da un adulto - si trovano senza né la protezione, né l’assi-stenza dei genitori o di un tutore legale24.

A questi giovani, per lo più tra i 16 e i 18 anni, lo Stato francese applica il regime di detenzione nel momento in cui vengono intercettati sul territorio francese. I minori possono infatti essere trattenuti in una “zona d’attesa” - uno spazio di transizione tra la zona internazionale ed il territorio france-se, fino a quando non viene accertata la loro età - collocata spesso nelle zone prossime all’aeroporto in strutture gestite in convezione con organizzazioni umanitarie, il più delle volte la Croce Rossa25. In questo periodo viene designato dal procu-

23 Bolzman C., «L’accueil: un moment clé de la construction du rapport à L’Autre», in Écarts d’identité, Revue trimestrielle sur l’intégration, Grenoble, 106, 2005, pp. 40-47.24 Debré I., Les MIE en France / Rapport de Madame le Sénateur Debré I.,Ministre de la Justice et des Libertés, Mai 2010.25 5ème rapport périodique de la France sur l’application de la Convention relative aux droits de l’enfant (http://www.infomie.net/IMG/pdf/CRC-C-FRA-5_fr.pdf).

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ratore della repubblica, un administrateur ad hoc26, una figura fondamentale che rappresenta il minore nelle procedure ammi-nistrative e giudiziarie che lo riguardano nel momento in cui questi deve presentare la domanda di asilo, fino al momento in cui il minore è autorizzato ad entrare sul territorio francese dal Juge des libertés et de la détention (JDJ). La permanenza nella zona di attesa è di quattro giorni, ma il JDL può decidere sia di prolungare, sia di abbreviare questo termine, per cause dovute a motivi di salute del minore; per errore della polizia; per una richiesta d’asilo non manifestement infondée (non ma-nifestamente infondata), in merito alla quale si è pronunciato il Ministère de l’Immigration e l’OFPRA (Office français de protection des réfugiés et apatrides).

I minori beneficiano di misure generali di protezione dell’In-fanzia, qualunque sia il loro statuto. In Francia queste misure di protezione ricadono sotto la responsabilità dei Dipartimenti e sotto l’autorità del Consiglio Generale. In particolare tali po-litiche sono amministrate dai dipartimenti per l’Aiuto Sociale all’Infanzia (ASE-Aide sociale à l’enfance), la cui organizza-zione è regolata dal Codice di Famiglia Francese (articoli L. 221-1; L.222-5; L. 223-1; L. 223-2). Nel caso dei Minori non accompagnati l’ASE si coordina con le prefetture che sono le strutture incaricate di ricevere le eventuali domande di asilo e inviarle all’OFPRA. Lo Stato francese non ha quindi una politica organica in grado di attribuire responsabilità certe in questa materia. La presa in carico dei minori avviene a livello di singoli dipartimenti evidenziando un panorama variegato in cui i soggetti istituzionali coinvolti rimandano dall’uno all’al-tro le proprie responsabilità in materia, a partire dallo Stato, ai servizi dipartimentali di aiuto all’infanzia (ASE), fino alla Protection Judiciaire de la Jeunesse (PJJ)27.

26 Legge del 4 marzo 2002 relativa all’autorità genitoriale; decreto attuativo del 4 settembre 2003 e circolare del 14 aprile 2005.27 Jovelin E., Contribution à une analyse socio-politique des mineurs étrangers

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L’assenza di rilevazioni statistiche manifesta la debolezza di questo sistema. Il numero di minori infatti è estremamente variabile a seconda delle fonti, collocandosi in un raggio tra 4 mila e 6 mila presenze - 6 mila nel 2012 - con una media annuale di 500 minori. Quanto ai principali paesi di origine dei minori, nell’assenza di dati nazionali esaustivi, si può ese-guire una rilevazione solo sulla base delle domande di asilo effettuate, in quanto sono solo i minori non accompagnati con questo status giuridico a potersi rendere visibili agli occhi del-le autorità istituzionali: più di 400 per anno28, 490 nel 201229. Variabile anche il numero delle presenze nei dipartimenti e le nazionalità presenti. Alcuni avvenimenti, quale la chiusura di una struttura di accoglienza, secondo quanto riporta un’inda-gine ministeriale del 2010, provoca finanche il trasferimen-to spontaneo di minori di origine marocchina, in questo caso dal Nord verso Marsiglia, dovuta anche alla presenza di una forte comunità magrebina30. Altre indagini evidenziano come i minori si stabiliscano nei diversi dipartimenti in relazione anche alle traiettorie migratorie intraprese. I dati dei Consigli generali (Conseils généraux), mostrano che nel 2009 i minori provenivano per lo più dal Mali, dall’Afghanistan, dall’India, dalla Cina, dai territori palestinesi, dalla Repubblica Demo-cratica del Congo, dall’Angola, dal Pakistan e dal Marocco. Il quadro statistico introduce quella che è la reale problema-

isolés, Rapport de Recherche, Groupe d’Études et de Recherches en Travail, Institut Social Lille-Vauban, Université catholique de Lille, FASILD, juin 2003.28 Asylum applicants considered to be unaccompanied minors by citizenship, age and sex Annual data (rounde http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=migr_asyunaa&lang=en).29 Ministère de l’immigration, de l’intégration, de l’identité nationale et du développement solidaire, Les politiques relatives à l’accueil, l’intégration et le retour de mineurs non accompagnés (http://www.infomie.net/IMG/pdf/09b FRANCE_National_Report_on_Unaccompanied_Minors_Version_14May09__FR_-1.pdf).30 Jovelin E., Contribution à une analyse socio-politique des mineurs étrangers isolés, cit.

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tica dei mineurs isolés in Francia che risiede nell’incrocio di competenze tra diverse legislazioni e minsteri: l’Intérieur, gli Affaires étrangères, gli Affaires sociales – in particolare le Lo-gement - la Justice e il Secrétariat d’État pour la Lutte contre l’exclusion. L’assenza di una presa di responsabilità nazionale della questione dei mineurs isolés étrangers, se non in maniera legata al controllo dei flussi migratori, emerge dal carattere fortemente localistico delle politiche di intervento. Ogni Mi-nistero e ogni istituzione locale adotta un approccio specifico, nell’assenza di un coordinamento sia a livello di sistema go-vernativo centrale, sia di dipartimenti, rivelando una volontà di non intervento istituzionale31. Questa situazione definisce quello che Jovelin (2007) chiama “blocage institutionnel”32: ogni autorità rinvia all’altra le responsabilità nella presa in ca-rico del minore provocando dei blocchi nei processi di inclu-sione sociale che lo riguardano.

Il numero delle strutture per i minori è insufficiente, in parti-colare si tratta di strutture per minori maltrattati. Tra le regioni a forte presenza di minori, a partire dalla metà degli anni ’90, nell’Ile-de-France e nella regione parigina, si assiste alla defini-zione di un sistema di partenariato tra servizi pubblici e le collet-tività locali. Un lavoro di concertazione tra il Comune di Parigi, la Prefettura, il Procuratore di Parigi, il Tribunale per i Minori e le Service départemental de l’éducation nationale33, dal quale è sorto un progetto per una struttura di accoglienza e orientamento dei minori, di competenza del Contrat Parisien de Sécurité34.

31 Ronge J-L., «Une absence volontaire de protection : les mineurs isolés étrangers victimes de maltraitance institutionnelle», in La revue d’action juridique et sociale, 311, février 2012, pp.19-24.32 Jovelin E., op. cit., 2007/1 - n° 14, p. 152. 33 Si tratta dei servizi decentrati del Ministère de l’éducation nationale, fino al 2013 denominati l’inspection académique.34 Ministère de l’immigration, de l’intégration, de l’identité nationale et du déve-loppement solidaire, Les politiques relatives à l’accueil, l’intégration et le retour de mineurs non accompagnés, cit.

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Progressivamente, il numero dei minori tra il 1999 ed il 2001, si quadruplica passando da 94 a 384. In questo periodo si assiste ad un significativo avanzamento in materia di prote-zione dei minori. Nel marzo 2002, la legge relativa a l’autorité parentale (autorità genitoriale) modifica l’articolo 35 dell’or-dinanza del 2 novembre del 1945 relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno degli stranieri in Francia, istituendo la figura “administrateurs ad hoc” nella zona di attesa per rap-presentare il minore. Nel 2003, gli operatori sociali incaricati di mettere in atto dei dispositivi comuni di protezione dell’in-fanzia e i Conseils généraux d’Ile-de-France,denunciavano la saturazione dei loro servizi rispetto all’aumento del numero di minori non accompagnati presenti sul territorio. I due diparti-menti maggiormente coinvolti erano quelli di Parigi e la Seine-Saint-Denis e maggiormente i loro rispettivi servizi dell’Aide sociale à l’enfance. La Direction des Affaires Sociales de l’En-fance et de la Solidarité (DASES) di Pargi crea una Cellula destinata all’Accueil des Mineurs Isolés Etrangers (CAMIE). Parallelamente lo Stato ha istituito dei dispositivi ad hoc per i minori: il LAO (Lieu d’Accueil et d’Orientation confié à La Croix-Rouge à Taverny); nel 2002, il dispositivo sperimentale, detto «Versini», gestito inzialmente dalla Direction des Affai-res Sanitaires et Sociales che prevede l’accoglienza dei minori in erranza presenti a Parigi35; il CAOMIDA(Centre d’Accueil et d’Orientation des Mineurs Isolés Demandeurs d’Asile à Boissy Saint Léger).

35 Il dispositivo detto «Versini», un progetto di Dominique Versini allora Segretario di Stato con un incarico contro la lotta alla preacaritetà e all’esclusione, inizialmen-te era finanziato esclusivamente dallo Stato e prevedeva l’inserimento del minore in un sistema di protezione prima ancora della sua identificazione e presa in cari-co da parte dell’Aide sociale à l’enfance. Questo sistema di primo orientamento accoglienza è stato rapidamente ridimensionato. Davanti ad un atteggiamento di deresponsabilizzazione da parte del Governo centrale, l’Aide sociale à l’enfance ha dovuto subentrare accollandosi la responsabilità operativa e finanziaria della fase della prima accoglienza (Jovelin E., Contribution à une analyse socio-politique des mineurs étrangers isolés, cit.).

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Nel 2008 è entrato in funzione il Sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati che ha portato alla sottoscri-zione di un protocollo inter-istituzionale da parte di ogni attore chiave nella presa in carico del minore. In particolare il Consi-glio generale del Bouches-du-Rhone, organo esecutivo del Di-partimento (Conseil général du Bouches-du-Rhône), la Prefettu-ra della Regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, la Procura della repubblica di Marsiglia, il Tribunale dei minori di Marsiglia, il Tribunale di grande istanza di Marsiglia, la Direzione territo-riale della protezione giudiziaria della gioventù del Bouches-du-Rhone, l’Associazione dipartimentale per lo sviluppo delle azioni di prevenzione ADDAP 13 (Association Départementale pour le développement des actions de prévention) e l’Associa-zione del servizio sociale di salvaguardia dell’infanzia e dell’a-dolescenza del Bouches du Rhone - ASSSEA 13 (Association du Service Social de Sauvegarde de l’Enfance et de l’Adolescence de Bouces-du-Rhône) hanno sottoscritto, nell’autunno 2010, un protocollo di protezione dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio della regione.

La Legge Sarkozy del 28 novembre 2003, modifica in sen-so restrittivo l’ordinanza del 1945 relativa alle condizioni di ingresso e di soggiorno in Francia, riservando l’accesso alla nazionalità francese ai giovani stranieri presi in carico dall’A-SE residenti da almeno tre anni in Francia. Queste restrizioni all’accesso alla nazionalità hanno significato condannare auto-maticamente all’invisibilità i minori stranieri che giungono in Francia per lo più all’età di 16 anni, e che non possono quindi avere acceso alla cittadinanza alla maggiore età. Un problema che venne considerato di ordine pubblico, da attribuire invece all’assenza di protezione rivolta a questi minori sfruttati da cir-cuiti mafiosi36.

Il fenomeno delle fughe dai foyers (complessi residenziali dove vengono concentrati i minori) spesso sovraffollati, è stato

36 Ronge J.L., Une absence volontaire de protection, cit.

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Immigrazione in Calabria

oggetto di attenzione da parte di una circolare che risale al 31 maggio 2013, la quale recita che lo Stato francese intende con-frontarsi con la situazione di marginalità che colpisce più di 6 mila mineurs isolés presenti in Francia, riconoscendo i loro diritti nell’accesso all’ASE. A Créteil, France Terre d’Asile ha istituito un nuovo foyer volgendo l’attenzione a coloro che sono prossimi alla maggiore età sia nel sostegno a forme di pri-mo impiego, sia nell’accompagnamento di coloro che essendo privati dell’ASE sono a rischio di espulsione. Diverse sono le buone pratiche messe in atto al fine di contrastare il fenomeno dei minori in erranza, che risentono però di una condizione di isolamento istituzionale. Significativa è la nascita nel 2005 del Réseau euro méditerranéen pour la protection des mineurs isolés (REMI) che riunisce una dozzina di comunità di esperti dell’area del Mediterraneo per raffrontarsi sulla questione dei mineurs isolés37. Un’apertura verso una dimensione transna-zionale da parte di istituzioni e associazioni locali che tenta di oltrepassare i limiti delle politiche governative attraverso for-me di sensibilizzazione verso gli Stati che unisce alle proposte di formazione, scambio di conoscenze e buone pratiche.

4.5 Menores No Acompañados in Spagna: pratiche giuridiche e rappresentazioni sociali

A metà degli anni Ottanta, la Spagna ha cessato di essere un Paese di emigrazione con un tasso positivo nel flusso migra-

37 Il Réseau euroméditerranéen pour la protection des mineurs isolés (REMI) è nato nel 2005, successivamente ad una conferenza organizzata nel 2002 dalla Re-gione PACA (una regione situata tra il confine italiano e il Rodano) sul tema dei mi-neurs isolés. Tra i partners e i Dipartimenti francesi vi convergono: il Départements du Nord, du Vaucluse, de Haute-Corse, Bouches-du-Rhône, la ville de Paris, le Mi-nistère de la Famille et des Solidarités algérien ; per l’Italia è presente la Regione Toscana (Olmeta P., Département de la Haute-Corse, Réseau Euro méditerranéen pour la protection des mineurs isolés. Quelle action? Quels outils?, Relazione pre-sentata al 2èmes ateliers nationaux de la solidarité, 19 et 20 octobre 2009, Lyon).

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torio, come l’Italia, il Portogallo e la Grecia. Nel caso spagno-lo fino al 1985 l’immigrazione è soprattutto europea (circa il 65% degli stranieri residenti nel 1981), latino-americana (circa il 18%) o nordamericana (7%) e solo per il 10% è di prove-nienza africana o asiatica. In questa fase il fattore determinante dell’immigrazione degli extraeuropei è stata l’espulsione dai rispettivi Paesi d’origine (in molti casi per motivi politici). Dal 1986 al 1999 comincia ad apparire una “immigrazione nuova” dall’Africa e in particolare dal Marocco ed è proprio in questo particolare momento che l’opinione pubblica si raffronta con il fenomeno dei minori non accompagnati, che è stato poi am-plificato in modo negativo dai media e dagli amministratori. Il pensiero dominante era quello dell’invasione e questi giovani erano identificati come pericolosi per il loro numero e per il loro comportamento criminale.

Gli acronimi per identificarli, utilizzati nel linguaggio poli-tico-istituzionale e giuridico, rimanda alla duplice rappresen-tazione sociale di questi giovani che hanno per lo più un’età tra i 16 e i 17 anni. I minori sono quindi Menores Extranjeros (Indocumentados) No Acompañados (Minore Straniero Senza documenti Non accompagnato), un acronimo legato di più alla questione dell’ingresso irregolare nel territorio spagnolo, men-tre è l’utilizzo del termine MIENA (Menores No Acompaña-dos) che riporta alla condizione di minore solo da tutelare38.

La normativa spagnola in materia MNA riguarda la Ley de Extranjeri del 1985 e il Regolamento esecutivo del 198639, ma è il Regolamento del 1996 sui ricongiungimenti familiari40 che volge l’attenzione ai minori stranieri stabilendo il loro diritto

38 Gimenéz Romero C., Suàrez Navaz L., Menores no acompañados que han en-trado en territorio español sin representación legal, Algeciras, Colectivo Al-Jaima, 2000.39 Real Decreto 1119/1986, de 26 de mayo, Por lo que se aprueba el reglamento de ejecución de la ley orgánica 7/1985 (BOE 140 de 12 de junio).40 Real Decreto 155/1996, de 2 de febrero, attraverso cui si approva il regolamen-to esecutivo della Legge 7/1985(BOE 47 de 23 de febrero).

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Immigrazione in Calabria

all’assistenza sanitaria indipendentemente dalla loro situazio-ne legale (art. 12) ed il permesso di soggiorno per tutti i minori non accompagnati sotto tutela della pubblica amministrazione da almeno tre anni (art. 52.2). La protezione del minore non accompagnato si inscrive inoltre nella Costituzione Spagnola41 e la Convenzione sui diritti del Fanciullo. La Ley de Extranje-ria del 2000 stabilisce la «riunificazione familiare» come su-periore interesse del fanciullo, secondo quanto stabilisce la Convenzione. La prassi giuridica di fatto ha aperto la strada all’espellibilità dei minori stranieri42. Il 18 giugno 2008, il Par-lamento Europeo ha approvato la direttiva “ritorno” che rende possibile l’espulsione degli immigrati nei paesi terzi con i qua-li sono stati stilati degli accordi per le procedure di rimpatrio. Questa misura riguarda anche i minori. Diversi rapporti di SOS Razzismo denunciano i casi di minori «rinviati» in Marocco e in Senegal43, successivamente alla ratifica di accordi bilaterali, detenuti nei centri sorti per contenerli. Una delle irregolarità rivelate riguarda appunto la mancanza di informazioni sul loro ritorno. L’applicazione in Marocco della Legge sugli stranieri non distingue tra minorenni e maggiorenni per quanto riguarda l’applicazione di misure detentive, sono state quindi riscontra-te situazioni particolarmente gravi a Ceuta e Melilla44, nelle

41 Artículo 39.4 de la Constitución Española de 27 de diciembre 1978 (BOE 311 de 29 de diciembre).42 Arce Jiménez E., Menores extranjeros no acompañados, in Lazaro G. I., & Cu-lebras L. I. (a cura di), Nuevos retos que plantean los menores extranjeros al Dere-cho, Universidad Pontificia Comillas, Madrid, 2006, pp. 124-125.43 SOS Racismo, Informe anual 2005 sobre el racismo en el Estado español, Bar-celona, Icaria Editorial, 2005.44 Il governo spagnolo reagì predisponendo un rafforzamento dei dispositivi di con-trollo e con la costruzione un Centro di permanenza temporanea per gli immigrati, il CETI. Parallelamente, dal 1995, con l’avvio del processo di Barcellona, e quindi con l’intensificarsi del partenariato euro-mediterraneo, anche il Marocco comin-ciò progressivamente ad assumere un ruolo attivo nella vicenda, attuando le prime strategie di contenimento e repressione dei flussi migratori sul proprio territorio. Con una frontiera diventata quasi impermeabile e con la repressione in Marocco, i migranti cominciarono allora ad accumularsi in prossimità dell’enclave, costretti

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4 - I minori non accompagnati in europa: minori, immigrati o rifugiati?

Isole Canarie ed in Marocco per quanto riguarda i minori di origine Sub-Sahariana.

Il numero dei minori che giunge in Spagna aumenta sen-sibilmente nel 2003. I ragazzi intraprendono il viaggio con le pateras, le imbarcazioni simbolo dell’immigrazione clandesti-na dall’Africa Sub-Sahariana verso la Spagna che attraversano lo stretto di Gibilterra per la prossimità delle coste marocchine alle isole Canarie. L’afflusso dei minori ha portato all’apertura di quattro centri di pronta accoglienza che si sono poi trasfor-mati in centri permanenti. I minori non accompagnati vivono spesso isolati in zone spopolate e lontano da trasporti pubbli-ci. Nel 2007 un rapporto di Human Rights Watch segnala la situazione critica in due centri: Arinaga, nelle Isole Canarie e La Esperanza, a Tenerife. I minori subiscono abusi, tratta-menti degradanti, senza la dovuta supervisione da parte della Direzione Generale del Minore e della Famiglia, della polizia e del Pubblico Ministero45. La reazione a questa situazione di sovraffollamento nelle Canarie da parte del Governo centra-le, fu quella sia di trasferire i giovani verso altre Comunità Autonome; sia di stabilire il rimpatrio come misura d’urgen-za contravvenendo al principio di non espulsione del minore contenuto nella Convenzione di New York. La mancanza di informazioni fornite in questi casi ai minori è una costante. I minori, non beneficiando di alcuna audizione, senza alcun permesso di soggiorno o documento valido, alla maggiore età diverranno dei futuri “clandestini”.

Quando il minore non accompagnato viene invece intercet-tato dalle autorità istituzionali sul territorio spagnolo, ne è data

a nascondersi nei pendii boscosi del monte Gurugù, che sovrasta la città dal lato marocchino. Da lì, vivendo nascosti e senza alcuna assistenza, potevano tentare più volte l’attraversamento, rimanendo però spesso confinati in questo non-luogo, in condizioni disumane, anche alcuni anni. Storie migranti, Interviste sulla frontiera. Melilla, interviste di Giacomo Orsini e Silvia Schiavon, ottobre-novembre 2008 (http://www.storiemigranti.org/spip.php?article490).45 Human Rights Wacht, World Report 2007, 2007, p. 4.

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segnalazione ai servizi di protezione dell’infanzia della Comu-nità Autonoma nella quale il minore si trova. Nel caso in cui vi siano delle incertezze sull’età, viene contattato il pubblico ministero che deve concedere l’autorizzazione per effettuare gli esami medici ai fini dell’accertamento dell’età. Dopo aver confermato che si tratta di un minorenne, il pubblico ministe-ro affida il minore ai servizi sociali, e contemporaneamente le forze dell’ordine si occupano dell’identificazione cercando anche informazioni sulla famiglia. Il parere dei servizi sociali sarà preso in considerazione nel momento in cui la prefettura dovrà decidere se rinviare il minore nel paese di origine per ricongiungersi con la famiglia o al contrario autorizzarlo a re-stare in Spagna46.

All’interno di questo apparato che volge l’attenzione al «ri-torno» dei minori, l’aspetto dell’integrazione sociale viene la-sciato alla discrezionalità dei decisori politico-amministrativi e alle abilità organizzative delle strutture di prima accoglienza, i Centro de Atencion Inmediata(CAI), o delle strutture prepo-ste all’aspetto educativo e di integrazione socio-lavorativa dei minori fino alla maggiore età. La permanenza nei CAI non do-vrebbe superare i sei mesi, anche se spesso alcuni rimangono un anno creando notevoli problematiche per i giovani prossimi ai 18 anni. Successivamente i minori vengono trasferiti in un centro di residenza, si tratta di strutture residenziali per i mino-ri alle quali è difficile accedere per la scarsità dei posti disponi-bili. Per lo più enti del terzo settore che agiscono nell’assenza di un protocollo e di pratiche comuni sia a livello nazionale, sia a livello di governo locale tra le Comunità Autonome o nell’ambito di ciascuna di queste47. La penuria di risorse per i centri e i ritardi nelle procedure legali per la regolarizzazione dei minori provocano situazioni di promiscuità e di abbando-

46 Giovannetti M., L’accoglienza incompiuta, cit.47 Portilla R. A., Serra G. A., Gonzaléz M. J.,De lo visible a lo invisible, Sevilla, Sevilla Acoge, 2007.

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no dei minori, azioni di maltrattamento denunciate da locali e immigrati.

Alcune ricerche che si sono soffermate sulla vita dei mino-ri nei centri evidenziano l’accettazione della disciplina e del-le regole, ma il senso di disorientamento che deriva dall’ap-prendere le regole di funzionamento del mercato del lavoro etnicizzato che li vede collocati in una posizione di maggiore vulnerabilità rispetto agli adulti immigrati. Allo stesso modo i percorsi di inserimento scolastico preparano a ricoprire posi-zioni subalterne nel mercato del lavoro locale sia per l’assenza di azioni di accompagnamento, sia per l’imposizione di per-corsi professionalizzanti quale è quello della Escuelas Taller48, una formazione che permette di accedere rapidamente al mer-cato del lavoro dequalicato. Frequenti anche i casi di abban-dono o di mancato inserimento scolastico, anche nella scuola dell’obbligo, per questi giovani che si trovano nella fascia di età tra i 16 e i 17 anni. Gli educatori hanno un periodo di due anni per tentare di cercare un contratto di lavoro ed evitare così l’espulsione. L’instabilità di questi processi rende la regolariz-zazione dei minori un percorso ad ostacoli che rischia di porre questi giovani, ai 18 anni, nella stessa posizione degli adulti espellibili49.

Un quadro che dovrebbe giocare un ruolo importante nell’inserimento lavorativo dei MNAE in Spagna sono i servi-zi di orientamento realizzati attraverso i Servizi autonomi per l’impiego e i programmi specifici finanziati dal Fondo Sociale Europeo. Questi programmi, gestiti dalle ONG, vengono rea-lizzati nell’ambito di convenzioni tra i centri e le imprese. In

48 Centro di formazione pratica e teorica per i giovani tra i 16 e i 25 anni finanziata dallo Stato (http://es.wikipedia.org/wiki/Escuela_taller).49 Diaz E., Castellani S., Les mineurs non accompagnés en Espagne: situation légale et insertion sociale, Universidad de Sevilla, Relazione presentata al semina-rio su Accueil et Intégration des jeunes réfugiés en Afrique (Côte D’Ivoire, Sénégal) et en Europe (Belgique, Espagne, France, Italie, Suisse): Regards croisés des cher-cheurs, HES-SO di Ginevra, 21 e 22 novembre 2011.

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questo quadro esiste una notevole disparità nelle capacità di negoziazione che produce risultati diversi dal punto di vista del raggiungimento dell’autonomia dei minori dovuti ai tassi di disoccupazione nel mercato del lavoro, ma anche nel pro-cesso di deresponsabilizzazione verso questa particolare cate-goria di giovani disoccupati.

Le fughe dai Centri quindi sono in continuo aumento, un fenomeno transnazionale che interessa i minori in Europa che non riescono ad intravedere un futuro possibile. Nel caso spe-cifico della società spagnola questa problematica rafforza gli stereotipi che criminalizzano i minori, essi stessi vittime di cir-cuiti delinquenziali, una sorta di profezia che si autorealizza50.

4.6 elaborare un Piano di azione comune sui mnA in europa: questioni aperte

Nel maggio 2010 la Commissione Europea ha adottato il Piano d’azione sui minori non accompagnati (2010-2014). Nel rapporto di metà percorso del maggio 2012, la Commissione indica questo fenomeno come una componente a lungo ter-mine delle migrazioni nell’Unione Europea che richiede una “impostazione comune” basata “sul rispetto dei diritti dei mi-nori quali definiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE e nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciul-lo (UNCRC) […] sulla solidarietà tra i paesi coinvolti, nonché su una cooperazione con le organizzazioni della società civile e con le organizzazioni internazionali”.

Il rapporto rivolge una particolare attenzione agli abusi nelle procedure di identificazione; alla debolezza delle rileva-zioni statistiche; all’assenza di un sistema di rappresentanza nel momento in cui il minore giunge sul territorio degli Stati membri; all’eterogeneità del quadro giuridico e di intervento;

50 Ibidem.

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all’individuazione di politiche e pratiche ricorrenti da rendere trasversali ai diversi Stati51.

Le differenze più importanti all’interno dei paesi europei riguardano le procedure che devono attivarsi quando il minore non accompagnato è segnalato sul territorio dello Stato, ma anche gli organi competenti, gli strumenti di identificazione, i luoghi di accoglienza, i tempi di decisione. Ciò è dovuto al fat-to che l’organo competente che si occupa di questa che viene rappresentata politicamente come una particolare “categoria” di minori, cambia da Stato a Stato e in base a quello che sarà il ministero a cui si riferisce la gestione del fenomeno saranno adottate scelte e metodi diversi52.

Anche la valutazione dell’età del minore presenta delle dif-ferenze tra gli Stati, ma con i medesimi effetti di violazione dei diritti umani. In alcuni paesi, come il Belgio, sono state intro-dotte delle prove biometriche che hanno prodotto diverse con-testazioni. I metodi utilizzati spesso non considerano i diritti del fanciullo all’ascolto e all’integrità della salute fisica. No-tevole anche il rischio di espulsione in caso di esito scorretto, dovuto alla difficoltà di accertamento, sia sulla base dell’inde-terminatezza dei criteri morfologici di accertamento dell’età, sia alle difficoltà di accertamento di una presunta maggiore età per questi minori che si trovano per lo più tra i 16 e i 18 anni. In Italia gli organi di Pubblica Sicurezza e alcuni tribunali ri-corrono all’utilizzo di criteri medico-legali e in modo partico-lare alla radiografia del polso53, diverse analisi si soffermano

51 Rapport de la Commission au Conseil et au Parlement Européen, Rapport à mi-parcours relatif à la mise en œuvre du Plan d’action pour les mineurs non accom-pagné, 28 settembre 2012 (http://eur-lex.europa.eu/Notice.do).52 Giovannetti M., L’accoglienza incompiuta, cit.53 Nel 2006 Amnesty International riporta il parere del Royal College of Radiolo-gists in Inghilterra, secondo il quale svolgere un esame radiologico su richiesta di un funzionario dell’immigrazione per determinare l’età tramite la valutazione della crescita ossea è inappropriato. Nel 1999 e nel 2002 il Royal College of Pediatrics and Child Health ha affermato l’inidoneità dell’uso di radiografie per accertare l’età dei minori e ha raccomandato ai pediatri iscritti all’ordine, di formulare giudizi

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non solo sull’attendibilità di queste procedure, ma anche, in diversi casi, sul mancato consenso del minore e dell’assenza di un legale rappresentante.

Alla luce delle nuove direttive che emergono dal Rapporto intermedio del maggio 2012 sul Piano d’azione per MNA è da rilevare l’esigenza espressa dalla Commissione di guardare a questo fenomeno in una dimensione transnazionale e non all’interno di un sistema territoriale di inclusione/esclusione. A tale proposito emerge l’attenzione della Commissione Eu-ropea ad un’azione di monitoraggio e di ricognizione statistica omogenea dei minori tra tutti gli stati. Questo tipo di statisti-ca risulta presente solo relativamente ai minori non accom-pagnati richiedenti asilo. I “non-richiedenti asilo” in Francia, Svizzera ed in Belgio, assurgono alla condizione di “migrante economico” che prevale su quella di “minore” essendo di fat-to marginalizzati nell’accesso al sistema di assistenza socio-sanitario. I modelli di accoglienza trattati in questo capitolo manifestano una posizione dualistica nei confronti dei minori, e cioè sia di protezione; sia di controllo, la seconda diretta-mente consequenziale alla prima. In effetti le migrazioni ir-regolari dei minori non solo violano la Fortezza Europa, ma mettono in discussione il sistema di protezione all’infanzia e dello stesso Stato Sociale in quanto diventano le prime vitti-me delle contraddizioni giuridiche, sociali ed economiche dei nostri sistemi54. I minori sono rappresentati come una ulteriore

sull’età del ragazzo solo in termini di “probabilità”, “possibilità” o “improbabilità”. Il Comitato delle Nazioni Unite nel 2005 consiglia per determinare l’età di tener conto non solo dell’apparenza fisica, ma anche della maturità psicologica dell’indi-viduo; inoltre raccomanda che la determinazione sia effettuata in modo scientifico, sicuro e attento ai bisogni dei minori. Il Comitato afferma che, nel caso di un’età incerta, all’individuo debba essere riconosciuto il beneficio del dubbio, e quindi il presunto minore deve essere trattato come tale (Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights,Comitédesdroits de l’enfant, Examen des rap-portspresenté par les États partie en application de l’article 44 de la Convention relative aux droits de l’enfant, 11 settembre 2007).54 Castel R., La montée des incertitudes, op. cit.

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componente di quell’invasione che mette in pericolo i diritti di cittadinanza delle democrazie occidentali, appunto per il loro diritto ad essere protetti, di avere accesso all’educazione e al lavoro come nel caso dei minorenni autoctoni.

I minori non accompagnati, infatti, non solo non rispondono agli interessi del mercato del lavoro qualificato, di quella ma-nodopera che in base alle provenienze ed entro certi parametri sostiene lo sviluppo delle economie avanzate, ma impongono un’assunzione di responsabilità sociale ed economica ai siste-mi di welfare nazionali, e soprattutto locali, appunto per la loro minore età. Al contrario gli Stati nell’ambito della propria so-vranità in materia di politica migratoria, assoggettano i diritti della persona a quelli degli interessi economici e delle strate-gie di marketing politico. All’interno di un sistema diversifica-to di “non protezione” rivolto ai minori presenti nelle società economicamente avanzate della UE, emerge un atteggiamento univoco di esclusione sociale. Le fughe dai centri, in continuo aumento, rappresentano un fenomeno transnazionale che inte-ressa i minori soli in Europa i quali non riescono ad intrave-dere un futuro possibile, divenendo le vittime più vulnerabili del mercato del lavoro segmentato e dei circuiti delinquenziali.

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5. la Calabria nel panorama italiano della migrazione dei minori soli: dalle procedure di

“riconoscimento” alla protezione*

5. 1 Premessa

In Italia il “minore straniero non accompagnato” rispetto ad un “minore” italiano, è soggetto a due disposizioni norma-tive contrapposte: quella di tutela e protezione dell’infanzia (la legge 184/83 sull’affidamento e l’adozione), la normativa sull’immigrazione (Il Testo Unico sull’Immigrazione del 98 e i suoi decreti di modifica). Questo collocarsi a metà tra l’esse-re “minore” e “immigrato”, permette la produzione di azioni di “riconoscimento” e di “tutela” estremamente diversificate all’interno delle quali il loro diritto alla protezione e all’ac-compagnamento verso l’autonomia è sempre più compromes-so dalla gestione manageriale dello Stato sociale1 e da un si-stema di governance multilivello delle politiche in materia di migrazioni.

Il saggio, rivolgendo una particolare attenzione alla Cala-bria, intende evidenziare questi processi attraverso un’analisi del sistema di accoglienza rivolto ai ragazzi che emigrano da soli nell’attuale periodo del “post-emergenza”. In un momento quindi in cui, dal febbraio 2013, con la chiusura dell’Emergen-za dal Nord Africa (ENA), (c.d. “Exit Strategy”), gli arrivi dei minori lungo le coste calabre rientrano nelle competenze eco-

* La stesura del quinto capitolo è da attribuire ad Anna Elia. 1 Castel R., La montée des incertitudes. Travail, protections, statut de l’individu, Paris, Éditions du Seuil, La couleur des idées, 2009.

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nomiche delle amministrazioni comunali. Una nuova emer-genza, dovuta alle difficoltà della loro presa in carico da parte dei comuni di arrivo, in particolare nel sud Italia, che ottiene una vasta risonanza mediatica e anima il dibattito politico.

Il flusso dei minori non accompagnati in Calabria si di-stingue per il numero di ragazzi “irreperibili” (in fuga dalle comunità residenziali o subito dopo la prima identificazione), superiore a quello di altre regioni (Sicilia, Puglia, Lombardia) sebbene queste presentino un maggior numero di minori “se-gnalati” sul territorio2. Emergono quindi interrogativi in meri-to alla condizione attuale e al futuro dei minori non accompa-gnati che transitano nella regione e quali siano le difficoltà di azione degli attori locali.

Il saggio intende maturare degli spazi di riflessione riferen-dosi ai primi risultati di una ricerca sui minori non accompa-gnati in Calabria tuttora in corso3. In particolare l’obiettivo è quello di ricostruire l’agire degli attori istituzionali e sociali lo-cali nel passaggio al “post-emergenza” riguardo l’assunzione di funzioni e di responsabilità nella presa in carico dei minori non accompagnati in un quadro di de-regolazione istituzionale.

Il testo si suddivide in tre parti. La prima prevede un raf-fronto tra la posizione del “minore non accompagnato” con

2 Per un’analisi socio-statistica sulla presenza dei minori non accompagnati in Calabria cfr. il saggio di Santangelo C. e Signorelli I., Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali, presente in questo volume.3 La ricerca ha adottato un approccio metodologico quali-quantitativo. La parte qualitativa prevede la raccolta di testimonianze da operatori del diritto nel loro du-plice ruolo di tutori e di esperti della materia; assistenti sociali e mediatori; giudici tutelari; minori non accompagnati e minori divenuti maggiorenni residenti in Cala-bria. L’analisi quantitativa ha previsto la somministrazione di un questionario con la metodologia C.A.W.I. (Computer Assisted Web Interviewing) ai responsabili di comunità alloggio; centri di seconda accoglienza; ex-Strutture di Accoglienza Tem-poranea per MNA. La somministrazione viene realizzata dal laboratorio C.A.T.I. “G. Colasanti” dell’Università della Calabria, afferente al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali. La somministrazione e l’elaborazione dei questionari è a cura di Antonio Avolio, responsabile del Laboratorio CATI del DiSPeS dell’Unical.

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quella del “minore italiano in stato di abbandono” nell’accesso al sistema di tutela e di protezione soffermandosi sulle criticità del processo di identificazione che definisce la chance di vita del minore solo nei luoghi di destinazione; le competenze del-le istituzioni locali e ministeriali; la posizione degli attori che agiscono a livello locale (tribunale dei minori, questure, servi-zi sociali, comunità residenziali). Il secondo paragrafo volge l’attenzione ai mutamenti che hanno interessato il sistema di presa in carico del minore dall’ENA al post-emergenza con particolare riferimento alla Calabria. Oggetto del paragrafo conclusivo è una riflessione sugli input a nuove forme di go-vernance della migrazione dei minori non accompagnati alla luce delle recenti strategie programmatiche promosse dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di In-tegrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

5.2 Il quadro giuridico: da minore a immigrato

5.2.1 dall’identificazione alla presa in carico

La condizione di minore non accompagnato in Italia vie-ne riportata nel DPCM 535/99 Art. 1, comma 2 che definisce «[…] “minore straniero non accompagnato presente nel ter-ritorio dello Stato” […]il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsa-bili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano».

Questa definizione, a differenza di quella fornita dal Consi-glio dell’Unione Europea, non comprende i MNA Richiedenti Asilo, mentre colloca nella generale condizione vulnerabile di “non accompagnati” coloro che, pur giungendo da soli sul territorio italiano, potrebbero ritrovare degli adulti per loro re-sponsabili ai quali essere affidati.

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La competenza in materia di MNA RA viene assegnata alla Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo e tramite di essa alle Commissioni Territoriali. Una particolarità italiana, come precisa il rapporto della European Migration Network del 20094, che sancisce due distinti sistemi di competenze mi-nisteriali e di presa in carico:

– il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Di-rezione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione per i Minori Non Accompagnati;

– il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione - Direzione Centrale dei Servizi Civili per l’Immigrazione e l’Asilo per i MNA r

Lo status giuridico che il minore si troverà a rivestire nel passaggio alla maggiore età, di “immigrato” o di “avente pro-tezione internazionale”, influisce quindi anche sulla sua con-dizione di minorenne in “situazione di abbandono”, quindi sul diritto di accedere, in una condizione di parità con i minorenni italiani, al sistema di protezione all’infanzia.

La normativa che regola i diritti dei minori non accompa-gnati, si trova in effetti al confine fra due legislazioni che agi-scono spesso in antitesi:

– la normativa nazionale di tutela e di protezione dell’in-fanzia: la legge 184/83 sull’affidamento e l’adozione;

– la legislazione in materia di immigrazione: art. 32 Testo Unico sull’Immigrazione del 98 e i suoi decreti di modi-fica (art. 25 della legge Bossi-Fini del 2002; la legge 94 del 2009; la legge 129 del 2011).

Nel primo caso la legge dispone che il minore straniero non accompagnato, come il minore italiano in stato di abbandono, dovrà essere segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni secondo quanto riporta la Legge

4 European Migration Network- Work Programme 2009 (http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/networks/european_migration_network/docs/em-nwp2009_en.pdf).

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184/1983, così come modificata ai sensi della legge 149 del 2001:

«Chiunque ha facoltà di segnalare all’autorità pubblica si-tuazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al Procura-tore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio» (art. 9, comma 1).

Nel caso dei minori non accompagnati l’identificazione di-venta un passaggio fondamentale che consente loro di diveni-re visibili alle autorità locali. L’identità è accertata dalle forze dell’ordine, “ove necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico-consolari del paese di origine del minore. Non deve essere richiesto l’intervento della rappre-sentanza diplomatico-consolare se il minore ha presentato do-manda di asilo.” (D.P.C.M. 535/99, art. 5, c. 3).

I minori non accompagnati, rispetto ai minori italiani, nel momento della loro presa in carico si distinguono per un al-tro aspetto. Si tratta della presenza di un organo ministeriale – la Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Poli-tiche Sociali (ex. Comitato Minori Stranieri, come da Legge 135/20125) – preposto appositamente al monitoraggio delle loro presenze; alla verifica della situazione familiare; alla de-

5 La Legge 7 agosto 2012, n. 135 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante diposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”, all’art. 12 “Soppressione di Enti e società”, comma 20, ha previsto la soppressione degli “organismi collegiali” operanti presso le pubbliche amministrazioni, in regime di proroga (…) ed ha sta-bilito il trasferimento delle attività svolte dagli organismi stessi ai competenti uffici delle amministrazioni nell’ambito delle quali operano. In applicazione della legge, il CMS è stato soppresso (quale organo collegiale), e le sue funzioni sono state tra-sferite alla Dir. Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso lo stesso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

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cisione in merito alla loro permanenza in Italia e al contatto con le amministrazioni locali coinvolte.

I minori non accompagnati, nel momento in cui viene ri-conosciuta la loro presenza, devono essere segnalati alla Di-rezione Generale (ex Comitato Minori Stranieri). “I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, in parti-colare che svolgono attività sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell’ingresso o della presen-za sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non ac-compagnato, sono tenuti a darne immediata notizia al Comi-tato, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza”(D.P.C.M. n. 535/99 – Art. 5 comma 1).

La segnalazione alla Direzione Generale coinvolge quindi gli attori locali nel momento in cui intercettano il minore, ma gli interlocutori privilegiati dell’ente ministeriale sono i ser-vizi sociali del Comune che prendono in carico il ragazzo e inoltrano le procedure di “regolarizzazione” che lo riguardano nel momento in cui questi diventa maggiorenne.

L’identificazione svela la particolare condizione di vulne-rabilità del minore solo, il quale, nel dubbio sulla minore età, secondo quanto riporta l’art. 6, c. 4 del TU, può “essere sot-toposto a rilievi segnaletici”. Una vasta letteratura e un vario materiale documentativo si soffermano sugli ampi margini di errore delle procedure di accertamento mediche effettuate sul-la base della radiografia ossea e sulla violazione dei diritti che ne consegue. L’utilizzo di questo strumento avviene in diversi casi in assenza del consenso del minore; in mancanza di un adulto in grado di rappresentarlo; nella violazione del diritto all’integrità fisica; nell’inosservanza del diritto di non-refou-lement nel dubbio sulla minore età6.

6 Giovannetti M., L’accoglienza incompiuta. Le politiche dei comuni italiani verso un sistema di protezione nazionale per i minori stranieri non accompagnati, Bo-logna, Studi e ricerche ANCI, il Mulino, 2008; Campani G., Lapov Z., Carchedi F., Le esperienze ignorate. Giovani migranti tra accoglienza, indifferenza, ostilità, Milano, Franco Angeli, 2002.

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Nel 2007 il Rapporto della Commissione per le verifiche e le strategie dei Centri per gli immigrati, soffermandosi sulla realtà dei Centri di Prima Accoglienza (CPA), riportava un alto nume-ro di minori non accompagnati (1554 cita il Rapporto7) soggetto alla radiografia del polso sinistro direttamente al poliambulato-rio di Lampedusa, mentre non erano disponibili dati sui minori risultati eventualmente maggiorenni a seguito di perizia.

Un parere del Consiglio Superiore della Sanità risalente al febbraio 2009, ha proposto l’applicazione di un “protocollo multidisciplinare per l’accertamento dell’età dei minori non accompagnati”, basato non solo sulle radiografie e su misure antropomediche, ma anche su interviste condotte con l’aiuto di mediatori culturali. A tal proposito, il Comitato Minori Stra-nieri che ha tra i compiti quello di verificare lo status del mi-nore non accompagnato(art. 2 del DPCM 535/99)riporta nelle Linee Guida: “comunque, trattandosi di minore, nel caso vi siano dubbi circa l’effettiva cittadinanza e l’età biologica, i metodi utilizzati per tale verifica devono rispettare la salute e dignità del minore, ed in caso di persistenza dell’incertezza, va garantito il beneficio del dubbio” (Comitato per i Minori Stra-nieri, Linee Guida, 2003). Precisa inoltre il Protocollo Ascone del 2009 che “l’accertamento dell’età deve essere considera-to come un processo che non conduce mai a risultati esatti né univoci ed è pertanto necessario che il margine di errore venga sempre indicato nel certificato medico. La minore età deve essere sempre presunta qualora, anche dopo la perizia di accertamento, permangano dubbi circa l’età del minore8”.

La segnalazione del minore alle autorità locali, e quindi l’e-mersione da una condizione di invisibilità e di vulnerabilità, presenta ulteriori incognite dovute:

7 De Mistura S., Rapporto della Commissione per le verifiche e le strategie dei Centri, 2007 (http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/).8 Protocollo su “Determinazione dell’età nei Minori Non Accompagnati”emesso nel giugno 2009 dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.

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– alle traiettorie migratorie dei minori soli che li conduco-no verso i paesi del centro-nord Europa con un sistema di welfare più avanzato. Un fenomeno dovuto sia all’e-stensione delle reti familiari transnazionali9, sia ai circu-iti criminali che regolano i flussi migratori dei minori10;

– alla difficoltà del minore non accompagnato nel dichia-rare la propria nazionalità in virtù di eventuali limiti/op-portunità legati alla propria provenienza11;

– all’assenza di un sistema strutturato di informazione e di assistenza nelle zone di “frontiera” che informi i minori sui loro diritti e ne verifichi la condizione di richiedente asilo12.

Alla luce di questi aspetti è da segnalare il fenomeno dei minori in transito, in fuga dai centri di pronta accoglienza siti alle porte d’Europa. Si tratta di minori che non hanno anco-ra ultimato le procedure di identificazione o che sfuggono alla protezione delle autorità nazionali. Uno studio che l’Al-to Commissariato delle Nazioni Unite ha avviato in dei punti di informazione e di supporto predisposti in Grecia, Spagna e Italia evidenzia che, nonostante la mancanza di informazioni tempestive e accurate sia una delle cause della prosecuzione del viaggio dei minori non accompagnati, senza usufruire della

9 Ambrosini M., Un’altra globalizzazione. La sfida delle migrazioni transnaziona-li, Collana “Saggi”, Il Mulino, 2008.10 Miazzi L.,“Minori non accompagnati nella legge 189/2002: un passo avanti e mezzo indietro sulla strada dell’integrazione”, in Diritto, immigrazione e cittadi-nanza, 2002, 3, p. 68.11 Ricucci R., I minori stranieri: lo specchio dell’ambivalenza italiana, in Caritas Migrantes Dossier Statistico immigrazione 2011, 21 Rapporto, Ed. Idos, Roma, pp. 166-173.12 Elia A., Les enfants derrière les barbelés de l’Europe, in « LES POLITIQUES SOCIALES», vol. 3 & 4, 2011, pp. 118-129 ; UNHCR, France Terre d’Asile, Save the Children and PRAKSIS, Protecting children on the move. Addressing protec-tion needs through reception, counselling and referral and enhancing cooperation in Greece, Italy and France (http://www.unhcr.it/cms/attach/editor/PDF/Protect-ing%20children%20on%20the%20move%202012.pdf).

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protezione offerta dai Paesi di transito, solo un ristretto gruppo di minori (37), tra tutti coloro che hanno ricevuto l’informativa hanno poi accettato di avvalersi della tutela offerta dalle auto-rità nazionali nei tre Paesi partner del progetto13. Altre ricerche condotte sulla costa siciliana rivelano quanto sia minima la percentuale di minori intercettati che intenda essere inserita nei servizi di protezione sociale14. Un risultato che evidenzia un deficit strutturale della prima accoglienza rivolta ai minori, ma anche le forme di resistenza ai confini che si determinano nelle migrazioni transnazionali sulla base di circuiti familiari, e spesso criminali, che indirizzano i minori verso destinazioni specifiche.

Per contrastare il fenomeno della scomparsa dei minori soli nel 2008 viene sancita una collaborazione tra Save the Children ed il Ministero dell’Interno nel quadro del proget-to Paesidium15che vede i rappresentanti dell’organizzazione umanitaria impegnati in un’azione annuale di monitoraggio e di informazione rivolta ai minori non accompagnati nel mo-mento in cui questi arrivano nelle regioni del sud Italia o nei centri di Pronta Accoglienza della Sicilia16. Il fenomeno della scomparsa dei minori non accompagnati trova però un signifi-

13 UNHCR, Protecting children on the move, cit., p. 47. 14 Campani G.,Lapov Z.,Carchedi F.,cit.15 Il progetto Praesidium mira al rafforzamento delle capacità di accoglienza e dei servizi per coloro che arrivano a Lampedusa e in altre località del sud Italia. Il progetto è stato avviato nel 2005 dal Ministero dell’Interno, ed in partenariato con l’UNHCR dal 2006, dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), la Croce Rossa Italiana (CRI) e, dal 2008, con Save the Children Italia. La prima edizione del progetto riguardava solo Lampedusa. Le successive edizioni sono state progressivamente estese alla Calabria, alla Sicilia, alla Puglia, alla Sardegna, alle Marche e alla Campania. (http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/immigrazione/00911_2010_04_01_Praesidium_).16 Save the children, L’accoglienza dei minori in arrivo via mare,Progetto Praesi-dium, Aprile 2010; Save the children, L’accoglienza dei minori in arrivo via mare - Rapporto di monitoraggio delle comunità alloggio per minori in Sicilia, Puglia e Calabria, Progetto PraesidiumVII, dicembre 2012.

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cativo aumento nell’Emergenza Nord Africa17. Sono numerosi i minori segnalati alle autorità locali che si rendono «irreperi-bili» prima ancora di avere completato le procedure di identifi-cazione. Secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al 30 settembre 2011, il 23 per cento (1.641) dei minori non accompagnati presenti presso gli Enti locali, ma non ancora identificati (4.453 in tutto), figurava come ir-reperibile.

Riguardo il trattamento del minore intercettato sul territorio italiano il Testo Unico (D.lgs n. 286 del 25 luglio 1998) preve-de il divieto di espulsione tranne che per motivi di ordine pub-blico e sicurezza nazionale. L’art 31, intitolato “Disposizioni a favore dei minori”, al 4 comma prevede che: “L’espulsione del minore debba essere disposta solo quando il provvedimento è adottato su richiesta del Questore, dal Tribunale per i Mino-renni”. Nel 1991 l’Italia ha, in effetti, ratificato la Convenzio-ne ONU sui diritti dell’infanzia (legge n. 176 del 27 maggio 1991). Nel corso del tempo sono però state create delle nuove disposizioni che hanno modificato il carattere dell’inespelli-bilità come quelle introdotte dall’art.33 T.U. e dall’art.5 del d.lgs. n.113 del 1999 con cui si prevede, tramite un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o di un Ministro da lui delegato, di delineare tra i diversi compiti del Comitato minori stranieri il parere in merito al rimpatrio assistito.

Per “rimpatrio assistito” si intende “l’insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l’assi-stenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri fami-liari o al riaffidamento alle autorità responsabili del Paese d’origine, in conformità alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell’autorità giudiziaria ed al presen-te regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all’unità familiare del minore e ad adottare

17 Vassallo Paleologo F., Minori stranieri non accompagnati ancora in stato di abbandono, 2011 (www.meltingpot.org.).

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le conseguenti misure di protezione.” (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 dicembre 1999, n. 535, - Regola-mento concernente i compiti del Comitato per i minori stranie-ri Art. 1 c. 4)

Nonostante il rimpatrio presupponga il consenso del minore in conformità alle convenzioni internazionali, una disciplina ad hoc rende nei fatti “il diritto all’unità familiare” un alibi per attribuire instabilità al suo status giuridico. Il tema del rimpa-trio, alla luce di diverse analisi condotte da operatori del diritto e studiosi del servizio sociale, presenta in effetti alcuni nodi critici, che vanno dai tempi lunghi per la conduzione delle in-dagini familiari, alla mancanza di chiarezza e trasparenza ri-spetto ai criteri adottati per la valutazione, sino all’assenza di comunicazione degli esiti delle indagini ai servizi sociali18.

Occorre precisare che le procedure di rimpatrio sono dive-nute nel corso degli anni sempre più rare ed inefficaci sia nei processi di reintegrazione sociale nei luoghi di origine dei mi-nori non accompagnati, sia nella valutazione della volontà del minore di ritornare nel paese di origine. Il “non luogo a pro-cedere al rimpatrio” per i minori stranieri non accompagnati, mantiene comunque un carattere vincolante ai fini dell’otteni-mento del permesso di soggiorno. Un parere che è impugna-bile dall’autorità giudiziaria locale19, ma che obbliga i servizi sociali e le strutture del privato sociale ad un confronto con la Direzione Generale che, come l’ex-Comitato, assume una fun-zione di coordinamento e di vigilianza sugli attori istituzionali e sociali che agiscono a livello locale.

18 Giovannetti M., L’accoglienza incompiuta, op. cit.; Campani G., Lapov Z., Car-chedi F. (a cura di), cit.19 Tarzia G., La condizione giuridica del minore straniero non accompagnato in Italia, in Candia G., Carchedi F., Giannotta F., Tarzia G. (a cura di), Minori erranti. L’accoglienza ed i percorsi di protezione, Ediesse Edizioni, 2009.

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5.2.2 dalla protezione al permesso di soggiorno

Una volta accertata la minore età, il percorso di tutela dei minori non accompagnati si svolge in regime di parità norma-tiva con i minori italiani in stato di abbandono e/o privi di tu-tela. Quindi al MNA secondo le disposizioni previste dall’or-dinamento italiano si garantisce:

– il collocamento in luogo sicuro; – l’affidamento a una famiglia o a una comunità;– l’apertura della tutela.Il Comune è responsabile del collocamento in luogo sicu-

ro del minore (Codice Civile Art. 403) sia dal punto di vista della programmazione, sia della gestione economica dell’im-pegno. Nel primo caso il Comune, dopo un periodo di pron-ta accoglienza che non deve superare i 90 giorni (ex art. 403 C.C), cura l’inserimento dei minori presso strutture comuni-tarie di tipo familiare (Art. 6, comma 1 e 2 L. 328 del 2000). Accade di frequente che le stesse forze dell’ordine affidano il minore ai servizi sociali o direttamente alla comunità di pronta accoglienza: strutture del privato sociale attivabili su richiesta dei servizi sociali o dell’autorità giudiziaria; strutture di emer-genza (posti di pronta accoglienza presso comunità ad hoc o strutture residenziali).

Riguardo l’affidamento a una famiglia o a una comunità, la legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 prevede che il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, e’ affidato ad una fa-miglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona sin-gola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. Ove non sia possibile l’affidamento in questi termini è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato.

L’affidamento del minore non accompagnato coinvolge soprattutto una comunità di tipo familiare i cui legali rappre-

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sentanti esercitano i poteri tutelari: «I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri tutelari sul minore af-fidato […] fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l’esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito.» (…) «Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall’accoglienza del mi-nore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati a tale incarico» (Legge 184 del 1983, modificata dalla Legge 149 del 2001, all’art. 3, commi 1 e 2). Di frequente i minori vengono inseriti in strutture di seconda accoglienza nelle quali possono rimanere sino al raggiungimento della maggiore età, solitamente strutture per minori di tipo educativo e familiare gestite dal privato sociale convenzionate con l’ente locale.

Nel caso di minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, come nel caso dei minori non accompagnati, si può procedere con l’affidamento “giudiziale”, se disposto dal Tribunale per i Minorenni, o “amministrativo-consensua-le”, se disposto dai servizi sociali e reso esecutivo dal Giudice Tutelare (L. 184/1983, artt. 2 e segg.).

Il Comune dovrà segnalare al Giudice Tutelare il mino-re preso in carico, ai fini dell’apertura della tutela ai sensi dell’art.343 e 346 del Codice Civile: «Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso il tribunale del circonda-rio dove è la sede principale degli affari e interessi del mi-nore». (…)«Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l’apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore».

Le disposizioni del Codice Civile indicano che la scelta del tutore debba orientarsi tra queste diverse possibilità, indicate in ordine di priorità:

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– persona designata dal genitore;– ascendente o altro parente prossimo o affine del minore;– persona idonea (definita dal codice di ineccepibile con-

dotta).Nel caso del minore non accompagnato la persona idonea

viene generalmente individuata tra:– Privati cittadini;– Sindaco o suo delegato;– Soggetti iscritti agli Albi e/o Associazioni dei Tutori che

hanno seguito un corso specifico di formazione.Il tutore ha il compito di curare la persona del minore e rap-

presentarlo negli atti civili; inoltre dovrebbe rappresentare una figura di supporto e accompagnamento nell’accedere ai servizi e nella valutazione dei progetti educativi che lo riguardano. La nomina del tutore deve avvenire nel più breve tempo possibi-le in quanto da questo dipende il processo di riconoscimento sociale e giuridico del minore non accompagnato: l’avvio del processo di regolarizzazione o dell’esamina della richiesta di protezione internazionale. Le analisi dell’ANCI (Associazio-ne Nazionale Comuni Italiani) in merito alle politiche locali di accoglienza rivolte ai minori non accompagnati, segnala-no tempi di assegnazione del tutore estremamente variabili da contesto a contesto, della durata anche di mesi, dovuti sia alla difficoltà di ritrovare un tutore di riferimento, sia al sovracca-rico di lavoro per i giudici tutelari che rappresentano questi minori dai bisogni “speciali”20.

Al momento della segnalazione sul territorio, su richiesta dei servizi sociali del Comune che ha preso in carico il minore, la Questura procede al rilascio di un permesso di soggiorno per minore età (D.P.R. n. 394/1999, art. 28) che è valido fino al parere della Direzione Generale in merito al rimpatrio assi-stito e fino a quando il Comune non indicherà al Tribunale per

20 Giovannetti M., L’accoglienza incompiuta, cit.; ANCI, IV° Rapporto Anci Citta-lia, I minori stranieri non accompagnati in Italia, 2011.

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i minori la possibilità di affidare il minore non accompagnato (Legge n.184 del 1983).

Il permesso per minore età non permette in modo automa-tico il rilascio di un altro permesso di soggiorno al compimen-to del diciottesimo anno che consenta passaggi “necessari”, – come l’autonomia personale e l’emancipazione dai servizi territoriali, – proiettando quindi il minore non accompagnato dalla dimensione di minore da tutelare a quella di immigrato passibile di espulsione nell’assenza di un titolo di soggiorno.

Il comma 1 bis dell’art. 32 del TU introdotto dalla L. n. 189del 2002(c.d. Bossi-Fini) prevede che: “Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stra-nieri di cui all’art.33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto d’integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazio-nale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art.52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.394”.

La normativa introdotta con la Bossi-Fini prevedeva per-tanto la conversione del permesso di soggiorno per minore età ai 18 anni in caso di:

– provvedimento di affidamento;– parere del Comitato per minori stranieri in merito al non

luogo a procedere al rimpatrio;– permanenza in Italia da almeno 3 anni e partecipazione a

progetti di integrazione da almeno 2 anni.L’ex-Comitato minori stranieri (ora Direzione Generale),

si è assunto il compito di valutare la validità del progetto di integrazione documentato dall’ente gestore, quindi dai servizi sociali del Comune.

La Circolare del Ministero dell’Interno del 28 marzo

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2008, equiparando la tutela e l’affidamento quali requisiti per l’ottenimento del permesso di soggiorno al compimento dei 18 anni, ha posto fine all’interpretazione restrittiva della normativa. Il legislatore è però tornato sulla questione con le modifiche normative introdotte dalla legge n. 94 del 2009 co-nosciuta anche con il nome di “Pacchetto Sicurezza”, a seguito della quale il rilascio del permesso di soggiorno al compimen-to della maggiore età è reso possibile solo a condizione che sussistano contemporaneamente (e non più alternativamente) i requisiti previsti dalla legge n. 189/2002.

La legge del 2 agosto del 2011 n. 129 ristabilisce il prin-cipio dell’art. 32 del TU. secondo cui tutti i minori che non possono dimostrare di essere in Italia da un periodo di alme-no tre anni e di avere partecipato a un progetto d’integrazione per almeno due anni, possono comunque ottenere un permesso al raggiungimento della maggiore età, a condizione che siano stati affidati o sottoposti a tutela e che abbiano ricevuto dalla Direzione Generale un parere positivo.

Il quadro giuridico sin qui delineato ha prodotto dei pro-blemi interpretativi ed attuativi da parte di istituzioni locali ed enti del privato sociale coinvolti nell’esperienza dell’acco-glienza ai minori non accompagnati. Alcune analisi21 hanno evidenziato la non sostenibilità del lavoro sociale che non rie-sce a ricoprire di signficato l’attesa del minore nelle comunità di residenza, nell’assenza di “risposte” dell’allora Comitato; i rallentamenti nei processi di regolarizzazione legati ai tempi di attribuzione della tutela che si aggiungono a difficoltà di con-certazione tra gli attori che agiscono a livello locale (giudici

21 Bichi R. (a cura di), Separated children. I minori stranieri non accompagnati, F. Angeli, 2008; Campani G., Lapov Z., Carchedi F. (a cura di), op. cit.; Campani, G., Salimbeni O. (a cura di), La fortezza e i ragazzini, Franco Angeli, Milano, 2006; Candia G., Carchedi F., Giannotta F., Tarzia G. (a cura di), Minori erranti, op. cit.; Giovannetti M., Minori stranieri non accompagnati. Secondo rapporto Anci 2007, Dipartimento immigrazione Anci (http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/Secondo%20Rapporto.pdf).

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tutelari, questure, servizi sociali). Si potrebbe quindi interpre-rare che l’attesa del parere da parte della Direzione Generale, diventi quasi una ulteriore valutazione sul percorso di accom-pagnamento finalizzato a consentire al giovane di acquisire, al diciottesimo anno, un permesso di soggiorno che consenta di lavorare – previo assolvimento dell’obbligo scolastico – o di studiare. Una sorta di “diritto speciale”22rivolto al minore solo al centro di un sistema di controllo plurilivello.

Un altro ambito di riflessione deriva dal diverso atteggia-mento assunto dalla Direzione Generale che esprime il parere offrendo un riscontro più celere e costante alle richieste inviate dai Servizi sociali che hanno in carico il minore non accom-pagnato. Questo ulteriore aspetto, pur potendo allegerire l’im-pianto normativo che regola i processi di regolarizzazione del minore non accompagnato, richiama i Comuni alle “respon-sabilità” nel definire percorsi di tutela, ma anche di accompa-gnamento, dai quali dipende il futuro dei ragazzi soli in Italia.

5.3 l’accoglienza ai mnA dall’enA al post-emergenza con particolare riferimento alla Calabria

In questo paragrafo si intende volgere l’attenzione ai mu-tamenti che hanno interessato il sistema di presa in carico del minore nella fase dell’Emergenza dal Nord Africa. In Calabria si assiste, nei due anni dell’emergenza, alla rapida crescita della presenza dei minori non accompagnati nella regione. Il numero dei minori “segnalati” dal 2010 al 2011 aumenta però assieme a quello dei minori non accompagnati resisi “irreperibili”: i ra-

22 Miazzi L., “Il rimpatrio assistito del minore straniero: ancora un caso di dirit-to speciale?”, in Diritto, immigrazione, cittadinanza, n. 2, 2000, pp. 34-49; Turri G.C., “I bambini stranieri non accompagnati”, in Minorigiustizia, n. 3, 1999, pp. 10-22; Bonetti P., “Anomalie costituzionali delle deleghe legislative e dei decreti legislativi previsti dalla legge sull’immigrazione straniera”, in Diritto, immigrazio-ne, cittadinanza, n. 3, 1999, pp. 52-83.

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gazzi che sono fuggiti senza avere completato la loro “identi-ficazione” e di quelli che sono scivolati nell’invisibilità subito dopo la loro presa in carico da parte dei servizi sociali dei co-muni. Un’indagine dell’ANCI riporta che la Calabria nel 2010 fa registrare valori molti elevati di irreperibilità dei minori non accompagnati: a fronte dei 64 minori accolti in pronta acco-glienza, ne risultano irreperibili 48 (pari al 75%), in rapporto ad una media italiana pari al 31,3%. Ma il tasso di irreperibilità – cita l’indagine – interessa anche la fase della seconda acco-glienza: dei 16 minori accolti, 6 si sono resi irreperibili (37,5% contro una media nazionale dell’8%)23. I dati riferiti agli an-ni 2011 e 2012 riportati nel saggio di Santangelo e Signorelli (2014) presente in questo volume24, disegnano uno scenario di forte vulnerabilità per i minori soli. I dati di flusso forniti dalla Direzione Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali riportano al 30 settembre del 2011 che su 525 minori segnalati in Calabria, 160 risultano irreperibili, collocando la regione al sesto posto in Italia come presenze, ma al terzo per irreperibilità dei minori. Al 31 dicembre 2013 su 436 minori segnalati, più della metà (282) figurano come irreperibili. La Calabria al 31 dicembre 2013 è la seconda regione interessata da questo fenomeno al pari della Puglia che però presenta 559 minori.

Un decreto ministeriale del febbraio 2011, nell’intento di ovviare al fenomeno delle fughe dei minori nella fase dell’i-dentificazione, istituiva le «strutture ponte»: Strutture di Acco-glienza Temporanea (SAT) che avrebbero dovuto farsi carico della prima accoglienza dei minori nell’attesa di essere inseriti in comunità residenziali o in strutture di seconda accoglienza. L’OPC n.3948 del 20 giugno 2011, prevedeva che il Ministero

23 Anci, I minori stranieri non accompagnati in Italia, Cittaitalia, Roma, 2012.24 Cfr. il saggio di Signorelli I. e Santangelo C., Il profilo dei minori non accompa-gnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali, presente in questo volume.

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del Lavoro e delle Politiche Sociali dovesse occuparsi dell’in-dividuazione dei siti e dell’organizzazione delle strutture «per accogliere in modo temporaneo i minori», d’intesa con i Co-muni e le Regioni. Dal mese di luglio fino alla fine di settem-bre 2011, sono state individuate 24 SAT. Il trasferimento da Lampedusa alle SAT è avvenuto dopo che i minori vi hanno trascorso tra i 10 e i 20 giorni, ma tanti sono anche quelli che vi sono rimasti tra i 20 e i 30 giorni o tra i 40 ed i 5025 L’im-pianto dell’accoglienza temporanea, esonera i comuni dalle re-sponsabilità economiche nella presa in carico dei ragazzi soli. Nello stesso tempo non vengono rifinanziate forme di gover-nance nazionale e locale del fenomeno quali quelle maturate nel quadro del Programma nazionale di protezione per i mi-nori stranieri non accompagnati. Il Programma esprimeva un sistema di corresponsabilità tra governo centrale (Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ed il Comi-tato minori stranieri), i comuni rappresentati dall’Associazio-ne Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) e il Ministero della Solidarietà Sociale. Il Programma sorto e finanziato nel 2008 attraverso il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, ha permesso di avviare una serie di sperimentazioni in 32 comuni riguardo pratiche di pronta accoglienza e procedure di affida-mento familiare. In Calabria nel 2010 nasce la “Casa di Alì”, come progetto sperimentale nell’ambito del Programma26.

Il sistema di accoglienza temporaneo rivolto ai minori non accompagnati ripete l’assetto del sistema di accoglienza «pa-rallelo» strutturato nell’ENA per gli adulti richiedenti asilo. Le azioni maturate esulano da professionalità acquisite; da forme di concertazione tra terzo settore e comuni; dalla prospettiva

25 Save the Children, L’Accoglienza temporanea dei minori stranieri non accom-pagnati arrivati via mare a Lampedusa nel contesto dell’emergenza umanitaria Nord Africa, ottobre 2011 (https://www.savethechildren.it/IT/Tool/Pubblicazioni/Related?id_object=157&id_category=16).26 Anci, op. cit.,

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di (ri)conquista dell’autonomia dei beneficiari27. Roberta di Capua, Direttrice del Servizio Centrale dello SPRAR, espo-nendo i risultati di un’azione di monitoraggio sui centri istituiti nell’ambito dell’ENA, dichiara: «Il monitoraggio è stato fatto a campione da un team di cui faceva parte un rappresentante della Protezione Civile, uno dello Sprar e uno degli enti di tutela (Save the Children, Oim, Unhcr). Quello che è emerso è che il quadro è molto disomogeneo. Si va da situazioni otti-me con standard alti, che hanno seguito le linee dello Sprar e si trovano in Toscana, Emilia Romagna e Umbria. E regioni in cui lo standard è bassissimo poiché l’accoglienza è stata organizzata in alberghi, dove sono stati accolti centinaia di migranti, a cui inizialmente non veniva fornito alcun servi-zio di accoglienza e integrazione. E poi ci sono situazioni in-termedie. Questa disomogeneità comporta delle diversissime condizioni d’uscita per i migranti28».

Il sistema dell’emergenza umanitaria, nel caso specifico dei minori non accompagnati, è stato gestito dal Capo del Diparti-mento della Protezione Civile con decreto del 18 maggio 2011, quale Soggetto Attuatore con il compito di provvedere all’ac-coglienza nei confronti dei minori.

Save the Children in un rapporto del 2013 ha evidenzia-to l’inadeguatezza delle condizioni di accoglienza dei minori nelle SAT: prassi estremamente diversificate rispetto agli stan-dard minimi da offrire a tutela del minore29. In particolare per la Calabria sono state messe in rilievo condizioni di isolamen-to abitativo; attività minime di alfabetizzazione; permanenze prolungate rispetto a quelli che erano inizialmente gli obiettivi

27 SPRAR, I numeri dell’accoglienza, Compendio statistico del Sistema di prote-zione per richiedenti asilo e rifugiati, SPRAR, Anno 2012, Servizio centrale, p. 17.28 Citato in Vassallo Paleologo F., Diritti sotto sequestro. Oltre lo stato di diritto dall’emergenza umanitaria all’emergenza democratica (http://www.meltingpot.org/Diritti-sotto-sequestro-Oltre-lo-stato-di-diritto-dall.html).29 Save the Children, L’accoglienza temporanea dei minori stranieri non accom-pagnati, cit.

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di trasferimento in altre strutture; lunghi tempi di attesa per l’apertura della tutela e dell’audizione presso la Commissione territoriale. Significativo anche il fenomeno dei “falsi minori” presenti nei centri, documentato da Save the Children nel rap-porto già citato30, che ha visto azioni improprie di concentra-zione dei minori dovute ai meccanismi clientelari che hanno accompagnato la gestione dei fondi dell’ENA: una somma a minore (86 euro) più che doppia rispetto a quella destinata ad ogni beneficiario dei progetti territoriali dello SPRAR.

“Il collocamento nel luogo sicuro nel minore”, quindi nelle SAT, avveniva all’interno di un accordo tra la struttura e la Pro-tezione Civile. Erano varie le tipologie di strutture coinvolte in Calabria: case famiglia; gruppi appartamento; strutture gestite dalla Croce Rossa e da altre cooperative sociali. Un panorama estremamente variegato rispetto al quale la Regione Calabria non riesce ad avere un quadro esaustivo, ad eccezione che per le strutture autorizzate e/o accreditate dall’ente. L’arrivo dei minori, anche se richiede il parere di Comune e Regioni come riporta la circolare ministeriale sopra citata, in realtà definisce processi di de-regolazione istituzionale in quanto sull’ente lo-cale non gravano più le dirette responsabilità della loro presa in carico, come avviene per i minorenni italiani. Nell’ENA l’ac-coglienza temporanea dei minori diveniva quindi un sistema che era a metà tra l’essere pronta e seconda accoglienza, con

30 Il Rapporto in particolare rivela i meccanismi clientelari che hanno accompa-gnato la gestione dei fondi dell’ENA indirizzati ai minori nella Regione Lazio: “Un aspetto particolarmente critico, rilevato dal team di monitoraggio fin dalle prime visite svolte nelle strutture emergenziali per minori non accompagnati del Lazio, è la presenza di migranti di dubbia minore età, in certi casi di migranti palesemen-te adulti. […] I responsabili e gli operatori delle strutture ai quali si chiedevano spiegazioni in merito, affermavano che erano tutti migranti la minore età dei quali era stata certificata con verbale di pronto soccorso, pur ammettendo di avere essi stessi, nella maggior parte dei casi, dei dubbi […]. Alcuni di loro [i migranti] sarebbero in Italia già da diversi anni, ma privi di documenti e in una situazione sociale di forte disagio” - Save the Children – Garante dell’Infanzia e dell’Adole-scenza – Regione Lazio, Le condizioni di accoglienza nelle strutture emergenziali per minori stranieri non accompagnati in Lazio, aprile 2012.

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un’attenzione marginale ai percorsi educativi e di integrazione che conducono alla “regolarizzazione” del minore alla mag-giore età, e a tutelarne nell’immediato il diritto all’istruzione e all’inserimento lavorativo. In Calabria nel momento in cui si profilava lo stato di emergenza umanitaria, erano costrette a corrispondere all’idea di accoglienza temporanea anche quelle strutture con una consolidata esperienza di accoglienza rivolta ai rifugiati – come avveniva nel caso della SAT istituita nel quadro del progetto SPRAR del comune di Riace, dove era presente una delle 4 Strutture istituite presso centri abitati tra i 1000 e i 2000 abitanti – oppure in quelle con un’esperienza specifica per minori non accompagnati. È quanto accadeva ad Acri, un comune in provincia di Cosenza, che ospita dal 2008 un centro di seconda accoglienza dello SPRAR per minori che, non essendo stato ammesso a finanziamento nel 2011, aveva ricevuto dei fondi nell’ambito dell’ENA.

La Legge 7 agosto 2012, n. 135 (Spending Review) in me-rito al riparto di risorse finanziarie destinate ai Comuni ai fini dell’accoglienza dei minori non accompagnati, rafforza l’idea di una precisa distinzione tra i minori segnalati nell’ENA e quelli arrivati nel post-emergenza. Un circolare ministeriale del 2013 sulla chiusura dell’ENA31 dispone: “Per l’anno 2012, la disposizione legislativa ha fissato la dotazione del Fondo a complessivi € 5.000.000,00. In attuazione della citata di-sposizione legislativa, con il D.M. del 31.10.2012, registrato dalla Corte dei Conti in data 13.12.2012, sono state stabilite le modalità di utilizzo del Fondo in parola, incentrate su un sistema di riparto delle risorse finanziarie tra i Comuni che hanno sostenuto costi per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati entrati nel territorio nazionale e segnalati nei primi nove mesi del 2012, con esclusione dei minori per i

31 CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO - MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI del 24 aprile 2013. Oggetto: Chiusura dell’emergenza umanitaria Nord-Africa: minori stranieri non accompagnati e mi-nori stranieri non accompagnati richiedenti asilo.

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quali gli oneri dell’accoglienza sono imputabili all’Emergenza Nord Africa. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è fatto parte attiva nel richiedere, anche per l’anno 2013, co-pertura finanziaria per il suddetto Fondo, prevedendo altresì, d’intesa con le Regioni, di destinare una quota derivante dal riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali alle fina-lità dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati”.

Il passaggio al post-emergenza segna quindi il ritorno del-le responsabilità finanziarie e gestionali ai comuni. Un’or-dinanza della Protezione Civile del 28 dicembre 2012, sulla chiusura dell’emergenza umanitaria, delibera che la Direzione Generale dell’Immigrazione (ex-CMS) è competente esclusi-vamente per i minori stranieri non accompagnati, ma «non è competente per il collocamento dei minori, né per la copertura degli oneri di accoglienza». La mancanza di garanzie rispetto alla copertura economica viene puntualizzata da un rapporto di monitoraggio di Save the Children del 2013 in merito ai fenomeni di irreperibilità dei minori nel “post-emergenza”, specialmente nelle regioni di “frontiera”, prodotti dal manca-to sostegno ai comuni che non riescono a sostenere il “peso” dell’accoglienza dei minori, puntualizzando la necessità di do-tare di risorse il Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Lo stesso rapporto denuncia note-voli ritardi da parte degli enti locali nel pagamento delle rette. Ci sono state, infatti, comunità sempre più restie ad accogliere minori non accompagnati, mentre altre sono state costrette ad interrompere l’attività di accoglienza32.

In Calabria l’arrivo di decine di minori nel giugno scorso, provenienti per lo più dall’Egitto, dal Gambia e dal Pakistan, provoca una “nuova” emergenza. In tutto il 2013 sono stati 350 i minori sbarcati un Calabria secondo i dati forniti dalla Direzione Generale. La nuova attenzione programmatica verso

32 Save the Children, La situazione dei minori stranieri non accompagnati in Ita-lia, cit.

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questo fenomeno si manifesta con la diretta presa in carico dei minori da parte dell’amministrazione regionale; nell’adesione ai tavoli di concertazione interistituzionali e nella richiesta di dialogo con il sistema governativo centrale33.

L’attivazione di normali prassi e azioni di protezione diventa-no “straordinarie” per i minori non accompagnati. Nel 2012, nel Centro di accoglienza per i richiedenti asilo Sant’Anna di Iso-la Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, sono stati denuncia-ti 6 casi di minori non accompagnati erroneamente individuati come maggiorenni. Nel corso dell’estate 2013 sono 70 i minori non accompagnati “impropriamente” trattenuti presso lo stesso centro, come emerge da una segnalazione al Ministero dell’In-terno prodotta dal Garante per l’infanzia e l’adolescenza regio-nale. Nei giorni immediatamente successivi all’arrivo dei mino-ri (20 e 29 luglio 3013), 20 dei minori si sono allontanati, mentre i restanti sono stati inseriti in una struttura residenziale afferente al comune di Cutro34. Una sistemazione di emergenza per i ra-gazzi soli giunti dall’Egitto che deriva dalla collaborazione tra la Provincia, la Prefettura di Crotone ed il piccolo comune del territorio dove nasce un centro di seconda accoglienza gestito da una cooperativa sociale in una ex-struttura dell’ENA. In questa particolare fase le forze dell’ordine si ergono a cabine di regia di una nuova emergenza. La correttezza di questa prassi è dovu-

33 cfr. CMNEWS, Calabria: Regione, Sbarco minori stranieri, accoglienza per 30 giorni nelle strutture di competenza regionale, (http://www.cmnews.it/notizie/calabria/reggio-calabria/76412-calabria-regione-sbarco-minori-stranieri-acco-glienza-per-30-giorni-nelle-strutture-di-competenza-regionale/), 28 giugno 2013; Regione Calabria, Sbarco di minori stranieri, Scopelliti e Salerno chiedono un incontro urgente al Viceministro Guerra, (http://www.regione.calabria.it/index.php?option=com_content&task=view&id=12068&Itemid=136), 28 giugno 2013.34 Il Garante dell’Infanzia della Regione Calabria, Marilina Intrieri, sottolinea in una nota che “venti minori sono scomparsi dal Centro richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto […] giunti in Calabria con gli sbarchi del 20 e del 29 luglio scorsi a Crotone, [in] violazione dei loro diritti derivanti dalla convezione di New York” (Il Quotidiano della Calabria, “Immigrazione, scomparsi 20 minori da Crotone. L’al-larme lanciato dal garante per l’infanzia”, consultato su http://www.ilquotidiano-dellacalabria.it/news/cronache--scomparsi-20-minori-da.html).

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ta alla necessità di mettere in sicurezza il minore in stato di ab-bandono35, ed è consequenziale alla procedura di identificazio-ne che ne accerta la minore età. Un passaggio fondamentale che in diversi casi implica un contatto diretto tra forze dell’ordine e cooperative sociali, mentre i servizi sociali del comune che do-vrebbero avviare il progetto educativo e la richiesta di tutela al tribunale, intervengono successivamente, convalidando la col-locazione o richiedendo il trasferimento del minore. Questo pas-saggio di responsabilità dalle forze dell’ordine ai comuni, svela le debolezze del sistema di protezione rivolto al minore non ac-compagnato, riguardo in particolare l’eterogeneità nelle prassi di presa in carico e sull’esistenza di un reale sistema di concer-tazione tra attori locali. A questo si aggiunge il problema della “non-presa in carico” del minore da parte delle strutture sociali e dei comuni al collasso nelle aree di arrivo del meridione. Cita un’Interpellanza urgente alla Camera dei Deputati del 25 marzo 2014 : “(…)il comune di Augusta non è più nelle condizioni di mantenere le comunità che assistono i minori non accompagna-ti; mancano le strutture ed i mezzi per un trattamento rispettoso della dignità umana e dei diritti dovuti in special modo ai mino-ri; le comunità gestite dal terzo settore rischiano di cessare ogni attività; vi è un dato sempre trascurato nelle azioni politiche na-zionali sulla immigrazione, specie con riferimento ai minori non accompagnati, ovvero che è profondamente iniquo addossare l’onere di sostenimento dei minori non accompagnati ad un ente locale, anziché all’intera collettività nazionale […]”.36

Il materiale documentativo in merito ai ricorsi da par-te delle cooperative sociali37 in credito verso i comuni e una

35 Tarzia G., “Il minore straniero non accompagnato: quale tutela nel sistema legi-slativo italiano?”, in Minori Giustizia, n. 2, p. 196, 2008.36 Atti di controllo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento): Sedutadel 25 marzo 201437 Sentenza causa civile Tribunale di Agrigento iscritta al numero 2846/2012 R.G.A.C.; Comunicato Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza alle istituzioni nazionali, Prot. N. 76/U/IST/A2012, Roma 26 giugno 2012.

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relazione dell’ANCI rivolta alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza testimoniano il caos che deriva dal trasferimento dei minori soli da una situazione di estre-ma provvisorietà, spesso su iniziativa delle Questure che con-tattano direttamente le cooperative sociali. Un fenomeno che interessa la Calabria, successivamente alla riscontrata presen-za dei minori nel CARA di Crotone, ma soprattutto i piccoli comuni del sud Italia, luoghi di primo arrivo dei minori non accompagnati38.

A fronte della discrezionalità nelle prassi attivate, dal pun-to di vista della posizione degli attori sociali e istituzionali locali che vi intervengono, occorre segnalare le relazioni di rete maturate sul territorio calabrese tese a ricomporre le re-sponsabilità istituzionali in merito alla protezione dei minori soli. Si vuole segnalare l’avvio di prassi giudiziarie che hanno come principio quello di affrontare un problema specifico che è quello di accelerare i tempi di assegnazione del tutore e di fuoriuscire dalla dimensione dell’emergenza attraverso la no-mina del “tutore provvisorio”.

“[…] le cose non sono andate bene per mesi. Quando qual-che presidente di tribunale ha cominciato a capire e a dire che le cose non potevano essere trascurate qualcosa si è messa in moto. Intanto nel distretto di Catanzaro avevamo raggiunto un accordo con il quale noi tribunale nominavamo i tutori prov-visori. I giudici tutelari erano d’accordo, non perché siamo

38 Riporta la relazione per audizione ANCI: “È emblematico il caso del Comune di Pontelandolfo (Bn) in cui, durante l’estate, sono stati collocati 11 msna, in seguito alla disponibilità offerta dalla struttura di accoglienza alle questure di Agrigento e Ragusa ma il cui sindaco afferma che “se il comune fosse stato interpellato pre-ventivamente avrebbe potuto dichiarare queste sue oggettive difficoltà”. Difficoltà connesse alle dimensioni del comune di 2254 abitanti, e alla disponibilità di un unico assistente sociale. Una situazione simile a quella che è toccata al Comune di Cutro (KR), […] con il totale trasferimento di 42 minori […] e al sindaco di Cam-marata (AG).” (ANCI, Relazione per audizione ANCI alla Commissione parla-mentare per l’infanzia e l’adolescenza. La povertà minorile, Area Welfare – Ufficio Immigrazione, Roma, 18 dicembre 2013, p. 10).

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più bravi, ma perché avendo uno staff di giudici onorari cor-posi - Catanzaro ne ha 24 - eravamo più in grado di rispon-dere all’esigenza e all’urgenza. Per cui abbiamo promosso e ci siamo accordati che noi nominassimo i tutori provvisori…” (Luciano Trovato, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro).

L’attenzione volge anche verso i diversi minori non accom-pagnati in Calabria che hanno completato il percorso di re-golarizzazione considerato il prolungarsi del periodo dell’ac-coglienza che nelle SAT è arrivato a durare mesi. La loro presenza implica l’assunzione di responsabilità istituzionali e la sperimentazione di nuove professionalità da parte degli operatori sociali, ma anche la percezione dei limiti del welfa-re territoriale, in quanto l’attivazione di “normali” misure di inclusione sociale e di protezione dei diritti – quale il diritto allo studio, ma anche la prospettiva di un programma educa-tivo – grava spesso su bilanci di piccoli comuni. Altri aspetti riguardano le azioni di formazione-lavoro attivate da alcune realtà sociali, in concertazione con i Comuni, che offrono per-corsi di stanzialità ai ragazzi, ma che vedono gli attori sociali muoversi in una condizione di precarietà per quanto riguarda le incertezze sui fondi disponibili per la “copertura degli oneri degli accoglienza”, e per la presenza di un mercato del lavoro locale destrutturato che rende le aree del sud Italia le meno favorite nel definire i percorsi verso l’autonomia39.

5.4 Verso una governance della migrazione dei minori non ac-compagnati?

Nel 2014, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, acquisito il parere del Tavolo nazionale sui minori non accom-pagnati, che ha visto la partecipazione delle Regioni e dell’AN-

39 Giovannetti M., L’accoglienza incompiuta, cit.

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CI, assegna copertura al Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati nella Legge di Stabilità in sede di Fondo di solidarietà dei Comuni “al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi a favore dei minori stranieri non accompagnati connessi al superamento dell’emergenza umanitaria e consentire una gestione ordinaria dell’acco-glienza”. Una forma di “cooperazione interistituzionale tra i diversi livelli di governo”, riporta il documento, nell’assunzio-ne degli oneri dell’accoglienza dei minori soli che prevede la ripartizione del Fondo nazionale, pari a 5 milioni di euro, tra i Comuni che, per un numero minimo di dieci giorni, hanno preso in carico minori non accompagnati tra il 1 gennaio 2012 e il 30 settembre 2013. Sulla base delle giornate di accoglienza l’importo stabilito è di 20 euro pro die e pro capite (su un costo medio delle rette di 80 euro). Nell’ottobre 2013, il Governo ha introdotto alcune disposizioni d’urgenza (Decreto-legge 15 ot-tobre 2013, n. 120), prevedendo un incremento di 20 milioni di euro del Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati)40.

Questa presa d’atto del Governo verso i bisogni locali de-gli enti impegnati nell’accoglienza dei minori non accompa-gnati avviene successivamente al naufragio dei profughi del 3 ottobre del 2013 a Lampedusa, in un momento di denuncia mediatica in merito alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati e delle categorie vulnerabili in Italia. È necessario però fare riferimento anche alle riflessioni maturate nel periodo post-emergenziale che provengono dal mondo del sociale in merito alla necessità di ritrovare una nuova forma di partecipazione e di azione in grado di contrastare l’avvio della vera “emergenza minori” nel momento in cui non sono stati assolti gli impegni di spesa previsti per il 2012 ed il 2013. Nel precedente paragra-

40 Misure di riequilibrio della finanza pubblica e in materia di immigrazione, con-vertito dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137 (http://www.camera.it/leg17/465?area=10&tema=65&Immigrazione).

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fo si è accennato a questa problematica che assume una dimen-sione nazionale, come risulta da una denuncia alle istituzioni nazionali di competenze da parte del Coordinamento naziona-le comunità alloggio in merito all’accumulo di somme ingenti di credito sia nei confronti dello Stato, sia degli Enti locali. Una mobilitazione alla quale hanno fatto seguito in alcuni casi, come si è accennato, azioni legali verso i comuni da parte delle cooperative sociali costrette a sobbarcarsi i costi di gestione e sostentamento dei minori stranieri che continuano a ricevere nelle loro strutture. Rita Balestrier nel corso della rubrica “A ciascuno il suo” di Radio24, in qualità di rappresentante delle Comunità alloggio in Sicilia, afferma:“Dalla fine del 2012, il Ministero degli Interni, dichiarando chiusa l’emergenza Nord Africa, ha demandato la gestione economica delle comunità alloggio interamente ai comuni. Questi ultimi, non riuscendo a coprire le spese di mantenimento, hanno ufficialmente diffi-dato le cooperative ad accogliere i minori […]41.”

Nel saggio di Elia (2014)42, riportato in questo volume, de-dicato al quadro europeo in materia di politiche di intervento sui minori non accompagnati, è stato evidenziato come queste vengano portate avanti da ONG, da agenzie internazionali e da organismi del terzo settore. L’accoglienza e l’integrazione dei minori non accompagnati viene strutturata su una dimensio-ne regionale e comunque locale, anche se, sul fronte legislati-vo, convenzioni internazionali richiamano gli Stati membri al “dovere” dell’accoglienza. A volte progetti locali assumono un ruolo cruciale nel governare processi di forte marginalità so-ciale indotti da una non-politica43, ma non riescono ad arginare

41 Le Comunità per minori stranieri a rischio chiusura, lunedì 30 settembre 2013 (http://minoristranierinonaccompagnati.blogspot.it/2013/09/le-comunita-per-minori-stranieri.html).42 cfr. Elia A., I minori non accompagnati in Europa: minori, immigrati o rifugia-ti?, presente in questo volume.43 Huysmans J., The Politics of Insecurity: Fear, Migration and Asylum in the EU, Routledge, 2006.

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l’alto rischio di dispersione e di clandestinizzazione dei minori soli. Le cause sono da ricercare nella temporaneità di questi stessi interventi condizionati dall’accesso a fondi di finanzia-mento europei o dalle forme di finanziamento nazionale, come è stato precisato, ma anche dal disorientamento che deriva da un quadro normativo disorganico. La richiesta che gli attori locali volgono verso un “sistema integrato di coordinamento” e di “linee guida” sono state espresse dal Coordinamento Na-zionale Comunità di Accoglienza (CNCA)44e anche da Save the Children in un progetto di legge depositato alla Camera nell’ottobre del 201345.

Le problematiche rilevate riguardano la mancanza di un si-stema di monitoraggio sulla presenza dei minori; l’assenza di relazioni di rete tra le autorità locali direttamente coinvolte nel processo di presa in carico dei minori; la debolezza di un siste-ma di “decentramento delle presenze” dalle zone di arrivo sui comuni della costa o dalle città metropolitane.

Le risposte programmatiche elaborate dalla Direzione Generale comprendono la divulgazione di nuove linee gui-da che mirano a standardizzare le azioni che i servizi sociali devono assolvere nel momento della prima presa in carico e nelle richieste di parere da volgere all’Ente ministeriale, ma soprattutto sono orientate verso la sperimentazione del Siste-ma Informativo Minori non accompagnati (SIM). Un sistema informativo on-line, gestito da Italia Lavoro, agenzia del Mi-nistero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che si pone come obiettivo quello di “monitorare costantemente” la presenza dei minori non accompagnati sul territorio una volta che sono stati identificati come tali dalle forze di polizia e non hanno presen-tato richiesta di asilo. La procedura riprende l’art. 5 D.P.C.M.

44 CNCA op. cit.45 Save the Children, Immigrazione: Save the Children, quasi 300 minori non ac-compagnati in condizioni di accoglienza critiche, 10 febbraio 2014, comunicato stampa.

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n. 535 del 1999 che regola il già esistente sistema di censi-mento da parte della Direzione, e ripropone anche i ruoli e le responsabilità dei soggetti istituzionali coinvolti (la Questura; il Comune; il tribunale per i minorenni) che avrebbero la pos-sibilità di comunicare condividendo le informazioni. Il SIM assegna alla Questura il compito di avviare il procedimento attraverso l’identificazione e l’inserimento dei dati del minore non accompagnato, ma è il Comune a doversi assumere la pro-cedura di presa in carico.

L’idea di “sistema integrato” di accoglienza potrebbe emer-gere dalla possibilità di avere informazioni“in tempo reale sul-la disponibilità di posti nelle comunità di accoglienza presenti sull’intero territorio nazionale”46 e di trasferire quindi i mino-ri a seconda della disponibilità delle strutture presenti in Italia. La logica del decentramento non sembrerebbe lasciare emer-gere, ad una prima analisi, una forma di coordinamento tra i Comuni tale da contrastare il fenomeno della concentrazione delle presenze nelle zone di arrivo, in quanto agli enti locali rimarrebbero assegnate le responsabilità e gli oneri dell’acco-glienza dei minori non accompagnati secondo quanto dispo-ne la normativa italiana in materia di protezione del minore. L’elemento di novità risiede invece nel coinvolgimento attivo delle Amministrazioni regionali in quanto chiamate ad inserire nel Sistema le strutture autorizzate/accreditate che sarebbero le uniche a potere accogliere i minori soli. Una prassi che at-tribuirebbe all’Ente un compito di sorveglianza e di monito-raggio che riprende il modello organizzativo delle politiche sociali sussunto dalla Legge 328/2000. La Legge ha però con-segnato alle Regioni la responsabilità e la competenza per la pianificazione e la programmazione dei servizi, a fronte della progressiva diminuzione delle risorse destinate alle politiche

46 Documento divulgativo D.G. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Italia Lavoro, Sperimentazione Sistema Informativo Minori stranieri non accom-pagnati (SIM), Progetto “Programmazione e Gestione delle Politiche Migratorie”, novembre 2013.

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sociali che, nel corso degli anni, ha comportato l’involuzione delle politiche e delle azioni per l’infanzia e l’adolescenza47, con particolari deficit strutturali nel sud Italia che presenta un debole sistema di servizi rivolti all’infanzia e ai minori in stato di abbandono48.

Al fine di contrastare il fenomeno dei minori “irreperibili”, il Sistema permetterebbe di disegnare il percorso del minore e renderebbe visibile alle autorità amministrative e giudiziarie la sua collocazione avvalendosi della condivisione delle infor-mazioni consultabili sulla banca dati. Questo processo viene facilitato dall’assegnazione al minore, da parte della Questura, di un Codice identificativo unitario. L’ingresso nel SIM rende-rebbe così possibile rintracciare il minore resosi “irreperibile” anche prima che venga completata la procedura di identifi-cazione. I segnalati “non-identificati” che si danno alla fuga rappresentano, secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al settembre 2011, quindi nell’ENA, circa il 34 per cento del totale (244)dei minori segnalati in Ca-labria in quel periodo.

Il SIM, potrebbe funzionare come uno straordinario sistema di rilevazione delle presenze dei minori “non richiedenti asilo” in quanto offrirebbe una rappresentazione dei minori realmen-te “presenti”, in relazione appunto alla possibilità di seguire i loro percorsi anche in uscita da centri ed evitare così fenome-ni di “riconteggio” delle presenze. La struttura del SIM, pur permettendo la tracciabilità dei minori all’interno del sistema residenziale di accoglienza, rimanda però ad una governance locale la risoluzione di alcune questioni che potrebbero rive-

47 cfr. Rapporti CRC dal 2004 al 2012 (www.gruppocrc.net) par. “Risorse per l’in-fanzia e l’adolescenza”.48 cfr. Chiodo E., “I presidi socio-assistenziali a ciclo residenziale”, in Fantozzi P. (a cura di), Bambini e ragazzi da non dimenticare, 2010, Rosso Fisso, Salerno; Chiodo E., “Senza tempo. Decisioni e progettualità nell’affidamento istituzionale”, in Autonomie locali e servizi sociali, n.2, 2012; Fantozzi P. (a cura di), Bambini e ragazzi da non dimenticare, Rosso Fisso, Salerno, 2010.

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larsi fondamentali nel passaggio del minore da una condizione di “non esistenza”, a quella di minore “presente” sul territorio. Quali, ad esempio, i servizi e le azioni necessarie a superare le criticità della prima identificazione, ma anche a supportare le forme di accompagnamento nel processo di regolarizzazione la cui carenza spesso è all’origine della fuga dei minori ospiti delle comunità residenziali. In particolare, nel secondo caso, se si osservano i dati sui pareri emessi dalla Direzione Gene-rale (art. 32 del Testo Unico) riguardo i programmi di integra-zione rivolti ai minori non accompagnati avviati dai servizi sociali calabresi, questi sono stati 23 in tutto il 2013 e fino al 31 marzo 2014, un numero sensibilmente inferiore a quello relativo ai minori non accompagnati “segnalati” nella regione in questo stesso arco di tempo.

Il prosieguo della ricerca, si propone di approfondire que-sti aspetti volgendo l’attenzione ai passaggi e ai rapporti inte-ristituzionali relativi alla prassi giudiziaria e ai procedimenti amministrativi che interessano i minori a livello locale; la di-rezione che sta assumendo la governance locale della migra-zione dei ragazzi soli alla luce delle nuove strategie program-matiche della Direzione Generale che saranno sperimentate in Calabria nel corso di questo anno49. L’indagine puntualizzerà anche l’esperienza migratoria dei minori soli (traiettorie, le-gami di appartenenza comunitaria e familiare, circuiti illegali di regolazione dei flussi migratori, il passaggio all’età adulta), mettendo in luce i meccanismi che li espongono a fenomeni di marginalità sociale ed il loro impatto con i servizi sociali territoriali; le politiche sociali e le prassi operative in mate-ria di tutela e affidamento, inserimento scolastico e lavorativo considerando sia il punto di vista di minori ed ex-minori, sia

49 I comuni interessati in Italia dalla sperimentazione del SIM sono Bologna, An-cona, Torino, Bari, Siracusa, Venezia, per quanto riguarda la Calabria il comune di Crotone.(D.G. Immigrazione - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali– Italia Lavoro, Sperimentazione Sistema Informativo Minori stranieri non accompagnati (SIM), Progetto “Programmazione e Gestione delle Politiche Migratorie”, 2013).

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evidenziando le azioni maturate dagli attori locali nel definire un clima di coesione e di responsabilità sociale attorno alla presenza dei ragazzi soli.

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6. Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali*

6.1 Premessa

Nella prima metà degli anni ’80 in Italia è stata riscontrata la presenza di minori non accompagnati (MNA), prevalente-mente richiedenti asilo, provenienti dall’Etiopia, dal Tigray, dalla Somalia, in particolare dall’area di Mogadiscio, dal Marocco e dalla Tunisia (area del Maghreb). Nei successivi anni ’90 si sono strutturati dei micro-flussi composti da mi-nori provenienti dall’area del Mar Nero (Ucraina e Romania), dal Kurdistan, dall’area balcanica e dall’Albania. Nel 1991 sono giunti dall’Albania circa 2.000 Minori non accompagnati (MNA)1. Pochi anni più tardi, nel 1994, sono state gettate le basi del sistema di accoglienza rivolti ai MNA tramite l’isti-tuzione del Comitato per la tutela dei Minori (convertito in Comitato Minori Stranieri dalla L. 40 del 1998), che aveva la funzione di monitorare gli interventi di solidarietà, nell’ambi-to di programmi solidaristici internazionali rivolti ai MNA e destinati a brevi soggiorni (massimo 90 gg.) presso famiglie italiane (caso Černobyl)2.

Nel ’97, si è verificato un ulteriore flusso di minori alba-

* La stesura dei paragrafi 6.1; 6.2; 6.3 e 6.4 è a cura di Irene Signorelli. I paragrafi 6.5.1.; 6.5.2.; 6.5.3.; 6.5.4 sono da attribuire a Cettina Santangelo, Le conclusioni sono di Signorelli e Santangelo. 1 IRPPS, Minori stranieri non accompagnati e intervento sociale: l’Emergen-za Nord Africa, 2001, p. 7(Pdf.: www.irpps.cnr.it/e-pub/ojs/index.php/wp/article/download/52/100).2 Ivi, p. 10

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nesi in fuga da una grave situazione di destrutturazione so-ciale3. Nel 2000 i minori albanesi rappresentavano il circa il 70 per cento del totale dei MNA in Italia4. Nei successivi anni 2011/2012, durante la fase di instabilità istituzionale genera-ta dalle c.d. Primavere Arabe, si sono strutturati nuovi flussi straordinari di cittadini provenienti da paesi terzi, tra cui 6.000 minori non accompagnati approdati sulle coste italiane5. Il Go-verno italiano ha affrontato gli ingenti flussi dichiarando lo stato di emergenza, durante il quale, sono state implementate una serie di misure di carattere straordinario volte all’assisten-za e all’accoglienza dei migranti.

I MNA rappresentano oggi una realtà oramai consolida-ta all’interno del più ampio fenomeno delle migrazioni. La maggior parte di essi giunge sul territorio italiano seguendo un proprio progetto migratorio, spesso imposto dalle famiglie, altre volte programmato autonomamente. Tralasciando le di-namiche del viaggio ed i meccanismi d’intercettazione mes-si in pratica dalle organizzazioni criminali e finalizzati allo sfruttamento lavorativo e sessuale dei minori, gli elementi che maggiormente li accomunano sono il carattere economico e socio-politico della migrazione6.

Non sono rari i casi in cui molti minori fuggono da con-testi pericolosi, quali guerre, dittature, persecuzioni e nono-stante ciò non intendono presentare richiesta di asilo in Italia7.

3 Ivi, p. 84 Dati della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazio-ne del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali cit. in CandiaG., Carche F., Giannotta F., Tarzia G. (a cura di); Minori Erranti. L’accoglienza e i percorsi di protezione, Roma, Ediesse, 2009, p. 38.5 Save the Children, La situazione dei Minori Stranieri non Accompagnati in Ita-lia - Dati e storie, p. 2 (Pdf.: http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/DDL%20MNA_DATI%20E%20STORIE_25lug2013.pdf).6 Castel, S., Migration and Community Formation under Conditions under Glo-balization, in “International Migration Review”, vol. 36, n. 4, 2002, pp. 1143-1168.7 UNHCR, France Terre d’Asile, Save the Children and PRAKSIS, Protecting chil-dren on the move. Addressing protection needs through reception, counselling and

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Inoltre, l’aspirazione e, soprattutto, la necessità di migliorarele condizioni di vita sono gli elementi che contraddistinguono la storia di molti minori. Per tale motivo, spesso l’Italia rappre-senta un luogo di passaggio, un punto di accesso per altri Paesi con economie più forti. Difatti, dagli arrivi che vengono mag-giormente registrati sulle coste siciliane, pugliesi e calabresi si calcola, generalmente, un numero elevato di minori irreperibi-li, in cui rientrano, anche, coloro che fuggono verso le aree del Nord Italia e del Nord Europa.

In questo lavoro si intende offrire una panoramica sulla presenza dei Minori non Accompagnati in Italia e in Calabria. Nello specifico, attraverso l’elaborazione dei dati socio-stati-stici disaggregati per genere, fasce d’età, nazionalità e condi-zione di “segnalato” o “irreperibile”, forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si illustreranno le dinamiche che caratterizzano la presenza dei minori non accompagnati sul territorio. Si proseguirà con una discussione inerenteal si-stema di accoglienza rivolto ai minori utilizzando dati riferiti al Programma Nazionale di protezione dei MNA e al Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati.

referral and enhancing cooperation in Greece, Italy and France (http://www.un-hcr.it/cms/attach/editor/PDF/Protecting%20children%20on%20the%20move%202012.pdf)

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6.2 la presenza dei mnA in Italia: la direzione generale e i dati socio-statistici

Il Comitato per i minori stranieri8 sostituito, nel 2012, nell’esercizio delle proprie funzioni e nell’espletamento del-le attività dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche d’Integrazione, rappresenta il primo organo compe-tente in materia di MNA e tra i compiti ad esso attribuiti risulta il monitoraggio del fenomeno effettuato con l’ausilio di una banca-dati. Difatti, a partire dal 2000 la Direzione Generale (ex-Comitato) ha costruito un quadro dettagliato dei minori presenti sul territorio nazionale, fornendo dati disaggregati ri-spetto al sesso, alla fascia d’età ed alla nazionalità. Tali dati, tuttavia, non comprendono, i minori stranieri non accompa-gnati richiedenti asilo; i minori comunitari (romeni e bulga-ri); i minori che divengono invisibili perché non intercettati e identificati9. La Direzione Generale10fornisce, attraverso il proprio sito, i report sui minori presenti sul territorio nazio-naleche illustrano dati di flusso e non di stock, i quali con-sentono di otteneredati in continuo aggiornamento in ragione

8 Art. 33 del T.U, comma 1 (sostituito dal D.lgs. 13 aprile 1999, n. 113): “Al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammes-si sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interes-sate è istituito, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, un Comitato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri composto da rappresentanti dei Mi-nisteri degli affari esteri, dell’interno e di grazia e giustizia, del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché da due rappre-sentanti dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresen-tante dell’Unione province d’Italia (UPI) e da due rappresentanti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia”.9 In merito alle criticità relative alla fase di identificazione del mna cfr. in questo volume Elia A., La Calabria nel panorama italiano della migrazione dei minori soli: dalle procedure di “riconoscimento” alla protezione.10 I Report statistici relativi ai dati sui minori stranieri non accompagnati raccolti e censiti dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione sono reperibili sul sito http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/Immigrazione/minori_stranieri/Pages/20140315_Dati-dei-minori-stranieri-non-accompagnati.aspx

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delle nuove segnalazioni dei minori presenti e irreperibili11. Inoltre, la repentina mutevolezza del fenomeno ne aggrava la complessità, ostacolandola definizione di un quadro esausti-vo. Sintetizzeremo, quindi, il trend delle presenze nel periodo 2000-2013 dei MNA facendo riferimento al dato ufficiale che riguarda i minori segnalati12 alla Direzione Generale.

L’andamento demografico delle presenze riportata nel Graf. 1 mostra un movimento migratorio pressochè costante, inter-vallato da picchi e decrementi legati ad eventi socio-politici, in alcuni casi, ben definiti.

Graf. 1 – Mna segnalati in Italia- Anni 2000-2013*

*Anni 2000-2012: valori al 31/12; anno 2013: valori al 30/11Fonte: ns elaborazione su dati della Direzione Generale dell’Immigrazio-ne e delle Politiche di Integrazione.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Dalla lettura del Grafico 1 si evince un decremento della presenza dei minori nel 2002. Tale flessione è riconducibile all’emanazione della legge n.189 del 2002, la cosiddetta Bos-

11 Con riferimento ai dati censiti dalla Direzione Generale , è opportuno sottoline-are due aspetti: 1) i dati fanno riferimento ai minori la cui presenza sia stata segna-lata alla Direzione Generale dagli organi competenti ai sensi dell’art. 5 del dpcm n. 535/1999; 2) la banca dati offre uno sguardo aggiornato sul numero di minori presenti alla data in cui la stessa venga interrogata. 12 Per segnalato si intende il minore intercettato sul territorio dalle autorità com-petenti, le quali devono comunicare nell’immediato la presenza del minore alla Direzione Generale che provvederà al censimento, art . 5 del dpcm n. 535/1999.

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si-Fini, che introduce la modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo. Nello specifico, con riferimento alla conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso di accesso al lavoro o per motivi di studio al com-pimento del 18° anno, l’art. 32, c. 1 bis introduce l’obbligo di ammissione in un progetto d’integrazione sociale e civile, per un periodo non inferiore ai due anni. Inoltre, l’art. 1 ter specifica che l’ente gestore del progetto, pubblico o privato, al compimento della maggiore età del MNA, deve garantirne la presenza sul territorio da almeno tre anni, l’inserimento nel progetto da almeno due anni, la stipula di un contratto di lavo-ro ed un idoneo alloggio. Gli effetti di tale norma si sono so-stanziati in meccanismi di esclusione per la maggior parte dei minori (che registrano in media un’età compresa trai 16 ed i 17 anni). Pertanto, la condizione anagrafica è stata una variabile determinante per la conversione del permesso di soggiorno e per il proseguimento del progetto d’integrazione.

La flessione visibile nel biennio 2009/2010 coincide con un evento socio-politico rilevante. Nell’agenda della politica estera ed interna, il 2009 viene ricordato per il trattato di ami-cizia e cooperazione tra Italia e Libia sottoscritto da Berlu-sconi e Gheddafi il 30 agosto del 2008 e ratificato dall’Italia il 6 febbraio del 2009 (c.d. Trattato di Bengasi). Gli interessi politico-economici, che hanno agito affinché si stipulasse l’ac-cordo italo-libico, hanno creato le condizioni per l’attuazione di una politica dei respingimenti verso la Libia eseguiti, come riporta Save the Children13, in acque internazionali, a danno di donne, uomini, richiedenti asilo, rifugiati e MNA. Si è agito, difatti, violando il divieto di “non refoulement” nei confronti dei Minori ai quali ogni Stato aderente alla Convenzione di New York deve riconoscere (art. 6), il diritto alla vita (c.1) e

13 Save the children ,I minori stranieri in Italia. L’esperienza e le raccomandazio-ni di Save the Children. 2°Rapporto Annuale 2011, p. 40 (http://images.savethe-children.it/IT/f/img_pubblicazioni/img133_b.pdf)

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assicurarne in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo. Il rimpatrio in terra libica si è tradotto, essenzial-mente, in una violazione dei diritti umani, esponendo i minori al rischio di persecuzioni e violenze.

L’incremento registrato nel triennio 2011-2013 coincide con le “Primavere arabe”. Le rivolte popolari iniziate in Tuni-sia nel dicembre del 2010 e susseguitesi in Egitto ed in manie-ra più cruenta in Libia, nello Yemen, in Siria (dove ancora non si sono concluse), ecc. hanno generato un aumento dei flussi migratori spingendo lo Stato italiano a dichiarare lo stato di emergenza ed attuare azioni parallele di carattere straordina-rio. L’Emergenza Nord Africa, che è stata affrontata con solu-zioni temporanee e disomogenee a livello territoriale, è stata dichiarata conclusa il 28 febbraio 2013, lasciando in essere un sistema trasbordante di forti criticità.

L’andamento delle migrazioni dei minori negli anni 2000-2013 (Graf. 2) segue il trend generale, confermando l’impor-tante presenza albanese fino al 2003, seguita da Marocco e Romania. Quest’ultima dal 2004 diviene la prima nazionalità presente sul territorio sino al 2006, anno che precede l’annes-sione all’UE. Dal 2007 in poi, infatti, i minori romeni scompa-iono dai censimenti della Direzione Generale, pur rimanendo una larga fetta della popolazione migrante.

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Tab. 1 - Mna segnalati per principali nazionalità in Italia. Anni 2000-2013*

*Anni 2000-2008/2010/2011/2012: valori al 31/12; anno 2009: valori al 30/11; anno 2013: valori al 30/1114

Fonte: ns elaborazione su dati dellaD.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Mi-nistero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Graf. 2. - Mna segnalati per principali nazionalità in Italia - valori percentuali. Anni 2000-2013*

*Anni 2000-2008/2010/2011/2012: valori al 31/12; anno 2009: valori al 30/11; anno 2013: valori al 30/11.Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

14 Il dato sui minori egiziani è aggiornato al 31 marzo del 2008. Dati della Direzio-ne Generale in Minori Erranti. L’accoglienza e i percorsi di protezione (a cura di) G. Candia, F. Carchedi, F. Giannotta, G. Tarzia, Ediesse, 2009, p. 40

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Dal 2007 si è registrata una maggiore presenza di minori provenienti dai paesi del Nord Africa, quali Egitto e Tunisia (il Marocco è stato presente sin dal 2000) e di quelli asiatici, quali Afghanistan, Bangladesh e Palestina, pur rimanendo il Maroc-co, dal 2007 al 2009, la nazionalità maggiormente presente. Nel 2010, anno che precede l’apertura del piano “ENA”, l’Af-ghanistan è la prima componente migrante, mentre, nel 2012, il Bangladesh costituisce la principale provenienza, sostituita poi dall’Egitto nel 2013. Un alternarsi di nazionalità che riflet-te l’avvicendarsi degli eventi geo-politici che hanno interessa-to le aree di provenienza dei minori. Difatti, se si osservano nel dettaglio le zone d’origine dei MNA maggiormente presenti,si può notare una correlazione tra i Paesi coinvolti nelle Prima-vere Arabe e le cittadinanze dei migranti. La polarizzazione di genere caratterizza il fenomeno dei MNA in Italia, difatti, sin dal 2002 è evidente un’accentuata presenza maschile che è aumentata dal 2007 in poi, con la cancellazione della Romania dalla banca dati della Direzione Generale, in cui era rilevante una forte presenza femminile.

Tab. 2 - Mna segnalati distinti per sesso in Italia. Anni 2000-2013*

*Anni 2000-2012: valori al 31/12; anno 2013: valori al 30/11Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz. -Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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Immigrazione in Calabria

Graf. 3 - Mna segnalati distinti per sesso in Italia. Anni 2000-2013*

*Anni 2000-2012: valori al 31/12; anno 2013: valori al 30/11Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Incrociando le variabili “provenienza geografica e sesso”, emerge, in modo evidente, la forte correlazione tra nazionalità africana ed asiatica e sesso maschile. Assodata l’asimmetria di genere, è alquanto importante tener conto del numero del-le minori che rientrano nel conteggio delle vittime di tratta o che fanno domanda di protezione internazionale, pertanto non computate nel numero complessivo dei MNA.

Analizzando, in seguito, le classi d’età si evince che i mino-ri che giungono alle frontiere e sulle coste italiane sono quindi-cenni, e soprattutto, diciassettenni. La prossimità alla maggiore età genera delle criticità connesse all’erroneo riconoscimento dei minori come maggiorenni. Difatti, la diffusione di prassi disomogenee di identificazione e di accertamento dell’età e l’uso sistematico di metodi invasivi e lesivi della salute, com-portano una serie di problematiche che inficiano la probabilità per i minori di essere accolti e di essere inseriti in un percorso di accoglienza, causando, di fatto, una violazione dei diritti del minore previsti dalla normativa interna e internazionale15.

15 Save the Children, La situazione dei Minori Stranieri non Accompagnati in Ita-lia, cit., pp. 4-6

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Tab. 3 - MNA segnalati distinti per fasce d’età in Italia. Anni 2001-2013

*Anni 2001-2012: valori al 31/12; anno 2013: valori al 30/11Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Nel 2013 si è registrato un aumento del numero dei MNA, seguito dall’incremento degli irreperibili. Difatti, su 8.655 mi-nori 2.118, ossia il 24,5%, si è dato alla fuga successivamente alla presa in carico da parte del Comune, fenomeno confermato nel Quarto Rapporto Anci, secondo il quale il numero più ele-vato di fughe si registra nella prima settimana di permanenza nelle strutture di pronta accoglienza16. Generalmente, i minori programmano un percorso migratorio verso il Nord Europa in virtù di un ricongiungimento familiare o amicale, altre volte si inseriscono nel mercato irregolare, spesso divengono vittime di organizzazioni criminali.

Tab. 4. - Mna presenti ed irreperibili in Italia . Anni 2011-2013*

*Anno 2011-2012: valori al 31/12; anno 2013:valori al 30/11Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz. - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Suddividendo i MNA in “minori che hanno registrato il nu-mero più elevato di presenze sul territorio” (Tab. 5) e “minori che hanno registrato i valori più alti di irreperibilità” (Tab. 6) è possibile effettuare una comparazione tra i dati aggiornati al 31 Dicembre del 2011 e al 30 Novembre del 2013. Da tale analisi emerge, in modo evidente, che tra i “minori che han-no registrato il numero più elevato di presenze sul territorio” (calcolato dividendo il numero dei minori irreperibili con il numero totale dei minori segnalati), gli egiziani e gli afghani

16 ANCI, I minori stranieri non accompagnati in Italia, Quarto Rapporto ANCI- Cittalia,2011, p. 13 (Pdf. Consultato su http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/mi-nori_stranieri_3_.pdf)

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Immigrazione in Calabria

hanno registrato la percentuale maggiore di irreperibilità, pas-sando rispettivamente dal 3,5% (901presenti, 271 irreperibili) al 19,5% (1424 presenti, 413 irreperibili) e dal 7,2% (534 pre-senti, 560 irreperibili) al 25,6% (578 presenti, 542 irreperibi-li).Tale andamento rivela un fenomeno messo in rilievo dalle organizzazioni umanitarie che supportano i MNA in transito in Italia, ossia di traiettorie migratorie che definiscono le desti-nazioni di questi minori verso le tradizionali destinazioni del centro-nord Europa17. Mentre, nel 2012 il Bangladesh, che re-gistrava la maggiore presenza sul territorio, mostra un esiguo numero di minori irreperibili che è aumentato leggermente fino al 2% (1151 presenti, 42 irreperibili) nel 2013. Se conte-stualmente si considerano i dati riportati sui “minori che hanno registrato i valori più alti di irreperibilità”(calcolato dividendo il numero delle singole nazionalità irreperibili con il numero totale dei minori irreperibili) al 31 dicembre del 2011 e al 30 novembre del 2013, si evince che le percentuali dei MNA pro-venienti da Egitto e Afghanistan sono rimaste invariate rispet-to al calcolo precedente effettuato sui minori maggiormente presenti sul territorio, mentre, nel 2013 i minori provenienti dalla Somalia che si rendono irreperibili sono il 20,4% (497 presenti, 432 irreperibili). La distinzione in due categorie ci permette di far emergere come, peculiarmente, alcune nazio-nalità registrino basse percentuali di presenze sul territorio ed elevate percentuali di irreperibilità e come altre nazionalità fortemente presenti registrino basse percentuali di dispersione. Inoltre, appare evidente come seguendo i due diversi metodi di calcolo,tra le percentuali più alte di irreperibilità emergano i minori egiziani ed afghani.

17 UNHCR, France Terre d’Asile, Save the Children and PRAKSIS, Protecting children on the move, cit.

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Tab. 5 - Prime tre nazionalità di MNA presenti in Italia. Anni 2011-2013*

*Anno 2011-2012: valori al 31/12; anno 2013: valori al 30/11Fonte:ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Tab. 6 - Nazionalità che hanno registrato i valori più alti di irreperibilità in Italia. Anni 2011-2013*

*Anno 2011-2012: valori al 31/12; anno 2013: valori al 30/11Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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Immigrazione in Calabria

Graf. 5 - Nazionalità di MNA con il maggiore tasso di irreperibilità in Italia. Anni 2011-2013*

*Anno 2011-2012: valori al 31/12; anno 2013: valori al 30/11Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Suddividendo i MNA in “minori che hanno registrato il nu-mero più elevato di presenze sul territorio” (Tab. 5) e “minori che hanno registrato i valori più alti di irreperibilità” (Tab. 6) è possibile effettuare una comparazione tra i dati aggiornati al 31 Dicembre del 2011 e al 30 Novembre del 2013. Da tale analisi emerge, in modo evidente, che tra i “minori che hanno registra-to il numero più elevato di presenze sul territorio” (calcolato di-videndo il numero dei minori irreperibili con il numero totale dei minori segnalati),gli egiziani e gli afghani,hanno registrato la percentuale maggiore di irreperibilità, passando rispettivamente dal 3,5% (901presenti, 271 irreperibili) al 19,5% (1424 presen-ti, 413 irreperibili) e dal 7,2% (534 presenti, 560 irreperibili) al 25,6% (578 presenti, 542 irreperibili).Tale andamento rivela un fenomeno messo in rilievo dalle organizzazioni umanitarie che supportano i MNA in transito in Italia, ossia di traiettorie migra-torie che definiscono le destinazioni di questi minori verso le tra-dizionali destinazioni del centro-nord Europa18. Mentre, nel 2012

18 UNHCR, France Terre d’Asile, Save the Children and PRAKSIS, Protecting children on the move, cit.

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

il Bangladesh, che registrava la maggiore presenza sul territorio, mostra un esiguo numero di minori irreperibili che è aumentato leggermente fino al 2% (1151 presenti, 42 irreperibili) nel 2013. Se contestualmente si considerano i dati riportati sui “minori che hanno registrato i valori più alti di irreperibilità”(calcolato divi-dendo il numero delle singole nazionalità irreperibili con il nu-mero totale dei minori irreperibili) al 31 dicembre del 2011 e al 30 novembre del 2013, si evince che le percentuali dei MNA pro-venienti da Egitto e Afghanistan sono rimaste invariate rispetto al calcolo precedente effettuato sui minori maggiormente pre-senti sul territorio, mentre, nel 2013 i minori provenienti dalla Somalia che si rendono irreperibili sono il 20,4% (497 presenti, 432 irreperibili). La distinzione in due categorie ci permette di far emergere come, peculiarmente, alcune nazionalità registrino basse percentuali di presenze sul territorio ed elevate percentuali di irreperibilità e come altre nazionalità fortemente presenti regi-strino basse percentuali di dispersione. Inoltre, appare evidente come seguendo i due diversi metodi di calcolo,tra le percentua-li più alte di irreperibilità emergano i minori egiziani ed afghani.

Tab. 7 - Prime tre nazionalità con la maggiore percentuale di presenze in Italia al 28/02/2014

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigrazione e Politiche di In-tegrazione - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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Immigrazione in Calabria

Tab. 8 - Prime tre nazionalità con la percentuale maggiore di irreperibilità in Italia al 28/02/2014

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigrazione .e Politiche di Integrazione – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

6.3 Il PnmSnA e i minori accolti

Nel 2008 è stato avviato il Programma nazionale di pro-tezione dei MSNA (PNMSNA), finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato dall’Anci. L’o-biettivo prioritario del programma è stato quello di sostenere i Comuni che hanno acquisito esperienza nel campo dei MNA, attraverso la sperimentazione di un sistema nazionale decen-trato di protezione e integrazione, mirando alla costituzione di una rete tra tutti i livelli istituzionali e i soggetti coinvolti nella fase di prima accoglienza, al fine di realizzare delle buo-ne prassi riproducibili sull’intero territorio. Inoltre, ha inteso sciogliere alcuni nodi critici rilevati dall’ANCI ed emersi nelle rilevazioni del Comitato per i minori stranieri, tra cui: la forte concentrazione di minori nei confini terrestri e marittimi e nelle metropoli, le strategie d’intervento sui luoghi di frontiera, le procedure d’identificazione, le fughe, il carente coordinamento tra i Comuni, il Tribunale peri Minori, il Giudice Tutelare, la Questura, nelle pratiche della tutela e della regolarizzazione. Il Programma, tra prima e seconda fase, ha accolto più di 2.650 minori, ha realizzato più di 150.000 giornate di accoglienza ed ha fornito a 140 minori l’opportunità di accedere alle forme

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

di affidamento familiare. Nella seconda fase, sviluppatasi nel 2010, il Programma nazionale ha perseguito il consolidamento della rete, riuscendo a coinvolgere 32 Comuni titolari di proget-to in 14 regioni19. Nonostante la realizzazione del Programma nazionale di protezione dei MNA e delle relative Linee Guida, il sistema di accoglienza continua a caratterizzarsi per una di-mensione poliedrica e disarmonizzata. In generale, la procedu-ra ordinaria di accoglienza dei MNA può essere scissa in due fasi: la prima e la seconda accoglienza. La prima o pronta ac-coglienza ha una durata massima di novanta giorni, in questo stadio i minori intercettati e segnalati alla Direzione Generale dagli operatori e/o dai pubblici ufficiali verranno collocati in luogo sicuro e identificati, riceveranno protezione e assistenza e saranno inseriti in percorsi di alfabetizzazione ed in progetti educativi temporanei. La seconda fase prevede, invece, l’as-segnazione dei minori in strutture di lunga permanenza, in cui saranno attivati progetti educativi a lungo termine ed erogati servizi d’inserimento scolastico, lavorativo e di formazione. In questa fase sarà preminente il ruolo dei servizi sociali e si pun-terà all’integrazione dei MNA fino al diciottesimo anno di età. Inoltre, al raggiungimento della maggiore età, le organizzazioni del privato sociale in accordo con i Servizi Sociali, potranno prevedere l’applicazione del prosieguo amministrativo (art. 25 del Regio Decreto, Legge n.1404 del 20 luglio 1934 convertito nella legge n.835 del 1935) ossia il prolungamento dell’affi-damento all’ente locale dei giovani fino ai 21 anni. Sarà con-sentita, quindi la permanenza in struttura e il supporto tramite percorsi di responsabilizzazione e percorsi orientati all’acqui-sizione di autonomia per tutti coloro che giunti al diciottesimo anno di età si trovano sprovvisti di un lavoro o sono al di fuori di un percorso di formazione scolastica o professionale.

L’indagine condotta dall’Anci a livello nazionale, nel pe-riodo 2009-2010, su 5951 Comuni (circa il 73,5%degli 8.094

19 ANCI, I minori stranieri non accompagnati in Italia, op. cit., pp.4-8

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Immigrazione in Calabria

comuni italiani) mostra come all’aumentare della dimensione demografica aumenti la partecipazione degli Enti. Nel 2010 il 63% dei MNA era concentrato nei centri superiori ai 100.000 ab., il 10,8% in quelli tra i 60-100.000 ab., il 13,6% nei centri medi tra i 15 e i 60.000 ab. ed infine il 10,4% era presente in quelli medio-piccoli tra i 5 ed i 15.000 ab. Confrontando i risultati con i dati del 2008 emerge una contrazione della pre-senza dei MNA nei Comuni di dimensioni medie e medio pic-cole, al contrario si registra un aumento nei comuni di grandi dimensioni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti20.

6.4 Il sistema SPrAr: procedura e minori accolti

Un’altra categoria giuridica è rappresentata dai minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo. L’ordinamento giuridico italiano definisce per questi minori una diversa pro-cedura di accoglienza e protezione, riportata nella normativa sui richiedenti asilo, che regolamenta le fasi di riconoscimento dello status, prevedendo nello specifico l’ingresso nel circu-ito di accoglienza del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). Nel 2001, l’UNHCR, il Ministero dell’Interno e l’ANCI al fine di elaborare una legge organica che garantisse l’accesso ad un sistema strutturato ed efficiente realizzarono il Programma Nazionale Asilo (PNA), sostituito successivamente dal “Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e rifugiati”istituito dalla Legge Bossi-Fini (L. 189 del 2002), in cui confluì la rete degli attori sociali e istituzionali che si era sviluppata con il PNA. Il coordinamento del Sistema fu affidato al Servizio Centrale, istituito dal Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno, e commis-sionato all’ANCI in regime di convenzione21.

20 Ibidem.21 Anci-Ministero dell’Interno, Secondo Rapporto sul Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati in Umbria e focus sull’ Emergenza Nord Africa 2001-

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Il Programma, finanziato dal Fondo nazionale per le politi-che e i servizi dell’asilo, si prefissò la realizzazione di una rete di accoglienza che accompagnasse i richiedenti asilo durante l’iter di riconoscimento dello status e la predisposizione di in-terventi a sostegno dell’integrazione dei rifugiati.

La Direttiva del 7 dicembre 2006, registrata alla Corte dei Conti il 7 marzo 2007, stabilisce che debba essere attuato un accesso facilitato alla procedura di presentazione della doman-da di asilo e alla contestuale semplificazione delle modalità di accoglienza dei MNA RA, al fine di consentire l’accesso alle strutture adeguatamente attrezzate. Inoltre, i pubblici ufficia-li, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti che svolgono attività sanitaria e di assistenza devono informare il minore della possibilità di richiedere asilo, spronandolo ad esprime-re la propria opinione con l’aiuto di un mediatore culturale o di un interprete (art.1, c.1). Difatti, i minori stranieri non ac-compagnati che temono di subire persecuzioni nel loro paese, per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche, hanno diritto di presentare domanda di asilo. Nel caso in cui il minore esprima la volontà di fare domanda, gli attori istituzio-nali dovranno informare il Questore, il quale dovrà affidare, temporaneamente, il minore ai Servizi sociali e darne comuni-cazione al Tribunale per i minorenni e al Giudice tutelare per avviare l’apertura della tutela e la nomina del tutore (art.2, c.1). Nel frattempo, il Comune dovrà segnalare la presenza del mi-nore al Servizio Centrale (art2, c.1) che a sua volta provvederà a sistemare il minore nella struttura SPRAR dell’Ente locale che ha segnalato il minore, o quello più prossimo (art.2, c.2). Avvenuta la presa in carico da parte dell’Ente e comunicata al Tribunale per i minorenni, al Giudice tutelare e per conoscenza al Servizio centrale (art.2, c.3), il minore dovrà essere suppor-

2012. Rifugiati in Umbria, p. 29 (Pdf. Consultato su http://www.serviziocentrale.it/file/server/file/ANCIUmbria-rapporto%20regionale%202012.pdf).

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Immigrazione in Calabria

tato dai servizi del Comune nella presentazione della domanda di asilo, tramite la compilazione del modello C3 (art.3, c.1). Tale domanda dovrà essere confermata dal tutore alla Questura (art.3, c.1), qualora il medesimo non lo faccia o la domanda venga rigettata dalla Commissione, il minore non avrà diritto di accedere al sistema di protezione ma riceverà ugualmente la tutela prestata al MNA(art.4, c.1)22.

La direttiva sopramenzionata apporta delle significative no-vità in seno alla procedura, difatti il minore viene affidato im-mediatamente ad uno SPRAR e non, come avveniva in passato, ad una qualsivoglia struttura selezionata tramite il criterio del-la disponibilità dei posti. Inoltre, l’iter definito dalla direttiva consente di incidere positivamente sulla riduzione dei tempi di attesa inerenti la consegna della domanda di asilo e, di limitare il rischio d’invisibilità del minore in caso di mancanza di tutela.

Affinché il riconoscimento della protezione internazionale possa essere concesso, è necessario che il minore esprima la volontà di presentare domanda d’asilo, tale volontà si pone, quindi, come condizione sine qua non per l’avvio della proce-dura. L’iter procedurale prevede fasi di rilevante importanza che presentano forti criticità: l’accertamento dell’età, la no-mina del tutore, la conduzione dell’intervista e la valutazione della domanda da parte della Commissione.

In Italia, secondo i dati forniti da Eurostat, il numero dei minori richiedenti asilo ha subito, dal 2008 al 2013, numerose variazioni (Tab. 9). Difatti, da 575 minori registrati nel 2008 si è passati a 305 nel 2010, per poi subire un incremento negli anni dell’Emergenza Nord africa, durante i quali il numero si è attestato a 825 nel 2011 e 970 nel 201223.

22 Ministero dell’Interno, Direttiva sui Minori Stranieri non Accompagnati Richiedenti Asilo del 7 Dicembre 2006 (http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/13/direttiva_minori_stranieri_accompagnati_richiedenti_asilo.pdf)23 Dati Eurostat (http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=migr_asyunaa&lang=en).

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Tab. 9 - MNA Richiedenti asilo distinti per sesso in Italia. Anni 2008-2013

Fonte: Ns elaborazione su dati Eurostat

Analizzando i dati disaggregati emerge in modo evidente la forte asimmetria tra i sessi, incrociando, poi, le variabili fasce d’età e sesso, si evince che i minori di sesso maschile, con età compresa tra sedici e diciassette anni, palesano una maggiore presenza nel periodo ENA e post- ENA, registrando numeri pari a 690 nel 2011, 915 nel 2012 e 675 nel 2013. Mentre la massima concentrazione delle richiedenti asilo, appartenenti alla stessa classe d’età, si è registrata nel periodo pre e post-ENA, ossia 40 minori nel 2009 e 40 nel 201324.

Secondo l’ultimo Rapporto SPRAR, nel 2012 i posti della rete strutturale destinati ai Minori non accompagnati Richieden-ti Asilo ammontavano a 237, di cui 147 finanziati dal Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’Asilo e 90 dalla Pro-tezione Civile, nell’ambito dell’ENA25. Nel 2012 si è registrato un aumento del numero dei MNA RA accolti rispetto ai due anni precedenti: 358 rispetto ai 312 del 2011, anno in cui c’è stato un aumento di 59 minori rispetto al 2010, difatti, in quest’ultimo anno sono stati 253 i minori accolti su 193 posti totali26. Com-

24 Ibidem25 Anci-Ministero dell’Interno, Rapporto Annuale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. Atlante SPRAR. Anno 2012-2013, p.28 (http://www.cittalia.it/images/file/atlante_sprar_completo_2012_2013.pdf) .26 Anci, Ministero dell’Interno, Cittalia, Rapporto Annuale del Sistema di Prote-zione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati. Anno 2010-2011, pp. 42-43 (http://www.

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Immigrazione in Calabria

plessivamente nel 2011 i posti per i MNA richiedenti asilo sono stati 232, di cui 85 posti finanziati in via straordinaria nell’am-bito dell’ENA dalla Protezione Civile. Le nazionalità prevalenti sono state l’Afghanistan (35,6%), il Mali (9%), la Costa D’Avo-rio (8,3%) e la Nigeria (5,4%),specificamente, il 64 % dei mino-ri accolti aveva un’età compresa tra i sedici (23,6%) ed i dicias-sette anni (40,5%), sono giunti in Italia più frequentemente via mare (59%) e complessivamente insieme agli arrivi attraverso le frontiere portuali hanno costituito l’81% degli ingressi27. Nel 2012, si evince la presenza dei minori afghani (33%) confer-mata anche nei precedenti anni 2011 e 2010, seguono la Costa D’Avorio (10,6%), il Mali (10,1%), il Ghana (7%), il Pakistan (6,4%), il Bangladesh (4,7%), la Nigeria (3,9%), la Turchia (3,9%), il Burkina Faso (2,5%) ed il Gambia (2,5%). La fascia d’età maggiormente presente è quella dei diciassettenni che è pari al 41% del totale, seguono i sedicenni che ammontano al 25%, i quindicenni pari al 15%, quattordicenni e tredicenni pari rispettivamente al 3%, mentre i neo maggiorenni rappresentano il 13%. I MNA RA, tutti di sesso maschile, sono giunti in Italia nel 65,5% dei casi via mare, il 23% tramite frontiera portua-le, il 7% attraversando le frontiere aeroportuali, il 3% via terra, l’1% tramite frontiera terrestre ed infine l’1% per mezzo della procedura Dublino. Tra i servizi erogati ritroviamo l’assisten-za sociale e sanitaria (26,4%), l’inserimento lavorativo (15,3%) che supera notevolmente l’inserimento scolastico (4,5%), vista la prossimità alla maggiore età, la mediazione linguistico-cultu-rale (14,3%), l’assistenza sociale (13%),le attività multiculturali (14,2%), l’orientamento e l’informazione legale (10,8%), infi-ne, l’alloggio (6%) e la formazione (6%)28.

serviziocentrale.it/file/server/file/Rapporto%20Annuale%20SPRAR%20-%202010_2011.pdf)27 Anci-Ministero dell’Interno, Rapporto Annuale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. Atlante SPRAR. Anno 2011-2012, pp. 26-29 (http://www.serviziocentrale.it/file/server/file/SPRAR-rapporto%202012defmg.pdf)28 Anci-Ministero dell’Interno, Rapporto Annuale. Anno 2012-2013, cit., pp. 30-31

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

6.5 la presenza dei minori soli in Calabria: questioni aperte

6.5.1 la fase dell’arrivo

La Calabria, oltre la Sicilia e la Puglia, proprio per la posi-zione geografica particolarmente privilegiata, rappresenta uno dei porti di arrivo delle rotte migratorie provenienti dal con-tinente africano e dai paesi dell’Est-Europa. Interessata dagli sbarchi, intensificatisi soprattutto durante la c.d. Emergenza Nord Africa, la regione è stata ed è tuttora terra di transito dei migranti approdati sul territorio, ma anche terra di insedia-mento. Sono, infatti, aumentati considerevolmente i residenti di origine straniera passando da 35.216 nel 2006 a 74.069 nel 2013. I nuovi arrivati e stanziati, vanno in parte a compensare coloro i quali continuano a emigrare dalla regione, segno che l’Italia ha assunto, oramai da anni, una doppia veste: Paese di destinazione, ma anche di emigrazione29.

Nel 2011 le rotte migratorie marittime sono state seguite da 4.209 MNA provenienti dalla Tunisia e dalla Libia, che sono approdati sulle coste italiane, mentre nel 2012 si è passati a 1.999 minori, soprattutto, afghani, somali ed egiziani30. Du-rante il 2013 il numero dei migranti giunti alla frontiera sud dell’Italia è aumentato notevolmente, in particolare, quello di donne e minori, che rispettivamente tra il 1° gennaio e il 30 novembre hanno fatto registrare valori pari a 5.273 e 7.928 nel 2013, e 1.078 e 2.123 nel 2012. Nello specifico, si è manife-stato un incremento della presenza dei MNA, tre volte supe-riore all’anno precedente, ossia 4.954 arrivati in Italia via mare contro i 1.841 del 2012, mentre le nazionalità maggiormente interessate, nello stesso periodo, ossia tra il 1° gennaio e il 30

29 Pugliese E., L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il Mulino,Bologna, 2002. 30 Save the Children, La situazione dei minori stranieri non accompagnati in Italia, cit.

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Immigrazione in Calabria

novembre del 2013, sono state quella siriana (1.192), egiziana (1.099), somala (816) ed eritrea (611). In particolare, i minori migranti approdati sulle coste calabresi ammontavano, al 30 novembre 2013, a 995, di cui 246 MA e 749 MNA. La costa maggiormente interessata dagli sbarchi è stata quella jonica, difatti, i Comuni che hanno registrato le maggiori presenze di MNA sono stati: Roccella Jonica, Reggio Calabria, Crotone e Bovalino31. Mentre, secondo la Direzione Generale, nel 2013 sono stati 350 i minori migranti sbarcati sulle coste calabresi.

I MNA che rappresentano una categoria doppiamente vul-nerabile, perché migranti e perché minori, affrontano este-nuanti viaggi in cui sono esposti a gravi rischi, come emerge dai numerosi naufragi verificatisi nel Mediterraneo e dalle sto-rie drammatiche raccontate dai protagonisti.

Le ragioni che spingono i minori ad affrontare soli un viag-gio seguono in parte le ragioni dell’universo migrante. Con-siderando che le migrazioni rappresentano la sintesi di fattori interconnessi e sovrapposti fra loro, che spaziano dalla sfera politica a quella sociale ed economica, è doveroso tener conto delle numerose cause che risiedono alla base degli spostamenti. Difatti, la condizione d’indigenza e la deprivazione materiale, quest’ultima causata, spesso, da interessi politico-economici, il senso di responsabilità verso la propria famiglia e la ricer-ca dell’incolumità fisica e psicologica, accomunano migranti economici e politici, anche se questi seguono prassi interne differenziate32. Come già specificato in precedenza, si può affermare che l’ordinamento italiano applica una distinzione giuridica tra MNA e MNARA, in entrambi i casi, l’accerta-mento dell’età minorile, è un presupposto chiave per l’accesso al suddetto sistema. Tale questione, oltre ad aver suscitato un

31 Dati del Ministero dell’Interno cit. in Save the Children,Dossier minori migranti in arrivo via mare, cit.32 Castel S., “Migration and Community Formation under Conditions under Glo-balization”, cit., pp. 1143-1168.

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dibattito internazionale sulle modalità di rilevazione, risulta essere un nodo critico, anche nel caso della Calabria. Difatti, le differenti prassi di accertamento dell’età, descritte in prece-denza, rilevate a livello nazionale e locale provocano, spesso, conseguenze che incidono sullo sviluppo e sulla crescita dei minori. In Calabria nel 2012, secondo Save the Children, 96 migranti allo sbarco hanno dichiarato di essere minorenni e sono stati sottoposti ad esame radiografico del polso, anche nei casi di palese minore età. Di questi minori, 62 sono stati clas-sificati come maggiorenni, pertanto, coloro che hanno fatto richiesta di protezione internazionale sono stati collocati nelle strutture per adulti, gli altri sono stati rimpatriati. In seguito, è emersa tra loro la presenza di minori33.

6.5.2 l’universo dell’accoglienza

La carenza di centri di prima accoglienza rappresenta una peculiarità calabrese, difatti, secondo Save the Children, “in Calabria […]non esistono Centri individuati per la prima ac-coglienza dei migranti e vengono pertanto occasionalmente adibiti a tale funzione palestre e scuole messe a diposizione dall’amministrazione comunale del luogo di sbarco o rintrac-cio. Tali strutture risultano essere del tutto inadeguate a ga-rantire ai migranti, e in particolare ai minori standard essen-ziali di accoglienza, soprattutto per un lungo periodo, a causa della mancanza o insufficienza di servizi igienici, docce, letti, nonché di procedure che garantiscano ai migranti di ricevere in tempi rapidi beni e servizi primari. Le minime misure di protezione dei minori, come spazi idonei ad assicurare la ne-cessaria separazione dagli adulti, non sono garantite”34.

33 Save the Children, La situazione dei minori stranieri non accompagnati in Italia, cit., p 5.34 Save the Children, Dossier minori migranti in arrivo via mare, cit., p. 18.

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Immigrazione in Calabria

Il collocamento dei minori in luogo sicuro, generalmen-te, avviene grazie al contatto stabilito con le strutture di ac-coglienza da parte dell’Ufficio Immigrazione della Polizia di Stato con la collaborazione dei Servizi Sociali. A causa della mancanza di un sistema informatizzato, attraverso il quale sia possibile mettere in rete tutte le informazioni necessarie all’ac-coglienza ed alla relativa presa in carico, spesso, si frappongo-no degli ostacoli (la semplice mancanza di un recapito telefo-nico) al collocamento dei minori nelle strutture. Non mancano, poi, casi gravi di negligenza riscontrati a carico di numerose comunità calabresi. Difatti, è Save the Children a denunciare la carente disponibilità economica delle strutture che incide sul lavoro degli operatori delle comunità, sulla quantità e la qualità dei beni e dei servizi offerti, a scapito dei minori ac-colti; l’insufficiente o, addirittura, inesistente erogazione di beni essenziali a favore dei minori; l’assenza del mediatore culturale che incide negativamente sul processo di costruzione del rapporto di fiducia tra operatori e minori e sui numerosi casi di fuga. Ed ancora, il disconoscimento del diritto alle cure pediatriche, in ragione del rilascio del tesserino STP (nel caso della provincia di Crotone è stato negato anche il codice STP dall’ASP); il problematico inserimento scolastico nelle scuole secondarie di secondo grado, in ragione del bisogno dei mi-nori di collocarsi nel mercato del lavoro; ed infine, in merito alla formazione professionale, a cui ha avuto accesso un nu-mero bassissimo di minori, si è riscontrata una serie di proble-mi legati alla carente domanda di lavoro ed alla difficoltà nel certificare l’assolvimento dell’obbligo scolastico nel Paese di origine.35 A confondere ancora di più il debole sistema di acco-glienza calabrese è stata la c.d. Emergenza Nord Africa che a partire da febbraio 2011- data del Decreto del Presidente della

35 Save the Children, L’accoglienza dei minori in arrivo via mare, 2012(http://www.magistraturademocratica.it/mdem/qg/doc/Rapporto_Save_the_Children_su_minori_via_mare.pdf)

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Repubblica - è stata prorogata fino al 31 dicembre 2012. Sulla base delle indicazioni del DPC fu elaborato il “Piano di acco-glienza nazionale”, con il quale la Protezione Civile – incari-cata al coordinamento – propose le misure, le procedure e le responsabilità tra i diversi soggetti per l’accoglienza di 50.000 migranti. Previsione, quest’ultima, che non trovò conferma, essendo stati solo 16.844 i migranti effettivamente accolti nei due anni di emergenza36. La capacità massima prevista dal Piano Nazionale per la Regione Calabria è stata di 1643 posti distribuiti nelle 5 province. Secondo i dati forniti dalla Prote-zione Civile aggiornati al 19 dicembre 2012, i migranti effetti-vamente accolti in Calabria sono stati 88737. Per l’accoglienza dei MNA fu elaborato il c.d. “Piano Minori” con il quale, in base alle disposizioni del Commissario delegato, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, quale soggetto attuatore, avrebbe dovuto provvedere al reperimento dei posti a livello nazionale, previa verifica della capacità ricettiva nel distretto di appartenenza da parte delle Autorità di Pubblica Sicurezza. In caso di mancanza dei posti a livello nazionale, il soggetto attuatore avrebbe dovuto procedere all’individuazione di strut-ture temporanee denominate SAT (Strutture di accoglienza Temporanea) al fine di garantire il collocamento dei minori in un luogo sicuro e un’adeguata prima accoglienza, in attesa del trasferimento in comunità. Dal mese di luglio fino alla fine di settembre 2011, in Calabria sono state individuate 11 SAT col-locate nella Provincia di Reggio Calabria (4), di Catanzaro (3), di Cosenza (2) e di Crotone (2). Le maggiori criticità rilevate nella gestione delle strutture temporanee, in base ad un’indagi-ne effettuata da Save the Children nel 2011, sono state: la scar-sa esperienza nel settore di alcuni enti gestori; l’inappropriata collocazione di alcune strutture in prossimità di piccoli centri

36 Dati della Protezione Civile aggiornati al 19 Dicembre 2012 (Consultato su http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS24974)37 Ibidem

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Immigrazione in Calabria

o isolati rispetto ai centri urbani; la mancanza, in alcuni casi, di un servizio di assistenza legale, del supporto nell’adempi-mento delle pratiche burocratico-amministrative e del media-tore interculturale38. Inoltre, ulteriori problematiche si sono riscontrate nel passaggio caotico dalle strutture temporanee a quelle di seconda accoglienza, in cui, spesso, la mancanza di informazioni puntuali non ha consentito l’individuazione dei minori nella fase di collocamento. Risultano mancanti, ancora oggi, i dati relativi al censimento delle strutture SAT. Difatti, ad eccezione del rapporto di Save the Children che ne indica la collocazione per province e per comuni non è stata rilevata una mappatura completa e ben definita delle strutture temporanee calabresi che contempli un’analisi delle modalità di attuazione dei percorsi di accoglienza e di integrazione.

Con l’ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile39 si è regolamentata la fine dello stato di emergenza umanitaria e il rientro nella gestione ordinaria a partire dal 1° gennaio 2013, prorogata al primo marzo 2013, data in cui i Prefetti – subentrati alla Protezione Civile - avrebbero dovuto provvedere allo sgombero dei centri di accoglienza, ad ecce-zione delle strutture atte all’accoglienza di “soggetti vulnera-bili” (MNA, donne e malati). In particolare, si rinnovavano le modalità di accoglienza in procedura ordinaria dei minori stra-nieri non accompagnati accolti con il programma ENA40. Nel

38 Save the Children, L’accoglienza temporanea dei minori stranieri non accom-pagnati arrivati via mare a Lampedusa nel contesto dell’emergenza umanitaria Nord Africa, ottobre 2011(http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img157_b.pdf)39 Ordinanza di Protezione Civile numero 33 del 28 dicembre 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale numero 7 del 9 gennaio 2013.40 Circolare congiunta del Ministero dell’Interno e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del 24 aprile 2013, “Chiusura dell’emergenza umanitaria Nord-Africa: minori stranieri non accompagnati e minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo”.(http://www.integrazionemigranti.gov.it/Attualita/News/Documents/Circolare%20msna%2024%20aprile%202013.pdf)

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post-ENA, le strutture dapprima aperte, hanno dovuto succes-sivamente chiudere, previo trasferimento dei MNA in SPRAR o centri autorizzati o attingere ad altri fondi per l’accoglienza. Difatti, è riscontrabile in Calabria la repentina trasformazione delle strutture suddette in strutture operanti attraverso fondi FER, o da SAT in SPRAR. In altri casi, le strutture temporanee hanno richiesto un riconoscimento istituzionale, divenendo, pertanto, centri di seconda accoglienza autorizzati e accreditati dalla Regione Calabria.

6.5.3 la presenza dei mnA nelle province

Il fenomeno dei MNA in Calabria si caratterizza per un’e-levata percentuale d’irreperibilità sia a livello nazionale che regionale.

La media annua dei segnalati in Calabria, è di 171minori. Tale media risulta fortemente condizionata dai dati riferiti agli ultimi anni in cui si registra un incremento considerevole dei minori segnalati, sostanzialmente dovuto all’esodo provocato dalla c.d. Primavere arabe. Il Grafico riportato in basso (Graf. 6), raffigura l’andamento demografico dei MNA, in cui è evi-dente che dal 2000 al 2004 si è registrata una crescente pre-senza di MNA in Calabria, mentre dal 2005 le presenze sono diminuite fino al 2006, anno in cui è palese un calo conside-revole che segue l’andamento nazionale. Dal 2007 il dato sui minori segnalati ha ricominciato a crescere, nonostante non siano stati più conteggiati i minori provenienti dalla Romania e Bulgaria, perché Paesi neo-comunitari.

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Immigrazione in Calabria

Graf. 6 - MNA segnalati dal 2000 al 2008* - Calabria

* Anni 2000-2008: valori al 31/12.Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Graf. 7 - MNA segnalati dal 2010 al 2013* - Calabria

* Anni 2010-2013: valori al 31/12.Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

I dati riferiti agli ultimi anni segnano un incremento con-siderevole delle presenze, passando da 67 nel 2010 a 574 nel 2011 (Graf. 7), e attestandosi, poi, a 358 nel 2012 ed a 407 nel 2013. Guardando nel dettaglio i dati forniti dalla Direzione Generale, tramite i report nazionali, riferiti ai minori presenti e irreperibili nelle regioni italiane (Tab. 10), è possibile costa-tare che la Calabria, la Sicilia e la Puglia risultano essere le regioni in cui la percentuale di irreperibilità è maggiormente marcata. Negli anni 2011 e 2012 la Sicilia e la Puglia hanno mostrato le percentuali più elevate di minori irreperibili (cal-colati sul totale dei segnalati) seguite dalla Calabria, che ha registrato, rispettivamente, il 2,4 % e il 2%, passando nel 2013 al 3,2%. Nell’anno in corso la Calabria si attesta come la se-

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

conda regione, subito dopo la Sicilia, in cui la percentuale di irreperibilità, pari al 3,6%, incide maggiormente sul totale dei segnalati in Italia. Focalizzando l’attenzione sulle dinamiche interne che riguardano i minori presenti e irreperibili è pos-sibile notare che le percentuali di irreperibilità, calcolate sul totale dei segnalati nella regione, risultano maggiormente ri-levanti. Il trend degli irreperibili nella regione è in continua crescita: nel 2001 il 32% dei minori segnalati era irreperibile, nel 2012 la percentuale si attestava al 42,5%, mentre nel 2013 si è avvertita una leggera flessione ma è rimasta comunque pari al 39,2%, sino ad arrivare al 50,1 % del totale dei minori segnalati in Calabria al 29 Febbraio 2014. L’irreperibilità può essere ricondotta prioritariamente ai progetti migratori di cui i minori sono portatori, nei quali, spesso, le regioni del Sud Ita-lia sono poste come tappe di passaggio rispetto ad altri luoghi, ma anche ai carenti servizi e progetti di accoglienza e integra-zione offerti e alle scarse opportunità lavorative presenti nelle regioni. Difatti, i dati indicano che la Sicilia, la Calabria e la Puglia, accomunate da dinamiche socio-economiche simili e da condizioni di accoglienza, spesso, critiche, sono le regioni in cui i minori approdano per spostarsi successivamente in altri territori.

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Immigrazione in Calabria

Tab. 10 - MNA presenti e irreperibili nelle regioni italiane dal 2011 al 2014

Fonte: ns elaborazione su dati dellaD.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Il flusso al 31 dicembre 2013 era costituito soprattutto da minori giunti sul territorio italiano al diciassettesimo anno di età. Questi ultimi, difatti, costituivano il 55 % del totale dei MNA segnalati. Risultava rilevante, soprattutto per le implica-zioni sociali, il numero di MNA segnalati con età compresa tra lo zero e i quindici anni, pari a 121. Rispetto al 2011, è incre-mentato del 50% il numero di MNA in età compresa tra 0 e14 anni, che è passato da 28 a 56 nel 2013 (Tab. 11).

Tab. 11 - MNA per fasce d’età all’ 8/09/2011 e al 31/12/2013 – Calabria

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz. - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Le nazionalità prevalenti al 31 dicembre 2013 (Graf. 8)sono state quelle egiziana, afghana, siriana e bengalese. Come evi-denzia il grafico in basso, i minori egiziani e afghani, rappre-sentavano il 77% dei MNA presenti sul territorio calabrese. In particolare, i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, confermerebbero in parte le nazionalità pre-valenti registrate a livello nazionale. Difatti, i minori egiziani risultavano in maggior misura presenti sull’intero territorio, mentre delle difformità rispetto alle presenze nazionali si sono registrate per i minori siriani. Questi ultimi, in Calabria, rap-presentavano la terza maggiore nazionalità presente, al contra-rio, in Italia risultavano una delle nazionalità meno rilevanti. Come evidenzia il grafico sottostante, Afghanistan e Bangla-desh risultano essere le provenienze più rappresentate, dopo l’Egitto.

Graf. 8 - MNA segnalati al Comitato per nazionalità al 31/12/2013 - Calabria

Fonte: ns elaborazione su dati della su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz. - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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Immigrazione in Calabria

I minori in Calabria all’8 settembre del 2011 (Tab. 12) pro-venivano dall’Afghanistan (147 minori), dall’Egitto (77) e dalla Tunisia (45). In particolare, si è registrato un incremento del numero di minori egiziani, da Settembre del 2011 a dicem-bre del 2013, che è passato da 77 a 200 unità, e contestualmen-te un decremento dei minori afghani, pari a 35 unità. I minori tunisini, che a settembre del 2011 erano 45, a fine anno 2013 risultavano essere 2, mentre, i minori siriani sono passati da una presenza registrata nel 2011 a 33 registrate nel 2013.

Tab. 12 - Prime tre nazionalità all’8/09/2011 e al 31/12/2013. Calabria

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz.e Pol. di Integraz.- Mi-nistero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Graf. 9 - Prime tre nazionalità presenti in Calabria all’8/09/2011 e al 31/12/2013

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz. - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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6 - Il profilo dei minori non accompagnati in Italia e in Calabria: dati statistici e implicazioni sociali

Di particolare rilevanza risulta l’incremento considerevole registrato dai minori egiziani nel passaggio dal periodo dell’E-NA a quello del post-ENA. Difatti, dalla fine del 2013 sino ad inizio del 2014 si sono registrati diversi arrivi di MNA di nazionalità egiziana41. Le strategie migratorie da essi definite contemplano l’inserimento lavorativo come soluzione al debi-to contratto dalla famiglia per sostenere le spese del viaggio42. Le traiettorie dei minori intersecano le terre della Sicilia, della Puglia e della Calabria per spostarsi verso le aree urbane in cui sono presenti numerose comunità straniere e dove esisto-no maggiori opportunità di trovare occupazione43. È evidente, infine,la tendenza dei minori egiziani a propendere verso for-me di accoglienza predisposte per i MNA, che si evince dall’e-siguo numero di domande di protezione internazionale da essi presentate(10 nel 2011, 20 nel 2012, 25 nel 2013)44

I 28 Enti locali calabresi che, sulla base dei dati forniti dalla Direzione Generale, hanno accolto MNA nel 2013, sono pre-senti in 4 province: Cosenza (4), Catanzaro (9), Reggio Cala-bria (11) e Crotone (4). I Comuni della fascia costiera jonica della provincia reggina, risultavano maggiormente coinvolti, mentre molti Comuni della provincia di Catanzaro e Cosenza, interessati dal fenomeno, sono ubicati nell’entroterra calabre-se. Il Comune di Reggio Calabria al 31 dicembre del 2013 re-gistrava la maggiore presenza di MNA sul territorio comunale (67), seguito dal Comune di Riace (47) e quello di Locri (43).

41 Comunicato stampa del 10 febbraio 2013. (http://www.savethechildren.it/informati/comunicati/immigrazione__quasi_300_minori_non_accompagnati__in_condizioni_di_accoglienza_critiche_?year=2014)42 Percorso migratorio e condizioni di vita dei minori non accompagnati egiziani in Italia : consigli per una migratoria sicura. Rapporto di ricerca realizzato nell’am-bito del progetto europeo « Providing alternatives to irregular migration for unac-companied children in Egypt », p.21 (http://images.savethechildren.it/f/download/protezione/egitto/ra/rapporto_it.pdf)43 Ivi, p.544 Dati Eurostat (http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/submitViewTableAction.do)

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Immigrazione in Calabria

Un alto numero di minori si è poi registrato nel Comune di Cutro (34), Crotone (28) e Isola di Capo Rizzuto (25).

Fig. 1 - Enti locali calabresi che hanno accolto MNA al 31/12/2013

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Nella provincia di Catanzaro, nello specifico, nel Comune di Borgia si è registrata la presenza di 25 minori. Dal rapporto regionale redatto dalla Direzione Generale i 407 minori segna-lati nel 2013, in Calabria, sono stati presi in carico e, quindi, accolti direttamente dagli Enti Locali. In particolare, la pro-vincia di Reggio Calabria è apparsa maggiormente coinvol-ta nell’accoglienza, con il 62% di presenze sul totale, seguita

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dalla provincia di Crotone con il 22%, dalla provincia di Ca-tanzaro con il 14%, e, infine, da quella di Cosenza con circa il 2%. Facendo un confronto tra i dati aggiornati all’8 settembre 2011 ed al 31 dicembre 2013 (Tab.13) è possibile constatare che nella provincia di Reggio Calabria si è registrato un incre-mento considerevole delle presenze che sono passate da 78 a 254, mentre nelle province di Catanzaro, Crotone e Cosenza è diminuito sensibilmente il numero dei minori presenti.

Tab.13 - Ripartizione dei MNA segnalati distinti per provincia all’8/09/2001 e al 31/12/ 2013 – Calabria

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz. - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Disaggregando ulteriormente i dati forniti dalla Direzione Generale aggiornati al 31 dicembre 2013 è possibile individua-re l’età dei minori nelle province calabresi (Graf.10). I MNA diciassettenni erano presenti in tutte le province coinvolte, con valori elevati, soprattutto, nella provincia di Reggio Calabria, dove rappresentavano il 62% del totale dei diciassettenni pre-senti, seguita dalla provincia di Crotone con il 21%. I sedicen-ni erano presenti nella provincia di Reggio Calabria, Crotone e Catanzaro, mentre risultavano assenti nella provincia di Co-senza. I quindicenni, che rappresentavano il 16% del totale, erano presenti, soprattutto, nella provincia di Reggio Calabria e Crotone. I MNA in età 0-14 erano maggiormente concentrati nella provincia di Reggio Calabria, in cui si registrava la pre-senza di minori con un’età inferiore ai 7 anni, mentre, erano assenti nella provincia di Cosenza.

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Immigrazione in Calabria

Tab. 14 - MNA segnalati in Calabria distinti per provincia ed età al 31 dicembre 2013

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Graf. 10 - MNA segnalati in Calabria distinti per età e provincia al 31 dicembre 2013

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Le nazionalità prevalenti nelle province calabresi al 31 di-cembre 2013 (Graf. 11- Tab. 15) erano l’Egitto e l’Afghani-stan. In particolare, i minori egiziani erano presenti nelle aree di Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone, mentre gli afghani registravano presenze significative in tutti i contesti analizza-ti. Particolare è stato il caso dei minori siriani presenti quasi esclusivamente nella provincia di Reggio Calabria.

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Tab. 15 - MNA segnalati in Calabria distinti per provincia ed età al 31 dicembre 2013

Fonte: ns elaborazione su dati della D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Graf. 11 - Prime tre nazionalità presenti per provincia al 31/12/2013 - Calabria

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Immigrazione in Calabria

In base all’ultimo report regionale fornito dalla Direzione Generale, è possibile fotografare il fenomeno dei minori soli segnalati in Calabria al 31 marzo 2014 (Tab. 16). Questi sono 577, di cui 298 presenti e 279 irreperibili. Il 98,4% dei minori presenti è di sesso maschile, osservando, poi, le fasce d’età, si conferma la prevalente presenza di minori diciassettenni e se-dicenni. In particolare calcolando la percentuale sui segnalati (presenti e irreperibili) emerge che il 44,4% ha diciassettenni anni, il 31,5% sedici, il 14,9% quindici, mentre si conferma l’esigua presenza di minori con età compresa tra 0 e 14 anni, pari al 9,2%. Disaggregando ulteriormente i dati ed analiz-zando specificamente le classi d’età emerge che i sedicenni registrano il tasso più alto di irreperibilità (54,4%), seguono immediatamente dopo i diciassettenni (50,4%), i quindicenni (43%) e i minori in età compresa tra 0 e 14 anni (26,4%). Le prime tre componenti provengono dall’Egitto (153), dall’Af-ghanistan (73) e dalla Siria (22), mentre, quelle che registrano il numero assoluto di irreperibilità sono i minori che provengo-no dall’Egitto (130), dall’Afghanistan (60) e dall’Eritrea (40). In particolare, i minori eritrei registrano la percentuale più ele-vata di irreperibilità, difatti, 40 minori su 42, pari al 95,2%, ri-sultano irreperibili, seguiti dai minori siriani (47,6%), egiziani (45,9%) ed afghani (45,1%).

Dalla comparazione dei dati regionali aggiornati al 31 di-cembre 2013 e al 31 marzo 2014 è possibile leggere l’estre-ma mutevolezza del fenomeno dei minori migranti. Difatti, ai 407 minori, nell’arco di tre mesi, se ne aggiungono altri 170, arrivando a contare 577 minori, di cui 279 irreperibili. Quest’ultimo dato fa emergere la rapidità attraverso cui lo sce-nario regionale vive importanti trasformazioni. In particolare, ai 28 comuni del 31 dicembre 2013, in cui sono stati segnalati i minori, se ne aggiungono altri quattro: Guardavalle, Verzino, Caulonia e Melito Porto Salvo. In alcuni dei 28 Comuni, in particolare nel Comune di Riace, si è passati da 47 minori a 13, mostrando un numero totale di 34 minori che in tre mesi potrebbero essersi resi irreperibili o trasferiti in altre strutture.

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In altri casi, come Roccella Jonica, i minori sono passati in tre mesi da 42 a 5, un dato che pone degli interrogativi relativa-mente alla tracciabilità dei percorsi dei minori non accompa-gnati accolti nella regione.

Tab. 16 - MNA suddivisi per province ed Enti locali al 31/03/2014. Regione Calabria.

Fonte: D.G. Immigraz. e Pol. di Integraz.- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Tra gli Enti locali, nella provincia di Catanzaro, che re-gistrano il numero maggiore di minori presenti si segnalano

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Immigrazione in Calabria

Borgia ed il capoluogo, mentre la percentuale più elevata di irreperibili si registra nel Comune di Lamezia Terme (11%). La provincia di Cosenza registra una presenza poco rilevante, difatti, ciascun Comune conta un solo minore ad eccezione di Acri in cui tre minori segnalati al 31 dicembre 2013 non sono più da contare nei minori presenti. Nel territorio provinciale di Crotone la presenza più rilevante è riscontrabile nel Comune di Cutro (18) di Crotone (11) e di Isola Capo Rizzuto (22), in cui si registra anche il tasso più alto di irreperibilità (9,3%). La provincia di Reggio Calabria, infine, evidenzia una forte presenza di minori nel Comune capoluogo (60), seguito da Roccella Jonica (55) e Locri (24). Il tasso di irreperibilità più elevato si registra nel Comune di Reggio Calabria (24,4%), seguono il Comune di Riace (12,2%) e di Locri (9,3%).

6.5.4 I minori soli richiedenti asilo e rifugiati

Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, oltre ad essere formato dagli attori sociali e istituzionali su menzionati che creano, di fatto, una governance multilivello di gestione e organizzazione del sistema, è composto dagli enti locali che accedono, secondo le disposizioni del Decreto del Ministero dell’Interno del 28 novembre 2005, al Fondo nazio-nale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA) al fine di realizzare, con la collaborazione del privato sociale, progetti di accoglienza integrata destinati a richiedenti asilo e rifugiati45.In particolare, gli enti locali, che compongono la rete struttu-rale SPRAR, provvedono non solo a garantire l’accesso dei migranti ad un alloggio e al vitto, ma garantiscono interventi che mirano alla loro integrazione e alla successiva autonomia ed emancipazione dall’assistenza, definendo già dall’ingresso un percorso individualizzato di uscita, grazie al supporto dalle

45 Anci - Ministero dell’Interno, Rapporto annuale. Anno 2012/2013, cit.

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associazioni del terzo settore. L’importanza che riveste tale si-stema di accoglienza è da ricercarsi soprattutto nell’interscam-bio tra autoctoni e migranti che avviene all’interno dei territori comunali, non solo in termini di inclusione sociale ma anche attraverso il potenziamento della rete degli attori territoriali (associazioni, servizi sociali, ASP, Ente locale). Difatti, il raf-forzamento e il potenziamento dei servizi territoriali - previsto dalle linee-guida dello Sprar - e l’ingresso di nuove compe-tenze nel territorio comportano dei benefici di cui godono non solo i migranti, ma anche gli autoctoni. In Calabria, il processo di emigrazione prima e quello di urbanizzazione poi, hanno, di fatto, contribuito allo spopolamento di molti paesi calabresi. In alcune di queste zone, pertanto, lo SPRAR, ha consentito la rivitalizzazione del territorio, garantendo la continuità dei servizi educativi e scolastici che rischiavano di non essere più erogati a causa della mancanza degli utenti46.

Sono otto gli Enti locali calabresi che nel triennio 2011- 2013 hanno fatto parte della rete SPRAR con progetti territo-riali per categorie ordinarie. In particolare, risultava privile-giata la provincia di Reggio Calabria con 3 progetti presenti soprattutto sulla fascia ionica, mentre nella provincia di Co-senza risultavano 2 progetti, seguita poi dalle province di Cro-tone, Lamezia terme e Catanzaro aventi rispettivamente un solo progetto finanziato.

Nel 2011 con l’Emergenza Nord Africa è stato implementato un sistema di accoglienza straordinario, parallelo allo SPRAR ed ai CARA, gestito direttamente dalla Protezione Civile. Di-fatti, per far fronte allo stato di emergenza, legato “all’ecce-zionale afflusso di cittadini provenienti dal Nord Africa” in seguito alle Primavere Arabe, la Protezione Civile ha indivi-duato, gestito e finanziato nuovi posti per l’accoglienza dei ri-

46 Elia A., Jeunes et enfants refugiés dans le sud de l’Italie. Nouvelles formes de citoyenneté et de représentations identitaires, in «Migrations Société», Revue bi-mestrielle du CIEMI, Vol. XXIV, n° 141-142, mai - août 2012, Paris, pp. 157-170.

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chiedenti asilo. I posti aggiuntivi si sono sommati a quelli della rete strutturale SPRAR, finanziati con il FNPSA,ed ai proget-ti finanziati con le risorse straordinarie dell’Otto per Mille dell’IRPEF, assegnate ad ANCI dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il potenziamento delle misure di accoglienza integrata a favore di richiedenti asilo e rifugiati.

Il totale dei posti finanziati nel 2011 per MNA RA è stato di 232 di cui 85 finanziati dalla Protezione Civile mentre i minori accolti sono stati complessivamente 312. In particolare, i po-sti finanziati dalla Protezione Civile in Calabria per “categorie vulnerabili”, in cui rientrano i minori non accompagnati sono stati 28, di cui 16 ad Acri e 12 a Crotone47.

Nel 2012 i posti finanziati in Calabria sono stati comples-sivamente 263, pari al 5,9 % del totale dei posti finanziati in Italia, mentre gli accolti sono stati 398 pari al 4,9 % sul totale nazionale. Nello specifico, i MNA RA accolti nella regione sono stati 53, pari al 14,8% sul totale degli accolti nel Paese, mentre i posti finanziati per la suddetta categoria sono stati 32 pari al 13,5% sul totale nazionale. Disaggregando ulteriormen-te i dati regionali è possibile rilevare che il 13,3% del totale degli accolti nella regione sono stati MNA RA, mentre la re-stante parte era composta da beneficiari ordinari, ossia uomi-ni e donne singoli e nuclei familiari. In particolare, nel 2012, sono stati accolti 16 minori ad Acri e 37 a Crotone, su 32 posti complessivi (16 ad Acri e 16 a Crotone) finanziati dalla Prote-zione Civile48.

Nel 2013 il Ministero dell’Interno ha richiesto agli Enti lo-cali della rete SPRAR di incrementare i posti per l’accoglienza. Difatti, ai 3000 posti strutturali si aggiunsero circa 6000 posti straordinari. Inoltre, in base alla graduatoria SPRAR del 29 gennaio 2014sono 19.510 i posti di accoglienza per richieden-ti o titolari di protezione internazionale messi a disposizione

47 Anci - Ministero dell’Interno, Rapporto annuale. Anno 2011/2012, cit.48 Anci - Ministero dell’Interno, Rapporto annuale. Anno 2012/2013, cit.

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dagli Enti locali italiani49. Nello specifico, sono stati approvati 456 nuovi progetti, di cui 57 per minori non accompagnati e 32 per persone con disagio mentale o disabilità (Tab. 17). Gli Enti locali calabresi attualmente inseriti nella rete SPRAR sono 30, di cui 8 con un’esperienza di accoglienza consolidata, perché già beneficiari negli anni precedenti, mentre i 22 rimanenti si configurano come nuovi centri di accoglienza integrata. La ca-pacità ricettiva per le categorie ordinarie ammonta complessi-vamente a 1055 tra i posti assegnati - calcolati sulla popolazio-ne residente - e quelli aggiuntivi messi a disposizione50.

49 Reperibile su http://www.interno.gov.it/mininterno/site/it/sezioni/servizi/bandi_gara/dip_liberta_civili/2014_29_01_Graduatoria_SPRAR.html50 Art. 6 del Decreto del Ministero dell’Interno del 30/07/2013, “Modalita’ di pre-sentazione delle domande di contributo da parte degli enti locali che prestano servi-zi finalizzati all’accoglienza dei richiedenti e dei titolari di protezione internaziona-le ed umanitaria, triennio 2014-2016. Linee guida e modelli di domanda” (GU Serie Generale n.207 del 4-9-2013).

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Immigrazione in Calabria

Tab. 17 - Enti locali calabresi nella rete SPRAR “categoria ordinaria” distinti per numero di posti – triennio 2014/2016

Fonte: ns elaborazione su dati del Ministero dell’Interno- Direzione Cen-trale dei Servizi Civili per l’Immigrazione e l’Asilo

Ai progetti territoriali per categorie ordinarie si sommano quelli riferiti specificamente ai MNA RA. Gli Enti locali cala-bresi beneficiari del FNPSA per MNA RA sono 8, tra cui rien-trano Acri e Crotone che durante lo stato di emergenza hanno beneficiato del fondo Protezione Civile. In particolare, la ca-pacità ricettiva complessiva risulta essere di 101 unità, di cui 77 posti assegnati dal Ministero e 24 aggiuntivi. Mentre per le categorie ordinarie ammonta a 15 il limite minimo di posti per ente locale, per i progetti che riguardano l’accoglienza dei

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MNA, il limite è posto a 10 in base alle disposizione del Mini-stero dell’Interno51.

Tab. 18 - Enti locali calabresi nella rete SPRAR “MNA” distinti per numero di posti – triennio 2014/2016

Fonte: ns elaborazione su dati del Ministero dell’Interno- Direzione Cen-trale dei Servizi Civili per l’Immigrazione e l’Asilo

Rilevante è il dato relativo al Comune di Catanzaro che mette a disposizione 21 posti complessivi per MNA, seguito dal Comune di Benestare, a cui sono stati assegnati 10 posti che si sommano ai 10 aggiuntivi messi a disposizione (Tab. 18). I dati riferiti all’ultima graduatoria mettono in luce la volontà dell’organo governativo di intensificare i percorsi di accoglienza integrata previsti dalla rete SPRAR, facendolo emergere come sistema privilegiato nell’accoglienza dei ri-chiedenti asilo e rifugiati. L’incremento consistente della rete strutturale, che passa da 3.000 posti a circa 20.000, permette di fronteggiare in via ordinaria alle richieste di protezione e acco-glienza dei migranti, che per effetto della procedura Dublino, sono destinati ad attendere sul territorio di approdo i documen-ti attestanti lo status di rifugiato prima di potersi spostare in altri territori europei.

51 D.M del 30/07/2013 art.5 comma 2 : « Per quanto concerne i servizi di acco-glienza specificamente predisposti per i minori stranieri non accompagnati richie-denti asilo o titolari di protezione internazionale o umanitaria, in ogni caso il limite minimo del numero dei posti è dieci ».

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Immigrazione in Calabria

6.6 Conclusioni

Alla luce di quanto analizzato sinora emerge in modo evi-dente la complessità del fenomeno dei minori stranieri non ac-compagnati, la cui fattispecie giuridica è disciplinata da una normativa farraginosa che attraverso un processo di ibridazio-ne conferisce al minore un’identità multipla e frammentata, identificandolo in una figura scissa a metà tra minore e stra-niero52. La lettura socio-statistica del fenomeno ne evidenzia il carattere fortemente mutevole determinato dalle alte percen-tuali di irreperibilità riscontrate a livello nazionale ed in ma-niera più marcata nelle regioni meridionali. Difatti, la Calabria insieme alla Sicilia e alla Puglia rappresentano, spesso, per i minori una tappa temporanea. Esiste una correlazione tra i casi di fuga e le condizioni di accoglienza offerte dalle strutture. La capacità di avviare percorsi di accoglienza idonei a garan-tire i diritti essenziali del minore è inficiata dalla difficoltosa gestione delle strutture di prima e seconda accoglienza deter-minata dalla carenza di risorse economiche dei comuni coin-volti nelle operazioni di presa in carico53. Problematiche ancor più evidenti per le strutture sorte ad hoc durante l’emergenza Nord Africa. In particolare, in Calabria, dove non sono pre-senti centri di prima accoglienza, si è palesato uno scenario caratterizzato da una serie di criticità che hanno avuto una for-te ricaduta sui minori. Difatti, essi spesso collocati in strutture che presentavano scarse condizioni igieniche, sovraffollate e promiscue, sono stati beneficiari di servizi qualitativamente

52 Giovannetti M., Storie minori. Percorsi di accoglienza e di esclusione dei minori stranieri non accompagnati cit. in «I Quaderni», Trimestrale n. (36), Firenze, Cesvot, Luglio 2007. http://www.cesvot.it/repository/cont_schedemm/2403_documento.pdf53 In merito alle criticità relative ai processi di presa in carico dei MNA da parte dei comuni calabresi nel post-ENA cfr. in questo volume Elia A., La Calabria nel panorama italiano della migrazione dei minori soli: dalle procedure di “riconosci-mento” alla protezione.

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e quantitativamente carenti, sono stati privati, in alcuni casi, parzialmente o totalmente, dei beni essenziali, dell’assistenza sanitaria, della mediazione culturale e di una moltitudine di diritti previsti dalla normativa interna ed internazionale come attestano diversi rapporti di monitoraggio redatti da Save the Children54. La conseguenza immediata è stata, quindi, la produzione di ostacoli al benessere ed al pieno sviluppo del minore. Tale criticità appare evidente in relazione all’arrivo di MNARA nell’ENA, e all’assenza in Calabria, di progetti territoriali dello SPRAR nel triennio 2011-2013, ad eccezione dell’esiguo numero di posti messi a disposizione dalla Prote-zione civile durante l’Emergenza.

La mappatura delle strutture che hanno ospitato minori nell’ENA e nell’attuale passaggio al post-emergenza, rappre-senta una problematica evidente in Calabria, alla luce anche della variabilità dei dati ministeriali relativamente ai minori presenti in alcuni comuni. La ricerca quantitativa, ancora in corso si propone di approfondire questi aspetti attraverso la somministrazione di questionari rivolti ai responsabili delle strutture e agli Enti locali calabresi coinvolti nell’arrivo dei minori55. L’elaborazione dei risultati si propone, in particolare, di volgere l’attenzione sulle strutture di accoglienza calabresi, sui minori accolti nella regione e sui delicati temi della tutela e dell’affido. La finalità è quella di aprire nuovi spazi di rifles-sione sull’organizzazione dell’accoglienza, sui relativi percor-si di inclusione sociale e sui servizi erogati identificandone eventuali criticità e punti di forza.

54 Save the Children, La situazione dei minori stranieri non accompagnati in Italia, op. cit., p 5; Save the Children, Dossier minori migranti in arrivo via mare, op. cit., p. 18; Save the Children, L’accoglienza dei minori in arrivo via mare, op. cit.; Save the children, L’accoglienza temporanea dei minori stranieri non accompagnati ar-rivati via mare a Lampedusa nel contesto dell’emergenza umanitaria Nord Africa, op. cit.55 In merito alla metodologia adottata cfr. Elia A., La Calabria nel panorama ita-liano della migrazione dei minori soli, op. cit.

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Bibliografia

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