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Quest’anno con i miei alunni, ho intrapreso un percorso di Cittadinanza e

Costituzione che è trasversale a tutte le discipline per far acquisire loro

competenze utili a farli divenire cittadini consapevoli, partecipi e responsabili.

Ritengo che tutto debba partire all’interno delle aule scolastiche,

trasformandole in laboratori dove gli alunni sono i protagonisti attivi del loro

percorso formativo. E’ necessario far riflettere i bambini sull’importanza di

determinati valori partendo dallo studio della Costituzione Italiana

ripercorrendo le fasi storiche che hanno portato alla sua nascita. Sono

fermamente convinta che affinché diventino cittadini consapevoli dei loro

diritti e dei loro doveri debbano conoscere in modo approfondito le leggi e la

storia del nostro Paese. Acquisire il senso di responsabilità civile, perseguire i

valori della legalità, della pace e della giustizia.

E’ importante che conoscano la storia e sappiano farne tesoro.

Chi più dei nonni, meravigliosa e unica memoria storica, può raccontare la

storia ai loro nipoti. Ecco perché abbiamo deciso di intervistare i nonni sui

grandi avvenimenti del passato.

Infatti i due conflitti mondiali sono per i bambini eventi ormai lontani, che in

qualche modo conoscono solo perché li ritrovano sulle pagine dei libri di

storia. Per i bambini il vero e unico obiettivo è la pace, tesoro prezioso da

difendere, a partire dalle realtà a loro più vicine: la scuola, la famiglia, la

parrocchia, gli amici, la squadra di pallone.

Oggi però questi racconti rivivono attraverso i ricordi dei loro nonni. Essi sono

le radici dei nipoti, uno scrigno di saggezza, memoria storica che diventa

maestra di vita.

Ogni bambino, attraverso l’intervista ai nonni sulla tematica della guerra, ha

scritto le testimonianze più toccanti che poi sono state riportate in questo

prezioso documento.

A conclusione del nostro percorso, abbiamo invitato in classe, un nonno

speciale, Nonno Emilio Morelli che ha vissuto in prima persona l’esperienza di

partire per il fronte lasciando gli affetti più cari.

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Nonna Gaetana racconta…………..

Il papà di Nonna Gaetana, Emilio Altomare, partecipò alla seconda guerra

Mondiale. Egli partì per l‟Abissinia e da questo luogo non fece più ritorno. Fu un

signore di Luzzi, anche lui soldato, di nome Ritacco Salvatore che raccontò alla mia

bisnonna Assunta di aver visto suo marito in un campo di concentramento perché era

stato fatto prigioniero. Nel campo di concentramento scoppiò un incendio, a causa

dei bombardamenti, durante il quale molti soldati italiani persero la vita e tra questi

anche il mio bisnonno Emilio.

Nonna Gaetana mi ha raccontato che un giorno durante un bombardamento

all‟altezza del ponte Ilice (presso Luzzi), tutte le persone presenti iniziarono a fuggire

per salvarsi dalle bombe. Fu in quel momento, a causa della grande confusione che

si era venuta a creare, che mia nonna si trovò nelle braccia di una donna che non

era sua madre. Lei iniziò a piangere e nel frattempo la mia bisnonna Assunta urlava

per trovarla tra tutta quella gente. Infine, le due si ritrovarono e si salvarono perché

ebbero la fortuna di entrare in un rifugio. I rifugi erano gallerie scavate sottoterra

senza cemento e mattoni, alcuni molto lunghi ed altri più corti.

Un suo ricordo molto triste era la mancanza di cibo. Infatti, nonna Gaetana assieme

a sua madre e alla sorella Elvira andavano a prendere il pane ai negozi utilizzando

una tessera data loro dallo Stato. La quantità di pane che veniva data era veramente

poca. Inoltre, lei mi ha raccontato che in quel periodo c‟era tanta sporcizia. Nelle

case non c‟era acqua e utilizzavano solo quella che scorreva dalle fontane pubbliche.

Le donne portavano l‟acqua dalle fontane alle proprie case utilizzando le cosiddette

“cucume”. Loro lavoravano molto, si caricavano la testa con delle pesanti ceste

dette “sporte” per portare di tutto. Esse spesso portavano le “sporte” piene di panni

ai fiumi per poterli lavare.

In quel periodo, nonna ricorda la presenza dei pidocchi tra i capelli. Per poterli

levare le mamme utilizzavano pettini sottili detti “piettini fini”. Non esisteva la fogna

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e la gente utilizzava per fare i loro bisogni dei vasi grandi detti “pisciaturi”. Era

compito delle donne svuotarli in un luogo chiamato “Santa Venere Suprana” che a

causa di tutto questo era diventato il luogo più sporco e puzzolente del paese. Il

periodo più brutto era l‟inverno a malapena si riusciva ad avere un paio di scarpe.

In quel periodo, in giro per le vie di Luzzi si vedevano molti soldati mandati dallo

Stato per proteggere il popolo. Nonna ricorda anche molte persone che chiedevano

l‟elemosina per le vie di Luzzi. In particolare, alcuni di loro bussavano alle porte

delle case per chiedere dell‟olio, un po‟ di farina o un po‟ di fichi.

Le Conche durante la guerra

Nonna Gaetana ricorda un grande aereo da guerra, caduto durante un

combattimento aereo nella zona del fiume Mucone (presso Luzzi). Mia nonna con sua

mamma ed altre amiche andarono al Mucone per vedere l‟aereo. Loro videro anche

i corpi dei soldati morti posti vicino all‟aereo.

Aerei in volo durante la seconda guerra mondiale

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La nonna mi ha anche raccontato che un signore di nome Russo Francesco („u figliu

da‟ Strega) raccolse una bomba inesplosa, lanciata da un aereo, e quest‟ultima gli

esplose nelle mani e lui perse tutte le dita.

Quando per le vie di Luzzi giunse la notizia della fine della guerra tutti si

abbracciarono, grandi e piccoli, anche i soldati parteciparono e con le lacrime agli

occhi pensavano alle loro famiglie lontane che avrebbero finalmente raggiunto .

Nel 1956, a Luzzi in Via Sila (oggi Piazza dei Caduti), il sindaco Francesco Peluso

fece costruire un monumento dedicato a tutti i soldati caduti in guerra.

Monumento ai Caduti

(A cura di Anna Scarpelli)

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Nonna Elvira racconta……..

Nonna Elvira mi ha racconta che quando è scoppiata la seconda guerra mondiale,

lei aveva 10 anni ed era giugno del 1940.

Aveva appena finito di frequentare la V elementare .

L‟edificio scolastico “Leopoldo Franchetti”, venne occupato dagli sfollati , (persone

malate o che avevano perso la loro casa) .

L‟edificio rimase occupato per tutto il periodo della guerra circa 4 anni , per

questo molti ragazzi non andarono più a scuola , come mia nonna Lucia che fece

solo fino alla seconda elementare .

Durante la guerra anche a LUZZI era molto difficile vivere . Tutte le sere vi era il

coprifuoco. Non si poteva uscire e non si dovevano accendere le luci , si doveva stare

al buio perchè passavano gli aeroplani e dove si vedeva la luce bombardavano con

le bombe. Questo succedeva anche di giorno e la gente correva verso i campi tipo “i

Pigni” .

Per nonna Elvira fu ancora più doloroso questo periodo perché suo padre, Emilio

Altomare, fu chiamato per andare all‟attacco ad Asmara in Africa e come molti

altri soldati non fece più ritorno. Morì combattendo lasciando a casa tre figli piccoli

e il quarto non ancora nato . Per sua madre fu difficile da sola il quel periodo

portare avanti la famiglia, si soffriva il freddo, la fame e scarseggiavano le medicine

per curarsi .

Ma come dice nonna Elvira, sua mamma, era una donna forte si alzo le maniche e

non ci fece mancare niente ai suoi figlioli.

Logicamente non avevano tutto quello che abbiamo noi oggi.

(a cura di Emilio Pepe)

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Zia Maria racconta………..

Io e mio cugino Andrea, abbiamo deciso di fare l‟intervista sulla Seconda Guerra

Mondiale a nostra zia Maria, sorella di nonna Angelina, nata nel 1929 e ora di 86

anni.

Lei ha vissuto la guerra durante la giovinezza, all‟età di 11 anni, tra Luzzi e

Cervicati. Le abbiamo chiesto di parlarci di come si viveva in quel tempo, lei ha

risposto così: “Nel 1940 è cominciata la guerra fra i tedeschi, gli americani e gli

italiani. Nel mio paese Cervicati, è arrivato un plotone di soldati italiani.

Il Tenente di questi soldati si chiamava Militerni e dormiva a casa mia. Ogni

domenica mattina si andava a messa, le donne potevano andare alle otto mentre ai

soldati era riservata la messa delle undici. Il Tenente era molto credente e faceva

cantare e suonare i suoi soldati”. In seguito le abbiamo chiesto se avesse qualche

parente in guerra e disse: “Avevo solo uno zio di nome Settimio che andò in guerra.

Prima andò in alta Italia e poi fu catturato e imprigionato in Germania. Poverino gli

facevano mangiare le bucce di patata e non poteva evadere perché c‟era un filo di

ferro con la corrente.

Un giorno la moglie di zio Settimio ricevette una lettera dove c‟era scritto che suo

marito era vivo e subito andò a ringraziare il Signore nella Chiesa dei Sacri Cuori”.

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Un‟altra cosa che eravamo curiosi di sapere era come ricevevano le notizie sullo

svolgimento della guerra, ci rispose: “Solo la mia famiglia aveva la radio e tutti

venivano a casa mia per avere notizie. Ma dovevano ascoltare in silenzio e di

nascosto perché non doveva sentire nessun‟altro”.

Infine ci raccontò come e quando arrivò la notizia della fine della guerra: “Nel

giorno 8 settembre 1943 si stavano facendo le comunioni in una contrada di Luzzi

chiamata Petrine dove c‟era anche il Vescovo.

Arrivò un telegramma che dichiarava l‟armistizio quindi la fine della guerra. Il

Vescovo disse a mio zio Ernesto che era un Sacerdote di fare un discorso sulla fine

della guerra. Molte persone si commossero sentendo quello che diceva perché

finalmente dopo tanta sofferenza era ritornata la pace”.

(a cura di Andrea Durante e Maria Caterina Durante)

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Zio Francesco racconta……………

Mio zio, Natale Dima, era nato nel 1916, dopo aver combattuto nelle isole greche fu

fatto prigioniero dai tedeschi e portato in un campo di concentramento a

Mauthausen nell‟alta Austria ed è rimasto lì per circa due anni, fino alla fine della

guerra. In questi due anni successero molte cose; mio zio nel campo faceva il

muratore, il freddo era pungente perché la temperatura scendeva fino a -30° . Si

scaldavano con una piccola stufa a carbone. Erano sempre affamati, non avevano

niente da mangiare eccetto un mestolo di brodaglina al giorno,con bucce di patate

bollite.

Un giorno stava lavorando alla stazione e vide due persone, forse un panettiere e un

mugnaio, che dovevano caricare una impastatrice sul treno. Mio zio andò ad aiutarli

rischiando la vita se fosse stato scoperto dai tedeschi, ma la fame era proprio tanta.

Venne ricompensato con un sacchetto di farina. La portò al campo e la divise con gli

altri prigionieri. La bagnarono con l‟acqua e la mangiarono anche se era diventata

una colla appiccicosa. Vide morire tante persone, per fortuna lui sopravvisse e potè

raccontare tutte le sue sofferenze .

(a cura di Arturo Ruffino)

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Nonna Evelina racconta……

Nonna Evelina mi ha raccontato, che i tempi della guerra erano duri e difficili,

perché oltre ai bombardamenti c‟era tanta fame; chi viveva nelle campagne se la

cavava meglio perché si poteva coltivare la terra e allevare gli animali. La sera,

quando faceva buio, la gente non poteva nemmeno accendere le luci a petrolio o una

candela, perché i soldati potevano vederli e andavano in casa a catturarli.

Quando invece suonava una sirena, chiamata coprifuoco, la gente doveva

nascondersi nelle grotte perché stavano per iniziare i bombardamenti.

Mi ha raccontato che la gente faceva di tutto per salvarsi. Infatti un mio parente, per

non farsi coprire dai tedeschi, bussò alla porta di una casa e quando la proprietaria

aprì, lui le chiese aiuto e la signora lo fece nascondersi in una vasca piena di acqua

fredda con panni sporchi. Quando i tedeschi arrivarono in quella casa, controllarono

ma non trovarono nessuno. Quando se ne andarono, lui uscì e fu molto contento

perché era riuscito a salvarsi la vita.

Vivere durante la guerra era troppo brutto, infatti mia nonna dice sempre che ai

tempi di oggi siamo fortunati a non vivere più gli episodi tragici del passato.

(A cura di Francesca Giorno)

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Dai ricordi di mio padre……..

Mio padre mi ha raccontato l‟esperienza di suo zio, Peppino Cortese, nella seconda

Guerra Mondiale.

Peppino Cortese nato a Luzzi

il 18 novembre 1923, fratello

di mio nonno Rosario, dovette

partire all‟età di ventidue anni

per il fronte durante la

seconda Guerra Mondiale. Per

un lungo periodo si persero le

sue tracce e nella famiglia lo

sconforto era tanto perché si

pensava che fosse deceduto

durante una battaglia. Dopo

due anni, quando le speranze

erano ormai perse, ritornò nel

suo paese natio a piedi.

Debilitato dalla fame, dalla

sete e dal freddo per i

lunghissimi chilometri percorsi a piedi, appena arrivò a casa si ammalò e si mise a

letto. I tanti sacrifici fatti dalla famiglia per le cure non riuscirono a farlo guarire

dal così détto “male della guerra” e morì dopo quaranta giorni dal suo ritorno il 13

febbraio 1945.

(A cura di Milena Cortese)

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Nonna Adelina racconta………

Il mio bisnonno, Domenico, che non ho avuto la fortuna di conoscere, ha combattuto

come soldato semplice nella Seconda Guerra Mondiale. Aveva appena vent‟anni, non

era ancora sposato, ed ero orgoglioso di andare al fronte per combattere e difendere

la nostra patria: “l‟Italia”.

Diversi sono gli episodi che il mio bisnonno ha raccontato. Durante i combattimenti,

i soldati si facevano coraggio e si sostenevano gli uni con gli altri. Il loro

comandante cercava di confortarli e di non farli sentire tristi cercando di creare

spirito di unione fraterna tra di loro.

Quando si trovavano nel campo di battaglia, i discorsi lasciavano il posto alla paura

e al terrore perché spesso si trovavano vicino a qualche compagno ferito o peggio

ancora morto. In questo caso toglievano la piastrina di metallo dove c‟era inciso il

numero di matricola e la consegnavano al loro comandante che poi provvedeva a

farla recapitare alla famiglia.

Inoltre il mio bisnonno è stato fatto prigioniero e deportato a Magadiscio in Africa.

Appena si è imbarcato sulla nave, grazie al comandante che per puro caso ha dato

l‟ordine di salpare in ritardo, riuscì a salvarsi, i tedeschi infatti avevano bombardato

il ponte dove la nave doveva passare.

Arrivato in Africa, pur essendo prigioniero faceva il macellaio, forniva la carne agli

ufficiali ed era voluto bene da tutti ed aiutava i suoi compagni.

Con l‟arrivo delle forze alleate americane sono stati liberati e riportati nella loro

patria.

(a cura di Ludovica Massafra)

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Nonna Concettina racconta………

Mia nonna Concettina non ha vissuto veramente la guerra perchè aveva solo due

anni, però sua madre le ha raccontato tutto quello che succedeva in quel periodo.

Quando sentivano arrivare gli aerei si rifugiavano nelle campagne circostanti

intorno al paese,e quando andavano a prendere il pane gli davano con la tessera

quel poco che gli spettava in base a quanto erano in famiglia, ma comunque poco,

perchè c'era tanta miseria.

Un giorno dopo lo scoppio della guerra, la mia bisnonna Dima Maria , si trovava a

Ruodo una contrada di Luzzi , era andata a trovare sua sorella con una zia e con il

figlio della zia. Ad un certo punto sentirono un rumore di aerei e si nascosero dietro

a degli alberi, e videro un aereo italiano che aveva bombardato un aereo tedesco.

L' aereo tedesco si schiantò nel fiume Moccone e dopo pochi minuti un altro aereo

tedesco atterrò nel fiume per vedere le condizioni del pilota, che ardeva vivo. Gli

fece un saluto militare e se ne andò . Dopo che se ne andò, il nipote di mia nonna con

altri cugini scese nel fiume per vedere cosa era successo,volevano scendere pure la

mia bisnonna e sua zia, ma appena ritornati i ragazzi le dissero di non dovevano

andare vedere perchè era uno spettacolo orribile vedere un uomo ardere come legna.

Questa è la guerra che non porta a niente di buono.

(a cura di Rinaldo Bevacqua)

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Nonna Maria racconta…………

Il mio bisnonno, Pietro Dima, papà di nonna Maria è stato prigioniero di guerra.

Ricorda quando i prigionieri venivano spostati da una prigione all‟altra, li facevano

camminare con la neve alta che arrivava fino alle ginocchia. Infreddoliti, affamati,

scalzi e svestiti non potevano lamentarsi. Molti di loro non sopravvissero, ma al mio

bisnonno andò bene perché è potuto ritornare a casa e riabbracciare i suoi familiari.

Mia nonna aveva sei anni e ricorda benissimo il rombo degli aerei che andavano a

bombardare oltre a Luzzi anche i paesi vicini specialmente la città di Cosenza.

In quel periodo era difficile trovare qualcosa da mangiare anche piccoli e semplici

generi di prima necessità come il pane perché mancava il grano da poter trasformare

in farina. Ogni famiglia aveva una tessera che gli permetteva di prendere una

piccola razione di cibo.

Anni brutti e dolorosi quelli della guerra che rimarranno impressi per sempre nella

mente di coloro che li hanno vissuti.

(a cura di Alessia Lirangi)

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Nonna Concettina racconta……..

Era appena scoppiata la Seconda Guerra Mondiale, il mio bisnonno, Giuseppe

Garritano, partì per il fronte. Passarono i mesi, gli anni e di lui non si seppe nulla.

Purtroppo era stato ferito gravemente e non poteva mandare notizie a casa.

Sua moglie, con tanto coraggio partì con il treno per andare a cercare suo marito, lo

ritrovò, lo curò e lo riportò nuovamente a casa.

(a cura di Concettina Altomare)

Nonna Maria racconta…………

Mia nonna racconta che due suoi zii, Mario e Angelo Giorno sono partiti per la

guerra e sono rimasti lontano da casa per molti anni, senza mandare notizie alle loro

famiglie, nascondendosi tra i cespugli, patendo freddo e fame, mangiando bucce di

patate per sopravvivere e bevendo acque piovane.

Purtroppo essi furono rinchiusi ad Auschwitz, dove lavorarono duro. A differenza di

altri prigionieri che nei campi di concentramento persero la vita, possono ritenersi

fortunati perché riuscirono a non ammalarsi; furono liberati dagli americani quando

finì la guerra e tornarono a piedi dalla Polonia a Luzzi.

Sua madre quando li vide tornare sani e salvi organizzò loro una grande festa.

(a cura di Davide Vivacqua)

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Nonna Lucia racconta……………

Mia nonna Lucia non ha vissuto la guerra in prima persona, ma grazie ai racconti di

suo padre e di suo nonno, ha potuto raccontarmi qualcosa. Si viveva di paura, paura

di morire, paura di non riuscire ad affrontare un nuovo giorno. Gli uomini dovevano

partire per l‟esercito, anche se non volevano. Partivano con la consapevolezza che

avrebbero potuto non tornare, ma dovevano farlo. Le donne rimanevano a casa

aspettando i loro mariti o i loro figli senza avere la certezza che avrebbero

nuovamente riabbracciati. Infatti molti uomini non fecero più ritorno a casa. I soldati

dei diversi eserciti si uccidevano per difendere la propria terra e se stessi senza

capire il male che stavano facendo.

(a cura di Francesca Straface)

Papà Attilio racconta………

Mi chiamo Francesco Spadafora, da un anno abito in Italia. In questi giorni, con la

maestra e i miei compagni di classe stiamo parlando molto della guerra. Infatti ho

chiesto al mio papà Attilio di raccontarmi qualcosa sulle vicende legate ai due

conflitti mondiali poiché i miei nonni sono andati in Paradiso.

Il mio papà mi ha raccontato che Luzzi fu invaso da tanti soldati che persero la vita

lasciando soli molti bambini. Le case venivano bombardate e c‟era tanta povertà e le

persone perdevano la vita anche per delle malattie infettive.

A me la guerra non piace, meglio vivere in pace e felici con tutti.

(a cura di Francesco Spadafora)

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Nonna Assunta racconta….

Nonna Assunta mi ha raccontato che in tempo di guerra c‟era molta povertà e

miseria. Erano così poveri e affamati che mangiavano persino le patate con la buccia

senza buttare nulla. I più fortunati mangiavano una zuppa condita con grasso di

pecora. I bambini non avevano i giochi elettronici che abbiamo oggi, ma giocavano

per le strade, quando non si combatteva, con una palla fatta di stracci arrotolati

legati con uno spago. Mentre raccontava, ho visto negli occhi di mia nonna tanta

tristezza per le sofferenze che ha dovuto patire, infatti due lacrime hanno rigato il

suo viso segnato dai segni del tempo.

(a cura di Giuseppe Palermo)

Nonna Teresa racconta………

Nonna Teresa mi ha parlato molto della guerra e di tutte le sofferenze che hanno

patito durante quei lunghi anni. Ha assistito a tanti episodi tristi e dolorosi vivendo

nella paura e nella sofferenza. Rombi di aeroplani, colpi di fucile, botti di bombe,

riempivano le loro giornate. Non potevano stare un attimo tranquilli che si sentivano

le sirene suonare e tutti correvano verso i rifugi. Erano poveri, affamati e

infreddoliti. La vita per loro era davvero dura, nessuno poteva opporsi e si riusciva

ad andare avanti con difficoltà.

(a cura di Maria Teresa Calderaro)

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Zio Emilio racconta……

Zio Emilio Montalto, il fratello di mio nonno Camillo, ha partecipato alla seconda

guerra mondiale solo nella parte finale del conflitto dal 1944 al 1945 a Bari. Qui

aveva la mansione di magazziniere al porto e quindi non ha combattuto direttamente

come gli altri soldati. Quando è partito per tornare a casa le linee ferroviarie erano

interrotte ed è tornato a piedi da Bari fino a Luzzi impiegando due settimane. Al suo

ritorno tutti lo accolsero come un eroe festeggiando per molti giorni.

(a cura di Martina Montalto)

Nonna Rosaria racconta……………

La mia bisnonna Rosaria che oggi ha 96 anni, ha vissuto la guerra in prima persona

perché era una ragazza di 16 anni. Mi ha raccontato che venivano scavate gallerie

sotterranee dove si rifugiavano i bambini e le donne durante i bombardamenti.

Erano molto strette e buie. In uno dei tanti coprifuochi successe che una donna

incinta partorì il suo bambino; questa signora era la zia di mia nonna materna

Rosetta Spadafora. Era un episodio particolare poiché significava che c‟era la

volontà di volere la vita e non la morte.

Dopo qualche tempo che si era in guerra, e dopo tante preghiere alla Madonna delle

Grazie, finalmente la radio comunicò che gli Americani, nostri alleati, stavano

sbarcando sulle coste per venire a salvarci. La Madonna secondo mia nonna, fece un

miracolo, grazie a tutte le preghiere.

(A cura di Riccardo Pingitore)

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Incontriamo Nonno Emilio Morelli

Nonno Emilio Morelli nasce a Luzzi il 6 marzo 1924, da un’umile famiglia

di contadini. Anni duri furono quelli della sua giovinezza, anni segnati da

profondi sacrifici, anni che nonno Emilio ormai novantanovenne ricorda

ancora con profonda commozione, soprattutto quando ripensa al giorno

della sua chiamata alle armi.

Aveva appena 18 anni che dovette partire per il fronte.

Non ha direttamente combattuto sul campo di battaglia ma svolgeva la sua

missione nell’ospedale di Trieste.

Ad un tratto nonno Emilio fa una pausa, china il capo sul suo

bastone……….e pensa………….Chissà quali ricordi tristi affiorano nella

sua mente!!!!!!

AIUTO! AIUTO! CHE DOLORE! AIUTAMI!

Pensava a tutti i soldati ricoverati che chiedevano il suo aiuto e si

lamentavano per i dolori delle ferite e delle amputazioni degli arti che

dovevano subire per evitare infezioni.

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Ed ecco che riprende a parlare, raccontandoci vari episodi risalenti al

1940/1945, gli anni della guerra che lui ricorda, nonostante la sua longeva

età, ancora molto bene.

Ci racconta che quando arrivò il bollettino della fine della guerra, tutti i

soldati iniziarono a correre felici, abbracciandosi e facendo festa per la

bella notizia ricevuta.

Partirono subito, in fretta, per far ritorno nella famiglia natia.

Nonno Emilio tornò a Luzzi a piedi impiegando 33 giorni dopo essere

partito da Trieste. Tanti i pericoli e la fame durante il viaggio, ma la forza

di voler riabbracciare la sua famiglia era più forte, così con tanto coraggio

e determinazione arrivò sano e salvo a casa.

Dopo aver chiacchierato ancora un po’ con nonno Emilio ed aver fatto

insieme alcune foto, è arrivato il momento di salutarci, soddisfatti di aver

conosciuto una persona schietta ma anche una autentica fonte storica.

Emilio Morelli, oggi vive, in piena salute e lucidità, a contrada Cirioli,

insieme a sua moglie Carolina, i suoi figli Eleonora, Elio e Salvatore, ai

suoi numerosi nipoti e pronipoti.

Onorati di aver conosciuto Nonno Emilio diciamo ancora una volta grazie

per questa “consegna” del passato.

GRAZIE NONNO EMILIO!