Questa Traviata

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Anno XV - Numero 85 - 18 dicembre 2009 LA TRAVIATA di Giuseppe Verdi Questa T r a viata Zeffirelli alla ricerca della perfezione, con qualche polemica A Pag. 2 La storia dell’oper a Nata da una intuizione, derisa nel debutto veneziano, osannata da un secolo e mezzo A Pag. 6 Il personaggio storico La vita dissoluta di Alphonsine Plessis, la giovane donna che affascinò Parigi A Pag. 8 e 9 Due protagoniste dell’oper a La Camelia, fiore senza profumo A Pag. 13 La Tubercolosi, malattia romantica A Pag. 14 e 15

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Anno XV - Numero 85 - 18 dicembre 2009

LA TRAVIATAdi Giuseppe Verdi

Questa TraviataZeffirelli alla ricerca della perfezione,con qualche polemica

A Pag. 2

La storia dell’operaNata da una intuizione,derisa nel debutto veneziano,osannata da un secolo e mezzo

A Pag. 6

Il personaggio storicoLa vita dissoluta di Alphonsine Plessis,la giovane donna che affascinò Parigi

A Pag. 8 e 9

Due protagoniste dell’operaLa Camelia, fiore senza profumo

A Pag. 13

La Tubercolosi, malattia romantica

A Pag. 14 e 15

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Dopo il grande suc-cesso di due annifa (era il 20 aprile

2007) con il Teatro Co-stanzi tutto esaurito puranche per le recite ag-giunte - come è capitatoanche in questa occa-sione – si è voluto ri-proporre l’allestimentode La Traviata realizza-to in quell’occasione daFranco Zeffirelli perl’Opera di Roma. UnaTraviata che lo stessoZeffirelli ha definito «lapiù vicina allaperfezione» delle otto dalui realizzate in 51 an-ni. Infatti, l’86enne re-gista fiorentino si con-frontò per la prima voltacon questo titolo verdia-no nel 1958.«Ne ho sposa-te tante e le ho amate tutte,ma questa volta nell’etàmatura ho trovato quellache si avvicina alla perfe-zione e che credo rimarrànella storia». «Essa – con-tinua Zeffirelli – è più vi-cina delle altre a quella delmio debutto con questo ti-tolo, ma rispetto a quella èstata affinata, migliorata,da una parte ripulita e dal-l’altra arricchita di tantiparticolari sui quali ho ri-flettuto in tutti questi anni.L’ho pensata come un flashback. Anche Verdi comin-cia l’opera con una musica

greve, triste, che contienetutta la storia». Come nella tradizione diZeffirelli si tratta di unallestimento ricco, son-tuoso, che vuole coglieretutto il fascino e l’elegan-

za di quella Parigi otto-centesca che fece dasfondo alla vera storia diuna prostituta d’alto bor-do del periodo quale fuAlphonsine Plessis,amante anche dello scrit-tore francese AlexandreDumas figlio, il quale nefece la protagonista delproprio romanzo Dameaux Camèlias, da cui Ver-di e Francesco Maria Pia-ve trassero il libretto deLa Traviata.

La polemica

E proprio la maniacalericerca di perfezione diZeffirelli, ha innescato

una polemica della vigi-lia, che ha riportato i tito-li dei giornali indietronel tempo, quando i re-troscena della lirica in-fiammavano le cronache,alimentando le attese dei

singoli spettacoli ed ilmito dei personaggi.Così questa volta è sta-to il fermo “No” di Zef-firelli al soprano Da-niela Dessì a scatenareil battibecco a distanza.Il regista non ha volutoquesto soprano, cheavrebbe dovuto canta-re come Violetta insie-me al marito Fabio Ar-miliato (Alfredo) il 27 e31 dicembre in due re-

cite speciali in forma digala, perché l’ha ritenuta«troppo matura e troppoformosa» per calarsi neipanni della giovanissimaprotagonista che muoreconsunta dalla Tuberco-losi. Alphonsine Plessis,infatti, con il proprio fa-scino e la propria pro-rompente femminilità,divenne protagonista deldemi mond parigino asoli 16 anni, morendopoi per il mal sottile a 23.Una aderenza alla realtàed un amore per la giovi-nezza che a ben vedere ilmaestro toscano ha sem-pre perseguito per certesue regie, si pensi solo ai17 anni di Leonard Whi-ting ed ai 16 di OliviaHussey nel film Romeo eGiulietta del 1968. «PerVioletta ci vuole una can-tante giovane, anche untantino inesperta, che sap-pia trasmettere la freschez-za del personaggio», diceZeffirelli. Offesa si è rite-nuta la Dessì, la quale,nella sua corporatura ro-busta e florida di seno,ha tenuto a precisare diessere dimagrita di ben 6kg, minacciando quereleed annullando anche lapropria partecipazione,nel ruolo di Alice, al Fal-staff – sempre con la re-gia di Zeffirelli – cheaprirà la prossima sta-gione dell’Opera di Ro-ma il 23 gennaio 2010.

Andrea Marini

2 La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

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In questa Traviata destinata a rimanere nella storia,ha cercato il personaggio ideale

Zeffirelli perfezionistanon ha voluto la Dessì

~ ~ La Locandina ~ ~Teatro Costanzi, 18 - 31 dicembre 2009

LA TRAVIATAMelodramma in 3 atti

Libretto di Francesco Maria Piave da Alexandre Dumas figlio

Musica di Giuseppe VerdiPrima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853 Seconda versione: Venezia, Teatro San Benedetto, 6 maggio 1854

Maestro concertatore e Direttore Gianluigi GelmettiMaestro del Coro Andrea Giorgi

Regia e scene Franco ZeffirelliCostumi Raimonda Gaetani

Coreografia Vladimir VassilievDisegno Luci Agostino Angelini

Personaggi / InterpretiVioletta Valery Myrtò Papatanasiu 18, 20, 22, 31 /

Cinzia Forte 19, 23, 29 / Mina Yamazaki 27, 30Flora Bervoix Katarina Nikolic 18, 20, 22, 27, 30 /

Anastasia Boldyreva 19, 23, 29, 31Annina Antonella Rondinone 18, 20, 29, 31 /

Mariella Guarnera 19, 22, 23, 27, 30Alfredo Antonio Gandìa 18, 20, 22, 29 /

Roberto De Biasio 19, 23, 30 / Stefan Pop 27, 31Germont Carlo Guelfi 18, 20, 22, 27, 30 /

Dario Solari 19, 23, 29, 31Gastone Gianluca Floris 18, 20, 22, 29, 31 /

Cristiano Cremonini 19, 23, 27, 30Barone Douphol Angelo Nardinocchi 18, 20, 22, 29, 31 /

Gianpiero Ruggeri 19, 23, 27, 30Marchede D’obigny Andrea Snarski 18, 20, 22, 29, 31 /

Matteo Ferrara 19, 23, 27, 30Dottor Grenvil Carlo Di Cristoforo 18, 20, 22, 29, 31 /

Luca Dell’Amico 19, 23, 27, 30Giuseppe Giuseppe Auletta, Luigi Petroni, Maurizio RossiDomestico di Flora Riccardo Coltellacci, Fabio TinalliCommissionario Andrea Buratti, Francesco Luccioni, Antonio Taschini

ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERAAllestimento del Teatro dell’Opera

Giovanni Boldini - Ritratto della Marchesa Casati (1913)Galleria Nazionale d’Arte Moderna - Roma.

Visitate il nostro sito internetwww.giornalegrandieventi.it

dove potrete leggere e scaricare i numeri del giornale

~ ~ La Copertina ~ ~

Stagione 2010 al Teatro Costanzi23 - 31 Gennaio FALSTAFF

di Arrigo BoitoDirettore Asher Fisch Interpreti Renato Bruson, Ruggero Raimondi, Juan Pons, Alberto Mastromarino,

Carlos Álvarez, Pierluigi Dilengite, Luca Salsi, Carlo Di Cristoforo Patrizio Saudelli,Taylor Stayton, Daniela Dessì, Mina Yamazaki, Laura Giordano,

Gladys Rossi, Elisabetta Fiorillo, Rossana Rinaldi, Francesca Franci

16 - 23 Marzo MEFISTOFELEdi Arrigo Boito

Direttore Renato PalumboInterpreti Orlin Anastassov, Francesco Palmieri, Stuart Neill, Amarilli Nizza,

Teresa Romano, Anda-Louise Bogza, Letizia Del Magro, Amedeo Moretti

1 - 11 Aprile TOSCAdi Giacomo Puccini

Direttore Fabrizio Maria CarminatiInterpreti Svetla Vassileva, Anda-Louise Bogza, Nadia Vezzù, Francesco Grollo,

Carlo Guelfi, Alberto Mastromarino, Franco Giovine

18 - 28 Maggio MADAMA BUTTERFLYdi Giacomo Puccini

Direttore Daniel OrenInterpreti Xiu Wei Sun, Raffaella Angeletti, Marco Berti, Pier Luigi Dilengite

Mario Bolognesi, Francesca Franci, Armando Gabba, Carlo Striuli, Angelo Nardinocchi

17 - 24 giugno MANONdi Jules Massenet

Direttore Alain GuingalInterpreti Annick Massis, Sylwia Krzysiek, Massimo Giordano,

Paolo Battaglia, Alfredo Zanazzo

Stagione Estiva alle Terme di Caracalla15 luglio - 5 agosto AIDA

di Giuseppe VerdiDirettore Daniel OrenInterpreti Daniela Dessì, Giovanna Casolla, Fabio Armiliato

28 luglio - 8 agosto RIGOLETTOdi Giuseppe Verdi

Direttore Steven Mercurio1 - 6 ottobre ROBERTO DEVEREUX

di Gaetano DonizettiDirettore Bruno BartolettiInterpreti Gian Luca Terranova, Carmela Remigio, Alberto Gazale, Sonia Ganassi

4 - 11 novembre ADRIANA LECOUVREURdi Francesco Cilea

Direttore Maurizio ArenaInterpreti Martina Serafin / Giovanna Casolla, Marcello Giordani,

Katia Lytting / Agnes Zwierko, Alessandro Guerzoni

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Grande attesa per questa Traviatafirmata da Franco Zeffirelli, laquale riprende l’allestimento rea-

lizzato dal regista fiorentino per l’operadi Roma nell’aprile 2007, che andò inscena per 10 repliche. Anche questa vol-ta tutto esaurito già da un paio di mesi.Una grande visione del capolavoro ver-diano, ultimo titolo della cosiddetta“Trilogia Popolare”, destinato a passarealla storia. Si tratta dell’ottavo allesti-mento originale nella carriera dell’86en-

ne Zeffirelli, che con questo titolo si ap-procciò per la prima volta 51 anni fa, nel1958. Allestimento che lo stesso registadefinisce «vicino quasi alla perfezione».E proprio la ricerca di perfezione ha ge-nerato alla vigilia qualche polemica, perla decisione di Zeffirelli di non volere ilsoprano Daniela Dessì «troppo matura etroppo corpulenta», lontana dal perso-naggio di una donna giovane, consuntadalla tubercolosi (il personaggio storicocui l’opera si ispira, Alphonsine Plessis,

morì, infatti, a soli 23 anni). La Dessì,stizzita, ha deciso di non cantare neppu-re come Alice nel Falstaff – sempre conla regia di Zeffirelli - che il 23 gennaioprossimo aprirà la nuova stagione del-l’Opera di Roma. Su quello che è statoper tanti anni il “suo” podio, torna, in-vece, il direttore Gianluigi Gelmetti, ilquale, come suo solito, guarderà ad unapiena aderenza alla partitura, lasciandoda parte qualsiasi ricerca d’eccesso divirtuosismo da parte dei cantanti.

3La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

La vicenda si svolge a Parigi e dintorni, tra l’agosto1850 circa ed il febbraio successivo.

ATTO I – Mese di Agosto – La bella e famosamondana Violetta Valery, amante del barone Douphol, ha dato nellasua casa un fastoso ricevimento per una raffinata compagnia di gau-denti aristocratici e compiacenti signorine. Un po’ disorientato gira Al-fredo Germont, introdotto dall’amico Gastone visconte di Letorièrescon il proposito di conoscere l’affascinante padrona di casa. Violettaconfida all’amica Flora Bervoix di voler annegare nell’ebbrezza il dolo-re e le pene che le reca la salute. Gastone le presenta Alfredo. QuandoVioletta per sdrammatizzare propone un brindisi collettivo, Alfredobrinda a lei, invitandola a ballare. Mentre i due si recano nel salone con-tiguo, una crisi di tosse frena Violetta che viene assistita da Alfredo. L’e-co dei valzer funge da lontana colonna sonora alla conversazione deidue: alle profferte d’amore di lui, si alternano le ricuse divertite di lei,che dona ad Alfredo il suo fiore preferito, una camelia, promettendo dirivederlo quando sarà appassita. Alla fine della festa, Violetta, rimastasola, s’accorge di essere per la prima volta seriamente innamorata.

ATTO II – Gennaio dell’anno successivo, in una casa di campagna pressoParigi – Alfredo e Violetta vivono felici fuori Parigi, lontani dalla mon-danità. Ma Alfredo viene a sapere dalla cameriera Annina che Violetta– ormai privata delle munifiche elargizioni di tanti protettori – ha do-vuto vendere i gioielli per pagare le spese della nuova vita. Il giovaneapre gli occhi e parte per Parigi in cerca di soldi. Violetta, rimasta sola,riceve l’inaspettata visita del padre di Alfredo, Giorgio Germont, il qua-le le chiede di troncare la relazione che rischia di portare il figlio alla ro-vina. Violetta dimostra all’uomo di aver venduto i propri gioielli pur dinon chiedere denaro all’amante. Germont, mortificato, la scongiura dirinunciare ad Alfredo per salvare il fidanzamento della figlia, che ri-schia di saltare da quando il futuro sposo ha appreso della scandalosa

relazione del cognato. Violetta, non senza intimalotta, accetta di sacrificare la propria felicità, maad un patto: lei abbandonerà Alfredo in cambiodella promessa che quando il dolore avrà sopraf-

fatto la sua cagionevole salute, la verità venga rivelata all’amato. Ger-mont accetta commosso. Rimasta sola Violetta si appresta a scrivereuna mendace lettera ad Alfredo, ma è da questo sorpresa. Trai duescoppia una forte eccitazione che culmina nella straziante richiesta d’a-more «amami Alfredo…». Violetta fugge poi verso Parigi, lasciando lalettera per Alfredo, che dopo averla letta cade disperato tra le bracciadal padre, per poi staccarsene deciso a scoprire il presunto amante diVioletta. Scena II – La festa in casa di Flora è al culmine quando giunge Violet-ta al braccio del barone Douphol. Alfredo è al tavolo da gioco e finge in-differenza, vincendo alle carte anche il rivale. La tensione è alta. Violet-ta rimasta sola con Alfredo lo vorrebbe far allontanare, ma per non sve-lare la verità, è costretta ad ammettere di amare Douphol e di aver giu-rato a questo di non rivederlo più. Alfredo, irato, denuncia pubblica-mente la condotta della donna e le getta ai piedi una borsa con denaro.Giunge il padre che rimprovera Alfredo per il gesto.

ATTO III – In febbraio a casa di Violetta – La musica del preludio ripor-ta alla festosità del I Atto. Violetta è invece a letto, malata di tisi e senzasperanza. Riceve una lettera di Germont, che le annuncia – secondo i pat-ti - di aver rivelato la verità ad Alfredo, che sta per raggiungerla. Violetta piange e rilegge più volte la lettera, ma teme che egli giungatroppo tardi. Ma la fedele Annina le annuncia l’arrivo di Alfredo, che si getta tra lebraccia di Violetta. La donna vorrebbe alzarsi, ma non ce la fa. Arri-va anche il vecchio Germont. Pochi istanti di apparente vigore perVioletta, che poi cade esanime tra le braccia di Alfredo, unico amoredella sua vita.

La Trama

Le ReplicheSabato 19 dicembre, h. 18.00

Domenica 20 dicembre, h. 16.30

Martedì 22 dicembre, h. 20.30

Mercoledì 23 dicembre, h 20.30

Domenica 27 dicembre, h. 16.30

Martedì 29 dicembre, h. 20.30

Mercoledì 30 dicembre, h. 20.30

Giovedì 31 dicembre, h. 18.00

Torna La Traviata di Zeffirelli, con qualche polemica

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ama in cifrePopolazione equivalente servita: 3.169.000

Area servita dalla raccolta: kmq 1.285

Km lineari di strade servite: 3.370

Totale rifiuti raccolti: t/anno 1.760.732

Raccolta differenziata: t/anno 343.493

Automezzi: 2.342

Sedi: 77

Isole Ecologiche e Centri di Raccolta: 13

Stabilimenti e impianti: 10

L’ambientein buone mani.

www.amaroma.itwww.amaroma.itwww.amaroma.itwww.amaroma.it

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5La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

L’amato Alfredo, avrà al voce dei tenori Antonio Gandìa(18/20/22/29), Roberto De Biasio (19/23/30) e Stefan Pop(27/31).

Considerato uno dei più interessanti giovani tenori spagnoli, Anto-nio Gandìa, dopo gli studi al Conservatorio di Valenzia si è perfe-zionato con Alfredo Kraus alla Escuela Superior “Reina Sofia” di Ma-drid. Nel 2000 ha debuttato al Teatro Real di Madrid nel Rosenkavalier(Strauss), ricevendo nel 2004 il primo premio assoluto al Concorso In-ternazionale “Francisco Viñas” di Barcellona. Interprete di Orombel-lo in Beatrice di Tenda al Teatro alla Scala di Milano, è stato recente-mente impegnato a Cosenza ne La Traviata (Verdi).Roberto De Biasio, siciliano, ha debuttato nel 2006 al Teatro Doni-zetti di Bergamo nel ruolo di Ed-gardo in Lucia di Lamermoor (Do-nizetti). Ha interpretato ruoli co-me il Conte di Leicester in MariaStuarda, Gennaro in Lucrezia Bor-gia e Cassio ne l’Otello all’Operadi Roma diretto da RiccardoMuti. La prima mondiale di Tita-nia la rossa di Liberovici, testo eregia di Albertazzi, lo ha impe-gnato nel personaggio di Obe-ron al Teatro Municipale di Pai-cenza. Ha cantato nel ruolo diPinkerton ne La Madama Butter-fly presso la Kyoto Concert Hall.Lavora con registi e direttori difama internazionale. Nato in Romania, il tenore Ste-fan Pop, è vincitore di numerosipremi in concorsi internazionali di canto, tra cui “Sigismund Godu-ta” 2007, “Hariclea Darclée” 2007, “Martian Negrea” 2008, “Ionel Per-lea”, “Sabin Dragoi” 2009. Quest’anno è stato impegnato, tra l’alto,nella prima assoluta di Colinda balada op. 46 di Gyorgy Kurtag conl’Orchestra Filarmonica Transilvania Cluj-Napoca. Per la prima voltacanta all’Opera di Roma.

Antonio Gandìa, Roberto De Biasio e Stefan Pop

Alfredo Germont,stregato da Violetta

Isoprano Myrtò Papatanasiu (18/20/22/31), Cinzia Forte(19/23/29) e Mina Yamakazi (27/30) si alterneranno nel ruolo diVioletta.

Myrtò Papatanasiu, soprano di nazionalità greca, si diploma in can-to al Conservatorio di Salonicco. Ha perfezionato i suoi studi a Mi-lano sotto la guida di RobertoCoviello. Il debutto, giovanissi-ma, all’Opera di Salonicco con IlCombattimento di Tancredi e Clo-rinda di Monteverdi. Ha inter-pretato molte volte il ruolo diCarolina ne Il matrimonio segreto

di Cimarosa all’Opé-ra di Montecarlo, alRegio di Torino e al-l’Opéra Comique diParigi. Al Teatro del-l’Opera di Roma tor-na con il ruolo diVioletta ne La Travia-ta, dopo il debuttonel 2007 nella pro-duzione di Zeffirelli,ruolo interpretatoanche alla Welsh National Opera con la regia di Mc Vi-car. Ha debuttato all’Accademia Santa Cecilia di Romain una nuova produzione di Daniele Abbado di Così fantutte (Fiordiligi). Cinzia Forte, napoletana di nascita e romana di adozio-ne, ha vinto numerosi concorsi internazionali, tra cui il“Giacomo Lauri Volpi” di Latina e il Concorso “A. Bel-

li” di Spoleto. Dopo il debutto al Teatro Lirico Sperimentale di Spo-leto, è stata invitata dai più prestigiosi teatri internazionali, tra cuiil Teatro alla Scala, il Covent Garden di Londra, Royal Concertge-bouw e Nederlandese Opera di Amsterdam, il New National Thea-tre di Tokyo. Il suo repertorio comprende opere di autori come Bel-lini, Donizetti e Rossini. A Roma torna al Teatro dell’Opera dopoaver interpretato con successo Marie ne La fille du régiment (Doni-zetti). Mina Yamazaky, soprano giapponese naturalizzata in Italia, si èimposta all’attenzione internazionale cantando in importanti teatrifra i quali, il Grossenfestspielhause di Salisburgo, New NationalTheatre di Tokyo, Den Norske Opera di Oslo, La Fenice di Venezia,il Teatro Lirico di Cagliari e il Massimo di Palermo. Nel suo reper-torio titoli come La Bohème, La Traviata, Madama Butterfly, Don Gio-vanni, Turandot, Il Trovatore, Pagliacci e Carmen. Ha collaborato condirettori d’orchestra di fama internazionale (Aprea, Rizzi Brignoli,Gelmetti, Lombrad, Kazushi Ono). All’Opera di Roma ha già canta-to in Die Zauberflöte e La Bohème.

Myrtò Papatanasiu, Cinzia Forte e Mina Yamakazi

L’affascinante Violetta Valery,amante di tanti uomini

Pagina a cura di Martina Proietti – Foto: Corrado M. Falsini

Ibaritoni Carlo Guelfi (18/20/22/27/30) e Dario Solari(19/23/29/31), si alterneranno nell’interpretazione di Germont,padre di Alfredo.

Nato a Roma, il baritono Carlo Guelfi, ha studiato canto con lo ziopaterno Renato Guelfi. Nel 1983 vinse il Concorso Internazionale“Aureliano Pertile”.Da allora ha iniziato un’intensa e brillante carrie-ra che lo ha portato a collaborare con i maggiori teatri del mondo, fra

i quali il Teatro Alla Scala,l’Opera di Roma, il Comu-nale di Firenze, La Fenicedi Venezia, l’Arena di Ve-rona, l’Accademia Nazio-nale di Santa Cecilia, il Me-tropolitan, la CarnegieHall di New York, la Staat-soper di Vienna, l’O-pernhaus di Zurigo, laStaatsoper di Monaco, ilFestival di Salisburgo, ilTeatro Real di Madrid ed ilNew National Fondationdi Tokyo. Fra gli impegnirecenti si segnalano La bat-taglia di Legnano alla Car-

Carlo Guelfi e Dario Solari

Il vecchio Germont, contrarioalla relazione del figlio

negie Hall di New York. All’Opera di Roma ha cantato ne Il Tabar-ro e Gianni Schicchi (2002). Nato a Montevideo, in Uruguay, il baritono Dario Solari, ha stu-diato canto alla Scuola Nazionale di Arte Lirica del suo paese e nel1999, su invito di Katia Ricciarelli, si è trasferito in Italia, perfezio-nandosi sotto la guida di Paolo Washington. Vincitore di numerosiconcorsi, ha debuttato nel 2001 tenendo alcuni concerti e cantandoopere come La Rondine di Puccini e Die Zauberflöte di Mozart. Ha in-terpretato il ruolo di Figaro nel Barbiere di Siviglia di Rossini, al-l’Opéra di Montecarlo, al Filarmonico di Verona ed al Massimo diPalermo. Hanno fatto poi seguito ruoli come Silvio (Pagliacci), Shar-pless (Madama Butterfly) e Marcello (Bohème) all’Opera di Roma. Perl’inaugurazione della stagione 2004 dell’Opera di Roma ha debut-tato il ruolo di Cloteau nella prima assoluta di Marie Victoire di Re-spighi, diretto da Gianluigi Gelmetti. Nel 2006 è tornato a Roma conMaria Stuarda nel ruolo di Lord Guglielmo Cecil.

Myrtò Papatanasiu

Myrtò Papatanasiu e Antonio Gandìa

Carlo Guelfi

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6 La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Storia dell’opera

Derisa al debutto ambientato nel ‘600,osannata alla ripresa 14 mesi dopo

«La Traviata, ierisera, fiasco. Lacolpa è mia o dei

cantanti?...Il tempo giudi-cherà», scrisse Verdi, do-po la disastrosa prima alTeatro La Fenice di Ve-nezia il 6 marzo 1853.Come il debutto, la ste-sura di Traviata, non futranquilla. Verdi duranteil proprio soggiorno aParigi, città dove si eratrasferito con Giuseppi-na Strepponi alla fine del1851 per fuggire allechiacchiere degli abitantidi Busseto, nel febbraio1852 ebbe modo di assi-stere presso il Théâtre duVaudeville al dramma diAlexandre Dumas figlio,la Dame aux camélias, re-standone positivamentecolpito.Poco dopo essere tornatodalla capitale francese,Verdi il 4 maggio 1852firmò un contratto con laFenice di Venezia con ilquale si impegna a scri-vere un’opera per ilcarnevale successivoed a consegnare il te-sto poetico – il cui au-tore doveva esserescelto e pagato daVerdi – entro la finedell’estate. La deci-sione sul soggetto sirivelò, però, più diffi-cile del previsto ed ilcompositore fu co-stretto a chiedere unaproroga sulla conse-gna del libretto.A fine estate Piavestava scrivendo un te-sto, probabilmentequello dell’Ebrea, trat-to dalla Juive de Co-stantine di Gautier eParfait, che terminòin ottobre a Sant’Agata,quando improvvisamen-te Verdi s’infiammò perquella Dame aux caméliasdi Alexandre Dumas fi-glio che vi aveva narratoin chiave romanzesca lapropria storia d’amorecon una celebre mante-nuta parigina.Questo dramma in cin-que atti, ritenuto scabro-so dalla critica per la suaforte carica autobiografi-ca e per la sua disarman-te contemporaneità, ve-

deva la figura della pro-tagonista, MargueriteGautier, ispirata adAlphonsine Duplessis,famosa cortigiana pari-gina che morì, venti-treenne, l’anno primadell’uscita del romanzo,nel 1848. Si pensò così dicambiare i nomi dei pro-tagonisti (Marguerite di-venne Violetta Valery,

Armand e Georges Du-val cambiarono in Alfre-do e Giorgio Germont).Accettando il titolo diTraviata scelto dalla cen-sura (che rifiutò quellodi Amore e morte richiestodal compositore), Verdie Piave pensarono di la-sciare che la storia fossesimile al dramma, ridu-cendo i personaggi se-condari per dare mag-gior risalto ai tre prota-gonisti. In una lettera al-l’amico Cesare De Sanc-

tis del 1 gennaio 1853Verdi scrisse: «A Veneziafaccio la Dame aux Came-lias che avrà per titolo, for-se, Traviata. Un soggettodell’epoca. Un altro forsenon l’avrebbe fatto per i co-stumi, pei tempi e per millealtri goffi scrupoli [...].Tutti gridavano quando ioproposi un gobbo da mette-re in scena. Ebbene ero feli-

ce di scrivere il Rigolet-to».Trovato il soggetto, ilmusicista mise manoalla partitura proprionello stesso periodoin cui stava comple-tando Il Trovatore,che sarebbe andatoin scena a Roma alTeatro Apollo il 19gennaio 1853 e cheavrebbe riscossogrande successo co-me il Rigoletto l’11marzo 1851. Terzo eultimo “tassello” del-la cosiddetta “Trilo-

gia popolare”, LaTraviata fu scritta,quindi, tra Roma eVenezia. Mentre il

librettista Francesco Ma-ria Piave modificava al-cune parti del librettoperché giudicate tropponoiose per il pubblico,Verdi si trovò alle presecon i problemi della scel-ta dei cantanti. La ricercadi una «donna di primaforza» per la protagoni-sta, come chiesto al di-rettore della Fenice Car-lo Marzari, si conclusecon un insuccesso ed ildisastroso debutto del 6marzo 1853. Il soprano

Fanny Salvini Do-natelli, il tenoreLudovico Grazia-ni nel ruolo di Al-fredo ed il barito-no Felice Varesi inquello di Ger-mont, si rivelaro-no inadeguati,non in voce e nona loro agio inun’opera così par-ticolare e fuori da-gli schemi, e di-vennero gli ele-menti negatividella serata. Lecronache riporta-rono come notiziaprincipale le risate

del pubblico veneziano,nel vedere la giunonicaprotagonista morire diconsunzione: «La Travia-ta ha fatto un fiascone e,peggio, hanno riso», disseVerdi. «Eppure, che vuoi?Non ne sono turbato. Hotorto io o hanno torto loro?Per me credo che l’ultimaparola sulla Traviata non

sia quella di ieri sera. La ri-vedranno e vedremo!». Ilcompositore, infatti, cre-deva molto nel valoredell’opera, così come l’a-veva pensata (ambienta-ta nell’Ottocento, quasi adenunciare l’ipocrisia dicerta società del tempo,con una trama priva diintrighi e di duelli e conun suo contesto “priva-to” e domestico, tuttenovità per l’epoca): «Unsoggetto dell’epoca. Un al-tro forse non l’avrebbe fatto

per i costumi, pei tempi eper mille altri goffi scrupo-li…Io lo faccio con tutto ilpiacere. Tutti gridavanoquando proposi un gobboda mettere in scena. Ebbe-ne, io ero felice di scrivere ilRigoletto». Con le criti-che non del tutto sfavo-revoli, Verdi decise dicercare una compagniavocale all’altezza per ilsecondo allestimento,vietando, intanto, le re-pliche dell’opera fino alreperimento di un cast disuo gradimento.

Il secondo debutto

La Traviata venne, dun-que, ripresa, con alcunicambiamenti di lieve en-tità, il 5 maggio 1854 alTeatro San Benedettosempre a Venezia, dopoaver contemplato l’ipo-tesi di portare l’opera aRoma. Questa volta Ver-di scelse i cantanti chepiù si adattavano alle

singole parti: MariaSpezia, FrancescoLandi come Alfredo eFilippo Coletti comePapà Germont. Il de-butto del nuovo cast,il 6 maggio 1854, fuun immediato, gran-dissimo, successo, cheportò Verdi ad escla-mare: «Tutto quello cheesisteva per la Feniceesiste ora pel S. Benedet-to. Allora fece fiasco; orafa furore. Concludetevoi!». Con pochissimicambiamenti, non talida ribaltare il giudi-zio precedente in cosìpoco tempo, La Tra-viata piacque, con isuoi personaggi “nor-

mali”, con una protago-nista ritenuta scandalo-sa, con una ambienta-zione quasi dimessa enon ridondante, riscuo-tendo un successo parti-colare: nel giro di quat-tordici mesi aveva fattocambiare idea al mede-simo pubblico ed iniziòda qui ad essere rappre-sentata in tutta Italia edin Europa, senza smette-re mai di essere discussae criticata.

M. M.

Lodovico Graziani (1820-1885)Primo Alfredo alla Fenice

Fanny Salvini Donatelli (1815-1891)Prima Violetta alla Fenice

Il Teatro La Fenice di Venezia in una litografia del 1854

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7La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

«La Traviata hafatto un fiasconee peggio, hanno

riso. Eppure, che vuoi?Non ne sono turbato. Hotorto io o hanno torto loro?Per me credo che l’ultimaparola sulla Traviata nonsia quelle d’jeri sera. La ri-vedremo e vedremo! Intan-to, caro Mariani, registra ilfiasco…». Scriveva cosìVerdi al direttore d’or-chestra Angelo Marianiil giorno dopo il contra-stato debutto di Traviataalla Fenice di Venezia, il6 marzo 1853.Nonostante i fischi e il“riso”,il musicista mo-strava una composta se-renità, segnale della pro-pria convinzione di averlicenziato un’opera di ri-lievo. Ed ebbe ragione,perché ben presto Travia-ta non solo rinacque, masi impose come uno deimassimi capolavori delnostro teatro e uno dei ti-toli più popolari del suorepertorio.I motivi del successostanno tanto nella impo-stazione drammaturgicadel lavoro, quanto nellapartitura musicale.«Sono solo un uomo di tea-tro» dichiarò una voltaVerdi, rifiutando l’etichet-ta di illustre musicista.Lavorando sul librettoche Francesco Maria Pia-ve aveva tratto da La da-me aux camelias diAlexandre Dumas figlio,il musicista riuscì a co-struire un’affascinantetragedia sull’amore esulla morte, mescolandogenialmente, leggerezzae drammaticità, lirismo etensione.Domina il valzer, la dan-za tipica dei salotti otto-centeschi. Ed è sul ritmoternario del valzer che siincrociano i bicchieri nelbrindisi forse più famosodel teatro italiano. In «Li-biamo ne’ lieti calici», sicoglie la freschezza e lapassionalità dell’amoredi Alfredo ma si intrave-de anche il primo segna-le di turbamento di Vio-letta. Inizia nell’allegriae nella frenesia dellamondanità parigina l’o-pera per virare immedia-

tamente dopo con unadelle più grandi scenemai concepite.

Follie, follie…

Il lungo, incredibile mo-nologo di Violetta è, in ef-fetti, un capolavoro per-ché ci regala l’immaginedi una donna che appa-rentemente feli-ce, vive undramma interio-re fortissimo,combattuta trauna esistenzafrivola e il desi-derio di abban-donarsi all’amo-re per un uomoe, attraverso lui,“ r e d i m e r s i ” .Violetta attaccacon una frasefatta di dubbi,poche note in-corniciate dapause: «E’ stra-no! E’ strano!».Sola, nella suacasa improvvi-samente freddae silenziosa,Violetta si inter-roga e si lasciaandare a una sottile spe-ranza d’amore: «Ah fors’èlui che l’anima». Un amoremisterioso, «croce e deliziaal cor». C’è, nella donna,la paura di abbandonarsial sentimento. Di qui lareazione: «Follie, follie»con una autocommisera-zione ma anche con la de-terminazione di cambiareregistro. «Povera donna»canta Violetta su una sca-la discendente da fa a do.E qui, aprendo una pa-rentesi, vale la pena ricor-dare che in Falstaff allor-ché Quickly, nella primascena del secondo atto, sireca da Falstaff comemessaggera d’amore innome di Alice (per un fal-so appuntamento, unatrappola nei confronti delvecchio libertino), com-miserandone il presuntoinnamoramento, usa lastessa frase sulle medesi-me note: un’autocitazio-ne ironica che mostra tut-to l’umorismo del vec-chio Verdi.Tornando a Traviata, alpatetismo segue l’allegro

brillante in cui Violettacerca di ritornare quelladi prima: «Sempre liberadegg’io folleggiare di gioiain gioia». La scrittura si faimpervia, virtuosistica,gli abbellimenti servonoa rendere magistralmen-te il carattere svolazzantedella donna, così comenel Barbiere di Siviglia le

acrobazie vocali di Rosi-na ne restituivano i ca-pricci e la determinazio-ne. E’ stato spesso soste-nuto che la parte di Vio-letta richiederebbe duegrandi interpreti in quan-to Verdi le ha affidatouna scrittura particolar-mente complessa e varia-ta: impervia e svolazzan-te per rendere la legge-rezza della donna; inten-sa e lirica per svelarne isentimenti più sinceri eprofondi. Certo è che Violetta èuno dei personaggi piùtotalizzanti del teatromelodrammatico. ComeDon Giovanni, costitui-sce il motore di ogniazione e di ogni senti-mento. O è in scena o èevocata dagli altri.

Amami, Alfredo

Tutti noi frequentatori diteatro lirico, abbiamo lenostre debolezze. A volteinconfessabili, ma vere,autentiche. Pagine che cifanno venire la pelle d’o-

ca. A quanti sfugge unalacrimuccia quandoMimì giace nel suo lettodi morte, oppure quandoCio-cio-san, altra figuraincommensurabile, la piùgrande eroina puccinia-na, si pugnala.Chi scrive prova unastrana emozione quandoVioletta grida il suo amo-

re così grandee così impossi-bile: «AmamiAlfredo!». E’una paginab r e v i s s i m a ,ma preparatain maniera tal-mente genialeda Verdi dadiventare ilfulcro di tuttal’opera: il mo-mento del sa-crificio, delladichiarazioned’amore e del-l’abbandono.Tutto in dueparole, in po-chi istanti con-sumati frapause, sin-ghiozzi, imba-razzi, fino allo

slancio immenso che tra-scende l’amore di Violet-ta per Alfredo. E’, sem-plicemente, l’invocazionedell’Amore in sé, univer-sale, globale, disperatoeppure immortale.Di fronte a questa gran-dezza, a questa superbadonna che sa mettersi daparte per non turbare l’e-sistenza dei Germont, glialtri personaggi sono pic-coli piccoli. A cominciareda Alfredo che non sa ve-dere al di là del proprionaso, che non capisceVioletta, che ha reazioniestreme e infantili: il te-nore pieno di sé e baldan-zoso cui Verdi affidaqualche pagina di spes-sore, ma senza una parti-colare simpatia.Come in molte opere ot-tocentesche («L’opera èquello spettacolo in cui il te-nore cerca di portare a lettoil soprano e il baritono glie-lo impedisce», ammonivaGeorge Bernard Shaw)spetta al baritono, ovve-ro a Giorgio Germont,vestire i panni dell’inter-

locutore e del censore diVioletta. L’aria «Pura sic-come un angelo» è di note-vole bellezza: nella suafalsa moralità, Germontcerca di intenerire Violet-ta con il riferimento allainnocenza della sorelladi Alfredo. Ed è magi-strale l’idea di Verdi dicontrapporre al lirismodisteso di questa pagina,la risposta nervosa, ansi-mante di Violetta, su fra-si interrotte e spezzate:«Non sapete quale affetto,vivo, immenso, m’arda inpetto». Quando Violetta,piegata alle richieste, ac-cetta di andarsene, Verdicostruisce un andantinocantabile che è il cantod’addio alla vita, quellasognata: «Dite alla giovinesì bella e pura». Il trionfodi Germont viene sug-gellato dalla successivaaria «Di Provenza il mare,il suol» rivolta al figlioper consolarlo della par-tenza della donna e perriportarlo nella propriacasa. Il secondo atto diTraviata è costruito conun senso del teatro dav-vero geniale, con una for-te tensione emotiva. La seconda parte dell’at-to è il momento della re-sa dei conti. La superfi-cialità di Alfredo emergein tutta la sua stupidag-gine con il celebre“schiaffo”: «A testimon vichiamo che qui pagata iol’ho». E’ lo stesso Ger-mont a difendere Violet-ta ed il concertato con-clusivo rappresenta unasorta di glorificazionedella povera donna. Il terzo atto regala l’acco-rata lettura della lettera(«Teneste la promessa, la di-sfida ebbe luogo») e lostruggente «Addio del pas-sato». Poi la morte che, co-me spesso accade nel Ro-manticismo, è una sortadi catarsi, di liberazione.Violetta diventa un’eroi-na, si spegne fra le bracciadel suo Alfredo e riscattacon una coraggiosa morteuna vita che la societàborghese non le avevaconsentito di cambiare,obbligandola a rimanerecortigiana.

Roberto Iovino

Analisi Musicale

Una perfetta simbiosi tra drammaturgia e musica

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«In vendita elegantemobilio intarsiato escolpito, tappezze-

rie, gioielli, argenterie, dia-manti…».Così recita ilmanifestino dell'asta cuifurono messi gli averi diAlphonsine Plessis, aliasMarie du Plessis, coleiche venne trasfigurata daAlexandre Dumas figlioin Marguerite Gautier ed,infine, fasciata nel costu-me di Violetta Valery daGiuseppe Verdi.Era il 27 febbraio1847. Siera appena spenta in soli-tudine ad appena 23 anni,la cortigiana più ammira-ta dell'opulenta Parigi diLuigi Filippo. Fu uccisada una forma particolar-mente grave di tubercolo-si, un terribile flagello cheall'epoca mieteva circasette vittime ogni diecipersone malate.L'asta ebbe luogo nellostesso appartamento do-ve Alphonsine morì, alnumero 15 del boulevardde la Madeleine, palazzoche oggi non esiste più aParigi, snaturato da suc-cessive costruzioni.In quella «splendida fognapurificata dalla morte» co-me ebbe a definirlo Du-mas ne La dame aux came-

lias, si aggirarono le si-gnore della buona so-cietà, scegliendo qui untrumeau, là una tappezze-ria o un cofanetto d'ar-gento, magari contrasse-gnato dal monogrammadi qualche antico amantedi Alphonsine.Alla schiera di questi

amanti appartenne lostesso Dumas che, nel1844, grazie all'amico Eu-gene Dejazet, conobbe lafemme fatale ad una festa.Ritiratasi dal salone perun accesso di tosse,Alphonsine ricevette l'ap-passionata dichiarazionedi Alexandre; nacque unarelazione che durò circaun anno, finché il giovanescrittore, che per lei avevaspeso una fortuna, non fupiù disposto a tollerareche lei mantenesse rela-zioni con i suoi ricchiamanti Stackelberg ePerrigaux. «Io non sononé così ricco per amarvi co-me vorrei - le scrisse nellalettera d'addio - né cosìpovero per essere amato co-me voi vorreste».Dumas apprese della suamorte pochi giorni dopoe scrisse di getto il roman-zo che poi, una volta tra-sposto in versione teatra-le, diede il via alla suabrillante carriera di dram-maturgo.

Un'infanzia infelice

Al di là delle rarefatteidealizzazioni romanti-che, quello che sappiamosulle origini di Alphonsi-ne ci conduce a una vi-cenda di desolante squal-

lore. L'umile nascita nelborgo di Nonnant, inNormandia, la madrefuggita di casa, il padre,Marin, un alcolizzato chela picchiava, poi il lavorodi lavandaia, il concubi-naggio - favorito dal pa-dre- con un vecchio liber-tino, che destò un talescandalo da costringerla arifugiarsi nell'anonimatodi Parigi, dove trovò l'im-piego di commessa in unnegozio d'abbigliamento. Era indubbiamente unasplendida ragazza: un ri-tratto di Vienot, conser-vato nel castello diChampflour, ci tramandaun ovale perfetto, capellineri come il carbone, pet-tinati a tirebouchon, linea-menti di rara finezza sot-to due sopracciglia ad ar-co quasi geometriche. Dalsuo passaporto sappiamoche era alta circa un me-tro e sessantacinque, maera considerata un po'troppo alta e sottile per icanoni dell'epoca.Dissimulava questafigurina slanciata conampi vestiti di colorechiaro.A causa del suo scar-so rendimento sul la-voro fu licenziata, maormai Alphonsineaveva imparato aconfidare nella pro-pria bellezza.Si vestì con ricercatez-za e si mise ad aspet-tare la grande occa-sione della sua vita.Fu così che conobbe ilgiovane e facoltoso conteAntoine de Guiche. Si tra-sferì in una villa in rueMont-Thabor dove, quasicome in My Fair Lady, ilsuo Pigmalione le pose alservizio modiste, inse-gnanti di galateo, ballo,portamento e dizione, chele scrostarono quanto diplebeo ancora le rimane-va indosso, per farne unasquisita mattatrice dei sa-lotti più alla moda.

Un nuovo status

Alphonsine raccolse gliinsegnamenti ricevuti alpunto che, alla fine,ovunque apparisse, all'O-pera, al Café de Paris, al

Théâtre des Italiens o alJockey Club, non avevarivali per bellezza, ele-ganza, vivacità e spirito. Raggiunto quindi unnuovo status sociale, de-cise, probabilmente susuggerimento del suoaristocratico amante, dicambiare il nome di bat-tesimo con il più casto«Marie» e di fare del co-gnome Plessis un predi-cato aristocratico conl'aggiunta del «du». For-se non fu una scelta a ca-so, poiché la famiglia duPlessis, era una dellepiù antiche e nobili diFrancia e fu la stessache diede i natali alCardinale di Richelieu,al secolo, appunto, Ar-mand Jean du Plessis deRichelieu.Non sappiamo quantoquesto nome d'arte fossepreso sul serio dagliaraldisti da salotto, tut-tavia, come presenta-zione, sortiva certamen-

te un buon effetto.Come si evince dall'e-lenco dei libri di suaproprietà messi all'asta,in pochissimo tempoAlphonsine si era creatauna discreta cultura evasti interessi: leggevaLamartine, Hugo,Goethe e de Musset (delresto suo ammiratore) esapeva anche arrangiar-si al pianoforte. Presealcune lezioni di pianopersino da Franz Liszt,che nel 1846 divenneper un breve periodosuo amante. Il grandevirtuoso lasciò un com-movente ricordo diAlphonsine, come diuna donna di grande

8 La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

La storia di Alphonsine Plessis, la vera

Dall'infanzia infelice alla morte solitaria: la parabola di una meteora del gran mondo

Alexandre Dumas figlio

Ritratto di Alphonsine Plessis

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9La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

la vera Signora delle Camelie

a parabola di una meteora del gran mondo

cuore e di grande intel-ligenza.Ciò che colpisce è la ve-locità con cui questa gio-vane era riuscita a impa-rare tutto ciò, conside-rando che, appena giun-ta a Parigi, era presso-ché analfabeta.Fu a un certo punto ilpadre del giovane deGuiche a interporsi perconcludere la chiacchie-rata relazione il rampol-lo e la cortigiana. Si rac-conta della nascita di unfiglio, che la nobile fami-glia avrebbe poi preso inaffidamento. Marie co-

minciò quindi a colle-zionare altri amanti ericchi protettori.Nel romanzo, Dumas at-tribuisce i suoi desiderifebbrili alla malattia dipetto che aveva contrattonell'ambiente povero incui era nata. Questa cre-denza parrebbe suppor-tata dall'effettiva possi-bilità che l'ipossia, dovutaa una carenza d'ossigenoper insufficienza respira-toria, possa produrre de-liri o suggestioni a carat-tere erotico.Sicuramente Alphonsineaveva una gran voglia di

vivere, di bruciarenel fasto, nellosperpero, nellaconcupiscenza diessere amata evezzeggiata, queipochi anni cheforse presentiva lesarebbero rimastida vivere.A Chantilly feceperdere la testa alvisconte EdouardPerrégaux, che di-venne pratica-mente suo schia-vo; alle terme diBagnères incontròl'anziano amba-sciatore di Russia,conte di Stackel-berg, che poi la in-sediò nel lussuosoa p p a r t a m e n t o

della Madeleine, donan-dole cavalli e carrozze.Costui le mandava ognigiorno fasci di fiori, daiquali lei prese l'abitudi-

ne di staccare una came-lia per appuntarsela sulseno. Questo fiore deli-cato e senza profumo erauno dei pochi che i suoipolmoni malati riusciva-no a sopportare. Per ven-ticinque giorni al meseindossava una cameliabianca, per gli altri cin-que, rossa. Dopo il 1845,conclusa la storia conDumas, la sua malattiaandò peggiorando, con-trasse una polmonite efu presa in cura dal dot-

tor David Ferdinand Ko-reff, un medico alla mo-da che si occupava dimagnetismo animale,sull'onda degli studi diMesmer, e che era ancheun valente letterato.

L'aggravarsi della malattia

Guarita dalla polmonite,Alphonsine si recò aLondra con il suo ultimoamante, Perrégaux, chela sposò il 21 febbraio1846, contro il volere del-la famiglia, con il solo ri-to civile. Alphonsine fumolto felice di avere as-sunto un titolo e una ri-spettabilità sociale. Potéfinalmente esibire legitti-mamente le armi deiconti Perrégaux suglisportelli della sua car-rozza, ma il matrimoniodurò poche settimane enon fu comunque rico-nosciuto in Francia. Lesue condizioni di salutedecaddero allora rapida-

mente; tornò a Pariginell'appartamento dona-tole da Stackelberg dovesi rifugiò, sola, abbando-nata dagli amici e asse-diata dai creditori, assi-stita solo dalla fedele ca-meriera Clotilde. Rice-vette le cure del DottorCasimir J. Davaine (fa-moso per i suoi studi sulcarbonchio) che le pre-scrisse clisteri di chininoe del dottor Clomel chele impose una dieta a ba-se di pane e minestre ve-

getali, ma nulla si potéper salvarle la vita. Il 3febbraio 1847 Alphonsi-ne Plessis esalò l'ultimorespiro.Riposa ancor oggi nel ci-mitero monumentale diMontmartre in un classi-cheggiante sarcofago dimarmo fatto erigere perlei dal Perregaux, che ri-porta questo sempliceepitaffio: «Ici reposeAlphonsine Plessis, neele 15 Janvier 1824, dece-dee le 3 Fevrier 1847 . DeProfundis.» Dei suoi averi, circa dueterzi finirono all'asta persaldare i debiti con i cre-ditori, il restante fu ere-ditato dalla sorella di lei,Delphine, che viveva inNormandia. La direttadiscendente di costei sichiama Eugénie Mariettee vive ancora in Nor-mandia, sposata ad unagricoltore. Della sua piùfamosa antenata possie-de alcuni oggetti che fu-rono trasmessi di gene-

razione in generazione:un paio d'orecchini, unospillone, una collana edun medaglione.Il ricordo di quest'iconaromantica non si è maispento: la tomba diAlphonsine Plessis è an-cor oggi una delle più vi-sitate del cimitero monu-mentale parigino e ognigiorno visitatori e ammi-ratori vi lasciano fiorifreschi. Naturalmente,camelie.

Andrea Cionci

La Tomba di Alphonsine Plessis

Marie Duplessis a teatro, acquerello

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10 La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Padre della Dameaux Camèlias e figliode Les trois Mou-

squetaires, Alexandre Du-mas nasce a Parigi il 27luglio 1824 dall’omoni-mo Dumas maestro delromanzo storico e da unasua vicina di pianerotto-lo, Catherine Laure La-bay, ricamatrice.Quella del picco-lo Alexandre èun infanzia diffi-cile: viene dichia-rato figlio natura-le di genitori sco-nosciuti e vienespedito in istitu-to, per poi esserericonosciuto al-l’età di sette anni,dal padre che af-fronta una lungabattaglia legaleper l’affidamen-to, strappandoloalla giovanissimasarta. L’eventoresta impressoper sempre nellamente di Dumas,che nelle sue opere mani-festa un profondo disa-gio descrivendo scenarifamiliari in preda alla di-sgregazione, al malesse-re, all’incomunicabilità.All’età di diciassette anni

scrive i suoi primi versi,decide di abbandonare ilcollegio e si immergenella vita oziosa e galan-te che solo la Parigi demi-siècle riesce ad offrire aigiovani scrittori in erba.Sulla rotta delle frequen-tazioni mondane è il pa-dre a mostrargli la stra-

da, e Alexandre si tuffanei caffè alla moda, neiteatri più in voga, nei sa-lotti di Balzac, Liszt, Lus-set. Ma con il genitore ilrapporto non è sempresereno: il ragazzo non gli

perdona l’abbandono enon gli risparmia predi-che moraliste e paternali-stiche. I due abitano in-sieme, e quando il “gio-vane” è in giro, di frontead amici e conoscenti de-scrive il “vecchio” come«un bambinone» che «hoavuto quando sono nato».Solo poco dopo, verso lametà del secolo, lasceràdefinitivamente la casadi rue Joubert.Nel 1844 incontraAlphonsine Plessis (aliasMarie Duplessis), la co-cotte d’alto bordo appas-sionata di camelie chequattro anni dopo ispi-rerà il suo romanzo piùconosciuto: la Dame auxCamélias. Un amore bre-ve, intenso e soprattuttooneroso, tanto da spinge-re Dumas a scrivere allaragazza una lettera in cuisi dice costretto a lasciar-la: «Cara Marie, non sonoabbastanza ricco per amarvicome vorrei, né abbastanzapovero per essere amato co-me voi vorreste». Pochi an-ni dopo, trasporta la suapiccola grande storiapersonale in un romanzoe questo in un testo tea-trale (1852), poi ripresodal librettista Francesco

Maria Piave come sog-getto per la Traviata diVerdi.I romanzi Le Docteur Ser-van (1849), Antonine(1849), Tristan le Roux(1850), Trois Hommes forts(1850), Le Régent Mustel(1852), Contes et Nouvelles(1853), La Dame aux perles(1854) seguono a ruota laSignora delle Camelie e te-stimoniano la grande ca-rica vitale di uno scritto-re che vive la crisi del ro-manzo storico e l’affer-marsi del naturalismofrancese. Negli anni successivi,Alexandre affronta con ilsuo stile brillante temiassai controversi per l’e-poca come la posizione

sociale della donna, il di-vorzio, l’adulterio, la ri-cerca della paternità.Delle 19 pièces teatraliche in questo periodo na-scono dalla sua penna fa-cile, e che spesso lo ren-dono scandaloso agli oc-chi della buona società,ricordiamo Diane de Lys(1853), Le Demi-Monde,(1855), La Question d’Ar-gent (1857) Le Fils Naturel(1858), Un Père Prodigue(1859), L’Ami des Femmes(1864), Francillon (1887).Grande ammiratore del-la scrittrice “protofem-minista” George Sand,Dumas si spinge spesso asud di Parigi per farle vi-sita nella sua casa diNohant. La chiama affet-tuosamente “chère ma-man”, e nel 1864 si mettespontaneamente all’ope-ra per trasformare il suoromanzo Le Marquis deVillemer in un testo tea-trale.Nel 1874 è eletto all’Ac-cademia Nazionale diFrancia ed insignito dellaLégion d'honneur. VictorHugo, che da vent’annidisertava le sale dell’Ac-cademia, vi ritorna appo-sitamente per votare asuo favore.Coccolato da un più chediscreto successo, puògodersi la tranquillitànelle tante proprietàsparse nei dintorni di Pa-rigi, ed è nella sua villadelle Yvelines, a Marly-le-Roi, che si spegne se-renamente il 2 novembredel 1895. Le sue spoglieriposano nel cimitero diMontmartre, insieme aquelle di tanti talenti del-la letteratura.

Jacopo Matano

Il 1851 è l’anno in cui si apre una cu-riosa parentesi nella vita di Alexan-dre Dumas figlio. Il giovane roman-

ziere si mette, infatti, alla testa dellacontroversa Societé des Lingots d’Or,un’organizzazione voluta da Napoleo-ne III per promuovere una grande lot-teria destinata a raccogliere fondi perconsentire agli operai disoccupati ed aiparigini meno abbienti di emigrare ver-so le miniere della California. L’obietti-vo malcelato di questa Loterie era inrealtà l’esilio forzato - nascosto dallaprospettiva di un’avventura verso lacorsa all’oro - di tutti quei personaggiche il regime del nuovo Imperatoreconsiderava “indesiderabili”: i rivoltosidel ’48, i veterani della garde républicai-ne, i Montagnardi (i repubblicani eredidi Marat), gli aristocratici decaduti, ibanchieri finiti in rovina. La ricerca del-l’Eldorado americano, per molti dei3000 migranti, finiva sul ponte delle na-vi prima di passare Capo Horn: duran-te le soste in Sud America accadevaspesso che equipaggio e passeggeri

contraessero la febbre gialla. Coloroche riuscivano a sbarcare vivi a SanFrancisco si trovavano a dover fronteg-giare condizioni di vita che avevanoben poco a che fare con il sogno ameri-cano ed erano costretti ad elemosinare,a svolgere lavori infimi, a prostituirsi(come accadde alla scrittrice Fanny Lo-viot, che nel 1853 nel suo Les pirates chi-nois racconta dell’odissea del viaggio innave, durato cinque mesi, e della vitadi strada nella città della West Coast).Non è chiaro il motivo per cui l’autoredella Dame aux Camèlias si fosse offerto(o fosse stato voluto) per propagandarela lotteria. Quello che resta di questaparticolare vicenda è tutto nelle 16 pa-gine della brochure esplicativa redattada Dumas per invogliare i parigini apartecipare al gioco ed ad affidarsi al ri-schio: «l’intervento negli affari umani diquesto invisibile, misterioso potere chegli increduli chiamano fatalità, i cre-denti Provvidenza, gli indifferenti ca-so». E gli astuti … imbroglio.

J. M.

La strana storia della “Loterie des lingots d’or”

Quando Dumas reclamizzava l’Eldorado

Lo scrittore autore del romanzo Dame aux Camèlias

Alexandre Dumas: figlio d’arte … e del bel vivere

Alexandre Dumas

Tomba di Alexandre Dumas nel cimitero di Monmartre a Parigi

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11Il GGiornale dei GGrandi EEventi

La Traviata

Sin dalle prime bio-grafie critiche suGiuseppe Verdi, un

problema dibattuto è sta-ta l’individuazione dellediverse fasi stilistiche.L’articolazione in “tappesuccessive” costituisce, inrealtà, solo un espedienteper facilitare e schematiz-zare l’analisi di una pro-duzione musicale. In generale, a propositodel teatro verdiano, siparla di quattro fasi, i cuiconfini non sono in talu-ni casi univoci. E il secondo di questi mo-menti è rappresentato dal-la cosiddetta “Trilogia po-polare”. Ponte di passag-gio fra il prima e il dopo, adimostrazione di una con-tinuità di pensiero e diuna estrema coerenza co-struttiva e creativa.Verdi, è noto, non ha la-sciato scritti teorici diestetica. Il suo pensierosul teatro emerge, nitidoe chiaro dalle opere stes-se e dalle lettere ai suoilibrettisti, dove si parladi “parola scenica”, di si-tuazioni, del coraggioche un artista dovrebbeavere di non fare né poe-

sia né musica quando ildramma lo richiede.Autentico uomo di tea-tro, Verdi amò speri-mentare.

La centralità delpersonaggio

La trilogia è il frutto diuna sperimentazione e,insieme, la preparazionein vista della “terza”,straordinaria fase, quelladelle opere più comples-se, che va dai Vespri Sici-liani (1855) fino ad Aida(1872), dove potremmodire si assiste ad una fu-sione dei caratteri dellefasi precedenti: la cora-lità tipica della prima fa-se e l’approfondimentodel carattere dei perso-naggi.Verdi approda al Rigolet-to dopo una lunga mili-tanza nel teatro risorgi-mentale, scolpito in ma-niera granitica, con mas-se corali poderose, conpersonaggi-simboli diuna umanità dominatri-ce o succube. Frasi getta-te al pubblico dell’epocacome messaggi inequi-vocabili. In Ezio, console

romano, che esorta Attilaa tenere per sé l’Universoma a lasciare l’Italia, siidentificavano tutti i pa-trioti del tempo.Poco importava in que-sto clima approfondire isentimenti del console,studiarne la psicologia, imoti dell’animo. Era unitaliano che combattevaper la causa. E questo ba-stava.Dopo la sconfitta di Car-lo Alberto nella PrimaGuerra d’Indipendenza eil crollo delle illusioni,Verdi si indirizzò versoaltri temi, in realtà giàtoccati in precedenza (diqui la difficoltà citata, diclassificare e ordinare): idrammi individuali ana-lizzati attraverso figuredi forte spessore.C’era già stata l’esperien-za shakesperiana delMacbeth con un perso-naggio affascinante nellasua crudeltà quale LadyMacbeth. E c’era stataanche Luisa Miller.In Macbeth , del resto, la“novità” non era soloravvisabile nell’argo-mento, ma nel rapportofra parola e musica e nel-

l’esplorazione del “fanta-stico” (si pensi al mondodelle streghe, ma ancheagli spettri) mai affronta-to in precedenza dal mu-sicista di Busseto.La trilogia attinse a que-ste esperienze e le ap-profondì.In Rigoletto, Trovatore eTraviata il musicista po-ne al centro un personag-gio visto sotto due aspet-ti diversi: in Rigoletto, adesempio, convive ilbuffone di corte e il pa-dre preoccupato della in-columità della figlia; nel-la Violetta di Traviata c'èla cortigiana leggera efrivola ma c'è anche ladonna innamorata capa-ce di sacrificare la pro-pria esistenza per l'ama-to, in Azucena del Trova-tore convive la madre af-fettuosa (anche se di unfiglio “adottato”) e ladonna in cerca di vendet-ta. Personaggi complessi,dunque, che Verdi rendecon genialità in unastruttura teatrale nellaquale se teoricamente leforme chiuse sopravvi-vono, in pratica sono tal-mente collegate sul pia-no drammatico e musi-cale da scorrere concontinuità.

Le Forme chiuse

E’ proprio l’aspetto for-male (unito naturalmen-te alla bellezza di certepagine che non a casohanno reso “popolari” letre opere) a risultare par-ticolarmente importante.Tutto il teatro italiano,come è noto, si è semprestrutturato secondo unasuccessione di formechiuse, essenzialmentearie e recitativi, con leopportune trasformazio-ni nel corso del tempo.Verdi non sfugge allatradizione fino al Falstaffche segna invece il supe-ramento del rapportodialettico aria/recitativoa favore di una sorta diarioso continuo.La trilogia dunque nonrinuncia alle forme chiu-se, ma le combina e so-prattutto le integra inmaniera drammaturgica-

mente geniale, tanto da“nasconderle”.Si prenda in Rigoletto, lacelebre scena in cui ilbuffone arriva a corte perscoprire dove hanno na-scosto la figlia. C’è unalunga parte introduttiva(il vecchio recitativo) incui Rigoletto passeggia,scherza con i vari corti-giani, fa alcune domandeper capire le complicità ele responsabilità. Poiquando viene a sapereche la ragazza è davverolì con il Duca, urla ai co-sternati cortigiani «Io vo’mia figlia!» e si lancia inuna imprecazione vio-lenta, «Cortigiani, vilrazza dannata». A quelpunto inizia l’aria. Ebbe-ne fra i due momenti c’èuna separazione musica-le, ma non drammaturgi-ca. L’azione si sviluppaininterrotta e la cesuramusicale diventa quasiimpercettibile.Un altro esempio straor-dinario si trova nel Tro-vatore. Si tratta della sce-na del Miserere che offreun'idea estremamenteprecisa del concettodrammaturgico verdia-no. La scena propone trecanti di natura diversache prima si susseguonoe poi si accavallano. C'èLeonora che canta in pri-mo piano il suo doloreper la condanna a mortedi Manrico: un canto intonalità minore, affranto,spezzato, rotto ritmica-mente; da un lato arriva,lontano, il canto dei dete-nuti, un «Miserere» ac-compagnato solo dal rin-tocco delle campane; epoi prorompe, in tona-lità maggiore, il canto diManrico, anch'egli as-sente dalla scena, rasse-gnato ormai alla morte. Itre momenti, se presistaccati, non appaiono diparticolare interesse; mala loro unione dà originead una scena di indub-bio effetto.E’ il taglio, la concezionedi scene come Miserereche dà la misura della ge-nialità di un musicista edella sua «vocazione»teatrale.

Roberto Iovino

Rigoletto, Il Trovatore, La Traviata

La “Trilogia popolare” nell’esperienza verdiana

«..le Cabalette! Apriti o terra! Ioperò non ho tanto orrore dellecabalette e se domani nascesse

un giovine che me ne sapesse fare qualche-duna del valore per esempio del “Meco tuvieni o misera” oppure “Ah perché nonposso odiarti” andrei a sentirle con tanto dicuore…».Scriveva così Verdi e Ricordi nel novembre1880 parlando del rifacimento del SimonBoccanegra. Le cabalette! Apriti o cielo! Eral’epoca in cui, sotto l’influenza del rigoro-so teatro wagneriano, si guardava con se-verità alle vecchie “formule” del teatro ita-liano. La cabaletta, in voga essenzialmentenel primo Ottocento, era una breve aria vi-vace e di carattere in genere virtuosisticoche concludeva una scena. Era una dellecosiddette “forme chiuse”, quei pezzi cioècon un inizio e una coerente conclusionemusicale che hanno caratterizzato tutto ilteatro italiano dal Settecento più meno finoal Falstaff (e anche successivamente) e cheWagner ha decisamente avversato.L’opera seria italiana (quella comica sindall’inizio ha evidenziato una maggiorevarietà strutturale) si è per buona parte

della sua esistenza basata sulla contrappo-sizione dialettica fra due entità: il recitativoe l’aria. Il primo più tendente, appunto, al-la recitazione aveva la funzione di svilup-pare l’azione, far progredire la vicenda; laseconda più lirica, più vocalmente impe-gnativa, costituiva il momento statico dellascena, esprimeva i sentimenti dell’inter-prete, le sue reazioni di fronte agli avveni-menti.Nel corso del tempo le due forme si sonotrasformate (il recitativo ha lasciato il postoad una struttura più articolata e comples-sa, l’aria si è sviluppata in molteplici dire-zioni), ma hanno continuato a caratterizza-re il nostro teatro, spesso mescolandosi ecollegandosi più strettamente fra loro ocon altre forme: ad esempio il coro (semprepiù importante nell’Ottocento, come ele-mento introduttivo della vicenda), oppurei pezzi d'insieme per giungere ai grandiconcertati che l’opera seria ha ereditato dalteatro comico. Si pensi ai capolavori diRossini, agli scoppiettanti finali dei primiatti del Barbiere di Siviglia o dell’Italiana inAlgeri.

R. I.

Piccolo dizionario delle forme chiuse

Ahi! le cabalette

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12 La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Debutto - 6 marzo 1853, Teatro La Fenice

Gazzetta di Venezia, 7 marzo 1853

Tra pel grande ru-more, che ne hanmenato i giornali a

Parigi, e per quella furiadi repliche, che ne hannodato all'Apollo, credia-mo che i lettori sappianonon pur a memoria ilsoggetto, ma abbianosulle dita fino alle paroledi questo dramma: poi-ch'esso non è altro, che laDame aux camèlias delDumas figlio, un po' raf-fazzonato, il dramma, al-la foggia delle opere, etrasferito a' tempi delgrande Luigi, per cavar-ne un po' più di grandez-za e di lustro nelle deco-razioni. Noi siam dun-que sollevati dal distur-bo di farne una più mi-nuta esposizione; il che èbene per più d'un moti-vo, tra gli altri per que-sto “che la poca fatica atutti è sana”II Piave ebbe il talento ditrarre, come a dire, il su-go, il midollo, di stillarel'estratto, se non lo spiri-to, di quel grande com-posto, pur mantenendotutte le più belle situa-zioni della favola, accre-scendole anzi con la op-portuna Introduzionedel padre a tal sito, dovenell'originale l'opera sua

non appariva, ma, coneffetto minore, era sol-tanto narrata; allargan-do infine felicemente al-cun episodio, com'è diquelle mascherate gra-ziose, ch’ei tirò dentro alfestino, e che cantano al-tresì i migliori versi dellibro. Avvegnacchè,quanto a questi, secondoaltre volte notammo, eisa farli; iI che non im-porta altrimenti che l'e-stro debba sempre ri-

spondergli a un modo.Il prim'atto comincia conuna veglia sontuosa incasa la Violetta, così ilPiave chiama la Marghe-rita; una cena ed un brin-disi. Seguita appresso unduetto tra soprano e te-nore, la Salvini-Donatellie il Graziani in cui succe-de la dichiarazione d'a-more, che fa Alfredo acolei; poi la cavatina del-la donna, la quale non saancora risolversi d'ab-

bandonare la gaia vitaper quell'amore. In tuttiquesti luoghi ha pari bel-lezza, la bellezza antica,quella che si usava e pia-ceva ai tempi dellabuon'anima del Rossinl,e risulta, non da sotti-gliezze di dotto ragiona-mento, ma dalla origina-lità del pensiero, dallasoavità e vivezza del can-to, che ti tocca le fibre, eti fa muovere d’in sulloscanno. Ha, fra le altre, il

m o t i v odel brin-disi, eduna frasedel duet-to, che siripete poia pertichi-no del te-nore did e n t r o ,nel l 'ul t i -mo tempodella ca-vatina, di

tal gusto e sapore, di taleperegrinità d'accento, danon poterli appien defi-nire; poiché la parola,che raggiunge pure i piùalti ed astrusi concepi-menti dell'anima umana,e li raffigura, non ha va-lore a rappresentare erender sensibili le forme,nè meno più semplici,della musica. La Salvini-Donatelli cantò que’ pas-

si d’agilità, che mol-ti per lei scrisse ilmaestro, con unaperizia e perfezionda non dirsi: ellarapì il teatro, che,alla lettera, la subis-sò d'applausi. Que-st'atto ottenne ilmaggior trionfo almaestro; si comin-ciò a chiamarlo, pri-ma ancora che si al-zasse la tela, peruna soavissima ar-monia di violini, che pre-ludia allo spartito; poi albrindisi, poi al duetto,poi non so quante altrevolte, e solo e con la don-na, alla fine dell'atto.Nel secondo mutò fronteahimè la fortuna. Imper-ciocché nella guisa me-desima che dell'arte ora-toria fu detto ch'ella trecose richiede; azione,azione, azione, tre coseegualmente in quella del-la musica si domandano:voce, voce, voce. E nelvero un maestro ha unbello inventare, se nonha chi sappia e possa ese-guire ciò che egli crea. AlVerdi toccò la sventuradi non trovar ieri sera lesopraddette tre cose, senon da un lato solo: ondetutti i pezzi, che non fu-rono cantati dalla Salvi-ni-Donatelli, andarono,per dirla fuor di figura, a

precipizio. Nessuno de-gli altri cantanti trovava-si in piena sanità e sicu-rezza di gola, quantun-que ognuno renda giusti-zia alla rispettiva lorobravura.Laonde, pur concedendoche la musica fu magnifi-camente dall'orchestrasonata, tanto che in undelizioso preludio del-l'atto terzo ella meritòche si levasse un gridouniversale di bravi, contal fusione ed accordo disuono l'eseguirono i vio-lini, che mossi pareanoda un solo archetto,aspetteremo a giudicareil rimanente dell’opera,a non mettere il piede infallo, ch'ella sia megliocantata; e per intanto,qui rompiamo l'articolo,salutando il benigno let-tore…..

Tommaso Locatelli

La Traviata nei giornali dell’epoca

Critiche per un capolavoro

Il Caffaro, Genova, 13 marzo 1890

«Nel mezzo delteatro Geno-vese/ Mi ri-

trovai con la Traviataoscura,/ Allestita in unmodo assai cortese.Ma la Traviata avea tantapaura/ Che finì per canta-re in assabese, /E questofu per tutti una sventura.Poiché c'era il baritonoSammarco/ E'1 tenoreGiuseppe Russitano/ Chesostennero bene il loro in-carco.E con entrambi, il pubbli-co sovrano,/ D'applausi edi chiamate non fu par-

co,/ Ma l'opera era moncae il caso strano./ A un cer-to punto un cavaliere anti-quo/ Sulla ribalta vennead avvertire/ Che la Tra-viata aveva un male ini-quo,/Da impedirle perfindi proseguire/ Sicché l'o-pera andò nel modo obli-quo/ Ch'io non vi dico, nevi posso dire./Il teatro erapieno come un uovo/ Ec’era folla di signore bel-le,/ Fatto piacente, manon certo nuovo.Chiasso alla fine e suon diman con elle; Sicchè anco-ra intontito me ne tro-vo…/ E quindi uscimmoa riveder le stelle».

Una simpatica poesia“editoriale”

Manifesto prima esecuzione della Traviata

«E’ assai selvaggio, molto silenzioso, riser-vato quanto mai, troppo diffidente. Il suoesteriore è austero, quasi sgarbato… salutaappena, non visita al-cuno, lascia intrigareper lui, non dice mottoe rumina. Uno stranoItaliano». Così JulesLecomte descrisse,nel 1855, Verdi. Unostrano Italiano, bur-bero, austero, un“orso” solitario.Capace, tuttavia, an-che di una sottile edivertente ironia e provvisto, soprattut-to, di una simpatica autoironia che af-fiora, qua e là, nella sua produzionemusicale. Un esempio significativo, tratto dall’e-stremo capolavoro del nostro composi-tore, quel Falstaff che nel 1893 chiuse,nel segno del sorriso, una carriera es-senzialmente indirizzata verso il tragi-

co. Dunque, siamo nel secondo atto, alpovero Falstaff, “Don Giovanni” man-cato e un po’ troppo attempato, viene

tesa una trappola, unfinto appuntamentocon la giovane e bellaAlice. A condurre ilgioco è la maturaQuickly che dipingelo stato di ansia dellafanciulla “innamora-ta” usando la frase«Povera donna»: paro-le intonate esatta-mente sulle stesse

note sulle quali si autocommisera Vio-letta nel primo atto di Traviata nella suagrande e straordinaria scena: una scalet-ta discendente che da fa conduce a do.Verdi insomma si autocita prendendosiin giro e ispirandosi addirittura ad unadelle sue eroine più grandi e affascinan-ti. Uno strano Italiano davvero.

R. I.

CuriositàL’ironia di Verdi, che cita se stesso

Frédéric Chopin

Page 13: Questa Traviata

13La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Origini leggendarieed alterne fortunefanno della Ca-

melia un fiore “storico”e, per i popoli dell’Estre-mo Oriente da cui pro-viene, un fiore “sacro”.La prima ad attecchire inEuropa (Inghilterra), nel-la prima metà del 1700,fu la Tsubachi, (in giap-ponese = pianta dalle lu-centi foglie) che fu bat-tezzata con il nome diCamellia japonica da Lin-neo, in omaggio al gesui-ta originario della Mora-via Georg Joseph Kamel(1661-1706), per i suoiimportanti studi di bota-nica e per aver introdottola pianta in Europa im-portandola dal Giappo-ne nel 1730. In Italia, in-vece, nel 1794, attecchì laC. celebratissima (Giardinidella Reggia di Caserta)ed altre, importate o otte-nute da incroci, si anda-rono ben presto affer-

mando. Comunque, laCamelia divenne popo-lare per merito della let-teratura e del teatro: in-torno al 1848, infatti,Alessandro Dumas figlioscrisse il romanzo La da-me aux camélias, di cuioperò un adattamentoper il teatro poco dopo,rappresentandolo nelfebbraio 1852. Un annodopo Giuseppe Verdi,entusiasta, ne musicò illibretto adattato da Fran-cesco Maria Piave con iltitolo La Traviata. Solodopo le due Guerre mon-diali questa pianta si af-fermò definitivamente

negli USA, dove nac-quero numerose Asso-ciazioni di “cameliofili”,attive ancora oggi nel-l’organizzazione di Mo-stre e Premi.Il genere Camellia, (fam.Ternstroemiaceae o Tea-ceae), consta di circa 80specie, riconducibili, se-condo alcuni, ad un mas-simo di 15 od anche meno.Quattro sono, comun-que, le specie più affer-mate: 1) la C. japonica. L.,da cui è derivata la mag-gior parte delle varietà,

con fiori digrande effetto,a petali di co-lore variantedal bianco alrosa al rosso,(anche sfuma-to o screziato),riuniti in for-ma talvoltas c a p i g l i a t a ,talvolta perfet-ta e foglie co-riacee, lucide,ovali, appunti-te. 2) la C. si-nensis, o Kunt-

ze, con fiori bianchi e fo-glie piccole, ottuse, se-ghettate: coltivata a ce-spuglio, è la pianta dacui si ricava il the. In Ita-lia viene coltivata soprat-tutto sul Lago Maggiorea scopo decorativo. 3) laC. sasanqua (o sasangua),Thunb., (dal giapponese“sazank-wa”= fiore delthe di montagna), a fioribianchi, rossi o multico-lori e foglie ottuse, inta-gliate. 4) C. oleifera, Abel.,coltivata in Cina per i se-mi oleosi, a fiori bianchi,piccoli e foglie acumina-te e dentellate. Le due ul-time specie sono le uni-

che ad essere profumate.Oggi sul mercato è com-parsa la camelia gialla, laC. chrisantha, per anniinutilmente vagheggiata;molto richieste sono pu-re le nuovissime camelie“miniatura”, a foglie efiori molto piccoli.

Fiori senza profumo

I fiori di Camelia pre-sentano forme molto di-verse, che sono state rag-gruppate secondo questedenominazioni: semplice(Foto 1), semidoppia (Fo-to 2), doppia regolare(Foto 3) e irregolare,doppia a rosa (Foto 4),peoniforme (Foto 5) eanemoniforme (Foto 6).Le camelie si moltiplica-no per: seme, talea, pro-paggine, margotta e in-nesto e si piantano in au-tunno (sasanqua: settem-bre- ottobre) o in prima-vera (japonica: marzo-aprile), in qualunque ti-po di terreno, purchénon calcareo, meglio seleggermente acido (pH5,5-6,5).Non necessitano in gene-re di fertilizzanti: tutt’alpiù, in piccole quantità,di concimi a lenta cessio-ne; in compenso, essen-do piante d’altura, bene-ficiano di pacciamatureestive a base di foglie,torba o paglia, per tenereil terreno umido e pulitoda infestanti.Apparentemente facilida coltivare, in realtà losono solo se l’ambiente siavvicina a quello origi-nario: clima temperato-umido, terreno ben dre-nato, semiombreggiato eriparato dai venti. La

pianta, infatti, non sop-porta gli eccessi di sole,di acqua e di vento.Perché la camelia pre-senti, inoltre, una bellaforma complessiva e «l’a-ria e la luce la attraversi-no», (come si raccoman-dano gli appassionati),sono importanti le pota-ture leggere prima dell’i-nizio della nuova vegeta-zione, mentre piccole po-tature dei rametti mortirisultano utili lungo tut-to il corso dell’anno. Perla forma ottenuta posso-no essere variamenteusate in giardino le arbu-stive per siepi, macchiesottobosco e spalliere(purché il graticciato disostegno risulti scostatodal muro di 10-15 cm) ele arboree per boschetti eombrelle tappezzanti; leprecoci, invece, di formapiù ridotta, sono perfettein vasi, anche pensili.

Piante sempreverdi Fioriscono in inverno

Le camelie sono piantesempreverdi, alte fino a10 m, molto longeve egratificanti, «perché sorri-dono d’inverno quando tut-te le altre intristiscono»: sa-sanqua e sinensis fiorisco-no infatti da ottobre amarzo avanzato, perchépiù resistenti alle bassetemperature; japonica dafebbraio a maggio inol-trato, perché più sensibi-le al freddo e alle gelate:per una fioritura ottima-le sarà utile, però, ancheun diradamento dei boc-cioli, specie quando si in-fittiscono alle estremitàdei rami.Comunque, una sapientescelta scalare dei colori edei tempi di fiorituradarà al giardino, d’inver-no, un aspetto scenogra-fico spettacolare. «Pren-dete questo fiore..» «Per-ché?» «Per riportarlo»«Quando?» «Quando saràappassito» «O ciel! Doma-ni?» «Ebben, domani»

Francesco SaccardoDocente di Orticoltura e Floricoltura

Università della Tuscia - Viterbo.

La “Rosa del Giappone”: fortuna e coltura della Camelia

Romantico fiore d’amore senza profumo, ma anche carnosa pianta del thé

fig. 1 - fiore semplice

fig. 2 - fiore semidoppio

fig. 3 - fiore doppio

fig. 4 - doppia rosa

fig. 5 - peoniforme

fig. 6 - anemoniforme

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14 La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Non poche malattiehanno impronta-to diverse epoche

della storia dell’umanità.Così, se nel Medioevoaleggiava lo spettro ango-scioso della peste, la tu-bercolosi percorre e sug-gestiona l’epoca del Ro-manticismo. Nell’800, an-che a seguito dell’identifi-cazione nel 1882 da partedi Koch del bacillo re-sponsabile della malattia,l’interesse per la stessacrebbe consensualmentealla sua diffusione. Essa,che Leopardi in “A Silvia”chiama «…chiuso mor-bo…», visse nello strettoambito di persone ogruppi, magari nuclei fa-miliari, ma mai diede luo-go a manifestazioni gene-ralizzate (cosa che, inve-ce, non può dirsi, adesempio, né della peste,del colera o tifo). Il fatto,quindi, che la tubercolosifosse nello stesso tempomalattia sociale, senzaavere i crismi dell’epide-mia, la rese quasi “diver-sa” agli occhi dei contem-poranei che si sono susse-guiti nel considerarla co-me “fenomeno”. Non acaso, come si comprese inseguito, essa allignava neisoggetti che, per la vitagrama e stentata che con-ducevano, disponevanodi difese immunitariespesso non idonee. Pur seil quadro clinico avevapossibilità di svilupparsinell’arco di anni, era al-tresì innegabile che coluiche ne fosse affetto veni-va ben presto a sapere delcontagio a seguito dellasemplice osservazionedella presenza di sanguenell’espettorato (emotti-si). Ciò senza che vi fossepossibilità alcuna di qual-che pietosa bugia, versouna malattia dall’esitomortale procrastinabile,ma sicuro (i casi di positi-va risoluzione erano ra-rissimi). Da qui poteva ri-sultare non eccessiva-mente arduo l’accosta-mento di chi solitario af-frontava questa battaglia,al prototipo dell’ “Eroe

romantico”. Una malattiache dopo le massiccecampagne sociali di pre-venzione e cura durante ilVentennio era stata di fat-to sconfitta, ma che oracomplice anche l’HIV e lasua caduta di difese im-munitarie ed i massicciflussi migratori, si sta ri-diffondendo nei Paesi oc-cidentali dovela scomparsadel problemaha determina-to negli ultimianni un rilas-samento dellemisure sanita-rie di control-lo. Un rilassa-mento anchedell’opinionepubblica se sipensa che – se-condo l’Osser-vatorio di Pa-via - le princi-pali edizionidei TG italianihanno dedica-to alla malattiasolo tre notiziein tutto il 2006.In Italia, inve-ce, la comunet u b e r c o l o s icolpisce 7 ita-liani e 100-150stranieri ogni100 mila abi-tanti e sono già 8 i casi nelnostro Pese di Super-TBC, ceppi multiresisten-ti genotipizzati.

La malattia

Il termine “tubercolo-si”(TB) descrive una ma-lattia infettiva che sembraaver tormentato l’uomofin dall’era neolitica. Sol-tanto nel 1865, però, Ville-min ne riconobbe la tra-smissibilità, mentre nel1882 Koch ne individua-va l’agente causale in unbacillo. Nello stesso annoil nostro Forlanini nepropose con lo pneumo-torace terapeutico – chedi fatto metteva “a ripo-so” il polmone colpito - ilprimo rimedio efficaceper le forme polmonari,rimedio che venne supe-

rato solo nel 1946 dall’in-troduzione della strepto-micina e poi dell’isoniazi-de nel 1952. La malattia èdovuta ad almeno trespecie di Mycobacterium:il M..tuberculosis (il vec-chio bacillo di Koch), il M.bovis ed il M. africanum. IlM. tubercolosis è un bacil-lo, aerobio obbligato, a

lenta crescita, con un tem-po di generazione dalle12 alle 18 ore.La TB uccide ancora milio-ni di persone e l’Organiz-zazione Mondiale dellaSanità afferma, secondosue stime, che circa 9 mi-lioni di nuovi casi insorgo-no ogni anno, con 2 milio-ni di decessi, in gran parte(90 %) nei paesi in via disviluppo, anche se attual-mente se ne osserva unarecrudescenza anche nellecomunità più progredite acausa della diffusione del-le malattie da immunode-ficienza (HIV) e dell’immi-grazione di popolazioniprive di difese immunolo-giche specifiche. Si reputa,inoltre, che il 20–40% dellapopolazione mondiale siaaffetta da M. tuberculosis eche tale organismo sia re-

sponsabile di oltre il 7%dei decessi annui.

La diffusione

Oggigiorno quasi tutti i ca-si di TB sono acquisiti percontatto inter–umano (dapersona a persona) attraver-so i “nuclei di goccioline”diffusi per via aerea. Micro

goccioline di salivae/o di muco, conte-nenti bacilli acido-resistenti che il ma-lato polmonarediffonde nell’am-biente con la tosse,lo starnuto o la sem-plice parola. Quan-do tali goccioline disaliva si asciuga-no/essiccano o so-no di dimensioniappropriate, posso-no essere sospesedalle correnti d’a-ria. Quando di dia-metro compreso tra1 e 5 micron, taliparticelle possonocontenere 2 o 3 ba-cilli tubercolari.Particelle più volu-minose impattanosulla mucosa dellevie aeree e vengonorimosse dal sistemamuco-ciliare primadi poter causare in-fezione. Particelle

più piccole sono, invece, ingrado di raggiungere glialveoli ed avviare l’infezio-ne. Tale processo prevedel’ingestione del bacillo tu-bercolare da parte dei ma-crofagi. L’equilibrio viru-lenza dei bacilli–attivitàbattericida del macrofagodetermina la sopravviven-za o meno dell’agente pa-togeno e, quindi, l’even-tuale infezione. Il bacillocresce lentamente all’inter-no del macrofago, pertantonessuna reazione imme-diata dell’ospite è ricono-scibile; è necessario, infatti,che cariche batteriche in-genti (circa 103–104 organi-smi) si sviluppino prima diindurre una risposta cellu-lare. L’ingente moltiplica-zione batterica determinalisi macrofagica, con conse-guente immissione di ba-

cilli liberi nei vasi linfatici eda qui nel torrente circola-torio (diffusione ematogena).La via ematica consente albacillo di raggiungere areead elevata pressione par-ziale di ossigeno, quali gliapici polmonari, i reni,l’encefalo e l’osso, ove siesplica ulteriore moltipli-cazione del patogeno.L’organismo può reagireefficacemente ed allora ilfocolaio infettivo polmona-re viene circoscritto e va in-contro a fibrosi (tubercolo-ma) ed a calcificazione; seinvece l’organismo è inde-bolito da denutrizione, di-sagiate condizioni di vita oinsufficienza immunitaria,la lesione procede local-mente distruggendo il pol-mone. A volte la diffusionedel bacillo è così rapida egeneralizzata che arriva acoinvolgere più organi e aprodurre il quadro dellacosiddetta TB miliare. So-prattutto individui immu-no–compromessi (anziani,pazienti neoplastici, pa-zienti affetti da HIV), sipresentano con febbre, de-bolezza, anoressia e perdi-ta di peso, quadro ad esor-dio insidioso. La tosse e ladispnea sono relativamen-te poco frequenti, ma lamortalità è elevata. Menofrequenti sono le localizza-zioni extrapolmonari: ilinfonodi (la vecchia“scrofola” se interessati ilinfonodi del collo), le me-ningi, le ossa, l’apparatourogenitale e quello ga-strointestinale. Ai fini diagnostici della TBsono tipicamente utili le se-guenti indagini: la radio-grafia del torace, il PPD te-st, i test sull’espettorato peril riconoscimento del bacil-lo. La terapia standard, sianegli adulti che nei bambi-ni, prevede un regime di seimesi: i primi due (initiationphase) con isoniazide, ri-fampicina o rifabutina, pi-razinamide ed etambutolo,seguiti da 18 settimane diisoniazide e rifampicina.

Salvatore Valente Direttore Scuola Specializzazione

Malattie dell'Apparato Respiratorio Università Cattolica - Roma

L’affezione fatale a Violetta, reintrodotta dai flussi migratori

Tubercolosi, malattia romanticaora in pericolosa recrudescenza

Polmone colpito da tubercolosi

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15La TraviataIl GGiornale dei GGrandi EEventi

Nella storia dell’o-pera le morti diVioletta e di

Mimì sono senza dubbiofra le più commoventi edrammaturgicamenteforti.Due figure così diverse,accomunate da quel malsottile che non dà loroscampo, condannandolea consumarsi inevitabil-mente. Una malattia, latisi, all’epoca tragica-mente di moda, comepuò esserlo oggi, pur-troppo, il cancro. Malisubdoli, che aggredisco-no e divorano dentro,lasciando scarse speran-ze di guarigione.Verdi e Puccini scelgonoper le loro due eroine lamedesima fine, nel loroletto, assistite dai loroamati che, volontaria-mente o involontaria-mente, avevano lasciatoe che ritrovano proprionel momento estremo.Parrebbe una medesimascena, con Mimì che ri-calca il tragico destinodi Violetta.

In realtà sono diverseperché è nettamente dif-ferente ciò che precede.La morte di Mimì è unevento annuncia-to addirittura dalprimo atto quan-do la poverettaentra nella soffittadi Rodolfo quasisenza fiato e ilgiovane la soccor-re pietosamente,innamorandoseneimmediatamente(«Che viso d’amma-lata», sospira am-mirandola). Piùavanti, alla Bar-riera d’Enfer,informa l’amicoMarcello dellagrave malattia diMimì, «la poverapiccina è condan-nata» dice presoda sconforto. Fraleggerezza e tra-gedie, la trama di Bohé-me accompagna il decli-no di Mimì e con essoprobabilmente la finedei sogni di un gruppodi giovani bohemien.

In Traviata la morte as-sume ulteriori significa-ti. E’ un atto di catarsi,di liberazione per Vio-

letta ed è un atto di ac-cusa tremendo nei con-fronti della società.Mimì vive nel suo mon-do fatto di fiori finti, dalquale non può e non cer-

ca nemmeno di uscire.E’ una ragazzina sempli-ce e la sua scomparsagetta certamente nel do-

lore Rodolfo ei suoi compa-gni. Ma rien-tra in una sfe-ra assoluta-mente privatae intima. Lamorte di Vio-letta ha, inve-ce, un respirou n i v e r s a l e ,perché la gio-vane donnaha avuto il co-raggio dellaribellione e ladignità del ri-tiro. Ha sapu-to amare dav-vero e in no-me dell’amoreaccettare l’e-stremo sacrifi-cio della ri-

nuncia.Segna la sua condannaquando tranquillizzaGermont («Dite alla giovi-ne, sì bella e pura»). Lamorte giunge, dunque,

come una liberazione enello stesso tempo comeun terribile j’accuse con-tro il falso perbenismoche consente alla societàdi sfruttare una giovanedonna, ma non permettealla giovane donna dirientrare nei binari dellanormalità. Mimì non ha bisogno diriscatto morale, Puccinice l’ha dipinta (falsandoHenri Murger) come unaragazzina delicata che senon va mai a Messa pre-ga assai il Signor. La tisiper Violetta è l’unica ve-ra via d’uscita, la suamorte pesa come un ma-cigno su chi l’ha rifiutata(Germont e con lui la so-cietà) o su chi non le hacreduto (Alfredo). Mimìmuore, semplicemente.Violetta muore e vince.Mimì si spegne sommes-samente stringendo ilmanicotto di Musetta.Violetta muore cercandoper l’ultima volta la vitae urlando «Ma io ritorno aviver, oh gioia».

Roberto Iovino

La tubercolosi nell’operaVioletta e Mimì, stessa morte per due eroine diverse

Il librettista Francesco Maria Piave

«El Maestro el vol cussì…»Era figlio di un vetraio

di Murano France-sco Maria Piave, li-

brettista di Verdi in diver-se opere, nato a Venezianel 1810 ed avviato dal pa-dre, come molti giovanidel suo tempo, alla carrie-ra ecclesiastica. Mentrecontinuava gli studi, si oc-cupò con modesti lavori ditraduzione, correzioni dibozze, stesura di articoli enovelle. Si dilettava anchenella composizione di can-zoni e ballate, facendosipresto notare nell’ambien-te intellettuale venezianosoprattutto per la sua abi-lità nell’improvvisare ver-si in dialetto.Nel 1842 fu notato dal con-te Alvise Mocenigo, allorapresidente degli spettacoliAlla Fenice, il quale lochiamò come librettista uf-ficiale del Teatro. Incaricoche Piave mantenne insie-me con quello di direttoredegli spettacoli e registastabile, fino al 1859, quan-

do Verdi lo fece entrarecome “direttore della mes-sa in scena” alla Scala. Ilsuo primo libretto fu il Du-ca d’Alba (1842) per Gio-vanni Pacini. A questo se-guirono lavori anche perSaverio Mercadante (Laschiava saracena, 1848), Fe-derico Ricci (Crispino e lacomare, 1850) ed altri musi-cisti contemporanei: intutto, nella sua vita com-pose 61 opere musicate ed11 incompiute, la produ-zione più prolifica fra ipoeti melodrammatici del-l’epoca.Per Verdi scrisse dieci li-bretti: I Due Foscari ed Er-nani (1844), Macbeth (1847e 1865), Il Corsaro (1848),Stiffelio (1850), Rigoletto(1851), Traviata (1853), Si-mon Boccanegra (1857),Aroldo (rifacimento delloStiffelio) (1857) e La Forzadel destino (1862). A questisi devono aggiungere nel1846 la revisione dell’Atti-la di Temistocle Solera e

due libretti mai musicati:Cromwell a cui Verdi pre-ferì Ernani ed uno dal tito-lo sconosciuto, propostocome alternativa alla Tra-viata.Il rispetto e l’ammirazioneche il librettista nutrivaper verdi, lo resero dispo-sto ad accettare il forte ca-rattere del maestro. Famo-sa rimase la frase «El mae-stro el vol cussì…», che ri-peteva ogni qualvolta fos-se costretto ad apportaremodifiche ed a subire in-terventi d’ogni genere suilibretti, a sopportare lanoiosa Busseto, a prestarsiai tradimenti ed ai malu-mori del compositore, ilquale peraltro gli fu legatoda profondo affetto e lostimò più che ogni altro li-brettista.Nel 1867, paralizzato daun’apoplessia, FrancescoMaria Piave si ritirò a vitaprivata, trascorrendo gliultimi anni isolato ed incondizioni finanziarie pre-

carie. Verdi costi-tuì un fondo a fa-vore della figliaAdelaide e pro-mosse insiemecon altri compo-sitori ed all’edito-re Ricordi, un Al-bum di romanze,dalla cui venditafu tratto un rica-vato a beneficiodella giovane.Alla morte del poeta, av-venuta a Milano nel 1876,Verdi si occupò anche del-le cerimonie funebri.Fedele seguace dei model-li del Romanticismo euro-peo, Piave aderì alla scuo-la avviata dal Romani, ag-giornandola però con nuo-ve esperienze linguistichederivanti dai contempora-nei, come Manzoni e Bo-dio, dai quali spesso pren-deva in prestito intere im-magini. Trasse ispirazionedagli scrittori romanticicome Victor Hugo (Ernani,Rigoletto), Alexandre Du-

mas figlio (Traviata) e Bay-ron (I Due Foscari, Il Corsa-ro), semplificando all’e-stremo le loro trame ed ac-cendendole di forti passio-ni, ispirate a valori religio-si e patriottici. Per questasua abilità nel costruire si-tuazioni fu apprezzato daVerdi, il quale non davaimportanza al valore deisuoi versi, considerati dal-la critica «grossolani ed ap-prossimativi». Oggi, invece,Piave è rivalutato anchecome poeta ingegnoso egarbato.

Mi. Mar

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