Questa Terra é Nostra

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Questa pubblicazione è parte delle attività sviluppate attraverso un Progetto della Cooperazione Italiana denominato “Difesa del diritto alla terra”, che si è sviluppato nella provincia di Santiago del Estero dal 2004 al 2010.Attraverso il Progetto, l’Istituto Sindacale per la Cooperazione allo Sviluppo (ISCOS), grazie al finanziamento della Regione Marche, ha fornito supporto logistico e finanziario all’Organizzazione Mesa de Tierra de Figueroa, appoggiando la sua lotta per la difesa della terra.La condivisione di questo cammino di cooperazione, il lavoro realizzato in stretta collaborazione con contadini e contadine, che nella loro quotidianità devono affrontare le costanti minacce di sgombero poiché non possiedono un “titolo di proprietà completo” delle terre su cui vivono, ha ispirato la pubblicazione di questo lavoro.Il ruolo delle donne in un contesto in costante evoluzione è il tema centrale del libro, che utilizza materiale fotografico e testimonianze per riflettere la nuova configurazione della femminilità nelle aree rurali.In altre parole, il punto di vista di quest’opera è focalizzato sul “doppio ruolo” di queste donne, come abitanti delle zone rurali, con la loro quotidianità nei campi, e come attori sociali in una realtà che le colloca in posizioni strategiche in quanto a decisioni e azioni utilizzate per affrontare i conflitti insorti.

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QUESTA TERRA È NOSTRA

CULTURA CONTADINA E DONNE A SANTIAGO DEL ESTERO, ARGENTINA

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Volume realizzato daISCOS CISL – Istituto Sindacale per la Cooperazione allo Sviluppo

con il contributo diRegione Marche

e il patrocinio diDirezione del Gabinetto del Governo della Provincia di Santiago del Estero (Argentina)Ministero di Giustizia, Lavoro e Diritti Umani della Provincia di Santiago del Estero (Argentina)Registro dei Proprietari della Provincia de Santiago del Estero (Argentina)

Interventi diRenzo Bellini Presidente ISCOS CISLClaudio Torres Presidente Associazione Mesa de Tierra de FigueroaElías Miguel Suárez Capo del Gabinetto dei Ministri, Governo della Provincia di Santiago del EsteroPedro Orieta Avvocato, Sottosegretariato dei Diritti Umani, Ministero di Giustizia, Lavoro e Diritti Umani della Provincia di Santiago del EsteroSilvia Hirsch Ricercatrice di FLACSO e del Instituto de Altos Estudios Sociales dell’Università Nazionale di San MartínSimone Cirulli Responsabile ISCOS CISL per America Latina e Caraibi

Coordinamentoeditoriale Cynthia Maiolino e Viera SchioppettoTesti Roberta MoFoto Ricardo WetzlerTraduzioni Simone Cirulli, Cynthia Maiolino, Roberta Mo, Simone Cirulli, Andrea Ferrari TonioloGraphic Design 100k designStampa AGI

Collana ISCOS a cura di Andrea Ferrari Toniolo, Responsabile Comunicazione ISCOS CISL

ISCOS CISLLargo A. Vessella, 3100199 – Roma (Italia)Tel. + 39 06 44341280www.iscos.cisl.it

ISCOS Argentinawww.iscosargentina.org.ar

Questa pubblicazione è stata realizzata con il contributo finanziario della Regione Marche, Progetto “Difesa del diritto alla terra nel Dipartimento di Figueroa – Argentina”. ISCOS è l’unico responsabile del contenuto della presente pubblicazione che in nessun modo può essere considerato opinione della Regione Marche. Edizione non commerciale. © Iscos Cisl 2010

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Vogliamo ringraziare tutte le persone che hanno collaborato alla realizzazione di questa pubblicazione. La Dottoressa Silvia Hirsch, della Facoltà Latinoamericana di Scienze Sociali (FLACSO), che è stata presente con i suoi indispensabili suggerimenti, consigli e interventi. Le Istituzioni della Provincia, non solo per il patrocinio di questa pubblicazione, ma soprattutto per aver accompagnato il progetto in questi anni. In particolar modo, il Sottosegretariato dei Diritti Umani, nelle persone di Hugo Figueroa e Pedro Orieta; il Registro dei Proprietari: Dani, Claudia Ríos e il Dott. Rubén de Dios; la Direzione del Gabinetto della Provincia di Santiago del Estero, nelle persone del Dott. Elías Suarez e del Dott. Juan Carlos Saavedra. La Mesa de Tierra di Figueroa e tutte le persone che partecipano a questa complessa e coraggiosa organizzazione. Per aver condiviso con noi giornate di calore intenso, tormente di terra e notti sotto il cielo stellato santiaguegno, intrecciando conversazioni che hanno reso piacevoli le lunghe ore di attesa. Per averci ricevuto nelle loro case, invitato alle loro tavole e prestato i loro letti, come se fossimo parenti stretti venuti dalla città. Grazie a tutte le donne che sono presenti in questo libro. Averci permesso di immortalarle nelle fotografie e di registrare le loro parole è stata una grande manifestazione di fiducia. Infine, un ringraziamento speciale allo staff di ISCOS in Argentina: a Cynthia Maiolino per le sue intelligenti e acute correzioni, a Michela Moretti per il suo appoggio morale e la sua presenza, a Viera Schioppetto per aver creduto fin dall’inizio in questo progetto e per aver portato avanti con determinazione il suo lungo processo di elaborazione. Attraverso questa pubblicazione speriamo di poter contribuire ad approfondire la conoscenza del conflitto agrario che affligge buona parte degli abitanti, uomini e donne, del territorio rurale santiaguegno. Ci auguriamo inoltre di aver mostrato il ruolo svolto dalle donne contadine nell’affrontare la problematica rurale contemporanea e di aver trascritto con precisione la loro visione di una realtà sempre più complessa, della quale sono, ogni volta, maggiormente protagoniste. Da parte sua, ISCOS continuerà ad appoggiare le rivendicazioni della Mesa de Tierra e di tutti i contadini e tutte le contadine, con la convinzione che la terra è di chi la lavora.

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Prefazionedi Renzo Bellini, Presidente ISCOS CISL

A prima vista può apparire strano che un istituto sindacale come ISCOS CISL si occupi di diritto alla terra. Non è così. L’azione del sindacato è un’azione che si compone di molteplici fattori e, aggiungerei, valori. L’assicurare i diritti laddove non sono riconosciuti è uno di questi. In più, in un mondo in rapido e continuo cambiamento, la dimensione del lavoro assume nuovi aspetti e necessità. Se nei Paesi occidentali l’evoluzione delle competenze comporta, anche, una maggiore specializzazione per rimanere competitivi, laddove i sistemi di vita sono di modello più tradizionale, come nei Paesi in Via di Sviluppo, il lavoro è maggiormente integrato nella quotidianità e attraversa ogni lato dell’esistenza. La terra, in questi Paesi e nei contesti rurali, da una parte è strumento, datore di lavoro, impresa, luogo fisico dello svolgimento delle attività produttive, dall’altro, diremmo, è vita tout court, in ogni caso è bene ed elemento necessario alla sopravvivenza di molte comunità. Chi vi risiede e utilizza le sue risorse, con la propria fatica, è a pieno titolo una lavoratrice o un lavoratore e come tale deve venire difeso dall’azione del sindacato. È per questo che, con estremo piacere l’ISCOS CISL Nazionale ha realizzato il programma “Difesa del diritto alla terra nel Dipartimento di Figueroa – Argentina”, nato dall’azione dell’ISCOS Marche e finanziato dalla Regione Marche, che nel suo svolgimento totale è durato quattro anni. Si diceva prima della differenza dell’accezione in cui viene considerato il lavoro nei contesti occidentali e nell’ambito rurale dei PVS. Se nei primi il forte sviluppo tecnologico e il cambiamento dei modelli socioeconomici hanno determinato, il più delle volte, la creazione di compartimenti quasi stagni tra la dimensione espressa in ambito lavorativo e quella personale, nei secondi questa divisione non esiste. Sull’argomento c’è un ampia letteratura, non ultime le analisi del sociologo Franco Ferrarotti che mostra i rischi dell’urbanizzazione selvaggia a discapito del mondo agricolo. Nel contesto produttivo rurale, in particolar modo quello non meccanizzato, la giornata viene scandita senza soluzione di continuità tra le diverse attività, come ottimamente descritto, anche, nelle testimonianze delle donne delle comunità coinvolte nel progetto riportate in questa pubblicazione. Il lavoro non è qualcosa di separato dal resto e la terra permea il tutto.In quest’ottica, l’aggressione portata da aziende locali e multinazionali, che vorrebbero impossessarsi della terra dove le comunità tradizionalmente risiedono, oltre che evidenti motivazioni economiche e speculative, sembra quasi un tentativo del mondo “moderno” di far scomparire le ultime sacche di quei contesti dove la vita (e la produzione) viene scandita in maniera più olistica. Senza incedere in una facile retorica che vorrebbe il mondo contadino come “puro”, “naturale”, scevro di difetti, è evidente come debba sempre essere garantito il principio di autodeterminazione e rispettati i diritti delle popolazioni autoctone. Questo è stato l’intento del progetto descritto in questa pubblicazione.

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Introduzione

Questa pubblicazione è parte delle attività sviluppate attraverso un Progetto della Cooperazione Italiana denominato “Difesa del diritto alla terra”, che si è sviluppato nella provincia di Santiago del Estero dal 2004 al 2010. Attraverso il Progetto, l’Istituto Sindacale per la Cooperazione allo Sviluppo (ISCOS), grazie al finanziamento della Regione Marche, ha fornito supporto logistico e finanziario all’Organizzazione Mesa de Tierra de Figueroa, appoggiando la sua lotta per la difesa della terra. La condivisione di questo cammino di cooperazione, il lavoro realizzato in stretta collaborazione con contadini e contadine, che nella loro quotidianità devono affrontare le costanti minacce di sgombero poiché non possiedono un “titolo di proprietà completo” delle terre su cui vivono, ha ispirato la pubblicazione di questo lavoro. Il ruolo delle donne in un contesto in costante evoluzione è il tema centrale del libro, che utilizza materiale fotografico e testimonianze per riflettere la nuova configurazione della femminilità nelle aree rurali.In altre parole, il punto di vista di quest’opera è focalizzato sul “doppio ruolo” di queste donne, come abitanti delle zone rurali, con la loro quotidianità nei campi, e come attori sociali in una realtà che le colloca in posizioni strategiche in quanto a decisioni e azioni utilizzate per affrontare i conflitti insorti. La pubblicazione riprende le parole delle protagoniste della Mesa de Tierra de Figueroa ed è il risultato di una ricerca condotta attraverso l’osservazione partecipante e la raccolta di interviste. Abbiamo conversato con le contadine delle comunità del Dipartimento di Figueroa, i cui nomi sono stati modificati con il fine di preservare il loro anonimato e di trattare con la dovuta cautela le parole che ci sono state confidate. Le immagini ci restituiscono il lavoro svolto nell’ambito del progetto dal fotografo Ricardo Wetzler, che ha viaggiato per la Provincia dal 2006 al 2010. “È per me un grande onore essere stato coinvolto in questo progetto. Mi ha permesso di comprendere in maniera profonda quella che io considero, oltre alla terra, l’anima della provincia: le sue donne. Sono loro che hanno sempre dato tanto, rimanendo con ben poco per loro stesse. E ancora aspettano, con la più infinita pazienza, che gli uomini decidano di condividere questo poco con loro. Umilmente, mi auguro che le immagini scattate possano fornire un barlume di luce in spazi dominati dal sole e, nonostante ciò, ancora troppo spesso oscuri”, ha detto Wetzler. È necessario sottolineare che il presente lavoro non pretende essere un’opera scientifica o accademica, poiché cerca semplicemente di rappresentare questa realtà in modo artistico e socioculturale. Proprio per questo, le storie delle donne non sono accompagnate da una riflessione teorica o da un’analisi che voglia difendere un’ipotesi, ma dalle immagini fotografiche. Si mira a valorizzare le azioni quotidiane delle donne che, al di là dei meccanismi di captazione partitica, giorno dopo giorno cercano di contrastare i modelli imposti da poteri superiori. Il libro è composto da sei capitoli e tre allegati. La prima parte descrive il contesto storico della Provincia e offre una breve panoramica sulla collaborazione tra l’Organizzazione Non Governativa ISCOS e la Mesa de Tierra de Figueroa. Negli altri capitoli, relativi alle questioni di genere, si trovano le interviste realizzate. La parte tecnica del progetto e le questioni giuridiche in generale, sono riportate negli allegati.

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Claudio Torres, Presidente della Associazione Civile Mesa de Tierra de Figueroa

È per noi una grande gioia partecipare a questa pubblicazione, che riflette il lavoro e la collaborazione di molti anni. Innanzitutto, ringraziamo ISCOS e la Regione Marche, per aver permesso che tutto questo fosse possibile, per le risorse umane e i materiali messi a disposizione. Abbiamo iniziato questo percorso di cooperazione nel 2005, quando i conflitti erano molto forti e vivevamo in modo permanente una situazione pericolosa.ISCOS ha deciso di accompagnarci perché viveva qui un sacerdote italiano, padre Sergio Marinelli, parroco di Bandera Bajada, che aveva lavorato a lungo con le comunità rurali, sostenendo il processo di rafforzamento organizzativo di ciascuna. Il primo progetto ISCOS-Regione Marche ci ha sostenuto tramite la consulenza legale e ed era finalizzato, soprattutto, a rafforzare l’organizzazione. In seguito siamo stati in grado di continuare a lavorare con un progetto di altri due anni. A distanza di tempo il contesto politico della Provincia era cambiato molto e il conflitto per la terra era vissuto in modo diverso nelle nostre comunità. Non era più il tempo delle resistenze “forti”, dove tutte e tutti dovevamo stare di fronte ai bulldozer, rischiando le nostre vite. Tuttavia i conflitti continuavano e le pressioni sui contadini arrivavano in maniera più sottile: spesso si trattava di imprenditori e manager di aziende che si avvicinavano alle nostre terre con proposte per i residenti e, mostrando documenti fasulli, cercavano di ingannare le famiglie dell’area. In questa fase del progetto, ISCOS e la Regione Marche hanno contribuito a rafforzare ulteriormente la nostra organizzazione e hanno facilitato un dialogo più diretto con le istituzioni della provincia e della nazione, permettendoci di esercitare i nostri diritti umani come cittadini e cittadine e di far conoscere il lavoro della Mesa de Tierra de Figueroa. Attraverso il processo di riforestazione, avvenuto nell’ultima fase, abbiamo potuto avvicinare anche i temi dell’ambiente e della sua difesa. Tutto questo ha contribuito ad aumentare il numero dei nostri atti di proprietà, che ci sono serviti per difendere i campi comuni e per rivendicare sempre di più il nostro possesso. Attraverso il progetto e il lavoro di compagni e compagne membri della Mesa, abbiamo costruito una sede che ci ha aiutato ad avere un luogo fisico per la nostra organizzazione. Inoltre, l’acquisizione di un veicolo ci ha permesso di spostarci più facilmente, di partecipare a riunioni in città e in campagna e di diffondere il concetto di difesa dei diritti delle comunità. Essendo la nostra prima esperienza in termini di gestione di fondi, il Progetto “Difesa del diritto alla terra” è stato molto utile perché ci ha dato l’opportunità di conoscere i temi della conduzione, dell’amministrazione e dell’organizzazione delle attività. In questo senso, vale la pena evidenziare che, pur avendo seguito le linee guida del progetto, abbiamo anche potuto contare su di una certa indipendenza e sulla possibilità di riassetto delle attività, cose che ci hanno rafforzato dal punto di vista organizzativo e hanno contribuito a sviluppare azioni più efficaci.I progressi di questi anni di lavoro sono stati molti e ci riempiono di orgoglio. Tuttavia, siamo consapevoli che la questione della terra è molto ampia e complessa e, pertanto, sappiamo che c’è ancora molto da fare. La nostra speranza è che ISCOS e Mesa de Tierra de Figueroa possano continuare questo processo di collaborazione, sostegno e rispetto reciproco, preservando il legame di solidarietà che si è sviluppato tra le due organizzazioni e progettando nuovi cammini di cooperazione.

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Elías Miguel Suárez, Capo del Gabinetto dei Ministri, Governo della Provincia di Santiago del Estero.

La politica del dialogo e del consenso come spazio di democratizzazione dello Stato.

Oltre a un piano di lavori pubblici, progetti di sviluppo industriale e produttivi, politiche di inclusione sociale, è necessario stabilire tra lo Stato e la comunità canali di comunicazione adeguati. È per questo che, per espressa decisione politica del Governatore Gerardo Zamora, fin dall’inizio della sua leadership del governo provinciale, si lavora sul consolidamento degli spazi istituzionali di dialogo e di consenso, che sono veri esempi di partecipazione dei cittadini e di democratizzazione dello Stato. La creazione di strumenti giuridici pertinenti, chiamati “Tavoli di Dialogo”, con i soggetti sindacali, sia aderenti alla Confederazione Generale del Lavoro (CGT), come ad altre entità sindacali non legate a questa centrale operaia, con il settore dell’educazione e le organizzazioni contadine, sono un chiaro segno di costruzione politica di spazi di democratizzazione e partecipazione tra i vari strati della società e dello Stato. Questa politica pubblica, portata avanti tramite iniziative sociali, oltre ad essere luogo di incontro comune e di dibattito, è ormai affermata come spazio di interazione in cui discutere di politiche comuni, metodologie di implementazione, e dell’importanza relativa di queste politiche e delle risorse strategiche necessarie per la loro attuazione. La modalità partecipativa e consensuale, la rilevanza dell’attore sociale come soggetto del processo di gestione sociale, la trasformazione del piano in prodotto tecnico che interpreta i bisogni della gente, non solo costituiscono le caratteristiche di uno sviluppo locale ben distinto dalla pianificazione tradizionale, ma anche il nesso che lo lega allo sviluppo umano, inteso come aumento della libertà reale. Nel “Tavolo di Dialogo e Lavoro della Terra e della Produzione” (Decreto n. 0.830/06), si discutono questioni relative al possesso e alla proprietà della terra, l’inclusione dei piccoli e medi produttori, la conservazione dell’ecosistema, le risorse per finanziare i progetti del settore e la creazione di una politica concreta per quanto riguarda i problemi propri dei contadini. Inoltre sono stati implementati validi strumenti per l’approccio olistico ai problemi rurali attraverso la creazione del “Comitato di Emergenza per la risposta alle controversie sulla Terra” (Decreto n. 1.929/07), del “Registro degli Aspiranti alla Regolarizzazione della Proprietà della Terra” (Decreto n. 0.215/06), che sono formati dallo Stato e dalle organizzazioni contadine. Per una Provincia che per anni è stata emarginata, o che per scelta si è auto-emarginata per diversi problemi, e per una società che per decenni non ha avuto possibilità di partecipare, discutere e dibattere sui grandi temi che la riguardano, rafforzare il dialogo politico e il consenso, non solo costituisce un obbligo, ma rappresenta anche uno dei cardini delle politiche di Stato del governo provinciale.

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Pedro Orienta, Avvocato del Sottosegretariato dei Diritti Umani della Provincia di Santiago del Estero

Da un paio di decenni nella provincia di Santiago del Estero e nell’intera regione del nord, accadono senza soluzione di continuità sgomberi di migliaia di contadini e famiglie indigene. Questi sgomberi sono eseguiti dalla polizia o da agenzie parapoliziesche che fanno capo a gruppi di imprese di altre provincie o Stati esteri. In questa situazione, le comunità rurali ed indigene hanno avuto come unica opportunità quella di cominciare ad organizzarsi, sotto diverse forme, in difesa della terra. Dal punto di vista dello Stato, questo ha significato la necessità di disegnare politiche pubbliche adeguate per questo settore. Come Sottosegretariato dei Diritti Umani della Provincia di Santiago del Estero, è stato creato un Osservatorio delle Comunità Rurali, che ha ora incluso nelle sue competenze le questioni indigene, al fine di rafforzare la promozione e la protezione del diritto alla proprietà, territoriale ed ancestrale, che viene esercitato in queste comunità. L’azione dell’Osservatorio si svolge attraverso seminari di formazione nelle zone rurali e attività di monitoraggio di altre istituzioni statali. È con l’intento di contribuire ad un processo di auto-organizzazione, che questo Sottosegretariato vuole fornire strumenti utili all’attuazione dei Diritti costituzionali stabiliti. La Mesa de Tierra ha una storia di difesa dei diritti molto conosciuta nella Provincia, grazie alla quale ha potuto diffondere il concetto di diritto alla terra fra gli abitanti delle comunità rurali. Inoltre é necessario ricordare che fin dai primi anni della loro lotta, tra l’organizzazione degli agricoltori di Figueroa e il sottosegretariato si é generato un collegamento, da cui hanno avuto origine azioni comuni e accordi quadro di collaborazione, l’ultimo dei quali firmato nel 2010, sostenuti anche dalla partecipazione di ISCOS. La realizzazione di questa pubblicazione ci sembra di estrema importanza per diffondere la conoscenza del problema della terra e dei diritti degli abitanti delle zone rurali, ritenendo che la questione agraria sia spesso oscurata anche all’interno della stessa provincia di Santiago del Estero e in generale, in tutta l’Argentina. Sottolineiamo infine l’importanza di iniziative artistiche come questa, che contribuiscono in maniera autonoma ai processi di sensibilizzazione e consapevolezza della Società Civile, facilitando in questo modo la promozione di una società più giusta e uguale per tutti e tutte.

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Silvia Hirsch, Ricercatrice della Facoltà Latinoamericana di Scienze Sociali (FLACSO) e del Instituto de Altos Estudios Sociales dell’Università di San Martín

“Questa terra è nostra: cultura contadina e donne nella provincia di Santiago del Estero, Argentina” è l’eloquente titolo di questo libro, nato dal sostegno della ONG italiana ISCOS a contadini e contadine della Provincia di Santiago del Estero in difesa delle loro terre, frutto della ricerca sul campo di Roberta Mo e del reportage fotografico di Ricardo Wetzler. La pubblicazione non solo contribuisce ad approfondire la conoscenza di una situazione ignorata dalla maggioranza ma è anche di grande utilità per evidenziare la presenza del settore contadino in Argentina, la sua capacità di organizzarsi e, infine, l’esistenza dei conflitti che riguardano la proprietà della terra. Il libro raccoglie immagini e testimonianze di donne che vivono del Dipartimento santiaguegno di Figueroa, un luogo dove l’indice delle Necessità Basiche Insoddisfatte supera il 50 per cento e nel quale molte famiglie vivono in una situazione di precarietà di fronte alla possibilità di subire uno sgombero. Questo succede in un paese con un’estensione enorme come l’Argentina, che ha, da sempre, dimostrato di avere una politica aperta di fronte all’immigrazione e che, al tempo stesso, non favorisce l’accesso alla proprietà della terra a quei settori che vogliono lavorarla seguendo modelli economici non dominanti. Roberta Mo prende in considerazione la vita delle donne che vivono in questa situazione. Le testimonianze mostrano la dedizione al lavoro e le azioni in difesa della terra, evidenziando la disuguaglianza nella distribuzione della terra e i conflitti che questa genera. Emerge, quindi, la capacità di lotta e di azione di queste donne, che sentono un’assoluta identificazione con la terra sulla quale vivono. Per loro, il territorio ha un significato simbolico profondo e rappresenta molto di più di un semplice spazio di riproduzione e sopravvivenza, dando origine ad un legame intenso ben visibile nei processi organizzativi e nelle azioni di difesa. È importante sottolineare il lavoro di ISCOS, che ha svolto le sue attività con la Mesa de Tierra, sostenendo i processi organizzativi e rivendicativi della popolazione di Figueroa, attraverso azioni concrete che hanno spaziato dalla formazione al rafforzamento dell’organizzazione stessa. Partendo dalle testimonianze raccolte, l’autrice dimostra che attraverso l’interazione con altri soggetti sociali, le istituzioni e i processi politici, l’isolamento si sbriciola e le donne imparano a utilizzare diverse strategie per difendere le proprie terre. Le fotografie di Ricardo Wetzler non solo accompagnano le parole, ma si costituiscono parte stessa del testo, dal momento che da esse emerge la vita delle contadine. Ci commuovono i segni sul volto di Doña Nachi e di Doña Santos perché ci ricordano le tracce visibili sulla terra o sulle facciate delle case di fango. Gli utensili usati nella quotidianità, il paesaggio, i sentieri e i ritratti, sono tutte immagini contundenti, raccolte con sensibilità e rispetto, capaci di avvicinarci alla particolarità di questa parte di mondo. In conclusione, l’intero libro, nel suo insieme di testo e immagini, arricchisce la conoscenza del settore contadino, dei suoi processi e, principalmente, mette in risalto il ruolo che, in modo a volte silenzioso e in ogni caso sempre energico, assumono le donne all’interno del conflitto territoriale. “Sarà che noi, le donne, abbiamo più potere degli uomini. Abbiamo più capacità di essere presenti”, commenta una contadina. Alla luce delle esperienze che loro stesse raccontano, possiamo affermare che queste donne hanno una gran capacità di “essere presenti” e di non vacillare nella loro lotta.

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Il progetto “Difesa del Diritto alla Terra nel Dipartimento di Figueroa, Santiago del Estero, Argentina”

Il progetto è nato nell’anno 2004 grazie al lavoro della ONG italiana ISCOS che ha offerto appoggio e accompagnamento all’organizzazione Mesa de Tierra de Figueroa, lavorando principalmente nell’area giuridica e di formazione ai contadini e contadine in temi chiave per la difesa del diritto alla terra. Il programma ha preso in considerazione i settori dei Diritti Umani, della formazione e del rafforzamento istituzionale, sviluppando le attività attraverso fondi della cooperazione decentralizzata, messi a disposizione dalla regione Marche. Il reclamo della proprietà delle terre e l’irregolarità dei titoli di proprietà è uno dei problemi che da tempo affligge l’Argentina e, in generale, l’America Latina. Nel Dipartimento di Figueroa, dall’anno 2001 gli abitanti sono stati colpiti da crescenti minacce da parte di impresari che rivendicavano la presunta proprietà di alcuni terreni della zona. Questa situazione è causata dalla necessità delle grandi imprese multinazionali di utilizzare nuovi spazi per piantare soia da esportazione. Proprio per questo, negli ultimi 10 anni è cresciuto l’interesse verso territori considerati in precedenza poco redditizi in quanto a capacità produttiva. Una delle tappe più critiche è stata quella tra il 2000 e il 2004: proprio per questa ragione, nell’anno 2001 è nata l’idea di creare un’organizzazione capace di offrire una risposta alle necessità dei e delle contadini/e e di proteggere le loro terre. In questo modo è sorta la Mesa de Tierra de Figueroa, un’associazione civile senza fini di lucro, con sede a Bandera Bajada e attualmente composta da circa 1300 famiglie di 62 comunità dei Dipartimenti di Figueroa, Moreno e Alberdi. La collaborazione tra questo movimento e la ONG italiana ISCOS è stata possibile attraverso la presenza storica nella zona di intervento di alcuni missionari diocesani marchigiani. Uno degli attori principali di questa coesione è stato il sindaco di Camerano (cittadina delle Marche) che aveva visitato la Provincia di Santiago del Estero nell’anno 2001, riunendosi con i rappresentanti delle Organizzazioni e con Padre Sergio Marinelli, a quell’epoca parroco di Bandera Bajada. In quell’occasione il sindaco italiano aveva potuto costatare con i propri occhi la drammatica situazione nella quale vivevano i e le contadini/e, totalmente indifesi di fronte alle minacce delle imprese. Rientrato in Italia, mise in contatto l’organizzazione santiaguegna con la sede di ISCOS, che a sua volta presentò il progetto alla Regione Marche. Tra il 2005 e il 2006 si realizzò la prima tappa del progetto, in un clima caratterizzato dalla resistenza (anche fisica) di contadini e contadine di fronte agli abusi e da una difesa dei loro diritti di tipo legale. Durante la seconda tappa, dal 2007 fino al 2010, si è passati ad una difesa impostata sull’aspetto civilista, con strategie dirette alla promozione, consolidamento e miglioramento delle capacità di azione in tutela dei diritti umani, pensando soprattutto al diritto a risiedere sulla propria terra. Inoltre, si è lavorato per rafforzare la Mesa de Tierra di Figueroa come organizzazione, sostenendola nello sviluppo della sua capacità di difendere democraticamente i diritti delle famiglie autoctone del Dipartimento.

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I beneficiari e le beneficiarie delle azioni sono stati gli abitanti rurali che fanno parte della Mesa de Tierra de Figueroa, formalizzata con la figura legale di associazione civile. Gli obiettivi generali del progetto sono stati principalmente la promozione e il rafforzamento della capacità di esercizio dei diritti umani, tramite la costruzione di uno spazio di dialogo dove formulare nuove proposte per una riforma agraria sostenibile e adeguata alle necessità delle comunità locali. Durante gli anni di lavoro è stata anche offerto un apporto per sensibilizzare e diffondere il concetto di diritto alla terra nella zona d’azione. Il raggiungimento dei risultati previsti dal Progetto si trova nell’allegato numero 1.

Simone Cirulli, antropologo, Responsabile ISCOS CISL per America Latina e Caraibi

Salvaguardare il futuro

“È oggi evidente come diritto alla terra e alla proprietà, certi per tutti, sono fondamentali per la riduzione della povertà, perché sostengono l’inclusione sociale e lo sviluppo economico”1 . Il diritto alla terra è il diritto alla vita. Senza un luogo fisico dove poter abitare, condurre attività produttive, crescere i propri figli, qualsiasi altro aspetto dell’esistenza si colloca in secondo piano. Questo diritto, in molte parti del mondo, non è garantito. Ciò nonostante il fatto che sia sancito dalla Dichiarazione dei diritti umani2 , dalle conclusioni della Conferenza Habitat I3 e in molti altri trattati. Oggi il Diritto alla Terra viene messo a repentaglio dall’operato di poteri economici la cui forza è contraddistinta da una totale sperequazione rispetto a chi subisce, in un modo o in un altro, con la violenza esplicita o con la circonvenzione, l’esproprio. I gruppi umani e i singoli che vedono messo in discussione il proprio diritto a risiedere dove, tradizionalmente, hanno sempre vissuto, appartengono sostanzialmente a due tipologie di individui, spesso coincidenti: popoli indigeni, persone che vivono in condizione di povertà estrema. Per popolo indigeno si intendono “comunità, popoli e nazioni indigene (…) che, avendo una continuità storica con società precoloniali che si svilupparono sui loro territori prima delle invasioni, si considerano distinti dagli altri settori della società che ora sono predominanti su quei territori, o su parti di loro” 4. Oggi gli esseri umani rispondenti a questa definizione sono pari a circa 300 milioni di individui, il 4% della popolazione del nostro pianeta. Per quanto riguarda i poveri assoluti, cioè coloro che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno, sono oggi stimati in circa 1,4 miliardi di persone, circa un quarto della popolazione mondiale.

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1 Anna Kajumulo Tibaijuka, Direttore di Un-Habitat, Programma delle Nazioni Unite per gli Insediamenti Umani 2 Onu, 1948, Parigi, art. 17. 3 Onu, 1976, Vancouver 4 Onu, Commissione per i Diritti Umani, 1982

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Sono questi i soggetti che maggiormente soffrono dell’esproprio (o della possibilità di esproprio) della propria terra in quanto privi di strumenti economici e culturali per contrastare l’azione di imprese operanti a livello locale o multinazionale. Circa cinque milioni di persone, si stima, subiscono ogni anno l’esproprio del luogo dove risiedono, con conseguenze gravi anche sui fenomeni migratori, sia interni che esterni verso altri Paesi 5 . In America Latina il diritto alla terra di chi tradizionalmente vi risiede è legato all’utilizzo dei campi da parte delle imprese agroalimentari più spregiudicate, per la produzione intensiva di colture, spesso transgeniche, destinate alla trasformazione e all’esportazione, ad esempio, della soia. Queste politiche hanno un duplice effetto negativo: da un lato quello di cui si sta qui principalmente parlando, l’esproprio della terra, dall’altro la riduzione della biodiversità con conseguenze gravi anche per la sovranità alimentare a livello mondiale. L’esproprio della terra oggi avviene fondamentalmente o con la violenza o con la circonvenzione. Sulla prima modalità c’è poco da dire. In maniera forzosa, spesso con metodi che portano anche al ferimento o all’uccisione di chi si oppone, intere comunità vengono allontanate in un quadro di totale illegalità. Quella che abbiamo chiamato circonvenzione è invece una modalità più subdola. Le persone da allontanare vengono avvicinate da emissari delle imprese interessate ad acquisire la terra che, da buoni venditori, offrono in cambio prospettive allettanti: una somma di denaro, piccola per loro ma interessante per chi non ha mai visto così tanti soldi tutti insieme (si sta parlando di somme che spesso sono intorno ai 1.000 dollari), oppure una abitazione nella periferia della città più vicina, insieme ad una piccola somma di denaro. Inutile dire che i soldi dati finiscono quasi subito, spesso in mille rivoli che vanno a beneficiare parenti ed amici a causa di un modello culturale “ridistributivo” tipico di molti contesti dei Paesi in Via di Sviluppo. Nel caso in cui invece come contropartita si sia data anche una abitazione, sovente poco più di una piccola baracca, le persone che hanno accettato, soprattutto giovani ingannati dalle maggiori potenzialità della città rispetto all’area rurale, ben presto si accorgono che le ventilate opportunità d’impiego date dal contesto urbano sono inesistenti. La conseguenza è l’ulteriore accrescimento di quelle sterminate periferie urbane, presenti in molti Paesi dell’America latina, dell’Asia, dell’Africa, dove disoccupazione e mancanza di possibilità d’integrazione nel tessuto sociale e produttivo provocano disperazione, fornendo anche mano d’opera a basso costo alla criminalità locale. Conclusivamente merita di essere ricordato come il diritto alla terra debba essere collegato strettamente alle necessarie riforme agrarie che, nazioni sovrane o agglomerati delle medesime, devono varare per adeguare, tra gli altri, il concetto di proprietà all’attualità 6. Oltre alle logiche motivazioni etiche, è utile rammentare che salvaguardare il diritto alla terra nei Paesi dove questo è messo a repentaglio, vuol dire salvaguardare il futuro di tutti noi rispetto a necessità di base quali alimentazione ed utilizzo dell’acqua. Ambiti questi dove, plausibilmente, si giocheranno nel futuro a medio termine le partite fondamentali per l’armoniosa convivenza del genere umano.

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5 Onu, Un-Habitat, rapporto “Secure Land Rights for All”. scaricabile gratuitamente all’indirizzo http://www.landcoalition.org/pdf/08_GLTN_Secure_ Land_Rights_BK.pdf 6 Come stabilito anche nella “Dichiarazione della Conferenza Internazionale sulla Riforma Agraria”, Porto Alegre, 2006.

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Breve storia della Provincia

Prima della conquista spagnola iniziata nel 1536, il territorio di Santiago del Estero era abitato principalmente dai tonocotés, chiamati juríes dai primi conquistatori. I tonocotés praticavano l’agricoltura, l’arte della tessitura e svilupparono inoltre un avanzato artigianato della ceramica e di sculture artistiche in pietra. La loro principale zona di coltivazione era una depressione, parallela al fiume Dulce, che veniva irrigavata grazie all’inondazione del fiume. A nord e a ovest vivevano i lules, dotati di una cultura materiale abbastanza simile a quella dei tonocotés, anche se con maggiori influenze andine; nella zona di sud est vivevano i diaguitas del gruppo olongasta-amabaragasta, ad est i vilelas e i moscovíes e al sud i sanavirones. Secondo quanto riportato dalle fonti bibliografiche 7, Santiago del Estero passò attraverso distinti processi di “occupazione delle campagne” e “spopolamento delle campagne”. In generale, nelle ultime decadi del 1800 iniziò la devastazione dei boschi della Provincia, causata dallo sviluppo dell’“industria forestale”. Secondo le fonti disponibili, “con la scusa di diffondere la civilizzazione a discapito delle barbarie”, il governo Provinciale vendette milioni di ettari di terra pubblica a prezzi bassissimi alle principali famiglie dell’oligarchia di Buenos Aires. Fu così che nacquero i grandi latifondi della zona, dal momento che, come segnala il libro “Hacha e Quebracho” (testo molto apprezzato dagli e dalle abitanti dell’area rurale): “La nostra Provincia al principio del secolo passato contava su 143.484 km2 per il 70% coperti da boschi. Più di 10 milioni di ettari sono stati irrazionalmente sfruttati. Nel 1941 erano già stati distrutti centocinquanta milioni di quebrachos8 rossi, da aggiungere a quebracho bianco, algarrobo, itín ed altre specie già scomparse. I tronchi abbattuti, basterebbero per costruire una strada dalla terra fino alla luna e ritorno. (…). Al genocidio degli indigeni nelle fabbriche tessili si sommò il genocidio dei boscaioli che si trasferivano nella selva con le loro famiglie per trasformarsi in esseri erranti, vagabondi, paria senza destino. (…). Ricevevano uno stipendio da fame, pagato quasi sempre con poche monete o con buoni spesa che dovevano essere utilizzati nel negozio della Compagnia. I proprietari delle fabbriche di prima trasformazione del legno avevano un potere totale sul boscaiolo e sulla sua famiglia, attraverso i capocantieri o gli amministratori, protetti dallo stesso Stato, che non interveniva mai sul territorio della compagnia, in cambio dei voti dei boscaioli. Era impossibile uscire da questo circuito. La polizia, i giudici di pace e le guardie del padrone lo impedivano” 9 . Anche alcuni italiani, spagnoli, siriani, libanesi, ebrei polacchi e danesi si stabilirono nella campagna santiaguegna. Si dedicavano principalmente allo sfruttamento della selva, al diboscamento e, in misura minore, all’agricoltura. Così il lavoro all’interno di accampamenti di lavoro provvisori montati per la produzione di legna e carbone erano la risorsa economica immediata anche per le famiglie immigrate appena giunte in Argentina. Quelli che venivano chiamati (e tuttora vengono chiamati) “turchi” aprivano piccoli negozi nelle campagne e negli accampamenti di lavoro.

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7 Dominguez, 2009 8 Alberi tipici della zona. 9 Dargoltz, 2008:44

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Poco a poco, gli immigrati appena arrivati si trasferirono nell’area urbana, lasciando la zona rurale ai boscaioli più poveri e alla poca popolazione indigena rimasta nella zona 10 . Nelle prime quatto decadi del 1900, tagliaboschi disoccupati per l’esaurimento della legna (e relativa fuga delle imprese), occuparono stabilmente le zone rurali, dando vita alla prima fase di “occupazione delle campagne”, popolando campi in forma di autosussistenza, sopravvivendo anche attraverso il lavoro come braccianti in campi altrui. Lo spopolamento delle campagne che sopraggiunse in seguito a questa prima tappa si originò a causa della creazione di fabbriche di tannino (estratto dal quebracho). A questo periodo successe una nuova fase di popolamento delle zone rurali, dovuta alla chiusura delle industrie in questione. Dagli anni ‘70 iniziò a farsi sentire l’“espansione della frontiera della soia”, con la relativa messa in scena di nuovi giochi di potere tra le parti: aree considerate produttivamente secondarie iniziano ad avere molto più valore rispetto al passato. Con l’avanzare delle monocolture da esportazione aumentò la concentrazione delle terre in poche mani, mentre le piccole aree di produzione (con meno di 25 ettari) si concentrarono sull’1,15 per cento delle terre11. Attualmente la questione agraria è direttamente vincolata all’avanzamento della frontiera della soia transgenica che, a partire dagli anni ’90, ha inglobato un numero sempre maggiore di ettari di terra, generando un’acutizzazione dei conflitti. Impresari, provenienti soprattutto da altre province argentine, hanno comprato terreni per destinarli all’allevamento di bovini o per piantare cereali e oleaginose (soprattutto soia) per la loro alimentazione, rubando terra agli antichi abitanti. È opportuno segnalare che l’espansione della produzione della soia non ha significato in nessun modo un miglioramento in termini di sviluppo socioeconomico locale, visto che non ha mai contemplato una distribuzione della ricchezza 12 e che ha provocato un aumento di livello del conflitto sociale. Così come segnalato nell’articolo del 2006 di Rubén de Dios, “potrebbe essere messo in discussione anche il senso che normalmente si concede al concetto di espansione della frontiera agricola, dal momento che viene ipotizzato l’avanzamento di un modello produttivo su terre teoricamente improduttive, quando di fatto, il bosco santiaguegno non solo è la base attuale del sostegno materiale della popolazione contadina, ma potrebbe anche avere una produttività non ancora sufficientemente sfruttata, attraverso una gestione adeguata del pascolo congiuntamente con la silvicoltura” 13. Attraverso la storia della Provincia si può, in parte, capire le cause che generarono “la questione agraria” a Santiago del Estero, i cui effetti sono ben visibili al giorno d’oggi. Sebbene l’obiettivo di questa pubblicazione non sia quello di prendere in considerazione in forma dettagliata la problematica della terra, nell’allegato 2 si fa riferimento ai principali concetti attorno ai quali si intrecciano le proteste dei e delle abitanti rurali in difesa del diritto a risiedere stabilmente sulla propria terra.

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10 Si veda la Tesi di Luís Grosso 11 De Dios, 2006 12 IDEM 13 De Dios, 2006:3

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Le donne nel Dipartimento di Figueroa

Nel Dipartimento di Figueroa vivono 17.495 abitanti (secondo il Censimento nazionale dell’anno 2001), che corrispondono all’incirca al 2,17% del totale provinciale. A Bandera Bajada (sede dell’organizzazione contadina) vivono circa 980 persone. Nelle comunità rurali il numero di abitanti varia a seconda della grandezza del villaggio, anche se, normalmente, non supera mai le 30 famiglie (200 persone all’incirca). La popolazione del Dipartimento di Figueroa vive grazie alla produzione bovina, allevata in spazi aperti, a quella caprina, alla produzione di carbone, legna, miele e alla coltivazione di cucurbitacee (zucca, zucchine, melone, anguria soprattutto), di erba medica per gli animali, cotone e mais. Queste attività sono portate avanti principalmente per soddisfare l’autoconsumo, mentre la commercializzazione si sviluppa in forma parziale. Inoltre, si considera importante per l’auto sussistenza delle famiglie, la raccolta di frutti (algarrobo e mistol tra gli altri), la caccia di animali del bosco e l’occupazione in attività stipendiate fuori casa a tempo parziale (in funzioni pubbliche) o in lavori stagionali (lavori agricoli soprattutto di raccolta e semina). Le zone di pastorizia degli animali, anch’esse utilizzate per la raccolta di frutta e per la caccia, sono considerate aree comunitarie e identificate sotto la forma di “campi comuni”. Ogni famiglia conta, oltretutto, sulla disponibilità di terreni considerati come propri, dove si realizza la produzione per la auto-sussistenza famigliare. La rottura della diga di Figueroa (accaduta nel 1978), che raccoglieva l’acqua del fiume Salado, limitò le capacità produttive, generando un aumento della povertà per la popolazione che occupava le campagne anticamente irrigate dalla Diga. Sul lato destro del fiume Salado esiste un sistema di canali minori che hanno trasformato questa zona in un’area con più possibilità di irrigazione. Proprio per questo è in questa fascia che si colloca la maggior parte della produzione agricola. Fin dai primi mesi del Progetto, si notò la presenza delle donne, tanto nell’organizzazione contadina quanto nelle attività della vita quotidiana. Durante le assemblee mensili era evidente la partecipazione femminile e si notava la posizione sicura delle donne all’interno dello spazio di discussione, che dimostravano particolari capacità nel prendere la parola. Non era insolito che fossero proprio le donne a intervenire come delegate delle rispettive comunità, assumendo il ruolo di dirigenti comunitari e comunicando all’organizzazione lo stato dei conflitti nelle varie zone del Dipartimento. Durante le assemblee, affioravano inoltre, a modo di racconto, i processi di resistenza che le e gli abitanti di Figueroa avevano dovuto approntare per difendersi dalle minacce di sgombero. Ancora una volta, emergeva nitidamente il ruolo protagonista giocato dalle donne, che in molte occasioni avevano avanzato sole, anteponendo i propri corpi, impedendo in questo modo l’avanzata delle pale meccaniche delle scavatrici (“persino con i figli in braccio”, come si apprende dai loro racconti), discutendo con i poliziotti, con gli agenti della sicurezza privata e con il personale delle imprese e, soprattutto, organizzandosi tra loro per rendere più efficace la protesta.

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In occasione delle visite alle comunità rurali, la presenza femminile era un elemento che si manifestava con una forza decisiva. È necessario sottolineare che, a causa della difficile situazione economica precedentemente descritta, gli uomini sono costretti sempre più spesso a emigrare temporaneamente per lavorare in ambito agricolo in altre zone del paese. Questo implica che, per molti mesi durante l’anno, si trasferiscano lontano dalle loro famiglie e dalle loro case. Le migrazioni per ragioni lavorative ridefiniscono il paesaggio delle comunità rurali dal momento che, per lunghi periodi, rimangono abitate quasi esclusivamente dalla popolazione femminile e infantile. È così che le donne, oltre ai loro compiti tradizionali, assumono progressivamente altri ruoli in differenti ambiti (normalmente attribuiti al genere maschile) così come, per esempio, quelli relazionati allo spazio politico. Questa pubblicazione vuole prendere in considerazione la situazione delle donne secondo tre assi tematici principali: le loro attività quotidiane, il vincolo con la terra e la loro partecipazione all’interno dell’organizzazione contadina. I capitoli che seguono promuovono alcune riflessioni, partendo dalle immagini che rappresentano le contadine e dalle loro narrazioni, ottenute attraverso le interviste realizzate.

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Le donne e il lavoro in ambito rurale

Tradizionalmente alle donne sono stati assegnati ruoli inerenti la cura della casa, delle figlie e dei figli, dei membri della famiglia in generale. Al contrario, l’uomo era destinato al lavoro “fuori casa”, finalizzato alla produzione di beni materiali e di reddito economico, nonché alla possibilità di prendere decisioni.Secondo la tradizionale divisione del lavoro sulla base del sesso, le donne sono collocate nel settore riproduttivo, declinato in riproduzione sociale, riproduzione di forza lavoro, riproduzione biologica. Con la prima si intende la riproduzione delle condizioni che generano un sistema sociale, quindi la trasmissione di tradizioni e valori, così come il lavoro nell’ambito delle istituzioni comunitarie (chiesa, organizzazioni, associazioni della società civile, associazioni di quartiere, ecc).Per “riproduzione biologica” si intende la generazione e la cura dei figli, in pratica il lavoro delle donne in quanto madri. Per “riproduzione della forza lavoro o quotidiana della famiglia” si intende il compito delle donne di curare i e le componenti della famiglia per permettere il loro corretto sviluppo e la loro trasformazione in lavoratori e lavoratrici, oltre al mantenimento e organizzazione della casa intesa come focolare. Tutte queste attività normalmente non sono contabilizzate o retribuite economicamente, visto che vengono viste come qualcosa di “naturale” che sono le donne a “dover” realizzare. È importante sottolineare che attualmente, sempre di più, le donne partecipano alla vita produttiva al di fuori del lavoro domestico, vedendo i propri carichi orari e giornalieri aumentare conseguentemente al fatto che oltre alle attività produttive esterne permangono gli impegni dedicati all’ambito domestico. Nel caso delle donne dell’area rurale, le attività produttive e riproduttive si realizzano quasi sempre nello stesso luogo. Non esiste, pertanto, una divisione netta tra lo spazio “fuori” e quello “dentro” la casa. Inoltre le stesse attività di commercializzazione o di lavoro agricolo, sono considerate, spesso, un prolungamento del lavoro domestico. Così anche la divisione tra sfera pubblica e privata assume confini molto più flessibili che nel contesto urbano. Il lavoro domestico implica molti compiti produttivi, relativi soprattutto al mantenimento e al consumo familiare, diversamente da quanto accade nelle unità domestiche urbane, dove le famiglia dipendono maggiormente dai beni prodotti “fuori” che dai beni prodotti “dentro”. Le donne rurali possono trascorrere molte ore del giorno cucinando o realizzando lavori fisicamente impegnativi (trasporto di acqua o legna, ad esempio) 14. Senza dubbio va sottolineato che molte attività realizzate principalmente dalle donne (appunto la raccolta di legna o di acqua, la cura di piccoli animali d’allevamento) non sempre vengono considerate come lavoro di produzione. Inoltre le stesse donne, produttrici a tutti gli effetti, si autodefiniscono in diverse occasioni come casalinghe, sottostimando il proprio apporto nel mantenimento della famiglia e, in qualche modo, il lavoro di cura della casa e dei diversi membri della famiglia.

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14 Benería 1979

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Un chiaro esempio è il seguente racconto di una donna di una comunità agricola: “Adesso ho meno lavoro di prima. Vado solo a raccogliere il mais, vado al recinto dove stanno gli animali, mi occupo delle pecore, delle capre, dei maiali. Tutti questi sono miei. Adesso mio figlio, con quello che è avanzato dalla raccolta del mais, vuole comprare dei maiali. Io gli ho detto: ‘va bene’, sono sempre soldi per me. Dopo ci sono i ragazzi, dare attenzione ai ragazzi, fare tortilla, cucinare”. Nella maggior parte delle comunità del Dipartimento di Figueroa, o perlomeno nella maggioranza delle comunità associate alla Mesa de Tierra, il sistema di produzione agricola quasi non è meccanizzato. L’uso della chimica e dei semi transgenici è molto limitato e molto discusso. Il modello è di autosufficienza. Lo scambio o la vendita su piccola scala rappresenta un’alternativa rispetto al sistema economico globale che, se fosse applicato pienamente in questi contesti, comporterebbe l’inevitabile esclusione dei produttori rurali di piccole dimensioni. In questo contesto, uomini e donne lavorano alla pari, così come si può notare dalle seguenti testimonianze a noi rilasciate da alcune donne:

“Lemiefiglieavoltequandosonoincintedicono:speriamochesiamaschio,cosìmipotràaiutare.Iosemprerispondolorocheèlostessomaschioofemmina:sedeveservireserve,sennò,no.Lemiefiglie,peresempio, hanno sempre lavoratomoltoeanche io. Lemie figlie lavoranocomeunuomo, fannoditutto. Anche io ho sempre lavorato con gli animali, in campagna, cercandoalgarrobo,mistol. Prima ledonneandavanoancheacaccia,quandogliuominiandavanolontanopermoltotempoafareilavoratoristagionali (…) Ioquandomiosuoceroeravivo lavoravomenoconmiomarito, rimanevodipiù incasa, iragazzieranopiùpiccoli.Adessolavorocomelui,andiamoancheinsiemeacercaremistol”.

“Ionellamiacasasonodonnaeuomopertutteleresponsabilitàcheho.Gliuominivannoalavorarefuorieledonnerimangono.Devonotiraresumuri,farsicaricodeglianimali,deifigli.Gliuominiesconoperlavorareeladonnarimaneconlesueresponsabilità.Ioprimaavevoduecentoanimali,doposonorimastaconnienteacausadellemaninere(NDR:iladri),sonosparitiunoaduno”.

“NelChaco sonoandata io, i bambini li ho lasciati qui conmiamadrecheera venutaa viverequi,conme.Iosonoandataaraccoglierecotone,èunlavoroorribile,agliuominifamoltomaleallavita.Famoltissimocaldo,nonsipuòmangiare,devistareaccovacciatatuttoiltempo.Unavoltasonoandataanchearaccoglieremais.Perònonpagavanoniente,cipagavanoinmais.Ancheilmiovicinoèandato.Pagavanopocoperò primac’eranomenoesigenze, non c’era tanto bisognodi vestiti, i pantaloncini lifacevoio,adessono,sidevonocompraremoltipiùvestiti.Primainostriragazziandavanoscalzi”.

“Quiiolavoronell’aia,mioccupodellaseminadelmais,faccioscappareipappagallichemangianoisemi.Questosifaconbottigliediplasticaperspaventarle.Rimaniamonelcampoelispaventiamo.Vadodasolaoconmiofiglio.Nonabbiamotantaterra,lalavoriamoamaiseazapalloancoperl’autoconsumo,soprattutto,venditaquasiperniente.Unavoltafacevoimattonidifangoperlacasa,adessohouncreditoperallevareapieprodurremiele.Sonosempreiochemungoefaccioilformaggio.

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Quandohaicaprec’èsemprepiùlavoro,devichiuderle,trovargliun’altracheallattaunpiccoloselamadrenonlavuole,devistaresempredietroaloro”.

“Noidonnelavoriamoincasaefuori…Quandodobbiamoaiutarel’uomonoiandiamoeloaiutiamo.Il lavorodell’uomoè ilpiùpesante.Devearare,muovere la terra…Ledonne, se si seminacotonedeveraccoglierecotone.Sesiseminamaisdeveraccoglieremaiseil lavorodelmaisèlungoperunapersonasola.Peròdopo,incasa,l’uomofapoco,famoltopoco.Èladonnachefa”.

“Amenonsonomaipiaciute le faccendedicasa,miè semprepiaciuto il lavorosulmonte,conl’ascia, fare la legna, il lavoropesante,Miè semprepiaciuto fare i lavoripesanti,piùdel lavorodicasa.Quandoladonnavuolepuòfaremoltobeneconl’asciaeilmachete”.

“Lamiagiornatacominciaalle7dellamattina.Primavengonoglianimali.Poisidevecucinare.Nonabbiamoacquadiretta,noncihannomessoneancheitubi.Dobbiamoprenderel’acquadalfiume.Quandoilfiumesiseccadobbiamoprenderel’acquadalpozzo.Abbiamoancheunacisterna,peròquest’acqualausiamosoloperbere.Quandononcen’èdobbiamocomprarladalmunicipio,perònonsemprelaportano.Ilfiumenonèmoltolontano,peròdeviandarciconletanicheedètuttounlavoro”.

Con un uguale impegno di donne e uomini in ambito lavorativo, si avvalla, in qualche modo, la teoria secondo la quale la partecipazione delle donne nel campo (a causa del basso livello di meccanizzazione del lavoro), provocherebbe un loro miglior posizionamento e una maggiore considerazione sociale da parte del gruppo 15 .

Le donne partecipano alle attività dell’agricoltura familiare, in alcuni casi elaborano prodotti per la commercializzazione (formaggio, tessuti, lane, etc.), in altri si fanno carico della vendita del surplus.

Nella provincia di Santiago del Estero ci sono stati molti casi di donne che sono andate a lavorare fuori casa, come domestiche, nel “lavoro di muchacha16 ”. Come ci dice una colona: “questi luoghi sono statiperanniriservediboscaioliedomestiche,altreopportunitànonc’erano.Iosonostatatuttalavitaalavorareincasa.Poimisonoammalata.Misonodovutoriposareperuncertoperiodoepoisonoandatoalavorarea La Banda17 . La prima famiglia dove ho lavorato eramolto buona, peròme ne sono dovuta andareperchédovevocurareunsignoreanzianocheeramoltomalato.Nonmipiaceva.Nellostessopomeriggiocamminavoperstradaedomandaiinunacasaseavevanobisognodiunamuchachaemirisposerodisì,avevotrovatolavoro.Unavicinamiavevadettochelìcercavanoqualcunoperchélaragazzaseneeraandataviarecentemente.Sonoandata,domandaiemipresero,peròalprincipiosenzaalloggioincasa.Dissicheerodell’internoechenonpotevo tornare tutti igiorniacasamia.Cosìpassarono iprimigiorni.Dopolasignoradomandòdovelavoravoprimaelediederobuonereferenzeerimasilì.Questafamigliaerabuonissima.Iodormivoconlefigliedellasignora.Nonmifeceromaiproblemisedovevouscire.Lìhotiratosuunafiglia.Normalmente,però,miamadresifacevacaricodellemiefiglieincampagna”.

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15 Stǿlen 2004 16 NDR. Il termine, tradotto letteralmente sarebbe ragazza. In molti Paesi dell’America Latina indica la persona che compie lavori domestici, nella maggior parte dei casi sottopagata, senza nessun tipo di contratto, sfruttata da ogni punto di vista e sovente, purtroppo, anche abusata sessualmente dal proprio datore di lavoro. 17 Località di Santiago del Estero

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“Io sono nata qui e ci sono rimasta sino ai quindici anni, quando sono andata a Buenos Aires da una sorella. Cominciai a lavorare nella casa di una famiglia dove, anche, alloggiavo. Dopo ho iniziato a lavorare ad ore, continuando a vivere con mia sorella. Lavoravo in una casa della capitale. Questa famiglia era molto buona, anche adesso mi dicono di andare a trovarli e di trasferirmi da loro. Ritornai dove ero nata perché mio padre si era ammalato. Dopo sono andata a lavorare in una casa di Santiago. Lì sono rimasta incinta e tornai qui. Il bimbo lo ebbi lì, in ospedale, però dopo sono tornata qui, in campagna”.

È interessante tenere conto di ciò che segnala il rapporto del PROINDER18 del 2007, relativo al lavoro delle donne in ambito rurale, che mostra le attività che queste, quotidianamente, realizzano:

“Le giornate di lavoro delle donne rurali, considerando le attività produttive, riproduttive e domestiche, sono di 16-18 ore. Una descrizione di massima di una giornata delle donne che lavorano solo nella proprietà familiare comprende il lavoro nella fattoria e la cura del bestiame di piccola taglia come primo compito del giorno, prima della colazione. Durante la mattina lavorano nell’agricoltura secondo l’epoca dell’anno, realizzano attività orticole, preparano il pranzo e curano e riordinano la casa. Nel pomeriggio lavano i vestiti, tornano a dedicarsi all’agricoltura e a quanto necessario per garantire l’autoconsumo. Quando hanno anche questa attività, si dedicano all’artigianato. Prima che faccia notte cercano legna, radunano e chiudono il gregge. Alla fine preparano la cena (che generalmente è meno elaborata del pranzo), curano (NDR: lavano e cuciono se necessario) i vestiti e l’igiene delle figlie e dei figli. A partire delle 20-21 i compiti diventano più leggeri.Generalmente, se migliora la situazione economica della famiglia e se la donna ha uno stipendio, la quantità di ore dedicate alle attività produttive diminuiscono. Quando nella proprietà c’è del bestiame, le donne dedicano un numero variabile di ore per la cura degli animali. Badano agli animali alla mattina presto e in molte regioni si occupano di portarli al pascolo. Nell’epoca della riproduzione si occupano principalmente dell’alimentazione dei cuccioli. La quantità di tempo dedicato al lavoro domestico aumenta nelle zone dove ci sono maggiori problemi di accesso alle risorse naturali perché le donne impiegano più tempo per la raccolta di legna e l’approvvigionamento dell’acqua. Inoltre gli animali devono percorrere molta strada per alimentarsi e bere e la ricerca di queste risorse causa un aumento del tempo di lavoro, prima di poterli chiuder nel recinto la sera.L’acceso ad acqua, legna o combustibile necessario per cucinare, così come, per esempio, la vicinanza tra casa, scuola e dove si può acquistare, diminuisce il monte ore che le donne dedicano alle attività domestiche. Le attività comunitarie si realizzano, generalmente, la sera. La ricreazione è limitata e si limita a visite di vicini e familiari, ascoltare la radio, vedere la televisione, bere mate e, in pochissimi casi, a giocare con le figlie e i figli.

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18 Proyecto de Desarrollo de Pequeños Productores Agropecuarios, Progetto di sviluppo dei piccoli produttori agricoli

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Sostanzialmente le donne dedicano poco tempo della propria giornata ad attività esclusivamente collegate all’allevamento delle figlie e dei figli. In alcuni casi lo fanno contemporaneamente ad altri lavori della casa o della proprietà (…). Nei compiti che sono responsabilità delle donne, sia le figlie che i figli, sono coinvolte/i e aiutano. Senza dubbio le bambine aiutano di più nel lavoro domestico e riproduttivo. Il tempo dedicato ad ogni tipo di lavoro, come la quantità e qualità di aiuto che ricevono gli altri membri del focolare, dipende dal momento in cui si trova la famiglia: non è la stessa cosa per un gruppo famigliare che si trova nella tappa della crescita dei figli piccoli, rispetto ad uno dove i figli sono già adolescenti o quasi adulti. Le donne con varie/i figlie/i piccole/i sono molto più cariche di lavoro e non hanno, in genere, chi le aiuta. Le donne danno scarso valore al proprio lavoro, non considerano la quantità di ore che lavorano quotidianamente e neanche come questo limita la loro partecipazione ad attività comunitarie e sociali. Facendo il calcolo del tempo, si rende evidente quanto poco è tenuto in considerazione il lavoro delle donne, nonché quanto i loro sforzi siano invisibili ed apparentemente effimeri”19. Nell’appendice 3 si trova un’analisi delle leggi internazionali più importanti relative all’uguaglianza tra uomo e donna e dei diversi approcci di genere nei processi di sviluppo.

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19 Rapporto PROINDER, 2007, pagine25-26.

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Le donne e il significato attribuito alla terra

Come già segnalato, il regime della terra è, in genere, precario, inoltre “le famigliechevivono inparcelleindivisenonconsideranoprioritarialaregolarizzazionedeititolidiproprietàperchéquestoavrebbecostielevatipertasseemisurazioni.Inpiùquestesonodecisionicheimplicherebberolapartecipazionedituttiimembridellafamigliachenonsempresitrovanonelleareerurali.Normalmenteititolidiproprietànonsonoanomedelledonne”20.

La partecipazione delle donne nell’organizzazione, nell’affrontare i bulldozer, i gruppi armati o la polizia, il loro stare fisicamente davanti a tutto nel resistere, si può, in parte, spiegare con la relazione che le donne hanno con la terra e con il relativo sentimento di appartenenza.Nelle testimonianze si nota che:

“Ledonnevivonodipiùilluogoperchésonolorochecirimangonodipiùavivere,vivonodipiùlaterra.Sidevecapireche ladonnavivedipiù ilconflitto, soffredipiù laminacciadivedersiprivatadellaproprietà.Cisonodonneacuicosterebbemoltoandarsenee,anche,cisonodonnechecihannolasciatolavitaqui,nellaterra”.

“Iotiparlodalmiopuntodivista…Tiparlocollocandominellamiacomunitàcheèdovesononata,cresciutaedovehovissuto.Dipendiamodaglianimali,dall’allevamento.Tiparlodalpuntodivistadiviverelì,comeproduttrice.Seametogliesserolaterra,nonsapreicosafare.Conlaterraalleviituoianimalieconlavenditadeiprodottidaidamangiareaituoifigli.Èunavisionedifferente...Noiperesempiosiamocresciutisenzapadre.Cihannocresciutimiamadreemianonnaequestoèunaltrotipodi relazione.L’uomovaalavorarecomelavoratorestagionaleeladonnasifacaricoditutto,dellacuradeifigli: l’alimentazione,lostudio.Èladonnaquellachevivelaterra.Adessomisembradiversoquandol’uomolavoraincasa,staancheincasa,haunsentimentodiappartenenza.Peròlamaggioranzavannoalavorarefuoriotaglianolalegnaperfarecarboneetidifendonolaterrasoloperpoterricavarelerisorseperlenecessitàimmediate,poisenevannoaCordoba…Èladonnaquellacheresta”.

“Iocredochelarelazionechehaladonnaconlaterraèunpo’differentedallarelazionechehal’uomo.L’uomolaterralalavora,ladonnaladifende.Ladonnaledàpiùvalore,tragliuominilapenserannocosì treoquattro. ÈcomediceDoñaMaría “Quandoarrivano (NDR le imprese, lapolizia)amiomaritopossonodirequalsiasicosa,ameno.Amenonmidiconoqualsiasicosa,conluifannociòchevogliono.Èchenoidonneabbiamouncaratterepiùforte”.

Con la terra si vive una specie di “retro alimentazione”. Un’altra donna dice: “Contuttoquellochemièsuccessonellavita,contuttelecosebruttecheabbiamovissuto,avoltecamminoperilcampoemidimenticodituttociòcheèsuccesso,dituttoquellochehosofferto.Neancheavessicentoanni…Mimettoaparlareconlepianteeilcampomicuradatutto”.“Bene,iltemadellaterracièservitoperriconoscerechièchiedachelatostiamo...

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20 PROINDER, 2007.

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Cometihodettoall’inizio,inemicipolitici,quellicheeranocontroladifesadellaterra…Lalottaperlaterrahafattocompletamentedaspartiacque.Quandounoriceveunostipendiodallostato,quandounononhaanimalièfaciledirechelaterraèdichiselacompra.Cisonoorganizzazionichehannodefinitomoltobenequaleeralaloroposizionerispettoallaterra:ildirittoallaterra,ildirittoall’acqua,ildirittoallaproprietà”.

La piena identificazione della donna con la terra sulla quale vive e lavora, dalla quale trae le risorse per nutrire i propri figli è ciò che, in qualche modo, implica la partecipazione delle donne alla lotta per la difesa al diritto alla terra nel processo di resistenza.

È importante sottolineare che, secondo dati del 2010 sull’America Latina21, esisterebbe una forbice significativa tra maschi e femmine rispetto alla proprietà della terra, visto che, nel migliore dei casi, solo un quarto del totale dei proprietari sono donne.

Tra le cause di ciò si può annoverare che tradizionalmente l’eredità di beni avviene più frequentemente da uomo a uomo che da uomo a donna; nel settore della compravendita della terra c’è una predominanza di commercianti uomini e, lo stesso, accade nei programmi di distribuzione e registrazione di proprietà del campo.

In altre parole, si potrebbe dire che la distribuzione della terra è disciplinata dagli stessi schemi connotati da privilegi maschili che si presentano comunemente in alcuni matrimoni, giustificati da norme culturali e sociali.

Questi dati sono significativi anche nella provincia di Santiago del Estero. Senza dubbio è importante sottolineare che solo attraverso l’esercizio del diritto ed il controllo diretto sulla proprietà della terra da parte delle donne, si potrà raggiungere una reale uguaglianza di genere ed una equilibrata distribuzione delle terre.

Da ciò consegue che l’accesso alla terra da parte delle donne migliorerebbe la loro possibilità e capacità di negoziazione nello spazio domestico e, in generale, nella società.

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21 Undicesima “Conferencia Regional sobre la Mujer en America Latina y el Caribe” di CEPAL, Brasilia, 13-16 di luglio del 2010.

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La partecipazione delle donne alle attività in difesa del diritto alla terra

L’espansione della frontiera agricola ha comportato indubbiamente un peggioramento delle condizioni delle famiglie dei piccoli produttori. Le stesse donne riconoscono che la situazione di irregolarità della proprietà della terra, le espone a uno scenario di pericolo a fronte dei possibili sgomberi. Sanno anche che solamente attraverso il lavoro comunitario è possibile realizzare una difesa più efficace. Così commenta una donna di una comunità: “Laquestionedella terraèungrandetema.Pergliantichieradiverso,erapiùsemplice,nonc’eraquestanecessitàdicondividere.Orasappiamochenonsipuòstareisolati,solounendosisipuòimpararedipiù.Abbiamocominciamoacomprenderel’organizzazione,quandoarrivaronolemonache,cherimanevanonellecomunità,ciinsegnavanolavori,rimedinaturali.PoiconPadreSergio(NDR:Marinelli, ilsacerdoteitalianogiàcitato), inunmeseavevafattoilgirodituttelecomunità,avevaconosciutotuttinoi,cifacevadelledomandeepoidiceva‘doveteriunirvidipiù,doveteesserepiùuniti’”. Alcune delle donne intervistate sono delegate della propria comunità o leader contadine. La loro storia personale si intreccia con la storia delle organizzazioni in cui lavorano, poiché “da sempre” sono state coinvolte in questo ambito. Per molte di loro, partecipare al movimento di lotta in difesa della terra fu semplicemente come seguire il percorso che già avevano deciso prendere, un passo in più verso la loro consapevolezza e il loro impegno. Come si evince dalle loro parole:“Ilsacerdoteitalianoavevaformatoun’organizzazione.Eravamosolitiriunirci:siparlavadellavitachevolevamo,lavitachefacevamo,iproblemicheavevamo.Collaboravamocon laCaritas.Nell’organizzazioneeravamo,come sempre,piùdonnecheuomini. Èchegli uomini nonvoglionodifendere...Nella lottac’erano semprepiùdonnecheuomini. Si sentivano sempre leurladelledonne.Cipotevanoprendereabastonate,soffrivamoterra,caldo,freddo.Abbiamosmessodicucire,dicucinare. Alcune non volevano: dicevano ‘noi poveri straccioni non possiamo competere con personechehanno i soldi’. Però fradinoiabbiamoavutoun rapportomolto stretto. Seunadicevaandiamo,cimuovevamotutte.Permequestaèstataunabellaesperienza,abbiamosaputorispettareitempi,prendercilenostreresponsabilità”.

“LaresistenzaasostegnodiDonLucioèstatamoltoforte,siamostatelìunsacco,misembraquasiduemesi,einseguitodaDoñaMarta.Lìsiamorimastenelpienodellalotta.Anchenoicombattevamoconleparole.Certo,nontuttilofacevano,nontuttistavanoinsieme.Ognivoltacisono6o7pazzichedevonolavorarepiùdeglialtri.Abbiamo imparatocheeracon ildialogo,noncon learmi.Amepiace leggere,saperecosa sta succedendo.Mi sentivo ingradodipartecipare, imparare,conversare,ascoltare. Sentochesonocuriosaditutto.Questoserveanonessereusate.Esoprattuttosidevepensarechedomanipuòaccadereanoi.Inquestiannicisonostatemoltesparatorie.Cisonostatesemprepiùdonnecheuomini.C’eranocamionatedidonne.Diuominic’eranoFranco,Pedro,Pablo.Nonmoltialtri.

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Abbiamofermatoleruspe,abbiamoabbattutolecasechegliimpresariavevacostruitosullanostraterra.Abbiamocostrettoquellagentealasciarelanostraterra.Nonavevamopaura.Avevanopiùpauragliuomini”.

“Saràchenoiabbiamounpoteremaggioredegliuomini.Abbiamomaggioricapacitàdiesseredipiù.Gliuominiavoltesiscoraggiavano.Avoltesivergognavanodipiù.Noistavamosottolapioggiaedicevamo,beh,noncicacceranno.Avolte,quandoeravamodaLucio...e...luiavoltepiangeva.Enoiglidicevamo,no,noncimanderannovia.Ioglidicevocheottienimettendotiapiangere...deviessereforte,nonaverepaura.StavamoconDoñaMaria,leierasempreconme.Leimidicevaandiamodilàeandavamo”.

“Laveritàechenonsoperchéhodecisodipartecipare...nonpotevopassaretuttoiltempoacasa...Semiomaritononmipermettevadiparteciparenonsocosaavrei fatto,peròsarebbestatoopprimentestareacasatuttoiltempo.Nonsochecosastaaccadendonellamentedelledonne.Cifuuntempoincuimisovraccaricavodiattività,nesvolgevomolteeinquelperiodolaquestionedelconflittoeramoltoforte,dovevoesserciperfarelaresistenza...vogliodire,incasamianoncistavomai...Eancheseerosovraccaricadilavoroeramoltopulita,moltopulita”.

Per alcune di loro, la partecipazione femminile è dovuta a una maggiore capacità delle donne di parlare, trattare e, in alcuni casi, alla minor paura che hanno degli scontri:“Unavoltasondovutaandareall’albanel luogodiconflitto,eravamoPedroediocomerappresentantidellaMesa.Abbiamoaspettatol’albasullamontagna,d’inverno...Quellavoltamiricordochec’eranounsaccodidonne,strategicamentenoidonneandavamoavanti,quandobisognavafareresistenza.Ladonnaèsemprestataquellachehaparlatodipiù.Gliuominisonosemprestatiquellichemaggiormentesonorimastiinsilenzio.Voglionosemprevenireallemani.Cosìabbiamodettono,quiledonnesivannoaconfrontare,perchévoiscateneresteunalotta”.

“Sì,miricordocheeravamotante.Bene,quellavoltadelpostodiblocco,sullaStrada5chevaaTintina, lamaggiorpartedegliuomininonvolevanoandareavanti.C’eraMartacheeraundonnamoltocombattiva,cheèstatamoltoutilenellalotta.Cometistavodicendo,lamaggiorpartedegliuomininonvolevanoproseguire,volevanonegoziare.Eravamo inunmomento incui tuttidiscutevanosecontinuareo no, se dovevamo continuare la marcia o negoziare, già c’era un giudice, funzionari della Provincia.AlloraMartadissedino,cheerastancadiparlare,chedovevamoandareavantiechedovevamoandarenoialtre. Gliuomininonhannoavutoaltra sceltacheseguirci.Quelgiornome lo ricordobene.Poici fu laresistenza in tutte le comunità. Arrivarono le ruspe e le affrontarono un sacco di donne.Gli uomini nonvolevanoandareavantiperpauradiesserearrestati,ledonnecontinuaronoadandareavanti.Nelgiornodelbloccochetistoraccontando,all’improvvisoarrivòlapoliziaantisommossa,eh...quelgiorno,abbiamotemutochetuttopotesseesplodere...Poiquandosonoarrivatiipoliziottituttiarmatieprontiadarcele,gliuoministavanotuttisalendosullamontagna,anascondersi.Enoiapensarecosafare,conlapolizianellevicinanze.Alloraiodicoandiamoaprendereibambini.C’eranounsaccodiragazziehodettochec’èunaleggechecipuòproteggere,cisiamotenutituttipermano,gliuominieranoquellicheavevanopiùpaura,‘questavoltacifannofuori’,dicevano. Quellavoltafuterribile”.

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Per altre, invece, le donne nella Resistenza erano in prima linea per una strategia, dato che - presumibilmente - era più difficile essere represse con la violenza: “Sapevamo che le donne, noi, non le avrebbero attaccate, agli uomini si. E sapevamo anche che eravamo capaci”. A volte le donne hanno dovuto sopportare i giudizi degli uomini che volevano limitare la loro partecipazione nell’organizzazione, o le critiche della propria famiglia. Come evidenziano: “All’incontroero lapiùgiovane,donna,enonprendevano inconsiderazionequellochedicevo.Pensavoanchelamiavoceconta,sonounadelegata,holadelega.Solounpo’piùtardihocominciatoavederriconosciutoildirittoafarascoltarelamiavoce.Poisiiniziòaparlaredellaquestionedellanaturagiuridicaacuihopartecipatomolto,perchéerogiovane,avevostudiato.Questoprocessomihaaiutatomolto,perchéhopartecipatomoltissimoalsuosvolgimento,alledecisionielìhoottenutounancormaggiorericonoscimento.Epoiparechemiabbianopresoinconsiderazione...Hopartecipatoancheadaltreorganizzazionienonèandatacosìbene.Lagenteeramoltomanipolatrice,mabeh,èstatounmioerroreandarmene,perchésenonaltroorasonosicurachesenonoccupiiposti,lioccupanoglialtri,ècosì”.

“Noicasalinghepensiamosempredisaperetutto,perònonècosì.Chesolonoipossiamofarebenelecosemainrealtànonècosì.Tuttisannotutto.All’iniziomiècostatomolto.Poihocapitochetutti,quiacasamiapotevanofaretutto,chenessunodipendevadaqualcuno,anchegliuominipotevanofaredasoli”.

Molte delle donne intervistate non partecipavano direttamente allo spazio di “discussione politica”. Come loro stesse hanno dichiarato, erano “bloccate in cucina, preparando il mate o da mangiare”. Tuttavia, quando bisognava resistere alle minacce di sgombero, sono state le prime ad affrontare il conflitto.

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Conclusioni

Secondo il Censimento Nazionale dell’Agricoltura (CNA) della INDEC, la distribuzione della terra a Santiago del Estero è chiaramente diseguale. Il problema della terra è inserito, come indicato da vari autori22 , nelle controversie contemporanee che vedono contrapposte razionalità in conflitto, giacché “la proprietà della terra, delle sementi, delle risorse naturali, del territorio, del libero utilizzo delle montagne, dell’accesso all’acqua, alle strade, agli edifici storici e simbolici, collettivi della comunità, rappresentano i nodi intorno a cui si giocano i conflitti” 23. Nel caso del Dipartimento di Figueroa, si può dire che dal 2002 i conflitti hanno cambiato molto le loro caratteristiche. Se in un primo momento la Mesa de Tierra era composta solamente da tre comunità, progressivamente si riuscì a coinvolgerne altre nella difesa del diritto alla terra, fino al punto di giungere, in varie occasioni, all’interno dello spazio di dialogo istituzionale a livello provinciale. Si può prevede che i lavori della Mesa de Tierra e di altre associazioni continueranno anche con la ristrutturazione della Diga Figueroa, attualmente in corso, perché in questo modo la zona potrà contare su di un sistema di irrigazione, con la conseguente rivalutazione delle terre, il che porterà nuove forme di conflitto tra imprese e residenti. In effetti, la ricostruzione della diga genera atteggiamenti ambivalenti all’interno delle comunità. Questo perché, anche se l’acqua di irrigazione è una necessità urgente, allo stesso tempo genera un nuovo scenario di conflitto di interessi. Lo stile di vita degli abitanti del Dipartimento di Figueroa che abbiamo potuto osservare attraverso il nostro “stare” in questi anni di lavoro sul campo, ci pare classificabile come quello della “società della sovrabbondanza”24 . Con questo intendiamo dire che l’idiosincrasia della gente di solito non coincide con l’accumulo di capitale o la produzione di beni materiali in abbondanza, ma con la maggior quantità di tempo libero trasmutato in spazi dedicati alle celebrazioni e alla vita sociale e familiare. Si può anche aggiungere che dietro la lotta di queste comunità, preoccupate di essere sfollate dalle loro terre, c’è anche la necessità di difendere una visione del mondo, una cultura e un’identità contadina, tradizionalmente messa a tacere dal momento della costituzione dello Stato Nazionale 25. Come ha segnalato un abitante di Figueroa, già dalla scuola elementare si è cercato di svalutare la cultura contadina, a favore di una cultura più urbana e, quindi, più “civilizzata”: “Prendi la scuola... gli insegnanti fanno questi esempi che per i nostri giovani non vogliono dire niente, parlano di cose di città... io dico... perché non dire, per esempio, ho 10 caprette, ne macello 5... ne rimangono tante, così i ragazzi capirebbero, sono le cose che vivono tutti i giorni... ma ciò non viene fatto, perché è la nostra stessa cultura che si vuole far scomparire...” Al tempo stesso, è necessario porre in evidenza gli sforzi compiuti dalle persone, uomini e donne, che vivono in queste zone le quali, in diverse occasioni, hanno dovuto cambiare il loro approccio nei confronti dell’antica maniera di vita, integrando gradualmente nuove abitudini per rendere più efficace la difesa dei propri diritti.

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22 Giarracca, Bidasecca. 23 Bidasecca, 2007:7 24 IDEM 25 Isla, 2009

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Questo vale, ad esempio, per la trasformazione della cultura dell’oralità che viene attuata per difendere meglio il territorio, così come racconta una residente, socia della Mesa: “...È che per noi questo dei conflitti è stato tutto un cambiamento nel modo di pensare... non è stato facile... perché tra di noi una volta tutti gli accordi sulla parola erano validi. Tra contadini non avevano bisogno di scrivere quello che veniva stabilito. E una cosa molto importante che poi ci dissero gli avvocati, che ci ha detto il giudice quella volta della marcia per l’acqua di cui ti parlavo prima, è stato che se non c’era qualcosa di scritto, nulla era valido. Per noi bastava dire che lo avevamo ereditato dai nostri genitori, nonni, che avevano sempre vissuto qui, ma il giudice ci disse di no, che per essere valido dovevamo avere un documento scritto. Così abbiamo iniziato a comprendere la necessità di avere i documenti, qualcosa di scritto”. I distinti valori attribuiti a scrittura e oralità si sono delineati, da sempre, come fondamentali. Nel caso specifico della terra, è stata piuttosto evidente la tensione tra i diritti statali/universali e i diritti comunitari/locali. Le persone, uomini e donne, che vivono in questi luoghi non aveva mai sentito il bisogno di recintare i terreni, e tanto meno di chiedere un riconoscimento scritto delle terra che possedevano. “Non avevamo delimitato le porzioni perché si è sempre lavorato comunitariamente. Le terre sono della comunità, non vi era alcun bisogno di recinzioni. Era un costume, una cultura”, si legge in una delle testimonianze di un contadino raccolte durante l’inchiesta condotta da Paolo Barbetta (2005). Per l’autore, “dal punto di vista dei contadini, recintare una proprietà cozza con la nozione stessa di comunità. Con esso scompare una serie di relazioni di reciprocità che sono associate con il senso di comunità”26 In questo cammino di difesa e di reclamo, che va molto oltre la necessità di continuare a vivere su un terreno di loro proprietà, le voci delle donne si alzano come le più genuine e impegnate, tra le altre ragioni, per il loro vivere maggiormente la terra e per la loro maggior presenza in casa, rispetto agli uomini che si recano a lavorare lontano. In breve, in questo contesto, è interessante valutare la portata e in che maniera il progetto finanziato dalla cooperazione italiana ha contribuito alle azioni della Mesa de Tierra de Figueroa.Quando ISCOS è stato messo al corrente di quanto stava accadendo nel Dipartimento di Figueroa e c’è stato un approccio per conoscere l’organizzazione contadina, la situazione era molto diversa da quella attuale. A quel tempo, le minacce erano espresse in una forma spesso violenta e il rischio di “essere arrestati” era reale. Il progetto che venne elaborato si basava su questa situazione di impotenza e di violazione di diritti. Pochi anni dopo, il contesto già non era più lo stesso. Attualmente vi è una apertura da parte dello Stato, soprattutto a livello provinciale, attraverso varie proposte di dialogo verso il settore contadino. La Mesa de Tierra de Figueroa ha dovuto rinnovarsi a fronte di questi cambiamenti, modificando in continuazione le proprie strategie di difesa, affrontando il complesso processo di rafforzamento dell’organizzazione. ISCOS ha cercato di accompagnare la Mesa nelle diverse fasi che ha dovuto vivere. Mantenendo le caratteristiche di base che avevano costituito la struttura del progetto originale, siamo rimasti sempre vigili al nuovo contesto, esplorando nuove possibilità di azione e di relazione con i diversi attori sociali.

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26 Barbetta en Bidasecca, 2007

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L’amore e la dedizione con cui si dedicano al proprio lavoro ci hanno insegnato il rispetto che meritano le attività agricole, ricordando quello che scrive José Luis Caravias sull’esperienza del lavoro della terra. “Portare la vita alla terra è così profondamente umano che rende i contadini (e le contadine) profondamente umani. Sentono il loro essere come una profonda forza di identità che si esprime in una propria forma di pensare, essere e agire. E questo segreto lo sanno custodire attraverso i secoli. “ Da parte del team incaricato del progetto, composto, si noti, da sole donne, è stato inevitabile porre l’attenzione sull’attivismo delle contadine di Figueroa. La loro presenza costante, il loro “mettere il corpo” e la loro capacità di rompere con i modelli tradizionali di partecipazione, è stato per noi un indimenticabile esempio di impegno.

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Allegato I: I risultati raggiunti dal progetto “Protezione del diritto alla Terra nel Dipartimento di Figueroa, Santiago del Estero, Argentina”, co-finanziato dalla Regione Marche e da ISCOS Nazionale.

Risultato numero 1: sensibilizzazione e diffusione del concetto di diritto alla terra del Dipartimento di Figueroa e nei dipartimenti limitrofi di Moreno e Alberti. • Realizzazione di riunioni mensili della Mesa de Tierra de Figueroa. • Sviluppo di materiali per la formazione (schede su “Elaborazione di progetti nelle aree rurali” e “MARC, meccanismi alternativi per la risoluzione dei conflitti”). • Elaborazione della brochure istituzionale dell’Organizzazione. • Preparazione del calendario 2010 con lo slogan “Ogni albero piantato è un passo avanti per difendere i nostri beni”.

Risultato numero 2: Formazione di leader contadini della Mesa de Tierra nell’esercizio del diritto alla terra. • Realizzazione di sessioni di formazione su: | Elaborazione di progetti, | Diritti della cittadinanza contadina | meccanismi alternativi per la risoluzione dei conflitti (MARC) | Agrimensura, |Giudizio di prescrizione, | Legge ventennale, | Processi di Rimboschimento, risorse di flora e fauna della zona. • Una borsa di studio assegnata ad un giovane comunità della comunità di Invernada Sur per studiare giurisprudenza presso l’Università Cattolica di Santiago del Estero. • Formazione continua nel settore agricolo attraverso l’interscambio di esperienze tra le comunità.

Risultato numero 3: Consolidamento delle neonata associazione “Mesa de Tierra de Figueroa” • Riconoscimento della personeria giuridica e relativo CUIT. • Costruzione della sede del la Mesa de Tierra de Figueroa nel comune di Bandera Bajada. • Arredamento e dotazione della sede della Mesa de Tierra (ufficio e ricovero). • Acquisto di un veicolo Ford F100 per facilitare lo sviluppo delle azioni dell’Organizzazione sul territorio.

Risultato numero 4: Blocco dei tentativi di esproprio dei terreni di proprietà di famiglie contadine residenti da più di vent’anni nella zona. • In due anni i più forti i conflitti si sono sviluppati nelle seguenti zone: Nueva Esperanza, Machajuay Huanchina, El Pirucho, San Juan, El Fiscal, El Negrito, Rincón, San Felipe, Santa Lucia, Las Lomas, El Cero.

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Ad ogni minaccia di conflitto, l’Organizzazione ha risposto attraverso la sua presenza, accompagnando le famiglie nei casi di resistenza o mediazione.

Risultato numero 5: Realizzazione di azioni ulteriori per l’ottenimento del titolo di proprietà • Collaborazione e accordi tra l’organizzazione contadina Mesa de Tierra e le istituzioni pubbliche Registro dei Proprietari, Comitato di Crisi, Sottosegretariato per i diritti umani della Provincia di Santiago del Estero; realizzazione di attività congiunte. • Firma di accordi fra l’organizzazione contadina Mesa de Tierra e il Gabinetto della Provincia di Santiago del Estero. • Realizzazione di udienze preliminari nelle comunità di El Chañar, San Cayetano, Nueva Esperanza, Santa Rita/Santa Catalina. • Realizzazione di uno studio sui titoli delle comunità socie della Mesa de Tierra.

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Allegato II: La questione agraria a Santiago del Estero e i titoli della Terra

Secondo dati ufficiali, Santiago del Estero è una delle province più “ruralizzate” e con maggiore presenza di contadini di tutta l’Argentina. Secondo le statistiche della Mesa de Tierra di Santiago del Estero, nelle campagne vive circa il 36% della popolazione totale della provincia, circa 28.000 famiglie. I dipartimenti che hanno più persone in condizioni di povertà sono proprio quelli che concentrano il maggior numero di popolazione rurale. Secondo dati provenienti da INDEC (2001), la provincia di Santiago del Estero ha una alta percentuale di famiglie con Necessità Basiche Insoddisfatte (NBI)27 , considerando che questo indicatore è del 26,2 per cento e che la media nazionale è del 14,3 per cento.

Il Dipartimento di Figueroa, dove si è concentrato il nostro lavoro, ha una percentuale di nuclei familiari con NBI del 52,94 per cento. La maggior parte delle famiglie contadine possiedono con “spirito da proprietario” la terra che hanno occupato per generazioni. Per legge, la persona proprietaria è chi vive, lavora o usa il territorio come fosse il suo unico proprietario/a. In altre parole, avere “spirito da proprietario”, è un comportamento, un sentimento per il quale la persona si presenta di fronte agli altri come proprietario di quella terra. Lo spirito da proprietario è ulteriormente dimostrato con atti di possesso e realizzazione di migliorie, per esempio, recinzioni, pozzi, dighe, fienili, vialetti, ecc. Inoltre, il pagamento delle tasse è considerato come un atto di possesso. Il proprietario o la proprietaria vive nella terra e la lavora, quindi, non riconosce che un’altra persona può diventare il proprietario della stessa 28 .

Due articoli del codice civile (4015 e 2351) regolano la Legge Ventennale che assegna – anche senza un documento scritto relativo al terreno – il diritto di proprietà a chi vive da oltre vent’anni in forma pacifica, continua e pubblica in un luogo avendo introdotto delle migliorie (dimostrando lo “spirito da proprietario”) nel terreno in questione. Tuttavia, la maggior parte delle famiglie sono in una situazione di impotenza di fronte agli sgomberi, perché non hanno regolarizzato il loro titolo. Questo si verifica quasi esclusivamente per i costi elevati di indagini e sentenze di prescrizione 29.

27 Si ricorda che la povertà misurata dalla percentuale di popolazione con bisogni primari insoddisfatti (NBI) si stabilisce dalla presenza di almeno uno dei seguenti indicatori di disagio: famiglie con più di tre persone per stanza (grave sovraffollamento), famiglie che vivono in alloggi disagiati, famiglie senza servizi igienici o con servizi senza scarico, famiglie con bambini in età scolare che non frequentano la scuola e famiglie con quattro o più persone per persona lavoratrice e il cui capofamiglia ha scarsa istruzione. 28 Cartilla Informativa Subsecretaría de Derecho s Humanos, Observatorio de Derechos de las Comunidades Campesinas, Gobierno de la Provincia de Santiago del Estero. 29 Secondo la Defensoría del Pueblos (dati 2007) ci sarebbero 24.000 legittimi proprietari che necessitano di protezione contro lo sfratto

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I contadini e le contadine della zona che non hanno il “titolo perfetto30“ - perché, come detto, nonostante il loro possesso non possono accedere a documenti scritti del terreno in contestazione – si sono trovati in una situazione di impotenza di fronte alla legge. È anche interessante notare che, oltre al costo elevato di indagine e le spese per affrontare una sentenza di prescrizione, i tempi eccessivamente lunghi del possesso non hanno facilitato l’accesso alla giustizia alle popolazioni rurali. A tutto ciò va aggiunto che, pur se è degno di nota il lavoro approfondito realizzato - soprattutto negli ultimi anni - dagli enti governativi come il Sottosegretariato deii Diritti Umani, il Comitato di Crisi, il Registro dei Proprietari, in tutto il territorio di Santiago del Estero vi è una certa disinformazione da parte dei contadini riguardo ai loro diritti sulla loro terra e una certa difficoltà a poter sensibilizzare in modo diffuso le popolazioni delle aree rurali più remote.

Di conseguenza, molti autori 31 parlano di “esclusione silenziosa” o “sfratti silenziosi”, considerato che una delle parti citate nel conflitto non ha alcuna possibilità di essere presente di fronte alla legge, né, a volte, di rivalersi nei confronti degli abusi di potere commessi dagli imprenditori.Gli sgomberi sono stati identificati 32 di solito sotto tre forme principali: 1) Lo sgombero totale o “sfratto violento” (presentazione di atti validi o non validi da parte di società o persone e conseguente sfratto degli abitanti, di solito attuato dalla polizia e con la violenza). 2) Lo “sfratto latente” (quando si stabilisce un amministratore che regola le attività di produzione degli occupanti). 3) La “sfratto con ri-ubicazione” (quando si concede agli occupanti di stabilirsi in una zona che consente lo sfruttamento industriale del terreno). I campi oggetto di conflitti sono, nella maggior parte dei casi, campi comunitari 33 - lavorati dalla comunità. Il processo di legalizzazione che le distinte comunità esigono prevede il riconoscimento di terreni per l’intera comunità e non per ogni famiglia. Anche la metodologia di lavoro, i turni per mantenere i campi e portare gli animali al pascolo sono regolamentati da norme comunitarie (solitamente orali).

30 De Dios, 2006 31 Inés Alfaro per esempio. 32 Rubén de Dios e Pablo Barbetta 33 “Questa denominazione comprende gli utilizzi che derivano da forme di possesso originarie dell’epoca coloniale. Queste terre erano generalmente date in concessione dalla corona spagnola, con un confine impreciso. L’imprecisione originale si è accentuata nel corso del tempo per le variazioni nelle misurazioni di superficie (lega castigliana, lega riojana, lega tucumana), la mancanza di procedure o complicazioni nella trasmissione delle eredità, l’esistenza di titoli di proprietà imperfetti, la cessione dei diritti di successione, ecc. All’interno di un’unità maggiore coesistono diverse forme disfruttamento senza limiti precisi, ed è frequente osservare l’esistenza di un settore che viene utilizzato in comune dai produttori (di solito per il pascolo). Le difficoltà nel definire il territorio non si devono solo alla sovrapposizione di diritti all’interno di una comunità, ma anche tra due o più comunità. I membri di questi “campi” si chiamano “derechosos” o “comuneros” se affermano dei diritti sul terreno (in parte azioni di sovvenzione reale). Ma bisogna tenere a mente che anche in quelle comunità ci sono occupanti riconosciuti e occupanti di fatto. Le aree comuni sono comunemente note come “comunità”, “ mancomunidad “, “misericordia”, “estancia”, “ estancia indivisa”, o un nome seguito dall’espressione “terra indivisa”. Talvolta essi sono riconosciuti con il nome di un proprietario o gestore del passato” (http://www.estadistica.chubut.gov.ar/index).

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Allegato III: Affrontare la questione di genere nei progetti di sviluppo e nelle leggi internazionali

Anche se il progetto “Difesa del Diritto alla Terra” non ha avuto una componente specifica di genere, è sempre stato interesse di entrambe le organizzazioni mirare a rafforzare la parità tra uomini e donne. Brevemente elencate di seguito sono gli approcci comunemente utilizzati in progetti di sviluppo per raggiungere una maggiore empowerment delle donne. Fino agli anni settanta le donne erano considerate soprattutto per il loro ruolo di madri e per il loro ruolo nella riproduzione biologica e, infine, per l’uso della loro forza lavoro all’interno della casa.Il Focus delle Donne nello sviluppo (MED) comincia a vedere le donne come produttori, cercando di coinvolgere la popolazione femminile nei lavori di produzione al di fuori della casa, pensando che questo potrebbe tradursi in una subordinazione inferiore. Le critiche rivolte a questo tipo di approccio sono basate sull’aver concentrato troppa attenzione al ruolo produttivo delle donne, in isolamento dagli altri componenti culturali, anche considerando che la subordinazione non sempre è invertita da una maggiore partecipazione al reddito monetario.

Negli anni Novanta, si è sviluppato l’approccio noto come Genere in Sviluppo (GED) che si proponeva di esaminare e modificare le relazioni tra uomini e donne al fine di raggiungere uno sviluppo realmente equo. L’analisi delle relazioni di genere permette di scoprire le situazioni di iniquità nell’accesso alle risorse (materiali e simboliche) che comportano una subordinazione delle donne e una posizione di maggior potere dagli uomini. L’approccio GED è quello di cambiare i rapporti di potere, discutendo i vecchi schemi. Pertanto, qualsiasi lavoro che voglia prendere in considerazione un approccio di genere deve coinvolgere sia uomini che donne. In questo approccio si riconosce il lavoro svolto nell’ambito del Progetto. Relativamente alle leggi, la CEDAW (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne) è stata adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, è entrata in vigore nel 1981, e ratificata dall’Argentina nel 1985, con la legge nazionale n. 23.179.

Con la riforma costituzionale del 1994, ha acquisito lo status costituzionale. La Convenzione consta di 30 articoli e definisce cosa costituisca una discriminazione contro le donne, istituendo un programma per sradicare tale discriminazione. Esso è definita come “... ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, avente lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle donne a prescindere dal loro stato civile, sulla base della parità fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro “(art. 1)34 .

34 (http://www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/).

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La discriminazione si configura per qualsiasi atto fatto di proposito e non. Si tratta di eliminare tutte le forme di discriminazione e non solo la discriminazione fondata sul sesso, cioè, si vietano tutte le pratiche che perpetuano la disuguaglianza delle donne. L’esclusione o altra azione che ostacolano l’accesso ai diritti già elencati, aggiunge alla discriminazione un grado di vulnerabilità che porta ad una responsabilità esterna e in effetti l’obbligo di un intervento pubblico da parte dello Stato. (PROINDER, 2007). Se è vero che l’esistenza di un quadro giuridico che indichi gli obiettivi nell’ambito dei diritti delle donne non significa automaticamente garantire il loro raggiungimento, è importante sottolineare che almeno c’è uno spazio che dà legittimità alle loro rivendicazione. La Piattaforma d’azione di Pechino del 1995, firmata da tutti i governi, è ancora una guida per lo sviluppo di equità di genere in quanto è considerata “un programma volto a creare le condizioni per il rafforzamento delle donne (...) una condizione per il raggiungimento della giustizia sociale, ed è un necessario e fondamentale presupposto per l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace” 35.

La Piattaforma d’azione di Pechino costituisce un progetto dettagliato per il rafforzamento. Il documento include un’analisi dei tipi di problemi e delle opportunità in 12 aree di interesse, e delle norme di azione chiare e concrete da adottare da parte dei governi, del sistema delle Nazioni Unite e della società civile, incluso il settore privato (UNDP 2008). Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio hanno consolidato i precedenti accordi sulle questioni di genere, compresi i diritti delle donne (sinteticamente, il rafforzamento delle donne e la parità di genere) in un unico insieme di obiettivi, traguardi e parametri chiave. Nella Dichiarazione del Millennio, è diventato chiaro che la parità di genere è sia un obiettivo in sé (MDG 3) che un elemento trasversale per raggiungere altri obiettivi. (IDEM).

35 Quarta Conferenza Mondiale sulla Donna della Nazioni Unite, 1995, Dichiarazione e Piattaforma di Azione di Pechino, pag 11.

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Bibliografía

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Índice

Ringraziamenti 3Prefazione 4Introduzione 6La Mesa de Tierra de Figueroa 8La politica di dialogo e consenso come spazio de democratizzazione dello Stato 10L’azione del Sottosegretariato dei Diritti Umani della provincia di Santiago del Estero 12Il commento di Silvia Hirsh 14Il Progetto “Difesa del diritto alla Terra” nel Dipartimenti di Figueroa, Santiago del Estero, Argentina” 16Salvaguardare il futuro 18Breve storia della Provincia 22Le donne nel Dipartimento di Figueroa 26Le donne e il lavoro nell’area rurale 30Le donne e il significato attrbuito alla terra 40La partecipazione delle donne nelle attività in difesa del diritto alla terra 44Conclusioni 50Allegato I: Risultati raggiunti durante il Progetto 56Allegato II: La questione agraria a Santiago del Estero e i titoli di proprietà della terra 58Allegato III: Approccio di genere nei progetti di sviluppo e leggi internazionali 60Bibliografia 62

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