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Raffaello Sanzio Sulla tomba di Raffaello, nel Pantheon di Roma, c'è questo epitaffio: "Qui giace Raffaello, dai quale la natura temette mentre era vivo di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire". Sono di Pietro Bembo, ed è un omaggio alla creatività divina del grande Urbinate. Il gioco delle coincidenze sembra favorire circostanze proprie più del mito che dell'uomo; infatti, secondo Vasari, Raffaello nasceva ad Urbino il Venerdì Santo del 6 aprile 1483, alle tre di notte e il Venerdì Santo dell’aprile del 1520, alle tre di notte, Raffaello moriva. Quando si ammalò lavorava alla "Trasfigurazione" e la tavola incompiuta fu collocata a capo del letto funebre, «la quale opera - sempre scriveva il Vasari - nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l'anima di dolore». Raffaello è stato talmente l’interprete d'un ideale bellezza classica, canonica, passata poi nel gusto di interi secoli di civiltà e connaturatasi quindi con il nostro ideale di bellezza, che non si distingue più, con lui, tra il bello di natura e bello artistico. La sua grandezza di artista ha eliminato questa separazione e il Bembo in quell'epitaffio ha toccato, non a caso, il punto essenziale di qualunque discorso su Raffaello, cioè la concezione dell'arte come imitazione della natura . E quando si parla di "natura" in relazione all'arte, bisogna intendere qualcosa di diverso e ben più complesso delle capacità di imitare l'apparenza delle cose. Implica un’allusione all'equilibrio, al senso dell'armonia, alla solennità calma e serena. Tutte quelle caratteristiche che sono poi state teorizzate come tratti distintivi delle opere di Raffaello. Raffaello e Michelangelo nella pittura, stanno come Mozart e Beethoven nella musica. Uno gentile, calmo, sereno, giocoso; l'altro burbero, agitato, inquieto, solenne. Raffaello come Mozart (che morì quasi alla stessa età) godette per nascita di due privilegi: di un padre con una specifica competenza nell'arte e di un immediato riconoscimento delle sue eccezionali doti artistiche. Circostanze favorevoli che stimolarono in ambedue gli artisti una notevole precocità, soprattutto perché dotati di una fervida predisposizione per la propria arte. Raffaello in pochi anni completò il suo apprendistato nella bottega di Pietro Vannucci detto il Perugino ; già a 17 anni era affermato come maestro in Umbria e a 20 anni nonostante la giovane età, si trasferì a Firenze dove potette conoscere le opere dei grandi artisti più recenti, come Leonardo e Michelangelo e dove strinse forti legami con l'ambiente artistico, intellettuale politico. Nel 1508 lascia la città fiorentina per Roma, dove - salvo brevi ritorni nei luoghi natali e a Firenze - rimase fino alla morte. 1. PERIODO PERUGINO Lo Sposalizio della Vergine Se esiste un’opera che permette di capire in che cosa consista la differenza fra il genio di Raffaello e la buona capacità artigiana di un artista come il Perugino, questa è sicuramente lo Sposalizio della Vergine. Basterà, infatti, istituire il classico confronto con la Consegna delle chiavi dipinta nel 1484 da Perugino sulle pareti della Cappella Sistina, oppure con la tavola eseguita Raffaello Sanzio, Lo Sposalizio della Vergine 1504, olio su Tavola, 170x117, Pinacoteca di Brera, Milano

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Raffaello SanzioSulla tomba di Raffaello, nel Pantheon di Roma, c'è questo epitaffio:"Qui giace Raffaello, dai quale la natura temette mentre era vivodi essere vinta; ma ora che è morto teme di morire". Sono diPietro Bembo, ed è un omaggio alla creatività divina del grandeUrbinate.Il gioco delle coincidenze sembra favorire circostanze proprie più delmito che dell'uomo; infatti, secondo Vasari, Raffaello nasceva ad

Urbino il Venerdì Santo del 6 aprile 1483, alle tre di notte e il Venerdì Santo dell’aprile del1520, alle tre di notte, Raffaello moriva. Quando si ammalò lavorava alla "Trasfigurazione"e la tavola incompiuta fu collocata a capo del letto funebre, «la quale opera - semprescriveva il Vasari - nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l'anima didolore».Raffaello è stato talmente l’interprete d'un ideale bellezza classica, canonica, passata poinel gusto di interi secoli di civiltà e connaturatasi quindi con il nostro ideale di bellezza, chenon si distingue più, con lui, tra il bello di natura e bello artistico.La sua grandezza di artista ha eliminato questa separazione e il Bembo in quell'epitaffioha toccato, non a caso, il punto essenziale di qualunque discorso su Raffaello, cioè laconcezione dell'arte come imitazione della natura.E quando si parla di "natura" in relazione all'arte, bisogna intendere qualcosa di diverso eben più complesso delle capacità di imitare l'apparenza delle cose. Implica un’allusioneall'equilibrio, al senso dell'armonia, alla solennità calma e serena. Tutte quellecaratteristiche che sono poi state teorizzate come tratti distintivi delle opere di Raffaello.Raffaello e Michelangelo nella pittura, stanno come Mozart e Beethoven nella musica. Unogentile, calmo, sereno, giocoso; l'altro burbero, agitato, inquieto, solenne.Raffaello come Mozart (che morì quasi alla stessa età) godette per nascita di due privilegi:di un padre con una specifica competenza nell'arte e di un immediato riconoscimento dellesue eccezionali doti artistiche.Circostanze favorevoli che stimolarono in ambedue gli artisti una notevole precocità,soprattutto perché dotati di una fervida predisposizione per la propria arte.Raffaello in pochi anni completò il suo apprendistato nella bottega di Pietro Vannuccidetto il Perugino; già a 17 anni era affermato comemaestro in Umbria e a 20 anni nonostante la giovaneetà, si trasferì a Firenze dove potette conoscere leopere dei grandi artisti più recenti, come Leonardo eMichelangelo e dove strinse forti legami con l'ambienteartistico, intellettuale politico. Nel 1508 lascia la cittàfiorentina per Roma, dove - salvo brevi ritorni nei luoghinatali e a Firenze - rimase fino alla morte.

1. PERIODO PERUGINO

Lo Sposalizio della VergineSe esiste un’opera che permette di capire in che cosaconsista la differenza fra il genio di Raffaello e la buonacapacità artigiana di un artista come il Perugino, questaè sicuramente lo Sposalizio della Vergine. Basterà,infatti, istituire il classico confronto con la Consegnadelle chiavi dipinta nel 1484 da Perugino sulle paretidella Cappella Sistina, oppure con la tavola eseguita Raffaello Sanzio, Lo Sposalizio della Vergine

1504, olio su Tavola, 170x117, Pinacoteca diBrera, Milano

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ancora dal Perugino per il duomo di Perugia (la cappella del Santo Anello), per rendersiconto della profonda diversità d’intendere la grammatica dello spazio compositivo fral’urbinate e il suo antico maestro.

Pietro Perugino, La Consegna delle chiavi, 1481-82, affresco, 335 x550 cm Cappella Sistina, Vaticano,

Pietro Perugino, Lo sposalizio della Vergine, 1501-04,olio su tavola, 234x186, Musée des Beaux-Arts, Caen.

Non solo, infatti, Raffaello rende più armonica l’immagine del tempio, rispetto ai duericordati prototipi perugineschi, raddoppiandone i lati che da otto divengono sedici, ma sipreoccupa di ricondurre l’intera composizione all’ossequio del modulo circolare checostituisce il vero riferimento geometrico di tutta l’opera. Non sarà difficile notare che lacentina semicircolare della tavola inquadra armonicamente il tempio passando poco al di

sopra della cupola. Anzi, se si raddoppia verso ilbasso il profilo centinato dell’opera, si avrà lasorpresa di vederlo passare poco al di sotto dellemani dei due sposi evangelici.Ancora: se esaminiamo la disposizione delle figure,non si potrà non notare che esse seguono un’idealelinea semicircolare puntualmente segnata dallaposizione dei piedi dei personaggi. Questa lineatrova un equilibrio dinamico nel contrasto con laposizione delle teste dei protagonisti della scena, aloro volta disposte lungo un ideale semicerchio adandamento contrario.Questi accorgimenti creano, rispetto alla rigidità deidue modelli di Perugino, uno spazio complesso, nonpiù costruito per piani paralleli, come accade nelledue opere del Vannucci, ma impostato sullacontinua interrelazione fra i piani modellati quasisecondo un movimento rotatorio, lo stesso cheritroveremo nei grandi affreschi delle Stanze.

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2. PERIODO FIORENTINO

Madonna del Cardellino e Sacra Famiglia CanigianiNelle tante Madonne del periodo fiorentino di Raffaello, come quella del Cardellino e laSacra famiglia Canigiani, il gruppo di figure prende un andamento piramidale ed ècollocato in uno spazio ricco di profondità, dove il cromatismo digradante dell'atmosferadefinisce i piani paesaggistici.Osservando le due composizioni si nota la completa libertà di torsione di entrambi i gruppidi figure in primo piano, che richiama le forme piramidali leonardesche. Anche in questeopere gli atteggiamenti delle figure sono colmi di calda umanità e gli sguardi sono dolci eteneri.

La Madonna del Cardellino(1506, olio su tavola, 107x76 cm. Galleria degli Uffizi, Firenze)fu realizzata per il matrimonio di Lorenzo Nasi, riccocommerciante di panni di lana, ma nel 1547 l'opera furidotta in 17 pezzi a causa del crollo di un soffitto. Iframmenti furono recuperati e, come racconta Vasari«in quel miglior modo che si potesse». L'analisi ai raggiX permette di vedere le fratture tra i pezzi, colmate danuova pittura. L'angolo in basso a sinistra ècompletamente rifatto, così come un rettangolocorrispondente alla gamba di Gesù.Il quadro raffigura la Madonna seduta su di una roccia,con un libro in mano, che interrompe la sua lettura perrivolgere teneramente il suo sguardo verso i bambiniche giocano davanti a lei: Gesù bambino (a destra)e San Giovannino che tiene in mano un cardellino,simbolo della Passione.In questo dipinto la lezione di Leonardo emerge, oltreche dall'impostazione piramidale, in particolare dalbruno del terreno e dalla resa atmosferica delpaesaggio di fondo, che si perde nei vapori dellalontananza. I volti del Battista e di Cristo recano un’impronta inconfondibilmenteleonardesca nello sfumato che li avvolge e nei tratti somatici.

Il restauro della Madonna del cardellino, è stato negliultimi tempi al centro di un progetto di studio e diricerca che ha mirato alla conoscenza il più possibileapprofondita della tecnica pittorica utilizzata daRaffaello e delle vicende che l’opera ha subito nelcorso dei secoli. Tra il 2000 e il 2002 sono stateconcluse le ricerche sull’opera e si è avviato ilpaziente restauro, terminato nel 2008; l’opera è statapresentata nel corso di una mostra presso PalazzoMedici Riccardi (23 novembre 2008 - 1 marzo 2009).

Nella Sacra Famiglia Canigiani(1507, olio su tavola, 131x107, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera)troviamo invece San Giuseppe, in piedi appoggiato albastone, fra Santa Elisabetta (a sinistra) e laMadonna (a destra) che portano in grembo i rispettivifigli, San Giovannino e Gesù che giocano con uncartiglio.

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Fra i sacri personaggi è una forte intesa sentimentale sottolineata dagli sguardi incrociaticarichi di grande umanità.Oltre lo schema piramidale introdotto da Leonardo, Raffaello si mostra sensibile anche allesoluzioni formali di Michelangelo, così come possiamo avvertire nella figura di SanGiuseppe.È possibile che il paesaggio che si apre alle spalle della Sacra Famiglia, illuminato da unaluce cristallina, derivi da una delle tante incisioni di artisti d'oltralpe che giravano nelle cortirinascimentali, così come dimostra la tipologia nordica degli edifici che appaiono sullosfondo.La tavola, concordemente datata 1507, è firmata RAPHAEL URBINAS sull'orlo della vestedella Madonna. Il Vasari narra di averla vista a Firenze, in casa degli eredi di DomenicoCanigiani (da cui il nome); già tra il 1584 e il 1589 doveva essere nelle collezionigranducali e da qui trasferita a Düsseldorf nel 1691, inclusa nella dote di Maria Luisa de'Medici, figlia di Cosimo III, che andava sposa a Giovanni Guglielmo di Sassonia.Dalla collezione dei principi il dipinto pervenne all'Alte Pinakothek di Monaco, dove si trovaancor oggi.

3. PERIODO ROMANO

Raffaello giunse a Roma forse in seguito a una convocazione di papa Giulio II, che volevaristrutturare i Palazzi Vaticani, quindi voleva decorare una serie di stanze nell'ala norddegli stessi.Raffaello non era il solo artista convocato e presente a Roma, ma quasi subito è lui cheottiene la piena responsabilità di una di esse, la Stanza della Segnatura. Il successodell'opera (compiuta nello stesso momento in cui Michelangelo realizzava la volta dellaCappella Sistina) gli guadagnò il monopolio di tutti i successivi incarichi pittorici inVaticano. Anzi alla morte del Bramante, nel 1514, questi incarichi si estesero acomprendere le imprese architettoniche, inclusa la nuova basilica di San Pietro, e con lapartenza di Michelangelo nel 1516, in questi incarichi Raffaello non ebbe più alcunaconcorrenza.La sua attività inoltre non spaziò non soltanto nella pittura e nell'architettura, ma essendomolto profondo il suo interesse per l'antichità scrisse a Leone X un accorato rapporto sullostato di abbandono dei monumenti romani, e ricevuto l'incarico di occuparsene, da perfettoarcheologo fece una completa ricostruzione filologica dei monumenti di Roma antica. Fului - dopo aver ricevuto la nomina di "Presidentedelle antichità romane"- a tracciare una pianta diRoma antica, con allegate le singole relazioni diogni monumento: impegno e serietà d'indagine chefanno di lui il fondatore della moderna scienzaarcheologica, e nel contempo, definendo certiprincipi e metodi, fondatore della scienza delrestauro.

Ritratto di Leone X con i cardinali Giuliode' Medici e Luigi de' Rossi(1517-18, olio su tavola, 154x119 cm. Galleria degli Uffizi,Firenze)

Agli occhi dei contemporanei, il papa Leone X(Giovanni di Lorenzo de’ Medici), appariva come unvero e proprio bibliofilo, appassionato di libri miniatie antichità.Si spiega bene, allora, per quale motivo Raffaello, in

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questo capolavoro d’introspezione psicologica e di capacità tecnica, ritragga il ponteficedinanzi a un libro di preghiere aperto, con tanto di lente in mano per facilitarsi la lettura.

Basterà, in questo senso, ammirare la minuzia fiamminga con cui Raffaello rappresenta losplendido campanello in oro e argento posato sulla tavola o le pieghe del velluto rossodello scapolare papale o, ancora, il pomello che orna il montante della sedia dove sembrache si debba riflettere, insieme alla finestra, la sagoma dello stesso Raffaello intento aeseguire il ritratto. Gli oggetti sul tavolo alludono senza dubbio ai gusti raffinati del Papamecenate.

Il tono uniforme del colore sulle varie sfumaturedi rosso e del cremisi,1 l'atmosfera pacata maallusiva al potere papale e allo splendore dellasua corte e l'armonia dell'intera composizionefanno di questo dipinto una delle opere piùsignificative e ammirate degli ultimi lavoridell'artista.

Probabilmente i due nipoti furono aggiuntisuccessivamente e probabilmente ciò fu adopera di un allievo: Giulio Romano. Il copricapodel papa è detto camauro e il mantello concappuccio è detto mozzetta.Nata senza le figure dei due cardinali l’operadescrive a meraviglia il carattere introverso delpapa, preso dallo studio dei suoi amati codici,come mostrano le mani da erudito, buone soloper sfogliare le pagine di pergamena. Assorto inse stesso, ma più probabilmente sfuggente,come dimostra lo sguardo di sbieco, tipico di chi

non svela i propri disegni anche i più crudi2, Leone X sembra in attesa degli eventi, quasiabbia avuto una premonizione.Certo è curioso, e quasi una sorta di presagio, che la figura rappresentata sulla sinistra siaquella di Giulio de’ Medici, cugino di Leone X, proprio il cardinale che pochi anni dopodiventerà papa con il nome di Clemente VII.

Stanze Vaticane (della Segnatura – di Eliodoro - dell’Incendio di Borgo – di Costantino)

a) Stanza della SegnaturaNel 1508 il dispotico e battagliero papa GiulioII dette inizio alla decorazione del suoappartamento, partendo dalla Stanza dellaSegnatura, conclusa nel 1511.Il pontefice aveva inizialmente affidatol'impresa ad altri pittori, ma una volta unitosiRaffaello all'équipe, Giulio II rimase cosìcolpito dalle prime prove del pittore chelicenziò gli altri.La Stanza della Segnatura deriva il suo nomedal fatto che divenne poi sede del tribunaledella «Signatura Gratiae». Prima però, al

1 tonalità di rosso luminosa e chiara che, contenendo alcune componenti di blu, tende lievemente al porpora.2 come la vendetta nei confronti del cardinale Petrucci, condannato a morte quando si venne a sapere chestava tramando contro il papa

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momento della commissione a Raffaello, la sala era forse la biblioteca e lo studio privatodel papa.il programma iconografico degli affreschi si propone di rappresentare le tre massimecategorie dello spirito umano: il Vero, il Bene e il Bello. Il Vero soprannaturale èillustrato nella “Disputa del SS. Sacramento” (o la teologia), quello razionale invecenella “Scuola di Atene” (o la filosofia). Il Bene è espresso nella raffigurazionedelle “Virtù Cardinali e Teologali e della Legge” mentre il Bello nel “Parnaso” conApollo e le Muse.

La Scuola di AteneNumerosi personaggi dell'antichità, filosofi, astronomi, matematici, sono all'interno di unsolenne edificio dalla grandiosa architettura classicheggiante che ricorda i progetti diBramante per il nuovo San Pietro.Siamo, infatti, nel primo decennio del Cinquecento, un momento di straordinario successoculturale per Roma dove si trovano riuniti i geni del momento, fra cui Bramante, Raffaello,giunto da Firenze nel 1508, e Michelangelo.

La scena dipinta daRaffaello rappresenta iltempio della filosofia;domina, sul lato sinistrola scultura di Apollo cherappresenta la ragione,mentre sul lato destroquella di Minerva, ovverol'intelligenza. Questo ciinduce a considerare ilgrande entusiasmo diRaffaello per la sculturaantica, con la quale entrain stretto contatto sin dalsuo primo periodoromano.Al centro, sulla sommità

della scalinata, Aristotele e Platone indicano, ognuno con un gesto diverso, sintesi delleproprie convinzioni filosofiche, la strada per raggiungere razionalmente il Vero. CosìPlatone, che tiene in mano il Timeo, alza il dito al cielo per riferirsi al mondo delle idee,mentre Aristotele, che porta con sé il libro dell'Etica, distende la mano verso il basso asignificare che la chiave per conoscere la Verità si trova nell’indagine delle cose di questomondo.Tutt’intorno, a gruppi, si raccolgono scienziati e filosofi assorti nelle loro attività di pensiero.Così, sull’estrema sinistra, accanto al vecchio Zenone, Epicuro incoronato di pampinilegge o annota un libro. Più in basso, Pitagora sicuramente scrive le proprie riflessioniriguardo alla strana immagine che compare sulla lavagna nera che gli è accanto. Si trattadi un diagramma che mostra sia i rapporti musicali sia la cosiddetta deka, l’insieme deinumeri su cui doveva basarsi l’armonia dell’universo. Va da sé che le teorie pitagorichepassarono nel pensiero platonico e da lì nel neoplatonismo rinascimentale, ovverosia fra lenozioni cui attinge sicuramente Raffaello.

Ma Raffaello non si accontenta di citare le figure dei grandi filosofi fini a se stesse.L’urbinate si preoccupa di creare una sorta di continuità fra il passato e il presentestabilendo delle relazioni fra le grandi personalità a lui contemporanee e quelle deigloriosi secoli trascorsi.

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Così, se Platone ha avuto in prestito il volto da Leonardo da Vinci, Michelangelo veste ipanni di Eraclito al centro del proscenio, mentre il giovane dalle bianche vesti dietro lafigura di Parmenide è ancora una volta Francesco Maria della Rovere, presente anchenella Disputa. Sulla destra, Bramante presta atteggiamento e forme a Euclide e, forse inomaggio al grande architetto marchigiano artefice della sua fortuna (era stato lui asuggerire a Giulio II di chiamarlo), l’urbinate appone la propria sigla, R.V.S.M. ossia“Raphael Urbinas sua manu”, sullo scollo della tunica del grande filosofo greco.

Zoroastro, dal canto suo, ha l’effigie di Pietro Bembo,accanto al quale non è difficile riconoscere lo stessoRaffaello; di spalle Tolomeo, l’astronomo e il geografo pereccellenza. Va notato, però, che allora si era soliti confonderelo scienziato alessandrino del II secolo d. C. con gli omonimiappartenenti alla dinastia dei Tolemaidi, ultimi eredi dellagrandezza dei faraoni. Per tale disguido Raffaello lo raffiguracon la corona in testa come se fosse un sovrano.Ma questo non vuol dire che l’urbinate non sia attento allefisionomie dei grandi. Se Diogene, magro e disteso accantoalla proverbiale ciotola è una ricostruzione di fantasia(ancorché efficace), Socrate è la vivificazione dei bustimarmorei che l’antichità ha tramandato fino al tempo diRaffaello.

b) Stanza di EliodoroEra anticamente la stanza destinata alleudienze private del pontefice e fu decoratada Raffaello subito dopo la stanza dellaSegnatura. Il programma è politico e mira adocumentare, in diversi momenti storicidall'Antico Testamento all'epocamedioevale, la miracolosa protezioneaccordata da Dio alla Chiesa minacciatanella sua fede (Messa di Bolsena), nellapersona del pontefice (Liberazione di SanPietro), nella sua sede (Incontro di Leone

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Magno con Attila) e nel suo patrimonio (Cacciata di Eliodoro dal tempio). Essi furonoscelti anche per esprimere il programma politico di Giulio II (pontefice dal 1503 al 1513),mirante a liberare l'Italia, occupata in quel momento dai Francesi, per restituire al papato ilpotere temporale minacciato.

Liberazione di San Pietro dal carcereRaffaello risolve magistralmente la complessità dell’episodio narrato nel libro degli Attidegli apostoli (XII, 6-9) dividendolo in tre fasi.Il momento iniziale, che è anche il più importante della storia, occupa lo spazio maggioreal centro della lunetta. In questo modo, l’artista obbliga a una lettura per così dire spezzatadegli eventi che, anche se rispettano pressoché alla lettera la narrazione sacra, dal puntodi vista cronologico sono sfalsati.

Lo scopo, ovviamente, èquello di mettere inevidenza il fattomiracoloso. «Pietrostava dormendo tra duesoldati, legato con duecatene, mentre allaporta alcune sentinellesorvegliavano laprigione. A un trattocomparve un angelo delSignore e la cellarisplendette di una luceabbagliante.Egli, toccando Pietro sulfianco, lo destò e disse:“Lèvati in fretta”.

Contemporaneamente caddero le catene dalle sue mani [...]. Aggiunse infine: “Indossa ilmantello e seguimi”. E uscito di là, Pietro lo seguiva, né sapeva rendersi conto se erarealtà quel che accadeva per opera dell’angelo; credeva di avere una visione».

Sulla destra si dipana quindi il secondo episodio, quello della fuga, mentre sulla sinistraviene rappresentato l’ultimo, quello della scoperta da parte delle guardie.E certo la fantasmagoria notturna delle luci di Raffaello sembra davvero “una visione”e inquesta straordinaria scena notturna, una delle prime in assoluto della storia dell’arte,Raffaello contrappone la luce divina dell’angelo inviato da Dio alla luce naturale della lunae dell’alba imminente, e alla luce artificiale delle fiaccole. Sapientemente Raffaello è ingrado di restituirci tutte le sottili vibrazioni di colore.

Anche per questa parete la scelta del soggetto trova giustificazione in ricordi personali delpontefice e in complesse riflessioni di carattere politico. Giulio II, infatti, non può averdimenticato che il suo titolo cardinalizio era stato proprio quello di San Pietro in Vincoli aRoma e che in questa chiesa erano e sono conservate anche le catene che, nel carcere diGerusalemme, strinsero i polsi del principe degli apostoli.Nel 1511 inoltre gli esperti di diritto canonico avevano individuato nella liberazione di sanPietro la prima fonte per asserire la legittimità dell’autorità papale. Infine la lunetta alludeforse agli avvenimenti bellici del giugno 1512, quando i territori pontifici vennero “liberati”dall’occupazione francese.