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  • 7/26/2019 Rapaccini - Primavera Araba

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    20131 Milano - Via Stradivari, 7

    Poste Italiane Spa Spedizione in a.p.

    D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004

    n. 46) art. 1, comma 2, DCB Perugia

    664Giugno2016

    Zalone star

    al Salone del librodi Alessandro Rivali

    Anomalie elettoralinegli Stati Unitidi Mauro della Porta Raffo

    ivere come seDio ci fosse

    i Lucrezia Scotellaro

    Caro Dio....Nel laboratorio di

    lannery OConnori Fernanda Rossini

    San Francesco nelparadiso di Pounddi Andrea Colombo

    Raccontarelindicibilecolloquio di Marco Dalla Torrecon lalpino Ugo Balzani

    Valori, umori& dispetti elettoralidi Lorenzo Ornaghi

    Exit Pannelladi Nicola Guiso

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    unico dato sicuramente certo delle ele-zioni amministrative in 1.363 comuni ita-liani, di cui 26 capoluoghi di provincia,

    la percentuale dei votanti al primo turno, che sce-sa dal 67,45 per cento delle precedenti omologhe

    (nel 2011) al 62,14: in cinque anni, un buon cinqueper cento in meno.Disaffezione, incertezza, assenza di proposte politi-che e di candidati convincenti. Quello che pi stu-

    pisce, per, la preventiva sottovalutazione di que-ste elezioni. Sempre si detto che non si deve darecolorazione politica alle elezioni amministrative, e

    sempre, a urne chiuse, se ne sono tratte conclusio-ni politiche. Ma questa volta, e soprattutto da par-te del presidente del Consiglio, si sostenuto cheveramente importante il referendum confermativoistituzionale di ottobre, non la scelta dei sindaci in

    giugno. Evidentemente era un modo di mettere lemani avanti avendo fiutato un vento poco favorevo-le, come poi i fatti hanno dato conferma. Perchunaltra indicazione del voto una certa insoffe-renza nei confronti del Partito democratico e del

    suo segretario-presidente del Consiglio.Qui non stiamo a discutere di cifre perch, in atte-

    sa dei ballottaggi, non abbiamo ancora tutti gli ele-menti. Quello che con meraviglia vogliamo rimar-care, che la sottovalutazione delle elezioni di giu-

    gno stata assecondata (o promossa) anche dai

    mezzi dinformazione. Sabato 4 giugno, vigilia del-le elezioni, il Tg1 delle ore 20, ha dedicato il servi-

    zio di apertura, di una buona decina di minuti, allamorte di Cassius Clay, alias Muhammad Ali, perso-naggio, a dir poco, tuttaltro che esemplare, emble-ma dello sbando morale che corrode le radici di un(ex?) grande Paese. Solo dopo la glorificazione diCassius Clay, al Tg1 si parlato di elezioni. veroche sussiste tuttora lanacronistica sospensione del-la campagna elettorale il giorno prima e il giorno

    stesso delle elezioni, ma dalla televisione pubblica

    ci si poteva aspettare almeno una ben pi articola-ta spiegazione tecnica dei meccanismi del voto,esortando a recarsi alle urne, pur senza fare pro-

    Irischi del voto contro

    paganda partitica. Anacronistico, dicevamo (e ag-giungiamo: grottesco), il silenzio elettorale perchtravolto dal web sul quale la propaganda prose-

    guita, eccome. Anche il Corriere della sera, domeni-ca 5 giugno, ha dedicato la mezza pagina dapertu-

    ra al su non lodato pugile americano (e quattro pa-gine interne), quasi obbedendo alla consegna go-vernativa di mettere il silenziatore alle elezioni.Sembra proprio che limpegno dei mass media siadistrarre, anzich informare, lopinione pubblica.

    Poi ci si domanda perch lastensionismo in cre-scita, mentre il voto di protesta grillina sbalordisceRoma e Torino. La gente andr a votare quando lesaranno proposti programmi politici e amministra-tivi credibili, in un quadro istituzionale non mani-

    polabile a piacere. Altrimenti si alimenter il feno-meno del voto per dispetto che il prof. LorenzoOrnaghi analizza da par suo a p. 426. Anzich con-correre a far vincere qualcuno abbastanza vicinoalle proprie aspettative, lelettore preferisce non

    far vincere un predefinito avversario. In questomodo, spiega Ornaghi, le procedure rappresen-tative vengono esposte alla minaccia di una conti-nua, sempre pi profonda corrosione.

    Inoltre, nonostante il conclamato disprezzo per lapolitica, sempre pi numerosi sono gli aspiranticandidati ai posti che sono pur sempre ritenuti di

    potere: in questultima tornata elettorale, per esem-

    pio, a Salerno (132mila abitanti) i candidati allacarica di sindaco erano dieci, e 698 gli aspiranticonsiglieri. Ancora con Ornaghi: La corrosionedelle vigenti procedure rappresentativo-elettive simanifesta e incomincia a operare proprio dal pun-to in cui le caratteristiche o le qualit confacenti alrappresentare sono ben diverse da quelle indi-

    spensabili per governare. il problema dellaselezione della classe politica, che non si risolvesemplicemente cooptando esponenti della cosiddet-ta societ civile. Senza un chiaro e audace pro-

    getto politico, ben difficilmente miglioreranno lesorti della nostra malandata Repubblica.C.C.

    401

    Editoriale

    L

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    N 664

    I rischi del voto contro

    Vivere come se Dio ci fossePiazza quadrata. Fare sistema. Ma come?

    Anomalie elettorali negli Stati Uniti

    Caro Dio.... Nel laboratorio di Flannery OConnor

    Zalone star al Salone del libro

    Lettera da Neoneli. La Provenza della Sardegna

    Orizzonti. Valori, umori & dispetti elettorali

    In memoriam. Exit Pannella

    Testimoni. Raccontare lindicibile. Colloquio con lalpino Ugo Balzani

    Cruciverba dautore

    Medioriente. La Primavera araba cinque anni dopo

    Piazza San Pietro. Dalle Bolle a una parrocchia atipica

    Editoria. La nuova teologia della credibilit

    Psicologia. Le origini anti-cristiane delleducazione sessuale

    Filosofia. Persona & diritto in Maritain

    Epistolari. Firmato, Francesco di Sales

    Istruzione. Alternanza scuola-lavoro: una sfida

    Classici. I saggi del Foscolo sul Tasso

    Fonti letterarie. San Francesco nel paradiso di Pound

    InquietovivereArti visive. Gloria & miseria di William Kentridge

    Cinema. Il coraggio del perdono

    Festival. La Palma rossa di Cannes 2016. Colloquio con Ken Loach

    Teatro. Due monologhi etici al femminile

    Ares news. Filosofia, letteratura, mariofanie

    Libri & libri

    Doppia Classifica. Libri venduti & libri consigliati

    Fax & disfax. Bagnoregio senza Bonaventura

    Libri ricevuti

    402

    Un numero per sostenere il Suo e il nostro impegno culturale:

    00980910582. il codice fiscale dellAres, Associazione Ricerche e Studi,

    editrice di Studi cattolici, da utilizzare nella dichiarazione dei redditi

    per devolvere allAres il 5 per mille.Un grazie alla generosit di tutti i lettori.

    Editoriale

    Lucrezia ScotellaroDino Basili

    Mauro della Porta Raffo

    Fernanda Rossini

    Alessandro Rivali

    Nicola Lecca

    Lorenzo Ornaghi

    Nicola Guiso

    Marco Dalla Torre

    Florio Fabbri

    Roberto Rapaccini

    Aldo Maria Valli

    Antonio Cirillo

    Roberto Marchesini

    Michelangelo Pelez

    Pasquale Maffeo

    Giovanni Scanagatta

    Raffaele Vacca

    Andrea Colombo

    Guido ClericettiMichele Dolz

    Davide Brambilla - Franco Manzi

    Claudio Pollastri

    Vincenzo Sardelli

    Matteo Andolfo

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    Mauro Manfredini

    Franco Palmieri

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    GIUGNO 2016ANNO 60

    Mensile di studi e attualit20131 Milano - Via A. Stradivari, 7

    Telefoni 02.29.52.61.56 - 02.29.51.42.02Fax 02.29.52.01.63

    Redazione romana:Via Vincenzo Coronelli, 26/a - 00176 Roma

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    http://www.ares.mi.ite-mail: [email protected]

    DIRETTORE RESPONSABILECesare Cavalleri

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    SEGRETARI DI REDAZIONEMilano: Alessandro RivaliRoma: Franco Palmieri

    EDITOREAres. Associazione Ricerche e Studi

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    con il n. 534/6/265 (17-11-1982)

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    rantisce la massima riservatezza, effettuato per aggior-nare gli interessati su iniziative e offerte dellAres. I datinon saranno comunicati o diffusi a terzi e labbonato potrin qualsiasi momento richiederne la modifica o la cancella-zione, scrivendo allAres Via Stradivari 7, 20131 Milano.

    in questo numero:

    Una preoccupazione di Benedetto XVI (foto)

    sempre stata la perdita del fondamento dei diritti umani:linvito del Papa emerito a vivere come se Dio ci fosse

    pu essere considerato come il principio per riaffermare i

    valori della fede, partendo dalla definizione di un percor-

    so di ragionevolezza della stessa, inteso come il ponte per

    il dialogo tra credenti e non credenti, per tentare di argi-

    nare la deriva della dittatura del relativismo: ne ragiona

    Lucrezia Scotellaro nello studio dapertura a p. 404.

    Caro Dio, non posso amarti nel modo in cui vor-

    rei, inizia cos lintensissimoDiario di preghiera di Flan-

    nery OConnor (foto) ora pubblicato da Bompiani: queste

    pagine rivelano lorizzonte pi intimo della scrittrice statu-nitense ai tempi dellUniversit: era una giovane donna,

    consapevole del proprio talento, che si interrogava sul fu-

    turo e sulla propria ricerca di Dio. Per il sorprendente la-

    boratorio di Flannery c Fernanda Rossini a p. 415.

    Clinton o Trump per USA 2016? In attesa di cono-

    scere il vincitore, Mauro della Porta Raffo (foto) spiega a p.

    410 la storia delle anomalie elettorali statunitensi. Al-

    trizoom oltreconfine: Roberto Rapaccini rilegge la Pri-

    mavera araba a cinque anni di distanza (p. 439), mentre da

    Piazza san Pietro Aldo Maria Valli ragguaglia su una

    parrocchia atipica, quella della Guardia svizzera (p. 440).

    Marco Dalla Torre ha intervistato lalpino 94enne Ugo Bal-

    zani, superstite della Campagna di Russia: la sua testimo-

    nianza di una bellezza lacerante (p. 432).

    Incredibile dictu: superstar al Salone del libro

    stata la simpatia di Checco Zalone (foto): nel reportage di

    p. 421 Alessandro Rivali esplora le novit presenti sugli

    scaffali della kermesse torinese. Per chi volesse scopri-

    re un angolo di Provenza in Sardegna basta andare a p.

    424: trover la Lettera da Neoneli di Nicola Lecca.

    Un campione della libert, addirittura un

    eroe del nostro tempo, cos stato salutato pressoch

    unanimamente Marco Pannella (foto) scomparso lo scorso

    19 marzo: per un profilo rispettoso, ma non certo lusin-

    ghiero c Nicola Guiso a p. 429.

    Cinema. Kean Loach si aggiudicato la Palma

    dOro di Cannes: il nostro Claudio Pollastri lha inseguito fi-

    no a p. 466; si pu poi riflettere su Il coraggio del perdo-

    no in Philomena con Davide Brambilla & Franco Manzi

    (p. 462). Letteratura: Andrea Colombo ha cercato san

    Francesco nel paradiso di Ezra Pound (p. 456), mentre Ni-

    cola Vacca ha riletto i saggi del Foscolo su Torquato Tasso.

    Si pu essere sempre aggiornati sul mondo Ares? Certo,

    con la documentatissima rubrica di Matteo Andolfo a p. 470.

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    Sono passati cinque anni dai mo-ti di rivolta della Primavera ara-

    ba, iniziati in Tunisia e in Egittorispettivamente alla fine del 2010e nei primi mesi del 2011, nel cor-so dei quali il diffuso malessere

    per societ cristallizzate su posi-zioni antidemocratiche e caratte-rizzate da inaccettabili disegua-glianze nella distribuzione dellaricchezza aveva spinto migliaia di

    persone nelle piazze di alcune ca-pitali arabe, per richiedere la so-stituzione dei regimi autoritari al

    potere con democrazie laiche. LaPrimavera araba principalmenteriguard sei Stati: la Tunisia, lE-gitto, lo Yemen, il Bahrain, la Si-ria e la Libia. Anche in Maroccoci furono dimostrazioni, ma ebbe-

    ro un carattere prevalentementepacifico e portarono a cambia-menti costituzionali che introdus-sero forme di legittimit demo-cratica. Nel corso della Primaveraaraba svolse un ruolo importantela Rete. Infatti, mentre i giornali ele televisioni si mantennero e-spressione di poteri governativi,Internet sfugg a ogni controllo: ilWeb fu lunico strumento per ladiffusione mediatica delle idee di

    cambiamento e per la concreta or-ganizzazione delle manifestazio-ni, il solo mezzo per assicurare al-linterno e allesterno dei rispetti-vi confini nazionali unadeguatalibert di informazione. Il fonda-mentalismo religioso inizialmen-te non ebbe uno specifico ruolo;in alcuni casi assunse una funzio-ne di contenimento e di controllodelle istanze di rinnovamento,

    guidando morbidamente i sistemipolitici verso una neoislamizza-zione che contribu ad affermareregimi non particolarmente diver-

    si da quelli precedenti. In questimoti mancarono anche quelle ma-nifestazioni anti-occidentali (so-

    prattutto anti-americane e anti-israeliane) emerse in precedentirivoluzioni islamiche comequella iraniana del 1979 cheavevano accreditato limmaginedi un mondo musulmano compat-to nellessere in ogni occasionecontrapposto allOccidente.

    La Primavera araba ebbe inizio inTunisia nel dicembre del 2010con la cosiddetta Rivoluzionedel gelsomino, ovvero con i di-

    sordini che seguirono al suicidiodi un universitario disoccupato,Mohamed Bouazizi, costretto persopravvivere a fare il venditoreambulante. Il giovane si diedefuoco in segno di protesta per lecondizioni economiche del Paesedavanti alla sede del governatora-to di Sidi Bouzid dopo aver subtoumiliazioni dalla polizia a seguitodi un alterco. I tumulti, motivatisoprattutto dalla disoccupazione,

    dallelevato costo dei beni prima-ri, dalla corruzione e dalle cattivecondizioni di vita, si estesero atutto il Paese nonostante i tentati-vi della polizia di soffocare i mo-ti locali con la solita repressioneviolenta che in casi pregressi erastata sufficiente a ristabilire lor-dine. Le manifestazioni di piazzaa gennaio del 2011 costrinsero il

    presidente Ben Al a porre termi-

    ne al suo mandato con una repen-tina fuga a Gedda, in Arabia Sau-dita: per la prima volta nella storiarecente un popolo arabo riusciva

    a sbarazzarsi di un dittatore. Nel-lottobre del 2011 si svolsero leelezioni per la formazione della

    prima assemblea costituente; leconsultazioni decretarono il suc-cesso del movimento islamicoEnnahda (il Movimento della Ri-nascita) che, nonostante le sue

    pregresse posizioni radicali fon-damentaliste, affermava di ispi-rarsi a un modello di Stato laico ditipo turco. Ennahda nel marzo del2011 si costitu in partito politico:in questa nuova veste auspicava,rinunciando allinserimento dellaShara nella Costituzione, lav-vento di una via tunisina allisla-mismo, che avrebbe dovuto rico-noscere la legittimit di un siste-ma pluripartitico e ripudiare luso

    di qualsiasi forma di violenza. Leconsultazioni elettorali, alle qualisi registr unaffluenza alle urnesuperiore al 90%, sancirono lavittoria di Ennahda che ottenneoltre il 40% delle preferenze.LAssemblea nazionale costituen-te approv una Costituzione prov-visoria che consent la designa-zione di un nuovo governo cheresse il Paese fino alle successiveelezioni generali e alla promulga-

    zione della Costituzione definiti-va. Dopo incerte vicende che tut-tavia sancirono il definitivo pas-saggio del Paese alla democrazia,nel 2014 si svolsero le previsteelezioni, che inaspettatamente re-gistrarono laffermazione del par-tito laico di ispirazione liberale

    Nidaa Tounes. Gli islamisti mo-derati di Ennahda risultarono laseconda forza politica, mentre ter-

    za forza fu lUnione patriottica li-bera, un partito sostenitore del li-bero mercato e di valori moderni-sti. Al momento il Paese retto da

    MEDIORIENTE

    La Primavera araba cinque anni dopo

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    La Rivoluzionedel gelsomino

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    un governo di unit nazionale,una condizione difficilmenteesperibile nel mondo arabo. Sicu-ramente la Tunisia lunico Pae-se che a seguito della Primaveraaraba ha cambiato la sua leader-ship con elezioni libere. Tuttaviail Paese ha pagato questo rinnova-mento con una fragilit istituzio-nale e una vulnerabilit che si so-

    no concretizzate nellesplosionedella contestazione sociale a cau-sa della grave crisi economica, ein cruenti attacchi terroristici co-me quelli subiti al museo del Bar-do e in un resort di Sousse rispet-tivamente nel marzo e nel giugnodel 2015. Questi fatti hanno evi-denziato la mancanza di adeguatecondizioni di sicurezza pubblica,determinando una drastica contra-zione del turismo e degli investi-

    tori stranieri, con conseguentigravi ripercussioni negative nel-leconomia nazionale. In apparen-te contraddizione con il processodi democratizzazione la Tunisia il Paese nel quale si formano i piradicali jihadisti. Dalla Tunisiasono partiti per la Siria e lIraq

    pi di 3.000 militanti per combat-tere nelle file dellISIS; si stimache circa 500 di questi individui

    siano rientrati nel Paese, pronti acompiere azioni terroristiche. Se-condo alcuni analisti i jihadisti tu-nisini costituiscono la fetta pi

    importante tra i combattenti stra-nieri che si sono affiliati allISISsia in Siria sia in Libia. Questa si-tuazione pu causare uninvolu-zione, ovvero il rischio che le au-torit usino la lotta al terrorismo eai disordini per ripristinare formedi controllo sullesercizio dei fon-damentali diritti di libert. Peresempio, nel mese di luglio del

    2015 il governo ha approvato mi-sure di lotta alleversione checonsentono larresto di personesenza specifiche accuse e preve-dono una forte limitazione dellegaranzie a difesa di persone sotto-

    poste a misure restrittive della li-bert personale. La Tunisia, nono-stante le difficolt economiche eistituzionali, resta tuttavia per ilmondo arabo un modello da se-guire, uneccezione da difendere.

    La Primavera araba in Egitto ebbeinizio nel 2011. In particolare, afebbraio, a seguito delle imponen-ti manifestazioni a Piazza Tahrirvenne deposto il presidente HosniMubarak. Lo scenario egiziano

    stato caratterizzato costantementeda una dialettica fra componenticontrapposte, ovvero fra il poteredei militari, da sempre molto in-

    fluenti nei momenti cruciali delPaese, e lascendente dei fonda-mentalisti islamici, con la media-zione del blocco laico. A confer-ma di questa alternanza, archivia-to il regime autocratico e corrottodi Mubarak i militari hanno ini-zialmente mostrato laspetto di un

    potere garante di quelle istanze didemocraticit, di progresso, di li-

    bert e di giustizia che la classemedia emergente reclamava nellemanifestazioni di piazza. Furonoindette libere elezioni che portaro-no al potere Mohamed Morsi,esponente della Fratellanza mu-sulmana. Il presidente Morsi in-traprese una politica autoritariareprimendo le proteste e sottopo-nendo a giudizio davanti a tribu-nali migliaia di oppositori. In con-creto, le parti laiche che avevano

    animato la rivoluzione, progressi-vamente uscirono di scena ceden-do il passo alle istanze autoritariee fondamentaliste che consentiro-no a Mohamed Morsi lautoattri-

    buzione di poteri che conferironouna particolare forza alle sue ini-ziative istituzionali e lo resero im-mune da controlli giurisdizionali.La reazione della componente lai-ca contribu a spingere lesercito

    alla destituzione e allarresto diMorsi: un vero golpe se si consi-dera che il Presidente aveva con-seguito questa carica a seguito di

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    Le manifestazionidi Piazza Tahrir

    Una delle imponenti manifestazioni di Piazza Tahrir, al Cairo, nel febbraio 2011.

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    libere elezioni. Inizi unaltra fasedi transizione che si concluse nelmaggio del 2014 con lelezionedel generale Al Sisi, esponentedelle forze armate. Successiva-mente, al fine di stroncare loppo-sizione fondamentalista islamica,i militari cedettero alla tentazione

    di mettere al bando il movimentodella Fratellanza musulmana, chelottava per il ritorno di Morsi eche manteneva il suo ascendentesu parte della popolazione e sumolte istituzioni sociali. Questainiziativa si rivel un errore per-ch di fatto cancell la fragile de-marcazione tra fondamentalismoe terrorismo, e spinse le frangeestreme della Fratellanza versouna deriva eversiva. Per la sua lot-ta, non solo alla Fratellanza mu-sulmana, ma a tutte le componen-ti jihadiste, lEgitto di Al Sisi as-sunse rapidamente unimportanzacentrale nellattuale scenario geo-

    politico. La lotta al terrorismo inEgitto si articola su due piani. In-nanzitutto si svolge su un pianoculturale, valendosi dellUniversi-t e della moschea di Al Azhar(che hanno sede al Cairo e sono i

    principali centri dinsegnamentoreligioso dellislm sunnita) perpromuovere uninterpretazionepoliticamente moderata della reli-gione musulmana. Su un pianomilitare, invece, il contrasto delterrorismo si realizza medianteiniziative repressive contro i grup-

    pi violenti in Sinai e nel resto delPaese. Si deve anche considerareche lEgitto uno dei pochi Paesiarabi che ha rapporti con Israele.

    Per tali aspetti in questo momentola nazione egiziana un fonda-mentale interlocutore per lOcci-dente. Nonostante il generale AlSisi sia un uomo di potere partico-larmente solido, non sembra che ilPaese e lapparato di governo sia-no completamente sotto il suocontrollo. La forte impronta auto-ritaria del regime significativa-mente indebolita dallostilit dei

    Fratelli musulmani, messi fretto-losamente al bando per il pericoloche favorissero lislamizzazionedel Paese.

    sioni fra sciiti e sunniti, in quantoin concreto pu trarre vantaggiodalle tensioni fra le due confessio-ni religiose. Questi contrasti, in-fatti, sono un elemento di graveinstabilit, che pu influenzare levicende interne di altri Paesi delGolfo e indebolire la coalizione

    sunnita. Dopo la rivoluzione ira-niana si sospettato un tentativodellIran, fallito nonostante lap-

    poggio del Fronte islamico per laliberazione del Bahrain, di espor-tare la rivoluzione islamica inquel Paese per rovesciare la mo-narchia al potere. Peraltro le auto-rit iraniane hanno in alcune occa-sioni affermato di considerare ilBahrain una propria provincia, daun punto di vista sia geograficosia demografico, pur precisandodi rispettarne la sovranit. Il regi-me degli Al Khalifa al potere inBahrain, con la complicit dellacomunit internazionale che,

    per non turbare la suscettibilitsaudita, non ha mai sollevato pro-

    blemi sulle dure modalit della re-pressione, sullinesistente rispettodei diritti dellopposizione, sulleripetute violazioni delle libert di

    espressione, di religione, di stam-pa, e sullelevato numero di pri-gionieri politici riuscito a con-tenere le manifestazioni del 2011e tuttora mantiene il controllo delPaese nonostante le latenti tensio-ni. La Primavera araba in Bahrain,

    pertanto, non ha prodotto cambia-menti, ma ha solo incoraggiatolopposizione a manifestare per i

    propri diritti. I moti in Bahrain,pur avendo tratto un forte stimolo

    dai fermenti libertari che si eranosviluppati negli altri Paesi arabi,hanno avuto proprie specificheconnotazioni e motivazioni chenon si sono ancora esaurite.

    Nel 2011, dopo le proteste in Egit-

    to e in Tunisia, anche nello Yemenla popolazione a causa della gravecrisi economica e della corruzionedel regime scese nelle piazze del-

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    Il Bahrain un arcipelago delGolfo Persico costituito da alcuneisole principali e altre pi piccole.La sua ricchezza il petrolio, con

    il quale stata finanziata lindu-strializzazione del Paese, recente-mente potenziata anche per com-

    pensare il futuro probabile esauri-mento dei giacimenti. Il Bahrainha una particolare importanzastrategica per la coalizione occi-dentale, in quanto una sua isolaospita una base statunitense nellaquale di stanza la quinta flottaamericana che stata di fonda-mentale importanza nelle vicende

    belliche in Afghanistan e in Iraq.Da l, inoltre, possibile segui-re i traffici che transitano per lostretto di Hormuz, compreso ilcommercio illecito di armi, edesercitare con questa presenza una

    pressione psicologica sullIran.Gli USA conseguentemente se-guono con molto interesse glieventi politici del Bahrain, checonsiderano un importante alleato

    non NATO. Alla base delle ten-sioni e dei moti che si sono mani-festati con rinnovata intensit do-

    po le rivolte in Tunisia e in Egitto,c la contrapposizione fra sciiti esunniti. In questa piccola monar-chia gli sciiti, che sono la nettamaggioranza, ovvero circa il 70%della popolazione, hanno pochis-simo potere e sono discriminatisocialmente in quanto sono gover-nati da una monarchia espressione

    della minoranza sunnita. LIran(sciita) e lArabia Saudita (sunni-ta) si fronteggiano indirettamentenel Paese appoggiando le duecontrapposte confessioni religio-se. probabile che lIran sobilligli sciiti del Bahrain per sollecita-re una transizione verso una mo-narchia di tipo costituzionale cheattribuisca il giusto potere allamaggioranza; nello stesso tempoil regime saudita sostiene la mo-narchia al potere. Probabilmenteil regime di Teheran solo apparen-temente auspica la fine delle divi-

    Sciiti & sunnitiin Bahrain

    La situazionenello Yemen

  • 7/26/2019 Rapaccini - Primavera Araba

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    la capitale Sana per spingere adimettersi il presidente Al Abdul-lah Saleh, al potere da oltre 30 an-ni, che attraverso modifiche dellaCostituzione stava cercando ditrasformare il suo mandato in unincarico a vita. Saleh dichiar cheavrebbe rinunciato sia alla sua rie-

    lezione sia ad abdicare in favoredel figlio. Nonostante lapparentedisponibilit al dialogo, inizi unadura e sanguinosa repressione,che provoc dissensi e una spac-catura anche allinterno delle for-ze armate, che in parte solidariz-zarono con i manifestanti. Il Con-siglio di Cooperazione del Golfo,lorganizzazione internazionaleregionale a cui aderiscono sei Sta-ti del Golfo Persico, ovvero ilBahrain, il Kuwait, lOman, il Qa-tar, lArabia Saudita e gli EmiratiArabi Uniti, cerc di favorire unacomposizione della crisi attraver-so un processo di transizione ver-so soluzioni di compromesso. Nelgiugno 2011 Saleh rimase grave-mente ferito in un attentato. I nuo-vi scontri lo costrinsero nel feb-

    braio del 2012 a passare la guidadel Paese al suo vice Abdrabuh

    Mansur Hadi che form un gover-no di unit nazionale. Nel frattem-po si sviluppava e si sovrapposealla crisi in atto anche un conflittosecessionista animato dagli Hou-thi, un gruppo armato sciita zaydi-ta (lo zaydismo una variante del-la confessione sciita) che agivacon lappoggio politico e materia-le dellIran, che sosteneva questiribelli non solo per la comune

    professione sciita, ma soprattutto

    al fine di conseguire, attraversolinfluenza in unarea dello Ye-men, una posizione privilegiatache gli consentisse di gestire pidirettamente i propri interessi nelcontinente africano. Contro gliHouthi, e soprattutto contro lan-tagonista iraniano, si mobilitaronole monarchie del Golfo e altri Pae-si sunniti (segnatamente lEgitto,gli Emirati, il Qatar), con a capo

    lArabia Saudita. Al Qaeda nellaPenisola Araba (AQAP) approfittdel caos per gestire la propria in-fluenza nella zona. Cos, la rivolta

    degli Houthi super subito il suoiniziale carattere locale. Alliniziodel 2015 i gravi disordini costrin-sero il presidente Abdrabuh Man-sur Hadi alle dimissioni, respintedal Parlamento e successivamentesmentite, che furono solo formaliin quanto il suo governo dimissio-

    nario continu la resistenza controi ribelli e inoltre continu a essereconsiderato a livello internaziona-le la legittima autorit al potere.

    Nelle stesso tempo la coalizionedegli Stati sunniti guidata dallA-rabia Saudita nel marzo 2015 in-traprese un massiccio attacco con-tro gli Houthi e contro obiettivi ci-vili sia mediante incursioni aereee bombardamenti sia attraversotruppe di terra. Permane una situa-zione caratterizzata da crimini diguerra commessi da entrambe lefazioni in lotta, i ribelli sciiti (so-stenuti dallIran e dagli uominidellex presidente Saleh) e il di-missionario resistente governo del

    presidente Hadi (appoggiato dauna coalizione sunnita a guidasaudita, dagli indipendentisti delSud e da varie trib). Frange delloStato Islamico attaccano moschee

    sciite causando la morte di moltevittime civili. Anche in questoPaese la Primavera araba non approdata a una democratizzazio-ne delle istituzioni governative.

    In generale, a parte le complessesituazioni in Siria e Libia che non

    sono state trattate in queste pagi-ne, le rivolte della Primavera ara-

    ba hanno fallito il loro intento; in-fatti, pur essendosi originate damovimenti laici, sono approdate

    con lunica eccezione della Tu-nisia o a esiti integralisti, tra-sformando di fatto quei moti inuna primavera islamica, o a di-sordini interni, che hanno ulte-riormente minato le prospettive e

    le aspirazioni di una possibiletransizione democratica. In pro-posito devessere adeguatamenteconsiderato che i manifestanti

    non potevano avere come model-lo su cui rifondare il nuovo Statole democrazie occidentali, stima-te corrotte e lontane da valori spi-rituali e religiosi. Le nuove istitu-zioni potevano ispirarsi solo auna piena applicazione dei valoridellislm, gli unici che, ripristi-

    nati nella loro purezza, venivanoritenuti in grado di assicurare unoStato perfetto oltre che giusto.

    Nella rifondazione di un nuovoStato sono prioritari la formazio-ne di unassemblea costituente elindizione di libere elezioni. Tut-tavia, nei Paesi arabi nei quali sisono svolte le consultazioni elet-torali la democratizzazione ri-masta intrappolata in un circolovizioso. Le elezioni infatti nonsono il momento iniziale di unademocrazia, ma il suo punto diarrivo, in quanto il loro valido elibero svolgimento richiede unapparato democratico e una benformata coscienza civica, non

    presente in quelle nazioni. La Pri-mavera araba inoltre ha contri-

    buito purtroppo solo momenta-neamente a ridimensionare ilruolo del terrorismo nel determi-

    nare le vicende locali e nazionalidei singoli Stati. In passato i cam-biamenti di regime o le rivoluzio-ni interne si erano avuti a seguitodi iniziative di gruppi eversivi inqualche caso con lausilio esternodi altri Paesi; questo aveva con-solidato nei popoli arabi la consa-

    pevolezza che essi potessero solotollerare i propri governi, mentresoltanto lattivit terroristica po-teva offrire prospettive concrete

    di cambiamento. La Primaveraaraba, alimentando inizialmenteforti aspettative, sembr togliereal terrorismo il monopolio nelsovvertire i regimi al potere: pur-troppo i suoi deludenti esiti unitialla nascita dello Stato Islamico ealla trasformazione di Al Qaeda che si rigenerata attraverso la fi-liazione di tanti agguerriti movi-menti violenti regionali hanno

    ripristinato in breve tempo il tri-ste ruolo centrale del terrorismo.

    Roberto Rapaccini

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    Un bilancio(provvisorio)