Raffaello Sanzio, - WebDiocesi · 2008. 9. 23. · Raffaello Sanzio, Il discorso di Paolo...

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    In copertina:Raffaello Sanzio, Il discorso di Paolo all’AreopagoRielaborazione grafica: Pasquale Modugno

    Proprietà letteraria riservata

    “LUCE E VITA”Piazza Giovene, 4 - 70056 Molfetta

    COLLANA “MAGISTERO DEL VESCOVO”a cura di DOMENICO AMATO

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    LUIGI MARTELLA

    VESCOVO DI MOLFETTA-RUVO-GIOVINAZZO-TERLIZZI

    La relazione educativa

    fonte della speranza

    Lettera pastorale

    per l’anno 2008-2009

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    INTRODUZIONE

    Il nostro cammino continua

    Il nostro cammino Con Cristo sui sentieri della

    speranza intende continuare anche quest’anno con

    il suo percorso sul tracciato della relazionalità, ma

    con un’attenzione particolare al tema dell’educa-

    zione.

    Da più parti, oggi, si segnala un forte disagio

    culturale a proposito della qualità e dell’efficacia

    dei processi educativi, fino a parlare di una vera

    e propria emergenza. Segnali di tale disagio si ri-

    percuotono con una frequenza preoccupante an-

    che nella cronaca quotidiana, sia a livello familia-

    re sia a livello scolastico sia a livello sociale.

    Molte sono le cause che hanno determinato

    una tale situazione di generale decadimento, del-

    la quale spesso fa cenno il papa Benedetto XVI

    nei suoi discorsi, invitando a elaborare strategie

    efficaci al superamento, per rilanciare un nuovo

    umanesimo globale che possa affrontare le sfide

    del terzo millennio.

    La comunità cristiana ha sicuramente un ruo-

    lo di primo piano in questa delicatissima impre-

    sa, potendo offrire la ricchezza di un patrimonio

    di verità sulla persona umana che le deriva dal-

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    l’incontro con Gesù Cristo, Maestro di verità e di

    sapienza.

    Proprio a partire da tale incontro, la stessa co-

    munità cristiana può ritrovare i criteri per impo-

    stare in modo corretto la relazione educativa e i

    processi nei quali essa si esprime. Tale relazione,

    come si può immaginare, non può esaurirsi nella

    pura e semplice trasmissione di conoscenze e in-

    formazioni o nella preoccupazione del dare «istru-

    zioni per l’uso», bensì nel promuovere quanto è

    necessario per la crescita integrale della persona

    umana. Si tratta, cioè, di ripensare globalmente e

    profondamente il «senso dell’educare» per rispon-

    dere a un’esigenza concreta e urgente imposta dai

    mutamenti storico-sociali in corso.

    L’impegno per l’educazione non ci distoglie-

    rà dal tema della relazionalità, anzi, ci aiuterà a

    focalizzare l’obiettivo dei nostri programmi pa-

    storali e ad affinare gli strumenti formativi. Il ri-

    ferimento privilegiato è e rimane per noi la Paro-

    la di Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento.

    Essa, infatti, ci svela che Dio stesso ha educato il

    suo popolo conducendolo alla terra promessa.

    Gesù nei tempi nuovi ha educato mediante la

    nuova legge dell’amore e le Beatitudini; ora toc-

    ca alla Chiesa continuare l’opera, illuminata, sol-

    lecitata e sostenuta dalla Spirito Santo, il quale

    non mancherà di indicare gli itinerari da percor-

    rere nell’avvicendarsi dei tempi e nel fluire della

    storia.

  • 7

    Alcune premesse

    L’elaborazione di itinerari formativi cristiani

    per il tempo che viviamo incontra le medesime

    difficoltà e gli stessi problemi di qualsiasi altra

    forma di educazione oggi, per cui vorrei accen-

    nare ad alcune questioni pedagogiche generali,

    in quanto è in ogni caso una nuova figura di uma-

    nità che sta emergendo, comunque la pensiamo.

    a) Educare in un tempo di svolta antropologica

    Innanzitutto non dovremmo dimenticare che

    ogni progetto educativo presuppone sempre una

    determinata idea di umanità, un’immagine di

    uomo, il più delle volte implicita e addirittura

    inconsapevole, che comunque si vuole riprodur-

    re e perfezionare nell’educando. Che lo sappia o

    meno, ogni padre e madre, ogni educatore, ogni

    docente, come ogni politico o giornalista o con-

    duttore televisivo, propone sempre agli altri una

    certa idea di umanità, che trasmette innanzitutto,

    e prima di parlare, con il proprio stesso essere e il

    proprio comportamento. Ogni pedagogia cioè è

    sempre stata l’applicazione sul piano formativo

    di una precisa concezione antropologica globale,

    che ha già risposto a molte domande, del tipo: Chi

    è l’uomo? Qual è l’itinerario idoneo per poterlo

    formare nel modo migliore? Quali facoltà dovran-

    no essere sviluppate per dare compimento alla sua

  • 8

    umanità? E così via. Ora, siamo consapevoli del

    nuovo profilo antropologico delle nuove genera-

    zioni, rispetto al quale si impone la riflessione su

    quali siano oggi le reali priorità d’azione.

    b) Vivere la trasformazione

    In un contesto di trasformazione di portata

    antropologica, quale è quello che stiamo attraver-

    sando, ogni educatore dovrebbe accogliere in pie-

    na consapevolezza la sfida in atto, e cioè vivere la

    propria trasformazione fino in fondo, e trasmet-

    tere alle persone che si affidano alla sua guida il

    coraggio e la gioia insiti nell’avventura in corso.

    Non possiamo noi insegnare qualcosa di essen-

    ziale senza entusiasmo, e cioè senza la grandezza

    del modello di umanità che proponiamo. Ognu-

    no si deve sentire coinvolto nel cambiamento,

    perché non si verifichi quanto denuncia Oscar

    Wilde, e cioè che viviamo in un’epoca in cui «tan-

    ti sono ansiosi di educare il prossimo, che non

    hanno tempo di educare se stessi».

    c) In seguito alla visita pastorale

    Questa lettera riflette anche alcune deduzioni

    tratte in seguito alla visita pastorale, compiuta in

    questi ultimi due anni circa, nelle varie parroc-

    chie della diocesi, e da poco conclusasi. Una let-

    tura più profonda e ravvicinata della realtà ha

  • 9

    rafforzato in me la convinzione della necessità di

    un supplemento di amore, soprattutto verso le

    nuove generazioni. Quindi, di un impegno mag-

    giore a comprendere il presente che veramente

    sta «cambiando pelle» e a trovare i linguaggi ade-

    guati per trasmettere i valori della vita e del suo

    profondo significato, alla luce del messaggio evan-

    gelico.

    Sulla base di queste premesse e in continuità

    con le linee pastorali (2007-2009) pubblicate lo

    scorso anno, vorrei ora proporre alcune indica-

    zione che possano aiutare a riscoprire il fonda-

    mentale compito della comunità cristiana, quello

    appunto educativo. L’articolazione della lettera

    presenta tre punti: il primo è una sorta di oriz-

    zonte in cui si delinea l’ampiezza degli interventi

    educativi da parte di Dio verso il suo popolo, così

    come lo hanno colto degli esperti; il secondo in-

    tende mostrare che l’opera educativa appartiene

    alla comunità in quanto tale; il terzo punto si sfor-

    za di individuare alcuni «luoghi» ove la proposta

    educativa si fa concreta.

  • 10

  • 11

    I

    «DIO EDUCA IL SUO POPOLO»

    È fuori dubbio che i giovani soprattutto espri-

    mono una segreta simpatia nei confronti della

    Parola di Dio. Ci sono più obiezioni o riserve nei

    confronti della Chiesa o della comunità che non

    nei confronti della Parola.

    La Parola di Dio gode di una certa simpatia:

    forse per un confuso bisogno di riferimento tra-

    scendente? Forse per una naturale apertura a Dio?

    Certamente emerge una sorta di paradosso o di

    contraddizione nei confronti della Parola alla luce

    dell’esperienza: oggi, i giovani, nonostante la già

    lunga stagione post-conciliare, hanno una cono-

    scenza scarsa della Parola di Dio; nei giovani

    manca l’orizzonte della Parola, una conoscenza

    elementare della Bibbia, il libro per eccellenza che

    narra una storia d’amore di Dio per l’umanità, per

    ogni creatura.

    Proprio per questo, volendo parlare di rela-

    zione educativa, partiamo dalla S. Scrittura e non

    da un pur accreditato manuale di pedagogia. Il

    racconto biblico, infatti, è già una insuperabile

    scuola di pedagogia.

  • 12

    1. «Dio educa il suo popolo»

    È il titolo della lettera per il programma pa-

    storale (1987-1989) del Card. Carlo Maria Marti-

    ni, per l’Arcidiocesi di Milano

    1

    .

    Tutta la Bibbia, a ben vedere, è una continua

    esemplificazione di un modo inedito di intende-

    re la relazione educativa che ha come protagoni-

    sta Dio e il suo popolo.

    Sarebbe interessante, sotto questo profilo,

    mettere in luce i numerosissimi spunti pedagogi-

    ci e didattici espressi in vari modi nella Scrittura.

    Lo stesso Card. Martini mette in evidenza le co-

    ordinate fondamentali del cammino educativo che

    Dio fa percorrere al suo popolo e a ciascuno dei

    suoi membri.

    Sinteticamente, il presule, le esprime dicendo

    che si tratta di un processo educativo:

    – personale e insieme comunitario;

    – graduale e progressivo;

    – con momenti di rottura e salti di qualità;

    – conflittuale;

    – energico;

    – progettuale e liberante;

    – inserito nella storia;

    – realizzato con l’aiuto di molteplici collabo-

    ratori;

    1

    C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, Centro Ambrosiano

    di Documentazione e Studi religiosi, Milano 1987.

  • 13

    – compiuto in maniera esemplare nella vita di

    Gesù;

    – iscritto nei cuori mediante l’azione dello

    Spirito Santo nell’«uomo interiore»;

    – espresso nel cammino di fede di Maria «Re-

    demptoris Mater» (n. 7).

    Tali coordinate possono essere illuminanti

    anche per il nostro compito educativo. Da qui,

    infatti, si potrebbero trarre interessanti elementi

    per cercare di saldare la pedagogia di Dio con l’esi-

    genza di entrare in sintonia con le urgenze edu-

    cative del presente nel nostro territorio.

    2. Un paradigma educativo nella relazione Dio-uomo

    Ho trovato interessante l’itinerario pedagogi-

    co di Dio descritto nel recente volume di Vito

    Orlando e Marianna Pacucci, La Chiesa come co-

    munità educante. La qualità educativa della comunità

    educante

    2

    . In tale lavoro gli autori, dopo aver ri-

    cordato che l’educazione e l’annuncio del Vange-

    lo sono inseparabili, passano alla presentazione

    di un paradigma educativo attraverso dieci icone

    che ritengo utile sinteticamente riassumere. An-

    ch’esse possono ispirare la nostra azione educati-

    2

    V. ORLANDO - M. PACUCCI, La Chiesa come comunità edu-

    cante. La qualità educativa della comunità educante, EDB, Bologna

    2008.

  • 14

    va. Alcune affermazioni di prospettiva generale

    sono attinte da quanto S. Nicolosi scrive nel vo-

    lume Paideia e Vangelo. Educare: continua la creazio-

    ne

    3

    . Questi afferma: «Guidare altri uomini lungo

    la via della verità e del bene, esercitare cioè la pai-

    deia, è l’aspetto più bello e più nobile della mille-

    naria fatica dell’uomo nel mondo. Se ciascun

    uomo è stato creato a immagine e somiglianza di

    Dio, il progetto della paideia, affidata alle mani

    degli uomini, richiede che l’educatore si adoperi

    affinché l’immagine di Dio nelle creature diventi

    sempre più “rassomigliante” al modello eterno

    della bellezza infinita, non solo nella bellezza cor-

    porea, ma, soprattutto, nella bellezza interiore

    della conoscenza e della libertà»

    4

    . Inoltre, per sot-

    tolineare che la prospettiva dell’evangelizzazio-

    ne deve essere sempre unita a quella dell’autoe-

    vangelizzazione, questo altro brano, dello stesso

    autore, può illuminare: «Per abbellire le cose e gli

    uomini, l’educatore deve non solo trasformare gli

    altri, ma, ancor più, se stesso, giacché educare gli

    altri a vivere è un compito che coinvolge tutte le

    potenzialità dell’educatore […]. Siamo educatori

    per quello che siamo e per quello che diamo di

    noi stessi agli altri. Ogni nostra scelta di vita è un

    3

    S. NICOLOSI, Paideia e Vangelo. Educare: continua la creazio-

    ne, Borla, Roma 2002.

    4

    In ORLANDO - PACUCCI, La Chiesa come comunità educante,

    p. 16.

  • 15

    messaggio educativo, che ha un’eco nel tempo e

    nell’eternità. Se educare significa trasmettere le

    idee che abbiamo e i valori in cui crediamo, ne

    consegue che noi educhiamo con ogni nostro ge-

    sto, perché esso è l’espressione esterna del nostro

    mondo interiore, delle nostre convinzioni e dei

    nostri valori»

    5

    .

    E veniamo ora alle icone proposte da Orlando

    e Pacucci sulla pedagogia di Dio:

    – Dio educa generando la vita, donandola e sve-

    lando il senso profondo dell’esistenza.

    La Chiesa è chiamata a questa maternità co-

    raggiosa e delicata; una maternità che si esercita

    principalmente nel generare le coscienze. In ef-

    fetti, educare è, in qualche modo, generare a nuo-

    va vita o aiutare a rinascere a un nuovo modo di

    vivere.

    – Dio educa con tenerezza.

    Egli promuove la vita in tutte le sue forme e

    in ogni momento con amorevolezza. La sua tene-

    rezza è fatta di attenzione e rispetto, accoglienza

    e simpatia, benevolenza e misericordia, disponi-

    bilità al servizio e lungimiranza. Dio non è mai

    indifferente né neutrale, ma garantisce compagnia

    e non fa mancare i doni messi a disposizione sul-

    la mensa della vita.

    5

    In Ibid, p. 17.

  • 16

    – Dio mostra autorevolezza e competenza nella re-

    lazione con gli uomini.

    Può far sorridere l’idea che Dio si mostra au-

    torevole e competente nella sua relazione con gli

    uomini, ma, ciò è evidente soprattutto nell’espe-

    rienza terrena di Gesù. Molti hanno accettato di

    mettere radicalmente in gioco la propria vita per

    seguirlo. Evidentemente egli suscitava ammira-

    zione ma anche credibilità in quello che diceva e

    operava. Pertanto, «la Chiesa è un’educatrice af-

    fidabile quando, a imitazione di Gesù, si mostra

    lineare nell’annuncio del Vangelo, sa meritare fi-

    ducia sul piano della testimonianza, gode della

    stima anche dei non credenti per la qualità della

    sua presenza nelle vicende quotidiane e se è fe-

    dele al compito dell’evangelizzazione e lo realiz-

    za senza ambiguità e tornaconti; se sa mediare il

    rispetto della propria vocazione con la flessibilità

    necessaria per intercettare i bisogni e le attese del

    mondo contemporaneo; se traffica i talenti peda-

    gogici presenti nella sua realtà ordinaria molti-

    plicando le occasioni in cui i credenti possano

    divenire esperti in umanità»

    6

    .

    – Dio educa a costruire il futuro.

    Il Dio cristiano non si confina mai nella dimen-

    sione del presente, né, tanto meno, rimane gelido

    custode del passato. Il suo costruire la storia de-

    6

    Ibid, p. 22.

  • 17

    gli uomini rinnovando la memoria è un incessan-

    te invito a costruire il futuro, ma – ancor prima –

    ad amarlo. «Per questo, il futuro è una scommes-

    sa più che un rischio, un investimento piuttosto

    che un’attesa, una speranza e non soltanto un

    desiderio; e ciò è reso possibile dal fatto che la

    tradizione non è mai una trasmissione di valori o

    di nozioni astratta, bensì una testimonianza»

    7

    .

    – Dio educa riconoscendo la diversa sensibilità tra

    gli uomini.

    Dio rispetta la specificità di ciascuno e dei sin-

    goli contesti, e Gesù ama dialogare per portare

    alla consapevolezza di sé le persone. Ciò signifi-

    ca che «nell’esperienza della Chiesa è di fatto im-

    possibile separare il valore della prossimità dalla

    costruzione di una reale convivialità delle diffe-

    renze»

    8

    .

    – Dio facendo compagnia all’uomo lo educa alla

    condivisione e alla solidarietà.

    Un Dio che fa compagnia all’uomo, lo condu-

    ce per mano dalla chiusura nella propria indivi-

    dualità alla disponibilità a mettersi in ascolto e al

    servizio degli altri. «L’esperienza cristiana è, nel-

    la sua essenzialità, basata sulla simpatia e sulla

    compassione; sulla capacità di gustare insieme

    7

    Ibid, p. 23.

    8

    Ibid, p. 25.

  • 18

    l’avventura della crescita umana e religiosa, met-

    tendo in comune gioie e difficoltà di un cammino

    che non è tanto orientato verso la perfezione,

    quanto verso la capacità di costruire un ritmo che

    metta l’intera comunità ecclesiale in sintonia sul

    passo degli ultimi»

    9

    .

    – Dio educa rispettando la libertà dell’uomo.

    Un tratto fondamentale della pedagogia di Dio

    è il suo rimanere sempre un po’ indietro, per la-

    sciare spazio alla libertà dell’uomo nel cammino

    verso la terra promessa. In questo modo il lega-

    me d’amore non si svilisce mai in una forma di

    dipendenza.

    In un’azione autenticamente educativa, occor-

    re sostenere, soprattutto nei giovani, la capacità

    di decisioni impegnative e irreversibili, fondate

    sulla fiducia in Colui che orienta i passi degli uo-

    mini verso il bene; bisogna abilitare a vivere l’esi-

    stenza personale come fedeltà nell’utilizzo dei

    talenti ricevuti in dono perché ciascuno possa traf-

    ficarli a vantaggio di tutti

    10

    .

    – Dio educa attraverso la via della bellezza.

    È proprio così: la bellezza salverà il mondo.

    Dio infinita bellezza suscita nell’uomo, fatto a sua

    immagine e somiglianza, la nostalgia delle origi-

    9

    Ibid, p. 27.

    10

    Cf Ibid, p. 30.

  • 19

    ni, lo muove al raggiungimento dell’ulteriorità e

    lo abilità «a desiderare il cielo pur rimanendo con

    i piedi piantati per terra; a credere nell’invisibile,

    capendo che il cuore ha una vista più acuta degli

    occhi e dell’intelligenza»

    11

    .

    – Dio educa attraverso la sofferenza.

    «Questa esperienza è l’unica che veramente

    mette l’uomo in grado di comprendere se stesso

    e gli altri; lo abilità al senso della pazienza e al-

    l’acquisizione delle competenze necessarie per

    affrontare con coraggio le prove della vita; con-

    sente di trasformare il travaglio del parto nella

    generazione di una nuova creatura; annienta le

    paure che inevitabilmente affiorano quando oc-

    corre mettere mano a un progetto esigente»

    12

    .

    – Dio educa nella gioia.

    «Dalla sofferenza alla gioia, dalla morte alla

    vita: è su questa frontiera che il Padre mostra le

    sue credenziali, per avere accesso al cuore degli

    uomini»

    13

    . Teniamo presenti le parole di Gesù ai

    suoi discepoli nell’ultima cena: «Questo vi ho det-

    to perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia

    sia piena» (Gv 15, 11). Per la beata Madre Teresa

    di Calcutta non c’erano dubbi: «La nostra gioia è

    il mezzo migliore per predicare il cristianesimo».

    11

    Ibid.

    12

    Ibid, p. 31.

    13

    Ibid, p. 32.

  • 20

  • 21

    II

    LA COMUNITÀ ECCLESIALE

    È COMUNITÀ EDUCANTE

    La comunità cristiana è chiamata a continua-

    re nel tempo l’opera educativa di Dio. Essa deve

    riuscire a realizzare con efficacia la pedagogia di

    Dio e di Gesù Cristo nella storia degli uomini in

    ogni epoca.

    Come l’azione della salvezza operata da Dio

    nella storia s’invera mediante un orientamento

    educativo, fatto di attese e di attenzioni, di cura e

    di memoria, di spinte profetiche in avanti e di ri-

    chiami all’impegno nel presente, così anche l’azio-

    ne pastorale della comunità dei discepoli del Si-

    gnore Gesù non può fare a meno di tessere nella

    storia degli uomini e delle donne di oggi relazio-

    ni capaci di aprire alla speranza e alla novità del

    vangelo, relazioni che sappiano non solo farsi ca-

    rico dell’attuale «emergenza educativa» ma an-

    che a favorire una riconsiderazione educativa

    della stessa azione pastorale.

    Rinnovata consapevolezza

    Sempre nella Chiesa c’è stata la consapevolez-

    za del suo compito educativo strettamente legato

  • 22

    all’evangelizzazione, tuttavia è significativo che,

    ancora recentemente, si sia avvertita l’esigenza di

    ricordare, sul piano pastorale, tale impegno, sot-

    tolineando l’urgenza di una nuova tensione pe-

    dagogica:

    «Questa passione educativa sembra essersi

    come affievolita e burocratizzata nella società con-

    temporanea dalla “formazione” e dall’“informa-

    zione” e sembra tramontare quella responsabilità

    per cui gli adulti comunichino una ragione certa

    del vivere ai giovani, segno di una perdita diffu-

    sa di convinzione essenziale. Il segno più dram-

    matico di tale difficoltà sta nella separazione sem-

    pre più netta tra la ragione e l’affettività»

    14

    .

    Ma sono soprattutto le sollecitazioni di Bene-

    detto XVI a rinnovare tale consapevolezza. In più

    occasioni, in questi ultimi tempi, il Papa ha lan-

    ciato i suoi appelli forti e ampiamente condivisi.

    Intervenendo il 12 giugno 2007 al Convegno del-

    la diocesi di Roma, ha individuato l’attuale situa-

    zione problematica dell’educazione dicendo:

    «Oggi, in realtà, ogni opera di educazione sem-

    bra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla

    perciò di una grande “emergenza educativa”, del-

    la crescente difficoltà che s’incontra nel trasmet-

    tere alle nuove generazioni i valori base dell’esi-

    14

    C. ESPOSITO, Dalla tradizione la cultura che genera speranza,

    intervento al IV Convegno ecclesiale di Verona «Testimoni di

    Gesù risorto, speranza del mondo», 16-20 ottobre 2006.

  • 23

    stenza e di un retto comportamento, difficoltà che

    coinvolge sia la scuola sia la famiglia e si può dire

    ogni altro organismo che si prefigga scopi educa-

    tivi».

    Diventa quindi indispensabile acquisire una

    chiara consapevolezza del mondo in cui viviamo

    per poter «fare educazione» in modo autentico ed

    efficace.

    È evidente che l’esperienza del passato appa-

    re in qualche modo inadeguata di fronte alle sfi-

    de della globalizzazione e ai problemi indotti dalla

    secolarizzazione, che hanno prodotto dolorose

    fratture fra religione e vita: educare nella società

    complessa significa, inevitabilmente, fare i conti

    con comunità umane differenziate e pluraliste,

    prive di un’egemonia culturale stabile e legitti-

    mata, instabili nei riferimenti portanti dell’esisten-

    za, gravate da transizioni simboliche che impedi-

    scono di condividere valori e vissuti, rese fragili

    sul piano economico e sociale

    15

    .

    «Fare rete»

    Benedetto XVI ancora nel su citato intervento

    al Convegno della diocesi di Roma, ha opportuna-

    mente sottolineato questa istanza, ricordando la

    necessità dell’impegno di tutta la comunità e la

    15

    Cf C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, pp. 66-68.

  • 24

    disponibilità a operare in sinergia per accompagna-

    re il percorso educativo delle nuove generazioni:

    «L’intera comunità cristiana, nelle sue molte-

    plici articolazioni e componenti, è chiamata in

    causa dal grande compito di condurre le nuove

    generazioni all’incontro con Cristo: su questo ter-

    reno, pertanto, deve esprimersi e manifestarsi con

    particolare evidenza la nostra comunione con il

    Signore e tra noi, la nostra disponibilità e pron-

    tezza a lavorare insieme, a “fare rete”, a realizza-

    re con animo aperto e sincero ogni utile sinergia».

    Gli educandi dovranno incontrare non degli

    individui, neppure dei singoli educatori, ma il loro

    insieme come espressione di una comunione vi-

    tale di persone che testimoniano autorevolmente

    ciò che propongono.

    In quest’impegno, però, la Chiesa non riven-

    dica un ruolo esclusivo; piuttosto, mette a dispo-

    sizione di tutti la propria concezione antropolo-

    gica progettuale e una visione della società cen-

    trata sul valore della sussiadierietà.

    Per un’azione ecclesiale educativa

    Un primo grande orientamento per una pro-

    gettualità ecclesiale si pone sul piano dell’intero

    impianto pastorale che anima le nostre comunità

    cristiane. Non sempre tutto quello che avviene in

    essa è carico di formatività. Non poche volte la

  • 25

    dimensione educativa è relegata a qualche incon-

    tro o a una serie pensata di iniziative.

    Mettere al centro dell’azione pastorale l’atten-

    zione educativa vuol dire in primo luogo dare a

    tutto quello che accade all’interno della comuni-

    tà un volto e un’impronta genuinamente educa-

    tiva. Prima ancora di pensare a fare qualcosa, sia-

    mo chiamati a chiederci il «perché» di quella de-

    terminata azione e soprattutto a valutarne i signi-

    ficati pedagogici e gli esiti formativi implicati. La

    Chiesa prima ancora che per quello che dice evan-

    gelizza per come porge a tutti la bella notizia del-

    la salvezza del regno. Ogni atto di annuncio con-

    tiene in sé una prospettiva di attenzione educati-

    va che ne facilita o, in caso contrario, ne ostacola

    l’accoglienza.

    È fondamentale l’attenzione alla relazione, e

    alla relazione educativa in particolare, nella co-

    municazione del vangelo oggi. E questo attraver-

    so le diverse e molteplici forme di azione eccle-

    siale: da quella più strettamente evangelizzatrice

    e catechistica a quella liturgica e spirituale, da

    quelle più propriamente occasionali e feriali a quelle

    più attente e mirate attraverso una programmata

    e intelligente volontà di carità e di servizio.

    Per un’azione educativa centrata sulla relazione

    Ma a quale condizione è possibile ricucire, al-

    l’interno di tutto il complesso e articolato im-

  • 26

    pianto pastorale, il rapporto tra azione ecclesiale

    ed educazione, sia in termini di qualità che in ter-

    mini di efficacia di conversione? Come può l’azio-

    ne misteriosa della grazia del Dio di Gesù che

    educa il suo popolo continuare a fare discepoli

    aperti al futuro e alla speranza della salvezza?

    Non è retorico affermare, come ho già detto

    precedentemente, che un aspetto dell’attuale cri-

    si pastorale sia dovuto al permanere di un mo-

    dello pedagogico-formativo che, valido in passa-

    to, oggi non sembra adeguato alle sfide in atto.

    Per far fronte all’attuale crisi dell’azione pastora-

    le intesa nel complesso, da non pochi osservatori,

    come «crisi educativa e formativa», è necessario

    investire nella cura delle relazioni a tutti i livelli

    di impegno e di azione ecclesiale.

    La comunità è luogo di relazioni, prima anco-

    ra che di iniziative e di azioni. E come ci ricorda il

    RdC (Rinnovamento della Catechesi): «L’espe-

    rienza catechistica moderna conferma ancora una

    volta che prima sono i catechisti (cioè le persone)

    e poi i catechismi (cioè i testi); anzi prima ancora

    sono le comunità ecclesiali (e cioè le relazioni tra

    le persone). Infatti […] non è pensabile una buo-

    na catechesi senza la partecipazione dell’intera

    comunità» (n. 200).

    Immettere formatività e qualità educativa nel-

    le relazioni all’interno delle attuali comunità cri-

    stiane vuol dire tante cose. Certamente e in pri-

    mo luogo comporta la valorizzazione della valen-

  • 27

    za relazionale di ogni atto educativo. L’educazio-

    ne passa attraverso un’efficace e attenta azione

    relazionale. È primariamente un fatto/evento di

    relazione, come ci ricordano i saperi esperti pro-

    dotti dalle scienze dell’educazione e della forma-

    zione. E questo a tutti i livelli. È relazione efficace

    dal punto di vista educativo quella più feriale e

    occasionale.

    È relazione efficace dal punto di vista educa-

    tivo quella che si svolge all’interno delle diverse

    aree di azione pastorale (da quella liturgica a quel-

    la caritativa).

    È relazione efficace dal punto di vista educa-

    tivo quella che avviene dentro le strutture di par-

    tecipazione e di coordinamento che edificano le

    comunità cristiane (dal Consiglio pastorale par-

    rocchiale ai gruppi di animazione liturgica e ai

    gruppi di catechisti, dai gruppi associativi ai mo-

    vimenti e agli oratori, ecc…).

    Così la cura della relazione all’interno della

    comunità si fa «luogo» e sfida in ordine all’attua-

    le «emergenza educativa».

    Se «iniziare» alla fede vuol dire introdurre

    progressivamente ad una vita piena di comunità,

    questo inserimento dovrà avvenire attraverso

    degli attori. Non un gruppo di persone qualsiasi,

    ma una comunità di uomini e donne, dei testimo-

    ni (il sacerdote, i catechisti, gli animatori dell’Azio-

    ne Cattolica, gli Scout, gli insegnanti di religione,

    i responsabili del canto, della liturgia, dell’orato-

  • 28

    rio, delle associazioni varie, ecc.) che stanno in-

    sieme perché hanno incontrato Cristo e vivono di

    Lui; sono amici in Cristo; una comunità di perso-

    ne che intende prendere sul serio le implicazioni

    di Atti 2, 42 circa la vita di comunione («Erano

    assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apo-

    stoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane

    e nelle preghiere»). Una comunità educante che

    vive la logica sacramentale, cioè vive l’evento di

    Gesù Cristo, è nelle condizioni di far nascere un

    «nuovo evento». Una comunità con queste carat-

    teristiche è una comunità educante perché comu-

    nica in modo performativo

    16

    ai ragazzi e ai giova-

    ni la sua umanità «cambiata» dall’evento Cristo.

    16

    Nel senso inteso da Benedetto XVI quando avverte che

    il messaggio cristiano non è solo informativo, ma è performativo,

    e ciò significa che «il Vangelo non è soltanto una comunicazio-

    ne di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che

    produce fatti e cambia la vita» (Spe salvi, n. 2).

  • 29

    III

    ORIENTAMENTI OPERATIVI:

    ALCUNE PROPOSTE CONCRETE

    Il progetto educativo della nostra chiesa loca-

    le, per la sua realizzazione, trova soprattutto nel-

    le comunità parrocchiali, una mediazione essen-

    ziale. Il cardinale Martini sottolinea che «Dio non

    educa a “casaccio”, cioè con interventi educati-

    vi saltuari o sconnessi. L’azione educativa nella

    storia è sempre “mirata”, anche se non è facile

    cogliere ogni volta il senso di un singolo inter-

    vento»

    17

    .

    Alla luce della mia recente visita pastorale, in

    molte occasioni ho potuto notare l’impegno, la

    generosità, la vivacità nel produrre molteplici

    iniziative di animazione pastorale, volte soprat-

    tutto a coinvolgere i ragazzi e gli adolescenti, un

    po’ meno i giovani. In tale sforzo, tuttavia, appa-

    re meno evidente l’attitudine alla progettualità e

    alla finalità di ogni iniziativa, con il rischio, natu-

    ralmente, della ripetitività e della standardizza-

    zione dei gesti. Spesso è garantita la carica emo-

    zionale, ma dubbia e incerta è la ricaduta sul pia-

    17

    C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, p. 39.

  • 30

    no educativo. Si sa che molto dipende, per il con-

    seguimento di certi risultati sul piano formativo,

    dal coordinamento delle varie realtà operanti nella

    parrocchia. Spesso si lavora in ordine sparso con

    il risultato di spunti educativi autonomamente

    offerti, ma senza la preoccupazione di costruire

    un’identità cristiana ed ecclesiale. Va perciò ricor-

    dato che la risorsa più importate all’interno di un

    contesto educativo è proprio l’educatore. Di con-

    seguenza, nell’ambito della comunità cristiana,

    l’educatore deve sentirsi impegnato e accompa-

    gnato in un cammino permanente di crescita del-

    la propria identità religiosa, nella testimonianza

    evangelica e nella promozione umana, condivi-

    dendo il proprio carisma con gli altri educatori,

    nella comune tensione all’evangelizzazione.

    Parlando di educazione, spontaneamente sia-

    mo portati a pensare che di essa vi sono i destina-

    tari e i maestri. In realtà tutti siamo educandi e

    tutti possiamo essere educatori. Fondamentali ri-

    mangono, in un processo educativo, le relazioni

    interpersonali che devono esser improntate al sen-

    so della reciprocità, pur all’interno di una sostan-

    ziale asimmetria fra partner.

    Vorrei, pertanto, ricordare che i giovani riman-

    gono per la nostra chiesa diocesana una priorità

    secondo il progetto Con Cristo sui sentieri della spe-

    ranza. D’altra parte, la stessa priorità, la Chiesa

    Italiana ha messo nella sua agenda per i prossimi

    anni. Proprio sul tema dell’educazione dei giova-

  • 31

    ni la CEI ha dedicato l’ultima Assemblea genera-

    le di maggio scorso.

    Gli interventi magisteriali di Benedetto XVI,

    poi, proprio sul tema dei giovani, rappresentano

    degli indirizzi di marcia per la Chisa universale.

    A Sydney, il Papa ha posto alcuni brucianti inter-

    rogativi rivolgendosi ad essi. Ma è chiaro che li

    pone a tutte le comunità cristiane sparse nel mon-

    do. «Cari giovani – ha detto il Papa – permettete-

    mi di farvi ora una domanda. Che cosa lascerete

    voi alla prossima generazione? State voi costruen-

    do le vostre esistenze su fondamenta solide, state

    costruendo qualcosa che durerà? State vivendo

    le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito

    in mezzo ad un mondo che vuole dimenticare Dio,

    o addirittura rigettarlo in nome di un falso con-

    cetto di libertà? Come state usando i doni che vi

    sono stati dati, la “forza” che lo Spirito Santo è

    anche ora pronto a effondere su di voi? Che ere-

    dità lascerete ai giovani che verranno? Quale dif-

    ferenza voi farete?»

    18

    . Sono interrogativi che pe-

    sano come macigni sulla responsabilità di tutti,

    perché non raramente essi, i giovani, si trovano

    da soli di fronte a queste domande cruciali.

    In questa prospettiva, diviene sempre più ur-

    gente che l’educatore parrocchiale sia un creden-

    18

    BENEDETTO XVI, Omelia durante la celebrazione della messa

    all’ippodromo di Randwich a Sydney, in «L’Osservatore Roma-

    no», 21-22 luglio, p. 5.

  • 32

    te credibile sul piano del comportamento, piutto-

    sto che semplicemente veritiero per quanto riguar-

    da i contenuti che propone, partendo dalla consta-

    tazione che il mondo, e in particolare i giovani, han-

    no oggi bisogno più di testimoni che di maestri. Il

    che implica, per gli educatori, una maggiore atten-

    zione alla dimensione dell’«essere» accanto a quel-

    le del «dire» e del «fare», partendo dalla consape-

    volezza che «parola e gesto educano la vita».

    Ora, dopo aver messo in luce alcuni punti sal-

    di per una corretta impostazione metodologica

    nell’azione educativa, desidero planare nel con-

    creto, con l’avvertenza, tuttavia, del carattere

    esemplificativo delle proposte che seguono.

    1. Valore pedagogico delle funzioni ecclesiali ordinarie

    Un’attenzione alle esperienze della vita quo-

    tidiana della parrocchia può significare la volon-

    tà di privilegiare l’esigenza di una rinnovata con-

    nessione tra fede e vita, affinché quello che si ce-

    lebra, si annuncia, si testimonia e si condivide

    possa davvero assumere spessore e significativi-

    tà educativa.

    a) La dimensione celebrativa

    Si tratta di restituire centralità a tutto ciò che,

    nelle espressioni di culto, va ben oltre la semplice

  • 33

    reiterazione dei gesti e fare spazio, invece, agli

    elementi di comprensione e di storicizzazione che

    rendono la dimensione celebrativa un elemento

    fondante dell’identità della fede. Troppo spesso

    si cade in un ritualismo arido che non genera di-

    namismi nell’identità cristiana. Al momento ce-

    lebrativo, infatti, dovrebbe seguire quello forma-

    tivo, di riflessione sul mistero celebrato, e nel re-

    cupero della prospettiva mistagogica tanto cara ai

    Padri della Chiesa del I secolo, sarebbe auspicabile

    una catechesi a partire dai testi liturgici, dal signifi-

    cato dei riti compiuti, per una comprensione del

    mistero di Dio capace di superare la prospettiva

    razionale a favore dell’intelligenza della fede acqui-

    sita tramite la grazia ricevuta dalla celebrazione.

    La partecipazione liturgico-sacramentale è

    tuttora, sostanzialmente, la dimensione che mag-

    giormente coinvolge i fedeli e li mette a contatto

    con la realtà parrocchiale. Pertanto, una proposta

    di carattere educativo, potrebbe avere effetti molto

    incisivi, garantendo una memoria permanente e

    riferimenti certi nel corso della vita. L’Eucaristia,

    fonte e culmine della vita cristiana rappresenta

    una ineguagliabile scuola di carità e di solidarie-

    tà. Benedetto XVI esprime tutto questo in modo

    mirabile nell’esortazione postsinodale Sacramen-

    tum caritatis, quando afferma: «Le nostre comu-

    nità, quando celebrano l’Eucaristia, devono pren-

    dere sempre più coscienza che il sacrificio di Cri-

    sto è per tutti e pertanto l’eucaristia spinge ogni

  • 34

    credente in lui a farsi “pane spezzato” per gli al-

    tri, e dunque a impegnarsi per un mondo più giu-

    sto e fraterno. Pensando alla moltiplicazione dei

    pani e dei pesci, dobbiamo riconoscere che Cristo

    ancora oggi continua a esortare i suoi discepoli a

    impegnarsi in prima persona: “Date loro voi stes-

    si da mangiare” (Mt 14, 16). Davvero la vocazio-

    ne di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a

    Gesù, pane spezzato per la vita del mondo» (n. 1).

    b) L’esperienza della catechesi

    È scontato che una comunità parrocchiale pon-

    ga attenzione educativa nella catechesi. Giova,

    tuttavia, ricordare alcuni elementi che qualifica-

    no tale azione educativa:

    – disponibilità a confrontarsi lealmente con i

    destinatari dell’annuncio, a conoscerne opportu-

    namente le caratteristiche esistenziali, la persona-

    lità, la capacità di ricezione e assimilazione del

    messaggio;

    – c’è una gradualità in relazione ai contenuti

    della fede, tenendo sempre in debito conto ciò che

    è essenziale da ciò che è secondario nella forma-

    zione cristiana. È fondamentale che si colga, nel

    percorso di catechesi, l’importanza del rapporto

    con Dio e con Gesù Cristo mediante la Chiesa;

    – molto dipende anche dal clima che si respi-

    ra nella parrocchia per un’efficace trasmissione

    dell’annuncio cristiano.

  • 35

    c) La tensione alla comunione e al servizio

    La liturgia e la catechesi, contrariamente a quel

    che spesso si potrebbe evincere, non bastano da

    sole a formare in maniera compiuta l’identità del

    cristiano. Diviene allora necessario, per la parroc-

    chia, offrire ai gruppi e ai singoli la possibilità di

    vivere delle esperienze significative di condivi-

    sione fraterna e di servizio per gli altri. È ne-

    cessario passare, in proposito, da esperienze oc-

    casionali e straordinarie di grande impatto emo-

    tivo, ad un costante atteggiamento di comunio-

    ne e di servizio, direi, ad uno stile di solidarietà

    che immette amore e speranza nella società e nel

    mondo.

    Non è certo un buon segno nel nostro conte-

    sto constatare che vi siano difficoltà, soprattutto

    fra i giovani, a garantire una disponibilità di vo-

    lontariato gratuito anche per assicurare i servizi

    di carità messi in atto dalla chiesa diocesana. Se

    la liturgia e la catechesi non portano spontanea-

    mente al servizio significa che qualcosa non fun-

    ziona nel processo di comunicazione della fede.

    La convinzione, poi, che tutti formiamo una sola

    grande famiglia, dovrebbe incentivare la spinta

    all’altruismo. Negli orientamenti pastorali per il

    primo decennio del duemila, la Conferenza epi-

    scopale italiana insiste sulla necessità che la Chiesa

    sia «casa e scuola di comunione»; «casa, edificio,

    dimora ospitale che va costruita mediante l’edu-

  • 36

    cazione a una spiritualità di comunione». I vescovi

    richiamano anche il monito di Giovanni Paolo II

    che dice: «Non ci facciamo illusioni: senza questo

    cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli

    strumenti esteriori della comunione. Diventereb-

    bero apparati senz’anima, maschere di comunio-

    ne più che sue vie di espressione e di crescita»

    19

    .

    2. Educazione e pastorale di settore

    La relazione educativa è invocata anche nei

    vari settori della realtà temporale, dove la comu-

    nità ecclesiale può rappresentare un punto di ri-

    ferimento ed un elemento trainante nel vissuto

    della vita quotidiana.

    Così, per esempio, nel settore della famiglia,

    sia nella fase della preparazione al matrimonio,

    sia durante il suo percorso tanto spesso insidiato

    da una mentalità e da una cultura fuorviante non-

    ché da legislazioni non favorevoli. A riguardo,

    mentre si constata un discreto investimento for-

    mativo in fase iniziale, appare ancora modesto e

    sporadico l’impegno a sostegno della famiglia già

    costituita. Dobbiamo, purtroppo, riconoscere che

    siamo in ritardo riguardo ad una pastorale fami-

    18

    CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il vangelo in

    un mondo che cambia, n. 65. (La frase di Giovanni Paolo II è ripor-

    tata all’interno del testo del documento al numero indicato).

  • 37

    liare dei casi difficili e delle situazioni irregolari.

    Bisognerà, pertanto, ricuperare in questa direzio-

    ne, perché il fenomeno è abbastanza diffuso an-

    che nelle nostre popolazioni. Rimane, tuttavia,

    importante aiutare i giovani in un percorso di

    educazione all’amore, affinché possano scoprir-

    ne la bellezza nel progetto di Dio, superando le

    fratture innaturali che, in questo campo, sono pro-

    vocate dall’odierna cultura intrisa di erotismo

    anarchico.

    Altro settore che non può essere disatteso è

    quello della comunicazione. Riguardo a questo

    aspetto rinvio a quanto ho espresso nelle linee

    pastorali dell’anno scorso, Relazionalità: via del-

    la speranza (soprattutto nelle pagine 7-10), sottoli-

    neando qui che, in questo campo, molto dipende

    dal modo con cui vengono usati gli strumenti

    della comunicazione. Essi sono «formidabili» ve-

    icoli di messaggi che spesso determinano com-

    portamenti e stili di vita.

    Altro campo è quello della legalità, e quindi

    della libertà. Quest’ultima non può essere mai

    disgiunta dalla responsabilità. La libertà implica

    sempre una chiamata per il bene alla quale deve

    seguire una risposta di responsabilità. Solo così

    può essere garantito il senso della legalità rispet-

    to al quale si registra un deficit talvolta preoccu-

    pante. In proposito, sarebbe molto utile ripren-

    dere in mano per la riflessione personale e comu-

    nitaria la Nota pastorale della Commissione ec-

  • 38

    clesiale Giustizia e pace della CEI, Educare alla lega-

    lità (4 ottobre 1991). Essa, scrivono i vescovi: «vuo-

    le essere uno strumento di riflessione per le co-

    munità cristiane e per tutti gli uomini che hanno

    a cuore la crescita umana del Paese, e intende su-

    scitare un rinnovato impegno pastorale per la for-

    mazione di cristiani adulti, capaci di vivere e di

    operare secondo l’intera verità del Vangelo all’in-

    terno dei bisogni della nostra società» (n. 1).

    Anche il mondo del lavoro sollecita la comu-

    nità ecclesiale a divenire sensibile ai valori della

    laboriosità e della competenza nei vari settori della

    vita sociale e comunitaria. «In un mondo che spes-

    so privilegia l’approssimazione e l’improvvisazio-

    ne, urge che i cristiani siano lievito e pietra d’in-

    ciampo allo stesso tempo nel prospettare una

    “metodologia di rigore” nell’amministrazione

    delle diverse articolazioni delle realtà tempora-

    li»

    20

    . E Dio sa quanto questo possa incidere profe-

    ticamente nel campo della politica, della sanità,

    della scuola.

    Educazione all’accoglienza e al rispetto delle

    diversità. Siamo ormai in una società pluralista,

    multietnica, multirazziale, multireligiosa. Siamo,

    per così dire, quotidianamente di fronte ad una

    sfida della modernità, quella di suscitare una

    «convivialità delle differenze». La comunità cri-

    20

    ORLANDO - PACUCCI, La Chiesa come comunità educante,

    p. 128.

  • 39

    stiana deve spingere a costruire ponti più che in-

    nalzare barriere. Il risultato della «reciprocità» e

    del «rispetto delle culture» si raggiunge non con

    pregiudiziali campagne contro, bensì con la co-

    noscenza e il riconoscimento dell’altro, di ogni

    altro.

    Il rispetto dell’ambiente sul quale Benedetto

    XVI sta insistendo particolarmente in questi ulti-

    mi tempi. Gli educatori ecclesiali devono sentire

    come compito ineludibile quello di favorire lo

    sviluppo di un’attenzione e di un’etica del rispet-

    to verso la natura. Sempre più frequentemente

    oggi si assiste alla devastazione di territori sot-

    tratti alla bellezza, riflesso della bellezza creatri-

    ce. Il rispetto della natura è rispetto per l’uomo,

    cioè per se stessi e in ultima analisi per Dio-crea-

    tore il quale ha affidato all’uomo il creato affin-

    ché lo «custodisse» e non per deturparlo o stra-

    volgerlo.

    Ispirandosi al modello di «Dio creatore», la

    comunità cristiana comprenderà che non basta

    essere nel mondo, ma è necessario essere per il

    mondo. Una chiesa che lotta per la sopravviven-

    za non serve a nessuno; occorre una comunità che

    scommetta sulla possibilità di portare avanti il

    compito della creazione nel duplice impegno di

    cercare il senso della creazione e di dare senso alla

    creazione.

  • 40

  • 41

    CONCLUSIONE

    Siamo nell’anno paolino, indetto da Benedet-

    to XVI nel bimillenario della nascita dell’aposto-

    lo delle genti. Egli, afferrato da Cristo sulla via di

    Damasco, si è lasciato guidare dal divino Mae-

    stro, assegnandolo alle cure educative di Anania,

    un formatore eccezionale che ha saputo imprime-

    re nell’animo del giovane Saulo la passione irre-

    frenabile della evangelizzazione.

    Anche noi, lasciamoci raggiungere da Cristo,

    per poter trasfondere nella realtà in cui viviamo

    la medesima passione.

    La Vergine Maria, nel 150° anniversario delleapparizioni a Lourdes, ci riempia di gioia e di

    entusiasmo nel vivere la fede, ci educhi nelle sue

    virtù e ci renda educatori attenti e generosi delle

    nuove generazioni.

    Molfetta, 8 settembre 2008

    Festa della Natività della Beata Vergine Maria

    ! LUIGI MARTELLA

  • 42

  • 43

    Indice

    5 INTRODUZIONE

    11 I - DIO EDUCA IL SUO POPOLO

    21 II - LA COMUNITÀ ECCLESIALE

    È COMUNITÀ EDUCANTE

    29 III - ORIENTAMENTI OPERATIVI:

    ALCUNE PROPOSTE CONCRETE

    41 CONCLUSIONE

  • 44

    Finito di stampare nel mese di settembre 2008nella Litografia LA NUOVA MEZZINA - Molfetta

    COLLANA “MAGISTERO DEL VESCOVO”

    4 LUIGI MARTELLA, «Va’ dai miei fratelli e di’ loro». Parola e terri-

    torio - Comunicare il Vangelo oggi

    Indicazioni pastorali per l’Anno 2001-2002

    5 LUIGI MARTELLA, «Sulla tua parola»

    Indicazioni pastorali per l’Anno 2002-2003

    6 LUIGI MARTELLA, Mons. Antonio Bello, Vescovo della speranza

    A dieci anni dalla morte (1993-2003)

    7 LUIGI MARTELLA, Giorno del Signore e Parrocchia. Tempo e

    spazio per una comunità realmente eucaristica

    Lettera pastorale per l’anno 2003-2004

    8 LUIGI MARTELLA, Discepoli dell’Eucaristia

    Lettera pastorale per l’anno 2004-2005

    9 LUIGI MARTELLA, Un Santo per amico: Corrado di Svevia

    Lettera pastorale in occasione del IX centenario della nascita di San

    Corrado

    10 LUIGI MARTELLA, Fuoco e Spirito

    Lettera in occasione della Visita pastorale indetta l’8 settembre 2006

    11 LUIGI MARTELLA, La relazionalità: via della speranza

    Linee pastorali per il biennio 2007-2009

    12 LUIGI MARTELLA, La relazione educativa fonte di speranza

    Lettera pastorale per l’anno 2008-2009

  • 45

    COLLANA

    MAGISTERO DEL VESCOVO” 12

    € 2,70 (i.i.)