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Fabrizia Francabandera Presidente della Corte di Appello di L'Aquila RELAZIONE SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA NEL DISTRETTO DELLA CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA Assemblea Generale - L'Aquila, 1 febbraio 2020 Fabrizia Francabandera Presidente della Corte di Appello di L'Aquila RELAZIONE SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA NEL DISTRETTO DELLA CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA Assemblea Generale L'Aquila, 1 febbraio 2020 Remo Brindisi “Lottiamo per la Pace”, 1954 (recto) Olio su pannelli lignei L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo

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Fabrizia FrancabanderaPresidente della Corte di Appello di L'Aquila

RELAZIONESULL'AMMINISTRAZIONE

DELLA GIUSTIZIA NEL DISTRETTODELLA CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA

Assemblea Generale - L'Aquila, 1 febbraio 2020

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Remo Brindisi“Lottiamo per la Pace”, 1954 (recto)

Olio su pannelli ligneiL’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo

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Fai bene quello che sei chiamato a fare… nonostante tutte le difficoltà, c’è la possibilità di un futuro migliore per la vita del nostro Paese e per la vita delle nostre Istituzioni.

Vittorio Bachelet(1926-1980)

Remo Brindisi“Lottiamo per la Pace”, 1954 (verso)Tempera su carta

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Fabrizia FrancabanderaPresidente della Corte di Appello di L'Aquila

RELAZIONESULL'AMMINISTRAZIONE

DELLA GIUSTIZIA NEL DISTRETTODELLA CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA

Assemblea Generale - L'Aquila, 1 febbraio 2020

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Relazione sull’amministrazione della giustizia nel

distretto della Corte di Appello di L’Aquila

1° luglio 2018 - 30 giugno 2019

Intervento in aula del Presidente della Corte di Appello

Fabrizia Francabandera

La cerimonia che vede qui riuniti, insieme ai magistrati della Corte di

Appello, le massime autorità del distretto si apre, come di consueto, con il

ringraziamento al Presidente della Repubblica e ai nostri ospiti, in

particolare al collega rappresentante del Consiglio Superiore della

Magistratura, che ha da poco ritrovato la completezza dei suoi componenti,

e al rappresentante del Ministero della Giustizia; salutiamo e ringraziamo

tutte le Autorità presenti, religiose, civili e militari, i Magistrati delle altre

giurisdizioni, i Magistrati onorari, i rappresentanti degli Ordini Forensi, i

dirigenti degli uffici giudiziari, il personale amministrativo, i colleghi

Presidenti di Sezione e Consiglieri che vedete qui riuniti nelle sontuose

toghe rosse che la cerimonia richiede e, in realtà, impone, perché sono certa

di esprimere l’opinione di tutti se dico che preferiamo di gran lunga le

nostre toghe nere, quotidiano “abito di scena” che sentiamo e viviamo come

simbolo esterno della dismissione dei nostri vissuti personali, dell’unità

della nostra funzione e, soprattutto, dell’imparzialità che deve guidare le

nostre decisioni.

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Tutti voi, in rappresentanza delle istituzioni dell’intero distretto, ci onorate

ancora una volta della vostra presenza, sacrificando a questa giornata della

giustizia ordinaria la mattina di un sabato invernale, solitamente dedicato

agli affetti e al riposo, e di questo sacrificio vi siamo grati

Pochi mesi fa, in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico, il

Presidente della Repubblica ha reso omaggio alla città di L’Aquila, nel

decimo anniversario del terremoto che l’ha colpita così profondamente,

patrocinando nell’occasione un concorso di idee sui valori democratici e i

principi della giustizia, rivolto alle giovani generazioni, in ricordo di

Vittorio Bachelet, vice presidente del Consiglio Superiore della

Magistratura, del quale tra pochi giorni, il 12 febbraio, ricorre il 40°

anniversario dell’uccisione.

Bachelet era uomo di studi (professore di diritto amministrativo

nell’Università La Sapienza di Roma) e di impegno nel sociale e nelle

istituzioni, colpito -come molti altri prima e dopo di lui, soprattutto nella

magistratura, da Emilio Alessandrini, assassinato l’anno prima, uomo

d’Abruzzo la cui memoria coltiviamo con orgoglio, a Guido Galli, ucciso il

19 marzo dello stesso anno- proprio perché la sua lealtà alla Costituzione e

il suo senso dello Stato testimoniavano la legittimità del sistema

democratico, che in quegli anni di arrogante follia un manipolo di giovani

descriveva come oppressivo sistema da abbattere con le armi. Con

l’assassinio di Bachelet si voleva colpire il suo ruolo nel CSM, che guidava

con spirito di servizio e rara capacità di coesione, a tutela dell’autonomia e

dell’indipendenza della magistratura, strenuamente respingendo l’idea che

per combattere il terrorismo fosse lecito ricorrere a strumenti eccezionali; a

riprova che lo Stato di diritto ha gli anticorpi per affrontare anche le

emergenze, sempre nel rispetto della legalità costituzionale e della tutela dei

diritti della persona.

E se parlare di autonomia e indipendenza della magistratura può sembrare

un semplice esercizio retorico, forse è bene dedicare un pensiero a quello

che accade non troppo lontano da noi: solo un paio di settimane fa migliaia

di persone, cittadini, magistrati e avvocati polacchi, affiancati per la prima

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volta da magistrati di tutta Europa, hanno avvertito la necessità di protestare

silenziosamente, sfilando in toga per le strade di Varsavia, contro riforme

approvate nei mesi scorsi, nonostante la Corte di Giustizia dell’Unione

Europea avesse già stigmatizzato la contrarietà del nuovo ordinamento

giudiziario della Polonia ai valori comuni che identificano lo stato di diritto.

Gli ordinamenti che si qualificano “forti” mal sopportano le istituzioni di

garanzia: e, infatti, il saldo controllo politico sui vertici -requirenti e

giudicanti- della magistratura, i vincoli nell’applicazione del diritto

dell’Unione, i limiti al diritto di critica, stanno creando un rischio concreto

per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura polacca, e

conseguentemente, per i diritti dei cittadini di quel Paese.

Il “contagio” ha già raggiunto l’Ungheria, mentre in Turchia fin dal 2016

migliaia di magistrati sono stati oggetto di arresti e destituzioni di massa. A

tutti loro va la nostra solidarietà

La giornata di oggi è, come sempre, l’occasione per riferire

sull’amministrazione della Giustizia nel nostro territorio. Oggi si preferisce

parlare di “accountability”, termine intraducibile in italiano, perché unisce

al concetto di rendiconto quello di responsabilità, evidenziando meglio il

cuore e il senso della relazione che sto per presentarvi.

Le molte pagine che la compongono, in cui chiunque abbia interesse potrà

trovare l’analisi approfondita del lavoro dello scorso anno (confrontato con

quello dell’anno precedente), sono frutto dei contributi di tutti i protagonisti

della giurisdizione in Abruzzo, dai dirigenti degli uffici giudicanti e

requirenti di primo grado ai presidenti di Sezione della Corte, dai dirigenti

amministrativi ai magistrati formatori e ai referenti per l’informatica.

L’idea di fondo che ci guida è che la Giustizia non sia questione di una curia

ristretta di “tecnici”, ma “servizio”, nel senso più alto del termine, servizio

ai cittadini, al territorio, alle altre istituzioni; il che impone di essere

trasparenti e di sottoporsi a valutazioni esterne, non certo per ottenere

consensi, ma per mantenere la legittimazione, la fiducia che sono i

presupposti indispensabili perché i magistrati possano “dire il diritto” su

altri uomini, nella piena consapevolezza di quanto il loro lavoro incida sulla

vita, la libertà, l’onore, il patrimonio delle persone, oltre che sul tessuto

sociale ed economico del Paese e sulle sue potenzialità di crescita.

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Siamo convinti, infatti, che i cittadini debbano poter fare affidamento non

solo sul fatto che i magistrati che si occuperanno delle loro vicende siano

del tutto terzi ed estremamente professionali (questi sono i prerequisiti

essenziali), ma anche sul fatto che i procedimenti che li riguardino siano

assegnati e trattati in tempi e modi trasparenti e predeterminati. E, infatti,

molto del tempo e dell’impegno dei dirigenti degli Uffici giudiziari, sulla

base della normativa emanate dall’organo di autogoverno, è ormai dedicato

proprio a quello che chiamiamo “il diritto tabellare”, condensato in poderosi

documenti organizzativi a disposizione di tutti.

Accountability, abbiamo detto, significa insieme rendere il conto e assumere

responsabilità, il che può aversi solo in presenza di un confronto continuo,

all’esterno e all’interno dei nostri uffici.

Il confronto con il territorio e le altre istituzioni, affidato in primis ai

dirigenti, anche quest’anno è stato improntato a massima reciproca

collaborazione, in particolare con i Comuni che, pur dopo la riforma del

2015, in qualità di enti proprietari dei Palazzi di Giustizia, partecipano alle

Conferenze Permanenti cui è affidata la manutenzione degli edifici, in

collaborazione con il Provveditorato alle Opere Pubbliche, il Demanio, i

Ministeri competenti, adoperandoci tutti con grande –quanto spesso

frustrato- impegno per migliorarne la fruibilità in favore degli utenti,

professionali e occasionali.

Lo scorso anno, per effetto della tenace pressione dei presidenti di corte di

tutta Italia, uniti nel denunciare l’assoluta insufficienza delle risorse

personali per la gestione delle nuove, complesse competenze, il Ministero ha

finalmente inserito negli organici il ruolo dei funzionari tecnici (uno dei

quali in servizio anche da noi) che si spera possano offrire un valido

contributo nella gestione delle nuove incombenze.

A L’Aquila (par. 1), come da troppi anni accade, poco o nulla è cambiato

per i nostri uffici: la città è un enorme cantiere che lavora alacremente alla

ricostruzione, privata e pubblica, ma i nostri risalenti problemi (alcuni

antecedenti il terremoto del 2009) permangono in parte irrisolti. Mi

riferisco, in particolare, a quella grande area che fronteggia la nuova ala del

Palazzo che ci ospita, area che abbiamo sempre chiamato “Primo lotto”, che

ormai è difficile continuare a definire come un “cantiere”, non essendo

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interessata da alcun lavoro da oltre un decennio. Eppure quell’area doveva

essere, nelle intenzioni progettuali, sia piazza di accesso al nuovo Palazzo

(che è penalizzato nella gestione delle uscite di sicurezza) che approdo alle

antiche mura restaurate, al servizio della città e dei suoi abitanti.

Non ci resta, quindi, che fare affidamento nella solerzia

dell’Amministrazione nella ricerca di soluzioni che non si facciano troppo

attendere.

Proficuo è stato anche il confronto con la Regione, in continuità con il

lavoro avviato negli anni scorsi: anche quest’anno, infatti, è stato finanziato

il progetto formativo che ha consentito la collaborazione dei c.d. tirocinanti

nelle nostre cancellerie, ben 110 nel distretto (par. 7.2). Per quanto siano

emerse alcune criticità, l’apporto è stato come sempre prezioso, anche

perché trattasi di persone che ormai hanno acquisito sul campo, nonostante

la precarietà del loro status, una professionalità che non dovrebbe

assolutamente essere dispersa.

Sempre in tema di confronto con l’esterno, preme evidenziare il lavoro fatto

con la Regione per l’adeguamento e il monitoraggio del Protocollo sulla

REMS di Barete, che sta garantendo, con il coinvolgimento di tutti gli uffici

giudiziari, una migliore gestione delle liste di attesa per gli accessi; inoltre

sono già avviati i contatti per lavorare insieme alla istituzione degli

innovativi Uffici di prossimità, finanziati da fondi europei, destinati ad

occuparsi dei procedimenti di volontaria giurisdizione, al fine di agevolarne

l’accesso ai soggetti più fragili.

Troverete nella relazione ampi cenni ai molteplici ed eterogenei protocolli e

convenzioni stipulati dagli uffici del distretto con soggetti pubblici e privati,

che spaziano dai progetti di messa alla prova agli affidi dei minori stranieri

non accompagnati, al sostegno a progetti di natura civica (come

l’installazione dei defibrillatori nei palazzi di giustizia, per i quali dobbiamo

ringraziare la società civile) o culturale. Mi fa piacere evidenziare, in

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particolare, il prestito alla Corte da parte del Munda, in persona della

Sovrintendente dott.ssa Arbace, di molti importanti dipinti del maestro

Brindisi, il più grande dei quali - denominato “Lottiamo per la Pace” -

illustra quest’anno la copertina della relazione. Il restauro dell’opera è in via

di completamento nel nuovo atrio del palazzo; fondamentale è stato il

sostegno dell’Ordine degli Avvocati di L’Aquila e, per la realizzazione della

teca, della Fondazione Cassa di Risparmio di L’Aquila, la stessa che ha

finanziato il progetto di accesso alle cancellerie da parte di alcuni finanzieri

in pensione, che ringraziamo per il loro contributo.

Proprio con gli avvocati, che non possiamo considerare meri utenti, ma veri

e propri co-protagonisti, co-produttori del servizio-giustizia in favore della

collettività, la collaborazione è stata preziosa, nella soluzione dei problemi

relativi alla sede dove svolgere le prove scritte per gli esami di ammissione

alla professione (essendo venuta meno la disponibilità della Scuola

Superiore della Guardia di Finanza di Coppito), nella elaborazione dei

protocolli in materia di gestione delle udienza, di liquidazione dei compensi

per gratuito patrocinio, di Processo civile telematico, di concordato con

rinuncia ai motivi in appello, e molti altri.

Il confronto con gli avvocati, peraltro, è continuo, anche in materia

tabellare, essendo nostri interlocutori necessari nell’adozione degli

strumenti organizzativi cui ho fatto cenno (Documenti Organizzativi

Generali, tabelle dei singoli uffici, tabelle infradistrettuali), ed anche per

ogni variazione, che deve necessariamente passare al vaglio del Consiglio

Giudiziario (par. 11), l’organo decentrato di autogoverno che opera in ogni

distretto con i capi di Corte e i magistrati eletti, del quale fanno parte due

avvocati e un esponente dell’Accademia; organo che, nella sua

composizione ordinaria, si esprime proprio su tutti i provvedimenti che

hanno ad oggetto la funzionalità degli uffici.

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Il nostro regolamento, peraltro, fin dal 2009 garantisce ai componenti “laici”

il c. d. diritto di tribuna, ovvero la facoltà di partecipare, senza diritto di

voto, anche alle sedute del Consiglio in composizione ristretta (c.d. togata),

quella che si occupa del tema delicato delle valutazioni periodiche di

professionalità dei magistrati del distretto. L’argomento è da poco tornato di

attualità per la volontà manifestata dal nuovo legislatore, purtroppo

osteggiata da una parte della magistratura associata, di voler estendere a tutti

i Consigli Giudiziari italiani questa esperienza, nata dalla prassi

dell’autogoverno decentrato e per noi assolutamente positiva, grazie alla

estrema correttezza dei rappresentanti laici.

Tra pochi mesi il Consiglio Giudiziario, di durata quadriennale, sarà

rinnovato in tutte le sue componenti; è l’occasione, questa, per rivolgere un

pubblico ringraziamento ai rappresentanti dell’Avvocatura e

dell’Accademia, oltre che naturalmente ai colleghi magistrati, per il lavoro

prezioso e scrupoloso di questi anni, svolto in piena armonia, con lealtà,

trasparenza e dedizione, con l’auspicio che anche i prossimi membri, scelti

dalle diverse componenti, possano porsi nel solco di quanto fatto e

continuare ad assicurare agli uffici e ai magistrati del distretto quel vaglio

attento, talvolta critico ma necessario, sui profili professionali e

organizzativi dei nostri uffici.

Un cenno va fatto, visto che parliamo di confronto e collaborazione tra

magistratura e avvocatura, anche al tema della formazione professionale

(par.9), in particolare di quella decentrata che si organizza nel distretto. La

formazione dei giovani magistrati e dei giovani professionisti, in uno con il

necessario aggiornamento che costituisce obbligo deontologico dei più

anziani, è luogo di crescita culturale comune alle nostre professioni, sia che

si scelga di approfondire le problematiche e i tecnicismi derivanti da una

iperproduzione legislativa non sempre di qualità (e, talvolta, anche da

orientamenti giurisprudenziali piuttosto ondivaghi), sia che ci si indirizzi

verso riflessioni di più ampio respiro, con iniziative formative dirette a

consolidare la conoscenza della nostra storia, il senso di lealtà costituzionale

e di difesa dello stato di diritto. Penso, in particolare, ai seminari tenuti a

Pescara e a L’Aquila, con il fondamentale ausilio del MIUR e la

partecipazione di molti studenti, su vicende del passato che non possiamo

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dimenticare, perché continui no a istruirci ed ammonirci. Abbiamo infatti

riflettuto, con illustri relatori, su quale sia stato il ruolo dei giuristi italiani

nell’applicazione delle famigerate leggi razziali del ‘38, quale sia stata la

risposta dello Stato, per quanto tardiva e parziale, ai crimini di guerra

tedeschi in Italia e quali le problematiche e le strategie vincenti nei

confronti del terrorismo degli anni 70/80 e la prevenzione possibile dei

nuovi terrorismi di matrice religiosa che si agitano nel territorio europeo.

Il senso di questo continuo e proficuo confronto con l’esterno, con le

istituzioni, con le professioni, con i cittadini è quello di consolidare il

convincimento che la Giustizia, come ideale e come apparato, sia un “bene

comune”, cosa che riguarda tutti, perché è l’intera collettività interessata

alla sua corretta ed efficiente operatività, misurabile in termini di

valorizzazione delle risorse e di adeguata capacità di gestione dei carichi

di lavoro.

Quanto alle prime, gli uffici giudicanti del distretto (par.7.1), possono

contare su un organico complessivo di 146 magistrati (di cui 28 in servizio

presso la Corte d’Appello, compreso il Magistrato Distrettuale che in realtà

presta lavoro presso i tribunali, 106 presso gli Uffici di primo grado, 5

presso il Tribunale per i Minori, 7 presso gli Uffici di Sorveglianza). Alla

data del 30 giugno 2019, che conclude l’anno giudiziario di cui ci

occupiamo, la scopertura era pari al 6,85% (10 vacanze), forse la più bassa

degli ultimi anni, ed ancora più bassa è la scopertura negli uffici requirenti

del distretto, dove mancano solo 2 magistrati su 56 (scopertura del 3,57%).

È di pochi giorni fa la notizia che il Ministero, nel rivedere le piante

organiche alla luce dell’aumento complessivo di 600 unità deliberato lo

scorso anno, all’esito di uno studio accurato sui flussi e le caratteristiche del

nostro Distretto, ha indicato in 8 unità -3 per la Corte, 2 per il Tribunale di

L’Aquila, una ciascuno per i Tribunali di Pescara e Teramo e per il

Tribunale di Sorveglianza- l’aumento per l’Abruzzo, così confermando il

fatto che i fabbisogni siano stati sinora sottostimati.

Parimenti da apprezzare è la prevista dotazione organica flessibile

distrettuale, formula innovativa che indica una sorta di “task-force” di

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magistrati da distribuire negli uffici a seconda delle esigenze, anche di

natura provvisoria e temporanea, in sostituzione della figura del Magistrato

Distrettuale, i cui limiti sono da tempo emersi.

Attendiamo, quindi, con fiducia che le nuove piante organiche trovino

concreta attuazione e copertura (devono ancora essere banditi i concorsi e il

percorso non sarà semplicissimo), insieme all’indispensabile e

proporzionale aumento degli organici del personale amministrativo.

Attualmente, pertanto, sono in servizio in Abruzzo 190 magistrati

professionali, di cui 92 donne e 98 uomini: la percentuale delle donne è

poco inferiore alla metà, (mentre a livello dirigenziale si contano 3 donne

presidenti di Tribunale -su 10-, un solo Procuratore della Repubblica su 9,

oltre al Presidente della Corte), lievemente al di sotto del dato nazionale

(che vede una percentuale poco superiore al 50%).

Sul punto apro una brevissima parentesi: sono stati necessari anni perché la

presenza delle donne in magistratura -iniziata solo nel 1963, a distanza di

molto tempo dal riconoscimento del diritto di voto (1946) e dalla

Costituzione (1948), che pure proclamava solennemente il principio di

uguaglianza- mutasse definitivamente, anche nell’immaginario collettivo,

il mondo e il volto della nostra professione, confermando che il genere non

è dimensione irrilevante e che si deve anche alle donne magistrato il

progressivo abbandono di stereotipi culturali che fino a pochi decenni

addietro giustificavano palesi discriminazioni nella legislazione e nella

giurisprudenza, emergenti in particolare nei procedimenti c.d. sensibili

(dalle cause di lavoro a quelle di separazione e divorzi, nonché, in sede

penale, nei procedimenti per reati c.d. di genere -violenze sessuali,

maltrattamenti-), condizionando sia il momento di acquisizione delle prove

che quello del giudizio. E se è vero che il processo di trasformazione del

sentire sociale è conseguenza delle istanze di eguaglianza sostanziale

espresse dalle donne in tutti i campi, è però evidente che queste istanze

sono entrate nel cuore della giurisdizione anche per la presenza vigile delle

donne magistrato, che presidiano la tutela dei diritti fondamentali con

risposte concrete di giustizia.

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Ai magistrati ordinari si affiancano i 150 Magistrati Onorari di Pace (62

con funzioni di G.O.T. presso i Tribunali, 52 con funzioni di V.P.O. presso

le Procure della Repubblica e 36 negli uffici del Giudice di Pace -par.6.1-)

oltre ai 9 Giudici Ausiliari in Corte d’Appello, presenti già da qualche

anno (par.6.3).

Il numero dei magistrati onorari, di non molto inferiore a quello dei togati,

conferma l’importanza del loro lavoro, ormai da tempo parte integrante

della nostra risposta di giustizia, e l’indefettibilità di un loro più giusto

inquadramento che, nel rispetto della previsione costituzionale del

concorso pubblico, valorizzi la professionalità che molti di loro hanno

acquisito sul campo e che spendono quotidianamente in favore degli utenti.

Non è questa la sede per approfondire quale sia il loro status, tuttora

estremamente precario (attendiamo la pronuncia della Corte di Giustizia

dell’Unione europea, recentemente adita con rinvio pregiudiziale dal

giudice del lavoro di Vicenza), ma credo sia da ripensare la riforma poco

coraggiosa adottata nella scorsa legislatura, capace di scontentare sia i

giudici onorari, consegnati ad un destino di eterna precarietà, che gli uffici,

che dovranno rivedere i loro moduli organizzativi.

Così come una riflessione si impone ormai anche in tema di competenza

per materia, ben potendo essere ampliata quella dei Giudici di Pace, tanto

nel settore penale che in quello civile. Si avrebbe, infatti, il doppio

vantaggio di una giustizia “minore” più vicina agli utenti che giustifica la

presenza sul territorio di uffici che oggi trattano un numero di

procedimenti inferiore alle loro potenzialità, e di una flessione del carico di

lavoro sui tribunali, che potrebbero dedicare maggiori risorse ai

procedimenti più complessi.

Il rendiconto delle risorse personali sulle quali possiamo contare si conclude

con i dati relativi al personale amministrativo (par.7.2), colonna portante

dei nostri uffici, senza il quale il nostro lavoro resterebbe sulla carta e

sarebbe del tutto vano. La grande e composita “squadra” del personale, nelle

sue diverse professionalità, è quella che soffre le maggiori scoperture, da

ormai troppi anni: al 30.6.2019 a livello distrettuale la scopertura è, infatti,

pari, al 18,18 %, dato negativo e tuttavia migliore sia di quello dello scorso

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anno, per effetto dell’assunzione dei nuovi assistenti giudiziari, che di

quello nazionale (che si aggira sul 21%).

È in via di definitivo scorrimento la graduatoria dell’ultimo concorso (il

primo dopo troppi anni) che ha visto entrare nei ranghi dell’amministrazione

della giustizia migliaia di assistenti, rivelatisi, per quanto ci riguarda, di

grande bravura e competenza, pur se deve evidenziarsi che la scarsità di

vincitori abruzzesi fa sì che le nostre sedi non siano oggetto di scelta e che

molto frequente sia la mobilità verso altre sedi più gradite.

E se questa è una penalizzazione involontaria, dobbiamo invece constatare

con grande rammarico che il Ministero ha deliberatamente quanto

immotivatamente escluso il nostro distretto dall’avviso di selezione per

l’assunzione a tempo indeterminato di 616 operatori giudiziari e, più di

recente, di 109 autisti, da individuarsi tra gli iscritti ai centri per l’impiego,

sì che i tirocinanti abruzzesi sono stati ingiustamente privati della possibilità

di accedere alla prevista selezione e gli uffici della possibilità di coprire

tempestivamente le scoperture.

E allora, se è dovuto il plauso al Ministero per la solerzia e la professionalità

con cui è stato gestito quel grande concorso -con l’auspicio che quello in

corso per selezionare i nuovi funzionari giudiziari non si risolva per troppi

in una partita di giro da un profilo all’altro- deve ancora una volta ribadirsi

che senza personale giovane, motivato e capace di adeguarsi alla ormai

indefettibile informatizzazione dei servizi di cancelleria, in debita

proporzione con il numero dei magistrati, ogni ipotesi di smaltimento

dell’arretrato e di migliore gestione dei flussi, ogni progetto organizzativo è

destinato a grandi difficoltà, se non impossibilità, di attuazione.

Vediamo ora, in sintesi, quali siano stati i carichi di lavoro che hanno

interessato i nostri uffici nello scorso anno giudiziario, con particolare focus

sui tribunali ordinari e la Corte d’Appello, nelle principali branche del

settore civile e di quello penale (delle altre materie e del lavoro degli Uffici

e del Tribunale di Sorveglianza oltre che degli Uffici minorili trattano

ampiamente i par. 2, 3, 4 e 5 e le statistiche allegate).

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Nel settore civile si sono registrati presso gli otto Tribunali del Distretto

ben 36.921 nuovi procedimenti (di cui 12.905 affari civili contenziosi;

7.660 giudizi in materia di lavoro e previdenza, 9.520 procedimenti

sommari e 6.836 procedimenti di volontaria giurisdizione); gli uffici di

primo grado ne hanno definiti 37.175 (di cui 12.843 affari civili

contenziosi; 8.003 giudizi in materia di lavoro e previdenza, 9.456

procedimenti sommari, e 6.873 procedimenti di volontaria giurisdizione),

mentre restano pendenti ben 31.902 processi (di cui 22.973 affari civili

contenziosi; 5.296 giudizi in materia di lavoro e previdenza, 1.764

procedimenti sommari, e 1.869 procedimenti di volontaria giurisdizione).

Negli Uffici del Giudice di Pace sono stati iscritti 16.066 nuovi

procedimenti civili; ne sono stati definiti 16.280, e ne restano pendenti

5.753.

In Corte d’Appello, a fronte di 2.713 nuovi procedimenti (di cui 1.481

affari civili contenziosi; 863 giudizi in materia di lavoro e previdenza, e 369

procedimenti di volontaria giurisdizione), ne sono stati definiti 3.820 (di cui

2.519 affari civili contenziosi, 916 in materia di lavoro e previdenza, 385

procedimenti di volontaria giurisdizione), così riducendosi, sia pure di poco,

la pendenza, che vede comunque ben 6.010 processi (di cui 5.175 affari

civili contenziosi; 715 giudizi in materia di lavoro e previdenza, e 120

procedimenti di volontaria giurisdizione).

Nel settore penale i Tribunali hanno registrato 10.831 nuovi

procedimenti (10.387 con rito monocratico, 444 con rito collegiale,

destinato ai reati più gravi); le definizioni sono state 11.399 (10.952 nel

monocratico, 447 nel collegiale); la pendenza è attestata su 16.631 nel

monocratico e 880 nel collegiale, per complessivi 17.511 procedimenti.

I Giudici di Pace hanno definito 1505 procedimenti penali, a fronte di 1256

sopravvenienze (con una pendenza di 1386).

In Corte d’Appello a fronte di 3107 nuove iscrizioni, sono stati definiti

2697 processi, di cui solo il 14% con sentenze di prescrizione (ed è questo

un risultato che oggi possiamo definire virtuoso a fronte delle percentuali

più alte degli anni passati); la pendenza finale è pari a 4710 fascicoli.

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Gli uffici giudicanti del distretto hanno quindi definito complessivamente

56.735 procedimenti civili e 15.601 penali, dato quantitativo che evidenzia

nella sua oggettività la mole di lavoro svolta lo scorso anno.

Ad eccezione della Sezione Penale della Corte d’Appello (per una serie di

ragioni contingenti che ne danno piena giustificazione -par. 3.4-, non ultima

la più scarsa incidenza delle prescrizioni), nel loro insieme gli Uffici del

distretto hanno definito un numero di procedimenti poco superiore a

quello delle sopravvenienze, con conseguente lieve diminuzione

dell’arretrato.

Ne consegue che, benché sia confermato il trend declinante dei nuovi

procedimenti nel settore civile e, in misura minore, in quello penale, le

sopravvenienze sono comunque troppe rispetto alle risorse di cui disponiamo

e, stando così le cose, non è certamente vicino il momento in cui potremo

occuparci ogni anno solo dei nuovi procedimenti.

Poiché la matematica non è un’opinione le strade per migliorare la

situazione, a parità di risorse, non possono che essere due: aumentare la

produttività; ridurre le sopravvenienze.

L’aumento del numero delle definizioni è cosa su cui siamo tutti già

fortemente impegnati da tempo, anche grazie agli strumenti organizzativi

adottati negli ultimi anni, con il risultato già evidenziato di aver invertito il

trend di progressivo aumento della pendenza registrato fino al 2009. Oggi,

tuttavia, è obiettivo non più perseguibile su numeri significativi, avendo

gli uffici raggiunto pressoché il massimo della produttività individuale

possibile; peraltro, avendo tutti ormai articolato il loro lavoro nella

individuazione di percorsi più veloci per i procedimenti di più agevole

soluzione, definibili in tempi brevi, l’arretrato è composto soprattutto da

quelli più complessi e non è quindi facilmente riducibile in tempi contenuti.

Quanto ai tempi di durata media dei procedimenti, questi sono attestati su

una lieve riduzione rispetto al passato, in linea con il dato nazionale, pur se

resta altissima la variabilità: nel settore civile - contenzioso ordinario-

occorre in media per giungere al giudicato ben più del tempo comunemente

ritenuto “ragionevole” (tre anni per il primo grado, due per il secondo, uno

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per la Cassazione) e sono ancora troppi i procedimenti ultratriennali

pendenti nei tribunali. In Corte d’Appello l’obiettivo del biennio è raggiunto

per meno della metà dei procedimenti, mentre è scesa, sia pure di poco, la

percentuale di pendenti ultratriennali; un “binario più veloce” è destinato ai

procedimenti definiti prioritari (procedimenti in materia di volontaria

giurisdizione, fallimenti, separazioni e divorzi, minori, cause in materia di

lavoro/previdenza/locazione) per i quali in genere non si supera l’anno.

Parimenti, nel settore penale, per quanto i tempi siano in genere più

contenuti, resta alta la variabilità tra reati di competenza collegiale e

monocratica; in Corte i tempi medi sono stati di 12/18 mesi per i

procedimenti aventi ad oggetto reati c.d. prioritari -per legge o per tabella-

e 2/3 anni per gli altri, mentre sono molto più contenuti i tempi di trattazione

nei procedimenti con imputati sottoposti a misure cautelari (in genere sei

mesi).

La sanzione per la durata eccessiva, com’è noto, consiste in indennizzi

liquidati dalla Sezione Civile della Corte d’Appello (c.d. legge Pinto).

Nel periodo in esame tali procedimenti sono lievemente aumentati (da 136 a

158,) così come l’importo complessivo delle somme liquidate, passato da €

479.524 a ben € 727.949, con una inversione rispetto al trend calante degli

ultimi anni. Il dato, per quanto non allarmante (si pensi che nel quadriennio

2014/18 erano stati liquidati circa 33 milioni di euro) deve far riflettere

sull’evidente paradosso di un rimedio di natura meramente indennitaria,

che introduce una sorta di processo al processo, consumando notevoli

risorse sul piano dell’impegno lavorativo di magistrati e personale, oltre che

su quello economico, così sottraendole proprio alla più tempestiva

trattazione degli affari ordinari

L’altro approccio alla riduzione dell’arretrato, si diceva, è quello di tentare

di limitare le sopravvenienze, materia tuttavia rimessa alle parti -pubbliche

e private- e influenzata, ovviamente, dal quadro normativo, le cui modifiche,

negli ultimi anni sono infatti spesso state ispirate dal dichiarato intento di

favorire le soluzioni alternative delle controversie nel settore civile e di

agevolare esiti semplificati delle definizioni nel settore penale.

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Per entrambi i settori, tuttavia, il bilancio è quasi del tutto negativo, come si

può leggere nella relazione, in cui si dà ampio conto dell’insuccesso degli

strumenti deflattivi individuati dal legislatore.

In sintesi possiamo in questa sede dire che nel settore civile (par.2)

l’istituto della mediazione civile obbligatoria ha sortito effetti assai

modesti (poco più del 3% del contenzioso è stato definito nel distretto), a

conferma della scarsa fiducia che l’Avvocatura sembra riporre nello

strumento (maggiori effetti aveva avuto negli anni passati l’aumento del

contributo unificato e questo deve far riflettere su quali siano i disincentivi

alle liti che funzionano davvero, con tutte le controindicazioni e i limiti che

conseguono, anche di natura costituzionale).

La notevolissima riduzione delle sopravvenienze in appello, cha ha

consentito alla Sezione Civile della Corte di ridurre l’arretrato del 16%, è

attribuibile solo al crollo degli appelli in materia di Protezione

Internazionale seguito alla riforma del 2017 che ha eliminato il gravame.

Riforma che, se ha agevolato il lavoro delle Corti di appello, ha però

aggravato enormemente quello della Corte di Cassazione, peraltro incidendo

pesantemente sui diritti delle persone richiedenti asilo, che hanno subito

l’ulteriore vulnus dell’eliminazione del permesso di soggiorno per motivi

umanitari (a seguito dei c.d. Decreti Sicurezza) e sono state consegnate in

migliaia alla zona d’ombra della irregolarità.

Nel settore penale (par.3) il riscontrato calo delle sopravvenienze, ormai

vicino all’esaurimento, è conseguenza della lungimirante depenalizzazione

del 2016, purtroppo rimasta isolata, oltre che platealmente contraddetta dalla

più recente normativa in materia di sicurezza, che ha addirittura istituito

nuove figure di reato per condotte che rientrano nella marginalità sociale più

che nella devianza.

Peraltro scarsa o nulla è stata anche quest’anno l’efficacia degli altri strumenti

deflattivi. Per quanto in aumento rispetto al passato, infatti, pochi sono i

procedimenti definiti con declaratoria di non punibilità per particolare

tenuità del fatto (vincolata da scoraggianti limiti sostanziali e processuali e

in lieve aumento solo a Pescara), mentre del tutto privo di utile incidenza è

stato l’istituto della estinzione del reato per condotte riparatorie, che,

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insieme all’istituto della messa alla prova (molto ben utilizzato in sede

minorile ed in lievissima crescita per gli adulti, soprattutto per reati di guida

in stato di ebrezza), aveva fatto sperare che anche in Italia potesse aprirsi uno

spazio concreto per la c.d. giustizia riparativa. Il tema, purtroppo, è ancora

confinato a interessanti convegni tra operatori di buona volontà (giuristi,

psicologi, assistenti sociali), nonostante la sua vocazione a qualificare, nel

solco tracciato dalle direttive europee a tutela delle vittime, il tessuto civile

e istituzionale di un paese moderno, divenendo luogo di incontro tra persone

offese e autori di reati, per i quali l’uscita “laterale” dal circuito penale

diventa possibile solo a prezzo di un impegno personale, non solo di natura

patrimoniale, in un contesto progettuale controllato da esperti professionisti.

Sempre bassa è l’incidenza delle definizioni con i c.d. riti alternativi (c.d.

patteggiamento, rito abbreviato), che pure la riforma processuale di 30 anni

fa aveva individuato, con l’incentivo della notevole riduzione di pena, come

esito fisiologico della gran parte dei procedimenti, sì da riservare il

complesso e costoso (in tutti i sensi) rito ordinario dibattimentale ad ipotesi

residuali di maggiore complessità.

Gli ultimi dati disponibili ci dicono che nel distretto la percentuale

complessiva è all’incirca pari al 22%.

Si è dibattuto a lungo sulle molteplici ragioni che hanno influito sulla scarsa

appetibilità dei riti alternativi -dalla incompletezza delle indagini preliminari

all’aspettativa della prescrizione, alla scarsa “stabilità” degli orientamenti

giurisprudenziali che fa sperare in esiti più favorevoli, alla mera aspettativa

del rinvio di una condanna esecutiva- ma è certo che tali istituti non hanno

sinora adempiuto alla funzione loro assegnata nella riforma del 1989.

In palese controtendenza, peraltro, è stata approvata la legge n.33/2019 con

cui si vieta l’accesso al rito abbreviato a chi sia accusato di un reato punito

con la pena dell’ergastolo, ovvero proprio nei casi in cui più frequente è il

ricorso al rito premiale. L’effetto sarà quello di aggravare il carico di lavoro

delle Corti d’Assise (due togati e sei giudici popolari), obbligate a

complesse istruttorie dibattimentali anche quando sarebbe possibile la più

agevole definizione allo stato degli atti da parte del giudice delle indagini

preliminari, con conseguente necessità di distogliere magistrati dal lavoro

ordinario.

Ancora una volta la ratio di una riforma a-sistematica (della cui legittimità

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costituzionale è lecito dubitare), probabilmente non abbastanza meditata

nelle sue ricadute sugli uffici giudiziari, sembra rinvenirsi esclusivamente

nella volontà di assecondare un non meglio identificato quanto mutevole

“sentimento popolare”, emerso a seguito di casi di cronaca, che valorizza,

in contrasto con il modello costituzionale della funzione rieducativa, solo

l’esemplarità -il quantum- della pena e che vede nel meccanismo

incentivante del rito camerale -riduzione della pena a fronte della rinuncia al

dibattimento e alla rivisitazione della prova raccolta in sede di indagini- una

sorta di mercimonio della giustizia.

Se il governo dei flussi in entrata è rimesso in gran parte alle scelte del

legislatore, non ci resta che guardare con attenzione alle annunciate -ma

ancora poco chiare- riforme del processo civile e di quello penale, pur

definite “epocali” e addirittura capaci di “dare certezza” ai tempi della

giustizia.

Peraltro, senza voler indulgere al pessimismo della ragione che deriva dal

fresco ricordo di riforme parimenti “epocali” rivelatesi non all’altezza delle

aspettative, la speranza è che vi sia piena consapevolezza non solo della

necessità di non stravolgere il complesso e delicatissimo equilibrio tra

efficienza e garanzie che presiede alle regole processuali, ma anche di

rispettare i limiti delineati dalle norme costituzionali e sovranazionali

(pena i successivi e problematici interventi demolitori delle Alte Corti), e di

tenere adeguatamente conto del valore della stabilità del quadro

normativo e della sua coerenza interna.

Ma qualcosa occorre aggiungere per non fermarci alla misurazione del

nostro lavoro solo in termini di “quanto” e in “quanto tempo”, con rischi

di derive produttivistiche che minerebbero in radice il senso del nostro

lavoro. La domanda che proviene dalla società, infatti, pur attenta alla

quantità e alla rapidità, chiede soprattutto qualità della decisione, ovvero

capacità di porsi come effettivo ed efficace regolamento, accettato dalle

parti, della concreta vicenda rimessa al giudice, la cui valutazione, oltre che

essere solidamente motivata, non può prescindere dalla compiuta

conoscenza degli atti e dalla piena padronanza degli strumenti normativi,

attività tutte difficilmente comprimibili in tempi prestabiliti.

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La qualità, peraltro, è dato ben più complesso e poco oggettivabile rispetto

al numero degli affari definiti e alla durata dei processi; pur essendo

consapevoli che tempi e qualità si condizionano reciprocamente, sappiamo

che la rapidità eccessiva in una fase rischia paradossalmente di appesantire i

tempi nella successiva, come non di rado verifichiamo in appello, quando

ricorrono nullità che impongono la rimessione al primo grado o disponiamo

integrazioni istruttorie che completino un quadro probatorio rimasto monco

in primo grado.

Dobbiamo chiederci, allora, se sia in concreto possibile far riferimento a dati

generali indicatori della qualità del nostro lavoro.

Si considera, talvolta, come criterio di qualità quello dell’accettazione

“sociale” delle decisioni, che è, tuttavia, molto insidioso, condizionato

com’è da contingenze e umori difficilmente controllabili e tutti esterni alla

giurisdizione.

Ce ne rendiamo conto in caso di alternanza degli esiti giudiziari quando, a

fronte dell’assoluzione di chi abbia subito una custodia preventiva o di

pronunce opposte nei diversi gradi della giurisdizione, l’opinione pubblica

si affretta a invocare la categoria dell’errore giudiziario. Dimenticando così

che tali esiti sono il fisiologico risultato di un sistema di garanzie; che il

diritto non è matematica né puro sillogismo, ben potendo accadere che,

persino a fronte del medesimo materiale istruttorio, giudici diversi possano

pervenire a convincimenti opposti, per una questione processuale risolta

diversamente, per il maggiore o minore affidamento riposto in alcuni degli

elementi di prova o per una diversa interpretazione della normativa di

riferimento.

E tuttavia, per quanto sia una mera convenzione che chi decide dopo decide

“meglio”, è però certo che le caratteristiche del giudice dell’impugnazione

(collegialità, maggiore anzianità ed esperienza) depongono tendenzialmente

-e con le debite eccezioni di cui tutti noi abbiamo esperienza- nel senso che

la pronuncia successiva sia effettivamente quella più adeguata. La conferma

in sede di impugnazione e, a maggior ragione, la mancata impugnazione,

indicano quindi il tasso di stabilità delle decisioni e possono diventare

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concreti indicatori di qualità, oggettivamente verificabili.

Il tasso di stabilità si misura, quindi, con due diversi indicatori: il tasso di

impugnazioni, che verifica la percentuale di sentenze impugnate sul totale

(per sezione, ufficio o distretto), evidenziando il livello di accettazione delle

parti rispetto alla giurisdizione; il tasso di resistenza agli altri gradi di

giudizio, utilizzabile per le sentenze impugnate, che evidenzia gli esiti

(conferma, riforma, parziale riforma) nei gradi successivi.

La conoscenza dei tassi di impugnazione e dei tassi di resistenza, dunque,

potrebbe diventare uno strumento oggettivo, per grandi numeri, atto a

verificare eventuali scostamenti dalle medie e così a orientare e stimolare la

riflessione di tutti noi sulla stabilità ed efficacia del nostro lavoro.

I dati attualmente a nostra disposizione non sono esaustivi: ci dicono che il

tasso di impugnazione in Abruzzo è abbastanza contenuto per le sentenze

in materia civile/lavoro, pari a circa il 15%; più alto nel settore penale

dove sale al 35% per il rito monocratico e al 51%- nel rito collegiale; le

sentenze impugnate sono quasi esclusivamente sentenze di condanna (circa

il 95%), a conferma del fatto che il gran numero di sentenze liberatorie

(assoluzioni e proscioglimenti) pronunciate in primo grado -tra il 30 e il

50% del totale secondo stime sommarie, con notevoli differenze tra rito

collegiale e monocratico- non vengono impugnate dal PM (più frequenti gli

appelli delle parti civili).

Le statistiche ministeriali non ci offrono, tuttavia, altri dati di grande

interesse, non solo di natura scientifica: se vi sia maggiore ricorrenza di

impugnazioni in alcuni tribunali piuttosto che in altri, in quali materie, con

riferimento al tasso di resistenza, né quali siano le percentuali di conferme

e riforme.

Obiettivo degli uffici, allora, deve essere quello di incrementare l’uso degli

applicativi informatici per raccogliere dati settoriali attendibili. In tal senso

sta lavorando l’Ufficio Distrettuale per l’Innovazione (UDI), mentre sono

già avviati incontri tra i magistrati di primo e secondo grado per confrontarsi

sulle questioni seriali che più frequentemente formano oggetto di

impugnazione e di riforma; con la medesima finalità stanno consolidandosi

le banche dati della giurisprudenza civile e penale del distretto, che

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garantiranno la sistematica comunicazione degli esiti di tutte le

impugnazioni (par.8).

La consapevolezza che sta finalmente crescendo è quella di essere tutti parte

di una stessa “filiera” in cui nessuno di noi può più pensare di far

riferimento solo a se stesso e al suo sapere; gli atti e le condotte di ognuno

dei protagonisti del processo, pubblici e privati, si intersecano e

condizionano i passaggi successivi; sia l’informatica, per tipizzare i

momenti fondamentali ed evitare reiterazioni non necessarie, che i

Protocolli per individuare modelli condivisi di base che guidino la redazione

degli atti scritti (penso a quelli già elaborati dal CSM e dal CNF o altri cui

potremmo lavorare insieme agli avvocati) possono validamente aiutarci a

lavorare tutti meglio senza disperdere risorse preziose.

Parliamo sempre di “tempi” della giustizia e quindi non ci si può esimere

dal dedicare alcune considerazioni, alla luce dell’esperienza del nostro

distretto, alla dibattuta riforma della prescrizione, alla sospensione dopo

la sentenza di primo grado, ormai legge vigente da un mese, inserita -non

incidentalmente- nel testo di una legge (c.d. “Spazzacorrotti”) che

disciplina materia affatto diversa, e approvata ben prima che fosse

possibile un bilancio della c.d. riforma Orlando che, nel 2017, aveva

concesso più tempo alle fasi di impugnazione, con la medesima finalità

di evitare pronunce estintive dopo il primo grado.

È noto che il rinvio di un anno per l’entrata in vigore della novella era

motivato dalla condivisa necessità di avviare prima riforme strutturali

del processo atte a contenere i tempi. Trascorso l’anno senza alcun

intervento, il legislatore ha tuttavia lasciato ferma la data stabilita,

suscitando così le alte proteste di chi ritiene che, in assenza di riforme

“strutturali”, la novella determinerebbe uno squilibrio complessivo del

sistema in favore dell’esigenza punitiva dello Stato, a discapito del

cittadino imputato.

L’estrema vivacità del dibattito ha accentuato, come spesso accade, la

visibilità delle posizioni più radicalmente contrarie o favorevoli alla riforma,

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lasciando in ombra quelle che propongono una “conciliazione” delle finalità.

Le prime, fatte proprie dall’intera avvocatura, che ha deliberato più volte in

segno di protesta l’astensione dalle udienze, addebitano alla nuova

normativa gravi e concreti rischi per la libertà dei cittadini, costretti a subire

processi infiniti (si è parlato addirittura di “ergastolo processuale”); le

seconde, al contrario, la indicano senz’altro come la soluzione “miracolosa”

dei problemi della giustizia italiana.

Entrambe, secondo alcuni studiosi, mostrano di confondere le due diverse

patologie dalle quali è affetto il sistema penale in Italia, patologie che solo

occasionalmente si incrociano: l’alto numero delle prescrizioni che si

verifica a processo in corso, in particolare in fase di appello; la durata media

dei procedimenti penali, spesso ritenuta eccessiva.

La prima (l’alto numero delle prescrizioni che si verifica a processo in

corso), vanifica il lavoro già svolto dagli organi inquirenti e dai giudici di

primo grado, giunto alla pronuncia della sentenza di condanna, a conferma

della persistenza dell’interesse pubblico alla punizione del colpevole (parlo

solo di “condanna” perché auspico fortemente che si tenga fermo il

proposito di escludere dalla riforma i reati per i quali in primo grado è stata

pronunciata sentenza di assoluzione; le ragioni sono note, quasi

generalmente condivise e non c’è tempo di parlarne).

Lo spreco di risorse pubbliche e la frustrazione delle aspettative delle

vittime sono evidenti e certo non può parlarsi in tali casi di “diritto

all’oblio” o di difficoltà nella ricostruzione dei fatti. Quando un giudice ha

pronunciato condanna all’esito di un giusto processo e l’imputato chieda al

giudice dell’impugnazione di rivedere tutti o alcuni punti della decisione, la

collettività ha il diritto di aspettarsi una seconda pronuncia nel merito che

stabilisca in via definitiva se il reato sussiste, se l’imputato è colpevole, se la

vittima debba essere risarcita.

E infatti, proprio il gran numero di sentenze di prescrizione rese in casi noti

(vuoi per la visibilità degli imputati “eccellenti”, vuoi per il numero delle

vittime o le particolarità del fatto -penso a reati colposi di grande risonanza

mediatica-) ha contribuito a far sentire tali sentenze come “ingiuste”, così

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minando uno dei pilastri delle società moderne: la fiducia che i cittadini

ripongono nel sistema penale e nell’efficacia delle sue regole.

La seconda (l’eccessiva durata media dei procedimenti penali) attiene,

invece, alla complessiva efficienza del processo penale, messa in crisi dalla

frequente irragionevolezza dei suoi tempi, concettualmente del tutto separati

dai tempi della prescrizione. Per convincersene, basti rilevare che non si fa

questione di violazione delle garanzie costituzionali né si parla di processi

“infiniti” per quelli aventi ad oggetto reati imprescrittibili o a prescrizione

lunga (fino a 20/30 anni), nemmeno quando questa operi per reati di non

eccessivo allarme sociale (per es. furti di generi alimentari nei supermercati o

ricettazioni di beni di scarso valore, se aggravati dalla recidiva qualificata).

Sono le prescrizioni brevi -che estinguono in 5/7 anni ½ le contravvenzioni

e i reati puniti con pene più basse- quelle più frequentemente dichiarate

nelle Corti italiane, pur se maturano nel corso di processi di appello trattati

in tempi del tutto ragionevoli (talvolta arrivano in Corte già “prescritti”) e,

quindi, indipendentemente dalla loro durata; il cronometro della

prescrizione infatti, come ben sappiamo, si avvia al momento della

commissione del fatto-reato, non di rado scoperto a distanza di tempo, non

già all’inizio delle indagini.

Le statistiche ministeriali ci dicono che oggi si pronunciano sentenze di

prescrizione in appello in misura estremamente variabile sul territorio

nazionale (dal 5/8% delle definizioni per Palermo, Trento e Trieste, al

30/40%, per le Corti più grandi del Paese, Roma, Venezia, Napoli e Torino),

il che denuncia la casualità, e quindi la sostanziale ingiustizia per gli

imputati, di esiti opposti a seconda dell’A.G. competente per territorio.

La nostra Corte di Appello, grazie all’impegno dei colleghi e ad una più

attenta organizzazione e programmazione del lavoro, negli ultimi anni ha

occupato una posizione mediana, avendo pronunciato sentenze di

prescrizione, in genere per reati non prioritari, nella misura media del 20%;

quest’anno la percentuale è scesa ulteriormente, intorno al 14%, e contiamo

di ridurla ancora, fino, se possibile, ad azzerarla, tanto più che per i reati

commessi dall’agosto 2017 possiamo avvalerci del maggior tempo concesso

dalla c.d. riforma Orlando.

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Le Corti di Appello, dunque, saranno gli uffici che direttamente dovranno

confrontarsi con la nuova normativa, ma ciò avverrà non prima di diversi

anni (almeno cinque per le contravvenzioni commesse nei giorni scorsi,

almeno sette e mezzo per i delitti meno gravi), quando potremmo trovarci a

trattare processi nei quali questo tempo è decorso dopo la sentenza di

condanna in primo grado e prima che sia possibile definire l’appello.

I critici della riforma sostengono che il rischio di un ritardo sine die nella

trattazione in appello di tali procedimenti è alto e concreto, tale da costituire

un pregiudizio inaccettabile per l’imputato. E deve, in effetti, convenirsi sul

fatto che, soprattutto nelle grandi Corti d’Appello che abbiamo menzionato,

potrebbero aversi tempi del tutto “irragionevoli” per giungere alla sentenza

di merito (con conseguente esposizione all’indennizzo della legge Pinto,

oggi escluso quando il processo si concluda con la prescrizione).

E tuttavia, essendo la vera questione dei tempi del processo quella di un

miglior equilibrio tra dotazione di risorse e carichi di lavoro, non

possono trascurarsi i benefici indiretti che dovrebbero venire dalla riforma:

la definitiva perdita della prospettiva di una pronuncia di prescrizione in

appello, infatti, dovrebbe da un lato agevolare il ricorso ai riti alternativi,

dall’altro ridurre le impugnazioni che chiamiamo “dilatorie” (finalizzate

solo alla prescrizione) e quindi il carico di lavoro delle Corti.

Certo non ha torto chi sostiene che siano necessari interventi riformatori

per dare più efficienza al sistema penale, perché in tal caso la sospensione

della prescrizione dopo la sentenze di primo grado presenterebbe meno

rischi di processi di durata eccessiva; possiamo augurarci, allora, che, nel

lungo tempo che corre tra l’entrata in vigore della novella e la sua concreta

operatività, possa esservi un’accelerazione nella individuazione delle

riforme necessarie, almeno quelle per le quali c’è maggiore condivisione.

È opinione condivisa che sia necessaria un’ampia depenalizzazione che,

pur senza “miracolose” aspettative, restituisca al diritto penale, oggi

obiettivamente ipertrofico, la sua funzione di rimedio ultimo per il

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contrasto di condotte di effettivo allarme sociale, non altrimenti

sanzionabili.

Parimenti necessari sono interventi mirati a risolvere note criticità del

processo, di minimo impatto sistematico, ma idonee a migliorare i tempi nel

pieno rispetto delle garanzie difensive, obiettivo che dovrebbe essere

condiviso da tutti i protagonisti della giustizia, anche l’avvocatura che non

può accettare che la sua alta funzione costituzionale sia condizionata dal

mero decorso del tempo.

Il dibattito ormai in corso da tempo suggerisce interventi a costo zero che

non incidono sulle garanzie della difesa, per esempio in tema di procura

speciale per l’impugnazione (che eviterebbe appelli plurimi e reiterazioni

di giudizi), di notifiche semplificate all’imputato dopo la prima (che

eviterebbe frequenti rinvii), di procedimenti camerali non partecipati in

casi semplici e ben tipizzati (per esempio per gli appelli aventi ad oggetto

solo la misura della pena), nei quali si potrebbe, salvo eccezioni prospettate

dalle parti, rinunciare al contraddittorio orale e alla pubblicità dell’udienza,

di filtri più stringenti all’appello, che consentano, come nel processo

civile, la declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza e che

introducano limiti all’appellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del

PM e della parte civile.

Guardo, invece, con grande preoccupazione alla ricorrente idea di eliminare

il divieto di reformatio in pejus, norma che garantisce la terzietà del

giudice d’appello, chiamato a giudicare nei limiti delle censure mosse dalle

parti alla sentenza di primo grado, ed all’invocazione di automatismi

disciplinari a carico dei magistrati il cui effetto, più che la miracolosa

velocizzazione dei tempi, sarebbe solo quello di indurre rigidità

burocratiche.

Riforme mirate di questo genere, più di riforme epocali cui guardiamo con

una certa preoccupazione, ben potrebbero agevolare il lavoro delle Corti, nel

pieno rispetto delle garanzie difensive, e consentire la definizione nel merito

anche di quei processi che oggi sono destinati al macero.

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E comunque, e concludo sul punto, poiché il sistema deve prevedere norme

di chiusura anche per la disciplina di casi limite, che ben potrebbero

verificarsi in Corti gravate da carichi di lavoro non proporzionati alle risorse

di cui dispongono, non si vede cosa impedisca al legislatore, cui spetta il

compito squisitamente politico di trovare il punto di equilibrio tra diverse

visioni, di stabilire prudentemente un tempo massimo di stasi immotivata

del processo in appello o in cassazione oltre il quale questo si estinguerebbe

comunque (prescrizione processuale).

Rinvio alla lettura della relazione per gli approfondimenti sulle riforme, già

approvate o in corso di elaborazione in materia civile/lavoro -c.d. Decreto

Dignità, lavoro “agile”, “riders” ecc.- (par.2.1 e 2.3.1), mentre dei fenomeni

criminali che interessano il nostro territorio si occuperà, come sempre, il

Procuratore Generale.

Mi preme solo evidenziare, a fronte del lieve calo nelle iscrizioni di nuovi

reati, la costante attenzione di tutti gli uffici giudiziari al pericolo di

infiltrazioni criminali di natura associativa (confermate da importanti

indagini della DDA anche nei circondari di Vasto e Avezzano).

Come sempre alto nella nostra regione, cuore verde del Paese, il focus sul

tema dell’ambiente, mai come quest’anno -a causa dell’emergenza

climatica- al centro del dibattito mondiale, animato dalla raggiunta

consapevolezza del ritardo con cui il ricco mondo occidentale ha compreso

il prezzo pagato ad uno sviluppo talvolta incontrollato. Hanno avuto vasta

eco nel distretto i processi avviati dalla Procura di Teramo in tema di

inquinamento delle falde acquifere del Gran Sasso dei quale attendiamo

l’esito in primo grado, ma in tutti i circondari si opera sul piano della

prevenzione, tramite Protocolli e linee guida (par.3.2).

Anche, quest’anno non è venuta meno l’attenzione ai temi della tutela delle

c.d. “fasce deboli”, e quindi ai fenomeni di violenza di genere, oggetto del

recente “Codice Rosso” (legge n.69/19), che, nel condivisibile intento di

accelerare la presa in carico da parte delle autorità inquirenti dei c.d.

fenomeni anticipatori (molestie, stalking, maltrattamenti) di possibili eventi

più gravi (femminicidi), ha tuttavia introdotto delle rigidità -evidentemente

dettate da sfiducia nelle prassi, che pure erano già mutate per effetto di

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dettagliate “linee guida” adottate dall’organo di autogoverno- che rischiano

paradossalmente di aumentare la c.d. vittimizzazione secondaria delle

persone offese (par.3.3).

Sempre attenti ai fenomeni di disagio sociale, le cui ricadute sovente

riguardano i soggetti più fragili, sono gli Uffici Minorili (par. 5.1.2) giudici

specializzati che pongono la tutela dei minori al centro del loro lavoro.

Quest’anno il Presidente del Tribunale per i Minorenni ha voluto richiamare

l’attenzione sul problema dei minori preadolescenti e adolescenti che si

trovino in situazioni familiari critiche, per i quali è sempre più difficile

individuare affidi extrafamiliari (solo 8 nello scorso anno, nonostante

l’importante lavoro di formazione degli operatori e di promozione

dell’istituto) alternativi al collocamento negli istituti e, tanto più,

programmare un percorso adottivo, per la carenza di disponibilità delle

coppie ad accogliere minori di età superiore agli otto/dieci anni, nonostante

il fenomeno dell’innalzamento dell’età media degli aspiranti genitori

(sovente anche oltre il 45° anno).

Le riflessioni sono amare: a fronte del diffondersi di un’auto-percezione

giovanile da parte degli adulti e del desiderio, comprensibile ma poco

generoso, di colmare un bisogno di famiglia, restano privi di tutela proprio

quei minori che, incolpevolmente, hanno dovuto attendere perché fosse

intercettata la loro condizione di sofferenza; e ciò a causa del timore -

smentito da tante storie di riuscita integrazione- che essi siano

irreversibilmente compromessi o non possano costituire legami affettivi

realmente significativi. Si tratta di vere e proprie vittime invisibili,

colpevoli perfino del tempo vissuto nella sofferenza e nel disagio, che

purtroppo non incrociano nel territorio politiche sociali che possano almeno

aiutarle nella ricerca di percorsi di autonomia personale.

Alcune parole, come ogni anno, devono essere dedicate alla situazione

carceraria del distretto (par.4).

Va evidenziato il significativo aumento (da 1737 a 1903, pari al 9,5%) del

numero dei detenuti ospitati nelle nostre carceri, con situazioni di

sovraffollamento negli istituti di Pescara e soprattutto di Chieti (dove il

numero dei detenuti è pari al doppio di quello regolamentare) in chiara

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controtendenza rispetto ai dati degli anni passati, ma in coerenza con il dato

nazionale, che segnala non già un aumento dei nuovi ingressi, essendo in

costante diminuzione il numero dei reati, bensì l’aumento della durata delle

pene ed il minore accesso ai benefici penitenziari. Quest’ultimo determinato

anche dal mancato esercizio della delega per la riforma dell’Ordinamento

Penitenziario (legge 103/17), in particolare nella parte relativa

all’eliminazione degli automatismi preclusivi nell’accesso alle misure

alternative alla detenzione.

Già lo scorso anno stigmatizzammo l’inerzia del nuovo legislatore, poco

coerente sia con il dettato costituzionale che impone di considerare sempre

il condannato -nella sua dignità di essere umano- come recuperabile al

consorzio civile, sia con le aspettative di riduzione del sovraffollamento e di

complessiva razionalizzazione del sistema dell’esecuzione riposte nella

riforma.

Ma la scelta del legislatore di non attuare la delega, confermata nella sua

ispirazione di impronta marcatamente “securitaria” dalla legge n.3/2019

(che ha esteso ai reati contro la P.A. il regime ostativo alla concessione di

benefici se non in presenza di una “collaborazione attiva”, già vigente per

gli appartenenti alla criminalità organizzata), è stata, come talvolta accade,

“superata” dai giudici.

Dapprima dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (sentenza del

13.6.2019, Viola vs. Italia), e quindi dalla nostra Corte Costituzionale

(sentenza del 22.10.2019 n.253), chiamate a pronunciarsi su una delle

questioni più dibattute, quella dei condannati per reati c.d. ostativi, che,

nel nostro distretto, sono oltre 140, divisi nelle carceri di L’Aquila e

Sulmona, istituti di massima sicurezza.

Tali sentenze, sono state oggetto di critiche, tanto “rumorose” quanto

affrettate, sempre pronte a enfatizzare presunti cedimenti della politica della

“fermezza” e poco propense a collocare gli istituti giuridici nei principi

generali di civiltà che le Corti hanno il compito di custodire a garanzia di

tutti, anche di chi si è macchiato di gravi reati, a conferma della superiorità

dello stato di diritto.

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La Corte europea ha ravvisato la violazione dell’art. 3 della Convenzione in

relazione all’ergastolo c.d. ostativo (perché è contrario alla tutela della

dignità umana privare una persona della libertà senza impegnarsi per la sua

riabilitazione e senza offrire la possibilità di riesaminare se vi sia stata una

evoluzione della personalità che consenta di riconquistarla in futuro), mentre

la Corte Costituzionale, con riferimento a tutti i reati ostativi -a pena

perpetua o temporanea- ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale

dell’art. 4 bis comma 1 dell’O.P. (non toccando affatto l’attuale regime del

41 bis, come qualcuno ha erroneamente affermato) per violazione

dell’art.27, III comma, Cost., che, nello stabilire che la pena deve tendere

alla rieducazione del condannato, ha definitivamente posto in secondo piano

la mera retribuzione che valorizza soltanto il quantum della pena, nella vana

ricerca di un’impossibile parificazione con l’offesa arrecata dal reato.

Senza entrare nei tecnicismi delle pronunce, approfonditi nella relazione, è

sufficiente in questa sede evidenziare che la Corte ha chiarito

definitivamente che la presunzione di pericolosità sociale del condannato

non collaborante (di per sé legittima perché non è irragionevole presumere

che chi non collabora mantenga i collegamenti con l’organizzazione

criminale), non può essere assoluta, ma relativa, dovendo il giudice valutare

il percorso carcerario di ogni singolo condannato. Ne consegue che, lungi

dall’aprire indiscriminatamente le porte del carcere a pericolosi condannati,

la Corte Costituzionale ha restituito al magistrato di sorveglianza -giudice

specializzato ed estremamente professionale- quella discrezionalità che

costituisce il cuore della giurisdizione, comunque in concreto vincolata agli

esiti di una rigorosa istruttoria (pareri della Procura antimafia o

antiterrorismo, del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza

Pubblica, relazioni del Carcere sul percorso detentivo del condannato).

Il che consente di affermare che gli spazi per la concessione dei permessi

premio resteranno piuttosto ristretti, e comunque costituiranno un’eccezione

e giammai la regola, restando la collaborazione con la giustizia l’ambito

principale in cui si muoveranno i magistrati.

La vera questione che l’illuminata pronuncia della Corte, per essere

effettiva, pone al legislatore, è invece quella dell’indilazionabile

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adeguamento degli organici negli Istituti penitenziari, soprattutto con

riferimento alle figure degli educatori, gravemente carenti anche nel nostro

distretto, che sono e diventeranno sempre più figure fondamentali

nell’osservazione della personalità del condannato.

Per concludere, non possiamo non accennare alla crisi che lo scorso anno ha

investito il Consiglio Superiore della Magistratura, mettendo in

discussione lo stesso ruolo dell’associazionismo e dei gruppi che da sempre

ne costituiscono le diverse anime culturali. I fatti sono noti e non è certo

questa la sede per ripercorrerli, hanno determinato dimissioni a catena e reso

necessarie ben due elezioni suppletive.

Credo sia sufficiente richiamare le parole nette e dure del nostro Presidente

della Repubblica, che, ancora una volta, ha saputo farsi carico con

immediatezza della gravità della ferita inferta ad un corpo professionale

sano, animato da migliaia di donne e uomini che ogni giorno indossano la

toga e amministrano la giustizia con disciplina e onore, come richiede ai

pubblici funzionari l’art.54 della Costituzione.

Nel plenum del CSM del 21 giugno 2019, il presidente Mattarella ha

evidenziato che proprio un’inchiesta giudiziaria aveva rivelato “un quadro

sconcertante e inaccettabile… un coacervo di manovre nascoste, di tentativi

di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare

inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il

CSM, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello

Stato”, un quadro tale da poter intaccare, insieme al CSM, il prestigio e

l’autorevolezza dell’intero ordine giudiziario.

Il presidente ha quindi invocato la necessità di voltare subito pagina, nella

consapevolezza che solo “l’assoluta trasparenza e il rispetto rigoroso delle

regole, nelle procedure e nelle deliberazioni” può arginare la diffidenza che

i fatti emersi hanno provocato nei cittadini e negli stessi magistrati.

Esiste dunque, come purtroppo ci raccontano anche altri fatti di cronaca, una

“questione morale” che non risparmia la magistratura, che non è un corpo

separato della società, e il CSM, che vive anch’esso la crisi della

rappresentanza che investe da tempo gli organi elettivi. Questione, peraltro,

che non ha colto del tutto di sorpresa i tanti di noi consapevoli delle spinte

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individualistiche e corporative talvolta emerse nell’associazionismo

giudiziario, così lontane dal dibattito ideale che è l’unica ragion d’essere

delle c.d. “correnti”.

La distorsione di fondo -cui forse ci stavamo pian piano assuefacendo- viene

da quello che chiamiamo “carrierismo giudiziario”, dall’idea che la

dirigenza giudiziaria, svincolata opportunamente dal vecchio criterio

dell’anzianità senza demeriti, sia diventata nell’epoca del disincanto -più

prossimo al cinismo che al realismo-, un “potere” da rincorrere, con rischi di

pericolosa saldatura tra cattiva magistratura e cattiva politica, e non una

gravosa responsabilità da assumere.

L’autorevolissimo intervento del Presidente, a dispetto di chi pensa di

minimizzare i fatti con la logica pericolosa del “così fan tutti”, ha

contribuito non solo a differenziare il percorso dei singoli componenti da

quello dell’organo costituzionale, salvaguardandone le prerogative a tutela

dei valori di autonomia e indipendenza che la Costituisce garantisce alla

magistratura nell’interesse della collettività, ma anche a ricordarci che gli

anticorpi necessari perché magistratura e CSM adempiano correttamente

alla loro funzione costituzionale sono all’interno delle istituzioni, nella

nostra professionalità, perché, come diceva Bachelet, è importante che

ognuno di noi faccia bene il proprio lavoro, perché le istituzioni vivono

della qualità degli uomini e donne che le animano.

Confidiamo, allora, che siano definitivamente accantonati i propositi

ricorrenti di “rimediare” alle pretese degenerazioni stravolgendo il quadro

costituzionale (in realtà con il proposito, nemmeno celato, di controllare il

più diffuso organo di garanzia); “rimedi” ben peggiori del “male” che

dicono di voler curare: dal sorteggio dei componenti togati del CSM (che

affidando al caso la composizione di un organo di rilievo costituzionale

umilierebbe i magistrati e demolirebbe definitivamente il principio di

rappresentanza), alla separazione delle carriere (che porterebbe alla

perdita della cultura unitaria della giurisdizione, sostituendo al preteso

“appiattimento” del giudice sulle posizioni dell’accusa, smentito

dall’altissimo tasso di assoluzioni, un ben più rischioso “appiattimento” del

PM sulla logica del successo processuale), all’abbandono del principio di

obbligatorietà dell’azione penale, baluardo dell’eguaglianza dei cittadini.

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Mi piace, per concludere, e per dare il senso dei tanti tasselli di cui abbiamo

parlato, che, tutti insieme, “fanno” la Giustizia, citare le parole che Italo

Calvino, ne “Le Città Invisibili” fa dire a Marco Polo, ricordate

recentemente da un noto attore al termine di un convegno di magistrati:

“Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.

- Ma qual è la pietra che sostiene

il ponte? - chiede Kublai Kan.

- Il ponte non è sostenuto da

questa o da quella pietra, -

risponde Marco, - ma dalla linea

dell'arco che esse formano.

Kublai Kan rimase silenzioso,

riflettendo. Poi soggiunse: - Perché mi

parli delle pietre? è solo dell'arco che

mi importa.

Polo risponde: - Senza pietre non

c'è arco.”

E con questa suggestione continueremo a impegnarci nell’Anno Giudiziario

2020.

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1. Situazione logistica degli uffici giudiziari di

L’Aquila All’attesa risistemazione di tutti gli uffici all’interno dello stabile

ristrutturato non ha fatto purtroppo seguito la soluzione di tutte le criticità

evidenziate negli scorsi anni. Infatti la progettazione del nuovo Palazzo di

Giustizia di L’Aquila, non supportata da un’idonea verifica delle effettive

esigenze funzionali degli uffici giudiziari, ha determinato non poche

difficoltà che gli uffici devono affrontare e, nei limiti del possibile,

risolvere.

In primo luogo la mancata previsione di adeguati spazi da destinare alla

conservazione dei documenti ha determinato, oltre alle difficoltà di

ordinata sistemazione degli archivi correnti, anche l’impossibilità di

riacquisizione di tutti gli atti e fascicoli processuali che sono ancora in

deposito presso l’interporto di Avezzano (ben 800 pedane) e presso alcuni

locali siti in località Bazzano (sede provvisoria di tutti gli uffici giudiziari

aquilani dopo il terremoto del 2009). La realizzazione di spazi di grande

ampiezza destinati ad atri e al passaggio ha, peraltro, pregiudicato la

destinazione delle volumetrie ad uffici, sia per i magistrati e che per il

personale amministrativo, costretti, soprattutto per la Corte e del Tribunale,

a condividere stanze destinate ad ospitare una sola persona.

Persino l’Ufficio Notificazioni e Protesti non ha potuto trovare

sistemazione all’interno del Palazzo, con disappunto della classe forense che

ha giustamente lamentato i conseguenti disagi per recarsi negli uffici di Via

Pile, già destinati, sempre in via provvisoria, alla Corte. Gli spazi che in una

prima assegnazione sembravano idonei ad ospitare l’U.N.E.P. (ipotesi

scartata a seguito di più accurata verifica) sono stati poi assegnati al

Tribunale, ma, a tutt’oggi, non è ancora stato possibile l’allestimento per il

ritardo nell’approvazione dei lavori necessari.

Anche la distribuzione degli spazi fra i vari uffici non risulta ancora ottimale

e risente della perdurante incertezza in ordine al previsto accorpamento

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degli uffici giudiziari infra provinciali, recentemente e ulteriormente

rinviato.

Tutto è fermo, secondo quanto è dato sapere dall’amministrazione comunale

-che riferisce dell’indisponibilità di adeguate risorse economiche e pensa ad

un concorso di idee per una nuova progettazione- anche in ordine alla

sistemazione della vasta area (c.d. “I lotto”) adiacente il Palazzo di

Giustizia, destinata -fin dall’ormai lontano 2007- a parcheggio sotterraneo

multipiano e piazza di accesso al Palazzo di Giustizia.

La permanenza del cantiere (che in realtà tale non è essendo i lavori fermi

da oltre un decennio) e comunque la totale inaccessibilità dell’area, ormai in

grave degrado, continua a porre diversi problemi, limitando la gestione delle

uscite di sicurezza ed impedendo l’accesso all’immobile dall’ala nuova;

permane, infine, il grave vulnus al decoro del nuovo Palazzo e dell’intera

area, centralissima e caratterizzata dalla vicinanza dell’antica cinta muraria,

per il cui pregevole restauro sono state impiegate notevoli risorse pubbliche.

Resta gravoso il problema della manutenzione degli uffici giudiziari,

transitata, com’è noto, dalle amministrazioni comunali direttamente agli

uffici giudiziari per effetto della L.190/2014.

La Corte di Appello, in particolare, nonostante le sue scarse risorse di

personale, è stata gravata da numerose nuove incombenze, con le

conseguenti difficoltà nell’affrontare le numerose problematiche esistenti

che, purtroppo, appaiono talvolta irrisolvibili, nonostante la stabile

interlocuzione tra la Conferenza Permanente e il Provveditorato

Interregionale delle Opere Pubbliche, struttura che deve garantire il

necessario supporto tecnico per le problematiche inerenti l’edilizia

giudiziaria. L’attenzione che la materia richiede, anche in assenza di relativa

cultura degli uffici, e la concorde sollecitazione di tutti i Presidenti di Corte

d’Appello, ha determinato finalmente il Ministero della Giustizia ad istituire

presso la Corte gli attesi ruoli dei profili professionali tecnici (un

funzionario –l’unico già in servizio- e quattro assistenti non ancora

nominati) con l’obiettivo di far fronte alle concrete necessità in tema di

edilizia degli uffici giudiziari ed assicurare il supporto agli uffici periferici

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in materia di gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli

immobili; la mancata copertura dei posti di assistente tecnico, impedisce,

tuttavia, di operare con la necessaria efficacia.

Infine, si deve purtroppo constatare che anche la realizzazione del bar

all’interno dello stabile risulta più lenta del previsto. Sebbene i

rappresentanti del Comune abbiano da tempo fornito assicurazioni in ordine

ai tempi brevi per la conclusione delle procedure burocratiche, si è appreso

recentemente che probabilmente bisognerà attendere almeno fino al

prossimo mese di febbraio prima di consentirne la fruizione agli operatori

della giustizia ed ai numerosi utenti che quotidianamente frequentano il

Palazzo di Giustizia.

2. La Giustizia Civile

2.1 Il quadro normativo.

Il problema dell’efficienza della giustizia civile è sempre all’ordine del

giorno, anche e soprattutto per gli effetti negativi che l’eccessiva durata dei

processi e l’instabilità delle decisioni producono in campo economico,

anche sotto il profilo del disincentivo agli investimenti, soprattutto

dall’estero. In quest’ottica rientra il D. Lgs. 14\2019, che ha introdotto il cd.

“codice della crisi d’impresa”, che tuttavia entrerà in vigore solo nel 2020.

La stagione di riforme avviata negli anni 2016/17 non ha purtroppo avuto

l’esito atteso di un sensibile miglioramento della situazione, forse con

l’eccezione di alcune riforme di settore: penso a quella del rito civile in

Cassazione – legge 197/16- che ha fortemente valorizzato il ruolo del

giudice di legittimità come giudice del precedente e non come giudice di

terza istanza; a quella in materia di Protezione Internazionale -legge 46/17-

che ha escluso l’appello contro le decisioni della Sezione Specializzata in

materia d’immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei

cittadini dell'Unione europea del Tribunale distrettuale, così alleggerendo il

gravoso carico delle Corti d’Appello, ma onerando la Corte di Cassazione di

un numero di ricorsi talmente rilevante da imporre l’adozione di misure

organizzative straordinarie che non pochi problemi hanno prodotto,

soprattutto sotto il profilo del venir meno del principio -fondamentale in

questa materia- della specializzazione.

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Il Presidente del Tribunale di L’Aquila rappresenta che, a dispetto della

diminuzione degli “sbarchi”, rimane comunque elevato il numero dei

procedimenti di nuova iscrizione (871, nei soli primi 10 mesi del 2019), e

che l’applicazione di un Giudice proveniente da altro distretto non è stata

sufficiente a fare fronte a tale mole di lavoro, posto che nello stesso lasso

temporale sono stati definiti 674 procedimenti, e ne restano pendenti 1.636.

A ciò deve aggiungersi che le Commissioni Territoriali continuano a non

essere in grado di eseguire la videoregistrazione dell’esame del richiedente

asilo, per cui il Tribunale è tuttora costretto a tenere sempre l’udienza (la

novella, infatti, consente di seguire il rito camerale non partecipato solo

quando sia disponibile la videoregistrazione).

Più in generale, il Presidente del Tribunale di L’Aquila stigmatizza il fatto

che sempre più frequentemente il Legislatore -seppure in una condivisibile

ottica di maggiore specializzazione dei giudici- tende a concentrare presso i

Tribunali distrettuali la trattazione delle materie che ritiene essere

d’importanza strategica, senza tuttavia preoccuparsi di adeguare le relative

piante organiche.

Per cui, nel tempo, sono stati assegnati al Tribunale distrettuale: il riesame

dei provvedimenti restrittivi della libertà personale (cd. Tribunale del

riesame penale); le cause di risarcimento del danno per inumana detenzione;

il Tribunale per le Imprese; la materia della Protezione internazionale; le

misure di prevenzione in materia penale; dal 2020, infine, quel Tribunale

avrà un ruolo centrale nei procedimenti di composizione delle crisi

d’impresa di tutta la regione Abruzzo.

Quanto alla Corte d’Appello, la riforma della protezione internazionale ha

consentito di azzerare il relativo arretrato, fatta eccezione per un modesto

numero di procedimenti (provenienti da rinvio della Cassazione), quasi tutti

originati dall’iniziale incertezza circa la forma dell’appello (citazione o

ricorso), e dalla conseguente declaratoria d’inammissibilità derivante dalla

loro tardiva iscrizione a ruolo.

Merita un cenno anche il lieve aumento (da 136, nel periodo 1/7/2017-

30/6/2018, a 158, nel periodo in esame) dei ricorsi tesi al conseguimento di

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un indennizzo per l’eccesiva durata dei giudizi (cd. legge Pinto), in parte

riconducibile alla sentenza della Corte Costituzionale n. 88\2018, che ha

reso possibile la proposizione del ricorso anche in pendenza del

procedimento presupposto.

E tale incremento ha probabilmente inciso anche sull’ammontare delle

somme liquidate, che -invertendo in maniera decisa il trend, calante, degli

ultimi anni- sono aumentate, da € 479.524 (nel periodo 1/7/2017-30/6/2018)

a ben € 727.949 nel periodo qui considerato. Dato che deve far riflettere

sull’evidente anomalia sistematica di un rimedio di natura meramente

indennitaria, che consuma notevoli risorse sul piano dell’impegno lavorativo

di magistrati e personale, oltre che su quello economico, ad un problema –

quello dell’eccessiva durata dei procedimenti- che è sistematico e che deriva

anche dalla carenza delle medesime risorse.

Manca qualsiasi dato che dia conto del grado di utilizzo, ed eventualmente

di successo, dell’istituto della negoziazione assistita; mentre la mediazione

civile obbligatoria ha sortito effetti ancora più modesti rispetto al già

deludente risultato degli anni passati: nel periodo in esame sono state

presentate 3.372 domande di mediazione (nell’anno precedente erano state

3.679); e sono stati definiti 3.299 procedimenti (ancora una volta in

diminuzione rispetto ai 3.597 dell’anno precedente).

E’ però interessante indagare il differente grado di fiducia nello strumento

da parte degli avvocati dei diversi Fori abruzzesi, desumibile dalla

percentuale di adesione volontaria alla mediazione: percentuale che va da un

minimo del 2,1%, presso il Tribunale di Avezzano, ad un massimo del 14%,

presso il Tribunale di L’Aquila; con una media dell’8,4%, comunque in

diminuzione rispetto all’anno precedente (quando si era attestata sul 10,8%);

in tutti gli altri casi, viceversa, le domande di mediazione traggono origine

dall’obbligo posto dalla legge, o dalla sollecitazione del Giudice.

Quanto ai risultati, l’accordo è stato raggiunto in 508 procedimenti (pari al

15% del totale delle mediazioni), ancora una volta in diminuzione rispetto

all’anno precedente (quando le definizioni erano state 560, pari al 16% dei

procedimenti iscritti); mentre nel 56% dei casi l’altra parte non è neppure

comparsa.

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Ma una volta che si confronti il dato dei procedimenti definiti grazie alla

mediazione (508, per quanto detto), col numero (12.905) dei procedimenti

contenzioni civili di nuova iscrizione (con esclusione, quindi, dei

procedimenti di volontaria giurisdizione e di lavoro), risulta evidente

l’inadeguatezza dell’istituto a sortire l’effetto deflattivo per il quale è stato

pensato, avendo eliso solo il 3,93% dei procedimenti civili contenziosi

(ancora una volta in diminuzione rispetto all’anno precedente).

Da ultimo, un breve cenno va riservato alla riforma del processo civile

(disegno di legge delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per

la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle

controversie), cui il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera nella seduta

del 5 dicembre 2019, con il dichiarato obiettivo di garantire maggior

efficienza, e quindi un clima più favorevole agli investimenti. L’articolato

contiene disposizioni che appaiono destinate a incidere in modo strutturale

sulla materia del contenzioso civile, ispirate a condivisibili principi di

semplificazione, speditezza, e razionalizzazione delle procedure, nella

garanzia del contraddittorio.

Gli strumenti sembrano quelli di cui si parla da tempo, in termini di “buone

prassi” per la riduzione dei tempi del processo, da realizzare mediante la

compressione dei termini per lo svolgimento delle varie fasi, e l’obbligo, da

parte del giudice -quando provvede sulle istanze istruttorie- di preordinare

un calendario delle udienze; nonché, per le parti, l’obbligo di deposito dei

documenti e degli atti soltanto per via telematica. Nell’intento di tentare di

ridurre le sopravvenienze, è stato ampliato il numero delle controversie nelle

quali è obbligatorio il previo tentativo di risoluzione alternativa, che tuttavia

viene escluso, quale condizione di procedibilità, in settori nei quali,

nonostante le alte aspettative derivanti dalla serialità delle controversie, e

dalla presenza di parti qualificate, la pregressa esperienza è risultata

negativa (responsabilità sanitaria, contratti finanziari, bancari e assicurativi).

L’obiettivo di semplificazione e riduzione dei riti viene perseguito con la

modifica dei casi nei quali è obbligatorio il tentativo di conciliazione, e delle

materie nelle quali la competenza è attribuita al tribunale in composizione

collegiale; con la previsione di un unico procedimento per tutti i giudizi

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contenziosi che si svolgono dinanzi al Giudice monocratico (Tribunale e

Giudice di Pace), con l’introduzione della causa con ricorso, con

l’anticipazione delle fasi di chiamata di terzi nel processo e dei tempi per la

definizione del thema decidendum e del thema probandum; con la

possibilità, data alle parti, di assumere la prova a mezzo di una procedura di

negoziazione assistita.

In tema di scioglimento delle comunioni, dove la mediazione ha dato esiti

positivi, è stato introdotto uno speciale procedimento, condotto da un

professionista -avvocato o notaio, iscritto in uno speciale elenco- con la

previsione che, in ipotesi di esito negativo, la relazione finale stilata dal

mediatore possa essere impiegata come base per il susseguente contenzioso

giudiziale.

Si persegue anche una razionalizzazione in materia di espropriazione

immobiliare, introducendo norme che mirano a tutelare maggiormente il

debitore, con l’obiettivo di ridurre i tempi ed i costi dei procedimenti; deve

rilevarsi, tuttavia, che già la riforma degli artt. 572 e 591 c.p.c., (l.

132\2015) aveva reso più celere la definizione di quelle procedure,

consentendo di ribassare il prezzo posto a base dell’asta in tempi più rapidi

rispetto al passato, così avvicinando nel tempo il momento in cui il bene

acquista appetibilità sul mercato.

Nel complesso, la riforma merita d’essere condivisa, posto che consente –

anche grazie alla proposizione della domanda con ricorso- una notevole

riduzione dei tempi entro i quali, in primo grado, potrà darsi inizio

all’attività di acquisizione della prova: tempi che attualmente variano da un

minimo di sei mesi (dalla data d’iscrizione della causa sul ruolo), dovendo a

tale fine sommarsi i termini di cui agli artt. 163 bis e 183 c.p.c.; fino a più di

un anno, come avviene, ad esempio, quando –dopo che si sia fatto luogo

all’integrazione del contradittorio nei confronti di terzi- alcuni dei chiamati

in causa svolgano domanda di garanzia nei confronti del proprio

assicuratore.

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2.2 Caratteristiche della giustizia civile nel distretto

2.2.1. Uffici di I grado

I Presidenti dei Tribunali riferiscono d’avere fatto fronte alle scoperture

d’organico accentuando il processo di specializzazione, sottoscrivendo

protocolli con gli ordini forensi, affiancando i giudici onorari ai togati, o

addirittura affidando ai giudici onorari i ruoli rimasti scoperti, istituendo

l’Ufficio per il Processo, al cui interno hanno inserito -oltre ai giudici togati

ed onorari ed al personale di Cancelleria- anche i tirocinanti (art. 73 d. l.

69\2013).

Per cui i GOP oggi contribuiscono in maniera apprezzabile alla definizione

delle pendenze, in una percentuale che, ad esempio, presso il Tribunale di

Pescara si attesta sul 30% circa delle sentenze civili, e del 63% circa delle

sentenze penali monocratiche.

Il Tribunale di Pescara ha inoltre sottoscritto convenzioni con le Università

di Pescara e di Teramo, per lo svolgimento di tirocini da parte di laureati.

Sopravvenienze

Nel settore della giustizia civile le sopravvenienze totali (civile

contenzioso, lavoro, previdenza e volontaria giurisdizione) sono in

diminuzione presso quasi tutti gli Uffici: in misura modesta (entro il 5%)

presso i Tribunali di Avezzano, Chieti, Sulmona, Teramo e Vasto, in

misura maggiore presso i Tribunali di Lanciano (- 9,08%) e Pescara (-

7,52%); mentre è ulteriormente aumentata, ed in misura davvero

apprezzabile, la sopravvenienza presso il Tribunale di L’Aquila (+ 16,43%).

Quanto agli Uffici del Giudice di Pace, si assiste alla riduzione dei

procedimenti di nuova iscrizione presso le sedi di Sulmona (- 4%), Lanciano

(-7%), Chieti (-9%), e Teramo (-10%); in contenuto aumento, invece, a

Pescara (+1%), e più apprezzabile a L’Aquila (+ 7%), Vasto (+ 9%), ed

Avezzano (+10%).

Definizioni

In decremento quasi dappertutto il numero delle definizioni totali (civile

contenzioso, lavoro e volontaria giurisdizione): modesto quanto ai Tribunali

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di Chieti (- 0,40%, essendo passate da 4.952 a 4.932), Sulmona (-1,91%, da

1.724 a 1.691), e Teramo (- 2,99%, da 7.738 a 7.506); più accentuato

quanto ai Tribunali di Lanciano (-8,95, da 2.446 a 2.27) ed Avezzano (-

10%, da 3.664 a 3.297).

In controtendenza i Tribunali di L’Aquila (+ 0,49%, da 4.881 a 4.905),

Vasto (+ 2%, da 2.190 a 2.234), e Pescara (+ 3,92, da 9.991 a 10.383).

Quanto agli Uffici del Giudice di Pace, è diminuito ovunque (tra il 4% di

Pescara ed il 35% di Sulmona) il numero dei processi definiti; fanno

eccezione le sedi di Vasto, con un numero di definizioni rimasto stabile,

Avezzano (+ 3%) e L’Aquila (+ 7%).

Arretrato

I flussi fin qui descritti, ed il fatto che quasi tutti i Tribunali definiscono,

ormai, nell’anno un numero di processi che è pari, o superiore, sia rispetto al

numero dei giudizi di nuova iscrizione, che di quelli pendenti, comporta che

le cause che non necessitano d’istruttoria vengano definite tempestivamente.

Di conseguenza i procedimenti pendenti da più tempo sono contrassegnati

dalla necessità di una qualche attività istruttoria, oppure dalla difficoltà di

alienare l’attivo, in relazione ai fallimenti ed alle esecuzioni immobiliari.

Ulteriore conseguenza di quanto fin qui esposto è costituita dal fatto che,

presso quei Tribunali (Chieti, Lanciano, Sulmona e Vasto) non vi sia più

un arretrato immediatamente aggredibile, che possa far conseguire

un’ulteriore riduzione della pendenza: che difatti è rimasta sostanzialmente

stabile (entro un range compreso tra +2% e -2%).

Una notevole riduzione delle pendenze ha conseguito il Tribunale di

Pescara (-15,84%, da 6.896 a 5.803), mentre è aumentata, ed in misura

apprezzabile, la pendenza presso i Tribunali di Avezzano (+ 5,93%, da

2.798 a 2.964), e L’Aquila (+ 17,74%, da 4.530 a 5.334 procedimenti), che

nel periodo sono stati però afflitti da scoperture, in un organico già

sottodimensionato.

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Il numero dei procedimenti pendenti presso gli Uffici civili del Giudice di

Pace è rimasto sostanzialmente stabile nel suo complesso (si è passati da

5.730 a 5.753), ma con apprezzabili differenze tra sede e sede (Pescara e

Lanciano – 16%; Chieti – 6%; L’Aquila stabile; Vasto + 5%; Teramo +

13%; Avezzano + 19%; Sulmona + 20%).

Durata dei procedimenti

In relazione alla durata dei procedimenti, continua la generale tendenza

declinante, che tuttavia può esprimersi solo presso quelle sedi che hanno un

arretrato immediatamente aggredibile, e quindi processi compiutamente

istruiti, che attendono solo d’essere definiti.

Laddove, viceversa, la pendenza si riduca ai soli procedimenti contenziosi

che necessitano d’istruttoria, ed ai giudizi di esecuzione immobiliare e di

fallimento, per i quali è necessario esitare l’attivo, risulta evidente che per il

conseguimento dell’obiettivo della durata infratriennale è necessaria

un’attenzione particolare, ed un continuo monitoraggio della situazione.

Nei fatti, il principio della ragionevole durata del processo risulta

rispettato in relazione alle quasi totalità delle cause di separazione e

divorzio, delle esecuzioni mobiliari e dei procedimenti camerali.

Avuto riguardo, invece, ai procedimenti civili contenziosi diversi da quelli

appena indicati, ai fallimenti ed alle procedure esecutive immobiliari, il

risultato risulta raggiunto, anche per quest’anno, dal solo Tribunale di

Lanciano, presso il quale è del tutto trascurabile il numero di processi di

durata ultratriennale.

Una particolare attenzione tuttavia, va riservata ai processi iscritti da più di

10 anni (da intendersi come giudizi che sono stati iscritti entro il

31\12\2008, oltre al 50% di quelli iscritti nel 2009): 18 presso il Tribunale di

Avezzano, 25 presso quello di L’Aquila, 15 a Pescara, 11 a Vasto, ed

addirittura 204 a Teramo (anche se in diminuzione rispetto all’anno

precedente, quando erano 222); presso gli altri Tribunali, tali procedimenti

non superano il numero di 10.

Dall’esame dei dati fin qui esposti emerge che quasi tutti i Tribunali del

Distretto, ad eccezione di quello di Teramo, definiscono nell’anno un

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numero di procedimenti maggiore, e talvolta doppio rispetto ai processi lì

pendenti da oltre un triennio: per cui sembra possibile conseguire, anche in

tempi brevi, il risultato di ridurre quei giudizi ad un’infima percentuale, a

condizione che si faccia luogo ad un monitoraggio continuo, e che si

appresti una corsia preferenziale che preveda, per quei giudizi, rinvii

ravvicinati e preferenza assoluta al momento della decisione, rispetto ai

processi di più recente iscrizione.

Tale formula organizzativa è già stata adottata da questa Corte d’Appello,

col risultato che, rimanendo invariati i fattori, già nel 2021, e

compiutamente nel 2022, sarà possibile raggiungere il lusinghiero risultato

di definire i processi entro il biennio dalla data d’iscrizione a ruolo.

Per concludere, volendo fornire un quadro d’insieme, riassuntivo del lavoro

svolto dai Giudici del Distretto nel lasso temporale qui considerato, occorre

rilevare che presso la Corte d’Appello sono stati iscritti 2.713 nuovi

procedimenti (di cui 1.481 affari civili contenziosi; 863 giudizi in materia di

lavoro e previdenza, e 369 procedimenti di volontaria giurisdizione); ne

sono stati definiti 3.820 (di cui 2.519 affari civili contenziosi; 916 giudizi in

materia di lavoro e previdenza, e 385 procedimenti di volontaria

giurisdizione); restano pendenti 6.010 processi (di cui 5.175 affari civili

contenziosi; 715 giudizi in materia di lavoro e previdenza, e 120

procedimenti di volontaria giurisdizione).

Presso gli otto Tribunali del Distretto sono stati iscritti 36.921 nuovi

procedimenti (di cui 12.905 affari civili contenziosi; 7.660 giudizi in

materia di lavoro e previdenza, 9.520 procedimenti sommari, e 6.836

procedimenti di volontaria giurisdizione); ne sono stati definiti 37.175 (di

cui 12.843 affari civili contenziosi; 8.003 giudizi in materia di lavoro e

previdenza, 9.456 procedimenti sommari, e 6.873 procedimenti di

volontaria giurisdizione); restano pendenti 31.902 processi (di cui 22.973

affari civili contenziosi; 5.296 giudizi in materia di lavoro e previdenza,

1.764 procedimenti sommari, e 1.869 procedimenti di volontaria

giurisdizione).

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Da ultimo, presso gli Uffici del Giudice di Pace sono stati iscritti 16.066

nuovi procedimenti civili; ne sono stati definiti 16.280, e ne restano

pendenti 5.753.

Fig. 1 - Riepilogo contenzioso civile del Distretto

2.2.2. La Sezione Civile della Corte d’Appello

La Sezione Civile della Corte d’Appello continua lo spoglio preventivo di

tutti i fascicoli di nuova iscrizione, che consente d’individuare, fissare e

decidere entro un breve lasso temporale gli appelli inammissibili (perché

tardivi, o perché non rispettano i canoni formali prescritti dal novellato art.

342 c.p.c.), quelli improcedibili (art. 348 c.p.c., perché l’appellante s’è

costituito in ritardo), quelli che non presentano una ragionevole probabilità

d’essere accolti (art. 348 bis c.p.c.), e le cause di pronta soluzione.

Lo spoglio consente inoltre di attribuire a ciascuna causa uno specifico

valore ponderale, così da assegnare ai Giudici Ausiliari soltanto quelle che

richiedono un impegno minore nello studio e nella redazione della

motivazione, sì da facilitare il raggiungimento dell’obiettivo minimo di

rendimento, stabilito dal legislatore nella misura di 90 sentenze annue.

La Corte d’Appello ha registrato una notevolissima riduzione delle

sopravvenienze rispetto allo scorso anno (- 18,65%), per la gran parte

dovuta al crollo degli appelli in materia di protezione internazionale.

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Ed una volta che tali cause sono contrassegnate da una certa serialità, e da

una minore difficoltà media, alla diminuzione degli appelli in materia di

protezione internazionale ha fatto seguito una riduzione dei procedimenti

contenziosi definiti nell’anno (passati da 2.787 a 2.519, con una riduzione

del 9,6%).

Riduzione che, tuttavia, non ha interrotto il processo di contenimento

dell’arretrato, essendo le pendenze diminuite del 16,58% (i procedimenti

contenziosi civili sono infatti diminuiti da 6.204 a 5.175).

Quanto alla volontaria giurisdizione, viceversa, i procedimenti vengono

fissati immediatamente, e definiti, di norma, nel lasso di un semestre: per

cui il ricambio è continuo, ed il numero dei fascicoli definiti (385, nel

periodo qui considerato) è sostanzialmente pari a quello di processi

sopravvenuti (369).

In conclusione: nell’anno sono stati definiti 2.519 procedimenti civili

contenziosi (con una media di 197 per magistrato “full time equivalent”);

non esistono pendenze ultradecennali; e si è continuato a definire entro

l’anno dall’iscrizione a ruolo i procedimenti che, con il DOG, sono stati

individuati come meritevoli di trattazione prioritaria (procedimenti in

materia di minori, di protezione internazionale ed in materia agraria; cause

di separazione e di divorzio; reclami contro le sentenze di fallimento; cause

di rinvio dalla Cassazione e di revocazione, ricorsi “Pinto”, e tutta la

volontaria giurisdizione).

Tali risultati hanno consentito alla Sezione civile della Corte d’Appello di

L’Aquila di collocarsi, per l’anno 2018, al terzo posto in Italia tra le Corti

più virtuose, con un indice di ricambio (rapporto tra processi definiti e di

nuova iscrizione) pari ad 1,37.

Risultato che nell’anno non solare qui in esame è ulteriormente migliorato,

passando ad un indice di ricambio di 1,72, con un indice di smaltimento di

0,32.

A febbraio del 2019 la sezione civile della Corte ha sottoscritto un

Protocollo con i Consigli degli Ordini del distretto, teso a migliorare l’uso

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del PCT, mediante l’incentivazione dell’uso di “links”, che dal testo

dell’atto rimandino direttamente al documento richiamato; con l’invito a

rendere immediatamente comprensibile il contenuto dei documenti

depositati telematicamente; e con l’obiettivo di elaborare un modello

condiviso degli scritti difensivi e delle sentenze, ispirato a criteri di sintesi e

di chiarezza espositiva, in coerenza con le indicazioni venute dal CSM.

E’ stata pure attuata la redazione dei verbali d’udienza in forma telematica,

ma è emersa la necessità di tempi assai più lunghi, che ne sconsigliano

l’adozione, almeno in relazione alle udienze contenziose, nelle quali sono

fissati, in media, 80/100 procedimenti.

Fig. 2 - Riepilogo procedimenti contenzioso ordinario Corte di appello

2. 3 Lavoro, previdenza ed assistenza

2.3.1 il quadro normativo

In un diritto del lavoro teso a soddisfare una esigenza di maggiore

flessibilità, al fine di trovare il necessario contemperamento tra la tutela dei

diritti del lavoratore e le esigenze datoriali correlate ad una duratura

situazione di difficoltà delle imprese, sono via via aumentati la tipologia ed

il livello di difficoltà delle controversie. Al tradizionale contenzioso

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lavoristico (impugnative di licenziamento, cause per differenze retributive,

rivendicazione di superiore inquadramento professionale, risarcimento del

danno per malattia professionale o infortunio sul lavoro, etc.), si sono

affiancate altre tipologie di contenzioso (sia nel lavoro privato, che nel

pubblico impiego), aventi ad oggetto domande di riqualificazione di rapporti

giuridici scaturenti da contratti flessibili, domande di risarcimento del danno

da mobbing e demansionamento, impugnazione di procedure concorsuali,

lavoro precario, ed altro ancora. È altresì sempre più elevato il livello di

incidenza delle fonti sovranazionali sulle decisioni del giudice interno,

soprattutto in materia di precariato.

Anche per le impugnative di licenziamento, dopo l’introduzione del rito

Fornero (peraltro già abrogato con riguardo ai contratti di lavoro a tutele

crescenti), e con la previsione di un articolato sistema di graduazione delle

tutele (dapprima con la Legge n.92/2012, poi con il Jobs Act), si prospetta

l’insorgenza di una serie di nuovi problemi processuali e sostanziali.

Peraltro, va detto che a tutt’oggi non sono ancora verificabili gli effetti delle

novità introdotte dal Jobs Act che, nei suoi otto decreti legislativi, spazia dai

rapporti di lavoro propriamente detti, ai rapporti previdenziali, fino alla

disciplina degli aspetti "pubblicistici" del lavoro, relativi al controllo, alle

politiche di sviluppo, alla semplificazione degli adempimenti a carico di

cittadini od imprese.

Con particolare riguardo al contratto a tempo indeterminato a tutele

crescenti, disciplinato dal d.lgs. 23/15, e che riguarda coloro che vengono

assunti dal 7 marzo 2015 (ad esclusione dei dirigenti), l'unica tutela prevista,

in caso di assenza di giustificato motivo o giusta causa, è quella economica

(rapportata, nella sua determinazione, all'anzianità di servizio del

licenziato). Il che, in linea generale, ha determinato una tendenza ad una

riduzione delle sopravvenienze per tali tipologie di controversie, risultando

sicuramente meno appetibile una tutela economica, rispetto a quella

reintegratoria (piena o attenuata) precedentemente prevista.

Viene anche semplificato il rito per questo nuovo tipo di licenziamenti,

almeno in primo grado, atteso che, laddove era prevista la ridondante

scansione processuale del “rito Fornero”, articolato in due fasi di primo

grado (fase sommaria ed opposizione), si sostituisce un procedimento più

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snello e per certi versi anche semplificato, tenuto conto del fatto che, in caso

di declaratoria di licenziamento illegittimo, viene demandato al giudice solo

un calcolo aritmetico sulla base di criteri predeterminati ex lege.

Gli effetti del Jobs Act, tuttavia, si sono allo stato realizzati solo in parte,

atteso che per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 continua a trovare

applicazione il “rito Fornero” con la conseguenza che, allo stato, si è

determinato una sorta di doppio binario, stante la convivenza di procedure di

impugnazione di licenziamento disciplinate dalla riforma del 2015 (che allo

stato riguarda un numero circoscritto di lavoratori) e quelle disciplinate dalla

legge 92/2012, molto più variegate nelle soluzioni sotto il profilo sostanziale

e più farraginose sotto quello processuale.

Quanto alle riforme più recenti, va detto che il legislatore è intervenuto sul

diritto del lavoro sostanziale con profonde riforme (dal d.lgs. n. 81 del 2015

alla legge n. 81 del 2017), le quali hanno inciso, in via oltremodo

significativa, sulle nozioni stesse di autonomia e subordinazione. Da un lato,

emerge la volontà dichiarata del legislatore di rendere il rapporto di lavoro

subordinato più flessibile, maggiormente adattabile alle esigenze datoriali ed

al mutato contesto economico e sociale; dall’altro, vi è una presa d’atto

dell’inarrestabile progresso tecnologico e dell’inevitabile impatto sul

sinallagma, sul contenuto e sulle modalità di estrinsecazione delle tipiche

obbligazioni del rapporto. Ne è conseguito che la distinzione tra autonomia

e subordinazione è oggi divenuta molto più sfumata, rendendo così più

complessa la verifica della genuinità dell’assetto giuridico scelto dalle parti.

Con l’art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, in particolare, il legislatore ha sancito

l’appartenenza all’ambito dell’autonomia delle collaborazioni

prevalentemente personali organizzate dal committente “con riferimento ai

tempi e al luogo di lavoro”, prevedendo tuttavia al contempo che alle stesse

si applichi “la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”. Per contro,

con la legge n.81/2017 è stata prevista, “quale modalità di esecuzione del

rapporto di lavoro subordinato”, una organizzazione della prestazione “per

fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro”

(c.d. “lavoro agile”, detto anche smart working, consistente in una modalità

organizzativa del lavoro da svolgersi in parte in azienda ed in parte in altri

luoghi). Inoltre, con l’art.1 del D.L. n.101/2019, convertito in legge

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n.128/2019 la disciplina sulle collaborazioni personali organizzate dal

committente (con le garanzie del lavoro subordinato) è stata estesa anche

alle ipotesi in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano

eteroorganizzate mediante piattaforme digitali, in cui il rapporto viene

gestito tramite una applicazione ed un computer. Emblematico, in tale

contesto, è il caso dei c.d. Riders, intendendosi per tali i fattorini addetti alla

consegna del cibo a domicilio, in bici o in motorino, eteroorganizzati

digitalmente a mezzo di una applicazione su smartphone, sulla cui natura

del rapporto di collaborazione si attende l’imminente pronunciamento della

Suprema Corte.

Sotto altro profilo, va evidenziato che il D.L. n. 87/2018 (c.d. Decreto

Dignità), convertito in legge n.96/2018, ha introdotto importanti novità in

materia di contratti a tempo determinato. Uno degli aspetti principali della

riforma à rappresentato dalla modifica dell'art.19, primo comma, del d.lgs.

81/2015, il quale prevede che la stipula di un contratto di lavoro a tempo

determinato "acausale" possa avvenire solo ed esclusivamente per un periodo di

durata non superiore ai 12 mesi e che il contratto a termine possa avere una

durata superiore ai 12 mesi (ma comunque non oltre i 24 mesi) solo in presenza

di specifiche esigenze temporanee ed oggettive, estranee all'ordinaria attività,

ragioni sostitutive o esigenze connesse ad incrementi temporanei,

significativi e non programmabili dell’attività ordinaria. Viene inoltre

ridotta la durata massima dei contratti a tempo determinato a 24 mesi,

rispetto ai 36 mesi precedentemente previsti dal d.lgs n. 23/2015 (cd. Job

Act). Peraltro, l'art.1, primo comma, lettera c), del D.L. n. 87/2018 ha

ampliato i termini di impugnazione del contratto a tempo determinato, che

sono passati da 120 giorni a 180 giorni dalla cessazione del singolo

contratto. Il D.L. 87/2018, nel testo risultante dalle modifiche ed integrazioni

apportate dalla legge di conversione, è intervenuto anche nella materia della

tutela dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo, prevedendo un

incremento dei valori minimo e massimo dell'indennizzo conseguente alla

sentenza dichiarativa dell'illegittimità del licenziamento per giusta causa o

giustificato motivo oggettivo o soggettivo, attraverso l'incremento del range

degli importi riconoscibili dal Giudice.

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Nella materia della tutela dei lavoratori in caso di licenziamento, inoltre,

deve segnalarsi l'intervento della Corte Costituzionale che, con sentenza n.

194/2018 (depositata in data 08.11.2018), ha dichiarato l'illegittimità

costituzionale dell'art.3, primo comma, del d.lgs n.23/2015 (c.d. Jobs Act),

nella parte in cui prevede che l'indennità di licenziamento sia commisurata

esclusivamente rispetto all'anzianità di servizio (criterio rigido, ritenuto non

rispettoso del principio di ragionevolezza).

Deve segnalarsi, infine, come la legge di conversione del D.L. 87/2018 abbia

previsto la reintroduzione dei c.d. voucher, che potranno essere utilizzati, per

un massimo di 10 giorni, dalle aziende agricole e dalle imprese alberghiere con

massimo 8 dipendenti, oltre che come forma di pagamento per il lavoro di

pensionati, disoccupati, studenti fino a 25 anni e percettori di forme di sostegno

al reddito.

Allo stato non è possibile valutare gli effetti concreti di tali riforme sul

contenzioso lavoristico del distretto, dal momento che non si segnalano

iscrizioni di procedimenti aventi ad oggetto collaborazioni eteroorganizzate,

smart working ovvero contratti a termine o licenziamenti cui sia applicabile

la disciplina citata.

Per quanto riguarda il giudizio di appello, non ha avuto una decisiva

funzione deflattiva il cd. “filtro” (sia ex art.348 bis c.p.c., sia ex art.434

c.p.c.), che viene utilizzato esclusivamente per questioni di natura “seriale”

ed in cui la giurisprudenza (anche di vertice) può ritenersi consolidata. Si

tratta però di un numero ristretto di cause, rilevandosi invece sempre più

frequentemente nuovi filoni di problematiche sia nel lavoro privato che nel

pubblico impiego.

2.3.2 Settore Lavoro: i Tribunali del distretto.

La situazione delle controversie di lavoro e previdenza nei Tribunali del

distretto, con riferimento al periodo 01/07/2018-30/06/2019, è caratterizzata

da una modesta riduzione della pendenza complessiva (-5,8%), ma con un

andamento assai differente tra i vari Tribunali abruzzesi.

Tribunale Pendenti al Pendenti al Variazione

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50

30.06.20181 30.06.2019 percentuale

Avezzano 741 840 +13,3%

Chieti 491 446 -9,1%

L’Aquila 488 635 +30,1%

Lanciano 388 422 +8,7%

Pescara 918 790 -13,9%

Sulmona 315 331 +5%

Teramo 1.872 1.431 -23,5%

Vasto 412 401 -2,6%

TOTALE 5.625 5.296 -5,8%

I dati sopra riportati confermano la sussistenza di una forte sperequazione

tra la pendenza dei vari tribunali abruzzesi. Il Tribunale di Teramo ha

tuttora un numero di procedimenti pendenti (n.1.431) assai superiore ai

Tribunali di Avezzano (n.840), di Pescara (n.790) e di L’Aquila (n.635),

che registrano a loro volta un numero di procedimenti pendenti assai

superiore rispetto a quello di tutti gli altri tribunali abruzzesi, che seguono

ordini di grandezza del tutto differenti (dai 446 procedimenti pendenti del

Tribunale di Chieti ai 331 del Tribunale di Sulmona).

840

446

635

422

790

331

1431

401

0

500

1000

1500

Pendenti al 30.06.2019

Trib. Avezzano

Trib.Chieti

Trib.L'Aquila

Trib.Lanciano

Trib.Pescara

Trib.Sulmona

Trib.Teramo

Trib.Vasto

Fig. 3 - Procedimenti pendenti Tribunali Distretto al 30.06.2019

Anche la variazione percentuale della pendenza rispetto a quella

dell’anno precedente manifesta nel distretto situazioni assai differenziate tra

1 Dato estrapolato dalla relazione inaugurale per l’anno giudiziario 2019.

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51

loro, atteso che, mentre alcuni Tribunali (Teramo, Pescara e Chieti) hanno

registrato un considerevole abbattimento della pendenza (rispettivamente

del 23,5%, del 13,9% e del 9,1%), tra gli altri Tribunali solo quello di Vasto

ha registrato un andamento positivo (-2,6%), mentre i rimanenti Uffici

hanno tutti registrato incrementi percentuali (anche notevoli) della pendenza

(spiccano il +30,1% di L’Aquila ed il +13,3% di Avezzano). Nell’ultimo

anno giudiziario, come risulta dal grafico che segue, si è quindi registrato

un fenomeno tendenzialmente diversificato tra i Tribunali più grandi (in

cui la pendenza tende a diminuire) e quelli più piccoli (in cui, al contrario,

la pendenza è in aumento).

13,30%

-9,10%

30,10%

8,70%

-13,90%

5%

-23,50%

-2,60%

-30,00%

-20,00%

-10,00%

0,00%

10,00%

20,00%

30,00%

40,00%

Variazione della pendenza

Trib. Avezzano

Trib.Chieti

Trib.L'Aquila

Trib.Lanciano

Trib.Pescara

Trib.Sulmona

Trib.Teramo

Trib.Vasto

Fig. 4 - Variazione percentuale della pendenza dal 30.06.2018 al

30.06.2019

Per quanto riguarda la stratificazione della pendenza per anno di iscrizione a

ruolo, l’arretrato ultratriennale risulta quasi del tutto assente nel

Tribunale di Chieti (l’unico in linea con i parametri di cui alla legge Pinto)

ed è contenuto in termini sostanzialmente fisiologici nei Tribunali di

L’Aquila, Lanciano, Pescara, Sulmona e Vasto, i cui procedimenti

ultratriennali sono limitati a poche unità. Meno positiva la situazione del

Tribunale di Avezzano (ove risultano pendenti 95 procedimenti

ultratriennali) e, soprattutto, del Tribunale di Teramo (ove risultano tuttora

pendenti ben 320 procedimenti ultratriennali).

Per i flussi in entrata, nell’anno giudiziario 2018/2019 si è registrata una

considerevole contrazione delle sopravvenienze complessive del distretto (-

5,6%) ed una diminuzione generalizzata dei flussi in entrata nei singoli

Tribunali, con la sola eccezione del Tribunale di L’Aquila, che è andato in

controtendenza (+19,8%).

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52

In termini assoluti, peraltro, la situazione del distretto continua ad essere

assai sperequata, atteso che, a fronte di tribunali che hanno registrato un

numero di sopravvenienze assai elevato (in primis Pescara e Teramo, e, a

seguire, L’Aquila e Chieti), gli altri uffici si sono attestati su valori assai

inferiori.

722

1090 1113

540

1699

408

1573

515

0

500

1000

1500

2000

Flussi in Entrata

Trib. Avezzano

Trib.Chieti

Trib.L'Aquila

Trib.Lanciano

Trib.Pescara

Trib.Sulmona

Trib.Teramo

Trib.Vasto

Fig. 5 - Flussi in Entrata Tribunali 2018/2019

Le definizioni sono risultate in modesta contrazione complessiva (-5,1%). I

dati statistici confermano la sussistenza di una forte sperequazione tra la

resa definitoria dei vari tribunali abruzzesi, che è in aumento nei Tribunali

2 Dato estrapolato dalla relazione inaugurale per l’anno giudiziario 2019.

Tribunale Sopravvenuti

2017-20182

Sopravvenuti

2018-2019

Variazione

percentuale

Avezzano 803 722 -10,1%

Chieti 1.126 1.090 -3,2%

L’Aquila 929 1.113 +19,8%

Lanciano 625 540 -13,6%

Pescara 2.042 1.699 -16,8

Sulmona 416 408 -2%

Teramo 1.616 1.573 -2,6%

Vasto 555 515 -7,2%

TOTALE 8.112 7.660 -5,6%

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53

di Chieti e Vasto, stazionaria nei Tribunali di L’Aquila, Sulmona e Teramo

ed in diminuzione nei Tribunali di Avezzano, Lanciano e Pescara.

Tribunale Definiti 2017-20183 Definiti 2018-2019 Variazione

percentuale

Avezzano 691 626 -9,4%

Chieti 1.094 1.137 +3,9%

L’Aquila 960 956 -0,4%

Lanciano 589 509 -13,6%

Pescara 2.218 1.831 -17,4%

Sulmona 391 392 +0,2%

Teramo 2.033 2.028 +0,2%

Vasto 457 524 +14,6%

TOTALE 8.433 8.003 -5,1%

Meritano peraltro di essere sottolineate le elevate performances dei

Tribunali di Chieti, Pescara e Teramo, non senza aver però puntualizzato

che il dato è inevitabilmente influenzato dal differente numero di giudici

assegnati al settore lavoro nei vari uffici del distretto. Infatti, presso il

Tribunale di Teramo le controversie di lavoro e previdenza sono state

assegnate a tre giudici togati (due di organico ed uno aggiunto

tabellarmente, con l’ulteriore ausilio di giudici onorari), presso i Tribunali

di Pescara e Chieti i giudici del lavoro togati di organico sono due (con

l’aggiunta di un giudice onorario a Pescara), mentre i rimanenti tribunali

prevedono un solo giudice del lavoro (ed anche con funzioni promiscue

negli uffici più piccoli).

3 Dato estrapolato dalla relazione inaugurale per l’anno giudiziario 2019.

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626

1137956

509

1831

392

2028

524

0

500

1000

1500

2000

2500

Definizioni 2018/2019

Trib. Avezzano

Trib.Chieti

Trib.L'Aquila

Trib.Lanciano

Trib.Pescara

Trib.Sulmona

Trib.Teramo

Trib.Vasto

Fig. 6 - Definiti Tribunali 2018/2019

Conclusivamente, i dati statistici confermano un trend positivo per l’anno in

valutazione, con consolidamento dei miglioramenti registrati negli anni

precedenti, sia in termini di abbattimento della pendenza, sia in ordine alla

produttività complessiva del distretto. In prospettiva, si ritiene che possa

prevedersi un ulteriore miglioramento delle performances dei Tribunali

abruzzesi, sia in termini di resa definitoria, che con riguardo

all’abbattimento dell’arretrato ed alla diminuzione dei tempi di durata media

dei procedimenti.

2.3.3. Settore Lavoro: la Corte di Appello.

La Sezione Lavoro della Corte di Appello di L’Aquila vanta in assoluto

condizioni di operatività ottimali: la pianta organica (4 consiglieri, oltre al

presidente) è interamente coperta da anni, la sopravvenienza è

considerevolmente diminuita, la resa definitoria è stata, come sempre,

eccellente. Proprio per tali ragioni, fatta la doverosa comparazione con i

carichi di lavoro della Sezione Civile e considerata la costante sofferenza in

cui questa continua a versare, a far tempo dal marzo del 2016 uno dei

consiglieri della sezione è assegnato in via esclusiva alla Sezione Civile.

Nell’ultimo Anno Giudiziario è stata confermata la tendenza alla riduzione

delle pendenze: da n.771 procedimenti pendenti al 30/06/2018 si è scesi a

n.713 pendenze al 30/06/2019 (-7,5%). Tale tendenza, costante negli ultimi

anni, è ben illustrata nella tabella che segue, in cui viene descritto l’intero

flusso dei procedimenti negli ultimi cinque anni giudiziari.

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Controversie

in Materia di

Lavoro e

Previdenza

Anno

Giudiziario

2014/2015

Anno

Giudiziario

2015/2016

Anno

Giudiziario

2016/2017

Anno

Giudiziario

2017/2018

Anno

Giudiziario

2018/2019

Pendenti

Iniziali

1.498 1.275 987 784 771

Sopravvenuti 1.118 1.079 971 864 863

Definiti 1.340 1.368 1.177 877 916

Pendenti

Finali

1.275 987 784 771 715

Il grafico che segue sottolinea la costante e sempre più marcata riduzione

della pendenza della Sezione Lavoro, che nell’arco dell’ultimo quadriennio

si è praticamente dimezzata (-44% dal 30.06.2014 al 30.06.2019; -7,2%

solo nell’ultimo anno).

1498 1275989

783 771 715

0

500

1000

1500

Pendenza

30.06.2014

Pendenza

30.06.2015

Pendenza

30.06.2016

Pendenza

30.06.2017

Pendenza

30.06.2018

Pendenza al

30.06.2019

Pendenti

\

Fig. 7 - Pendenza Complessiva

Quanto alla ripartizione per materia, la attuale pendenza complessiva risulta

composta per il 51,6% da controversie in materia di lavoro privato e

pubblico impiego e per il rimanente 48,4% da controversie in materia di

previdenza ed assistenza obbligatorie.

Per quanto riguarda la stratificazione della pendenza per anno di iscrizione a

ruolo, l’arretrato ultrabiennale (una causa iscritta nel 2016 e n°15 cause

iscritte nel 2017) risulta contenuto in termini del tutto fisiologici ed è stato

pressoché eliminato nel secondo semestre 2019.

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Pendenza per anno di iscrizione 2019 2018 2017 2016 2015 2014

TOTALE al 30.06.2019: n.715 382 317 15 1 - -

Per quanto riguarda le sopravvenienze, dopo una serie di annualità

caratterizzate da una forte diminuzione complessiva (-23% nell’ultimo

quinquennio), nell’ultimo anno giudiziario i flussi in entrata sono rimasti

sostanzialmente stabili (n.864 nel 2017/2018 e n°863 nel 2018/2019).

1118 1079971

864 863

0

200

400

600

800

1000

1200

2014-2015 2015-2016 2016-2017 2017/2018 2018/2019

Sopravvenuti

Fig. 8 - Flussi in Entrata Complessivi

Nell’ultimo anno giudiziario, i flussi in entrata si sono distribuiti in misura

del 60% in materia di lavoro privato e pubblico impiego e del 40% in

materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Le definizioni sono risultate in lieve incremento (n.916 procedimenti

definiti quest’anno contro gli 877 dell’anno precedente).

1340 1368

1177

877 916

0

500

1000

1500

2014-2015 2015-2016 2016-2017 2017-2018 2018/2019

Definiti

Fig. 9 - Definiti Complessivi

Quanto alla ripartizione per materia, nell’ultimo anno, le definizioni sono

state del 62% in materia di lavoro privato e pubblico impiego e del 38% in

materia previdenziale.

LAVORO

Analizzando specificamente il settore delle controversie individuali di

lavoro (sia in materia di lavoro privato, che per il pubblico impiego), è da

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57

registrare una considerevole riduzione delle pendenze (-67,6% nel

quinquennio; -12% nell’ultimo anno), mentre nell’ultimo anno i flussi in

entrata sono lievemente aumentati (+5,3%).

Controversie

Individuali di

Lavoro

Anno

Giudiziario

2014/2015

Anno

Giudiziario

2015/2016

Anno

Giudiziario

2016/2017

Anno

Giudiziario

2017/2018

Anno

Giudiziario

2018/2019

Pendenti

Iniziali

1.136 1017 678 457 419

Sopravvenuti 804 705 603 489 515

Definiti 923 1044 826 522 566

Pendenti

Finali

1017 678 457 419 368

Le pendenze, come si è detto, sono in diminuzione (368 pendenze finali

quest’anno contro le 424 dell’anno precedente).

11361017

678

457 424 368

0

200

400

600

800

1000

1200

Pendenza

30.06.2014

Pendenza

30.06.2015

Pendenza

30.06.2016

Pendenza

30.06.2017

Pendenza al

30.06.2018

Pendenza al

30.06.2019

Pendenti Lavoro

Fig. 10 - Pendenti Lavoro

Dai dati statistici in possesso dell’Ufficio emerge che, quanto alla

stratificazione della pendenza per anno di iscrizione a ruolo, l’arretrato

ultrabiennale in materia di lavoro (n°4 cause iscritte nel 2017 ed una

soltanto nel 2016) risulta contenuto in termini del tutto fisiologici ed è stato

pressoché eliminato nel secondo semestre 2019.

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58

222

141

4 1

368

0

100

200

300

400

2019 2018 2017 2016 TOTALE

2019

2018

2017

2016

TOTALE

Fig. 11 - Lavoro - Pendenza per anno di iscrizione

I flussi in entrata, come si è detto, sono in leggera risalita (n°515

procedimenti iscritti quest’anno contro i 489 dell’anno precedente).

705602

489 515

0

200

400

600

800

Sopravvenienze

2015-2016

Sopravvenienze

2016-2017

Sopravvenienze

2017-2018

Sopravvenienze

2018-2019

Fig. 12 - Flussi in Entrata Lavoro

Le definizioni sono invece in leggero incremento (566 definiti quest’anno

contro i 522 dell’anno precedente).

1044

824

522 566

0

200

400

600

800

1000

1200

Definiti 2015-2016 Definiti 2016-2017 Definiti 2017-2018 Definiti 2018-2019

Fig. 13 - Definiti Lavoro

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L’indice di durata media dei procedimenti si attesta ad un valore di 314

giorni (316 per le cause definite con sentenza), ed è quindi sensibilmente

inferiore a quello registrato nell’anno precedente, che era di 376 giorni (380

per le cause definite con sentenza).

L’indice di ricambio, come è noto, mette in rapporto il numero di

procedimenti definiti con il numero di nuovi procedimenti iscritti nello

stesso anno. Il valore di 1,1%, superiore al valore di “1” (che rappresenta

una situazione di perfetta parità tra sopravvenienze e definizioni), costituisce

un dato sicuramente positivo, che testimonia come le controversie in materia

di lavoro che vengono definite siano in numero superiore a quelle che

vengono iscritte, con conseguente erosione della pendenza. Infatti, il valore

di 1,1 indica che nel 2018-2019, a fronte di ogni 100 procedimenti iscritti, la

Sezione ne ha definiti 110.

Parimenti positivo è l’indice di smaltimento, che, come è noto, mette in

rapporto il numero di procedimenti esauriti con la somma dei procedimenti

iscritti e dei procedimenti pendenti dagli anni precedenti. Il valore di 61%

mostra che, a fronte di 100 procedimenti pendenti (sia ereditati dall’anno

precedente, che iscritti in corso di anno), la Sezione ne ha definiti ben 61,

dimostrando così una buona capacità di smaltimento della pendenza.

Controvers

ie

Individuali

di Lavoro

Anno

Giudiziar

io

2014/15

Anno

Giudiziar

io

2015/16

Anno

Giudiziar

io

2016/17

Anno

Giudiziar

io

2017/18

Anno

Giudiziar

io

2018/19

Durata

Media

402 348 510 376 314

Indice di

Ricambio

1,15 1,48 1,37 1,07 1,1

Indice di

Smaltimen

to

0,48 0,61 0,64 0,55 0,61

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PREVIDENZA

Con riferimento specifico alle controversie in materia di assistenza e

previdenza obbligatorie, le pendenze, così come i flussi in entrata ed in

uscita, sono rimasti sostanzialmente stabili.

362

258309 326 346 345

0

100

200

300

400

Pendenza

30.06.2014

Pendenza

30.06.2015

Pendenza

30.06.2016

Pendenza

30.06.2017

Pendenza

30.06.2018

Pendenza

30.06.2019

Pendenti Previdenza

Fig. 14 - Pendenti Previdenza

Per quanto concerne la stratificazione della pendenza per anno di iscrizione

a ruolo, relativamente alle cause previdenziali, la pendenza ultrabiennale

(n°11 cause iscritte nel 2017) è pressochè inesistente.

159 175

11

345

0

100

200

300

400

2019 2018 2017 2016 TOTALE

2019

2018

2017

2016

TOTALE

Fig. 15 - Previdenza - Pendenza per anno di iscrizione.

Nell’ultimo anno le sopravvenienze sono state in lieve contrazione (da 375

a 346).

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61

314

374368

375

346

280

300

320

340

360

380

2014-2015 2015-2016 2016-2017 2017-2018 2018-2019

Sopravvenuti Previdenza

Fig. 16 - Flussi in Entrata Previdenza

La resa definitoria è rimasta sostanzialmente invariata (347 procedimenti

definiti quest’anno contro i 355 dell’anno precedente) ed appare ormai del

tutto stabilizzata su valori costanti nel tempo.

417

324 351 355 347

0

100

200

300

400

500

Definiti

2014-2015

Definiti

2015-2016

Definiti

2016-2017

Definiti

2017-2018

Definiti

2018-2019

Definiti Previdenza

Fig. 17 - Definiti Previdenza

L’indice di durata media dei procedimenti si attesta ad un valore di 399

giorni (idem per le cause definite con sentenza), ed è quindi leggermente

superiore rispetto a quello registrato nell’anno precedente, che era di 360

giorni (idem per le cause definite con sentenza).

L’indice di ricambio è del 100%, e fotografa quindi una situazione di

sostanziale parità tra sopravvenienze e definizioni. L’indice di smaltimento

si attesta al 50% (cioè per ogni 100 procedimenti già pendenti ad inizio

anno ovvero iscritti in corso di anno, la Sezione ne ha definiti 50,

dimostrando così una buona capacità di smaltimento della pendenza,

considerato che alle controversie di previdenza viene dedicata una sola

udienza al mese).

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62

Controversie

Previdenziali

Anno

Giudiziario

2014/2015

Anno

Giudiziario

2015/2016

Anno

Giudiziario

2016/2017

Anno

Giudiziario

2017/2018

Anno

Giudiziario

2018/2019

Durata

Media

383 351 359 360 399

Indice di

Ricambio

1,33 0,87 0,95 0,95 1,00

Indice di

Smaltimento

0,62 0,51 0,52 0,51 0,50

Sul piano del contenzioso previdenziale va rilevato che ormai buona parte di

esso è costituito da controversie in tema di obblighi contributivi e di

trattamenti pensionistici non correlate ad accertamenti sanitari. Assai

diminuite (e limitate al solo contenzioso Inail) sono invece le controversie

aventi ad oggetto accertamenti sanitari.

In conclusione, nel periodo di riferimento la Sezione Lavoro della Corte di

Appello di L’Aquila, nonostante alcuni esoneri parziali e la assegnazione di

un Consigliere alla sezione civile, è stata in grado di definire

tempestivamente il contenzioso più urgente ed importante (inibitorie fissate

nell’arco di 30 giorni; reclami “Fornero” fissati entro 60 giorni; cause di

licenziamento e trasferimento fissate in via prioritaria, in media entro 3-4

mesi). Tale risultato è il frutto dell’esecuzione di un puntuale progetto

elaborato dal presidente di sezione, condiviso dai consiglieri, basato

sull’applicazione sistematica di best practices, quali la previsione di pre-

camere di consiglio via e-mail, l’utilizzazione intensivo dell’applicativo

Consolle del Magistrato, il monitoraggio dei flussi di contenzioso, il

costante aggiornamento sugli orientamenti della giurisprudenza di

legittimità e di merito (attività riferite nelle riunioni bimestrali di sezione

tenute a norma dell’art. 47-quater Regio Decreto n. 12 del 1941), la

fissazione di udienze tematiche e l’istruttoria delegata al relatore. Nella

fissazione dei processi è stata seguita la prassi - risultata efficiente ed

efficace - delle c.d. “udienze tematiche” (ad esempio per le controversie in

materia di retribuibilità del c.d. tempo divisa degli infermieri e per alcune

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tipologie di cause previdenziali, come ad esempio gli obblighi di iscrizione

alla Gestione Separata Inps di alcune categorie di liberi professionisti) che

hanno determinato una positiva ricaduta deflattiva del contenzioso e del

carico del ruolo; effetto che potrà verosimilmente verificarsi anche in

conseguenza della fissazione “congiunta” della cause che presentano

questioni di diritto non ancora affrontate dalla giurisprudenza di legittimità

(le c.d. “cause pilota”), ferma restando la generale distinzione tra le cause di

lavoro e quelle di assistenza-previdenza, trattate in udienze dedicate.

Merita di essere sottolineato che nel triennio 2017-2019 i giudici della

Sezione Lavoro della Corte di Appello hanno trattato, per espressa

previsione tabellare all’esito di una valutazione comparativa dei carichi di

lavoro gravanti sulla Sezione Civile, anche le controversie in materia di

locazione, di comodato e di affitto (art.447 bis c.p.c.).

Conclusivamente, emerge dai dati statistici un trend positivo per l’anno in

valutazione con performances migliorative rispetto al precedente anno, sia

in termini di abbattimento della pendenza, sia in ordine alla durata media dei

procedimenti.

3. La Giustizia Penale

3.1. le più recenti novità legislative

Facendo riferimento al panorama degli interventi normativi che hanno

investito il settore penale negli ultimi anni, va segnalata la tendenziale

crescita, se pure non rilevante e di poco superiore a quello dello scorso

anno, dell’istituto della messa alla prova introdotto dalla L. 28 aprile 2014

n. 67, in particolare con riferimento ai procedimenti di primo grado,

confermandosi viceversa la sua limitatissima applicazione in grado di

appello.

Si tratta di richieste che generalmente vengono avanzate da imputati che non

possono beneficiare della sospensione condizionale della pena a causa di

precedenti ostativi.

Peraltro, in ordine all’applicazione di detto istituto, segnala il Presidente del

Tribunale di Pescara lo sforzo dell’ufficio di estendere le convenzioni con

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gli enti per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità in quanto persiste il

problema di richieste superiori rispetto ai limiti dei posti previsti dalle

convenzioni in atto, il che conferma che l’istituto può avere maggiore

applicazione, così assolvendo alla sua funzione non solo deflattiva ma anche

di “riparazione”, in favore della collettività, del vulnus alle regole della

civile convivenza inferto dal reato.

Un decisivo aumento rispetto agli anni passati hanno avuto le definizioni per

la causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” introdotto

dal D. Lgs 16 marzo 2015, n. 28 anche nella fase di appello.

Dal Tribunale di Pescara è segnalata una consistente e maggiore

applicazione dell’istituto nella fase delle indagini preliminari con

definizione dei procedimenti con decreto di archiviazione.

In tal senso il Presidente del Tribunale ha interpretato la contrazione delle

definizioni dei processi con tale formula (n. 26 rispetto alle 126 definizioni

dell’anno precedente) e tale indicazione proviene anche dal Procuratore

della Repubblica che riferisce di n. 116 le richieste di archiviazione per detta

causa di non punibilità, con un costante aumento nel corso degli anni (nel

2014-2015 le richieste erano state solo 31).

Il Procuratore Generale ha in tal senso ugualmente evidenziato che,

diversamente da quanto relazionato nel 2018, in maniera sempre più ampia

l'istituto inizia a comportare una significativa definizione dei procedimenti,

specie nella fase di conclusione delle indagini preliminari.

Nessuna utile incidenza per le definizioni dei procedimenti è derivata invece

dall'istituto della estinzione del reato per condotte riparatorie ex art 162

ter cp che ha trovato applicazione unicamente presso il Tribunale di Pescara

in n 4 processi ed in 2/3 processi presso il Tribunale di Lanciano;

praticamente nulla è stata l’applicazione di detto istituto presso gli altri

Tribunali.

Quanto alle modifiche dei reati procedibili a querela di parte introdotte dal

d.lvo n 36/18 gli effetti deflattivi sui processi in corso sono stati minimi,

dato che quasi sempre la persona offesa ha sporto querela nel termine

concesso dal giudice ai sensi dell’art 12 d.lvo citato.

Nel panorama delle definizioni per il settore monocratico si conferma che

l’intervento di depenalizzazione di cui ai decreti legislativi nn. 7 ed 8 del

15.01.2016 continua ad avere un più che significativo impatto deflattivo

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tanto che, nonostante si sia giunti a quasi un quadriennio dalla entrata in

vigore, numerosi sono i procedimenti penali definiti a seguito della

applicazione di dette norme, sia in fase di cognizione che in fase esecutiva.

Si segnala a tal proposito l’utile iniziativa del Procuratore della Repubblica

di Vasto che ha impartito linee guida ai magistrati dell’ufficio, alla P.G. ed

al personale amministrativo con indicazioni operative per la più rapida

trattazione e definizione dei procedimenti riguardanti le fattispecie oggetto

dell’intervento di depenalizzazione.

Nessuna incidenza processuale ha avuto allo stato la riforma dell’istituto

della legittima difesa, a conferma del valore più simbolico che effettivo

della stessa (già evidenziata lo scorso anno), mentre, con riferimento alle

nuove previsioni del c.d.“ Codice Rosso” in materia di reati c.d. di genere

(legge n. 69/2019) i termini di maggiore speditezza che riguardano la fase

delle indagini non sono ancora apprezzabili, anche perché gli uffici

giudiziari, in adesione alle linee guida adottate dal CSM lo scorso anno,

avevano già aggiornato i moduli organizzativi nel senso della maggiore

specializzazione dei magistrati e del personale di p.g. e della maggiore

celerità nella trattazione.

Va segnalato, peraltro, che la legge 23.06.2017 n. 103 aveva già ampliato

l’ambito dei diritti e delle facoltà della persona offesa, con inevitabili

maggiori oneri per le Procure della Repubblica, come sempre a organici

invariati. Sono stati infatti introdotti nuovi adempimenti che di fatto

rallentano la definizione dei procedimenti; in particolare è ampliato il

termine per la vittima, per proporre opposizione, passato da 10 a 20 gg.,

termine ulteriormente aumentato (da 20 a 30 gg.) per i delitti commessi con

violenza alla persona e per i retai di cui all’art 624 bis cp.

Per tali fattispecie l’avviso della richiesta di archiviazione è dovuto anche se

non vi è stata richiesta della p.o. e tale obbligatorietà ha comportato ulteriore

aggravio per il personale amministrativo per la necessità di predisporre un

maggior numero di avvisi alle parti, con dilatazione dei tempi di definizione.

In tal senso va segnalato che il Procuratore della Repubblica di Avezzano ha

impartito direttive onde consentire di ovviare alle segnalate criticità.

La recente esclusione del rito abbreviato per i reati puniti con la pena

dell’ergastolo (l. 19.04.2019 n. 33 che introduce il comma 1 bis dell’art. 438

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c.p.p.) non ha ancora determinato un aumento dei processi di competenza

delle Corti di Assise (quattro nel distretto); peraltro, pur trattandosi di reati

fortunatamente di modesta ricorrenza nel territorio abruzzese, è facilmente

prevedibile un maggior aggravio per le Corti d’Assise, che dovranno

procedere all’istruttoria dibattimentale, in genere piuttosto complessa, con

conseguente necessità di distogliere personale magistratuale dai processi

ordinari.

Di indubbio rilievo è stata la modifica dell’art. 581 c.p.p. (forma

dell’impugnazione) introdotta dalla l. 23.06.2017 n.103 che ha ridefinito e

precisato il contenuto delle impugnazioni, con non secondarie ricadute

sull’istituto dell’inammissibilità dell’appello, che oggi -nel solco già

tracciato dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite

22.07.2017 Galtelli- si propone quale categoria unitaria, certo applicabile

con i medesimi criteri anche al giudizio di appello, in una logica di più

adeguato ed efficace controllo sulla effettiva necessità del giudizio sulla

proposta impugnazione.

La novella ha consentito alla Corte d’Appello di pronunciare, in occasione

dello spoglio preventivo di tutte le sopravvenienze, n. 134 ordinanze di

inammissibilità dell’appello (nell’anno precedente erano state n. 166).

In Corte l’effetto deflattivo delle riforme degli ultimi anni è stato evidente,

in specie per i citati decreti nn.7 e 8/2016 e in particolare per alcune

tipologie di reati depenalizzati, quali l’omesso versamento dei contributi

previdenziali ed assistenziali in favore dell’INPS; e si è tradotto non soltanto

in un aumento delle archiviazioni e delle pronunce di proscioglimento

perché il fatto non è più previsto dalla legge reato (effetto questo

transeunte), ma, in parallelo, e in via permanente, nella diminuzione dei

flussi in entrata.

Anche la depenalizzazione delle violazioni tributarie ritenute meno gravi

e delle condotte elusive ha consentito anche in questo anno di definire

ancora un numero non trascurabile di processi per reati tributari.

Quanto alla nuove fattispecie di reato introdotte dal c.d. “decreto

sicurezza” (n.113 del 4.10.2018), in evidente controtendenza rispetto alle

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opportune iniziative di depenalizzazione, va detto che non si ha riscontro di

procedimenti penali per tali fattispecie, a dimostrazione della avvenuta

enfatizzazione di fenomeni di devianza di scarsissima rilevanza ed evidente

marginalità.

Va poi segnalato un incremento delle definizioni in grado di appello a

seguito di concordato con rinuncia ai motivi di appello di cui all'art 599

bis c.p.p.

Quanto a detto istituto va detto che buoni frutti sta producendo il protocollo

d'intesa tra la Corte d'Appello, la Procura Generale e le componenti della

Avvocatura Associata al fine di realizzare un vaglio anticipato della proposta

di concordato, che consenta la possibile definizione predibattimentale con

positiva ricaduta sulla composizione dei ruoli di udienza.

Invariato il numero di incidenti di esecuzione a seguito di domande di

rescissione del giudicato, nuovo istituto introdotto all'art 629 bis c.p.p.

(definiti in numero di 4).

Il d.lvo 15.02.16 n 37 ha poi introdotto il meccanismo di riconoscimento

delle sanzioni pecuniarie applicate dagli Stati Europei di competenza della

Corte d'Appello nel cui distretto la persona condannata dispone di beni o ha

residenza o dimora abituale.

Nel corso del periodo di riferimento presso la Corte di Appello di L'Aquila

sono stati trattati n.23 procedimenti di riconoscimento.

3.2 Settore Penale: Uffici di I grado

Nei Tribunali del distretto si registra complessivamente un decremento degli

afflussi nel settore monocratico (da 11.000 a 10.387 -6%) ed un incremento

nel settore collegiale (da 391 a 444 +14%).

Sostanzialmente stabili le definizioni nel dibattimento monocratico (da

10.976 a 10.952) ed in diminuzione le pendenze, passate da 17.230 a

16.631 (-3%); stabili le definizioni (da 434 a 447) e le pendenze nel

dibattimento collegiale (da 876 a 880).

Il Presidente del Tribunale di Pescara segnala un decisivo aumento nel

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settore collegiale (68 processi, pari ad un incremento del 74%) e nel settore

monocratico un aumento di n. 429 processi rispetto all’anno precedente

(pari al 11,4%).

Un significativo incremento nel settore collegiale (da 34 a 58 processi) è

segnalato anche dal Tribunale di Chieti.

Il Presidente del Tribunale di Teramo segnala una situazione

sostanzialmente stabile nel settore collegiale e un aumento delle pendenze,

anche per l’anno in riferimento, nel settore monocratico (3654 processi,

2425 lo scorso anno), evidenziando la perdurante incidenza, su tale ultimo

dato, del numero dei procedimenti sospesi (circa 400) a seguito della nuova

formulazione dell'art 420 quater c.p.p. introdotta dalla l. n 67/2016,

considerati pendenti dagli estrattori statistici; continua, inoltre, ad incidere

sul dato anche la sospensione dei giudizi a seguito dei noti eventi sismici

dell’agosto 2016 che hanno interessato anche vari comuni ricompresi del

c.d. cratere della provincia di Teramo.

Le Corti di assise (4 nel distretto) registrano l’iscrizione di 4 nuovi

procedimenti (3 lo scorso anno), con aumento del 33%.

Sono aumentate le definizioni, passate da 2 a 7 con aumento del 250% e

diminuite le pendenze (da 7 a 4 -43%).

Da segnalare, come già detto, che il lavoro delle Corti di assise del Distretto

è ragionevolmente destinato ad incrementarsi a seguito della recente

introduzione, ad opera della l. 33/2019, del comma 1 bis dell’art. 438 c.p.p.

che preclude l’accesso al giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena

dell’ergastolo.

Con specifico riferimento alla modalità di definizione, si conferma la

generale bassa incidenza delle definizioni con riti alternativi, se pure con

un lieve incremento per il Tribunale di Pescara, dove risultano definiti con

riti alternativi n 490 processi (197 con patteggiamento, n 218 con rito

abbreviato, n.16 con oblazione, n 59 con procedura di messa alla prova, a

fronte di 384 definizioni con riti alternativi dello scorso anno).

Il Presidente del Tribunale di Pescara segnala che l’incremento è

certamente connesso anche alla nuova disciplina della sospensione dei

termini di prescrizione introdotta dalla l. 103/ 2017 (sia pur riferita ai soli

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reati commessi a far tempo dall’agosto 2017), rimanendo, tuttavia,

elevatissimo il numero delle sentenze impugnate (1528, 1098 lo scorso

anno), dato che sembra a trovare causa, unitamente a quello del limitato

ricorso ai riti alternativi, proprio nell’aspettativa della prescrizione.

Scarsa appare complessivamente la funzione di filtro dell’udienza

preliminare con il passaggio alla fase dibattimentale della maggior parte dei

processi (circa l’80%).

Fig. 18 - Riepilogo giustizia penale Tribunali del Distretto

Nei procedimenti davanti ai Giudici di Pace il dibattimento ha registrato

una lieve diminuzione delle sopravvenienze, passate da 1305 dello scorso

anno a 1256 (-4%), cui ha corrisposto una significativa contrazione delle

definizioni, passate da 2034 dello scorso anno a 1505 (-26%), dato che non

ha impedito una diminuzione delle pendenze, passate da 1631 a 1386 (-

15%).

Seguono analoga tendenza i dati riguardanti la Sezione G.i.p.- noti che

registra un’ulteriore diminuzione delle sopravvenienze, passate da 2993 a

2595 (-13%), delle definizioni, passate da 2987 a 2621 (-12%) e della

pendenza finale, da 135 a 109 (-19%).

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Fig. 19 - Riepilogo giustizia penale Giudici di pace del Distretto

Negli uffici delle Procure della Repubblica presso i Tribunali i dati delle

iscrizioni relative ai reati ordinari -noti sono in lieve riduzione, da 30.749

a 29.602 (- 4%); in lieve riduzione anche le definizioni, passate da 33.213 a

30.217 (-9%), con l’effetto finale di una lieve riduzione della giacenza, da

16.645 a 15.747 affari (-5%).

In diminuzione anche i dati relativi alle iscrizioni per i reati di competenza

della DDA, passate da 28 a 27 dello scorso anno (-4%); in aumento le

definizioni, passate da 21 a 33 (+57%), con una giacenza finale di 35

procedimenti (-15% rispetto ai 41 dello scorso anno).

Infine, con riferimento ai reati di competenza del Giudice di Pace-noti si evidenzia

nelle Procure una lieve riduzione delle iscrizioni, da 4.354 a 4.146 (-5%) e delle

definizioni, da 4.574 a 4.055 (-11%), con un leggero aumento della giacenza finale

(da 1.428 a 1.477+3%).

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Fig. 20 - Riepilogo procedimenti presso gli Uffici di Procura del

Distretto

Quanto ai procedimenti per la applicazione di misure di prevenzione

personali e reali, il Presidente del Tribunale di L’Aquila segnala il

considerevole impatto della Legge n.161/2017, che ha accentrato la

competenza nel tribunale distrettuale, sui carichi di lavoro dell’Ufficio, che

non ha visto alcun incremento delle risorse.

Evidenzia come, a fronte di n.8 procedimenti iscritti nell’anno 2017, ne

siano sopravvenuti ben 47 nell’anno 2018 e 20 nel solo primo semestre

dell’anno 2019.

3.3. Le caratteristiche tipologiche della giustizia penale del Distretto

Si confermano analoghe a quelle degli anni precedenti, in base alle

segnalazioni del Presidenti dei Tribunali e dei Procuratori della Repubblica.

Il Procuratore della Repubblica di Vasto evidenzia come il territorio di quel

circondario sia sempre più esposto al pericolo di infiltrazioni criminali per la

vicinanza ad aree ad alta concentrazione malavitosa e per l’insediamento di

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soggetti appartenenti alla criminalità organizzata.

Il Presidente del Tribunale di Vasto segnala la celebrazione di due processi

per reati associativi, uno dei quali (c.d. processo Esmeralda) proveniente

dalla DDA di L’Aquila, a carico di trenta imputati per il reato di

associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Merita di essere segnalata la preoccupazione espressa dal Presidente del

Tribunale di Avezzano per il concreto pericolo di infiltrazioni criminali

attraverso il fenomeno del riciclaggio e del reimpiego di capitali di origini

delittuosa; le indagini della DDA hanno portato all’apertura di numerosi

procedimenti, otto dei quali pendenti in fase dibattimentale.

Il Procuratore della Repubblica di Teramo evidenzia come il territorio di

quel circondario sia sempre più interessato dalla presenza di pericolosi

gruppi criminali, facenti capo a soggetti di varie etnie (in particolare,

albanese, marocchina, cinese) ed a comunità rom, operanti in sinergia con la

criminalità pugliese, campana, laziale ed abruzzese, che gestiscono rilevanti

traffici delittuosi.

Evidenzia, inoltre, come quel territorio sia anche interessato da importanti

fenomeni criminosi nei settori dei reati contro la P.A., reati finanziari, reati

di genere, reati ambientali.

Con riferimento ai procedimenti più rilevanti del periodo di riferimento,

segnala, tra gli altri, quello, giunto alla fase dibattimentale, per i reati di

pericolo di inquinamento ambientale e sversamento di sostanze inquinanti,

che ha interessato il Laboratorio Nazionale di Fisica Nucleare del Gran

Sasso, nell’ambito del quale è stato disposto, in data 24.9.2018, il sequestro

preventivo delle opere di presa delle acque destinate all’uso potabile ubicate

presso i Laboratori; la definizione in sede di giudizio abbreviato di un

procedimento a carico di numerosi imputati, coinvolti in un rilevante

traffico di eroina e cocaina di importazione albanese, gestito sul territorio

costiero della Provincia di Teramo da famiglie rom (le indagini avevano

portato al sequestro di 7 chili di eroina e di 1 chilo di cocaina); la

definizione in primo grado, dopo lunga e complessa fase dibattimentale, di

un processo per gravi reati contro la P.A. e la fede pubblica a carico, tra gli

altri, di un pubblico amministratore del Comune di Giulianova.

L’andamento dei reati contro la pubblica amministrazione è rimasto

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sostanzialmente stabile in tutto il Distretto, pur se in diminuzione nel

circondario di Pescara, dove risultano iscritti, nella Sezione G.ip/G.u.p. 84

procedimenti, a fronte dei 108 dello scorso anno.

Quanto al numero dei procedimenti per omicidi e lesioni personali

colpose, il Tribunale di Pescara segnala una riduzione delle iscrizioni per il

reato di omicidio colposo (da 39 a 32) ed un aumento per il reato di lesioni

colpose per violazioni di norme antinfortunistiche e di quelle sulla

circolazione stradale (da 117 a 175); un aumento delle iscrizioni per il reato

di lesioni colpose per violazioni di norme antinfortunistiche e di quelle sulla

circolazione stradale è segnalato anche dal Tribunale di Vasto (da 45 a 54 e

da 5 a 7), che segnala altresì in aumento le iscrizioni per il reato omicidio

colposo stradale (da 7 a 9).

Gli omicidi volontari, consumati e tentati, sono in diminuzione a Pescara

(da 12 a 5 procedimenti), stabili le iscrizioni a Vasto (2 procedimenti, come

lo scorso anno) mentre non sono pervenute segnalazioni dagli altri tribunali.

In aumento le iscrizioni per reati in materia fallimentare nel Tribunale di

Pescara (126 procedimenti iscritti, a fronte di 103 dell’anno precedente,

nella Sezione G.i.p/G.u.p.; 35 procedimenti iscritti nella Sezione

dibattimentale, a fronte di 15 iscrizioni dell’anno precedente).

Stabili le iscrizioni al Tribunale di Teramo (20 iscrizioni nella Sezione

Gi.p./G.u.p. come lo scorso anno).

Viene segnalato un significativo, generalizzato aumento delle iscrizioni

relativamente ai reati contro le fasce deboli, in particolare i reati di atti

persecutori e maltrattamenti in famiglia che, unitamente al reato di

violenza sessuale, rientrano nel novero dei c.d. reati di genere.

Il Tribunale di Pescara segnala, nella Sezione G.i.p/G.u.p., l’iscrizione di n.

136 procedimenti per il reato di atti persecutori (n.125 lo scorso anno) e di

n. 196 procedimenti per il reato di maltrattamenti in famiglia (145 lo

scorso anno); n. 13 le iscrizioni per il reato di violenza sessuale (9 lo scorso

anno).

Il Tribunale di Teramo segnala nella Sezione G.i.p. /G.u.p. l’iscrizione di

n.445 procedimenti per reati di genere a fronte di n. 320 procedimenti dello

scorso anno.

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Il Tribunale di Vasto segnala l’iscrizione di 46 procedimenti per il reato di

atti persecutori a fronte di 25 procedimenti dello scorso anno. ,

Il Tribunale di Avezzano segnala l’iscrizione di 185 processi per reati di

genere (54 per il reato di atti persecutori).

Meritano un cenno le nuove disposizioni in materia di tutela delle vittime di

violenza domestica e di genere introdotte dalla recente legge n. 69 del 2019

(c.d. Codice Rosso), in vigore dal 9.8.2019.

La legge, oltre a prevedere nuove fattispecie delittuose e ad inasprire il

regime sanzionatorio per i reati di genere, ha introdotto importanti novità in

tema di acquisizione della notizia di reato da parte della polizia giudiziaria e

di avvio delle indagini da parte del Pubblico Ministero, imponendo

l’assunzione di informazioni dalla persona offesa entro tre giorni dalla

iscrizione della notizia di reato, al fine di garantire, attraverso il potere di

iniziativa cautelare, una tutela immediata alla vittima del reato.

I Procuratori della Repubblica assicurano l’intervenuta adozione, nei

rispettivi Uffici, di moduli organizzativi idonei ad garantire il puntuale

rispetto delle nuove disposizioni da parte della polizia giudiziaria, dei

magistrati e del personale di segreteria.

Il Procuratore della Repubblica di Pescara segnala che è in via di redazione

un compendio (linee guida per la polizia giudiziaria) nel quale coordinare e

sintetizzare in un unico documento le buone procedure in tema di

investigazioni nei delitti di violenza contro le donne, violenza domestica e

violenza sessuale al fine di assicurare la tempestività dell’intervento

giudiziario e la compiutezza delle indagini.

Il Procuratore della Repubblica di Teramo segnala la recente istituzione di

un “tavolo di lavoro” con la partecipazione del Procuratore Generale di

L’Aquila, del Procuratore della Repubblica e del Presidente del Tribunale

per i Minorenni di L’Aquila e di tutti gli enti preposti, finalizzato alla

elaborazione di un protocollo per uniformare in tutti gli Uffici giudiziari del

distretto le metodiche di indagine e fornire un’adeguata protezione e tutela

alle vittime di tali reati con l’apporto di tutte le istituzioni preposte, del

mondo del volontariato e dei centri anti-violenza.

Il Presidente del Tribunale di L’Aquila segnala la significativa incidenza

delle disposizioni introdotte dalla l. n.69 del 2009, già nei primi mesi di

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attuazione, sul carico di lavoro dell’Ufficio G.i.p., per il notevole

incremento del numero delle misure cautelari, e, soprattutto, del Tribunale

del Riesame, che ha competenza distrettuale.

Quanto ai reati contro il patrimonio, nel Tribunale di Pescara segnala in

aumento le iscrizioni per il reato di estorsione (118 procedimenti, 101 lo

scorso anno nella Sezione G.i.p\G.u.p.) e per il reato di cui all’art. 624 bis

c.p. (da 62 a 82).

In aumento le iscrizioni per il reato di estorsione anche nel Tribunale di

Vasto, passate da 12 a 15.

Quanto ai reati ambientali, non si hanno ancora dati numerici significativi

degli effetti nel Distretto dalla normativa introdotta dalla l. 68/2015 sui c.d.

ecoreati.

Le Procure del Distretto richiamano l’adozione, nell’ambito dei rispettivi

Uffici, di moduli organizzativi finalizzati a migliorare le tecniche di

indagine in tale delicata materia e la positiva esperienza maturata a seguito

del Protocollo sottoscritto in data 8 settembre 2018 tra tutti gli uffici

inquirenti del distretto, con la supervisione della Procura Generale presso la

Corte di Appello, affidato per il coordinamento e il monitoraggio al

Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Pescara.

Il Procuratore della Repubblica di Pescara richiama i moduli organizzati da

tempo adottati, in particolare la costituzione di “Unità Ambiente” della

Polizia Giudiziaria, personale specializzato cui è demandato, tra gli altri, il

compito di gestire le deleghe di indagine per le investigazioni più complesse

e segnala che il 4 ottobre 2018 è stato sottoscritto tra la Procura e l’

Università D’Annunzio di Chieti un accordo di collaborazione scientifica

per la tutela e la prevenzione delle condotte criminose in materia

agroalimentare, nell’ottica di ottimizzare le informazioni ed i mezzi tecnici

di detta università in ossequio alle più recenti discipline comunitarie

attuative del principio di precauzione.

Il Procuratore della Repubblica di Teramo evidenzia come la Provincia di

Teramo sia stata particolarmente colpita da recenti fenomeni sismici ed

eccezionali eventi climatici, che hanno provocato enormi danni ad abitazioni

private ed edifici pubblici ed interruzioni nelle comunicazioni stradali; e

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richiama la massima attenzione riservata dall’Ufficio alle indagini relative ai

reati ambientali , con l’istituzione di uno specifico gruppo di lavoro in

materia di “Terremoto-Disastri-Ambiente-Edilizia” e la elaborazione di

protocolli, anche in collaborazione con l’A.N.A.C, nell’ottica di migliorare

le tecniche di indagine , accrescendo il coordinamento investigativo tra i

vari soggetti preposti ai relativi controlli e creare gruppi specializzati in

grado di acquisire specifiche conoscenze anche con riferimento ai fenomeni

sismici ed agli accertamenti penali relativi ai disastri ambientali, crolli, frane

ed interruzioni di sistemi e servizi.

Merita richiamo la segnalazione del Procuratore della Repubblica di Chieti

in ordine agli ottimi risultati conseguiti nel settore della esecuzione delle

sentenze di condanna contenenti l’ordine di demolizione di immobili abusivi

e di bonifica di siti inquinati, frutto della collaborazione con strutture

tecnico operative del Ministero della Difesa (6° Reggimento Genio Pionieri)

e di alcune ditte selezionate attraverso apposito accordo con l’Associazione

Nazionale Costruttori Edili di Chieti; segnala che nel 71% dei casi i

condannati hanno demolito o rimesso in pristino i luoghi a seguito del

sopralluogo preliminare dei Carabinieri Forestali e dell’Esercito .

3.4 La Sezione Penale della Corte di appello

In appello si registra una diminuzione delle sopravvenienze, pari a - 16%,

per essere le nuove iscrizioni passate da 3.679 dell’anno 2017/18 a 3.107 del

periodo in esame.

A tale dato, peraltro, non corrisponde una diminuzione delle impugnazioni;

il Tribunale di Pescara segnala, al riguardo, che, nell’anno di riferimento,

risultano presentate 1.714 impugnazioni a fronte di n.1.246 dell’anno

precedente ed evidenzia la persistente sofferenza in quell’Ufficio del settore

amministrativo che cura l’attività successiva al deposito delle sentenze, pur

rilevando la significativa contrazione, rispetto allo scorso anno, dei tempi

medi tra il deposito dei ricorsi e la trasmissione al giudice superiore (105

giorni a fronte di 174 giorni dell’anno precedente).

Nel periodo in esame si è peraltro registrata una diminuzione delle

definizioni, passate da 3.285 a 2.697 (-18%), con aumento della pendenza

finale dell’8%, da 4.364 a 4.710 procedimenti pendenti.

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La diminuzione delle definizioni ed il conseguente aumento delle pendenze

finali, nonostante la flessione delle sopravvenienze, è stato determinato da

una molteplicità di fattori quali la parziale scopertura dell’organico

magistratuale, il rallentamento dell’attività giudiziaria a causa delle

numerose astensioni degli avvocati dalle udienze deliberate dalle Camere

Penali, che hanno comportato, nel periodo di riferimento, il rinvio di ben 8

udienze, le attività elettorali del febbraio 2019 (elezioni regionali), che

hanno impegnato in particolare il personale di Cancelleria ed hanno

determinato la celebrazione di 2 udienze in meno, le attività connesse alla

ispezione ministeriale amministrativa del marzo 2019, che hanno

determinato la celebrazione di una udienza in meno per venire incontro agli

impegni del personale di Cancelleria.

Sul numero complessivo delle definizioni ha, poi, certamente inciso in

misura decisiva l’abbattimento del numero delle definizioni per

prescrizione (384 a fronte di 857 dell’anno 2018), mentre le ordinanza di

inammissibilità sono state 134 (166 lo scorso anno, - 32%).

Le dichiarazioni di ricusazione di magistrati del distretto sono rientrate nei

dati consueti, passando dal dato anomalo dello scorso anno (ben 45) a 18 (-

60%); gli esiti sono stati, peraltro, per lo più di inammissibilità o rigetto (2

pronunce di accoglimento, 13 di inammissibilità, 3 di non luogo a

provvedere).

Le domande di revisione sono leggermente aumentate, passando da 20 a 23

(+15%).

Le domande di riparazione per ingiusta detenzione sono passate, da 35 a

38 (+ 22%) di cui 25 pronunce di accoglimento (con cui sono stati liquidati

complessivamente € 648.040), 8 di rigetto e 5 di inammissibilità.

I procedimenti relativi agli appelli avverso misure di prevenzione sono

stati 11 in riferimento a misure personali e 3 a misure reali, con un numero

complessivo di 14, a fronte dei 18 procedimenti dello scorso anno.

Complessivamente sono stati trattati n.416 incidenti di esecuzione, in

diminuzione rispetto allo scorso anno.

I numeri della Corte di Assise di Appello danno conto di un leggero

aumento della pendenza finale, passata da 6 a 8 processi (+33%), un leggero

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aumento delle nuove iscrizioni, passate da 7 a 8 (+ 14%); le definizioni sono

passate da 9 a 6.

La Sezione Minorenni della Corte, infine, anch’essa con numeri assoluti

non particolarmente significativi, ha registrato una lieve diminuzione nelle

iscrizioni, passate da 46 a 40 (-13%) con conseguente riduzione delle

definizioni, passate da 67 a 40 (-40%), con stabilità della pendenza.

Si è registrato, in linea con quanto segnalato dal Presidente del Tribunale per

i Minorenni, un incremento di processi per i reati di atti persecutori e

violenza sessuale.

Il bilancio della Sezione Penale della Corte è da considerarsi, nel periodo in

esame, alla luce di tali dati, nell’insieme positivo, pur se in leggera flessione

rispetto agli anni scorsi quanto al numero complessivo delle definizioni per

le ragioni sopra esposte.

La Sezione penale ha definito al 30 giugno 2019 la quasi totalità dei

procedimenti iscritti fino al 2016 (quelli che residuano hanno ad oggetto

reati non prioritari e sono in fase di fissazione) e grandissima parte dei

procedimenti iscritti nel 2017, tra cui tutti quelli per reati a priorità assoluta;

sono stati altresì definiti numerosi processi degli anni 2018/19 che, pur non

a priorità assoluta, presentavano aspetti di rilievo sociale meritevoli di

essere salvaguardati (alcune tipologie di reati contravvenzionali - violazioni

di misure di sicurezza, urbanistica, ambiente, guida in stato di ebbrezza, i

reati tributari o relativi ad omissioni contributive di particolare entità, in

genere processi ove è presente la parte civile, che non potrebbero comunque

essere definiti de plano); i procedimenti con imputati detenuti o comunque

sottoposti a misure cautelari iscritti nel 2018 sono stati tutti definiti, così

come quasi tutti i processi con imputati detenuti iscritti nella prima metà del

2019 .

Anche per il periodo in esame, quindi, sono stati confermati i tempi di

definizione rispettati gli scorsi anni: i processi a trattazione prioritaria

vengono celebrati nella totalità entro 12/18 mesi dall’iscrizione nonostante

la particolare complessità di numerosi di essi, mentre quelli relativi a

imputati sottoposti a misure cautelari (non solo detentive) vengono definiti

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entro pochi mesi e comunque prima che decorrano i termini di durata delle

misure.

La durata media per la sezione ordinaria è stata pari a gg.509 (gg.531 per

quelli conclusi con sentenza, gg.170 per quelli altrimenti definiti), in

aumento rispetto allo scorso anno (gg.449), è invece lievemente scesa per i

procedimenti in Corte d’Assise (da gg.254 a gg. 244) e per quelli minorili

(da gg.285 a gg.278).

Il quadro fin qui tracciato è stato reso possibile dalla capacità di lavoro di

tutti i Magistrati della sezione, disponibili ad un impegno particolarmente

gravoso, come attestato dalla alta produttività individuale (oltre 350

sentenze annue in media).

Tuttavia, anche quest’anno deve ribadirsi che non sono venuti meno i

problemi che affliggono la Sezione in modo che appare purtroppo

“strutturale” e si sono riproposte contingenze transitorie che non hanno

permesso un più consistente aumento delle definizioni (la Sezione, a causa

degli avvicendamenti verificatisi, è rimasta priva di un Presidente di sezione

fino al mese di aprile 2019).

L’arretrato, purtroppo aumentato negli ultimi due anni per le ragioni esposte,

impedisce tuttora di fronteggiare in tempi più rapidi tutte le sopravvenienze,

e consente di celebrare i processi più complessi e delicati (richiedenti più

tempo per il doveroso approfondimento delle questioni proposte), solo a

prezzo di grande sacrificio personale dei Magistrati.

Incidono, inoltre, nel senso di determinare un aumento del carico

complessivo di lavoro, le prime applicazioni del disposto di cui all’art. 603

comma 3 bis c.p.p. (introdotto con L. 23.6.2017 n. 103) in tema di

rinnovazione della prova dichiarativa in appello in caso di sentenze di

proscioglimento appellate dal P.M., con conseguente necessità per la

Corte di procedere ad attività istruttoria; tale evenienza si è registrata sinora

soprattutto nell’ambito di processi per reati di maltrattamenti in famiglia e

violenza sessuale.

Tra i processi più impegnativi trattati e definiti dalla Sezione nel periodo in

riferimento si segnalano: proc. n. 2693/2018 R.G. APP. a carico di Gavioli

Dino +1, in materia di abuso di ufficio in connessione con reati urbanistici;

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proc. n. 2460/2016 R.G. APP. a carico di Spinelli Mario + 11 (200 capi di

imputazione per reati di associazione per delinquere, riciclaggio,

ricettazione e falso); proc. n. 126/2018 R.G. APP. a carico di Bartolotti

Giancarlo + 2 per il reato di omicidio colposo da incidente sciistico,

processo quest’ultimo che ha comportato la rinnovazione della istruttoria

dibattimentale con l’espletamento di perizia e che ha impegnato la Corte per

diverse udienze; proc. n. 1316/2017 R.G. APP. a carico di Islam Akramul +

8 in materia di immigrazione clandestina; proc. n. 3162/2015 R.G. APP. a

carico di Cretarola Venanzio +2 per il reato di abuso di ufficio; proc.

n.1886/2017 R.G. APP. a carico di Dibacco Salvatore in materia di

concussione; proc. n. 1567/2017 R.G. APP. a carico di Angelini Vincenzo

Maria e Casa di Cura “Villa Pini d’Abruzzo” in materia di truffa- aggravata

dalla rilevante entità del danno patrimoniale- e falso ai danni della A.S.L. di

Chieti-Lanciano-Vasto.

Si segnala, nel medesimo periodo, la definizione in Corte di Assise di

Appello di due processi per omicidio volontario in danno di giovani donne,

riconducibili al fenomeno della violenza di genere, che hanno destato

particolare allarme nel territorio.

Come visto in nettissima diminuzione rispetto agli anni passati il numero di

sentenze de plano per prescrizione (384 a fronte di 857 dell’anno 2018 e

della media di oltre 1000 per gli anni da 2013 a 2017).

Detta drastica diminuzione, se da un alto può ritenersi frutto del

meccanismo virtuoso di spoglio dei processi, cui provvedono il Primo

Presidente ed i Presidenti di Sezione, che ha consentito e consente di

organizzare le fissazioni nel rispetto delle priorità ed in modo da scongiurare

il più possibile le dichiarazioni di prescrizione, dall’altro ha inevitabilmente

comportato, anche per l’elevato numero di prescrizioni dichiarate negli anni

precedenti, una consistente riduzione di tali sentenze de plano nel periodo in

esame; dato, quest’ultimo, che ha ovviamente ridotto, come si è visto, il

numero complessivo delle definizioni della Sezione.

Per altro verso, il dato sopra richiamato fa ritenere fondatamente che presso

la Corte, proprio in forza del meccanismo virtuoso sopra segnalato, si possa

raggiungere in tempi brevi l’eccezionale risultato del totale abbattimento

delle dichiarazioni di prescrizione. Risultato che certamente rappresenta la

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migliore ed efficace risposta all’annoso problema, oggi oggetto di ampio

dibattito politico, dei perniciosi effetti dei meccanismi della prescrizione sul

piano sociale e delle politiche criminali.

Indubbia è, infine, la difficoltà del personale amministrativo, evidenziata

anche nella recente ispezione ministeriale, nonostante il generoso e costante

impegno, a far fronte con tempestività alle gravose incombenze conseguenti

alla rilevante produttività della Sezione, a causa della scarsità delle risorse

umane, anche a seguito del progressivo pensionamento di unità di grande

esperienza e capacità.

In tal senso, va segnalato che ha avuto successo la convenzione stipulata tra

la Corte e le Associazioni dei Finanzieri in congedo della Provincia di

L’Aquila (di cui parlammo lo scorso anno), con la preziosa collaborazione

della Fondazione Carispaq, che ha consentito ad alcuni militari in congedo,

resisi disponibili ed individuati dai rispettivi Comandanti Provinciali, di

prestare la propria opera presso gli uffici di cancelleria della Corte, nella

sezione penale e in contabilità, in modo da supportare adeguatamente la

gravosa attività del personale.

Fig. 21 - Riepilogo giustizia penale in Corte di appello

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4. Tribunale e Uffici di Sorveglianza

4.1. Novità legislative

In data 2.10.2018 sono stati emanati i decreti legislativi nn. 121, 123, 124

in parziale attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge n. 103 del 23

giugno 2017.

I due decreti che interessano il settore specifico dell’esecuzione penale (il

terzo concerne in modo specifico l’esecuzione della pena nei confronti dei

soggetti minorenni) contengono modifiche in tema di assistenza sanitaria dei

detenuti, di semplificazione delle procedure, di prosecuzione, sospensione e

revoca delle misure alternative, di esecuzione di pene accessorie, di

semplificazione in tema di accesso a misure alternative, di comunicazioni ed

attività di controllo, di competenze degli Uepe e della Polizia Penitenziaria,

di vita penitenziaria e di lavoro penitenziario.

Tra le novità più significative, rilevanti sotto il profilo delle future ricadute

sull’organizzazione e sul lavoro dell’Ufficio di sorveglianza, si segnalano:

1) inserimento comma 1 ter articolo 678 c.p.p.: ai fini della decisione delle

istanze avanzate da condannati liberi ai sensi dell’art. 656 comma 5 c.p.p.,

quando la pena da espiare non è superiore ad un anno e sei mesi, il

Presidente del Tribunale di sorveglianza, acquisiti documenti ed

informazioni, designa il magistrato di sorveglianza relatore e fissa un

termine per l’applicazione eventuale in via provvisoria di una delle misure

alternative di cui all’art. 656 comma 5 c.p.p.; l’ordinanza di applicazione

provvisoria è comunicata al P.M. e notificata all’interessato ed al suo

difensore, i quali possono proporre reclamo al tribunale entro il termine di

dieci giorni; decorso il termine per l’opposizione il tribunale conferma la

decisione provvisoria, altrimenti, se non è stata emessa o confermata

l’ordinanza provvisoria, oppure se è stata proposta opposizione, il Tribunale

di sorveglianza procede nelle modalità ordinarie; 2) modalità di svolgimento

e partecipazione all’udienza: dopo il comma 3 dell’art. 678 vengono inseriti

il comma 3.1, che prevede la pubblicità dell’udienza camerale su richiesta

dell’interessato, ed il comma 3.2, che prevede la partecipazione a distanza

all’udienza, oltre che nei casi previsti dalla legge, anche quando l’interessato

ne fa richiesta ovvero quando è detenuto o internato in luogo posto fuori

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dalla circoscrizione del giudice, sempre che questi non ritenga opportuno

disporne la traduzione; 3) modifiche in tema di sospensione e revoca delle

misure alternative: l’art. 51 ter O.P. nuova formulazione prevede che, se il

soggetto sottoposto a misura alternativa pone in essere comportamenti

suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza dispone

non più la sospensione provvisoria della stessa – che resta peraltro una

eventualità nei casi più gravi – bensì la mera trasmissione degli atti al

Tribunale di sorveglianza perché decida sulla prosecuzione, sostituzione o

revoca della misura.

La modifica legislativa di cui al punto 1), entrata a pieno regime nel distretto

da dicembre 2018, dopo un periodo di adeguamento dei sistemi informatici,

ha comportato un modesto alleggerimento del carico gravante sui ruoli del

Tribunale di sorveglianza, con conseguente aggravio, peraltro, del lavoro

degli Uffici di sorveglianza, che comunque, decidendo fuori udienza, hanno

cercato di adottare le modalità organizzative più idonee al fine di esitare tali

ulteriori flussi in entrata.

Diversamente, la modifica di cui al punto 2), con particolare riferimento alla

partecipazione a distanza di tutti i detenuti e gli internati ristretti fuori dalla

circoscrizione del tribunale o magistrato di sorveglianza, ha comportato un

appesantimento nello svolgimento delle udienze, con necessità di approntare

i video collegamenti con svariati istituti, con tutte le conseguenti difficoltà

tecniche ed ulteriori tempi morti nella trattazione dei procedimenti.

La legge delega prevedeva anche, tra le tante altre novità, la modifica del

limite di pena che impone la sospensione dell’ordine di esecuzione ad anni

quattro di reclusione: tale previsione non è stata attuata dai decreti sinora

adottati, ma deve essere segnalato che con sentenza della Corte

Costituzionale n. 41 del 7-03-2018 è stata dichiarata l’illegittimità dell’art.

656 comma 5 c.p.p. “nella parte in cui non prevede che l’ordine di

sospensione della pena debba essere emesso anche nei casi di pena non

superiore ad anni quattro”.

Gli effetti concreti di tale importante pronuncia, a più di un anno dalla

medesima, sono stati un significativo aumento delle iscrizioni dei

procedimenti relativi alle istanze dei condannati proposte dalla libertà,

passate da n. 709 procedimenti a 824, (+ 17%) rispetto allo scorso anno

giudiziario.

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Da ricordare inoltre è l’entrata in vigore della legge n. 3 del 9 gennaio

2019 che oltre a modificare l’art. 47 O.p. e 179 c.p. in relazione alle pene

accessorie perpetue, ha modificato l’art. 4 bis O.p. inserendo tra i reati di

cui al primo comma e dunque, assolutamente ostativi alla concessione dei

benefici penitenziari se non in presenza di collaborazione attiva ex art. 58

ter O.p e 323 bis c.p. ovvero in caso di collaborazione inesigibile di cui al

comma 1 bis dell’art. 4 bis O.p., i reati di cui agli artt. 314 primo comma,

317,318,319,319 bis, 319 ter, 319 quater primo comma, 320, 321 322, 322

bis c.p.

Tale modifica legislativa non ha comportato finora rilevanti mutamenti dal

punto di vista numerico nella proposizione delle relative istanze dallo stato

detentivo, mentre sono da segnalare due importanti questioni di legittimità

costituzionale sollevate in relazione all’art. 1 comma 6 lett. B della legge n.

3 del 2019: la prima, sollevata il 2.4.2019 dal Tribunale di Sorveglianza di

Venezia in relazione all’applicazione ai delitti di cui agli artt. 318, 319, 319

quater e 321 c.p. commessi anteriormente all’entrata in vigore della

medesima legge, non essendo stato stabilito un regime intertemporale; la

seconda, sollevata dalla prima sezione della Corte di Cassazione nella parte

in cui inserisce all’art. 4 bis comma 1 della legge n. 354 del 1975 il

riferimento al delitto di peculato di cui all’art. 314 primo comma c.p., in

punto di limitazione della discrezionalità del momento giurisdizionale in

sede di individualizzazione del percorso di espiazione della pena.

Si segnala tra le novità legislative inoltre, l’entrata in vigore della Legge 19

luglio 2019 n. 69, recante disposizioni in materia di tutela delle vittime di

violenza domestica e di genere, che, in particolare, nella specifica materia

dell’esecuzione ha disposto: 1) l’introduzione del nuovo comma 1 bis

dell’art. 659 c.p.p., che prevede che “Quando a seguito di un provvedimento

del giudice di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del

condannato per uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter,

609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché

dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate

ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo

comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, il pubblico

ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo

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della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo

difensore”; 2) la modifica dell’art. 13 bis della Legge 26 luglio 1975 n. 354,

oggi rubricato “Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali,

per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori”, che

prevede: “Le persone condannate per i delitti di cui agli articoli 600-bis,

600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-

quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del

codice penale, nonché agli articoli 572, articolo 583-quinquies, 609-bis,

609-octies e 612-bis del medesimo codice, possono sottoporsi a un

trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno. La

partecipazione a tale trattamento è valutata ai sensi dell'articolo 4-bis,

comma 1-quinquies, della presente legge ai fini della concessione dei

benefici previsti dalla medesima disposizione. 1-bis. Le persone condannate

per i delitti di cui al comma 1 possono essere ammesse a seguire percorsi di

reinserimento nella società e di recupero presso enti o associazioni che si

occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti

condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti

enti o associazioni e gli istituti penitenziari”.

Si tratta di novità legislative che, sul solco delle modifiche già apportate dai

decreti legislativi dell’ottobre 2018, pongono in primo piano la vittima del

reato, e, soprattutto, introducono un trattamento penitenziario specifico, sia

di tipo psicologico che di reinserimento esterno, per gli autori di determinate

categorie di reati.

Di grande rilievo per la materia dell’esecuzione penale, anche per le ricadute

concrete delle medesime sul lavoro degli Uffici e del Tribunale, sono le

novità giurisprudenziali: si fa riferimento, in particolare, alla sentenza

della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo Prima Sezione del 13.06.2019

(Viola vs. Italia), che ha affermato la violazione dell’art. 3 della

Convenzione con riferimento all’ergastolo c.d. ostativo. La Grande Camera

della Corte EDU, con sentenza del 9.10.2019, ha respinto il ricorso proposto

dall’Italia.

In data 22.10.2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità

costituzionale dell’art. 4 bis comma 1 dell’Ordinamento penitenziario “nella

parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di

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collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da

escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia,

più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità

organizzata”, a condizione che il condannato abbia dato piena prova di

partecipazione al percorso rieducativo. Si legge nel comunicato dell’Ufficio

Stampa della Corte Costituzionale del 23.10.2019 che la Corte, peraltro

pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti, ha sottratto la

concessione del solo permesso premio, e quindi non anche delle misure

alternative alla detenzione, alla generale applicazione del meccanismo

“ostativo”, che comporta attualmente l’impossibilità di accedere a tutti i

benefici penitenziari (fatta eccezione per la liberazione anticipata) se non in

presenza di una condotta di collaborazione con la giustizia ovvero di un

accertamento di collaborazione c.d. impossibile e/o inesigibile (art. 4 bis

comma 1 bis O.P.); dunque, in virtù della pronuncia della Corte, “la

presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è

più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal

magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi

sulle relazioni del Carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie

autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato

provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”.

Come si legge dallo stesso comunicato la valutazione caso per caso da parte

del magistrato di sorveglianza, al quale la Corte ha riconosciuto piena

discrezionalità dunque, dipenderà oltre che dai pareri della Procura

antimafia o antiterrorismo, del Comitato provinciale per l’Ordine e la

sicurezza pubblica, da quanto riferito dalle relazioni del Carcere sul

percorso detentivo del condannato: si spera, al fine di dare effettività a

quanto affermato dalla Corte, che tale pronuncia comporti adeguamenti

negli organici e nelle presenze negli Istituti penitenziari degli educatori -

figure fondamentali nell’osservazione della personalità del condannato- che

invece, attualmente sono del tutto insufficienti sia in relazione al numero

dei detenuti loro affidati che alla delicatezza del compito di osservazione

della personalità che, inevitabilmente necessita di una conoscenza

approfondita del condannato da parte degli operatori penitenziari, che

possano così utilmente delineare e documentare nella redazione della

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relazione di sintesi l’eventuale cambiamento registrato nel tempo dai

medesimi.

Tale pronuncia avrà presumibilmente delle rilevanti ricadute nel distretto,

soprattutto nel carico di lavoro dell’Ufficio di Sorveglianza di L’Aquila che

si occupa di centinaia di detenuti ergastolani ostativi reclusi negli Istituti di

L’Aquila e Sulmona - attualmente sono circa 140- e che con ogni probabilità

presenteranno istanze di permesso premio; così come ricadute è ragionevole

prevedere che vi siano nell’attività del Tribunale di Sorveglianza che, se da

un canto vedrà ridursi le complesse istanze di cui agli artt. 4 bis e 58 ter O.P.

per l’accertamento della collaborazione attiva o impossibile, dall’altro

registrerà un numero rilevate di reclami nei confronti degli eventuali rigetti

delle istanze di permesso premio da parte dei magistrati di sorveglianza.

4.2 Situazione del Distretto

L’attività della magistratura di sorveglianza nel Distretto abruzzese è

distribuita tra i due Uffici di sorveglianza di L’Aquila e Pescara, aventi

rispettivamente competenza sul territorio compreso nei circondari dei

Tribunali di L’Aquila, di Avezzano e di Sulmona il primo, di Pescara,

Teramo, Chieti, Vasto e Lanciano il secondo.

Conseguentemente, l’Ufficio di sorveglianza dell’Aquila esercita la propria

giurisdizione su tre istituti penitenziari: le Case Circondariali di L’Aquila e

di Avezzano e la Casa di Reclusione di Sulmona; l’Ufficio di sorveglianza

di Pescara è invece competente sulle Case Circondariali di Pescara, Teramo,

Chieti e Lanciano, nonché sulla Casa di Lavoro di Vasto.

Il bacino di utenza tra i due Uffici di sorveglianza è numericamente

sbilanciato.

Per quanto attiene infatti ai ristretti, si rileva come:

− la popolazione carceraria degli istituti sottoposti alla giurisdizione

dell’Ufficio di sorveglianza di L’Aquila ammonta ad un totale di 619

detenuti (dei quali, 486 definitivi);

− la popolazione carceraria degli istituti sottoposti alla giurisdizione

dell’Ufficio di sorveglianza di Pescara ammonta invece ad un totale di

1284 detenuti (dei quali, 890 definitivi) e 120 internati.

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Ponendo a confronto tali dati con quelli registrati nel giugno del 2018,

quando la popolazione detenuta ammontava complessivamente nel distretto

a 1737, si registra un aumento della popolazione carceraria complessiva

(1903) pari al 9,5%.

Si tratta di un aumento in controtendenza rispetto all’anno precedente in cui

si era registrata una lieve diminuzione, nonostante le aspettative dei recenti

interventi legislativi (tra cui ricordiamo la liberazione anticipata speciale ed

il reclamo risarcitorio ex art. 35 ter O.p.), e che mostra la necessità di

interventi legislativi strutturali che si sperava potessero essere apportati in

attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 103 del 2017,

scaduta senza il reale potenziamento delle misure alternative in essa

previsto.

Con riferimento invece, a soggetti sottoposti ad esecuzione extramuraria

della pena (detenuti domiciliari, affidati in prova al servizio sociale, soggetti

in prosecuzione degli arresti domiciliari, ex art. 656, comma 10, Cod. Proc.

Pen.) ovvero della misura di sicurezza (liberi vigilati), alla data del 30

giugno 2019, l’Ufficio di sorveglianza di Pescara amministrava circa 1490

unità, a fronte delle 232 di competenza dell’Ufficio di L’Aquila.

4.3 Ufficio di sorveglianza di L’Aquila

Nei tre penitenziari di L’Aquila, Avezzano e Sulmona non si sono registrati

nell’anno in corso significativi scostamenti rispetto all’anno precedente

nell’entità complessiva della popolazione detenuta. Nemmeno si sono

registrati casi di suicidio.

Casa di Reclusione di SULMONA

La Casa di reclusione di Sulmona, nata quale carcere di massima sicurezza,

ha mantenuto sino ad oggi tale vocazione, essendo destinata ad accogliere,

nella quasi totalità, detenuti sottoposti al regime di Elevato Indice di

Vigilanza (EIV).

La popolazione carceraria ristretta presso tale istituto si compone

attualmente di 340 detenuti di cui solo 4 extracomunitari: 6 unità sono

c.d. “comuni”, appartenendo tutti gli altri al circuito dei “collaboratori di

giustizia” (n. 24 in totale), ovvero a quello di Alta Sicurezza (AS – n. 344

in totale).

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Tale numero è destinato ad incrementarsi, essendo in atto la costruzione di

un nuovo padiglione che accoglierà – nei propositi dell’Amministrazione –

altri 200 ristretti della medesima categoria, ovvero appartenenti al circuito

“AS”, tutti ristretti in forza di titolo correlato a delitti di matrice “mafiosa”,

molti dei quali in passato sottoposti al regime differenziato di trattamento ex

art. 41bis O.P.

Trattasi, quindi, di soggetti in espiazione di pene detentive considerevoli,

aventi un’età media piuttosto alta. Deve dirsi, allora, che in attuazione del

principio costituzionale di rieducazione della pena e di tutela della dignità

della persona ristretta, deve aversi una particolare cura per garantire misure

di trattamento consone, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di

vista della continuità della relativa offerta.

In tale ambito assumono valenza centrale, per un verso, l’adeguatezza degli

organici del personale che compone il gruppo di osservazione e

trattamento (ed in primis delle figure professionali degli educatori, ma anche

degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria) e, per altro verso, la

congruità delle opportunità per i detenuti di dedicarsi ad un’attività

lavorativa o culturale in forme non effimere o meramente occasionali (in

coerenza con quanto previsto dagli artt. 12 e 15 dell’Ordinamento

Penitenziario).

Quanto all’organico del personale destinato all’osservazione ed al

trattamento, si osserva come, allo stato, esso sia composto di soli quattro

educatori su cinque previsti in organico, a fronte di una popolazione

detenuta che si approssima alle 400 unità (e che, come si è detto, è destinata

ad aumentare nei prossimi anni).

Vale qui la pena di considerare che la particolare qualità dei detenuti di cui

si tratta, imporrebbe, invece, uno speciale approfondimento

dell’osservazione scientifica della personalità (art. 1, ult. co., O.P.: «Il

trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto

alle specifiche condizioni dei soggetti», mentre l’organico attuale è

certamente insufficiente a garantire quell’approfondita analisi delle carenze

fisiopsichiche e delle ulteriori cause di disadattamento sociale (art. 13

dell’Ordinamento Penitenziario) che costituisce la base per la formulazione

del programma di trattamento.

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Preoccupante è il dato relativo alle opportunità di lavoro destinate a sole

80 unità, appartenenti al circuito di alta sicurezza (laboratori di

falegnameria, calzoleria, sartoria, apicultura, tenimento agricolo), anche se

sovente accade che le attività non possano svolgersi per mancanza di polizia

penitenziaria che ne controlli lo svolgimento.

Sono attivati corsi di istruzione (scuola elementare con laboratori di

scrittura, lettura e artistico/ espressivo; corsi di lingua inglese, scuola media

inferiore e secondaria di II grado (Istituto Professionale per l’Agricoltura e

l’Ambiente).

D’altro canto, risulta non meno rilevante e decisivo l’approntamento di un

efficiente presidio sanitario, capace di sovvenire con professionalità ed

ampiezza di copertura alle esigenze diagnostiche e di cura dei detenuti,

considerando, nella specie, che la lunga durata della privazione della libertà

patita dalla maggior parte di tale categoria di detenuti, e la conseguente

maggiore età media dei carcerati, amplifica le esigenze relative a questo

settore. Si segnala a tal proposito che nel 2018 sono state effettuate più di

mille traduzioni di detenuti presso luoghi esterni di cura, anche se tale

dato risulta in fase decrescente, poiché di recente sono stati attivati presso

l’Istituto più servizi di medicina specialistica, compreso il servizio RX.

La maggior parte dei detenuti della Casa di reclusione di Sulmona è allocata

in camere detentive inadatte, in quanto originariamente concepite per

accogliere un solo ristretto e attualmente adattate a cella doppia.

Per quanto la superficie complessiva a disposizione dei detenuti non sia tale

da implicare una condizione inumana, in violazione dell'art. 3 CEDU come

interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo a partire dalla c.d.

“sentenza Torreggiani”, non vi è dubbio che la sistemazione non è ottimale,

considerando che trattasi di soggetti con una lunga carcerazione alle spalle

se non ergastolani, molti di età matura, costretti ad occupare letti a castello.

Ulteriore elemento di criticità è rappresentato dal fatto che il penitenziario

dispone di limitatissime risorse strutturali per ammettere i detenuti ad

attività di svago: non esiste una palestra, potendo i detenuti fruire

esclusivamente delle aree di passeggio (quotidianamente) e, sulla base di

turnazioni non brevi, di un campo da calcio.

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Casa Circondariale di L’AQUILA

Ospita attualmente n. 187 detenuti, dei quali n. 105 sono sottoposti al

regime differenziato di trattamento ex art. 41 bis dell’Ordinamento

Penitenziario e 15 detenuti c.d. comuni impiegati nelle lavorazioni

domestiche; è dunque una delle carceri italiani con la maggior

concentrazione di detenuti al 41 bis, pur essendo stato concepito,

all’epoca della sua progettazione per tutt’altro impiego, il che comporta

gravi criticità

I detenuti sottoposti al regime differenziato di trattamento sono, infatti

organizzati in piccoli gruppi di socialità (in genere, quattro unità per ciascun

gruppo) che, allo scopo di scongiurare l’interazione con altri detenuti

appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate,

sono organizzati in modo da comprendere soggetti di diversa area

geografica con divieto di colloquiare con detenuti assegnati agli altri gruppi

di socialità.

Sarebbe quindi opportuna una strutturazione degli spazi che renda agevole

possibile il conseguimento di tali finalità, ma, poiché le sezioni accolgono

un numero di detenuti ben superiore a quello massimo costituenti i singoli

gruppi di socialità non è infrequente l’allocazione di tali gruppi all’interno

dello stesso ambiente, con conseguente promiscuità.

Tale criticità rappresenta occasione di gravi tensioni nella popolazione

detenuta in ragione delle numerosissime occasioni di contestazione

disciplinare (per l’infrazione rubricata come “inosservanza di ordini o di

prescrizioni” di cui all’art. 77, comma 1, n. 16 d.P.R. 230/2000) per

interlocuzioni tra soggetti appartenenti a gruppi di socialità differenti, con

enorme dispendio di energie e di danaro per il conseguente incardinarsi del

relativo procedimento, cui di norma segue il reclamo al Magistrato di

sorveglianza (nel periodo in esame ben 154 procedimenti per reclamo

avverso sanzioni disciplinari sono stati iscritti presso l’Ufficio di

sorveglianza di L’Aquila.

L’esigenza di “parcellizzare” in gruppi molto piccoli i detenuti ha implicato

altresì la parcellizzazione degli spazi a loro disposizione; molte delle aree

aperte, destinate ai passeggi, sono di superficie ristrettissima, il che preclude

un’effettiva possibilità di sano movimento a soggetti che godono di una sola

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ora al giorno di permanenza all’esterno. Vane sono state le molteplici

segnalazioni all’Amministrazione.

Scarse le attività trattamentali così come le offerte di corsi di istruzione.

Casa Circondariale di AVEZZANO

Trattasi di istituto a custodia attenuata, che ospita attualmente n. 57 detenuti

“comuni” (di media sicurezza e scarsa pericolosità sociale, in espiazione di

pene di norma non superiori a 5 anni), di cui 26 sono stranieri.

Non si evidenziano particolari problematiche o criticità.

l’offerta di istruzione è più ampia e variegata rispetto agli altri istituti

comprendendo:

− percorsi di primo livello, I° e II° periodo didattico;

− alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana per detenuti

stranieri;

− inglese ed informatica modulare.

Tali attività sono svolte in collaborazione con il CPIA (Centro provinciale

istruzione adulti).

Nell’ambito dei percorsi trattamentali e delle attività rieducative sono state

siglate intese tra la Casa Circondariale, il Tribunale di Avezzano, la Croce

Rossa Italiana e l’Istituto Don Orione per l’inserimento dei detenuti in

attività in favore della collettività. È attivo un laboratorio teatrale con la

partecipazione di detenuti, operatori penitenziari e persone diversamente

abili dell’UNITALSI, ed attori di una compagnia teatrale amatoriale con

l’obiettivo della solidarietà e della beneficienza.

Alle carenze dell’amministrazione sovviene peraltro, una rete di

volontariato molto organizzata ed attiva, che costituisce una valida risorsa

per il trattamento, facilitando la sperimentazione anche extramuraria dei

detenuti di cui si tratta.

L’esecuzione penale esterna; l’esecuzione delle misure alternative e

delle misure di sicurezza. Nel periodo in esame sono stati iscritti presso

l’Ufficio di L’Aquila n.220 procedimenti per l’esecuzione di misure

alternative (122 lo scorso anno) e n. 3 per l’esecuzione della misura di

sicurezza della libertà vigilata; come riferito dal Direttore reggente

dell’Ufficio dell’Esecuzione esterna di L’Aquila, permane il problema

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dell’assoluta insufficienza del personale, gravato da un carico di lavoro di

fatto ingestibile.

La REMS di Barete

È operativa dal 9.5.2016; nel periodo in considerazione sono entrati nella

struttura 10 pazienti di cui 3 con provvedimenti definitivi relativi a

prosciolti per vizio totale di mente, 6 con provvedimenti provvisori ed un

paziente avente un provvedimento definitivo ed un altro provvisorio per

altro reato commesso.

Di tali pazienti nove sono stati dimessi con la trasformazione della misura

di sicurezza detentiva in REMS con la misura della libertà vigilata: per sei

di questi la libertà vigilata è stata concessa in Comunità terapeutica al fine di

proseguire l’intervento terapeutico in atto, mentre per altri due ospiti della

struttura la libertà vigilata è stata disposta presso il proprio domicilio,

proseguendo il programma territoriale con il Centro di Salute mentale

competente; uno è stato tradotto in carcere per l’esecuzione di pena

detentiva.

Per l’ingresso nella REMS (competente per Abruzzo e Molise) si è creata

una lista di attesa per 21 persone, per la riduzione della quale è stato avviato

un monitoraggio dei criteri dettati con il Protocollo stipulato con la Regione

Abruzzo sin dal 2017.

La Corte di appello, d’intesa con il Procuratore Generale e il Presidente del

Tribunale di Sorveglianza ha avviato con gli uffici di primo grado un tavolo

di confronto per rendere più omogenei.

4.4 Ufficio di Sorveglianza di PESCARA

Si occupa degli Istituti di pena di Pescara, Teramo, Chieti, Lanciano, Vasto.

Casa Circondariale di PESCARA

È confermata anche quest’anno la situazione di sovraffollamento (n. 388

detenuti presenti al 30.06.2019 a fronte di una capienza regolamentare di n.

270 unità), pur se le condizioni detentive sono conformi ai parametri di cui

all’art. 3 CEDU; i detenuti di fede musulmana sono n. 40 (non vengono

segnalati fenomeni di radicalizzazione); svariate sono le offerte trattamentali

dell’Istituto, di carattere culturale, scolastico, sportivo, musicale, teatrale e

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sono presenti numerosi laboratori (calzoleria, giornalismo, informatica,

pittura, hobbistica ecc.). Numerosi sono i corsi di istruzione, anche per

detenuti stranieri; opera un laboratorio teatrale e cinematografico, uno di

giornalismo, uno che si propone di coltivare nell’area esterna intercinta

ortaggi e piante aromatiche per l’utilizzo in cucina; è attivo un corso di

apicoltura e di musicoterapia, il corso di Informatica, il progetto Filosofia

nelle carceri, il corso di Primo Soccorso, il corso sulla comunicazione

interpersonale, il progetto Genitorialità con la collaborazione del Telefono

Azzurro, le attività terapeutiche e riabilitative. Numerosi, inoltre, i progetti

di pubblica utilità avviati con enti pubblici, tra cui si segnalano il Protocollo

stipulato con il comune di Montesilvano per la pulizia del verde pubblico, il

Protocollo stipulato con il comune di Pescara per la manutenzione degli

spazi verdi e per la dematerializzazione ed archiviazione in formato digitale

di documenti, il Protocollo stipulato con la Provincia di Pescara per la

pulizia del verde pubblico, ed il Protocollo stilato tra Tribunale di Pescara,

Uepe di Pescara e Associazione Voci di Dentro per l’attività di

archiviazione e digitalizzazione di atti e documenti dell’archivio del

Tribunale.

Casa Circondariale di TERAMO

Persistono le gravi criticità già segnalate lo scorso anno ed oggetto anche nel

recente passato di comunicazioni al Ministro della Giustizia: carenza di

organico, con riferimento sia al personale di polizia penitenziaria, sia al

ruolo dei funzionari dell’Area pedagogica, pluralità tipologica dei circuiti

presenti, presenza numerosa di soggetti malati e psichiatrici, carenza di

spazi, di risorse e di attività trattamentali, presenza di barriere

architettoniche; i detenuti di fede musulmana al 30.06.2019 erano 38, con

conseguenti ristrettezze alimentari legate al cibo da consumare, tanto che

viene confezionato loro il c.d. vitto per musulmani; vi sono 4 detenuti

monitorati per fenomeni di radicalismo e proselitismo di natura religiosa, e

per la loro assistenza religiosa sono stati presi contatti con un Imam. Si

segnalano all’interno dell’Istituto: 1) la presenza di una piattaforma Skype

for business, con possibilità di attivare il servizio entro il mese di settembre

2019 in due sale, collocate sia nella Sezione Maschile che in quella

femminile per favorire i contatti tra i detenuti ed i familiari con

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videochiamate; 2) la collaborazione, ai fini della realizzazione di progetti

formativi, di lavoro, di pubblica utilità, con Associazioni e enti locali; 3) lo

svolgimento nella Sezione femminile di Progetti che coinvolgono

parrucchieri e estetiste per trattamenti gratuiti in favore delle detenute

ristrette nella sezione femminile; 4) gruppo di auto mutuo aiuto rivolto

soprattutto ai detenuti dipendenti da sostanze stupefacenti, alcolici e gioco

d’azzardo.

Casa Circondariale di CHIETI

È segnalata una grave situazione di sovraffollamento, essendo presenti

n.142 detenuti, grandemente al di sopra del limite imposto dalla sentenza

c.d. Torreggiani (limite regolamentare 78), pur se vige un regime di custodia

aperta in tutti i reparti detentivi; non vengono segnalate particolari criticità

con riferimento alle condizioni di salute dei detenuti. Scarsa la dotazione di

risorse umane, con riferimento sia alla Polizia Penitenziaria che all’Area

Giuridico-Pedagogica.

Molti i progetti di attività trattamentali, tra cui in particolare un laboratorio

psicologico indirizzato ai c.d. sex offenders ed un progetto di supporto alle

donne detenute che hanno subito violenza. Viene segnalata la presenza di n.

8 detenuti di fede musulmana, non vengono riferiti fenomeni di

radicalizzazione.

Casa Circondariale di LANCIANO

Non vi sono problematiche di sovraffollamento, essendo il numero dei

detenuti presenti inferiore alla capienza prevista; l’Istituto ospita detenuti

appartenenti al circuito di alta sicurezza, ed al circuito Z, ossia detenuti

parenti di collaboratori di giustizia, circuito incompatibile con ogni altro

circuito, con conseguenti difficoltà nelle gestione delle attività trattamentali,

tra le quali pregevole è quella per la produzione dolciaria della Barry &

Callebaut che coinvolge 15/20 detenuti e che consente l’avviamento al

lavoro; da tre anni è anche attiva una rassegna teatrale in collaborazione con

l’Amministrazione comunale, rassegna che ha permesso di ospitare presso il

teatro interno al Carcere pubblico pagante esterno; con il ricavato dei

biglietti della rassegna teatrale, si è potuto restaurare il teatro del carcere

apportando notevoli miglioramenti tecnici; i detenuti di fede musulmana alla

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data del 30.06.2019 erano n. 27, nessun fenomeno di radicalizzazione viene

riportato.

Casa di Lavoro di VASTO con annessa Sezione Circondariale

Non si segnala situazione di sovraffollamento. Vi è stata quest’anno una

implementazione delle opportunità lavorative attraverso: 1) l’apertura della

sartoria avvenuta nel gennaio 2018, nella quale sono impegnati 12/15

internati in via continuativa i quali provvedono a soddisfare le commesse

dell’Amministrazione penitenziaria; 2) l’azienda agricola che si spera a

breve possa essere gestita da un soggetto esterno all’Amministrazione

penitenziaria, al fine di permettere agli internati di poter continuare a

lavorare anche dopo le dimissioni dalla Casa di Lavoro, per un completo

reinserimento sociale; 3) svolgimento di lavori di pubblica utilità per la

manutenzione delle spiagge, strade e giardini in collaborazione con il

Comune di Vasto; 4) è previsto l’avvio a breve di un birrificio.

È impiegato in attività lavorative il 90 % dei ristretti.

L’esecuzione penale esterna

il lavoro dell’Ufficio per l’esecuzione penale esterna di Pescara (che si

articola nelle sedi di Pescara e Teramo) ha registrato un incremento notevole

sino a raggiungere numeri ancora una volta da definire impressionanti.

Con particolare riferimento alle misure alternative disposte in via

provvisoria dal Magistrato di sorveglianza ovvero accordate in via definitiva

dal Tribunale di sorveglianza, l’UEPE di Pescara ha amministrato n. 1.416

(a fronte delle n. 1.019 dello scorso anno) posizioni nel periodo 1.07.2018

- 30.06.2019 (oltre n. 1.866 in esecuzione di altre misure), mentre i casi in

corso al 30.06.2019 erano n. 782, a fronte dei n. 595 pendenti alla data del

30.06.2018; l’UEPE di Teramo ha amministrato n. 857 complessive (a

fronte delle 1.492 dello scorso anno) posizioni nel periodo 1.07.2018 -

30.06.2019.

Il Direttore Reggente segnala l’insufficienza del personale, pari a sole 15

unità con conseguenti difficoltà della gestione e nel controllo delle singole

situazioni.

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Fig. 22 - Riepilogo Tribunale di sorveglianza

5. gli Uffici Minorili

5.1. Il Tribunale per i Minorenni

L’Ufficio ha una forte scopertura di organico del personale amministrativo

pari a circa il 24%.che impedisce una efficiente funzionalità del Tribunale,

dovendo l’esiguo personale idoneo coprire tutte le esigenze dell’Ufficio, con

inevitabili ritardi e malfunzionamenti.

Quanto al personale magistratuale il periodo considerato (dall’1/7/2018 al

30/6/2019) è stato connotato da serie difficoltà organizzative posto che, su

un organico previsto di 4 magistrati ed un Presidente, solo per un breve

periodo (24/10/2018 – 31/12/2018) l’Ufficio ha funzionato con l’organico

magistratuale completo, operando per il residuo con una scopertura del 20%.

Deve quindi, considerarsi più che positivo lo sforzo sopportato per garantire

il mantenimento di un buon livello di produttività dell’Ufficio e dare

attuazione alle previsioni di cui all’art. 37 D.L. 6/7/2011 n. 98.

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5.1.1. il quadro normativo

Il presidente del Tribunale per i Minorenni evidenzia che le più recenti

riforme legislative in materia processuale hanno per il settore minorile

inciso meno considerevolmente che per la giustizia ordinaria.

Le modifiche in materia di prescrizione di cui alla L. 103/2017 che pure,

ovviamente, trovano applicazione nei procedimenti minorili incideranno

verosimilmente con riferimento al successivo grado di Appello, posto che in

primo grado le pronunce di prescrizione sono in generale numericamente

irrisorie e nel periodo considerato pari a zero. Non risultano inoltre per i

procedimenti penali pendenti, nel periodo oggetto di valutazione,

applicazioni del D.Lvo n. 36/18 che ha inciso sulla procedibilità per le

fattispecie di reato previste dalla sezione III del titolo XII del Codice Penale.

Sul piano del diritto sostanziale, con riferimento alla diversa disciplina delle

circostanze aggravanti disposta dalla L. 103/2017 per i reati contro il

patrimonio, lo stesso legislatore esclude dalle limitazioni, nel giudizio di

bilanciamento tra circostanze, la diminuente di cui all’art. 98 c.p..

Perdura, invece, la fase di consolidamento delle disposizioni di cui alla L.

47/2017 in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati.

Il fenomeno, infatti, continua ad essere numericamente rilevate: sono stati

emessi 229 provvedimenti a tutela di Minori Stranieri Non Accompagnati,

prevalentemente di origine albanese di cui 154 di definizioni, mentre le

nuove iscrizioni sono state 149.

La sperimentazione avviata sul territorio si evolve positivamente, come

ampiamente riferito lo scorso anno; infatti, la presenza di una persona di

riferimento per ogni minore straniero si traduce in una accoglienza anche

emotivamente connotata ed in una relazione personale che facilita

l’integrazione sociale.

Dalla data di entrata in vigore della legge istitutiva dell’Albo dei Tutori

Volontari ad oggi sono stati effettuati nella regione 4 corsi di formazione

(l’ultimo dei quali nel settembre 2019) e l’Albo è composto da 86 tutori

volontari.

Dall’1/1/2019 è attivo nel distretto, riferendosi direttamente all’Autorità

Nazionale garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, il progetto FAMI,

finanziato con fondi europei che ha per obiettivi la promozione della figura

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del tutore volontario dei MSNA, il sostegno agli organismi istituzionali

competenti, la divulgazione di pratiche innovative da diffondere nel contesto

nazionale, la produzione di linee guida per i tutori volontari per garantire la

corretta applicazione dei diritti della persona straniera di minore età, il

sostegno ai tutori volontari per migliorare l’esercizio delle funzioni. Grazie

al suddetto progetto è attivo un censimento dei MSNA attraverso la

realizzazione di uno strumento di mappatura volto a monitorare

periodicamente l’andamento della tutela verificando anche il rapporto

quantitativo tutori – minori tutelati; sono state censite le Comunità sul

territorio che accolgono MSNA, 20 distribuite nella Regione.

Il Tribunale minorile ha proseguito la partecipazione alle attività di

informazione e promozione sul territorio dell’istituto della tutela volontaria,

mediante incontri con i tutori già nominati per meglio valutare le principali

difficoltà in cui si erano imbattuti ed attivare i possibili supporti

istituzionali, mediando, ad esempio, le istanze rappresentate dai tutori

rispetto alle comunità di accoglienza ed illustrando le caratteristiche del

progetto FAMI; nell’ambito del medesimo progetto sono già stati tenuti

dagli operatori messi a disposizione incontri periodici mensili con i tutori

nelle province di L’Aquila e Pescara. I Giudici Onorari delegati per il

settore hanno partecipato in rappresentanza dell’Ufficio ai tavoli tecnici con

gli altri operatori istituzionali (Prefettura, Questura, ASL, MIUR) ed alle

attività di formazione dei tutori.

Nel mese di ottobre c.a. è stato attivato uno sportello gestito da un operatore

FAMI presso la sede del T.M. con apertura settimanale per offrire supporto

diretto ai tutori ed il 22 si è costituita un’Associazione territoriale di tutori,

che certamente contribuirà ad incrementare e migliorare i progetti di

inclusione sociale per i MSNA sul territorio.

5.1.2. Settore Civile

Con riferimento ai dati statistici per il settore civile il Presidente evidenzia

che risulta una significativa differenza tra quelli trasmessi dal Ministero e

quelli risultanti dal controllo operato sul sistema SIGMA in ordine alla

definizione delle dichiarazioni di disponibilità all’adozione nazionale per cui

si riporta un decremento del 69%. In realtà per le dichiarazioni di

disponibilità all’adozione nazionale, che pendono ex lege 3 anni, vi è una

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discrepanza tra il momento dell’inserimento delle chiusure da parte della

Cancelleria, necessario comunque perché il procedimento abbia formale

definizione, ed il computo da parte del sistema, che retroagisce al

compimento del triennio calcolato dalla data di presentazione della

domanda, a prescindere dalla data di chiusura indicata dalla Cancelleria.

Pertanto le statistiche estratte dal SIGMA al 30/06/2019 riportano come

esauriti nel periodo considerato 199 procedure ADN, mentre quelle

trasmesse dalla Direzione Generale di Statistica ne riportano 80. Invero la

pendenza effettiva delle predette procedure al 30/6/2019 è di 586 (a

fronte delle 549 del precedente periodo) e non di 701 come erroneamente

riportato nella tabella inviata dalla D.G.Stat.; di conseguenza il numero dei

procedimenti complessivamente definiti per l’Ufficio è pari a 991 e quello

delle pendenze al 30/6/2019 a 1604 e la trascurabile variazione finale

percentuale è del - 5%.

In generale si rileva, nel settore civile, l’attestarsi del flusso delle

sopravvenienze sostanzialmente in linea con il periodo oggetto della

precedente relazione, 1068 nuove iscrizioni per il periodo in corso rispetto

alle 1054 dell’anno precedente. Come si evince dalle statistiche il numero di

provvedimenti d’urgenza emessi nel periodo è di 325 e dunque deve

considerarsi che, poiché le materie relative alle domande di adozione

nazionale (sopravvenute 225), alle domande di adozione internazionale

(57) ed all’autorizzazione alla permanenza sul territorio ex art. 31 D.

Lgs 286/98 (91), non comportano l’emissione di provvedimenti d’urgenza,

più di un terzo dei procedimenti sopravvenuti, riferibili alle situazioni più

delicate (limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale,

adottabilità, protezione di minori stranieri non accompagnati) viene trattata

immediatamente con emissione dei relativi provvedimenti entro 10 giorni

dalla richiesta del P.M.M..

L’esigenza di celerità nell’adozione dei provvedimenti di tutela è infatti

indissolubilmente connessa all’efficacia della protezione che l’ordinamento

riconosce in favore dei minori che si trovino in situazioni di criticità.

I provvedimenti urgenti afferiscono specificamente alle ipotesi di maggior

pregiudizio per i minori coinvolti quali abuso sessuale, trascuratezza,

maltrattamenti fisici e/o psicologici, violenza domestica percepita o assistita,

ovvero con riferimento alla fascia di età degli adolescenti, ai rischi connessi

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alla devianza sociale, all’abuso di sostanze psicotrope, all’esordio di

problematiche psichiatriche o di grave disagio esistenziale. I contenuti di tali

provvedimenti spaziano dall’avvio di progetti di valutazione e recupero del

nucleo familiare mediante affidamento dei minori al Servizio Sociale, con

prescrizione di effettuare specifici interventi di valutazione e sostegno,

all’allontanamento dell’adulto maltrattante, sino all’allontanamento dello

stesso minore quando nessuna delle figure genitoriali risulti capace di

garantire le cure necessarie. Nei casi di contesti familiari di origine dei

minori suddetti non suscettibili di concreti miglioramenti e privi di risorse

valide nella famiglia allargata, la più grave difficoltà è quella di individuare

modalità alternative all’istituzionalizzazione per i minori preadolescenti e

adolescenti per i quali risulta di difficile realizzazione un percorso adottivo,

per la carenza di disponibilità di coppie adottive e così pure il ricorso

all’affido extrafamiliare, istituto che nel distretto trova scarsissima

applicazione. Nell’intero anno 2018 sono stati emessi in tutto 8

provvedimenti di affido etero-familiare e sino al 30/09/2019 se ne contano

solo altri 3. Il T.M. ha attivato numerosi interventi volti a sostenere la

sensibilizzazione della società civile garantendo la partecipazione ad eventi

formativi con operatori ed associazioni di volontariato, effettuando incontri

anche presso la sede giudiziaria per individuare linee di indirizzo comuni

tra le equipe-affido costituitesi sul territorio; promuovendo e realizzando un

evento tenutosi il 25/05/2019 in L’Aquila per la promozione dell’affido

come istituto aperto all’adesione anche di persone singole e di famiglie di

fatto e/o per la diffusione di modalità che, pur non rispondendo in toto a

quella della definitiva accoglienza del minore presso un ambiente familiare,

coinvolgano adulti di riferimento per periodi temporali meno prolungati o

per supporto in specifiche attività funzionali della crescita.

Per quanto concerne il settore delle adozioni l’analisi dei dati del distretto è

coerente alla tendenza, rilevata a livello nazionale, alla contrazione delle

adozioni internazionali. Le domande di idoneità ai sensi dell’art. 29 bis l.

184/83 sono state nell’arco del periodo appena 57 e, parallelamente, è in

costante diminuzione il numero delle procedure per la trascrizione delle

sentenze di adozione pronunciate da Autorità estere (n. 27 nel periodo in

oggetto e n. 31 in quello precedente). Il fenomeno è da ricollegare non solo

alla generale diminuzione dei minori adottabili nei Paesi di tradizionale

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provenienza, vuoi per le politiche interne ai vari Stati che hanno ampliato le

possibilità di assistenza sociale vuoi per scelte connesse ai rapporti

internazionali dei diversi Paesi, ma anche alla crisi economica, che,

determinando un progressivo impoverimento dei ceti medi, rende più

difficile affrontare i costi delle adozioni internazionali.

Emerge inoltre il dato sempre più significativo dell’innalzamento dell’età

media degli aspiranti genitori sia con riferimento alle richieste di idoneità

all’adozione internazionale che per le domande di adozione nazionale. Quasi

la metà delle coppie che hanno dato disponibilità all’adozione sono

composte da almeno un partner che ha più di 45 anni, per la precisione 232

su 571. Anche in questo caso la riflessione più evidente concerne il ritardato

realizzarsi dell’autonomia personale connessa allo spostamento in avanti

dell’accesso al mondo del lavoro dovuto alla congiuntura economica, ma

rinvia pure a temi sociali più generali quali: l’ampliarsi delle possibilità di

ricorso a tecniche di fecondazione assistita che, in genere, vengono percorse

dalle coppie prima di effettuare la scelta adottiva; la più difficile

maturazione delle scelte di stabilizzazione affettiva non solo per i limiti

socio-economici già richiamati, ma anche per il cambiamento dei modelli

culturali, che valorizzano i percorsi di realizzazione personale come

aspirazioni che precedono il bisogno di costituire nuclei familiari.

Al cennato innalzamento dell’età delle coppie aspiranti adottive non si

accompagna, tuttavia, la disponibilità ad accogliere minori più grandi di età,

tanto che scarsissima è la propensione ad indicare, anche da parte di coppie

anagraficamente più che mature, una soglia di età superiore agli otto anni, su

571 coppie aspiranti adottive, infatti, solo 12 hanno espresso tale

disponibilità.

Se, forse a buon diritto atteso il prolungamento della vita media e le migliori

condizioni fisiche delle persone, può dedursi il diffondersi di un’auto-

percezione giovanile da parte degli adulti, non si è però affatto spostata la

considerazione dell’infanzia, né il desiderio di una genitorialità da esercitare

verso la prima età di un bambino; ancora più come desiderio, comprensibile

ma non generoso, di colmare un proprio bisogno che come apertura a

cogliere quello di minori che, incolpevolmente, hanno dovuto attendere

perché si evidenziasse o intercettasse la condizione di sofferenza in cui

vivevano. Il timore diffuso e aprioristico che i minori più grandi d’età siano

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irreversibilmente compromessi o non possano costituire legami affettivi

realmente significativi poggia ancora in buona parte sull’ingiusta credenza

che non possano iscriversi che nella più tenera età codici di riferimento

condivisi e relazioni gratificanti.

La scarsità di risposte di accoglienza tanto in affido che in adozione per i

minori che abbiano superato già i 10 anni, per non parlare poi degli

adolescenti, delinea una società che non avverte come priorità né come

possibilità la riparazione del danno, che non sente come doveroso l’attivarsi

dove altri non abbiano saputo farlo, che non crede nel diritto dei minori di

avere accanto adulti responsabili, capaci di prendersi cura, di accompagnare

e di rassicurare, che, in definitiva, nega la speranza e non riconosce la

straordinaria capacità di cambiamento ed il disperato bisogno di essere

amati dei ragazzi.

A fronte delle carenti risposte individuali offerte a queste vittime invisibili,

per cui pare diventare colpa perfino il tempo vissuto nella sofferenza e nel

disagio, l’assenza e l’indifferenza del sistema sociale nel suo complesso,

sgomentano. Mancano nel territorio politiche sociali che garantiscano

almeno percorsi di autonomia personale favorendo la formazione

professionale o scolastica (che come noto non è compiuta in genere al

raggiungimento dei 18 anni), non esistono strutture di svincolo in cui i

ragazzi possano essere inseriti con un supporto diverso dell’esperienza

comunitaria che li sostenga. Non sono previste facilitazioni concrete per

l’inserimento nel mondo del lavoro, il reperimento di alloggi, la

socializzazione e, più in generale, l’inclusione sociale.

Deve quindi darsi atto che l’unica tutela offerta ai minori di fascia d’età

oltre i 12 anni, che non siano reinseribili nelle famiglie di origine, è

l’inserimento in Comunità Educative, alcune delle quali, meritevolmente, si

attivano in proprio nel territorio per inventare risposte ai bisogni, per avviare

al lavoro, per sostenere o persino per prolungare anche gratuitamente la

permanenza nella struttura di quegli ospiti neomaggiorenni che i Comuni

rifiutano di sostenere economicamente. E’ in queste situazioni di

inesistente alternativa che il Tribunale per i Minorenni applica la tutela

amministrativa di cui all’art. 25 R.D. 1404/34 del prolungamento sino ai

21 anni dei progetti di protezione e affidamento al Servizio Sociale, così

come persegue l’impegno a favorire l’integrazione sociale attivando

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campagne verso associazioni e collettività locali e promuovendo con gli

operatori e le realtà sociali con cui ha contatti la sensibilità verso forme di

sostegno che vadano da disponibilità di tempo da condividere, all’offerta di

attività ricreative e sportive, al sostegno economico per i progetti di

formazione.

La tempestiva individuazione delle più gravi situazioni di pregiudizio ed il

celere orientarsi dei progetti di tutela resta, però, il percorso più efficace per

garantire reali opportunità ai minori coinvolti di accedere alla possibilità di

reinserimento in contesti familiari migliorati o di inserimento in nuclei

familiari alternativi a quelli d’origine, nuclei che siano capaci di offrire una

condizione di benessere, che consenta ai bambini di percorrere con serenità

le tappe evolutive, nella consapevolezza che il diritto da attuare è quello del

minore e che il visibile propagarsi di posizioni adultocentriche non

configura un progresso ma piuttosto il regredire culturale ad un “diritto del

sangue” che nega l’ascolto dei bisogni autentici delle persone minori di età.

La necessaria sintesi osta all’ulteriore dilungarsi sui fenomeni e le criticità

sociali già evidenziati gli scorsi anni, che costituiscono l’oggetto

dell’attività giudiziaria ed extragiudiziaria dell’Ufficio minorile.

Brevemente si ritiene di dover accennare all’attualità delle tematiche

correlate agli effetti sui figli della violenza di genere e/o più latamente

domestica, alla positiva evoluzione legislativa e nella cultura giudiziaria

dell’approccio al fenomeno, che si è concretizzata in contatti sempre più

frequenti tra questa A.G. e quella ordinaria, in parte per gli impegni trasfusi

nei diversi protocolli sottoscritti sul territorio del distretto e in parte, ancora,

per l’impegno dei singoli magistrati.

Può con sicurezza affermarsi che nel mondo giudiziario sia ormai

ampiamente diffusa la consapevolezza della necessità di un approccio al

fenomeno che preveda la specializzazione in materia dei magistrati, la

concreta interazione con le risorse, istituzionali e non, presenti localmente

ed il raccordo tra le diverse Autorità Giudiziarie, volto a superare la

frammentazione delle singole competenze e garantire la maggior

completezza possibile delle informazioni per attivare interventi che abbiano

una concreta efficacia sotto il profilo della tutela e della prevenzione anche

di gravi delitti contro la persona.

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Con altrettanta forza deve sottolinearsi come sia ancora, invece,

sottovalutata la considerazione delle problematiche psicologiche che

connotano le relazioni affettive disfunzionali, che si riflettono,

processualmente, nella costanza delle ritrattazioni in sede penale; per ciò

che concerne gli interventi a tutela dei minori, cui il T.M. è deputato,

emerge sempre più la necessità di orientare i provvedimenti in modo da

supportare maggiormente il recupero personale e genitoriale delle madri,

sostenendole in percorsi che rendano visibile ai loro occhi il danno

evolutivo che la violenza adduce ai figli ed i meccanismi che

inconsciamente si attivano nel loro stesso psichismo.

La necessità di un approccio che consideri, come già indicato lo scorso

anno, tra gli effetti (o tra le cause) della violenza di genere il costituirsi di

vere e proprie dipendenze affettive (come pienamente confermato ormai a

livello neuro-scientifico dalla visibile attivazione della stessa area del

cervello nei soggetti con dipendenze da sostanze psicotrope e vittime di

prolungata violenza di genere) non vuole porsi come una colpevolizzazione

della vittima, ma come un dato necessario anche agli operatori per

individuare ed indirizzare i progetti di tutela e cura.

In quest’ottica il T.M. ha fortemente voluto la realizzazione della giornata di

formazione tenutasi il 4/6/2019 in L’Aquila sul tema “Dipendenza affettiva

e amore patologico” avvalendosi della collaborazione fattiva e sensibile del

Consiglio dell’Ordine degli Psicologi Regione Abruzzo con cui ha nel 2014

sottoscritto un protocollo che ha trovato concreta e reciproca utilità in

numerose occasioni.

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Fig. 23 - Riepilogo Tribunale per i minorenni Giustizia civile

5.1.3. Settore Penale

Venendo al settore penale l’esame dei dati statistici conferma in pieno

l’esito positivo dell’impegno profuso posto che per il dibattimento vi sono

state 108 iscrizioni, in aumento consistente rispetto alle 66 del periodo

2017/2018, e 108 definizioni.

Nel settore GIP, a fronte delle 314 iscrizioni, vi sono state 343 definizioni

con una, non rilevante, flessione rispetto al periodo precedente, ma con una

complessiva diminuzione delle pendenze (costituite dalle richieste di

archiviazione) da 116 del 2017-2018 a 87 dell’anno in corso.

Nel settore GUP, infine, risultano iscritti 238 procedimenti e definiti 291

con una diminuzione del 19% delle pendenze.

Quanto all’analisi relativa alla tipologia dei reati commessi da autori

minorenni si conferma altresì quanto già rilevato lo scorso anno

relativamente all’incremento, tristemente costante, dei procedimenti per

violazione della legge sugli stupefacenti passati da 114 a 147 nel periodo

corrente e complessivamente dei reati connessi all’uso della violenza

contro le persone, nello specifico 137 procedimenti per lesioni volontarie

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(99 nel periodo precedente); 11 per rissa (6 nel periodo precedente), 23 per

rapina, 15 per estorsione, 19 per violenza sessuale e 57 per stalking (8 nel

periodo precedente).

Su quest’ultimo dato ci si sofferma per rilevare che nella fattispecie di cui

all’art.612 bis c.p. sono ricompresi, oltre ai fenomeni tipicamente connessi

all’esistenza di pregresse relazioni sentimentali tra vittime ed autore, gravi

episodi di c.d. bullismo i cui effetti dannosi sulle giovani vittime, spesso

doppiamente fragili perché affette da problematiche sanitarie fisiche o

psichiche, sono deflagranti.

Nel richiamare in toto le considerazioni espresse nella relazione dell’anno

2018 quanto alla frequenza della violenza come modalità relazionale che

connota tout-court i rapporti tra adolescenti, frutto della mancanza di

empatia ormai crescentemente diffusa, così come della scarsa capacità di

riconoscimento ed esternazione delle proprie emozioni e del venir meno di

regole educative che supportino la regolazione degli istinti aggressivi, si

vuole invece rappresentare la positività dell’esperienza avviata dal T.M.

nell’ambito della giustizia riparativa e della partecipazione diretta ai

processi di rieducazione dei giovani autori di reato.

Nell’anno in oggetto si è realizzato il progetto MEDIA RES, finanziato

con fondi del Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia

Minorile e di Comunità che ha visto, a seguito della sottoscrizione nel

giugno 2017 di un protocollo di intesa tra il Centro Giustizia Minorile, il

Presidente e il Procuratore presso il Tribunale per i Minorenni l’attivazione

di una sperimentazione dell’attività di mediazione penale.

Nella prima fase il personale dell’USSM e degli UEPE della Regione è stato

coinvolto in una formazione specifica, conseguendo così l’obiettivo

dell’acquisizione di competenze professionali che configureranno un

patrimonio culturale spendibile anche nel prosieguo sul territorio. Quindi

sono stati inviati al percorso di mediazione 18 ragazzi autori di reati con

uso di violenza alla persone di cui 2 che avevano in corso un progetto di

messa alla prova.

Il Centro Crisi, Alpha (cooperativa sociale di Bari con sede operativa a

Chieti) ha preso in carico autore e vittima e dei 18 invii 16 hanno avuto esito

positivo, consentendo così alle vittime che hanno accettato di partecipare

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uno spazio di ascolto e di confronto che ha accolto l’istanza fondamentale di

vedersi riconosciute dall’autore del reato come persone, di rendere visibili le

conseguenze emotive subite, di ricevere spiegazioni.

D’altro canto il percorso di maturazione psicologica degli autori di reato si è

riflesso nella presa di consapevolezza del disvalore dei propri agiti e nella

possibilità di indagare ed eventualmente esternare la motivazione degli atti

delittuosi. L’importanza innovativa dell’esperimento e la validità sul piano

tanto pedagogico quanto riparativo della mediazione anche a prescindere

dagli effetti processuali, che pure ci sono stati, inducono a credere

fortemente nella necessità di prosecuzione ed ampliamento dell’esperienza;

il T.M. si impegna a perseguire tale obiettivo pienamente coerente, peraltro,

con gli indirizzi legislativi più recenti quale quello fornito in sede di

esecuzione della L. 121/2018.

Altrettanto significativo è stato l’esito del progetto “Ragazzi in Gamba”

messo a punto per i minori in Messa alla Prova che si è articolato in una

serie di attività tenutesi presso la sede del Tribunale. Tutti i ragazzi coinvolti

hanno dimostrato una partecipazione reale e rappresentato la positività

dell’esperienza producendo, nell’incontro conclusivo, dei materiali il cui

inaspettato spessore ha originato la nuova progettualità, che si sta

elaborando, di renderli fruibili attraverso la realizzazione di uno spettacolo

teatrale.

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Fig. 24 - Riepilogo Tribunale per i minorenni Giustizia penale

5.2 Situazione carceraria e applicazione delle misure alternative alla

detenzione.

Quanto alla situazione carceraria si rileva che, in seguito alla chiusura

dell’IPM di L’Aquila, intervenuta su decisione del competente Ministero,

pur dopo la ristrutturazione dell’immobile danneggiato dal terremoto del

2009, i detenuti minorenni sono, generalmente, in carico all’IPM di Roma.

Con riferimento, invece, all’applicazione delle misure alternative alla

detenzione si deve precisare che il D. Lvo 121/18 ha innovato la materia

relativa all’ordinamento penitenziario minorile fissando all’art. 1 comma 1 il

principio di specialità ed all’art. 2 comma 1 indicando espressamente le

misure penali di comunità. L’art. 2 comma 2 ha ribadito la finalità cui mira

l’esecuzione penale minorile (promozione di percorsi di giustizia ripartiva e

di mediazione con le vittime di reato, nonché responsabilizzazione

educazione e pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, preparare alla vita

libera, favorire l’inclusione sociale e prevenire la commissione di ulteriori

reati) specificando che tutte le misure alternative devono prevedere un

programma di intervento educativo. Sulla scorta di tali principi (specialità e

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finalità educativa comportante la predisposizione di un programma

educativo) si è determinato in concreto l’effetto, apparentemente

paradossale, dell’incremento dei provvedimenti di rigetto delle istanze di

applicazione di misure alternative.

Dei 27 procedimenti di Sorveglianza trattati, 21 hanno avuto per esito il

rigetto, motivato proprio per la carenza di una progettualità coerente alle

finalità indicate dall’art. 2 e dallo stesso testo normativo richiesta come

obbligatoria, e solo 3 hanno trovato accoglimento. Il dato però non deve

allarmare essendo riproponibile l’istanza e dovendosi ritenere che l’USSM,

chiamato dal legislatore a predisporre la proposta di programma di

intervento educativo, sarà, a breve, in condizione di ottemperare ai compiti

indicati dal legislatore sicché, in prospettiva ravvicinata, le misure

alternative alla detenzione avranno per i minorenni le richieste

caratteristiche di individualizzazione e flessibilità dell’intervento educativo.

5.3 la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni

Il dirigente f.f. della Procura minorile (priva dal 10 settembre 2019 del

Procuratore) evidenzia che l’Ufficio soffre da anni di gravi carenze

nell’organico degli amministrativi (ridotto al 50% rispetto a quello previsto

mancano 3 funzionari sui 3 e un cancelliere su 2) che ne condizionano

pesantemente l’operatività.

Sono stati inseriti, mediante un distacco funzionale e per un periodo limitato

(un anno dal 2/5/2019) due dipendenti della Regione Abruzzo, ma è stato

necessario procedere alla loro completa formazione al fine di integrarli nell'

attività lavorativa.

Tale situazione ha comportato la necessità di consolidare l’attività

strettamente giudiziaria, con la collaborazione della Sezione della P.G. con

conseguente sofferenza e sacrificio del settore amministrativo.

Nel settore penale resta significativa, sia per il numero sia per i quantitativi,

il numero dei fatti di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, per lo

più hashish e marijuana, da parte di soggetti estremamente giovani,

destinate all’ utilizzo di soggetti di pari età, sovente purtroppo dietro regia di

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soggetti maggiorenni riferibili ad ambiti caratterizzati da criminalità

organizzata.

Preoccupanti gli episodi di violenza sessuale di gruppo, caratterizzata

anche dalla partecipazione di ragazzi “trascinati dal branco” a porre in

essere atti di natura sessuale accompagnati da violenza o minaccia, oltre alla

intimidazione costituita dal gruppo stesso, mentre si riscontra un aumento

considerevole dei reati caratterizzati da detenzione e gestione di materiale

informatico di natura pedo-pornografica, condotte certamente agevolate

ed amplificate negli effetti dalla diffusione di immagini mediante social-

network e reti telematiche.

Non si attenua il fenomeno del c.d. “bullismo”, in particolare negli istituti

scolastici (e talvolta con protagonisti ragazzi non imputabili), essendo le

denunce aumentate in ragione della particolare sensibilizzazione degli ultimi

tempi.

Nel settore civile sono sempre purtroppo assai numerosi i casi di grave

conflittualità, non di rado anche violenza fisica tra i genitori, con

coinvolgimento dei figli, di frequente assai piccoli; numerosissimi quindi i

procedimenti aperti dalla Procura con specifica richiesta di provvedimenti

ablatori della responsabilità genitoriale ed affidamento dei minori

interessati ad altre e più idonee figure parentali o ai Servizi Sociali, al fine

anche di un collocamento in ambiente più adeguato, quale le Case Famiglia.

Numerose le richieste di apertura di procedimenti ex art. 8 e ss. L. 184/83,

tesi alla dichiarazione dello stato di adottabilità dei minori, in particolar

modo quando gli stessi sono ancora in tenera età, a fronte di casi di assoluta

incapacità, da parte di genitori, affetti da gravissime problematiche, spesso

psichiatriche o derivanti da alcolismo o tossicodipendenza, di prendersi cura

anche soltanto dei bisogni primari dei figli

Dati relativi alla giurisdizione penale e civile nell’anno dal periodo 1 luglio

2018- 30 giugno 2019

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a - giurisdizione penale:

Registro Noti Mod.52

Pendenti al 30/06/2018 n. 210 proc.

Iscritti n. 602 proc.

Definiti n. 570 proc.

Pendenti al 01/07/2019 n. 242 proc.

Registro Ignoti Mod.44

Pendenti al 30/06/2018 n. 16 proc.

Iscritti n. 86 proc.

Definiti n. 77 proc.

Pendenti al 01/07/2019 n. 25 proc.

Registro F.N.C.R. Mod.45

Pendenti al 1/7/2018 n. 64 proc.

Iscritti n. 174 proc.

Definiti n. 206 proc.

Pendenti al 30/06/2019 n. 32 proc.

b giurisdizione civile

REGISTRO AFFARI CIVILI

Pendenti al 01/7/2018 n. 460 proc.

Iscritti n. 1296 proc.

Definiti n. 1381 proc.

Pendenti al 30/6/2019 n. 375 proc.

REGISTRI PARERI E VISTI

n. 2603

6. La Magistratura Onoraria

6.1 Magistrati onorari di Pace e Vice Procuratori Onorari

Nel distretto, alla data del 30 giugno 2019, erano in servizio 150

Magistrati onorari di Pace, di cui 62 con funzioni di G.O.T. presso i

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Tribunali, 52 con funzioni di V.P.O. presso le Procure della Repubblica e

36 negli uffici del Giudice di Pace.

È ormai entrata a regime la riforma della magistratura onoraria di cui ai

decreti delegati attuativi della legge delega 57/2016 (in particolare il

D.Lgs. n.116/2017), che ha stabilito i criteri ed i principi direttivi di una

organica, profonda e radicale riforma della disciplina della magistratura

onoraria, nel rigoroso rispetto del principio costituzionale di temporaneità

della funzione, tesa alla semplificazione del contributo offerto alla

funzione giurisdizionale, attraverso il superamento, nella magistratura

onoraria giudicante, della distinzione tra giudici onorari di tribunale e

giudici di pace, riuniti nell’unica categoria dei giudici onorari di pace

(G.O.P.), nonché attraverso l’attribuzione del coordinamento e della

gestione -organizzativa ed amministrativa- ai dirigenti degli uffici

giudiziari presso cui detto personale opera.

Ciò nella prospettiva di un unitario percorso di efficace supporto alla

attività giurisdizionale, nella consapevolezza della progressiva maturazione

ed evoluzione tecnico-professionale dei magistrati onorari; anche per essi,

infatti, operano procedure periodiche di valutazione dei requisiti di

professionalità, autonomia ed indipendenza, del tutto assimilabili a quelle

già da tempo attuate per la magistratura professionale.

6.2. La Sezione Autonoma del Consiglio Giudiziario

È ormai entrata a regime l’attività della sezione per la Magistratura

Onoraria, prevista dal D.Lgs. 92/2016, integrata dalla partecipazione

all’organo di governo autonomo territoriale di due rappresentanti della

magistratura onoraria giudicante e di un rappresentante della magistratura

onoraria requirente. La Sezione Autonoma ha già dato impulso alla seconda

procedura di valutazione periodica della professionalità, diretta alla

conferma dei magistrati onorari del distretto.

Sempre proficuo è il lavoro relativo alla formazione permanente della

magistratura onoraria, su iniziativa dei referenti della formazione

decentrata della magistratura ordinaria in collaborazione con i magistrati

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onorari delegati alla formazione, in ragione della unitarietà delle esigenze

formative.

6.3. i Giudici Ausiliari presso la Corte d’Appello

Il D.L. 21 giugno 2013 n.69, convertito con modificazioni nella legge 9

agosto 2013 n.98, ha previsto l’attribuzione alla Corte d'Appello di

L’Aquila di dieci giudici ausiliari (G.A.C.A.) da reclutare tra magistrati

in pensione, avvocati e notai. In attuazione di quanto previsto, nel periodo

dal 1 luglio 2018 al 30 giugno 2019 hanno operato presso la Corte di

Appello nove giudici ausiliari, cui è stato affidato il compito di integrare i

collegi della Sezione Civile al fine di agevolare la definizione dei relativi

procedimenti, nella prospettiva dell’abbattimento dell’arretrato

ultrabiennale di detto settore. La legge (art. 68, cpv. legge n. 98/2013)

prevede che ognuno di essi rediga almeno 90 sentenze all’anno, con

l’auspicata previsione di aumento della produttività della Corte di n°900

sentenze civili all’anno. Per quanto l’obiettivo non sia stato pienamente

raggiunto, deve darsi atto con soddisfazione che nel periodo dal

1.7.2018/30.6.2019 i giudici ausiliari in servizio presso la Corte di Appello

di L’Aquila hanno definito con sentenza 682 procedimenti (315 nel

secondo semestre 2018, 367 nel primo semestre 2019) su un totale di 2255

definizioni complessive (con sentenza) pronunciate dalla Sezione Civile,

con una incidenza percentuale del 30,24%.

Tale apporto produttivo, in termini di processi trattati e definiti, è stato

opportunamente convogliato e valorizzato attraverso specifici moduli

organizzativi per l’individuazione dei magistrati di riferimento, per la

formazione dei collegi giudicanti e per la distribuzione degli affari tra i

giudici ausiliari all’interno di ogni gruppo di lavoro, con previsione di

meccanismi rigorosi tesi ad assicurare l’uniformità di indirizzo nella

trattazione degli affari della medesima tipologia, nonché di idonei sistemi

di vigilanza sull’attività dei giudici ausiliari, rimessi ai consiglieri

affidatari, in sinergia con l’attività demandata ai presidenti di sezione o di

collegio. È in corso la verifica annuale prevista dall’art.15 della circolare

n.P17202 del 24 ottobre 2014, approvata con delibera consiliare in data 22

ottobre 2014.

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Fig. 25 - Magistratura Onoraria

7. Copertura delle piante organiche dei magistrati

e del personale amministrativo

7.1 Magistrati: uffici giudicanti e requirenti

Deve darsi atto quest’anno del miglioramento della situazione.

Gli uffici giudicanti del distretto, su un organico complessivo di 146

magistrati (28 in servizio presso la Corte d’Appello; 106 presso gli

Uffici di primo grado, 5 presso il Tribunale per i Minori; 7 presso gli

Uffici di Sorveglianza), presentano infatti attualmente una scopertura

pari al 6,85% (10 vacanze), fortunatamente diminuita rispetto a quella

dell’anno precedente (pari all’8,22 al % e a 12 vacanze). Tra i magistrati

giudicanti si contano 72 donne e 64 uomini.

Gli Uffici requirenti presentano, invece, una scopertura minore: mancano

solo 2 magistrati su 56 (scopertura del 3,57%), di cui 20 donne e 34 uomini.

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Si conferma quindi il trend che vede in costante aumento la presenza delle

donne, in coerenza con la percentuale di vincitrici del concorso, negli ultimi

anni spesso superiore alla metà.

Trattandosi in gran parte di donne giovani, per le quali è del tutto normale il

temporaneo allontanamento dal lavoro per congedi parentali (che oggi, a

conferma del progressivo mutamento di mentalità, viene peraltro

frequentemente chiesto anche dai giovani padri) deve ribadirsi la sicura

insufficienza della previsione in pianta organica di due soli Magistrati

Distrettuali, uno giudicante, l’altro requirente.

Si consideri, infatti, che nell’anno in considerazione il M.D. giudicante è

stato impegnato in ben tre uffici diversi e che sono state più volte disattese

le richieste di applicazioni pervenute da altri uffici.

Si guarda quindi con favore all’istituzione delle nuove piante organiche

flessibili di cui alla recente legge finanziaria, da istituire entro tre mesi, che

potranno agevolare il regolare svolgimento dell’attività giurisdizionale, non

solo in caso di assenza dei magistrati, ma in ogni ipotesi di difficoltà degli

Uffici, anche transitoria.

Quanto precede induce a moderato ottimismo, ma resta intatto il problema

della oggettiva incongruenza delle piante organiche rispetto ai carichi di

lavoro, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, soprattutto con

riferimento ai Tribunali di L’Aquila (ufficio distrettuale sempre più gravato

da competenze che necessitano di magistrati specializzati) e Teramo. Più in

generale deve ribadirsi che, con l’eccezione di Teramo e Pescara, gli uffici

nel distretto sono caratterizzati, in ragione delle troppo ridotte dimensioni,

da un basso tasso di specializzazione. La gran parte dei magistrati svolge,

infatti, funzioni promiscue, pur essendo un dato ormai acquisito che la

specializzazione, sul campo e previa formazione mirata, è strumento

fondamentale per accrescere la qualità delle sentenze, promuovere la

tendenziale uniformità e stabilità degli indirizzi giurisprudenziali, ed anche

per aumentare la complessiva produttività degli uffici e fronteggiare

adeguatamente la domanda di giustizia.

Il legislatore, peraltro, da anni si muove seguendo tali linee guida, spesso

accentrando le competenze dei tribunali distrettuali (specializzati per i

procedimenti di Protezione Internazionale, in materia di Impresa, il riesame

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delle misure cautelari e le misure di prevenzione), mentre il CSM spinge

all’adozione di moduli organizzativi (l’Ufficio per il processo) che, per non

rimanere mere formule cartacee, necessitano di adeguate risorse finalizzate,

possibili solo in presenza di carichi di lavoro che ne giustifichino l’utilizzo

esclusivo.

Fig. 26 - Copertura piante organiche magistrati del Distretto al 30

giugno 2019

7.2 Il personale amministrativo

Il mancato accorpamento dei Tribunali infra provinciali, rinviato per

l’ennesima volta per effetto delle proroghe dell’entrata in vigore della legge

di revisione della geografia giudiziaria, ha determinato il sostanziale

congelamento delle piante organiche del personale degli uffici. Con la

conseguenza che le assegnazioni di nuovi assistenti disposte nell’anno 2018

hanno riguardato esclusivamente gli uffici accorpanti di L’Aquila e Chieti,

formalmente assegnatari dell’organico di personale ricomprendente anche

quello previsto per gli uffici sopprimendi di Avezzano, Sulmona, Lanciano

e Vasto. Ciò ha determinato la necessità per la Corte di adottare numerosi

provvedimenti di applicazione infradistrettuale.

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Qualche correttivo risulta introdotto nell’anno 2019. In seguito alle

sollecitazioni degli uffici il Ministero ha infatti disposto l’assegnazione di

altri assistenti, assunti in seguito allo scorrimento della graduatoria del

concorso bandito nell’anno 2016, direttamente agli uffici sopprimendi, ma si

è dovuto constatare la scarsa “appetibilità” di alcune sedi, soprattutto quelle

della provincia di L’Aquila, che non sono state oggetto di scelta da parte dei

candidati e sono in buona parte rimaste vacanti.

Si auspica pertanto che il Ministero della Giustizia, prevedendo un

ampliamento delle piante organiche di tale profilo professionale, voglia

consentire l’ulteriore scorrimento della graduatoria, presupposto

indispensabile per migliorare la realtà lavorativa negli uffici, anche in

considerazione della circostanza che a causa dei pensionamenti e dell’uscita

dal servizio dei dipendenti per l’introduzione della cosiddetta “quota 100”,

continua a determinarsi l’aggravamento della scopertura dell’organico del

personale in tutti gli uffici.

Risultano, infatti, attualmente carenti le altre figure professionali, in

particolare quelle apicali, e sebbene l’informatizzazione di alcuni servizi

abbia agevolato gli adempimenti (e le conseguenti comunicazioni e

notificazioni telematiche abbiano consentito una riduzione dell’afflusso dei

difensori e del pubblico), l’organico è tuttora sottodimensionato rispetto alle

reali esigenze degli uffici e, quel che più rileva, non raccordato ed adeguato

con l’attuale organico magistratuale aumentato di recente sia per la Corte

che per alcuni Tribunali, con la conseguenza che per assicurare i servizi

minimi essenziali è indispensabile fare ricorso ad applicazioni di personale

da altri uffici giudiziari, in cui la percentuale di scopertura risulta inferiore,

così sottraendo risorse agli stessi.

Alla data del 30 giugno 2019 l’organico della Corte d’Appello presenta le

seguenti 21 scoperture: n. 2 direttori amministrativi, n. 5 funzionari

giudiziari, n. 1 cancellieri, n. 7 operatori giudiziari, n. 2 conducenti di

automezzi e n. 4 ausiliari. La scopertura è pari al 27,27%, in

peggioramento rispetto all’anno precedente e superiore al dato nazionale del

21%

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Migliori i dati del distretto: la scopertura a livello distrettuale è infatti pari al

18,18 %, dato migliorato rispetto all’anno precedente per effetto

dell’assunzione dei nuovi assistenti giudiziari. Molto più alta la scopertura

del personale UNEP a livello distrettuale, pari al 28,57%.

Per l’anno 2019 la collaborazione con la Regione Abruzzo ha consentito di

ottenere la riassegnazione di 110 tirocinanti negli uffici giudiziari, in

prosecuzione dell’esperienza positiva avviata negli scorsi anni, finalizzata al

rafforzamento delle competenze ed al conseguimento della qualificazione

specialistica di operatore per la gestione degli archivi amministrativi

giudiziari; il positivo apporto di tali lavoratori all’interno degli uffici del

distretto, ormai prossimo al termine, è stato molto apprezzato ma, a causa di

problematiche relative all’ente formatore, il programma è risultato meno

efficiente che in passato. Si auspica, quindi, che la collaborazione con la

Regione possa proseguire, eventualmente migliorando l’efficacia dei

modelli formativi ed organizzativi.

Con rammarico, infine, abbiamo dovuto constatare il mancato inserimento -

rimasto del tutto immotivato- dell’Abruzzo nell’elenco delle regioni italiane

destinatarie dell’avviso di selezione, mediante avviamento degli iscritti ai

centri per l’impiego, finalizzato all’assunzione di n. 616 operatori giudiziari

con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e, più recentemente, di 109

autisti; e ciò nonostante nel distretto siano attualmente scoperti ben 22 posti

di operatori e circa 15 autisti.

Con la conseguenza che i tirocinanti abruzzesi, che vantano esperienza

pluriennale e la più che legittima aspettativa di stabilizzare il lavoro precario

che da anni prestano in favore dell’amministrazione della giustizia, sono

stati ingiustamente privati della possibilità di accedere alla prevista

selezione.

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Fig. 27 - Copertura piante organiche personale amministrativo del

Distretto al 30 giugno 2019

8. Risorse materiali e strumenti informatici

L’informatizzazione è attualmente adeguata: i giudici e gli impiegati sono

tutti dotati di apparecchi di buona funzionalità; tuttavia in molti uffici le

scansioni processuali non vengono effettuate integralmente in via telematica

e l’utilizzo di tutte le funzionalità delle piattaforme ministeriali risulta

ancora parziale. Gli applicativi attualmente in uso sono i seguenti:

- per il settore penale:

SICP/SIRIS/REGEWEB/CONSOLLE/SIC/SIDET/SIPPI/SIES/S

NT

- per il settore civile: SICID/CONSOLLE

- per la segreteria amministrativa: PERSEO

/SCRIPT@/SIAMM/SICOGE/SIGEG/ESAMI

AVVOCATO/GECO

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- per il settore spese di giustizia e contabilità: SIAMM/SICOGE;

nell’ufficio del funzionario delegato risulta pienamente operativa

la dematerializzazione dei rendiconti che ha positivamente

coinvolto tutti gli uffici distrettuali.

Le dotazioni informatiche allo stato non risultano completamente sufficienti

a garantire le esigenze dell’ufficio in quanto quelle più datate ed obsolete

non sono in grado di supportare i nuovi programmi ministeriali.

Recentemente la competente Direzione Generale per i Sistemi Informativi

Automatizzati ha preannunciato la fornitura di numerose e nuove postazioni

operative.

Per quanto riguarda la Corte d’Appello i mobili e le suppellettili sono in

buono stato in quanto per la maggior parte di recente acquisizione.

Quanto alla situazione del distretto i Presidenti dei Tribunali riferiscono una

soddisfacente dotazione di locali ed attrezzature informatiche.

8.1 Livelli di attuazione del processo civile e penale telematico

8.1.1 settore civile

Lo stato di informatizzazione del distretto

Tutti gli uffici sono informatizzati con l’uso dei sistemi ministeriali SICID

(Contenzioso, Lavoro, volontaria) e SIECIC (Concorsuali, Esecuzioni

Mobiliari ed Immobiliari -ove di competenza-) che vengono utilizzati in

modo sistematico.

La Consolle del Magistrato è diffusa in tutto il distretto e viene utilizzata

da giudici di tutti gli uffici.

Il sistema Cruscotto, compresi i relativi indicatori concorsuali, è

funzionante a livello distrettuale nella versione SAIKU.

Le statistiche dei sistemi SICID e SIECIC vengono calcolate

trimestralmente e non rilevano errori nelle estrazioni se non in rarissimi

casi. I sistemi SICID e SIECIC alimentano in automatico il sistema Data

Warehouse Nazionale.

L’Archivio Giurisprudenziale è funzionante e alimenta l’Archivio

Giurisprudenziale Nazionale.

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I sistemi sono configurati per permettere la comunicazione con gli uffici

Affari Civili delle procure e per l’utilizzo della Consolle del PM. Tali

funzionalità verranno attivate, così come da pianificazione DGSIA, a

partire da luglio 2019 a seguito dell’erogazione di specifici corsi di

formazione.

8.1.2 I depositi e le comunicazioni telematiche

Al primo luglio 2018, inizio del periodo di osservazione, i depositi e le

comunicazioni telematiche erano già obbligatori per legge da anni ed il

PCT era già ampiamente utilizzato in tutti gli uffici del distretto. Questo ha

fatto sì che nel corso del periodo di osservazione l’utilizzo delle

funzionalità del PCT è andato sì crescendo ma senza i forti incrementi che

si erano registrati negli anni dell’avvio del PCT; ormai il PCT è una realtà

ben consolidata nel distretto ed il suo utilizzo si avvicina al limite

fisiologico.

I depositi telematici da parte sia dei magistrati che dei professionisti

esterni sono effettuati con regolarità presso tutti gli uffici. Lo stesso può

dirsi per le comunicazioni telematiche: da anni vengono inviati con

successo in modo telematico biglietti di cancelleria (comunicazioni) e

notificazioni ai professionisti esterni (difensori, ctu,). Il sistema, inoltre,

come da specifiche nazionali, invia semi-automaticamente le

comunicazioni di competenza (es. sentenze di fallimento) al sistema

informatizzato delle Camere di Commercio (Infocamere). Infine, a partire

da aprile 2017, è stato attivato un meccanismo di dialogo telematico

(denominato “trasmissione”) verso soggetti terzi, non censiti come “parti”

nel procedimento, ma destinatari per legge di comunicazioni (esempio gli

Uffici di Stato Civile del Comune a cui vanno inviate le comunicazioni

relative a separazioni e divorzi). Tale sistema, tuttavia, è ancora poco

utilizzato nel distretto. Tutti gli uffici utilizzano

comunicazioni/notificazioni/infocamere. Solo due uffici utilizzano le

trasmissioni.

Tutti gli uffici provvedono con regolarità alla digitalizzazione degli atti

nativi cartacei per tutte le materie.

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Non ancora grande diffusività ha avuto il pagamento del contributo

unificato con modalità telematica.

Quanto alle modalità di estrazione di copia degli atti, soprattutto di

quelli di provenienza del giudice, si riscontra una sensibile diminuzione

(segnalata da diversi Uffici) delle istanze rivolte alla cancelleria, essendo

in crescente aumento il numero dei casi in cui gli avvocati si avvalgono

del potere di autenticare le copie informatiche degli atti processuali

riconosciuto dall'art. 16 bis, comma 9 bis, del D.L. n. 179/12.

La progressiva implementazione del processo civile telematico ha

determinato, come conseguenza immediata, una corrispondente riduzione

degli accessi in cancelleria da parte degli avvocati.

8.1.3 Uffici del Giudice di Pace

Lo stato dell’informatizzazione è allineato con le direttive nazionali della

DGSIA.

Il sistema ministeriale per la gestione dei registri civili SIGP è utilizzato in

modo sistematico da tutti gli uffici del giudice di pace delle otto sedi di

circondario. Il sistema è utilizzato, almeno per la gestione del corrente,

anche nelle sei sedi passate sotto la gestione degli enti locali (D.L.gs.

156/2012) e ad oggi attive: Atri, Castel di Sangro, Gissi, Guardiagrele,

Penne e Pescina.

Il sistema statistico integrato nel SIGP funziona correttamente.

Per quanto riguarda le funzionalità del processo civile telematico il SIGP

nel distretto è al passo con lo stato dell’arte generale a livello nazionale

secondo le direttive DGSIA. In particolare supporta un minimo di funzioni

del PCT (es. consultazione telematica dei registri) ed è stato configurato il

sistema per permettere l’invio delle comunicazioni telematiche al pari di

quanto già avviene per i sistemi SICID e SIECIC dei tribunali. L’avvio di

tale sistema, in modo sperimentale, è stato pianificato da DGSIA per luglio

2019 a seguito dell’erogazione di specifici corsi di formazione online per il

personale di cancelleria. A partire da maggio 2019 è iniziata la bonifica

delle anagrafiche del SIGP, condivise a livello distrettuale. L’obiettivo è

quello di eliminare le incongruenze presenti nelle anagrafiche del SIGP

(duplicazioni e mancanza dei codici fiscali) che non permettono la corretta

individuazione della pec del professionista destinatario della

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comunicazione. Tali incongruenze sono un retaggio dell’accorpamento

sotto un unico sistema centralizzato dei tanti sistemi indipendenti

inizialmente dislocati presso le sedi dei singoli uffici e del fatto che in

passato non era obbligatorio specificare con esattezza il codice fiscale né

negli atti né nelle anagrafiche. La bonifica, su disposizione DGSIA, è stata

condotta per tutto il distretto dall’Ufficio del Giudice di Pace di L’Aquila

che è stato chiamato a bonificare un elenco di professionisti con anagrafica

palesemente errata e fascicoli attivi nel distretto. L’attività è stata ultimata

a giugno 2019, ma non ha pulito tutta l’anagrafica in quanto permangono

professionisti che non avevano fascicoli pendenti al momento della

rilevazione o la cui anagrafica non è palesemente errata. Queste

incongruenze saranno evidenti solo al momento in cui si tenterà di inviare

una comunicazione agli stessi, per cui l’opera di bonifica è destinata a

durare ancora per molto tempo.

8.1.4 Uffici Minorili

Il sistema ministeriale per la gestione dei registri SIGMA è usato in modo

corrente dagli Uffici Minorili di L’Aquila.

Il Punto di Trasmissione per l’invio in automatico delle informazioni alla

Banca Dati nazionale delle Adozioni è configurato ed attivo.

Il servizio di SPOOLING SERVICE per l’invio e la ricezione delle

comunicazioni telematiche via PEC dal SIGMA è istallato e configurato

ma non è attivo in quanto si è rilevato un malfunzionamento che in alcuni

casi particolari comporta l’invio di comunicazioni all’avvocato sbagliato,

violando così la privacy del minore. Si è in attesa di un aggiornamento del

sistema per procedere all’attivazione.

8.1.5 L’udienza telematica

La gestione della udienza telematica pone ancora alcuni problemi, dal

momento che la digitalizzazione nativa del fascicolo non è stata

accompagnata da una digitalizzazione dell’”hardware” dell’udienza, e cioè

delle aule che, nella maggior parte dei casi, con alcune eccezioni virtuose,

sono sfornite di computer per le parti, sicchè è stata rimessa all’autonomia

degli attori del processo l’individuazione di modalità di formazione

digitale del verbale.

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Nella gran parte dei Tribunali, a causa della cronica carenza di personale

di Cancelleria, i verbali sono redatti dai magistrati, anche con l’ausilio dei

giudici onorari e dei tirocinanti ex art.73 L. 98/2013, oltre che

(frequentemente e come di consueto) con la collaborazione degli avvocati,

che predispongono parti dei verbali (quelle relative alle loro deduzioni e

richieste) con l’utilizzo dell’applicazione web “note di udienza”.

8.1.6 Le best practices e i progetti di innovazione

In alcuni Uffici Giudiziari (Corte d’Appello, Tribunale di Vasto), sono

stati stipulati con l’Avvocatura i Protocolli sul Processo Civile

Telematico, finalizzati a disciplinare in modo uniforme (nel rispetto della

disciplina normativa di riferimento) sia la udienza telematica, sia le

modalità di trasmissione degli atti e dei documenti, sia i criteri di

redazione degli atti telematici e dei provvedimenti giudiziari.

Presso il Tribunale di Chieti è in via di adozione un progetto

organizzativo per l’ufficio delle esecuzioni immobiliari, in attuazione

degli indirizzi del CSM in tema di estensione di buone prassi catalogate

nel territorio nazionale (cfr. delibera del 07.07.2016, istitutiva del manuale

delle buone prassi); il Consiglio, infatti, ritiene “strategico” il settore

dell’espropriazione immobiliare per le molteplici implicazioni che il suo

buon funzionamento può produrre tanto da aver istituito l’Osservatorio

per l’efficienza delle procedure esecutive e l’attuazione delle buone

prassi, con compiti di ausilio sia per il Consiglio, sia per gli uffici

giudiziari.

Il “Repertorio della Giurisprudenza e delle Prassi del Tribunale di

Pescara” ed il progetto di “Repertorio Giurisprudenziale Distrettuale”.

La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale costituisce un “progetto

pilota”, elaborato nel 2017 dal dott. Gianluca Falco, oggi Presidente della

Sezione civile presso il Tribunale di Chieti, all’epoca referente per il settore

civile/lavoro dell’Ufficio per l’Innovazione Distrettuale.

Scopo del progetto è, da un lato, quello di fornire ai Magistrati e agli

Avvocati del Distretto un agevole strumento di conoscenza, di reperimento

informatico e di diffusione – anche attraverso le attuali risorse del processo

civile telematico – dei “precedenti” giurisprudenziali d’interesse (come di

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volta in volta previamente selezionati, classificati ed indicati nei loro

estremi dai Magistrati estensori), dall’altro quello di costituire un canale di

monitoraggio costante delle prassi giurisprudenziali seguite dagli Uffici

Giudiziari nei vari settori del contenzioso e, soprattutto, in quelli relative

alle cause cd. “seriali”.

Nel contempo, ulteriore obiettivo perseguito è quello di realizzare –

attraverso la creazione di una apposita sezione (“Reports – art. 47 quater

O.G.”) della Banca Dati – anche una raccolta ufficiale del contenuto e degli

esiti (sintetizzati in modo impersonale) delle discussioni periodiche dei

Magistrati degli Uffici Giudiziari, aderenti all’iniziativa, su questioni

giuridiche d’interesse, in occasione delle riunioni ex art. 47-quater, Legge n.

12/41: il tutto, nella consapevolezza del rilievo che lo scambio di

informazioni e di esperienze giurisprudenziali che si realizza in quel

contesto assume per l’approfondimento di tematiche giuridiche nuove,

ovvero controverse, così come per la elaborazione, da parte dei Magistrati

dell’Ufficio, di orientamenti condivisi su questioni seriali, la cui previa

conoscibilità assume importanza centrale anche in una ottica di prevedibilità

delle decisioni e, con essa, di riduzione del contenzioso.

La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale -realizzata

informaticamente su software fornito gratuitamente dalla società gestrice del

sito istituzionale del Tribunale di Pescara- contiene, ad oggi, circa 300

provvedimenti giudiziari emessi dai Tribunali di Pescara e di Chieti,

completamente “anonimizzati” (attraverso la collaborazione degli stagisti in

tirocinio presso il Tribunale di Chieti), muniti della relativa classificazione

tematica degli aspetti di interesse (redatta dallo stesso estensore del

provvedimento) e reperibili dall’utente sul data base attraverso una pluralità

di canali di ricerca (per numero della sentenza; per RG della causa, per

parola chiave, per area tematica, per nominativo del Giudice estensore).

La Banca Dati contiene altresì diverse decine di “reports” degli orientamenti

su varie questioni giuridiche condivisi dai Tribunali di Chieti e Pescara in

occasione delle riunioni bimestrali di cui all’art. 47 quater O.G.

La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale è liberamente consultabile

sulla rete internet (senza necessità di password), oltre che sui siti

istituzionali dei Tribunali di Chieti e di Pescara, anche sul nuovo sito, ad

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essa dedicato, www.giurisprudenzaabruzzo.it, sito realizzato gratuitamente

dalla società gestrice del sito istituzionale del Tribunale di Pescara.

È in corso di realizzazione la “mailing list della giurisprudenza

distrettuale”, che sarà condivisa da tutti i Magistrati, togati ed onorari, e da

tutti gli avvocati del Distretto che vorranno aderirvi e che sarà dedicata alla

diffusione periodica delle “news” di volta in volta pubblicate sul sito

www.giurisprudenzaabruzzo.it,

La Banca Dati della Giurisprudenza Distrettuale costituisce, pertanto,

anche attuazione delle previsioni normative e delle risoluzioni del Consiglio

Superiore della Magistratura in tema di istituzione dell’Ufficio per il

Processo, assurgendo a strumento di formazione professionale continua

anche per la Magistratura Onoraria e per gli stagisti in tirocinio presso gli

Uffici Giudiziari; costituisce altresì, in coerenza con l’istituzione della

Banca Dati Nazionale della Giurisprudenza di merito, un contenitore della

giurisprudenza distrettuale più rilevante, da cui il R.A.M. (Referente Archivi

di merito), all’uopo già coinvolto nel progetto, potrà attingere i precedenti

giurisprudenziali utili per la Banca Dati Nazionale.

8.2 settore penale

Il SICP è utilizzato da tutti gli uffici giudiziari del Distretto, Giudici di pace

(anche quelli “comunali”) compresi.

La razionalizzazione del sistema di gestione delle fasi del procedimento

penale ha ricondotto tutti gli applicativi nell’ambito del SICP.

Gli unici non rientranti in SICP sono Document@ e SNT.

Quanto al primo, esso è diretta evoluzione del TIAP, l’unico sistema

documentale supportato ed implementato dal Ministero per la gestione

informatica del fascicolo penale (sia nella fase delle indagini preliminari che

nella fase dibattimentale), installato in tutti gli uffici del distretto e utilizzato

prevalentemente dalle procure. L’UDI Penale si è particolarmente

impegnato nell’informare i capi degli uffici del distretto, mediante note

dettagliatamente illustrative, delle potenzialità della gestione informatica del

fascicolo, attraverso l’integrazione di atti, documenti e supporti

multimediali formati e acquisiti nel corso delle diverse fasi del

procedimento di I grado (GIP, GUP, Tribunale del Riesame), con l’obiettivo

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di una piena digitalizzazione del fascicolo attraverso la scansione, la

classificazione, la codifica e l’indicizzazione degli atti, suscettibili così di

una agevole ricerca testuale, consultazione e stampa.

Nel Distretto, ha svolto la funzione di ufficio pilota la Procura di Pescara,

dove già sono stati formati gli utenti e sono stati conseguentemente attivati i

seguenti servizi: Ufficio 415 bis – Servizio Front Office: Consultazione

Sportello Avvocati e Ufficio Dibattimento Procura di Pescara – Servizio

Front Office/Consultazione Sportello Avvocati.

Tale modello organizzativo, peraltro molto apprezzato dall’avvocatura, è

stato brillantemente recepito, mediante un training on job, dalla Procura di

Chieti.

La Procura di Chieti, in collaborazione con i RID, è riuscita altresì, in

brevissimo tempo, a rendere attive numerose postazioni TIAP nelle aule di

udienza a favore sia del Pubblico Ministero che del Giudice. L’obiettivo di

efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa è stato massimo, sia

perché TIAP ha consentito all’ufficio di procura di ridurre gli orari di

apertura al pubblico delle cancellerie, ampliando al contempo gli orari di

ricezione telematica degli atti (ciò che è confluito in uno specifico

Protocollo sottoposto all’UDI), sia perché ha determinato una diminuzione

dell’uso della carta addirittura del 50%.

Inoltre, sempre a Chieti, Procura e Tribunale, in costante contatto con i

tecnici della DGSIA, stanno sperimentando GIADA2, l’applicativo del

modulo CONSOLLE di SICP, che consente le assegnazioni della prima

udienza per il settore penale del Tribunale, sia per i procedimenti collegiali

che per quelli monocratici.

Su impulso dell’UDI Penale (che ha trasmesso ai Dirigenti una

comunicazione), alcuni Uffici hanno richiesto ed ottenuto l’autorizzazione

alla sperimentazione degli applicativi “Atti e Documenti 2” (modulo

multifunzione dell’applicativo SICP) e “Modello 37”, funzionale alla

gestione informatica del registro delle intercettazioni telefoniche.

Quanto a SNT, ossia l’applicativo, direttamente collegato al REGINDE, che

gestisce le notifiche telematiche in ambito penale, nel periodo 1 Luglio 2018

- 30 Giugno 2019 nel Distretto di L’Aquila sono state consegnate 189.594

notifiche e comunicazioni.

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Va poi segnalato il progetto “Giurisprudenza Penale”, che sta per

svilupparsi in un’area riservata del sito web della Corte d’Appello di

L’Aquila. Ad essa potranno accedere i magistrati giudicanti e requirenti del

Distretto, previa autenticazione mediante credenziali che verranno rilasciate

singolarmente. Gli utenti avranno la possibilità di effettuare la ricerca di

tutte le sentenze (il sistema è stato settato anche per l’eventuale inserimento

di provvedimenti di altra natura, quali decreti e ordinanze) pronunciate dalla

Corte di Appello (e, in prospettiva futura, anche degli uffici di primo grado),

per “testo libero” (ad esempio, digitando vocaboli menzionati nel

documento di interesse), ovvero inserendo numerose voci di classificazione

di rilievo giuridico relative al diritto penale sostanziale e processuale.

L’utile ampiezza di tali metodi di ricerca è resa possibile dal fatto che il

personale amministrativo della Corte d’Appello, al momento della scansione

della sentenza, dispone di un applicativo OCR con riconoscimento del testo.

La fruizione dei documenti presenti in tale banca dati non incide sugli attuali

sistemi di comunicazione dei provvedimenti fra uffici giudiziari previsti

dalla normativa in vigore, bensì soddisfa finalmente l’annosa e sempre più

avvertita esigenza di conoscenza delle decisioni della corte territoriale,

consentendo così non solo di informare l’accusa e l’estensore di primo

grado della sorte della sentenza, ma anche e soprattutto di introdurre

l’attuazione del principio di prevedibilità della decisione, favorendo una

proficua circolarità di interpretazioni e, progressivamente, una uniformità di

orientamenti.

L’UDI ha poi di recente creato il sito

https://mingiustizia.sharepoint.com/sites/UDIPENALELAQUILA, sul quale

sono stati resi accessibili notizie, aggiornamenti e soprattutto il materiale

informativo riguardante gli applicativi e i gestori documentali indispensabili

per l’avvio del processo penale telematico. Esso consente altresì uno

scambio di file e di commenti.

Dopo una prima fase in cui l’accesso al sito è stato riservato ai soli

MAGRIF del Distretto (sia Giudicanti che Requirenti), si è recentemente

deciso di consentire l’accesso al sito a tutti gli operatori registrati col

dominio @giustizia.it, proprio al fine di rendere più rapida possibile

l’informatizzazione degli uffici del distretto consentendo altresì un proficuo

scambio di informazioni con Magrif e Rid di altri distretti.

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Nella “sezione documenti”, vi sono inoltre manuali, guide e video tutorial di

alcuni applicativi, tra i quali anche quelli relativi alla piattaforma Office

365, con particolare riferimento al servizio Cloud denominato OneDrive.

Infine, l’UDI PENALE ha collaborato nella elaborazione del protocollo di

gestione dell’applicativo ReGeWeb per la comunicazione delle sentenze alla

Procura Generale, sottoscritto da tutti i capi degli Uffici.

8.3 Tribunale di sorveglianza

Sono in uso tutti gli applicativi ufficiali per la gestione dei servizi

amministrativi e giudiziari; la dotazione di hardware risulta adeguata a

seguito dell’assegnazione di 10 nuovi PC da destinare al personale

neoassunto e per la sostituzione degli hardware ormai fuori garanzia.

Sono state implementate nuove modalità di trasmissione delle fatture al

Funzionario delegato attraverso il sistema SIGOCE; è stato implementato

l’uso delle comunicazioni telematiche per l’invio e la ricezione degli atti

istruttori, nonché l’uso della videoconferenza per la partecipazione a

distanza dei detenuti divenuta obbligatoria per i detenuti per i reati di cui

all’art. 51 comma 3 bis c.p.p. e 407 comma 2 lett.a n. 4 c.p.p. e possibile per

i detenuti fuori dalla Circoscrizione del Tribunale di Sorveglianza (a

seguito della modifica degli artt. 146 bis e 45 bis disp.att. c.p.p. di cui

all’art. 1 della legge 103 del 2017 entrata in vigore per le disposizioni in

materia di videoconferenze dal 15 febbraio 2019); nel corso del 2019 è stato

avviato il sistema di notifiche telematiche (SNT) che, entrato a regime il 15-

09-2019, oltre a rendere più efficace e rapida l’effettuazione di notifiche e

comunicazioni, consentirà la creazione di un registro informatico dei

provvedimenti, imponendo la scannerizzazione degli stessi.

9. La formazione decentrata

Con la Corte d’Appello, per quanto attiene alla formazione permanente

(Dlg.vo 26/2006), interloquisce la struttura territoriale per la formazione

decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, che ha un ruolo

fondamentale per la qualificazione e l’aggiornamento professionale dei

magistrati, togati e onorari, del distretto. La formazione, infatti, costituisce

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uno dei presupposti della legittimazione dell’operato del magistrato, della

sua professionalità e, quindi, della sua indipendenza, avendo ad oggetto non

solo la preparazione tecnico-giuridica, ma anche la piena consapevolezza

del proprio ruolo e degli effetti del proprio agire. Ci dice il CSM, anche in

base ai deliberati del Consiglio d’Europa, che la formazione deve essere

concepita non solo come facoltà del magistrato, ma come dovere

deontologico all’aggiornamento e alla crescita professionale, in un percorso

che deve vedere la contaminazione tra saperi giuridici e altre competenze,

soprattutto di natura scientifica, in un’ottica comune con gli avvocati, con i

quali vi è piena collaborazione nelle nostre iniziative decentrate.

Nel periodo dal 1.7.2018 al 30.6.2019, i referenti della SSM per il distretto

di Corte d’Appello di L’Aquila hanno organizzato seminari volti

all’aggiornamento professionale, mirati su specifiche esigenze formative o

su questioni particolarmente recenti, in ossequio al principio di

“complementarietà qualitativa” di cui alla risoluzione della Scuola Superiore

della Magistratura n. 721/2013, senza far mancare il loro sostegno ad

iniziative formative di natura più latamente culturale, idonee a consolidare

negli operatori della giurisdizione il senso di lealtà costituzionale e di difesa

dello stato di diritto.

Il 15 novembre 2018 in collaborazione con l’ANM distrettuale e il MIUR, si

è tenuto a Pescara il seminario “A ottanta anni dalle leggi razziali: per

non dimenticare”, con la partecipazione del presidente emerito della Corte

di Cassazione, dott. Canzio, la Presidente dell’Unione delle Comunità

Ebraiche, dott.ssa Di Segni, il sig. Sami Modiano, sopravvissuto al campo di

sterminio di Auschwitz, ed altri autorevolissimi relatori, esteso alla

partecipazione di molti studenti, con l’intento di riflettere su un periodo

tragico della storia recente e sul ruolo tenuto in quegli anni bui dalla

magistratura italiana.

Nel medesimo solco, e di nuovo con il fondamentale contributo del MIUR

che ha coinvolto gli studenti di alcuni licei del distretto, si è situato

l’incontro del 3 maggio 2019, tenuto presso la Corte d’Appello di L'Aquila,

sul tema “I processi per i crimini di guerra tedeschi in Italia”, che ha

visto nuovamente la partecipazione del Pres. Canzio e della Pres. Di Segni,

e nel ruolo di relatore il Procuratore Generale Militare di Roma, dott. De

Paolis, che ha approfondito la storia recente di processi tenutisi a molti anni

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di distanza dagli eccidi che hanno insanguinato l’Italia nella fase finale della

guerra.

Grande partecipazione e commozione ha suscitato il seminario su “I diritti

infranti: strategie del terrore e le risposte dello Stato. Dalle esperienze

interne del passato, alla prevenzione dei nuovi terrorismi”, tenuto il 1

febbraio 2019 a Pescara, cui hanno partecipato anche i figli di tre note

vittime degli anni di piombo, i magistrati Alessandrini e Galli, il giornalista

Tobagi.

Si è scelto, inoltre, di ampliare l’offerta formativa multidisciplinare,

organizzando corsi su “Dipendenza affettiva e amore patologico.

L'intervento giudiziario” tenuto il 4.6.2019 a L’'Aquila e su “La riforma

delle procedure concorsuali: cosa cambia. Profili civili e penali. Sinergie

tra Sezione Fallimentare e Procura della Repubblica”, tenuto il

14.12.2018, a Pescara, mentre hanno affrontato temi più strettamente penali

i corsi su “Le recenti novità legislative in materia penale: una prima

lettura” (31.5.2019, Pescara) e su “Giustizia riparativa e dintorni: la

messa alla prova dell'imputato, l'estinzione del reato per condotte

riparatorie, l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

(26.10.2018, Pescara).

Particolare attenzione, come sempre è stata data alla formazione dei

Magistrati Ordinari in Tirocinio, avendo i formatori decentrati

collaborato alla stesura del programma di tirocinio unitamente ai due

magistrati coordinatori per il settore civile e per il settore penale.

La formazione decentrata provvede poi a diffondere a tutto il Distretto, con

cadenza trimestrale, l’informazione periodica (rassegna di novità

legislative, di giurisprudenza e di dottrina in ambito nazionale e

sovranazionale, sia per il settore civile, sia per il settore penale).

Quanto alla formazione internazionale, nell’ambito del “Progetto europeo

Gaius per il rafforzamento della cultura giuridica europea dei magistrati

italiani” (di cui alla delibera del CSM 13.4.2011 e succ.), il distretto ha

fornito la disponibilità per i progetti di scambio organizzati dalla Rete

europea di formazione EJTN, ospitando (nell’autunno 2018), sia scambi

individuali che tra capi degli uffici, oltre che scambi su materie

specialistiche in lingua straniera.

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I colleghi stranieri (ben 12), provenienti da diversi paesi Europei

(Inghilterra, Germania, Francia, Slovacchia, Spagna, Finlandia), pur facendo

riferimento ai Tribunali di L’Aquila, Pescara e Chieti, hanno potuto visitare

numerosi Uffici del Distretto, sia di primo che di secondo grado, partecipare

ad udienze, seminari (tra cui quello in occasione della “Giornata europea

della Giustizia Civile”, tenuto il 30.10.2018 presso la Corte d’Appello),

confrontarsi proficuamente e discutere di tematiche comuni.

10. I tirocini formativi

L'art. 73 D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dalla l. 98/2013, ha

previsto che gli Uffici giudiziari possano reclutare giovani laureati, chiamati

a svolgere la loro attività nell'ambito di un periodo di tirocinio formativo

della durata di 18 mesi, tanto nel settore civile che in quello penale. Gli

stages in parola, da un lato, favoriscono la formazione teorico-pratica dei

migliori laureati in giurisprudenza, consentendo loro di approfondire ed

affinare, mediante la verifica sul campo, le conoscenze acquisite durante gli

studi universitari e di tradurle in adeguate competenze, e, dall'altro, offrono

un importante supporto allo svolgimento delle attività istituzionali degli

uffici giudiziari e dei magistrati contribuendo a rendere più efficiente e

sollecita la risposta di giustizia degli uffici cui i predetti sono destinati. Al

termine del tirocinio gli stagisti possono accedere al concorso in

magistratura senza aver previamente frequentato una scuola di

specializzazione ed il tirocinio viene considerato valido anche ai fini della

pratica forense. Si tratta quindi di uno strumento che può essere considerato

di indubbia utilità sia per la formazione degli stagisti, sia per coadiuvare il

giudice nel lavoro preparatorio di studio e di redazione dei provvedimenti di

minor rilievo. Ed infatti, in base al summenzionato D.M. 1/10/2015 se ne

può tenere conto ai fini dell’articolazione dell’ufficio del processo.

Presso la Corte di Appello di L’Aquila, alla data del 30 giugno 2019,

risultavano in corso n°4 tirocini (n°5 sono in corso all’attualità). Altri n°4

stagisti hanno concluso il tirocinio nel periodo dal 01.07.2018 al

30.06.2019, mentre un ulteriore stagista è stato ammesso al tirocinio ed è in

procinto ad iniziarlo. Attualmente gli stagisti in tirocinio presso la Corte di

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Appello assistono alle udienze collegiali, prendono parte alle camere di

consiglio, preparano la relazione al fascicolo di volta in volta loro assegnato,

previo studio accurato dello stesso, raccogliendo e selezionando precedenti

giurisprudenziali pertinenti, provvedono, sotto la supervisione del magistrato

affidatario, alla stesura di bozze di sentenza.

La Presidenza, come già negli anni passati, intende utilizzare pienamente e

nel maggior numero possibile gli stagisti. A tal fine si è ritenuto di

abbandonare la precedente formula rigida di reclutamento, basata su

periodici bandi di selezione, adottando invece un sistema di reclutamento

più elastico, mediante previsione di un bando “aperto”, consentendo così

agli stagisti di proporre la propria domanda di ammissione, dopo aver

maturato i requisiti, durante il corso dell’intero anno. Sotto la supervisione

di un magistrato coordinatore degli stages, sono state altresì determinate le

modalità di svolgimento dei percorsi formativi e del lavoro di assistenza al

magistrato. Il numero di stagisti che complessivamente possono essere

utilizzati è condizionato dalle manifestazioni di disponibilità dei magistrati a

rendersi assegnatari di questi giovani (la legge consente non più di due

stagisti per ciascun magistrato). Trattandosi di giovani con un’ottima

preparazione di base ed un genuino entusiasmo, il giudizio sul loro operato è

stato sinora sempre ampiamente positivo.

L’attuazione di tale progetto presso la Corte di Appello di L’Aquila ha

permesso il perseguimento di buoni risultati, anche in termini di efficienza e

produttività. Infatti, accanto agli obiettivi di formazione professionale cui

l’istituto è principalmente finalizzato, positive - anche se di difficile

quantificazione - sono state le ricadute in termini di contributo nella

definizione dell’arretrato, perseguite attraverso la creazione di nuovi modelli

organizzativi finalizzati al miglioramento delle perfomances complessive

dell’Ufficio. Altrettanto positivi sono gli effetti benefici sul tessuto sociale

ed economico del territorio, che può avvalersi di un sistema giustizia

migliore, venendo assicurata parallelamente la formazione dei giovani

laureati più meritevoli, ai quali viene consentita la preziosa possibilità di

una formazione “sul campo”.

La Presidenza della Corte di Appello di L’Aquila svolge altresì una

funzione di indirizzo e coordinamento di tutti i tirocini in corso nei

Tribunali del distretto.

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Alla data del 30 giugno 2019 erano impegnati nell’espletamento del

tirocinio formativo presso gli Uffici Giudiziari Giudicanti del distretto della

Corte di Appello di L’Aquila n°55 tirocinanti ex art.73 d.l. 69/2013, mentre

n°56 stages sono in corso all’attualità.

Nell’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento di tutti i

tirocini in corso negli uffici giudicanti del distretto sono stati coinvolti,

avvalendosi della delega prevista dal punto 3 della Risoluzione SSM del

14.5.2014, i Magistrati Referenti per la Formazione Decentrata, i quali sono

stati incaricati di predisporre l’anagrafe distrettuale degli stagisti e di redigere

un programma formativo comune a livello distrettuale, assicurando la

partecipazione degli stagisti a tutti i corsi di formazione decentrata organizzati

nel distretto e garantendo un indispensabile raccordo tra tutti gli uffici

giudiziari, al fine di una gestione unitaria e coordinata dei tirocini.

In tale contesto si è provveduto (come previsto dall’art. 2 comma 1 lett. C

d.lgs. n.26/2006) ad elaborare uno specifico programma formativo, in

ossequio all’indirizzo dato dalla Presidenza della Corte d’Appello sin dal

18.9.2015, d’intesa con i magistrati referenti per la formazione decentrata e

previa consultazione dei Capi degli Uffici, rivolto a gruppi omogenei di

tirocinanti (ex art. 73 del d.l. 21 giugno 2013 n.69, convertito in L. 9.8.2013

n.98).

Ad oggi, il programma ha avuto ad oggetto, nel periodo di riferimento,

seminari in materia di “Responsabilità medica in ambito civile" e di “Danno

non patrimoniale” (per il settore civile) ed in materia di “Prova

testimoniale”, di “Concorso di norme, concorso di reati e reato continuato”,

di “Invalidità: nullità, inammissibilità, inutilizzabilità” e di “Reati aggravati

dall’evento e preterintenzione” (per il settore penale).

È stato privilegiato un taglio di natura teorico-pratica ed interattiva, nel

senso che, ad un primo inquadramento dei vari istituti in termini teorici,

segue l’approfondimento giurisprudenziale e l’eventuale discussione di casi

scaturiti dalla pratica, in modo da favorire la partecipazione attiva ed il

dibattito tra i giovani partecipanti, ai quali viene anche richiesto di illustrare

casi pertinenti effettivamente trattati con i Magistrati affidatari, e di

esercitarsi nella redazione di brevi elaborati, da sottoporre ad una

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discussione finale. Attualmente è in corso di elaborazione il programma

formativo per il periodo gennaio 2020-2022 che seguirà analogo indirizzo.

Nell’ambito dei compiti delegati ai magistrati referenti per la formazione

decentrata (punto 3 Risoluzione SSM del 14.5.2014), si è provveduto a

registrare le presenze dei tirocinanti ai corsi di formazione espressamente

previsti come obbligatori per i tirocinanti, nonché a quelli organizzati per la

formazione permanente dei magistrati a livello territoriale, a mantenere un

elenco completo ed aggiornato di tutti i tirocinanti del distretto, con

l’indicazione della data d’inizio e di fine tirocinio, nonché il nominativo del

magistrato affidatario-formatore e il settore di specializzazione, previo

coordinamento con tutti gli uffici.

La partecipazione ai suddetti corsi è da ritenersi obbligatoria, così come

per quelli organizzati dalla formazione decentrata permanente, ad eccezione

di quei corsi che, per il loro contenuto specialistico, verranno indicati di

volta in volta come facoltativi; la partecipazione è aperta anche ai tirocinanti

ex art. 37 Legge 111/2011 e alla magistratura onoraria.

Si sta operando per stipulare un protocollo con il Consiglio dell’Ordine,

con le Scuole forensi e con le Scuole di specializzazione per le Professioni

legali perché, nella fissazione dei rispettivi calendari, non si creino

sovrapposizioni, sì da permettere ai tirocinanti di partecipare anche alle

iniziative organizzate dai suddetti organismi; tuttavia, ad oggi, non sono

state segnalate problematiche di sorta, anche perché i corsi sono

programmati e annunciati con largo anticipo.

L’obiettivo rimane quello di individuare il miglior contemperamento tra

le esigenze formative dei tirocinanti e le esigenze di collaborazione negli

uffici, meglio assistite da una continuità dell’esperienza di affiancamento al

magistrato. Gli uffici del distretto hanno finora operato in modo non

omogeneo, privilegiando alcuni la continuità nell’affidamento, nell’ottica

della costituzione dell’ufficio del processo, tendenzialmente stabile,

privilegiando altri la completezza dell’esperienza del tirocinante, che in

genere divide a metà, tra civile e penale, i diciotto mesi stabiliti per la durata

del tirocinio. A livello distrettuale, l’impostazione dei tirocini appare oggi

prevalentemente di tipo “tematico”, seppure per macroarea, costituita

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dall’assegnazione del tirocinante al settore civile o penale per tutta la durata

del tirocinio, quantomeno in via preponderante.

Va ribadito che l’attivazione dei tirocini nei vari uffici giudiziari del

distretto costituisce un elemento di non trascurabile importanza anche per il

sistema universitario regionale, tenuto conto dell'interesse dell’unico Ateneo

abruzzese che ha un corso di laurea di giurisprudenza (Università di

Teramo) teso sia a verificare gli esiti e gli sviluppi dei percorsi formativi dei

propri laureati, che ad analizzare - mediante un'attività di osservazione,

monitoraggio e studio - l'impatto che essi hanno avuto o potranno avere

sulla complessiva risposta di giustizia.

11. Il Consiglio Giudiziario

L’attuale Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di L’Aquila,

insediatosi nell’aprile 2016 ed ormai prossimo alla scadenza (aprile 2020), ha

proseguito la sua attività di articolazione a livello distrettuale del Consiglio

Superiore della Magistratura, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2018 ed il

30 giugno 2019, fornendo un contributo prezioso all’amministrazione della

giustizia nel distretto, operando con serenità, competenza e sostanziale

concordia di intenti e metodi di lavoro, con ampio coinvolgimento

dell’Avvocatura, cui sin dal 2009 il Regolamento (art.12, anche nel nuovo

testo approvato nella seduta del 29 novembre 2016) garantisce il c.d. diritto

di tribuna (ovvero di assistere alle adunanze del Consiglio in composizione

“ristretta”, che si occupa, tra l’altro, delle valutazioni di professionalità dei

magistrati del distretto).

Si tratta di un tema che continua a suscitare un animato dibattito all’interno

della magistratura associata e delle sue componenti culturali, così come nei

rapporti con gli ordini forensi. L’esperienza abruzzese, ormai risalente nel

tempo, offre un bilancio di segno certamente positivo, non essendosi mai

verificate interferenze non consentite ed avendo i rappresentanti degli ordini

forensi offerto con grande correttezza ed imparzialità il loro prezioso

contributo di effettiva conoscenza delle diverse realtà.

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All’attuale Consiglio Giudiziario, quindi, oltre alla componente togata

elettiva, partecipa attivamente, in entrambe le composizioni, una qualificata

presenza esterna composta da avvocati designati dai consigli degli organi

forensi, su nomina del Consiglio Nazionale Forense, e da un professore

universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio Universitario

Nazionale, su designazione del preside della facoltà di giurisprudenza

dell’Università di Teramo, l’unica del distretto. Tale architettura assicura un

prezioso inserimento ed una diretta partecipazione di tali componenti

esterne, in forma di pareri e/o di vigilanza, sulle soluzioni organizzative

degli uffici giudiziari e, più in generale, sull’andamento del servizio

giustizia nel distretto.

Prosegue la prassi, avviata sin dal 2009, di tenere anche sedute “itineranti”

presso le otto sedi di Tribunale del distretto, sulla base di un calendario,

prestabilito e concordato, di incontri con i dirigenti degli uffici di primo

grado, con i Magistrati e con i vertici dei Consigli degli Ordini Forensi

locali. Questa prassi si è rivelata strumento fondamentale per conoscere da

vicino le diverse situazioni e criticità del distretto e le differenti

caratteristiche organizzative degli uffici. In particolare, nel periodo di

riferimento, il Consiglio Giudiziario ha tenuto n°12 adunanze, delle quali

ben n°5 in sede “itinerante” (Uffici Giudiziari di Sulmona, Avezzano,

L’Aquila, Vasto e Pescara).

L’attività del Consiglio Giudiziario è stata, come sempre, molto intensa.

a) Nella composizione ristretta (limitata cioè ai soli magistrati “togati”),

sono stati esaminate n°31 valutazioni di professionalità dei magistrati del

distretto, in occasione delle verifiche quadriennali, n°6 pareri su istanze di

conferimento di uffici direttivi o semidirettivi, n°3 pareri per la conferma in

incarichi direttivi o semidirettivi, n°1 parere di idoneità al tramutamento di

funzioni e n°10 pareri su dichiarazioni di incompatibilità ex artt.18 e 19

O.G..

b) Nella composizione ordinaria (estesa cioè ad avvocati e professori

universitari), il Consiglio Giudiziario ha proceduto ha esprimere i propri

pareri sulle nuove tabelle infradistrettuali per il triennio 2017/2019, sulla

nomina e conferma degli esperti del Tribunale di Sorveglianza per il triennio

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2020/2022, sulla nomina e conferma dei giudici onorari minorili del

Tribunale per i Minorenni per il triennio 2020/2022, sulla nomina e

conferma dei giudici onorari minorili della Corte di Appello per il triennio

2020/2022 e sulla conferma dei giudici ausiliari della Corte. Ha altresì

pronunciato n°10 pareri su programmi di gestione ex art.37 D.L.98/2011,

n°48 pareri su variazioni tabellari dei Tribunali, n°25 pareri su modifiche ai

progetti organizzativi delle Procure, n°37 pareri sulle tabelle feriali degli

uffici giudicanti e requirenti e n°19 pareri su provvedimenti di applicazione,

supplenza o coassegnazione di magistrati disposti dal Presidente della Corte.

c) Nella Sezione Autonoma per la Magistratura Onoraria, il Consiglio

ha esaminato n°20 provvedimenti organizzativi (progetti tabellari e/o

organizzativi, costituzione ufficio del processo, tabelle feriali, etc.). Nel

periodo in esame, la Sezione Autonoma del Consiglio Giudiziario ha altresì

emesso il suo parere sulla procedura di selezione per l’ammissione al

tirocinio ai fini della nomina a GOP e a VPO, nonché in ordine alla

determinazione delle piante organiche degli uffici del giudice di pace e degli

uffici di collaborazione del Procuratore della Repubblica. Sono state infine

avviate le attività prodromiche per il tempestivo espletamento delle

procedure di conferma dei Giudici Onorari di Tribunale, dei Vice

Procuratori Onorari e dei Giudici di Pace, che dovranno essere ultimate

entro il 31 marzo 2020.

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Indice

Considerazioni introduttive…………………………. pag. 1

Situazione logistica degli Uffici Giudiziari di L’Aquila ...pag. 32

La giustizia civile............…………………..…………pag. 34

La giustizia penale....………………………….……...pag. 63

Tribunale e Uffici di Sorveglianza……………...........pag. 82

Gli uffici minorili………………………..……......….pag. 97

La magistratura onoraria……………...…….……......pag. 112

Copertura delle piante organiche dei magistrati

e del personale amministrativo………….…...........…pag. 115

Risorse materiali e strumenti informatici.….…….…..pag. 120

La formazione decentrata………………….....…...….pag. 130

I tirocini formativi……………………………........…pag. 133

Il Consiglio Giudiziario…………………….…...........pag. 137

Statistiche del distretto - Indice delle tavole...….….....pag. 141

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INDICE DELLE TAVOLE

Movimento dei procedimenti civili del registro SIECIC presso i Tribunali ordinari - Anno giudiziario 2018/2019………………………………………………………….. 143 Stratigrafia delle pendenze Settore CIVILE - Area SIECIC Pendenti al 30 giugno 2019…………………………………………………………..…………………………………….. 145 DATI STATISTICI ANNO GIUDIZIARIO 2018/2019 Distretto di L'Aquila………….. 147 Tav. 1 - Procedimenti civili iscritti, definiti e pendenti a fine periodo nell'A.G. 2018/2019 presso il Tribunale per i minorenni e gli uffici del Giudice di pace. Confronto con l'A.G. precedente………………………………………………………………….. 148 Tav. 2 - Procedimenti civili iscritti, definiti e pendenti a fine periodo nell'A.G. 2018/2019. Principali materie di competenza del Giudice di Pace………………… 149 Tav. 3 - Procedimenti civili definiti con sentenza nell'anno 2018 presso gli uffici del Giudice di pace secondo l'anno di iscrizione…………………………………… 150 Tav. 4 Sentenze civili secondo i termini di pubblicazione (% sul totale delle sentenze pubblicate) presso gli uffici del Giudice di Pace. Anno 2018………….. 151 Tav. 5 - Tribunale per i minorenni: procedimenti civili iscritti, definiti e pendenti a fine periodo nell'A.G. 2018/2019. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali. Sedi completamente rispondenti………… 152 Uffici GdP inadempienti alla data del 17/10/2019……………………………………….. 153 Tav. 2.1 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali………….. 154 Tav. 2.1bis - Rapporto percentuale tra procedimenti iscritti per Fatti non costituenti reato a modello 45 e procedimenti contro autori NOTI iscritti in Procura della Repubblica nel modello 21 (esclusa DDA)……………………………….. 155 Tav. 2.2 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 156 Tav. 2.2bis - Procedimenti penali iscritti in Tribunale nell'A.G. 2018/2019 suddivisi in base al numero degli imputati……………………………………………………. 158 Tav. 2.3 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 159 Tav. 2.3bis - Procedimenti penali iscritti nel registro 21 della Procura della Repubblica nell'A.G. 2018/2019 suddivisi in base al numero degli indagati….. 160 Tav. 2.4 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 161 Tav. 2.5 Incidenza dei procedimenti definiti per PRESCRIZIONE sul totale dei procedimenti definiti……………………………………………………………………………………. 162 Tav. 2.5bis - Procedimenti penali definiti per PRESCRIZIONE nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………………………………………………………. 162 Tav. 2.6 - Procedimenti penali definiti con sentenza di merito distinti per rito nei Tribunali ordinari nell'A.G. 2018/2019……………………………………………………. 163

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Tav. 2.6 bis - Procedimenti penali definiti con sentenza di merito distinti per rito nei Tribunali ordinari nell'A.G. 2018/2019……………………………………………… 163 Tav. 2.7 - Procedimenti contro NOTI definiti secondo le principali modalità presso l'Ufficio GIP/GUP nell'A.G. 2018/2019………………………………………………. 164 Tav. 2.8 - Procedimenti contro NOTI definiti secondo le principali modalità presso la Procura della Repubblica nell'A.G. 2018/2019………………………………. 164 Tavv. 2.9 e 2.10 - Procedimenti penali definiti distinti per sede, tipo rito e classe di durata nei Tribunali ordinari nell'A.G. 2018/2019…………………………… 165 Tav. 2.11 - Procedimenti penali definiti distinti per sede e classe di durata nei Tribunali ordinari - Sezione GIP GUP nell'A.G. 2018/2019……………………….. 167 Tav. 2.12 - Procedimenti penali definiti distinti per sede e classe di durata nelle Procure ordinarie nell'A.G. 2018/2019………………………………………………… 168 Tav. 2.13 - Numero dei procedimenti penali pendenti al 31 dicembre 2018 per anno di iscrizione e per tipologia di ufficio…………………………………………….. 169 Tav. 2.14 - Intercettazioni. Numero dei bersagli intercettati suddivisi per ufficio, sede e tipologia di bersaglio nell'A.G. 2018/2019……………………………… 174 Tav. 2.15 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019 relativi al riesame di misure cautelari personali. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali…………………………………………………….. 175 Tav. 2.15 bis - Modalità di definizione dei procedimenti relativi al riesame di misure cautelari personali, nell'A.G. 2018/2019…………………………………………… 175 Tav. 2.16 - Procedimenti penali iscritti, definiti e pendenti nell'A.G. 2018/2019 relativi al riesame di misure cautelari reali. Confronto con l'A.G. precedente e variazioni percentuali…………………………………………………………….. 176 Tav. 2.16 bis - Modalità di definizione dei procedimenti relativi al riesame di misure cautelari reali, nell'A.G. 2018/2019………………………………………………….. 178 Uffici inadempienti alla data del 17/10/2019………………………………………………. 180 Statistiche Ufficio di Sorveglianza…………………………………………………………………. 181 Statistiche Tribunale di Sorveglianza…………………………………………………………….. 186

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term

ini

Riu

nio

ne

A

ltra

Mo

da

lità

31

14

13

06

6

Ista

nze d

i R

iesam

e s

u m

isure

caute

lari

reali

- sequestr

i conserv

ativi (a

rt.

318)

00

00

00

0

Ista

nze d

i R

iesam

e s

u m

isure

caute

lari

reali

- sequestr

i pre

ventivi (a

rt.

322)

17

21

10

66

Ista

nze d

i A

ppello

di part

e o

del P

M s

u

mis

ure

caute

lari r

eali

- sequestr

i

pre

ventivi (a

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322 b

is)

24

22

00

Ista

nze d

i R

iesam

e s

u m

isure

caute

lari

reali

- altri s

equestr

i (a

rt.

257,

355)

00

00

00

0

43

11

50

21

Ista

nze d

i R

iesam

e s

u m

isure

caute

lari

reali

- sequestr

i conserv

ativi (a

rt.

318)

00

01

00

0

Ista

nze d

i R

iesam

e s

u m

isure

caute

lari

reali

- sequestr

i pre

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rt.

322)

22

11

00

20

Ista

nze d

i A

ppello

di part

e o

del P

M s

u

mis

ure

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eali

- sequestr

i

pre

ventivi (a

rt.

322 b

is)

10

01

00

Ista

nze d

i R

iesam

e s

u m

isure

caute

lari

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- altri s

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257,

355)

11

03

00

1

Da

ti d

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zio

ne

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le

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MO

To

tale

179

Page 185: QUI NE ALAL AI LZ I DTS A OU LI L G EA PL PLE AEN pr DO p ... · Mi riferisco, in particolare, a quella grande area che fronteggia la nuova ala del Palazzo che ci ospita, area che

Uff

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bu

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roce

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en

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an

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- m

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6

Tri

bu

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0

Tri

bu

na

le d

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eL'

Aq

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l

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e d

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ei

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nti

pe

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li

Uff

ici

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ien

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da

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el

17

/10

/20

19

180

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28

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41

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10

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zio

ni

41

38

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00

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51

52

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19

18

35

4

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88

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22

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91

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3

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tum

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na

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15

11

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50

0

Mo

dif

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11

12

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mm

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11

10

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nsi

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cuzi

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Am

mis

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ne

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Se

mil

ibe

rtà

21

01

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ne

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ne

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00

02

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00

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. 1

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So

spe

nsi

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sti

Do

mic

ilia

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00

00

11

00

0

Dif

feri

me

nto

pe

na

Dif

feri

me

nto

Pe

na

fa

colt

ati

vo

art

.14

7 C

.P.

17

19

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34

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17

21

36

Dif

feri

me

nto

Pe

na

Ne

lle

Fo

rme

de

lla

De

ten

zio

ne

Do

mic

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71

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10

18

3

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feri

me

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Pe

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bli

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om

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Aff

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me

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art

. 9

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le -

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. 4

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sicu

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a i

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8

181

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182

Page 188: QUI NE ALAL AI LZ I DTS A OU LI L G EA PL PLE AEN pr DO p ... · Mi riferisco, in particolare, a quella grande area che fronteggia la nuova ala del Palazzo che ci ospita, area che

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ne

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mic

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ne

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na

pe

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11

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e P

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e D

om

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Sp

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44

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21

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12

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nsi

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e P

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nzi

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iare

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47

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00

15

53

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11

10

13

33

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ne

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Pe

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nza

Qu

an

tum

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11

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Va

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tum

Pe

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47

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dif

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47

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en

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e F

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1

183

Page 189: QUI NE ALAL AI LZ I DTS A OU LI L G EA PL PLE AEN pr DO p ... · Mi riferisco, in particolare, a quella grande area che fronteggia la nuova ala del Palazzo che ci ospita, area che

Isc

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31

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20

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am

en

to P

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colo

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So

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teiz

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ria

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nza

pe

r g

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ge

nze

(a

rt.

53

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.P)

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Dif

feri

me

nto

fa

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vo

mis

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art

. 1

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21

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zio

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nsi

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nti

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11

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hi

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sicu

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sso

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zio

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po

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ta p

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hia

razi

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2 C

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am

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colo

sità

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Mo

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oll

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ca e

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20

4

184

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an

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185

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186

Page 192: QUI NE ALAL AI LZ I DTS A OU LI L G EA PL PLE AEN pr DO p ... · Mi riferisco, in particolare, a quella grande area che fronteggia la nuova ala del Palazzo che ci ospita, area che

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