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SANTA CATERINA DA SIENA LIBRO DELLA DIVINA DOTTRINA volgarmente detto DIALOGO DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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SANTA CATERINA DA SIENA

LIBRO DELLA DIVINADOTTRINA

volgarmente dettoDIALOGO DELLA DIVINA

PROVVIDENZA

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SANTA CATERINA DASIENA

LIBRO DELLA DIVINADOTTRINA

VOLGARMENTE DETTO

DIALOGO DELLA DIVINAPROVVIDENZA

A CURA DI

MATILDE FIORILLI

SECONDA EDIZIONE INTERAMENTE RIVEDUTA DA

SANTINO CARMELLA.

BARIGIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI

1928

PROPRIETA LETTERARIA, SETTEMBRE MCMXXVIII – 73972

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AL NOME DI IESU CRISTOCROCIFIXO E DI MARIA DOLCE.

QUESTO LIBRO FECE LA VENERABILEVERGINE CATERINA DA SIENA MANTELLATA DI

SANCTO DOMENICO.

LIBER DIVINÆ DOCTRINÆ DATÆ PER PERSONAM DEIPATRIS INTELLECTUI LOQUENTIS GLORIOSÆ ET SANCTÆ

VIRGINI CATERINÆ DE SENIS PREDICATORUM ORDINIS.CONSCRIPTUS IPSA DICTANTE LICET VULGARITER ET

STANTE IN RAPTU ACTUALITER ET AUDIENTE QUID IN EALOQUERETUR DOMINUS DEUS ET CORAM PLURIBUS

REFERENTE.

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CAPITOLO I. COME L'ANIMA PER ORAZIONE S'UNISCE CON DIO, E COME QUESTA ANIMA, DE LA QUALE QUI SI PARLA, ESSENDO LEVATA IN CONTEMPLAZIONE, FACEVA A DIO QUATRO PETIZIONI.

Levandosi una anima ansietata di grandissimodesiderio verso l'onore di Dio e la salute del'anime ; exercitandosi per alcuno spazio di temponella virtú, abituata e abitata nella cella delcognoscimento di sé per meglio cognoscere labontá di Dio in sé ; perché al cognoscimentoséguita l'amore, amando cerca di seguitare evestirsi della veritá. E perché in veruno modogusta tanto ed è illuminata d'essa veritá quanto colmezzo de l'orazione umile e continua fondata nelcognoscimento di sé e di Dio (però chel'orazione, exercitandola per lo modo decto,unisce l'anima in Dio, seguitando le vestigie diCristo crocifixo), e cosí per desiderio e affecto eunione d'amore ne fa un altro sé.

Questo parbe che dicesse Cristo quandodisse : « Chi m'amará e servará la parola mia Iomanifestarò me medesimo a lui, e sarà una cosacon mero e Io con lui ». E in piú luoghi troviamosimili parole, per le quali potiamo vedere che egliè la veritá che per affecto d'amore l'anima diventaun altro lui. E per vederlo piú chiaramente,ricòrdomi d'avere udito d'alcuna serva di Dio cheessendo in orazione, levata con grande elevazione

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di mente, Dio non nascondeva a l'occhio del'intellecto suo l'amore che aveva a' servi suoi :anco el manifestava, e tra l’altre cose diceva : –Apre l'occhio de l’intellecto e mira in me, e vedraila dignità e bellezza della mia creatura che ha in séragione. E tra la bellezza che io ho data a l'animacreandola a la [4] imagine e similitudine mia,raguarda costoro che sono vestiti del vestimentonupziale, cioè della carità, adornato di molte veree reali virtú, uniti sonno con meco per amore. Eperò ti dico che se tu mi dimandassi : – Chisonno costoro ? – Rispondarei – diceva il dolce eamoroso Verbo : – Sonno un altro me, perchéhanno perduta e annegata la propria volontà, evestitisi, unitisi e conformatisi con la mia. –

Bene è dunque vero che l'anima s'unisce peraffetto d'amore. Si che, volendo piú virilmentecognoscere e seguitare la veritá, levando ildesiderio suo, prima per se medesima(considerando che l'anima non può fare verautilitá di dottrina, d'exemplo e d'orazione alproximo suo se prima non fa utilitá a sé, cioèd'avere e acquistare la virtú in sé) domandava alsommo ed etterno Padre quattro petizioni. Laprima era per se medesima ; la seconda per lareformazione della sancta Chiesa ; la terzagenerale per tutto quanto il mondo, esingularmente per la pace dei cristiani e' qualisonno ribelli con molta irreverenzia epersecuzione alla sancta Chiesa. Nella quarta

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dimandava la divina providenzia che provedessein comune, e in particulare in alcuno caso che eraadivenuto.

CAPITOLO II. COME EL DESIDERIO DI QUESTA

ANIMA CREBBE, ESSENDOLE MOSTRATO DA DIO LA NECESSITÁ DEL MONDO.

Questo desiderio era grande ed era continuo ;ma molto maggiormente crebbe essendomostrato dalla prima Verità la necessità delmondo, e in quanta tempesta e offesa di Dio egliera. E intesa aveva ancora una lettera, la qualeaveva ricevuta dal padre de l'anima sua, dove eglimostrava pena e dolore intollerabile de l'offesa diDio e danno de l'anime e persecuzione dellasancta Chiesa. Tutto questo l'accendeva il fuocodel sancto desiderio, con dolore de l'offesa e conallegrezza d'una speranza per la quale aspettavache Dio provedesse a tanti mali. [5] E perchénella comunione l'anima pare che piú dolcementesi strenga fra sé e Dio e meglio cognosca la suaveritá (l'anima allora è in Dio, e Dio ne l'anima, sicome il pesce che sta nel mare, e il mare nelpesce) ; e per questo le venne desiderio digiognere nella mactina per avere la messa ; elquale di era il di di Maria. Venuta la mactina el'ora della messa, si pose con ansietato desiderio econ grande cognoscimento di sé, vergognandosidella sua imperfeczione, parendole essere cagionedel male che si faceva per tutto quanto el mondo,

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concipendo uno odio e uno dispiacimento di sécon una giustizia sancta ; nel qualecognoscimento e odio e giustizia purificava lemacchie che le pareva, ed era ne l'anima sua, dicolpa, dicendo : – O Padre etterno, io mirichiamo di me a te, che tu punisca l'offese mie inquesto tempo finito. E perché delle pene, chedebba portare il proximo mio, io per li mieipeccati ne so' cagione, però ti pregobenignamente che tu le punisca sopra di me.

CAPITOLO III. COME L'OPERAZIONI FINITE NON SONO SUFFICIENTI A PUNIRE NÉ A REMUNERARE SENZA L'AFFETTO DE LA CARITÁ CONTINUO.

Alora la Verità etterna, rapendo e tirando a sépiú forte il desiderio suo, facendo come facevanel Testamento vecchio che quando facevano ilsacrifizio a Dio veniva uno fuoco e tirava a sé ilsacrifizio che era accepto a lui, cosí faceva ladolce Verità a quella anima : che mandava ilfuoco della clemenzia dello Spirito sancto e rapivail sacrifizio del desiderio che ella faceva di sé a lui,dicendo : – Non sai tu, figliuola mia, che tutte lepene che sostiene o può sostenere l'anima inquesta vita non sonno sufficienti a punire unaminima colpa ? però che l'offesa che è fatta a me,che so' Bene infinito, richiede satisfaczioneinfinita. E però lo voglio che tu sappi che nontutte le pene che sonno date in questa vita sonno

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date per punizione, ma per correczione, pergastigare il figliuolo quando egli offende. Ma èvero [6] questo : che col desiderio de l'anima sisatisfa, cioè con la vera contrizione edispiacimento del peccato. La vera contrizionesatisfa a la colpa ed a la pena, non per pena finitache sostenga, ma per desiderio infinito. PerchéDio, che è infinito, infinito amore e infinitodolore vuole. Infinito dolore vuole in dite modi :l'uno è della propria offesa la quale ha commessacontra 'l suo Creatore ; l'altro è de l'offesa chevede fare al proximo suo. Di questi cotali, perchéhanno desiderio infinito (cioè che sonno uniti peraffecto d'amore in me, e però si dogliono quandooffendono o veggono offendere), ogni loro penache sostengono, spirituale o corporale, daqualunque lato ella viene, riceve infinito merito esatisfa a la colpa che meritava infinita pena :poniamo che sieno state operazioni finite, facte intempo finito ; ma perché fu adoperata la virtú esostenuta la pena con desiderio e contrizione edispiacimento della colpa infinito, però valse.

Questo dimostrò Paolo quando disse : « Se ioavesse lingua angelica, sapesse le cose future,desse il mio a' poveri, e dessi el corpo mio adardere, e non avesse carità, nulla mi varrebbe ».Mostra il glorioso apostolo che l'operazioni finitenon sonno sufficienti né a punire né a remuneraresenza il condimento dell'affecto della caritá.

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CAPITOLO IV. COME EL DESIDERIO E LA CONTRICZIONE DEL CUORE SATISFA A LA COLPA

E A LA PENA IN SÉ E IN ALTRUI, E COME TALE VOLTA SATISFA A LA COLPA E NONE A LA PENA.

– Hotti mostrato, carissima figliuola, come lacolpa non si punisce in questo tempo finito perveruna pena che si sostenga, puramente pur pena.E dico che si punisce con la pena che si sostienecol desiderio, amore e contrizione del cuore : nonper virtú della pena, ma per la virtú del desideriode l'anima. Si come il desiderio e ogni virtú valeed ha in sé vita per Cristo crocifixo unigenito mioFigliuolo in quanto l'anima ha tracto l'amoredallui e con virtú séguita le vestigie sue. [7]

Per questo modo vagliono, e non per altro ; ecosí le pene satisfanno a la colpa col dolce eunitivo amore acquistato nel cognoscimentodolce della mia bontá, e amaritudine e contrizionedi cuore, cognoscendo se medesimo e le propriecolpe sue. El quale cognoscimento genera odio edispiacimento del peccato e della propriasensualità. Unde egli si reputa degno delle pene eindegno del fructo. Si che – diceva la dolce Verità– vedi che, per la contrizione del cuore, conl'amore della vera pazienzia e con vera umilità,reputandosi degni della pena e indegni del fructo,per umilità portano con pazienzia. Si che vedi chesatisfa per lo modo decto.

Tu mi chiedi pene acciò che si satisfacci al'offese che sonno facte a me dalle mie creature, e

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dimandi di volere cognoscere e amare me che so'somma Verità. Questa è la via a volere venire aperfecto cognoscimento e volere gustare meVerità etterna : che tu non esca mai delcognoscimento di te ; e abbassata che tu se' nellavalle de l’umilità, e tu cognosce me in te. Delquale cognoscimento trarrai quello che t'ènecessario. Neuna virtú può avere in sé vita senon dalla caritá. E l’umilità è baglia e nutrice dellacaritá. Nel cognoscimento di te t'aumiliaraivedendo te per te non essere, e l'essere tuocognoscerai da me che v'ho amati prima che voifuste ; e per l'amore ineffabile che lo v'ebbi,volendovi ricreare a grazia v'ho lavati e ricreati nelsangue de l'unigenito mio Figliuolo sparto contanto fuoco d'amore.

Questo sangue fa cognoscere la veritá a coluiche s'ha levata la nuvila de l'amore proprio per locognoscimento di sé ; ché in altro modo non lacognoscerebbe. Allora l'anima s'accenderà inquesto cognoscimento di me con uno amoreineffabile ; per lo quale amore sta in continuapena, non pena afiliggitiva che affligga né disecchil'anima, anco la ingrassa ; ma perché hacognosciuta la mia veritá e la propria colpa sua ela ingratitudine e ciechità del proximo, ha penaintollerabile ; e però si duole perché m'ama, chése ella non m'amasse non si dorrebbe.

Subbito che tu e gli altri servi miei avarete,per lo modo decto, cognosciuta la mia veritá, vi

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converrà sostenere infine [8] a la morte le moltetribolazioni e ingiurie e rimprovèri in decto e infacto per gloria e loda del nome mio. Si che tuportarai e patirai pene.

Tu dunque e gli altri miei servi, portate convera pazienzia, con dolore della colpa e amoredella virtú, per gloria e loda del nome mio.Facendo cosí, satisfarò le colpe tue e degli altrimiei servi, si che le pene che sosterrete sarannosufficienti, per la virtú della carità, a satisfare e aremunerare in voi e in altrui. In voi ne ricevaretefructo di vita, spente le macchie delle vostreignoranzie, e Io non mi ricordarò che voim'offendeste mai. In altrui satisfarò per la caritá eaffecto vostro, e donarò secondo la disposizioneloro con la quale ricevaranno. In particulare acoloro che si dispongono umilemente e conreverenzia a ricevere la doctrina de' servi miei, lo'perdonarò la colpa e la pena. Come ? che perquesto verranno a questo vero cognoscimento econtrizione de' peccati loro. Si che con lostrumento de l'orazione e desiderio de' servi mieiriceveranno fructo di grazia, ricevendo essiumilemente, come decto è, e meno e piú, secondoche vorranno exercitare con virtú la grazia.

In generale, dico che per li desidèri vostririceveranno remissione e donazione. Guarda giáche non sia tanta la loro obstinazione che eglinovogliano essere riprovati da me per disperazione,spregiando el Sangue che con tanta dolcezza gli

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ha ricomprati. Che frutto ricevono ? el frutto èche Io gli aspetto, costretto da l’orazioni de' servimiei, e dollo' lume, e follo' destare il cane dellacoscienzia, e follo' sentire l'odore della virtú, edilettargli della conversazione de' miei servi. Ealcuna volta permetto che ‘l mondo lo' mostriquello che egli è, sentendo variate e diversepassioni acciò che cognoscano la poca fermezzadel mondo e levino il desiderio a cercare la patrialoro di vita etterna. E cosí per questi e molti altrimodi, e' quali l'occhio non è sufficiente a vederené la lingua a narrare né il cuore a pensare quantesonno le vie e' modi che Io tengo, solo per amoree per riducerli a grazia, acciò che la mia veritá siacompita in loro. [9]

Costrecto so' di farlo da la inextimabile caritámia con la quale lo li creai, e da l’orazioni edesidèri e dolore de' servi Iniei ; perché non so'spregiatore della lagrima, sudore e umile orazioneloro, anco gli accepto, però che lo so' colui che glifo amare e dolere del danno de l'anime. Ma nonlo' dá satisfaczione di pena a questi cotali generali,ma si di colpa, perché non sonno disposti dallaparte loro a pigliare con perfetto amore l'amoremio e de' servi miei. Né non pigliano el lorodolore con amaritudine e perfecta contrizionedella colpa commessa ; ma con amore econtrizione imperfecta, e però non hanno néricevono satisfaczione di pena come gli altri, ma sidi colpa ; perché richiede disposizione da l'una

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parte e da l'altra, cioè da chi dá e da chi riceve.Perché sonno imperfecti, imperfettamentericevono la perfeczione de' desidèri di coloro checon pena gli offerano dinanzi da me per loro.

Perché ti dixi che ricevevano satisfaczione, eanco l'era donato. Cosí è la veritá, che per lomodo che Io t’ho decto, per li strumenti di quelloche di sopra contiammo (del lume dellacoscienzia, e de l'altre cose), l'è satisfacto lacolpa ; cioè cominciandosi a ricognoscere,bomicano il fracidume de' peccati loro, e cosí nericevono dono di grazia.

Questi sonno coloro che stanno nella caritácomune. Se essi hanno ricevuto per correczionequello che hanno avuto, e non hanno fattaresistenzia alla clemenzia dello Spirito sancto,ricévonne vita di grazia estendo della colpa. Ma seessi, come ignoranti, sonno ingrati e scognoscentiverso di me e verso le fadighe de' servi miei, essofacto lo' torna in ruina e a giudicio quello che eradato per misericordia ; non per difetto dellamisericordia né di colui che impetrava lamisericordia per lo ingrato, ma solo per la miseriae durizia sua, il quale ha posto, con la mano dellibero arbitrio, in sul cuore la pietra del diamanteche, se non si rompe col Sangue, non si puòrompere. Anco ti dico che, non obstante ladurizia sua, mentre che egli ha il tempo che puòusare il libero arbitrio, chiedendo il sangue delmio Figliuolo, con essa medesima mano e

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pongalo sopra la durizia del cuore suo, lospezzarà e riceverà il frutto del [10] Sangue che èpagato per lui. Ma se egli s'indugia, passato eltempo, non ha rimedio veruno, perché non hariportata la dota che gli fu data da me : dandoli lamemoria perché ritenesse i benefizi miei, e lo'ntellecto perché vedesse e cognoscesse la veritá, el'affecto perché egli amasse me, veritá etterna, laquale lo 'ntellecto cognobbe.

Questa è la dota che io vi diei, la quale debbaritornare a me Padre. Avendola venduta esbaractata al demonio, el demonio con esso lui neva e portane quello che in questa vita acquistò,empiendo la memoria delle delizie e ricordamentodi disonestà, superbia, avarizia e amore proprio disé ; odio e dispiacimento del proximo,perseguitatore de' miei servi. In queste miserieobfuscano lo 'ntellecto per la disordinata volontà ;cosí ricevono, con le puzze loro, pena etternale,infinita pena, perché non satisfecero a la colpacon la contrizione e dispiacimento del peccato.

Si che hai come la pena satisfa alla colpa perla perfecta contrizione del cuore, non per le penefinite. E non tanto la colpa, ma la pena cheséguita doppo la colpa, a questi che hanno questaperfeczione. E a' generali, come decto è, satisfa ala colpa, cioè che, privati del peccato mortale,ricevono la grazia ; e non avendo sufficientecontrizione e amore a satisfare a la pena, vanno

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alle pene del purgatorio, passati dal secondo eultimo mezzo.

Si che vedi che satisfa per lo desiderio del'anima unito in me, che so' infinito Bene ; poco eassai, secondo la misura del perfecto amore dicolui che dá l'orazione e il desiderio e di colui chericeve. Con quella medesima misura che colui dáa me e l'altro riceve in sé, con quella l'è misuratodalla mia bontá. Si che cresce il fuoco deldesiderio tuo, e non lassare punto di tempo chetu non gridi con voce umile e con continuaorazione dinanzi da me per loro. Cosí dico a te eal padre de l'anima tua che Io t'ho dato in terra,che virilmente portiate, e morta sia ogni propriasensualità. [11]

CAPITOLO V. COME MOLTO È PIACEVOLE A DIO EL DESIDERIO DI VOLERE PORTARE PER LUI.

– Molto è piacevole a me il desiderio divolere portare ogni pena e fadiga infino a lamorte in salute de l’anime. Quanto piú sostiene,piú dimostra che m'ami ; amandomi, piúcognosce della mia veritá ; e quanto piú cognosce,piú sente pena e dolore intollerabile de l'offesamia.

Tu dimandavi di sostenere e di punire e'difecti altrui sopra di te ; e tu non t'avedevi che tudimandavi amore, lume e cognoscimento dellaveritá. Perché giá ti dixi che quanto era maggiore

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l'amore, tanto cresce il dolore e la pena. A cuicresce amore, cresce dolore. Adunque lo vi dicoche voi dimandiate, e egli vi sarà dato. Io nondenegarò a chi mi dimanderà in veritá. Pensa cheegli è tanto unito l'amore della divina carità, che ène l'anima, con la perfecta pazienzia, che non sipuò partire l'una che non si parta l'altra. E peròdebba l'anima, come elegge d'amare me, cosíelegga di portare per me pene in qualunquemodo, e di qualunque cosa lo le concedo. Lapazienzia non si pruova se non nelle pene, e lapazienzia è unita con la carità, come decto è.Adunque portate virilmente, altrimenti nonsareste né dimostrareste d'essere sposi della miaveritá e figliuoli fedeli, né che voi fuste gustatoridel mio onore né della salute de l'anime.

CAPITOLO VI. COME OGNI VIRTÚ E OGNI DEFECTO SI FA COL MEZZO DEL PROXIMO.

– Ché io ti fo a sapere che ogni virtú si faCOI mezzo del prossimo, e ogni difecto. Chi stain odio di me fa danno al proximo e a semedesimo che è principale prossimo. Fagli dannoin generale e in particolare. In generale è perchésète [12] tenuti d'amare il prossimo vostro comevoi medesimi ; amandolo dovete sovenirlospiritualmente con l'orazione e con la parola,consigliandolo e aitandolo spiritualmente etemporalmente secondo che fa bisogno alla suanecessità, almeno volontariamente, non avendo

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altro. Non amando me, non ama lui ; nonamandolo, non el soviene ; offende innanzi semedesimo che si tolle la grazia, e offende ilprossimo tollendoli, perché non gli dá l'orazione ei dolci desidèri che è tenuto d'offerire dinanzi ame per lui. Ogni sovenire che egli fa debba usciredella dileczione che egli gli ha per amore di me.

Cosí ogni male si fa per mezzo del prossimo,cioè che, non amando me, non è nella caritá sua.E tucti e' mali dependono perché l'anima èprivata della caritá di me e del prossimo suo. Nonfacendo bene, séguita che fa male ; facendo male,verso cui el fa e dimostra ? verso se medesimo inprima e del proximo ; non verso di me, ché a menon può fare danno se none in quanto Io reputofacto a me quello che fa ad altrui. Fa danno a sédi colpa, la qual colpa el priva della grazia ; peggionon si può fare. Al proximo fa danno nondandoli el debito che gli debba dare delladileczione e dell'amore, col quale amore il debbasovenire con l'orazione e sancto desiderio offertoa me per lui.

Questo è uno sovenimento generale che sidebba fare a ogni creatura che ha in sé ragione.Utilità particolari sonno quelle che si fanno acoloro che vi sonno piú da presso dinanzi agliocchi vostri, de' quali sète tenuti di sovenire l'unoa l'altro con la parola e doctrina e exemplo dibuone operazioni, e in tucte l'altre cose che sivede che egli abbi bisogno ; consigliandolo

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schiectamente come se medesimo e senzapassione di proprio amore. Egli non el fa, perchégiá è privato della dileczione verso di lui. Si chevedi che, non facendolo, gli fa danno particolare ;e non tanto che gli facci danno non facendoliquel bene che egli può, ma e' gli fa male e dannoassiduamente. Come ? Per questo modo : elpeccato si fa actuale e mentale ; mentale è giáfacto, ché ha conceputo piacere del peccato eodio della virtú, cioè del proprio amore sensitivo,il quale l'ha [13] privato de l’affecto della caritá elquale debba avere a me e al proximo suo. E poiche egli ha conceputo, gli parturisce l'uno di po'l'altro sopra del proximo, secondo che piace a laperversa volontà sensitiva, in diversi modi :alcuna volta vediamo che parturisce una crudeltáe in generale e in particolare. Generale è di vederesé e le creature in dampnazione e in caso di morteper la privazione della grazia ; ed è tanto crudeleche non si soviene, sé né altrui, de l'amore dellavirtú e odio del vizio ; anco come crudeledistende actualmente piú la crudeltá sua, cioè chenon tanto che egli dia exemplo di virtú, ma egli,come malvagio, piglia l'officio delle dimonia,traendo, giusta’l suo potere, la creatura da la virtúe conducendola nel vizio. Questa è crudeltá versol'anima che s'è facto strumento a tollarle la vita edarle la morte. Crudeltà corporale usa percupidità, ché non tanto che egli sovenga ilproximo del suo, ma egli tolle l'altrui, robbando le

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poverelle, e alcuna volta per acto di signoria ealcuna volta con inganno e con frode facendoricomprare le cose del proximo e spesse volte lapropria persona. O crudeltá miserabile, la qualesarai privata della misericordia mia, se esso nontorna a pietà e benivolenzia verso di lui !

E alcuna volta parturisce parole ingiuriose,doppo le quali parole spesse volte séguital'omicidio. E alcuna volta parturisce disonestànella persona del proximo, per la quale ne diventaanimale bruto, pieno di puzza ; e non atosca néuno né due, ma chi se gli appressima con amore econversazione ne rimane atoscato.

In cui parturisce la superbia ? solo nelproximo per propria reputazione di sé ; unde netraie dispiacere del proximo suo, reputandosimaggiore di lui, e per questo modo gli fa ingiuria.Se egli ha a tenere stato di signoria, parturisceingiustizia e crudeltá ed è rivenditore delle carnidegli uomini.

O carissima figliuola, duolti de l'offesa mia epiagne sopra questi morti, acciò che conl'orazione si distruga la morte loro ! Or vedi cheda qualunque lato, e di qualunque maniera digenti, tu vedi tucti parturire i peccati sopra delproximo, e farli col suo mezzo. In altro modonon farebbe mai peccato neuno, né [14] occultoné palese : occulto è quando non gli dá quello chegli debba dare ; palese è quando parturisce e' vizi,si come lo ti dixi.

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Adunque bene è la veritá che ogni offesafatta a me si fa col mezzo del proximo.

CAPITOLO VII. COME LE VIRTÚ S'AOPERANO COL MEZZO DEL PROXIMO, E PERCHÉ LE VIRTÚ SONO POSTE TANTO DIFFERENTI NE LE CREATURE.

– Detto t'ho come tutti e' peccati si fanno colmezzo del proximo per lo principio che ti posi,perché erano privati dell'affetto della carità, laquale caritá dá vita a ogni virtú ; e cosí l'amoreproprio, il quale tolle la caritá e dileczione delproximo, è principio e fondamento d'ogni male.Tutti gli scandali, e odio e crudeltá e ogniinconveniente procede da questa perversa radicede l'amore proprio. Egli ha avelenato tuttoquanto el mondo e infermato el corpo misticodella sancta Chiesa e l'universale corpo dellareligione cristiana, perché lo ti dixi che nelproximo si fondavano tutte le virtú, e cosí è laveritá.

Io si ti dixi che la caritá dava vita a tutte levirtú, e cosí è : che veruna virtú si può averesenza la carità, cioè che la virtú s'acquisti per puroamore di me. Ché poi che l'anima ha cognosciutasé, come di sopra dicemmo, ha trovata umilità eodio della propria passione sensitiva,cognoscendo la legge perversa che è legata nellemembra sue che sempre impugna contra lospirito. E però s'è levata con odio e dispiacimento

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d'essa sensualità, conculcandola sotto la ragionecon grande sollicitudine ; e in sé ha trovata lalarghezza della mia bontá per molti benefizi cheha ricevuti da me, e' quali tutti ritruova in semedesima. E il cognoscimento che ha trovato disé il retribuisce a me per umilità, cognoscendoche per grazia Io l'abbi tratto della tenebre erecato a lume di vero cognoscimento.

E poi che ha cognosciuta la mia bontá, l'amasenza mezzo ed amala con mezzo : cioè senzamezzo di sé e di sua propria [15] utilitá ; e amalacol mezzo della virtú (la quale virtú ha conceputaper amor di me), perché vede che in altro modonon sarebbe grato né accepto a me se nonconcepesse l'odio del peccato e amore delle virtú.E poi che l'ha conceputa per affecto d'amore,subbito la parturisce al proximo suo, ché in altromodo non sarebbe veritá che egli l'avesseconceputa in sé. Ma come in veritá m'ama, cosí fautilitá al proximo suo ; e non può esserealtrementi, perché l'amore di me e del proximo èuna medesima cosa, e tanto quanto l'anima amame, tanto ama lui, perché l'amore verso di lui escedi me.

Questo è quel mezzo che io v'ho posto acciòche exercitiate e proviate la virtú in voi : che, nonpotendo fare utilitá a me, dovetela fare alproximo. Questo manifesta che voi aviate me pergrazia ne l'anima vostra ; facendo frutto in lui dimolte e sancte orazioni con dolce e amoroso

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desiderio, cercando l'onore di me e la salute del'anime. Non si ristà mai l'anima inamorata dellamia veritá di fare utilitá a tutto el mondo, incomune e in particulare, poco e assai, secondo ladisposizione di colui che riceve e de l'ardentedesiderio di colui che dà, si come di sopra fumanifestato quando ti dichiarai che pura la pena,senza il desiderio, non era sufficiente a punire lacolpa.

Poi che egli ha facto utilitá per l'amoreunitivo che ha facto in me, per lo quale ama lui,disteso l'affetto alla salute di tutto quanto ilmondo, sovenendo alla sua necessità, ingegnasi(poi che ha facto bene a sé per lo concipere lavirtú, unde ha tratta la vita della grazia) di ponerel'occhio a la necessità del proximo in particulare.Poi che mostrato l'ha generalmente a ognicreatura che ha in sé ragione, per affecto di carità,come detto è, ed egli soviene quelli da presso,secondo diverse grazie che lo gli ho date aministrare : chi di dottrina, cioè con la parolaconsigliando schiettamente senza alcuno rispetto ;chi con exemplo di vita. E questo debba fareogniuno, e dare edificazione al proximo di sanctae onesta vita.

Queste sonno le virtú, e molte altre, le qualinon potresti narrare, che si parturiscono nelladileczione del proximo. Perché l'ho poste tantodifferenti che lo non ho dato tutto a uno, anco[16] a cui ne do una, e a cui ne do un'altra

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particulare ? poniamo che una non ne possa avereche tucte non l'abbi, perché tucte le virtú sonolegate insieme. Ma dolle molte, quasi come percapo di tucte l'altre virtú ; cioè che a cui daròprincipalmente la carità, e a cui la giustizia, e a cuil’umilità, e a cui una fede viva ; ad altri unaprudenzia, una temperanzia, una pazienzia ; adaltri una fortezza. Queste e molte altre darò nel'anima differentemente a molte creature :poniamo che l'una di queste sia posta per unoprincipale obiecto di virtú ne l'anima,disponendosi piú a conversazione principale conessa che con l'altre ; e per questo affecto di questavirtú trae a sé tucte l'altre virtú, ché (come dectoè) elle sono tucte legate insieme ne l’affecto dellacaritá.

E cosí molti doni e grazie di virtú e d'altro,spiritualmente e corporalmente (corporalmentedico per le cose necessarie per la vita de l'uomo),tucte l'ho date in tanta differenzia che non l'hoposte tucte in uno, perché abbi materia, per forza,d'usare la caritá l'uno con l'altro. Ché ben potevofare gli uomini dotati di ciò che bisogna esecondo il corpo e secondo l'anima ; ma Io volsiche l'uno avesse bisogno de l'altro, e fussero mieiministri a ministrare le grazie e i doni che hannóricevuti da me. Ché voglia l'uomo o no, non puòfare che per forza non usi facto della caritá. Èvero che, se ella non è facta e donata per amore dime, quello acto non gli vale quanto a grazia.

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Si che vedi che acciò che essi usassero la virtúdella carità, Io gli ho facti miei ministri e posti indiversi stati e variati gradi. Questo vi mostra chenella Casa mia ha molte mansioni, e che Io nonvoglio altro che amore. Però che ne l'amore di mecompie l'amore del proximo ; compito l'amore delproximo, ha observata la legge : ciò che può fared'utilitá, secondo lo stato suo, colui che è legatoin questa dileczione, si el fa. [17]

CAPITOLO VIII. COME LE VIRTÚ SI PRUOVANO E FORTIFICANO PER LI LORO CONTRARI.

– Hotti decto come egli fa utilitá al proximo,nella quale utilitá mostra l'amore che ha a me. Orati dico che nel proximo pruova in se medesimo lavirtú della pazienzia nel tempo della ingiuria chericeve da lui. E pruova l'umilità nel superbo, epruova la fede ne l'infedele, e pruova la verasperanza in colui che none spera, e la giustizianello ingiusto, e la pietà nel crudele, e lamansuetudine e benignità ne l' iracundo.

Tucte le virtú si pruovano e parturiscono nelproximo, si come gl' iniqui parturiscono ognivizio nel proximo loro. Se tu vedi bene, dumilità èprovata nella superbia : cioè che l'umile spegne lasuperbia, però che ‘l superbo non può fare dannoa l'umile ; né la infidelità dello iniquo uomo, chenon ama né spera in me, a colui che è fedele a menon diminuisce né la fede, né la speranza in colui

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che l'ha conceputa in sé per amore di me : anco lafortifica e la pruova nella dileczione de l'amoredel proximo. Ché conciosiacosa che egli el veggainfedele e senza speranza in me e in lui (ché coluiche non ama me non può avere fede né speranzain me, anco la pone nella propria sensualità, laquale egli ama), el servo fedele mio non lassa peròche fedelmente non l'ami e che sempre conesperanza non cerchi in me la salute sua. Si chevedi che nella loro infidelità e mancamento disperanza pruova la virtú della fede. In questo e nel'altre cose nelle quali è bisogno di provarla, egli lapruova in sé e nel proximo suo.

E cosi la giustizia non diminuisce per le sueingiustizie, anco dimostra di provare la giustizia,cioè che dimostra che egli è giusto per la virtúdella pazienzia ; come la benignità emansuetudine nel tempo de l'ira si manifesta conla dolce pazienzia ; e la invidia, dispiacimento eodio con la dileczione della carità, fame edesiderio della salute de l'anime. [18]

Anco ti dico che non tanto che si pruovi lavirtú in coloro che rendono bene per male, ma Ioti dico che spesse volte gictarà carboni accesi difuoco di carità, ci quale dissolve e l'odio e ilrancore del cuore e della mente de l' iracundo ; eda odio torna spesse volte a benivolenzia. Equesto è per la virtú della caritá e perfectapazienzia che è in colui che sostiene l'ira del'iniquo, portando e sopportando e' difecti suoi.

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Se tu raguardi la virtú della fortezza eperseveranzia, ella è provata nel molto sostenere,nelle ingiurie e detraczioni degli uomini, e' qualispesse volte, quando per ingiuria e quando conlusinghe, il vogliono ritrare da seguitare la via edoctrina della veritá, in tucto è forte eperseverante se la virtú della fortezza è dentroconceputa ; alora la pruova nel proximo, comedecto t'ho. E se ella, al tempo che è provata conmolti contrari, non facesse buona pruova, nonsarebbe virtú in veritá fondata.

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TRACTATO DE LA DISCREZIONE

CAPITOLO IX. QUI COMINCIA EL TRATTATO DE LA DISCREZIONE. E PRIMA, COME L'AFFETTO NON SI DIE PONERE PRINCIPALMENTE NE LA PENITENZIA MA NE LE VIRTÚ. E COME LA DISCREZIONE RICEVE VITA DA L’UMILITA, E COME RENDE AD CIASCUNO EL DEBITO SUO.

– Queste sonno le sancte e dolci operazioniche io richieggio da' servi miei : ciò sonno questevirtú intrinseche de l'anima, provate come dettoho ; non solamente quelle virtú che si fanno conlo strumento del corpo, cioè con atto di fuore ocon diverse e varie penitenzie, le quali sonnostrumento di virtú, ma non virtú. Ché se solofusse questo, senza le virtú di sopra contiate,poco sarebbe piacevole a me : anco, spesse volte,se l'anima non facesse la penitenzia suadiscretamente, cioè che l'affetto suo fusseprincipalmente posto nella penitenzia cominciata,impedirebbe la sua perfeczione. Ma debbaloponere ne l'affetto de l'amore, con odio sancto disé, e con vera umilità e perfetta pazienzia, e nel'altre virtú intrinseche de l'anima, con fame edesiderio del mio onore e salute de l'anime. Lequali virtú dimostrano che la volontà sia morta, econtinuamente s'uccide sensualmente per affettod'amore di virtú.

Con questa discrezione debba fare lapenitenzia sua : cioè di pònare il principale affetto

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nelle virtú piú che nella penitenzia. La penitenziadie fare come strumento per augmentare la virtú,secondo che è bisogno e che si vede di poterefare secondo la misura della sua possibilità. Inaltro modo, cioè facendo il fondamento sopra lapenitenzia, impedirebbe la sua perfeczione,perché non sarebbe fatta con lume dicognoscimento di sé e della mia bontádiscretamente. E non pigliarebbe la veritá mia, maindiscretamente farebbe, non amando quello [22]che Io piú amo e odiando quello che Io piú odio.Ché « discrezione » non è altro che uno verocognoscimento che l'anima debba avere di sé e dime ; in questo cognoscimento tiene le sue radici.

Ella è uno figliuolo che è innestato e unitocon la caritá. È vero che ha molti figliuoli, sicome uno arbore che abbi molti rami ; ma quelloche dá vita a l’arbore e a' rami è la radice se ella èpiantata nella terra de l’umilità (la quale è balia enutrice della carità), dove egli sta innestato questofigliuolo e arbore della discrezione. Chéaltrementi non sarebbe virtú di discrezione e nonproducerebbe fructo di vita, se ella non fussepiantata nella virtú de l’umilità, perché l’umilitàprocede dal cognoscimento che l'anima ha di sé.E giá ti dixi che la radice della discrezione era unovero cognoscimento di sé e della mia bontá ; undesubbito rende a ogniuno discretamente il debitosuo.

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E principalmente il rende a me, rendendogloria e loda al nome mio ; e retribuisce a me legrazie e i doni che vede e cognosce avere ricevutida me. E a sé rende quello che si vede averemeritato, cognoscendo sé non essere ; e l'esseresuo, el quale ha, cognosce avere avuto per graziada me ; e ogni altra grazia, che ha ricevuta sopral'essere, la retribuisce a me e non a sé. Parle essereingrata a tanti benefizi e negligente in non avereexercitato il tempo e le grazie ricevute, e però lepare essere degna delle pene. Alora si rende odioe dispiacimento nelle colpe sue.

E questo fa la virtú della discrezione, fondatanel cognoscimento di sé con vera umilità. Ché sequesta umilità non fusse ne l'anima (come dectoè), sarebbe indiscreta e non discreta. La qualeindiscrezione sarebbe posta nella superbia, comela discrezione è posta ne l’umilità. E peròindiscretamente, si come ladro, furarebbe l'onorea me e darebbelo a sé per propria reputazione ; equello che è suo porrebbe a me, lagnandosi emormorando de' misteri miei e' quali Ioadoperasse in lui o ne l’altre mie creature ; d'ognicosa si scandelizzarebbe in me e nel proximo suo.[23]

El contrario che fanno coloro che hanno lavirtú della discrezione : che, poi che hannorenduto il debito che detto è a me e a loro,rendono poi al proximo il principale debito del’affecto della caritá e de l'umile e continua

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orazione. El quale debba rendere ciascuno l'uno al'altro ; e rendeli debito di doctrina, di sancta eonesta vita per exemplo, consigliandolo eaitandolo secondo che gli è di bisogno a la salutesua, come di sopra ti dixi.

In ogni stato che l'uomo è, o signore oprelato o subdito, se egli ha questa virtú, ognicosa che fa e rende al proximo suo fadiscretamente e con affecto di carità, perché ellesonno legate e innestate insieme e piantate nellaterra della vera umilità, la quale esce delcognoscimento di sé.

CAPITOLO X. SIMILITUDINE COME LA CANTA, L'UMILITA E LA DISCREZIONE SONO UNITE INSIEME ; A LA QUALE SIMILITUDINE L'ANIMA SI DEBBA CONFORMARE.

– Sai come stanno queste tre virtú ? come setu avessi uno cerchio tondo posto sopra la terra ;e nel mezzo del cerchio escisse uno arbore conuno figliuolo dallato unito con lui. L'arbore sinotrica nella terra che contiene la larghezza delcerchio, ché se egli fusse fuore della terra, l’arboresarebbe morto e non darebbe fructo infino chenon fusse piantato nella terra.

Or cosí ti pensa che l'anima è uno arborefacto per amore, e però non può vivere altro ched'amore. È vero che, se ella non ha amore divinodi perfecta carità, non produce fructo di vita madi morte. Conviensi che la radice di questo

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arbore, cioè l’affecto de l'anima, stia e non escadel cerchio del vero cognoscimento di sé ; elquale cognoscimento di sé è unito in me che nonho né principio né fine, si come el cerchio che ètondo ; ché quanto tu ti vai ravollendo dentro nelcerchio, non truovi né fine né principio ; e puredentro vi ti truovi. Questo cognoscimento di sé edi me in sé, truova e sta sopra [24] la terra dellavera umilità ; la quale è tanto grande quanto lalarghezza del cerchio, cioè il cognoscimento cheha avuto di sé,. unito in me come decto è. Chéaltrimenti non sarebbe cerchio senza fine nésenza principio : anco avarebbe principio, avendocominciato a cognoscere sé, e finirebbe nellaconfusione se questo cognoscimento non fusseunito in me.

Alora l’arbore della caritá si nutrica nel'umilità, mectendo il figliuolo dallato della veradiscrezione per lo modo che decto t'ho. Elmirollo de l’arbore, cioè de l’affecto della caritáche è ne l'anima, è la pazienzia ; la quale è unosegno dimostrativo che dimostra me essere nel'anima e l'anima unita in me. Questo arbore cosídolcemente piantato gicta fiori odoriferi di virtú,con molti e divariati sapori ; egli rende fructo digrazia a l'anima e fructo d'utilitá al proximosecondo la sollicitudine di chi vorrà ricevere de'fructi de' servi miei. A me rende odore di gloria eloda al nome mio ; e cosí fa quello per che Io elcreai, e da questo giogne al termine suo, cioè me,

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che so' vita durabile che non gli posso essere toltose egli non vuole.

Tutti quanti e' fructi che escono de l’arboresonno conditi con la discrezione, perché sonnouniti insieme, come detto t'ho.

CAPITOLO XI. COME LA PENITENZIA E GLI ALTRI EXERCIZI CORPORALI SI DEBBONO PRENDERE PER STRUMENTO DA VENIRE A VIRTÚ

E NON PER PRINCIPALE AFFECTO. E DEL LUME DE LA DISCREZIONE IN DIVERSI ALTRI MODI E OPERAZIONI.

– Questi sonno e' fructi e l'operazioni che Iorichieggio da l'anima : la pruova delle virtú altempo del bisogno. E però ti dixi, se bene tiricorda giá cotanto tempo, quando desideravi difare grande penitenzia per me, dicendo : – Chepotrei io fare che io sostenesse pena per te ? – EIo ti risposi nella mente tua, dicendo : – Io so'colui che mi dilecto di poche parole e di molteoperazioni ; – per dimostrarti che non colui chesolamente mi chiamará col suono della parola : –Signore, Signore, io [25] vorrei fare cuna cosa perte ; – né colui che per me desidera e vuolemortificare il corpo con le molte penitenzie, senzauccidere la propria volontà, m'era molto a grado.Ma Io volevo le molte operazioni del sostenerevirilmente e con pazienzia, e l’altre virtú checontiate t' ho, intrinseche de l'anima, le quali tuctesonno operative, che aduoperano fructo di grazia.

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Ogni altra operazione, posta in altro principioche questo, Io le reputo essere chiamare solo conla parola, perché elle sonno operazioni finite. EIo, che so' infinito, richieggio infinite operazioni,cioè infinito affecto d'amore. Voglio chel'operazioni di penitenzia e d'altri exercizi, e' qualisonno corporali, siano posti per strumento e nonper principale affecto. Ché se fusse posto elprincipale affecto ine, mi sarebbe data `cosafinita, e farebbe come la parola che, escita che èfuore della bocca, non è piú ; se giá la parola nonescisse con l’affecto de l'anima, il quale concipe eparturisce in veritá la virtú ; cioè che l'operazionefinita (la quale t'ho chiamata « parola ») fusseunita con l'affecto della caritá. Alora sarebbe gratae piacevole a me, perché non sarebbe sola maaccompagnata con la vera discrezione, usandol'operazioni corporali per strumento e non perprincipale capo.

Non sarebbe convenevole che principio ecapo si facesse solo nella penitenzia o inqualunque acto di fuore corporale, ché giá ti dixiche elle erano operazioni finite. E finite sonno : siperché elle sonno facte in tempo finito, e siperché alcuna volta si conviene che la creatura lelassi, o che elle gli sieno facte lassare. Quando lelassa per necessità di non potere fare quello actoche ha cominciato, per diversi accidenti che glivengono, o per obbedienzia che sarà comandatodal prelato suo, che facendole, non tanto che egli

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meritasse, ma egli offendarebbe. Si che vedi cheelle sonno finite. Debba dunque pigliare per uso enon per principio ; ché, pigliandole per principio,di bisogno è che in alcuno tempo le lassi, el'anima alora rimane vòta.

E questo vi mostrò il glorioso Pavolo miobanditore quando dixe nella epistola sua che voimortificaste il corpo e uccideste [26] la propriavolontà : cioè sapere tenere a freno il corpo,macerando la carne, quando volesse inpugnarecontra lo spirito ; ma la volontà vuole essere intutto morta e abnegata e sottoposta a la volontàmia. La quale volontà s'uccide con quello debitoche Io ti dixi che la virtú della discrezionerendeva a l'anima : cioè odio e dispiacimento del'offese e della propria sensualità, il quale acquistònel cognoscimento di sé.

Questo è quello coltello che uccide e tagliaogni proprio amore fondato nella propriavolontà. Or costoro sonno quegli che non midànno solamente parole ma molte operazioni.Dicendo « molte » non ti pongo numero, perchél'affetto de l'anima fondato in carità, che dá vita atutte le virtú, debba giognere in infinito. E noneschifo però la parola, ma dixi ch' Io volevo pocheparole, mostrandoti che ogni operazione actualeera finita, e però le chiamai « poche » ; ma puremi piacciono quando sonno poste per strumentodi virtú e non per principale virtú.

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E però non debba veruno dare giudicio diponere maggiore perfeczione nel grandepenitente, che si dá molto a uccidere il corpo suo,che in colui che ne fa meno ; però che, come Iot’ho detto, none sta ine la virtú né il merito loro ;però che male ne starebbe chi non può fare, perlegiptime cagioni, operazione e penitenziaactuale ; ma sta solo nella virtú della carità,condita col lume della vera discrezione, però chealtrimenti non varrebbe. E questo amore ladiscrezione il dá senza fine e senza modo verso dime, però che so' somma e etterna veritá ; nonpone legge né termine a l'amore col quale egliama me, ma bene il pone con, modo e con caritáordinata verso ci proximo suo.

El lume della discrezione, la quale esce dellacarità, come detto t'ho, dá al proximo amoreordinato, cioè con ordinata caritá che non fadanno di colpa a sé per fare utilitá al proximo.Ché se uno solo peccato facesse per camparetutto il mondo de lo 'nferno, a per adoperare unagrande virtú, non sarebbe caritá ordinata condiscrezione : anco sarebbe indiscreta, perché licitonon è di fare una grande virtú e utilitá al proximocon colpa di peccato. Ma la discrezione sancta èordinata in questo [27] modo : che l'anima tutte lepotenzie sue dirizza a servire me virilmente conogni sollicitudine, e il proximo ama con affetto

D’amore ponendo la vita del corpo per salutede l'anime, se fusse possibile, mille volte ;

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sostenendo pene e tormenti perché abbi vita digrazia. E la substanzia sua temporale pone inutilitá ed in sovenimento del corpo del proximosuo.

Questo fa el lume della discrezione che escedella caritá. Si che vedi che discretamente rende edebba rendere, ogni anima che vuole la grazia, ame amore infinito e senza modo, e al proximo(col mio amore infinito) amare lui con modo ecaritá ordinata, come detto t'ho, non rendendomale di colpa a sé per utilitá altrui. E di questov'amuní sancto Pavolo quando disse che la caritasi debba prima muovere da sé ; altrimenti nonsarebbe utilitá altrui d'utilitá perfetta. Ché quandola perfeczione non è ne l'anima, ogni cosa èimperfetta : e ciò che aduopera e in sé e in altrui.Non sarebbe cosa convenevole che per salvare lecreature, che sonno finite e create da me, fussioffeso lo, che so' Bene infinito ; piú sarebbe gravesolo quella colpa, e grande, che non sarebbe ilfrutto che farebbe per quella colpa.

Si che colpa di peccato in veruno modo tunon debbi fare ; la vera caritá il cognosce, perchéella porta seco ci lume della sancta discrezione.Ella è quello lume che dissolve ogni tenebre, etolle la ignoranzia, e ogni virtú condisce ; e ognistrumento di virtú actuale è condito dá lei. Ella hauna prudenzia che non può essere ingannata ; ellaha una fortezza che non può essere venta ; ella hauna perseveranzia grande infino al fine che tiene

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dal cielo a la terra, cioè dal cognoscimento di meal cognoscimento di sé ; da la caritá mia a la caritádel proximo. Con vera umilità campa e passa tuttie' lacciuoli del dimonio e delle creature con laprudenzia sua. Con la mano disarmata, cioè colmolto sostenere, ha sconfitto ci dimonio e lacarne con questo dolce e glorioso lume, perchécon esso cognobbe la sua fragilità, ecognoscendola le rende il debito de l'odio. Haconculcato ci mondo e messoselo sotto e' piei del'affetto. Spregiandolo e tenendolo a vile n'è factosignore, facendosene beffe. [28]

E però gli uomini del mondo non possonotollere le virtu de l'anima ; ma tutte le loropersecuzioni sonno acrescimento e provamentodella virtú. La quale prima è conceputa per affettod'amore, come detto è, e poi si pruova nelproximo e si parturisce sopra di lui. E cosí t'homostrato che, se ella non si vedesse e rendesselume al tempo della pruova dinanzi da l'uomo,non sarebbe veritá che la virtú fusse conceputa.Perché giá ti dixi e hotti manifestato che virtúnon può essere, che sia perfetta, che dia frutto,senza el mezzo del proximo. Se non come ladonna che ha conceputo in sé il figliuolo, che seella non il parturisce che venga dinanzi a l'occhiodella creatura, non si reputa lo sposo d'averefigliuolo ; cosí lo che so' sposo de l'anima, se ellanon parturisce il figliuolo della virtú nella caritádel proximo, mostrandolo, secondo che è di

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bisogno, in comune e in particulare, si come Io tidixi ; dico che in veritá non avara conceputa lavirtú in sé. E tosi dico el vizio che tutti sicommettono col mezzo del proximo.

CAPITOLO XII. REPETIZIONE D'ALCUNE COSE

GIA DETTE, E COME DIO PROMETTE REFRIGERIO A' SERVI SUOI E LA REFORMAZIONE DE LA SANCTA CHIESA COL MEZZO DEL MOLTO SOSTENERE.

– Ora hai veduto che Io, Verità, t'ho mostratala veritá e la dottrina per la quale tu venga econservi la grande perfeczione. E anco t'hodichiarato in che modo si satisfa la colpa e lapena, in te e nel proximo tuo, dicendoti che lapena che sostiene la creatura mentre che è nelcorpo mortale, non è sofficiente la pena in se solaa satisfare la colpa e la pena, se giá ella non fusseunita con l'affetto della caritá e con la veracontrizione e dispiacimento del peccato, comedetto t'ho.

Ma la pena alora satisfa quando è unita lapena con la carità : non per virtú di veruna penaattuale che si sobstenga, ma per virtú della caritá edolore della colpa commessa. La quale [29] caritáè acquistata col lume de l'intelletto, con cuoreschietto e liberale raguardando in me, obietto, cheso' essa caritá. Tucto questo t'ho mostrato perchétu mi dimandavi di volere portare. Rottelomostrato acciò che tu e gli altri servi miei sappiate

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in che modo e come dovete fare sacrifizio di voi ame. Sacrifizio, dico, attuale e mentale unitoinsieme, si come è unito el vasello con l'acqua chesi presenta al Signore : ché l'acqua senza il vasellonon si potrebbe presentare ; el vaso senza l'acqua,portandolo, non sarebbe piacevole a lui. Cosí vidico che voi dovete offerire a me il vasello dellemolte fadighe attuali per qualunque modo lo ve leconcedo ; non eleggendo voi né luogo né temponé fadighe a modo vostro, ma a mio. Ma questovasello debba essere pieno, cioè portandole tuttecon affetto d'amore e con vera pazienzia ;portando e sopportando e' difectí del proximovostro con odio e dispiacimento del peccato.Alora si truovano queste fadighe (le quali t'hoposte per uno vasello) piene de l'acqua dellagrazia mia, la quale dà vita a l'anima ; alora loricevo questo presente da le dolci spose mie, cioèda ogni anima che mi serve. Ricevo, dico, da lorogli anxietati desidèri, lagrime e sospiri loro, umili econtinue orazioni ; le quali cose sono tutte unomezzo che, per l'amore che lo l'ho, placano l'iramia sopra e' nemici miei de gl' iniqui uomini chetanto m'offendono.

Si che sostiene virilmente infino alla morte ; equesto mi sarà segno che voi in verità m'amiate. Enon dovete vòllere il capo indietro a mirarel'aratro per timore di veruna creatura né pertribolazioni : anco nelle tribolazioni godete. Elmondo si rallegra facendovi molta ingiuria, e voi

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sète contristati nel mondo per le ingiurie e offeseche mi vedete fare, per le quali offendendo meoffendono voi ; e offendendo voi offendono me,perché so'facto una cosa con voi. Ben vedi tu cheavendovi data la imagine e similitudine mia, eperdendo voi la grazia per lo peccato, perréndarvi la vita della grazia unii la mia natura invoi, velandola della vostra umanità. E cosí,essendo voi imagine mia, presi la imagine vostra,prendendo forma umana. [30]

Si che Io so' una cosa con voi, se giá l'animanon si diparte da me per la colpa del peccatomortale. Ma chi m'ama sta in me, e Io in lui ; eperò el mondo il perseguita, perché ‘l mondo nonha conformità con meco ; e però perseguitòl'unigenito mio Figliuolo infino a l’obrobriosamorte della croce. E cosí fa a voi : egli viperseguita e perseguitarà in fino a la morte perchéme non ama ; ché se ‘l mondo avesse amato me, evoi amarebbe. Ma rallegratevi, ché l'allegrezzavostra sarà piena in celo.

Anco ti dico che quanto ora abondarà piú latribolazione nel corpo mistico della sancta Chiesa,tanto abondarà piú in dolcezza ed inconsolazione. E questa sarà la dolcezza sua : lareformazione de' sancai e buoni pastori, e' qualisonno fiori di gloria, cioè che rendono gloria eloda al nome mio, rendendomi odore di virtúfondate in veritá. E questa è la reformazione de'fiori odoriferi dei miei ministri e pastori. Non che

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abbi bisogno il frutto di questa sposa d'essereriformato, perché non diminuisce né si guasta maiper li difetti de' ministri. Si che rallegratevi, tu e’lpadre de l'anima tua e gli altri miei servi, nel’amaritudine ; ché Io, Verità etterna, v'hopromesso di darvi refrigerio, e doppol’amaritudine vi darò consolazione (col moltosostenere) nella reformazione della sancta Chiesa.

CAPITOLO XIII. COME QUESTA ANIMA PER LA

RESPONSIONE DIVINA CREBBE INSIEMEMENTE E MANCA IN AMARITUDINE ; E COME FA ORAZIONE A DIO PER LA CHIESA SANCTA SUA E PER LO POPOLO SUO.

Alora l'anima anxietata e affocata digrandissimo desiderio, conceputo ineffabileamore nella grande bontá di Dio, cognoscendo evedendo la larghezza della sua caritá che contanta dolcezza aveva degnato di rispondere a lasua petizione, e di satisfare dandole speranza al'amaritudine, la quale aveva conceputa perl'offesa di Dio e danno della sancta Chiesa e [31]miseria sua propria (la quale vedeva percognoscimento di sé), mitigava l’amaritudine, ecresceva l’amaritudine ; perché avendole ilsommo ed etterno Padre manifestata la via dellaperfeczione e nuovamente le mostrava l'offesasua e il danno de l'anime, si come di sotto diròpiú distesamente.

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Perché nel cognoscimento che l'anima fa disé, cognosce meglio Dio, cognoscendo la bontádi Dio in sé ; e nello specchio dolce di Diocognosce la dignità e la indegnità sua medesima :cioè la dignità della creazione, vedendo sé essereimagine di Dio e datole per grazia e non perdebito. E nello specchio della bontá di Dio dicoche cognosce l'anima la sua indegnità nella quale èvenuta per la colpa sua. Però che come nellospecchio meglio si vede la macula della faccia del'uomo specchiandosi dentro nello specchio, cosíl'anima che, con vero cognoscimento di sé, si levaper desiderio con l'occhio de l'intelletto araguardarsi nello specchio dolce di Dio, per lapurità, che vede in lui, meglio cognosce la maculadella faccia sua.

E perché el lume e il cognoscimento eramaggiore in quella anima per lo modo detto, eracresciuta una dolce amaritudine, ed era scematal'amaritudine. Era scemata per la speranza che ledie' la prima Verità ; e si come il fuoco crescequando gli è data la materia, cosí crebbe il fuocoin quella anima per sí facto modo che possibilenon era a corpo umano a potere sostenere chel'anima non si partisse dal corpo. Unde, se nonche era cerchiata di fortezza da Colui che èsomma fortezza, non l'era possibile di camparnemai.

Purificata l'anima dal fuoco della divinacarità, la quale trovò nel cognoscimento di sé e di

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Dio, e cresciuta la fame con la speranza dellasalute di tutto quanto el mondo e dellareformazione della sancta Chiesa, si levò con unasicurtà dinanzi al sommo Padre, avendolemostrato la lebbra della sancta Chiesa e la miseriadel mondo, quasi con la parola di Moisé dicendo :

– Signore mio, vòlle l'occhio della tuamisericordia sopra el popolo tuo e sopra el corpomistico della sancta Chiesa ; però che piú sarai tugloriato di perdonare a tante creature e dar lo'lume di cognoscimento (ché tutte ti rendarebberolaude [32] vedendosi campare per la tua infinitabontá da la tenebre del peccato mortale e dal'etterna dampnazione) che tu non saraiSolamente di me miserabile che tanto t' ho offesoe la quale so' cagione e strumento d'ogni male. Eperò ti prego, divina etterna carità, che tu faccivendetta di me e facci misericordia al popolo tuo.Mai dinanzi ala presenzia tua non mi partiròinfino che io vedrò che tu lo' facci misericordia.

E che sarebbe a me che io vedesse me averevita e il popolo tuo la morte ? e che la tenebre silevasse nella sposa tua, che è essa luce,principalmente per li miei difetti e de l'altre

tue creature ? Voglio dunque, e per grazia teldimando, che abbi misericordia al popolo tuo perla caritá increata che mosse te medesimo a crearel'uomo a la imagine e similitudine tua dicendo :« Facciamo l'uomo a la imagine e similitudinenostra ». E questo facesti volendo tu, Trinitá

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etterna, che l'uomo participasse tutto te, alta,etterna Trinitá. Unde gli desti la memoria perchéritenesse i benefizi tuoi, nella quale participa lapotenzia di te, Padre etterno ; e destili l'intellettoacciò che cognoscesse, vedendo, la tua bontá eparticipasse la sapienzia de l'unigenito tuoFigliuolo ; e destili la volontà acciò che potesseamare quello che lo 'ntellecto vide e cognobbe dela tua veritá participando la clemenzia delloSpirito sancto.

Chi ne fu cagione che tu ponessi l'uomo intanta dignità ? L'amore inextimabile col qualeraguardasti in te medesimo la tua creatura einamorastiti di lei, e però la creasti per amore edestile l'essere acciò che ella gustasse e godesse iltuo etterno bene. Vego che per lo peccatocommesso perdette la dignità nella quale tu laponesti ; per la rebellione che fece a te cadde inguerra con la clemenzia tua, cioè che diventammonemici tuoi. Tu, mosso da quel medesimo fuococon che tu ci creasti, volesti ponere il mezzo areconciliare l'umana generazione che era cadutanella grande guerra, acciò che della guerra sifacesse la grande pace. E destici el Verbo del'unigenito tuo Figliuolo, il quale fu tramezzatorefra noi e te.

Egli fu nostra giustizia che sopra di sé puní lenostre ingiustizie ; e fece l'obbedienzia tua, Padreetterno, la quale gli [33] ponesti quando el vestistidella nostra umanità, pigliando la natura e imagine

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nostra umana. Oh abisso di carità ! qual cuore sipuò difendere che non scoppi a vedere l'altezzadiscesa a tanta bassezza quanta è la nostraumanità ? Noi siamo imagine tua, e tu imaginenostra per l'unione che hai fatta ne l'uomo,velando la Deitá etterna con la miserabile nuvila emassa corrocta d'Adam. Chi n'è cagione ?L'amore. Tu, Dio, se' facto uomo, e l'uomo èfacto Dio. Per questo amore ineffabile ticostringo e prego che facci misericordia a le tuecreature.

CAPITOLO XIV. COME DIO SI LAMENTA DEL POPOLO CRISTIANO, E SINGULARMENTE DE' MINISTRI SUOI, TOCCANDO ALCUNA COSA DEL SACRAMENTO DEL CORPO DI CRISTO E DEL BENEFIZIO DE LA INCARNAZIONE.

Alora Dio, vollendo l'occhio della suamisericordia verso di lei, lassandosi costrignere ale lagrime e lassandosi legare a la fune del sanctodesiderio suo, lagnandosi diceva :

– Figliuola dolcissima, la lagrima mi costrigneperché è unita con la mia caritá ed è gittata peramore di me ; e léganomi e' penosi desidèri vostri.Ma mira e vede come la sposa mia ha lordata lafaccia sua ; come è lebbrosa per immondizia eamore proprio e infiata superbia e avarizia dicoloro che si pascono al petto suo, cioè lareligione cristiana, corpo universale ; e anco ilcorpo mistico della sancta Chiesa ; ciò dico de'

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miei ministri, e' quali sonno quelli che si pasconoe stanno alle mamelle sue. E non tanto che essi sipascano, ma essi hanno a pascere e tenere aqueste mamelle l'universale corpo del popolocristiano e di qualunque altro volesse levarsi dallatenebre della infedelità e legarsi come membronella Chiesa mia.

Vedi con quanta ignoranzia e con quantatenebre e con quanta ingratitudine è ministrato, econ mani inmonde, questo glorioso latte e Sanguedi questa sposa ? e con quanta presumpzione einreverenzia è ricevuto ? E però quella cosa chedá [34] vita, spesse volte, per loro difecto, loro dámorte, cioè il prezioso sangue de l'unigenito mioFigliuolo, el quale tolse la morte e la tènabre edonò la luce e la veritá, e confuse la bugia.

Ogni cosa donò questo sangue e adoperòintorno a la salute e a compire la perfeczione nel'uomo, a chi si dispone a ricévare ; ché, come dávita e dota l'anima d'ogni grazia (poco e assai,secondo la disposizione e affecto di colui chericeve), cosí dá morte a colui che iniquamentevive. Si che da la parte di colui che riceve,ricevendolo indegnamente con la tenebre delpeccato mortale, a costui gli dá morte e non vita.Non per difecto del Sangue, né per difecto delministro che fusse in quello medesimo male omaggiore : però che’l suo male non guasta nélorda il Sangue, né diminuisce la grazia e virtú sua,e però non fa male a colui a cui egli el dà ; ma a se

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medesimo fa male di colpa, alla quale gli séguita lapena se esso non si corregge con vera contrizionee dispiacimento della colpa sua.

Dico dunque che fa danno a colui che ‘lriceve indegnamente, non per difecto del Sanguené del ministro (come detto è), ma per la sua maladisposizione e difecto suo, che con tanta miseria eimmondizia ha lordata la mente e il corpo suo etanta crudeltá ha avuta a sé e al proximo suo. A sél'ebbe tollendosi la grazia, conculcando sotto e'piei de l'affetto suo el frutto del Sangue che trassedel sancto baptesmo, essendoli giá tolta per virtúdel Sangue la macchia del peccato originale, laquale macchia trasse quando fu conceputo dalpadre e dalla madre sua. E però donai el Verbo del'unigenito mio Figliuolo perché la massa del'umana generazione era corrocta per lo peccatodel primo uomo Adam, e però tutti voi, vasellifatti di questa massa, eravate corrotti e nondisposti ad avere vita etterna.

Unde per questo lo, altezza, unii me con labassezza della vostra umanità : per remediare a lacorruczione e morte de l'umana generazione, eper restituirla a grazia, la quale per lo peccatoperdé. Non potendo Io sostenere pena (e dellacolpa voleva la divina mia giustizia che n'escisse lapena) e non essendo sufficiente [35] pure uomo asatisfare, che se egli avesse pure in alcuna cosasatisfacto, non satisfaceva altro che per sé e nonper l' altre creature che hanno in loro ragione

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(benché di questa colpa né per sé né per altruipoteva egli satisfare, perché la colpa era factacontra me che so' infinita bontá) ; volendo Iopure restituire l'uomo, el quale era indebilito enon poteva satisfare perla cagione detta e perchéera molto indebilito, mandai el Verbo del mioFigliuolo vestito di questa medesima natura chevoi, massa corrocta d' Adam, acciò che sostenessepena in quella natura medesima che aveva offesoe, sostenendo sopra del corpo suo infino al’obrobriosa morte della croce, placasse l'ira mia.

E cosí satisfeci a la mia giustizia e saziai ladivina mia misericordia, la quale misericordiavolse satisfare a la colpa de l'uomo e disponerlo aquel bene per lo quale lo l'avevo creato. Si che lanatura umana, unita con la natura divina, fusufficiente a satisfare per tucta l'umanagenerazione, non solo per la pena che sostennenella natura finita, cioè della massa d'Adam, maper la virtú della Deitá etterna, natura divinainfinita. Unita l'una natura ne l'altra, ricevecti eacceptai el sacrifizio del sangue de l'unigenito mioFigliuolo, intriso e impastato con la natura divinacol fuoco della divina carità, la quale fu quellolegame che ‘l tenne confitto e chiavellato in croce.

Or per questo modo fu sufficiente a satisfarela colpa la natura umana : solo per virtú dellanatura divina. Per questo modo fu tolta la marciadel peccato d' Adam, e rimase solo el segno, cioèinchinamento al peccato e ogni difecto corporale.

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Si come la margine che rimane quando l'uomo èguarito della piaga, cosí la colpa d'Adam la qualemenò marcia mortale. Venuto el grande medicode l'unigenito mio Figliuolo, curò questo infermobeiendo la medicina amara, la quale l'uomo berenon poteva perché era molto indebilito. Egli fececome la baglia che piglia la medicina in personadel figliuolo, perché ella è grande e forte, e ilfanciullo non è forte a potere portarel'amaritudine. Si che egli fu baglia, portando conla grandezza e fortezza della Deitá, unita con lanatura vostra, l'amara medicina della penosamorte della croce per sanare e dare vita a voi,fanciulli indebiliti per la colpa. [36]

Solo il segno rimase del peccato originale, elquale peccato contraete dal padre e dalla madrequando sète concepirti da loro. Il quale segno sitolle da l'anima, benché nona tutto ;

e questo si fa nel sancto baptesmo, el qualebaptesmo ha virtú e dá vita di grazia in virtú diquesto glorioso e prezioso sangue. Subbito chel'anima ha ricevuto il sancto baptesmo, l’è tolto ilpeccato originale ed èlle infusa la grazia. E loinchinamento al peccato (che è la margine cherimane del peccato originale, come detto è)indebilisce, e può l'anima rifrenarlo se ella vuole.

Alora el vasello de l'anima è disposto aricévare e aumentare in sé la grazia, assai e poco,secondo che piacerà a lei di volere disponere semedesima con affetto e desiderio di volere amare

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e servire me. Cosí si può disponere al male comeal bene, non obstante che egli abbi ricevuta lagrazia nel sancto baptesmo. Unde venuto eltempo de la discrezione, per lo libero arbitrio puòusare il bene e il male secondo che piace a lavolontà sua. Ed è tanta la libertà che ha l'uomo, etanto è facto forte per la virtú di questo gloriososangue, che né df lonfo egli né creatura il puòcostregnere a una minima colpa piú che si voglia.Tolta gli fu la servitudine e facto libero, acciò chesignoreggiasse la sua propria sensualità e avesse ilfine per lo quale era stato creato.

Oh miserabile uomo che si diletta nel lotocome fa l'animale, e non ricognosce tantobenefizio quanto ha ricevuto da me ; piú nonpoteva ricevere la miserabile creatura piena ditanta ignoranzia !

CAPITOLO XV. COME LA COLPA È PIÚ GRAVEMENTE PUNITA DOPPO LA PASSIONE DI CRISTO CHE PRIMA, E COME DIO PROMETTE DI FARE MISERICORDIA AL MONDO E A LA SANCTA CHIESA COL MEZZO DELL'ORAZIONE E DEL PATIRE DE' SERVI SUOI.

– Voglio che tu sappi, figliuola mia, che per lagrazia che hanno ricevuta avendoli ricreati nelsangue de l'unigenito mio Figliuolo, e restituita agrazia l'umana generazione (si come [37] dettot'ho), non ricognoscendola, ma andando sempredi male in peggio e di colpa in colpa, sempre

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perseguitandomi con molte ingiurie e tenendotanto a vile le grazie che Io l'ho fatte e fo, chenon tanto che essi se la rechino a grazia, ma e' lo'pare ricevere alcuna volta da me ingiuria, né piúné meno come se lo volesse altro che la lorosanctificazione ; dico che lo' sarà piú duro, edegni saranno di maggiore punizione. E cosísaranno piú puniti ora, poi che hanno ricevuta laredempzione del sangue del mio Figliuolo, cheinnanzi la redempzione, cioè innanzi che fussetolta via la marcia del peccato d'Adam. Cosaragionevole è che chi piú riceve, piú renda e piúsia tenuto a colui da cui egli riceve.

Molto era tenuto l'uomo a me per l'essere cheIo gli avevo dato, creandolo a la imagine esimilitudine mia. Era tenuto di rendermi gloria, edegli me la tolse e volsela dare a sé ; per la qualcosa trapassò l'obedienzia mia imposta a lui ediventommi nemico. Ed Io con l’umilità destruxila superbia sua, umiliando la natura divina epigliando la vostra umanità ; cavandovi dallaservitudine del dimonio, fecivi liberi ; e non tantoche Io vi desse libertà, ma, se tu vedi bene,l'uomo è facto Dio, e Dio è facto uomo perl'unione della natura divina nella natura umana.

Questo è uno debito il quale hanno ricevuto,cioè il tesoro del Sangue, dove essi sonno ricreatia grazia. Si che vedi quanto essi sono piú obligatia rendere a me doppo la redempzione che inanzila redempzione. Sonno tenuti di rendere gloria e

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loda a me, seguitando le vestigie della Parolaincarnata de l'unigenito mio Figliuolo, e alora mirendono debito d'amore di me e dileczione delproxitno con vere e reali virtú, si come di sopra tidixi. Non facendolo (perché molto mi debbonoamare), caggiono in maggiore offesa ; e però Ioper divina giustizia lo' rendo piú gravezza di penadando lo' l'esterna dampnazione. Unde molto hapiú pena uno falso cristiano che uno pagano ; epiú el consuma el fuoco senza consumare, perdivina giustizia, cioè affigge, e affliggendo sisentono consumare col vermine della coscienzia enondimeno non consuma, perché i dampnati nonperdono l'essere per veruno tormento chericevano. Onde lo ti dico che essi [38] dimandanola morte e non la possono avere, perché nonpossono perdere l'essere. Perdéro l'essere dellagrazia per la colpa loro ; ma l'essere no. Si che lacolpa è molto piú punita doppo la redempzionedel Sangue che prima, perché hanno piú ricevuto ;e non pare che se n'aveggano né si sentano de'mali loro. Essi mi sonno fatti nemici, avendolireconciliati col mezzo del sangue del mioFigliuolo.

Uno rimedio ci ha, col quale lo placarò l'iramia : cioè col mezzo de' servi miei, se sollicitisaranno di costrignermi con la lagrima e legarmicol legame del desiderio. Tu vedi che con questolegame tu m'hai legato ; il quale legame lo ti dieiperché volevo fare misericordia al mondo. E però

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do Io fame e desiderio ne' servi miei verso l'onoredi me e la salute de l'anime, acciò che, costrettoda le lagrime loro, mitighi el furore della divinamia giustizia.

Tolle dunque le lagrime e il sudore tuo e tra'le della fontana della divina mia caritá tu e gli altriservi miei ; e con esse lavate la faccia a la sposamia, ché Io ti prometto che con questo mezzo lesarà renduta la bellezza sua. Non con coltello nécon guerra né con crudeltá riavarà la bellezza sua ;ma con la pace ed umili e continue orazioni,sudori e lagrime, gittate con anxietato desideriode' servi miei. E cosí adempirò el desiderio tuocon molto sostenere, gictando lume la pazienziavostra nella tenebre degl'iniqui uomini delmondo. E non temete perché ‘l mondo viperseguiti, ché lo sarò per voi, e in veruna cosa vimancarà la mia providenzia.

CAPITOLO XVI. COME QUESTA ANIMA COGNOSCENDO PIÚ DE LA DIVINA BONTÁ, NON RIMANEVA CONTENTA DI PREGARE SOLAMENTE PER LO POPOLO CRISTIANO E PER LA SANCTA CHIESA, MA PREGAVA PER TUTTO QUANTO EL MONDO.

Alora quella anima levandosi con maggiorecognoscimento, e con grandissima allegrezza econforto stando dinanzi a la divina Maestà, si perla speranza che ella avea presa della divina [39]misericordia, e si per l'amore ineffabile il quale

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gustava vedendo che, per amore e desiderio cheDio aveva di fare misericordia a l'uomo nonobstante che fussero suoi nemici, avea dato ilmodo e la via a' servi suoi come potesserocostregnere la sua bontá e placare l'ira sua, sirallegrava, perdendo ogni timore nellepersecuzioni del mondo, vedendo che Dio fusseper lei. E cresceva forte il fuoco del sanctodesiderio, intanto che none stava contenta macon sicurtà sancta dimandava per tutto quanto elmondo.

E poniamo che nella seconda petizione siconteneva el bene e l'utilitá de' cristiani e degliinfedeli, cioè nella reformazione della sanctaChiesa ; nondimeno, come affamata, si stendeal'orazione sua a tutto quanto el mondo (si comeegli stesso la faceva dimandare), gridando : –Misericordia, Idio etterno, verso le tue pecorelle,si come pastore buono che tu se'. Non indugiarea fare misericordia al mondo, però che giá quasipare che egli non possa.piú, perché al tutto pareprivato de l'unione della caritá inverso di te,Verità etterna, e verso di loro medesimi : cioè dinon amarsi insieme d'amore fondato in te.

CAPITOLO XVII. COME DIO SI LAMENTA DE LE SUE CREATURE RAZIONALI E MAXIMAMENTE PER L'AMORE PROPRIO CHE REGNA IN LORO, CONFORTANDO LA PREDETTA ANIMA AD ORAZIONE E LAGRIME.

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Alora Dio, come ebbro d'amore verso lasalute nostra, teneva modo d'accendere maggioreamore e dolore in quella anima in questo modo :mostrando con quanto amore aveva creatol'uomo, (si come di sopra alcuna cosa dicemmo),e diceva : – Or non vedi tu che ognituto mipercuote ; e Io gli ho creati con tanto fuocod'amore e dotatigli di grazia ; e molti, quasi infinitidoni ho dati a loro per grazia e non per debito ?Or vedi, figliuola, con quanti e diversi peccati essimi percuotono, e spezialmente col miserabile eabominevole amore proprio di loro medesimi,unde [40] procede ogni male. Con questo amorehanno avelenato tutto quanto il mondo, però checome l'amore di me tiene in sé ogni virtú parturitanel proximo (si com' Io ti dimostrai), cosí l'amoreproprio sensitivo, perché procede da la superbia(come il mio procede da carità), contiene in séogni male. E questo male fanno col mezzo dellacreatura, separati e divisi da la caritá del proximo,perché me non hanno amato, né il proximo nonamano, però che sonno uniti l'uno e l'altroinsieme. E però ti dissi che ogni bene e ogni maleera facto col mezzo del proximo, si come lo, disopra, questa parola ti spianai.

Molto mi posso lagnare de l'uomo che da menon ha ricevuto altro che bene, e a me dá odiofacendo ogni male. Perché Io ti dissi che con lelagrime de' servi miei mitigarei l'ira mia ; e cosí tiridico. Voi, servi miei, paratevi dinanzi con le

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molte orazioni e ansietati desidèri e dolore del'offesa che è facta a me, e della dannazione loro ;e cosí mitigarete l'ira mia del divino giudicio.

CAPITOLO XVIII. COME NEUNO PUÒ USCIRE DE LE MANI DI DIO, PERÒ CHE O EGLI VI STA PER MISERICORDIA O ELLI VI STA PER GIUSTIZIA.

– Sappi che veruno può escire delle miemani : però che Io so' Colui che so' ; e voi nonsète per voi medesimi se non quanto sète fatti dame, il quale so' Creatore di tutte le cose

che participano essere, excepto che delpeccato che non è, e però non è facto da me e,perché non è in me, non è degno d'essere amato.E però offende la creatura : perché ama quel chenon debba amare, cioè il peccato ; e odia me cheè tenuto e obligato d'amarmi, che so'sommamente buono e hogli dato l'essere contanto fuoco d'amore. Ma di me non possonoescire : o eglino ci stanno per giustizia per le colpeloro, o essi ci stanno per misericordia. Apredunque l'occhio de l'intelletto e mira nella miamano, e vedrai che egli è la veritá quel ch' Io t'hodetto. – [41]

Alora ella, levando l'occhio per obedire alsommo Padre, vedeva nel pugno suo rinchiusotucto l'universo mondo, dicendo Dio : – Figliuolamia, or vedi e sappi che veruno me ne può esseretolto, però che tucti ci stanno o per giustizia o permisericordia, come decto è, perché sonno miei e

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creati da me, e angoli ineffabilemente. E però,non obstanti le iniquità loro, Io lo' faròmisericordia col mezzo de' servi miei, e adempiròla petizione tua, che con tanto amore e dolore mel'hai adimandata.

CAPITOLO XIX. COME QUESTA ANIMA CRESCENDO NELL'AMOROSO FUOCO DESIDERAVA DI SUDARE DI SUDORE DI SANGUE ;E REPRENDENDO SE MEDESIMA FACEVA SINGULARE ORAZIONE PER LO PADRE DELL'ANIMA SUA.

Alora quella anima come ebbra e quasi fuoredi sé, crescendo el fuoco del sancto desiderio,stava quasi beata e dolorosa. Beata stava perl'unione che aveva facta in Dio, gustando lalarghezza e bontá sua, tucta annegata nella suamisericordia : e dolorosa era vedendo offenderetanta bontá. E rendeva grazie a la divina Maiestà,quasi cognoscendo che Dio avesse manifestato e'difecti delle creature perché fusse costrecta alevarsi con piú sollicitudine e maggiore desiderio.

Sentendosi rinnovare il sentimento de l'animanella Deitá etterna, crebbe tanto el sancto eamoroso fuoco che il sudore de l'acqua, el qualeella gictava per la forza che l'anima faceva alcorpo (perché era piú perfetta l'unione che quellaanima aveva fatta in Dio, che non era l'unione fral'anima e il corpo, e però sudava per forza e caldod'amore), ella lo spregiava per grande desiderio

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che aveva di vedere escire del corpo suo sudore disangue ; dicendo a se medesima : – O anima mia,oimè ! tutto il tempo della vita tua hai perduto, eperò sonno venuti tanti danni e mali nel mondo enella sancta Chiesa ; molti, in comune e inparticulare. E però lo voglio che tu ora rimediscacol sudore del sangue. – [42]

Veramente questa anima aveva bene tenuta amente la dottrina che le die' la Verità : di semprecognoscere sé e la bontá di Dio in sé ; e ilremedio che si voleva a rimediare tutto quanto elmondo, a placare l'ira e il divino giudicio, cioècon umili, continue e sancte orazioni.

Alora questa anima, speronata dal sanctodesiderio, si levava molto maggiormente aprendol'occhio de l'intelletto, e speculavasi nella divinacarità, dove vedeva e gustava quanto siamo tenutid'amare e di cercare la gloria e loda del nome diDio nella salute de l'anime. A questo vedevachiamati e' servi di Dio. E singularmentechiamava ed eleggeva la Verità etterna ci padre del'anima sua, ci quale ella portava dinanzi a ladivina bontá, pregandola che infondesse in luiuno lume di grazia acciò che in veritá seguitasseessa Verità.

CAPITOLO XX. COME SENZA TRIBOLAZIONI PORTATE CON PAZIENZIA NON SI PUÒ PIACERE A DIO ; E PERÒ DIO CONFORTA LEI E IL PADRE SUO A PORTARE CON VERA PAZIENZIA.

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Alora Dio, rispondendo a la terza petizione,cioè della fame della salute sua, diceva :

– Figliuola, questo voglio : che egli cerchi dipiacere a me, Verità, nella fame della salute del'anime, con ogni sollicitudine. Ma questo nonpotrebbe né egli né tu né veruno altro avere senzale molte persecuzioni, sí come Io ti dixi di sopra,secondo ch'io ve le concedarò.

Si come voi desiderate di vedere il mio onorenella sancta Chiesa, cosí dovete concipere amorea volere sostenere con vera pazienzia. E a questom'avedrò, che egli e tu e gli altri miei servicercarete il mio onore in veritá. Alora sarà egli cicarissimo mio figliuolo, e riposarassi, egli e glialtri, sopra ci petto de l'unigenito mio Figliuolo,del quale lo ho facto ponte perché tutti potiategiognere al fine vostro e ricevere il frutto d'ognivostra fadiga che avarete sostenuta per lo mioamore. Si che portate virilemente. [43]

CAPITOLO XXI. COME, ESSENDO ROTTA LA STRADA D'ANDARE AL CIELO PER LA DISOBEDIENZIA D'ADAM, DIO FECE DEL SUO FIGLIUOLO PONTE PER LO QUALE SI POTESSE PASSARE.

– E perché Io ti dixi che del Verbo del'unigenito mio Figliuolo avevo facto ponte, e cosíè la veritá, voglio che sappiate, figliuoli miei, chela strada si ruppe, per lo peccato e disobedienziad'Adam, per si facto modo che neuno potea

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giognere a vita durabile ; e non mi rendevanogloria per quel modo che dovevano, nonparticipando quel bene per lo quale Io gli avevocreati a la imagine e similitudine mia. E nonavendolo, non s'adempiva la mia veritá. Questaveritá è che Io l'avevo creato perché egli avessevita etterna, e participasse me e gustasse lasomma ed etterna dolcezza e bontá mia. Per lopeccato suo non giogneva a questo termine, equesta veritá non s'adempiva. E questo era peròche la colpa aveva serrato ci cielo e la porta dellamisericordia mia.

Questa colpa germinò spine e tribolazionicon molte molestie ; la creatura trovò ribellione ase medesima subbito che ebbe ribellato a me ;esso medesimo si fu ribello.

La carne impugnò subbito contra lo spirito,perdendo lo stato della innocenzia, e diventòanimale immondo. E tutte le cose create glifurono ribelle, dove in prima gli sarebbero stateobedienti se egli si fusse conservato nello statodove Io el posi. Non conservandosi, trapassòl’obedienzia mia, e meritò morte etternale nel'anima e nel corpo.

E corse, disúbbito che ebbe peccato, unofiume tempestoso che sempre ci percuote confonde sue, portando fadighe e molestie da sé, emolestie dal dimonio e dal mondo. Tuttiannegavate, perché veruno, con tutte le suegiustizie, non poteva giognere a vita etterna. E

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però Io, volendo rimediare a tanti vostri mali,v'ho dato il ponte del mio Figliuolo, acciò chepassando ci fiume non annegaste. EI quale fiumeè il mare tempestoso di questa tenebrosa vita. [44]

Vedi quanto è tenuta la creatura a me ! equanto è ignorante a volersi pure annegare e nonpigliare il remedio ch' Io l'ho dato !

CAPITOLO XXII. COME DIO INDUCE LA PREDECTA ANIMA A RAGUARDARE LA GRANDEZZA D'ESSO PONTE, CIOÈ PER CHE MODO TIENE DA LA TERRA AL CIELO.

– Apre l'occhio de l'intellecto e vedrai gliacciecati e ignoranti. E vedrai gl' imperfecti e iperfecti che in veritá seguitano me, acciò che tu tidoglia della dannazione degl'ignoranti e rallegritidella perfeczione de' dilecti figliuoli miei. Ancoravedrai che modo tengono quelli che vanno a lumee quelli che vanno a tenebre. Ma innanzi voglioche raguardi el ponte de l'unigenito mio Figliuolo,e vede la grandezza sua che tiene dal cielo a laterra, cioè raguarda che è unita con la grandezzadella Deitá la terra della vostra umanità. E peròdico che tiene dal cielo a la terra, cioè per l'unioneche Io ho facta ne l'uomo.

Questo fu di necessità a volere rifare la viache era rocta, si come lo ti dixi, acciò chegiogneste a vita e passaste l'amaritudine delmondo. Pure, di terra non si poteva fare di tantagrandezza che fusse sufficiente a passare il fiume

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e darvi vita etterna, cioè che pure la terra dellanatura de l'uomo non era sufficiente a satisfare lacolpa e tollere via la marcia del peccato d'Adam,la quale marcia corruppe tucta l'umanagenerazione e trasse puzza da lei, si come di soprati dixi. Convennesi dunque unire con l'altezzadella natura mia, Deitá etterna, acciò che fussesufficiente a satisfare a tucta l'umanagenerazione : la natura umana sostenesse la pena,e la natura divina unita con essa natura umanaacceptasse il sacrifizio del mio Figliuolo, offerto ame per voi per tòllarvi la morte e darvi la vita.

Si che l'altezza s'aumiliò a la terra, e dellavostra umanità unita l'una con l'altra se ne feceponte, e rifece la strada. Perché si fece via ? acciòche in veritá veniste a godere con [45] la naturaangelica ; e non bastarebbe a voi ad avere la vitaperché ‘l Figliuolo mio vi sia facto ponte, se voinon teneste per esso.

CAPITOLO XXIII. COME TUTTI SIAMO LAVORATORI MESSI DA DIO A LAVORARE NE LA VIGNA DE LA SANCTA CHIESA. E COME CIASCUNO HA LA VIGNA PROPRIA DA SE MEDESIMO ; E COME NOI TRALCI CI CONVIENE ESSERE UNITI NE LA VERA VITE DEL FIGLIUOLO DI DIO.

Qui mostrava la Verità etterna che elli ciaveva creati senza noi, ma non ci salvarà senzanoi ; ma vuole che noi ci mettiamo la volontà

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libera, col libero arbitrio exercitando ci tempocon le vere virtú. E però subgionse a mano amano dicendo :

– Tutti vi conviene tenere per questo ponte,cercando la gloria e loda del nome mio nellasalute de l'anime, con pena sostenendo le moltefadighe, seguitando le vestigie di questo dolce edamoroso Verbo. In altro modo non potrestevenire a me.

Voi sète miei lavoratori che v'ho messi alavorare nella vigna della sancta Chiesa. Voilavorate nel corpo universale della religionecristiana ; messi da me per grazia, avendovi Iodato ci lume del sancto baptesmo. El qualebaptesmo aveste nel corpo mistico della sanctaChiesa per le mani de' ministri, e' quali lo homessi a lavorare con voi.

Voi sète nel corpo universale, ed essi sonnonel corpo mistico, posti a pascere l'anime vostre,ministrandovi ci Sangue ne' sacramenti chericevete da.lei, traendone essi le spine de' peccatimortali e piantandovi la grazia. Essi sonno mieilavoratori nella vigna de l'anime vostre, legatinella vigna della sancta Chiesa.

Ogni creatura che ha in sé ragione ha la vignaper se medesima, cioè la vigna de l'anima sua ;della quale la volontà col libero arbitrio nel tempon'è facto lavoratore, cioè mentre che elli vive. Mapoi che è passato el tempo, neuno lavorio [46]può fare, né buono né gattivo ; ma mentre che elli

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vive può lavorare la vigna sua, nella quale Io l'homesso. E ha ricevuta tanta fortezza questolavoratore de l'anima che né dimonio né altracreatura gli ‘l può tollere se egli non vuole ; peròche ricevendo el sancto baptesmo si fortificò efugli dato un coltello d'amore di virtú, e odio delpeccato. El quale amore e odio truova nel Sangue,però che per amore di voi e odio del peccatomori l'unigenito mio Figliuolo, dandovi el Sangue,per lo quale Sangue aveste vita nel sanctobaptesmo.

Si che avete il coltello, el quale dovete usarecol libero arbitrio, mentre che avete il tempo, perdivellere le spine de' peccati mortali e piantare levirtú ; però che in altro modo da essi lavoratoriche Io ho messi nella sancta Chiesa (de' quali tidixi che tollevano el peccato mortale della vignade l'anima e davanvi la grazia, ministrandovi elSangue ne' sacramenti che ordinati sonno nellasancta Chiesa) non ricevareste el frutto delSangue.

Conviensi dunque che prima vi leviate con lacontrizione del cuore e dispiacimento del peccatoe amore della virtú ; e alora ricevarete il fruttod'esso Sangue. Ma in altro modo noi potrestericevere, non disponendovi da la parte vostracome tralci uniti nella vite de l'unigenito mioFigliuolo, el quale dixe : « Io so' vite vera ; elPadre mio è il lavoratore, e voi sète i tralci ». Ecosí è la veritá : che lo so' il lavoratore, però che

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ogni cosa che ha essere è uscito ed esce di me. Lapotenzia mia è inextimabile, e con la mia potenziae virtú governo tutto l'universo mondo. Verunacosa è fatta o governata senza me. Si che Io so' ellavoratore che piantai la vite vera de l'unigenitomio Figliuolo nella terra della vostra umanità,acciò che voi, tralci uniti con la vite, facestefrutto.

E però chi non farà frutto di sancte e buoneoperazioni sarà tagliato da questa vite, eseccarassi. Però che separato da essa vite perde lavita della grazia ed è messo nel fuoco etternale, sícome il tralcio che non fa frutto, che è tagliatosubbito dalla vite ed è messo nel fuoco perchénon è buono ad altro. Or cosí questi cotali tagliatiper l'offese loro, morendo nella colpa del peccato[47] mortale, la divina giustizia (non essendobuoni ad altro) gli mette nel fuoco el quale duraetternalmente.

Costoro non hanno lavorata la vigna loro ;anco l'hanno disfatta, e la loro e l'altrui. Non soloche ci abbino messa alcuna pianta buona di virtú ;ma essi n'hanno tratto il seme della grazia, elquale avevano ricevuto nel lume del sanctobaptesmo, participando el sangue del mioFigliuolo, el quale fu el vino che vi porse questavite vera. Ma essi ne l'hanno tratto, questo seme,e datolo a mangiare agli animali, cioè a diversi emolti peccati, e messolo sotto e' piei del

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disordinato affetto, col quale affetto hanno offesome e facto danno a loro e al prossimo.

Ma e' servi miei non fanno cosí ; e cosídovete fare voi, cioè essere uniti e innestati inquesta vite. E alora riportarete molto frutto,perché participarete de l'umore della vite. Estando nel Verbo del mio Figliuolo state in me,perché lo so' una cosa con lui ed egli con meco ;stando in lui seguitarete la dottrina sua ;seguitando la sua dottrina participate dellasustanzia di questo Verbo, cioè participate dellaDeitá etterna unita ne l'umanità, traendone voiuno amore divino dove l'anima s' inebbria. E peròti dixi che participate della sustanzia della vite.

CAPITOLO XXIV. PER CHE MODO DIO POTA ITRALCI UNITI CON LA PREDETTA VITE, CIOÈ I SERVI SUOI, E COME LA VIGNA DI CIASCUNO È TANTO UNITA CON QUELLA DEL PROXIMO, CHE NEUNO PUÒ LAVORARE O GUASTARE LA SUA CHE NON LAVORI O GUASTI QUELLA DEL PROXIMO.

– Sai che modo Io tengo poi ch' e' servi mieisonno uniti in seguitare la dottrina del dolce edamoroso Verbo ? Io gli poto, acciò che faccinomolto frutto, e il frutto loro sia provato e noninsalvatichisca. Si come il tralcio che sta nella vite,che il lavoratore il pota perché facci migliore vinoe piú ; e quello che non fa frutto taglia e mette nelfuoco. E cosí fo lo lavoratore vero : e' servi miei

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che stanno in me lo gli poto con le molte [48]tribolazioni, acciò che faccino piú frutto emigliore, e sia provata in loro la virtú. E quegliche non fanno fructo sono tagliati e messi alfuoco, come detto t'ho.

Questi cotali sonno lavoratori veri, elavorano bene l'anima loro, traendone ogni amoreproprio, rivoltando la terra de l’affecto loro in me.E nutricano e crescono ci seme della grazia, ciquale ebbero nel sancto baptesmo. Lavorando laloro, lavorano quella del proximo, e non possonolavorare l'una senza l'altra ; e giá sai ch' Io ti dixiche ogni male si faceva col mezzo del proximo eogni bene. Si che voi sète miei lavoratori, esciti dime, sommo ed etterno lavoratore, il quale v'houniti e innestati nella vite per l'unione che lo hofatta con voi.

Tiene a mente che tutte le creature che hannoin loro ragione hanno la vigna loro di per sé. Laquale è unita senza veruno mezzo col proximoloro, cioè l'uno con l'altro. E sonno tanto unitiche veruno può fare bene a sé che noi facci alproximo suo, né male che non il faccia a lui. Ditutti quanti voi è fatta una vigna universale, cioèdi tutta la congregazione cristiana, e' quali sèteuniti nella vigna del corpo mistico della sanctaChiesa, unde traete la vita.

Nella quale vigna è piantata questa vite del'unigenito mio Figliuolo, in cui dovete essereinnestati. Non essendo voi innestati in lui, sète

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subito ribelli a la sancta Chiesa e sète comemembri tagliati dal corpo che subito imputridisce.È vero che, mentre che avete il tempo, vi potetelevare da la puzza del peccato col verodispiacimento e ricórrire a' miei ministri, e' qualisonno lavoratori che tengono, te chiavi del vino,cioè del Sangue uscito di questa vite. El qualeSangue è si facto e di tanta perfeczione che, perveruno difetto del ministro, non vi può esseretolto ci fructo d'esso Sangue.

El legame della caritá è quello che gli lega convera umilità, acquistata nel vero cognoscimento disé e di me. Si che vedi che tutti v'ho messi perlavoratori. E ora di nuovo v'invito, perché’lmondo giá viene meno, tanto sonno multiplicatele spine che hanno affogato ci seme, in tanto cheveruno fructo ai grazia vogliono fare. [49]

Voglio dunque che siate lavoratori veri, checon molta sollicitudine aitiate a lavorare l'animenel corpo mistico della sancta Chiesa. A questov'eleggo, perch' Io voglio fare misericordia alInondo, per lo quale tu tanto mi preghi.

CAPITOLO XXV. COME LA PREDETTA ANIMA, DOPPO ALCUNE LAUDE RENDUTE A DIO, EL PREGA CHE LE MOSTRI COLORO CHE VANNO PER

LO PONTE PREDETTO E QUELLI CHE NON VI VANNO.

Alora l'anima con ansietato amore diceva : –O inextimabile dolcissima carità, chi non

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s'accende a tanto amore ? Qual cuore si puòdifendere che non venga meno ? Tu, abisso dicarità, pare che impazzi delle tue creature, cometu senza loro non potessi vivere, con ciò sia cosache tu sia lo Dio nostro che non hai bisogno dinoi. Del nostro bene a te non cresce grandezza,però che tu se' immobile ; del nostro male a tenon è danno, però che tu se' somma ed etternabontá. Chi ti muove a fare tanta misericordia ?L'amore ; e non debito né bisogno che tu abbi dinoi, però che noi siamo rei e malvagi debitori.

Se io veggo bene, somma, ed etterna Verità,io so' ci ladro e tu se' lo 'npiccato per me ; perchéveggo ci Verbo tuo Figliuolo confitto echiavellato in croce, del quale m'hai facto ponte,secondo che hai manifestato a me, miserabile tuaserva. Per la quale cosa ci cuore scoppia, e nonpuò scoppiare per la fame e desiderio che èconceputo in te. Ricordomi che tu volevimostrare chi sono coloro che vanno per lo ponte,e chi non vi va. E però, se piacesse a la bontá tuadi manifestarlo, volontieri ci vedrei e l'udirei da te.[50]

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CAPITOLO XXVI. COME QUESTO BENEDETTO

PONTE HA TRE SCALONI, PER LI QUALI SI SIGNIFICANO TRE STATI DELL'ANIMA. E COME QUESTO PONTE, ESSENDO LEVATO IN ALTO, NON É PERA SEPARATO DA LA TERRA. E COME S'INTENDE QUELLA PAROLA CHE CRISTO DIXE : “SE IO SARÒ LEVATO IN ALTO, OGNI COSA TRARRÒ A ME ».

Alora Dio etterno per fare piú inamorare einanimare quella anima verso la salute de l'anime,le rispose e dixe : – Prima ch' Io ti mostri quelch'Io ti voglio mostrare e di che tu mi dimandi, tivoglio dire come il ponte sta.

Decto t'ho che egli tiene dal cielo a la terra :cioè per l'unione che Io ho fatta ne l'uomo, elquale Io formai del limo della terra. Questoponte, unigenito mio Figliuolo, ha in sé trescaloni ; delle quali le due furono fabricate in sullegno della sanctissima croce, e la terza anco sentila grande amaritudine quando gli fu dato berefiele ed aceto.

In questi tre scaloni cognoscerai tre stati del'anima, e' quali Io ti dichiararò di sotto.

El primo scalone sonno e' piei, e' qualìsignificano l'affetto ; però che come i piei portanoel corpo, cosí l'affetto porta l'anima. E' pieiconfitti ti sonno scalone acciò che tu possagiognere al costato, il quale ti manifesta el segretodel cuore. Però che salito in su' piei de l'affetto,l'anima comincia a gustare l'affetto del cuore,

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ponendo l'occhio de l'intelletto nel cuore apertodel mio Figliuolo, dove truova consumato eineffabile amore.

Consumato, dico, ché non v'ama per propriautilitá, però che utilitá a lui non potete fare, peròche egli è una cosa con meco. Alora l'animas'empie d'amore, vedendosi tanto amare. Salito elsecondo, giogne al terzo, cioè a la bocca, dovetruova la pace della grande guerra che primaaveva avuta per le colpe sue.

Per lo primo scalone, levando e' piei del'affetto dalla terra, si spoglia del vizio ; nelsecondo s'empí d'amore con virtú, e nel terzogustò la pace. [51]

Si che il ponte ha tre scaloni acciò che,salendo el primo e il secondo, potiate giognere al'ultimo. Ed è levato in alto si che, correndol'acqua, non l'offende, però che in lui non fuveleno di peccato.

Questo ponte è levato in alto, e non èseparato però dalla terra. Sai quando si levò inalto ? Quando fu levato in sul legno dellasanctissima croce, non separandosi però la naturadivina dalla bassezza della terra della vostraumanità ; e però ti dixi che, essendo levato in alto,non era levato dalla terra, perché ella era unita eimpastata con essa. Non era veruno che sopra elponte potesse andare infino che egli non fu levatoin alto ; e però dixe egli : « Se Io sarò levato inalto, ogni cosa tirarò a me ».

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Vedendo la mia bontá che in altro modo nonpotavate essere tratti, manda' lo perché fusselevato in alto in sul legno della croce, facendoneuna ancudine dove si fabricasse il figliuolo del'umana generazione, per tollergli la morte erivestirlo a la vita della grazia.

E però trasse ogni cosa a sé per questomodo, per dimostrare l'amore ineffabile chev'aveva, perché’l cuore de l'uomo è sempre trattoper amore. Maggiore amore mostrare non vipoteva che dare la vita per voi. Per forza dunqueè tratto da l'amore, se giá l'uomo ignorante non faresistenzia in non lassarsi trare. Dixe dunque che,essendo levato in alto, ogni cosa trarrebbe a sé ; ecosí è la veritá.

E questo s'intende in due modi. L'uno si èche, tratto il cuore de l'uomo per affetto d'amore,come detto t'ho, è tratto con tutte le potenzie del'anima, cioè la memoria, l’ intelletto e la volontà.Acordate queste tre potenzie e congregate nelnome mio, tutte l'altre operazioni che egli fa,attuali e mentali, sonno traete piacevoli e unite inme per affetto d'amore, perché s'è levato in altoseguitando l'amore crociato. Si che ben dixe veritála mia Verità dicendo : « Se Io sarò levato in altoogni cosa trarrò a me », cioè che, tratto il cuore ele potenzie de l'anima, saranno tratte tutte le sueoperazioni.

L'altro modo si è perché ogni cosa è creata inservigio dell'uomo. Le cose create sonno fatte

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perché servano e sovengano [52] a la necessitàdelle creature ; e non la creatura, che ha in séragione, è fatta per loro : anco per me, acciò chemi serva con tutto el cuore e con tutto l'affettosuo. Si che vedi che, essendo tratto l'uomo, ognicosa è tratta, perché ogni cosa è fatta per lui.

Fu dunque di bisogno che ‘l ponte fusselevato in alto, e abbi le scale, acciò che si possasalire con piú agevolezza.

CAPITOLO XXVII. COME QUESTO PONTE É MURATO DI PIETRE, LE QUALI SIGNIFICANO LE VERE E REALI VIRTÚ, E COME IN SUL PONTE È UNA BOTTIGA, DOVE SÌ DÚ EL CIBO A' VIANDANTI ; E COME CHI TIENE PER LO PONTE VA AD VITA, MA CHI TIENE DI SOTTO PER LO FIUME, VA AD PERDIZIONE E AD MORTE.

– Questo ponte si ha le pietre murate acciòche, venendo la piova, non impedisca l’andatore.Sai quali pietre sonno queste ? sonno le pietredelle vere e reali virtú. Le quali pietre non eranomurate innanzi alla passione di questo mioFigliuolo, e però erano impediti che neuno potevagiognere al termine suo, quantunque essiandassero per la via delle virtú. Non era ancoradiserrato el cielo con la chiave del Sangue, e lapiova della giustizia non gli lassava passare.

Ma, poi che le pietre furono fatte e fabricatesopra el Corpo del Verbo del dolce mio Figliuolo(di cui Io t’ho detto che è ponte), egli le mura e

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intride la calcina, per murarle, col Sangue suo ;cioè che ‘l Sangue è intriso con la calcina dellaDeitá e con la forza e fuoco della caritá.

Con la potenzia mia murate sonno le pietredelle virtú sopra lui medesimo, però che neunavirtú è che nonísia provata in lui, e da lui hannovita tutte le virtú. E però veruno può avere virtú,che dia vita di grazia, se non da lui, cioèseguitando le vestigie e la dottrina sua. Egli hamaturate le virtú, ed egli l'ha piantate come pietrevive, murate col Sangue suo, acciò che ogni fedelepossa andare expeditamente e senza verunotimore servile di piova della divina giustizia,perché è ricoperto con [53] misericordia. La qualemisericordia discese di cielo nella Incarnazione diquesto mio Figliuolo. Con che s'aperse ? con lachiave del sangue suo.

Si che vedi che ‘l ponte è murato, ed èricoperto con la misericordia, e su v'è la bottigadel giardino della sancta Chiesa, la quale tiene eministra el Pane della vita, e dá bere il Sangue,acciò ch'e' viandanti peregrini delle mie creature,stanchi, non vengano meno nella via. E perquesto ha ordinato la mia caritá che vi siaministrato el Sangue e ‘l Corpo de l'unigenito mioFigliuolo tutto Dio e tutto uomo.

E passato el ponte, si giogne a la porta, laquale porta è esso ponte, per la quale tutti viconviene intrare. E però disse Egli : « Io so' via,veritá e vita. Chi va per me non va per la tenebre,

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ma per la luce ». E in uno altro luogo disse la miaVerità : che neuno poteva venire a me, se non perlui ; e cosí è la veritá.

E, se bene ti ricorda, cosí ti dixi e mostrato tel'ho, volendoti fare vedere la via. Unde, se Eglidice che è via, egli è la veritá. E giá te l'homostrato che Egli è via in forma d'uno ponte. Edice che è veritá, e cosí è, perciò che Egli è unitocon meco che so' veritá, e chi el séguita va per laveritá. Ed è vita ; e chi séguita questa vita riceve lavita della grazia e non può perire di fame, perchéla Verità vi s'è facto cibo.

Né può cadere in tenebre, perché Egli è luce,privato della bugia : anco con la veritá confuse edestrusse la bugia del dimonio, la quale elli dixead Eva. La quale bugia ruppe la strada del cielo ; ela Verità l'ha racconcia e murata col Sangue.Quegli che seguiranno questa via sonno figliuolidella Verità, perché seguitano la Verità, e passanoper la porta della Verità, e truovansi in me unitocon la porta e via del mio Figliuolo, Veritàetterna, mare pacifico. Ma chi non tiene perquesta via, tiene di sotto per lo fiume, la quale èvia non posta con pietre, ma con acqua. E perchél'acqua non ha ritegno veruno, nessuno vi puòandare che non annieghi. Cosí sonno fatti e'dilecti e gli stati del mondo. E perché l'affettonon è posto sopra la pietra, ma è posto condisordinato amore nelle [54] creature e nelle cosecreate, amandole e tenendole fuore di me, ed elle

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sonno fatte come l'acqua che continuamentecorre ; cosí corre l'uomo come elleno, benché alui pare che corrano le cose create che egli ama,ed egli è pur elli che continuamente corre verso iltermine della morte. Vorrebbe tenere sé, cioè lavita sua e le cose che egli ama, che non corrisserovenendoli meno o per la morte che egli lassi loro,o per mia dispensazione che le cose create sienotolte dinanzi alle creature. Costoro seguitano labugia tenendo per la via della bugia, e sonnofigliuoli del dimonio, el quale è padre delle bugie.E' perché passano per la porta della bugia,ricevono etterna dannazione.

Si che vedi ch' Io t'ho mostrata la veritá emostrata la bugia : cioè la via mia che è veritá equella del dimonio che è bugia.

CAPITOLO XXVIII. COME PER CIASCUNA DI QUESTE DUE STRADE SI VA CON FADIGA, CIOÈ PER LO PONTE E PER LO FIUME. E DEL DILECTO CHE L'ANIMA SENTE IN ANDARE PER LO PONTE.

– Queste sonno due strade, e per ciascuna sipassa con fadiga. Mira quanta è l’ignoranzia eciechità dell'uomo, che, essendoli fatta la via,vuole tenere per l'acqua. La quale via è di tantodilecto a coloro che vanno per essa, che ogniamaritudine lo' diventa dolce e ogni grande pesolo' diventa leggero. Essendo nella tenebre delcorpo, truovano la luce ; ed essendo mortali,truovano la vita immortale, gustando per affetto

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d'amore, col lume della fede, la veritá etterna chepromette di dare refrigerio a chi s'affadiga per me,che so' grato e cognoscenté, e so' giusto, che aogniuno rendo giustamente secondo che merita ;unde ogni bene è remunerato e ogni colpa punita.

El dilecto che ha colui che va per questa vianon sarebbe la lingua tua sufficiente a poterlonarrare, né l'orecchia a poterlo udire, né l'occhio apoterlo vedere ; però che in questa [55] vita gustae participa di quel bene che gli è apparecchiatonella vita durabile. Bene è dunque macto coluiche schifa tanto bene, ed elegge innanzi, digustare in questa vita l'arra de l'inferno, tenendoper la via di sotto, dove va con molte fadighe esenza neuno refrigerio e senza veruno bene ; peròche per lo peccato loro sonno privati di me cheso' sommo ed etterno Bene.

Bene hai dunque ragione di dolerti, e voglioche tu e gli altri servi miei stiate in continuaamaritudine de l'offesa mia compassione de l'ignoranzia e danno loro, con la quale ignoranziam'offendono.

Or hai veduto e udito del ponte come eglista ; e questo ho detto per dichiarare quello ch' Ioti dissi, che era ponte l'unigenito mio Figliuolo (ecosí vedi che è la veritá), facto per lo modo cheIo t’ho detto, cioè unita l'altezza con la bassezza.

CAPITOLO XXIX. COME QUESTO PONTE, ESSENDO SALITO AL CIELO EL DI DE LA ASCENSIONE, NON SI PARTI PERÒ DI TERRA.

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– Poi che l'unigenito mio Figliuolo ritornò ame, doppo la resurrexione quaranta di, questoponte si levò da la terra, cioè dalla conversazionedegli uomini, e salse in cielo per la virtú dellanatura mia divina, e siede da la mano dricta di me,Padre etterno. Si come disse l'angelo a' discepoliel di de l'Ascensione, stando quasi come mortiperché i cuori loro erano levati in alto e saliti incelo con la sapienzia del mio Figliuolo. Disse :« Non state piú qui, ché elli siede da la manodricta del Padre ».

Levato in alto e tornato a me Padre, lomandai el Maestro, cioè lo Spirito sancto, el qualevenne con la potenzia mia e con la sapienzia delmio Figliuolo e con la clemenzia sua, d'essoSpirito sancto. Egli è una cosa con meco Padre ecol Figliuolo mio, unde fortificò la via delladottrina che lassò la mia Verità nel mondo ; eperò, partendosi la presenzia, non si parti [56] ladoctrina né le virtú, vere pietre fondate sopraquesta doctrina, la quale è la via che v'ha factoquesto dolce e glorioso ponte. Prima adoparòEgli, e con le sue operazioni fece la via, dando ladoctrina a voi per exemplo piú che per parole :anco prima fece che Egli dicesse.

Questa doctrina certificò la clemenzia delloSpirito sancto, fortificando le menti de' discepolia confessare la veritá ed annunziare questa via,cioè la doctrina di Cristo crocifixo, ripren. dendoper mezzo di loro el mondo delle ingiustizie e de'

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falsi giudici. Delle quali ingiustizie e giudicio, disocto piú distesamente ti narrarò.

Hotti detto questo acciò che ne le menti dichi ode non potesse cadere veruna tenebre cheobfuscasse la mente ; cioè che volessero dire chedi questo Corpo di Cristo se ne fece ponte perl'unione della natura divina unita con la naturaumana. Questo veggo che egli è la veritá. Maquesto ponte si parti da noi salendo in celo. Eglici era una via che c'insegnava la veritá vedendol’exemplo e i costumi suoi. Ora che ci è rimaso ? edove truovo la via ? Dicotelo, cioè dico a coloro acui cadesse questa ignoranzia.

La via della dottrina sua, la quale Io t'hodecta, confermata dagli appostoli e dichiarata nelsangue de' martiri, illuminata con lume de' dottorie confessata per li confessori, e tractane la cartaper li evangelisti, e' quali stanno tucti cometestimoni a confessare la veritá nel corpo misticodella sancta Chiesa. Egli sonno come lucernaposta in sul candelabro, per mostrare la via dellaveritá, la quale conduce a vita con perfecto lume,come decto t'ho. E come te la dicono ? perpruova : perché l'hanno provata in loro medesimi.Si che ogni persona è illuminata in conoscere laveritá, se egli vuole (cioè che egli non si vogliatollere il lume della ragione col propriodisordinato amore). Si che egli è veritá che ladoctrina sua è vera, ed è rimasa come navicella a

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trare l'anima fuore del mare tempestoso econducerla ad porto di salute.

Si che in prima Io vi feci el ponte del mioFigliuolo, actuale, come decto ho, conversandocon gli uomini ; e levato el ponte [57] actuale,rimase il ponte e la via della doctrina, come dectoè, essendo la doctrina unita con la potenzia mia,con la sapienzia del Figliuolo e con la clemenziadello Spirito sancto. Questa potenzia dá virtú difortezza a chi séguita questa via ; la sapienzia glidá lume che in essa via cognosce la veritá ; loSpirito sancto gli dá amore, el quale consuma etolle ogni amore proprio sensitivo fuore del'anima, e solo gli rimane l'amore delle virtú.

Si che in ogni modo, o actuale o per doctrina,Egli è via e veritá e vita. La quale via è il ponteche vi conduce a l'altezza del cielo. Questo volsedire quando Egli dixe : « Io venni dal Padre, eritorno al Padre, e tornarò ad voi ». Cioè a dire : –El Padre mio mi mandò a voi, e hammi factovostro ponte, acciò che esciate del fiume e potiategiognere a la vita. – Poi dice : « E tornarò a voi.Io non vi lassarò orfani, ma mandarovi elParaclito ». Quasi dicesse la mia Verità : – lon'andarò al Padre e tornarò ; cioè che, venendo loSpirito sancto, il quale è decto Paraclito, vimostrarà piú chiaramente e vi confermatà me, viadi veritá, cioè la doctrina che Io v'ho data. –

Disse che tornarebbe, e Egli tornò, perché loSpirito sancto non venne solo, ma venne con la

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potenzia di me Padre, con la sapienzia delFigliuolo e con essa clemenzia di Spirito sancto.Vedi dunque che torna : non actuale ma con lavirtú, come decto è, fortificando la strada delladoctrina ; la quale via e strada non può veniremeno né essere tolta a colui che la vuoleseguitare, perché ella è ferma e stabile e procededa me che non mi muovo.

Adunque virilmente dovete seguitare la via, esenza alcuna nuvila ma col lume della fede, laquale v'è data per principale vestimento nelsancto baptesmo.

Ora t'ho mostrato apieno e dichiarato elponte actuale e la doctrina, la quale è una cosainsieme col ponte. E ho mostrato a l'ignorante chigli manifesta questa via che ella è veritá, e dovestanno coloro che la 'nsegnano ; e dixi che eranogli appostoli, evangelisti, martiri e confessori e isancti doctori, posti nel luogo della sancta Chiesacome lucerna. [58]

E hotti detto e mostrato come, venendo ame, egli tornò a voi, non presenzialmente ma conla virtú, come detto t'ho, cioè venendo lo Spiritosancto sopra e' discepoli. Però chepresenzialmente non tornarà se non ne l'ultimo didel giudicio, quando verrà con la mia maiestà epotenzia divina a giudicare il mondo e a renderebene a' buoni e remunerarli delle loro fadighe,l'anima e il corpo insieme, e rendere male di pena

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etternale a coloro che iniquamente sonno vissutinel mondo.

Ora ti voglio dire quello che lo veritá tipromissi, cioè di mostrarti quegli che vannoimperfettamente, e quegli che vannoperfettamente, e altri con la grande perfeczione, eili che modo vanno ; e gli iniqui che con leiniquità loro s'aniegano nel fiume, giognendo a'crociati tormenti.

Ora dico a voi, carissimi figliuoli miei, che voiteniate sopra el ponte e non di sotto, però chequella non è la via della veritá : anco è quella dellabugia, dove vanno gl' iniqui peccatori, de' quali Ioora ti dirò. Questi sonno quegli peccatori, per liquali lo vi prego che voi mi preghiate e per li qualiIo vi richieggio lagrime e sudori acciò che da mericevano misericordia.

CAPITOLO XXX. COME QUESTA ANIMA, MARAVIGLIANDOSI DE LA MISERICORDIA DI DIO, RACONTA MOLTI DONI E GRAZIE PROCEDUTE DA ESSA DIVINA MISERICORDIA AD L'UMANA GENERAZIONE.

Alora quella anima, quasi come ebbra, non sipoteva tenere ; ma quasi stando nel cospetto diDio, diceva : – O etterna misericordia, la qualericuopri e' difetti delle tue creature, non mimaraviglio che tu dica di coloro che escono delpeccato mortale e tornano a te : « lo non miricordarò che tu m'offendessi mai ». O

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misericordia ineffabile, non mi maraviglio che tudica questo a coloro che escono del peccato,quando tu dici di coloro che ti perseguitano : « Iovoglio che mi preghiate per loro, acciò che Io lo'facci misericordia ». [59]

O misericordia la quale esce della Deitá tua,Padre etterno, la quale governa con la tuapotenzia tutto quanto el mondo ! Nellamisericordia tua fummo creati : nella misericordiatua fummo ricreati nel sangue del tuo Figliuolo.La misericordia tua ci conserva, la misericordiatua fece giocare in sul legno della croce elFigliuolo tuo alle braccia, giocando la morte conla vita e la vita con la morte. E alora la vitasconfisse la morte della colpa nostra, e la mortedella colpa tolse la vita corporale allo immaculatoAgnello. Chi rimase vinto ? la morte. Chi ne fucagione ? la misericordia tua.

La tua misericordia dá vita. Ella dá lume perlo quale si conosce la tua clemenzia in ognicreatura : ne' giusti e ne' peccatori. Ne l'altezza delcielo riluce la tua misericordia, cioè ne' sancaituoi. Se io mi vollo a la terra, ella abonda della tuamisericordia. Nella tenebre de l'inferno riluce latua misericordia, non dando tanta pena a' dannatiquanta meritano.

Con la misericordia tua mitighi la giustizia ;per misericordia ci hai lavati nel Sangue ; permisericordia volesti conversare con le tuecreature. O pazzo d'amore ! non ti bastò

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d'incarnare, che anco volesti morire ? Non bastòla morte, che anco discendesti a lo 'nfernotraendone i santi padri, per adempire la tua veritáe misericordia in loro ? Però che la tua bontápromette bene a coloro che ti servono in veritá.Imperò discendesti a limbo, per trare di pena chit'aveva servito e rendar lo' el frutto delle lorofadighe.

La misericordia tua vego che ti costrinse adare anco piú a l'uomo, cioè lassandoti in cibo,acciò che noi, debili, avessimo conforto, egl'ignoranti smemorati non perdessero laricordanza de' benefizi tuoi. E però el dài ogni dia l'uomo, rapresentandoti nel Sacramento del'altare nel corpo mistico della sancta Chiesa.Questo chi l'ha facto ? la misericordia tua.

O misericordia, el cuore ci s'affoga a pensaredi te, ché dovunque io mi vollo a pensare, nontruovo altro che misericordia, O Padre etterno,perdona a l' ignoranzia mia che ho presumpto difavellare innanzi a te ; ma l'amore della tuamisericordia me ne scusi dinanzi alla benignitàtua. [60]

CAPITOLO XXXI. DE LA INDIGNITA DI QUELLI CHE PASSANO PER LO FIUME, DI SOTTO AL PONTE DECTO ; E COME L'ANIMA, CHE PASSA DI SOTTO, DIO LA CHIAMA ARBORE DI MORTE, EL QUALE TIENE LE RADICI SUE PRINCIPALMENTE IN QUATRO VIZI.

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Poi che quella anima col verbo della parolaebbe un poco dilatato el cuore nella misericordiadi Dio, umilemente aspectava che la promessa lefusse actenuta. E ripigliando Dio le sue paroledicea : – Carissima figliuola, tu hai narrato dinanzida me della misericordia mia, perché Io te la déi agustare e a vedere nella parola ch' Io ti dissi,dicendo : « Costoro sonno coloro per li quali Io viprego che mi preghiate ». Ma sappi che, senzaveruna comparazione, è piú la misericordia miaverso di voi che tu non vedi, però che ‘l tuovedere è imperfecto e finito, e la misericordia miaè perfecta e infinita. Si che comparazione non cisi può ponere se non quella che è da la cosa finitaa la infinita.

Ho voluto che l'abbi gustata questamisericordia, e anco la dignità de l'uomo (la qualedi sopra ti mostrai), acciò che tu meglio conoscala crudeltá e la indegnità degl' iniqui uomini chetengono per la via di socto. Apre l'occhio del'intelletto, e mira costoro che volontariamentes'anniegano, e mira in quanta indegnità essi sonnocaduti per le colpe loro.

Prima è che essi sonno diventati infermi : equesto si è quando conciepéro el peccato mortalenelle menti loro, poi el parturiscono e perdono lavita della grazia. E come il morto, che verunosentimento può adoperare, né si muove da semedesimo se non quanto egli è levato da altrui,cosí costoro, che sonno annegati nel fiume de

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l'amore disordinato del mondo, sonno morti agrazia. E perché egli son morti, la memoria nonritiene il ricordamento della mia misericordia ;l'occhio de l'intelletto non vede né cognosce lamia veritá, perché ‘l sentimento è morto, cioè chelo 'ntellecto non s'ha posto dinanzi altro che sé,con [61] l’amore morto della propria sensualità. Eperò la volontà ancora è morta a la volontà mia,perché non ama altro che cose morte. Essendomorte queste tre potenzie, tutte l'operazioni sue eactuali e mentali sonno morte quanto che agrazia, e giá non si può difendere da' nemici suoi,né aitarsi per se medesimo se non quanto è aitatoda me.

Bene è vero che ogni volta che questo morto,nel quale è rimaso solo el libero arbitrio, mentreche egli è nel corpo mortale, dimanda l'aiutoriomio, el può avere ; ma per sé non potrà mai. Egliè facto incomportabile a se medesimo e, volendosignoreggiare il mondo, egli è signoreggiato daquella cosa che non è, cioè dal peccato. Elpeccato è non cavelle, ed essi sonno facti servi eschiavi del peccato.

Io gli feci arbori d'amore con vita di grazia, laquale ebbero nel sancto baptesmo ; ed essi sonnofacti arbori di morte, perché sonno morti, comedecto t'ho. Sai dove egli tiene la radice questoarbore ? ne l'altezza della superbia, la qualel'amore sensitivo proprio di loro medesiminotrica ; el suo merollo è la impazienzia, el suo

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figliuolo è la indiscrezione. Questi sonno quattroprincipali vizi, che uccidono l'anima di colui elquale ti dixi che era arbore di morte, perché nonhanno tracta la vita della grazia. Dentro dal'arbore si notrica uno vermine di coscienzia ; elquale, mentre che l'uomo vive in peccato mortale,è acciecato dal proprio amore, e però poco elsente.

E' frutti di questo arbore sonno mortali,perché hanno tracto l'umore dalla radice dellasuperbia ; la tapinella anima è pienad'ingratitudine, unde le procede ogni male. E seella fusse grata de' benefizi ricevuti,cognoscerebbe me ; e cognoscendo me,cognoscerebbe sé ; e cosí starebbe nella miadileczione. Ma ella, come cieca, si va attaccandopur per lo fiume, e non vede che l'acqua nonl’aspecta. [62]

CAPITOLO XXXII. COME E' FRUCTI DI QUESTO ARBORE TANTO SONO DIVERSI QUANTO

SONO DIVERSI E' PECCATI. E PRIMA DEL PECCATO DE LA CARNALITADE.

– Tanto sonno diversi e' fructi di questoarbore che dànno morte, quanto sonno diversi e'peccati. Alcuni ne vedi che sonno cibo da bestie,e questi sonno quegli che immondamente vivono,facendo del corpo e della mente loro come ilporco che s' involle nel loto : cosí s' invollono nelloto della carnalità. O anima brucia, dove hai

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lassata la tua dignità ? Tu eri fatta sorella degliangeli, ora se' fatta animale bruto, in tanta miseriache non tanto che sieno sostenuti da me, che so'somma purità, ma le dimonia, di cui essi sonnofatti amici e servi, non possono vederecommettere tanta immondizia.

Veruno peccato è che tanto sia abominevolee tanto tolga el lume de l'intelletto, quanto questo.Questo cognobbero e' filosofi, non per lume digrazia, perché non l'avevano ; ma la natura lo'porgeva quello lume : cioè che questo peccatoobfuscava lo 'ntellecto ; e però si conservavanonella continenzia per meglio studiare. E anco lericchezze le gictavano da loro, acciò che ‘lpensiere delle ricchezze non l'occupasse il cuore.Non fa cosí lo ignorante falso cristiano, el qualeha perduta la grazia per la colpa sua.

CAPITOLO XXXIII. COME EL FRUTTO D'ALCUNI ALTRI È L'AVARIZIA. E DE' MALI CHE PROCEDONO DA ESSA.

– Alcuni altri el frutto loro è di terra. Questisonno e' cupidi avari, e' quali fanno come la talpache sempre si notrica della terra infino a lamorte ; e gionti a la morte non hanno rimedio.Costoro con l'avarizia loro spregiano la mialarghezza, vendendo el tempo al proximo loro.Questi sonno gli usurai che diventano crudeli erobbatori del proximo, perché nella memoria loronon [63] hanno el ricordamento della mia

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misericordia. Ché se essi l' avessero avuto, nonsarebbero crudeli né verso di loro né verso del o'anco usarebbero pietà e misericordia a semedesimi, operando le virtú, 'e al proximo,sovenendolo caritativamente. Oh quanti sonno e'mali che per questo maladecto peccato vengono !Quanti omicidii e furti e rapine, con moltiguadagni inliciti e crudeltá di morte e ingiustiziadel proximo ! Uccide l'anima e falla diventareschiava delle ricchezze, unde non si curad'observare i comandamenti miei. Costui nonama persona se non per propria utilitá.

Questo vizio procede da la superbia e notricala superbia. L'uno procede da l'altro, perché portasempre seco la propria reputazione, si che subbitogiogne ne l'altro vizio, e cosí va di male in peggioper la miserabile superbia, la quale è piena dipareri, ed è uno fuoco che sempre germinafummo di vanagloria e di vanità. di cuore,gloriandosi di quello che non è loro ; ed è unaradice che ha molti rami. El principale è la propriareputazione, unde esce il volere essere maggioreche 'l proximo suo, e parturisce il cuore fitto enone schietto né liberale, ma doppio che mostrauna in lingua e un'altra ha in cuore ; e occulta laveritá, e dice la bugia per utilitá sua propria ; egermina una invidia, la quale è uno vermine chesempre rode e non gli lassa avere bene del suobene proprio né de l' altrui.

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Come daranno questi iniqui, posti in tantamiseria, della sustanzia loro a' povarelli, quandoessi tolgono l'altrui ? Come traranno la immondaanima della immondizia, quando essi ve lamettono ? che alcuna volta sonno tanto animaliche le figliuole e i congionti loro non riguardano,ma con essi caggiono in molta miseria. Enondimeno la mia misericordia gli sostiene, e noncomando a la terra che gl'inghiottisca, acciò che siravegano delle colpe loro. Come dunque darannola vita per la salute de l'anime, quando non dànnola substanzia ? come daranno la dileczione,quando essi si rodono per invidia ?

Oh miserabili vizi, e' quali aterrano il cielo del'anima ! « Cielo » la chiamo, perch' lo la feci cielo,dove lo abitavo per [64] grazia celandomi dentroda lei, e facendo mansione per affetto d'amore.Ora.s'è partita da me si come adultera, amando sée le creature e le cose create piú che me : anco disé s'ha facto Dio, e me perseguita con molti ediversi peccati. E tutto questo fa perché nonripensa el benefizio del Sangue sparto con tantofuoco d'amore.

CAPITOLO XXXIV. COME D'ALCUNI ALTRI, E' QUALI TENGONO STATO DI SIGNORIA, EL LORO FRUCTO È INGIUSTIZIA.

– Altri sonno e' quali tengono el capo altoper signoria ; nella quale signoria portano la'nsegna della ingiustizia, ingiustizia adoperando

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verso di me, Dio, e del proximo, e ingiustiziaverso di loro. Verso di loro non si rendono eldebito della virtú, e inverso di me non mirendono el debito de l'onore, rendendo loda egloria al nome mio, el quale sonno tenuti direndere. Anco, come ladri, furano quello che èmio e dannolo a la serva della propria sensualità,si che commette ingiustizia verso di me e verso disé, come aciecato e ignorante, non cognoscendome in sé. Tutto è per l'amore proprio, si comefecero e' giuderi e ministri della Legge, che per lainvidia e amore proprio s'accecarono, e però noncognobbero la veritá de l'unigenito mio Figliuolo ;e però non rendevano il debito di cognoscere vitaetterna che era fra loro, come dixe la mia Veritàdicendo : « El regno di Dio è tra voi ». Ma essi nolcognoscevano : perché ? però che, per lo mododetto, aveano perduto el lume della ragione, e perquesto modo non rendevano il debito di rendereonore e gloria a me e a lui che era una cosa conmeco ; e però, come ciechi, commissero laingiustizia, perseguitandolo con molti obrobriinfino a la morte della croce.

Cosí questi cotali rendono ingiustizia a loro ea me, e anco al proximo loro, ingiustamenterivendendo le carni de' subditi loro e diqualunque altra persona a mano lo' viene. [65]

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CAPITOLO XXXV. COME PER QUESTI E PER ALTRI DEFECTI SI CADE NEL FALSO GIUDICIO. E DE LA INDIGNITÀ NE LA QUALE PERCIÒ SI VIENE.

– E per questo e altri difecti caggiono nelfalso giudicio, si come di sotto ti distendarò.Sempre si scandalizzano nelle mie operazioni, lequali tucte sonno giuste e in veritá tucte facte peramore e misericordia.

Con questo falso giudicio, col veleno dellainvidia e della superbia erano calunniate egiudicate ingiustamente l'operazioni del mioFigliuolo, con false bugie dicendo : « Costui el fain virtú di Belzebub ». Cosí costoro, iniqui, postine l'amore proprio, nella immondizia, nellasuperbia, ne l'avarizia, in una invidia, fondati nellaperversa indiscrezione, con una impazienzia e conmolti altri mali che si commettono, sempre siscandalizzano in me e ne' servi miei, giudicandoche fictivamente aduoparino la virtú. Perché ‘lcuore loro è fracido e hanno guasto el gusto, peròle cose buone lo' paiono gactive, e le gactive, cioèel disordinato vivere, lo' pare buono.

O ciechità umana, che non guardi la tuadignità ! ché di grande se' facto piccolo, di signorese' facto servo della piú vile signoria che possaavere, però che tu se' facto servo e schiavo delpeccato, e tale diventi quale è quella cosa che tuservi. El peccato non è tavelle : adunque tu se'

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tornato non tavelle. Hassi tolta la vita e data lamorte.

Questa vita e questa signoria vi fu data per loVerbo unigenito mio Figliuolo e glorioso ponte ;essendo servi del dimonio, vi trasse dellaservitudine sua ; feci lui servo per tollervi laservitudine, e posili l'obbedienzia per consumarela disobbedienzia d'Adam, umiliandosi esso al'obbrobriosa morte della croce per confondere lasuperbia. Tutti e' vizi destruxe con la morte suaacciò che neuno potesse dire : – Il cotale viziorimase che non fusse punito e fabricato con pene,– si come ti [66] dissi di sopra, dicendo che delcorpo suo aveva facto ancudine. Tutti e' rimedisonno posti per camparli della morte etternale, edessi spregiano il Sangue e hannolo conculcato co'piei del disordinato affecto.

E questa è la ingiustizia e il falso giudicio de'quali è ripreso el mondo e sarà ripreso ne l'ultimodi del giudicio. E questo volse dire la mia Veritàquando dixe : « Io mandarò el Paraclito cheriprendarà el mondo della ingiustizia e del falsogiudicio ». Alora fu ripreso quando mandai loSpirito sancto sopra gli appostoli.

CAPITOLO XXXVI. QUI PARLA SOPRA QUELLA

PAROLA CHE DISSE CRISTO QUANDO DISSE : « IO

MANDARÒ EL PARACLITO CHE RIPRENDERE EL MONDO DE LA INGIUSTIZIA E DEL FALSO GIUDICIO ». E QUI DICE COME UNA DI QUESTE REPRENSIONI È CONTINUA.

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– Tre riprensioni sonno : l'una fu dataquando lo Spirito sancto venne sopra e' discepoli,come detto è ; e' quali, fortificati dalla potenziamia, illuminati dalla sapienzia del Figliuolo miodiletto, tutto ricevettero nella plenitudine delloSpirito sancto. Alora lo Spirito sancto, che è unacosa con meco e col Figliuolo mio, riprendeste ilmondo per la bocca de' discepoli con la doctrinadella mia Verità. Eglino e tutti gli altri che sonnodiscesi da loro seguitando la veritá, la qualeintesero per mezzo di loro, riprendono el mondo.Questa è quella continua riprensione che Io fo almondo col mezzo della sancta Scriptura e de'servi miei, ponendosi lo Spirito sancto nellelingue loro anunziando la mia veritá ; si come eldimonio si pone in su la lingua de' servi suoi, cioèdi coloro che passano per lo fiume iniquamente.

Questa è quella dolce reprensione postacontinua, per lo modo detto, per grandissimoaffecto d'amore che Io ho a la salute de l'anime. Enon possono dire : – Io non ebbi chi miriprendesse ; – però che giá l'è mostrata la veritá,mostrando lo' el vizio e la virtú, e facto lo' vedereil frutto della virtú [67] e il danno del vizio, perdar lo' amore e timore sancto con odio del vizio eamore della virtú. E giá non l'è stata mostrataquesta doctrina e veritá per angelo, acciò che nonpossano dire : – L'angelo è spirito beato e nonpuò offendere, e non sente le molestie della carnecome noi, né la gravezza del corpo nostro. –

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Questo l'è tolto, che nol possono dire ; perchéella è stata data dalla mia Verità, Verbo incarnatocon la carne vostra mortale.

Chi sonno stati gli altri che hanno seguitatoquesto Verbo ? Creature mortali e passibili comevoi, con la impugnazione della carne contra lospirito, si come ebbe il glorioso Pavolo miobanditore ; e cosí di molti altri sancoi e' quali, chida una cosa e chi da un'altra, sonno statipassionati. Le quali passioni lo permettevo epermetto per acrescimento di grazia e peraumentare la virtú ne l'anime loro : e cosínacquero di peccato come voi, e notricati d'unomedesimo cibo ; e cosí so' lo Dio ora come alora ;non è infermata né può infermare la miapotenzia. Si che Io posso sovenire e voglio, e sosovenire a chi vuole essere sovenuto da me. Aloravuole essere sovenuto da me, quando esce delfiume e va per lo ponte seguitando la doctrinadella mia Verità.

Si che non hanno scusa però che sonnoripresi, ed è llo' mostrata la verita continuamente.Unde, se essi non si correggeranno mentre cheessi hanno ci tempo, saranno condennati nellaseconda reprensione, la quale si farà ne l'ultimaextremità della morte, dove grida la mia giustiziadicendo : « Surgite, mortui ; venite ad iudicium » ;cioè : tu che se' morto a grazia e morto giogni a lamorte corporale, lévati su, e viene dinanzi alsommo Giudice con la ingiustizia e falso giudicio

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tuo e col lume spento della fede. El quale lumetraesti acceso del sancto baptesmo, e tu lospegnesti col vento della superbia e vanità delcuore, del quale facevi vela a' venti che eranocontrari a la salute tua ; e’l vento della propriareputazione notricavi con la vela de l'amoreproprio. Unde corrivi per lo fiume delle delizie estati del mondo con la propria volontà,seguitando la fragile carne e le molestie etemptazioni del dimonio. [68] Il quale dimoniocon la vela della tua propria volontà t'ha menatoper la via di socto, la quale è uno fiume corrente ;unde t'ha condocto con lui insieme a l'etternadannazione.

CAPITOLO XXXVII. DE LA SECONDA REPRENSIONE, NE LA QUALE SI RIPRENDE DE LA

INGIUSTIZIA E DEL FALSO GIUDICIO IN GENERALE E IN PARTICULARE.

– Questa seconda reprensione, carissimafigliuola, è in facto, perché è gionto a l'ultimodove non può avere rimedio, perché s'è condoctoa la extremità della morte, dove il vermine dellacoscienzia (del quale Io ti dixi che era aciecato perlo proprio amore che egli aveva di sé), ora, neltempo della morte, perché vede sé non potereescire delle mie mani, questo vermine comincia avedere, e però rode con reprensione semedesimo, vedendo che per suo difecto ècondocto in tanto male. Se essa anima avesse

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lume che cognoscesse, e dolessesi della colpa suanon per la pena de l'inferno che ne le séguita, maper me che m'ha offeso che so' somma ed etternabontá, anco trovarebbe misericordia. Ma se passael ponto della morte senza lume, e solo colvermine della coscienzia, e senza la speranza delSangue ; o con propria passione, dolendosi deldanno suo piú che de l'offesa mia ; egli giogne al’etterna dannazione.

E alora è ripreso crudelmente dalla miagiustizia, ed è ripreso della ingiustizia e del falsogiudicio. E non tanto della ingiustizia e giudiciogenerale, il quale ha usato nel mondogeneralmente in tucte le sue operazioni ; mamolto maggiormente sarà ripreso della ingiustiziae giudicio particulare, il quale ha usato ne l'ultimo,cioè d'avere posta, giudicando, maggiore lamiseria sua che la misericordia mia. Questo èquello peccato che non è perdonato né di qua nédi là, perché non ha voluto, spregiando, la miamisericordia ; però che piú m'è grave questo chetucti gli altri peccati che egli ha commessi. Undela disperazione di Giuda mi spiacque piú e fu piúgrave [69] al mio Figliuolo che non fu eltradimento che egli gli fece. Si che sonno ripresidi questo falso giudicio : d'avere posto maggiore ilpeccato loro che la misericordia mia, e peròsonno puniti con le dimonia e crociatietternalmente con loro.

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E sonno ripresi della ingiustizia : e questo èquando si dogliono piú del danno loro che del'offesa mia. Alora commectono ingiustizia,perché non rendono a me quello che è mio ed aloro quello che è loro : a me debbono rendereamore e amaritudine con la contrizione del cuore,e offerirla dinanzi a me per l'offesa che m'hannofacta ; ed egli fanno el contrario, ché dànno a loroamore compassionevole di loro medesimi edolore della pena che per la colpa loro aspectano.Si che vedi che commectono ingiustizia, e peròsonno puniti dell'uno e de l'altro insieme, avendoessi dispregiata la misericordia mia. E lo, congiustizia, gli mando insieme con la serva lorocrudele della sensualità, col crudele tiranno deldimonio, di cui si fecero servi col mezzo d'essaserva della propria sensualità loro, ché insiemesiano puniti e tormentati, come insieme m'hannooffeso. Tormentati, dico, da' miei ministri dimoni,e' quali ha messi la mia giustizia a renderetormento a chi ha facto male.

CAPITOLO XXXVIII. DI QUATTRO PRINCIPALI

TORMENTI DE' DANPNATI ; A' QUALI SEGUITANO

TUCTI GLI ALTRI E IN SINGULARITA DELLA LADIEZZA DEL DEMONIO.

– Figliuola, la lingua non è sufficiente anarrare la pena di queste tapinelle anime. Comesono tre principali vizi, cioè l'amore proprio disé ; unde esce il secondo, cioè la propria

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reputazione ; e da la reputazione procede il terzo,cioè la superbia, con falsa ingiustizia e crudeltá econ altri immondi e iniqui peccati che doppoquesti seguitano : cosí ti dico che ne lo 'nfernoegli hanno quattro tormenti principali, a' qualiseguitano tucti gli altri tormenti. [70]

El primo si è che si vegono privati della miavisione ; el quale l'è tanta pena che, se possibile lo'fusse, eleggerebbero piuttosto el fuoco e i crociatitormenti e vedere me che stare fuore delle pene enon vedermi. Questa pena lo' rinfresca la secondadel vermine della coscienzia, el quale semprerode, vedendosi privato di me e dellaconversazione degli angeli per loro difetto, efattisi degni della conversazione delle dimonia evisione loro. El quale vedere del dimonio (che è laterza pena) gli raddoppia ogni sua fadiga.

Unde, come nella visione di me e' sanctisempre exultano, rinfrescandosi con allegrezza ilfrutto delle loro fadighe che essi hanno portateper me, con tanta abondanza d'amore edispiacimento di loro medesimi ; cosí, incontrario, questi tapinelli si rinfrescano ne'tormenti nella visione delle dimonia, però che nelvedere loro cognoscono piú sé, cioè cognosconoche per loro difetto se ne sonno fatti degni. E perquesto modo il vermine piú rode, e non ristà maiel fuoco di questa coscienzia d'ardere.

Ancora l'è piú pena, perché’l vegono nellapropria figura sua, la quale è tanto orribile che

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non è cuore d'uomo che ‘l potesse imaginare. E,se ben ti ricorda, sai che, mostrandolo a te nellaforma sua in piccolo spazio di tempo (che sai chequasi fu uno punto), tu eleggevi, poi che tornastia te, prima di volere andare per una strada difuoco, se dovesse durare infino a l'ultimo di delgiudicio, e andare sopra esso, innanzi che vederlopiú. Con tutto questo che tu vedesti, arco non saibene quanto egli è orribile ; però che si mostra,per divina giustizia, piú orribile ne l'anima che èprivata di me, e piú e meno secondo la gravezzadelle colpe loro.

El quarto tormento si è il fuoco. Questofuoco arde e non consuma, però che l'anima nonsi può consumare l'essere suo ; e non è cosamateriale, la quale materia el fuoco la consumasse,però che ella è incorporea. Ma Io per divinagiustizia ho permesso che’l fuoco gli ardaaliggitivamente, che gli affligge e non gliconsuma. E afliiggeli e ardeli con grandissimepene, in diversi modi, secondo la diversità de'peccati ; chi piú e chi meno, secondo la gravezzadella colpa. [71]

Sopra questi quattro tormenti escono tuttiquanti gli altri : con freddo e caldo e stridore didenti. Or cosí miserabilemente, doppo lariprensione che lo' fu fatta del giudicio e dellaingiustizia nella vita loro, e non si corressero inquesta prima riprensione, come detto è di sopra ;e nella seconda, cioè nella morte, non volsero

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sperare né dolersi de l'offesa mia ma si della penaloro ; hanno ricevuto morte etterna.

CAPITOLO XXXIX. DE LA TERZA REPRENSIONE, LA QUALE SI FARÀ NEL DI DEL GIUDICIO.

– Ora ti resto a dire della terza riprensione,cioè de l'ultimo di del giudicio. Già t'ho dettodelle due : ora, acciò che tu vegga bene quantol'uomo s'inganna, ti dirò della terza, cioè delgiudicio generale, nel quale a l'anima tapinella saràrinfrescata e cresciuta la pena, per l'unione chel'anima farà col corpo, con una riprensioneintollerabile, la quale le genererà confusione evergogna.

Sappi che ne l'ultimo di del giudicio, quandoverrà il Verbo mio Figliuolo con la divina miaMaiestà a riprendere il mondo con la potenziadivina, egli non verrà come povarello, si comequando egli nacque venendo nel ventre dellaVergine e nascendo nella stalla fra gli animali, epoi morendo in mezzo fra due ladroni. Alora lonascosi la potenzia mia in lui, lassandolosostenere pene e tormenti come uomo : non chela natura mia divina fusse però separata da lanatura umana ; ma lassa' lo patire come uomo persatisfare a le colpe vostre.

Non verrà cosí ora in questo ultimo punto ;ma verrà con potenzia a riprendere egli con lapropria persona. E non sarà alcuna creatura che

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non riceva tremore, e renderà a ogniuno il debitosuo.

A' dannati miserabili lo' darà tanto tormentol’àspecto suo e tanto terrore che la lingua nonsarebbe sufficiente a narrarlo ; [72] a' giusti daràtimore di reverenzia con grande giocondità. Nonche egli si muti la faccia sua, però che egli èimmutabile, perché è una cosa con meco,secondo la natura divina. E secondo la naturaumana, la faccia sua anco è immutabile, poi cheprese la gloria della resurrexione. Ma a l'occhiodel dannato se gli mostrarrà cotale, però che, conquello occhio terribile e obscuro che egli ha in semedesimo, con quello el vedrà. Si come l'occhioinfermo che del sole, che è cosí lucido, non vedealtro che tenebre ; e l'occhio sano vede la luce. Equesto non è per difecto della luce che si muti piúal cieco che a l'alluminato, ma è per difecto del'occhio che è infermo. Cosí e' dannati el veggonoin tenebre, in confusione e in odio, non perdifecto della divina mia Maiestà con la quale egliverrà a giudicare il mondo, ma per difecto loro.

CAPITOLO XL. COME I DANPNATI NON POSSONO DESIDERARE ALCUNO BENE.

– Egli è tanto l'odio che essi hanno, che nonpossono volere né desiderare veruno bene, masempre mi bastemmiano. E sai perché eglino nonpossono desiderare il bene ? però che, finita lavita dell'uomo, è legato el libero arbitrio ; per la

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qual cosa non possono meritare, perduto che essihanno el tempo.

Se eglino finiscono in odio con la colpa delpeccato mortale, sempre per divina giustizia stalegata l'anima col legame de l'odio e sempre staobstinata in quel male che ella ha, rodendosi in semedesima, e accrescele sempre pene, espezialmente delle pene d'alcuni in particolare de'quali ella fosse stata cagione della dannazioneloro. Si come vi dimostrò quello ricco dannatoquando chiedeva di grazia che Lazzaro andasse a'suoi frategli, e' quali erano rimasi nel mondo, adanunziare le pene sue. Questo giá non faceva percaritá né per compassione de' frategli, però cheegli era privato della caritá e non potevadesiderare bene né in onore di me né in saluteloro ; perché [73] giá t'ho decto che non possonofare alcuno bene nel proximo e me bastemmiano,perché la vita loro fini ne l'odio di me e dellavirtú. Ma perché dunque il faceva ? però che egliera stato el maggiore e avevali notricati nellemiserie nelle quali egli era vissuto, si che egli eracagione della dannazione loro. Per la qualecagione se ne vedeva seguitare pena, giognendoeglino al crociato tormento, con lui insieme, dovesempre in odio si rodono, perché ne l'odio fini lavita loro.

CAPITOLO XLI. DE LA GLORIA DE' BEATI.

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– Cosí l'anima giusta, che finisce in affetto dicaritá e legata in amore, non può crescere in virtúvenuto meno el tempo, ma può sempre amarecon quella dileczione che egli viene a me ; e conquella misura gli è misurato. Sempre desidera me,e sempre m'ha ; unde il 'suo desiderio non èvotio, ma avendo fame è saziato ; e saziato si hafame ; e dilonga è il fastidio dalla sazietà, edilonga è la pena dalla fame.

Ne l'amore godono ne l'etterna mia visione,participandó quel bene che lo ho in memedesimo, ognuno secondo la misura sua ; cioècon quella misura de l'amore che essi sono venutia me, con quella l'è misurato, perché sonno statinella caritá mia e in quella del proximo, e unitiinsieme con la caritá comune e con la particolareche esce pure d'una medesima caritá.

Godono ed exultano participando l'uno elbene de l'altro con l'affetto della carità, oltre albene universale che essi hanno tutti insieme. Econ la natura angelica godono ed exultano, co'quali e' sancti sonno collocati, secondo le diversee varie virtú le quali principalmente ebbero nelmondo, essendo legati tutti nel legame dellacaritá. Hanno una singulare participazione concoloro co' quali strettamente d'amore singulare[74] s'amavano nel mondo. Col quale amorecrescevano in grazia aumentando la virtú. L'unoera cagione a l'altro di manifestare la gloria e lodadel nome mio in loro e nel proximo. Si che poi

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nella vita durabile non l'hanno perduto ; ancol'hanno, participando strettamente e con piúabondanzia l'uno con l'altro, aggiontolo al'universale bene.

E non vorrei però che tu credessi che questobene particulare, il quale Io t'ho detto che eglihanno, l'avessero solo per loro, però che non ècosí ; ma è participato da tueti quanti e' gustatoricittadini e diletti miei figliuoli e da tutta la naturaangelica. Unde, quando l'anima giogne a vitaetterna, tutti participano el bene di quella anima, el'anima del bene loro. Non che ‘l vasello suo né illoro possa crescere, né che abbi bisognod'empirsi, però che egli è pieno e però non puòcrescere ; ma hanno una exultazione, unagiocundità, uno giubilo, una allegrezza, la quale sirinfresca in loro per lo cognoscimento il qualehanno trovato in quella anima. Vegono che permia misericordia ella è levata dalla terra con laplenitudine della grazia, e cosí exultano in me nelbene di quella anima el quale ha ricevuto per lamia bontá.

E quella anima gode in me e ne l'anime enegli spiriti beati, vedendo in loro e gustando labellezza e dolcezza della mia caritá. E' lorodesidèri sempre gridano dinanzi a me per lasalvazione di tutto quanto el mondo. Perché lavita loro fini nella caritá del proximo, non l'hannolassata ; anco con essa passarono per la porta del'unigenito mio Figliuolo per lo modo che lo di

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sotto ti contiarò. Si che vedi che con quellolegame de l'amore in che fini la vita loro, conquello permangono ; e dura sempreetternalmente.

Essi sonno tanto conformati con la miavolontà che essi non possono volere se nonquello ch' Io voglio ; perché l'arbitrio loro è legatonel legame della caritá per si facto modo che,venendo meno el tempo a la creatura che ha in séragione, morendo in stato di grazia, non può piúpeccare. E in tanto è unita la sua volontà con lamia che, vedendo il padre o la madre il figliuolone l'inferno, o il figliuolo la madre, non se ne [75]curano ; anco sonno contenti di vederli puniticome nemici miei. In neuna cosa si scordano dame : e' desidèri loro sonno pieni.

El desiderio de' beati è di vedere l’ onore mioin voi viandanti, e' quali sète peregrini che semprecorrite verso il termine della morte. Nel desideriodel mio onore desiderano la salute vostra, e peròsempre mi pregano per voi. El quale desiderio èadempito da me da la parte mia, colà dove voiignoranti non ricalcitraste a la mia misericordia.Hanno desiderio ancora di riavere la dota delcorpo loro ; e questo desiderio non gli affliggenon avendolo attualmente, ma godono gustandoper certezza che egli hanno d'avere il lorodesiderio pieno ; non gli affligge però che nonavendolo non lo' manca beatitudine, e però nonlo' dá pena.

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E non ti pensare che la beatitudine del corpodoppo la resurrexione dia piú beatitudine al'anima. Ché se questo fusse, seguitarebbe cheinfine che non avessero il corpo avarebberobeatitudine imperfetta ; la qual cosa non puòessere, però che in loro non manca alcunaperfeczione. Si che non è il corpo che diabeatitudine a l'anima, ma l'anima darà beatitudineal corpo : darà de l' abondanzia sua, rivestita nel'ultimo di del giudicio del vestimento dellapropria carne la quale lassò.

Come l'anima è fatta immortale, fermata estabilita in me ; cosí el corpo in quella unionediventa immortale, perduta la gravezza e factosottile e leggiero. Unde sappi che ‘l corpoglorificato passarebbe per lo mezzo del muro. Néil fuoco né l'acqua non l’offendarebbe, non pervirtú sua ma per virtú de l'anima. La quale virtú èmia, data a lei per grazia e per amore ineffabilecol quale lo la creai a la imagine e similitudinemia. L'occhio de l'intelletto tuo non è sufficiente avedere, né l'orecchia a udire, né la lingua anarrare, né il cuore a pensare il bene loro.

Oh quanto diletto hanno in vedere me cheso' ogni bene i oh quanto diletto avarannoessendo col corpo glorificato ! El quale bene oranon avendo, di qui al giudicio generale non hannopena, perché non lo' manca beatitudine, però chel'anima è piena in sé. La quale beatitudineparticiparà col corpo, come detto [76] t'ho.

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Dicevoti del bene che avarebbe il corpoglorificato ne l'umanità glorificata de l'unigenitomio Figliuolo, la quale vi dá certezza della vostraresurrexione. Ine exultano nelle piaghe sue, lequali sonno rimase fresche, riservate le cicatricinel corpo suo, le quali gridano continuamentemisericordia per voi a me sommo ed etternoPadre. Tutti si conformaranno con lui in gaudio ein giocundità ; occhio con occhio e mano conmano e con tutto quanto el corpo del dolceVerbo mio Figliuolo tutti vi conformarete. Standoin me, starete in lui, perch'egli è una cosa conmeco. Ma l'occhio del corpo vostro, come dettot'ho, si dilettarà ne l'umanità glorificata del Verbounigenito mio Figliuolo. Questo perché ? peròche la vita loro fini nella dileczione della miacarità, e però lo' dura etternalmente.

Non che possano adoperare alcuno bene, magodonsi quel che essi hanno portato, cioè chenon possono fare veruno atto meritorio per loquale essi possano meritare. Però che solo inquesta vita si merita e pecca, secondo che piace ala propria volontà col libero arbitrio. Costoronone aspectano con timore il divino giudicio, macon allegrezza. E non lo' parrà, la faccia delFigliuolo mio, terribile né piena d'odio, perché e'sonno finiti in caritá e in dileczione di me ebenivolenzia del proximo. Si che vedi che lamutazione della faccia non sarà in lui quandoverrà a giudicare con la Maiestà mia, ma in coloro

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che saranno giudicati da lui. A' dannati aparrà conodio e con giustizia ; ne' salvati con amore emisericordia.

CAPITOLO XLII. COME DOPPO EL GIUDICIO GENERALE CRESCERÁ LA PENA DE' DANPNATI.

– Hotti narrato della dignità de' giusti, acciòche meglio cognosca la miseria de' dannati. Equesta è l'altra pena loro : vedere la beatitudinede' giusti. La quale visione è a loro acrescimentodi pena, come a' giusti la dannazione de' dannati è[77] acrescimento d'exultazione della mia bontá,perché meglio si cognosce la luce per la tenebre, ela tenebre per la luce. Si che lo' sarà pena lavisione de' beati e con pena aspectano l'ultimo didel giudicio, perché se ne vegono seguitareacrescimento di pena.

E cosí sarà ; però che in quella voce terribilequando sarà detto a loro : « Surgite, mortui ; venitead iudicium », tornarà l'anima col corpo. E ne'giusti sarà glorificato, e ne' dannati sarà crociatoetternalmente. E grande vergogna e rimproverioricevaranno ne l'aspetto della mia Verità e di tuttie' beati. El vermine della coscienzia alora rodarà ilmirollo de l'arbore, cioè l'anima, e la corteccia difuore, cioè il corpo.

Rimprovarato lo' sarà el Sangue che per lorofu pagato, e l’uòpare della misericordia, le quali lofeci a loro col mezzo del mio Figliuolo, spiritualie temporali, e quello che essi dovevano fare nel

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proximo loro, si come si contiene nel sanctoEvangelio. Ripresi saranno della crudeltá che essihanno avuta verso el proximo, della superbia e del'amore proprio, della immondizia e avarizia loro.

Vedendo la misericordia che da me hannoricevuta, rinfrescarà duramente la lororiprensione. Nel ponto della morte la ricevesolamente l'anima ; ma nel giudicio generale lariceverà insiememente l'anima e’l corpo, perché’lcorpo è stato compagno e strumento de l'anima afare il bene e il male, secondo che è piaciuto a lapropria volontà.

Ogni operazione buona e gactiva è (acta colmezzo del corpo ; e però giustamente, figliuolamia, è renduto a' miei eletti gloria e bene infinitocol corpo loro glorificato, remunerandoli delleloro fadighe che per me insiememente conl'anima portò. E cosí agl' iniqui sarà renduta penaetternale col mezzo del corpo loro, perché fustrumento del male.

Rinfrescarasse lo' la pena e cresciarà,riavendo el corpo loro, ne l'aspetto del mioFigliuolo. La miserabile sensualità con laimmondizia sua riceverà riprensione in vedere lanatura sua, cioè l'umanità di Cristo, unita cole lapurità della Deitá mia ; vedendo levata questamassa d'Adam, natura vostra, sopra tutti [78] e'cori degli angeli, ed essi per loro difecti siveggono profondati nel profondo de l'inferno.

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E vegono la larghezza e la misericordiarelucere ne' beati, ricevendo el fructo del sanguede l'Agnello ; e vegono le pene che essi hannoportate, che tucte stanno per adornamento ne'corpi loro, si come la fregiatura sopra del panno,non per virtú del corpo, ma solo per laplenitudine de l'anima ; la quale representa alcorpo el fructo della fadiga, perché fu compagnocon lei ad adoperare la virtú, si che apparisce difuore. Si come rapresenta lo specchio la facciadell'uomo, cosí nel corpo si rapresenta el fructodelle fadighe, per lo modo che decto t'ho.Vedendo e' tenebrosi tanta dignità della quale essisono privati, lo' cresce la pena e la confusione,perché ne' corpi loro appa. risce il segno delleiniquità, le quali commissero, con pena e crociatotormento. Unde in quella parola che essi udirannoterribile : « Andate maladecti nel fuoco etternale »,egli andarà l'anima e ‘l corpo a conversare con ledimonia senza alcuno rimedio di speranza,aviluppandosi con tucta la puzza della terra,ogniuno per sé in diverso modo, si come diversesonno state le loro male operazioni : l'avaro conla puzza de l'avarizia, aviluppandosi insieme lasubstanzia del mondo e ardendo nel fuoco (laquale egli disordinatamente amò) ; el crudele conla crudeltá ; lo immondo con la immondizia emiserabile concupiscenzia ; lo ingiusto con le sueingiustizie ; lo invidioso con la invidia ; e l'odio erancore del proximo con l'odio. El disordinato

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amore proprio di loro, unde nacquero tucti e' loromali, ardarà e darà pena intollerabile, si comecapo e principio d'ogni male, acompagnato dallasuperbia. Sí che tucti in diversi modi sarannopuniti, l'anima e’l corpo insieme.

Or cosí miserabilmente giongono al fine loroquesti che vanno per la via di socto, giú per lofiume, non vollendosi a dietro a ricognoscere lecolpe sue, né a dimandare la misericordia, sí comeIo di sopra ti dixi. E giongono a la porta dellabugia perché seguitano la doctrina del dimonio, elquale è padre delle bugie. Ed esso dimonio èporta loro, e per questa porta giongono a l'etternadannazione, come detto è di sopra. Si come gli[79] eletti figliuoli miei, tenendo per la via disopra, cioè del ponte, seguitano e tengono per lavia della veritá, ed essa veritá è porta.

E però disse la mia Verità : « Neuno pubandare al Padre mio se non per me ». Egli è laporta e la via, unde passano, a intrare in me, marepacifico.

E cosí, in contrario, costoro sonno tenuti perla bugia, la quale lo' dá acqua morta. E ad questovi chiama el dimonio, ciechi e macti che non sen'avegono perché hanno perduto el lume dellafede. Quasi lo' dica el dimonio : « Chi ha sete del'acqua morta venga a me, ché io ne gli darò ».

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CAPITOLO XLIII. DE LA UTILITA DE LE TEMPTAZIONI, E COME OGNI ANIMA NE LA EXTREMITA DE LA MORTE VEDE E GUSTA EL LUOGO SUO, PRIMA CHE ESSA ANIMA SIA SEPARATA DAL CORPO, CIOÈ O PENA O GLORIA CHE DEBBA RICEVERE.

– Egli è facto giustiziere mio dalla miagiustizia per tormentare l'anime chemiserabilmente hanno offeso me. E in questa vitagli ho posti a temptare molestando le miecreature ; non perché le mie creature siano vente,ma perché esse vencano e ricevano da me lagloria della victoria, provando in loro le virtú.

E neuno in questo debba temere per verunabactaglia né temptazione di dimonio che lo'venga, però che lo gli ho facti forti, e dato lo' lafortezza della volontà, fortificata nel sangue delmio Figliuolo. La quale volontà né dimonio nécreatura ve la può mutare, però che ella è vostra edata da me.

Voi dunque col libero arbitrio la potetetenere e lassare, secondo che vi piace. Ella èTarme la quale voi ponete nelle mani deldimonio, e drictamente è uno coltello col qualeegli vi percuote e con esso v'ucide. Ma se l'uomonon dá questo coltello della volontà sua nellemani del dimonio, cioè che egli consenta a letemptazioni e molestie sue, giamai non saràoffeso di colpa di peccato per verunatemptazione. Anco el fortifica colà dove egli apra

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l'occhio de l’intellecto a vedere la [80] carità mia.La quale caritá permecte che siate temptati soloper farvi venire a virtú e a provare la virtú.

A virtú non si viene se non per locognoscimento di se medesimo e percognoscimento di me. El quale cognoscimentopiú perfettamente s'acquista nel tempo dellatemptazione : Perché alora cognosce sé nonessere, non potendosi levare le pene e le molestiele quali vorrebbe fuggire ; e me cognosce nellavolontà (la quale è fortificata per la bontá mia)che non consente a esse cogitazioni : e perché haveduto che la mia caritá le concede perché ‘ldimonio è infermo e per sé non può tavelle senon quanto Io gli do ; e Io el permetto per amoree non per odio, perché vènciate e non siate venti,e perché veniate ad perfetto cognoscimento di voie di me, e acciò che la virtú sia provata, però cheella non si pruova se non per lo suo contrario.

Dunque vedi che sonno miei ministri acrociare i dannati ne l'inferno, e in questa vita adexercitare e provare la virtú ne l'anima. Non chela intenzione del dimonio sia per farli

provare in virtú, perché egli non ha carità, maper privarli de la virtú, e questo non può fare sevoi non volete.

Or vedi quanta è la stoltizia de l'uomo, che sifa debile colà dove Io l'ho facto forte, ed essomedesimo si mette nelle mani delle dimonia.Unde Io voglio che tu sappi che nel punto della

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morte, essendo entrati nella vita loro sotto lasignoria del dimonio (none sforzati, però che nonpossono essere sforzati come detto t'ho, mavolontariamente si sonno messi nelle mani loro),giognendo poi a l’extremità della morte conquesta perversa signoria, essi non aspettano altrogiudicio, ma essi medesimi ne sonno giudici conla coscienzia loro e come disperati giongono al’etterna dannazione. Con l'odio strengonol'inferno in su la extremità della morte ; e primache egli l'abbino, essi medesimi co' loro signoridimoni pigliano per prezzo loro l'inferno.

Si come e' giusti vissuti in caritá morendo indileczione, quando viene l’extremità della morte,se egli è vissuto perfettamente in virtú illuminatodel lume della fede, con l'occhio della fede, conperfetta speranza del sangue de l'Agnello, vegono[81] el bene il quale lo l'ho aparecchiato e con lebraccia de l'amore l’abracciano, stregnendo conestrecte d'amore me, sommo e etterno Bene, nel'ultima extremità della morte. E cosí gustano vitaetterna prima che abbino lassato el corpo mortale,cioè prima che sia separato dal corpo.

Altri che fussero passati nella vita loro conuna caritá comune, che non fussero in quellagrande perfeczione e giognessero a l'extremità,costoro abracciano la misericordia mia con quellolume medesimo della fede e della speranza cheebbero quelli perfetti ; ma hannola imperfetta. Maperché costoro erano imperfetti, strinsero la

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misericordia mia, ponendo maggiore lamisericordia mia che le colpe loro.

Gl' iniqui peccatori fanno el contrario,vedendo con la disperazione el luogo loro, e conl'odio l’abracciano, come detto t'ho. Si che nonaspettano d'essere giudicati né l'uno né l'altro ; mapartonsi di questa vita, e riceve ogniuno el luogosuo, come detto t'ho. Gustanlo e possegonloprima che si partano dal corpo nella extremitàdella morte : e' dannati co' l'odio e disperazione, ei perfetti con l'amore e col lume della fede e conla speranza del Sangue. E gl'imperfetti con lamisericordia e con quella medesima fedegiongono al luogo del purgatorio.

CAPITOLO XLIV. COME EL DEMONIO SEMPRE

PIGLIA L'ANIME SOTTO COLORE D'ALCUNO BENE. E COME QUELLI CHE TENGONO PER LO FIUME, E NON PER LO PONTE PREDETTO, SONO INGANNATI, PERÒ CHE VOLENDO FUGGIRE LE PENE CAGGIONO NE LE PENE ; PONENDO QUI LA VISIONE D'UNO ARBORE CHE QUESTA ANIMA EBBE UNA VOLTA.

– Hotti detto che'l dimonio invita gli uominia l'acqua morta, cioè a quella che egli ha per sé,aciecando con. le delicie e stati del mondo. Co'l'amo del diletto gli piglia sotto colore di bene,però che in altro modo non gli potrebbe pigliare,però che non si lassarebbero pigliare se alcunobene proprio o diletto non vi trovassero, imperò

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che l'anima di sua natura sempre appetisce bene.[82]

Ma è vero che l'anima, aciecata da l'amoreproprio, non cognosce né discerne quale sia verobene e che gli dia utilitá a l'anima e al corpo. Eperò ci dimonio, come iniquo, vedendo ch'egli èaciecato dal proprio amore sensitivo, gli pone e'diversi e vari difecti e' quali sonno colorati concolore d'alcuna utilitá e d'alcuno bene ; e adogniuno dá secondo lo stato suo e secondo queglivizi principali ne' quali ci vede piú disposto aricevere. Altro dá al secolare, altro dá al religioso ;altro a' prelati, altro a' signori ; e a ciascunosecondo e' diversi stati che essi hanno.

Questo t'ho decto perch' Io ora ti contio dicostoro che s'anniegano giú per lo fiume, cheneuno rispecto hanno altro che a loro, cioèd'amare loro medesimi con offesa di me ; de'quali Io t'ho contiato ci fine loro. Ora ti vogliomostrare come essi s'ingannano, che volendofuggire le pene caggiono nelle pene. Perché lo'pare che a seguitare me, cioè tenere per la via delponte del Verbo del mio Figliuolo, sia grandefadiga, e però si ritragono a dietro, temendo laspina. Questo è perché sonno aciecati e nonvegono né cognoscono la veritá, si come tu sai ch'Io ti mostrai nel principio della vita tua,pregandomi tu che Io facesse misericordia almondo, traendoli della tenebre del peccatomortale.

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Sai che Io alora ti mostrai me in figura d'unoarbore, del quale non vedevi né il principio né ilfine, se non che vedevi che la radice era unita conla terra ; e questa era la natura divina unita con laterra della vostra umanità. A' piei de l’arbore, seben ti ricorda, era alcuna spina ; dalla quale spinatucti coloro che amavano la propria sensualità sidilongavano e corrivano a uno monte di lolla, nelquale. ti figurai tucti e' difecti del mondo. Quellalolla pareva grano e non era ; e però, comevedevi, molte anime dentro vi si perivano difame, e molte, cognoscendo l'inganno del mondo,tornavano a l’arbore e passavano la spina, cioè ladeliberazione della volontà.

La quale deliberazione, innanzi che ella siafacta, è una spina la quale gli pare trovare inseguitare la via della veritá. Sempre combacte dal'uno lato la coscienzia, da l'altro lato la [83]sensualità ; ma subito che, con odio edispiacimento di sé, virilmente delibera dicendo :– Io voglio seguitare Cristo crocifixo, – rompesubbito la spina e truova dolcezza inextimabile, sícome lo alora ti mostrai, chi piú e chi meno,secondo la disposizione e sollicitudine loro.

Sai che alora lo ti dixi : – Io so' lo Idio vostroimmobile, che non mi muovo ; Io non mi ritragoda veruna creatura che a me voglia venire ;mostrato l'ho la veritá, facendomi visibile a loro,essendo lo invisibile ; mostrato l'ho che cosa èamare alcuna cosa senza me. – Ma essi, come

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aciecati da la nuvila del disordinato amore, noncognoscono né me né loro. Vedi come sonnoingannati : che prima vogliono morire di fame chepassare un poca di spina.

Non possono fuggire che non sostenganopena, però che in questa vita neuno ci passa senzacroce, se non coloro che tengono per la via disopra : non che essi passino senza pena, ma lapena a loro è refrigerio. E perché per lo peccato,sí come di sopra ti dixi, ci mondo germinò spine etriboli, e corse questo fiume, mare tempestoso,però vi dici ci ponte, acciò che voi non annegaste.

Hotti mostrato come costoro s'ingannanocon uno disordinato timore, e come lo so' lo Idiovostro che non mi muovo, e che lo non so'acceptatore delle persone ma del sancto desiderio,E questo t'ho mostrato nella figura de l’arbore laquale Io t’ho decta.

CAPITOLO XLV. COME, AVENDO EL MONDO PER LO PECCATO GERMINATO SPINE E TRIBOLI, CHI SONO QUELLI AD CUI QUESTE SPINE NON FANNO MALE, BENE CHE NEUNO PASSI QUESTA VITA SENZA PENA.

– Ora ti voglio mostrare a cui le spine etriboli, che germinò la terra per lo peccato, fannomale e a cui no. E perché infine a ora t'homostrata la loro dannazione insiememente [84]con la mia bontá, e hotti detto come essi sonnoingannati dalla propria sensualità, ora ti voglio

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dire come solo costoro son quegli che sonnooffesi dalle spine.

Veruno che nasca in questa vita passa senzafadiga o corporale o mentale. Corporale leportano e' servi miei, ma la mente loro è libera ;cioè che non sente fadiga della fadiga, perché haacordata la sua volontà con la mia, la qualevolontà è quella cosa che dá pena a l'uomo. Penadi mente e di corpo portano costoro e' quali Iot'ho conciati che in questa vita gustano l'arra del'inferno ; si come i servi miei gustano l'arra divita etterna.

Sai tu quale è il piú singulare bene che hannoe' beati ? È d'avere la volontà loro piena di quelche desiderano. Desiderano me, e desiderandome essi m'hanno e mi gustano senza alcunarebellione, però che hanno lassata la gravezza delcorpo, el quale era una legge che impugnavacontra lo spirito. El corpo l'era uno mezzo chenon lassava perfettamente cognoscere la veritá ;né potevano vedermi a faccia a faccia, perché ‘lcorpo non lassava.

Ma, poi che l'anima ha lassato el peso delcorpo, la volontà sua è piena, perché desiderandodi vedere me ella mi vede : nella quale visione stala vostra beatitudine. Vedendo cognosce, ecognoscendo ama, e amando gusta me sommo eetterno Bene ; gustando sazia e empie la volontàsua, cioè il desiderio che egli ha di vedere ecognoscere me ; desiderando ha, e avendo

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desidera, e, come Io ti dixi, di longa è la pena daldesiderio ; e ‘l fastidio dalla sazietà.

Si che vedi ch' e' servi miei ricevonobeatitudine principalmente in vedere e conoscereme. La quale visione e cognoscimento lo' riempiela volontà d'avere ciò che essa volontà desidera, ecosí è saziata. E però ti dixi che, singularmente,gustare vita etterna era d'avere quello che lavolontà desidera. Ma sappi che ella si sazia nelvedere e cognoscere me, come detto t'ho.

In questa vita gustano l'arra di vita etterna,gustando questo medesimo del quale Io t’hodetto che essi sonno saziati. Come hanno questaarra in questa vita ? Dicotelo : in vedere la mia[85] bontá in sé e in cognoscere la mia veritá ; elquale cognoscimento ha l'intelletto illuminato inme, el quale è l'occhio de l'anima. Questo occhioha la pupilla della sanctissima fede, el quale lumedella fede fa discérnare e cognoscere e seguitare lavia e dottrina della mia Verità, Verbo incarnato.Senza questa pupilla della fede non vedrebbe, senon come l'uomo che ha la forma de l'occhio, mael panno ha ricoperta la pupilla che fa vedere al'occhio. Cosí l'occhio de l'intelletto la pupilla suaè la fede ; la quale, essendovi posto dinanzi elpanno della infidelità, tratto da l'amore proprio disé, non vede ; ha la forma de l'occhio ma non ellume, perché esso se l'ha tolto.

Si che vedi che nel vedere cognoscono, ecognoscendo amano, e amando anniegano e

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perdono la volontà loro propria. Perduta la loro,si vestono della mia che non voglio altro che lavostra sanctificazione. E subbito si dànno avòllere il capo adietro da la via di sotto, ecominciano a salire per lo ponte, e passano soprale spine. E perché sonno calzati e' piei de l'affettoloro con la mia volontà, non lo' fa male. E però tidixi che sostenevano corporalmente e nonmentalmente, perché la volontà sensitiva è morta,la quale dá pena e affligge la mente della creatura.Tolta la volontà, è tolta la pena, e ogni cosaportano con reverenzia, reputandosi graziad'essere tribolati per me, e non desiderano se nonquel ch' Io voglio.

Se Io lo' do pena da parte delle dimonia,permettendo lo' le molte temptazioni per provarlinella virtú, si come lo ti dixi di sopra, essiresistono con la volontà, la quale hannofortificata in me, umiliandosi e reputandosiindegni della pace e quiete della mente ereputandosi degni della pena. E cosí passano conallegrezza e cognoscimento di loro senza penaaffliggitiva.

Se ella è tribolazione dagli uomini, oinfermità, o povertà, o mutamento di stato nelmondo, o privazione di figliuoli o de l’altrecreature le quali molto amasse (le quali tuttesonno spine che germinò la terra doppo elpeccato), tutte le porta col lume della ragione edella fede sancta, raguardando me che so' somma

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bontá e non posso volere altro che bene ; e perbene le concedo : per amore e non per odio. [86]

E cognosciuto che hanno l'amore in me, edessi raguardano loro, cognoscendo e' loro difecti.E vegono col lume della fede che ‘l bene debbaessere remunerato e la colpa punita. Ogni piccolacolpa vegono che meritarebbe pena infinita,perché è facta contra me che so'infinito Bene ; erecansi a grazia che lo in questa vita gli vogliapunire e in questo tempo finito. E cosíinsiememente scontiano el peccato con lacontrizione del cuore, e con la perfecta pazienziameritano, e le fadighe loro sonno remunerate dibene infinito.

Poi cognoscono che ogni fadiga di questa vitaè piccola per la piccolezza del tempo. El tempo èquanto una punta d'aco e non piú ; ché passato eltempo è passata la fadiga. Adunque vedi che.èpiccola. Essi portano con pazienzia e passano lespine actuali e non lo' tocca el cuore, perché ‘lcuore loro è tracto di loro per amore sensitivo eposto e unito in me per affecto d'amore.

Bene è dunque la veritá che costoro gustanovita etterna, ricevendo l'arra in questa vita. Estando ne l'acqua non s'immollano, passandosopra le spine non si pongono (come decto t'ho),perché hanno cognosciuto me, sommo Bene, ecercatolo colà dove egli si truova, cioè nel Verbode l'unigenito mio Figliuolo.

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CAPITOLO XLVI. DE' MALI CHE PROCEDONO DA LA CECHITA DELL'OCCHIO DE L'INTELLETTO.E COME LI BENI CHE NON SONO FACTI IN STATO

DI GRAZIA NON VAGLIONO AD VITA ETTERNA.

– Questo t'ho decto acciò che tu cognoscameglio e in che modo costoro gustano l'arra del'inferno, de' quali Io ti dixi lo inganno loro. Orati dirò unde procede lo inganno e come ricevonol'arra de l'inferno. Questo è perché hannoaciecato l'occhio de l'intellecto con la infedelitàtracta da l'amore proprio. Com e ogni veritás'acquista col lume della fede, cosí la bugia [87] elo inganno s'acquista con la infidelità. Dellainfedelità, dico, di coloro che hanno ricevuto elsancto baptesmo, nel quale baptesmo fu messa lapupilla della fede ne l'occhio de l' intellecto.Venuto el tempo della discrezione, se essis'exercitano in virtú, costoro hanno conservato ellume della fede e parturiscono le virtú vive,facendo fructo al proximo loro. Come la donnache fa el figliuolo vivo, e vivo el dá allo spososuo ; cosí costoro dànno le virtú vive a me, cheso' sposo de l'anima.

El contrario fanno questi miserabili che,venuto il tempo della discrezione, dove essidebbono exercitare el lume della fede e parturirecon vita di grazia la virtú, ed essi le parturisconomorte. Morte sonno perché tucte l'operazioniloro sonno morte, essendo fatte in peccatomortale, privati del lume della fede. Hanno bene

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la forma del sancto baptesmo ma none il lume,però che ne sonno privati per la nuvila della colpacommessa per amore proprio, la quale haricoperta la pupilla unde vedevano.

A costoro è decto, e' quali hanno fede senzaopera, che è morta la fede loro. Unde, come ilmorto non vede, cosí l'occhio, ricoperta la pupilla,come decto t'ho, non vede, né cognosce semedesimo non essere né i difecti suoi che egli hacommessi. Né cognosce la bontá mia in sé, dondeha avuto l'essere e ogni grazia che è posta sopral'essere.

Non cognoscendo me né sé, non odia in sé lapropria sensualità ; anco l'ama, cercando disatisfare a l'appetito suo : e cosí parturisce ifigliuoli morti di molti peccati mortali. Né menon ama ; non amando me, non ama quel ch'Ioamo, cioè il proximo suo, né si dilecta d'adoperarequel che mi piace : ciò sonno le vere e reali virtú,le quali mi piacciono di vedere in voi, non permia utilitá, però che a me non potete fare utilitá,però che Io so' colui che so', e veruna cosa è factasenza me, se non el peccato, che non è cavelle,perché priva l'anima di tne che so' ogni bene,privandola della grazia. Si che per vostra utilitá mipiacciono perché Io abbi di che remunerarvi inme, vita durabile.

Si che vedi che la fede di costoro è morta,perché è senza opera ; e quelle operazioni, le qualifanno, non vagliono a vita [88] etterna, perché

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non hanno vita di grazia. Nondimeno il beneadoperare o con grazia o senza la grazia non sidebba però lassare, però che ogni bene èremunerato come ogni colpa punita. El bene chesi fa in grazia, senza peccato mortale, vale a vitaetterna ; ma quello che si fa con la colpa delpeccato mortale non vale a vita etterna :nondimeno è remunerato in diversi modi, si comedi sopra ti dixi.

Unde alcuna volta Io lo' presto ci tempo. OIo li metto nel cuore de' servi miei per continuaorazione, per le quali orazioni escono della colpae delle miserie loro. Alcuna volta, non ricevendoci tempo né l’orazioni per disposizione di grazia, aquesti cotali l'è remunerato in cose temporali,facendo di loro come de l'animale che s'ingrassaper menarlo al macello. Cosí questi cotali chesempre hanno ricalcitrato in ogni modo a la miabontá, pure fanno alcuno bene ; none in stato digrazia, come detto t'ho, ma in peccato. Essi nonhanno voluto ricevere in questa loro operazione iltempo né l'orazioni né gli altri diversi modi co'quali Io gli ho chiamati ; unde, essendo riprovatida me per li loro difetti, e la mia bontá vuole pureremunerare quella operazione, cioè quel poco delservizio che hanno facto, unde li remunero nellecose temporali e ine s'ingrassano ; e noncorreggendosi, giongono al supplicio etternale.

Si che vedi che sonno ingannati. Chi gli haingannati ? essi medesimi, perché s'hanno tolto ci

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lume della fede viva, e vanno come aciecatipalpando e attaccandosi a quel che toccano. Eperché non veggono se non con l'occhio cieco,posto l'affetto loro nelle cose transitorie, peròsonno ingannati e fanno come stolti cheraguardano solamente l'oro e non ci veleno. Undesappi che le cose del mondo e tutti e' diletti epiaceri suoi se sonno presi e acquistati e possedutisenza me o con proprio e disordinato amore, essiportano drittamente la figura degli scarpioni, e'quali al principio tuo, doppo la figura de l’arborelo ti mostrai, dicendoti che portavano l'orodinanzi e ‘l veleno portavano dietro ; e non era ilveleno senza l'oro né l'oro senza ci veleno, ma elprimo aspetto era l'oro. E neuno si difendeva dalveleno, se non coloro che erano illuminati dellume della fede. [89]

CAPITOLO XLVII. COME NON SI POSSONO OBSERVARE I COMANDAMENTI CHE NON SI OBSERVINO I CONSIGLI. E COME IN OGNI STATO

CHE LA PERSONA VUOLE ESSERE, AVENDO SANCTA E BUONA VOLONTÀ, È PIACEVOLE A DIO.

– Costoro ti dissi che col coltello di due tagli(cioè con l'odio del vizio e amore delle virtú) peramore tagliavano ci veleno della propriasensualità, e col lume della ragione tenevano epossedevano. E acquistavano l'oro in queste cosemondane, chi le voleva tenere ; ma chi voleva

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usare la grande perfeczione le spregiavaactualmente e mentalmente. Questi ti dixi cheobservavano ci consiglio actualmente, il quale lo'fu dato e tassato da la mia Verità. Costoro chepossedevano sonno quelli che observano e'comandamenti e i consigli mentalmente ma nonactualmente. Ma però ch' e' consigli sonno legatico' comandamenti, neuno può observare icomandamenti che non observi e' consigli : nonactualmente ma mentalmente. Cioè che,possedendo le 'ricchezze del mondo, egli lepossegga con ùmilità e non con superbia,possedendole come cosa prestata e non comecosa sua, come elle sonno date a voi per uso da lamia bontá. Unde tanto l'avete quanto lo ve le do,e tanto le tenete quanto lo ve le lasso, e tanto vele lasso e do quanto lo vego che faccino per lasalute vostra. Per questo modo le dovete usare.

Usandole l'uomo cosí, observa cicomandamento, amando me sopra ogni cosa e ‘lproximo come se medesimo. Vive col cuorespogliato e gictale da sé per desiderio, cioè chenon l'ama né tiene senza la mia volontà, poniamoche actualmente le possega. Observa ci consiglioper desiderio, come detto t'ho, tagliandone ilveleno del disordinato amore.

Questi cotali stanno nella caritá comune. Macoloro, che observano e' comandamenti e iconsigli mentalmente e actualmente, sonno nellacaritá perfetta. Con vera simplicità observano ci

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consiglio che dixe la mia Verità, Verbo incarnato,a quel [90] giovano quando dimandò dicendo :« Che potrei io fare, Maestro, per avere vitaetterna ? » Egli disse : « Observa e' comandamentidella Legge ». Ed egli rispondendo dixe : « Io gliobservo ». Ed Egli dixe : « Bene, se tu vuogliessere perfetto, va' e vende ciò che tu hai, e dalloa' povari ». El giovano alora si contristò, perché lericchezze che egli aveva le teneva ancora controppo amore, e però si contristò. Ma questiperfetti l’observano abandonando ci mondo contutte le delizie sue, macerando ci corpo con lapenitenzia e vigilia, umile e continua orazione.

Questi altri che stanno nella caritá comune,non levandosi attualmente, non ne perdono peròvita etterna, perché non ne sonno tenuti ; madebbonle possedere, se eglino vogliono le cose'del mondo, per lo modo che detto t'ho.Tenendole, non offendono, perché ogni cosa èbuona e perfetta e creata da me, che so' sommabontá, e fatte perché servano alle mie creature chehanno in loro ragione, e non perché le creature sifaccino servi e schiavi delle delizie del mondo ;anco perché le tengano (se lo' piace di tenere, nonvolendo andare alla grande perfeczione) noncome signori ma come servi. E ‘l desiderio lorodebbono dare a me, e ogni altra cosa amare etenere non come cosa loro ma come cosaprestata, come detto t'ho.

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Io non so' acceptatore delle creature né deglistati, ma de' sancti desidèri. In ogni stato che lapersona vuole stare, abbi buona e sancta volontà,ed è piacevole a me. Chi le terrà a questo modo ?coloro che n'hanno mozzato ci veleno con l'odiodella propria sensualità e con amore della virtú.Avendo mozzo ci veleno della disordinatavolontà e ordinatala con l'amore e sancto timoredi me, egli può tenere ed eleggere ogni stato cheegli vuole : e in ognuno sarà atto ad avere vitaetterna.

Poniamo che maggiore perfeczione, e piúpiacevole a me, sia di levarsi mentalmente eattualmente da ogni cosa del mondo, chi non sisente di giognere ad questa perfeczione, ché lafragilità sua non el patisse, può stare in questostato comune, ogniuno secondo lo stato suo. Equesto ha ordinato la mia bontá acciò che verunoabbi scusa di peccato in qualunque stato si sia.[91]

E veramente non hanno scusa, però che loso' consceso alle passioni e debilezze loro persifacto modo che, volendo stare nel mondo,possono e possedere le ricchezze e tenere stato disignoria e stare allo stato del matrimonio enotricare ed affadigarsi per li figliuoli. Equalunque stato si vuole essere, possono tenere,purché in veritá essi taglino ci veleno dellapropria sensualità, la quale dá morte etternale.

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E drittamente ella è uno veleno che, come civeleno dá pena nel corpo, e ne l'ultimo ne muorese giá egli non s'argomenta di bomitarlo e dipigliare alcuna medicina, cosí questo scarpionedel diletto del mondo : non le cose temporali inloro, che giá t'ho detto che elle sonno buone efatte dame che so' somma bontá, e però le puòusare come gli piace con sancto amore e verotimore ; ma dico del veleno della perversa volontàde l'uomo. Dico che ella avelena l'anima e dalle lamorte se esso non ci vomita per la confessionesancta, traendone il cuore e l'affetto. La quale èuna medicina che’l guarisce di questo veleno,poniamo che paia amara a la propria sensualità.

Vedi dunque quanto sonno ingannati ! chépossono possedere e avere me, e possono fuggirela tristizia e avere letizia e consolazione, ed essivogliono pure male, sotto colore di bene, edannosi a pigliare l'oro con disordinato amore.Ma perché essi sonno aciecati con moltainfedelità, non cognoscono ci veleno ; veggonsiavelenati e non pigliano ci rimedio. Costoroportano la croce del dimonio, gustando l'arra del'inferno.

CAPITOLO XLVIII. COME LI MONDANI CON CIÒ CHE POSSEGGONO NON SI POSSONO SAZIARE ; E DE LA PENA CHE DÁ LORO LA PERVERSA VOLONTÀ PUR IN QUESTA VITA.

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– Io si ti dixi di sopra che solo la volontàdava pena a l'uomo. E perché i servi miei sonnoprivati della loro e vestiti della mia, non sentonopena affíiggitiva, ma sonno saziati sentendo meper grazia ne l'anime loro. Non avendo me, non[92] possono essere saziati, se essi possedesserotucto quanto el mondo ; perché le cose createsonno minori che l'uomo, però che elle sonnofacte per l'uomo e non l'uomo per loro : e perònon può essere saziato da loro. Solo Io el possosaziare. E però questi miserabili, posti in tantaciechità, sempre s'affannano e mai non si saziano,e desiderano quel che non possono avere, perchénon I'adimandano a me che li posso saziare.

Vuogli ti dica come essi stanno in pene ? Tusai che l'amore sempre dá pena, perdendo quellacosa con cui essi si son conformati. Costorohanno facta conformità per amore nella terra indiversi modi, e però terra sonno diventati. Chi faconformità con la ricchezza, chi nello stato, chine' figliuoli, chi perde me per servire a le creature,chi fa del corpo suo uno animale bruto con moltaimmondizia. E cosí per diversi stati appetiscono epasconsi di terra. Vorrebbero che fussero stabili,ed essi non sonno ; anco passano come il vento,però che o essi vengono meno a loro col mezzodella morte, overo che di quello che essi amanone sono privati per mia dispensazione. Essendoneprivati, sostengono pena intollerabile ; e tanto laperdono con dolore quanto l'hanno posseduta

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con disordinato amore. Avesserle tenute comecosa prestata e non come cosa loro, lassavanlesenza pena. Hanno pena perché non hanno quelche desiderano, però che, come lo ti dixi, elmondo non gli può saziare. Non essendo saziati,hanno pena.

Quante sonno le pene dello stimolo dellacoscienzia ! quante sonno le pene di colui cheappetisce vendecta ! Continuamente si rode eprima ha morto sé, cioè l'anima sua, che egli ucidael nemico suo ; el primo morto è egli, uccidendosé col coltello de l'odio. Quanta pena sostienel'avaro, che per avarizia strema la sua necessità !quanto tormento ha lo invidioso, che sempre nelsuo cuore si rode, e non gli lassa pigliare dilectodel bene del proximo suo ! Di tucte quante lecose, che esso ama sensitivamente, ne trae penacon molti disordinati timori ; hanno presa la crocedel dimonio, gustando l'arra de l'inferno in questavita, ne vivono infermi con molti diversi modi seessi non si corregono, e ricevnne poi morteetternale. [93]

Or costoro sonno quegli che sonno offesidalle spine delle molte tribolazioni, crociandosiloro medesimi con la propria disordinata volontà.Costoro hanno croce di cuore e di corpo ; cioèche con pena e tormento passa l'anima e'l corposenza alcuno merito, perché non portano lefadighe con pazienzia, anco con impazienzia,perché hanno posseduto e acquistato l'oro e le

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delizie del mondo con disordinato amore ; privatidella vita della grazia e de l'affecto della caritá.Facti sonno arbori di morte, e però tucte le lorooperazioni sonno morte, e con pena vanno per lofiume annegandosi, e giongono a l'acqua morta,passando con odio per la porta del dimonio, ericevono l’etterna dannazione.

Ora hai veduto come essi s'ingannano e conquanta pena essi vanno a l'inferno, facendosimartiri del dimonio ; e quale è quella cosa che gliacieca, cioè la nuvila de l'amore proprio, postasopra la pupilla del lume della fede. E veduto haicome le tribulazioni del mondo, da qualunquelato elle vengono, offendono e' servi mieicorporalmente, cioè che sonno perseguitati dalmondo, ma non mentalmente, perché sonnoconformati con la mia volontà : però sonnocontenti di sostenere pena per me.

Ma e' servi del mondo sonno percossi dentroe di fuore : e singularmente dentro, dal timore cheessi hanno di non pèrdare quello che possegono,e da l'amore, desiderando quel che non possonoavere. Tucte l'altre fadighe, che seguitano doppoqueste due che sonno le principali, la lingua tuanon sarebbe sufficiente a narrarle. Vedi dunqueche in questa vita medesima hanno migliorepartito e' giusti ch' e' peccatori.

Ora hai veduto a pieno el loro andare e iltermine loro. [94]

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CAPITOLO XLIX. COME EL TIMORE SERVILE NON È SUFFICIENTE A DARE VITA ETERNA ; E COME EXERCITANDO QUESTO TIMORE SI VIENE AD AMORE DE LE VIRTÚ.

– Ora ti dico che alquanti sonno che,sentendosi speronare dalle tribulazioni del mondo(le quali Io do acciò che l'anima cognosca che ‘lsuo fine non è questa vita e che queste cosesonno imperfette e transitorie, e desideri me cheso' suo fine, e cosí le debba pigliare), questicominciano a levarsi la nuvila con la propria penache essi sentono, e con quella che veggono che lo'debba seguitare doppo la colpa. Con questotimore servile cominciano a escire del fiume,bomicando el veleno el quale l'era stato gictatodallo scarpione in figura d'oro, e preso l'avevanosenza modo e non con modo, e però ricevetteroel veleno da lui. Cognoscendolo, el cominciano alevare e dirizzarsi verso la riva per attaccarsi alponte.

Ma non è sufficiente d'andare solo col timoreservile ; però che spazzare la casa del peccatomortale, senza empirla di virtú fondate in amore enon pure in timore, non è sufficiente a dare vitaetterna, se esso non pone amenduni e' piei nelprimo scalone del ponte, cioè l'affetto e ildesiderio, e' quali sonno e' piei che portanol'anima ne l'affetto della mia veritá, della quale Iov'ho facto ponte.

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Questo è il primo scalone del quale Io ti dissiche vi conveniva salire, dicendoti come Egliaveva fatta scala del corpo suo. Bene è vero chequesto è quasi uno levare generale checomunemente fanno e' servi del mondo,levandosi prima per timore della pena. E perchéle tribolazioni del mondo alcuna volta lo' favenire a tedio loro medesimi, però lo' comincia adispiacere. Se essi exercitano questo timore collume della fede, passaranno a l'amore delle virtú.

Ma alquanti sonno che vanno con tantatepidezza che spesse volte vi ritornano dentro,però che poi che sonno gionti alla [95] riva,giognendo e' venti contrari, sonno percossi dafonde del mare tempestoso di questa tenebrosavita. Se giogne il vento della prosperità, nonessendo salito, per sua negligenzia, el primoscalone (cioè con l'affetto suo e con l'amore dellavirtú), egli vòlle il capo indietro a le delizie condisordinato dilecto. E se viene il vento d'aversità,si vòlle per impazienzia, perché non ha odiata lacolpa sua per l'offesa che ha fatta a me, ma pertimore della propria pena la quale se ne vedeseguitare, col quale timore s'era levato dalvomito : perché ogni cosa di virtú vuoleperseveranzia ; e non perseverando, non viene ineffetto del suo desiderio, cioè di giognere al fineper lo quale egli cominciò, al quale, nonperseverando, non giogne mai. E però è bisognola perseveranzia a volere compire il suo desiderio.

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Hotti detto che costoro si vòllono secondo e'diversi movimenti che lor vengono : o in loromedesimi, impugnando la loro propria sensualitàcontra lo spirito ; o dalle creature, vollendosi aloro o con disordinato amore fuore di me, o perimpazienzia per ingiuria che ricevono da loro ; oda le dimonia, con molte e diverse battaglie.Alcuna volta con lo spregiare per farlo venire aconfusione, dicendo : – Questo bene che tu haicominciato non ti vale per li peccati e difetti tuoi.– E questo fa per farlo tornare indietro e farlilassare quello poco de l’exercizio che egli hapreso. Alcuna volta col diletto, cioè con lasperanza che egli piglia della misericordia mia,dicendo : – A che ti vuogli affadigare ? Gòdetiquesta vita, e nella extremità della vita,cognoscendo te, riceverai misericordia. – E perquesto modo el dimonio lo' fa perdere il timorecol quale avevano cominciato.

Per tutte queste e molte altre cose vòllono elcapo indietro e non sonno constanti néperseveranti. E tutto l’adiviene perché la radice del'amore proprio non è punto divelta in loro, eperò non sonno perseveranti ; ma ricevono congrande presumpzione la misericordia con lasperanza, la quale pigliano ma non come ladebbono pigliare, ma ignorantemente ; e comepresumptuosi sperano nella misericordia mia, laquale continuamente è offesa da loro. [96]

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Non ho data né do la misericordia perché essioffendano con essa, ma perché con essa sidifendano dalla malizia del dimonio e disordinataconfusione della mente. Ma essi fanno tutto elcontrario, ché col braccio della misericordiaoffendono ; e questo l'adiviene perché non hannoexercitata la prima mutazione che essi fecerolevandosi, con timore della pena e impugnati dallaspina delle molte tribulazioni, dalla miseria delpeccato mortale. Unde, non mutandosi, nongiongono a l'amore delle virtú ; e però non hannoperseverato. L'anima non può fare che non simuti ; unde, se ella non va innanzi, si tornaindietro. Si che questi cotali, non andando innanzicon la virtú (levandosi da la imperfeczione deltimore e giognendo a l'amore), bisogno è chetornino adietro.

CAPITOLO L. COME QUESTA ANIMA VENNE INGRANDE AMARITUDINE PER LA CECHITÀ DI QUELLI CHE S'ANNEGAVANO GIÚ PER LO FIUME.

Alora quella anima ansietata di desiderio,considerando la sua e ('altrui imperfeczione,adolorata d'udire e vedere tanta ciechità dellecreature, e avendo veduto che tanta era la bontádi Dio che neuna cosa aveva posta in questa vitache fusse impedimento, in qualunque stato sifusse, a la sua salute, ma tucte ad exercitamento ea provazione della virtú, e nondimeno, con tuctoquesto, per lo proprio amore e disordinato

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affecto, n'andavano giú per lo fiume noncorreggendosi, vedevali giognere a l'etternadannazione.

E molti di quelli che v'erano, checominciavano, tornavano a dietro per la cagioneche udita aveva da la dolce bontá di Dio, cheaveva degnato di manifestare se medesimo a lei. Eper questo stava in amaritudine. E fermando essal'occhio de l' intellecto nel Padre etterno, diceva :– O amore inextimabile, grande è l'inganno delletue creature ! Vorrei che, quando piacesse a la tuabontá, tu piú distinctamente mi spianassi e' trescaloni [97] figurati nel corpo de l'unigenito tuoFigliuolo ; e che modo essi debbono tenere perescire al tucto del pelago e tenere la via dellaVerità tua, e chi sonno coloro che salgono lascala.

CAPITOLO LI. COME I TRE SCALONI FIGURATI NEL PONTE GIÁ DECTO, CIOÈ NEL FIGLIUOLO DI DIO, SIGNIFICANO LE TRE POTENZIE DELL'ANIMA.

Alora, raguardando la divina bontá conl'occhio della sua misericordia el desiderio e lafame di quella anima, diceva : – Dilectissimafigliuola mia, Io non so' spregiatore del desiderio,anco so' adempitore de' sancti desidèri. E però Ioti voglio dichiarare e mostrare di quel che tu midimandi.

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Tu mi dimandi ch' Io ti spiani la figura de' trescaloni e che Io ti dica che modo hanno a tenerea potere escire del fiume e salire il ponte. Eponiamo che di sopra, contiandoti lo 'nganno eciechità de l'uomo e come in questa vita gustanol'arra de l'inferno, si come martiri del dimonio, ericevono l'etterna dannazione (de' quali Io ticontiai el fructo loro che essi ricevono delle loromale operazioni) ; e narrandoti queste cose, timostrai e' modi che dovevano tenere :nondimeno ora piú a pieno tel dichiararò,satisfacendo al tuo desiderio.

Tu sai che ogni male è fondato ne l'amoreproprio di sé, el quale amore è una nuvila chetolle el lume della ragione ; la quale ragione tienein sé el lume della fede, e non si perde l'uno chenon si perda l'altro.

L'anima creai lo a la imagine e similitudinemia, dandole la memoria, lo 'ntellecto e lavolontà. L'intellecto è la piú nobile parte del'anima : esso intellecto è mosso da l’affecto, el’intellecto notrica l'affecto. E la mano de l'amore,cioè l'affecto, empie la memoria del ricordamentodi me e de' benefizi che ha ricevuti. El qualericordamento el fa sollicito e non negligente ;fallo grato e none scognoscente. Si che l'unapotenzia porge a l'altra, e cosí si notrica l'animanella vita della grazia. [98]

L'anima non può vivere senza amore, masempre vuole amare alcuna cosa, perché ella è

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fatta d'amore, però che per amore la creai. E peròti dixi che l'affetto moveva lo 'ntellecto, quasidicendo : – Io voglio amare, però che ‘l cibo diche io mi notrico si è l'amore. – Alora lo'ntellecto, sentendosi svegliare da l’affecto, si leva,quasi dica : – Se tu vuoli amare, io ti darò benequello che tu possa amare. – E subbito si leva,speculando la dignità de l'anima, e la indegnitànella quale è venuta per la colpa sua. Nella dignitàde l'essere gusta la inextimabile mia bontá e caritáincreata con la quale Io la creai, e in vedere la suamiseria truova e gusta la misericordia mia, che permisericordia l'ho prestato el tempo e tratta dellatenebre.

Alora l'affetto si notrica in amore, aprendo labocca del sancto desiderio, con la quale mangiaodio e dispiacimento della propria sensualità, untadi vera umilità, con perfetta pazienzia, la qualetrasse de l'odio sancto. Concepute le virtú elle siparturiscono perfettamente e imperfettamente,secondo che l'anima exercita la perfeczione in sé,si come di sotto ti dirò.

Cosí per lo contrario, se l'affetto sensitivo simuove a volere amare cose sensitive, l'occhio del'intelletto a quello si muove, e ponsi per obiettosolo cose transitorie, con amore proprio, condispiacimento della virtú e amore del vizio ; undetraie superbia e impazienzia. La memoria nons'empie d'altro che di quello che le porge l'affetto.Questo amore ha abbaccinato l'occhio, che non

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discerne né vede se non cotali chiarori. Questo èil chiarore suo : che lo'ntellecto ogni cosa vede el'affetto ama con alcuna chiarezza di bene e didiletto ; e se questo chiarore non avesse, nonoffendarebbe, perché l'uomo di sua natura nonpuò desiderare altro che bene. Si che il vizio ècolorato col colore del proprio bene, e peròoffende l'anima. Ma perché l'occhio non discerneper la ciechità sua, non cognosce la veritá ; e peròerra cercando el bene e i diletti colà dove nonsonno.

Già t'ho detto ch'e' diletti del mondo senzame sonno tutti spine piene di veleno ; si che èingannato l'intelletto nel suo vedere e la volontàne l'amare (amando quel che non die) e [99] lamemoria nel ritenere. Lo 'ntellecto fa come illadro che imbola l'altrui ; e cosí la memoria ritieneil ricordamento continuo di quelle cose che sonnofuore di me : e per questo modo l'anima si privadella grazia.

Tanta è l'unità di queste tre potenzie del'anima, che Io non posso essere offeso da l'unache tutte non m'offendano. Perché l'una porge al'altra, si com' Io t'ho detto, el bene e ‘l male,secondo che piace al libero arbitrio. Questo liberoarbitrio è legato con l'affetto, e però el muovesecondo che gli piace, o con lume di ragione osenza ragione. Voi avete la ragione legata in me,colà dove el libero arbitrio con disordinato amorenon vi tagli ; e avete la legge perversa, che sempre

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impugna contra lo spirito. Avete dunque due partiin voi, cioè la sensualità e la ragione. La sensualitàè serva, e però è posta perché ella serva a l'anima,cioè che con lo strumento del corpo proviate edexercitiate le virtú.

L'anima è libera (liberata da la colpa nelsangue del mio Figliuolo), e non può esseresignoreggiata se ella non vuole consentire con lavolontà, la quale è legata col libero arbitrio ; eesso libero arbitrio si fa una cosa con la volontà,acordandosi con lei. Egli è legato in mezzo fra lasensualità e la ragione ; e a qualunque egli si vuolevoliere, si può. È vero che, quando l'anima si recaa congregare con la mano del libero arbitrio lepotenzie sue nel nome mio, si come detto t'ho,alora sonno congregate tutte l'operazioni che fa lacreatura, temporali e spirituali. E il libero arbitrioalora si scioglie da la propria sensualità e legasicon la ragione. Io alora, per grazia, mi riposo nelmezzo di loro. E questo è quello che dixe la miaVerità, Verbo incarnato, dicendo : « Quandosaranno due o tre o piú congregati nel nome mio,lo sarò nel mezzo di loro ». E cosí è la veritá. Egiá ti dixi che neuno poteva venire a me se nonper lui, e però n'avevo facto ponte con trescaloni ; e' quali tre scaloni figurano tre stati del'anima, si come di sotto ti narrarò. [100]

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CAPITOLO LII. COME, SE LE PREDECTE TRE POTENZIE DELL'ANIMA NON SONO UNITE INSIEME, NON SI PUÒ AVERE PERSEVERANZIA, SENZA LA QUALE NEUNO GIOGNE AL TERMINE SUO.

– Hotti spianata la figura de' tre scaloni ingenerale per le tre potenzie de l'anima, le qualisonno tre scale, e non si può salire l'una senzal'altra, a volere passare per la doctrina e pontedella mia Verità. Né non può l'anima, se non haunite queste tre potenzie insieme, avereperseveranzia. Della quale perseveranzia Io ti dixidi sopra, quando tu mi dimandasti del modo chedovessero tenere questi andatori a escire delfiume e che lo ti spianasse meglio e' tre scaloni ; eIo ti dixi che senza la perseveranzia neuno potevagiognere al termine suo.

Due termini sonno, e ogniuno richiedeperseveranzia : cioè il vizio e la virtú. Se tu vuoligiognere a vita, ti conviene perseverare nellavirtú ; e chi vuole giognere a morte etternalepersevera nel vizio. Si che con perseveranzia siviene a me che so' vita, e al dimonio a gustarel'acqua morta.

CAPITOLO LIII. EXPOSIZIONE SOPRA QUELLA PAROLA CHE DIXE CRISTO : « CHI HA SETE VENGA AD ME E BEIA ».

– Voi sète tucti invitati generalmente eparticularmente da la mia Verità, quando gridava

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nel Tempio per ansietato desiderio dicendo :« Chi ha sete venga a me e beia, però che Io so'fonte d'acqua viva ». Non dixe : « Vada al Padre ebeia » ; ma dixe : « Venga a me ». Perché ? peròche in me, Padre, non può cadere pena ; ma si nelmio Figliuolo. E voi, mentre che sète peregrini eviandanti in questa vita mortale, non poteteandare senza pena ; perché per lo peccato la terragerminò spine, si come decto è. [101]

E perché dixe : « Venga a me e beia » ?Perché, seguitando la doctrina sua, o per la via de'comandamenti co' consigli mentali, o de'comandamenti co' consigli actuali (cioè d'andareo per la caritá perfecta, o per la caritá comune, sicome di sopra ti dissi), per qualunque modo chevoi passiate per andare a lui, cioè seguitando lasua doctrina, voi trovate che bere, trovando egustando el fructo del Sangue per l'unione dellanatura divina unita nella natura umana. Etrovandovi in lui, vi trovate in me, che so' marepacifico ; perché so' una cosa con lui, e egli è unacosa con meco. Si che voi sète invitati a la fontede l'acqua viva della grazia.

Convienvi tenere per lui, che v'è facto ponte,con perseveranzia. Si che neuna spina né ventocontrario né prosperità né adversità né altra pena,che poteste sostenere, vi debba fare vòllere ilcapo a dietro ; ma dovete perseverare infino chetroviate me, che vi do acqua viva, che ve la do per

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mezzo di questo dolce e amoroso Verbounigenito mio Figliuolo.

Ma perché disse : « Io so' fonte d'acquaviva » ? Però che egli fu la fonte la qualeconteneva me, che do acqua viva, unendosi lanatura divina con la natura umana. Perché dixe :« Venga a me e beia » ? Però che non potetepassare senza pena, e in me non cadde pena, masi in lui ; e però che di lui lo vi feci ponte, neunopuò venire a me se non per lui. E cosí dixe egli :« Neuno può andare al Padre se non per me ».Cosí disse veritá la mia Verità.

Ora hai veduto che via elli vi conviene teneree che modo : cioè con perseveranzia. E altrimentinon bereste, però che ella è quella virtú che ricevegloria e corona di victoria in me, Vita durab'ile.[102]

CAPITOLO LIV. CHE MODO DEBBA TENERE GENERALMENTE OGNI CREATURA RAZIONALE PER POTERE ESCIRE DEL PELAGO DEI MONDO E ANDARE PER LO PREDECTO SANCTO PONTE.

– Ora ti ritorno a' tre scaloni per li quali viconviene andare a volere uscire del fiume e nonannegare, e giognere a l'acqua viva a la quale sèteinvitati, e a volere che Io sia in mezzo di voi. Peròche alora, ne l'andare vostro, Io so' nel mezzo,che per grazia mi riposo ne l'anime vostre.

Convienvi dunque, a volere andare, averesete ; però che solo coloro che hanno sete sonno

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invitati, dicendo : « Chi ha sete venga a me, ebeia ». Chi non ha sete non persevera ne l'andare :però che o egli si ristà per fadiga, o egli si ristà perdilecto, né non si cura di portare el vaso con cheegli possa actègnare. Né non si cura d'avere lacompagnia ; e solo non può andare. E però vòlleil capo indietro quando vede giognere alcunapuntura di persecuzioni, perché se n'è factonemico. Teme, perché egli è solo ; ma, se eglifusse acompagnato, non temarebbe. Se avessesaliti e' tre scaloni, sarebbe sicuro, perché nonsarebbe solo.

Convienvi dunque avere sete e congregarviinsieme, si come dixe : o due o tre o piú. Perchédixe « o due o tre » ? perché non sono due senzatre, né tre senza due, né tre né due senza piú. Unoè schiuso che Io sia in mezzo di lui, perché nonha seco compagno si che Io possa stare in mezzo,e non è cavelle ; però che colui, che sta ne l'amoreproprio di sé, è solo perché è separato dalla graziamia e dalla caritá del proximo suo. Ed essendoprivato di me per la colpa sua, torna a noncavelle, perché solo Io so' Colui che so'. Si checolui che è uno, cioè sta solo ne l'amore propriodi sé, non è conciato da la mia Verità né accepto ame.

Dice dunque : « Se saranno due o tre o piúcongregati nel nome mio, lo sarò nel mezzo diloro ». Díxiti che due non [103] erano senza tre,né tre senza due ; e cosí è. Tu sai che i

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comandamenti della Legge stanno solamente indue, e senza questi due neuno se ne observa : cioèd'amare me sopra ogni cosa, e il proximo come temedesima. Questo è il principio e mezzo e finede' comandamenti della Legge.

Questi due non possono essere congregatinel nome mio senza tre, cioè senza lacongregazione delle tre potenzie de l'anima, cioèla memoria, lo 'ntellecto e la volontà ; si che lamemoria ritenga i benefizi miei, e la mia bontá insé ; e l' intellecto raguardi ne l'amore ineffabile, ilquale Io ho mostrato a voi col mezzo del'unigenito mio Figliuolo, el quale ho posto perobiecto a l'occhio de l'intellecto vostro, acciò chein lui raguardi el fuoco della mia carità ; e lavolontà alora sia congregata in loro, amando edesiderando me, che so' suo fine.

Come queste tre virtú e potenzie de l'animasonno congregate, Io so' nel mezzo di loro pergrazia. E perché alora l'uomo si truova pieno dellacaritá mia e del proximo suo, subbito si truova lacompagnia delle molte e reali virtú. Alora l’apetitode l'anima si dispone ad avere sete. Sete, dico,della virtú, de l'onore di me e salute de l'anime ; eogni altra sete è spenta e morta in loro ; e vasicuramente senza alcuno timore servile, salito loscalone primo de l’affecto. Perché l’affecto,spogliatosi del proprio amore, saglie sopra di sé esopra le cose transitorie, amandole e tenendole, se

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egli le vuole tenere, per me e non senza me, cioècon sancto e vero timore, e amore della virtú.

Alora si truova salito el secondo scalone, cioèal lume de l'intellecto, el quale si specula nel'amore cordiale di me, in Cristo crocifixo in cui,come mezzo, lo ve l'ho mostrato. Alora truova lapace e la quiete, perché la memoria s'è impíta enon è vòtia della mia caritá. Tu sai che la cosavòtia toccandola bussa, ma quando.ella è pienanon fa cosí. Cosí, quando è piena la memoria collume de l'intellecto, e con l'affecto pieno d'amore,muovelo con tribulazioni o con delizie delmondo, egli non bussa con disordinataallegrezza ; e non bussa per impazienzia, perchéegli è pieno di me che so' ogni bene. [104]

Poi che è salito, egli si truova congregato ;ché, possedendo la ragione e' tre scaloni delle trepotenzie de l'anima, come decto t'ho, l'hacongregate nel nome mio. Congregati e' due, cioèl'amore di me e del proximo, e congregata lamemoria a ritenere e lo 'ntellecto a vedere e lavolontà ad amare, l'anima si truova acompagnatadi me che so' sua fortezza e sua securtà. Truova lacompagnia delle virtú ; e cosí va e sta secura,perché so' nel mezzo di loro.

Alora si muove con ansietato desiderio,avendo sete di seguitare la via della Verità, per laquale via truova la fonte de l'acqua viva. Per lasete che egli ha de l'onore di me e salute di sé edel proximo, ha desiderio della via, però che

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senza la via non si potrebe giognere. Alora va eporta el vaso del cuore vòtio d'ogni affecto ed'ogni amore disordinato del mondo. E subitoche egli è vòtio, s'empie, perché neuna cosa puòstare vòtia ; unde, se ella non è piena di cosamateriale, ed ella s'empie d'aria. Cosí el cuore èuno vasello che non può stare vòtio ; ma, subitoche n'ha tracte le cose transitorie per disordinatoamore, è pieno d'aria, cioè di celestiale e dolceamore divino, col quale giogne a l'acqua dellagrazia : unde gionto che è, passa per la porta diCristo crocifixo e gusta l'acqua viva, trovandosi inme che so' mare pacifico.

CAPITOLO LV. REPETIZIONE IN SOMMA D'ALCUNE COSE GIÁ DETTE.

– Ora t'ho mostrato che modo ha a teneregeneralmente ogni creatura che ha in sé ragione,per potere escire del pelago del mondo e per nonannegare e giognere a l’etterna dannazione. Ancot'ho mostrato e' tre scaloni generali, ciò sonno letre potenzie de l'anima, e che neuno ne può salireuno che non li salga tucti. E hotti decto sopraquella parola che disse la mia Verità : « Quandosaranno due o tre o piú congregati nel nomemio », come questa è la congregazione di questitre scaloni, cioè [105] delle tre potenzie del'anima. Le quali tre potenzie acordate hanno secoe' due principali comandamenti della Legge : cioè

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la carità mia e del proximo tuo, cioè d'amare mesopra ogni cosa, e’l proximo come te medesima.

Alora, salita la scala, cioè congregate nelnome mio, come decto t'ho, subito ha sete del'acqua viva. E allora si muove e passa su per loponte, seguitando la doctrina della mia Verità, cheè esso ponte. Alora voi corrite doppo la voce suache vi chiama, si come di sopra ti dixi ; che,gridando, nel tempio v'invitava, dicendo : « Chiha sete venga a me e beia, che so' fonte d'acquaviva ». Hotti spianato quel che egli voleva dire ecome si debba intendere, acciò che tu meglio abbicognosciuta l’abondanzia della mia carità, e laconfusione di- coloro che a dilecto pare checorrano per la via del dimonio che gl'invita al'acqua morta.

Ora hai veduto e udito di quello che midimandavi, cioè del modo che si debba tenere pernon annegare. E hotti decto che ‘l modo èquesto : cioè di salire per lo ponte. Nel qualesalire sonno congregati e uniti insieme, standonella dileczione del proximo, portando el cuore el’affecto suo come vasello a me, che do bere a chime l'adimanda, e tenendo per la via di Cristocrocifixo con perseveranzia infino a la morte.

Questo è quel modo che tucti dovete tenerein qualunque stato l'uomo si sia, però che neunostato lo scusa che egli nol possa fare e che non ildebba fare ; anco el può fare e debbalo fare, edènne obligata ogni creatura che ha in sé ragione.

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E neuno si può ritrare, dicendo : – Io ho lo stato,ho' figliuoli, ho altri impacci del mondo ; e perquesto mi ritrago ch'io non séguito questa via. –O per malagevolezza che vi truovino, non ilpossono dire ; però che giá ti dixi che ogni statoera piacevole e accepto a me, purché fusse tenutocon buona e sancta volontà. Perché ogni cosa èbuona e perfecta e facta da me, che so' sommabontá : non sonno create né date da me perchécon esse pigliate la.morte, ma perché n'abbiatevita.

Agevole cosa è, però che neuna cosa è ditanta agevolezza e di tanto dilecto quanto èl'amore. E quello che Io vi richiego [106] non èaltro che amore e dileczione di me e del proximo.Questo si può fare in ogni tempo, in ogni luogo ein ogni stato che l'uomo è, amando e tenendoogni cosa ad laude e gloria del nome mio.

Sai che Io ti dissi che per lo inganno loro,non andando eglino col lume ma vestendosi del'amore proprio di loro, amando e possedendo lecreature e le cose create fuore di me, passanocostoro questa vita crociati, essendo factiincomportabili a loro medesimi. E se essi non silevano per lo modo che decto è, giongono al’ecterna dannazione.

Ora t'ho decto che modo debba tenere ogniuomo generalmente.

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CAPITOLO LVI. COME DIO, VOLENDO MOSTRARE A QUESTA DEVOTA ANIMA CHE I TRE SCALONI DEL SANCTO PONTE SONO SIGNIFICATI

IN PARTICULARE PER LI TRE STATI DELL'ANIMA, DICE CHE ELLA LEVI SÉ SOPRA DI SÉ A RAGUARDARE QUESTA VERITÁ.

– Perché di sopra ti dissi come debbonoandare e vanno coloro che sonno nella caritácomune, ciò sonno quegli che observano icomandamenti e i consigli mentalmente ; ora tivoglio dire di coloro che hanno cominciato asalire la scala e cominciano a volere andare per lavia perfecta, cioè d'observare i comandamenti e iconsigli actualmente in tre stati, e' quali timostrarrò, spianandoti ora in particulare i tregradi e stati de l'anima e tre scaloni, e' quali ti posiin generale per le tre potenzie de l'anima. De'quali l'uno è imperfecto, l'altro è piú perfecto,l'altro è perfectissimo. L'uno m'è servomercennaio, l'altro m'è servo fedele, l'altro m'èfigliuolo, cioè che ama me senza alcuno rispecto.

Questi sonno tre stati che possono essere esonno in molte creature, e sonno in una creaturamedesima. In una creatura sonno e possonoessere quando con perfecta sollicitudine corre perla via predecta exercitando il tempo suo, che da lostato servile giogne al liberale, e dal liberale alfiliale. [107]

Leva te sopra di te e apre l'occhio de l'intellecto tuo, e mira questi perregrini viandanti

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come passano. Alcuni imperfectamente, e alcuniperfectamente per la via de' comandamenti, ealquanti perfectissimamente tenendo edexercitando la via de' consigli. Vedrai unde vienela imperfeczione e unde viene la perfeczione, equanto è l'inganno che l'anima riceve in semedesima perché la radice de l'amore proprionon è dibarbicata. In ogni stato che l'uomo è, gli èbisogno d'ucidere questo amore proprio in sé.

CAPITOLO LVII. COME QUESTA DEVOTA ANIMA, RAGUARDANDO NEL DIVINO SPECCHIO, VEDEVA LE CREATURE ANDARE IN DIVERSI MODI.

Alora quella anima, ansietata d'affocatodesiderio, specolandosi nello specchio dolcedivino, vedeva le creature tenere in diversi modi econ diversi rispecti per giognere al fine loro. Moltivedeva che cominciavano a salire sentendosiimpugnati dal timore servile, cioè temendo lapropria pena. E molti, exercitando el primochiamare, giognevano al secondo ; ma pochi sivedevano giognere a la grandissima perfeczione.

CAPITOLO LVIII. COME EL TIMORE SERVILE, SENZA L'AMORE DE LE VIRTÚ, NON È SUFFICIENTE A DARE VITA ETERNA. E COME LA LEGGE DEL TIMORE E QUELLA DELL'AMORE SONO UNITE INSIEME.

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Alora la bontá di Dio, volendo satisfare aldesiderio de l'anima, diceva : – Vedi tu : costorosi sonno levati con timore servile dal bòmico delpeccato mortale ; ma se essi non si levano conamore della virtú, non è sufficiente il timoreservile a dar lo' vita durabile. Ma l'amore colsancto timore è sufficiente, perché la legge èfondata in amore con timore sancto. [108]

La legge del timore era la legge vecchia che fudata da me a Moisé. La quale era fondatasolamente in timore, perché, commessa la colpa,pativano la pena.

La legge de l'amore è la legge nuova, data dalVerbo de l'unigenito mio Figliuolo ; la quale èfondata in amore. E per la legge nuova non siruppe però la vecchia : anco s'adempí. E cosí dixela mia Verità : « Io non venni a dissolvere la legge,ma adempirla ». E uni la legge del timore conquella de l'amore. Fulle tolto per l'amore laimperfeczione del timore della pena, e rimase laperfeczione del timore sancto, cioè temere solo dinon offendere, non per danno proprio, ma pernon offendere me che so' somma bontá.

Si che la legge imperfecta fu facta perfectacon la legge de l'amore. Poi che venne il carro delfuoco de l'unigenito mio Figliuolo, ci quale recòci fuoco della mia caritá ne l'umanità vostra, conl’abondanzia della misericordia, fu tolta via lapena delle colpe che si commectono : cioè di nonpunirle in -questa vita di subbito che offende, si

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come anticamente era dato e ordinato nella leggedi Moisé di dare la pena subbito che la colpa eracommessa. Ora non è cosí : non bisogna dunquetimore servile. E non è però che la colpa non siapunita, ma è servata a punire (se la persona non lapunisce con perfecta contrizione) ne l'altra vita,separata l'anima dal corpo. Mentre che vive egli,gli è tempo di misericordia ; ma, morto, gli saràtempo di giustizia.

Debbasi dunque levare dal timore servile egiognere a l'amore e sancto timore di me. Altrorimedio non ci sarebbe che elli non ricadesse nelfiume, giognendoli fonde delle tribolazioni e lespine delle consolazioni. Le quali sonno tuctespine che pongono l'anima che disordinatamentel'ama e possiede. [109]

CAPITOLO LIX. COME, EXERCITANDOSI NEL TIMORE SERVILE, EL QUALE È STATO D' INPERFECZIONE (PER LO QUALE S'INTENDE EL PRIMO SCALONE DEL SANCTO PONTE), SI VIENE AL SECONDO, EL QUALE È STATO DI PERFECZIONE.

– Perché lo ti dixi che neuno poteva andareper lo ponte né escire del fiume che non salisse itre scaloni, e cosí è la veritá : che salgono chiimperfectamente e chi perfectamente e chi congrande perfeczione.

Costoro e' quali sonno mossi dal timoreservile hanno salito e congregatisi insieme

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imperfectamente. Cioè che l'anima, avendoveduta la pena che séguita doppo la colpa, saglie econgrega insieme la memoria a trarne ciricordamento del vizio, lo intellecto a vedere lapena sua che per essa colpa aspecta d'avere ; eperò la volontà si muove ad odiarla.

E poniamo che questa sia la prima salita e laprima congregazione, conviensi exercitarla collume de l'intelletto dentro nella pupilla dellasanctissima fede, raguardando non, solamente lapena ma ci frutto delle virtú e l'amore che Io lo'porto ; acciò che salgano con amore co' piei del’affecto, spogliati del timore servile. E facendocosí, diventaranno servi fedeli e non infedeli,servendomi per amore e non per timore. E se conodio s' ingegnaranno di dibarbicare la radice del'amore proprio di loro, se sonno prudenticostanti e perseveranti, vi giongono.

Ma molti sonno che pigliano ci lorocominciare e salire si lentamente, e tanto perspizzicone rendono ci debito loro a me, e contanta negligenzia e ignoranzia, che subbitovengono meno. Ogni piccolo vento gli fa andarea vela e voltare il capo a dietro, perchéimperfectamente hanno salito e preso ci primoscalone di Cristo crocifixo ; e però non giongonoal secondo del cuore. [110]

CAPITOLO LX. DE LA INPERFECZIONE DI QUELLI CHE AMANO E SERVONO DIO PER PROPRIA UTILITA E DILETTO E CONSOLAZIONE.

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Alquanti sonno che sonno fatti servi fedeli,cioè che fedelmente mi servono, senza timoreservile (servendo solo per timore della pena), maservono con amore. Questo amore, cioè di servireper propria utilitá o per diletto o piacere chetruovino in me, è imperfetto. Sai chi lo' ‘ldimostra che l'amore loro è imperfetto ? quandosonno privati della consolazione che trovavano inme. E con questo medesimo amore imperfettoamano el proximo loro : E però non basta nédura l'amore : anco allenta, e spesse volte vienemeno. Allenta inverso di me quando alcuna voltaIo, per exercitargli nella virtú e per levarli dallaimperfeczione, ritrago a me la consolazione dellamente e permetto lo' battaglie e molestie. Equesto fo perché vengano ad perfettocognoscimento di loro, e conoscano loro nonessere, e neuna grazia avere da loro. E nel tempodelle battaglie rifuggano a me, cercandomi ecognoscendomi come loro benefattore, cercandosolo me con vera umilità. E per questo lo' 1 do eritrago da loro la consolazione, ma non la grazia.

Questi cotali alora allentano, voltandosi conimpazienzia di mente. Alcuna volta lassano permolti modi e' loro exercizi, e spesse volte sottocolore di virtú, dicendo in loro medesimi : –Questa operazione non ti vale, – sentendosiprivati della propria consolazione della mente.Questi fa come imperfetto che anco non ha benelevato el panno de l'amore proprio spirituale della

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pupilla de l'occhio della sanctissima fede. Peròche, se egli l'avesse levato in veritá, vedrebbe cheogni cosa procede da me e che una foglia d'arborenon cade senza la mia providenzia ; e che ciò cheIo do e permetto, do per loro sanctificazione,cioè perché abbino el bene e il fine per lo quale lovi creai. [111]

Questo debbono vedere e cognoscere, che Ionon voglio altro che il loro bene, nel sangue del'unigenito mio Figliuolo, nel quale sangue sonnolavati dalle iniquità loro. In esso sangue possonocognoscere la mia veritá, che, per dar lo' vitaetterna, lo gli creai a la imagine e similitudine mia,e ricreai a grazia, col sangue del Figliuolo proprio,loro, figliuoli adoptivi. Ma perché essi sonnoimperfetti, servono per propria utilitá e allentanol'amore del proximo.

E' primi vi vengono meno per timore chehanno di non sostenere pena. Costoro, che sonnoe' secondi, allentano, privandosi de l'utilitá chefacevano al proximo, e ritragono a dietro da lacaritá loro, se si vegono privati della propriautilitá o d'alcuna consolazione che avesserotrovata in loro. E questo l’adiviene perché l'amoreloro non era schietto ; ma, con quellaimperfeczione che amano me (cioè d'amarmi perpropria utilitá), di quello umore amano loro.

Se essi non ricognoscono la loroimperfeczione col desiderio della perfeczione,impossibile sarebbe che non voltassero el capo

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indietro. Di bisogno l'è, a volere vita etterna, cheessi amino senza rispetto : non basta fuggire ilpeccato per timore della pena né abracciare levirtú per rispetto della propria utilitá, però chenon è sufficiente a dare vita etterna ; maconviensi ché si levi del peccato perché essodispiace a me, e ami la virtú per amore di me.

È vero che quasi el primo chiamare generaled'ogni persona è questo ; però che prima èimperfetta l'anima che perfetta. E da laimperfeczione debba giognere a la perfeczione : onella vita mentre che vive, vivendo in virtú colcuore schietto e liberale d'amare me senza alcunorispetto ; o nella morte, riconoscendo la suaimperfeczione con proponimento che, se egliavesse tempo, servirebbe me 'senza rispetto di sé.

Di questo amore imperfetto amava sanctoPietro el dolce e buono Iesú, unigenito mioFigliuolo, molto dolcemente sentendo la dolcezzadella conversazione sua. Ma, venendo el tempodella tribolazione, venne meno ; tornando a tantoinconveniente che, non tanto che egli sostenessepena in sé, ma, cadendo nel primo [112] timoredella pena, el negò, dicendo che mai non l'avevacognosciuto.

In molti inconvenienti cade l'anima che hasalita questa scala solo col timore servile e conl'amore mercennaio. Debbansi adunque levare edessere figliuoli, e servire a me senza rispetto diloro. Benché Io, che so' remuneratore d'ogni

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fadiga, rendo a ciascuno secondo lo stato edexercizio suo. E se costoro non lassano l’exerciziode l'orazione sancta e de l'altre buone operazioni,ma con perseveranzia vadano aumentando lavirtú, giogneranno a l'amore del figliuolo.

E Io amarò loro d'amore filiale, però che conquello amore che so' amato lo, con quello virispondo : cioè che, amando me si come fa elservo el signore, Io come signore ti rendo eldebito tuo, secondo che tu hai meritato. Ma nonmanifesto me medesimo a te, perché le cosesecrete si manifestano a l'amico che è facto unacosa con l'amico suo.

È vero che ‘l servo può crescere per la virtúsua e amore che porta al signore, si che diventaràamico carissimo : cosí è e adiviene di questi cotali.Mentre che stanno nel mercennaio amore, Ionon. manifesto me medesimo a loro ; ma se essicon dispiacimento della loro imperfeczione eamore delle virtú, con odio dibarbicando la radicede l'amore spirituale proprio di se medesimo,salendo sopra la sedia della coscienzia sua,tenendosi ragione, si che non passino e'movimenti, nel cuore, del timore servile e del'amore mercennaio che non sieno corretti collume della sanctissima fede ; facendo cosí, saràtanto piacevole a me, che per questo giognarannoa l'amore de l'amico.

E cosí manifestarò me medesimo a loro, sicome dixe la mia Verità quando disse : « Chi

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m'amará sarà una cosa con meco e Io con loro, emanifestarò me medesimo, e faremo mansioneinsieme ». Questa è la condiczione del carissimoamico, che sonno due corpi e una anima peraffecto d'amore, perché l'amore si transformanella cosa amata. Se elli è facto una anima, neunacosa gli può essere segreta. E però dixe la miaVerità : « Io verrò e faremo mansione insieme ».E cosí è la veritá. [113]

CAPITOLO LXI. IN CHE MODO DIO MANIFESTA SE MEDESIMO ALL'ANIMA CHE L'AMA.

– Sai in che modo manifesto me ne l'animache m'ama in veritá, seguitando la dottrina diquesto dolce ed amoroso Verbo ? In molti modimanifesto la virtú mia ne l'anima, secondo eldesiderio che ella ha.

Tre principali manifestazioni Io fo. La primaè che Io manifesto l'affetto e la caritá mia colmezzo del Verbo del mio Figliuolo ; el qualeaffecto e la quale caritá si manifesta nel Sanguesparto con tanto fuoco d'amore. Questa caritá simanifesta in due modi : l'uno è generalecomunemente a la gente comune, cioè a coloroche stanno nella caritá comune. Manifestasi, dico,in loro vedendo e provando la mia caritá in moltie diversi benefizi che ricevono da me. L'altromodo è particulare a quegli che sonno fatti amici,aggionto alla manifestazione della comune caritá

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che egli gustano e cognoscono e pruovano esentono per sentimento ne l'anime loro.

La seconda manifestazione della caritá è purein loro medesimi, manifestandomi per affectod'amore. None che Io sia acceptatore dellecreature, ma del sancto desiderio ;,manifestandomi ne l'anima in quella perfeczíoneche ella mi cerca. Alcuna volta mi manifesto (equesta è pure la seconda) dando lo' spirito diprofezia, mostrando lo' le cose future. E questo èin molti e in diversi modi, secondo el bisogno chelo vego ne l'anima propria e ne l'altre creature.

Alcuna volta (e questa è la terza) formarònella mente loro la presenzia della mia Verità,unigenito mio Figliuolo, in molti modi, secondoche l'anima appetisce e vuole. Alcuna volta micerca ne l'orazione, volendo cognoscere lapotenzia mia ; e lo le satisfo facendole gustare esentire la mia virtú. Alcuna volta mi cerca nellasapienzia del mio Figliuolo, e Io le satisfoponendolo per obietto a l'occhio de l'intellettosuo. Alcuna volta [114] mi cerca nella clemenziadello Spirito sancto ; e alora la mia bontá le fagustare il fuoco della divina carità, concipendo levere e reali virtú, fondate nella caritá pura delproximo suo.

CAPITOLO LXII. PERCHÉ CRISTO NON DIXE : « IO MANIFESTARTI EL PADRE MIO », MA DIRE : « IO MANIFESTARÒ ME MEDESIMO ».

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– Adunque vedi che la Verità mia disse veritá,dicendo : « Chi m'amará sarà una cosa conmeco » ; però che, seguitando la doctrina sua, peraffecto d'amore sète uniti in lui. Ed essendo unitiin lui, sète uniti in me, perché siamo una cosainsieme ; e cosí manifesto me medesimo a voi,perché siamo una medesima cosa. Unde, se la miaVerità dixe : « Io manifestarò me a voi », dixeveritá ; però che manifestando sé manifestava me,e manifestando me manifestava sé.

Ma perché non disse : « Io manifestarò elPadre mio a voi » ? Per tre cose singulari. Una,perché egli volse manifestare che Io non so'separato da lui, né egli da me ; e però a sanctoFilippo, quando gli disse : « Mostraci el Padre ebasta a noi », disse : « Chi vede me vede il Padre,e chi vede el Padre vede me ». Questo disse, peròche era una cosa con meco, e quello che egliaveva l'aveva da me, e none Io da lui. E peròdisse a' giuderi : « La doctrina mia non è mia, maè del Padre mio che mi mandò ». Perché ilFigliuolo mio procede da me, e non Io da lui. Maben so' una cosa con lui ed egli con meco. Peròadunque non dixe : « Io manifestarò el Padre »,ma dixe : « Io manifestarò me », cioè : « però cheso' una cosa col Padre ».

La seconda fu però che, manifestando sé avoi, non porgeva altro che quel che aveva avutoda me, Padre, quasi volesse elli dire : « El Padreha manifestato sé a me, perch' Io so' una cosa con

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lui. E Io, me e lui, per mezzo di me, manifestarò avoi ».

La terza fu perché Io, invisibile, non possoessere veduto da [115] voi, visibili, se non quandosarete separati da' corpi vostri. Alora vedrete me,Dio, a faccia a faccia, e il Verbo del mio Figliuolointellectualmente di qui al tempo dellaresurreczione generale, quando l'umanità vostra siconformarà e dilectarà ne l'umanità del Verbo, sicome di sopra nel Traciato della resurreczione ticontiai.

Si che me, come Io so', non mi potete vedere.E però velai Io la divina natura col velame dellavostra umanità, acciò che mi poteste vedere. lo,invisibile, mi feci quasi visibile, dandovi el Verbodel mio Figliuolo, velato del velame della vostraumanità. Egli manifesta me a voi ; e però adunquenon disse : « Io manifestarò el Padre », ma disse :« Io manifestarò me a voi », quasi dica : « secondoche m'ha dato el Padre mio, manifestarò me avoi ».

Si che vedi che in questa manifestazione,manifestando sé, manifesta me. Ed anco hai uditoperché egli non disse : « lo manifestarò el Padre avoi », cioè perché a voi nel corpo mortale non èpossibile di vedere me, come decto è, e perchéegli è una cosa con meco.

CAPITOLO LXIII. CHE MODO TIENE L'ANIMA PER SALIRE LO SCALONE SECONDO DEL SANCTO PONTE, ESSENDO GIÁ SALITA EL PRIMO.

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– Ora hai veduto in quanta excellenzia stacolui che è gionto a l'amore de l'amico. Questo hasalito el piè de l'affecto ed è gionto al secreto delcuore, cioè al secondo de' tre scaloni e' qualisonno figurati nel corpo del mio Figliuolo. Díxitiche significati erano nelle tre potenzie de l'anima,e ora tel pongo significare e' tre stati de l'anima.Ora, innanzi ch' Io ti gionga al terzo, ti vogliomostrare in che modo gionse ad essere amico (edessendo facto amico, è facto figliuolo, giognendoa l'amore filiale), e quello che fa essendo factoamico, e in quello che si vede che egli è factoamico. [116]

El primo, cioè come egli è venuto ad essereamico, dicotelo. In prima era imperfecto, essendonel timore servile : exercitandosi e perseverando,venne a l'amore del dilecto e della propria utilitá,trovando dilecto e utilitá in me. Questa è la via, eper questa passa colui che desidera di giognere al'amore perfecto, cioè ad amore d'amico e difigliuolo.

Dico che l'amore filiale è perfecto, però chene l'amore del figliuolo riceve la eredità di me,Padre etterno. E perché amore di figliuolo non èsenza l'amore de l'amico, però ti dixi che d'amicoera facto figliuolo.

Ma che modo tiene a giógnarvi ? Dicotelo.Ogni perfeczione ed ogni virtú procede da lacarità, e la caritá è notricata da l’umilità, e l'umilitàesce del cognoscimento e odio sancto di se

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medesimo, cioè della propria sensualità. Chi cigiogne, conviene che sia perseverante e atia nellacella del cognoscimento di sé ; nel qualecognoscimento di sé cognoscerà la misericordiamia nel sangue de l'unigenito mio Figliuolo,tirando a sé con l'affetto suo la divina mia carità,exercitandosi in extirpare ogni perversa volontàspirituale e temporale, nascondendosi nella casasua. Si come fece Pietro e gli altri discepoli, che,doppo la colpa della negazione che fece del mioFigliuolo, pianse. El suo pianto era ancoraimperfetto : e imperfetto fu infino a doppo e'quaranta di, cioè doppo l'Ascensione, poi che lamia Verità ritornò a me secondo l'umanità sua.Alora si nascosero Pietro e gli altri nella casaaspettando l'a'venimento dello Spirito sancto, sicome la mia Verità aveva promesso a loro.

Essi stavano inserrati per paura, però chesempre l'anima, infino che non giogne al veroamore, teme : ma perseverando in vigilia, in umilee continua orazione infino che ebberol’abondanzia dello Spirito sancto, alora, perduto eltimore, seguitavano e predicavano Cristocrocifixo.

Cosí l'anima che ha voluto o vuole giognere aquesta perfeczione, poi che doppo la colpa delpeccato mortale s'è levata e ricognosciuta sé,comincia a piagnere per timore della pena. Poi sileva a la considerazione della misericordia mia,dove truova dilecto e sua utilitá. E questo è

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imperfetto. E però Io, per farla [117] venire adperfeczione, doppo e' quaranta di (cioè doppoquesti due stati), a ora a ora mi sottraggo dal'anima : non per grazia ma per sentimento.

Questo vi manifestò la mia Verità, quandodixe a' discepoli : « Io andarò e tornarò a voi ».Ogni cosa che egli diceva era detta in particolarea' discepoli, ed era detta in generale ecomunemente a tutti e' presenti e a' futuri, cioè diquelli che dovevano venire. Disse : « lo andarò etornarò a voi » ; e cosí fu : ché, tornando loSpirito sancto sopra e' discepoli, tornò Egli,perché, come di sopra ti dixi, lo Spirito sanctonon tornò solo, ma venne con la potenzia mia econ la sapienzia del Figliuolo (che è una cosa conmeco), e con la clemenzia sua d'esso Spiritosancto, el quale procede da me, Padre, e dalFigliuolo.

Or cosí ti dico : che, per fare levare l'animadalla imperfeczione, lo mi sottraggo, persentimento, privandola della consolazione diprima. Quando ella era nella colpa del peccatomortale, ella si parti da me, ed Io sottraxi la graziaper la colpa sua, perché essa aveva serrata la portadel desiderio ; unde il sole della grazia n'escifuore, non per difetto del sole, ma per dilectodella creatura, che serrò la porta del desiderio.Ricognoscendo sé e la tenebre sua, apre lafinestra, vomitando el fracidume per la sanctaconfessione. Io alora per grazia so' tornato ne

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l'anima, e ritraggomi da lei non per grazia ma persentimento, come detto è. Questo fo per farlaumiliare e per farla exercitare in cercare me inveritá, e per provarla nel lume della fede, perchéella venga a prudenzia. Alora, se ella ama senzarispetto, con viva fede e con odio di sé, gode neltempo della fadiga, reputandosi indegna dellapace e quiete della mente. E questa è la secondacosa delle tre, delle quali Io ti dicevo, cioè dimostrare in che modo viene ad perfeczione, e chefa quando ella è gionta.

Questo è quel che fa : che, perché ella sentach' Io sia ritratto a me, non volta el capo a dietro ;anco persevera con umilità ne l’exercizio suo, esta serrata nella casa del cognoscimento di sé. Eine con fede viva aspetta l’avenimento delloSpirito sancto, cioè me, che so' esso fuoco dicaritá. Come aspetta ? non oziosa, ma in vigilia econtinua e sancta orazione. E non [118]solamente la vigilia corporale, ma la vigiliaintellectuale, cioè che l'occhio de l' intellecto nonsi serra, ma col lume della fede veghia-,extirpando con odio le cogitazioni del cuore ;veghiando ne l'affecto della mia carità,cognoscendo che Io non voglio altro che la suasanctificazione. E questo n'è certificato nelsangue del mio Figliuolo.

Poi che l'occhio vegghia nel cognoscimentodi me e di sé, òra continuamente con orazione disancta e buona volontà : questa è orazione

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continua. E anco con l'orazione actuale, cioè,dico, facta ne l'actuale tempo ordinatamente,secondo l'ordine della sancta Chiesa.

Questo è quello che fa l'anima che s'è partitadalla imperfeczione e gionta alla perfeczione. Eacciò che ella vi giognesse, mi partii da lei, nonper grazia ma per sentimento.

Partiimi ancora perché ella vedesse ecognoscesse il difecto suo : però che, sentendosiprivata della consolazione, se sente penaafiiiggitiva e sentesi debile e non stare ferma néperseverante, in questo truova la radice de l'amorespirituale proprio di sé. E però l'è materia dicognoscersi e di levarsi sé sopra di sé, salendosopra la sedia della coscienzia sua ; e non lassarepassare quel sentimento che non sia correcto conrimproverio, dibarbicando la radice de l'amoreproprio col coltello de l'odio d'esso amore e conl'amore della virtú.

CAPITOLO LXIV. COME, AMANDO DIO INPERFECTAMENTE, INPERFECTAMENTE S'AMA EL PROXIMO. E DE' SEGNI DI QUESTO AMORE INPERFECTO.

– E voglio che tu sappi che ogniinperfeczione e perfeczione si manifesta es'acquista in me ; e cosí s'acquista e manifesta nelmezzo del proximo. Bene il sanno e' semplici, chespesse volte amano le creature di spirituale amore.Se l'amore di me ha ricevuto schiectamente senza

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alcuno rispecto, schiectamente beie l'amore delproximo suo, si come il vasello che [119] s'empienella fonte : che, se nel traie fuore, beiendo, elvasello rimane vòtio ; ma se egli el beie stando elvasello nella fonte, non rimane vòto, ma sempresta pieno. Cosí l'amore del proximo, spirituale etemporale, vuole essere beiuto in me, senzaalcuno rispecto.

Io vi richiegio che voi m'amiate di quelloamore che Io amo voi. Questo non potete fare ame, però che Io v'amai senza essere amato. Ogniamore, che voi avete a me, m'avete di debito enon di grazia, però che ‘l dovete fare. E Io amovoi di grazia e non di debito. Adunque a me nonpotete rendere questo amore che lo vi richiego ; eperò v'ho posto el mezzo del proximo vostro,acciò che faciate a lui quello che non potete fare ame, cioè d'amarlo senza veruno respecto, digrazia e senza aspectarne alcuna utilitá. E ioreputo che faciate a me quello che fate allui.

Questo mostrò la mia Verità dicendo aPavolo, quando mi perseguitava : « Saulo, Saulo,perché mi perseguiti ? ». Questo diceva,reputando che Pavolo perseguitasse meperseguitando e' miei fedeli.

Si che vuole essere schiecto questo amore. Econ quello amore, che voi amate me, doveteamare loro. Sai a che se n'avede che egli non èperfecto colui che ama di spirituale amore ? Se sisente pena afìiiggitiva quando non gli pare che la

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creatura, che egli ama, satisfaccia a l'amore suo,non parendogli essere amato quanto gli pareamare. Ovvero che egli si vega sottrare laconversazione, o privare della consolazione, ovedendo amare un altro piú di lui.

A questo e a molte altre cose se ne potràavedere che questo amore in me e nel proximo èancora imperfecto, e che questo vasello è beiutofuore della fonte : poniamo che l'amore abbitracto da me. Ma perché in me l'aveva ancoraimperfecto, però imperfecto el mostra in coluiche ama di spirituale amore. Tucto procedeperché la radice de l'amore proprio spirituale nonera bene dibarbicata.

E però Io permecto spesse volte che pongaquesto amore, perché cognosca sé e la suaimperfeczione per lo modo detto. [120] Esottragomi, per sentimento, da lei, perché essa sirinchiuda nella casa del cognoscimento di sé,dove acquistarà ogni perfeczione. E poi Io tornoin lei con piú lume e cognoscimento della miaveritá, in tanto che si reputa a grazia di potereuccidere la propria volontà per me. E non si ristàmai di potare la vigna de l'anima sua, e di divellerele spine delle cogitazioni, e ponere le pietre dellevirtú fondate nel sangue di Cristo crocifixo, lequali ha trovate ne l'andare per lo ponte di Cristocrocifixo, unigenito mio Figliuolo. Si com' Io tidixi, se bene ti ricorda, che sopra del ponte, cioèdella doctrina della mia Verità, erano le pietre

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fondate in virtú del sangue suo, perché le virtúhanno dato vita a voi in virtú del Sangue.

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TRACTATO DELL'ORAZIONE

CAPITOLO LXV. DEL MODO CHE TIENE L'ANIMA PER GIOGNERE AD L'AMORE SCHIETTO E LIBERALE. E QUI COMINCIA EL TRACTATO DELL'ORAZIONE.

– Poi che l'anima è intrata dentro passandoperla doctrina di Cristo crocifixo, con vero amoredella virtú e odio del vizio, con perfectaperseveranzia, gionta a la casa del cognoscimentodi sé, sta serrata in vigilia e continua orazione,separata al tucto da la conversazione del secolo.

Perché si rinchiuse ? Per timore,cognoscendo la sua imperfeczione, e perdesiderio che ha di giognere a l'amore schiecto eliberale. E perché vede bene e cognosce che peraltro modo non vi può giognere, però aspecta confede viva l'avenimento di me per acrescimento digrazia in sé.

In che si cognosce la fede viva ? Nellaperseveranzia della virtú, non vollendo el capo adietro per veruna cosa che sia, né levarsi dal'orazione sancta per veruna cosa che sia : guardagiá che non fusse per obbedienzia o per carità ;altrimenti non debba partirsi da l'orazione. Peròche spesse volte, nel tempo ordinato del'orazione, el dimonio giogne con le moltebattaglie e molestie piú che quando si truovafuore de l'orazione. Questo fa per farle venire atedio l'orazione sancta, dicendo spesse volte : –

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Questa orazione non ti vale, però che tu nondebbi pensare altro né actendere ad altro che aquel che tu dici. – Questo le fa vedere il dimonioperché ella venga a tedio e a confusione di mente,e lassi l'exercizio de l'orazione. La quale è unaarme con che l'anima si difende da ogniadversario, tenuta con la mano de l'amore e colbraccio del libero arbitrio, difendendosi con essaarme col lume della sanctissima fede. [124]

CAPITOLO LXVI. QUI, TOCCANDO ALCUNA COSA DEL SACRAMENTO DEL CORPO DI CRISTO, DA PIENA DOCTRINA COME L'ANIMA VENGA DA L'ORAZIONE VOCALE A LA MENTALE ; E NARRA QUI UNA VISIONE CHE QUESTA DEVOTA ANIMA EBBE UNA VOLTA.

– Sappi, figliuola carissima, che ne l'orazioneumile e con. tinua e fedele, con veraperseveranzia acquista l'anima ogni virtú. E peròdebba perseverare e non lassarla mai, né perillusione di dimonio né per propria fragilità (cioèper pensiero o movimento che venisse nellapropria carne sua) né per detto di creatura, chéspesse volte si pone il dimonio sopra le lingueloro, facendo lo' favellare parole che hanno aimpedire la sua orazione. Tutte le debba passarecon la virtú della perseveranzia. Oh ! quanto èdolce a quella anima, e a me è piacevole la sanctaorazione fatta nella casa del cognoscimento di sée nel cognoscimento di me, aprendo l'occhio de

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l'intelletto col lume della fede e con l'affetto nel’abbondanzia della mia caritá !

La quale caritá v'è fatta visibile per lo visibileunigenito mio Figliuolo, avendovela mostrata colsangue suo. El quale sangue inebbria l'anima evestela del fuoco della divina carità, e dalle il cibodel sacramento (el quale v'ho posto nella bottigadel corpo mistico della sancta Chiesa) del Corpo edel Sangue del mio Figliuolo tutto Dio e tuttouomo, dandolo a ministrare per le mani del miovicario, el quale tiene la chiave di questo sangue.

Questa è quella bottiga, della quale ti fecimenzione, che stava in sul ponte per dare il cibo econfortare e' viandanti e perregrini che passanoper la dottrina della mia Verità, acciò che perdebilezza non vengano meno. Questo ciboconforta poco e assai, secondo el desiderio dicolui che ‘l piglia, in qualunque modo el piglia, osacramentalmente o virtualmente.Sacramentalmente è quando si comunica delsancto Sacramento ; [125] virtualmente ècomunicandosi per sancto desiderio : si perdesiderio della comunione, e si perconsiderazione del sangue di Cristo crocifixo,cioè comunicandosi sacramentalmente del’affecto della carità, la quale ha gustata e trovatanel Sangue, ci quale vede che per amore fu sparto.E però vi s'inebria e'vi s'accende per sanctodesiderio, e vi si sazia trovandosi piena solo dellacaritá mia e del proximo suo.

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Questo dove l'acquistò ? Nella casa delcognoscimento di sé, con sancta orazione, doveperdé la imperfeczione. Si come i discepoli ePietro perdéro (stando dentro in vigilia eorazione) la imperfeczione loro e acquistàro laperfeczione. Con che ? con la perseveranziacondita con la sanctissima fede.

Ma non pensare che riceva tanto ardore enutrimento da questa orazione solamente conorazione vocale, si come fanno molte anime, chela loro orazione è di parole piú che d'affetto. Lequali non pare che attendano ad altro se none incompire e' molti salmi e dire i molti paternostri. Ecompito el numero che si sonno proposti di dire,non pare che pensino piú oltre. Pare che ponganoaffetto e attenzione a l'orazione solo nel direvocalmente : ed egli non si vuole fare cosí ; peròche, non facendo altro, poco frutto ne tragono, epoco è piacevole a me.

Ma se tu mi dici : – Debbasi lassare starequesta, ché tutti non pare che siano tratti al'orazione mentale ? – No, ma debba andare colmodo, ché Io so bene che, come l'anima è primaimperfetta che perfetta, cosí è imperfetta la suaorazione. Debba bene, per non cadere ne l'ozio,quando è ancora imperfetta, andare conl'orazione vocale ; ma non debba fare l'orazionevocale senza la mentale : cioè che, mentre chedice, s'ingegni di levare e dirizzare la mente sua nel'affetto mio, con la considerazione comunemente

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de' difetti suoi e del sangue de l'unigenito mioFigliuolo, dove truova la larghezza della mia caritáe la remissione de' peccati suoi.

E questo debba fare acciò che ‘lcognoscimento di sé e la considerazione de'difetti suoi le faccia cognoscere la mia bontá in sée continuare l'exercizio suo con vera umilità. [126]

Non voglio che siano considerati e' difecti inparticulare, ma in comune, acciò che la mentenon sia contaminata per lo ricordamento de'particulari e ladi peccati. Dicevo che lo nonvoglio ; e non debba avere solo la considerazionede' peccati in comune né in particulare senza laconsiderazione e memoria del Sangue e larghezzadella misericordia, acciò che non venga aconfusione. Ché se ‘l cognoscimento di sé econsiderazione del peccato non fusse condito conla memoria del Sangue e speranza dellamisericordia, starebbe in essa confusione : e conessa, insieme col dimonio che l'ha guidato sottocolore di contrizione e dispiacimento del peccato,giognerebbe a l’etterna dannazione ; nonsolamente per questo, ma perché da questo, nonpigliando el braccio della misericordia mia,verrebbe a disperazione.

Questo è uno de' sottili inganni che ‘ldimonio faccia a' servi miei. E però conviene, pervostra utilitá e per campare l'inganno del dimonioe per essere piacevoli a me, che sempre vidilarghiate il cuore e l'affetto nella smisurata

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misericordia mia con vera umilità. Ché sai che lasuperbia del dimonio non può sostenere la menteumile ; né la sua confusione la larghezza della miabontá e misericordia, dove l'anima in veritá speri.

E però, se ben ti ricorda, quando el dimonioti voleva aterrare per confusione, volendotimostrare che la vita tua fusse stata inganno e nonavere seguitata né fatta la volontà mia, tu allorafacesti quel che tu dovevi fare e che la mia bontáti die' di potere fare (la quale bontá non è nascosaa chi la vuole ricevere), cioè che t'innalzasti nellamisericordia mia con umilità, dicendo : – Ioconfesso al mio Creatore che la vita mia non èpassata altro che in tenebre ; ma io mi nascondarònelle piaghe di Cristo crocifixo e bagnarommi nelsangue suo ; e cosí avarò consumate le iniquitàmie e godarommi, per desiderio, nel mioCreatore.

Sai che alora el dimonio fuggi. E tornandopoi con l'altra, cioè di volerti levare in alto persuperbia, dicendo : – Tu se' perfetta e piacevole aDio ; non bisogna piú che t'affliga né che piangae' difetti tuoi ; – donandoti Io alora el lume,vedesti la via che ti conveniva fare, cioèd'umiliarti ; e rispondesti al [127] dimonio,dicendo : – Miserabile a me ! Giovanni Baptistanon fece mai peccato e fu sanctificato nel ventredella madre, e non dimeno fece tanta penitenzia !E io ho commessi cotanti difecti, e non cominciaimai a cognoscerlo con pianto e vera contrizione,

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vedendo chi è Dio che è offeso da me, e chi so' ioche l'offendo ! –

Allora el dimonio non potendo sostenerel’umilità della mente né la speranza della miabontá, disse a te : – Maladecta sia tu, ché modonon posso trovare con teco ! Se io ti pongoabasso per confusione, e tu ti levi in alto a lamisericordia. E se io ti pongo in alto, e tu ti poniabasso, venendo ne l'inferno per umilità, e introlo 'nferno mi perseguiti. Si che io non tornarò piúa te, però che tu mi percuoti col bastone dellacaritá. –

Debba dunque l'anima condire colcognoscimento della mia bontá el cognoscimentodi sé, e il cognoscimento di me colcognoscimento di sé. A questo modo l'orazionevocale sarà utile a l'anima che la farà, e a me saràpiacevole. E da l'orazione vocale imperfettagiognarà, perseverando con l’exercizio, al'orazione mentale perfetta. Ma se semplicementemira di compire el numero suo, o se per laorazione vocale lassasse l'orazione mentale, nonvi giogne mai.

Alcuna volta sarà l'anima si ignorante che,fattosi el suo proponimento di dire cotanaorazione con la lingua (e io alcuna volta visitarò lamente sua, quando in uno modo e quando in unoaltro : alcuna volta in uno lume di cognoscimentodi sé con una contrizione del difetto suo ; alcunavolta nella larghezza della mia carità ; alcuna volta

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ponendole dinanzi a la mente sua in diversi modi,secondo che piace a me, la presenzia della miaVerità, e secondo che essa anima avessedesiderato), ed ella, per compire il suo numero,lassa la visitazione di me che sente nella mente,quasi per coscienzia che si farà di lassare quelloche ha cominciato.

Non debba fare cosí, però che, facendolo,sarebbe inganno di dimonio ; ma subbito chesente disponere la mente per mia visitazione (permolti modi, come detto è), debba abandonare[128] l'orazione vocale. Poi, passata la mentale, seha tempo, può ripigliare quello che propostos'aveva di dire ; non avendo tenpo non se nedebba curare, né venirne a tedio né confusione dimente. Cosí debba fare. Guarda giá che non fussel’offlzio divino, el quale i cherici e religiosi sonnotenuti e obligati di dire ; e non dicendolo,offendono. Essi debbono infino a la morte direl’offizio suo. E se essi si sentissero, all'ora debitache si debba dire, la mente tracta e levata perdesiderio, si debbano provedere di dirlo innanzi odirlo poi, sí che non trapassi che il debito del'offizio non sia renduto.

D'ogni altra cosa che l'anima cominciasse, ladebba cominciare vocalmente per giognere a lamentale. E sentendosi la mente disposta, la debbalassare per la cagione decta. Questa orazionevocale, facta nel modo che decto t'ho, giognerà adperfeczione ; e però non debba lassare l'orazione

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vocale, per qualunque modo ella è facta, madebba andare col modo che decto t'ho. E cosícon l’essercizio e perseveranzia gustarà l'orazionein veritá e il cibo del sangue de l'unigenito mioFigliuolo. E però ti dixi che alcuno si comunicavavirtualmente del Corpo e del sangue di Cristo,benché non sacramentalmente, cioècomunicandosi de l’affecto della carità, la qualegusta col mezzo della sancta orazione, poco eassai, secondo l’affecto di colui che òra.

Chi va con poca prudenzia, e non con modo,poco truova ; chi con assai, assai truova ; perchéquanto l'anima piú s'ingegna di sciogliere l’affectosuo e legarlo in me col lume de l’ intellecto, piúcognosce : chi piú cognosce piú ama ; piúamando, piú gusta.

Adunque vedi che l'orazione perfecta nons'acquista con molte parole, ma con affecto didesiderio, levandosi in me con cognoscimento disé, condito insieme l'uno con l'altro. Cosíinsiememente avara la vocale e la mentale, perchéelle stanno insieme si come la vita activa e la vitacontemplativa.

Benché in molti e in diversi modi s'intendaorazione vocale o vuoli mentale : perché postot'ho che ‘l desiderio sancto è continua orazione,cioè d'avere buona e sancta volontà. La [129]quale volontà e desiderio si leva al luogo e altempo ordinato actualmente, agionto a quellacontinua orazione del sancto desiderio. E cosí

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l'orazione vocale, stando l'anima nella sanctavolontà, la farà al tempo ordinato ; o alcuna voltafuore del tempo ordinato la fa continua, secondoche gli richiede la caritá in salute del proximo (sicome vede il bisogno e la necessità) e secondo lostato che Io l'ho posto.

Ogniuno, secondo lo stato suo, debbaadoperare in salute de l'anime secondo elprincipio della sancta volontà. Ciò che aduoperavocalmente e actualmente nella salute delproximo è uno orare virtuale : poniamo cheactualmente, a luogo debito, la facci per sé. Efuore della debita orazione sua, ciò che egli fanella caritá del proximo suo, o in sé per exercizioche egli facesse actualmente di qualunque cosa sifusse, è uno orare. Si come disse il glorioso miobanditore di Pavolo, cioè che « non cessa d'orarechi non cessa di bene adoperare ». E però ti dixiche l'orazione si faceva in molti modi se si vedel’actuale unita con la mentale, perché l’actualeorazione facta per lo modo decto è facta conl'affecto della caritá. El quale affecto di caritá è lacontinua orazione.

Ora t'ho decto in che modo si giogne al'orazione mentale, cioè con l'essercizio eperseveranzia e lassando la vocale per la mentalequando lo visito l'anima. E hotti decto quale èl'orazione comune e la vocale comunementefuore del tempo ordinato, e l'orazione della buonae sancta volontà ; e come ogni exercizio in sé e

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nel proximo, che fa con buona volontà, fuore del'ordinato tempo, è orazione. Adunque virilmentel'anima debba speronare se medesima con questamadre de l'orazione. Questo è quello che fal'anima che è rinchiusa in casa del cognoscimentodi sé, gionta a l'amore de l'amico e filiale. E seessa anima non tiene i modi decai, semprerimarrebbe nella tiepidezza e imperfeczione sua.E tanto amarebbe, quanto sentisse dilecto o utilitáin me o nel prossimo suo. [130]

CAPITOLO LXVII. DE LO INGANNO CHE RICEVONO GLI UOMINI MONDANI, E' QUALI AMANO E SERVONO DIO PER PROPRIA CONSOLAZIONE E DILECTO.

– Del quale amore imperfecto ti voglio dire.E non ti voglio tacere uno inganno che in essoamore possono ricevere, nella parte d'amare meper propria consolazione. Unde voglio che tusappi che il servo mio, che imperfectamentem'ama, cerca piú la consolazione, per la quale eglim'ama, che me. E a questo se ne può avedere :che, mancandoli la consolazione o spirituale, cioèdi mente, o consolazione temporale, si turba.

Nelle temporali tocca agli uomini del mondo,che vivono con alcuno acto di virtú, mentre chehanno la prosperità ; e sopravenendo latribulazione, la quale Io do per loro bene, siconturbano in quel poco del bene cheadoperavano. E chi gli dimandasse : – Perché ti

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conturbi ? – rispondarebbero : – Perché aviamoricevuta tribolazione, e quel poco del bene ch'iofacevo mel pare quasi perdere, perché non el focon quel cuore e con quello animo che io facevo,mi pare a me. Questo è per la tribolazione che ioho ricevuta, però che mi pareva piú adoperare, epiú pacificamente col cuore riposato, innanzi cheora. –

Costoro sonno ingannati nel proprio dilecto.E non è la veritá che ne sia cagione latribolazione : né che essi amino meno néaduoparino meno, cioè che l'operazione, chefanno nel tempo della tribolazione, tanto vale insé quanto di prima, nel tempo dellaconsolazione ; anco lo' potrebbe valere piú, seessi avessero pazienzia. Ma questo l’adivieneperché essi si dilectavano nella prosperità : inecon un poco d'acto di virtú amavano me ; inepacificavano la mente loro con quella pocaoperazione. Essendo privati di quello dove siposavano, lo' pare che lo' sia tolto el riposo nelloro adoperare : ed egli non è cosí.

Ma a loro adiviene come de l'uomo che è inuno giardino : che in esso giardino, perché v'hadilecto, si riposa con la sua operazione. Parliriposare ne l'operazione, ed egli si riposa nel [131]diletto che egli ha preso nel giardino. E a questose n'avede che egli è la veritá che egli si dilecta piúnel giardino che ne l'operazione : però che, toltoliel giardino, si sente privato del dilecto. Però che,

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se ‘l principale dilecto avesse posto nella suaoperazione, non l’avarebbe perduto, ancol'avarebbe seco ; perché l'exercizio del beneadoperare non si può perdere (se egli non vuole)perché gli sia tolto el dilecto della prosperità, sicome a colui el giardino.

Adunque s'ingannano nel loro adoperare perla propria passione. Unde hanno per uso di direquesti cotali : – Io so che io facevo meglio, e piúconsolazione avevo innanzi che io fusse tribulatoche ora, e giovavami di fare bene ; ma ora non mene giova né dilecto punto. – El loro vedere e illoro dire è falso, però che, se essi si fusserodilectati del bene per amore del bene della virtú,non l'avarebbero perduto né mancato in loro,anco cresciuto. Ma perché el loro bene adoperareera fondato nel proprio loro bene sensitivo, peròlo' manca e vien lo' meno.

Questo è lo inganno che riceve la comunegente in alcuno loro bene adoperare. Questisonno ingannati da loro medesimi, dal propriodilecto sensitivo.

CAPITOLO LXVIII. DE LO INGANNO CHE RICEVONO E' SERVI DI DIO, E' QUALI ANCORA AMANO DIO DI QUESTO AMORE IMPERFECTO PREDECTO.

– Ma e' servi miei che anco sonno ne l'amoreimperfecto, cercando e amando me con affectod'amore verso la consolazione e dilecto che

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truovano in me, qualche volta sono ingannati.Perch'Io so' remuneratore d'ogni bene che si fa,poco e assai, secondo la misura de l'amore dicolui che riceve ; per questo do consolazionementale, quando in uno modo e quando in unaltro, nel tempo de l'orazione. Questo non foperché ella ignorantemente riceva la consolazione,cioè che ella raguardi piú el presente dellaconsolazione che è data da me che me, ma [132]perché ella raguardi piú l’affecto della mia caritácon che Io lel do e la indegnità sua che riceve, cheel dilecto della propria consolazione. Ma se ella,ignorante, piglia solo el dilecto senza laconsiderazione de l'affecto mio verso di lei, nericeve il danno e lo inganno che lo ti dirò.

L'uno si è che, ingannata da la propriaconsolazione, cerca essa consolazione e ine sidilecta. E piú che, alcuna volta, sentendo inalcuno modo la consolazione e visitazione mia insé, e poi partendosi, andarà dietro per la via chetenne quando la trovò, per trovare quellamedesima. E Io non le do a uno modo (ché cosíparrebbe ch'Io non avesse che dare) ; anco le doin diversi modi, secondo che piace a la mia bontáe secondo la necessità e il bisogno suo. Essendoella ignorante, cercarà pure in quello modo comese ella volesse ponere legge allo Spirito sancto.Non debba fare cosí ; ma debba passarevirilmente per lo ponte della dottrina di Cristocrocifixo, e ine ricevere in quel modo, in quello

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luogo e in quel tempo che piace a la mia bontá didare. E se Io non do, anco quel non dare Io el foper amore e non per odio, perché essa mi cerchiin veritá e non m'ami solamente per lo dilecto, mariceva con umilità piú la caritá mia che il dilectoche truova. Però che, se ella non fa cosí, e che ellavada solo al dilecto a suo modo e non a mio,riceverà pena e confusione intollerabile quando sivedrà tolto l’obiecto del dilecto, el quale si posedinanzi a l'occhio de l’intellecto suo.

Questi sonno quegli che eleggono leconsolazioni a loro modo, cioè che, trovandodilecto, in alcuno modo, di me nella mente loro,vorranno passare con quel medesimo. E alcunavolta sonno tanto ignoranti che, visitandogli Io inaltro modo che in quello, faranno resistenzia enon riceveranno, anco vorranno pur quello ches'hanno imaginato. Questo è difecto della propriapassione e dilecto spirituale il quale trovò in me :ella è ingannata, però che impossibile sarebbe distare continuamente in uno modo. Perché, comel'anima non può stare ferma, ché o e' si convieneche ella vada innanzi à le virtú, o ella torni adietro ; cosí la mente in me non può stare fermasolo in uno dilecto, che la mia bontá non ne diapiú. Molto differenti gli do : alcuna [133] volta dodiletto d'una allegrezza mentale ; alcuna volta unacontrizione e uno dispiacimento, che parrà che lamente sia conturbata in sé ; alcuna volta sarò nel'anima e non mi sentirà ; alcuna volta formarò la

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mia Verità, Verbo incarnato, in diversi modidinanzi a l'occhio de l'intelletto suo, e nondimenonon parrà che essa, nel sentimento de l'anima, elsenta con quello calore e dilecto che a quellovedere le pare che dovesse seguitare ; e alcunavolta sentirà e non vedrà grandissimo dilecto.

Tutto questo fo per amore e per conservarlae acrescerla nella virtú de l’umilità e nellaperseveranzia, e per insegnarle che essa nonvoglia poner regola a me, né il fine suo nellaconsolazione, ma solo nella virtú fondata in me ;ma con umilità riceva l'uno tempo e l'altro, e conaffecto d'amore l’affecto mio con che Io do ; econ viva fede creda ch'Io do a necessità o dellasalute sua, o a necessità di farla venire a la grandeperfeczione.

Debba dunque stare umile, facendo elprincipio e il fine ne l’affecto della mia carità, ericevere in essa caritá dilecto e non dilecto,secondo la mia volontà e non secondo la sua.Questo è il modo a non volere ricevere inganno,anco ogni cosa ricevere per amore da me che so'loro fine, fondati nella dolce mia volontà.

CAPITOLO LXIX. DI QUELLI E' QUALI, PER NON LASSARE LA LORO PACE E CONSOLAZIONE, NON SOVENGONO AL PROXIMO NE LE SUE NECESSITADI.

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– Hotti decto de l'inganno che ricevonocoloro che a loro modo vogliono gustare ericevare me nella mente loro.

Ora ti voglio dire il secondo inganno dicoloro che tucto el loro dilecto è posto in riceverela consolazione della mente loro ; intanto chespesse volte vedranno el proximo loro innecessità o spirituale o temporale e non lisoverranno, socto colore di virtú dicendo : – Ione perdo la pace e la quiete della mente, e nondico l'ore mie a l'ora né al tempo. – Unde, non[134] avendo la consolazione, ne lo' pareoffendere me : ed essi sonno ingannati dalproprio dilecto spirituale della mente loro ; eoffendonmi piú non sovenendo a la necessità delproximo che Tassando tucte le loro consolazioni.Perché ogni exercizio vocale e mentale è ordinatoda me, che l'anima el facci per giognere a la caritáperfecta di me e del proximo, e di conservarla inessa caritá. Si che egli m'offende piú Tassando lacaritá del proximo per lo suo exercizio actuale equiete di mente, che lassando l'exercizio per loproximo.

Perché nella caritá del proximo truovano me,e nel dilecto loro, dove cercano me, ne sarebberoprivati. Però che, non sovenendo, ipso factodiminuiscono la caritá del proximo ; diminuita lacaritá del proximo, diminuisce l’affecto mio versodi loro ; diminuito l'affecto, diminuita laconsolazione. Si che, volendo guadagnare, essi

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perdono ; e volendo perdere, guadagnano ; cioèche, volendo perdere le proprie consolazioni insalute del proximo, riceve e guadagna me e ilproximo suo, sovenendolo e servendolocaritativamente.

E cosí gustarebbero in ogni tempo ladolcezza della caritá mia. E, non facendolo,stanno in pena : perché alcuna volta si converràpur che ‘l sovenga, o per forza o per amore, o perinfermità corporale o per infermità spirituale cheegli s'abbi ; sovenendolo, el soviene con pena,con tedio di mente e stimolo di coscienzia, ediventa incomportabile a sé e ad altrui. E chi eldimandasse : – Perché senti questa pena ? –rispondarebbe : – Perché mi pare avere perduta lapace e la quiete della mente, e molte cose, diquelle che io solevo fare, ho lassate, e credoneoffendere Dio. – Ed egli non è cosí ; ma perché ‘lsuo vedere è posto nel proprio dilecto, però nonsa discernere né cognoscere in veritá dove sta lasua offesa. Però che vedrebbe che l'offesa non stain non avere la consolazione mentale, né inTassare l’essercizio de l'orazione nel tempo dellanecessità del proximo suo ; anco sta in esseretrovato senza la caritá del proximo, el quale eglidebba amare e servire per amore di me.

Si che vedi come s'inganna solo col proprioamore spirituale verso di sé. [135]

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CAPITOLO LXX. DE LO INGANNO CHE RICEVONO QUELLI LI QUALI HANNO POSTO TUCTO EL LORO AFFECTO NE LE CONSOLAZIONI

E VISIONI MENTALI.

– E alcuna volta per questo cosí facto amorene riceve anco piú danno. Ché se l’affecto suosolo si pone e cerca nella consolazione e visioni lequali spesse volte dono e do a' servi miei, quandoella se ne vede privata cade in amaritudine e intedio di mente, perché le pare essere privata dellagrazia quando alcuna volta mi sottrago dellamente sua ; si come ti dixi che Io andavo etornavo ne l'anima, partendomi non per grazia maper sentimento, per fare venire l'anima adperfeczione. Si che ne cade in amaritudine, e parleessere intro lo 'nferno, sentendosi levata daldilecto e sentendo le molestie delle moltetemptazioni.

Non debba essere ignorante né lassarsi tantoingannare al proprio amore spirituale che noncognosca la veritá ; e cognoscere me in sé, che so'Io colui, sommo Bene, che le conservo la buonavolontà, nel tempo delle bactaglie, che non correper dilecto dietro a loro. Debbasi dunqueumiliare, reputandosi indegna della pace e quietedella mente. E però mi sottrago da lei, per questacagione : per farla umiliare e per farle cognoscerela caritá mia in sé, trovandola nella buona volontàche lo le conservo nel tempo delle bactaglie ; eperché essa non riceva solamente il lacte della

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dolcezza sprizzato da me nella faccia de l'animasua, ma perché essa s'atacchi al pecto della miaVerità, si che riceva el lacte insieme con la carne,cioè di trare a sé il lacte della mia caritá col mezzodella Carne di Cristo crocifixo, cioè della doctrinasua, della quale v'ho facto ponte acciò che per luigiongano a me. Per questo mi ritrago da loro.

Andando elleno con prudenzia, e non conignoranzia ricevendo solamente il lacte, ritorno aloro con piú dilecto e fortezza e lume e ardore dicaritá. Ma se esse ricevono con [136] tedio e contristizia e confusione di mente ci partire delsentimento della dolcezza mentale, pocoguadagnano e permangono nella tiepidezza loro.

CAPITOLO LXXI. COME I PREDECTI, CHE SI DILECTANO DE LE CONSOLAZIONI E VISIONI MENTALI, POSSONO ESSERE INGANNATI RICEVENDO EL DEMONIO TRANSFIGURATO IN FORMA DI LUCE. E DE' SEGNI A' QUALI SI PUÒ COGNOSCERE QUANDO LA VISITAZIONE È DA DIO, O DAL DEMONIO.

– E doppo questo, ricevono spesse volte unaltro inganno dal dimonio, cioè di trasformarsi informa di luce. Perché ‘l dimonio in quello chevede la mente disposta a ricevere e desiderare, inquello gli dà. Perché vede la mente inghiottornitae posto ci suo desiderio solo nelle consolazioni evisioni mentali (a le quali l'anima non debbaponere il suo desiderio, ma solamente nelle virtú,

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e di quelle per umilità reputarsene indegna ed inesse consolazioni ricevere l’affecto mio), dico che‘l dimonio alora si trasforma in quella mente informa di luce, in diversi modi : quando in formad'angelo, e quando in forma della mia Verità, o inaltra forma de' sancti miei. E questo fa perpigliarla co' l'amo del proprio dilecto spiritualeche ha posto nelle visioni e dilecto della mente. Ese essa anima non si leva con la vera umilità,spregiando ogni dilecto, rimane presa con questolamo nelle mani del dimonio. Ma se essa conumilità, spregiando ci dilecto, e con amorestregne l'affecto di me, che so' donatore, e nondel dono, ci dimonio non la può sostenere, per lasua superbia, la mente umile.

E se tu mi dimandassi : – A che si puòcognoscere che sia piú dal dimonio che da te ? –io ti rispondo che questo è il segno : che se ella èdal dimonio, che egli sia venuto nella mente avisitare in forma di luce, come decto è, l'animariceve subbito nel suo venire allegrezza ; e quantopiú sta, piú perde l'allegrezza e rimane tedio etenebre e stimolo nella mente, [137]offuscandovisi dentro. Ma se in veritá è visitata dame, Verità etterna, l'anima riceve timore sanctonel primo aspecto ; e con esso timore riceveallegrezza e sicurtà con una dolce prudenzia, che,dubbitando, non dubbita ; ma, percognoscimento di sé reputandosi indegna, dirà : –Io non so' degna di ricevere la tua visitazione ;

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non essendone degna, come può essere ? – Alorasi vòlle a la larghezza della mia carità,cognoscendo e vedendo che a me è possibile didare ; e non raguardo alla indegnità sua, ma a ladignità mia che la fo degna di ricevere me, pergrazia e per sentimento, in sé, perché nondispregio il desiderio col quale ella mi chiama. Eperò riceve umilmente, dicendo : – Ecco l'ancillatua : facta sia in me la tua volontà. – E alora escedel camino de l'orazione e visitazione mia conallegrezza e gaudio di mente, e con umilitàreputandosi indegna, e con caritá ricognoscendolada me.

Or questo è il segno che l'anima è visitata dame o dalle dimonia : trovando quando è da me,nel primo aspecto, ci timore e, al fine e al mezzo,l'allegrezza e la fame delle virtú. E quando è daldimonio, ci primo aspecto è l'allegrezza, e poirimane in confusione e in tenebre di mente. Siche lo ho proveduto in darvi el segno, acciò chel'anima, se ella vuole andare umile e conprudenzia, non possa essere ingannata. El qualeinganno riceve l'anima che vorrà navicare solocon l'amore imperfecto delle proprie consolazionipiú che de l'affecto mio, come detto t'ho.

CAPITOLO LXXII. COME L'ANIMA, CHE IN VERITA COGNOSCE SE MEDESIMA, SAVIAMENTE SI GUARDA DA TUCTI LI PREDECTI INGANNI.

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– Non t'ho voluto tacere l'inganno chericevono e' comuni, ne l'amore sensitivo, nel loropoco bene adoperare, cioè di quella poca virtúche essi adoperavano nel tempo dellaconsolazione ; né de l'amore proprio spiritualedelle proprie consolazioni de' servi miei, comeessi col proprio amore del dilecto s'ingannano[138] che non lo' lassa cognoscere la veritá del’affecto mio né discernere la colpa dove ella sta, el'inganno che ‘l dimonio usa con loro per lorocolpa, se essi non tengono el modo che decto t'ho.

Hottelo decto, acciò che tu e gli altri servìmiei andiate dietro a la virtú per amore di me, enone a veruna altra cosa. Tucti questi inganni epericoli può ricevare e spesse volte ricevonocoloro che sonno ne l'amore imperfecto, cioèd'amare me per rispecto del dono e non di meche do. Ma l'anima, che in veritá è intrata nellacasa del cognoscimento di sé, exercitandol'orazione perfecta e levandosi da laimperfeczione de l'amore de l'orazione inperfecta(per quel modo che nel Tractato de l'orazione Io ticontiai), riceve me per affecto d'amore, cercandodi trare a sé el lacte della dolcezza mia col pectodella doctrina di Cristo crocifixo.

Gionti al terzo stato, cioè de l'amore del'amico e filiale, non hanno amore mercennaio,anco fanno come carissimi amici.. Si come faràl'uno amico con l'altro, che, essendo presentato

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da l'amico suo, l'occhio non si vòlle solamente alpresente, anco nel cuore e ne l'affecto di colui chedà, e riceve e tiene caro el presente solo peramore de l’affecto de l'amico suo. Così l'anima,gionta al terzo stato de l'amore perfecto, quandoriceve i doni e le grazie mie non raguardasolamente il dono, ma raguarda con l'occhio del’intellecto l'affecto della caritá di me donatore.

E acciò che l'anima non abbi scusa di farecosì, cioè di raguardare l'affecto mio, lo providid'unire il dono e ‘l donatore, cioè unendo lanatura divina con la natura umana quando vidonai el Verbo de l'unigenito mio Figliuolo, elquale è una cosa con meco, e -Io con lui. Si cheper questa unione non potete raguardare il donoche non raguardiate me donatore. Vedi dunquecon quanto affecto d'amore dovete amare edesiderare il dono e il donatore ! Facendo così,sarete in amore puro e schiecto e nonmercennaio, si come fanno questi che semprestanno serrati nella casa del cognoscimento diloro. [139]

CAPITOLO LXXIII. PER CHE MODI L'ANIMA SI PARTE DA L'AMORE INPERFECTO E GIOGNE AD L'AMORE PERFECTO DELL'AMICO E FILIALE.

– In fino a ora Io t'ho mostrato per moltimodi come l'anima si leva da la imperfeczione egiogne a l'amore perfecto, e quello che fa poi cheella è gionta a l'amore de l'amico e filiale.

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Dixiti e dico che ella vi giogne conperseveranzia, serrandosi nella casa delcognoscimento di sé. El quale cognoscimento disé vuole essere condito col cognoscimento di me,acciò che non venga a confusione. Perché delcognoscimento di sé acquistarà l'odio dellapropria passione sensitiva e del dilecto delleproprie consolazioni. E da l'odio fondato inumilità trarrà la pazienzia, nella quale pazienziadiventarà forte contra le bactaglie del dimonio,contra le persecuzioni degli uomini e verso di me,quando per suo bene sottrago el dilecto da lamente sua. Tucte le portarà con questa virtú.

E se la sensualità propria, per malagevolezza,volesse alzare el capo contra la ragione, el giudicedella coscienzia debba salire sopra di sé, e conodio tenersi ragione, e non lassare passare imovimenti che non sieno correcti. Benchél'anima che starà ne l'odio sempre si corregge eriprende, d'ogni tempo : non tanto che quegli chesonno contra la ragione, ma quegli che, spessevolte, saranno da me.

Questo volse dire il dolce servo mio sanctoGregorio, quando disse che « la sancta e puracoscienzia faceva peccato dove non erapeccato » : cioè che vedeva, per la purità dellacoscienzia, la colpa dove non era la colpa.

Or cosí debba fare e fa l'anima che si vuolelevare dalla imperfeczione, aspectando, nella casadel cognoscimento di sé, la providenzia mia col

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lume della fede, si come fecero e' discepoli chestectero in casa e non si mossero mai, ma con[140] perseveranzia in vigilia e umile e continuaorazione perseveràro infino a l’avenimentodello.Spirito sancto.

Questo è quello (si come Io ti dixi) chel'anima fa, quando s'è levata dalla imperfeczione erinchiusasi in casa per giognere a perfeczione.Ella sta in vigilia, vegghiando con l'occhio de l’intellecto nella doctrina della mia Verità, umiliataperché ha cognosciuta sé in continua orazione,cioè. di sancto e vero desiderio, perché in sécognobbe l'affecto della mia caritá.

CAPITOLO LXXIV. DE' SEGNI A' QUALI SI COGNOSCE CHE L'ANIMA SIA VENUTA ALL'AMORE PERFECTO.

– Ora ti resto a dire in che si vede che essisieno gionti a l'amore perfecto : per quello segnomedesimo che fu dato a' discepoli sancti poi cheebbero ricevuto lo Spirito sancto, che esciro fuoredi casa e, perduto el timore, anunziavano la parolamia, predicando la doctrina del Verbo del'unigenito mio Figliuolo. E non temevano pene,anco si gloriavano nelle pene ; non curavanod'andare dinanzi a' tiranni dei mondo ad anunziarlo' e dir lo' la veritá per gloria e loda del nomemio.

Cosí l'anima che ha aspectato percognoscimento di sé, nel modo che decto t'ho, lo

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so' tornato a lei col fuoco de la caritá mia. Nellaquale carità, mentre che stette in casa conperseveranzia, concepé le virtú per affectod'amore, participando della potenzia mia, con laquale potenzia e virtú signoreggiò e vinse lapropria passione sensitiva.

E in essa caritá participai in lei la sapienziadel Figliuolo mio, nella quale sapienzia videe.cognobbe con l'occhio de l’ intellecto la miaVerità e gl'inganni de l'amore sensitivo spirituale,cioè l'amore imperfecto della propriaconsolazione, come decto è. E cognobbe lamalizia e l'inganno del dimonio, che dá a l'animache è legata in quello amore imperfecto. E però silevò con odio d'essa imperfeczione e amore dellaperfeczione. [141]

In questa carità, che è esso Spirito sancto, elparticipai nella volontà sua, fortificando lavolontà a volere sostenere pena, ed escire fuore dicasa per lo nome mio, e parturire le virtú sopra elproximo suo. Non che esca fuore della casa delcognoscimento di sé, ma escono della casa del'anima le virtú concepute per affecto d'amore, eparturiscele, al tempo del bisogno del proximosuo, in molti e diversi modi ; perché ‘l tintore èperduto, el quale teneva, che non manifestava pertimore di non perdere le proprie consolazioni, sicome di sopra ti dixi. Ma poi che sonno venuti al'amore perfecto e liberale, escono fuore per lomodo decto.

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E questo gli unisce col quarto stato, cioè chedal terzo stato, el quale è stato perfecto (nel qualeterzo stato gusta e parturisce la caritá nel proximosuo), riceve uno stato ultimo di perfecta unione inme. E' quali due stati sonno uniti insieme, chenon è l'uno senza l'altro, se non come la caritámia senza la caritá del proximo, e quella delproximo senza la mia non può essere separatal'una da l'altra.

Cosí di questi due stati non è l'uno senzal'altro, si come ti verrò dichiarando e mostrandoper questo terzo.

CAPITOLO LXXV. COME GL' IMPERFECTI VOGLIONO SEGUITARE SOLAMENTE EL PADRE, MA I PERFECTI SEGUITANO EL FIGLIUOLO. E D'UNA VISIONE CHE EBBE QUESTA DEVOTA ANIMA, NE LA QUALE SI NARRA DI DIVERSI BAPTESMI E D'ALCUNE ALTRE BELLE E UTILI COSE.

– Hotti decto che sonno esciti fuore. El qualeè il segno che so' levati da la imperfeczione egionti a la perfeczione. Apre l'occhio de l'intellecto e miragli córrire per lo ponte delladoctrina di Cristo crocifixo, el quale fu regola evia e doctrina vostra. Dinanzi a l'occhio del'intellecto loro essi non si pongono altro cheCristo crocifixo ; non si pongono me, Padre, sicome fa colui che sta ne l'amore imperfecto, elquale non vuole sostenere pena. E perché in me

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non può cadere pena, [142] vuole seguitare solo eldilecto che truova in me, e però dico che séguitame : non me, ma el dilecto che truova in me.

Non fanno cosí costoro ; ma, come ebbri eaffocati d'amore, hanno congregati e saliti trescaloni generali, e' quali ti figurai nelle trepotenzie de l'anima, e i tre scaloni attuali cheattualmente ti figurai nel Corpo di Cristocrocifixo, unigenito mio Figliuolo. Salito e' piei,co' piei de l'affetto de l'anima, gionse al costato,dove trovò il secreto del cuore ; e cognobbe ilbaptesmo de l'acqua (el quale ha virtú nel Sangue)dove l'anima trovò la grazia nel sancto baptesmo,disposto el vasello de l'anima a ricevere la graziaunita e impastata nel Sangue. Dove cognobbequesta dignità di vedersi unita e impastata nelsangue de l'Agnello, ricevendo el sanctobaptesmo in virtú del Sangue ? Nel costato, dovecognobbe il fuoco della divina caritá. E cosímanifestoe, se bene ti ricorda, la mia Verità,essendo dimandato da te, quando dicevi : – Doh !dolce ed immaculato Agnello, tu eri mortoquando el costato ti fu aperto, perché volestiessere percosso e partito el cuore ? – Ed eglirispose, se ben ti ricorda, che assai cagioni ciaveva ; ma alcuna principale te ne dirò.

– Perché il desiderio mio verso l'umanagenerazione era infinito, e l'operazione attuale disostenere pena e tormenti era finita : e per la cosafinita non potevo mostrare tanto amore quanto

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piú amavo, perché l'amore mio era infinito. Eperò volsi che vedeste il secreto del cuore,mostrandovelo aperto, acciò che vedeste che piúamavo che mostrare non vi potevo per la penafinita. Gictando sangue e acqua, vi mostrai elsancto baptesmo de l'acqua, el quale riceveste invirtú del Sangue : e però versava sangue e acqua.E anco mostravo el baptesmo del Sangue in duemodi : l'uno è in coloro che sonno baptezzati nelsangue loro sparto per me ; il quale ha virtú per losangue mio, non potendo essi avere il sanctobaptesmo. Alcuni altri si baptezzano nel fuoco,desiderando el baptesmo con affecto d'amore enon poterlo avere : e non è baptesmo di fuocosenza Sangue, però che ‘l Sangue è intriso eimpastato col fuoco della divina carità, perché peramore fu sparto. [143]

In un altro modo riceve l'anima questobaptesmo del Sangue, parlando per figura. Equesto providde la divina carità, perché,cognoscendo la infermità e fragilità de l'uomo,per la quale fragilità offendendo (non che egli siacostretto da fragilità né da altro a commettere lacolpa, se egli non vuole ; ma, come fragile, cade incolpa di peccato mortale, per la quale colpa perdela grazia che trasse nel sancto baptesmo in virtúdel Sangue), e però fu bisogno che la divina caritáprovedesse a lassare il continuo baptesmo delSangue, el quale si riceve con la contrizione delcuore e con la sancta confessione, confessando,

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quando può, a' ministri miei, che tengono lachiave del Sangue. El quale Sangue gitta, nel'absoluzione, sopra la faccia de l'anima.

E non potendo avere la confessione, basta lacontrizione del cuore. Alora la mano della miaclemenzia vi dona el frutto di questo preziososangue ; ma, potendo avere la confessione, voglioche l'abbiate ; e chi la potrà avere e non la vorrà,sarà privato del frutto del Sangue. È vero che nel'ultima extremità, volendola e non potendolaavere, anco el riceverà. Ma non sia alcuno simatto che si voglia però con questa speranzaconducersi ad aconciare i fatti suoi ne l'ultimaextremità della morte, perché non è sicuro che,per la sua obstinazione, Io con la divina miagiustizia non dicesse : – Tu non ti ricordasti di menella vita, nel tempo che tu potesti : Io non miricordasò di te nella morte. – Si che neuno debbapigliare lo indugio ; e se pure per lo difetto suol'ha preso, non debba lassare infino a l'ultimo dibaptezzarsi per speranza nel Sangue.

Si che vedi che questo baptesmo è continuo,dove l'anima si debba baptezzare infino a l'ultimo,per lo modo detto. In questo baptesmo cognosciche l'operazione mia (cioè de la pena della croce)fu finita ; ma el frutto della pena, che avetericevuto per me, è infinito. Questo è in virtú dellanatura divina infinita, unita con la natura umanafinita, la quale natura umana sostenne pena in me,Verbo, vestito della vostra umanità. Ma perché è

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intrisa e impastata l'una natura con l'altra, trasse asé, la Deitá etterna, la pena ch' Io sostenni contanto fuoco d'amore. E però si può chiamareinfinita questa operazione ; non [144] che infinitasia la pena, né l'attuale del corpo né la pena deldesiderio che Io avevo di compire la vostraredempzione, però che ella terminò e fini in crocequando l'anima si parti dal corpo. Ma el fructo,che esci della pena e desiderio della vostra salute,è infinito : e però el ricevete infinitamente. Peròche, se egli non fusse stato infinito, non sarebberestituita tucta l'umana generazione, né ' passatiné i presenti né gli avenire. Neanco l'uomo cheoffende, doppo l'offesa, non si potrebbe rilevare,se questo baptesmo del Sangue non vi fusse datoinfinito, cioè che ‘l fructo del Sangue fusseinfinito.

Questo vi manifestai ne l’apritura del latomio, dove truovi el segreto del cuore : mostrandoche Io v'amo piú che mostrare non posso conquesta pena finita. Mòstrotelo infinito. Con che ?col baptesmo del Sangue, unito col fuoco dellamia carità, che per amore fu sparto ; e nelbaptesmo generale (dato a' cristiani e a chiunqueil vuole ricèvare) de l'acqua unita col Sangue e colfuoco, dove l'anima s' inpasta nel sangue mio. Eper mostrarvelo volsi che del costato escissesangue e acqua.

Ora ho risposto a quello che tu midimandavi.

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CAPITOLO LXXVI. COME L'ANIMA, ESSENDO SALITA EL TERZO SCALONE DEL SANCTO PONTE,CIOÈ PERVENUTA A LA BOCCA, PIGLIA INCONTENENTE L'OFFIZIO DE LA BOCCA. E COME LA PROPRIA VOLONTA ESSENDO MORTA È VERO SEGNO CHE ELLA V'È GIONTA.

– Ora ti dico che tutto questo ch' Io t'honarrato, sai che narroe la mia Verità. Hottelonarrato da capo, favellandoti lo in persona sua,acciò che tu cognosca l'excellenzia dove è l'animach'è salita questo secondo scalone, dove cognoscee acquista tanto fuoco d'amore. Dove subbitocorrono al terzo, cioè a la bocca, dove manifestaessere venuto ad perfetto stato.

Unde passoe ? per lo mezzo del cuore, cioècon la memoria del Sangue dove si ribaptezzòlassando l'amore imperfetto, per [145] locognoscimento che trasse del cordiale amore,vedendo, gustando e provando el fuoco della miacaritá. Gionti sonno costoro a la bocca, e però eldimostrano facendo l'officio della bocca. Labocca parla con la lingua che è ne la bocca ; elgusto gusta. La bocca ritiene porgendolo a lostomaco. I denti schiacciano, però che in altromodo noi potrebbe inghioctire.

Or cosí l'anima : prima parla a me con lalingua che sta nella bocca del sancto desiderio,cioè la lingua della sancta e continua orazione.Questa lingua parla actuale e mentale : mentale,offerendo a me dolci e amorosi desidèri in salute

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de l'anime ; e parla actuale, anunziando ladoctrina della mia Verità, amonendo,consigliando e confessando senza alcuno timoredi propria pena che ‘l mondo le volesse dare, maarditamente confessa innanzi a ogni creatura, indiversi modi, e a ciascuno secondo lo stato suo.

Dico che mangia prendendo el cibo del'anime, per onore di me, in su la mensa dellasanctissima croce, però che in altro modo né inaltra mensa noi potrebbe mangiare in veritáperfettamente. Dico che lo schiaccia co' denti,però che in altro modo noi potrebbe inghiottire :cioè con l'odio e con l'amore, e' quali sonno duefilaia di denti nella bocca del sancto desiderio, chericeve il cibo schiacciando con odio di sé e conamore della virtú. In sé e nel proximo suoschiaccia ogni ingiuria, scherni, villanie, strazi erimprovèri con le molte persecuzioni ;sostenendo fame e sete, freddo e caldo e penosidesidèri, lagrime e sudori per salute de l'anime.Tutti gli schiaccia per onore di me, portando esopportando el proximo suo. E poi che l'haschiacciato, el gusto el gusta, asaporando el fructodella fadiga e il diletto del cibo de l'anime,gustandolo nel fuoco della caritá mia e delproximo suo. E cosí giogne questo cibo nellostomaco, che per lo desiderio e fame de l'animes'era disposto a volere ricevere (cioè lo stomacodel cuore), col cordiale amore, diletto e dileczionedi caritá col proximo suo ; dilettandosene e

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rugumando per si facto modo, che perde latenarezza della vita corporale, per poteremangiare questo cibo (preso in su la mensa dellacroce) della dottrina di Cristo crocifixo. [146]

Alora ingrassa l'anima nelle vere e reali virtú,e tanto rigonfia per l’abbondanzia del cibo, che ‘lvestimento della propria sensualità (cioè delcorpo, che ricuopre l'anima), criepa quanto al'appetito sensitivo. Colui che criepa, muore. Cosíla volontà sensitiva rimane morta. Questo èperché la volontà ordinata de l'anima è viva inme, vestita de l’etterna volontà mia, e però èmorta la sensitiva.

Or questo fa l'anima che in veritá è gionta alterzo scalone della bocca, e il segno che ella v'ègionta è questo : che ella ha morta la propriavolontà quando gustò l’affecto della caritá mia.

E però trovò pace e quiete ne l'anima suanella bocca. Sai che nella bocca si dá la pace. Cosíin questo terzo stato truova la pace per si factomodo che neuno è che la possa turbare, perchéha perduta e annegata la sua propria volontà, laquale volontà dá pace e quiete quando ella èmorta.

Questi parturiscono le virtú senza pena sopradel proximo loro : non che le pene non sianopene in loro, ma non è pena a la volontà morta,però che volontariamente sostiene pena per lonome mio. Questi corrono, senza negligenzia, perla doctrina di Cristo crocifixo, e non allentano

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l'andare per ingiuria che lo' sia facta né per alcunapersecuzione né per dilecto che trovassero ; cioèdilecto che il mondo lo' volesse dare. Ma tuctequeste cose trapassano con vera fortezza eperseveranzia, vestito l’affecto loro de l’affectodella carità, gustando el cibo della salute del'anime con vera e perfecta pazienzia. La qualepazienzia è uno segno demostrativo, che mostrache l'anima ami perfectissimamente e senzaalcuno rispecto. Però che, se ella amasse me e ilproximo per propria utilitá, sarebbe impaziente eallentarebbe ne l'andare. Ma perché essi amanome per me, in quanto Io so' somma bontá edegno d'essere amato, e loro amano per me e ‘lproximo per me, per rendere loda e gloria alnome mio, però sonno pazienti e forti a sosteneree perseveranti. [147]

CAPITOLO LXXVII. DE LE OPERAZIONI DE L'ANIMA POI CHE È SALITA EL PREDECTO SANCTO TERZO SCALONE.

– Queste sonno quelle tre gloriose virtúfondate nella vera carità, le quali stanno in cimade l'arbore d'essa carità : cioè la pazienzia, lafortezza e la perseveranzia, che è coronata collume della sanctissima fede, col quale lumecorrono, senza tenebre, per la via della veritá. Edè levata in alto per sancto desiderio, e però non èalcuno che la possa offendere : né il dimonio conle sue temptazioni (perché egli teme l'anima che

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arde nella fornace della carità), né le detraczioniné le ingiurie degli uomini ; anco, con tucto ciòche ‘l mondo gli perseguiti, el mondo ha timore diloro.

Questo permette la mia bontá : di fortificarlie farli grandi dinanzi a me e nel mondo, perchéessi si sonno facti piccoli per umilità. Bene lo veditu nei sanai miei, e' quali per me si fecero piccoli,e Io gli ho facti grandi in me, Vita durabile, e nelcorpo mistico della sancta Chiesa, dove si fasempre menzione di loro perché i nomi lorosonno scripti in me, libro di vita ; si che ‘l mondogli ha in reverenzia perché essi hanno spregiato elmondo. Questi non nascondono la virtú pertimore ma per umilità ; e se egli è bisogno delservizio suo nel proximo, egli non la nascondeper timore della pena né per timore di perdere lapropria consolazione, ma virilmente il serveperdendo se medesimo e non curando di sé.

E in qualunque modo egli exercita la vita e’ltempo suo in onore di me, si gode e truovasi pacee quiete nella mente. Perché ? perché non eleggedi servire a me a suo modo ma a modo mio ; eperò gli pesa tanto el tempo della consolazionequanto quello della tribolazione, e tanto laprosperità quanto l’aversità. Tanto gli pesa l'unaquanto l'altra, perché in ogni cosa truova lavolontà mia, ed egli non pensa di fare altro se nondi conformarsi, dovunque egli la truova, con essavolontà. [148]

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Egli ha veduto che veruna cosa è fatta senzame, e con misterio e con divina providenzia, senon il peccato che non è : e però odiano elpeccato, e ogni altra cosa hanno in reverenzia ; eperò sonno tanto fermi e stabili nel loro volereandare per la via della veritá, e non allentano, mafedelmente servono el proximo loro, nonraguardando a l' ignoranzia e ingratitudine sua.Né perché alcuna volta el vizioso gli dica ingiuriae riprenda el suo bene adoperare, che egli nongridi, nel cospetto mio, per orazione per lui,dolendosi piú de l'offesa che egli fa a me 'e dannode l'anima sua che della ingiuria propria.

Costoro dicono col glorioso di Pavolo miobanditore : « El mondo ci maladice, e noibenediciamo ; egli ci perseguita, e noiringraziamo ; cacciaci come immondizia espazzatura del mondo, e noi pazientementeportiamo ». Si che vedi, figliuola dilettissima, e'dolci segni ; e singularmente, sopra ogni segno, lavirtú della pazienzia, dove l'anima dimostra inveritá d'essere levata da l'amore imperfetto evenuta al perfetto, seguitando el dolce eimmaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo, elquale, stando in su la croce tenuto da' chiovi del'amore, non ritrae adietro per detto dei giuderiche dicevano : « Discende della croce ecredarenti ». Né per ingratitudine vostra nonritrasse adietro che non perseverasse nel'obbedienzia, che Io gli avevo posta, con tanta

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pazienzia che il grido suo non fu udito per alcunamormorazione.

Cosí questi cotali dilettissimi figliuoli e fedeliservi miei seguitano la dottrina e l’exemplo dellamia Verità. E perché con lusinghe e minacce ilmondo gli voglia ritrare, non vòllono però el capoadietro a mirare l'aratro, ma guardano solo nel'obietto della mia Verità. Questi non si voglionopartire del campo della battaglia per tornare a casaper la gonnella, cioè per la gonnella propria, cheegli lassò, del piacere piú a le creature e temerepiú loro che me Creatore suo ; anco con dilectosta nella battaglia, pieno e inebriato del sangue diCristo crocifixo. El quale Sangue v'è postodinanzi nella bottiga del corpo mistico dellasancta Chiesa da la mia carità, per fare [149]inanimare coloro che vogliono essere vericavalieri, e combattere con la propria sensualità ecarne fragile, col mondo e col dimonio, colcoltello de l'odio d'essi nemici suoi, con cui egliha a combàctare, e con amore delle virtú. El qualeamore è una arme che ripara da' colpi che noipossono accanare se esso non si trae Tarme didosso e ‘l coltello di mano e dialo nelle mani de'nemici suoi, cioè dando Tarme con la mano dellibero arbitrio, arrendendosi volontariamente a'nemici suoi. Non fanno cosí questi che sonnoinebriati nel Sangue, anco virilmente perseveranoinfino a la morte, dove rimangono sconfitti tuttie' nemici suoi.

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O gloriosa virtú, quanto se' piacevole a me eriluci nel mondo negli occhi tenebrosidegl'ignoranti, che non possono fare che nonparticipino della luce de' servi miei ! Ne l'odioloro riluce la clemenzia ch'e' servi miei hanno a laloro salute ; nella invidia loro riluce la larghezzadella carità ; nella crudeltá la pietà, però che essisonno crudeli verso di loro, ed essi sonno pietosi ;nella ingiuria riluce la pazienzia, rema chesignoreggia e tiene la signoria di tutte le virtú,perché ella è il mirollo della caritá. Ella dimostra erasegna le virtú ne l'anima ; dimostra se elle sonnofondate in me in veritá, o no. Ella vince e non èmai vinta ; ella è compagna della fortezza eperseveranzia, come detto è ; ella torna a casa conla vittoria, escita del campo della battaglia, tornataa me, Padre etterno, remuneratore d'ogni lorofadiga, e ricevono da me la corona della gloria.

CAPITOLO LXXVIII. DEL QUARTO STATO, EL QUALE NON È PERÒ SEPARATO DAL TERZO ; E DE LE OPERAZIONI DE L'ANIMA CHE È GIONTA A QUESTO STATO ; E COME DIO NON SI PARTE MAI DA ESSA PER CONTINUO SENTIMENTO.

– Ora t'ho detto come dimostrano d'esseregionti a la perfeczione de l'amore de l'amico efiliale.

Ora non ti voglio tacere in quanto dilettogustano me, essendo ancora nel corpo mortale.Perché, gionti al terzo stato, [150] in esso stato, si

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com' Io ti dixi, acquistano el quarto stato. Noteche sia stato separato dal terzo, ma unito insiemecon esso, e l'uno non può essere senza l'altro senon come la caritá mia e quella del proximo, sicom' Io ti dixi. Ma è uno fructo che esce diquesto terzo stato d'una perfecta unione chel'anima fa in me, dove riceve fortezza soprafortezza, intanto che non che porti con pazienzia,ma esso desidera, con ansietato desiderio, dipotere sostenere pene per gloria e loda del nomemio.

Questi si gloriano negli obrobri de l'unigenitomio Figliuolo, si come diceva el glorioso diPavolo mio banditore : « Io mi glorio nelletribulazioni e negli obrobri di Cristo crocifixo ». Ein un altro luogo : « Io non reputo di doveregloriarmi altro che in Cristo crocifixo ». Unde inun altro luogo dice : « Io porto le stimate diCristo crocifixo nel corpo mio ». Cosí questicotali, come inamorati de l'onore mio e comeaffamati del cibo de l'anime, corrono a la mensadella sanctissima croce, volendo, con pena e conmolto sostenere, fare utilitá al proximo,conservare e acquistare le virtú, portando lestimate di Cristo ne' corpi loro. Cioè che ‘lcrociato amore, il quale hanno, riluce nel corpo,mostrandolo con dispregiare se medesimi e condilectarsi d'obrobri, sostenendo molestie e peneda qualunque lato e in qualunque modo Io leconcedo.

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A questi cotali carissimi figliuoli la pena l'èdilecto, el dilecto l'è fadiga e ogni consolazione edilecto che ‘l mondo alcuna volta lo' volesse dare.E non solamente quelle che ‘l mondo lo' dá permia dispensazione (cioè ch'e' servi del mondoalcuna volta sonno costrecti da la mia bontá adaverli in reverenzia e sovenirli ne' loro bisogni enecessità corporali), ma la consolazione chericevono da me, Padre etterno, nella mente loro,la spregiano per umilità e odio di loro medesimi.Non che spregino la consolazione e’l dono e lagrazia mia, ma el dilecto che truova el desideriode l'anima in essa consolazione. Questo è per lavirtú della vera umilità acquistata da l'odio sancto,la quale umilità è baglia e nutrice della caritáacquistata con vero cognoscimento di sé e di me.[151]

Si che vedi che la virtú riluce, e le stímate diCristo crocifixO, ne' corpi e nelle menti loro. Aquesti cotali l’ è tolto di non separarmi da loro persentimento, si come degli altri ti dixi che loandavo e tornavo a loro, partendomi non pergrazia ma per sentimento. Non fo cosí a questiperfectissimi che sonno gionti alla grandeperfeczione, in tucto morti a ogni loro volontà,ma continuamente mi riposo per grazia e persentimento ne l'anima loro ; cioè che ogni ottache vogliono unirsi in me la mente per affectod'amore, possono, perché ‘l desiderio loro èvenuto a tanta unione per affecto d'amore che per

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veruna cosa se ne può separare, ma ogni luogo l'èluogo e ogni tempo l'è tempo d'orazione ; perchéla loro conversazione è levata da la terra e salita incèlo, cioè che ogni affecto terreno e amoreproprio sensitivo di loro medesimi hanno tolto dasé. Levati si sonno sopra di loro ne l'altezza delcielo con la scala delle virtú, saliti e' tre scaloniche lo ti figurai nel corpo del mio Figliuolo.

Nel primo spogliàro e' piei de l'affecto del'amore del vizio ; nel secondo gustàro el secreto el’affecto del cuore, unde concepettero amore nellevirtú ; nel terzo (cioè della pace e quiete dellamente) provarono in sé le virtú e, levandosi dal'amore imperfecto, gionsero a la grandeperfeczione. Unde hanno trovato el riposo nelladoctrina della mia Verità ; hanno trovata lamensa, el cibo e il servidore. El quale cibogustano col mezzo della doctrina di Cristocrocifixo, unigenito mio Figliuolo ; Io lo' so' lettoe mensa. Questo dolce e amoroso Verbo l'è cibo,si perché gustano el cibo de l'anime in questoglorioso Verbo, e si perché egli è cibo dato da mea voi : la carne e ‘l sangue suo, tucto Dio e tuctouomo, el quale ricevete nel Sacramento de l'altare,posto e dato a voi da la mia bontá, mentre chesète peregrini e viandanti, acciò che non veniatemeno, ne l'andare, per debilezza, e perché nonperdiate la memoria del benefizio del Sanguesparto per voi con tanto fuoco d'amore, maperché sempre vi confortiate e dilectiate nel

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vostro andare. Lo Spirito sancto gli serve, cioèl'affecto della mia carità, la quale caritá lo'ministra e' doni e le grazie. Questo dolce [152]servidore porta e arreca : arreca a me i penosi edolci ed ateo. rosi desidèri, e porta a loro el fructodella divina caritá delle loro fadighe ne l'animeloro, gustando e notricandosi della dolcezza dellamia caritá. Si che vedi che Io lo' so' mensa, elFigliuolo mio l'è cibo, e lo Spirito sancto gli serve,che procede da me Padre e dal Figliuolo.

Vedi dunque che sempre, per sentimento, misentono nella loro mente. E quanto piú hannospregiato el dilecto e voluta la pena, piú hannoperduta la pena e acquistato el dilecto. Perché ?perché sonno arsi e affocati nella mia carità, doveè consumata la volontà loro. Unde el dimonioteme il bastone della caritá loro, e però gicta lesaecte sue da longa e non s'ardisce d'acostare. EImondo percuote nella corteccia de' corpi lorocredendo offendere, ed egli è offeso, perché lasaecta, che non truova dove intrare, ritorna acolui che la gitta. Cosí el mondo con le saectedelle ingiurie e persecuzioni e mormorazioni sue,gictandole ne' perfectissimi servi miei, non v'èluogo da veruna parte dove possa intrare, perchél'orto de l'anima loro è chiuso ; e però ritorna lasaecta a colui che la gicta, avelenata col velenodella colpa.

Vedi che da veruno lato la può percuotere,però che, percotendo el corpo, non percuote

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l'anima. Ma sta beata e dolorosa : dolorosa sta del'offesa del proximo suo, e beata per l'unione eaffecto della caritá che ha ricevuta in sé.

Questi seguitano lo immaculato Agnello,unigenito mio Figliuolo, el quale stando in croceera beato e doloroso : doloroso era, portando lacroce del corpo, sostenendo pena, e 1a croce deldesiderio per satisfare la colpa de l'umanagenerazione ; e beato era, perché la natura divina,unita con la natura umana, non poteva sostenerepena, e sempre faceva l'anima sua beatamostrandosi a lei senza velame. E però era beatoe doloroso, perché la carne sosteneva, e la Deitápena non poteva patire ; neanco l'anima quanto ala parte di sopra de l'intellecto.

Cosí questi dilecti figliuoli, gionti al terzo e alquarto stato, sonno dolorosi portando la croceactuale e mentale : cioè [153] actualmente,sostenendo pene ne' corpi loro, secondo che Iopermecto, e la croce del desiderio del crociatodolore de l'offesa mia e danno del proximo. Dicoche sonno beati, però che ‘l dilecto della carità, laquale gli fa beati, non lo' può essere tolto, undeeglino ricevono allegrezza e beatitudine. Unde sichiama questo dolore, non « dolore afffiggitivo »che disecca l'anima, ma « ingrassativo », cheingrassa l'anima ne l’affecto della carità, perché lepene aumentano la virtú e fortificano e cresconoe pruovano la virtú.

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Si che è pena ingrassativa e non affliggitiva,perché veruno dolore né pena la può trare delfuoco, se non come il tizzone, che è tuctoconsumato nella fornace, che veruno è che ‘lpossa pigliare per spegnere, perché gli è factofuoco. Cosí queste anime, gictate nella fornacedella mia carità, non rimanendo veruna cosa fuoredi me, cioè veruna loro volontà, ma tucti affocatiin me, veruno è che le possa pigliare né trarlefuore di me per grazia, perché sonno facte unacosa con meco ed lo con loro. E mai da loro nonmi sottraggo per sentimento che la mente loronon mi senta in sé, si come degli altri ti dixi che loandavo e tornavo, partendomi per sentimento enon per grazia ; e questo facevo per farli venire ala perfeczione. Gionti a la perfeczione, lo' tolgo elgiuoco de l'amore d'andare e di tornare, el quale sichiama « giuoco d'amore », ché per amore miparto e per amore torno : non propriamente Io(ché lo so' lo Idio vostro immobile che non mimuovo), ma el sentimento che dá la mia caritá nel'anima è quello che va e torna.

CAPITOLO LXXIX. COME DIO DA' PREDECTI PERFECTISSIMI NON SI SOTTRAE PER SENTIMENTO NÉ PER GRAZIA, MA SI PER UNIONE.

– Dicevo che a costoro l'è tolto che ‘lsentimento non perdono mai. Ma in un altromodo mi parto : perché l'anima che è legata nel

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corpo non è sufficiente a ricevere continuamente[154] l'unione ch'Io fo ne l'anima ; e perché non èsufficiente, mi sottrago non per sentimento néper grazia, ma per unione. Perché, levandosil'anime con ansietato desiderio, corsero con virtúper lo ponte della doctrina di Cristo crocifixo ;giongono a la porta levando la mente loro in me,bagnate, inebriate di Sangue, arse di fuocod'amore ; gustano in me la Deitá etterna, el qualeè a loro uno mare pacifico, dove l'anima ha factatanta unione che veruno movimento quella mentenon ha altro che in me.

Ed essendo mortale, gusta el benedegl'inmortali ; ed essendo col peso del corpo,riceve la leggerezza dello spirito. Unde spessevolte il corpo è levato da la terra per la perfectaunione che l'anima ha facta in me, quasi come ilcorpo grave diventasse leggiero. Non è però chegli sia tolta la gravezza sua, ma perché l'unioneche l'anima ha facta in me è piú perfecta che nonè l'unione fra l'anima e ‘l corpo ; e però la fortezzadello spirito unita in me leva da tera la gravezzadel corpo. El corpo sta come immobile, tuctostracciato da l’affecto de l'anima, intanto che (sicome ti ricorda d'avere udito da alcune creature)non sarebbe possibile di vivere se la mia bontánon el cerchiasse di fortezza.

Unde Io voglio che tu sappi che maggioremiracolo è a vedere che l'anima non si parte dalcorpo in questa unione, che vedere molti corpi

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resuscitati. E però Io, per alcuno spazio, sottragol'unione, facendola tornare al vasello del corposuo : cioè che ‘l sentimento del corpo, che eratucto alienato per l’affecto de l'anima, torna alsentimento suo. Però che, non è che l'anima siparta dal corpo, ché ella non si parte se non colmezzo della morte, ma partonsi le potenzie el'affecto de l'anima per amore unito in me. Undela memoria non si truova piena d'altro che di me ;lo intellecto è levato speculando ne l’obiecto dellamia Verità ; I'affecto, che va dietro a l' intellecto,ama e uniscesi in quello che l'occhio de l'intellecto vide.

Congregate e unite tucte insieme questepotenzie, e immerse e affogate in me, perde ilcorpo el sentimento : ché l'occhio vedendo nonvede, l'orecchia udendo non ode, la linguaparlando non parla (se non come alcuna volta,per l’abondanzia [155] del cuore, permectarò che’lmembro della lingua parli per sfogamento delcuore e per gloria e loda del nome mio ; si che

parlando non parla, la mano toccando nontocca, e' piei andando non vanno ; tucte lemembra sonno legate e occupate dal legame esentimento de l'amore. Per lo quale legamesonnosi soctoposte a la ragione e uniti conl’affecto de l'anima, ché, quasi contra sua natura, auna voce tucte gridano a me, Padre etterno, divolere essere separate da l'anima, e l'anima dalcorpo. E però grida, dinanzi da me, col glorioso

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di Pavolo : « O disaventurato a me, chi midissolverebbe dal corpo mio ? Perch' io ho unalegge perversa che impugna contra lo spirito ».

Non tanto diceva Pavolo della impugnazioneche fa el sentimento sensitivo contra lo spirito,ché per la parola mia era quasi certificato quandogli fu decto : u Pavolo, bastiti la grazia mia ». Maperché il diceva ? perché, sentendosi Pavololegato nel vasello del corpo, el quale gl'impedivaper spazio di tempo la visione mia (cioè infino al'ora de la morte), l'occhio era legato a non poterevedere me, Trinitá etterna, nella visione de' beatiimmortali che sempre rendono gloria e loda alnome mio, ma trovavasi fra' mortali che sempreoffendono me, privato della mia visione, cioè divedermi ne l’essenzia mia.

None che esso e gli altri servi miei non miveggano e gustino, non in essenzia, ma in affectodi caritá in diversi modi, secondo che piace a labontá mia di manifestare me medesimo a voi ; maogni vedere, che l'anima riceve mentre che è nelcorpo mortale, è una tenebre a rispecto del vedereche ha l'anima separata dal corpo. Si che pareva aPavolo che’l sentimento del vedere impugnasse ilvedere dello spirito, cioè che ‘l sentimento umanodella grossezza del corpo impedisse l'occhio de l'intellecto, che non lassava vedere me a faccia afaccia. La volontà gli pareva che fusse legata anon potere tanto amare quanto desideravad'amare, perché ogni amore in questa vita è

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imperfecto infino che non giogne a la suaperfeczione.

None che l'amore di Pavolo o degli altri veriservi miei fusse imperfecto a grazia e aperfeczione di caritá (ché egli era perfecto), maera imperfecto ché non aveva sazietà nel suo[156] amore ; unde era con pena. Ché se fussestato pieno el desiderio di quello che egli amava,non avarebbe avuta pena ; ma perché l'amoreperfectamente, mentre che egli è nel corpomortale, non ha quel che egli ama, però ha pena.Ma, separata l'anima dal corpo, ha pieno ildesiderio suo, e però ama senza pena. È saziata, edi longa è il fastidio da la sazietà ; essendo saziata,ha fame, ma di longa è la pena da la fame, perché,separata l'anima dal corpo, è ripieno el vasello suoin me in veritá, fermato e stabilito che non puòdesiderare cosa che non abbi. Desiderando divedere me, egli mi vede a faccia a faccia ;desiderando di vedere la gloria e loda del nomemio ne' sancti miei, egli la vede si nella naturaangelica e si nella natura umana.

CAPITOLO LXXX. COME LI MONDANI RENDONO GLORIA E LODA A DIO, VOGLIANO ESSI O NO.

– E tanto è perfecto el suo vedere che nontanto ne' cittadini che sonno a vita etterna manelle creature mortali vede la gloria e loda delnome mio ; ché, o voglia el mondo o no, egli mi

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rende gloria. Vero è che non me la rende per lomodo che debba, amando me sopra ogni cosa.Ma da la parte mia Io trago di loro gloria e loda alnome mio, cioè che in loro riluce la misericordiamia e l'abbondanzia della mia carità, prestando eltempo, non comandando a la terra che gl'inghioctisca per li difecti loro. Anco gli aspecto, ea la terra comando che lo' doni de' fructi suoi, alsole che gli scaldi e dia lo' la luce e ‘l caldo suo, alcielo che si muova ; e in tucte quante le cosecreate facte per loro Io uso la mia misericordia ecarità, non sottraendole per li difecti loro. Anco ledo al peccatore come al giusto, e spesse volte piúal peccatore che al giusto, perché il giusto, che èapto a portare, il privarò del bene della terra perdarli piú abondantemente del bene del cielo. Siche la misericordia mia e caritá riluce sopra diloro. [157]

Alcuna volta, nelle persecuzioni ch'e' servi delmondo faranno a' servi miei, provando in loro lavirtú della pazienzia e della carità, offerendo ilservo mio, che sostiene, umili e continue orazioni,me ne torna gloria e loda al nome mio. Si che, ovoglia quello iniquo o no, me ne torna gloria ;poniamo che ‘l suo rispecto non fusse per ciò, maper farmi vituperio.

CAPITOLO LXXXI. COME EZIANDIO LI DEMÒNI RENDONO GLORIA E LODA A DIO.

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– Questi stanno in questa vita ad aumentarela virtú ne' servi miei, si come le dimonia stannone l'inferno come miei giustizieri e aumentatori :cioè facendo giustizia de' dannati, e aumentatori ale creature mie che sonno viandanti e peregrine inquesta vita, facte per giognere a me termine loro.Essi gli aumentano exercitandóli in virtú conmolte molestie e temptazioni in diversi modi :facendo fare ingiuria l'uno a l'altro, e tòllare lecose l'uno dell'altro non solamente per le cose oper la ingiuria, ma per privarli della caritá.Credendo privare i servi miei, ed essi glifortificano, provando in loro la virtú dellapazienzia, fortezza e perseveranzia.

Per questo modo rendono gloria e loda alnome mio, e cosi s'adempie la mia veritá in loro,che gli avevo creati per gloria e loda di me Padreetterno e perché participassero la bellezza mia ;ma, ribellando a me per la superbia sua, cadde efu privato della mia visione : onde non mirendono gloria in dileczione d'amore. Ma Io,Verità etterna, gli ho messi.per strumento adexercitare e' servi miei nella virtú, e comegiustizieri di coloro che per li loro difecti vanno al’ecterna dannazione, e cosí di coloro che vanno ale pene del purgatorio. Si che vedi che egli è laveritá che la veritá mia è adempita in loro, cioèche mi rendono gloria non come cittadini di vitaetterna (ché ne sonno privati per li loro difecti)ma come miei giustizieri, manifestando per loro la

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giustizia mia sopra e' dannati e sopra quegli delpurgatorio. [158]

CAPITOLO LXXXII. COME L'ANIMA, POI CHE È PASSATA DI QUESTA VITA, VEDE PIENAMENTE LA GLORIA E LODA DEL NOME DI DIO IN OGNI CREATURA. E COME IN ESSA È FINITA LA PENA DEL DESIDERIO, MA NON EL DESIDERIO.

– Questo chi el vede e gusta : che in ognicosa creata, e nelle creature che hanno in lororagione, e nelle dimonia si vega la gloria e loda delnome mio ? L'anima che è denudata dal corpo egionta a me, fine suo, vede schiectamente, e nelsuo vedere cognosce la veritá. Vedendo me,Padre etterno, ama ; amando, è saziato ; saziato,cognosce la veritá ; cognoscendo la veritá, èfermatà la volontà sua nella volontà mia e legata estabilita per modo che in veruna cosa puòsostenere pena, perché egli ha quello chedesiderava d'avere prima di vedere me, e divedere la gloria e loda del nome mio.

Egli la vede a pieno in veritá ne' sancti miei enegli spiriti beati e in tucte l'altre creature e nelledimonia, come decto t'ho. E poniamo che ancovega l'offesa che è facta a me, della quale in primaaveva dolore : ora non ne può avere dolore, macompassione senza pena, amandoli e semprepregando me con affecto di caritá ch' Io faccimisericordia al mondo.

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È terminata in loro la pena ma non la carità :si come al Verbo del mio Figliuolo in su la croce,nella penosa morte, terminò la pena del crociatodesiderio che egli aveva portato dal principio cheIo el mandai nel mondo infino a l'ultimo dellamorte per la salute vostra ; ma non terminòl’affecto della vostra salute, ma si la pena. Ché sel’affecto della mia carità, la quale per mezzo di luivi mostrai, fusse alora terminata e finita in voi, voinon sareste, perché sète facti per amore : sel'amore fusse ritracto a me, che Io non amassel'essere vostro, voi non sareste. Ma l'amore mio vicreò, e l'amore mio vi conserva. E perché Io so'una cosa con la mia Verità, ed egli, Verboincarnato, con meco, fini la pena del desiderio enon l'amore del desiderio. [159]

Vedi dunque che i santi e ogni anima che è advita ecterna hanno desiderio della salutedell'anime senza pena, però che la pena terminònella morte loro, ma none l’affecto della caritá.Anche, come ebbri nel sangue dello inmaculatoAgnello, vestiti della caritá del proximo,passarono per la porta strecta, bagnati nel sanguedi Cristo crucifixo, e trovaronsi in me, marepacifico, levati dalla imperfeczione, cioè dallainsazietà, e giunti alla perfeczione saziati d'ognibene.

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CAPITOLO LXXXIII. COME, POI CHE SANCTO PAULO APPOSTOLO FU TRACTO A VEDERE LA GLORIA DE' BEATI, DESIDERAVA D'ESSERE SCIOLTO DAL CORPO ; LA QUAL COSA FANNO ANCHE QUELLI CHE SONO GIUNTI AL TERZO E AL QUARTO SANTO STATO PREDECTO.

– Paulo dunque aveva veduto e gustatoquesto bene quando lo el trassi al terzo cielo, cioènell'altezza della Trinitá, gustando e cognoscendola veritá mia, dove egli ricevette ad pieno loSpirito santo e imparò la doctrina della miaVerità, Verbo incarnato. Vestitasi l'anima diPaulo, per sentimento e unione, di me Padreecterno, come i beati della vita durabile, exceptoche l'anima non era separata dal corpo, ma persentimento e unione ; e piacendo alla mia bontádi farlo vasello d'elleczione nell'abisso di meTrinitá ecterna, lo spogliai di me, perché in menon cade pena, e Io volevo che sostenesse per lonome mio ; e però gli posi per obiecto Cristocrucifixo dinanzi ad l'occhio dell' intellecto suo,vestendoli el vestimento della doctrina sua, legatoe incatenato con la clemenzia dello Spirito santo,fuoco di caritá. Egli, come vasello disposto ereformato dalla bontá mia, perché non feceresistenzia quando fu percosso, anche dixe :« Signore mio, che vuogli tu che io faccia ? Dimiquello che tue vuogli che io faccia, e io el farò » ;lo gliel'insegnai, quando gli posi Cristo crucifixodinanzi ad l'occhio suo, vestendolo della doctrina

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della mia Verità. Illuminato perfectiximamentecol lume della vera contrizione (colla quale spenseel [160] difetto suo), fondato nella mia carità, sivesti della dottrina di Cristo crucifixo. E strinseloper si facto modo, siccome esso ti manifestò, chegiamai no gli fu tracto di dosso : né pertentazione di demonia, né per lo stimolo dellacarne che spesse volte lo impugnava (lassato adlui dalla mia bontá per crescerlo in grazia e inmerito, e per umiliazione, però che egli aveagustata l'altezza della Trinitá) ; neanche pertribolazioni, né per veruna cosa che gli avenisse,allentava el vestimento di Cristo crucifixo, cioè laperserveranzia della doctrina sua, anche, piústrettamente se lo incarnava. E tanto sello strinse,che egli ne die' la vita, e con esso vestimentoritornò ad me, Dio ecterno.

Sicché Paulo avea provato che cosa eragustare me senza la gravezza del corpo,facendogliele Io gustare per sentimento d'unione,ma non per separazione.

Adunque, poi che fu ritornato ad sé, vestitodel vestimento di Cristo crocifixo, allaperfeczione dell'amore che in me aveva gustata eveduta e che i santi gustano separati dal corpo, glipareva, el suo, impertecto. E però gli pareva chela gravezza del corpo gli ribellasse, cioè chegl'impedisse la grande perfeczione della sazietàdel desiderio, che riceve l'anima doppo la morte.Onde la memoria gli pareva imperfecta e debole,

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come ella è, per la quale debilezza eimperfeczione gl'impediva di potere ritenere edessere capace e ricevere e gustare me in veritá conquella perfeczione che mi ricevono i santi. E perògli pareva che ogni cosa, mentre che stava nelcorpo suo, gli fuxe una legge perversa cheimpugnasse e ribellasse contro allo spirito. Non diimpugnazione di peccato, però che giá ti dixi chelo el certificai dicendo : « Paulo, bastiti la graziamia » ; ma di impugnazione che faceva diimpedire la perfeczione dello spirito, cioè divedere me nell'essenzia mia, el quale vedere eraimpedito dalla legge e gravezza del corpo. E perògridava : « Disaventurato uomo, chi midissolverebbe dal corpo mio ? ché io ho una leggeperversa, legata nelle menbra mie, che impugnacontro allo spirito ». E cosí è la veritá : però che lamemoria è impugnata dalla imperfeczionecorporale ; lo intelletto è impedito e legato, perquesta grossezza del corpo, di non vedere mecome [161 ] Io sono nell'essenzia mia ; e lavolontà è legata, cioè che non può giugnere colpeso del corpo a gustare me, senza pena, Dioecterno, per lo modo che decto t'ho. Sicché Paulodiceva la veritá : che egli aveva una legge perversalegata nel corpo che impugnava contro allospirito. E così. questi miei servi, de' quali io tidicevo che erano giunti al terzo e al quarto statodella perfecta unione che fanno in me, gridanocon lui volendo essere sciolti dal corpo e separati.

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CAPITOLO LXXXIV. PER QUALI CAGIONI L'ANIMA DESIDERA D'ESSERE SCIOLTA DAL CORPO. LA QUALE COSA NON POTENDO ESSERE,NON DISCORDA PERÒ DALLA VOLONTÀ DI DIO ; MA PIÚ TOSTO SI GLORIA IN QUESTA E IN OGNI ALTRA PENA PER ONORE DI DIO.

– Questi non sentono malagevolezza dellamorte, però che n'hanno desiderio, e con odioperfecto hanno facto guerra col corpo loro ; ondehanno perduta la tenerezza che naturalmente è fral'anima e ‘l corpo : sicché, dato el botto all'amorenaturale, con odio della vita del corpo suo e conamore di me, desidera la morte. E però dice :« Chi mi dissolverebbe dal corpo mio ? Iodesidero d'essere sciolta dal corpo ed essere conCristo ». E dicono ancora questi cotali colmedeximo Paulo : « La morte m'è in dexiderio ela vita impazienzia ». Però che l'anima levata inquesta perfetta unione desidera di vedere me e divedermi rendere gloria e loda. Onde, tornandopoi alla nuvila del corpo suo, tornando, dico, elsentimento nel corpo (el quale sentimento eratratto in me per affetto d'amore, siccome lo tidixi, cioè che tutti e' sentimenti del corpo eranotratti per la forza dell'affetto dell'anima, unita inme piú perfettamente che non è l'unione tral'anima e ‘l corpo) ; traendo dunque ad me questaunione (però che giá ti dixi che il corpo non erasufficiente a portare la continua unione), lo miparto per unione, ma non per grazia né per

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sentimento, come nel secondo e terzo stato ti fecimenzione, e sempre torno con piú acrescimentodi [162] grazia e con piú perfetta unione. Onde,sempre di nuovo e con piú altezza ecognoscimento della mia veritá, torno,manifestando me medeximo a loro. E quando Iomi parto, per lo modo detto, perché il corpo torniun poco al sentimento suo, dico che per l'unioneche Io avevo fatta nell'anima, e l'anima in me,tornando ad sé, cioè al sentimento del corpo, èimpaziente nel vivere, vedendosi levata dal'unione di me, levandosi da la conversazionedegl' inmortali e trovandosi con la conversazionede' mortali, vedendo offendere me tantomiserabilemente.

Questo è il crociato desiderio che eglinoportano vedendomi offendere da le mie creature.Per questo e per lo desiderio di vedermi, l'èincomportabile la vita loro ; e nondimeno, perchéla volontà loro non è loro, anco è fatta una cosacon meco per amore, non possono volere nédesiderare altro che quello ch' Io voglio.Desiderando el venire, sonno contenti dirimanere, se Io voglio che rimangano con loropena, per piú gloria e loda del nome mio e salutede l'anime. Si che in veruna cosa si scordano da lamia volontà, ma corrono con espasimatodesiderio, vestiti di Cristo crocifixo, tenendo perlo ponte della dottrina sua, gloriandosi degliobrobri e pene sue. Tanto si dilettano quanto si

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veggono sostenere ; anco, nel sostenere de lemolte tribulazioni, a loro è uno refrigerio neldesiderio della morte, che, spesse volte, per lodesiderio e volontà del sostenere mitiga la penache essi hanno d'essere sciolti dal corpo.

Costoro non tanto che portino con pazienzia,come nel terzo stato ti dixi, ma essi si gloriano,per lo nome mio, portare molte tribolazioni.Portando, hanno diletto ; non portando, hannopena temendo che el loro bene adoperare non elvoglia remunerare in questa vita, o che non siapiacevole a me il sacrificio de' loro desidèri : masostenendo, permettendo lo' le molte tribolazioni,essi si rallegrano, vedendosi vestire delle pene eobrobri di Cristo crocifixo. Unde, se lo' fussepossibile d'avere virtú senza fadiga, non lavorrebbero, ché piú tosto si vogliono dilectare incroce con Cristo e con pena acquistare le virtú,che per altro modo avere vita etterna. [163]

Perché ? perché sonno affogati e annegati nelSangue, dove truovano l'affocata mia carità ; laquale caritá è uno fuoco, che procede da me, cherapisce il cuore e la mente loro, acceptando elsacrificio de' loro desidèri. Unde si leva l'occhiode l'intelletto specolandosi nella mia Deitá, dovel'affetto si notrica e si unisce, tenendo dietro al'intelletto. Questo è uno vedere per grazia infusache Io fo ne l'anima che in veritá ama e serve me.

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CAPITOLO LXXXV. COME QUELLI CHE SONO GIONTI AL PREDETTO STATO UNITIVO, SONO ILLUMINATI NELL'OCCHIO DELL'INTELLETTO LORO DI LUME SOPRANATURALE INFUSO PER GRAZIA ; E COME È MEGLIO ANDARE PER CONSIGLIO DE LA SALUTE DELL'ANIMA AD UNO UMILE CON SANCTA COSCIENZIA, CHE A UNO SUPERBO LICTERATO.

– Con questo lume, il quale è posto nel'occhio de l' intellecto, mi vidde Tomaso, undeacquistò el lume della molta scienzia. Agustino,Ieronimo e gli altri dottori e sancai miei, illuminatidalla mia veritá, intendevano e cognoscevanonelle tenebre la mia veritá ; cioè che la sanctaScriptura, che pareva tenebrosa perché non eraintesa, non per difetto della Scriptura ma dellointenditore che non intendeva. E però Io mandaiqueste lucerne ad illuminare gli accecati e grossiintendimenti. Levavano l'occhio de l'intelletto percognoscere la veritá nella tenebre, come detto è.E Io, fuoco acceptatore del sacrificio loro, glirapivo, dando lo' lume non per natura ma sopraogni natura, e nella tenebre ricevevano el lumecognoscendo la veritá per questo modo.

Unde, quella che alora appareva tenebrosa,appare ora con perfectissimo lume a' grossi e a'sottili di qualunque maniera gente si sia. Ogniunoriceve secondo la sua capacità e secondo che essosi vuole disponere a cognoscere me, perch'Ionone spregio le loro disposizioni. Si che vedi che

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l'occhio de l'intellecto ha ricevuto lume infuso pergrazia sopra del lume naturale, nel quale i dottorie gli altri sancai cognobbero la luce [164] nellatenebre, e di tenebre si fece luce, però che lo'ntellecto fu prima che fusse formata la Scriptura ;unde da l' intellecto venne la scienzia, perché nelvedere discerse.

Per questo modo discersero e intesero e'sancti padri e profeti che profetavano del’avenimento e morte del mio Figliuolo. Perquesto modo ebbero gli apostoli doppol’avenimento dello Spirito sancto, che lo' donòequesto lume sopra el lume naturale. Questoebbero evangelisti, doctori, confessori, vergini emartiri ; e tutti sono stati illuminati da questoperfetto lume ; e ogniuno avutolo in diversi modi,secondo la necessità della salute sua e della salutede le creature, e a dichiarazione della sanctaScriptura. Si come fecero e' sancti doctori, nellascienzia dichiarando la dottrina della mia Verità,la predicazione degli appostoli, le sposizioni soprae' vangeli de' vangelisti ; e' martiri, dichiarando nelsangue loro el lume della sanctissima fede, elfrutto e il tesoro del sangue de l'Agnello ; levergini, ne l’affecto della caritá e purità ; negliobedienti è dichiarata l’obedienzia del Verbo, cioèmostrando la perfeczione de l'obedienzia, la qualeriluce nella mia Verità, che, per l’obedienzia ch' Iogl'imposi, corse a l’obrobriosa morte della croce.

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Tutto questo lume e' si vede nel vecchio e nelnuovo Testamento. Nel vecchio, le profezie de'sancti profeti, fu veduto e cognosciuto da l'occhiode l'intelletto col lume infuso per grazia da mesopra el lume naturale, come detto t'ho. Nelnuovo Testamento della vita evangelica, con cheè dichiarata a' fedeli cristiani ? con questo lumemedesimo. E perché ella procedeva da unomedesimo lume, non ruppe la legge nuova lalegge vechia, anco si legò insieme ; ma tolsele laimperfeczione, perché ella era fondata solo intimore. Venendo el Verbo de l'unigenito mioFigliuolo, con la legge de l'amore la compí,dandole l'amore, levando el timore della pena erimanendo el timore sancto. E però dixe la miaVerità a' discepoli per dimostrare che Egli non erarompitore della legge : « lo non so' venuto adissolvere la legge, ma adempirla ». Quasi dicessela mia Verità a loro : – La legge è ora imperfetta,ma col sangue mio la farò perfetta, e cosí lariempirò di quello che [165] ora le manca,tollendo via el timore della pena e fondandola inamore e in timore sancto.

Chi la dichiarò che questa fusse la veritá ? Ellume che fu dato ed è dato a chi el vuole ricevereper grazia sopra el lume naturale, come detto è. Siche ogni lume che esce della sancta Scriptura èuscito ed esce da questo lume. E però gl'ignorantisuperbi scienziati aciecano nel lume, perché lasuperbia e la nuvila de l'amore proprio ha

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ricoperta e tolta questa luce : però intendono piúla Scriptura licteralmente che con intendimento ;e però ne gustano la lettera rivollendo molti libri,e non gustano il merollo della Scriptura, perchés'hanno tolto el lume con che è formata edichiarata la Scriptura. Unde questi cotali simaravigliano e cadranno nella mormorazionevedendo molti grossi e idioti nel sapere laScriptura sancta, e nondimeno sonno tantoilluminati nel cognoscere la veritá come se longotempo l'avessero studiata. Questa non èmaraviglia neuna, perché egli hanno la principalecagione del lume unde venne la scienzia. Maperché essi superbi hanno perduto el lume, nonveggono né cognoscono la bontá mia, né el lumedella grazia infusa sopra de' servi miei.

Unde Io ti dico che molto è meglio andareper consiglio della salute de l'anima a uno umilecon sancta e dritta coscienzia, che a uno superboletterato studiante nella molta scienzia, perchécolui non porge se non di quello che elli ha in sé,unde, per la tenebrosa vita, spesse volte el lumedella sancta Scriptura porgerà in tenebre. Elcontrario trovarà ne' servi miei, ché el lume chehanno in loro, quello porgono con fame edesiderio de la salute sua.

Questo t'ho detto, dolcissima figliuola mia,per farti cognoscere la perfeczione di questounitivo stato, dove l'occhio de l' intellecto è rapitodal fuoco della caritá mia, nella quale caritá

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ricevono el lume sopranaturale. Con esso lumeamano me, perché l'amore va dietro a l' intellecto,e quanto piú cognosce, piú ama, e quanto piúama, piú cognosce. Cosí l'uno nutrica l'altro.

Con questo lume giongono a l'etterna miavisione, dove veggono e gustano me in veritá,separata l'anima dal corpo, si [166] come Io ti dixiquando ti contiai della beatitudine che l'animariceveva in me. Questo è quello statoexcellentissimo che, essendo anco mortale, gustatra gl' inmortali. Unde spesse volte viene a tantaunione, che a pena che egli sappi se egli è nelcorpo o fuore del corpo, e gusta l'arra di vitaetterna si per l'unione che ha fatta in me e siperché la volontà è morta in sé, per la qualemorte fece unione in me, che in altro modoperfettamente non la poteva fare. Adunquegustano vita etterna, privati de lo 'nferno dellapropria volontà, la quale dá una arra d'inferno al'uomo che vive a la volontà sensitiva, si come Ioti dissi.

CAPITOLO LXXXVI. REPETIZIONE UTILE DI MOLTE COSE GIA DETTE ; E COME DIO INDUCE QUESTA DEVOTA ANIMA A PREGARLO PER OGNI CREATURA E PER LA SANCTA CHIESA.

– Ora hai veduto con l'occhio de l'intellettotuo ed hai udito con l'orecchia del sentimento dame, Verità etterna, che modo ti conviene tenere afare utilitá, a te e al proximo tuo, di dot trina e di

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cognoscere la mia veritá, si come nel principio tidixi che a cognoscimento della veritá si viene perlo cognoscimento di te : non puro cognoscimentodi te, ma condito e unito col cognoscimento dime in te. Unde hai trovato umilità, odio edispiacimento di te, e il fuoco della mia caritá perlo cognoscimento che trovasti di me in te ; undevenisti ad amore e dileczione del proximo,facendo a lui utilitá di dottrina e di sancta e onestavita.

Anco t'ho mostrato el ponte come egli sta, edhotti mostrato e' tre scaloni generali posti per letre potenzie de l'anima ; e come veruno può averela vita della grazia se non gli saglie tutti e tre, cioèche sieno congregati nel nome mio. E anco te gliho manifestati in particolare per li tre stati del'anima figurati nel Corpo de l'unigenito mioFigliuolo, del quale ti dixi che egli aveva factoscala del Corpo suo, mostrandolo ne' [167] pieiconfitti, e ne l’apritura del lato, e nella bocca dovegusta l'anima la pace e la quiete, per lo modo chedetto è.

E botti mostrata la imperfeczione del timoreservile e la imperfeczione de l'amore, amando meper dolcezza ; e la perfeczione del terzo stato dicoloro che sonno gionti a la pace della bocca,essendo corsi con ansietato desiderio per lo pontedi Cristo crocifixo, salendo e' tre scaloni generali,cioè d'avere congregate le tre potenzie de l'anima,dove congrega tutte le sue operazioni nel nome

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mio, si come di sopra ti spianai piú chiaramente ;e de' tre scaloni particolari e' quali ha saliti,passato dallo stato imperfetto al perfetto. E tosigli hai veduti córrire in veritá, e fattati gustare laperfeczione de l'anima con l'adornamento dellevirtú, e gl'inganni che riceve prima che gionga a lasua perfeczione, se essa non essercita el temposuo nel cognoscimento di sé e di me.

Anco t'ho dichiarata la miseria di coloro chevanno annegandosi per lo fiume, non tenendo perlo ponte della dottrina della mia Verità, el qualeIo vi posi perché voi none annegaste ; ma eglino,come matti, sono voluti annegare nella miseria epuzza del mondo.

Tutto questo t'ho dichiarato per farti crescereil fuoco del sancto desiderio e la compassione edolore della dannazione de l'anime, acciò che ‘ldolore e l'amore ti costringa a strignere me conlagrime e sudori : con lagrime de l'umile econtinua orazione offerta a me con fuocod'ardentissimo desiderio. E non solamente per te,ma per molte altre creature e servi miei chel'udiranno. Saranno costretti da la mia caritá (cosíinsiememente tu e gli altri servi miei) di pregare estrignere me a fare misericordia al mondo e alcorpo mistico della sancta Chiesa per cui tu tantomi preghi.

Perché giá ti dissi, se ben ti ricorda, che Ioadempirei e' desidèri vostri dandovi refrigerionelle vostre fadighe, cioè satisfacendo a' penosi

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vostri desidèri, donando la reformazione dellasancta Chiesa di buoni e sancti pastori : non conguerra, come Io ti dixi, né con coltello nécrudeltá, ma con pace e quiete, lagrime e sudoride' servi miei, e' quali v'ho messi [168] comelavoratori dell'anime vostre e di quelle delproximo, e nel corpo mistico della sancta Chiesa.In voi, lavorare in virtú : nel proximo e nellasancta Chiesa, in exemplo e in doctrina, econtinua orazione offerire a me per lei e per ognicreatura ; parturendo le virtú sopra del proximovostro per lo modo che decto t'ho. Perché giá tidixi che ogni virtú e difecto si faceva eaumentavasi sopra del proximo.

E però voglio che facciate utilitá al proximovostro ; e per questo modo darete de' fructi dellavigna vostra. Non vi ristate di gittarmi oncensod'odorifere orazioni per salute de l'anime e perch'Io voglio fare misericordia al mondo, e con esseorazioni e sudori e lagrime lavare la faccia dellasposa mia, cioè della sancta Chiesa, perché giá tela mostrai in forma d'una donzella lordata tucta lafaccia sua, quasi come lebbrosa. Questo era per lodifecto de' ministri, e di tucta la religione cristiana,che al pecto di questa sposa si notricano. De'quali difecoi lo in un altro luogo ti narrarò.

CAPITOLO LXXXVII. COME QUESTA DEVOTA

ANIMA FA PETIZIONE A DIO DI VOLERE SAPERE DE LI STATI E FRUCTI DE LE LAGRIME.

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Alora quella anima, ansietata di grandissimodesiderio, levandosi come ebbra si per l'unioneche era facta in Dio e sí per quello che avevaudito e gustato da la prima dolce Verità, eansietata di dolore della ignoranzia delle creaturedi non cognoscere il loro benefactore e l'affectodella caritá di Dio (e nondimeno aveva unaallegrezza d'una speranza della promessa che laveritá di Dio aveva (acta a lei, insegnandole elmodo che ella dovesse tenere, ed ella e gli altriservi di Dio, per volere che egli facciamisericordia al mondo) ; levando l'occhio de l’intellecto nella dolce Verità dove stava unita,volendo alcuna cosa sapere sopra de' decti stati del'anima che Dio aveva a lei narrati, vedendo chel'anima passa agli stati con lagrime ; [169] e peròvoleva sapere da la Verità la differenzia dellelagrime, e come erano facte, e unde procedevano,e il fructo che seguitava doppo el pianto.

Volendo adunque saperlo da la prima dolceVerità únde procedevano le decte lagrime, e diquante fussero ragioni lagrime, perché la veritánon si può cognoscere altro che da essa Verità,però dimanda la Verità. E nulla cosa si cognoscenella Verità che non si vegga con l'occhio de l'intellecto, unde è bisogno, a chi vuolecognoscere, che si levi con desiderio di volerecognoscere col lume della fede nella Verità,aprendo l'occhio de l'intellecto con la pupilla dellafede ne l'obbiecto della Verità.

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Poi che ebbe cognosciuto, perché non l'eraescito di mente la doctrina che le die' la Verità,cioè Dio, che per altra via non poteva saperequello che desiderava di sapere degli stati e fructidelle lagrime, levò sé sopra di sé con grandissimodesiderio oltre a ogni modo, e col lume della fedeviva upriva l'occhio de l' intellecto suo nellaVerità etterna, nella quale vide e cognobbe laveritá di quello che dimandava. ManifestandoleDio se medesimo, cioè la benignità sua,conscendendo a l’affocato desiderio, adempiva lasua petizione.

CAPITOLO LXXXVIII. COME SONO CINQUE MANIERE DI LAGRIME.

Alora diceva la Verità prima dolce di Dio : –O dilectissima e carissima figliuola, tu m'adimandidi volere sapere delle ragioni delle lagrime e de'fructi loro ; e Io non ho spregiato el desideriotuo. Apre bene l'occhio de l'intellecto, emostrarocti, per li decti stati de l'anima checontiati t'ho, le lagrime imperfecte fondate neltimore.

Ma prima, delle lagrime degl' iniqui uominidel mondo. Queste sonno lagrime di dannazione.

Le seconde sonno quelle del timore, di coloroche si levano dal peccato per timore della pena, eper timore piangono. [170]

El terzo è di coloro che, levati dal peccato,cominciano a gustare me, e con dolcezza

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piangono, e comincianmi a servire ; ma, perché èimperfecto l'amore, è imperfecto el pianto, sicome Io ti narrarò.

El quarto è di coloro che gionti sonno aperfeczione nella caritá del proximo, amando mesenza rispecto veruno di sé. Costoro piangono, eil pianto loro è perfecto.

El quinto è unito col quarto : sonno lagrimedi dolcezza gictate con grande suavità, si come disocto distesamente ti dirò. Anco ti narrarò dellelagrime del fuoco, senza lagrima d'occhio, persatisfare a coloro che spesse volte desiderano elpianto e non el possono avere. E voglio che tusappi che tucti questi diversi stati possono esserein una anima levandosi dal timore e da l'amoreimperfecto e giognendo a la caritá perfecta e al'unitivo stato.

Ora ti comincio a narrare delle dette lagrimeper questo modo.

CAPITOLO LXXXIX. DE LA DIFFERENZIA D'ESSE LAGRIME, DISCORRENDO PER LI PREDECTI STATI DELL'ANIMA.

– Io voglio che tu sappi che ogni 1agrimaprocede dal cuore, perché neuno membro è nelcorpo che voglia tanto satisfare al cuore quantol'occhio. Se egli ha dolore, l'occhio el manifesta ; ese egli è dolore sensitivo, gitta lagrime cordiali chegenerano morte, perché procedevano dal cuore,perché l'amore era disordinato fuore di me ; e

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perché egli è disordinato, però è con offesa di mee riceve mortale dolore e lagrime. È vero che lagravezza della colpa e pianto è piú grave e meno,secondo la misura del disordinato amore. Questisonno quelli primi che hanno lagrime di morte,de' quali Io t'ho decto e dirò.

Ora comincia a vedere le lagrime checominciano a dare vita, cioè di coloro che,cognoscendo le colpe loro, per timore della penacominciano a piangere. Queste sonno lagrimecordiali e [171] sensitive, cioè che, non essendoancora al perfectissimo odio della colpacommessa per l'offesa facta a me, levansi con unocordiale dolore per la pena che lo' séguita doppoel peccato commesso ; e però l'occhio piagneperché vuole satisfare al dolore del cuore.

Ed exercitandosi l'anima a la virtú, comincia aperdere il timore, perché cognosce che solo eltimore non è sufficiente a darli vita etterna, sicome nel secondo stato dell'anima Io ti narrai. Eperò si leva con amore a cognoscere se medesimae la mia bontá in sé, e comincia a pigliaresperanza della misericordia mia, nella quale ilcuore sente allegrezza. Mescolato el dolore dellacolpa con allegrezza della speranza della divinamia misericordia, l'occhio alora comincia apiangere : la quale lagrima esce della fontana delcuore. Ma perché ancora non è gionta a la grandeperfeczione, spesse volte gitta lagrime sensuali. Setu mi dimandi : – Per che modo ? – rispondoti :

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Perché la radice de l'amore proprio di sé non èd'amore sensitivo (che giá v'è levato per lo mododecto), ma è uno amore spirituale quando l'animaappetisce le spirituali consolazioni, delle qualidistesamente ti dixi la imperfeczione loro, omentali o con mezzo d'alcuna creatura amata dispirituale amore. Quando è privata di quella cosache ama, cioè delle consolazioni o dentro o difuore (dentro, per consolazione che abbi tracta dame ; o di fuore, della consolazione che aveva dallacreatura), e sopravenendo le temptazioni opersecuzioni dagli uomini, el cuore ha dolore : esubbito l'occhio, che sente il dolore e la pena delcuore, comincia a piangere d'uno pianto tenero ecompassionevole a se medesima, d'unacompassione spirituale di proprio amore, perchénon è ancora conculcata e annegata la propriavolontà in tucto. Per questo modo gitta lagrimesensuali, cioè di spirituale passione.

Ma, crescendo ed exercitandosi nel lume delcognoscimento di sé, concipe uno dispiacimentoin se medesima e odio perfecto di se medesima,unde traie uno cognoscimento vero della miabontá con uno fuoco d'amore, e comincia a unirsie conformare la volontà sua con la mia. E cosícomincia a sentire [172] gaudio e compassione :gaudio in sé per l'affetto de l'amore, ecompassione al proximo, si come nel terzo statoIo ti narrai. Subbito l'occhio, che vuole satisfare alcuore, geme nella caritá mia e del proximo suo

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con cordiale amore, dolendosi solo de l'offesa miae del dapno del proximo e non di pena né dannoproprio di sé, perché non pensa di sé, ma solopensa di potere rendere gloria e loda al nomemio ; e con espasimato desiderio si diletta diprendere il cibo in su la mensa della sanctissimacroce, cioè conformandosi con l'umile, paziente einmaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo, delquale feci ponte, come detto è.

Poi che cosí dolcemente è ita per lo ponte,seguitando la doctrina della dolce mia Verità, epassata per questo Verbo, sostenendo con vera edolce pazienzia ogni pena e molestia, secondo cheIo ho permesso per la salute sua, ella virilmentel'ha ricevute, none eleggendole a suo modo ma amio ; e non tanto che porti con pazienzia, comeIo ti dixi, ma con allegrezza sostiene. E recasi inuna gloria d'essere perseguitata per lo nome mio,pure che abbia di che patire. Alora viene l'anima atanto diletto e tranquillità di mente, che non èlingua sufficiente a poterlo narrare.

Passata col mezzo di questo Verbo (cioè perla doctrina de l'unigenito mio Figliuolo), fermatol'occhio de l'intelletto in me, dolce prima Verità,veduta la cognosce, e cognoscendo l'ama. Trattol'affetto dietro a l' intelletto, gusta la Deitá miaetterna, la quale cognosce, e vede essa naturadivina unita con la vostra umanità. Riposasi alorain me, mare pacifico. El cuore è unito per affettod'amore in me, si come nel quarto unitivo stato ti

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dixi. Nel sentimento di me, Deitá etterna, l'occhiocomincia a versare lagrime di dolcezza, chedrittamente sonno uno latte che nutrica l'anima invera pazienzia. Queste lagrime sonno unounguento odorifero che gicta odore di grandesoavità.

O dilettissima figliuola mia, quanto è gloriosaquella anima che cosí realmente ha saputotrapassare dal mare tempestoso a me, marepacifico, e impíto el vaso del cuore suo nel maredi me, somma ed etterna Deitá ! E però l'occhio,ch'è uno [173] condotto, s'ingegna, come egli hatracto del cuore, di satisfarli ; e cosí versa lagrime.

Questo è quello ultimo stato dove l'anima stabeata e dolorosa : beata sta per l'unione che hafatta meco per sentimento, gustando l'amoredivino ; dolorosa sta per l'offesa che vede fare ame, bontá e grandezza mia, la quale ha veduta egustata nel cognoscimento di sé e di me, per loquale cognoscimento di sé e di me gionse al'ultimo stato. E non è però impedito lo statounitivo (che dá lagrime di grande dolcezza), per loconoscimento di sé, nella caritá del proximo, nellaquale trovò pianto d'amore della divina miamisericordia e dolore de l'offesa del proximo :piangendo con coloro che piangono e godendocon coloro che godono (ciò sonno coloro chevivono in carità, de' quali l'anima gode vedendorendere gloria e loda a me da' servi miei). Si che ‘lpianto secondo (cioè il terzo) non impedisce

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l'ultimo, (cioè il quarto), Punitivo secondo ; ancocondisce l'uno l'altro. Ché se l'ultimo pianto, dovel'anima ha trovata tanta unione, non avesse tractodal secondo (cioè dal terzo stato della caritá delproximo), non sarebbe perfetto. Si che è dibisogno che si condisca l'uno con l'altro,altrementi verrebbe a presumpzione, nella qualeintrarrebbe uno vento sottile d'una propriareputazione, e cadrebbe da l'altezza infino a labassezza del primo vomito. E però è bisogno diportare e tenere continuo la caritá del proximosuo con vero cognoscimento di sé.

Per questo modo nutricarà el fuoco della miacaritá in sé, perché la caritá del proximo è trattada la caritá mia, cioè da quello cognoscimento chel'anima ebbe conoscendo sé e la bontá mia in sé,unde ella si vidde amare da me ineffabilemente. Eperò con questo medesimo amore che vide in séessere amata, ama ogni creatura che ha in séragione ; e questa è la ragione che l'anima sidistende, subbito che conosce me, ad amare ilproximo suo. Unde, perché vidde, l'amaineffabilemente, si che ama quella cosa che viddeche lo piú amavo.

Poi cognobbe che a me non poteva fareutilitá né rendermi quel puro amore con che sisente essere amata da me ; e però si pone arendermi amore con quello mezzo che Io v'hoposto, [174] cioè il proximo suo, che è quelmezzo a cui dovete fare utilitá (si come Io ti dixi

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che ogni virtú si faceva col mezzo del proximo aogni creatura in comune e in particulare), secondole diverse grazie ricevute da me, dandovele aministrare. Amare dovete di quel puro amore cheIo ho amati voi : questo non si può fare verso dime, perch' Io v'amai senza essere amato e senzaveruno rispecto. E però che v'ho amati senzaessere amato da voi, prima che voi fuste (ancol'amore mi mosse a crearvi a la imagine esimilitudine mia), non el potete rendere a me, madovetelo rendere alla creatura che ha in séragione, amandoli senza essere amato da loro ; eamare senza alcuno rispecto di propria utilitá ospirituale o temporale, ma solo amare a gloria eloda del nome mio, perché è amata da me. Cosíadempirete il comandamento della legge : d'amareme sopra ogni cosa e il proximo come voimedesimi.

Bene è dunque vero che a quella altezza nonsi può giognere senza questo secondo stato, cioèche viene el terzo stato e il secondo a l'unione.Né, poi che è gionto, si può conservare se sipartisse da quello affecto unde pervenne a leseconde lagrime decte ; si come non si puòadempire la legge di me, Dio etterno, senza quelladel proximo vostro, perché sonno due piei del'affecto per cui s'observano e' comandamenti e iconsigli (si com'Io ti dixi) che vi die' la mia Verità,Cristo crocifixo.

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Cosí questi due stati, de' quali è facto uno,notricano l'anima nelle virtú, crescendola nellaperfeczione delle virtú e de l'unitivo stato. Nonche muti altro stato, poi che è gionto a questo ;ma questo medesimo cresce la ricchezza dellagrazia in nuovi e in diversi doni e amirabilielevazioni di mente, si come Io ti dixi, con unocognoscimento di veritá che quasi, essendomortale, pare immortale : perché’l sentimentodella propria sensualità è mortificato, e la volontàè morta per l'unione che ha facta in me.

Oh, quanto è dolce questa unione a l'animache la gusta ! che, gustandola, vede le segrete cosemie, onde spesse volte riceverà spirito di profeziain sapere le cose future. Questo fa la mia bontá,benché l'anima umile sempre le debba spregiare :[175] none l'affecto della mia caritá che do, mal'appetito delle proprie consolazioni, reputandosiindegna della pace e quiete della mente, pernotricare la virtú dentro ne l'anima sua. E nonesta nel secondo stato, ma torna a la valle delconoscimento di sé. Questo le permecto, pergrazia, di darle questo lume acciò che semprecresca, perché l'anima non è tanto perfecta inquesta vita che non possa crescere a maggioreperfeczione, cioè a perfeczione d'amore. Solo eldilecto unigenito mio Figliuolo, capo vostro, fuequello a cui non poté crescere alcuna perfeczioneperché Egli era una cosa con meco e Io con lui ;l'anima sua era beata per l'unione della natura mia

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divina. Ma voi, perregrini membri, sempre sèteapti a crescere in maggiore perfeczione. Non peròad altro stato, come decto è, poi che sète gionti al'ultimo ; ma potete crescere quello ultimomedesimo con quella perfeczione che sarà divostro piacere, mediante la grazia mia.

CAPITOLO XC. REPETIZIONE BREVE DEL PRECEDENTE CAPITOLO. E COME EL DEMONIO FUGGE DA QUELLI CHE SONO GIONTI A LE QUINTE LAGRIME. E COME LE MOLESTIE DEL DIMONIO SONO VERACE VIA DA GIOGNERE A QUESTO STATO.

– Ora hai veduto gli stati delle lagrime e ladifferenzia loro, secondo che è piaciuto a la miaveritá di satisfare al desiderio tuo. Delle prime, dicoloro che sonno in stato di morte (di colpa dipeccato mortale), vedesti che ‘l pianto loroprocede dal cuore generalmente, perché ‘lprincipio de l’affecto, unde venne la lagrima, eracorrocto, e però n'esce corrocto e miserabilepianto e ogni loro operazione.

El secondo stato è di coloro che comincianoa conoscere i loro mali per la propria pena che lo'séguita doppo la colpa. Questo è uno cominciogenerale buonamente dato da me a' fragili, che,come ignoranti, s'anniegano giú per lo fiume,schifando la doctrina della mia veritá ; ma molti emolti sonno quegli che conoscono loro senzatimore servile, cioè di propria pena, e vannosene

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chi, di subbito, con uno grande odio di sé, per lo[176] quale odio si reputa degno della pena ;alcuni con una buona simplicità si dànno servireme, loro Creatore, dolendosi de l'offesa chehanno facta a me. È vero che egli è piú apto agiognere a lo stato perfecto colui che va congrandissimo odio che gli altri, bene che,exercitandosi, l'uno e l'altro giogne ; ma questogiogne prima. Debba guardare l'uno di nonrimanere nel timore servile, e l'altro nellatiepidezza sua, cioè che in quella simplicità, nonexercitandola, non vi s'intepidisse dentro. Si chequesto è uno chiamare comune.

El terzo e il quarto è di coloro che, levati daltimore, sono gionti a l'amore e a speranza,gustando la divina mia misericordia, ricevendomolti doni e consolazioni da me, per le qualil'occhio, che satisfa al sentimento del cuore,piagne ; ma perché ancora è imperfecto,mescolato col pianto sensitivo spirituale, comedecto è, giogne, exercitandosi in virtú, al quarto,dove l'anima, cresciuta in desiderio, uniscesi econformasi con la mia volontà, in tanto che nonpuò volere né desiderare se non quel ch'Io voglio,vestito della caritá del proximo, unde traie unopianto d'amore in sé e dolore de l'offesa mia edanno del proximo suo. Questo è unito con laquinta e ultima perfeczione, dove egli si unisce inveritá, dove è cresciuto ci fuoco del sanctodesiderio, dal quale desiderio ci dimonio fugge e

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non può percuotere l'anima, né per ingiuria che lefusse facta, perché ella è facta paziente nella caritádel proximo, non per consolazione né spiritualené temporale, però che per odio e vera umilità lespregia.

Egli è ben vero che ‘l dimonio da la parte suanon dorme mai, ma insegna a voi negligenti chenel tempo del guadagno state a dormire. Ma lasua vigilia a questi cotali non può nuocere, perchénon può sostenere il calore della caritá loro nél'odore de l'unione che ha facta in me, marepacifico, dove l'anima non può essere ingannatamentre che starà unita in me. Si che fugge comefa la mosca da la pignacta che bolle, per paura cheha del fuoco : se fusse tiepida, non temarebbe, maandarebbevi dentro, benché spesse volte egli viperisce, trovandovi piú caldo che non siimaginava. E cosí diviene de l'anima prima [177]che venga a lo stato perfecto : ci dimonio, perchégli pare tiepida, v'entra dentro con molte diversetemptazioni ; ma, essendovi ponto dicognoscimento e di calore e dispiacimento dellacolpa, resiste, legando la volontà, che nonconsenta, col legame de l'odio del peccato eamore della virtú.

Rallegrisi ogni anima che sente le moltemolestie, perché quella è la via da giognere aquesto dolce e glorioso stato. Perché giá ti dixiche per lo conoscimento e odio di voi e perconoscimento della mia bontá voi venivate a

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perfeczione. Veruno tempo è che si conoscatanto bene l'anima se lo so' in lei, quanto neltempo delle molte bactaglie. In che modo ?Dicotelo : sé conosce bene, vedendosi nellebactaglie e non si può liberare né resistere chenon l'abbia ; può belle resistere a la volontà a nonconsentire, ma in altro no. Alora può conosceresé non essere : ché se ella fusse alcuna cosa per semedesima, si levarebbe quelle che ella non vuole.Cosí per questo modo s'aumilia con veroconoscimento di sé, e col lume della sanctissimafede corre a me, Dio etterno, per la cui bontá sitruova conservare la buona e sancta volontà chenon consente, al tempo delle molte bactaglie, adandare dietro a le miserie nelle quali si sentemolestare.

Bene avete dunque ragione di confortarvi conla doctrina del dolce e amoroso Verbo, unigenitomio Figliuolo, nel tempo delle molte molestie epene, adversità e temptazioni dagli uomini e daldemonio, poi che aumentano la virtú e fanvigiognere a la grande perfeczione.

CAPITOLO XCI. COME QUELLI, CHE DESIDERANO LE LAGRIME DEGLI OCCHI E NON LE POSSONO AVERE, HANNO QUELLE DEL FUOCO. E PER CHE CAGIONE DIO SOTTRAE LE LAGRIME CORPORALI.

– Decto t'ho delle lagrime perfecte eimperfecte, e come tucte escono del cuore. Di

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questo vasello esce ogni lagrima di qualunqueragione si sia, e però tucte si possono chiamare[178] « lagrime cordiali » : solo la differenzia stane l'ordinato o disordinato amore e ne l'amoreperfetto o imperfetto, secondo che detto è disopra.

Restoti ora a dire, a satisfaczione deldesiderio tuo che m'hai domandato, d'alcuni chevorrebbero la perfeczione delle lagrime e nonpare che le possino avere. Hacci altro modo chelagrima d'occhio ? Sì : ècci un pianto di fuoco,cioè di vero e sancto desiderio, el quale siconsuma per affecto d'amore : vorrebbedissolvere la vita sua in pianto per odio di sé esalute de l'anime, e non pare che possa. Dico checostoro hanno lagrima di fuoco, in cui piagne loSpirito sancto dinanzi a me per loro e per loproximo loro. Cioè dico che la divina mia caritáaccende con la sua fiamma l'anima che offeraansietati desidèri dinanzi da me, senza lagrimad'occhio. Dico che queste sono lagrime di fuoco :per questo modo dicevo che lo Spirito sanctopiagneva. Questo non potendo fare con lagrime,offera desidèri di volontà che ha di pianto, peramore di me. Benché, se aprono l'occhio del'intelletto, vedranno che ogni servo mio che gittaodore di sancto desiderio ed umili e continueorazioni dinanzi da me, piagne lo Spirito sanctoper mezzo di lui. A questo modo parbe chevolesse dire il glorioso apostolo Pavolo, quando

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dixe che lo Spirito sancto piagneva dinanzi a me,Padre, con gemito inenarrabile per voi.

Adunque vedi che non è di meno el fruttodella lagrima del fuoco che di quella de l'acqua :anco spesse volte è di maggiore, secondo lamisura de l'amore. E però non debba venire aconfusione di mente, né debbale parere essereprivata di me quella anima che desidera lagrime enon le può avere per lo modo che desidera ; madebbale desiderare con la volontà acordata con lamia e umiliata al si e al no, secondo che piace a ladivina mia bontá. Alcuna volta Io permetto dinon dare lagrime corporalmente, per fare l'animacontinuamente stare dinanzi da me umiliata e concontinua orazione e desiderio gustando me ; chéavere da me quello che essa dimanda non lesarebbe di quella utilitá che essa si crede, mastarebbesi contenta ad avere quello che hadesiderato, e allentarebbe [179] l'affetto e ildesiderio con che ella me l’adimandava. Si che loper acrescimento, e non perché diminuisca,sottrago a me di non darle attuali lagrimed'occhio, ma dolle le mentali solamente di cuore,piene di fuoco della divina mia caritá. Si che inogni stato e in ogni tempo saranno piacevoli ame, pure che l'occhio de l'intelletto non si serrimai col lume della fede da l'obietto della miaveritá etterna con affecto d'amore. Però ch' Io so'medico, e voi infermi ; e do a tutti quello che è di

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necessità e di bisogno a la vostra salute e acrescere la perfeczione ne l'anima vostra.

Questa è la veritá, e la dichiarazione deglistati delle dette lagrime dichiarate da me, Veritàetterna, a te dolcissima mia figliuola. Anniègatidunque nel sangue di Cristo crocifixo, umile,crociato, inmaculato Agnello, unigenito mioFigliuolo, crescendo in continua virtú, acciò che sinutrichi el fuoco della divina mia caritá in te.

CAPITOLO XCII. COME LI QUATRO STATI DI QUESTI PREDETTI CINQUE STATI DE LE LAGRIME

DANNO INFINITE VARIETADI DI LAGRIME. E COME DIO VUOLE ESSERE SERVITO CON COSA INFINITA E NON CON COSA FINITA.

– Questi cinque stati predetti sonno comecinque principali canali de' quali e' quattro dànnoabondanzia e infinite varietà di lagrime, che tuttedànno vita, se sonno exercitate in virtú, comedetto t'ho. Come infinite ? Non dico che inquesta vita siate infiniti in pianto, ma « infinite » lechiamo per lo infinito desiderio de l'anima.

Ora t'ho detto come la lagrima procede dalcuore, e il cuore la porge a l'occhio, avendolaricolta ne l’affocato desiderio : sí come el legnoverde che sta nel fuoco, che per lo caldo gemel'acqua, perché egli è verde (ché, se fusse secco,giá non gemarebbe) ; cosí el cuore, rinverdito perla rinnovazione della grazia, trattane la secchezzade l'amore proprio che disecca l'anima. Si che

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sonno unite fuoco e lagrime, cioè desiderioaffocato. E perché il desiderio non finisce mai,non si sazia [180] in questa vita, ma quanto piúama meno gli pare amare ; e cosi exercita eldesiderio sancto che è fondato in carità, col qualedesiderio l'occhio piagne.

Ma, separata che l'anima è dal corpo e giontaa me, fine suo, non abandona però el desiderioche non desideri me e la caritá del proximo suo ;inperò che la caritá è intrata dentro come donna,portandosene il fructo di tucte l'altre virtú. È veroche termina e finisce la pena, si com' Io ti dissi ;però che, se egli desidera me, esso m'ha in veritásenza alcuno timore di potere perdere quello cheha tanto tempo desiderato. E in questo modo sinotrica la fame : cioè che avendo fame sonnosaziati, e saziati hanno fame, e di longa è ilfastidio dalla sazietà, e di longa è la pena da lafame, perché ine non manca alcuna perfeczione.

Si che il desiderio vostro è infinito : chéaltrementi non varrebbe né avarebbe vita alcunavirtú se fussi solamente servito con cosa finita,perché Io, che so' Dio infinito, voglio essereservito da voi con cosa infinita ; e infinito altronon avete se non l'affecto e il desiderio vostro del'anima. E per questo modo dicevo che eranoinfinite varietà di lagrime, e cosí è la veritá per lomodo che decto ho : per lo infinito desiderio cheera unito con la lagrima. La lagrima, partita chel'anima è dal corpo, rimane di fuore ; ma l'affecto

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della caritá ha tracto a sé el fructo della lagrima econsumatala, si come l'acqua nella fornace : non èche l'acqua sia fuore della fornace, ma el caloredel fuoco l'ha consumata e tracta in sé. Cosíl'anima, gionta a gustare il fuoco de la divina miacarità, è passata di questa vita con l’affecto dellacaritá di me e del prossimo suo, e con l'amoreunitivo col quale gictava la lagrima. E non restanomai di continuamente offerire loro desidèri beatie lagrimosi senza pena : non con lagrimad'occhio, ché ella è diseccata nella fornace, comedecto è ; ma lagrima di fuoco di Spirito sancto.

Veduto hai dunque come sonno infinite, chepure in questa vita medesima non è linguasufficiente a narrare quanti diversi pianti si fannoin questo stato decto. Ma hocti decta ladifferenzia de' quattro stati delle lagrime. [181]

CAPITOLO XCIII. DEL FRUCTO DE LE LAGRIME DEGLI UOMINI MONDANI.

– Restoti a dire del fructo che dá la lagrimagictata con desiderio, e quello che adopera nel'anima. Ma prima ti cominciarò della quinta, dellaquale al principio ti feci menzione, cioè di coloroche miserabilmente vivono nel mondo, facendosiDio delle creature e delle cose create e della loropropria sensualità, unde vi viene ogni danno del'anima e del corpo. Io ti dixi che ogni lagrimaprocedeva dal cuore, e cosí è la veritá, perchétanto si duole il cuore quanto egli ama. Gli

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uomini dei mondo piangono quando el cuoresente dolore, cioè quando è privato di quella cosache egli amava. Ma molto sonno diversi e' piantiloro : sai quanto ? quanto è differente e diversol'amore. E perché la radice è corrocta del proprioamore sensitivo, ogni cosa n'esce corrocta. Egli èuno arbore che non germina altro che fructi dimorte, fiori putridi, foglie macchiate, ramiinchinati infino a terra, percossi da diversi venti :questo è l'arbore de l'anima. Perché tucti sètearbori d'amore, e però senza amore non potetevivere, perché sète facti da me per amore.L'anima che virtuosamente vive pone la radice del’arbore suo nella valle della vera umilità : maquesti che miserabilmente vivono l'hanno postanel monte della superbia ; unde, perché egli è malpiantato, non produce fructo di vita, ma di morte.E' fructi sonno le loro operazioni, e' quali sonnotucti avelenati di molti e diversi peccati : e severuno fructo di buona operazione essi fanno,perché è corrotta la radice, ogni cosa n'esceguasto ; cioè che l'anima che è in peccato mortale,neuna buona operazione che faccia, 1e vale a vitaetterna, perché non sonno facte in grazia. Benchénon debba lassare però la buona operazione,perché ogni bene è remunerato e ogni colpapunita. El bene che è facto fuore della grazia nonè sufficiente né gli vale a vita etterna, come decto[182] è ; ma la divina bontá e mia giustizia daremunerazione imperfecta, come ella è data a me

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l'operazione imperfecta : alcuna volta l'èremunerato in cose temporali, alcuna volta ne glipresto el tempo, si come in un altro luogo, sopraquesta materia, di sopra ti narrai, dandoli spaziopure perché egli si possa correggere. Questo ancoalcuna volta gli farò : che gli darò vita di graziacon alcuno mezzo de' servi miei e' quali sonopiacevoli e accepti a me ; si come feci al gloriosoapostolo Pavolo, che, per l’orazioni di sanctoStefano, si levò da la sua infidelità e persecuzioniche faceva a' cristiani. Si che vedi bene che, inqualunque stato l'uomo si sia, non debba mailassare di b,n fare.

Dicevoti che i fiori erano putridi ; e cosí è laveritá. E' fiori sonno le puzzolenti cogitazioni delcuore (le quali sonno spiacevoli a me), e odio edispiacimento verso el proximo suo. Si comeladro, l'onore ha furato di me, suo Creatore, edatolo a sé. Questo fiore mena puzza di falso emiserabile giudicio, el quale giudicio è in duemodi : l'uno verso di me, giudicando gli occultimiei giudici e ogni mio misterio iniquamente, e inodio quello che Io gli ho facto per amore, e inbugia quello che lo gli ho facto per veritá, e inmorte quello che Io do per vita. Ogni cosacondannano e giudicano secondo el loro infermoparere, perché si sonno aciecati, col proprioamore sensitivo, l'occhio de l'intelletto e ricopertala pupilla della sanctissima fede che non lo' lassavedere né cognoscere la veritá.

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L'altro giudicio ultimo è inverso del proximosuo, unde spesse volte n'esce molto male ; ché ilmisero uomo non cognosce sé, e vuolsi ponere acognoscere il cuore e l’affecto della creatura cheha in sé ragione, e, per una operazione che vedrào parola che oda, vorrà giudicare l'affecto delcuore. Ma e' servi miei sempre giudicano in bene,perché sonno fondati in me, sommo Bene. Maquesti cotali sempre giudicano in male, perchésonno fondati nel miserabile male. De' qualigiudici molte volte ne viene odio, omicidii edispiacimento verso del proximo suo, edilungamento da l'amore della virtú de' servi miei.[183]

Cosí a mano a mano seguitano le foglie, lequali sonno le parole che escono della bocca invitoperio di me e del sangue de l'unigenito mioFigliuolo e in danno del proximo suo. E non sicurano d'altro che di maledire e condepnarel'operazione mie, o di bastemmiare e dire maled'ogni creatura che ha in sé ragione, come factolo' viene, secondo che il loro giudicio porta. Enon tengono a mente (disaventurati a loro !) chela lingua è facta solo per rendere onore a me e perconfessare i difecti loro, e adoperare per amoredella virtú e in salute del proximo. Queste sonnole foglie macchiate della miserabile colpa, perché‘l cuore, unde sonno procedute, non era schiecto,ma molto maculato di doppiezza e di moltamiseria. Quanto pericolo (oltre al danpno

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spirituale della privazione della grazia che ha factane l'anima) esce in danno temporale ! Ché per leparole avete udito e veduto venire mutazioni diStati, disfacimento di città e molti omicidii e altrimali : perché la parola intrò nel mezzo del cuore acolui a cui ella fu decta ; introe dove non sarebbepassato el coltello colà dove passò e introe laparola.

Dico che l’arbore ha sette rami che chinanoinfino a terra, de' quali escono e' fiori e le foglieper lo modo che decto t'ho. Questi sonno e' septepeccati mortali, e' quali sono pieni di diversi emolti peccati, legati nella radice e gambone del'amore proprio di sé e della superbia. La quale hafacto prima e' rami e i fiori delle moltecogitazioni ; poi procede la foglia delle parole e ilfructo di gattive operazioni. Stanno chinati infinoa terra, cioè che i rami de' peccati mortali non sivoltano altro che a la terra d'ogni fragile edisordinata sustanz'a de mondo, e in altro modonon mira se none in che modo si possa nutricaredella terra insaziabilmente, che mai non si sazia.Insaziabili sonno e incomportabili a loromedesimi ; e cosa convenevole è che egli sienosempre inquieti, ponendosi a desiderare e volerequella cosa che lo' dá sempre insazietà, si come Ioti dixi. Questa è la cagione perché essi non sipossono saziare : Perché sempre apetiscono cosafinita, ed eglino sonno infiniti quanto ad essere,ché l'essere loro non finisce mai (perché finisca

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[184] a grazia per la colpa del peccato mortale) eperché l'uomo è posto sopra tucte le cose create,e non le cose create sopra lui ; e però non si puòsaziare né stare quieto se none in cosa maggioredi sé. Maggiore di sé non ci è altro che lo, Dioetterno ; e però solo lo gli posso saziare. E perchéegli n'è privato per la colpa commessa, sta incontinuo tormento e pena. Dipo' la pena gliséguita el pianto ; e giognendoli e' venti,percuotono l’arbore de l'amore della propriasensualità dove egli ha facto ogni suo principio.

CAPITOLO XCIV. COME LI PREDECTI PIANGITORI MONDANI SONO PERCOSSI DA QUATRO DIVERSI VENTI.

– O egli è vento di prosperità, o egli è ventod'aversità, o di timore, o di coscienzia, che sonnoquattro venti.

El vento della prosperità notrica la superbiacon molta presumpzione, con grandezza di sé eavilimento del proximo suo. Se egli è signore, vacon molta ingiustizia e con vanità di cuore, e conimmondizia di corpo e di mente, e con propriareputazione e con molte altre cose che seguitanodoppo queste, le quali la lingua tua non potrebbenarrare. Questo vento della prosperità è eglicorrocto in sé ? No ; né questo né veruno ; ma ècorrocta la principale radice de l’arbore, undeogni cosa corrompe. Perché Io, che mando edono ogni cosa che ha essere, so' somamente

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buono ; e però è buono ciò che è in questo ventoprospero. Unde ne gli séguita pianto, perché ‘lsuo cuore non è saziato, ché desidera quello chenon può avere ; e non potendolo avere, ha pena,e nella pena piagne. Già ti dixi che l'occhio vuolesatisfare al cuore.

Dipo' questo viene uno vento di timoreservile, nel quale gli fa paura l'ombra sua,temendo di perdere la cosa che egli ama. O egliteme di perdere la vita sua medesima, o quella de'figliuoli o d'altre creature ; o teme di perdere lostato suo o d'altre per amore proprio di sé, oonore o ricchezza. Questo [185] timore non glilassa possedere il dilecto suo in pace, perchéordinatamente, secondo la mia volontà, non lepossiede ; e però gli séguita timore servile epauroso, facto servo miserabile del peccato, e talesi può reputare quale è quella cosa a cui egli serve.El peccato è non cavelle : adunque egli è venuto anon cavelle.

Mentre che il vento del timore l'ha percosso,ed eili giogne quello della tribulazione e aversitàdella quale egli temeva, e privalo di quello che egliaveva, alcuna volta in particulare e alcuna volta ingenerale. Generale è quando è privato della vita,che per forza della morte è privato d'ogni cosa.Alcuna volta è particulare, ché quando levo unacosa e quando un'altra : o della sanità, o de'figliuoli, o ricchezze, o stati, o onori, secondo chelo, dolce medico, vego che è di necessità a la

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vostra salute, e però ve l'ho date. Ma, perché lafragilità vostra è tucta corrocta, e senza verunocognoscimento guasta el fructo della pazienzia ; eperò germina impazienzia, scandalo emormorazione, odio e dispiacimento verso di mee delle mie creature, e quello che lo ho dato pervita l'ha ricevuto in morte con quella misura deldolore che egli aveva l'amore.

Ora è condocto a pianto aliggitivod'impazienzia che disecca l'anima e ucidelatollendole la vita della grazia ; e disecca econsuma el corpo, e acciecalo spiritualmente ecorporalmente, e privalo d'ogni dilecto e tollegli lasperanza, perché è privato di quella cosa nellaquale aveva dilecto, dove aveva posto l’affecto ela speranza 'e la fede sua : si che piagne. E nonsolamente la lagrima fa venire tanti inconvenienti,ma el disordinato affecto e dolore del cuore, undeè proceduta la lagrima. Ché non la lagrima del'occhio in sé dá morte e pena, ma la radice undeella procede, cioè l'amore proprio disordinato delcuore. Ché, se’l cuore fusse ordinato e avesse vitadi grazia, la lagrima sarebbe ordinata ecostrignerebbe me, Dio etterno, a farlimisericordia. Ma perché dicevo che questalagrima dá morte ? perché ella è il messo che vimanifesta. la vita o morte che fusse nel cuore.

Dicevo che veniva uno vento di coscienzia ; equesto fa la divina mia Bontà, che, avendoprovato con la prosperità per [186] trarli per

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amore e col timore, ché per importunitàdirizzassero el cuore ad amare con virtú e nonsenza virtú ; provato con la tribolazione, dataperché cognoscano la fragilità e poca fermezzadel mondo ; ad alcuni altri, poi che questo nongiova, perché v'amo ineffabilemente, do unostimolo di coscienzia, perché si levino ad aprire labocca bomicando el fracidume de' peccati per lasancta confessione. Ma essi, come obstinati, edrictamente riprovati da me per le iniquità loro(che non hanno voluto ricevere la grazia mia inveruno modo), fugono lo stimolo dellacoscienzia, e vannolo spassando con miserabilidilecti e dispiacere mio e del proximo loro. Tuctol’adiviene perché è corrocta la radice con tuctol’arbore, e ogni cosa l'è in morte, e stanno incontinue pene, pianti e amaritudine, come dectoè. E se non si correggono mentre che hanno eltempo di potere usare el libero arbitrio, passanoda questo pianto dato in tempo finito, e con essogiongono al pianto infinito. Sí che il finito lo'torna ad infinito, perché la lagrima fu gittata coninfinito odio della virtú, cioè col desiderio del'anima, fondato in odio, che è infinito.

Vero è che, se avessero voluto, ne sarebberoesciti mediante la mia divina grazia nel tempo cheessi erano liberi, non obstante ch'Io dicesse essereinfinito : infinito è in quanto l’affecto è essere del'anima, ma none l'odio e l'amore che fusse nel'anima ; ché, mentre che sète in questa vita,

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potete amare e odiare, secondo che è di vostropiacere. Ma se finisce in amore di virtú, riceveinfinito bene, e se finisce in odio, sta in infinitoodio ricevendo l'ecterna dannazione, si come Io tidixi quando ti contiai che s'annegavano per lofiume ; intanto che non possono desiderare bene,privati della misericordia mia e della caritáfraterna, la quale gustano e' sancti l'uno conl'altro, cioè della caritá di voi, perregrini viandantiin questa vita, posti qui da me per giognere altermine vostro, di me, vita etterna.

Né orazioni né limosine né verun'aitraoperazione lor vale : essi sono membri tagliati dalcorpo della divina mia carità, perché, mentre chevissero, non volsero essere uniti a l'obbedienziade' sanai miei comandamenti nel corpo misticodella [187] sancta Chiesa e nella dolce suaobbedienzia, unde traete il sangue delloimmaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo. Eperò ricevono el fructo de l’ecterna dannazionecon pianto e stridore di denti.

Questi sonno quelli martiri del dimonio, de'quali lo ti dixi ; si che ‘l dimonio lo' dá quellofructo che ha per sé. Adunque vedi che questopianto dá fructo di pene in questo tempo finito, ene l'ultimo lo' dá la infinita conversazione delledimonia.

CAPITOLO XCV. DE' FRUCTI DE LE SECONDE E DE LE TERZE LAGRIME.

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– Ora ti resto a dire de' fructi che ricevonocoloro che si cominciano a levare da la colpa pertimore della pena, ad acquistare la grazia. Alquantisonno che escono della morte del peccatomortale per timore della pena. Questo è ilgenerale chiamare, come detto è.

Che fructo riceve questo ? che egli comincia avotiare la casa de l'anima sua della immondizia,mandando el libero arbitrio el messo del timoredella pena. Poi che egli ha purificata l'anima da lacolpa, riceve pace di coscienzia, comincia adisponere l’affecto de l'anima e aprire l'occhio del'intelletto a vedere il luogo suo, che, prima chefusse vòto, non il vedeva né vedeva altro chepuzza di molti e diversi peccati. Comincia aricevere consolazioni, perché ‘l vermine dellacoscienzia sta in pace, quasi aspectando diprendere il cibo della virtú. Si come fa l'uomo,che, poi che ha sanato lo stomaco e tractonefuore gli umori, dirizza l'appetito a prendere ilcibo ; cosí questi cotali aspectano pure che lamano del libero arbitrio con l'amore del cibo dellevirtú gli apparecchi, ché doppo l'apparecchiareaspecta di mangiare. E cosí è veramente : che,exercitando l'anima el primo timore, votiato de'peccati l’affecto suo, ne riceve il secondo fructo,cioè il secondo stato delle lagrime, dove l'anima,per affecto d'amore, comincia a fornire la casa divirtú. [188] Benché imperfecta sia ancora,poniamo che sia levata dal timore, riceve

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consolazione e dilecto perché l'amore de l'animasua ha ricevuto dilecto da la mia veritá che so'esso amore ; e, per lo dilecto e consolazione chetruova in me, comincia ad amare moltodolcemente, sentendo la dolcezza dellaconsolazione mia o dalle creature per me.

Exercitando l'amore nella casa de l'anima sua,che è intrato dentro poi che ‘l timore l'ebbepurificata, comincia a ricevere i fructi della divinamia bontá, unde ebbe la casa de l'anima sua. Poiche egli è intrato l'amore a possedere, comincia agustare ricevendo molti vari e diversi fructi diconsolazione ; e ne l'ultimo, perseverando, ricevefructo di ponere la mensa : cioè, poi che l'anima ètrapassata dal timore a l'amore delle virtú, si ponela mensa sua. Gionto a le terze lagrime, egli ponela mensa della sanctissima croce nel cuore e nel'anima sua ; poi che l'ha posta, trovandovi el cibodel dolce e amoroso Verbo (el quale dimostral'onore di me Padre e la salute vostra per la qualefu aperto el Corpo de l'unigenito mio Figliuolodandosi a voi in cibo), alora comincia a mangiarel'onore di me e la salute de l'anime con odio edispiacimento del peccato.

Che fructo riceve l'anima di questo terzostato delle lagrime ? Dicotelo : riceve una fortezzafondata in odio sancto della propria sensualità,con uno fructo piacevole di vera umilità, con unapazienzia che tolle ogni scandalo, e priva l'animad'ogni pena, perché col coltello de l'odio ucise la

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propria volontà, dove sta ogni perìa : ché solo lavolontà sensitiva si scandalizza delle ingiurie, dellepersecuzioni e delle consolazioni temporali ospirituali, come di sopra ti dixi, e cosí viene adimpazienzia. Ma, perché la volontà è morta, conlagrimoso e dolce desiderio comincia a gustare ilfructo della lagrima della dolce pazienzia.

O fructo di grande soavità, quanto se' dolce achi ti gusta, e piacevole a me, che stando nel'amaritudine gusta la dolcezza ! Nel tempo del'ingiuria ricevi la pace ; nel tempo che se' nelmare tempestoso che i venti pericolosipercuotono con le grandi onde la navicella del'anima, tu se' pacifica e tranquilla senza verunomale, ricoperta la navicella con la dolce, etternamia [189] volontà divina. Unde hai ricevutovestimento di vera e ardentissima carità, perchéacqua non vi possa intrare. O dilectissimafigliuola, questa pazienzia è reina, posta nellaròcca della fortezza : ella vince e non e mai vinta ;essa non è sola, ma è acompagnata con laperseveranzia ; ella è il mirollo della carità ; ella ècolei che manifesta il vestimento d'essa caritá seegli è vestimento nupziale o no ; se egli è rocto d'imperfeczione, ella el manifesta, sentendo subbitoel contrario della inpazienzia. Tucte le virtú sipossono alcuna volta occultare,mostrandosi.perfecte essendo imperfecte, exceptoche a te non si possono nascondere : ché, se ella ène l'anima questa dolce pazienzia, mirollo di

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carità, ella dimostra che tucte le virtú sonno vive eperfecte ; e se ella non v'è, manifesta che tucte levirtú sonno imperfecte e non sonno gionteancora alla mensa della sanctissima croce, doveessa pazienzia fu conceputa nel cognoscimento disé e nel cognoscimento della mia bontá in sé, eparturita da l'odio sancto e unta di vera umilità. Aquesta pazienzia non è denegato el cibo del'onore di me e salute de l'anime : anco essa èquella che ‘l mangia continuamente, e cosí è laveritá.

Raguarda, carissima figliuola, ne' dolci egloriosi martiri, che col sostenere mangiavano elcibo de l'anime. La morte loro dava vita :resuscitavano e' morti e cacciavano le tenebre de'peccati mortali. El mondo con tucte le suegrandezze e i signori con la loro potenzia non sipotevano difendere da loro, per la virtú di questareina, dolce pazienzia. Questa virtú sta comelucerna in sul candelabro. Questo è il gloriosofructo che die' la lagrima gionta nella caritá delproximo suo, mangiando con lo svenato eimmaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo, concrociato e ansietato desiderio e con penaintollerabile de l’of--. fesa di me, Creatore suo :non pena afliggitiva, ché l'amore con la verapazienzia ucise ogni timore e amore proprio chedá pena ; ma pena consolativa, solo de l'offesamia e danno del proximo, fondata in carità, laquale pena ingrassa l'anima. Godene in sé, perché

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ella è uno segno dimostrativo che dimostra meessere per grazia ne l'anima. [190]

CAPITOLO XCVI. DEL FRUCTO DE LE QUARTE

E UNITIVE LAGRIME.

– Decto t'ho del tructo delle terze lagrime.Séguita el quarto e ultimo stato della lagrimaunitiva, lo quale non è separato dal terzo, comedecto è, ma uniti insieme, si come la caritá miacon quella del proximo l'una condisce l'altra. Ma èin tanto cresciuto, gionto al quarto, che, nontanto che porti con pazienzia (si come di sopra tidissi), ma con allegrezza le desidera ; in tanto chespregia ogni recreazione, da qualunque lato leviene, pure che si possa conformare con la miaVerità, Cristo crocifixo.

Questa riceve uno fructo di quiete di mente,una unione, facta per sentimento, nella natura miadolce divina, dove gusta el lacte. Si come ilfanciullo, che pacificato si riposa al pecto dellamadre, traie a sé il lacte col mezzo della carne ;cosí l'anima, gionta a questo ultimo stato, siriposa al pecto della divina mia carità, tenendonella bocca del sancto desiderio la carne di Cristocrocifixo, cioè seguitando le vestigie e la doctrinasua, perché cognobbe bene nel terzo stato chenon gli conveniva andare per me, Padre, perchéin me, Padre etterno, non può cader%+iena : masi nel dilecto mio Figliuolo, dolce e amorosoVerbo. E voi non potete andare senza pena, ma

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con molto sostenere giognerete a le virtú provate.Si che si pose al pecto di Cristo crocifixo, che èessa veritá ; e cosí trasse a sé il lacte della virtú,nella quale virtú ebbe vita di grazia, gustando insé la natura mia divina che dava dolcezza a levirtú. E cosí è la veritá : che le virtú in loro nonerano dolci, ma perché furono facte e unite in me,amore divino : cioè che l'anima non ebbe alcunorispecto a sua propria utilitá, altro che a l'onore dime e salute de l'anime.

Or raguarda, dolce figliuola, quanto è dolce eglorioso questo stato, nel quale l'anima ha factatanta unione al pecto della [191] caritá che non sitruova la bocca senza el pecto, né il pecto senza ellacte. Cosí questa anima non si truova senzaCristo crociato, né senza me, Padre etterno, elquale truova gustando la somma e etterna Deitá.Oh ! chi vedesse come s'empiono le potenzie diquella anima ! La memoria s'empie di continuoricordamento di me, tracto a sé, per amore, ibenefizi miei : non tanto facto de' benefizi, mal’affecto della caritá mia con che Io gli l'hodonati ; e singularmente il benefizio dellacreazione, vedendosi creato a la imagine esimilitudine mia. Nel quale benefizio, nel primostato decto, cognobbe la pena della ingratitudineche ne gli seguitava ; e però si levò da le miserienel benefizio del sangue di Cristo, dove Io elricreai a grazia, lavandovi la faccia de l'animevostre da la lebra del peccato, dove l'anima trovò

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nel secondo stato una dolcezza, gustando ladolcezza de l'amore e dispiacere della colpa, nellaquale egli vidde che tanto era spiaciuta a me, chelo l'avevo punita sopra el corpo de l'unigenitomio Figliuolo.

Dipo' questo ha trovato l’avenimento delloSpirito sancto, el quale dichiarò e dichiara l'animadella veritá. Quando riceve l'anima questo lume ?poi che ha cognosciuto, per lo primo e secondostato, el benefizio mio in sé. Riceve alora lumeperfecto, cognoscendo la veritá di me, Padreetterno, cioè che per amore l'avevo creata perdarle vita etterna. Questa era la veritá : hovelomanifestato col sangue di Cristo crocifixo. Poiche l'ha cognosciuta l'ama : amandola, el dimostraamando schiectamente quello ch' Io amo eodiando quel ch' Io, odio.

Cosi si truova nel terzo stato della caritá delprossimo. Si che la memoria a questo pectos'empie, passata ogni imperfeczione, perché s'èricordata e ha tenuto in sé i benefizi miei. Lointellecto ha ricevuto el lume : mirando dentronella memoria, cognobbe la veritá ; perdendo laciechità de l'amore proprio, rimase nel sole del’obiecto di Cristo crocifixo, dove cognobbe Dioe uomo. Oltre a questo cognoscimento, perl'unione che ha facta, si leva ad uno lumeacquistato non per natura, si come Io ti dixi, néper sua propria virtú adoperata, ma per graziadata da la mia dolce Verità, la quale none spregia

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gli [192] ansietati desidèri né fadighe le quali haofferte dinanzi da me. Alora l’affecto, che vadietro a lo 'ntellecto, s'unisce con perfectts. simoe ardentissimo amore. E chi mi dimandasse : –Chi è questa anima ? – direi : – È uno altro me,facta per unione d'amore. –

Quale sarebbe quella lingua che potessenarrare l’excellenzia di questo ultimo statounitivo, e i fructi diversi e divariati che riceveessendo piene le tre potenzie de l'anima ? Questaè quella dolce congregazione della quale, ne' trescaloni generali, ti feci menzione, dichiarandoti, disopra, la parola della mia Verità. Non è sufficientela lingua a poterlo narrare, ma ben vel dimostranoe' sancti doctori illuminati da questo gloriosolume che con esso spianavano la sancta Scriptura.Unde avete del glorioso Tomaso d'Aquino (che lascienzia sua egli ebbe piú per studio d'orazione edelevazione di mente e lume d' intellecto, che perstudio umano), el quale fu uno lume che Io homesso nel corpo mistico della sancta Chiesa,spegnendo le tenebre de l'errore. E se ti vòlli alglorioso Giovanni evangelista, quanto lume egliacquistò sopra el prezioso pecto di Cristo, miaVerità, col quale lume acquistato evangelizzò me,ha cotanto tempo.

E, cosí discorrendo, tucti ve l'hannomanifestata, chi per uno modo e chi per un altro.Ma lo intrinseco sentimento, ineffabile dolcezza eperfecta unione, non el potresti narrare con la

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lingua tua, perché è cosa finita. Questo parbe chevolesse dire Pavolo, dicendo : « Occhio non puòvedere, né orecchia udire, né cuore pensarequanto è il dilecto e ‘l bene che riceve, e nel'ultimo è apparecchiato a quelli che in veritám'amano ». Oh quanto è dolce la mansione, dolcesopra ogni dolcezza, con perfecta unione chel'anima ha facta in me, che non ci è in mezzo lavolontà de l'anima medesima, perché ella è factauna cosa con meco ! Ella gicta odore per tuctoquanto el mondo, fructo di continue e umiliorazioni : l'odore del desiderio, grido della salutede l'anime con voce senza voce umana, gridandonel conspecto della mia divina maiestà.

Questi sonno e' fructi unitivi che mangial'anima in questa vita ne l'ultimo stato, acquistatocon molte fadighe, lagrime e sudori. E cosí passacon vera perseveranzia dalla vita della [193]grazia, da questa unione che è anco imperfecta, edè perfecta in grazia. Ma mentre che è legata nelcorpo, perché in questa vita non si può saziare diquello che desidera, e anco perché è legata con lalegge perversa (che s'è adormentata per l’affectodella virtú, ma non è morta, e però si può destarese levassi lo istrumento della virtú che la fadormire), e però è decta « imperfecta unione ».Ma questa imperfecta unione el conduce aricevere la perfeczione durabile, la quale non glipuò essere tolta per veruna cosa che sia, si comeIo ti dixi narrandoti de' beati. Ine gusta co'

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gustatori veri in me vita etterna, sommo edetterno Bene, che mai non finisco. Costorohanno ricevuto vita etterna incontrario di coloroche ricevettero el fructo del pianto loro, morteetternale. Costoro dal pianto son gionti al'allegrezza, ricevendo vita sempiterna. Col fructodella lagrima e con l’affocata caritá gridano eofferano lagrima di fuoco, per lo modo decto disopra, dinanzi a me per voi.

Compito ho di narrarti e' gradi delle lagrime ela loro perfeczione, e il fructo che riceve l'animad'esse lagrime : che i perfecti ricevono me vitaetterna, e gl' iniqui l’etterna dannazione.

CAPITOLO XCVII. COME QUESTA DEVOTA ANIMA, RINGRAZIANDO DIO DE LA DECHIARAZIONE DE' PREDECTI STATI DE LE LAGRIME, GLI FA TRE PETIZIONI.

Alora quella anima, ansietata di grandissimodesiderio per la dolce dichiarazione esatisfaczione che ebbe da la Verità sopra e' dectistati, diceva come inamorata :

– Grazia, grazia sia a te, sommo ed etternoPadre, satisfacitore de' sancti desidèri e amatoredella salute nostra, che per amore ci hai datol'amore nel tempo che eravamo in guerra conteco, col mezzo de l'unigenito tuo Figliuolo. Perquesto abisso de l'affocata tua caritá t'adimando,di grazia e di misericordia, che, acciò cheschiectamente possa venire a te e con lume e non

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con tenebre corra per la doctrina della tua Verità,della [194] quale tu chiaramente m'hai dimostratala veritá, e acciò eh, io possa vedere due altriinganni de' quali io temo che non ci sieno opossano essere, vorrei, Padre etterno, che, primache io escisse di questi stati, tu mel dichiarassi.

L'uno si è che, se alcuna volta o a me o adalcuno altro servo tuo fusse venuto per consigliodi volere servire a te, che doctrina io gli debbodare. Benché di sopra so, dolce Dio etterno, chetu me ne dichiarasti sopra quella parola che tudicesti : – Io so' colui che mi dilecto di pocheparole e di molte operazioni ; – nondimeno, sepiace a la tua bontá toccarne alcuna parolaancora, sarammi di grande piacere.

E anco, se alcuna volta, pregando io per letue creature e singularmente per li servi tuoi, iotrovasse, ne l'orazione, ne l'uno la mente disposta,parendomelo vedere che esso si goda di te ; e nel'altro mi paresse che fusse la mente tenebrosa,debbo io, Padre etterno, o posso giudicare l'unoin luce e l'altro in tenebre ? O che io vedesse l'unoandare con grande penitenzia e l'altro no : debboio giudicare che maggiore perfeczione abbi coluiche fa penitenzia maggiore, che colui che non lafa ? Pregoti che acciò ch'io non sia ingannata dalmio poco vedere, che tu mi dichiari in particularequello che tu m'hai decto in generale.

La seconda cosa della quale io ti dimando, siè che tu mi dichiari meglio, sopra del segno che tu

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mi dicesti che riceve l'anima quando è visitata date, se egli è da te, Dio etterno, o no. Se bene miricorda tu mi dicesti, Verità etterna, che la menterimaneva in allegrezza e inanimata a la virtú.Vorrei sapere se questa allegrezza può essere coninganno della propria passione spirituale ; ché, seci fusse, io m'aterrei solamente al segno dellavirtú.

Queste sonno quelle cose le quali iot'adimando, acciò che in veritá io possa servire ate e al proximo mio e non cadere in neuno falsogiudicio verso le tue creature e de' servi tuoi,perché mi pare che ‘l giudicio, cioè il giudicare,dilonghi l'anima da te : e però non vorrei caderein questo inconveniente. [195]

CAPITOLO XCVIII. COME EL LUME DE LA RAGIONE È NECESSARIO AD OGNI ANIMA CHE VUOLE A DIO IN VERITÁ SERVIRE. E PRIMA, DEL LUME GENERALE.

Alora Dio etterno, dilectandosi della sete efame di quella anima e della schiectezza del cuoree del desiderio suo con che ella dimandava divolerli servire, volse l'occhio della pietà emisericordia sua verso di lei, dicendo :

– O dilectissima, o carissima, o dolce figliuolae sposa mia, leva te sopra di te e apre l'occhio del'intellecto a vedere me, bontá infinita, e l'amoreineffabile che Io ho a te e agli altri servi miei. Edapre l'orecchia del sentimento del desiderio tuo,

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però che altrementi, se tu non vedessi, nonpotresti udire : cioè che l'anima, che non vede conl'occhio de l’intellecto suo ne l’obiecto della miaVerità, non può udire né cognoscere la mia veritá.E però voglio, acciò che meglio la cognosca, cheti levi sopra el sentimento tuo, cioè sopra elsentimento sensitivo ; ed Io, che mi dilecto dellatua domanda e desiderio, ti satisfarò. Non chedilecto possa crescere a me di voi, però che Io so'colui che so' e che fo crescere voi, e non voi me ;ma dilectomi nel mio dilecto medesimo dellafactura mia. –

Alora quella anima obbedí, levando sé sopradi sé per cognoscere la veritá di quello chedimandava. Alora Dio etterno disse a lei : – Acciòche tu meglio possa intendere quello ch'io ti dirò,lo mi farò al principio di quello che mi dimandi,sopra tre lumi che escono di me, vero lume.

L'uno è uno lume generale in coloro chesonno nella caritá comune : bene che decto tel'abbi de l'uno e de l'altro, e molte cose di quelleche Io t'ho decte ti dirò, perché ‘l tuo bassointendimento meglio intenda quello che tu vuolisapere. E due altri lumi sonno di coloro che sonolevati dal mondo e vogliono la perfeczione. Sopradi questo ti dichiararò di quello che m'haiadimandato, dicendoti piú in particulare quelloche ti toccai in comune. [196]

Tu sai, si come Io ti dissi, che senza ci lumeneuno può andare per la via della veritá, cioè

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senza ci lume della ragione. El quale lume diragione traete da me, vero lume, con l'occhio del'intelletto e col lume della fede che Io v'ho datonel sancto baptesmo, se voi non vel tollete per livostri difecti. Nel quale baptesmo, mediante e invirtú del sangue de l'unigenito mio Figliuolo,riceveste la forma della fede. La quale fede,exercitata in virtú col lume della ragione (la qualeragione è illuminata da questo lume), vi dá vita efavi andare per la via della veritá, e con essogiognete a me, vero lume ; e senza essogiognereste a la tenebre.

Due lumi, tracti da questo lume, vi sonnonecessari d'avere, ed anco a' due ti porrò ci terzo.El primo è che voi tucti siate illuminati incognoscere le cose transitorie del mondo, le qualipassano tucte come il vento. Ma non le potetebene cognoscere se prima non cognoscete lapropria vostra fragilità quanto ella è inchinevole,con una legge perversa che è legata nelle membravostre, a ribellare a me, vostro Creatore. Non cheper questa legge neuno possa essere costrecto acommectere uno minimo peccato, se egli nonvuole ; ma bene impugna contra lo spirito. E nondici questa legge perché la mia creatura, che ha insé ragione, fusse venta, ma perché ellaaumentasse e provasse la virtú ne l'anima, peròche la virtú non si pruova se non per lo suocontrario. La sensualità è contraria a lo spirito, eperò in essa sensualità pruova l'anima l'amore che

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ha in me, Creatore suo. Quando si pruova ?quando con odio e dispiacimento si leva contra dilei.

E anco le dici questa legge per conservarlanella vera umilità. Unde tu vedi che, creandol'anima a la imagine e similitudine mia posta intanta dignità e bellezza, Io l’acompagnai con lapiú vile cosa che sia, dandole la legge perversa,cioè legandola col corpo formato dei piú vile dellaterra, acciò che, vedendo la bellezza sua, nonlevasse il capo per superbia contra di me. Unde ilfragile corpo, a chi ha questo lume, è cagione difare umiliare l'anima, e non ha alcuna materiad'insuperbire : anco di vera e perfecta umilità. Siche questa legge non [197] costrigne ad alcunacolpa di peccato per alcuna sua impugnazione, maè cagione di farvi cognoscere voi medesimi ecognoscere la poca fermezza del mondo.

Questo debba vedere l'occhio de l’intellectocol lume della sanctissima fede, della quale ti dixiche era la pupilla de l'occhio. Questo è quellolume necessario, che generalmente è di bisogno aogni creatura che ha in sé ragione, a volereparticipare la vita della grazia in qualunque stato sisia, se vuole participare il fructo del sangue delloinmaculato Agnello. Questo è il lume comune,cioè che comunemente ogni persona ci debbaavere, come decto è ; e chi non l'avesse, starebbein stato di dannazione. E questa è la ragione cheessi non sonno in stato di grazia non avendo ci

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lume : però che chi non ha ci lume, non cognosceil male della colpa e chi n'è cagione, e però nonpuò schifare né odiare la cagione sua. E cosí chinon cognosce il bene e la cagione del bene, cioè lavirtú, non può amare né desiderare me, che so'esso Bene, e la virtú che lo v'ho data comestrumento e mezzo a darvi la grazia mia, me, veroBene.

Si che vedi di quanto bisogno v'è questolume, ché in altro none stanno le colpe vostre senone in amare quel che Io odio o in odiare quelche Io amo. lo amo la virtú e odio ci vizio ; chiama ci vizio e odia la virtú offende me ed èprivato della grazia mia. Questi va come ciecoche, non cognoscendo la cagione del vizio, cioè ilproprio amore sensitivo, non odia se medesimoné cognosce il vizio né il male che gli séguitadipo' ci vizio. Né cognosce la virtú, né me che so'cagione di darli la virtú che gli dá vita, né ladignità nella quale egli si conserva e viene a graziacol mezzo della virtú.

Si che vedi che ‘l non cognoscere gli ècagione del suo male. Évi dunque di bisognod'avere questo lume, come decto è. [198]

CAPITOLO XCIX. DI QUELLI E' QUALI HANNO

POSTO PIÚ EL LORO DESIDERIO IN MORTIFICARE

EL CORPO CHE IN UCCIDERE LA PROPRIA VOLONTÀ ; EL QUALE È UNO LUME PERFECTO PIÚ CHE IL GENERALE, ED È QUESTO EL SECONDO LUME.

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– E poi che l'anima è venuta ed ha acquistatoel lume generale, del quale Io t'ho decto, nondebba stare contenta ; perché, mentre che sèteperregrini in questa vita, sète apti a crescere edovete crescere : e chi non cresce, ipso facto tornaadietro. O debba crescere nel comune lume cheegli ha acquistato mediante la grazia mia, o eglidebba con sollicitudine ingegnarsi d'andare alsecondo lume perfecto, e da l'imperfetto giognereal perfecto, però che con lume si vuole andare allaperfeczione.

In questo secondo lume perfecto sonno duemaniere di perfecti : perfecti sonno che si sonnolevati dal comune vivere del mondo. In questaperfeczione ci sonno due. L'uno che sonno alcuniche perfectamente si dànno a gastigare il corpoloro, facendo aspra e grandissima penitenzia : eacciò che la sensualità loro non ribelli a la ragione,tucto hanno posto il desiderio loro piú inmortificare il corpo che in ucidere la loro propriavolontà, si come in un altro luogo ti dixi. Costorosi pascono a la mensa della penitenzia, e sonnobuoni e perfecti se ella è fondata in me col lumedi discrezione, cioè con vero cognoscimento diloro e di me, e con grande umilità, tucticonformati ad essere giudici della volontà mia enon di quella degli uomini.

Ma se non fussero cosí, cioè con vera umilitàvestiti della volontà mia, spesse volteoffendarebbero la loro perfeczione, facendosi

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giudicatori di coloro che non vanno per quellamedesima via che vanno eglino. Sai tu perché aquesti cotali l'adiverrebbe ? Perché hanno postopiú studio e desiderio in mortificare il corpo chein ucidere la propria volontà. Questi cotali semprevogliono eleggere i tempi e i luoghi e leconsolazioni della mente a loro modo, e anco letribulazioni del mondo e [199] le bactaglie deldimonio, si come nel secondo stato imperfecto loti narrai. Costoro dicono, per inganno di loromedesimi, ingannati da la propria volontà, laquale ti chiamai « volontà spirituale » : – Io vorreiquesta consolazione e non queste bactaglie némolestie del dimonio ; e giá non el dico per me,ma per piú piacere a Dio e averlo piú per graziane l'anima mia, perché meglio mel pare avere eservirlo in questo modo che in quello. –

E cosí per questo modo spesse volte cade inpena,e in tedio, e diventane incomportabile a semedesimo ; e cosí offende il suo stato perfecto enon se n'avvede, né che vi caggia dentro la puzzadella superbia ; ed ella vi giace, però che, se ellanon vi fusse, ma fusse veramente umile e nonpresumptuoso, vedrebbe col lume che Io, dolce eprima Verità, do stato e tempo e luogo econsolazioni e tribulazioni secondo che ènecessità a la salute vostra ed a compire laperfeczione ne l'anima a la quale lo l'ho electe. Evedrebbe che ogni cosa do per amore ; e però conamore e riverenzia debba ricevere ogni cosa. Si

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come fanno e' secondi (cioè che viene il terzo),de' quali Io ti dirò, che sonno questi due stati chestanno in questo perfectissimo lume.

CAPITOLO C. DEL TERZO E PERFECTISSIMO LUME DE LA RAGIONE. E DELL'OPERE CHE FA L'ANIMA QUANDO È VENUTA A ESSO LUME. E D'UNA BELLA VISIONE CHE QUESTA DEVOTA ANIMA EBBE UNA VOLTA, NE LA QUALE SI TRACTA PIENAMENTE DEL MODO DA VENIRE AD

PERFECTA PURITA, E DOVE ANCO SI PARLA DEL NON GIUDICARE.

– Questi cotali (ciò sonno e' terzi, che vienesecondo a questo), gionti a questo glorioso lume,sonno perfecti in ogni stato che essi sonno. E ciòche lo permecto a loro, ogni cosa hanno in debitareverenzia, si come nel terzo stato de l'anima eunitivo Io ti feci menzione. Questi si reputanodegni delle pene e scandali del mondo, e d'essereprivati delle loro consolazioni proprie diqualunque cosa si sia. E come si reputano degnidelle pene, cosí si reputano indegni del frutto cheséguita a loro doppo [200] la pena. Costoro nellume hanno cognosciuta e gustata l’etternavolontà mia, la quale non vuole altro che ‘l vostrobene ; e perché siate sanctificati in me, però ve lodo e permetto.

Poi che l'anima l'ha cognosciuta, si se ne èvestita e non attende ad altro se none a vedere inche modo possa conservare e crescere lo stato

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suo perfecto per gloria e loda del nome mio,aprendo l'occhio de l'intelletto col lume della fedene l'obietto di Cristo crocifixo, unigenito mioFigliuolo, amando e seguitando la doctrina sua, laquale è regola e via a' perfetti e agl'imperfetti. Evede che lo inamorato Agnello, mia Verità, gli dádoctrina di perfeczione, e vedendola se neinamora. La perfeczione è questa che cognobbevedendo questo dolce e amoroso Verbo,unigenito mio Figliuolo, che si notricò a la mensadel sancto desiderio, cercando l'onore di me,Padre etterno e salute vostra ; e con questodesiderio corse, con grande sollicitudine, aPobrobriosa morte della croce e compil’obbedienzia che gli fu imposta da me Padre,none schifando fadiga né obbrobri, nonritraendosi per vostra ingratitudine o ignoranziadi non cognoscere tanto benefizio dato a voi, néper persecuzione de' giudei, né per scherni,villania e mormorazioni e grida del popolo. Matutte le trapassò come vero capitano e verocavaliere, il quale Io avevo posto in sul campodella battaglia a combattere per trarvi delle manidelle dimonia e perché fuste liberi e tratti della piúperversa servitudine che voi poteste avere, eperché esso v'insegnasse la via, la doctrina eregola sua e poteste giognere a la porta di me, vitaetterna, con la chiave del suo prezioso Sanguesparto con tanto fuoco d'amore, con odio edispiacimento delle colpe vostre. Quasi vi dica

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questo dolce e amoroso Verbo mio Figliuolo : –Ecco che Io v'ho fatta la via e aperta la porta colSangue mio : non siate dunque voi negligenti aseguitarla, ponendovi a sedere con amore propriodi voi e con ignoranzia di non cognoscere la via, econ presumpzione di volere eleggere il servire ame' a vostro modo e non di me, che ho fatta a voila via dritta col mezzo della mia Verità, Verboincarnato, e battuta col Sangue. – Levatevidunque suso e seguitatelo, però che neuno puòvenire [201] a me Padre se non per lui. Egli è lavia e la porta unde vi conviene intrare in me,mare pacifico.

Alora quando l'anima è gionta a gustarequesto lume, perché dolcemente l'ha veduto ecognosciuto, però el gustoe, e corre comeinamorata e ansietata d'amore a la mensa delsancto desiderio. E non vede sé per sé, cercandola propria consolazione né spirituale nétemporale, ma come persona che al tutto inquesto lume e cognoscimento ha annegata lapropria volontà ; non schifa alcuna fadiga daqualunque lato ella si viene : anco, con penasostenendo obrobrio e molestie dal dimonio emormorazioni dagli uomini, mangia in su lamensa della sanctissima croce il cibo de l'onore dime, Dio etterno, e della salute de l'anime. E nonecerca alcuna remunerazione né da me né dallecreature, perché elli è spogliato de l'amoremercennaio, cioè d'amare me per rispetto di sé, ed

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è vestito del lume perfecto, amando meschiettamente e senza alcuno rispetto, altro che agloria e loda del nome mio, non servendo me perproprio. diletto né al proximo per propria utilitá,ma per puro amore.

Costoro hanno perduti loro medesimi, espogliatisi de l'uomo vecchio, cioè della propriasensualità, e vestitisi de l'uomo nuovo, Cristodolce Iesú, mia Verità, seguitandolo virilmente.Questi sonno quelli che si pongono a la mensadel sancto desiderio : che hanno posta piú lasollicitudine loro in ucidere la propria volontà chein ucidere e mortificare il corpo. Essi hanno benemortificato el corpo, ma non per principaleaffetto, ma come strumento che egli è ad aitare aducidere la propria volontà, si come lo ti dixidichiarandoti sopra quella parola « ch'Io volevopoche parole e molte operazioni ». E cosí dovetefare, però che ‘l principale affetto debba essered'ucidere la volontà, che non cerchi né vogliaaltro che seguitare la mia dolce Verità, Cristocrocifixo, cercando l'onore e gloria del nome mioe salute de l'anime.

Questi che sonno in questo dolce lume ilfanno ; e però stanno sempre in pace e in quiete,e non hanno chi gli scandalizzi, perché hannotolta via quella cosa che lo' dá scandalo, cioè lapropria volontà. E tutte le persecuzioni che’lmondo [202] può dare e il dimonio, tucte corronosotto e' piedi loro. Stanno ne l'acqua delle molte

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tribolazioni e temptazioni, e non lo' nuoce perchéstanno staccati al tralcio de l'affocato desiderio.Questo gode d'ogni cosa, e non è facto giudicede' servi miei né di veruna creatura che abbi in séragione ; anco gode d'ogni stato e d'ogni modoche vede, dicendo : -Grazia sia a te Padre etterno,che nella Casa tua ha molte mansioni. – E piúgode de' diversi modi che vede, che se gli vedesseandare tucti per una via, perché vede manifestarepiú la grandezza della mia bontá. D'ogni cosagode e traie l'odore della rosa. E non tanto chedel bene, ma di quella cosa che vede cheexpressamente è peccato, non piglia giudicio, mapiú tosto una vera e sancta compassione,pregando me per loro ; e con umilità perfectadicono : – Oggi tocca a te, e domane a me se nonfusse la divina grazia che mi conserva.–

O carissima figliuola, inamórati di questodolce ed excellente stato, e raguarda costoro checorrono in questo glorioso lume e la excellenzialoro, però che hanno menti sancte e mangiano ala mensa del sancto desiderio ; e con lume sonnogionti a notricarsi del cibo de l'anime per onore dime, Padre etterno, vestiti del vestimento dolce del'Agnello, unigenito mio Figliuolo, cioè delladoctrina sua, con affocata caritá. Questi nonperdono el tempo a dare i falsi giudici né versode' servi miei né verso de' servi del mondo, e nonsi scandalizzano per veruna mormorazione né perloro né per altrui : cioè che verso di loro sono

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contenti di sostenere per lo nome mio ; e quandoella è facta in altrui, la portano con compassionedel proximo e non con mormorazione verso coluiche dá e verso colui che riceve, perché l'amoreloro è ordinato in me, Dio etterno, e nel proximo,e non disordinato. E perché egli è ordinato, questicotali, carissima figliuola, non pigliano maiscandalo verso coloro che essi amano né inalcuna creatura che ha in sé ragione, perché il loroparere è morto e non vivo, e però non piglianogiudicio di giudicare la volontà degli uomini, masolo la volontà della clemenzia mia.

Questi observano la doctrina, la quale tu saiche al principio [203] della vita tua ti fu data da laVerità mia, dimandando tu con grande desideriodi volere venire a perfecta purità. Pensando tu inche modo vi potessi venire, sai che ti fu risposto,es sendo tu adormentata, sopra questo desiderio :non tanto che nella mente, ma nel suono del'orecchia tua rinsonò la voce, in tanto che, sebene ti ricorda, tu ritornasti al sentimento delcorpo tuo, dicendoti la mia Verità : – Vuoli tuvenire a perfecta purità ed essere privata degliscandali, e che la mente tua non sarà scandalizzataper veruna cosa ? Or fa' che tu sempre ti unisca inme per affecto d'amore, però che Io so' sommaed etterna purità, e so' quel fuoco che purificol'anima : e però quanto piú s'acosta a me, tantodiventa piú pura ; e quanto piú se ne parte, tantopiú è immonda. E però caggiono in,tante nequizie

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gli uomini del mondo, perché sonno separati dame ; ma l'anima, che senza mezzo si unisce in me,participa della mia purità.

Un'altra cosa ti conviene fare a giognere aquesta unione e purità : che tu non giudichi mai,in alcuna cosa che tu vedessi fare o dire, daqualunque creatura si fusse, o verso di te o versod'altrui, la volontà de l'uomo, ma la volontà miain loro e in te. E se tu vedessi peccato o difectoexpresso, trae di quella spina la rosa, cioè che tugli offeri dinanzi a me per sancta compassione. Enelle ingiurie che fussero facte a te, giudica che lavolontà mia el permecte per provare in te e neglialtri servi miei la virtú, giudicando che colui comestrumento messo da me faccia quello ; vedendoche spesse volte avaranno buona intenzione, peròche neuno è che possa giudicare l'occulto cuorede l'uomo. Quello che tu non vedi che siaexpresso e palese peccato mortale non il debbigiudicare nella mente tua altro che la volontà miain loro ; e vedendolo, non el pigliare per giudicio,ma per sancta compassione, come decto è. Aquesto modo verrai a perfecta purità, però che,facendo cosí, la mente tua non sarà scandalizzatané in me né nel proximo tuo ; però che lo sdegnocade verso del proximo quando giudicaste la malavolontà loro verso di voi, e non la mia in loro. Elquale sdegno e scandalo discosta l'anima da me eimpedisce la perfeczione, e [204] in alcuno tolle lagrazia, piú e meno secondo la gravezza dello

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sdegno e de l'odio conceputo nel proximo per losuo giudicio.

In contrario riceve l'anima che giudicarà lavolontà mia, come decto t'ho. La quale non vuolealtro che ‘l vostro bene, e ciò ch' Io do epermecto, do perché aviate il fine vostro per loquale lo vi creai. E perché sta sempre nelladileczione del proximo, sta sempre nella mia ; estando nella mia, sta unita in me. E però t'è dinecessità, a volere venire a la purità che tum'adimandi, di fare queste tre cose principali,cioè : di unirti in me per affetto d'amore,portando nella memoria tua e' benefizi ricevuti dame ; e con l'occhio de l'intelletto vedere l'affettodella mia caritá che v'amò inestimabilemente ; enella volontà de l'uomo giudicare la volontà mia enon la mala volontà loro, però che Io ne so'giudice, Io e non voi. E da questo ti verrà ogniperfeczione. –

Questa fu la doctrina data a te da la miaVerità, se ben ti ricorda. Ora ti dico, carissimafigliuola, che questi cotali, de' quali Io ti dixi chepareva che avessero imparata questa doctrina,

gustano l'arra di vita etterna in questa vita. Setu avarai tenuta a mente questa doctrina, noncadrai negl'inganni del dimonio perché glicognoscerai, né in quello del quale tu m'haiadimandato. Ma nondimeno, per satisfare aldesiderio tuo, piú distinctamente tel dirò e

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manifestarocti che neuno giudicio voi potete dareper giudicio, ma per sancta compassione.

CAPITOLO CI. PER CHE MODO RICEVONO L'ARRA DI VITA ETERNA IN QUESTA VITA QUELLI

CHE STANNO NEL PREDETTO TERZO PERFECTISSIMO LUME.

– E perché ti dixi che ricevevano l'arra di vitaetterna ? Dico che ricevono l'arra, ma none ilpagamento perché aspettano di riceverlo in me,vita durabile, dove ha vita senza morte, e sazietàsenza fastidio, e fame senza pena ; perché dilunga è la pena da la fame, però che essi hannoquel che desiderano, [205] e di longa è il fastidiodalla sazietà, perché Io lo' so' cibo di vita senzaalcuno difetto.

É vero che in questa vita ricevono l'arra egustanla in questo. modo, cioè che l'animacomincia a essere afamata de l'onore di me, Dioetterno, e del cibo della salute de l'anime ; e comeella ha fame, cosí se ne pasce, cioè che l'anima sinotrica della caritá del proximo, del quale ha famee desiderio (che gli è uno cibo che,notricandosene, non se ne sazia mai), però che èinsaziabile, e però rimane la continua fame. E sicome l'arra è uno comincio di sicurtà che si dá al'uomo, per la quale aspecta di ricevere ilpagamento (non che l'arra sia perfecta in sé, maper fede dá certezza di giognere al compimento diricevere il pagamento suo), cosí questa anima

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inamorata e vestita della doctrina della mia Verità,che giá ha ricevuta l'arra, in questa vita, dellacaritá mia e del proximo suo in se medesima, rionè perfecta ; ma aspecta la perfeczione della vitammortale.

Dico che non è perfecta questa arra : cioè chel'anima che la gusta non ha ancora la perfeczioneche non senta le pene in sé e in altrui. In sé, perl'offesa che fa a me per la legge perversa che èlegata nelle membra sue quando vuole impugnarecontra lo spirito : in altrui, per l'offesa delproximo. È ben perfetto a grazia ; ma none aquesta perfeczione de' sancti miei, che sonnogionti a me, vita durabile, si come detto è ; ché idesidèri loro sonno senza pena, e i vostri sonnocon pena. Stanno questi servi miei (si come Io tidixi in un altro luogo, che si notricano a la mensadi questo sancto desiderio) che stanno beati edolorosi, si come stava l'unigenito mio Figliuoloin sul legno della croce sanctissima. Però che lacarne sua era dolorosa e tormentata, e l'anima erabeata per l'unione della natura divina. Cosi questicotali sonno beati per l'unione del sanctodesiderio loro in me, si come detto è, vestiti delladolce mia volontà ; e dolorosi sonno per lacompassione del proximo e per tollersi delizie econsolazioni sensuali, affliggendo la propriasensualità. [206]

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CAPITOLO CII. PER CHE MODO SI DEBBA REPRENDERE EL PROXIMO, A CIÒ CHE LA PERSONA NON CAGGIA IN FALSO GIUDIZIO.

– Ora attende, carissima figliuola ; ed acciòche tu meglio sia dichiarata di quello chem'adimandasti, t'ho detto del lume comune ilquale tutti dovete avere in qualunque stato voisète : ciò dico di coloro che stanno nella caritácomune.

E hocti detto di coloro che sonno nel lumeperfetto, el quale lume ti distinsi in due, cioè dicoloro che erano levati dal mondo e studiavano dimortificare il corpo loro, e degli altri che in tuttoucidevano la propria volontà, e questi eranoquegli perfetti che si notricavano a la mensa delsancto desiderio. Ora ti favellarò in particulare ate : e, parlando a te, parlarò ed agli altri e satisfaròal tuo desiderio. Io voglio che tre cose singulari tufaccia, acciò che l' ignoranzia non impedisca la tuaperfeczione a la quale Io ti chiamo, e acciò che ‘ldimonio, col mantello della virtú della caritá delproximo, non notricasse dentro ne l'anima laradice della presumpzione. Però che da questocadresti ne' falsi giudici, e' quali Io t'ho vetati,parendoti giudicare a dritto e tu giudicaresti atorto andando dietro al tuo vedere. E spesse volteil dimonio ti farebbe vedere molte veritá perconducerti nella bugia. E questo farebbe per fartiessere giudice delle menti e delle intenzioni delle

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creature che hanno in loro ragione, la quale cosa,si come lo ti dixi, solo lo ho a giudicare.

Questa è una di quelle tre cose che Io voglioche tu abbi e servi in te : cioè che tu giudicio nondia alcuno senza modo, ma voglio che il dia colmodo. El modo suo è questo : che, se giá Ioexpressamente, non pure una volta né due mapiú, non manifestasse el difetto del proximo tuonella mente tua, non il debbi mai dire inparticulare, cioè a colui in cui ti paresse vedere ildifetto ; ma debbi in comune correggere i vizi dichi ti venisse a visitare, e piantare la virtúcaritativamente [207] e con benignità, e nellabenignità l'asprezza, quando vedi che bisogni E seti paresse che lo ti manifestasse spesse volte idifecti altrui, se tu non vedi che ella sia expressarevelazione, come detto t' ho, none il dire inparticulare, ma actienti a la parte piú sicura, acciòche fuga lo inganno e la malizia del dimonio. Peròche con questo lamo del desiderio ti pigliarebbe,facendoti spesse volte giudicare nel prossimo tuoquello che non. sarebbe, e spesse volte loscandalizzaresti.

Unde nella bocca tua stia el silenzio o unosancto ragionamento della virtú, spregiando elvizio. E il vizio, che ti paresse cognoscere inaltrui, ponlo insiememente a loro ed a te, usandosempre una vera umilità. E se in veritá quellovizio sarà in quella cotale persona, egli sicorreggerà meglio vedendosi compreso cosí

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dolcemente, e costretto sarà da quella piacevolereprensione di correggersi, e dirà a te quello chetu volevi dire a lui ; e tu ne starai sicura, e avaraitagliata la via al dimonio, che non ti potràingannare né impedire la perfeczione de l'animatua.

E voglio che tu sappi che d'ogni vedere tunon ti debbi fidare, ma debbiteli ponere doppo lespalle e non volere vederlo ; ma solo debbirimanere nel vedere e nel cognoscimento di temedesima, e in te cognoscere la larghezza e bontámia. Cosí fanno coloro che sonno gionti al'ultimo stato, di cui lo ti dixi che sempretornavano a la valle del cognoscimento di loro, enon impediva però l'altezza e l'unione cheavevano fatta in me. E questa è l'una delle trecose le quali lo ti dissi ch'Io volevo che tu facessi,acciò che in veritá servissi me.

CAPITOLO CIII. COME, SE, PREGANDO PER ALCUNA PERSONA, DIO LA MANIFESTASSE, NE LA MENTE DI CHI PREGA, PIENA DI TENEBRE, NON SI DEBBA PERÒ GIUDICARE IN COLPA.

– Che se alcuna volta ti venisse caso, si cometu mi dimandasti la dichiarazione, che tu pregassiparticularmente per alcune creature, e nel pregaretu vedessi in colui per cui tu preghi [208] alcunolume di grazia e in un altro no (e ambedue sonnopure servi miei), ma paressetelo vedere con lamente aviluppata e tenebrosa, none il debbi né

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puoi pigliare però in giudicio di difecto di gravecolpa in lui, però che spesse volte il tuo giudiciosarebbe falso. E voglio che tu sappi che alcunavolta, pregandomi per una medesima persona,adiviene che l'una volta el trovarai con uno lumee con uno desiderio sancto dinanzi a me, in tantoche del suo bene parrà che l'anima tua ingrassi, sicome vuole l’affecto della caritá che participiate ilbene l'uno de l'altro ; e un'altra volta el trovaraiche parrà che la mente sua sia di longa da me etucta piena di tenebre e di molestie, che parrà chea te medesima sia fadiga a pregare per luitenendolo dinanzi a me.

Questo adiviene alcuna solta che potrà essereper difecto che sarà in colui per cui tu haipregato ; ma el piú delle volte non sarà perdifecto, ma avrà per sottraimento che Io, Dioetterno, avarò facto di me in quella anima, sicome spesse volte Io fo, per fare venire l'anima aperfeczione, secondo che negli stati de l'anima Ioti narrai. Sarommi ritracto per sentimento, manon per grazia ; ma per sentimento di dolcezza edi consolazione. E però rimane la mente sterile,asciucta e penosa. La quale pena Io fo sentire aquella anima che per lui prega. E questo fo pergrazia e per amore che Io ho a quella anima chericeve l'orazione, acciò che chi pregainsiememente con lui aiti a dissolvere la nuvilache è nella mente sua.

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Si che vedi, carissima e dolcissima figliuola,quanto sarebbe ignorante e degno di grandereprensione questo giudicio, che tu o alcuno altroper questo semplice vedere giudicassi che viziofusse in quella anima, perché Io te la manifestassecosí tenebrosa ; dove giá hai veduto che egli nonè privato della grazia, ma del sentimento delladolcezza che Io, per sentimento, gli davo di me.

Voglio dunque, e debbi volere tu e gli altriservi miei, che vi diate a cognoscereperfectamente voi, acciò che piú perfettamentecognosciate la bontá mia in voi. E questo e ognialtro giudicio lassate a me, però che egli è mio enon vostro ; [209] ma abandonate il giudicio, cheè mio, e pigliate la compassione con fame del'onore mio e salute de l'anime ; e con ansietatodesiderio anunziate la virtú e riprendete il vizio invoi e in loro per lo modo che decto t' ho di sopra.Per questo modo verrai a me in veritá emostrarrai d'avere tenuto a mente e observata ladoctrina che ti fu data dalla mia Verità, cioè digiudicare la volontà mia e non quella degliuomini ; e cosí debbi fare se vuoli avere la virtúschiectamente e stare ne l'ultimo perfectissimo eglorioso lume, pascendoti a la mensa del sanctodesiderio del cibo de l'anime, per gloria e loda delnome mio.

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CAPITOLO CIV. COME LA PENITENZIA NON SI

DIE PIGLIARE PER FONDAMENTO NÉ PER PRINCIPALE AFFECTO, MA L’AFFECTO E L'AMORE

DE LE VIRTÚ.

– Detto t'ho, carissima figliuola, delle due :ora ti dirò della terza, a la quale lo voglio che tuabbi avertenzia, e riprenda te medesima se alcunavolta el dimonio o el tuo basso vedere timolestasse di volere mandare e vedere andaretucti e' servi miei per quella via che tu andassi tu ;però che questo sarebbe contra la doctrina data ate da la mia Verità.

Perché spesse volte adiviene che, vedendoandare molte creature per la via della moltapenitenzia, tucti gli vorrebbe mandare per quellamedesima via ; e se vede che non vi vadano, nepiglia dispiacimento e scandalo in se medesimo,parendoli che non faccian bene. Or vedi quanto èingannato, però che spesse volte adiverrà che faràmeglio colui di cui gli pare male perché fa menopenitenzia, e piú virtuoso sarà (poniamo che nonfacci tanta penitenzia) che colui che ne mormora.E però ti dixi di sopra che coloro che si pasconoala mensa della penitenzia, se non vanno con veraumilità e che la ni-. tenzia loro non sia posta perprincipale affecto ma per strumento di virtú,spesse volte per questa mormorazioneoffendaranno la perfeczione loro. E però nondebbono essere ignoranti, [210] ma debbonovedere che la perfeczione non sta solamente in

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macerare né in ucidere il corpo, ma in ucidere lapropria e perversa volontà. E per questa via dellavolontà, annegata e sottoposta a la dolce volontàmia, dovete desiderare, e voglio che tu desideri,che tucti vadano.

Questa è la doctrina della luce di quelloglorioso lume, dove l'anima corre inamorata evestita della mia Verità. E non dispregio però lapenitenzia : perché la penitenzia è buona amacerare il corpo quando vuole impugnare contralo spirito. Ma non voglio però, carissima figliuola,che tu mel ponga per regola a ogniuno. Però chetucti e' corpi non sonno aguagliati né d'unamedesima forte complessione, però che ha piúforte natura uno che un altro ; e anco perchéspesse volte, si com' Io ti dixi, adiviene che lapenitenzia che si comincia, per molti accidentiche possono adivenire, si conviene lassare. E se ‘lfondamento dunque fusse in te, o che tu ci dessialtrui, facessi o facessi fare sopra la penitenzia,verrebbe meno e sarebbe imperfecto ; emancarebbevi la consolazione e la virtú nel'anima. Essendo poi privati di quella cosa cheamavate e dove avavate facto ci vostro principio,vi parrebbe essere privati di me, e, parendoviessere privati della mia bontá, verreste a tedio e agrandissima tristizia, amaritudine e confusione.Per questo modo perdareste l'exercizio e lafervente orazione, la quale solevate fare quandofaciavate la vostra penitenzia. La quale lassata per

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molti accidenti che vengono, non vi sa l'orazionedi ` quello sapore che vi sapeva prima. Questoadiverrebbe, perché il fondamento sarebbe factone l’affecto della penitenzia e non ne l’ansietatodesiderio : desiderio, dico, delle vere e reali virtú.

Si che vedi quanto male ne seguitarebbe perfare solo ci principio nella penitenzia. E peròsareste ignoranti e cadreste nella mormorazioneverso de' servi miei, come decto è, e verrestene atedio e a molta amaritudine, e studiareste di faresolo operazioni finite a me che so' Bene infinito, eperò Io vi richiego infinito desiderio.

Convienvi dunque fare il fondamento inuccidere e annegare [211] la propria volontà, econ essa volontà, sottoposta a la volontà mia, midarete dolce e afamato e infinito desiderio,cercando l'onore di me e la salute de l'anime. Ecosí vi pascerete a la mensa del sancto desiderio ;ci quale desiderio non è mai scandalizzato né in séné nel proximo suo, ma d'ogni cosa gode e traefructo di tanti diversi e variati modi che Io do nel'anima. Non fanno cosí e' miserabili che nonseguitano questa doctrina, dolce e dricta via datada la mia Verità : anco fanno ci contrario,giudicando secondo la cechità e infermo vedereloro ; e però vanno come farnetichi, e privansi delbene della terra e del bene del cielo. E in questavita, si come Io ti dixi in un altro luogo, gustanol'arra de l'inferno.

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CAPITOLO CV. REPETIZIONE IN SOMMA DE LE PREDECTE COSE, CON UNA AGIUNTA SOPRA LA REPRENSIONE DEL PROXIMO.

– Ora t'ho decto, carissima figliuola,satisfacendo al desiderio tuo e dichiaratati diquello che mi dimandasti, cioè in che modo tudebbi riprendere il proximo tuo, acciò che tu nonsia ingannata dal dimonio né dal tuo bassovedere. Cioè che tu debbi riprendere in generale enon in particulare (se giá per expressa revelazionetu non l'avessi da me), ma con umilità, per lomodo che decto t'ho, riprendere te e loro.

Anco t'ho decto e dico che in veruno mododel mondo t'è licito ci giudicare in alcuna creatura,né in comune né in particulare, ne le menti deiservi miei, né trovandola disposta né nondisposta. E decta t'ho la cagione per la quale tunon puoi giudicare, e giudicando rimarrestiingannata nel tuo giudicio ; ma compassionedebbi avere tu e gli altri, e il giudicio lassare a me.

E anco t'ho decta la doctrina e il principalefondamento che tu debbi dare a coloro chevenissero a te per consiglio e che volessero esciredelle tenebre del peccato mortale e seguitare la viadelle virtú : cioè che tu lo' dia per principio efondamento [212] l’affecto e l'amore delle virtúnel cognoscimento di loro e della mia bontá inloro ; e ucidano e annieghino la loro propriavolontà, acciò che in neuna cosa ribellino a me. Ela penitenzia lo' dá come strumento e non per

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principale affecto, come decto è non a ogniunoequalmente, ma secondo che sonno apti a portaree secondo la loro possibilità e stato suo, chi pocoe chi assai, secondo che può di questi strumenti difuore.

E perch' Io ti dixi che la riprensione non t'eralicito di farla altro che in generale per lo modoche decto t'ho (e cosí è la veritá), non vorrei peròche tu credessi che, vedendo tu

actualmente uno expresso difecto, tu noipossa correggere fra te e lui : anco puoi, e anco,se egli fusse obstinato che non si correggesse, elpuoi fare manifesto a due o a tre ; e se questo nongiuova, farlo manifesto al corpo mistico dellasancta Chiesa. Ma hotti decto che licito non è pertuo vedere o sentire dentro nella mente tua : néanco, per ogni vedere di fuore, non ti debbi cosítosto mutare : se tu non vedessi expressamente laveritá o che nella mente tua l'avessi per expressamia revelazione, non debbi usare la reprensionese non per lo modo che Io ti dissi. Quella è piúsicura per te, da non potere il dimonio ingannarticol mantello della caritá del proximo.

Compíto t'ho ora, carissima figliuola, didichiararti sopra questa parte quello che bisogna aconservare e crescere la perfeczione ne l'animatua.

CAPITOLO CVI. DE' SEGNI DA COGNOSCERE QUANDO LE VISITAZIONI E VISIONI MENTALI SONO DA DIO O DAL DEMONIO.

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– Ora ti dichiararò di quello che tu midimandasti sopra el segno che Io ti dixi che Iodavo ne l'anima a cognoscere la visitazione chericeve l'anima o per visioni o altre consolazioniche le paia ricevere. E dissiti el segno per lo qualeella si potesse cognoscere quando fusse da me ono. El suo segno era l'allegrezza che rimaneva nel'anima doppo la visitazione, [213] e la fame dellevirtú, e spezialmente unta della virtú della veraumilità, e arsa nel fuoco della divina caritá.

Ma perché tu m'adimandi se ne l'allegrezza sipotesse ricevere inganno alcuno (però che,cognoscendolo, ti vorresti attenere a la parte piúsicura, cioè al segno della virtú che non puòessere ingannata), lo ti dirò lo inganno che si puòricevere, e a quello che tu cognoscerai chel'allegrezza sia in veritá o no. Lo inganno si puòricevere in questo modo : lo voglio che tu sappiche di ciò che la creatura, che ha in sé ragione,ama o desidera d'avere, avendola n'ha allegrezza.E tanto quanto piú ama quella cosa che egli ha,tanto meno. vede e si dá a cognoscere conprudenzia unde ella viene, per lo dilecto che hapreso in essa consolazione ; però che l'allegrezzanel ricevere la cosa che ama non gli li lassavedere, né si cura di discernerla. Cosi coloro, chemolto si dilectano e amano la consolazionementale, cercano le visioni, e piú hanno posto elprincipale affecto nel dilecto della consolazioneche propriamente in me ; sí come lo ti dixi di

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coloro che anco erano nello stato imperfecto, cheraguardavano piú al dono delle consolazioni chericevevano da me donatore, che a l'affecto dellamia caritá con che lo lo' do.

Qui possono ricevere inganno questi cotali,cioè ne l'allegrezza loro, oltre agli altri inganni ch'Io ti contai distinctamente in un altro luogo. Inche modo el ricevono ? Dicotelo : che poi cheessi hanno conceputo l'amore grande a laconsolazione, come decto è, ricevendo poi laconsolazione o visione, in qualunque modol'avesse, sente allegrezza perché si vede quello cheama e desiderava d'avere ; e spesse volte potrebbeessere dal dimonio, e sentirebbe pure questaallegrezza : della quale allegrezza lo ti dixi che,quando ella era dal dimonio, questa visitazionedella mente veniva con allegrezza e rimaneva conpena e stimolo di coscienzia e vòtia del desideriodella virtú. Ora ti dico che alcuna volta potràavere questa allegrezza, e con essa allegrezza silevarà da l'orazione : se questa allegrezza si trovasenza l'affocato desiderio della virtú, untad'umilità e arsa nella fornace della divina miacarità, quella visitazione e consolazione e visione,che ella ha ricevuta, è dal demonio e non [214] dame, non obstante che si senta el segno del'allegrezza. Ma perché l'allegrezza non è unitacon l'affetto della virtú per lo modo che dettot'ho, puoi vedere manifestamente che quella èallegrezza tratta da l'amore che aveva a la propria

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consolazione mentale, e però gode ed haallegrezza perché si vede avere quello chedesiderava ; perché gli è condiczione de l'amore diqualunque cosa si sia, sentire allegrezza quandoriceve quella cosa che egli ama.

Si che per pura allegrezza non te ne potrestifidare : poniamo che l'allegrezza ti durasse mentreche tu hai la consolazione, e anco piú. L'amoreignorante in essa allegrezza non cognosciarebbel'inganno del dimonio, non andando con altraprudenzia ; ma, se con prudenzia andarà, vederàse l'allegrezza andarà con l'affetto della virtú, o sio no, e cognoscerà in questo modo se ella sarà dame o dal dimonio la visitazione che riceve nellamente sua.

Questo è quello segno che lo ti dixi in chemodo tu potessi cognoscere che l'allegrezza tifusse segno quando fusse visitata da me, se ellafusse unita con la virtú, sí com' Io t'ho detto.Veramente questo è segno dimostrativo, che tidimostra quello che è inganno e quello che non èinganno : cioè de l'allegrezza che ricevi nellamente tua da me in veritá, da l'allegrezza chericevessi per proprio amore spirituale, cioè dal'amore ed affetto che avessi posto a la propriaconsolazione : quella che è da me è unital'allegrezza con l'affetto della virtú, e quella che èdal dimonio sente solamente allegrezza, e, quandoviene a vedere, tanta virtú si truova quanto prima.

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Questa allegrezza lo' procede da l'amore dellapropria consolazione, come detto è.

E voglio che tu sappi che ogniuno non riceveperò inganno da questa allegrezza, se nonsolamente questi imperfetti che pigliano diletto econsolazione, e piú raguardano al dono che a medonatore. Ma quegli, che, schiettamente e senzarispetto alcuno di loro, raguardano come affocatia l’ affetto solamente di me che dono e non aldono, e il dono amano per me che dono e nonper propria loro consolazione, non possonoessere ingannati da questa allegrezza. [215]

E però l’ è a loro subito questo el segno,quando el dimonio alcuna volta volesse per suoinganno trasformarsi in forma di luce e mostrarsinella mente loro, giognendo subito con grandeallegrezza. Ma essi, che non sono passionati dal'amore della consolazione nella mente loro, conprudenzia in veritá cognoscono lo inganno suo :passando tosto l'allegrezza, vegonsi rimanere intenebre. E però s'aumiliano con verocognoscimento di loro, e spregiano ogniconsolazione e abracciano e stringono la dottrinadella mia Verità. El dimonio, come confuso, radevolte o non mai in questa forma vi torna.

Ma quelli, che sonno amatori della propriaconsolazione, spesse volte ne riceveranno ; maconosceranno l'inganno loro per lo modo chedetto t'ho, cioè trovando l'allegrezza senza lavirtú, cioè che non si vega escire di quello camino

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con umilità e vera carità, fame de l'onore di me,Dio etterno, e della salute de l'anime.

Questo ha facto la mia bontá : d'avereproveduto verso di voi, a' perfetti e agl'imperfetti,in qualunque stato voi sète, perché neunoinganno voi potiate ricevere, se vorreteconservarvi el lume de l'intelletto che lo v'ho datocon la pupilla della sanctissima fede, che voi nonvel Tassiate obumbrare dal dimonio e nol veliatecon l'amore proprio di voi. Perché, se non veltollete voi, non è alcuno che vel possa tollere.

CAPITOLO CVII. COME DIO È ADEMPITORE DE' SANCTI DESIDÈRI DE' SERVI SUOI, E COME MOLTO GLI PIACE CHI DIMANDA E BUSSA A LA PORTA DE LA SUA VERITÀ TOP PERSEVERANZIA.

– Ora t'ho detto, carissima figliuola, e in tuttodichiarato e illuminatone l'occhio de l'intellettotuo verso gl'inganni che ‘l dimonio ti potesse fare.E ho satisfacto al desiderio tuo in quello che tumi dimandasti, perché lo non so' spregiatore deldesiderio de' servi miei. Anco do a chimidimanda, e invitovi a dimandare ; e molto mispiace colui che in veritá non bussa a [216] laporta della sapienzia de l'unigenito mio Figliuolo,seguitando la doctrina sua ; la quale doctrina,seguitandola, è uno bussare chiamando a me,Padre etterno, con la voce del sancto desiderio,con umili e continue orazioni. E Io so' quel Padreche vi do el pane della grazia col mezzo di questa

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porta, dolce mia Verità. E alcuna volta,, perprovare i desidèri vostri e la vostra perseveranzia,fo vista di non intendervi ; ma Io v'intendo, edòvi, mentre, quello che bisogna, perché vi do lafame e la voce con che chiamate a me ; e Io,vedendo la sostanzia vostra, compio e' vostridesidèri, quando sonno ordinati e dirizzati in me.

A questo chiamare v' invitoe la mia Veritàquando dixe : « Chiamate e saravi risposto ;bussate e saravi aperto ; chiedete e saravi dato ».E cosí ti dico che Io voglio che tu facci : che tunon allenti mai el desiderio tuo di chiederel'aiutorio mio ; né abbassi la voce tua di chiamarea me, ch' Io facci misericordia al mondo ; né tiristare di bussare a la porta della mia Verità,seguitando le vestigie sue ; e dilèctati in croce conLui, mangiando el cibo de l'anime per gloria eloda del nome mio. E con ansietà di cuoremughiare sopra el morto de l'umana generazione,el quale vedi condotto a tanta miseria che lalingua non sarebbe sufficiente a narrarlo. Conquesto mughio e grido vorrò fare misericordia almondo. E questo è quello che lo richiego da' servimiei, e questo mi sarà segno che in veritám'amino. E Io non sarò spregiatore de' lorodesidèri, si come Io t'ho decto.

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CAPITOLO CVIII. COME QUESTA DEVOTA ANIMA, RENDENDO GRAZIE A DIO, S'UMILIA. POI FA ORAZIONE PER TUTTO EL MONDO E SINGULARMENTE PER LO CORPO MISTICO DE LA SANCTA CHIESA E PER LI FIGLIUOLI SUOI SPIRITUALI E PER LI DUE PADRI DE L'ANIMA SUA.E, DOPPO QUESTE COSE, DIMANDA D'UDIRE PARLARE DE' DEFECTI DE' MINISTRI DE LA SANCTA CHIESA.

Alora quella anima, come ebbra veramente,pareva fuore di sé, e, alienati e' sentimenti delcorpo suo, per l'unione de l'amore che fasta avevanel Creatore suo, levata la mente e specolando[217] nella Verità etterna con l'occhio del'intelletto suo, avendo cognosciuta la veritá, s'erainnamorata della veritá, e diceva : O somma edetterna bontá di Dio, e chi so' io, miserabile, chetu, sommo ed etterno Padre, hai manifestata a mela veritá tua e gli occulti inganni del dimonio ; e lo'nganno del proprio sentimento, che io e gli altripotiamo ricevere in questa vita dellaperregrinazione, acciò che io non sia ingannata nédal dimonio né da me medesima ? Chi t'hamosso ? L'amore. Però che tu m'amasti senzaessere amato da me. O fuoco d'amore, grazia,grazia sia a te, Padre etterno. lo, imperfetta, pienadi tenebre ; e tu, perfetto e luce, hai mostrato ame la perfeczione e la via lucida della dottrina del'unigenito tuo Figliuolo. Io ero morta, e tu m'hairisuscitata ; io ero inferma, e tu m'hai data la

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medicina : e non tanto la medicina del Sangue chetu desti allo Infermo de l'umana generazione colmezzo del tuo Figliuolo, ma tu m'hai data unamedicina contra una infermità occulta, la quale ionon cognoscevo, dandomi tu la dottrina che inneuno modo io posso giudicare alcuna creaturache abbi in sé ragione, e singularmente verso de'servi tuoi, de' quali spesse volte, come cieca einferma di questa infermità, sotto spezie e colorede l'onore tuo e salute de l'anime, davo giudicio.E però io ti ringrazio, somma ed etterna bontá,che, nel manifestare la tua veritá e lo inganno deldimonio e la propria passione, m'hai factoconoscere la infermità mia. Unde io t'adimandoper grazia e misericordia che oggi sia postotermine e fine che io mai non esca della dottrinatua, data a me da la tua bontá e a chiunque lavorrà seguitare, però che senza te neuna cosa èfasta.

A te dunque ricorro e rifugo, Padre etterno, enon te l’adimando per me sola, Padre, ma pertutto quanto el mondo, e singularmente per locorpo mistico della sancta Chiesa : che questaveritá e dottrina riluca ne' ministri tuoi, data da te.Verità etterna, a me miserabile. Ed ansot'adimando spezialmente per tutti coloro e' qualim'hai dati che io ami di singulare amore, e' qualihai fasti una cosa con meco ; però che essisaranno el mio refrigerio per gloria e loda delnome tuo, vedendoli còrrire per questa dolce e

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dritta via schietti e morti ad ogni [218] lorovolontà e pareri, e senza alcuno giudicio oscandalo o mormorazione del proximo loro. Epregoti, dolcissimo amore, che neuno me ne siatolto delle mani dal dimonio infernale, si che nel'ultimo giongano a te, Padre etterno, fine loro.

Anco ti fo un'altra petizione per le duecolonne de' padri che m'hai posti in terra aguardia e doctrina di me, inferma, miserabile, dalprincipio della mia conversione infino a ora : chetu gli unisca e di due corpi facci una anima, e cheneuno actenda ad altro che a compire in loro, enei misterii che tu l'hai posti nelle mani, la gloria eloda del nome tuo in salute de l'anime. E io,indegna e miserabile, schiava e non figliuola,tenga quel modo, con debita reverenzia e sanctotimore verso di loro, per amore di te, che sia tuoonore, pace e quiete loro ed edificazione delproximo.

So' certa, Verità etterna, che tu nondispregiarai el desiderio mio né le petizioni che Iot'ho adimandate, però che io cognosco perveduta, secondo che t'è piaciuto di manifestare, emolto maggiormente per pruova, che tu se'acceptatore de' sancti desidèri. Io, indegna tuaserva, m' ingegnarò, secondo che mi darai lagrazia, d'observare il comandamento e la doctrinatua.

O Padre etterno, ricordato m'è d'una parolache tu dicesti quando mi narravi alcuna cosa de'

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ministri della sancta Chiesa, dicendo tu che piúdistinctamente in un altro luogo me ne parlaresti :de' difecti che al di d'oggi essi commectono.Unde, se piacesse a la tua bontá di dirne alcunacosa, acciò che io avesse materia di crescere ildolore e la compassione e l’ansietato desiderio perla salute loro (ché mi ricordo che giá tu dicestiche, col sostenere e lagrime, dolori, sudori eorazioni de' servi tuoi, ci daresti refrigerio,riformandola di sancti e buoni pastori) ; si che,acciò che questo cresca in me, però te l’adimando.[219]

CAPITOLO CIX. COME DIO RENDE SOLLICITA LA PREDECTA ANIMA ALL'ORAZIONE, RISPONDENDO AD ALCUNA DE LE PREDECTE PETIZIONI.

Alora Dio etterno, vollendo l'occhio della suamisericordia e non spregiando el suo desiderio,ma acceptando le sue petizioni, volendo satisfarea l'ultima petizione che ella aveva facta sopra lapromessa sua, diceva : – O dilectissima ecarissima figliuola, lo adempirò in quello chem'hai adimandato el desiderio tuo, purché da latua parte non commecta ignoranzia nénegligenzia. Però che molto ti sarebbe piú grave edegna di maggiore reprensione ora che prima,perché piú hai cognosciuto della mia veritá : Eperò sia dunque sollicita di dare orazioni per tuctele creature che hanno in loro ragione, e per lo

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corpo mistico della sancta Chiesa, e per quegliche Io t’ho dati che tu ami di singulare amore. Enon commectere negligenzia in dare orazioni edexemplo di vita e la doctrina della parola,riprendendo il vizio e commendando la virtúgiusta ‘l tuo potere. Delle colonne le quali lo hodate a te, delle quali tu mi dicesti, e cosí è laveritá, fa' che tu sia uno mezzo di dare a ciascunoquello che gli bisogna, secondo l’aptitudine loro ecome Io, tuo Creatore, ti ministrarò, però chesenza me neuna cosa potresti fare ; ed Ioadempiroe i desidèri tuoi. Ma non mancare tu néeglino nello sperare in me, però che laprovidenzia mia non mancarà in voi ; e ogniunoumilemente riceva quello che esso è apto aricevere, e ogniuno ministri quello che lo gli daròa ministrare, ogniuno nel modo suo, secondo chehanno ricevuto e riceveranno da la mia bontá.[220]

CAPITOLO CX. DE LA DIGNITÀ DE' SACERDOTI, E DEL SACRAMENTO DEL CORPO DI CRISTO. E DI QUELLI CHE COMUNICANO DEGNAMENTE E INDEGNAMENTE.

– Ora ti rispondo di quello che m'haiadimandato sopra e' ministri della sancta Chiesa.E acciò che tu meglio possa cognoscer la veritá,apre l'occhio de l'intellecto tuo e raguardal’excellenzia loro, in quanta dignità lo gli ho posti.E perché meglio si cognosce l'uno contrario per

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l'altro, voglioti mostrare la dignità di coloro cheexercitano in virtú el tesoro che lo lo' missi fra lemani ; e per questo, meglio vedrai la miseria dicoloro che oggi si pascono al pecto di questasposa. –

Alora quella anima, per obbedire, si specolavanella veritá, dove vedeva rilucere le virtú ne' verigustatori. Alora Dio etterno diceva : – Carissimafigliuola, prima ti voglio dire la dignità loro dovelo gli ho posti per la mia bontá ; oltre a l'amoregenerale che Io ho avuto a le mie creaturecreandovi a la imagine e similitudine mia, ericreativi tucti a grazia nel sangue de l'unigenitomio Figliuolo ; unde veniste in tanta excellenzia,per l'unione ch' Io feci della Deitá mia nellanatura umana, che in questo avete maggioreexcellenzia e dignità voi che l'angelo, perch' Iopresi la natura vostra e non quella de l'angelo.Unde, si come Io dixi, Io Dio so' facto uomo el'uomo è facto Dio per l'unione della natura miadivina nella natura vostra umana.

Questa grandezza è data in generale ad ognicreatura che ha in sé ragione ; ma tra questi hoelecti e' miei ministri per 1p salute vostra, acciòche per loro vi sia ministrato el sangue de l'umilee immaculato Agnello unigenito mio Figliuolo. Acostoro ho dato a ministrare il Sole, dando lo' ellume della scienzia e il caldo della divina caritá e ilcolore unito col caldo e col lume, cioè il Sangue eil Corpo del mio Figliuolo. El quale Corpo è uno

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sole, perché è una cosa con meco, vero Sole.[221] E tanto è unito, che l'uno non si puòseparare da l'altro né tagliare, se non come il sole,che non si può dividere né il caldo suo da la lucené la luce dal suo colore, per la sua perfeczione del'unione.

Questo sole, non partendosi da la ruota sua,cioè che non si divide, dá lume a tucto quanto elmondo e scalda a chiunque da lui vuole esserescaldato ; e per alcuna immondizia questo solenon si lorda, e il lume suo è unito, come dettot'ho. Cosí questo Verbo mio Figliuolo, con elsangue dolcissimo suo, è uno sole, tucto Dio etucto uomo, perché egli è una medesima cosa conmeco e lo con lui. La potenzia mia non è separatada la sapienzia sua, né il calore, fuoco di Spiritosancto, non è separato da me Padre, né da luiFigliuolo, però che egli è una medesima cosa conNoi, perché lo Spirito sancto procede da mePadre e dal Figliuolo, e siamo uno medesimoSole.

Io so' quel Sole, Dio etterno, unde èproceduto el Figliuolo e lo Spirito sancto. AlloSpirito sancto è appropriato el fuoco ; al Figliuolola sapienzia, nella quale sapienzia e' ministri mieiricevono uno lume di grazia, perché hannoministrato questo lume con lume e congratitudine del benefizio ricevuto da me Padreetterno, seguitando la doctrina di questasapienzia, unigenito mio Figliuolo.

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Questo è quello lume che ha in sé il coloredella vostra umanità, unito l'uno con l'altro. Undeil lume della Deitá mia fu quello lume unito colcolore de l'umanità vostra. El quale colorediventò lucido, quando fu inpassibile in virtú dellaDeitá, natura divina. E per questo mezzo, cioè del’obiecto di questo Verbo incarnato, intriso eimpastato col lume della mia Deitá, natura divina,e col caldo e fuoco dello Spirto sancto, avetericevuto el lume. A cui l'ho dato a ministrare ? A'ministri miei nel corpo mistico della sanctaChiesa, acciò che aviate vita, dandovi el Corposuo in cibo e il Sangue in beveraggio.

Decto t'ho che questo Corpo è sole. Undenon vi può essere dato el Corpo che non vi siadato el Sangue, né il Sangue né il Corpo senzal'anima di questo Verbo, né l'anima né il Corposenza la Deitá di me Dio etterno, perché l'unanon si può [222] separare da l'altra ; si come in unaltro luogo ti dixi che la natura divina non si partimai da la natura umana, né per morte né perverun'altra cosa non si poteva né può separare. Siche tutta l’essenzia divina ricevete in quellodolcissimo sacramento sotto quella bianchezzadel pane. E si come il sole non si può dividere,cosí non si divide tutto Dio ed uomo in questabianchezza dell'ostia. Poniamo che l'ostia sidividesse : se mille migliaia di minuzzoli fussepossibile di farne, in ciascuno so' tutto Dio e tuttouomo, come detto ho. Si come lo specchio che si

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divide, e non si divide però la imagine che si vededentro nello specchio ; cosí, dividendo questaostia, non si divide tutto Dio e tutto uomo, ma inciascuna parte è tutto. Né non dimi. nuisce peròin se medesimo se non come il fuoco, cioè inquesto exemplo.

Se tu avessi uno lume, e tutto ci mondovenisse per questo lume ; per quello tollere, cilume non diminuisce, e nondimeno ciascuno l'hatutto. É vero che chi piú o meno participa diquesto lume : secondo la materia che colui, chericeve, porta, cosí riceve il fuoco. E acciò chemeglio m'intenda, pongoti questo exemplo. Sefussero molti che portassero candele, e l'unaavesse materia d'una oncia e l'altra di due o di sei,o chi di libra e chi piú, e andassero al lume eaccendessero le candele loro ; poniamo che inciascuno, ne l'assai e nel poco, vede tutto ci lume,cioè il caldo e il colore ed esso lume ; nondimenotu giudicarai che meno n'abbi colui che la portad'una oncia che quelli di libra. Or cosí adiviene diquegli che ricevono questo sacramento : chi portala candela sua, cioè il sancto desiderio con che siriceve e piglia questo Sacramento ; la qualecandela in sé è spenta, e accendesi ricevendoquesto Sacramento. a Spenta » dico, perché da voinon sète alcuna cosa. È vero che Io v'ho data lamateria con che voi potiate notricare in voiquesto lume e riceverlo. La materia vostra è

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l'amore, perch' Io vi creai per amore, e però nonpotete vivere senza amore.

Questo essere dato a voi per amore haricevuta la disposizione nel sancto baptesmo, chericevete in virtú del sangue di questo Verbo ; chéin altro modo non potreste participare di [223]questo lume, anco sareste come candela senza cipapeio dentrovi, che non può ardere né riceverein sé questo lume. Cosí voi, se ne l'anima vostranon aveste ricevuto ci papeio che riceve questolume, cioè la sanctissima fede, ed unita la graziache ricevete nel baptesmo con l'affetto de l'animavostra creata da Ine, apta ad amare ; si come dettot'ho che tanto è apta ad amare che senza amorenon può vivere, anco ci suo cibo è l'amore.

Dove s'accende questa anima unita per lomodo che detto t'ho ? Al fuoco della divina miacarità, amando e temendo me e seguitando ladottrina della mia Verità. È vero che s'accendepiú e meno, si com' Io ti dixi, secondo cheportarà e darà materia a questo fuoco ; però che,bene che tutti abbiate una medesima materia, cioèche tutti siate creati a la imagine e similitudine miae abbiate ci lume del sancto baptesmo voicristiani, nondimeno ogniuno può crescere inamore e in virtú, secondo che piace a voi,mediante la grazia mia. Non che voi mutiate altraforma che quella che lo v'ho data, ma crescete eaumentate ne l'amore le virtú, usando in virtú e inaffetto di caritá ci libero arbitrio, mentre che

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avete il tempo ; però che, passato ci tempo, non ilpotreste fare. Si che potete crescere in amore,come detto t'ho. El quale amore, venendo conesso a ricevere questo dolce e glorioso lume (delquale Io v'ho dato a ministrare col mezzo deiministri miei, e dato ve l' hoe in cibo, e tantoricevete di questo lume quanto portarete del'amore e affocato desiderio), poniamo che tuttoci ricevete (si com' Io dixi ponendoti l'exemplo dicoloro che portavano candele, e' quali secondo laquantità del peso cosí ricevevano), poniamo chein ogniuno ci vedessi tutto intero e non diviso,però che dividere non si può, come detto è, perveruna vostra imperfeczione, né di voi che ‘lricevete né di chi ci ministra ; ma tanto participatein voi di questo lume, cioè della grazia chericevete in questo sacramento, quanto vidisponete a ricevere con sancto desiderio. E chiandasse a questo dolce sacramento con colpa dipeccato mortale, da questo sacramento non ricevegrazia, poniamo che egli riceva attualmente tuttoDio ed uomo, si come detto t'ho. [224]

Ma sai come sta questa anima che ‘l riceveindegnamente ? Sta si come la candela che v'ècaduta l'acqua, che non fa altro che strídarequando è acostata al fuoco : che, subbito che ‘lfuoco v'è intrato, è spento in quella candela, enon vi rimane altro che ‘l fummo. Cosí questaanima porta sé, candela, la quale ricevette ilsancto baptesmo e poi gittoe l'acqua della colpa

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dentro ne l'anima sua, la quale fue una acqua cheinacquoe il papeio del lume della grazia delbaptesmo. Non essendosi scaldata al fuoco dellavera contrizione, confessandosi della colpa sua,andò alla mensa de l'altare a ricevere questo lumeattualmente. Questo vero lume, non essendodisposta quella anima come si debba disponere atanto misterio, non rimane per grazia in quellaanima, ma partesi, e ne l'anima rimane maggioreconfusione, spenta con tenebre e aggravata lacolpa sua. Di questo sacramento non sente altroche strido di rimorso della coscienzia, non perdifecto del lume, però che non può riceverealcuna lesione, ma per difecto de l'acqua chetrovò ne l'anima ; la quale acqua impedí l'affettode l'anima, che non poté ricevere questo lume.

Si che vedi che in neuno modo questo lume,unito el caldo e il colore a esso lume, si puòdividere : né per piccolo desiderio che portil'anima ricevendo questo Sacramento, né perdifecto che fusse ne l'anima che ‘l riceve né dicolui che ‘l ministra ; si come Io ti dixi del sole, elquale, stando in su la cosa immonda, non si lordaperò. Cosí questo dolce lume in questosacramento per neuna cosa si lorda, né si divide,né diminuisce il lume suo, né non si stacca da laruota : poniamo che tutto el mondo si comunichidel lume e del caldo di questo sole. Cosí non sistacca questo Verbo Sole, unigenito mioFigliuolo, da me Sole, Padre etterno, perché nel

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corpo mistico della sancta Chiesa sia ministrato achiunque il vuole ricevere ; ma tutto rimane, etucto l'avete, Dio e uomo, si come ti diei exemplodel lume : che se tutto el mondo mandasse peresso lume, tutti l'hanno tutto, e tutto si rimane.[225]

CAPITOLO CXI. COME I SENTIMENTI CORPORALI TUCTI SONO INGANNATI DEL PREDETTO SACRAMENTO, MA NON QUELLI DELL'ANIMA ; E PERÒ CON QUELLI SI DEBBA VEDERE, GUSTARE E TOCCARE. E D'UNA BELLA VISIONE CHE QUESTA ANIMA EBBE SOPRA QUESTA MATERIA.

– O carissima figliuola, apre bene l'occhiodell' intéllecto a raguardare l'abisso della miacarità, ché non è alcuna creatura che abbi in séragione che non si dovesse dissolvere il cuore suoper affetto d'amore a raguardare fra gli altribenefizi che avete ricevuti da me, vedere ilbenefizio che ricevete di questo sacramento. Econ che occhio, carissima figliuola, debbi tu e glialtri vederlo e raguardare questo misterio etoccarlo ? Non solamente con toccamento evedere di corpo, però che tutti e' sentimenti delcorpo ci vengono meno. Tu vedi che l'occhio nonvede altro che quella bianchezza di quel pane, lamano altro non tocca, el gusto altro non gustache il sapore del pane ; si che i grossi sentimentidel corpo sonno ingannati : ma el sentimento de

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l'anima non può essere ingannato, se ella vorrà,cioè che ella non si voglia tollere il lume dellasanctissima fede con la infidelità.

Chi gusta e vede e tocca questo sacramento ?el sentimento de l'anima. Con che occhio elvede ? con l'occhio de l' intellecto, se dentro nel'occhio è la pupilla della sanctissima fede. Questoocchio vede in quella bianchezza tutto Dio e tuttouomo, la natura divina unita con la natura umana.El corpo, l'anima e il sangue di Cristo ; l'animaunita nel corpo. El corpo e l'anima uniti con lanatura mia divina, non staccandosi da me. Sicome ben ti ricorda che, quasi nel principio dellavita tua, lo ti manifestai. E non tanto con l'occhiode l'intelletto, ma con l'occhio del corpo, beneche, per lo lume grande, l'occhio del corpo tuoperdé il vedere e rimase solo il vedere a l'occhiode l'intelletto.

Mostra'telo a tua dichiarazione contra labattaglia che ‘l dimonio in esso sacramentot'aveva data, e per farti crescere in [226] amore enel lume della sanctissima fede. Unde tu sai cheandando tu la mattina, a l'aurora, a la chiesa perudire la messa, essendo stata dinanzi passionatadal dimonio, tu ti ponesti ritta a l'altare delCrocifixo. El sacerdote era venuto a l'altare diMaria ; e stando ine a considerare il difetto tuo,temendo di non avere offeso me per la molestiache ‘l dimonio t'aveva data, e a considerarel'affetto della mia caritá che t'avevo (acta degna

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d'udire la messa (conciosiacosaché tu ti reputaviindegna d'entrare nel sancto tempio mio),venendo el ministro a consdgrare, a laconsacrazione tu alzasti gli occhi sopra delministro ; e nel dire le parole della consacrazione,Io manifestai me a te, vedendo tu escire del pettomio uno lume come il raggio del sole che escedella ruota del sole, non partendosi da essa ruota.Nel quale lume veniva una colomba, uniti insiemel'uno con l'altro, e percoteva sopra de l'ostia invirtú delle parole della consacrazione che ‘lministro diceva ; perché l'occhio tuo corporalenon fu sufficiente a sostenere il lume, ma rimasetici vedere solo ne l'occhio intellettuale, e inevedesti e gustasti l'abisso della Trinitá, tutto Dio euomo, nascoso e velato sotto quella bianchezza.Né il lume né la presenzia del Verbo, che tu inessa bianchezza vedesti intellectualmente, nontolleva però la bianchezza del pane : l'uno nonimpediva l'altro, né il vedere Dio e uomo inquello pane, né quel pane era impedito da me,cioè che non gli era tolto né la bianchezza né iltoccare né il sapore.

Questo fu mostrato a te da la mia bontá,come detto t'ho. A cui rimase il vedere ? Al'occhio de ('intellecto con la pupilla dellasanctissima fede ; si che nell'occhio de l'intellettodebba essere il principale vedere, però che eglinon può essere ingannato. Adunque con essodovete raguardare questo sacramento. Chi el

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tocca ? la mano de l'amore. Con questa mano sitocca quello che l'occhio ha veduto e cognosciutoin questo sacramento. Per fede il tocca con lamano de l'amore, quasi certificandosi di quelloche per fede vide e cognobbe intellectualmente.Chi ci gusta ? el gusto del sancto desiderio. Elgusto del corpo gusta ci sapore del pane ; ed ilgusto de l'anima, cioè il sancto desiderio, gustaDio e uomo. Si che vedi che ' sentimenti del [227]corpo sonno ingannati, ma none il sentimento del'anima : anco n'è chiarificata e certificata in semedesima, perché l'occhio de l’ intellecto l'haveduto con la pupilla del lume della sanctissimafede. Perché ‘l vidde e il cognobbe, però ci toccacon la mano de l'amore, però che quello che videil tocca per amore con fede. E col gusto del'anima, con l’affocato desiderio ci gusta, cioèl’affocata mia carità, amore ineffabile. Col qualeamore l'ho fatta degna di ricevere tanto misteriodi questo sacramento, e la grazia che in essosacramento si vede ricevere. Si che vedi che nonsolamente col sentimento corporale dovetericevere e vedere questo sacramento, ma colsentimento spirituale, disponendo e' sentimentide l'anima con affetto d'amore a vedere, riceveree gustare questo sacramento, come detto t'ho.

CAPITOLO CXII. DE LA EXCELLENZIA DOVE L'ANIMA STA, LA QUALE PIGLIA EL PREDETTO SACRAMENTO IN GRAZIA.

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– Raguarda, carissima figliuola, in quantaexcellenzia sta l'anima ricevendo, come debbaricevere, questo pane della vita, cibo degli angeli.Ricevendo questo sacramento, sta in me e Io inlei ; si come il pesce sta nel mare e il mare nelpesce, cosí lo sto ne l'anima e l'anima in me, marepacifico. In essa anima riniane la grazia, perché,avendo ricevuto questo pane della vita in grazia,rimane la grazia, consumato quello accidente delpane. Io vi lasso la imprompta della grazia mia sicome il suggello che si pone sopra la cera calda :partendosi e levando el suggello, vi rimane laimprompta d'esso suggello. Cosí la virtú di questosacramento vi rimane ne l'anima, cioè che virimane il caldo della divina carità, clemenzia diSpirito sancto. Rimanvi ci lume della sapienzia del'unigenito mio Figliuolo, illuminato l'occhio del'intelletto in essa sapienzia a cognoscere e avedere la dottrina della mia Verità ed essasapienzia. Rimane forte, participando dellafortezza mia e potenzia, facendola forte e [228]potente contra la propria passione sua sensitiva,contra le dimonia e contra’l mondo. Si che vediche le rimane la imprompta, levato che ‘l suggellos'è ; cioè che, consumata quella materia, cioè gliaccidenti del pane, questo vero Sole si ritorna a laruota sua ; non che fusse staccato, come dectot'ho, ma unito insieme con meco. Ma l'abissodella mia carità, per vostra salute e per darvi ciboin questa vita, dove sète perregrini e viandanti,

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acciò che aviate refrigerio e non perdiate lamemoria del benefizio del Sangue, ve l'ha dato incibo per mia dispensazione e divina providenzia,sovenendo a' vostri bisogni dandovelo in ciboquesta mia dolce Verità, come decto t'ho.

Si che mira quanto sète tenuti e obligati a mea rendarmi amore, poi che lo tanto v'amo, eperché Io so' somma ed etterna bontá, degnod'essere amato da voi.

CAPITOLO CXIII. COME LE PREDECTE COSE, CHE SONO DETTE INTORNO A LA EXCELLENZIA DEL SACRAMENTO, SONO DECTE PER MEGLIO COGNOSCERE LA DIGNITÀ DE' SACERDOTI. E COME DIO RICHIEDE IN ESSI MAGGIORE PURITÀ CHE NELL'ALTRE CREATURE.

– O carissima figliuola, tucto questo t'hodecto acciò che tu meglio cognosca la dignitàdove Io ho posti e' miei ministri, acciò che piú tidoglia delle miserie loro. Se essi medesimiraguardassero la loro dignità, non giacerebberonella tenebre del peccato mortale né lordarebberola faccia de l'anima loro. E non tanto che essioffendessero me e la loro dignità, ma, se desseroel corpo loro ad ardere, non lo' parrebbe poteresatisfare a tanta grazia e a tanto benefizio quantohanno ricevuto, però che a maggiore dignità inquesta vita non possono venire.

Essi sonno e' miei unti, e chiàmoli e' miei« cristi », perché l'ho dato a ministrare me a voi.

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Questa dignità non ha l'angelo, ed holla data agliuomini : a quelli che Io ho electi per miei ministri,e' quali ho posti come angeli, e debbono essereangeli terrestri in questa vita, però che debbonoessere come angeli. [229] In ogni anima richieggiopurità e carità, amando me e il proximo suo, esovenendo il proximo di quello che può,ministrandoli l'orazione e stando nella dileczionedella carità, si come in un altro luogo sopra questamateria lo ti narrai. Ma molto maggiormente Iorichieggio purità ne' miei ministri e amore versodi me e del proximo loro, ministrando lo' elCorpo e’l Sangue de l'unigenito mio Figliuolo confuoco di caritá e fame della salute de l'anime, pergloria e loda del nome mio.

Si come essi ministri vogliono la nectezza delcalice dove si fa questo sacrifizio, cosí richeggioIo la purità e nectezza del cuore, de l'anima e dellamente loro. E il corpo, si come strumento del'anima, voglio che si conservi in perfecta purità ;e non voglio che si notrichino né involgano nelloto della immondizia, né siano infiati persuperbia cercando le grandi prelazioni, né crudeliverso di loro e del proximo, però che la crudeltáloro non possono usarla senza el proximo loro.Perché, se essi sonno crudeli a loro di colpa,sonno crudeli a l’anime de' proximi loro, perchénon lo' dànno exemplo di vita né si curano ditrare l'anime delle mani del dimonio, né diministrar lo' el Corpo e’l Sangue de l'unigenito

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mio Figliuolo, e me vera luce, come decto t'ho,negli altri sacramenti della sancta Chiesa. Si che,se essi sonno crudeli a loro, sonno crudeli inaltrui.

CAPITOLO CXIV. COME LI SACRAMENTI NON SI DEBBONO VENDERE NÉ COMPRARE, E COME QUELLI CHE EL RICEVONO DEBBONO SOVENIRE LI MINISTRI DE LE COSE TEMPORALI, QUALI ESSI MINISTRI DEBBONO DISPENSARE IN TRE PARTI.

– Voglio che siano larghi e non avari, cioèche per cupidità e avarizia vendano la grazia miadello Spirito sancto. Non debbono fare, né Iovoglio che faccino cosf : anco, come di dono elarghezza di caritá hanno ricevuto da la bontámia, cosi in dono e in cuore largo, per affectod'amore verso l'onore mio e salute de l'anime,debbono donare caritativamente a ogni creaturache ha in sé ragione, che umilemente l’adimandi.E non [230] debbono tollere alcuna cosa perprezzo, però che non l'hanno comprata, maricevuta per grazia da me perché ministrino a voi ;ma ben possono e debbono tollere per limosina.E cosí debba fare il subdito che riceve : chedebba da la parte sua, quando egli può, dare perlimosina ; però che essi debbono essere pasciutida voi delle cose temporali, sovenendo allanecessità loro. E voi dovete essere pasciuti enotricati da loro della grazia e doni spirituali, cioè

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de' sancti sacramenti che lo ho posti nella sanctaChiesa, perché ve li ministrino in vostra salute.

E fovi a sapere che, senza verunacomparazione, donano piú a voi che voi a loro ;però che comparazione non si può ponere da lecose finite e transitorie, delle quali sovenite loro, ame, Dio, che so' infinito, el quale per miaprovidenzia e divina caritá ho posti loro che ilministrino a voi. E non tanto di questo misterio,ma di qualunque cosa si sia, e da qualunquecreatura vi fusse ministrato grazie spirituali, o perorazione o per alcuna altra cosa ; con tutte levostre substanzie temporali non agiongono népotrebbero agiognere a quello che ricevetespiritualmente, senza veruna comparazione.

Ora ti dico che la substanzia, che essiricevono da voi, essi sonno tenuti di distribuirla intre modi, cioè farne tre parti l'una per la vita loro,l'altra a' poveri e l'altra mettere nella Chiesa nellecose che sonno necessarie ; e per altro modo no.Facendone altrementi, offenderebbero me.

CAPITOLO CXV. DE LA DIGNITÀ DE' SACERDOTI, E COME LA VIRTÚ DE' SACRAMENTI NON DIMINUISCE PER LE COLPE DI CHI GLI MINISTRA O RICEVE. E COME DIO NON VUOLE CHE LI SECOLARI S' INPACCINO DI CORRÈGGIARLI.

– Questo facevano e' dolci e gloriosi ministri,de' quali Io ti dixi ché volevo che vedessi

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l’excellenzia loro, oltre a la dignità che Io l'avevodata avendoli facci miei cristi, si come Io ti dixi.Exercitando in virtú questa dignità, sonno vestitidi questo dolce e glorioso Sole el quale Io lo' dieia ministrare. Raguarda [231] Gregorio dolce,Silvestro e gli altri antecessori e subcessori chesonno seguitati doppo el principale ponteficePietro, a cui furono date le chiavi del regno delcielo da la mia Verità, dicendo : « Pietro, Io ti dole chiavi del regno del cielo ; e cui tu scioglierai ínterra sarà sciolto in cielo, e cui tu legarai in terrasarà legato in cielo ».

Attende, carissima figliuola, che,manifestandoti l’excellenzia delle virtú di costoro,lo piú pienamente ti mostrarrò la dignità nellaquale Io ho posti questi miei ministri. Questa è lachiave del sangue de l'unigenito mio Figliuolo. Laquale chiave diserrò vita etterna, che grandetempo era stata serrata per lo peccato d'Adam ;ma poi che Io vi donai la Verità mia, cioè il Verbode l'unigenito mio Figliuolo, sostenendo morte epassione, con la morte sua destrusse la mortevostra, facendovi bagno del sangue suo. Sí che ‘lsangue e morte sua, ed in virtú della natura miadivina unita con la natura umana, diserroe vitaetterna. A cui ne lassoe le chiavi di questoSangue ? Al glorioso apostolo Pietro e a tutti glialtri, che so' venuti o verranno di qui a l'ultimo didel giudicio ; si che tutti hanno e avaranno quellamedesima auctorità che ebbe Pietro. E per neuno

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loro difetto non diminuisce questa auctorità, nétolle la perfeczione al Sangue né ad alcunosacramento, perché giá ti dixi che questo Sole perneuna immondizia si lordava, e non perde la lucesua per tenebre di peccato mortale che fusse incolui che ‘l ministra o in colui che ‘l riceve : peròche la colpa sua neuna lesione a' sacramenti dellasancta Chiesa può fare, né diminuire la virtú inloro ; ma ben diminuisce la grazia, e cresce lacolpa in colui che ‘l ministra e in colui che ‘lriceve indegnamente.

Si che Cristo in terra tiene le chiavi delSangue, si come, se ben ti ricorda, lo telmanifestai in questa figura, volendoti mostrarequanta reverenzia e' secolari debbono avere aquesti ministri, o buoni o gattivi che siano, equanto mi spiaceva la inreverenzia. Sai che lo tiposi el corpo mistico della sancta Chiesa quasi informa d'uno cellaio, nel quale cellaio era il sanguede l'unigenito mio Figliuolo ; nel quale sanguevagliono tutti e' sacramenti, e hanno vita in virtúdi questo sangue. Alla [232] porta di questocellaio era Cristo in terra, a cui era commesso aministrare el Sangue, e a lui stava di mectere iministratori che l’aitassero a ministrare per tuctol'universale corpo della religione cristiana. Chi eraacceptato e unto da lui n'era facto ministro, e altrino. Da costui esce tucto l'ordine chericato, emessili, ciascuno ne l'offizio suo, a ministrarequesto glorioso Sangue. E come egli gli ha messi

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per suoi aitatori, cosí a lui tocca el correggerli de'difecti loro ; e cosí voglio che sia, che, perl’excellenzia ed auctorità che Io l'ho data, Io gliho tracti della servitudine, cioè subieczione dellasignoria de' signori temporali. La legge civile nonha a fare cavelle con la legge loro in punizione ;ma solo in colui che è posto a signoreggiare e aministrare nella legge divina. Questi sono e' mieiunti, e però dixi per la Scriptura : « Non vogliatetoccare e' cristi miei ». Unde a maggiore ruina nonpuò venire l'uomo che se ne fa punitore.

CAPITOLO CXVI. COME LA PERSECUZIONE, CHE SI FA A LA SANCTA CHIESA O VERO A' MINISTRI, DIO LA REPUTA FACTA A SÉ, E COME QUESTA COLPA PIÚ È GRAVE CHE NEUNA ALTRA.

– E se tu mi dimandassi per che cagione Io timostrai che piú era grave la colpa di coloro cheperseguitavano la sancta Chiesa che tucte l'altrecolpe commesse, e perché per li loro difecti Ionon volevo che la reverenzia verso di lorodiminuisse, Io ti rispondarei e rispondo : perchéogni reverenzia che si fa a loro, non si fa a loro,ma a me, per la virtú del Sangue che Io l'ho dato aministrare. Unde, se non fusse questo, tantareverenzia avareste a loro quanta agli altri uominidel mondo, e non piú. E per questo ministeriosète costrecti a far lo' reverenzia ; e a le loro manivi conviene venire, non a loro per loro, ma per lavirtú che Io ho data a loro, se volete ricevere i

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sancti sacramenti della Chiesa ; però che,potendoli avere e non volendogli, sareste emorreste in stato di dannazione. [233]

Si che la reverenzia è mia e di questo gloriosoSangue (che siamo una medesima cosa perl'unione della natura divina con la natura umana,come decto è), e non loro. E si come lareverenzia è mia, cosí la inreverenzia : ché giá t'hodecto che la reverenzia non dovete fare a loro perloro, ma per l’auctorità che lo ho data a loro. Ecosí non debbono essere offesi, però che,offendendo loro, offendono me e non loro. E giál'ho vetato, e decto che i miei cristi – non voglioche sieno toccati per le loro mani ; e per questoneuno si può scusare dicendo : – Io non foingiuria né so' ribello a la sancta Chiesa, ma folloa' difecti de' gactivi pastori. – Questi mente soprael capo suo e, come aciecato dal proprio amore,non vede ; ma elli vede bene, ma fa vista di nonvedere per ricoprire lo stimolo della coscienziasua. Vedrebbe, e vede, che egli perseguita elSangue e non loro. Mia è l'ingiuria, si come miaera la reverenzia. E cosí è mio ogni danno :scherni, villanie, obrobrio e vitoperio, che fanno aloro ; cioè che reputo facto a me quel che fanno aloro, perché Io lo' dixi e dico che i miei cristi nonvoglio che sieno toccati da loro. Io gli ho apunire, e non eglino. Ma eglino dimostrano,gl'iniqui, la inreverenzia che essi hanno al Sangue,

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e che poco tengono caro el tesoro che Io l'hodato in salute e in vita de l’anime loro.

Piú non potavate ricevere che darmivi tuctoDio e uomo in cibo, sí come Io t’ho decto. Maperché la reverenzia non era facta a me permezzo di loro, però l'hanno diminuitaperseguitandoli, vedendo in loro molti peccati edifecti, si come, in un altro luogo, de' difecti loroIo ti narraroe. Se in veritá avessero avuta questareverenzia in loro per me, non sarebbe levata perneuno difecto loro, perché non diminuisce, comedecto è, la virtú di questo sacramento per neunodifecto. E però non debba diminuire lareverenzia ; e quando diminuisce, n'offendonome.

E però m'è piú grave questa colpa che tuctel'altre, per molte ragioni : ma tre principali te nedirò. L'una si è perché quello che fanno a lorofanno a me. L'altra si è perché trapassano elcomandamento : perché giá l'ho vetato che nongli tocchino ; unde spregiano la virtú del Sangueche trassero del [234] sancto baptesmo, perchéessi disobediscono facendo quel che l’è vetato. Eso' ribelli a questo Sangue, perché hanno levata lareverenzia, e levatisi con la grande persecuzione.Essi sonno come membri putridi, tagliati dalcorpo mistico della sancta Chiesa ; unde, mentreché stessero obstinati in questa rebellione einreverenzia, morendo con essa, giongono al’etterna dapnazione. É vero che, giognendo a

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l'extremità, umiliandosi e cognoscendo la colpaloro, volendosi reconciliare col loro capo e nonpotendo attualmente, riceve misericordia :poniamo che non debba però aspettare il tempo,perché non è securo d'averlo. L'altra si è perché laloro colpa è piú aggravata che tutte l'altre, perchéegli è peccato facto per propria malizia e condeliberazione, e cognoscono che con buonacoscienzia essi noi possono fare ; e, facendolo,offendono. Ed è offesa con una perversasuperbia, senza diletto corporale ; anco siconsumano l'anima e’l corpo : l'anima si consumaprivata della grazia, e spesse volte lo' rode ilvermine della coscienzia ; la sustanzia temporalesi consuma in servigio del dimonio, e i corpi nesonno morti come animali.

Si che questo peccato è facto propriamente ame, ed è facto senza colore di propria utilitá odiletto alcuno, se non con malizia e fummo disuperbia, la quale superbia nacque dal proprioamore sensitivo, e da quello timore perverso cheebbe Pilato che, per timore di non perdere lasignoria, uccise Cristo unigenito mio Figliuolo.Cosí hanno facto e fanno costoro.

Tutti gli altri peccati sonno fatti o persimplicità o per ignoranzia di non cognoscere, oper malizia, cioè che cognosce il male che egli fa,ma per lo disordinato diletto e piacere che ha inesso peccato, o per alcuna utilitá che vi trovasse,offende, e, offendendo, fa danno e offende

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l'anima sua, e offende me e il proximo suo. Me,perché non rende gloria e loda al nome mio ; elproximo, perché non gli rende la dileczione dellacaritá. Ma egli non mi percuote attualmente che lafaccia propriamente a me, ma offende sé ; la qualeoffesa mi dispiace per lo dapno suo. Ma questa èoffesa fatta a me proprio, senza mezzo. Gli altripeccati hanno alcuno colore e sonno fatti conalcuno colore [235] e sonno fatti con mezzo,perché Io ti dixi che ogni peccato si faceva colmezzo del proximo, e ogni virtú : el peccato si faper la privazione della caritá di me, Dio, e delproximo ; e la virtú con la dileczione della carità :offendendo il proximo, offendono me col mezzodi loro. Ma perché tra le mie creature che hannoin loro ragione lo ho eletti questi miei ministri, e'quali sonno e' miei unti, si come lo ti dixi,ministratori del corpo e del sangue de l'unigenitomio Figliuolo, carne vostra umana unita con lanatura mia divina, unde, consecrando, stanno inpersona di Cristo mio Figliuolo ; si che vedi chequesta offesa è facta a questo Verbo ; ed essendofatta a lui, è fatta a me, perché siamo unamedesima cosa.

Questi miserabili perseguitano el Sangue eprivansi del tesoro e del frutto del Sangue. Undeella m'è piú grave questa offesa, fatta a me e nona' ministri, perché loro non reputo ne debbaessere né l'onore né la persecuzione ; anco a me,cioè a questo glorioso sangue del mio Figliuolo,

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che siamo una medesima cosa, come detto t'ho.Unde lo ti dico che, se tutti gli altri peccati cheessi hanno commessi fussero da l'uno lato, equesto solo da l'altro, mi pesa piú questo uno chegli altri, per lo modo che detto t'ho, si come lo telmanifestai, acciò che tu avessi piú materia didolerti de l'offesa mia e della dapnazione di questimiserabili, acciò che col dolore e conl’amaritudine tua e degli altri servi miei, per miabontá e misericordia, si dissolvesse tanta tenebrequanta è venuta in questi membri putridi, tagliatidal corpo mistico della sancta Chiesa.

Ma lo non truovo quasi chi si doglia dellapersecuzione che è fatta a questo glorioso eprezioso Sangue : ma truovo bene chi mipercuote continuamente con le saette deldisordinato amore e timore servile, e con lapropria reputazione, come aciecati, recandosi aonore quello che l'è a vitoperio, e a vitoperioquello che l'è onore, cioè d'aumiliarsi al capo loro.Per questi difetti si sonno levati e levano aperseguitare il Sangue. [236]

CAPITOLO CXVII. QUI SI PARLA CONTRA LI PERSECUTORI DE LA SANCTA CHIESA E DE' MINISTRI, IN DIVERSI MODI.

– Perché ti dixi che mi percotevano, e cosí èla veritá. In quanto la intenzione loro mipercuotono con quello che possono : none che Ioin me possa ricevere alcuna lesione né essere

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percosso da loro ; ma Io fo come la pietra che,gictandole il colpo, nol riceve, ma torna versocolui che ‘l gicta. Cosí le percosse de l'offese loro,le quali gictano puzza, a me non possononuocere, ma ritorna a loro la sancta avelenatadella colpa. La quale colpa in questa vita gli privadella grazia, perdendo el fructo del Sangue ; e nel'ultimo, se essi non si correggono con la sanctaconfessione e contrizione del cuore, giongono al'etterna dapnazione, tagliati da me e legati coldimonio. E hanno facta lega insieme, perché,subbito che l'anima è privata della grazia, è legatanel peccato d'odio della virtú e amore del vizio. Elquale legame hanno posto col libero arbitrio nellemani delle dimonia, e con esso gli lega, però chein altro modo non potrebbero essere legati.

Con questo legame si sonno legati e'persecutori del Sangue l'uno con l'altro, e' comemembri legati col dimonio, hanno preso l'offiziodelle dimonia. Le dimonia s'ingegnano dipervenire le mie creature e trarle della grazia eriducerle a la colpa del peccato mortale, acciò chedi quel male che essi hanno in loro medesimi, diquello abbino le creature. Cosí fanno questi cotali,né piú né meno : però che, si come membri deldimonio, vanno subvertendo e' figliuoli dellaSposa di Cristo unigenito mio Figliuolo, esciogliendoli dal legame della caritá e legandoli nelmiserabile legame, privati del fructo del Sanguecon loro insieme. Legame annodato col nodo

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della superbia e con la propria reputazione, colnodo del timore servile ; che, per timore di nonperdere le signorie temporali, perdono la grazia ecaggiono nella maggiore confusione che venirepossino, essendo [237] privati della dignità delSangue. Questo legame è suggellato col suggellodella tenebre, però che essi non cognoscono inquanti inconvenienti e miserie essi sonno caduti efanno cadere altrui, e però non si correggono,perché non el cognoscono, ma come aciecati sigloriano della loro destruczione de l'anima e delcorpo.

O carissima figliuola, duolti inextimabilmentedi vedere tanta ciechità e miseria in coloro chesono lavati nel Sangue come tu, e nutricatisi eallevatisi d'esso Sangue al pecto della sanctaChiesa ; e ora, come ribelli, per timore e soctocolore di correggere e' difecti de' ministri miei (de'quali lo ho vetato eh' Io non voglio che sianotoccati da loro), si si sonno partiti da questopecto. Unde terrore ti debba venire, a te e aglialtri servi miei, quando odi ricordare questo cosífacto miserabile legame. La lingua tua nonsarebbe sufficiente a potere narrare quanto m'èabominevole : e peggio è che col mantello deldifecto de' ministri miei si vogliono amantellare ericoprire i difecti loro ; e non pensano che conneuno mantello si possono riparare a l'occhio mioch' Io nol vegga. Potrebbersi bene nascondere al'occhio della creatura, ma none a me, che non

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tanto che sieno nascoste a me le cose presenti, maneuna cosa a me è nascosa. Io v'amai e vicognobbi prima che voi fuste.

E questa è una delle cagioni ch'e' miserabiliuomini del mondo non si correggono, perché inveritá col lume della fede viva non credono ch' Ioli vegga. Però che, se essi credessero in veritá chelo veggo e' difecti loro, e che ogni difecto èpunito, come ogni bene è remunerato, si come inun altro luogo ti dixi, non farebbero tanto male,ma correggerebbersi di quello che hanno facto edimandarebbero umilemente la misericordia mia.E Io, col mezzo del sangue del mio Figliuolo, lo'farei misericordia. Ma essi sono come obstinati eriprovatisi da la mia bontá per li difecti loro, ecaduti ne l'ultima ruina, per li loro difecti, d'essereprivati del lume, e come ciechi sono faccipersecutori del Sangue. La quale persecuzionenon debba essere facta per alcuno difecto che sivedesse ne' ministri del Sangue. [238]

CAPITOLO CXVIII. REPETIZIONE BREVE SOPRA LE PREDECTE COSE DE LA SANCTA CHIESA E DE' MINISTRI.

– Hotti narrato, carissima figliuola, alcunacosa della reverenzia che si debba fare a' mieiunti, non obstante i difecti loro ; perché lareverenzia non è facta né debba essere facta aloro per loro, ma per l'auctorità che lo ho data aloro. E perché per li difecti loro el misterio del

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sacramento non può diminuire né essere diviso,non debba venire meno la reverenzia verso diloro : non per loro, come decto è, ma per lotesoro del Sangue.

Facendo el contrario, hotti mostrato alcunapiccola cosa (per rispecto che ella è) quanto egli ègrave e spiacevole a me e danno a loro lainreverenzia e persecuzione del Sangue, e illegame facto contra a me, che essi hanno facto efanno insieme, legati in servizio del dimonio ;acciò che tu piú ti doglia.

Questo è uno difecto el quale particularmenteIo t’ho narrato per la persecuzione della sanctaChiesa. E cosí ti dico generalmente della religionecristiana : che, stando in peccato mortale,spregiano el Sangue privandosi della vita dellagrazia. Questo mi dispiace, ed è grave colpa laloro, di quelli che narrato t'ho particularmente, sícome decto è.

CAPITOLO CXIX. DE LA EXCELLENZIA E DE LE VIRTII E DE LE OPERAZIONI SANCTE DE' VIRTUOSI E SANCTI MINISTRI. E COME ESSI HANNO LA CONDICZIONE DEL SOLE. E DE LA CORRECZIONE LORO VERSO DE' SUBDITI.

– Ora, per dare un poco di refrigerio al'anima tua, mitigarò el dolore della tenebre diquesti miserabili subditi con la vita sancta de' mieiministri, de' quali Io ti dixi che aveano lacondiczione del sole ; si che con l'odore delle loro

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virtú mitiga la puzza, e con la luce loro la tenebre.E anco con questa [239] luce meglio vorrò che tucognosca la tenebre e il difecto de' ministri miei,de' quali Io ti dixi.

Apre l'occhio de l' intellecto tuo, e raguardain me, sole di giustizia ; e vedrai e' gloriosiministri e' quali, avendo ministrato el Sole, hannopresa la condiczione del Sole, si come Io ti contaidi Pietro, el principe degli appostoli, el qualericevette le chiavi del reame del cielo. Cosí ti dicodegli altri che in questo giardino della sanctaChiesa hanno ministrato el Lume, cioè il Corpo eil Sangue de l'unigenito mio Figliuolo (Sole unitoe non diviso come decto è), e tucti e' sacramentidella sancta Chiesa, e' quali tucti vagliono e dànnovita in virtú del Sangue ; ogniuno posto in diversigradi, secondo lo stato suo, a ministrare la graziadello Spirito sancto. Con che l'hanno ministrata ?col lume della grazia che hanno tracta da questovero lume.

Questo lume è egli solo ? No, però che eglinon può essere solo el lume della grazia, né puòessere diviso : anco si conviene o che egli l'abbitucto o nonne mica. Chi sta in peccato mortale,esso facto, è privato del lume della grazia ; e chiha la grazia ha illuminato l'occhio de l' intellectosuo in cognoscere me, che gli ho data la grazia ela virtú che conserva la grazia. E cognosce in essolume la miseria del peccato e la cagione delpeccato, cioè il proprio amore sensitivo, e però e'

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l'odia, e odiandolo riceve il caldo della divinacaritá ne l’affecto suo, perché l’affecto va dietro al' intellecto. Riceve il colore di questo gloriosolumei seguitando la doctrina della dolce miaVerità ; unde la memoria sua s'è impita nelricordamento del benefizio del Sangue.

Si che vedi che non può ricevere il lume chenon riceva el caldo e il colore, perché sonno unitiinsieme e sono una medesima cosa. E cosí nonpuò, si com' Io ti dixi, avere una potenzia del'anima ordinata a ricevere me, vero Sole, chetucte e tre non siano ordinate e congregate nelnome mio. Però che subbito che l'occhio del'intellecto col lume della fede si leva sopra elvedere sensitivo speculandosi in me, l’affecto gliva dietro amando quello che l' intellecto vidde ecognobbe, e la memoria s'empie di quello chel’affecto ama. E subbito che [240] elle sonnodisposte, participa me, Sole, illuminandolo nellapotenzia mia e nella sapienzia de l'unigenito mioFigiliulo, e nella clemenzia del fuoco dello Spiritosancto.

Si che vedi che essi hanno presa lacondíczione del sole, cioè che, essendo vestiti epiene le potenzie de l'anima loro di me, vero Sole,come decto t'ho, fanno come il sole. El solescalda e illumina, e col caldo suo fa germinare laterra : cosí questi miei dolci ministri, electi e unti emessi nel corpo mistico della sancta Chiesa aministrare me, Sole, cioè il Corpo e il Sangue de

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l'unigenito mio Figliuolo con gli altri sacramenti e'quali hanno vita da questo Sangue, essi elministrano actualmente e ministrarlomentalmente, cioè rendendo lume nel corpomistico della sancta Chiesa. Lume di scienzíasopranaiurale col colore d'onesta e sancta vita,cioè seguitando la doctrina della mia Verità, eministrano el caldo de l'ardentissima caritá. Undecol caldo loro facevano germinare l'anime sterili,illuminandole col lume della scienzia, e con la vitaloro sancta e ordinata cacciavano la tenebre de'peccati mortali e di molta infidelità, e ordinavanola vita di coloro che disordenatamente vivevanoin tenebre di peccato e in freddezza per laprivazione della caritá. Si che vedi che essi sonnosole, perché hanno presa la condiczione del soleda me, vero Sole, perché per affecto d'amore sonfacti una cosa con meco e Io con loro, si come Ioin un altro luogo ti narrai.

Ogniuno ha dato, secondo lo stato suo cheIo l'ho electo, lume nella sancta Chiesa. Pietrocon la predicazione e doctrina e ne l'ultimo colsangue ; Gregorio con la scienzia e sanctaScriptura e con especchio di vita ; Silvestro contragl'infedeli e maximamente con la disputazione eprovazione che fece della sanctissima fede inparole e in facti, ricevendo la virtú da me. Se tu tivòlli ad Agustino e al glorioso Tomaso, Ieronimoe gli altri, vedrai quanto lume hanno gictato inquesta Sposa, extirpando gli errori, si come

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lucerne poste in sul candelabro, con vera eperfecta umilità. E, come affamati de l'onore mioe salute de l'anime, questo cibo mangiavano condilecto in su la mensa della sanctissima croce : e'martiri col sangue, el quale sangue gictava odorenel cospecto mio e con l'odore del sangue e [241]delle virtú e col lume della scienzia facevanofructo in questa Sposa, dilatavano la fede ; e'tenebrosi venivano al lume, e riluceva in loro ellume della fede ; e' prelati, posti nello stato dellaprelazione da Cristo in terra, mi facevanosacrifizio di giustizia con sancta e onesta vita ; lamargarita della giustizia, con vera umilità eardentissima carità, col lume della discrezione,riluceva in loro e ne' loro subditi : in loroprincipalmente, però che giustamente rendevanoa me il debito mio, cioè rendendo gloria e loda alnome mio ; a sé rendevano odio e dispiacimentodella propria sensualità, spregiando e' vizi eabbracciando le virtú con la caritá mia e delproximo loro. Con umilità conculcavano lasuperbia, e andavano come angeli a la mensa del'altare ; con purità di cuore e di corpo e consincerità di mente celebravano, arsi nella fornacedella caritá. E perché prima avevano factagiustizia di loro, però facevano giustizia de'subditi, volendoli veder vivere virtuosamente, ecorreggevangli senza veruno timore servile,perché non actendevano a loro medesimi, masolo a l'onore mio e a la salute de l'anime, si come

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pastori buoni, seguitatori del buono Pastore, miaVerità, el quale lo vi diei a governare voi pecorellee volsi che ponesse la vita per voi. Costoro hannoseguitato le vestigie sue, e però corressero e nonlassàro imputridire e' membri per non corregere ;ma caritativamente correggevano con l'unguentodella benignità, e con l'asprezza del fuocoincendendo la piaga del difecto con la riprensionee penitenzia, poco e assai secondo la gravezza delpeccato. E per lo correggere e dire la veritá noncuravano la morte.

Questi erano veri ortolani, che consollicitudine e sancto timore divellevano le spinede' peccati mortali e piantavano piante odoriferedi virtú. Unde i subditi vivevano in sancto e verotimore, e allevavansi come fiori odoriferi nelcorpo mistico della sancta Chiesa, perchécorreggevano senza timore servile, perché n'eranoprivati. E perché in loro non era colpa di peccato,però tenevano la sancta giustizia, riprendendovirilmente e senza veruno timore. Questa era ed èquella margarita, in cui ella riluce, che dava pace elume nelle menti delle creature e faceale stare[242] in sancto timore, ed e' cuori erano uniti.Unde Io voglio che tu sappi che per neuna cosa èvenuta tanta tenebre e divisione nel mondo trasecolari e religiosi, cherici e pastori della sanctaChiesa, se non solo perché il lume della giustizia èmancato ed è venuta la tenebre della ingiustizia.

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Neuno Stato si può conservare nella leggecivile e nella legge divina in stato di grazia senza lasancta giustizia, però che colui che non è correctoe non corregge fa come il membro che ècominciato a infracidare, che, se ‘l gattivo medicovi pone subbitamente l'unguento solamente e nonincuoce la piaga, tucto il corpo imputridisce ecorrompe. Cosí el prelato, o altri signori chehanno subditi, vedendo il membro del subditoloro essere infracidato per la puzza del peccatomortale, se esso vi pone solo l'unguento dellalusinga senza la reprensione, non guarisce mai,ma guastarà l'altre membra, che gli sonnod'intorno legate in uno medesimo corpo, cioè auno medesimo pastore. Ma se elli sarà vero ebuono medico di quelle anime, si come eranoquesti gloriosi pastori, egli non darà unguentosenza fuoco della reprensione. E se il membrofusse pure obstinato nel suo mal fare, el tagliaràdalla congregazione, acciò che non imputridiscagli altri con la puzza del peccato mortale.

Ma essi non fanno oggi cosí : anco fannovista di non vedere. E sai tu perché ? perché laradice de l'amore proprio vive in loro, unde essitraggono il perverso timore servile ; però che, pertimore di non perder lo Stato o le cose temporalio prelazione, non correggono ; ma e' fanno comeaciecati, e però non cognoscono in che modo siconserva lo Stato. Che se essi vedessero come eglisi conserva per la sancta giustizia, la

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manterrebbero. Ma perché essi sonno privati dellume, noi cognoscono ; ma, credendoloconservare con la ingiustizia, non riprendono e'difecti de' subditi loro ; ma ingannati sonno da lapropria passione sensitiva e da l'appetito dellasignoria o della prelazione.

E anco non correggono, perché essi sonno inquelli medesimi difecti o maggiori. Sentonsicompresi nella colpa, e però perdono l'ardire e lasicurtà ; e, legati dal timore servile, fanno [243]vista di non vedere. E se pure veggono, noncorreggono ; anco si lassano legare con le parolelusinghevoli e con molti presenti, e essi medesimitruovano le scuse per non punirli. In costoro sicompie la parola che dixe la mia Verità, dicendo :« Costoro sono ciechi e guide de' ciechi ; e sel'uno cieco guida l'altro, ambedue caggiono nellafossa ».

Non hanno facto né fanno cosí quegli chesonno stati (o se alcuno ne fusse) miei dolciministri, de' quali Io ti dixi che avevano laproprietà e condiczione del sole. E veramentesonno sole, come decto t'ho, però che in loro nonè tenebre di peccato né ignoranzia, perchéseguitano la doctrina della mia Verità ; né sonnotiepidi, però che essi ardono nella fornace dellamia carità, e sonno spregiatori delle grandezze estati e delizie del mondo : e però non temono dicorreggere. Ché chi non appetisce la signoria o laprelazione, non temono di perderla, ma

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riprendono virilmente ; ché chi non si senteripresa la coscienzia da la colpa, non teme.

E però non era tenebrosa questa margaritanegli unti e cristi miei, de' quali Io t’ho narrato ;anco era lucida, ed erano abbracciatori dellapovertà voluntaria e cercavano la viltà con umilitàprofonda. E però non curavano né scherni névillanie né detraczioni degli uomini né ingiuria néobrobri né pena né tormento. Essi eranobastemmiati, e eglino benedicevano, e con verapazienzia portavano si come angeli terrestri e piúche angeli : non per natura, ma per lo misterio egrazia data a loro, sopranaturale, di ministrare ilCorpo e ‘l Sangue de l'unigenito mio Figliuolo.

E veramente sonno angeli, però che, comel'angelo che Io do a vostra guardia vi ministra lesancte e buone spirazioni, cosí questi ministrierano angeli, e cosí dovarebbero essere : dati a voida la mia bontá a vostra guardia. E però essicontinuamente tenevano l'occhio sopra e' subditiloro sí come veri guardiani, spirando ne' cuoriloro sancte e buone spirazioni cioè che per loroofferivano dolci e amorosi desidèri dinanzi a mecon continua orazione, con la doctrina dellaparola e con l’exemplo della vita. Si che vedi cheessi sonno angeli posti [244] da l’affocata miacaritá come lucerne nel corpo mistico della sanctaChiesa per vostra guardia, acciò che voi, ciechi,abbiate guida che vi dirizzi nella via della veritá,

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dandovi le buone spirazioni, con orazioni edexemplo di vita e dottrina, come detto è.

Con quanta umilità governavano econversavano co' subditi loro ! Con quantasperanza e fede viva che non curavano nétemevano che a loro né a' subditi loro venissemeno la substanzia temporale ; e però conlarghezza distribuivano a' poveri la substanziadella sancta Chiesa ! Unde essi observavano apieno quello che erano tenuti e obligati di fare,cioè di distribuire la substanzia temporale, a laloro necessità, a' poveri e nella sancta Chiesa. Essinon facevano diposito, e doppo la morte loronon rimaneva la molta pecunia : anco eranoalcuni che, per li poveri, lassavano la Chiesa indebito. Questo era per la larghezza della lorocaritá e della speranza che avevano posta nellaprovidenzia mia. Erano privati del timore servile,e però non temevano che alcuna cosa lo' venissemeno, né spirituale né temporale.

Questo è il segno che la creatura spera in mee non in sé : cioè quando ella non teme di timoreservile. Ma coloro che sperano in loro medesimisonno quegli che temono e hanno paura del'ombra loro, e dubbitano che non lo' venga menoel cielo e la terra. Con questo timore e perversasperanza che pongono nel loro poco sapere,pigliano tanta miserabile sollicitudine in acquistaree in conservare le cose temporali, che pare che le

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spirituali si pongano doppo le spalle, e non sitruova chi se ne curi.

Ma e' non pensano, e' miserabili, infedeli esuperbi, che Io so' solo Colui che proveggo intutte quante le cose che sono di necessità al'anima e al corpo ; benché con quella misura chevoi sperate in me, con quella vi sarà misurata laprovidenzia mia. E' miserabili presumptuosi nonraguardano che Io so' Colui che so', ed essi sonnoquegli che non sono : l'essere loro hanno ricevutoda la mia bontá e ogni grazia che è posta sopral'essere. E però invano si può colui reputareaffadigarsi che guarda la città, se ella non èguardata da me. Vana sarà ogni sua fadiga, se egliper sua fadiga la crede guardare o per sua [245]sollicitudine : però che solo Io la guardo. È veroche l'essere e le grazie che Io ho poste sopral'essere vostro voglio che nel tempo l’exercitiatein virtú, usando el libero arbitrio, che Io v'hodato, col lume della ragione. Però che Io vi creaisenza voi, ma senza voi non vi salvarò.

Io v'amai prima che voi fuste ; e questovidero e cognobbero questi miei diletti. E peròm'amavano ineffabilemente e, per l'amore cheessi avevano, speravano con tanta larghezza in mee in neuna cosa temevano. Non temeva Silvestro,quando stava dinanzi a l' imperadore Gostantinodisputando con quegli dodici giuderi dinanzi atutta la turba ; ma con fede viva credeva che,essendo lo per lui, neuno sarebbe contra lui. E

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cosí tutti gli altri perdevano ogni timore, perchénon erano soli, ma acompagnati ; però che,stando nella dileczione della carità, stavano in me,e da me acquistavano el lume della sapienzia del'unigenito mio Figliuolo ; da me ricevevano lapotenzia, essendo forti e potenti contra e' principie tiranni del mondo ; e da me avevano el fuocodello Spirito sancto, participando la clemenzia el’affocato amore d'esso Spirito sancto. Questoamore era ed è acompagnato, a chi el vuoleparticipare, col lume della fede, con la speranza,con la fortezza, con pazienzia vera e con longaperseveranzia infino a l'ultimo della morte. Si chevedi che non erano soli, ma erano acompagnati ; eperò non temevano. Solamente colui che si sentesolo, che spera in sé, privato della dileczione dellacarità, teme : e ogni piccola cosa gli fa paura,perché è solo, privato di me, che do sommasicurtà a l'anima che mi possiede per affettod'amore. Bene il provavano, questi gloriosi ediletti miei, che neuna cosa a l'anime loro potevanuocere : anco essi nocevano agli uomini e a ledimonia, e spesse volte ne rimanevano legate perla virtú e potenzia che Io l'avevo data sopra diloro. Questo era perch' Io rispondevo a l'amore,fede e speranza che avevano posta in me.

La lingua tua non sarebbe sufficiente anarrare le virtú di costoro, né l'occhio del'intelletto tuo a vedere il frutto che essi ricevononella vita durabile, e riceverà chiunque seguitarà

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[245] le vestigie loro. Essi sonno come pietrepreziose, e cosí stanno nel cospetto mio, perch'Io ho ricevute le fadighe loro e il lume che essigictarono e missero con l'odore della virtú nelcorpo mistico della sancta Chiesa. E però gli hocollocati nella vita durabile in grandissima dignità,e ricevono beatitudine e gloria nella mia visione,perché diéro exemplo d'onesta e sancta vita e conlume ministràro el Lume del Corpo e del Sanguede l'unigenito mio Figliuolo e tutti gli altrisacramenti. E però sonno molto singularmenteamati da me, si per la dignità nella quale Io gli hoposti, che sonno miei unti e ministri, e si perché iltesoro che lo lor missi nelle mani non l'hannosotterrato per negligenzia e ignoranzia : ancol'hanno riconosciuto da me, e exercitatolo consollicitudine e profonda umilità, con vere e realivirtú. E perché Io in salute de l'anime gli avevoposti in tanta excellenzia, non si ristavano mai, sicome pastori buoni, di rimettere le pecorelle nel'ovile della sancta Chiesa. Unde essi per affettod'amore e fame de l'anime si mettevano a lamorte per trarle delle mani delle dimonia.

Eglino infermavano, cioè facendosi infermicon quegli che erano infermi ; cioè che spessevolte per non confóndare loro di disperazione, eper dar lo' piú larghezza di manifestare la loroinfermità, davano vista, dicendo : – Io so' infermocon teco insieme. – Essi piangevano co' piangentie godevano co' godenti, e cosí dolcemente

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sapevano dare a ciascuno el cibo suo : i buoniconservando, e godendo delle loro virtú, perchénon si rodevano per invidia, ma erano dilatatinella larghezza della caritá del proximo e de'subditi loro ; e quegli che erano defectuositraevano del difetto, facendosi defectuosi einfermi con loro insieme (come detto è), con verae sancta compassione, e con la correczione epenitenzia de' difetti loro commessi, facendoeglino per caritá la penitenzia con loro insieme.Cioè che, per l'amore che essi avevano, portavanomaggiore pena essi che la davano, che coloro chela ricevevano. E alcuna volta erano di quelli cheattualmente la facevano, e spezialmente quandoavessero veduto che al subdito fusse parutomolto malagevole. Unde per quello atto lamalagevolezza lo' tornava in dolcezza. [247]

O diletti miei ! essi si facevano subditi,essendo prelati ; essi si facevano servi, essendosignori ; essi si facevano infermi, essendo sani eprivati della infermità e lebbra del peccatomortale ; essendo forti, si facevano debili ; coimacti e semplici si mostravano semplici, e co'piccoli, piccoli. E cosí con ogni maniera di gente,per umilità e carità, sapevano essere, e a ciascunodavano el cibo suo. Questo chi el faceva ? la famee il desiderio, che avevano conceputo in me, del'onore mio e salute de l'anime. Essi corrivano amangiarlo in su la mensa della sanctissima croce,non rifiutando labore né fuggivano alcuna fadiga ;

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ma, come zelanti de l'anime e bene della sanctaChiesa e dilatazione della sancta fede, simettevano tra le spine delle molte tribulazioni, emectevansi a ogni pericolo con vera pazienzia,gictando incensi odoriferi d'ansietati desidèri ed'umile e continua orazione. Con le lagrime esudori ugnevano le piaghe de' proximi loro, cioèle piaghe della colpa de' peccati mortali, undericevevano perfetta sanità, se essi umilementericevevano cosí facto unguento.

CAPITOLO CXX. REPETIZIONE IN SOMMA DEL

PRECEDENTE CAPITOLO ; E DE LA REVERENZIA CHE SI DEBBA RENDERE A' SACERDOTI, O BUONI

O REI CHE SIANO.

– Ora t'ho mostrato, carissima figliuola, unasprizza de l'excellenzia loro : una sprizza, dico,per rispetto di quello che ella è ; e narrato delladignità nella quale Io gli ho posti, perché gli hoeletti e fatti miei ministri. E per questa auctorità edignità che lo ho dato a loro, Io non voleva névoglio che sieno toccati, per veruno loro difetto,per mano di secolari ; e, toccandoli, offendonome miserabilemente. Ma voglio che gli abbino indebita reverenzia : non loro per loro, come dettot'ho, ma per me, cioè per l'autorità che Io l'hodata. Unde questa reverenzia non debbadiminuire mai perché in loro diminuisca la virtú,né nei virtuosi de' quali Io t'ho narrato delle virtúloro e postiteli ministratori del Sole, cioè del

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Corpo e del Sangue [248] del mio Figliuolo e deglialtri sacramenti, però che questa dignità tocca a'buoni e a' gattivi : ogniuno l'ha a ministrare, colpedecto è.

Dissiti che questi perfecti avevano lacondiczione del sole ; e cosí è, illuminando escaldando, per la dileczione della carità, e' proximiloro, e con questo caldo facevano fructo egerminare le virtú ne l'anime de' subditi loro.Hocteli posti che essi sono angeli ; e cosí è laveritá : dati da me a voi per vostra guardia, perchévi guardino e spirino le buone spirazioni ne' cuorivostri per sancte orazioni e doctrina con specchiodi vita, e che vi servano ministrandovi e' sanctisacramenti, si come fa l'angelo che vi serve eguardavi e spira le buone e sancte spirazioni invoi.

Si che vedi che, oltre alla dignità nella qualeIo gli ho posti, essendovi l'adornamento dellevirtú (si come di questi cotali Io t'ho narrato, ecome tucti sonno tenuti e obligati d'essere),quanto essi sonno degni d'essere amati ! Edoveteli avere in grande reverenzia questi, chesonno dilecti figliuoli ed uno sole messo nelcorpo mistico della sancta Chiesa per le loro virtú.Però che ogni uomo virtuoso è degno d'amore, emolto maggiormente costoro per lo ministerioche lo l'ho dato in mano. Sí che, per virtú e per ladignità del sacramento, gli dovete amare : e odiaredovete e' difecti di quegli che vivono

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miserabilmente ; ma non però farvene giudici, chéIo non voglio, perché sonno e' miei cristi, edovete amare e reverire l’auctorità che Io ho dataa loro.

Voi sapete bene che, se uno immondo e malevestito vi recasse uno grande tesoro del qualetraeste la vita, che per amore del tesoro e delsignore che vel mandasse voi non odiareste peròel portatore, non obstante che egli fusse stracciatoe immondo. Dispiacerebbevi bene, eingegnarestevi, per amore del signore, che silevasse la immondizia e si rivestisse. Cosí dunquedovete fare per debito, secondo l'ordine dellacarità, e voglio che voi el facciate, di questi cotalimiei ministri poco ordinati, che con inmondizia ecol vestimento de' vizi, stracciati per laseparazione della carità, vi recano e' grandi tesori,[249] cioè i sacramenti della sancta Chiesa ; da'quali sacramenti ricevete la vita della grazia,ricevendoli degnamente (non obstante che essisiano in tanto difecto) per amore di me, Dioetterno, che ve

li mando, e per amore della vita della graziache ricevete dal grande tesoro ministrandovi tuctoDio e uomo, cioè il Corpo e 'l Sangue del mioFigliuolo, unito con la natura mia divina.Debbanvi dispiacere e dovete odiare i difecti loroe ingegnarvi, con affecto di caritá e con l'orazionesancta, di rivestirli, e con lagrime lavare laimmondizia loro, cioè offerirli dinanzi a me con

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lagrime e grande desiderio che Io gli rivesta, per lamia bontá, del vestimento della caritá.

Voi sapete bene che lo' voglio fare grazia,pure che essi si dispongano a ricevere e voi apregarmi. Però che di mia volontà non è che essivi ministrino el Sole in tenebre, né che sienodinudati del vestimento della virtú, né immondi,vivendo disonestamente : anco gli ho posti e datia voi perché siano angeli terrestri e sole, comedecto t'ho. Non essendo, mi dovete pregare perloro e non giudicarli, e il giudicio lassate a me. EIo, con le vostre orazioni, volendo eglinoricevere, lo' farò misericordia ; e, noncorreggendosi la vita loro, la dignità, che essihanno, lo' sarà in ruina. E con granderimproverio da me, sommo giudice, ne l'ultimaextremità della morte non correggendosi népigliando la larghezza della mia misericordia,saranno mandati al fuoco etternale.

CAPITOLO CXXI. DE' DIFECTI E DE LA MALAVITA DEGL' INIQUI SACERDOTI E MINISTRI.

– Ora actende, carissima figliuola, che, acciòche tu e gli altri servi miei aviate piú materiad'offerire a me, per loro, umili e continueorazioni, ti voglio mostrare e dire la scellerata vitaloro. Benché da qualunque lato tu ti vòlli, esecolari e religiosi, cherici e prelati, piccoli egrandi, giovani e vecchi e d'ogni altra manieragente, non vedi altro che offesa ; e tucti mi

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gictano puzza di peccato mortale. La quale puzzaa me non fa danno veruno né nuoce, ma a loromedesimi. [250]

Io t'ho contiato infino a qui de l’excellenziade' miei ministri e della virtú de' buoni, si per darerefrigerio a l'anima tua, e si perché tu megliocognosca la miseria di questi miserabili, e veggaquanto sonno degni di maggiore riprensione e disostenere piú intollerabili pene ; si come gli elettie diletti miei, perché hanno exercitato in virtú eltesoro dato a loro, sonno degni di maggiorepremio e d'essere posti come margarite nelcospetto mio. El contrario questi miserabili, peròche riceveranno crudele pena.

Sai tu, carissima figliuola (e attende condolore e amaritu. dine di cuore), dove essi hannofacto el principio e il fondamento loro ? Nel'amore proprio di loro medesimi, unde è natol’arbore della superbia col figliuolo dellaindiscrezione ; ché, come indiscreti, pongono aloro l'onore e la gloria, cercando le grandiprelazioni, con adornamenti e delicatezza delcorpo loro, e a me rendono vitoperio e offesa, eretribuiscono a loro quello che non è loro, e a medànno quello che non è mio. A me debba esseredato gloria e loda al nome mio, e a loro debbonorendere odio della propria sensualità con verocognoscimento di loro, reputandosi indegni ditanto ministerio quanto essi hanno ricevuto dame.

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Ed essi fanno el contrario, però che, comeinfiati di superbia, non si saziano di rodere la terradelle ricchezze e delizie del mondo, stretti, cupidie avari verso e' poveri. Unde per questamiserabile superbia e avarizia, la quale è nata dalproprio amore sensitivo, hanno abandonata lacura de l'anime ; e solo si dànno a guardare eavere cura delle cose temporali, e lassano le miepecorelle, ch' Io l'ho messe nelle mani, comepecore senza pastore. E non le pascono né lenotricano né spiritualmente né temporalmente.Spiritualmente ministrano e' sacramenti dellasancta Chiesa (e' quali sacramenti per veruno lorodifetto vi possono essere tolti, né diminuisce lavirtú loro) ; ma non vi pascono d'orazionicordiali, di fame e desiderio della salute vostracon sancta e onesta vita. E non pascono e' subditidelle cose temporali (ciò sonno e' poverelli), dellaquale substanzia lo ti dixi che se ne die fare treparti : l'una a la loro necessità, l'altra a' poverelli el'altra in utilitá della Chiesa. [251]

Ed essi fanno el contrario : ché non tanto chediano quella substanzia che sonno tenuti edobligati di dare a' poveri, ma essi tolgono l'altruiper simonia e appetito di pecunia, e vendono lagrazia dello Spirito sancto. Però che spesse voltesonno di quelli, che sonno tanto sciagurati chenon vorranno dare a chi n'ha bisogno quello ch'Io l'ho dato per grazia e perché ‘l diano a voi, chenon lo' sia piena la mano, o proveduti con molti

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presenti. E tanto amano e' subditi loro quanto neritraggono, e piú no. Tutto el bene della Chiesanon spendono in altro che in vestimenti corporalie in andare vestiti delicatamente, non comecherici e reli

giosi, ma come signori o donzelli di corte. Estudiansi d'avere i grossi cavagli e molti vasellid'oro e d'argento con adornamento di casa,tenendo e possedendo quello che non possonotenere, con molta vanità di cuore. El cuore lorofavella con disordinata vanità. E tutto il desiderioloro è in vivande, facendosi del ventre loro dio,mangiando e beiendo disordinatamente. E peròcaggiono subbito nella immondizia, vivendolascivamente.

Guai, guai a la loro misera vita : ché quelloche il dolce Verbo, unigenito mio Figliuolo,acquistò con tanta pena in sul legno dellasanctissima croce, essi lo spendono con lepubliche meretrici. Sonno devoratori de l'animericomprate del sangue di Cristo, divorandole conmolta miseria, in molti e in diversi modi ; e diquello de' poveri ne pascono e' figliuoli loro. Otempli del diavolo, Io- v'ho posti perché voi siateangeli terrestri in questa vita, e voi sète dimòni epreso avete l'officio delle dimonia. Le dimoniadànno tenebre di quelle che hanno per loro, eministrano crociati tormenti ; sottraggono l'animedalla grazia con molte molestie e temptazioni, perreducerle a la colpa del peccato mortale,

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ingegnandosi di farne quello che essi possono :bene che neuno peccato possa cadere ne l'animapiú che essa voglia ; ma essi ne fanno quel chepossono. Cosí questi miserabili, non degnid'essere chiamati ministri, sonno dimòniincarnati, perché per loro difetto si sonnoconformati con la volontà delle dimonia, e peròfanno l'officio loro ministrando me, vero Sole,con la tenebre del peccato mortale, e ministranola tenebre della disordinata e scellerata vita lorone' subditi e ne l'altre [252] creature che hanno inloro ragione. E dànno confusione, e ministranopene nelle menti delle creature chedisordinatamente gli veggono vivere : anco sonnocagione di ministrare pene e confusione dicoscienzia in coloro che spesse volte sottraggonodallo stato della grazia e via della veritá, e,conducendoli a la colpa, gli fanno andare per lavia della bugia.

Benché, colui che gli séguita non è peròscusato dalla colpa sua, perché non può esserecostrecto a colpa di peccato mortale né da questidimòni visibili né dagl'invisibili, però che neunodebba guardare a la vita loro né seguitare quelloche fanno ; ma come v'amuní la mia Verità nelsancto Evangelio, dovete fare quello che essi vidicono (cioè la doctrina che v'è data nel corpomistico della sancta Chiesa pòrta per la sanctaScriptura, per lo mezzo de' banditori, ciò sonno ipredicatori, che vanno ad anunziare la parola

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mia), e i loro guai che meritano, e la mala vita loronon seguitare, né punirli voi, però cheoffendareste me. Ma lassate la mala vita a loro, evoi pigliate la doctrina, e la punizione lassate ame ; però che lo so' il dolce Dio etterno, che ognibene remunero e ogni colpa punisco.

Non lo' sarà risparmiata da me la punizioneper la dignità che egli hanno d'essere mieiministri : anco saranno puniti, se non sicorreggeranno, piú miserabilmente che tucti glialtri,

perché piú hanno ricevuto da la mia bontá.Offendendo tanto miserabilmente, sonno degnidi maggiore punizione. Si che vedi che essi sonnodimòni, si come degli electi miei ti dixi che eglierano angeli terrestri e però facevano l'officiodegli angeli.

CAPITOLO CXXII. COME NE' PREDECTI INIQUI MINISTRI REGNA LA INGIUSTIZIA, E SINGULARMENTE NON CORREGGENDO I SUBDITI.

– Io ti dissi che in questi miei dilecti rilucevala margarita della giustizia. Ora ti dico che questimiserabili tapinelli portano nel pecto loro perfibbiale la ingiustizia. La quale ingiustizia [253]procede ed è affibbiata con l'amore proprio diloro medesimi, però che per lo proprio amorecommectono ingiustizia verso de l’anime loro everso me, con la tenebre della indiscrezione. A

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me non rendono gloria, e a loro non rendonoonesta e sancta vita né desiderio della salute del'anime né fame delle virtú. E per questocommectono ingiustizia verso e' subditi e proximiloro, e non correggono e' vizi : anco, come ciechiche non cognoscono, per lo disordinato timore dinon dispiacere alle creature, li lassano dormire egiacere nelle loro infermità. Ma essi nons'aveggono che, volendo piacere alle creature,dispiacciono a loro e a me, Creatore vostro. Ealcuna volta correggeranno, per mantellarsi conquella poca della giustizia : e non si faranno almaggiore, che sarà in maggiore difecto che ‘lminore, per timore che essi avaranno che non lo'impedisca lo stato o la vita loro ; ma farannosi alminore, perché veggono che non lo' può nuocerené toller lo' lo stato loro.

Questo commecte la ingiustizia col miserabileamore proprio di loro medesimi. El quale amoreproprio ha atoscato tucto quanto el mondo e ilcorpo mistico della sancta Chiesa, e hainsalvatichito el giardino di questa Sposa eadornato di fiori putridi. El quale giardino fudimesticato al tempo che ci stavano e' verilavoratori, cioè i ministri sancti miei ; adornato dimolti odoriferi fiori, perché la vita de' subditi, perli buoni pastori, non era scellerata, anco eranovirtuosi con onesta e sancta vita.

Oggi non è cosí : anco è il contrario, però cheper li gattivi pastori sonno gattivi e' subditi. Piena

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è questa Sposa di diverse spine, di molti e variatipeccati. Non che in sé possa ricever puzza dipeccato, cioè che la virtú de' sancti sacramentipossa ricevere alcuna lesione ; ma quegli che sipascono al pecto di questa Sposa ricevono puzzane l'anima loro, tollendosi la dignità nella quale Iogli ho posti : none che la dignità in sé diminuisca,ma in verso di loro medesimi. Unde per li lorodifecti n'è avilito el Sangue, cioè perdendo e'secolari la debita reverenzia che debbono fare aloro per lo Sangue. Benché essi non el debbanofare, e, se la perdono, non è però di minore la[254] colpa loro per li difetti de' pastori ; ma puree' miserabili sonno specchio di miseria, dove Iogli ho posti perché siano specchio di virtú.

CAPITOLO CXXIII. DI MOLTI ALTRI DEFECTI DE' PREDETTI MINISTRI, E SINGULARMENTE DELL'ANDARE PER LE TAVERNE E DEL GIOCARE E DEL TENERE LE CONCUBINE.

– Unde riceve l'anima loro tanta puzza ? da lapropria loro sensualità. La quale sensualità conamore proprio hanno fatta donna, e la tapinellaanima hanno fatta serva ; dove Io gli feci liberi,col sangue del mio Figliuolo, della liberazionegenerale, quando tutta l'umana generazione futratta della servitudine del dimonio e della suasignoria. Questa grazia ricevette ogni creatura cheha in sé ragione ; ma questi miei unti gli holiberati dalla servitudine del mondo e postigli a

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servire solo me, Dio etterno, a ministrare isacramenti della sancta Chiesa. E hogli fatti tantoliberi, che non ho voluto né voglio che neurosignore temporale di loro si faccia giudice. E saiche merito, dilettissima figliuola, essi mi rendonodi tanto benefizio quanto hanno ricevuto da me ?El merito loro è questo : che continuamente miperseguitano in tanti diversi e scellerati peccati,che la lingua tua non gli potrebbe narrare e audirlo ci verresti meno. Ma pure alcuna cosa te nevoglio dire, oltre a quel ch' Io t'ho detto, per dartipiú materia di pianto e di compassione.

Eglino debbono stare in su la mensa dellacroce per sancto desiderio, e ire notricarsi delcibo de l'anime per onore di me. E benché ognicreatura che ha in sé ragione questo debba fare,molto maggiormente el debbono fare costoro cheIo ho eletti perché vi ministrino el Corpo e 'lSangue di Cristo crocifixo unigenito mioFigliuolo, e perché vi diano exemplo di sancta ebuona vita, e, con pena loro e con sancto egrande desiderio seguitando la mia Verità,prendano el cibo de l'anime vostre. Ed essi hannopresa per mensa loro le taverne : ire, giurando espergiurando, con molti miserabili difetti,pubblicamente, come [255] uomini aciecati esenza lume di ragione, sonno fatti animali per liloro difetti e stanno in atti, in fatti e in parolelascivamente.

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E non sanno che si sia Officio ; e se alcunavolta el dicono, ci dicono con la lingua, e ‘l cuoreloro è dilunga da me ! Essi stanno come ribaldi ebarattieri ; e poi che hanno giocata l'anima loro emessala nelle mani delle dimonia, ed essigiuocano e' beni de la Chiesa, e la sustanziatemporale, la quale ricevono in virtú del Sangue,giuocano e sbaractano. Unde i poveri non hannoel debito loro ; e la Chiesa n'è sfornita, e non conquelli fornimenti che le sonno necessari. Unde,perché essi sonno fatti templo del diavolo, non sicurano del templo mio. Ma quello adornamento,che debbono fare nel templo e nella Chiesa perriverenzia del Sangue, egli el fanno nelle case lorodove essi abitano. E peggio è però che essi fannocome lo sposo che adorna la sposa sua ; cosíquesti dimòni incarnati, del bene della Chiesaadornano la diavola sua, con la quale egli stainiquamente e immondamente. E senza verunavergogna le faranno andare, stare e venire, mentrech'e' miseri dimòni saranno a celebrare a l'altare.E non si curaranno che questa miserabile diavolavada, co' figliuoli a mano, a fare l'offerta conl'altro popolo.

O dimòni sopra dimòni ! Almeno le iniquitàvostre fussero piú nascoste negli occhi de' vostrisubditi ; ché, facendole nascoste, offendete me efate danno a voi, ma non fate danno al proximo,ponendo attualmente la vita vostra scelleratadinanzi a loro, però che per lo vostro exemplo gli

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sète materia e cagione, non che egli esca de'peccati suoi, ma che egli Gaggia in quegli simili emaggiori che avete voi. È questa la purità che loricheggio al mio ministro quando egli va acelebrare a l'altare ? Questa è la purità che egliporta : che la mattina si levarà con la mentecontaminata e col corpo suo corrotto, stato egiaciuto nello immondo peccato mortale, e andaràa celebrare. O tabernacolo del dimonio, dove è lavigilia della notte col solenne e devoto Officio ?dove è la continua e devota orazione ? Nel qualetempo della notte tu ti debbi disponere al misterioche [256] hai a fare la mattina, con unocognoscimento di te, cognoscen. doti ereputandoti indegno a tanto misterio, e con unocogno, scimento di me che per la mia bontá te n'hoe facto degno e non per li tuoi meriti, e fattotimio ministro, acciò che ‘l ministri a l'altre miecreature.

CAPITOLO CXXIV. COME NE' PREDETTI MINISTRI REGNA EL PECCATO CONTRA NATURA, E D'UNA BELLA VISIONE CHE QUESTA ANIMA EBBE SOPRA QUESTA MATERIA.

– Io ti fo a sapere, carissima figliuola, chetanta purità lo richeggio a voi e a loro in questosacramento, quanta è possibile a uomo in questavita ; in quanto da la parte vostra e loro ve nedovete ingegnare d'acquistarla continuamente.Voi dovete pensare che, se possibile fusse che la

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natura angelica si purificasse, a questo misteriosarebbe bisogno che ella si purificasse ; ma non èpossibile, perché non ha bisogno d'esserepurificata, perché in loro non può cadere velenodi peccato. Questo ti dico perché tu vega quantapurità lo richeggio da voi e da loro in questosacramento, e singularmente da loro. Ma elcontrario mi fanno, però che tutti inmondi vannoa questo misterio ; e non tanto della immondizia efragilità, a la quale sète inchinevoli naturalmenteper fragile natura vostra (benché la ragione,quando el libero arbitrio vuole, fa stare queta lasua rebellione) ; ma e' miseri non tanto cheraffrenino questa fragilità, ma essi fanno peggio,commettendo quel maledetto peccato contranatura. E come ciechi e stolti, obfuscato el lumede l'intelletto loro, non cognoscono la puzza e lamiseria nella quale eglino sonno : che non tantoche ella puta a me, che so' somma e etterna purità(ed emmi tanto abominevole che per questo solopeccato profondaro cinque città per divino miogiudicio, non volendo piú sostener la divinagiustizia, tanto mi dispiacque questo abominevolepeccato) ; ma non tanto a me, come detto t'ho,ma a le demonia (le quali dimonia e' miseris'hanno fatto [257] signori) lo' dispiace. Non chelo' dispiaccia el male perché lo' piaccia alcunobene, ma perché la natura loro fu natura angelica,e però la natura loro schifa di vedere o di stare avedere commectere quello enorme peccato

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attualmente. Hagli bene inanzi gittata la saettaavelenata del veleno della concupiscenzia, ma,giognendo a l'atto del peccato, egli si va via per lacagione e per lo modo che detto t'ho.

Si come tu sai, se bene ti ricorda innanzi lamortalità, che lo el manifestai a te quanto m'eraspiacevole, e quanto el mondo di questo peccatoera corrotto. Unde, levando Io te sopra di te persancto desiderio ed elevazione di mente, timostrai tutto quanto el mondo, e quasi in ognimaniera di gente tu vedevi questo miserabilepeccato. E vedevi e' dimòni, si come Io timostrai, che fuggivano come detto è. E sai che futanta la pena che tu ricevesti nella mente tua e lapuzza, che quasi ti pareva essere in su la morte.Tu non vedevi luogo dove tu e gli altri servi mieivi poteste ponere, acciò che questa lebbra non visi a_accasse. E non vedevi di potere stare né trapiccoli né tra grandi, né vecchi né giovani, néreligiosi né cherici, né prelati né subditi, né signoriné servi, che di questa malediczione non fusserocontaminati le menti e i corpi loro. Mostra'telo ingenerale, non ti dico, ne mostrai de' particulari, sealcuno ce n'ha a cui non tocchi, ché pure tra 'gactivi ho riserbato alcuno de' miei, de' quali perle loro giustizie Io ritengo la mia giustizia che noncomando a le pietre che si rivolgano contra diloro, né alla terra che gl'inghiottisca, né aglianimali che gli devorino, né alle dimonia che neportino l'anime e i corpi. Anco vo trovando le vie

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e i modi per poter lo' fare misericordia, cioèperché correggano la vita loro ; e metto permezzo e' servi miei che sonno sani e nonlebbrosi, perché per loro mi preghino.

E alcuna volta lo' mostraròe questi miserabilipeccati acciò che sieno piú solliciti a cercare lasalute loro, offerendoli a me con maggiorecompassione ; e con dolore de' loro difetti e del'offesa mia pregare me per loro, si come Io feci ate per lo modo che tu sai e detto t'ho. E se bene tiricorda, facendoti sentire una sprizza di questapuzza, tu eri venuta a tanto che [258] tu nonpotevi piú, si come tu dicesti a me : – O Padreetterno, abbi misericordia di me e delle tuecreature ! O tu mi traie l'anima del corpo, peròche non pare che io possa piú ; o tu mi dà'refrigerio e mostrami in che luogo io e gli altriservi tuoi ci possiamo riposare, acciò che questalebbra non ci possa nuocere né tollere la purità del'anime e de' corpi nostri.–

Io ti risposi vollendomi verso di te conl'occhio della pietà, e dixi, e dico : – Figliuola mia,el vostro riposo sia di render gloria e loda alnome mio, e gittarmi oncenso di continuaorazione per questi tapinelli che si sonno posti intanta miseria, facendosi degni del divino giudicioper li loro peccati. El vostro luogo, dove voistiate, sia Cristo crocifixo unigenito mio Figliuolo,abitando e nascondendovi nella caverna delcostato suo, dove voi gustarete, per affetto

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d'amore, in quella natura umana la natura miadivina. In quello cuore aperto trovarete la caritámia e del proximo vostro, però che per onore dime, Padre etterno, e per compire l’obbedienziach'Io posi a lui per la salute vostra, corse al'obbrobriosa morte della sanctissima croo,.Vedendo voi e gustando questo amore,seguitarete la dottrina sua, notricandovi in su lamensa della croce, cioè portando per carità, convera pazienzia, el proximo vostro, pena, tormentoe fadiga, da qualunque lato elle si vengano. Aquesto modo camparete e fuggirete la lebbra. –

Questo è il modo che lo diei e do a te e aglialtri. Ma per tutto questo, da l'anima tua non silevava però el sentimento della puzza, né al'occhio de l'intelletto la tenebre. Ma la miaprovidenzia providde ; però che, comunicandotidel Corpo e del Sangue del mio Figliuolo tuttoDio e tutto uomo, si come ricevete nelsacramento de l'altare, in segno che questo eraveritá, levossi la puzza per l'odore che ricevestinel sacramento, e la tenebre si levò per la luce chein esso sacramento ricevesti. E rimaseti, peradmirabile modo, si come piacque a la mia bontá,l'odore del Sangue nella bocca e nel gusto delcorpo tuo per piú di, si come tu sai.

Si che vedi, carissima figliuola, quanto m'èabominevole in ogni creatura : or ti pensa chemolto maggiormente in questi [259] che Io hotratti che vivano nello stato della continenzia. E

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fra questi continenti che sonno levati dal mondo,chi per religione e chi come pianta piantata nelcorpo mistico della sancta Chiesa, tra ' qualisonno e' ministri, non potresti tanto udire quantopiú mi dispiace questo peccato in loro ; oltre aldispiacere che lo ricevo dagli uomini generali delmondo, e de' particulari continenti, de' quali Iot’ho detto ; perché costoro sono lucerne poste insul candelabro, ministratori di me, vero Sole, inlume di virtú, di sancta e onesta vita ; ed essiministrano in tenebre. E tanto sonno tenebrosi,che la sancta Scriptura, che in sé è illuminata,perché la trassero e' miei eletti col lumesopranaturale da me, vero lume (si come in unaltro luogo lo ti narrai), per la enfiata lorosuperbia, e perché sonno immondi e lascivi, nonne veggono né intendono altro che la corteccia,licteralmente, e quella ricevono senza alcunosapore, perché ‘l gusto de l'anima non è ordinato :anco è corrotto da l'amore proprio e da lasuperbia, ripieno lo stomaco della immondizia,desiderando di compire i disordenati diletti loro ;ripieni di cupidità e d'avarizia, e senza vergognapublicamente commettono e' difecti loro. El'usura, che è vetata da me, saranno moltimiserabili che la commectaranno.

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CAPITOLO CXXV. COME PER GLI PREDETTI DEFECTI LI SUBDITI NON SI CORREGGONO. E DE' DEFECTI DE' RELIGIOSI. E COME, PER LO NON CORREGGERE LI PREDETTI MALI, MOLTI ALTRI NE SEGUITANO.

– In che modo possono questi, pieni di tantidifecti, correggere e fare giustizia e riprendere idifecti de' subditi loro ? Non possono, perché iloro difecti lo' tolgono l'ardire e’l zelo della sanctagiustizia. E se alcuna volta la facessero, sanno direi subditi scellerati con loro insieme : – Medico,medica innanzi te medesimo, e poi medica me ; eio pigliarò la medicina che tu mi darai. Egli è inmaggiore difetto che non so' io, e dice [260] malea me ! – Male fa colui la cui reprensione è solocon la parola e non con buona e ordinata vita :non che egli non debba però riprendere il male (obuono o gattivo che egli si sia) nel suo subdito ;ma male fa che egli non corregge con sancta eonesta vita. E molto peggio fa colui che, perqualunque modo gli è facta la reprensione, o dabuono o da gattivo pastore che sia, che egli non lariceve umilemente, correggendo la vita suascellerata ; però che egli fa male pure a sé e nonaltrui, ed egli è quello che sosterrà le pene de'difecti suoi.

Tutti questi mali, carissima figliuola,adivengono per non correggere con buona esancta vita. Perché non correggono ? Perchésonno acciecati da l'amore proprio di loro

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medesimi, nel quale amore proprio sonno fondatetucte le loro iniquità, e non mirano se none in chemodo possano compire i loro disordinati dilecti epiaceri, e subditi e pastori, e cherici e religiosi.Doh ! figliuola mia dolce, dove è l’obbedienzia de'religiosi, e' quali sonno posti nella sancta religionecome angeli, ed eglino sonno peggio che dimòni ;posti perché adnunzino la parola mia in doctrinae in vita, e essi gridano solo col suono dellaparola, e però non fanno fructo nel cuore del'uditore ? Le loro predicazioni sonno facte piú apiacere degli uomini e per dilectare l’ orecchieloro che ad onore di me ; e però studiano non inbuona vita, ma in favellare molto pulito.

Questi cotali non seminano el seme mio inveritá, perché non actendono a divellere i vizi epiantare le virtú. Onde, perché non hanno tractele spine de l'orto loro, non si curano di trarle del'orto del loro proximo. Tucti e' loro dilecti sonnod'adornare i corpi e le celle loro e d'andarediscorrendo per le città. E adiviene di loro comedel pesce, el quale, stando fuore de l'acqua,muore. Cosí questi cotali religiosi con vana edisonesta vita, stando fuore della cella, muoiono.Partonsi dalla cella, della quale si debba fare uncielo, e vanno per le contrade cercando le case de'parenti e d'altre genti secolari, secondo che piacea' loro miseri subditi e a' gattivi prelati, che glihanno legati longhi e none corti. E comemiserabili pastori non si curano di vedere il loro

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frate subdito nelle mani delle [261] dimonia, ancospesse volte essi stessi ve ne mectono ; e alcunavolta, cognoscendo che essi sonno dimòniincarnati, gli mandaranno per li monasterii aquelle che sonno dimonie incarnate con loroinsieme, e cosí l'uno guasta l'altro con molti esottili ingegni ed inganni. E il loro principio porràel dimonio socto colore di devozione ; ma perchéla Trita loro è lasciva e miserabile, non sta moltocolorato col colore della devozione : anco subbitoappariscono e' fructi delle loro devozioni : primasi veggono e' fiori puzzolenti de' disonestipensieri con le foglie corrocte delle parole, e conmiserabili modi compiono e' desidèri loro. E'fructi che se ne vegono, bene lo sai tu che n'haiveduti, che sonno e' figliuoli. E spesse volte siconducono a tanto che l'uno e l'altra esce dellasancta religione. Egli è facto uno ribaldo, ed ellauna publica meretrice.

Di tucti questi mali e di molti altri sonocagione i prelati, perché non ebbero l'occhiosopra el loro subdito, anco gli davano largo, edesso medesimo el mandava e faceva vista di nonvedere le miserie sue. E perché il subdito non sidilectòe della cella, cosí per difecto dell'uno e del'altro n'è rimaso morto. La lingua tua nonpotrebbe narrare tanti difecti, né per quantimiserabili modi essi m'offendono. Facti sonnoarme del diavolo, e con le puzze loro avelenanodentro e di fuore. Di fuore ne' secolari, e dentro

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nella religione. Privati sonno della caritá fraterna,e ogniuno vuole essere il maggiore e ogniunomira di possedere. Unde essi fanno contra elcomandamento e contra el voto che hanno facto.Essi hanno facta promessa d'observare l'ordine,ed eglino il trappassano : ché non tanto chel’observino eglino, ma essi faranno come lupiaffamati sopra gli agnelli che vorranno essereobservatori de l'ordine, beffandoli e schernendoli.E credono, e' miserabili, con le persecuzioni,beffe e scherni che fanno a' buoni religiosi eobservatori de l'ordine, ricoprire i difecti loro : edessi gli scuoprono molto piú. E tanto male èvenuto ne' giardini delle sancte religioni, però chesancte sonno in loro, perché sonno facte efondate dallo Spirito sancto ; e però l'ordine, insé, non può essere guasto né corrocto per lodifecto del subdito né del prelato. E però [262]colui che vuole intrare ne l'ordine non debbamirare a quegli che sonno gattivi, ma debbanavigare sopra le braccia de l'ordine, che non èinfermo né può infermare, observandolo infinoalla morte. Dicevoti che a tanto erano venuti perli mali correggitori e per li gattivi subditi, chequelli, che tengono l'ordine schiettamente, lo'pare che trapassino l'ordine, non tenendo i lorocostumi e non observando le loro cerimonie, lequali hanno ordinate e observanole negli occhi de'secolari, volendo compiacere, per mantellare idifetti loro.

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Si che vedi che il primo voto del’obbedienzia, d'observare l'ordine, nonl'adempiono ; della quale obbedienzia in un altroluogo ti parlarò. Fanno vato ancora d'observarevolontaria povertà e d'essere continenti. Questocome essi l’observano, mira le possessioni e lamolta pecunia che essi tengono in particulare,separati dalla caritá comune di comunicare co'frati suoi le substanzie temporali e le spirituali, sícome vuole l'ordine della caritá e l'ordine suo. Edessi non vogliono ingrassare altro che loro e glianimali ; e l'una bestia nutrica l'altra, e il suopovero frate muore di freddo e di fame. E poiche è bene foderato egli e ha le buone vivande, dilui non pensa, né con lui si vuole ritrovare a lapovera mensa del refettorio. El suo dilecto è dipotere stare dove egli si possa empire di carne esaziare la gola sua. Impossibile gli è a questocotale di observare il terzo voto della continenzia,però che ‘l ventre pieno non fa la mente casta,anco diventano lascivi con disordinatiriscaldamenti. E cosí vanno di male in male, emolto ne l’adiviene del male per lo possedere ;perché, se essi non avessero che spendere, nonviverebbero tanto disordinatamente e nonavarebbero le curiose amistà, però che, nonavendo che donare, non si tiene l'amore nél'amistà, che è fondata per amore del dono e peralcuno dilecto e piacere che l'uno traie de l'altro, enon in perfetta caritá.

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Oh miseri, posti in tanta miseria per li lorodifetti, e da me sonno posti in tanta dignità ! Essifuggono dal coro, come se fusse uno veleno. E seessi vi stanno, gridano con la voce, e il cuore loroè dilonga da me. A la mensa de l'altare se [263]l'hanno presa per una consuetudine d'andarvisenza veruna disposizione, si come a la mensacorporale. Tucti questi mali e molti altri, de' qualiIo non ti voglio pia dire per non appuzzarel'orecchie tue, seguitano per difetto de' gattivipastori, che non correggono né puniscono e'difetti de' subditi e non si curano né sonno zelantiche l'ordine sia observato, perché essi non sonnoobservatori de l'ordine. Porranno bene le pietre incapo, delle grandi obbedienzie, a coloro che ‘lvogliono observare, punendoli delle colpe chenon hanno commesse. E tutto questo fanno,perché in loro non riluce la margarita dellagiustizia, ma della ingiustizia. E peròingiustamente danno, a colui che merita grazia ebenivolenzia, penitenzia e odio : a quegli chesonno membri del diavolo, come eglino, dànnoamore dilecto e stato, commettendo in loro glioffizi de l'ordine. Come aciecati vivono, e comeaciecati dànno gli offizi e governano e' subditi. Ese essi non si correggono, con questa ciechitàgiongono a la tenebre de l’etterna danazione, econvie' lo' rendere ragione a me, sommo giudice,de l'anime de' subditi loro : anale e gattivamente

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me la possono rendere, e però ricevono da me,giustamente, quello che hanno meritato.

CAPITOLO CXXVI. COME NE' PREDECTI INIQUI MINISTRI REGNA EL PECCATO DE LA LUXURIA.

– Detto t'ho, carissima figliuola, alcunasprizzarella della vita di coloro che vivono nellasancta religione, con quanta miseria egli stanno nel'ordine col vestimento della pecora, ed essisonno lupi rapaci. Ora ti ritorno a' cherici eministri della sancta Chiesa, lamentandomi conteco de' loro difetti, oltre a quegli che Io t'honarrati, sopra tre colonne di vizi, de' quali un'altravolta ti mostrai, lagnandomi con teco di loro :cioè della immondizia e della infiata superbia edella cupidità, ché per cupidità vendevano lagrazia dello Spirito sancto, sí come Io t'ho decto.[264]

Di questi tre vizi l'uno dipende da l'altro, e illoro fondamento di queste tre colonne è l'amoreproprio di loro medesimi. Queste tre colonne,mentre che elle stanno ricte, che per forza del'amore delle virtú elle non diano a terra, sonnosufficienti a tenere l'anima ferma e obstinata inogni altro vizio. Però che tucti e' vizi, come dectot'ho, nascono da l'amore proprio, perché dal'amore proprio nasce il principale vizio dellasuperbia ; e l'uomo superbo è privato delladileczione della carità, e da la superbia viene alla

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immondizia e a l'avarizia. E cosí s'incatenano essimedesimi con la catena del diavolo.

Ora ti dico, carissima figliuola, guarda conquanta miseria d' immondizia essi lordano elcorpo e la mente loro, si come decto lo te n'hoalcuna cosa. Ma un'altra te ne voglio dire, perchétu cognosca meglio la fontana della miamisericordia e abbi maggiore compassione a'miserabili a cui tocca. E' sonno alcuni che tantosonno dimòni, che, non che essi abbino inreverenzia el sacramento e tengano cara laexcellenzia loro nella quale Io gli ho posti per lamia bontá, ma essi, come al tucto fuore dellamemoria, per l'amore che avaranno posto adalcune creature, e non potendo avere di loroquello che desiderano, faranno con incantagionidi dimonia e col sacramento che v' è dato in cibodi vita, faranno malie per volere compire i loromiserabili e disonesti pensieri e volontà loromandarle in effecto. E quelle pecorelle, delle qualiessi debbono avere cura e pascere l'anime e icorpi loro, essi le tormentano in questi cotalimodi e in molti altri, e' quali Io trapassarò pernon darti piú pena. Si come tu hai veduto, lefanno andare sciarrate fuore della memoria,venendo lo' in volontà, per quello che queldimonio incarnato l'ha facto, di fare quello cheelle non vogliono ; e per la resistenzia che ellefanno a loro medesime, e' corpi loro ne ricevonogravissime pene. Questo e molti altri miserabili

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mali e' quali tu sai, e non bisogna che Io te linarri, chi l'ha facto ? la disonesta e miserabile vitasua.

O carissima figliuola, la Carne che è levatasopra tucti e' cori degli angeli, per la natura miadivina unita con la natura vostra umana, questi ladànno a tanta miseria. O abominevole [265] emiserabile uomo, non uomo, ma animale, che lacarne tua, unta e consacrata a me, tu la dài allemeritrici e anco peggio !

A la carne tua e di tucta l'umana generazionefu tolta la piaga, che Adam l'aveva facta per lopeccato suo, in sul legno della sanctissima crocecol Corpo piagato de l'unigenito mio Figliuolo. Omisero ! Egli ha facto a te onore ; e tu gli faivergogna ! Egli t'ha sanate le piaghe col sanguesuo, e piú, ché ne se' facto ministro ; e tu elpercuoti con lascivi e disonesti peccati ! li pastorebuono ha lavate le pecorelle nel sangue suo ; e tugli lordi quelle che sonno pure, tu ne fai la tuapossibilità di mecterle nel letame. Tu debbi esserespecchio d'onestà ; e tu se' specchio di disonestà.Tucte le membra del corpo tuo hai dirizzate inadoperarle miserabilemente, e fai el contrario diquello che per te ha facto la mia Verità. Iosostenni che li fussero fasciati gli occhi per teilluminare ; e tu con gli occhi tuoi lascivi gittisaette avelenate ne l'anima tua e nel cuore dicoloro in cui con tanta miseria raguardi. losostenni che Elli fusse abeverato di fiele e

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d'aceto ; e tu, come animale disordinato, ti dilectiin cibi delicati, facendoti del ventre tuo Dio. Nellalingua tua stanno disoneste e vane parole ; con laquale lingua tu se' tenuto d'amonire il proximotuo e d'anunziare la parola mia e dire l’Offizio colcuore e con la lingua tua, e lo non ne sento altroche puzza, giurando e spergiurando come se tulussi uno baractiere, e spesse voltebastemiandomi. lo sostenni che li fussero legate lemani per sciogliere te e tucta l'umana generazionedal legame della colpa, e le mani tue unte econsacrate ministrando el sanctissimoSacramento ; e tu laidamente le exerciti inmiserabili toccamenti. Tucte le tue operazioni, lequali s'intendono per le mani, sonno corrocte edirizzate nel servizio del dimonio. Oh ! misero, eIo t'ho posto in tanta dignità perché tu servasolamente a me, te ed ogni creatura che ha in séragione !

Io volsi che gli fussero conficti e' piei,facendoti scala del Corpo suo ; e il costato aperto,acciò che tu vedessi el secreto del cuore, Io vel'ho posto per una bottiga aperta dove voi potiatevedere e gustare l'amore ineffabile che lo v'ho,trovando e vedendo la natura mia divina unitanella natura vostra umana : [266] ine vedi che ‘lSangue, il quale tu ministri, Io te n' hoe factobagno per lavare le vostre iniquità. E tu del tuocuore hai facto tempio del dimonio. E l'affectotuo, il quale è significato per li piei, non tiene né

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offera a me altro che puzza e vitoperio ; e' piei del'affecto tuo non portano l'anima altro che ne'luoghi del dimonio. Si che con tucto el corpo tuotu percuoti el Corpo del Figliuolo mio, facendo tuel contrario di quello che ha facto Egli e di quelloche tu e ogni creatura sète tenuti e obligati di fare.Questi strumenti del corpo tuo hanno ricevuto inmale il suono, perché le tre potenzie de l'animatua sonno congregate nel nome del dimonio ; colàdove tu le debbi congregare nel nome mio.

La memoria tua debba essere piena de'benefizi miei, e' quali tu hai ricevuti da me ; edella è piena di disonestà e di molti altri mali.L'occhio de l'intelletto el debbi ponere col lumedella fede ne l’obiecto di Cristo crocifixounigenito mio Figliuolo, di cui tu se' factoministro ; e tu gli hai posto dinanzi delizie, stati ericchezza del mondo con misera vanità. L'affectotuo debba solamente amare me senza alcunomezzo ; e tu l'hai posto miseramente in amare lecreature e nel corpo tuo, e i tuoi animali amaraipiú che me. E chi mel dimostra ? la tuaimpazienzia che tu hai verso di me quando Io titollesse la cosa che tu molto ami, e ildispiacimento che tu hai al proximo tuo quando tiparesse ricevere alcuno danno temporale da lui, eodiandolo e bastemmiandolo ti parti dalla caritámia e sua. Oh ! disaventurato te ! se' factoministro del fuoco della divina mia carità ; e tu,per li tuoi propri e disordinati dilecti e per

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picciolo danno che ricevi dal proximo tuo, laperdi.

O figliuola carissima, questa è una di quelletre miserabili colonne che Io ti narrai. [267]

CAPITOLO CXXVII.COME NE' PREDECTI MINISTRI REGNA L'AVARIZIA, PRESTANDO AD USURA ; MA SINGULARMENTE VENDENDO E COMPRANDO LI BENEFIZI E LE PRELAZIONI. E DE' MALI CHE PER QUESTA CUPIDITÀ SONO ADVENUTI NE LA SANCTA CHIESA.

– Ora ti dirò della seconda, cioè de l'avarizia ;ché quello che il mio Figliuolo ha dato in tantalarghezza (unde tu el vedi tucto aperto il Corposuo in sul legno della croce che da ogni parteversa), e non l'ha ricomprato d'oro né d'argento,anco di sangue ; per larghezza d'amore non cicapie solo una metà del mondo, ma tucta l'umanagenerazione, e' passati, e' presenti e i futuri. Nonv'è ministrato Sangue che non v'abbi ministrato edato fuoco, perché per fuoco d'amore egli ve l'hadato ; né fuoco né Sangue senza la natura miadivina, perché perfectamente si uni la naturadivina nella natura umana ; e di questo Sangueunito per larghezza d'amore, te misero Io n'hofacto ministro : e tu, con tanta avarizia e cupidità,quello che il mio Figliuolo ha acquistato in su lacroce (ciò sonno l'anime ricomprate con tantoamore), e quello che Elli t'ha dato essendo factoministro del Sangue, e tu ne se' facto, misero, in

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tanta strettezza che per avarizia ti poni a venderela grazia dello Spirito sancto, volendo che i tuoisubditi si ricomprino da te, quando ti chieggono,quello che tu hai ricevuto in dono.

La tua gola non hai disposta a mangiareanime per onore di me, ma a devorare pecunia. Etanto se' facto strecto in caritá di quel che tu hairicevuto in tanta larghezza, che lo non cappio inte per grazia, né il proximo tuo per amore. Lasubstanzia che tu ricevi temporale in virtú diquesto Sangue, la ricevi largamente ; e tu, miseroavaro, non se' buono altro che per te, e comeladro e furo, degno della morte etternale, imboliquel de' poveri e della sancta Chiesa, e spendiloluxuriosamente con femmine e uomini disonesti eco' parenti tuoi, e spendilo in delizie e règgine ituoi figliuoli. [268]

O miserabili, dove sonno e' figliuoli delle realie dolci virtú, le quali tu debbi avere ? dove èl'affocata caritá con che tu debbi ministrare ?dove è l’ansietato desiderio de l'onore di me esalute de l'anime ? dove è il crociato dolore che tudebbi portare di vedere il lupo infernale che neporta le tue pecorelle ? Non ci è, perché nel tuocuore strecto non v'è né amore di me né di loro :tu ami solamente te medesimo d'amore propriosen. sitivo, col quale amore aveleni te e altrui. Tuse' quel dimonio infernale che le inghiottisci condisordinato amore ; altro non appetisce la golatua, e però non ti curi perché ‘l dimonio invisibile

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ne le porti : tu, esso dimonio visibile, ne se' factoistrumento a mandarle a l'inferno. Cui ne vesti ene ingrassi di quel della Chiesa ? te e gli altridimòni con teco insieme e gli animali, cioè igrossi cavagli che tu tieni per tuo dilettodisordinato e non per necessità. E tu debbi tenereper necessita e non per diletto ; questi dilettisonno degli uomini del mondo, e i tuoi dilettidebbono essere i poveri e il visitare gl'infermi,sovenendoli ne' loro bisogni spiritualmente etenporalmente, però che per altro non t'ho Iofacto ministro né datati tanta dignita. Ma, perchétu se' facto animale bruto, però ti diletti in essianimali. Tu non vedi, ché, se tu vedessi e' supplíciche ti sonno apparecchiati se tu non ti correggi, tunon faresti così : anco ti dorresti di quello che tuhai facto nei tempo passato e correggeresti elpresente.

Vedi quanto, carissima figliuola, Io horagione di lagnarmi di questi miseri, e quantalarghezza Io ho usata in loro ; ed essi verso metanta strettezza. Che piú ? Come Io ti dixi,saranno alcuni che prestaranno a usura ; non chetengano la tenda come i publichi usurai, ma conmolto sottili modi vendaranno el tempo alproxirno loro per la loro cupidità ; la qual cosanon è licita per veruno modo del mondo. Se eglifusse uno presente d'una piccola cosa, e con lasua intenzione egli el ricevesse per prezzo sopra elservizio che egli ha facto a colui prestandoli el

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suo, quello è usura, e ogni altra cosa che ricevesseper quel tempo, come detto è. E Io ho posto ilmisero che le vieti a' secolari, e egli fa quelmedesimo e piú ; ché, andandoli uno a chiedere[269] consiglio sopra questa materia, perché egli èin quello simile difecto e perché egli ha perduto illume della ragione, el consiglio che egli li dae ètenebroso e passionato, per quella passione che èdentro ne l'anima sua.

Questo e molti altri difecti nascono dal cuoresuo strecto, cupido e avaro. E' si può dire quellaparola che dixe la mia Verità quando entrò neltempio, che egli vi trovò coloro che vendevano ecompravano, cacciandoli fuore con la ferza dellafune, dicendo : – « Della casa del Padre mio, cheè casa d'orazione, n'avete fatta spilonca diladroni ». –

Tu vedi bene, dolcissima figliuola, che egli ècosí che della Chiesa mia, che è luogo d'orazione,n'è facto spilonca di ladroni : eglino vendono ecomprano, e hanno fatta mercanzia della graziadello Spirito sancto. Unde tu vedi che chi vuole leprelazioni e i benefizi della sancta Chiesa, glicomprano con molti presenti, presentando quegliche sonno d' atorno di derrate e di denari ; e imiserabili non raguardano che elli sia buono piúche gattivo, ma, per compiacerli e pèr amore deldono che hanno ricevuto, s'ingegnano di metterequesta pianta putrida nel giardino della sanctaChiesa, e faranno per questo, e' miseri, buona

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relazione di lui a Cristo in terra. E cosí l'uno el'altro usano la falsità e l'inganno verso Cristo interra, colà dove essi debbono andare schietti econ ogni veritá. Ma se il vicario del mio Figliuolos'avede de' difecti dell'uno e de l'altro, li debbapunire : e a colui tollere l'ofizio suo, se non sicorregge e non amenda la sua mala vita ; e a coluiche compra gli starebbe bene che egli li desse, inquello scambio, la pregione, si che egli siacorretto del suo difecto, e gli altri ne prendanoexemplo e temano, acciò che neuno si levi piú afarlo. Se Cristo in terra el fa, fa el debito suo ; e senon el fa, non sarà impunito questo peccato,quando li converrà rendere ragione dinanzi a medelle sue pecorelle.

Credemi, figliuola mia, che oggi egli non si fa,e però è venuta la Chiesa mia in tanti difecti eabominazioni. Essi non cercano né vannoinvestigando de la vita loro, quando danno leprelazioni, se essi sono buoni o gattivi ; e sealcuna cosa [270] ne cercano, ne dimandano ecercano da coloro che sonno gattivi con loroinsieme, e' quali non renderebbero altro chebuona testimonianza, perché quegli simili dífectisonno in loro medesimi. E non raguardano adaltro se non a grandezza di stato e a gentilezza e aricchezza e che sappiano parlare molto polito. Epeggio, ché alcuna volta allegarà el concestoroche egli abbi bella persona..Odi cose di dimòni !ché dove essi debbono cercare l'adornamento e

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bellezza delle virtú, ed essi raguardano a labellezza del corpo ! Debbono cercare gli umilipoverelli che per umilità fuggano le prelazioni, edessi tolgono coloro che vanamente e con infiatasuperbia le cercano.

Mirano a la scienzia. La scienzia in sé è buonae perfetta, quando lo scienziato ha insiemementela scienzia e la buona e onesta vita e con veraumilità. Ma se la scienzia è nel superbo, disonestoe scellerato nella vita sua, ella è uno veleno, edella Scriptura non intende se non secondo lalettera : in tenebre l'intende perché ha perduto ellume della ragione e ha obfuscato l'occhio del'intelletto suo. Nel quale lume, col lumesopranaturale, fu dichiarata e intesa la sanctaScriptura, si come in un altro luogo piúchiaramente ti dixi. Si che vedi che la scienzia èbuona in sé, ma none in colui che non l'usa comeegli la debba usare : anco gli sarà fuoco pennatese egli non correggerà la vita sua. E però debbonopiú tosto raguardare a la sancta e buona vita cheallo scienziato che gattivamente guidi la vita sua.Ed eglino ne fanno el contrario : anco e' buoni evirtuosi, che siano grossi in scienzia, reputanomatti e sonno spregiati da loro ; e i povareglischifano, perché non hanno che donare.

Si che vedi che nella casa mia, che debbaessere casa d'orazione, e dove debba rilucere lamargarita della giustizia e il lume della scienziacon onesta e sancta vita, e debbavi essere l'odore

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della veritá, ed egli v'abbonda la men gna.Debbono possedere povertà volontaria, e convera sollicitudine conservare l'anime e trarle dellemani delle dimonià ; ed essi appetisconoricchezze. E tanto hanno presa la cura delle cosetemporali che al tutto hanno abandonata la curadelle spirituali, e non attendono ad altro che agiuoco e a riso e a crescere [271] e multiplicare lesubstanzie temporali. E' miseri non s'avegono chequesto è il modo da perderle, però che, se eglinoabondassero in virtú e pigliassero la cura dellespirituali, si come debbono, abbondarebbero nelletemporali. E molte rebellioni ha avute la sposamia di quelle che ella non avarebbe avute. Eglinodebbono lassare i morti sepellire a' morti, ed essidebbono seguitare la dottrina della mia Verità ecompire in loro la volontà mia, cioè fare quelloper che Io gli ho posti. Ed essi fanno tutto elcontrario, ché le cose morte e transitorie sipongono a sepellire con disordinato affetto esollicitudine, e tragono l'officio di mano agliuomini del mondo. Questo è spiacevole a me edanno a la sancta Chiesa. Debbonle lassare a loro,e l'uno morto sepellisca l'altro, cioè che coloro,che sonno posti a governare le cose temporali, legovernino.

E perché ti dixi « l'uno morto sepelliscal'altro » ? Dico che « morto » s'intende in duemodi : l'uno è quando ministra e governa le cosecorporali con colpa di peccato mortale per

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disordinato affetto e sollicitudine ; l'altro modo èperché egli è offlzio del corpo che sonno cosemanuali, e il corpo è cosa morta, che non ha vitain sé se non quanto l'ha tratta da l'anima, eparticipa della vita mentre che l'anima sta nelcorpo, e piú no.

Debbano dunque questi miei unti, chedebbono vivere come angeli, lassare le cose mortea' morti ed essi governare l'anime, che sonno cosaviva e non muoiono mai quanto che ad essere,governandole e ministrando lo' e' sacramenti e idoni e le grazie dello Spirito sancto, e pascerle delcibo spirituale con buona e sancta vita. A questomodo sarebbe la casa mia casa d'orazione,abondando delle grazie e virtú loro. E perché essinol fanno, ma fanno el contrario, posso dire cheella sia (acta spilonca di ladroni, perché son fattimercatanti per avarizia, vendendo e comprando,come detto è. Ed è (acta receptacolo d'animali,perché vivono come animali brutidisonestamente ; unde per questo n'hanno (actastalla, perché ine giacciono nel loto delladisonestà, e cosí tengono le dimonia loro nellaChiesa, come lo sposo tiene la sposa nella casasua. [272]

Si che vedi quanto male, e molto piú, e quasisenza comparazione che quello che Io t’honarrato, ci quale nasce da queste due colonnefetide e puzzolenti, cioè la immondizia e lacupidità e avarizia.

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CAPITOLO CXXVIII. COME NE' PREDECTI MINISTRI REGNA LA SUPERBIA, PER LA QUALE SI PERDE EL CO. GNOSCIMENTO ; E COME, AVENDO PERDUTO EL COGNOSCIMENTO, CAGGIONO IN QUESTO DEFECTO, CIOÈ CHE FANNO VISTA DI CONSECRARE E NON CONSACRANO.

– Ora ti voglio dire della terza, cioè dellasuperbia, che, per ché Io te l'abbi posta perl'ultima, ella è ultima e prima, perché tucti e' vizisonno conditi dalla superbia, sí come le virtúsonno condite e ricevono vita dalla caritá.

E la superbia nasce ed è nutricata da l'amoreproprio sensitivo, del quale Io ti dixi che erafondamento di queste tre colonne e di tuctiquanti e' mali che commectono le creature : peròche chi ama sé di disordinato amore, è privato del'amore di me perché non m'ama ; e, nonamandomi, m'offende, perché non observa cicomandamento della legge, cioè d'amare mesopra ogni cosa e il prossimo come se medesimo.Questa è la cagione che, amandosi d'amoresensitivo, essi non servono né amano me, maservono e amano ci mondo : perché l'amoresensitivo né il mondo non hanno conformità conmeco. Non avendo conformità insieme, dibisogno è che chi ama ci mondo d'amoresensitivo e servelo sensitivamente, odii me ; e chiama me in veritá, odii ci mondo. E però dixe lamia Verità che neuno può servire a due signori

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contrari, però che, se egli serve a l'uno, saràincontempto a l'altro. Si che vedi che l'amoreproprio priva l'anima della mia caritá e vestela delvAio della superbia, unde nasce ogni difecto perlo principio de l'amore proprio.

D'ogni creatura la quale ha in sé ragione midoglio e mi lamento, ma singularmente degli untimiei, e' quali debbono essere umili si perchéogniuno debba avere la virtú de l'umilità, la qualenutrica la carità, e si perché sonno facoi ministri[273] de l'umile e immaculato Agnello, unigenitomio Figliuolo. E non si vergognano essi e tuctal'umana generazione d'insuperbire vedendo me,Dio, umiliato a l'uomo, dandovi ci Verbo del mioFigliuolo nella carne vostra ? E questo Verboveggono, per l’obbedienzia ch' Io li posi, corrire eumiliarsi a l'obrobriosa morte della croce. Egli haci capo chinato per te salutare, la corona in capoper te ornare, le braccia stese per te abracciare e ipiei conficti per teco stare. E tu, misero uomo,che se' facto ministro di questa larghezza e ditanta umilità, debbi abbracciare la croce ; e tu lafuggi ed abracciti con le inique e inmondecreature. Tu debbi stare fermo e stabile,seguitando la doctrina della mia Verità,conficcando il cuore e la mente tua in Lui ; e tu tivòlli come la foglia al vento, e per ogni cosa vai avela. Se ella è prosperità, ti muovi con disordinataallegrezza ; e se ella è adversità, ti muovi perimpazienzia, e cosí trai fuore il mirollo della

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superbia, cioè la impazienzia ; però che come lacaritá ha per suo merollo la pazienzia, cosí laimpazienzia è il merollo della superbia. Unded'ogni cosa si turbano e si scandalizzano coloroche sonno superbi e iracundi.

E tanto m'è spiacevole la superbia, che ellacadde di cielo quando l'angelo volse insuperbire.La superbia non saglie in cielo, ma vanne nelprofondo de l'inferno ; e però dixe la mia Verità :K Chi si exaltarà, cioè per superbia, sarà umiliato ;e chi se umilia, sarà exaltato ». In ognigenerazione di gente mi dispiace la superbia, mamolto piú in questi ministri, si come Io t'hodecto, perché Io gli ho posti nello stato umile aministrare l'umile Agnello ; ma essi fanno tucto elcontrario. E come non si vergogna ci miserosacerdote insuperbire, vedendo me umiliato a voidandovi el Verbo de l'unigenito mio Figliuolo ? Eloro n'ho facoi ministri, e il Verbo perl’obbedienzia mia s'è umiliato a l’obrobriosamorte della croce ! Egli ha ci capo spinato ; equesto misero leva ci capo contra me e contra ciproximo suo, e d'agnello umile, che egli debbaessere, è facto montone con le corna dellasuperbia, e chiunque se gli accosta, percuote.

O disaventurato uomo ! Tu non pensi che tunon puoi escire di me. È questo l'officio che Iot'ho dato, che tu percuota me [274] con le cornadella superbia tua, facendo ingiuria a me e alproximo tuo, e con ingiuria e con ignoranzia

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conversi con lui ? È questa la mansuetudine conche tu debbi andare a celebrare il Corpo e’lSangue di Cristo mio Figliuolo ? Tu se' factocome uno animale feroce, senza veruno timore dime. Tu devori el proximo tuo e stai in divisione, efacto se' acceptatore delle creature, acceptandoquelli che ti servono e che ti fanno utilitá, o altriche ti piaccino che siano di quella medesima vitache tu ; e' quali tu debbi correggere e dispregiare idifecti loro. E tu fai el contrario, dando lo'exemplo che faccino quello, e peggio. Ma se tufussi buono, el faresti ; ma, perché tu se' gattivo,non sai riprendere né ti dispiace il difecto altrui.

Tu dispregi gli umili e virtuosi poveregli. Tu lifuggi : ma tu hai ragione di fuggirli, poniamo chetu nol debba fare ; tu li fuggi perché la puzza delvizio tuo non può sostenere l'odore della virtú.Tu ti rechi a vile di vederti a l'uscio e' mieipoveregli. Tu schifi ne' loro bisogni d'andare, avisitarli : vedili morire di fame e non li sovieni. Etucto questo fanno le corna della superbia, chenon si vogliono inchinare a usare uno poco d'actod'umilità. Perché non s'inchina ? perché l'amoreproprio, che notrica la superbia, non l'ha puntotolto da sé ; e però non vuole conscendere néministrare a' poveregli né substanzia temporale néla spirituale senza rivendaría.

O maladecta superbia, fondata ne l'amoreproprio, come hai acciecato l'occhio de l'intellecto loro per si facto modo, che, parendo lo'

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amare e essere teneri di loro medesimi, essi nesonno facti crudeli ; e parendo lo' guadagnare,pérdono ; parendo lo' stare in delizie e inricchezze e in grande altezza, essi stanno ingrande povertà e miseria, perché sonno privatidella ricchezza della virtú ; sonno discesi da l'alzza della grazia alla bassezza del peccato mortale.Par lo' vedere ; ed e' sonno ciechi, perché nonconoscono loro né me. Non conoscono lo statoloro né la dignità dove lo gli ho posti, néconoscono la fragilità del mondo e la pocafermezza sua ; però che, se ‘l cognoscessero, nonse ne farebbero Dio. Chi l'ha tolto il [275]cognoscimento ? la superbia. E a questo modosonno diventati din,òni, avendoli lo electi perangeli e perché siano angeli terrestri in questavita ; ed essi caggiono da l'altezza del cielo allabassezza della tenabre. E tanta è multiplicata latenebre e la loro iniquità, che alcuna voltacaggiono nel difecto che Io ti dirò.

Sono alcuni che sonno tanto dimòniincarnati, che spesse volte faranno vista diconsecrare, e non consecraranno, per timore delmio giudicio, e per tollersi ogni freno e timore delloro mal fare. Sarannosi levati la mactina dallaimmondizia, e la sera dal disordinato mangiare ebere. Saragli bisogno di satisfare al popolo, e egli,considerando le sue iniquità, vede che con buonaconscienzia egli non debba né può celebrare.Unde gli viene un poco di timore del mio

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giudicio ; non per odio del vizio, ma per amoreproprio che egli ha a se medesimo. Vedi,carissima figliuola, quanto egli è cieco ! Nonricorre egli a la contrizione del cuore e aldispiacimento del difecto suo con proponimentodi correggersi ; anco piglia questo remedio : chenon consecrarà. E, come cieco, non vede chel'errore e il difecto di poi è maggiore che quello diprima, perché fa el popolo idolatro, facendo lo'adorare quella ostia, non consecrata, per lo Corpoe Sangue di Cristo, mio unigenito Figliuolo tuctoDio e tucto Uomo, si come Egli è quando èconsecrato : ed egli è solamente pane.

Or vedi quanta è questa abominazione equanta è la pazienzia mia che gli sostengo ! Ma seessi non si correggeranno, ogni grazia lo' torneràa giudicio. Ma che dovarebbe fare il popolo acciòche non venisse in quello inconveniente ? Debbaorare con condiczione : se questo ministro hadecto quel che debba dire, credo veramente chetu sia Cristo Figliuolo di Dio vivo, dato a me incibo dal fuoco della tua inextimabile carità, e inmemoria della tua dolcissima passione e delgrande benefizio del Sangue, il quale spandesticon tanto fuoco d'amore per lavare le nostreiniquità. Facendo cosí, la ciechità di colui non lo'darà tenebre, adorando una cosa per un'altra :benché la colpa di peccato è solo del miserabileministro, ma eglino pure ne facto farebberoquello che non si debba fare. [276]

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O dolcissima figliuola, chi tiene la terra chenon gl' inghioc. tisce ? chi tiene la mia potenziache non gli fa essere immobili e statue fermeinnanzi a tucto el popolo per loro confusione ?La misericordia mia. E tengo me medesimo, cioèche con la misericordia tengo la divina miagiustizia per vincerli per forza di misericordia. Maessi, come obstinati dimòni, non cognoscono néveggono la misericordia mia ; ma, quasi come secredessero avere per debito ciò che egli hanno dame, perché la superbia gli ha aciecati, nonveggono che l'hanno solo per grazia e non perdebito.

CAPITOLO CXXIX. DI MOLTI ALTRI DEFECTI E' QUALI PER SUPERBIA E PER L'AMORE PROPRIO SI COMECTONO.

– Tutto questo t'ho decto per darti piúmateria di pianto e d'amaritudine della ciechitàloro, cioè di vederli stare in stato di dannazione, eperché tu cognosca meglio la misericordia mia,acciò che tu in questa misericordia pigli fiducia egrandissima sicurtà, offerendo loro ministri dellasancta Chiesa e tucto quanto el mondo dinanzi ame, chiedendo a me, per loro, misericordia. Equanto piú per loro m'offerirai dolorosi e amorosidesidèri, tanto piú mi mostrarrai l'amore che tuhai a me. Però che quella utilitá che tu a me nonepuoi fare, né tu né gli altri servi miei, dovete farlae mostrarla col mezzo di loro. E Io allora mi

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lassarò costrignere al desiderio, alle lagrime e al'orazioni de' servi miei, e farò misericordia allasposa mia, riformandola di buoni e sancti pastori.

Riformatala di buoni pastori, per forza sìcorreggeranno e' subditi, però che, quasi, de' maliche si fanno per li subditi sonno colpa e' gattivipastori ; però che, se essi correggessero, erilucesse in loro la margarita della giustizia, cononesta e sancta vita, non farebbero cosí. E sai chen'adiviene di questi cotali perversi modi ? chel'uno séguita le vestigie de l'altro ; però che isubditi non sonno obbedienti, perché, quando el[277] prelato era subdito, non fu obbediente alprelato suo. Unde riceve da' subditi suoi quel chedie' egli ; e perché fu gattivo subdito, è gattivopastore.

Di tucto questo, e d'ogni altro difecto, ècagione la superbia fondata in amore proprio.Ignorante e superbo era subdito, e molto piú èignorante e superbo ora che è prelato. E tanta è lasua ignoranzia che, come cieco, darà l'offizio delsacerdote a uomo idiota, il quale a pena sapràpure leggere e non saprà l'officio suo. E spessevolte, per la sua ignoranzia, non sapendo bene leparole sacramentali, non consecrarà. Unde, perquesto, commecte quello medesimo difecto dinon consecrare, che quegli hanno facto permalizia, non consecrando ma facendo vista diconsecrare. Colà dove egli debba scegliere uominiexperti e fondati in virtú che sappino e intendano

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quello che dicono. Ed essi fanno tucto ilcontrario, perché non mirano che egli sappi e nonmirano a tempo ma a dilecto : pare che scelganofanciulli e non uomini maturi. E non mirano cheessi siano di sancta e onesta vita, né checognoscano la dignità alla quale essi vengono, néil grande misterio che essi hanno a fare ; mamirano pure di moltiplicare gente, ma non virtú.Essi sonno ciechi e ragunatori di ciechi, e nonveggono che Io di questo e de l'altre cose lo'richiedarò ragione ne l'ultima extremità dellamorte. E poi che egli hanno facti e' sacerdoti cosítenebrosi come decto è, ed essi lo' danno ad averecura d'anime, e veggonó che di loro medesiminon sanno avere cura.

Or come potranno costoro, che noncognoscono el difecto loro, correggerlo ecognoscerlo in altrui ? Non può né vuole farecontra se medesimo. E le pecorelle, che nonhanno pastore che curi di loro né che le sappiguidare, agevolemente si smarriscono e spessevolte sonno.devorate e sbranate da' lupi. E perchéè gattivo pastore, non si cura di tenere il cane cheabbai vedendo venire il lupo ; ma tale il tienequale è egli. E cosí questi ministri e pastori perchénon hanno sollicitudine né hanno el cane dellacoscienzia, né il bastone della sancta giustizia, néla verga per correggere, e la conscienzia nonabbaia riprendendo se medesima, né reprendendole pecorelle vedendole smarrite e non [278] tenere

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per la via della veritá, cioè non observando e'comandamenti miei, el lupo infernale le divora.Abbaiando questo cane, ponendo e' difecti lorosopra di sé con la verga della sancta giustizia,come decto è, camparebbe le pecorelle sue etornarebbero a l'ovile. Ma perché egli è pastoresenza verga e senza cane di conscienzia,periscono le sue pecorelle, e non se ne cura,perché il cane della coscienzia sua è indebilito, eperò non abbaia, perché non gli ha dato el cibo.Però che il cibo che si debba dare a questo cane èil cibo de l'Agnello mio Figliuolo ; però che pienache la memoria è del Sangue, si come vasello del'anima, la coscienzia se ne notrica ; cioè che perla memoria del Sangue l'anima s'accende ad odiodel vizio e amore della virtú. El quale odio eamore purificano l'anima dalla macchia delpeccato mortale, e dá tanto vigore a la conscienziache la guarda, che subbito che veruno nemico del'anima, cioè il peccato, volesse intrare dentro(non tanto l'affetto, ma el pensiero), subbito lacoscienzia come cane abbaia con stimolo, tantoché desta la ragione. E però non commecteingiustizia, però che colui che ha coscienzia hagiustizia. E però questi cotali iniqui, non degnid'essere chiamati non tanto ministri ma creatureragionevoli, perché sonno facti animali per li lorodifecti, non hanno cane (perché si può dire per ladebilezza sua che essi non l'abbino), e però nonhanno la verga della sancta giustizia. E tanto gli

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hanno facti timidi e' difecti loro, che l'ombra lo' fapaura, non di timore sancto, ma di timore servile.Eglino si debbono dispónare a la morte per trarel'anime delle mani delle dimonia, ed essi ve lemectono, non dando lo' dottrina di buona esancta vita, né volendo sostenere una parolaingiuriosa per la salute loro.

E spesse volte sarà l'anima del subditoinviluppata in gravissimi peccati, e avara asatisfare ad altre ; e per l'amore disordinato cheegli avara a la sua fameglia, per none spropriarli,non renderà il debito suo. La vita sua sarà nota agrande quantità di gente e anco al miserosacerdote ; e nondimeno anco gli sarà factosapere, acciò che, come medico che egli debbaessere, curi quella anima. El misero ministroandarà per fare quello che [279] debba fare ; e unaparola che gli sia decta ingiuriosa o una malamiratura che gli sia facta, per timore non se neimpacciarà piú. E alcuna volta gli sarà donato ;unde, fra el dono e il timore servile, lassarà starequella anima nelle mani delle dimonia, e daragli elsacramento del Corpo di Cristo, unigenito mioFigliuolo. E vede e sa che quella anima non èsviluppata dalla tenebre del peccato mortale ; enondimeno, per compiacere agli uomini delmondo e per lo disordinato timore e dono che haricevuto da loro, gli ha ministrato e' sacramenti esepellitolo a grande onore nella sancta Chiesa,colà dove, come animale e membro tagliato dal

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corpo, el dovarebbe gictare fuore. Chi n'è cagionedi questo ? l'amore proprio e le corna dellasuperbia. Però che, se egli avesse amato me sopraogni cosa e l'anima di quel tapinello, e fusse statoumile e senza timore, avarebbe cercata la salute diquella anima.

Vedi dunque quanto male séguita di questi trevizi, e' quali Io t'ho posti per tre colonne undeprocedono tucti gli altri peccati : la superbia,avarizia e inmondizia delle menti e corpi loro.L'orecchie tue non sarebbero sufficienti a udirli,quanti sonno e' mali che di costoro escono sicome membri del dimonio. E per la superbia,disonestà e cupidità loro fanno che alcuna volta (etu hai veduto coloro a cui egli toccò) sarannocotali semplicelle di buona fede che si sentirannocotali difecti di paura nelle menti loro. Temendodi non avere il dimonio, vannosene al miserosacerdote, credendo che egli le possa liberare ; evanno perché l'uno diavolo cacci l'altro. E egli,come cupido, riceve il dono, e, come disonesto,bructo, lascivo e miserabile, dirà a quelletapinelle : – Questo difecto che voi avete non sipuò levare se non per lo tale modo ; – e cosí,miserabilemente, Io' farà fiaccare il collo con luiinsieme.

O dimonio sopra dimonio ! in tutto se' factopeggio che il dimonio. Molti dimòni sonno chehanno a schifo questo peccato ; e tu, che se' factopeggio di lui, vi t' involli dentro come il porco nel

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loto. O immondo animale, è questo quel ch' Io tirichiego, che tu con la virtú del Sangue, del qualeIo t’ho facto ministro, cacci le dimonia da l'animee da' corpi ; e tu ve li [280] metti dentro ? Nonvedi che la scure della divina giustizia è giá posta ala radice de l’arbore tuo ? E dicoti che elle tistanno a usura e a l'ora e al tempo suo, se tu nonpunisci le tue iniquità con la penitenzia econtrizione del cuore : tu non sarai riguardatoperché tu sià sacerdote, anco sarai punitomiserabilemente e portarai le pene per te e perloro. E piú crudelmente sarai cruciato che glialtri : staracti a mente alora di cacciare il dimoniocol dimonio della concupiscenzia. E l'altromisero, che andarà la creatura a lui che l'absolvaperché sarà legata in peccato mortale, e egli lalegarà in cotale e maggiore, e per nuove vie emodi cadrà in peccato con lei. E se ben ti ricorda,tu vedesti la creatura con gli occhi tuoi, a cui eglitoccò. Bene è dunque pastore senza cane dicoscienzia : anco affoga la coscienzia altrui nontanto che la sua.

Io gli ho posti perché cantino e psalmegginola nocte, dicendo l'officio divino ; e essi hannoimparato a fare malie e incantare le dimonia,facendosi venire per incanto di demonio, dimezza nocte, quelle creature che miseramenteamano. Parrà che vengano, ma non sarà. Or hottiIo posto perché la vigilia della nocte tu la spendain questo ? Certo no, ma perché tu la spenda in

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vigilia ed orazione, acciò che la mactina, disposto,tu vada a celebrare, e dia odore di virtú al popoloe non puzza di vizio. Se' posto nello statoangelico, acciò che tu possa conversare con gliangeli per sancta meditazione in questa vita, e poine l'ultimo gustare me con loro insieme ; e tu tidilecti d'essere dimonio, e di conversare con loroprima che venga el punto della morte. Ma lecorna della tua superbia t'hanno percosso dentrone l'occhio de l'intelletto la pupilla dellasanctissima fede, e hai perduto el lume, e perònon vedi in quanta miseria tu stai. E non credi inveritá che ogni colpa è punita e ogni bene èremunerato : ché, se in veritá tu el credessi, nonfaresti cosí, e non cercaresti né vorresti si factaconversazione, anco ti verrebbe in terrore pured'udire mentovare il nome suo. Ma perché tuséguiti la volontà sua, di lui e delle sue operazionipigli dilecto. Cieco sopra cieco, Io vorrei che tudimandassi el dimonio che merito egli ti puòrendere del servizio che tu li fai. Esso [281] tirisponderebbe, dicendo che ti darà quel fructoche ha per sé. Però che altro non ti può dare senon quelli crociati tormenti e fuoco nel quale ardecontinuamente, dove esso cadde, per la superbiasua, da l'altezza del cielo.

E tu, angelo terrestre, cadi da l'altezza (per lasuperbia tua) della dignità del sacerdote e daltesoro delle virtú nella povertà di molte miserie e,se tu non ti correggerai, nel profondo. de

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l'inferno. Tu t'hai facto dio e signore il mondo ete medesimo : or di' al mondo con tucte le suedelizie che tu hai prese in questa vita, e a lapropria tua sensualità con che tu hai usate le cosedel mondo (colà dove Io ti posi nello stato delsacer. dozio perché tu le spregiassi, e te e ilmondo sensualmente) ; di' che rendano ragioneper te dinanzi a me, sommo giudice.Rispondarannoti che non ti possono aitare efarannosi beffe di te, dicendo : – Per te convieneche riesca. – E tu rimani confuso e vitoperatodinanzi a me e dinanzi al mondo. Tucto questotuo danno tu nol vedi, però che, come decto è, lecorna della superbia tua t'hanno aciecato. Ma tu elvedrai ne l'ultima extremità della morte, dove tunon potrai pigliare rimedio in alcuna tua virtú,però che, non l'hai se non solo nella misericordiamia, sperando in quello dolce Sangue del qualefusti facto ministro. Questo né a te né ad alcunosarà mai tolto, mentre che vorrai sperare nelSangue e nella misericordia mia ; benché neunodebba essere si matto né tu si cieco che tu ticonduca a l’extremità.

Pensa che in su quella extremità l'uomo cheiniquamente è vissuto le dimonia l'accusano, elmondo e la propria fragilità ; e none il lusenga néli mostra il dilecto colà dove era l'amaro, né lacosa perfetta colà dove era imperfeczione, né illume per la tenebre, si come fare solevano nellavita sua : anco mostrano la veritá di quello che è.

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El cane della coscienzia, che era debile, cominciaad abbaiare tanto velocemente che quasi conducel'anima a la disperazione. Benché neuna ve nedebba giognere, ma debba pigliare con esperanzail Sangue, non obstante i difecti che abbicommessi ; però che senza veruna comparazioneè maggiore la misericordia mia, la quale ricevetenel [282] Sangue, che tutti e' peccati che sicommettono nel mondo. Ma ncuno s'indugi,come detto è ; ché forte cosa è a l'uomo trovarsidisarmato nel campo della battaglia tra moltinemici.

CAPITOLO CXXX. DI MOLTI ALTRI DEFECTI E' QUALI COMECTONO LI PREDETTI INIQUI MINISTRI.

– O carissima figliuola, questi miseri, de' qualiIo t'ho narrato, non ci hanno alcunaconsiderazione ; però che, se essi l'avessero, nonverrebbero a tanti difetti né eglino né gli altri, mafarebbero come gli altri che virtuosamentevivevano. E' quali prima eleggevano la morte chevolessero offender me e sozzare la faccia del'anima loro e diminuire la dignità nella quale logli avevo posti, ma crescevano la dignità e labellezza de l'anime loro. Non che la dignità delsacerdote, puramente la dignità, possa crescereper virtú né minuire per difetto, come detto t'ho ;ma le virtú sonno uno adornamento e una dignitàche dànno a l'anima, oltre a la pura bellezza de

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l'anima che ella ha dal suo principio quando Io lacreai a la imagine e similitudine mia. Questicognobbero la veritá della bontá mia e la bellezzae dignità loro, perché la superbia eamore-,proprio non l'aveva obfuscato né tolto ellume della ragione, però che n'erano privati eamavano me e la salute de l'anime.

Ma questi tapinelli, perché al tutto sonnoprivati del lume, non si curano d'andare di vizio invizio, in fine che giongono a la fossa. E deltempio de l'anima loro e della sancta Chiesa, che èuno giardino, ne fanno riceptacolo d'animali. Ocarissima figliuola, quanto m'è abominevole che lecase loro che debbono essere riceptacolo de' servimiei e de' poverelli, e debbono tenere per sposa elbreviario, e i libri della sancta Scriptura perfigliuoli, e ine dilettarsi per dare dottrina alproximo loro in prendere sancta vita ; e esse sonoriceptacolo d' inmondizie e d'inique persone. Lasposa sua non è il breviario, anco tratta la dettasposa del breviario come adultera, ma è una [283]miserabile dimonia che immondamente vive conlui ; e' libri suoi sonno la brigata de' figliuoli ; e co'figliuoli, che egli ha acquistati in tanta bruttura emiseria, si diletta senza vergogna alcuna. Lepasque e i di solempni, ne' quali egli debbarendere gloria e loda al nome mio col divinoofficio e gictarmi oncenso d'umili e devoteorazioni, e egli sta in giuoco e in sollazzo con lesue dimonie e va brigatando co' secolari,

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cacciando e ucellando come se fusse uno secolaree uno signore di corte.

O misero uomo, a che se' venuto ? Tu debbicacciare e ucellare ad anime per gloria e loda delnome mio, e stare nel giardino della sanctaChiesa ; e tu vai per li boschi. Ma perché tu se'facto bestia, tieni dentro ne l'anima tua gli animalide' molti peccati mortali ; e però se' factocacciatore e ucellatore di bestie, perché l'orto del'anima tua è insalvatichito e pieno di spine : peròhai preso diletto d'andare per li luoghi deserticercando le bestie salvatiche. Vergògnati, uomo, eraguarda e' tuoi difetti, però che hai materia divergognarti da qualunque lato tu ti vòlli. Ma tunon ti vergogni, perché hai perduto el sancto evero timore di me. Ma, come la meretrice che èsenza vergogna, ti vantarsi di tenere il grandestato nel mondo e d'aver la bella fameglia e labrigata de' molti figliuoli. E se tu non gli hai,cerchi d'averli, perché rimangano eredi del tuo.Ma tu se' ladro e furo, però che tu sai bene che tunon el puoi lassare, perché le tue erede sonno e'poveri e la sancta Chiesa. O dimonio incarnato,senza lume, tu cerchi quel che tu non debbicercare ; loditi e vantiti di quello che tu debbivenire a grande confusione e vergognarti dinanzia me, che veggo lo intrinsico del cuore tuo, edinanzi a le creature. Tu se' confuso, e le cornadella tua superbia non ti lassano vedere la tuaconfusione.

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O carissima figliuola, lo l'ho posto in sulponte della dottrina della mia Verità a ministrare avoi perregrini e' sacramenti della sancta Chiesa ;ed egli sta nel miserabile fiume di sotto al ponte, enel fiume delle delizie e miserie del mondo ve liministra, e non se n'avede che li giogne l'ondadella morte, e vanne insieme co' suoi signoridimòni, a' quali esso ha servito e lassatosi guidareper la via del fiume senza alcuno ritegno. [284] Ese egli non si corregge, giogne a l'etternadanpnazione con tanta reprensione e rimproverio,che la lingua tua non sarebbe sufficiente anarrarlo. E molto piú egli che un altro, secolare :unde una medesima colpa è piú punita in lui chein un altro che fusse nello stato del mondo ; e conpiú rimproverio si levano e' nemici suoi nel pontodella morte ad accusarlo, si come Io ti dixi.

CAPITOLO CXXXI. DE LA DIFFERENZIA DE LA MORTE DE' GIUSTI AD QUELLA DE' PECCATORI. E PRIMA, DE LA MORTE DE' GIUSTI.

– E perché lo ti narrai come il mondo, ledimonia e la propria sensualità l'accusavano, ecosí è la veritá, ora tel voglio dire in questo pontosopra questi miseri piú distesamente (perché tul'abbi maggiore compassione) quante sonnodifferenti le bactaglie che riceve l'anima del giustoda quelle del peccatore, e quanto è differente lamorte loro, e in quanta pace è la morte del giusto,piú e meno, secondo la perfeczione de l'anima.

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Unde Io voglio che tu sappi che tucte quantele pene, che le creature che hanno in loro ragionehanno, stanno nella volontà ; però che, se lavolontà fusse ordinata e accordata con la volontàmia, non sosterrebbe pena.. Non che fussero peròtolte le fadighe ; ma a quella volontà, chevolontariamente porta per lo mio amore, non lesarebbe pena, perché questi cotali volontieriportano, vedendo che è la volontà mia. E perl'odio sancto, che hanno di loro medesimi, hannofacto guerra col mondo, col dimonio e con lapropria loro sensualità. Unde, venendo el puntodella morte, la morte loro è in pace, perché inemici suoi nella vita sua sonno stati sconficti dalui. El mondo nol può accusare, però che eglicognobbe i suoi inganni, e però renunziò almondo e a tucte le delizie sue. La fragilesensualità e corpo suo non l'accusa, però che eglila tenne come serva col freno della ragione,macerando la carne con la penitenzia, con lavigilia e umile e continua orazione. La volontà[285] sensitiva ucise con odio e dispiacimento delvizio e amore della virtú, in tuctO perduta latenerezza del corpo suo ; la quale te nerezza eamore, che è tra l'anima e’l corpo, naturalmente faparere la morte malagevole, e però naturalmentel'uomo teme la morte.

Ma perché la virtú nel giusto perfecto passa lanatura, cioè che ‘l timore, che gli è naturale, lospegne e trapassa con odio sancto e col desiderio

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di tornare al fine suo, si che la tenerezza naturalenon gli può fare guerra, la coscienzia sta queta,perché nella vita sua fece buona guardia,abbaiando quando e' nemici passavano per voleretollere la città de l'anima. Si come il cane che sta ala porta, il quale, vedendo e' nemici, abbaia, eabbaiando desta le guardie ; cosí questo cane dellacoscienzia destòe la guardia della ragione, e laragione insieme col libero arbitrio cognobbero,col lume de l' intellecto, se era amico o nemico. Al'amico, cioè le virtú e i sancoi pensieri del cuore,diéro dileczione e affecto d'amore, exercitandolecon grande sollicitudine ; e al nemico, cioè al vizioe alle perverse cogitazioni, diéro odio edispiacimento ; e col coltello de l'odio e del'amore, e col lume della ragione, e con la manodel libero arbitrio percossero e' nemici suoi ; siche poi, al ponto della morte, la coscienzia non sirode, perché ella fece buona guardia, ma stassi inpace.

È vero che l'anima per umilità e perchémeglio nel tempo della morte cognosce il tesorodel tempo e le pietre preziose delle virtú, riprendese medesima, parendole poco aver exercitatoquesto tempo ; ma questa non è pena afiggitiva,anco è pena ingrassativa, però che fa ricoglierel'anima tucta in se medesima, ponendosi inanzi elsangue de l'umile e immaculato Agnello mioFigliuolo. E non si vòlle adietro a mirare le virtúsue passate, perché non vuole né può sperare in

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sue virtú, ma solo nel Sangue, dove ha trovata lamisericordia mia. E come è vissuta con lamemoria del Sangue, cosí nella morte s' innebria eanniegasi nel Sangue. Le dimonia perché non lapossono riprendere di peccato ? perché ella nellavita sua con sapienzia vinse la loro malizia ; magiongono per volere vedere [286] se potesseroacquistare alcuna cosa. Unde giongono'orribili,per farle paura con laidissimo aspetto e con moltee diverse fantasie ; ma, perché ne l'anima non èveleno di peccato, l'aspetto loro non le dá queltimore né mette paura come a uno altro el qualeiniquamente sia vissuto nel mondo. Vedendo ledimonia che l'anima è intrata nel Sangue conardentissima carità, non la possono sostenere, mastanno da la longa a gittare le saette loro. E peròla loro guerra e le loro grida a quella anima nonnocciono, però che ella giá comincia a gustare vitaetterna, si come in un altro luogo ti dixi ; però checon l'occhio de l'intelletto, che ha la pupilla dellume della sanctissima fede, vede me, suo infinitoed etterno Bene, el quale aspetta d'avere pergrazia e non per debito nella virtú di Iesu Cristomio Figliuolo. Unde distende le braccia dellasperanza e con le mani de l'amore lo strigne,intrando in possessione prima che vi sia, comedetto t'ho el modo in un altro luogo. Subbitopassando (annegata nel Sangue) per la portastretta del Verbo, giogne in me, mare pacifico,che siamo insieme uniti lo, mare, e la porta :

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perché Io e la mia Verità, unigenito mio Figliuolo,siamo una medesima cosa.

Quanta allegrezza riceve l'anima che tantodolcemente si vede gionta a questo passo, peròche gusta el bene della natura angelica ! Questoricevono coloro che passano cosí dolcemente ;ma e' ministri miei, de' quali lo ti dixi che eranovissuti come angeli, molto maggiormente, perchéin questa vita vissero con piú cognoscimento econ piú fame de l'onore di me e salute de l'anime.Non dico puramente del lume della virtú, chegeneralmente ogniuno può avere, ma perchéquesti, aggionto al lume del vivere virtuosamente,che è lume sopranaturale, ebbero el lume dellasancta scienzia, per la quale scienzia cognobberopiú della mia Verità. E chi piú cognosce, piúama : e chi. piú ama, piú riceve. El merito vostrov'è misurato secondo la misura de l'amore. E se tumi dimandassi : – Un altro, che non abbi scienzia,può giognere a questo amore ? – si bene che egliè possibile che egli vi gionga ; ma veruna cosaparticulare non fa legge comunemente perogniuno, e Io ti [287] favello in generale. E ancoricevono maggiore dignità per lo stato delsacerdote, perché propriamente lo' fu datol'officio del mangiare anime per onore di me. Eponiamo che a ciascuno sia dato che tuctí doviatestare nella dileczione del proximo vostro, acostoro è dato a ministrare il Sangue e agovernare l'anime ; unde, facendolo sollicitamente

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e con affetto di virtú, come detto è, ricevonocostoro piú che gli altri.

Oh, quanto è beata l'anima-loro quandovengono a l'extremità della morte, perché sonnostati annunziatori e difenditori della fede alproximo loro. Eglino se l'hanno incarnata intro lemirolla de l'anima, con la quale fede veggono elluogo loro in me. La speranza con la quale sonnovissuti, sperando nella providenzia mia, perdendoogni speranza di loro medesimi (cioè di nonesperare nel loro proprio sapere) ; e perché essiperdéro la speranza di loro, non posero affettodisordinato in veruna creatura né in veruna cosacreata, perché vissero poveri volontariamente ; eperò con grande diletto distendono la speranzaloro in me. El cuore loro (che fu uno vasello didileczione che portava el nome mio conardentissima carità, l'annunziavano con exemplodi buona e sancta vita e con la dottrina dellaparola al proximo loro) levasi adunque con amoreineffabile e strigne me per affetto d'amore, che so'suo fine, recandomi la margarita della giustizia,perché la portò sempre dinanzi da sé, facendogiustizia a ogniuno e rendendo discretamente ildebito suo. E però rende a me giustizia con veraumilità e rende gloria e loda al nome mio, perchéretribuisce aver avuto da me grazia d'avere corsoel tempo suo con pura e sancta conscienzia ; e asé rende indegnazione, reputandosi indegnod'avere ricevuta e ricevere tanta grazia.

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La coscienzia sua mi rende buonatestimonianza, e Io a lui giustamente rendo lacorona della giustizia adornata delle margaritedelle virtú, cioè del frutto che la caritá ha trattodelle virtú. O angelo terrestre ! beato te che nonse' stato ingrato de' benefizi ricevuti da me e nonhai conmessa negligenzia né ignoranzia ; masollicito, con vero lume, tenesti l'occhio tuoaperto sopra e' subditi tuoi, e come fedele e virilepastore hai [288] seguitata la doctrina del vero ebuono Pastore Cristo, dolce Iesú, unigenito mioFigliuolo. E però realmente tu passi per luibagnato e annegato nel Sangue suo con la tormadelle tue pecorelle, delle quali, con la sanctadoctrina e vita tua, molte n'hai condocte a la vitadurabile, e molte n'hai lassate in stato di grazia.

O figliuola carissima, a costoro non nuoce lavisione delle dimonia, però che per la visione dime (la quale per fede veggono e per amoretengono, perché in loro non è veleno di peccato)la obscurità e terribilezza loro non lo' dá noia néalcuno timore, perché in loro non hanno timoreservile, anco timore sancto. Unde non temono e'loro inganni, perché col lume sopranaturale e collume della sancta Scriptura cognoscono gl'ingannisuoi, si che non ricevono tenebre né turbazione dimente. Or cosí gloriosamente passano bagnati nelSangue, con la fame della salute 'de l'anime, tuctiaffocati nella caritá del proximo, passati per laporta del Verbo e intrati in me. E dalla mia bontá

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sonno conlocati ciascuno nello stato suo, emisurato lo' secondo la misura che hanno recata ame de l’affecto della caritá.

CAPITOLO CXXXII. DE LA MORTE DE' PECCATORI E DE LE PENE LORO NEL PUNTO DE LA MORTE.

– O carissima figliuola, non è tantal’excellenzia di costoro, che e' non abbino moltapiú miseria e' miseri tapinelli de' quali Io t'honarrato. Quanto è terribile e obscura la morteloro ! Però che nel punto della morte, si come Ioti dixi, le dimonia gli accusano con tanto terrore eobscurità, mostrando la figura loro, che sai che ètanto orribile che ogni pena che in questa vita sipotesse sostenere eleggerebbe la creatura, inanziche vederlo nella visione sua. E anco se lirinfresca lo stimolo della coscienzia, chemiserabilemente il rode nella coscienzia sua. Ledisordinate delizie e la propria sensualità (la qualesi fece signora, e la ragione fece serva), l'acusanomiserabilmente, [289] perchémalora cognosce laveritá di quello che in prima non cognosceva.Unde viene a grande confusione de l'errore suo,perché nella vita sua vixe come infedele e nonfedele a me, perché l'amore proprio gli velò lapupilla del lume della sanctissima fede. Eldimonio el molesta d' infedelità, per farlo venire adisperazione.

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Oh ! quanto gli è dura questa bactaglia,perché’l truova disarmato e non gli truova Tarmede l’affecto della carità, perché in tucto, comemembri del diavolo, ne sonno stati privati. Undenon hanno lume sopranaturale né quel dellascienzia, perché non l'intesero, però che le cornadella superbia non lo' lassano intendere ladolcezza del suo merollo ; unde ora nelle grandibactaglie non sanno che si fare. Nella speranzaessi non sonno notricati, però che non hannosperato in me né nel Sangue, del quale lo gli feciministri, ma solo in loro medesimi e negli stati edelizie del mondo. E non vedeva il miserodimonio incarnato che ogni cosa gli stava adusura, e come debitore gli conveniva rendereragione dinanzi a me ? Ora si truova innudo esenza alcuna virtú, e, da qualunque lato egli sivòlle, non ode altro che rimproverio con grandeconfusione.

La ingiustizia sua, la quale egli ha usata nellavita, l'accusa a la coscienzia, unde non s'ardisce didimandare altro che giustizia. E dicoti che tanta èquella vergogna e confusione, che, se non che essis'hanno preso nella vita loro per uno uso disperare nella misericordia mia, bene che per liloro difecti el ?a è grande presumpzione (perchécondì che offende col braccio della misericordia,in effecto non si può dire che questa sia speranzadi misericordia, ma è piú tosto presumpzione),ma pure ha preso facto della misericordia ; unde,

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venendo a l’extremità della morte e cognoscendoil difecto suo e scaricando la cóscienzia per lasancta confessione, è levata la presumpzione, chenon offende piú, e rimane la misericordia. E conquesta misericordia possono pigliare atacco disperanza, se essi vogliono. Che se non fussequesto, neuno sarebbe che non si disperasse, econ la disperazione giognarebbe con le dimonia al’etterna dannazione. [290]

Questo fa la mia misericordia : di farlisperare, nella vita loro, nella misericordia, beneche Io non lo' ‘l do perché essi of. fendano con lamisericordia, ma perché si dilatino in caritá e inconsiderazione della bontá mia. Ma essi l'usanotucta in contrario, però che con la speranza, cheessi hanno presa della mia misericordia,m'offendono. E nondimeno Io gli pure conservonella speranza della misericordia, perché nel'ultimo della morte egli abbino a che ataccarsi e altucto non vengano meno nella reprensione e nongiongano a disperazione. Però che molto piú èspiacevole a me e danno a loro questo ultimopeccato del dispe. rarsi, che tucti gli altri peccatiche egli hanno commessi. E questa è la cagioneperché egli è piú danno a loro e spiacevole a me :perché gli altri peccati essi gli fanno con alcunodilecto della propria sensualità, e alcuna volta sene dolgono, unde se ne possono dolere per modoche per quello dolere ricevono misericordia. Ma alpeccato della disperazione non ve li muove

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fragilità, però che non vi truovano alcuno dilectoné altro che pena intollerabile ; e nelladisperazione spregia la misericordia mia, facendomaggiore il difecto suo che la misericordia ebontá mia. Unde, caduto che egli è in questopeccato, non si pente né ha dolore de l'offesa :mia in veritá come si debba dolere : duolsi benedel danno suo, ma non si duole de l'offesa che hafacta a me ; e cosí riceve la etterna dannazione.

Si che vedi che solo questo peccato elconduce a l'inferno, e ne l'inferno è crociato diquesto e di tucti gli altri difecti che egli hacommessi. E se egli si fusse doluto e pentutosi del'offesa che aveva (acta a me e avesse speratonella misericordia, avarebbe trovato misericordia.Però che senza alcuna comparazione, si come ioti dixi, è maggiore la misericordia mia che tucti e'peccati che potesse commectere neuna creatura.E però molto mi dispiace che essi ponganomaggiori e' difecti loro ; e questo è quel peccatoche non è perdonato né di qua né di là. E perchénel punto della morte (poi che la vita loro èpassata disordinatamente e scelleratamente),perché molto mi dispiace la disperazione, vorreiche pigliassero speranza nella misericordia mia, eperò nella vita loro Io uso questo [291] dolceinganno, cioè di farli sperare largamente nellamisericordia mia ; però che, quando vi sonnonutricati dentro in questa speranza, giognendo ala morte non sonno cosí inchinevoli a lassarla per

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le dure reprensioni che odono, si come farebberonon essendovisi nutricati dentro.

Tucto questo lo' dá el fuoco e l'abisso dellainextimabile caritá mia. Ma, perché essi l'hannousata con la tenebre de l'amore proprio, unde l'èproceduto ogni difecto, non l'hanno cognosciutain veritá ; e però l'è reputato a grandepresumpzione, quanto che ne l’affecto loro, ladolcezza della misericordia. E questa è un'altrareprensione che lo' dá la coscienzia ne l'aspectodelle dimonia, rimproverando che ‘l tempo e lalarghezza della misericordia, nella quale eglisperava, si doveva dilatare in caritá e in amoredelle virtú e con virtú spendere il tempo che loper amore lo' diei ; e eglino, col tempo e con lalarga speranza della misericordia, m'offendevanomiserabilemente. O cieco, sopra cieco ! Tusotterravi la margarita e il talento che Io ti missinelle mani perché tu guadagnassi con esso ; e tu,come presumptuoso, non volesti fare la volontàmia, anco el sotterrasti socto la terra deldisordinato amore proprio di te medesimo, ilquale ora ti rende fructo di morte. Oh, misero te !quanta è grande la pena tua, la quale tu ora nel’extremità ricevi. Elle non ti sonno occulte le tuemiserie, però che ‘l vermine della coscienzia oranon dorme, anco rode. Le dimonia ti gridano erendonti el merito che egli usano di rendere a'servi loro : confusione e rimproverio. Acciò chenel punto della morte tu non l'esca delle mani,

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vogliono che tu gionga a la disperazione, e però tidànno la confusione, acciò che poi, con loroinsieme, ti rendano di quello che egli hanno perloro.

Oh, misero ! la dignità, nella quale Io ti posi,ti si rapresenta lucida cpme ella è. E per tuavergogna, cognoscendo che tu l'hai tenuta e usatain tanta tenebre di colpa la substanzia della sanctaChiesa, ti pone innanzi che tu se' ladro e debitore,el quale dovevi rendere il debito a' poveri e a lasancta Chiesa. Alora la coscienzia tua telrapresenta che tu l'hai speso e dato a le publichemeritrici, e nutricati e' figliuoli e aricchiti e' parenti[292] tuoi, e haitelo cacciato giú per la gola conadornamento di casa e con molti vasi de l'argento,colà dove tue dovevi vivere con povertàvolontaria.

L'officio divino ti rapresenta la tuacoscienzia, ché tu el lassavi, e non ti curavi perchécadessi nella colpa del peccato mortale ; e, se tu eldicevi con la bocca, el cuore tuo era di longa dame. E' subditi tuoi, cioè la caritá e la fame, cheverso di loro dovevi avere di notricarli in virtú,dando lo' exemplo di vita e batterli con la manodella misericordia e con la verga della giustizia ; e,perché tu facesti el contrario, la coscienzia nel'orribile aspetto delle dimonia ti riprende. E se tu,prelato, hai date le prelazioni o cura d'anime averuno tuo subdito ingiustamente, cioè che tunon abbi veduto a cui e come tu l'hai dato, ti si

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pone dinanzi a la coscienzia, perché tu le dovevidare non per parole lusinghevoli né per piacerealle creature né per doni, ma solo per rispetto divirtú, per onore di me e salute de l'anime. Eperché tu non l'hai facto, ne se' ripreso ; e permaggiore tua pena e confusione hai dinanzi a lacoscienzia e al lume de l'intelletto quello che tuhai facto, che non dovevi fare, e quello che tudovevi fare, che tu non hai facto.

E voglio che tu sappi, carissima figliuola, chepiú perfettamente si cognosce la bianchezza allatoal nero e il nero allato a la bianchezza, cheseparati l'uno da l'altro. Cosí adiviene a questimiseri, a costoro in particulare e a tutti gli altrigeneralmente, che nella morte (dove l'animacomincia piú a vedere i guai suoi, e il giusto labeatitudine sua) ella è rapresentata al misero lavita sua scellerata. E non bisogna che alcuno l' ilponga dinanzi, però che la coscienzia sua si poneinnanzi e' difecti che egli ha commessi e le virtúche doveva adoperare. Perché la virtú ? permaggiore sua vergogna : perché, essendo allato ilvizio e la virtú, per la virtú cognosce meglio eldifetto, e quanto piú el cognosce, maggiorevergogna n'ha. E per lo difetto suo cognoscemeglio la perfeczione della virtú, unde hamaggiore dolore, perché si vede nella vita suaessere stato fuore d'ogni virtú. E voglio che tusappi che nel cognoscimento, che essi hanno dellavirtú e del vizio, veggono troppo bene el bene

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[293] che séguita doppo la virtú a l'uomovirtuoso, e la pena che séguita a quel che ègiaciuto nella tenebre del peccato mortale.

Questo cognoscimento do non perché vengaa disperazione, ma perché venga a perfettocognoscimento di sé e a vergogna del difetto suocon esperanza ; acciò che con la vergogna ecognoscimento sconti de' difecti suoi e plachi l'iramia, dimandando umilmente misericordia. Elvirtuoso ne cresce in gaudio e in cognoscimentodella mia carità, perché retribuisce la graziad'avere seguitate le virtú e d'essere ito per ladottrina della mia Verità, da me e non da sé, eperò exulta in me. Con questo vero lume ecognoscimento gusta e riceve il dolce fine suo perlo modo che Io in un altro luogo ti dixi. Si chel'uno exulta in gaudio, cioè il giusto che è vissutocon ardentissima carità, e lo iniquo tenebroso siconfonde in pena. Al giusto la tenebre e visionedelle dimonia non gli nuoce, e non teme, peròche solo el peccato è quel che teme e ricevenocimento. Ma quegli, che lascivamente e conmolte miserie hanno guidata la vita loro, ricevononocimento e timore ne l'aspetto delle dimonia.Non è nocimento di disperazione, se essi nonvorranno, ma di pena di riprensione, dirinfrescamento di coscienzia e di paura e timorene l'orribile aspetto loro.

Ora vedi quanto è differente, carissimafigliuola, la pena della morte e la battaglia che

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ricevono nella morte, quella del giusto da quelladel peccatore, e quanto è differente il fine loro.Una piccola, piccola particella te n'ho narrato emostrato a l'occhio de l'intelletto tuo : ed è sipiccola per rispetto di quel che ella è, cioè dellapena che riceve l'uno e del bene che riceve l'altro,che è quasi non tavelle. Or vedi quanta è laciechità dell'uomo, e spezialmente di questimiserabili, però che tanto quanto hanno ricevutopiú da me e piú sonno illuminati della sanctaScriptura, piú sonno obligati e ricevono piúintollerabile confusione. E perché piúcognobbero della sancta Scriptura nella vita loro,piú cognoscono nella morte loro e' grandi difectiche hanno commessi, e sonno conlocati inmaggiori tormenti che gli altri, si come e' buonisonno posti in maggiore excellenzia. A costoroadiviene come del falso cristiano, che nell'inferno[294] è posto in maggiore tormento che unopagano, perché esso ebbe il lume della fede erenunziò al lume della fede, e colui non l'ebbe.Cosí questi miseri avaranno piú pena d'unamedesima colpa che gli altri cristiani, per lomisterio che Io lo' diei dando lo' a ministrare ilSole del sancto Sacramento, e perché ebbero ellume della scienzia a potere discernere la veritá eper loro e per altrui, se essi avessero voluto. Eperò giustamente ricevono maggiori pene.

Ma e' miseri nol cognoscono ; ché, se essiavessero punto di considerazione dello stato loro,

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non verrebbero in tanti mali, ma sarebbero quelche debbono essere e non sonno. Anco tucto elmondo è corrocto, facendo molto peggio essi chei secolari nel grado loro. Unde con le loro puzzelordano la faccia de l’anime loro e corrompono e'subditi e succhiano il sangue a la sposa mia, cioèalla sancta Chiesa. Unde per li loro difecti essi laimpalidiscono, cioè che l'amore e l'affetto dellacarità, che debbono avere a questa sposa, l'hannoposto a loro medesimi, e non attendono ad altroche a piluccarla e a trarne le prelazioni e le grandirendite, dove essi debbono cercare anime. Undeper la loro mala vita vengono e' secolari adinreverenzia e a disobbedienzia alla sancta Chiesa,benché essi nol debbano fare. E non è scusato ildifetto loro per lo difetto de' ministri.

CAPITOLO CXXXIII. REPETIZIONE BREVE SOPRA MOLTE COSE GIN DETTE, E COME DIO INTUTTO VIETA CHE I SACERDOTI NON SIANO TOCCATI PER LE MANI DE' SECOLARI, E COME INVITA LA PREDETTA ANIMA A PIANGERE SOPRA

ESSI MISERI SACERDOTI.

– Molti difetti t'avarei a dire ; ma non vogliopiú apuzzare l'orecchie tue. Hotti narrato questoper satisfare al desiderio tuo, e perché tu sia piúsollicita a offerire dolci, amorosi e amari desidèridinanzi a me per loro. E hotti contata dellaexcellenzia nella quale Io gli ho posti, e del tesoroche v'è ministrato per le mani loro, cioè del

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sancto Sacramento tutto Dio [295] e tutto uomo,dandoti la similitudine del sole, acciò che tuvedessi che per li loro difecti non diminuisce lavirtú di questo Sacramento : e però non voglioche diminuisca la reverenzia verso di loro. E hottimostrata la excellenzia de' virtuosi ministri miei,in cui riluceva la margarita delle' virtú e dellasancta giustizia. E hotti mostrato quanto m'èspiacevole l'offesa che fanno e' persecutori dellasancta Chiesa, e la inreverenzia che essi hanno alSangue ; però che, perseguitando loro, el reputofacto al Sangue e non a loro, però che Io l'hovetato che non tocchino e' cristi miei.

Ora t'ho contiato della vitoperosa vita loro, equanto miseramente vivono, e quanta pena econfusione hanno nella morte, e quantocrudelmente, piú che gli altri, sonno cruciatidoppo la morte. Ora t'ho atenuto quel ch' Io tipromissi, cioè di narrarti della vita loro alcunacosa ; e hotti satisfacto di quel che mi dimandasti,volendo tu che Io t'actenessé quel che promessot'aveva.

Ora ti dico da capo che, con tutti quanti e'loro difetti, e se fussero ancora piú, Io non voglioche neuno secolare s'impacci di punirli. E se essiel faranno, non rimarrà impunita la colpa loro, segiá non la puniscono con la contrizione del cuore,ammendandosi de' difetti loro. Ma l'uno e gli altrisonno dimòni incarnati, e per divina giustizial'uno dimonio punisce l'altro ; e l'uno e l'altro

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offende. El secolare non è scusato per lo peccatodel prelato, né il prelato per lo peccato delsecolare. Ora invito te, carissima figliuola, e tuttigli altri servi miei a piagnere sopra questi morti, ea stare come pecorelle nel giardino della sanctaChiesa a pascere per sancto desiderio e continueorazioni, offerendole dinanzi a me per loro, peròche Io voglio fare misericordia al mondo. E nonvi ritraete da questo pascere né per ingiuria né peralcuna prosperità, cioè che non voglio che alziateil capo né per impazienzia né per disordinataallegrezza, ma umilmente attendete a l'onore dime e alla salute de l'anime e alla reformazionedella sancta Chiesa. E questo mi sarà segno che tue gli altri m'amiate in veritá. Tu sai bene che Io timanifestai che volevo che tu e gli altri fustepecorelle, [296] le quali sempre pasceste nelgiardino della sancta Chiesa, sostenendo confadiga, infino a l'ultimo della morte. E, cosífacendo, adempirò e' desidèri tuoi.

CAPITOLO CXXXIV.COME QUESTA DEVOTA ANIMA, LAUDANDO E RINGRAZIANDO DIO, FA ORAZIONE PER LA SANCTA CHIESA.

Alora quella anima, come ebbra, ansietata eaffocata d'amore, ferito el cuore di moltaamaritudine, si vòlleva alla somma ed etternabontá, dicendo : – O Dio etterno, o luce sopraogni altra luce, ché da te esce ogni luce ! o fuocosopra ogni fuoco, però che tu se' solo quello

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fuoco che ardi e non consumi ; e consumi ognipeccato e amore proprio che trovassi ne l'anima ;e non la consumi afliiggitivamente, ma ingrassilad'amore insaziabile, però che, saziandola, non sisazia, ma sempre ti desidera, e quanto piú t'ha piúti cerca, e quanto piú ti desidera piú truova egusta di te, sommo ed etterno fuoco, abisso dicaritá ! O sommo ed etterno Bene, chi t'ha mossote, Dio infinito, d'aluminare me, tua creaturafinita, del lume della tua veritá ? Tu, essomedesimo fuoco d'amore, ne se' cagione. Peròche sempre l'amore è quello che ha costretto ecostrigne te a crearci a la imagine e similitudinetua, e a farci misericordia donando smisurate einfinite grazie alle tue creature che hanno in lororagione. O Bontà sopra ogni bontá ! tu solo se'colui che se' sommamente buono, e nondimenotu donasti el Verbo de l'unigenito tuo Figliuolo aconversare con noi, puzza e pieni di tenebre. Diquesto chi ne fu cagione ? L'amore, però che ciamasti prima che noi fussimo. O buono, o etternagrandezza, facestiti basso e piccolo per farel'uomo grande. Da qualunque lato Io mi vòllo,non truovo altro che abisso e fuoco della tuacaritá.

E sarò io quella misera che possa restituirealle grazie e a l’affocata caritá che tu hai mostrata,e mostri tanto affocato amore in particulare, oltrea la caritá comune e amore che [297] tu mostri ale tue creature ? No : ma solo tu, dolcissimo e

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amoroso Padre, sarai quello che sarai grato ecognoscente per me, cioè che l'affetto della tuacaritá medesima ti renderà grazie ; però che io so'colei che non so'. E se io dicesse alcuna cosa perme, io mentirei sopra el capo mio e sarei mendacefigliuola del dimonio, che è padre delle bugie.Però che tu se' solo colui che se' ; e l'essere e ognigrazia, che hai posta sopra l'essere, ho da te, chemel desti e dài per amore e non per debito. Odolcissimo Padre, quando l'umana generazionegiaceva inferma per lo peccato di Adam, e tu lemandasti el medico del dolce e amoroso Verbo,tuo Figliuolo. Ora, quando Io giacevo infermadella infermità della negligenzia e di moltaignoranzia, e tu, soavissimo e dolcissimo medico,Dio etterno, m'hai data una soave, dolce e amaramedicina, acciò che io guarisca e mi levi da la miainfermità. Soave m'è, però che con la soavità ecaritá tua hai manifestato te a me : dolce sopraogni dolce m'è, però che hai illuminato l'occhiode l'intelletto mio col lume della sanctissima fede.Nel quale lume, secondo che t'è piaciuto dimanifestare, cognobbi la excellenzia e la graziache hai data a l'umana generazione, ministrandotutto Dio e tutto uomo nel corpo mistico dellasancta Chiesa, e la dignità de' tuoi ministri, e' qualihai posti che ministrino te a noi.

Io desideravo che tu satisfacessi a lapromessa la quale facesti a me ; e tu desti moltopiú, dando quello che io non sapevo adomandare.

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Unde io cognosco veramente in veritá che ‘lcuore dell'uomo non sa tanto adimandare nédesiderare quanto tu piú dài ; e cosí veggo che tuse' colui che se', infinito e etterno Bene, e noisiamo coloro che non siamo. E perché tu se'infinito e noi finiti, però dài tu quello che la tuacreatura, che ha in sé ragione, non può né satanto desiderare : né per quel modo che tu sai,puoi e vuogli satisfare a l'anima e saziarla di quellecose che ella non t'adimanda, né per quel modotanto dolce e piacevole quanto tu le dài. E peròho ricevuto lume nella grandezza e caritá tua perl'amore, che hai manifestato che tu hai a tuttal'umana generazione, e singularmente agli untituoi, e' quali debbono essere angeli terrestri inquesta [298] vita. Mostrato hai la virtú ebeatitudine di questi tuoi unti, e' quali sonnovissuti come lucerne ardenti con la margarita dellagiustizia nella sancta Chiesa. E, per questo, meglioho cognosciuto el difecto di coloro chemiserabilemente vivono. Unde ho conceputograndissimo dolore de l'offesa tua e danno ditucto quanto el mondo : perché fanno danno almondo, essendo specchio di miseria, dove essidebbono essere specchio di virtú. E perché tu ame, misera, cagione e strumento di molti difecti,hai manifestate e lamentatoti delle iniquità loro,ho trovato dolore intollerabile.

Tu, amore inextimabile, l'hai manifestatodandomi la medicina dolce e amara, perché io mi

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levi in tucto da la infermità della ignoranzia enegligenzia, e con sollicitudine e anxietatodesiderio ricorra a te, cognoscendo me e la bontátua, e l'offese che sonno facte a te da ognimaniera di gente e spezialmente da' ministri tuoi,acciò che io distilli uno fiume di lagrime Sopra memiserabile, traendole del cognoscimento della tuainfinita bontá, e sopra questi morti, e' quali tantomiserabilmente vivono. Unde io non voglio,ineffabile fuoco e dileczione di carità, Padreetterno, che ‘l desiderio mio si stanchi mai didesiderare il tuo onore e la salute de l'anime, e gliocchi miei non si ristiano ; ma dimandoti pergrazia che sieno facti due fiumi d'acqua, che escadi te, mare pacifico. Grazia, grazia sia a te, Padre,che, satisfacendo a me di quel che io ti dimandai edi quello che io non cognoscevo e non tidimandai, tu m'hai invitata, dandomi la materiadel pianto, e d'offerire dolci e amorosi e anxietatidesidèri dinanzi da te con umile e continuaorazione. Ora t'adimando che tu faccimisericordia al mondo e alla sancta Chiesa tua.Pregoti che tu adempia quello che tu mi faiadimandare. Oimè, misera, dolorosa l'anima mia,cagione d'ogni male ! Non indugiare piú a faremisericordia al mondo : conscende e adempie ildesiderio de' servi tuoi. Oimè ! tu se' colui che glifai gridare : adunque ode la voce loro. La tuaVerità disse che noi chiamassimo e sarebbecirisposto, bussassimo e sarebbeci aperto,

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chiedessimo e sarebbeci dato. O Padre etterno, e'servi tuoi chiamano a te misericordia : rispondelo' [299] dunque. lo so bene che la misericordia t'èpropria, e però non la puoi stollere che tue non ladia a chi te l'adomanda. Essi bussano a la portadella tua Verità, però che nella Verità tua,unigenito tuo Figliuolo, cognoscono l'amoreineffabile che tu hai a l'uomo, si che bussano a laporta. Unde il fuoco della tua caritá non si debbané può tenere che tu non apra a chi bussa conperseveranzia.

Adunque apre, diserra e spezza e' cuoriindurati delle tue creature : non per loro che nonbussano, ma fallo per la tua infinita bontá e peramore de' servi tuoi, che bussano a te per loro.Dà lo', Padre etterno, ché vedi che stanno a laporta della Verità tua e chiegono. E chechiegono ? il Sangue di questa porta, Verità tua. Enel sangue tu hai lavate le iniquità, e tracta lamarcia del peccato d'Adam. El Sangue è nostro,però che ce n'hai facto bagno : noi puoi né vuoglidisdire a chi te l’adimanda in veritá. Dà' dunque ilfructo del Sangue a le tue. creature : pone nellabilancia el prezzo del sangue del tuo Figliuolo,acciò che le dimonia infernali non ne portino letue pecorelle. Oli ! tu se' pastore buono, che cidesti el Pastore vero de l'unigenito tuo Figliuolo,el quale, per l’obbedienzia tua, pose la vita per letue pecorelle e del Sangue ci fece bagno. Questo èquel Sangue che t'adimandano come affamati e'

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servi tuoi a questa porta : per lo quale Sangueadimandano che tu facci misericordia al mondo, erifiorisca la sancta Chiesa di fiori odoriferi dibuoni e sancti pastori, e con l'odore spenga lapuzza degl'iniqui fiori e putridi. Tu dicesti, Padreetterno, che per l'amore che tu hai alle tuecreature, che hanno in loro ragione, che conl’orazioni dei servi tuoi e col molto loro sostenerefadighe senza colpa, faresti misericordia al mondoe riformaresti la Chiesa tua, e cosí ci darestirefrigerio. Adunque non indugiare a vòllerel'occhio della tua misericordia, ma risponde, peròche vuoli rispondere prima che noi chiamiamo,con la voce della tua misericordia.

Apre la porta della tua inextimabile carità, laquale ci donasti per la porta del Verbo. Si, so ioche tu apri prima che noi bussiamo, però che conl’affecto e amore, che hai dato [300] a' servi tuoi,bussano e chiamano a te, cercando l'onore tuo ela salute de l'anime. Dona lo' dunque il pane dellavita, cioè il fructo del sangue de l'unigenito tuoFigliuolo, el quale t'adimandiamo per gloria e lodadel nome tuo e per salute de l'anime. Però che piúgloria e loda pare che torni a te a salvare tantecreature, che a lassarle obstinate permanere nelladurizia loro. A te, Padre etterno, ogni cosa èpossibile : poniamo che tu ci creasti senza noi, masalvare senza noi questo non vuogli fare ; mapregoti che sforzi la volontà loro e dispongali avolere quello che essi non vogliono. Questo

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t'adimando per la tua infinita misericordia. Tu cicreasti di non cavelle ; adunque, ora che noisiamo, facci misericordia e rifa' e' vaselli che tuhai creati e formati a la imagine e similitudine tua.Riformagli a grazia nella misericordia e nel sanguedel tuo Figliuolo, Cristo dolce Iesú.

TRACTATO DE LA PROVIDENZIA

CAPITOLO CXXXV. QUI COMINCIA EL TRACTATO DE LA PROVIDENZIA DI DIO. E PRIMA DE LA PROVIDENZIA IN GENERALE, CIOÈ COME PROVIDDE CREANDO L'UOMO A LA IMAGINE E SIMILITUDINE SUA. E COME PROVIDE

CON LA INCARNAZIONE DEL FIGLIUOLO SUO, ESSENDO SERRATA LA PORTA DEL PARADISO PER

LO PECCATO D'ADAM. E COME PROVIDDE DANDOCISI IN CIBO CONTINUAMENTE NELL'ALTARE.

Alora el sommo ed etterno Padre conbenignità ineffabile voileva l'occhio della suaclemenzia inverso di lei, quasi volendo mostrareche in tucte le cose la providenza sua nonmancava mai a l'uomo, pure che egli la vogliaricevere, manifestandolo con uno dolce lagnarsidell'uomo in questo modo, dicendo : – Ocarissima figliuola mia, si come in piú luoghi Iot’ho decto, Io voglio fare misericordia al mondo ein ogni necessità provedere a la mia creatura cheha in sé ragione. Ma lo ignorante uomo piglia inmorte quello che lo do in vita, e cosí si fa crudele

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a se medesimo. Io sempre proveggo ; e si ti losapere che ciò che Io ho dato a l'uomo è sommaprovidenzia. Unde con providenzia el creai :quando raguardai in me medesimo, inamora' midella mia creatura ; piacquemi di crearla a laimagine e similitudine mia con molta providenzia.Unde providdi di darle la memoria perchéritenesse i. benefizi miei, facendole participaredella potenzia di me Padre etterno. Die' lel'intellecto acciò che nella sapienzia de l'unigenitomio Figliuolo ella intendesse e cognoscesse lavolontà di me Padre etterno, donatore delle graziea lei con tanto fuoco d'amore. Die' le la volontàad amare, participando la clemenzia dello Spiritosancto, acciò che potesse amare quello che lo'ntellecto vide e cognobbe.

Questo fece la dolce mia providenzia soloperché ella fusse capace ad intendere e gustareme, e godere de l’etterna mia [304] bontá nel'etterna mia visione. E, si come in molti luoghi Iot'ho narrato, perché giognesse a questo fine,essendo serrato el cielo per la colpa d'Adam, ilquale non cognobbe la sua dignità, raguardandocon quanta providenzia e amore ineffabile Iol'avevo creato ; unde, perché egli non la conobbe,pera cadde nella disobbedienzia, e dalladisobbedienzia a la immondizia, con superbia epiacere feminile, volendo piú tosto conscendere epiacere a la compagna sua (poniamo che noncredesse però a lei quello che ella diceva),

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consenti piú tosto di trapassare l'obbedienzia miache contristarla ; cosí per questa disobbedienziavennero e sonno venuti poi tucti quanti e' mali ;tucti contraeste di questo veleno (della qualedisobbedienzia in uno altro luogo ti narrarò comeella è pericolosa, ad commenda. zione del'obbedienzia) ; unde, per tollere via questa morte,Io providi a l'uomo dandovi el Verbo del'unigenito mio Figliuolo con grande prudenzia eprovidenzia per provedere a la vostra necessità.Dico « con prudenzia «, però che con l'esca dellavostra umanità e l'amo della mia Deitá Io presi eldimonio, el quale non poté cognoscere la miaVerità. La quale Verità, Verbo incarnato, venne aconsumare e a distruggere la sua bugia con laquale aveva ingannato l'uomo.

Si che usai grande providenzia e prudenzia.Pensa, carissima figliuola, che maggiore non lapoteva usare che darvi el Verbo de l'unigenitomio Figliuolo. A lui posi la grande obbedienziaper trare il veleno, che per la disobbedienzia eracaduto ne l'umana generazione. Unde egli, comeinamorato vero obbediente, corse a l'obrobriosamorte della sanctissima croce, e con la morte vidie' la vita. None in virtú de l'umanità, ma in virtúdella mia Deitá ; la quale, per mia providenzia,unii con la natura umana per satisfare a la colpache era facta contra a me, Bene infinito, la qualerichiedeva satisfaczione infinita, cioè che la naturaumana, che aveva offeso (che era finita), fusse

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unita con cosa infinita, acciò che infinitamentesatisfacesse a me infinito, e a la natura umana,a`passati, a' presenti e a' futuri, e tanto quantooffendesse l'uomo, volendo ritornare a me nellavita sua, trovasse perfecta satisfaczione. E peròunii la [305] natura divina con natura umana, perla quale unione avete ricevuta satisfaczioneperfecta. Questo ha facto la mia providenzia :che, con l'operazione finita (ché finita fu la penadella croce nel Verbo), avete ricevuto fructoinfinito in virtú della Deitá, come decto è.

Questa infinita ed etterna providenzia di meDio, Padre vostro, Trinitá etterna, provide dirivestire l'uomo. El quale, avendo perduto elvestimento della innocenzia e dinudato d'ognivirtú, periva di fame e moriva di freddo in questavita della perregrinazione. Soctoposto era ad ognimiseria, serrata era la porta del cielo e perdutan'aveva ogni speranza ; la quale speranza, sel'avesse potuta pigliare, gli sarebbe stato unorefrigerio in questa vita. None l'aveva, e peròstava in grande affliczione. Ma Io, sommaprovidenzia, providi a questa necessità : unde,non costrecto dalle vostre giustizie né virtú, madalla mia bontá, vi diei el vestimento per mezzodi questo dolce e amoroso Verbo unigenito mioFigliuolo. El quale, spogliando sé della vita, rivestivoi di innocenzia e di grazia ; la quale innocenziae grazia ricevete nel sancto baptesmo in virtú delSangue, lavando la macchia del peccato originale,

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nel quale sète conceputi, contraendolo dal padre edalla madre vostra. E però la mia providenziaprovide non con pena di corpo, si come erausanza nel Testamento vecchio, quando eranocircuncisi, ma con la dolcezza del sanctobaptesmo.

Si che egli è rivestito. Anco l'ho scaldato,manifestandovi l'unigenito mio Figliuolo, perl'apriture del Corpo suo, el fuoco della mia carità,el quale era velato sotto questa cennere del'umanità vostra. E non die questo riscaldarel'affreddato cuore de l'uomo, se egli non è giáobstinato, aciecato dal proprio amore, che eglinon si vegga amare da me tanto ineffabilemente ?La mia providenzia gli ha dato el cibo perconfortarlo mentre che egli è perregrino eviandante in questa vita, si come. in un altroluogo ti dixi. Facto ho indebilire i nemici suoi, cheveruno gli può nocere se non esso medesimo. Lastrada è battuta nel Sangue della mia Verità, acciòche possa giognere al termine suo, a quello fineper lo quale Io el creai. E che cibo è [306]questo ? Si come in un altro luogo lo ti narrai, è ilCorpo e ‘l Sangue di Cristo crocifixo tucto Dio etucto uomo, cibo degli angeli e cibo di vita. Ciboche sazia ogni affamato che di questo pane sidilecta, ma none colui che non ha fame ; però cheegli è uno cibo che vuole essere preso con labocca del sancto desiderio e gustato per amore. Si

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che vedi che la mia providenzia ha proveduto didarli conforto.

CAPITOLO CXXXVI. COME DIO PROVIDDE DANDO LA SPERANZA NE LE SUE CREATURE. E COME CHI PIÚ PERFECTAMENTE SPERA, PIÚ PERFECTAMENTE GUSTA LA PROVIDENZIA SUA.

– Anco gli ho dato el refrigerio dellasperanza, se col lume della sanctissima federaguarda el prezzo del Sangue che è pagato perlui, el quale gli dá ferma speranza e certezza dellasalute sua. Negli obrobri di Cristo crocifixo gli èrenduto l'onore ; ché se con tucte le membra delcorpo suo egli offende me, e Cristo benedecto,dolcissimo mio Figliuolo, in tucto el Corpo suoha sostenuti grandissimi tormenti, e con la suaobbedienzia ha levata la vostra disobbedienzia.Dalla quale obbedienzia tucti avete contracto lagrazia, si come per la disobbedienzia tucticontraeste la colpa.

Questo v'ha conceduto la mia providenzia, laquale, dal principio del mondo infino al di d'oggi,ha proveduto e provederà, infino a l'ultimo, a lanecessità e salute dell'uomo in molti e diversimodi (secondo che Io, giusto e vero medico,veggo che vi bisogna a le vostre infermità),secondo che n'ha bisogno per renderli sanitàperfecta o per conservarlo nella sanità. La miaprovidenzia non mancarà mai, a chi la vorràricevere, in quegli che perfectamente sperano in

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me. E chi spera in me, bussa e chiama in veritá,non solamente con la parola, ma con affetto e collume della sanctissima fede, gustaranno me nellaprovidenzia mia ; ma non coloro che solamentebussano e suonano col suono della parola,chiamandomi : – Signore, Signore ! – Dicoti che,se essi con altra virtú non m'adimandano, nonsaranno [307] conosciuti da me per misericordia,ma per giustizia. Si che lo ti dico che la miaprovidenzia non mancarà a chi in veritá spera inme, ma in chi si dispera di me e spera in sé.

Sai che speranza in due cose contrarie non sipuò ponere. Questo volse dire a voi la mia Veritànel sancto Evangelio, quando dixe : « Veruno puòservire a due signori » ; ché, se serve a l'uno, èincontempto a l'altro. Servire non è senzasperanza, però che ‘l servo, che serve, serve conesperanza che ha nel prezzo e utilitá che se nevede trare, o con esperanza che egli ha di piacereal signore suo. Onde al nemico del suo signorepunto non servirebbe ; el quale servizio fare nonpotrebbe senza alcuna speranza. Onde, servendoe sperando, si vederebbe privare di quello cheaspectava dal signore suo. Or cosí pensa,carissima figliuola, che adiviene a l'anima : o eglisi conviene che ella serva e speri in me, o serva esperi nel mondo e in se medesima : però chetanto serve al mondo, Cuore di me, di serviziosensuale, quanto serve e ama la propriasensualità ; del quale amore e servizio spera

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d'avere dilecto, piacere e utilitá sensitiva. Ma,perché la speranza sua è posta in cosa finita, vanae transitoria, però gli viene meno, e non giogne ineffecto di quel che desiderava. Mentre che eglispera in sé e nel mondo, none spera in me :perché ‘l mondo, cioè i desidèri mondanidell'uomo sono a me in odio, e in tantaabominazione mi furono che Io diei l'unigenitomio Figliuolo a l’obrobriosa morte della croce ;onde il mondo non ha conformità meco, né Iocon lui. Ma l'anima, che perfectamente spera inme e serve con tucto el cuore e con tucto l’affectosuo, subbito per necessità, per la cagione decta, siconviene che si disperi di sé e del mondo, disperanza posta con propria fragilità.

Questa vera e perfecta speranza è meno e piúperfecta, secondo la perfeczione de l'amore chel'anima ha in me. E cosí, perfecta e imperfecta,gusta della providenzia mia : piú perfettamente lagustano e la ricevono quegli che servono esperano di piacere solamente a me, che quegli cheservono con esperanza del fructo e per dilectoche trovassero in me. Questi primi sonno quegliche, ne l'ultimo stato de l'anima, Io ti narrai della[308] loro perfeczione. E questi, che Io ora ticonto, sonno e' secondi e i terzi, che vanno conesperanza del diletto e del fructo, e sonno quegliimperfecti de' quali Io ti contai narrandoti deglistati de l'anima.

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Ma, in veruno modo, a' perfetti e agliimperfecti non mancarà la mia providenzia,purché l'uomo non presummi né speri in sé. Elquale presummere e sperare in sé, perché esce dal'amore proprio, obfusca l'occhio del'intelletto,.traendone el lume della sanctissimafede. Unde non va con lume di ragione, e perònon cognosce la mia providenzia, non che eglinon ne pruovi. Però che neuno è, né giusto népeccatore, che non sia proveduto da me, perchéogni cosa è facta e creata da la mia bontá, peròche Io so' Colui che so', e senza me veruna cosa èfacta, se non solo el peccato che non è. Si che essiricevono bene della mia providenzia, ma non laintendono, perché non la cognoscono :non'cognoscendola, non l'amano : e però non nericevono fructo di grazia. Ogni cosa veggonotorta, dove ogni cosa è dricta. E, si come ciechi,ogni cosa vegono in tenebre, e la tenebre in luce,perché hanno posta la speranza e il servizio loronella tenebre, unde caggiono in mormorazione evengono ad impazienzia.

E come sonno tanto macti ? Doh, carissimafigliuola, come possono essi credere che Io,somma ed etterna bontá, possa volere altro che illoro bene nelle cose piccole che tucto di Iopermecto per salute loro, quando pruovano cheIo non voglio altro che la loro sanctificazionenelle cose grandi ? Ché, con tucta la loro ciechità,non possono fare che almeno con uno poco di

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lume naturale non veggano la bontá mia e ilbenefizio della mia providenzia, la quale truovano(e non la possono dinegare) nella prima creazionee nella ricreazione che ha ricevuto l'uomo nelSangue, ricreandolo a grazia, si come detto t'ho.Questa è cosa si chiara e manifesta che nonpossono dire di no. Poi mancano e vengonomeno a l'ombra loro, perché questo lume naturalenon è stato exercitato in virtú. El macto uomonon vede che di tempo in tempo Io ho provedutogeneralmente al mondo, e in particulare aogniuno secondo el suo [309] stato. E perchéveruno è che in questa vita stia fermo, ma sempresi muta di tempo in tempo insino che egli ègionto a lo stato suo fermo, sempre il provego diquel che gli bisogna nel tempo che egli è.

CAPITOLO CXXXVII. COME DIO PROVIDE NEL TESTAMENTO VECCHIO CON LA LEGGE E CO' PROFETI ; E POI CON MANDARE EL VERBO ; POI CON GLI APOSTOLI, CO' MARTIRI E CON GLI ALTRI SANCTI UOMINI. COME NULLA ADIVIENE A LE CREATURE, CHE TUCTO NON SIA PROVIDENZIA DI DIO.

– Generalmente Io providi con la legge, cheIo diei a Moisé nel Testamento vecchio, e conmolti altri sancti profeti. Anco ti fo sapere che,innanzi l'avenimento del Verbo mio Figliuolo,poco stecte il popolo giudaico senza profeta, perconfortare il popolo con le profezie, dando lo'

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speranza che la mia Verità, profeta de' profeti, litraesse della servitú e facesseli liberi e diserrasselo' el cielo col sangue suo, che tanto tempo erastato serrato. Ma, poi che venne il dolce eamoroso Verbo, neuno profeta si levò tra loro :per certificarli che quello, che egli aspettavano,l'avevano avuto, unde non bisognava che piúprofeti l'annunziassero : benché essi nolcognobbero né cognoscono per la ciechità loro.Doppo costoro, providi venendo el Verbo, sicome decto è, il quale fu vostro tramezzatore trame, Dio etterno, e voi. Doppo lui, gli appostoli,martiri, doctori e confessori, si come in un altroluogo Io ti dixi. Ogni cosa ha facto la miaprovidenzia, e cosi ti dico che infino a l'ultimoprovederà. Questa è generale, data a ogni creaturache ha in sé ragione, che di questa providenziavorrà ricevere el frutto. In particulare lo' do ognicosa per mia providenzia : e vita e morte (perqualunque modo lo la dia), fame, sete,perdimento di stato nel mondo, nudità, freddo,caldo, ingiurie, scherni e villanie. Tucte questecose permetto che lo' siano facte o decte dagliuomini. Non che lo faccia la malizia della malavolontà di colui che fa el male e la ingiuria, ma eltempo e l'essere che egli ha avuto da [310] me. Elquale essere gli dici non perché offendesse me néil prossimo suo, ma perché servisse me e lui condileczione di caritá. Unde Io permecto quello actoo per provare la virtú della pazienzia in quella

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anima di colui che riceve, o per farloricognoscere.

Alcuna volta permectarò che al giusto tuctoel mondo gli sarà contrario, e ne l'ultimo faràmorte la quale darà grande admirazione agliuomini del mondo. Parrà a loro una cosa ingiustadi vedere perire uno giusto quando in acqua,quando in fuoco, quando strangolato da l'animalee quando per cadimento di casa sopra di lui, nelquale perderà la vita corporale. Oh, quantopaiono fuore di modo queste cose a quello occhioche non v'è dentro el lume della sanctissima fede !Ma none al fedele : però che’l fedele ha trovato egustato, per affecto d'amore, nelle cose grandisopradecte la mia providenzia ; e cosí vede e tieneche con providenzia Io fo ciò ch' Io fo, solo perprocurare a la salute dell'uomo. E però ha ognicosa in reverenzia : non si scandalizza in sé, né nel'operazioni mie, né nel proximo suo ; ma ognicosa trapassa con vera pazienzia. La providenziamia non è tolta a veruna creatura, perché tucte lecose sonno condite con essa. Alcuna volta parrà al'uomo, o grandine o tempesta o saetta che Iomandi sopra el corpo della creatura, che ella siacrudeltá, quasi giudicando che Io non abbiproveduto a la salute di colui. E Io l'ho facto percamparlo della morte etternale ; ed egli tiene ilcontrario. E cosí gli uomini del mondo in ognicosa vogliono contaminare le mie operazioni eintenderle secondo el loro basso intendimento.

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CAPITOLO CXXXVIII. COME CIÒ CHE DIO CI

PERMECTE È SOLAMENTE PER NOSTRO BENE E PER NOSTRA SALUTE. E COME SONO CIECHI E INGANNATI QUELLI CHE GIUDICANO EL CONTRARIO.

– E voglio che tu vegga, dilectissima figliuola,con quanta pazienzia a me conviene portare lemie creature, le quali Io ho create, come decto è,a la imagine e similitudine mia con tanta [311]dolcezza d'amore. Apre l'occhio de l'intelletto eraguarda in me ; e ponendoti Io uno casoparticulare avenuto, del quale se ben ti ricorda, tumi pregasti ch' Io provedesse, e io providi, sicome tu sai, che senza pericolo di morte riebbe lostato suo. E come egli è questo particulare, cosí ègeneralmente in ogni cosa. –

Alora quella anima, aprendo l'occhio del’intellecto col lume della sanctissima fede nelladivina sua maestà con anxietato desiderio (perchéper le parole decte piú conosceva della sua veritánella dolce providenzia sua) per obbedire alcomandamento suo, specolandosi ne l'abisso dellasua carità, vedeva come egli era somma e etternaBontà, e come per solo amore ci aveva creati ericomprati del sangue del suo Figliuolo, e che conquesto amore medesimo dava ciò che egli dava epermecteva : tribulazioni e consolazioni ; ognicosa era dato per amore e per provedere a lasalute de l'uomo, e non per verun altro fine.

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El Sangue sparto con tanto fuoco d'amorevedeva che manifestava che questa era la veritá.Alora diceva el sommo ed etterno Padre : –Questi sono come aciecati per lo proprio amoreche hanno di loro medesimi, scandalizzandosicon molta impazienzia. Io ti parlo ora inparticulare e in generale, ripigliando quel ch' Iodicevo. Essi giudicano in male, in loro danno, inruina e in odio quello che Io fo per amore e perloro bene, per privarli dalle pene etternali, perguadagno e per dar lo' vita etterna. E perchédunque si lagnano di me ? perché none speranoin me, ma in loro medesimi ; e giá t'ho decto cheper questo vengono a tenebre, si che noncognoscono. Unde odiano quel che debbonoavere in reverenzia, e, come superbi, voglionogiudicare gli occulti miei giudizi, e' quali sonnotucti dricti. Ma essi fanno come il cieco, che coltacto della mano, o alcuna volta col sapore delgusto, e quando col suono della voce, vorràgiudicare in bene e in male, secondo el suo basso,infermo e picciolo sapere. E non si vorrannoactenere a me, che so' vero lume e so' Colui chegli nutrico spiritualmente e corporalmente, esenza me veruna cosa possono avere. E se alcunavolta sonno serviti da la creatura, Io so' Colui chel'ho data la volontà, l’aptitudine, el sapere, elpotere a poterlo fare. Ma, come matto, [312] egliandare vuole col sentimento della malto, che èingannata nel suo toccare perché non ha lume per

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discernere il colore : e cosí el gusto s'inganna,perché non vede l'animale immondo che si ponealcuna volta in sul cibo ; l'orecchia è ingannata neldiletto del suono, perché non vede colui checanta ; se non si guardasse da lui, per lo dilettoegli li può dare la morte.

Cosí fanno costoro e' quagli, come aciecati,perduto el lume della ragione, toccano con lamano del sentimento sensitivo. E' diletti delmondo lo' paiono buoni ; ma, perché essi nonveggono, non si guardano che egli è uno pannomeschiato di molte spine, con molta miseria egrandi affanni, in tanto che il cuore, che lepossiede fuore di me, è incomportabile a semedesimo. Cosí la bocca del desiderio, chedisordinatamente l'ama, gli paiono dolci e soavi aprendere, ed egli v'è su l'animale immondo dimolti peccati mortali, e' quali fanno immondal'anima e dilonganla dalla similitudine mia etolgonla della vita della grazia. Unde, se egli nonva col lume della sanctissima fede a purificarla nelSangue, n'ha morte etternale. L'udire è l'amoreproprio di sé, che gli pare che facci uno dolcesuono. Perché gli pare ? perché l'anima corredietro a l'amore della propria. sensualità ; ma,perché non vede, è ingannato dal suono, e,perché gli andò dietro con disordinato diletto,truovasi condotto nella fossa, legato col legamedella colpa, menato nelle mani de' nemici suoi,però che, come aciecato dal proprio amore e

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confidanza che hanno posta a loro medesimi e alloro proprio sapere, non s'attengono a me, che so'guida e via loro.

Fatta v'è questa via dal Verbo mio Figliuolo,el quale dixe che era « via, veritá e vita », ed èlume. Unde chi va per lui non può essereingannato né andare in tenebre ; e neuno puòvenire a me se non per lui, perché egli è una cosacon meco ; e giá ti dixi che Io ve n'avevo factoponte, acciò che tutti poteste venire al terminevostro. E nondimeno, con tutto questo, non sifidano di me, che non voglio altro che la lorosanctificazione. Per questo fine, e con grandeamore lo' do e permetto ogni cosa, ed essi sempresi scandalizzano in me ; e Io con pazienzia gliporto e gli sostengo, perché Io gli amai senzaessere [313] amato da loro. Ed essi sempre miperseguitano con molta impazienzia, odio emormorazioni e con molta infedelità, volendosiponere ad investigare, secondo el loro ciecovedere, gli occulti miei giudici, e' quali sonno fattitucti giustamente e per amore. E non cognosconoancora loro medesimi, e però vegono falsamente,però che chi non cognosce se medesimo non puòcognoscere me né le giustizie mie in veritá.

CAPITOLO CXXXIX. COME DIO PROVIDDE IN ALCUNO CASO PARTICULARE A LA SALUTE DI QUELLA ANIMA AD CUI ADIVENNE EL CASO.

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– Vuogli ti mostri, figliuola, quanto el mondoè ingannato de' misteri miei ? Or apre l'occhio del' intelletto, e raguarda in me ; e, mirando, vedrainel caso particulare del quale lo ti dixi che tinarrarei. E come egli è questo, cosí generalmenteti potrei contare degli altri. –

Alora quella anima, per obbedire al sommoetterno Padre, raguardava in lui con ansietatodesiderio. Alora Dio etterno dimostrava ladannazione di colui per cui era adivenuto el caso,dicendo : – Io voglio che tu sappia che, percamparlo di questa etternrna dannazione nellaquale tu vedi che egli era, lo permissi questo caso,acciò che col sangue suo nel Sangue della miaVerità unigenito mio Figliuolo avesse vita. Peròche non avevo dimenticato la reverenzia e amoreche egli aveva a la dolcissima madre, Maria,dell'unigenito mio Figliuolo. A la quale è datoquesto, per reverenzia del Verbo, da la miabontá : cioè che qualunque sarà colui, o giusto opeccatore, che l'abbi in debita reverenzia, nonsarà tolto né devorato dal demonio infernale. Ellaè come una esca posta da la mia bontá a pigliarele creature che hanno in loro ragione. Si che permisericordia ho facto quello, cioè permessolo,none (acta la mala volontà degl' iniqui, che gliuomini tengono crudeltá. E tutto questol'adiviene per l'amore proprio di loro medesimi,che l'ha tolto [314] el lume, e però noncognoscono la veritá mia. Ma, se essi si volessero

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levare la nuvila, la cognoscerebbero eamarebbero, e cosí avarebbero ogni cosa inreverenzia, e nel tempo della ricolta riceverebberoel frutto delle loro fadighe. Ma non dubbitare,figliuola mia, ché di quello che tu mi preghi Ioadempirò e' desidèri tuoi e de' servi miei. Io so' loDio vostro remuneratore d'ogni fadiga eadempitore de' sancti desidèri, purché Io trovassechi in veritá bussasse a la porta de la miamisericordia con lume, acciò che non errassero némancassero in speranza della mia providenzia.

CAPITOLO CXL. QUI, NARRANDO DIO LA PROVIDENZIA SUA VERSO DE LE SUE CREATURE IN DIVERSI ALTRI MODI, SI LAGNA DE LA INFEDELITÀ D'ESSE SUE CREATURE. ED EXPONENDO UNA FIGURA DEL VECCHIO TESTAMENTO, DÁ UNA UTILE DOCTRINA.

– Hotti narrato di questo caso particulare :ora ti ritorno al generale. Tu non potresti maivedere quanta è la ignoranzia dell'uomo. Egli èsenza veruno senno o cognoscimento,avendoselo tolto per sperare in sé e confidarsi nelsuo proprio sapere. O stolto uomo, e non vedi tuche il sapere tuo tu non l'hai da te, ma la miabontá, che provide al tuo bisogno, te l'ha dato ?Chi tel mostra ? Quel che tu in te medesimopruovi : che tale ora vuoli tu fare una cosa, che tunon la puoi fare né saprai fare. Alcuna volta nonavarai el tempo, e, se avarai el tempo, ti mancarti

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el volere. Tucto questo t’è dato da me perprovedere a la salute tua, perché tu cognosca tenon essere e abbi materia d'umiliarti e nond'insuperbire. Unde in ogni cosa truovimutazione e privazione, però che non stanno intua libertà : solo la grazia mia è quella che è fermae stabile, che non ti può essere tolta né mutata,(cioè di farti partire da essa grazia e tornare a lacolpa), se tu medesimo non te la muti.

Dunque, come puoi levare il capo contra lamia bontá ? Non puoi, se tu vuoli seguitare laragione, né puoi sperare in te [315] né confidartidel tuo sapere. Ma, perché se' facto animale senzaragione, non vedi che ogni cosa si muta, exceptola grazia mia. E perché non ti confidi di me, cheso' el tuo Creatore ? perché ti confidi in te. E nonso' Io fedele e leale a te ? Certo si : e questo non t'è nascosto, però che continuamente l'hai perpruova.

O dolcissima e carissima figliuola, l'uomonon fu leale né fedele a me, trapassandol'obbedienzia che Io gli avevo imposta, per laquale cadde nella morte. E Io fui fedele a lui,attenendoli quello per che lo l'avevo creato,volendogli dare il sommo ed etterno Bene. E, percompire questa mia veritá, unii la Deitá mia,somma altezza, con la bassezza della sua umanità,essendo ricomprato e restituito a grazia colmezzo del sangue de l'unigenito mio Figliuolo. Siche egli l'ha provato. Ma e' pare che essi non

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credano che Io sia potente a poterli sovenire,forte a poterli aitare e difendere da' nemici loro, esapiente per illuminarli l'occhio de l'intelletto loro,né che Io abbi clemenzia a voler lo' dare quelloche è di necessità a la salute loro, né sia ricco perpoterli aricchire, né sia bello per poter lo' darebellezza, né abbi cibo per dar lo' mangiare, névestimento per rivestirli. L'operazioni loro mimanifestano che essi nol credono : però che, se ilcredessero in veritá, sarebbe con opera di sancte ebuone operazioni.

E nondimeno essi pruovano continuamenteche Io so' forte, perché li conservo ne l'essere edifendoli da' nemici loro. E veggono che neunopuò ricalcitrare contra la potenzia e fortezza mia ;ma essi nol veggono, ché nol vogliono vedere.Con la mia sapienza Io ho ordinato e governotucto quanto el mondo con tanto ordine, cheveruna cosa vi manca e veruno ci può apponere.Ne l'anima e nel corpo, in tucto ho proveduto ;non costretto a farlo da la volontà vostra, peròche voi non eravate, ma solo da la mia clemenzia,costrecto da me medesimo, facendo el cielo e laterra e il mare e il fermamento ; cioè il cielo,perché si movesse sopra di voi ; l'acre, perchérespiraste ; el fuoco e l'acqua, per temperarecontrario con contrario ; el sole, perché nonsteste in tenebre ; tucti facti e ordinati, perchésovenganO a la necessità dell'uomo. El cieloadornato degli [316] ucelli ; la terra germina e'

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fructi, con molti animali, per la vita dell'uomo ; cimare, adornato di pesci. Ogni cosa ho facto congrandissimo ordine e providenzia.

Poi che Io ebbi facta ogni cosa buona eperfecta, Io creai la creatura razionale a la imaginee similitudine mia, e missila in questo giardino. Elquale giardino, per lo peccato di Adam, germinoespine, dove in prima ci erano fiori odoriferi diinnocenzia e di grandissima soavità. Ogni cosa eraobbediente a l'uomo ; ma, per la colpa edisobbedienzia commessa, trovò ribellione in sé ein tucte le creature. Insalvatichi ci mondo el'uomo, ci quale uomo è un altro mondo. Ma ioprovidi che, mandando nel mondo la mia Verità,Verbo incarnato, gli tolse il salvaticume, trassenele spine del peccato originale e fecilo uno giardinoinaffiato del sangue di Cristo crocifixo,piantandovi le piante de' septe doni dello Spiritosancto e traendone il peccato mortale. E questofu doppo la morte de l'unigenito mio Figliuolo,ché inanzi no.

Si come fu figurato nel vecchio Testamento,quando fu pregato Eliseo che risuscitasse quelgiovano che era morto. Eliseo non andò, mamandò Giezzi col bastone suo, dicendo che egli ciponesse sopra’l dosso del garzone. AndandoGiezzi e facendo quello che Eliseo gli disse, nonci risuscitò però. Vedendo Eliseo che egli non erarisuscitato, andò egli con la propria persona econformarsi tucto col garzone con tucte le

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membra sue, e spirò aciando septe volte nellabocca sua. E il garzone respirò septe volte, insegno che egli era resuscitato. Questo fu figuratoper Moisé, che lo mandai col bastone della leggesopra ci morto de l'umana generazione, ci qualeper questa legge non aveva vita. Mandai ci Verbode l'unigenito mio Figliuolo (ci quale fu figuratoper Eliseo), che si conformò con questo figliuolomorto, per l'unione della natura divina unita conla natura vostra umana. Con tucte le membra siuni questa natura divina, cioè con la potenzia mia,con la sapienzia del mio Figliuolo e con laclemenzia dello Spirito sancto, tucto me, Dio,abisso di Trinitá, conformato e unito con lanatura vostra umana. [317]

Doppo questa unione fece l'altra il dolce eamoroso Verbo, correndo come inamorato al’obrobriosa morte della croce. In, si distese. Edoppo questa unione donò e' septe doni delloSpirito sancto a questo figliuolo morto, aciandonella bocca del desiderio de l'anima, tollendole lamorte nel sancto baptesmo. Egli spira in segnoche egli ha vita, gittando fuore di sé e' septepeccati mortali. Si che egli è facto giardinoadornato di dolci e soavi fructi. È vero chel'ortolano di questo giardino, cioè il liberoarbitrio, ci può insalvatichire e dimesticaresecondo che li piace. Se egli ci semina il veleno del'amore proprio di sé, unde nascono e' septeprincipali peccati e tucti gli altri che procedono da

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questi, esso facto ne caccia e' septe doni delloSpirito sancto e privasi d'ogni virtú. Ine non èfortezza, ché egli è indebilito ; non v'ètemperanzia né prudenzia, ché egli ha perduto cilume col quale usava la ragione ; non v'è fede nésperanza né giustizia, però che egli è factoingiusto, spera in sé e crede con fede morta a semedesimo, fidasi delle creature e non di me suoCreatore ; non v'è caritá né pietà veruna, perchése l'ha tolta con l'amore della propria fragilità : èfacto crudele a sé, unde non può essere pietoso alproximo suo. Privato è d'ogni bene e caduto insommo male. E unde riavarà la vita ? da questomedesimo Eliseo, Verbo incarnato, unigenito mioFigliuolo. In che modo ? che questo ortolanodivella queste spine della colpa con odio (ché, senon si odiasse, non ne le trarrebbe mai), e conamore corra a conformarsi con la doctrina dellamia Verità, innaffiandola col Sangue. El qualeSangue gli è gictato sopra ci capo suo dalministro, andando a la confessione concontrizione di cuore e dispiacimento della colpa, econ satisfaczione e con proponimento dl noneoffendere piú.

Per questo modo può dimesticare questogiardino de l'anima mentre che vive : ché, passataquesta vita, non ha piú rimedio veruno, si comein piú altri luoghi Io t'ho narrato. [318]

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CAPITOLO CXLI. COME DIO PROVEDE VERSO

DI NOI, CHE NOI SIAMO TRIBOLATI PER LA NOSTRA SALUTE. E DE LA MISERIA DI QUELLI CHE SI CONFIDANO IN SÉ E NON NE LA PROVIDENZIA SUA. E DE LA EXCELLENZIA DI QUELLI CHE SI CONFIDANO IN ESSA PROVIDENZIA.

– Vedi dunque che con la mia providenzia loraconciai el secondo mondo de l'uomo. Al primonon fu tolto, che non germinasse spine di moltetribolazioni e che in ogni cosa l'uomo nontrovasse ribellione. Questo non è facto senzaprovidenzia né senza vostro bene, ma con moltaprovidenzia e vostra utilitá, per tòllere la speranzadel mondo all'uomo e farlo córrire e dirizzare ame che so' suo fine, si che almeno, perimportunità di molestie, egli ne levi el cuore el'affecto suo. E tanto ignorante è l'uomo a noncognoscere la veritá, ed è tanto fragile a dilatarsinel mondo, che, con tucte queste fadighe e spineche egli ci truova, non pare che egli se ne voglialevare, né curi di tornare a la patria sua. Or sappidunque, figliuola, quel che farebbe se nel mondotrovasse perfecto dilecto e riposo senza verunapena.

E però con providenzia lo' permecto e doche ‘l mondo lo' germini le molte tribulazioni : eper provare in loro la virtú, e della pena, forza eviolenzia che fanno a loro medesimi abbi di cheremunerarli. Si che in ogni cosa ha ordinato e

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proveduto con grande sapienzia la providenziamia. Ho lo' dato, si come decto è, perché lo so'ricco e potevolo e posso dare, e la ricchezza mia èinfinita ; anco ogni cosa è facta da me, e senza meveruna cosa può essere. Unde, se esso vuolebellezza, lo so' bellezza ; se vuole bontá, Io so'bontá, perché so' sommamente buono ; Io so'sapienzia ; Io benigno, Io giusto e misericordiosoDio ; Io largo e none avaro ; Io so' Colui che do achi m'adimanda, apro a chi bussa in veritá erispondo a chi mi chiama. Non so' ingrato, magrato e conoscente a remunerare chi per mes'afadigarà, cioè per gloria e loda del nome [319]mio. Io so' giocondo, che tengo l'anima, che siveste della mia volontà, in sommo dilecto. Io so'quella somma providenzia, che non manco mai a'servi miei, che sperano in me, né ne l'anima nénel. corpo.

E come può credere l'uomo, che mi vedepascere e nutricare il vermine intro el legno secco,pascere gli animali bruti e i pesci del mare, tuctigli animali della terra e gli ucelli de l'aria ; sopra lepiante mando el sole e la rugiada che ingrassi laterra : e non crederà che Io nutrichi lui, el quale èmia creatura, creata a l' imagine e similitudinemia ? Conciossiacosaché tucto questo è facto dala mia bontá in servizio suo. Da qualunque latoegli si vòlle, e spiritualmente e temporalmente,non truova altro che ‘l fuoco e l'abisso della miacaritá con maxima, dolce e perfecta providenzia.

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Ma egli non vede, perché s'ha tolto el lume e nonsi dá a vederlo, e però si scandelizza. Ristrigne lacaritá verso el proximo suo, e con avarizia pensael di di domane : el quale li fu vetato da la miaVerità, dicendo : « Non voliate pensare del di didomane ; basti al di la sollicitudine sua »,riprendendovi della vostra infedelità emostrandovi la mia providenzia e la brevità deltempo, dicendo : « Non voliate pensare il di didomane ». Quasi dica la mia Verità : – Nonpensate di quello che non sète sicuri d'avere ;basta il presente di. – E insegnavi a dimandareprima el regno del cielo (cioè la buona e sanctavita), ché di queste cose minime ben so Io, Padrevostro di cielo, che elle vi bisognano, e però l'hofacte e comandato a la terra che vi doni de' fructisuoi.

Questo miserabile, perché la sconfidenzia suaha ristrecto el cuore e le mani nella caritá delprossimo, non ha lecta questa doctrina che gli hadata el Verbo mia Verità. Perché non séguita levestigie sue, esso diventa incomportabile a semedesimo ; èscene, di questo fidarsi in sé e nonesperare in me, ogni male : essi si fanno giudicidella volontà degli uomini, non veggono che Iogli ho a giudicare : Io e non eglino. La volontàmia non intendono né giudicano in bene, se nonquando si veggono alcuna prosperità, dilecto opiacer del mondo. E, venendo lo' meno questo,perché l’affecto loro con esperanza era tutto

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posto [320] ine, non lo' pare sentire né ricevere néprovidenzia mia né bontá veruna : par lo' essereprivati d'ogni bene., E, perché sonno aciecati dallapropria passione, non vi cognoscono la ricchezzache v'è dentro, né il frutto della vera pazienzia :anco ne tragono morte, e gustano in questa vital'arra de l'inferno. E Io, con tutto questo, nonlasso per la mia bontá che lo non lo' provegga.Cosí, comando a la terra che dia de' frutti alpeccatore come al giusto, e cosí mando el sole ela piova sopra el campo suo come sopra quellodel giusto, e piú n'avarà spesse volte il peccatoreche ‘l giusto.

Questo fa la mia bontá per dare piú a pienodelle ricchezze spirituali ne l'anima del giusto cheper mio amore s'è spogliato delle temporali,renunziando al mondo, con tutte le sue delizie, ea la propria volontà. Questi sonno quegli cheingrassano l'anima loro, dilatandosi ne l'abissodella mia carità : pèrdono in tutto la cura di loromedesimi, che non tanto delle mondanericchezze, ma di loro non possono avere cura.Alora, Io so' facto el loro governatorespiritualmente e temporalmente : uso unaprovidenzia particulare, oltre a la generale ; ché laclemenzia mia, Spirito sancto, se lo' fa servo chegli serve. Questo sai, se ben ti ricorda d'avere lettonella vita de' sancoi padri, che, essendo infermatoquello solitario, sanctissimo uomo che tutto avevalassato sé per gloria e loda del nome mio, la

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clemenzia mia providde e mandò ulto angeloperché ‘l governasse e provedesse a la suanecessità. El corpo era sovenuto nel suo bisogno,e l'anima stava in admirabile allegrezza e dolcezzaper la conversazione de l'angelo.

Lo Spirito sancto gli è madre che 'l nutrica alpetto della divina mia caritá. Egli l'ha facto libero,si come signore, tollendoli la servitudine del'amore proprio ; ché dove è il fuoco della miacaritá non vi può essere l'acqua di questo amore,che spegne questo dolce fuoco ne l'anima. Questoservidore dello Spirito sancto, che io l'ho dato permia providenzia, la veste, nutrica e inebbria didolcezza e dalle somma ricchezza. Perché tuttolassoe, tutto truova ; perché si spogliò tutto di sé,si truova vestito di me ; fecesi in tutto servo perumilità, e però è fatto [321] signoresignoreggiando el mondo e la propria sensualità.Perché tutto s'aciecò nel suo vedere, sta inperfectissimo lume : disperandosi di sé, ècoronato di fede viva e di perfetta e compítasperanza ; gusta vita etterna, privato d'ogni pena eamaritudine afiiiggitiva. Ogni cosa giudica inbene, perché in tutte giudica la volontà mia, qualevide col lume della fede che Io non volevo altroche la sua sanctificazione, e però è facto paziente.

Oh, quanto è beata questa anima, la quale,essendo anco nel corpo mortale, gusta il beneimmortale ! Ogni cosa ha in reverenzia ; tanto glipesa la mano manca quanto la ritta, tanto la

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tribolazione quantó la consolazione ; tanto lafame e la sete quanto el mangiare e il bere, tantoel freddo, el caldo e la nudità quanto elvestimento, tanto la vita quanto la morte, tantol'onore quanto el vitoperio e tanto l'afliczionequanto la recreazione. In ogni cosa sta solido,fermo e stabile, perché è fondato sopra la vivapietra. Ha cognosciuto e veduto, col lume dellafede e con ferma speranza, che ogni cosa do conuno medesimo amore e per uno medesimorispetto, cioè per la salute vostra, e che in ognicosa Io proveggo. Però che nella grande fadiga lodo la grande fortezza, e non pongo maggiorepeso che si possa portare, pure che si disponga avolere portare per lo mio amore. Nel Sangue v'èfacto manifesto che Io non voglio la morte delpeccatore, ma voglio che si converta e viva ; e persua vita gli do ciò ch' Io gli do.

Questo ha veduto l'anima spogliata di sé, eperò gode in ciò che ella vede o sente in sé o inaltrui. Non dubbita che le vengano meno le coseminime, perché col lume della fede è certificatanelle cose grandi, delle quali nel principio diquesto trattato Io ti narrai. Oh ! quanto è gloriosoquesto lume della sanctissima fede, col quale videe cognobbe, e cognosce la mia veritá ; el qualelume ha dal servidore dello Spirito sancto, elquale è uno lume sopranaturale, che l'animaacquista per la mia bontá, exer`citando el lumenaturale che Io l'ho dato. [322]

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CAPITOLO CXLII. COME DIO PROVIDDE VERSO DE L'ANIME DANDO I SACRAMENTI, E COME PROVEDE A' SERVI SUOI AFFAMATI DEL SACRAMENTO DEL CORPO DI CRISTO ; NARRANDO COME PROVIDDE PIÚ VOLTE, PER MIRABILE MODO, VERSO D'UNA ANIMA AFFAMATA D'ESSO SACRAMENTO.

– Sai tu, carissima figliuola, come Io provegoquesti miei servi che sperano in me ? In duemodi : cioè che tutta la providenzia, che Io uso ale mie creature che hanno in loro ragione, è sopral'anima e sopra ‘l corpo. E ciò, chi Io adopero diprovidenzia nel corpo, è facto in servizio del'anima, per farla crescere nel lume della fede,farla sperare in me e perdere la speranza di sé, eperché vega e cognosca che Io so' Colui che so',che posso, voglio e so sovenire al suo bisogno esalute. Tu vedi che ne l'anima, per la vita sua, Iol'ho dati e' sacramenti della. sancta Chiesa, perchésonno suo cibo : none il pane, che è cibo grossocorporale, e però è dato al corpo ; ma, perché ellaè incorporea, vive della parola mia. Però disse lamia Verità nel sancto Evangelio che di solo panenon viveva l'uomo, ma d'ogni parola che procededa me, cioè di seguitare con spirituale intenzionela dottrina di questa mia Parola incarnata, la qualeparola in virtú del Sangue suo e' sacramenti vidànno vita.

Sí che i sacramenti spirituali sonno dati al'anima : poniamo che si pongano e si diano con

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lo strumento del corpo ; non darebbe a l'animavita di grazia solamente quello atto, se essa animanon si disponesse a riceverli con espirituale,sancto e vero desiderio. E però ti dixi che eglierano spirituali, che si dànno a l'anima perché ècosa incorporea : non obstante che sieno pórtiper lo mezzo del corpo, come detto è, al desideriode l'anima è dato che ‘l riceva. Alcuna volta, percrescerla in fame e sancto desiderio, gli le faròdesiderare e non potrà averli ; non potendoliavere, cresce la fame, e bella fame ilcognoscimento di.sé, reputandosene indegna perumilità. E Io alora la fo degna, provedendo spessevolte in diversi modi sopra questo sacramento. Etu sai che egli è.cosí, se ben ti ricorda d'averlo[323] udito e provato in te medesima. Perché laclemenzia mia dello Spirito sancto, che gli hapresi a servire (dato lo' da me per la mia bontá),spirarà la mente d'alcuno ministro che l'ha a darequesto cibo, che, costrecto dal fuoco della miacaritá d'esso Spirito sancto, el quale gli dá stimolodi coscienzia, unde per coscienzia si muove apascere la fame e compire il desiderio di quellaanima. Farò indugiare alcuna volta in sul’extremità e, quando in tutto ella n'avarà perdutala speranza, ed ella avara quel che desidera.

E non poteva Io cosí provedere nel principiocome ne l'ultimo ? Si bene : ma follo per crescerlanel lume della fede, acciò che mai non manchiche ella none speri nella mia bontá ; e per farla

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cauta e prudente, ché imprudentemente non voltiel capo a dietro, allentando la fame del sanctodesiderio : e però la indugio. Sí come ti ricorda diquella anima, che, giognendo nella sancta chiesacon grande fame della comunione, e giognendo elministro a l'altare, ella dimandò el Corpo di Cristotutto Dio e uomo : egli rispose che non voleadarlele. In lei crebbe il pianto e il desiderio : e inlui, quando venne ad offerire il calice, crebbe lostimolo della coscienzia, costrecto dal servidoredello Spirito sancto che provedeva a quella anima.E come provedeva e lavorava in quel cuoredentro, cosí el mostroe di fuore, dicendo a quelche ‘l serviva : – Dimanda se ella si vuolecomunicare, ché lo lei darò volontieri. – E se ellaaveva una sprizza di fede e d'amore, crebbe ingrandissima abondanzia il desiderio ; intantochépareva che la vita si volesse partire dal corpo. Eperò l'avevo lo permesso : per farla crescere efarle diseccare ogni amore proprio, infidelità esperanza che avesse in sé. Alora providi colmezzo della creatura. Un'altra volta provederà elservidore dello Spirito sancto solo, senza questomezzo, si come piú volte a molte persone èadivenuto e adiviene tutto di a' servi miei. Ma, tral'altre, due admirabili, si come tu sai, te ne narraròper farti dilatare in fede e a commendazione dellamia providenzia.

Ricordati e rammentati in te medesimad'avere udito di quella anima, che, stando nel

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tempio mio della sancta chiesa, el di della [324]conversione del glorioso appostolo Pavolo miodolce banditore, con tanto desiderio di giognere aquesto sacramento, pane di vita, cibo degli angelidato a voi uomini, che ella provò quasi a quantiministri vennero a celebrare ; e da tutti le fudenegato per mia dispensazione, perché volsi cheella cognoscesse che, mancandole gli uomini, nonle mancavo Io, suo Creatore. E però a l'ultimamessa lo tenni questo modo che Io ti dirò, e usaiuno dolce inganno per farla inebbriare dellaprovidenzia mia. Lo inganno fu questo : che,avendo ella detto di volersi comunicare, quel cheserviva noi volse dire al ministro. Vedendo ellache egli non rispondeva del no, aspettava congrande desiderio di potersi comunicare. Detta lamessa e trovandosi di no, crebbe in tanta fame ein tanto desiderio, con vera umilità reputandoseneindegna e riprendendo la sua presumpzione,parendole avere presumpto di giognere a tantomisterio. lo, che exalto gli umili, trassi a me ildesiderio e l'affetto di quella anima, dandolecognoscimento ne l'abisso della Trinitá di me,Dio etterno, illuminando l'occhio de l'intellettosuo nella potenzia di me, Padre etterno, nellasapienzia de l'unigenito mio Figliuolo e nellaclemenzia dello Spirito sancto, e' quali siamo unamedesima cosa. E in tanta perfeczione si uniquella anima, che ‘l corpo si sospendeva da laterra, perché, come nello stato unitivo de l'anima

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Io ti narrai, era piú perfetta l'unione che l'animaaveva fatta per affetto d'amore in me che nelcorpo suo. E in questo abisso grande, persatisfare al desiderio suo, ricevette da me la sanctacomunione. E in segno di ciò che Io in veritál'avevo satisfacto, per piú di senti per admirabilemodo nel gusto corporale il sapore e odore delSangue e del Corpo di Cristo erocifixo, miaVerità : Unde ella si rinnovellò nel lume della miaprovidenzia, avendola gustata cosí dolcemente.

Tucto questo fu visibile a lei, ma invisibileagli occhi delle creature. Ma el secondo fu visibileagli occhi del ministro a cui adivenne il caso : ché,essendo quella anima con grande desiderio d'udirela messa e della comunione, per passionecorporale non era potuta andare alla chiesa aquella ora che bisognava. Pur gionse, essendol'ora tardi, a la consecrazione, cioè che gionse[325] in su quella ora che ‘l ministro consecrava.Ed essendo egli da l'uno capo della chiesa, ella sipose da l'altro, però che l’obbedienzia non leconcedeva che ella stesse ine. Ella si pose congrandissimo pianto, dicendo : – O miserabileanima mia ! e non vedi tu quanto di grazia tu hairicevuto, che tu se' nel tempio sancto di Dio e haiveduto il ministro, che se' degna d'abitare nel'inferno per li tuoi peccati ? – El desiderio perònon si quietava, ma quanto piú si profondavanella valle de l'umilità, tanto piú era levata in su,dandole a cognoscere con fede e speranza la mia

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bontá, confidandosi che ‘l servitore dello Spiritosancto notricasse la fame sua. lo alora le dieiquello che ella in quello modo non sapevadesiderare. El modo fu questo : che, venendo elsacerdote per comunicarsi, nel dividere ne caddeuno pezzuolo, el quale per mia dispensazione evirtú (il moccolino de l'ostia, cioè quella particellache se n'era levata) si parti da l'altare e andò nel'altro capo della chiesa, dove ella era. E,credendosi ella che non fosse cosa visibile mainvisibile, sentendosi comunicata, pensossi congrande e affocato desiderio che, come piú voltel'era adivenuto, Io l'avesse satisfactoinvisibilmente. Ma egli non parbe cosí al ministro,che, non trovandola, sentiva intollerabile dolore.Se non che ‘l servdore della mia clemenzia glimanifestò nella mente sua chi l'aveva avuta,sempre però dubitando infino che dichiarato si fucon lei. E non potevo lo tollerle lo impedimentodel difetto corporale e farla andare ad ora, dacciòche ella avesse potuto ricevere il sacramento dalministro ? Si ; ma volevo farle provare che, colmezzo della creatura e senza il mezzo dellacreatura, in qualunque stato e in qualunque temposi sia, in qualunque modo sa desiderare e piú chenon sa desiderare, Io la posso, so e vogliosatisfare, come detto è, con meravigliosi modi.

Questo ti basti, carissima figliuola, avertinarrato della providenzia mia, la quale Io uso conl'anime affamate di questo dolce sacramento. E

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cosí in tutti gli altri, secondo che lo' bisogna, usoquesta dolce providenzia. Ora ti dirò alcunacosellina come Io l'uso dentro ne l'anima, la qualeuso senza il mezzo del corpo, cioè conestrumento di fuore. Benché parlandoti degli statide l'anima Io te ne dicesse, nondimeno anco te nedirò. [326]

CAPITOLO CXLIII. DE LA PROVIDENZIA DI DIO VERSO DI COLORO CHE SONO IN PECCATO MORTALE.

– L'anima o ella è in stato di peccato mortale,o ella è imperfecta in grazia, o ella è perfecta. Inogniuno uso, dilargo e do la mia providenzia ; main diversi modi, con grande sapienzia, secondoche lo veggo che gli bisogna. Agli uomini delmondo, che giacciono nella morte del peccatomortale, provego destandoli con lo stimolo dellacoscienzia, o con fadiga che sentiranno nel mezzodel cuore per nuovi e diversi modi. E sonno tantiquesti modi, che la lingua tua non sarebbesufficiente a narrarli. Unde spesse volte sipartono, per questa importunità delle pene estimolo di coscienzia che è dentro ne l'anima, dala colpa del peccato mortale. E alcuna volta(perché Io delle spine vostre sempre traggo larosa), concependo el cuore de l'uomo amore alpeccato mortale o alla creatura fuore della miavolontà, Io gli tollarò el luogo e il tempo che nonpotrà compire le volontà sue, intantoché con la

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stanchezza della pena del cuore, la quale egli haacquistata per suo difecto, non potendo compirele sue disordinate volontà, torna a se medesimocon compunzione di cuore e stimolo dicoscienzia, e con esse gicta a terra il farnetico suo.El quale drictamente si può chiamare« farnetico », ché, credendosi ponere l'affecto suoin alcuna cosa, quando viene a vedere, non eracavelle. Era bene ed è alcuna cosa la creatura cuiegli amava di miserabile amore ; ma quello, cheegli ne pigliava, era non cavelle, però che ‘lpeccato non è cavelle. Di questo non cavelle dellacolpa, che è una spina che pugne l'anima, Io netraggo questa rosa, come decto è, per provedere ala salute sua.

Chi mi costrigne a farlo ? Non egli, che nonmi cerca né adimanda l’aiutorio e providenzia miase none in colpa di peccato, in delizie, ricchezze estati del mondo : ma l'amore mi [327] costrigne,perché v'amai prima che voi fuste ; senza essereamato da voi, lo v'amai ineffabilemente. Questomi costrigne a farlo, e l’orazioni de' servi miei, e'quali (el servidore dello Spirito sancto, clemenziamia, ministrando lo' l'onore di me e la dileczionedel proximo loro) cercano con inextimabile caritála salute loro, studiandosi di placare l'ira mia e dilegare le mani della divina mia giustizia, la qualemerita lo iniquo uomo che Io usi contra di lui.Essi mi strengono con le lagrime, umili econtinue orazioni. Chi gli fa gridare ? La mia

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providenzia, che proveggo a la necessità di quelmorto, perché decto è ch' Io non voglio la mortedel peccatore, ma che egli si converta e viva.

Inamórati, figliuola, della mia providenzia. Setu apri l'occhio della mente tua e. del corpo, tuvedi che gli scellerati uomini che giacciono intanta miseria, e' quali so' facti puzza di morte,obscuri e tenebrosi per la privazione del lume,essi vanno cantando e ridendo, spendendo iltempo loro in vanità, in delizie e grandidisonestà : tucti lascivi, mangiatori e bevitori,fintantoché del ventre loro si fanno dio, con odio,con rancore, con superbia e con ogni miseria(delle quali miserie piú distintamente sai ch'Io tene narrai), e non cognoscono lo stato loro. Vannoper la via a giognere alla morte etternale, se non sicorreggono nella vita loro, e vanno cantando ! Enon sarebbe reputata grande stoltizia e pazzia sequelli, che è condannato a la morte e va a lagiustizia, andasse cantando e ballando, mostrandosegni d'allegrezza ? Certo si. In questa stoltiziastanno questi miseri, e tanto piú senzacomparazione veruna, quanto essi ricevono,quegli pena finita, e costoro pena infinita,morendo in stato di danpnazione. E vannocantando ! Ciechi sopra ciechi ! stolti e mactisopra ogni stoltizia !

E i servi miei stanno in pianto, in affíiczionedi corpo e in contrizione di cuore, in vigilia econtinua orazione, con sospiri e lamenti,

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macerando la carne loro per procurare a la lorosalute ; ed essi si fanno beffe di loro ! Ma ellecaggiono sopra e' loro capi, tornando la penadella colpa in cui ella debba tornare, e i fructidelle fadighe portate per amore di me si dànno[328] in cui la bontá mia gli ha facti meritare, peròche io so' lo Idio vostro giusto, che a ogniunorendo secondo che averà meritato. Ma e' veriservi miei non allentano e' passi per le beffe,persecuzioni e ingratitudine loro ; anco cresconoin maggiore sollicitudine e desiderio. Questo chici fa, che con tanta fame bussino alla porta dellamia misericordia ? La providenzia mia, cheproveggo e procuro insiememente la salute diquesti miseri, e augmento la virtú e cresco ilfuoco della dileczione della caritá ne' servi miei.

Infiniti sonno questi modi di providenzia, ch'Io uso ne l'anima del peccatore per trarlo dellacolpa del peccato mortale. Ora ti parlaró di quelloche fa la mia providenzia in coloro che sonnolevati dalla colpa, e sonno ancora inperfecti ; nonricapitolando gli stati de l'anima, perché giáordinatamente te gli ho narrati, ma breve brevealcuna cosa ti dirò.

CAPITOLO CXLIV. DE LA PROVIDENZIA CHE DIO USA VERSO DI COLORO CHE SONO ANCORA NELL'AMORE INPERFECTO.

– Sai tu, carissima figliuola, che modo lotengo per levare l'anima inperfecta dalla sua

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inperfeczione ? Che alcuna volta Io la proveggocon molestie di molte e diverse cogitazioni, e conla mente sterile. Parrà che sia tutto abandonata dame, senza veruno sentimento : né nel mondo glipare essere, ché non v'è ; né in me gli pare essere,ché non ha sentimento veruno, fuore che senteche la volontà sua non vuole offendere.

Questa porta della volontà, che è libera, nondo Io licenzia a' nemici che l'aprano. Ma do benelicenzia alle dimonia e agli altri nemici de l'uomoche percuotano l'altre porte ; ma questa, che è laprincipale, no, ché conserva la città de l'anima. Èvero che ha la guardia del libero arbitrio, che sta aquesta porta : hogliele dato libero, che dica si eno, secondo che gli piace. Molte sonno le porteche ha questa città. Le principali sonno tre [329](ché l'una è quella che sempre si tiene, se ellavuole, ed è guardia de l'altre) : ciò sonno lamemoria, lo 'ntellecto e la volontà. Unde, se lavolontà consente, v'entra il nemico de l'amoreproprio e tutti gli altri nemici che seguitanodoppo lui. Subbito lo 'ntellecto riceve la tenebre,che è nemica della luce ; e la memoria riceve elodio per ricordamento della ingiuria (ci quale odioè nemico della dileczione della caritá del proximosuo) ; ritiene e' diletti e piaceri del mondo indiversi modi, come sonno diversi e' peccati e'quali sonno contrari alle virtú.

Subito che sonno aperte le porte, s'aprono lisportegli de' sentimenti del corpo, e' quali sonno

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tutti strumenti che rispondono a l'anima. Unde tuvedi che l'affetto disordenato de l'uomo, che hauperte le porte sue, risponde con questi organi ;unde tutti e' suoni sonno guasti e contaminati,cioè le sue operazioni. L'occhio non porge altroche morte, perché è posto a vedere cosa mortacon disordenato guardare colà dove non debba ;con vanità di cuore, con leggerezza, con modi eguardature disoneste è cagione di dare morte a sée ad altrui. Oh misero te ! quel ch' Io t'ho datoperché tu raguardi ci cielo e tutte l’altre cose e labellezza della creatura per me e perché tu raguardie' misteri miei ; e tu raguardi in loto e in miseria, ecosa n'acquisti la morte.

Cosí l'orecchia si diletta in cose disoneste, oin udire e' fatti del proximo suo per giudicio ;dove lo gli li dici perché udisse la parola mia e lanecessità del proximo suo. La lingua ho dataperché annunzi la parola mia e confessi e' difettisuoi, e perché l’aduopari in salute de l'anime ; edegli l'aduopera in bastemmiare me, che so' suoCreatore, e in ruina del proximo, nutricandosidelle carni sue, mormorando e giudicandol'operazioni buone in male e le gattive in bene ;bastemiando, dando falsa testimonanza ; conparole lascive pericola sé e altrui ; gitta paroled'ingiuria, che trapassano ne' cuori de' proximicome coltella, le quali parole li provocano ad ira.Oh, quanti sonno e' mali e omicidii, quanta

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disonestà, quanta ira, odio e perdimento di tempoche escono per questo menbro !

Se egli è l'odorato, né piú né meno offendene l'essere suo [330] con disordenato piacere nelsuo odorare. E, se egli è il gusto, con golositàinsaziabile, con disordenato appetito volendo lemolte e varie vivande, non mira se non d'empire ilventre suo, non raguardando la misera anima, cheaperse la porta, che per lo disordenato prenderede' cibi viene a riscaldamento la fragile carne sua,con disordenato desiderio di corrómpare semedesimo. Le mani, in tòllere le cose del proximosuo, e con laidi e miserabili toccamenti, le qualisonno fatte per servire il proximo quando il vedenella infermità, sovenendo con la elemosina nellanecessità sua. E' piei, gli sono dati perché servinoe portino il corpo in luogo sancto e utile a sé e alproximo suo per gloria e loda del nome mio ; edegli spende e porta el corpo in luoghi vitoperosiin molti e diversi modi, novellando espiacevoleggiando, corrompendo con le loromiserie l'altre creature in molti modi, secondo chepiace alla disordenata volontà.

Tutto questo t'ho detto, carissima figliuola,per darti materia di pianto di vedere gionta a tantamiseria la nobile città de l'anima, e perché tuvegga quanto male esce della principale portadella volontà. Alla quale Io non do licenzia che inimici de l'anima entrino, come detto è ; ma,come lo ti dicevo, do bene licenzia ne l'altre che i

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nimici le percuotano. Unde lo 'ntellecto sostengoche sia percosso da una tenebre di mente ; e lamemoria pare molte volte che sia privata delriscadamento di me. E alcuna volta tutti gli altrisentimenti del corpo parrà che siano in diversebactaglie. Nel guardare, le cose sancte etoccandole e udendole e odorandole e andandovi,ogni cosa parrà che gli dia mutazione, disonestà ecorrompimento. Ma tutto questo non è a morte,però che Io non voglio la morte sua (guarda cheegli non fusse si stolto che egli aprisse la portadella volontà) : Io permetto che eglino stiano difuore, ma non che entrino dentro. Dentro nonpossono intrare se non quando la propria volontàvuole.

E perché tengo Io in tanta pena e affîiczionequesta anima atorniata da tanti nemici ? Nonperché ella sia presa e perda la ricchezza dellagrazia ; ma follo per mostrarle la mia providenzia,acciò che ella si fidi di me e non in sé, levisi dalla[331] negligenzia e con sollicitudine rifugga a me,che so' suo difenditore, so' Padre benigno, cheprocuro la salute sua ; acciò che ella stia umile evegga sé non essere, ma l'essere e ogni grazia cheè posta sopra l'essere ricognosca da me, che so'sua vita. Come ella cognosce questa vita eprovidenzie mie in queste bactaglie ? Ricevendola grande liberazione, ché non la lasso perInanerecontinuamente in questo tempo ; ma vanno evengono, secondo ch' Io veggo che le bisognino.

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Talora gli parrà essere ne lo 'nferno, che, senzaveruno suo exercizio che allora faccia, ne saràprivata e gustarà vita etterna. L'anima rimaneserena : ciò che vede le pare che gridi Dio, tuttainfiammata d'amoroso fuoco per laconsiderazione che fa allora l'anima nella miaprovidenzia, perché si vede essere uscita di sigrande pelago non con suo exercizio, ché il lumevenne inproviso, non exercitandosi, ma solo perla mia inextimabile carità, che volsi provedere allasua necessità nel tempo del bisogno, che quasinon poteva più.

Perché ne l’exercizio, quando s'exercitava al'orazione e a l'altre cose che bisognano, non lerisposi col lume, tollendole la tenebre ? Perché,essendo ancora inperfecta, non reputasse in suoexercizio quello che non era suo. Si che vedi chelo inperfecto nelle bactaglie, exercitandosi, viene aperfeczione, perché in esse bactaglie pruova ladivina mia providenzia, unde egli s'è levato dal'amore inperfecto.

Anco uso uno sancto inganno, solo perlevarli dalla inperfeczione : ch' Io lo' faròconcipere amore ad alcuna creaturaspiritualmente e in particulare, oltre a l'amoregenerale. Unde con questo mezzo s'exercita allavirtù, leva la sua inperfeczione, fallo spogliare ilcuore d'ogni altra creatura che egli amassesensualmente, di padre, madre, suoro, frategli : netrae ogni propria passione, e amali per me, Dio.

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E, con questo amore ordinato del mezzo ch'Io gliho posto, caccia il disordinato, col quale in primaamava le creature. Adunque vedi che tolle questainperfeczione. Ma attende che un'altra cosa faquesto amore di questo mezzo : che egli faprovare se perfettamente egli ama me e il mezzoche lo gli ho dato, o no. E però gli li diei [332] Io,perché egli el provasse, acciò che avesse materiadi cognoscerlo ; ché, non cognoscendolo, né a semedesimo dispiacerebbe, né piacerebbe quelloche avesse in sé che fusse mio. Per questo modoel cognosce : e giá t'ho detto che ella è ancorainper. fetta. E non è dubbio che, essendoinperfecto l'amore che ha a me, è inperfectoquello che ha alla creatura che ha in sé ragione,però che la caritá perfetta del proximo dipendedalla perfetta caritá mia. Si che con quella misuraperfetta e inperfecta che ama me, con quella amala creatura. Come el cognosce per questo mezzo ?In molte cose. Anco, quasi, se voi aprite l'occhiode l’ intelletto, non passarà tempo che egli nolvegga e pruovi. Ma, perché in un altro luogo Iotel manifestai, poco te ne narrarò.

Quando della creatura cui egli ama disingulare amore, come detto è, egli si vedediminuire il diletto, la consolazione oconversazioni usate, dove trovava grandissimaconsolazione, o di molte altre cose, o che vedesseche ella avesse piú conversazioni con altrui checon lui, sente pena ; la quale pena el fa intrare a

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cognoscimento di sé. Se vuole andare con lume econ prudenzia, come debba, con piú perfettoamore amerà quel mezzo, perché, colcognoscimento di se medesimo e odio che ameràconceputo al proprio sentimento, si tolle lainperfeczione e viene ad perfeczione. Essendopoi perfetto, séguita piú perfetto e maggioreamore nella creatura generale, e nel particularemezzo posto dalla mia bontá, che ho proveduto afarla spronare con odio di sé e amore delle virtúin questa vita della perregrinazione, pure che ellanon sia ignorante a recarsi, nel tempo delle pene,a confusione e tedio di mente, a tristizia di cuoree senza exercizio. Questa sarebbe cosapericolosa : verrebbeli a ruina e a morte quelloche Io gli ho dato per vita. Non die fare cosí ; macon buona sollicitudine e con umilità reputandosiindegno di quel che desidera (cioè non avendo laconsolazione la quale egli voleva), e con lumevegga che la virtú, per la quale principalmente ladebba amare, non è diminuita in lui con fame edesiderio di volere portare ogni pena, daqualunque lato ella venga, per gloria e loda delnome mio. Per questo modo adempirà la volontàmia in sé, ricevendo il [333]frutto dellaperfeczione, per la quale Io ho permesso lebattaglie, el mezzo e ogni altra cosa perché ellavenga a lume di perfeczione.

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In questo modo negl'imperfetti uso laprovidenzia mia, e in tanti altri modi che linguanon sarebbe sufficiente a narrarli.

CAPITOLO CXLV. DE LA PROVIDENZIA CHE DIO USA VERSO DI COLORO CHE SONO NE LA CARITÁ PERFETTA.

– Ora ti dico de' perfetti, che Io gli proveggoper conservarli e provare la loro perfeczione e perfarli crescere continuamente. Però che neuno è inquesta vita, sia perfetto quanto vuole, che nonpossa crescere a magiore perfeczione. E peròtengo questo modo tra gli altri, si come disse lamia Verità quando dixe : « Io so' vite vera, elPadre mio è il lavoratore, e voi sète i tralci ». Chista in Lui, che è vite vera, perché procede da mePadre, seguitando la dottrina sua, fa frutto. E,àcciò che ‘l frutto vostro cresca e sia perfetto, lovi poto con le molte tribulazioni, infamie,ingiurie, scherni e villanie e rimproverio ; confame e sete, in detti e in fatti, secondo che piacealla mia bontá di concederle a ogniuno, secondoch'egli è atto a portare. Però che la tribulazione èuno segno dimostrativo, che dimostra la perfettacaritá de l'anima e la inperfeczione colà dove ellaè. Nelle ingiurie e fadighe, che lo permetto a' servimiei, si pruova la pazienzia, e cresce il fuoco dellacaritá in quella anima per compassione che ha al'anima di colui che gli fa ingiuria ; ché piú siduole de l'offesa che fa a me e dapno suo, che

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della sua ingiuria. Questo fanno quelli che sonnonella grande perfeczione ; si che crescono, e peròlo lo' permetto questo e ogni altra cosa. Io lo'lasso uno stimolo di fame della salute de l'anime,che di e notte bussano alla porta della miamisericordia, intanto che dimenticano loromedesimi, si come nello stato de' perfetti Io tinarrai. E quanto piú abandonano loro, piútruovano [334] me. E dove mi cercano ? Nellamia Verità, andando con perfeczione per la dolcedottrina sua. Hanno letto in questo dolce eglorioso libro, e, leggendo, hanno trovato che,volendo compire l’obbedienzia mia e mostrarequanto amava il mio onore e l'umanagenerazione, corse con pena e obrobrio allamensa della sanctissima croce, dove, con suapena, mangiò il cibo de l'umana generazione. Siche, col sostenere e col mezzo de l'uomo, mo.strò a me quanto amasse il mio onore.

Dico che questi diletti figliuoli, e' quali sonnogionti a per, fectissimo stato con perseveranzia,con vigilie, umili e continue orazioni, midimostrano che in veritá amino me e che essihanno bene studiato, seguitando questa sanctadoctrina della mia Verità, con loro pena e fadigache portano per la salute del proximo loro,perché altro mezzo non hanno trovato, in cuidimostrare l'amore che hanno a me, che questo.Anco ogni altro mezzo, che ci fusse a poteredimostrare che amano, si è posto sopra questo

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principale mezzo della creatura che ha in séragione, si come in un altro luogo io ti dixi cheogni bene si faceva col mezzo del proximo tuo eogni operazione. Perché neuno bene può esserefacto se non nella caritá mia e del proximo ; e, senon è facto in questa carità, non può essereveruno bene, poniamo che gli acri suoi fusserovirtuosi. E cosí el male anco si fa con questomezzo per la privazione della caritá. Si che vediche in questo mezzo, che Io v'ho posto,dimostrano la loro perfeczione e l'amore schiettoche hanno a me, procurando sempre la salute de'proximi col molto sostenere. Adunque Io glipurgo, perché facciano maggiore e piú soavefrutto, con le molte tribulazioni. Grande odoregicta a me la pazienzia loro.

Quanto è soave e dolce questo frutto e diquanta utilitá a l'anima che sostiene senza colpa !Ché, se ella el vedesse, non sarebbe veruna checon grande sollicitudine e allegrezza non cercassedi portare. Io, per dar lo' questo grande tesoro, gliproveggo di poner lo' il peso delle molte fadighe,acciò che la virtú della pazienzia non irrugginiscain loro ; si che, venendo poi el tempo che ellabisogna provare, non la trovassero [335] ruginosa,trovandovi, per non averla abituata, la rugginedella inpazienzia, la quale rode l'anima.

Alcuna volta uso uno piacevole inganno conloro per conservarli nella virtú de l’umilità : ch'iolo' farò adormentare il sentimento loro, che non

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parrà che nella volontà né nel sentimento essisentano veruna cosa adversa, se non comepersone adormentate, non dico morte. Però che 'Isentimento sensitivo dorme ne l'anima perfecta,ma non muore ; però che, subbito ch'egliallentasse l'exercizio e il fuoco del sanctodesiderio, si destarebbe piú forte che mai. E perònon sia veruno che se ne fidi, sia perfetto quantosi vuole : egli gli bisogna stare nel sancto timoredi me ; ché molti per lo fidarsi caggionomiserabilemente, ché altrementi non cadrebberoeglino. Si che dico che in loro pare che dormano isentimenti, e, sostenendo e portando i grandipesi, non pare che sentano. A mano a mano, inuna picciola cosellina che sarà non tavelle, cheessi medesimi se ne faranno beffe poi, sisentiranno per si facto modo in loro medesimi,che vi diventaranno stupefatti. Questo fa laprovidenzia mia perché l'anima cresca e vadanella valle de l’umilità : però che ella allora, comeprudente, si leva sé sopra di sé, nonperdonandosi ; ma coll'odio e rimproverio gastigail sentimento ; el quale gastigare è uno farloadormentare piú fortemente.

Alcuna volta proveggo ne' grandi servi' mieidi dar lo' uno stimolo, si com' Io feci al dolceappostolo Pavolo, vasello d'eleczione. Avendoricevuta la doctrina della mia Verità ne l'abisso dime, Padre etterno ; e nondimeno gli lassai lostimolo e inpugnazione della carne sua. E non

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potevo lo fare, e posso, a Pavolo e agli altri in cuiIo lasso lo stimolo in diversi modi, che essi nonl'avessero ? Si. Perché il fa la mia providenzia ?Per farli meritare, per conservarli nelcognoscimento di loro, unde traggono la veraumilità, e per farli pietosi e non crudeli verso de'proximi loro, che siano conpassionevoli a le lorofadighe. Però che molta piú conpassione hanno a'tribolati e passionati, sentendo eglino passione,che se non l'avessero. Crescono in maggioreamore, e corrono a me tutti unti di vera umilità earsi nella fornace della divina caritá. E con questimezzi e con [336] infiniti altri giongono adperfecta unione, si come lo ti dixi. In tanta unionee cognoscimento della mia bontá che, essendo nelcorpo mortale, gustano il bene degl' inmortagli ;stando nella carcere del corpo, ne lo' pare esseredi fuore ; e, perché molto hanno cognosciuto dime, molto m'amano. E chi molto ama, molto siduole ; unde a cui cresce amore, cresce dolore.

In su che dolore e pene rimangono ? Non iningiurie che lo' fussero fatte, né per penecorporali, né per molestie di dimonio, né perveruna altra cosa che lo' potesse avenire,propriamente a loro, che l'avesse a dare pena ; masolo si dolgono de l'offese fatte a me (vedendo ecognoscendo ch' Io so' degno d'essere amato eservito) e del danno de l'anime, vedendoli andareper la tenebre del mondo e stare in tanta ciechità.Perché ne l'unione, che l'anima ha (acta in me per

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affetto d'amore, raguardò e cognobbe in mequanto Io amo la mia creatura ineffabilemente. E,vedendola rappresentare la imagine mia, s'inamorò di lei per amore di me. Unde senteintollerabile dolore quando gli vede dilongaredalla mia bontá ; e so' si grandi queste pene, cheogni altra pena fanno diminuire e venire meno inlei, che niente l'apprezza se non come non fusseegli che ricevesse.

Io gli proveggo. Con che ? Con lamanifestazione di me medesimo a loro, facendolo' in me vedere, con grande amaritudine, leiniquità e miserie del mondo, la danpnazione del'anime in comune e in particulare, secondo chepiace alla mia bontá, per farli crèsciare in amore ein pena ; acciò che, stimolati dal fuoco deldesiderio, gridino a me, con speranza ferma e collume della sanctissima fede, a chiedere l’aiutoriomio che sovenga a tante loro necessita. Sí cheinsiememente proveggo con divina providenziaper sovenire al mondo, lassandomi costringere da'penosi, dolci e anxietati desidèri de' servi miei, e aloro nutricandoli e crescendoli, per questo, inmaggiore e piú perfetto cognoscimento e unionedi me.

Adunque vedi che Io proveggo questi perfettiper molte vie e diversi modi ; perché, mentre chevoi vivete, sempre sète atti a crèsciare lo statodella perfeczione e a meritare. E però Io gli purgod'ogni proprio e disordenato amore spirituale e

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[337] temporale ; e potogli con le moltetribulazioni, acciò che faccino maggiore e piúperfetto frutto, come detto è. E con la grandetribulazione che sostengono, vedendo offendereme e privare l'anima della grazia, si spegne ognisentimento di questa mi nore. Intantoché tutte lefadighe loro, che in questa vita possino sostenere,le reputano meno che non cavelle. E per questo,si cum' Io ti dixi, si curano tanto della tribulazionequanto della consolazione, perché non cercano leloro consolazioni, e non m'amano d'amoremercennaio per proprio diletto, ma cercano lagloria e loda del nome mio.

Adunque vedi, carissima figliuola, che in ognicreatura che ha in sé ragione Io distendo e uso laprovidenzia mia in molti e infiniti luoghi, conmodi admirabili non cognosciuti dagli uominitenebrosi, perché la tenebre non può conprenderela luce. Solo da quegli che hanno lume sonnocognosciuti perfettamente e inperfectamente,secondo la perfeczione del lume ch'egli hanno. Elquale lume s'acquista nel cognoscimento chel'anima ha di sé, unde si leva con perfectissimoodio della tenebre.

CAPITOLO CXLVI. REPETIZIONE BREVE DE LE PREDETTE COSE. POI PARLA SOPRA QUELLA PAROLA CHE DIXE CRISTO A SANCTO PIETRO, QUANDO DIXE : « METTE LA RETE DA LA PARTE DEXTRA DE LA NAVE ».

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– Hotti narrato e hai veduto, meno chel'odore d'una sprizza che è non cavelle acomparazione del mare ; come Io proveggo lemie creature, avendoti parlato in generale e inparticulare. E ora per questi stati, contandotiprima del Sagramento, come Io proveggo e perche modo a fare crèsciare la fame ne l'anima, ecome Io procuro dentro nel sentimento del'anime, ministrando lo' la grazia col mezzo delservidore dello Spirito sancto : allo iniquo perriducerlo in stato di grazia, allo inperfecto perfarlo giognere a perfeczione, al perfetto peraugmentare e crescere la perfeczione in lui,perché sète atti a crescere, e per farli buoni eperfetti mezzi tra l'uomo, che è [338] caduto inguerra, e me. Perché giá ti dissi, se ben ti ricorda,che col mezzo de' servi miei Io farei misericordiaal mondo e col molto sostenere riformarei lasposa mia.

Veramente questi cotali si possono chiamareun altro Cristo crocifixo unigenito mio Figliuolo,perché hanno preso a fare l’offizio suo. Eglivenne come tramezzatore, per levare la guerra ereconciliare in pace con meco l'uomo, col moltosostenere infino a l'obbrobriosa morte dellacroce. Cosí questi cotali vanno crociati, facendosimezzo con l'orazione, con la parola e con labuona e sancta vita, ponendola per exemprodinanzi a loro. Rilucono le pietre preziose dellevirtú con pazienzia, portando e sopportando i

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loro difecti. Questi sonno e' lami con che essipigliano l'anime. Essi gictano la rete da la manodricta e non da la manca, come dixe la mia Veritàa Pietro e agli altri discepoli doppo laresurreczione ; però che la mano manca delproprio amore è morta in loro, e la mano dricta èviva d'uno vero e schiecto, dolce e divino amore,col quale gictano la rete del sancto desiderio inme, mare pacifico. E giugnendo la storia che fuinanzi a la resurreczione con quella che fu doppo,sappi che, tirando a loro la rete, richiudendola nelcognoscimento di loro, pigliano tanta abondanziadi pesci d'anime, che si conviene che chiamino ilcompagno perché gli aiti a trarli della rete, peròche solo non può. Perché nello strignere e nelgittare gli conveniva la compagnia della veraumilità, chiamando il proximo per dileczione,chiedendo che gli aiti a trare questi pesci del'anime.

E che questo sia vero, tu il vedi ne' servi mieie pruovi ché si grande peso lo' pare a tirare questeanime che sonno prese nel sancto desiderio loro,che chiamano compagnia, e vorrebero che ognicreatura che ha in sé ragione gli aitasse, conumilità reputandosi insufficienti. E però ti dixiche chiamavano l’umilità e la caritá del proximo,ché gli aitasse a trare questi pesci. Tirando, ne traein grandissima abondanzia : poniamo che moltiper li loro difecti n'escono, che non stannorinchiusi nella rete. La rete del desiderio gli ha

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ben tucti presi, perché l'anima, affamata del'onore mio, non si chiama contenta a una [339]particella, ma tucti gli vuole : e' buoni dimandaperché gli aitino a niectere e' pesci nella rete sua,acciò che si conservino e crescano la perfeczione.Gl'imperfecti vorrebbe che fussero perfecti, e'gattivi vorrebbe che fussero buoni, gl'infedelitenebrosi vorrebbe che tornassero al lume delsancto baptesimo. Tucti gli vuole : di qualunquestato o condizione si siano, perché tucti gli vedein me, creati dalla mia bontá in tanto fuocod'amore e ricomprati del sangue di Cristocrocifixo unigenito mio Figliuolo. Si che tucti gliha presi nella rete del sancto desiderio suo. Mamolti n'escono, come decto è, che si partono dallagrazia per li difecti loro : e gl'infedeli e gli altri chestanno in peccato mortale. Non è però che essinon siano in quello desiderio per continuaorazione : però che, quantunque l'anima si partada me per le colpe sue, e da l'amore econversazione che debbono avere a' servi miei, edebita reverenzia ; non è però diminuito, nédebba diminuire, l’affecto della caritá in loro. Siche essi gictano questa dolce rete dalla manodricta.

O figliuola carissima, se tu considerrai puntofacto che fece il glorioso appostolo Pietro, il qualesi conta nel sancto Evangelio, che gli fece fare lamia Verità quando gli comandò che gittasse larete nel mare, Pietro rispose che tucta nocte s'era

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afadigato e neuno n'aveva potuto avere, dicendo :– « Ma nel comandamento e alla parola tua, io lagittarò » ; – gittandola, ne prese in tantaabondanzia, che solo non poté tirarla fuore, echiamò e' discepoli che l'aitassero. Dico che inquesta figura, la quale fu in veritá cosí (ma figurate per quello che decto Io t'ho), tu la troverai cheella t'è propria. E fotti sapere che tucti e' misteri emodi che tenne la mia Verità nel mondo, e co'discepoli e senza e' discepoli, erano figuratividentro ne l'anima de' servi miei, e in ogni manieradi genti ; acciò che in ogni cosa poteste avereregola e doctrina, speculandovi col lume dellaragione : e a' grossi e a' sottili, a quegli che hannobasso intendimento e alto ; ogniuno può pigliarela parte sua, pure che voglia.

Dissiti che Pietro al comandamento delVerbo gittò la rete. [340] Si che fu obbediente,credendo con fede viva poterli pigliare ; e però neprese assai, ma non nel tempo della nocte. Sai tuqual è il tempo della nocte ? È la scura nocte delpeccato mortale, quando l'anima è privata dellume della grazia. In questa nocte veruna cosaprende, però che gitta l'affetto suo non nel marevivo, ma nel morto, dove truova la colpa, che ènon tavelle. Indarno s'affadiga con grandi eintollerabili pene, senza veruna utilitá : fannosimàrteri del dimonio e non di Cristo crocifixo. Ma,apparendo el di, che egli esce della colpa e torna alo stato della grazia, gli appariscono nella mente

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sua e' comandamenti della Legge, e' quali licomandano che gitti questa rete nella parola delmio Verbo, amando me sopra ogni cosa e ilproximo come se medesimo. Allora conobbedienzia e col lume della fede, con fermasperanza, la gitta nella parola sua, seguitando ladottrina e le vestigie di questo dolce e amorosoVerbo, e discepoli. E come gli piglia, e cui eglichiama, giá te l'ho detto di sopra, e però non te gliricapitolo piú.

CAPITOLO CXLVII. COME LA PREDETTA RETE LA GITTA ; PIÚ PERFETTAMENTE UUO ; CHE UN ALTRO, UNGE PIGLIA PIÚ PESCI. E DE LA

EXCELLENZIA DI QUESTI PERFETTI.

– Questo t'ho detto, acciò che col lume del'intelletto cognosca con quanta providenziaquesta mia Verità, nel tempo che conversò convoi, egli adoperò e' ministeri suoi e tutti e' suoiatti ; perché tu cognosca quello che vi convienefare, e quello che fa l'anima che sta in questoperfectissimo stato. E pensa che piú perfetto il fauno che un altro, secondo che va ad obbedire aquesta parola piú promptamente e con piúperfetto lume, perduta ogni speranza di sé, masolo ricolta in me, suo Creatore. Piúperfettamente la gitta colui che obedisce,observando e' comandamenti e consiglimentalmente e attualmente, che colui che observasolo i comandamenti, e i consigli mentalmente.

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Ché chi non osservasse i consigli mentalmente,giá non [341] observarebbe e' comandamentiattualmente, perché sonno legati insieme, sí comein un altro luogo piú pienamente lo ti narrai. Siche perfettamente piglia, secondo cheperfectamente gitta. Ma e' perfecti, de' quali Iot'ho narrato, pigliano in abbondanzia e in grandeperfeczione.

Oh ! come hanno ordinati gli organi loro perla buona e dolce guardia che fece la guardia dellibero arbitrio alla porta della volontà. Tutti e'sentimenti loro fanno un suono soavissimo, elquale esce dentro della città de l'anima, perché leporte sonno tutte chiuse e aperte. Chiusa è lavolontà all'amore proprio ; ed è aperta adesiderare e amare il mio onore e la dileczione delproximo : Lo intell'ecto è chiuso a raguardare ledelizie, vanità e miserie del mondo, le quali sonnotutte una notte che dànno tenebre allo 'ntellectoche disordenatamente le guarda ; ed è aperto collume posto ne l'obietto del lume della mia Verità.La memoria è serrata nel ricordamento delmondo e di sé sensitivamente ; ed è aperta aricevere e reducersi a memoria el ricordamentode' benefizi miei. L'affetto de l'anima fa allora unogiubilo e uno suono, temparate e acordate lecorde con prudenzia e lume ; accordate tutte auno suono, cioè a gloria e loda del nome mio.

In questo medesimo suono, che sonnoacordate le corde grandi delle potenzie de l'anima,

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sonno acordate le piccole de' sentimenti estrumenti del corpo. Si com' Io ti dixi, parlandotidegl' iniqui uomini, che tutti sonavano morte,ricevendo e' loro nemici ; cosí questi suonanovita, ricevendo gli amici delle vere e reali virtú,stormentano con sancte e buone operazioni.Ogni menbro lavora el lavorio che gli è dato alavorare, ogniuno perfettamente nel grado suo :l'occhio nel suo vedere, l'orecchia nel suo udire,l'odorato nel suo odorare, il gusto nel suo gustare,la mano nel toccare e adoperare, e' piei nel'andare. Tutti s'accordano in uno medesimosuono : a servire il proximo per gloria e loda delnome mio, e servire l'anima con buone e sancte evirtuose operazioni, obbedienti a l'anima arispondere come organi. Piacevoli sonno a me,piacevoli a la natura angelica, e piacevoli a' verigustatori, che gli aspettano con [342] grandegaudio e allegrezza dove participarà il bene l'unode l'altro, e piacevoli al mondo. Voglia il mondo ono, non possono fare gl' iniqui uomini che nonsentano de la piacevolezza di questo suono.Anco, molti e molti con questo ]amo e stor.mento ne rimangono presi : partonsi dalla mortee vengono alla vita.

Tucti e' sancti hanno preso con questoorgano. El primo che solfasse in suono di vita fuil dolce e amoroso Verbo, pigliando la vostraumanità. E con questa umanità unita con la Deitá,facendo uno dolce suono in su la croce, prese il

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figliuolo de l'umana generazione, e prese ildimonio, che ne li tolse la signoria che tantotempo l'aveva posseduto per la colpa sua. Tuctivoi altri sonate inparando da questo Maestro. Conquesto imparare da lui presero gli appostoli,seminando la parola sua per tucto il mondo ; e'màrteri e confessori e doctori e le vergini, tuctipigliavano l'anime col suono loro. Raguarda lagloriosa vergine Orsina, che tanto dolcementesonò il suo stormento, che solo di vergini n'ebbeundici migliaia, e piú d'altretanti d'altra gente neprese con questo medesimo suono. E cosí tuctigli altri, chi in uno modo e chi in un altro. Chi n'ècagione ? La mia infinita providenzia, che hoproveduto in dar lo' gli strumenti, e dato l'ho lavia e ‘l modo con che possino sonare. E ciò ch' Iodo e permetto in questa vita l'è via ad augmentarequesti stormenti, se essi la vogliono cognoscere, eche non si voglino tollere il lume, con che e'veggono, con la nuvila de l'amore proprio, piaceree parere di loro medesimi.

CAPITOLO CXLVIII. DE LA PROVIDENZIA DI DIO IN GENERALE, LA QUALE USA VERSO LE SUE

CREATURE IN QUESTA VITA É NELL'ALTRA.

– Dilarghisi, figliuola, el cuore tuo, e aprel'occhio de l' intellecto col lume della fede avedere con quanto amore e providenzia Io hocreato e ordinato l'uomo acciò che goda nel miosommo, etterno bene. E in tutto ho proveduto,

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come detto [343] t' ho, ne l'anima e nel corpo,negl' imperfecti e ne' perfecti, a' buoni e a' gattivi,spiritualmente e temporalmente, nel cielo e nellaterra, in questa vita mortale e nella inmortale.

In questa vita mortale, mentre che sèteviandanti, Io v'ho legati nel legame della carità :voglia ]'uomo o no, egli ci è legato. Se egli siscioglie per affecto che non sia nella caritá delproximo, egli ci è legato per necessità. Unde,acciò che in acto e in affecto usasse la caritá (e sela perdete in affecto per le iniquità vostre, almenosète constrecti per vostro bisogno d'usare facto),providdi di non dare a uno uomo, né a ogniuno ase medesimo, el sapere fare quello che bisognafare in tucto alla vita de l'uomo ; ma chi n'ha unaparte, e chi n'ha un'altra, acciò che l'uno abbimateria, per suo bisogno, di ricòrrire a l'altro.Unde tu vedi che l'artefice ricorre al lavoratore, eil lavoratore a l'artefice : l'uno ha bisogno del'altro, perché non sa fare l'uno quello che l'altro.Cosi el cherico e il religioso ha bisogno delsecolare, e il secolare del religioso ; e l'uno nonpuò fare senza l'altro. E cosí d'ogni altra cosa.

E non potevo Io dare a ogniuno tucto ? Sibene ; ma volsi, con providenzia, che s'aumiliassel'uno a l'altro, e costrecti fussero d'usare facto el'affecto della caritá insieme. Mostrato ho lamagnificenzia, bontá e providenzia mia in loro, eessi si lassano guidare alla tenebre della propriafragilità. Le menbra del corpo vostro vi fanno

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vergogna, perché usano caritá insieme, e non voi :unde, quando il capo ha male, la mano il soviene ;e se il dito, che è cosí piccolo menbro, ha male, ilcapo non si reca a schifo perché sia maggiore epiú nobile che tucta l'altra parte del corpo, anco ilsoviene con l'udire, col vedere, col parlare e conciò ch'egli ha. E cosí tucte l’altre menbra. Non facosí l'uomo superbo, che, vedendo il poveromembro suo infermo e in necessità, non elsoviene, non tanto con ciò che egli ha, ma conuna minima parola ; ma con rimproverio eschifezza volta la faccia adietro. Abbonda inricchezze, e lassa lui morire di fame ; ma egli nonvede che la sua miseria e crudeltá gitta puzza ame, e infino al profondo de lo 'nferno ne va lapuzza sua. [344]

Io proveggo quel povarello, e per la povertàgli sarà data somma ricchezza. E a lui, con granderimproverio, gli sarà rimproverato dalla miaVerità, se egli non si corregge, per lo modo checonta nel sancto Evangelio, dicendo : « Io ebbifame e non mi desti mangiare ; ebbi sete, e nonmi desti bere ; nudo fui, e non mi vestisti ;infermo e in carcere, e non mi visitasti ». E nongli varrà in quello ultimo di scusarsi, dicendo : –Io non ti viddi mai, ché, se io t'avesse veduto, iofarei facto. – El misero sa bene (e cosí dixe Egli)che quello che fa a' suoi povaregli, fa a lui. E perògiustamente gli sarà dato etterno supplicio con ledemonia.

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Si che vedi che nella terra Io ho provedutoperché non vadano all'etternale dolore.

Se tu raguardi di sopra, in me vita durabile,nella natura angelica e ne' cittadini che sonno inessa vita durabile, che in virtú del sanguedell'Agnello hanno avuta vita etterna, Io hoordinato con ordine la caritá loro, cioè che Io nonho posto che l'uno gusti pure il bene suo proprio,nella beata vita che egli ha da me, e non siaparticipato dagli altri. Non ho voluto cosí : anco ètanto ordinata e perfecta la caritá loro, che ilgrande gusta el bene del piccolo, e il piccoloquello del grande. Piccolo, dico, quanto a misura,non che ‘l piccolo non sia pieno come il grande,ognuno nel grado suo, si come in un altro luogoIo ti narrai. Oh ! quanto è fraterna questa carità, equanto è unitiva in me, e l'uno con l'altro, perchéda me l'hanno e da me la ricognoscono, conquello timore sancto e debita reverenzia, cherendono loro, s'affogano in me, e in me veggonoe cognoscono la loro dignità nella quale Io gli hoposti. L'angelo si comunica con l'uomo, cioè conl'anime de' beati, e i beati con gli angeli. SI cheognuno in questa dileczione della carità, godendoel bene l'uno de l'altro, exultano in me con giubiloe allegrezza senza alcuna tristizia, dolce senzaalcuna amaritudine, perché, mentre che vissero enella morte loro, gustàro me per affecto d'amorenella caritá del prossimo.

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Chi l'ha ordinato ? La sapienzia mia conadmirabile e dolce providenzia. E se tu ti vòlli alpurgatorio, vi trovarrai la mia [345] dolce einextimabile providenzia in quelle tapinelle animeche per ignoranzia perdéro il tempo, e perchésonno separate dal corpo, non hanno piú eltempo di potere meritare : unde Io l’ hoprovedute col mezzo di voi, che anco sète nellavita mortale, che avete il tempo per loro ; cioè checon le limosine e divino offizio che facciate dire a'ministri miei, con digiuni e con orazioni facte inistato di grazia, abbreviate a loro il tempo dellapena mediante la mia misericordia. Odi dolceprovidenzia !

Tucto questo ho decto a te che s'appartiene,dentro ne l'anima, alla salute vostra, per fartiinamorare e vestire col lume della fede, con fermasperanza nella providenzia mia, e perché tu gitti tefuore di te, e in ciò che tu hai a fare speri in mesenza veruno timore servile.

CAPITOLO CXLIX. DE LA PROVIDENZIA CHE DIO USA VERSO DE' POVERI SERVI SUOI, SOVENENDOLI NE LE COSE TEMPORALI.

– Ora ti voglio dire una picciola particella de'modi ch' Io tengo a sovenire i servi miei, chesperano in me, nella necessità corporale. E tantola ricevono perfectamente e inperfectamente,quanto essi sonno perfecti e inperfecti, spogliatidi loro e del mondo : ma ogniuno proveggo.

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Unde i povaregli miei, povari per spirito e divolontà, cioè per spirituale intenzione, nonsemplicemente dico povari, però che molti sonnopovari e non vorrebbero essere : questi sonnoricchi quanto alla volontà e sonno mendichi,perché non sperano in me né portanovolontariamente la povertà che Io l'ho data permedicina de l'anima loro, perché la ricchezzafarebbe facto male e sarebbe stata lorodannazione ; ma e' servi miei sonno poveri e nonmendichi. El mendico spesse volte non ha quelloche gli bisogna e pate grande necessità ; ma elpovaro non abonda, ma ha apieno la suanecessità. Io non gli manco mai mentre ch'eglispera in me : conducoli bene alcuna volta [346] insu la extremità, perché meglio cognoscano eveggano che lo gli posso e voglio provedere,inamorinsi della providenzia mia e abbraccino lasposa della vera povertà. Unde il servo loro delloSpirito sancto, clemenzia mia, vedendo che nonabbino quello che lo' bisogna alla necessità delcorpo, accenderà uno desiderio con uno stimolonel cuore di coloro che possono sovenire, cheessi andaranno e soverrannoli de' loro bisogni.Tucta la vita de' dolci miei povaregli si governaper questo modo : con sollicitudine che lo do diloro a' servi del mondo. È vero che, per provarliin pazienzia, in fede e perseveranzia, Io sosterròche lo' sia decto rimproverio ingiuria e villania ; enondimeno quel medesimo che lo' dice e fa

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ingiuria è costretto dalla mia clemenzia di dar lo'Pelimosina e sovenire ne' loro bisogni.

Questa è providenzia generale data a' mieipovarelli. Ma alcuna volta I'usarò ne' grandi servimiei senza il mezzo della creatura, solo per memedesimo, si come tu sai d'avere provato. E haiudito del glorioso padre tuo Domenico che, nelprincipio dell'ordine, essendo e' frati in necessità,intantoché essendo venuta l'ora del mangiare enon avendo che, il dilecto mio servo Domenico,col lume della fede sperando che Io provedesse,dixe : – Figliuoli, ponetevi a mensa. –Obbediendolo e' frati, alla parola sua si posero amensa. Allora Io, che proveggo chi spera in me,mandai due angeli con pane bianchissimo,intantoché n'ebbero in grandissima abondanziaper piú volte. Questa fu providenzia non conmezzo d'uomini, ma £acta dalla clemenzia miadello Spirito sancto.

Alcuna volta proveggo multiplicando unapiccola quantità, la quale non era bastevole a loro,si come tu sai di quella dolce vergine sanctaAgnesa. La quale, dalla sua puerizia infino al'ultimo, servi a me con vera umilità, conesperanza ferma, intantoché non pensava di sé nédella sua famiglia con dubbitazione. Unde ellacon viva fede, per comandamento di Maria, simosse, poverella e senza alcuna substanziatemporale, a fare il mònasterio. Sai che era luogodi peccatrici. Ella non pensò : – Come potrò io

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farequesto ? – Ma sollicitamente, con la miaprovidenzia, [348] ne fece luogo sancto,monasterio ordinato a religiose. Ine congregò nelprincipio circa diciotto fanciulle vergini senzaavere cavelle, se non come Io la provedevo : tral'altre volte, avendo Io sostenuto che tre di eranostate senza pane, solo con l'erba. E se tu midimandassi : – Perché le tenesti a quel modo,conciosiacosaché di sopra mi dicesti che tu nonmanchi mai a' servi tuoi che sperano in te, e cheessi hanno la loro necessità ? In questo mi pareche lo' mancasse il loro bisogno, perché pure del'erba non vive il corpo della creatura, parlandocomunemente e in generale di chi non èperfecto : ché, se Agnesa era perfecta ella, nonerano l'altre in quella perfeczione ; – Io tirisponderei ch' Io el feci e permissi per farlainebriare della providenzia mia ; e quelle, cheanco erano inperfecte, per lo miracolo che poiseguitò, avessero materia di fare il principio efondamento loro nel lume della sanctissima fede.In quella erba o in altro a cui divenisse similecaso, o per verun altro modo, davo e do unadisposizione a quel corpo umano, intantochémeglio starà con quella poca dell'erba, o alcunavolta senza cibo, che inanzi non faceva col pane econ l'altre cose che si dànno e sonno ordinate perla vita de l'uomo. E tu sai che egli è cosí, che l'haiprovato in te medesima.

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Dico che Io proveggo col moltiplicare. Ché,essendo ella stata in questo spazio del tempo, cheIo t’ho decto, senza pane, vollendo ella l'occhiodella mente sua col lume della fede a me, disse : –Padre e Signore mio, sposo etterno, ed ha' mi tufacte trare queste figliuole delle case de' padri loroperché elle periscano di fame ? Provede, Signore,alla loro necessità. – Io ero Colui che la facevoadimandare : piacevami di provare la fede sua, el'umile sua orazione era a me piacevole. Distesi lamia providenzia in quello che con la mente suastava dinanzi a me, e costrinsi per spirazione unacreatura, nella sua mente, che le portasse cinquepanuccioli. E, manifestandolo a lei nella suamente, dixe, vollendosi a le suore : – Andate,figliuole mie, rispondete alla ruota, e tollete quelpane. – Arrecandolo elle, si posero a mensa. Io lediei tanta virtú, nello spezzare el pane che ellafece, che tucte se ne saziarono apieno, e tanto ne[348] levarono di su la mensa, che pienamenteun'altra volta n'ebbero abondantemente allanecessità del corpo loro.

Queste sonno delle providenzie che Io usoco' servi miei a quelli che son povarivolontariamente ; e non pure volontariamente,ma per spirito. Però che senza spiritualeintenzione nulla lo' varrebbe. Si come divenne a'filosofi, che, per amore che avevano alla scienziae volontà d'impararla, spregiavano le ricchezze efacevansi povari volontariamente ; cognoscendo,

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di cognoscimento naturale, che la sollicitudinedelle mondane ricchezze gli aveva ad inpedire dinon lassarli giognere al termine loro della scienzia,el quale ponevano, per uno loro fine, dinanziall'occhio de l'intelletto loro. Ma, perché questavolontà de la povertà non era spirituale, fatta pergloria e loda del nome mio, però non avevanovita di grazia né perfeczione, ma morte etternale.

CAPITOLO CL. DEI MALI CHE PROCEDONO DAL TENERE O DESIDERARE DISORDINATAMENTE LE RICCHEZZE TEMPORALI.

– Doh ! raguarda, carissima figliuola, quantavergogna a' miseri uomini amatori delle ricchezze,che non seguitano il cognoscimento che lo' porgela natura per acquistare il sommo ed etternoBene ! Lo fanno questi filosofi, che, per amoredella scienzia, cognoscendo che e' l'erainpedimento, le gittavano da loro. E questi de lericchezze si vogliono fare uno idio. E questomanifesta ch'egli è cosí : che essi si dogliono piúquando perdono la ricchezza e substanziatemporale che quando perdono me, che so'somma ed etterna ricchezza. Se tu raguardi bene,ogni male n'esce di questo disordenato desiderio evolontà della ricchezza.

Egli n'esce la superbia, volendo essere ilmaggiore ; la ingiustizia in sé e in altrui ; l'avarizia,che per l'appetito della pecunia non si cura dirobbare il fratello suo, né di tollere quello della

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sancta Chiesa, che è acquistato col sangue delVerbo unigenito [349] mio Figliuolo. Èscenerivendarìa delle carni del proximo suo e deltempo : come sonno. gli usurai, che, come ladri,vendono quel che non è loro. Èscene golosità perli molti cibi e disordenatamente prenderli, edisonestà. Ché, se non avesse che spendere,spesse volte non starebbe in conversazioni ditanta miseria. Quanti omicidii, odio e rancoreverso il suo proximo, e crudeltá con infidelitàverso di me, presumendo di loro medesimi, comese per loro virtú l'avessero acquistate ! Nonvedendo che per loro virtú non le tengono nél'acquistano, ma solo per mia, perdono lasperanza di me, sperando solo nelle lororicchezze. Ma la speranza loro è, vana, ché, nonavedendosene, elle vengono meno : o essi leperdono in questa vita per mia dispensazione eloro utilitá, o essi le perdono col mezzo dellamorte. Allora cognoscono che vane e none stabilielle erano. Elle inpoveriscono e uccidonol'anima : fanno l'uomo crudele a se medesimo,tolgonli la dignità dello infinito e fannolo finito,cioè che’l desiderio suo, che debba essere unito inme che so' bene infinito, egli l'ha posto e unitoper affetto d'amore in cosa finita. Egli perde ilgusto del sapore della virtú e de l'odore dellapovertà, perde la signoria di sé, facendosi servodelle ricchezze. È insaziabile, perché ama cosameno di sé ; però che tutte le cose che sonno

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create sonno fatte per l'uomo perché il servisseroe non perché egli se ne faccia servo, e l'uomo dieservire a me che so' suo fine.

A quanti pericoli e a quante pene si mettel'uomo, per mare e per terra, per acquistare lagrande ricchezza, per tornare poi nella città suacon delizie e stati ; e non si cura d'acquistare levirtú né di sostenere un poca di pena per averle,che sonno la ricchezza de l'anima. Essi sonnotutti, ammersi il cuore, e l'affetto, che debbaservire a me, egli l'hanno posto nelle ricchezze, econ molti guadagni inliciti carica la conscienzaloro. Vedi a quanta miseria egli si recano e di cuie' si sonno fatti servi : non di cosa ferma néstabile, ma mutabile, ché oggi son ricchi edomane povari ; ora sonno in alto, ora sonno abasso ; Ora sono temuti e avuti in reverenzia dalmondo per la loro ricchezza, e ora è facto beffe diloro avendola perduta, con [350] rimproverio evergogna e senza conpassione eglino son trattati,perché si facevano amare e erano amati per lericchezze e non per virtú che fussero in loro. Ché,se fussero stati amati e fussersi facti amare per levirtú che fussero state in loro, non sarebbe levatala reverenzia né l'amore, perché la sustanziatemporale fuxe perduta e non la ricchezza dellevirtú.

Oh, come è grave loro a portare nellacoscienzia loro questi pesi ! E l'è si grave, che inquesto camino della perregrinazione non può

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còrrire né passare per la porta stretta. Nel `sanctoEvangelio vi disse cosí la mia Verità : che « egli èpiú inpossibile ad intrare uno ricco a vita etternache uno camello per una cruna d'aco ». Ciò sonnocoloro che con disordenato e miserabile affettoposseggono o desiderano la ricchezza. Però chemolti sonno quelli che sonno povari, si com' Io tidixi, e per affetto d'amore disordenatoposseggono tutto il mondo con la loro volontà, seessi el potessero avere. Questi non possonopassare per la porta, però che ella è stretta ebassa ; unde, se non gittano il carico a terra e nonristrengono l'affetto loro nel mondo e chinano ilcapo per umilità, non ci potranno passare. E nonci è altra porta che gli conduca ad vita se nonquesta. Ècci la porta larga che gli mena a l’etternadannazione ; e, come ciechi, non pare cheveggano la loro ruina, che in questa vita gustanol'arra de l'inferno. Però che in ogni modoricevono pena, desiderando quello che nonpossono avere. Non avendo, hanno pena, e se e'perdono, perdono con dolore. Con quella misurahanno il dolore, che essi la possedevano conamore. Perdono la dileczione del proximo, non sicurano d'acquistare veruna virtú. Oh, fracidumedel mondo ! non le cose del mondo in loro, peròche ogni cosa creai buona e perfetta, ma fracido ècolui che con disordenato amore le tiene e cerca.Mai non potresti con la tua lingua narrare,figliuola mia, quanti sonno e' mali che n'escono e

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veggonne e pruovanne tutto di ; e non voglionovedere né cognoscere il danno loro. [351]

CAPITOLO CLI. DE LA EXCELLENZIA DE' POVERI PER SPIRITUALE INTENZIONE. E COME CRISTO CI AMAESTRÒ DI QUESTA POVERTÀ NON SOLAMENTE PER PAROLE, MA PER EXEMPLO. E DE LA PROVIDENZIA DI DIO VERSO DI QUELLI CHE QUESTA POVERTÀ PIGLIANO.

– Hottene toccato alcuna cosa perché megliocognosca il tesoro della povertà volontaria perspirito. Chi la cognosce ? I diletti povaregli servimiei, che, per potere passare questo camino eintrare per la porta stretta, hanno gittato a terra ilpeso delle ricchezze. Alcuno le gitta attualmente ementalmente ; e questi sonno quegli cheobservano e' comandamenti e consigliattualmente e mentalmente. E gli altri observano iconsigli solo mentalmente, spogliatosi l'affettodella ricchezza, ché non la possiede condisordenato amore, ma con ordine e timoresancto ; fattone non posessore, ma dispensatorea' povari. Questo è buono ; ma el primo èperfetto, con piú frutto e meno inpaccio, in cui sivede piú rilucere la providenzia mia attualmente.Della quale, insiememente commendando la verapovertà, Io ti compirò di narrare. L'uno e l'altrohanno chinato il capo, facendosi piccoli per veraumilità. E perché in un altro luogo, se ben ti

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ricorda, di questo secondo alcuna cosa ti parlai,però ti dirò solo di questo primo.

Io t'ho mostrato e detto che ogni male,danno e pena in questa vita e ne l'altra esce dal'amore delle ricchezze. Ora ti dico, per contrario,che ogni bene, pace e riposo e quiete esce dellavera povertà. Mirami pure l'aspetto de' veripovaregli : con quanta allegrezza e giocunditàstanno ; mai non si contristano se non de l'offesamia, la quale tristizia non affligge ma ingrassal'anima. Per la povertà, hanno acquistata lasomma ricchezza ; per lassare la tenebre,truovansi perfectissima luce ; per lassare latristizia del mondo, posseggono allegrezza ; per libeni mortali, truovano gl' inmortali e ricevonomaxima consolazione. Le fadighe e’l sostenere l'èuno rifrigerio, con giustizia [352] e caritá fraternacon ogni creatura che ha in sé ragione. Non sonoacceptatori delle creature in cui riluce la virtú dellasanctissima fede e vera speranza, dove arde ilfuoco della divina caritá in loro : ché, col lumedella fede che ebbero in me, somma e etternaricchezza, levarono la speranza loro dal mondo eda ogni vana ricchezza, e abbracciarono la sposadella vera povertà con le serve sue. E sai qualisonno le serve della povertà ? La viltà edispiacimento di sé e la vera umilità, che servonoe notricano l'affecto della povertà ne l'anima. Conquesta fede e speranza, accesi di fuoco di carità,saltavano e saltano e' veri servi miei fuore delle

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ricchezze e del proprio sentimento. Si come ilglorioso Matteo appostolo lassò le grandiricchezze saltando il banco, e seguitò la miaVerità, che v'insegnò il modo e regola,insegnandovi amare e seguitare questa povertà. Enon ve la insegnò solamente con parole, ma conexemplo ; unde, dal principio della sua nativitàinfino a l'ultimo della vita sua, in exemplov'insegnò questa doctrina.

Egli la sposò per voi questa sposa della verapovertà, conciosiacosaché egli fusse sommaricchezza per l'unione della natura divina, undeegli è una cosa con meco e Io con lui, che so'etterna ricchezza. E se tu il vuoli vedere umiliatoin grande povertade, raguarda Dio essere factouomo, vestito della viltà e umanità vostra. Tu vediquesto dolce e amoroso Verbo nascere in unastalla, essendo Maria in camino, per mostrare avoi viandanti che voi dovete sempre rinascerenella stalla del cognoscimento di voi, dovetrovarrete nato me, per grazia, dentro ne l'animavostra.

Tu il vedi stare ine in mezzo degli animali intanta povertà, che Maria non ha con chericoprirlo. Ma, essendo tempo di freddo, col fiatode l'animale e col fieno, si el riscaldava. Essendofuoco di carità, vuole sostenere freddo nel'umanità sua in tucta la vita. Mentre che visse nelmondo volse sostenere, e senza e' discepoli e co'discepoli : unde alcuna volta, per la fame,

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sgranellavano i discepoli le spighe e mangiavanole granella. E, ne l'ultimo della vita sua, nudo fuspogliato e fragellato alla colonna, e assetato sta insul legno della croce, in tanta povertà, [353] che laterra e il legno gli venne meno, non avendo luogodove riposare il capo suo ; ma convennesi chesopra la spalla sua riposasse il capo, e, comeebbro d'amore, vi fa bagno del sangue suo, apertoil Corpo di questo Agnello, che da ogni parteversa.

Essendo in miseria, dona a voi la grandericchezza ; stando in sul legno strecto della croce,egli spande la larghezza sua a ogni creatura che hain sé ragione ; assaggiando l’amaritudine del fiele,egli dá a voi perfectissima dolcezza ; stando intristizia, vi dá consolazione ; stando confitto echiavellato in croce, vi scioglie dal legame delpeccato mortale ; essendosi facto servo, ha factivoi liberi e tracti de la servitudine del dimonio ;essendo venduto, v'ha ricomperati di Sangue ;dando a sé morte, ha dato a voi vita.

Bene v'ha dato dunque regola d'amore,mostrandovi maggiore amore che mostrare vipotesse, dando la vita per voi, che eravate factinemici a lui e a me, sommo ed etterno Padre.Questo non cognosce lo ignorante uomo, chetanto m'offende e tiene a vile si facto prezzo.Havi data regola di vera umilità, umiliandosi al’obrobriosa morte della croce ; e di viltà,sostenendo gli obrobri e i grandi rimprovèri ; e di

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vera povertà, unde parla di lui la Scrittura,lamentandosi in sua persona : « Le volpi hannotana e gli uccelli hanno il nido, e’l Figliuolo dellaVergine non ha dove riposare il capo suo ». Chi elcognosce questo ? Quello che ha il lume dellasanctissima fede. In cui truovi questa fede ? Ne'povaregli per spirito, che hanno presa per sposala reina della povertà, perché hanno gittato daloro le ricchezze che dànno tenebre d' infidelità.

Questa reina ha il reame suo che non v'è maiguerra, ma sempre ha pace e tranquilità. Ellaabbonda di giustizia, perché quella cosa checommecte ingiustizia è separata da lei ; le muradella città sua son forti, perché ‘l fondamento nonè facto Sopra la terra, ma sopra la viva pietra :Cristo, dolce Iesú, unigenito mio Figliuolo.Dentro v'è luce senza tenebre, perché la madre diquesta reina è l'abisso della divina caritá.L'addornamento di questa città è la pietà emisericordia, perché [354] n'ha tracto il tirannodella ricchezza che usava crudeltá. Ine v'è unabenivolenzia con tucti i cittadini, cioè ladileczione del proximo. Avi la longaperseveranzia con la prudenzia, che non va négoverna la città sua imprudentemente, ma conmolta prudenzia e solicita guardia. Unde l'anima,che piglia questa dolce reina della povertà persposa, si fa signore di tucte queste ricchezze, enon può essere de l'uno che ella non sia de l'altro.

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Guarda giá che la morte de l'appetito dellericchezze non cadesse in quella anima : allorasarebbe divisa da quello bene, e trovarebbesi difuore della città in somma miseria. Ma, se ella èleale e fedele a questa sposa, sempre in etterno ledona la ricchezza sua. Chi vede tanta excellenzia ?in cui riluce il lume della fede. Questa sposariveste lo sposo suo di purità, tollendo via laricchezza che ‘l faceva inmondo ; privalo dellegattive conversazioni e dagli le buone ; tra'ne lamarcia della negligenzia, gittando fuore lasollicitudine del mondo e delle ricchezze ; tra'nel’amaritudine e rimane la dolcezza ; taglia le spinee rimanvi la rosa ; vòta lo stomaco de l'animad'umori corrocti del disordenato amore, e falloleggiero ; e, poi che egli è vòto, l'empie del cibodelle virtú, che dànno grandissima soavità. Ella glipone il servo de l'odio e de l'amore, acciò chepurifichi il luogo suo : unde el odio del vizio edella propria sensualità spazza l'anima, e l'amoredelle virtú l'addorna ; tra'ne ogni dubbitazione,privandola del timore servile e dalle sicurtà contimore sancto.

Tutte le virtú, tucte le grazie, piaceri e dilectiche sa desiderare truova l'anima che piglia persposa la reina della povertà. Non teme briga, chénon è chi le facci guerra ; non teme di fame né dicaro, perché la fede vide e sperò in me, suoCreatore, unde procede ogni ricchezza eprovidenzia, che sempre gli pasco e gli notrico. E

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trovossi mai uno vero mio servo, sposo dellapovertà, che perisse di fame ? No, ché si sonnotrovati di quelli che sonno abondati nelle grandiricchezze, confidandosi nelle lore ricchezze e nonin me, e però perivano ; ma a questi non mancolo mai, perché non mancano in speranza, e perògli [355] proveggo come benigno e pietoso padre.E con quanta allegrezza e larghezza sonno venutia me, avendo cognosciuto col lume della fedeche, dal principio infino a l'ultimo del mondo, housato e uso e usarò in ogni cosa la providenziamia spiritualmente e temporalmente, come dectoè. Fogli Io bene sostenere, si com' Io ti dixi, perfarli crescere in fede e in speranza e perrimunerarli delle lore fadighe ; ma non lo' mancomai in veruna cosa che lo' bisogni. In tucto hannoprovato l'abisso della mia providenzia, gustandoviel lacte della divina dolcezza, e però non temonol'amaritudine della morte : ma con ansietatodesiderio corrono, come morti al propriosentimento di loro e delle ricchezze, abbracciaticon la sposa della povertà come inamorati, e vivinella volontà mia, a sostenere freddo, nudità,caldo, fame, sete, strazi e villanie ; e a la morte,con desiderio di dare la vita per amore della Vita(cioè di me, che so' toro vita) e il sangue peramore del Sangue.

Raguarda gli appostoli povarelli e gli altrigloriosi màrteri, Pietro, Pavolo, Stefano eLorenzo, che non pareva che stesse sopra ‘l

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fuoco, ma sopra fiori di grandissimo dilecto, quasistando in mocti col tiranno, dicendo : – Questolato è cocto : vòllelo e comincialo a mangiare. –Col fuoco grande della divina caritá spegneva ilpiccolo nel sentimento de l'anima sua. Le pietre aStefano parevano rose : chi n'era cagione ?L'amore, col quale aveva preso per sposa la verapovertà, avendo Tassato il mondo per gloria eloda del nome mio, e presala per sposa col lumedella fede, con ferma speranza e promptaobbedienzia : fattisi obbedienti a' comandamentie a' consigli che lo' die' la mia Verità actualmentee mentalmente, come decto è.

La morte hanno in desiderio e la vita indispiacere e ad inpazienzia, non per fuggire laborené fadiga, ma per unirsi in me, che so' loro fine. Eperché non temono la morte che naturalmentel'uomo teme ? Perché la sposa, la quale egli hannopresa della povertà, gli ha facci sicuri, tollendo lo'l'amore di sé e delle ricchezze. Unde con la virtúhanno conculcato l'amore naturale e ricevutoquello lume e amore divinq che è sopra naturale.E come potrà l'uomo che è in questo stato dolersidella [356] morte sua, che desidera di lassare lavita, e pena gli è di portarla quando la vede tantoprolongare ? Potrassi dolere di lassare le ricchezzedel mondo, che l'ha spregiate con tantodesiderio ? Non è grande facto ponto, ché chinon ama non si duole, anco si dilecta quandolassa la cosa che odia. Si che, da qualunque lato tu

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ti vòlli, truovi in loro perfecta pace e quiete e ognibene ; e ne' miseri, che posseggono con tantodisordenato amore, sommo male e intollerabilipene : poniamo che all'aspecto di fuore paresse ilcontrario ; ma in veritá egli è pure cosí.

E chi non avarebbe giudicato che Lazzaropovero fusse stato in somma miseria, e il riccodanpnato in grande allegrezza e riposo ? Enondimeno non era né fu cosí : ché sostenevamaggiore pena quello ricco con le sue ricchezze,che Lazzaro povarello crociato di lebbra ; perchéin lui era viva la volontà unde procede ogni pena,e in Lazzaro era morta, e viva in me, che nellapena aveva rifrigerio e consolazione. Essendocacciato dagli uomini, e maximamente dal riccodanpnato, non forbito né governato da loro, Ioprovedevo che l'animale, che non ha ragione,leccasse le piaghe sue ; e ne l'ultimo della loro vitavedete, col lume della fede, Lazzaro a vita etternae il ricco ne l'inferno.

Si che i ricchi stanno in tristizia e i dolci mieipovarelli in allegrezza. Io me gli tengo al pectomio, dando lo' del lacte delle molte consolazioni :perché tucto lassarono, però tucto miposseggono ; lo Spirito sancto si fa baglia del'anime e de' corpicelli loro in qualunque stato e'sieno. Agli animali li fo provedeve in diversimodi, secondo che hanno bisogno : agl'infermisolitari farò escire l'altro solitario della cella perandare a sovenirlo ; e tu sai che molte volte

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t'adivenne ch' Io ti trassi di cella per satisfare allanecessità delle povarele che avevano bisogno.Alcuna volta te la feci provare in te questamedesima providenzia, facendoti sovenire alla tuanecessità, e, quando mancava la creatura, nonmancavo Io ; tuo Creatore. In ogni modo Io gliproveggo. E unde verrà che l'uomo, stando nellericchezze e in tanta cura del corpo suo e conmolti panni, e sempre starà infermiccio ; espregiando poi sé e abbracciando la povertà per[357] amore di me, el vestimento terrà solo perricoprire il corpo suo, e diventarà forte e sano, everuna cosa parrà che gli sia nociva, che a quellocorpo non pare che gli faccia danno piú né freddoné caldo né grossi cibi ? Dalla mia providenzia glivenne, che providdi e tolsi ad avere cura di lui,perché tucto si lassò.

Adunque vedi, dilectissima figliuola, inquanto riposo e dilecto stanno questi dilecti mieipovaregli.

CAPITOLO CLII. REPETIZIONE IN SOMMA DE LA PREDECTA DIVINA PROVIDENZIA.

– Ora t'ho narrato alcuna picciola particelladella providenzia mia in ogni creatura e in ognimaniera di gente, come decto è ; mostrandoti che,dal principio ch' Io creai el mondo primo, e ilsecondo mondo della mia creatura, dandolel'essere alla imagine e similitudine mia, infino al'ultimo, Io ho usato, facto e fo ciò che Io fo con

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providenzia per procurare alla salute vostra,perché Io voglio la vostra sanctificazione ; e ognicosa data a voi, che abbia essere, vi do per questofine. Questo non veggono gl' iniqui uomini delmondo che s'hanno tolto il lume ; e decto t'hoche, però che non cognoscono, si scandelizzanoin me. Nondimeno Io con pazienzia gli porto,aspectandogli infine a l'ultimo, procurandosempre al loro bisogno, si com' Io ti dissi, a loroche sonno peccatori, come de' giusti, in questecose temporali e nelle spirituali. Anco t'ho contatala inperfeczione delle ricchezze, una sprizza dellamiseria nella quale conducono colui che lepossiede con disordinato affecto, e dellaexcellenzia della povertà : della ricchezza che dánell'anima che la elegge per sua sposa,aconpagnata con la sorella della viltà. Della qualeviltà insieme con l'obbedienzia ti narrarò.

Anco t'ho mostrato quanto è piacevole a mee come Io la tengo cara e come Io la proveggocon la providenzia mia. [358] Tutto l'ho detto acomendazione di questa virtú e della sanctissimafede, con la quale gionse a questo perfectissimostato ed excellentissimo, per farti crescere in fedee in speranza, e perché bussi alla porta della miamisericordia. Con fede viva tiene che il desideriotuo e de' servi miei lo l'adempirò col moltosostenere infino alla morte. Ma confortati edexulta in me, che so' tuo difenditore econsolatore.

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Ora ho satisfacto al parlare della providenzia,della quale tu mi pregasti che lo provedesse allanecessità delle mie creature, e hai veduto che lonon so' dispregiatore de' sancti e veri desidèri.

CAPITOLO CLIII. COME QUESTA ANIMA, LAUDANDO E RINGRAZIANDO DIO, EL PREGA CHE ESSO LE PARLI DE LA VIRTÚ DE LA OBEDIENZIA.

Allora quella anima, come ebbra, innamoratadella vera e sancta povert~, dilatata nella somma,etterna grandezza, e transformata ne l’ abissodella somma e inextimabile providenzia(intantoché, stando nel vassello del corpo, sivedeva fuore del corpo per la obunbrazione erapire che facto aveva il fuoco della sua caritá inlei), teneva l'occhio de l' intellecto suo fixo nelladivina maiestà, dicendo al sommo e etternoPadre :

– O Padre etterno ! O fuoco e abisso dicaritá ! O etterna bellezza, o etterna sapienzia, oetterna bontá, o etterna clemenzia, o speranza, orefugio de' peccatori, o larghezza inextimabile, oetterno e infInito bene, o pazzo d'amore ! E haitu bisogno della tua creatura ? Sí, pare a me ; chétu tieni modi come se senza lei tu non potessivivere, conciosiacosaché tu sia vita, dal quale ognicosa ha vita e senza te neuna cosa vive. Perchédunque se' cosí inpazzato ? Perché tu t'innamorasti della tua factura, piacestiti e

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dilectastiti in te medesimo di lei, e, come ebbrodella sua salute, ella ti fugge, e tu la vai cercando ;ella si dilonga, e tu t'appressimi : piú presso nonpotevi venire che vestirti della sua umanità. [359]E che dicerò ? Farò come Troglio.che dicerò : –A, a, – perché non so che Ini dire altro, però chela lingua finita non può exprimere l’affecto del'anima che infinitamente desidera te. Parrai ch'iopossa dire la parola di Pavolo, quando disse : « Nélingua può parlare, né urecchia udire, né occhiovedere, né cuore pensare quello che io viddi ».Che vedesti ? Vidde « arcana Dei ». E io che dico ?Non ci aggiongo con questi sentimenti grossi ; matanto ti dico che hai gustato e veduto, anima mia,l'abisso della somma, etterna providenzia. Orarendo grazie a te, sommo etterno Padre, dellasmisurata tua bontá mostrata a me, miserabile,indegna d'ogni grazia. Ma perch'io veggo che tuse' adempitore de' sancti desidèri, e la tua Veritánon può mentire, e perché io desidero che ora unpoco tu mi parlassi della virtú de l'obbedienzia edella excellenzia sua, si come tu, Padre etterno, mipromectesti che mi narrarestí, acciò che io d'essavirtú m' inamori, e mai non mi parta dal'obbedienzia tua ; piacciati, per la tua infinitabontà, di dirmi della sua perfeczíone, e dove io laposso trovare, e quale è la cagione che me la tolle,e chi me la dá, e il segno che io l'abbi o non l'abbi.

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TRACTATO DELL' OBEDIENZIA

CAPITOLO CLIV. QUI COMINCIA EL TRATTATO DELL'OBEDIENZIA. E PRIMA, DOVE L’OBEDIENZIA SI TRUOVA, E CHE È QUELLO CHE

CE LA TOLLE, E QUALE È IL SEGNO CHE L'UOMO L'ABBI O NO, E CHI È LA SUA COMPAGNA E DA CUI È NOTRICATA.

Allora el sommo ed etterno Padre, e pietoso,volse l'occhio della misericordia e clemenzia suainverso di lei, dicendo : – O carissima edolcissima figliuola, el sancto desiderio e giustepetizioni debbono essere exauditi ; e però Io,somma veritú, adempirò la veritá mia,satisfacendo alla promessa che Io ti feci e aldesiderio tuo. E se tu mi dimandi : dove la truovi,e quale è la cagione che te la tolle, e il segno chetu l'abbi o no, lo ti rispondo : che tu la truoviconpitamente nel dolce e amoroso Verbo,unigenito mio Figliuolo. Fu tanto pronpta in luiquesta virtú che, per conpirla, corse all'obrobriosamorte della croce. Chi te la tolle ? Raguarda nelprimo uomo, e vedrai la cagione che gli tolsel’obbedienzia inposta a lui da me, Padre etterno :la superbia che esci e fu producta da l'amoreproprio e piacimento della compagna sua. Questafu quella cagione che gli tolse la perfeczione del’obbedienzia e diègli la disobbedienzia ; unde glitolse la vita della grazia e diègli la morte, perdettela innocenzia e cadde in inmondizia e in grande

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miseria. E non tanto egli, ma e' v'incorse tuttal'umana generazione, si come lo ti dixi.

El segno che tu abbi questa virtú è lapazienzia ; e, non avendola, ti dimostra che tunon l'hai, la inpazienzia. Unde contiandoti diquesta virtú, trovarrai che egli è cosí. Ma actende :ché. in due modi s'observa obbedienzia. L'una èpiú perfetta che l'altra ; e non so' però separate,ma unite, si com' Io ti [364] dissi de'comandamenti e de' consigli. L'uno è buono eperfetto, l'altro è perfectissimo ; e neuno è chepossa giognere a vita etterna se non l'obbediente,però che senza l’obbedienzia veruno è che vipossa intrare, perché ella fu diserrata con lachiave de l’obbedienzia, e con la disobbedienziadi Adam si serrò.

Essendo poi Io costretto dalla mia infinitabontá, vedendo che l'uomo, cui Io tanto amavo,non tornava a me, fine suo, tolsi le chiavi del'obbedienzia e posile in mano del dolce eamoroso Verbo, mia Verità ; ed egli, comeportonaio, diserrò questa porta del cielo. E senzaquesta chiave e portonaio, mia Verità, veruno cipuò andare. E però dixe egli nel sancto evangelioche veruno poteva venire a me, Padre, se non perlui. Egli vi lassò questa dolce chiave del'obbedienzia, quando egli ritornò a me,exultando, in cielo, e levandosi dallaconversazione degli uomini per l'ascensione. Sicome tu sai, egli lassò il vicario suo, Cristo in

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terra, a cui sète tutti obligati d'obbedire infino allamorte. E chi è fuore de l'obbedienzia sua, sta instato di danpnazione, si come in un altro luogo Ioti dixi.

Ora Io voglio che tu vegga e cognosca questaexcellentissima virtú ne l'umile e inmaculatoAgnello, e unde ella procede. Unde venne chetanto fu obbediente questo Verbo ? Da l'amorech'egli ebbe a l'onore mio e alla salute vostra.

Unde procedette l'amore ? Dal lume dellachiara visione con la quale vedeva, l'anima sua,chiaramente la divina Essenzia e la Trinitáetterna ; e cosí sempre vedeva me, Dio etterno.Questa visione adoperava perfectissimamente inlui quella fedeltà, la quale inperfectamenteadopera in voi ci lume della sanctissima fede. Chéfu fedele a me, suo Padre etterno, e però corsecol lume glorioso, come innamorato, per la via del'obbedienzia. E perché l'amore non è solo, ma èaconpagnato di tutte le vere e reali virtú, però chetutte le virtú hanno vita da l'amore della caritá(benché àltrementí fussero le virtú in lui ealtrementi in voi) ; ma tra l'apre ha la pazienzia,che è il mirollo suo, uno segno dimostrativo cheella fa ne l'anima se ella è in grazia e ama in veritáo no ; e però la madre della caritá l'ha data persorella alla virtú de l'obbedienzia, e halle si uniteinsieme, che [365] mai non si perde l'una senzal'altra : o tu l'hai amendune, o tu non hai veruna.

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Questa virtú ha una nutrice che la notrica,cioè la vera umilità ; unde tanto è obbedientequanto umile, e umile quanto obbediente. Questaumilità è baglia e nutrice della carità, e però cilatte suo medesimo notrica la virtú del'obbedienzia. El vestimento suo, che questanutrice le dà, è l’avilire se medesimo, vestirsid'obrobri, dispiacere a sé e piacere a me. In cui citruovi ? In Cristo, dolce Iesú, unigenito mioFigliuolo. E chi s'avilí piú di lui ? Egli si satollòd'obrobri, di scherni e di villanie ; dispiacque a sé,cioè la vita sua corporale, per piacere a me. E chifu piú paziente di lui, che non fu udito ci gridosuo per alcuna mormorazione, ma con pazienziaabbracciando le ingiurie, come inamorato compil'obbedienzia mia, inposta a lui da me, suo Padreetterno ?

Addunque in lui la trovarrete compitamente.Egli vi lassò la regola e questa dottrina, e primal'osservò in sé ; ella vi dá vita, perché ella è viadritta. Egli è la via, e però dixe egli che era via,veritá e vita ; e chi va per essa va per la luce, ecolui che va per la luce non può offendere néessere offeso che egli non s'avegga, perché hatolto da sé la tenebre de l'amore proprio undecadeva nella disobbedienzia : che, com' Io ti dixi,la conpagna, e unde procedeva l'obbedienzia, èl’umilità. Cosí ti dixi e dico che la disobbedienziaviene dalla superbia, che esce da l'amore propriodi sé, privandosi de l’umilità. La sorella, che è data

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da l'amore proprio alla disobbedienzia, è lainpazienzia, e la superbia la notrica ; con tenebred' infidelità corre per la via tenebrosa, che gli dámorte etternale.

Tutti vi conviene leggere in questo gloricsclibro, dove trovate scripta questa e ogni altravirtú. [366]

CAPITOLO CLV. COME L’OBEDIENZIA É UNA CHIAVE CON LA QUALE SI DISERA EL CIELO, E COME DEBBA AVERE EL FUNICELLO E DEBBASI PORTARE ATTACCATA A LA CINTURA. E DE LE EXCELLENZIE SUE.

– Poi che Io t'ho mostrato dove tu la truovi,e unde ella viene, e chi è la sua compagna, e dacui è nutricata ; ora ti parlarò degli obbedientiinsieme co' disobbedienti, e de l’obbedienziagenerale e della particolare, cioè di quella de'comandamenti e di quella de' consigli.

Tutta la fede vostra è fondata sopral’obbedienzia, ché ne l’obbedienzia mostrated'essere fedeli. Posti vi so' dalla mìa Verità, a tuttigeneralmente, i comandamenti della legge. Elprincipale si è d'amare me sopra ogni cosa e ‘lproximo come voi medesimi ; e sonno legatiquesti insieme con gli altri, che non si puòobservare l'uno che tutti non si observino, nélassarne uno che tutti non si lassino. Chi observaquest'o observa tutti gli altri, è fedele a me e alproximo suo, ama me e sta nella dileczione della

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mia creatura ; e però è obbediente, fassi subdito a'comandamenti della legge e alle creature per me,con umiltà e pazienzia porta ogni fadiga edetrazione dal proximo.

Questa obbedienzia fu ed è di tantaexcellenzia, che tutti ne contraeste la grazia, sicome perla disobbedienzia tutti avavate tratta lamorte. Ma e' non bastarebbe, se ella fusse statasolo nel Verbo, e ora non l'usaste voi. Giá ti dixiche ella era una chiave che diserris il cielo, laquale chiave pose nelle mani del vicario suo.Que., to vicario la pone in mano d'ogniuno,ricevendo il sancto baptesmo, dove egli promettedi renunziare al dimonio, al mondo e alle ponpe edelizie sue. Promettendo d'obbedire, riceve lachiave de l’obbedienzia ; si che ogniuno l'ha inparticolare, ed è la medesima chiave del Verbo. Ese l'uomo non va col lume della fede e con lamano de l'amore a diserrare con questa chiave laporta del cielo, giá mai dentro non vi entrarrà,non obstante che ella sia aperta [367] per loVerbo ; però che lo vi creai senza voi, ma non visalvarò senza Voi.

Addunque vi conviene portare in mano lachiave, e convienvi andare e non sedere : andareper la dottrina della mia Verità e non sedere, cioèponendo l'affetto suo in cosa finita, si comefanno gli uomini stolti che seguitano l'uomovecchio, il primo padre loro, facendo quello chefece egli, che gittò la chiave de l'obbedienzia nel

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loto della immondizia ; schiacciandola colmartello della superbia, arrugginilla con l'amoreproprio. Se non poi che venne il Verbo, unigenitomio Figliuolo, che si recò questa chiave del’obbedienzia in mano e purificolla nel fuoco delladivina carità ; trassela del loto, lavandola colSangue suo ; dirizzolla col coltello della giustizia,fabricando le iniquità vostre in su l’ancudine delcorpo suo. Egli la racconciò si perfectamente che,tanto quanto l'uomo guastasse la chiave sua per lolibero arbitrio, con questo medesimo liberoarbitrio, mediante la grazia mia, con questimedesimi strumenti la può racconciare. O ciecosopra cieco uomo, che, poi che tu hai guasta lachiave de l’obbedienzia, tu anco non ti curi diraconciarla ! E credi tu che la disobbedienzia, cheserrò el cielo, te l'apra ? Credi che la superbia, chene cadde, vi salga ? Credi col vestimentostracciato e bructo andare alle nozze ? Credi,sedendo e legandoti nel legame del peccatomortale, potere andare ? o senza chiave potereaprire l'uscio ? Non te lo imaginare di potere, chéingannata sarebbe la tua imaginazione. E' ticonviene essere sciolto. Esce del peccato mortaleper la sancta confessione e contrizione di cuore esatisfazione, e con proponimento di nonoffendere piú. Gittarai allora a terra el bructo elaido vestimento, e corrirai, col vestimentonunpziale, con lume e con la chiave del'obbedienzia in mano, a diserrare la porta. Lega,

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lega questa chiave col funicello della viltà edispiacimento di te e del mondo ; attaccala alpiacere di me tuo Creatore del quale debbi fareuno cingolo e cignerti, acciò che tu non la perda.

Sappi, figliuola mia, che molti sonno quegliche hanno presa questa chiave de l’obbedienzia,perché hanno veduto col lume [368] della fedeche in altro modo non possono camparedall'etterna danpnazione. Ma tengonla in manosenza el cingolo cinto e senza el funicellodentrovi : cioè che non si vestono perfectamentedel piacere di me, ma anco piacciono a loromedesimi. E non v'hanno posto el funicello dellaviltà, desiderando d'essere tenuti vili, ma piú tostodilectatisi della loda degli uomini. Questi sonnoacti a smarrire la chiave, pure che lo' soprabondiun poca di fadiga o tribulazione mentale ocorporale ; e, se non s'hanno ben cura, spessevolte, allentando la mano del sancto desiderio, laperdarebbero. El qual perdere è uno smarrire,ché, volendola ritrovare, possono, mentre chevivono ; e non volendo, non la truovano mai. Echi gli li manifestarà che l'abbino smarrita ? Lainpazienzia : perché la pazienzia era unita conl’obbedienzia ; non essendo paziente, si dimostrache l’obbedienzia non è ne l'anima.

Oh, quanto è dolce e gloriosa questa virtú, incui sonno tucte l'altre virtú ! Perché ella èconceputa e partorita dalla carità ; in lei è fondatala pietra della sanctissima fede ; ella è una reina

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che, di cui ella è sposa, non sente veruno male :sente pace e quiete. L'onde del mare tempestosonon gli possono nuocere, che l'offendano peralcuna sua tempesta il mirollo de l'anima. Nonsente l'odio nel tempo della ingiuria, però chevuole obbedire, ché sa che gli è comandato cheperdoni ; non ha pena che l'appetito suo non siapieno, perché l’obbedienzia l'ha facto ordinare adesiderare solamente me, che posso, so e voglioconpire i desidèri suoi, e hallo spogliato dellemondane ricchezze. E cosí in tucte le cose (lequali sarebbero troppo lunghe a narrare) truovapace e quiete, avendo questa reina del’obbedienzia presa per sposa, la quale t'ho postacome chiave.

O obbedienzia, che navighi senza fadiga, esenza pericolo giogni a porto di salute ! Tu ticonformi col Verbo, unigenito mio Figliuolo ; tusali nella navicella della sanctissima croce,recandoti a sostenere per non trapassarel’obbedienzia del Verbo, né escire della doctrinasua ; tu te ne fai una mensa, dove tu mangi el cibode l'anime, stando nella dileczione del proximo ![369] Tu se' unta di vera umilità, e però nonappetisci le cose del proximo fuore della volontàmia. Tu se' dricta senza veruna tortura, ché fai elcuore dricto e non ficto, amando liberalmente enon fictivamente la mia creatura. Tu se' unaaurora, che meni teco la luce della divina grazia.Tu se' uno sole che scaldi, perché non se' senza el

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calore della caritá. Tu fai germinare la terra, cioèche gli strumenti de l'anima e del corpo tuctiproducono fructo, che dá vita in sé e nel proximosuo. Tu se' tutta gioconda, perché non hai turbatala faccia per inpazienzia, ma ha' la piacevole conla piacevolezza della pazienzia, tucta serena difortezza. Se' grande con longa perseveranzia, sigrande che tieni dal cielo alla terra, perché conessa si diserra il cielo. Tu se' una margaritanascosta e non cognosciuta, calpestata dalmondo, avilendo te medesima, sottoponendotialle creature. Egli è si grande la tua signoria, cheveruno è che ti possa signoreggiare, perché se'escita della mortale servitudine della propriasensualità, la quale ti tolleva la dignità tua. Mortoquesto nemico, con l'odio e dispiacimento delproprio piacere, hai riavuta la tua libertà.

CAPITOLO CLVI. QUI INSIEMEMENTE SI PARLA DE LA MISERIA DE LI INOBEDIENTI E DE LA EXCELLENZIA DE LI OBEDIENTI.

– Ma Io ti dico, carissima figliuola, tuctoquesto ha facto la bontá e providenzia mia, cheproviddi che ‘l Verbo racconctasse la chiave,come decto è, di questa obbedienzia ; ma gliuomini del mondo, privati d'ogni virtú, fannotucto il contrario. Essi, si come animali sfrenati,perché non hanno il freno de l’obbedienzia,corrono, andando di male in peggio, di peccato inpeccato, di miseria in miseria, di tenebre in

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tenebre e di morte in morte ; tanto che siconducono in su la fossa della extremità dellamorte col vermine della conscienzia che sempregli rode. E poniamo che anco possano ripigliarel'obbedienzia di volere [370] obbedire a'comandamenti della legge, avendo il tempo edolendosi di quello che hanno disobbedito,nondimeno è molto malagevole per la longaconsuetudine del peccato. E però non sia verunoche se ne fidi, indugiando a pigliare la chiave del’obbedienzia ne l'ultima extremità della morte,benché ogniuno possa e debba sperare infine cheegli ha il tempo ; ma non se ne debba fidare, cheper questo pigli indugio a corrèggiare la vita sua.E chi è cagione di tanto loro male e di tantaciechità, che non cognoscono questo tesoro ? Lanuvila de l'amore proprio con la miserabilesuperbia, unde sonno partiti da l'obbedienzia ecaduti nella disobbedienzia. Non essendoobbedienti, non sonno pazienti, come detto è, enella inpazienzia sostengono intollerabili pene.Halli tratti della via della veritá e menali per la viadella bugia, facendosi servi e amici delle dimonia,e con loro insieme, se non si correggono conl'obbedienzia, vanno co' loro signori dimòni al’etterno supplicio ; si come i diletti figliuoliobservatori della legge e obbedienti godono edexultano nella etterna mia visione con loinmaculato e umile Agnello, facitore, adempitoree donatore della legge. In questa vita,

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observandola, hanno gustata la pace, e nella beatavita ricevono e vestonsi della perfectissima pace,dove è pace senza veruna guerra, e ogni benesenza veruno male, sicurtà senza veruno timore,ricchezza senza povertà, sazietà senza fastidio,fame senza pena, luce senza tenebre, uno sommobene infinito e non finito, e uno bene partecipatocon tutti e' veri gustatori.

Chi l'ha messo in tanto bene ? Il sangue del'Agnello, nella virtú del quale sangue la chiave del’obbedienzia perde la ruggine, acciò che con essapotesse diserrare la porta. Si che l’obbedienzia, invirtú del sangue, te l'ha diserrata. O stolti e matti,non tardate piú a escire del loto delle inmondizie,che pare che fatiate come il porco che s' invollenel loto, cosí voi nel loto della carnalità.

Lassate le ingiustizie, omicidii, odio e rancore,le detrazioni, mormorazioni, giudici e crudeltá, e'quali usate verso il proximo vostro, furti etradimenti, col disordenato piacere e diletti delmondo. Tagliate le corna della superbia, col qualetagliare [371] spegnerete l'odio che avete nelcuore verso di chi vi fa ingiuria, :Misurate leingiurie che fate a me e al proximo vostro conquelle che sonno facte a voi, e trovarrete che, arispecto di quelle che fate a me e a loro, le vostrenon sonno cavelle. Voi vedete bene che, standone l'odio, voi fate ingiuria a me, perché trapassateil comandamento mio, e fate ingiuria a lui,privandovi della dileczione della caritá. E giá v'è

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stato comandato che voi amiate me sopra ognicosa e ‘l proximo come voi medesimi. Non vi fumessa chiosa veruna, che vi fusse detto : – Se eglivi fa ingiuria, non l'amate : -no ; ma libero eschietto, perché fu dato a voi dalla mia Verità, checon schiettezza l'osservò e fece. Con questaschiettezza il dovete observare voi, e, se nonl'osservate, fate danno a voi e ingiuria a l'animavostra, privandola della vita della grazia.

Tollete, dunque, tollete la chiave del’obbedienzia col lume della fede ; non andate piúcon tanta ciechità né freddo ; ma con fuocod'amore tenete questa obbedienzia, acciò che,insiememente con gli observatori della legge,gustiate vita etterna.

CAPITOLO CLVII. DI QUELLI E' QUALI PONGONO TANTO AMORE ALL'OBEDIENZIA CHE NON RIMANGONO CONTENTI DE LA OBEDIENZIA GENERALE DE' COMANDAMENTI, MA PIGLIANO L’OBEDIENZIA PARTICULARE.

– Alcuni sonno, dilettissima figliuola mia, chetanto crescerà in loro el dolce e amoroso fuocod'amore verso questa obbedienzia ; e, perchéfuoco d'amore non è senza odio della propriasensualità, crescendo el fuoco, cresce l'odio ;unde, per odio e per amore, non si chiamanocontenti a l'obbedienzia generale de'comandamenti della legge (a' quali, come detto è,tutti sète tenuti e obligati d'obbedire, se volete

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avere la vita : se non che, avareste la morte), mapigliano la particulare, cioè l'obbedienziaparticulare che va dietro alla grande perfeczione,unde si fanno observatori de' consigli attualmentee mentalmente.

Voglionsi questi cotali, per odio di loro e peruccidere in [372] tutto la loro volontà, legarsi piúcorti. O essi si legano al giogo de l’obbedienzianella sancta religione ; o egli si legano fuore dellareligione ad alcuna creatura, sottomectendo laloro volontà in lei, per andare piú expediti adiserrare il cielo. Questi son quegli, de' quali Io tidixi che eleggevano l’obbedienzia perfectissima.

Decto t'ho della generale obbedienzia ; e,perché Io so che la tua volontà è che Io ti parli del'obbedienzia piú particulare, perfectissima, peròti narrarò ora di questa seconda, la quale non esceperò della prima, ma è piú perfecta : perché giá tidixi che elle erano unite insieme per si factomodo, che separare non si possono.

Hotti decto unde procede e dove si truoval'obbedienzia generale, e quale è quella cosa cheve la tolle. Ora ti dirò della particulare, nontraendoti di questo principio.

CAPITOLO CLVIII. PER CHE MODO SI VIENE DA L’OBEDIENZIA GENERALE A LA PARTICULARE. E DE LA EXCELLENZIA DE LE RELIGIONI.

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– L'anima che con amore ha preso il giogo del'obbedienzia de' comandamenti, seguitando ladoctrina della mia Verità, per lo modo che dectot'ho, con l’exercizio exercitandosi in virtú inquesta generale obbedienzia, verrà alla secondacon quello lume medesimo che venne alla prima.Perché col lume della sanctissima fede avaracognosciuto nel sangue de l'umile Agnello la miaveritá, l'amore ineffabile che Io gli ho e la fragilitàsua, che non risponde, con quella perfeczione chedebba, a me.

Va cercando con questo lume in che luogo ein che modo possa rendermi il debito, econculcare la propria fragilità e uccidere lavolontà sua. Raguardando, ha trovato il luogo collume della fede, cioè la sancta religione. La qualeè fatta dallo Spirito sancto, posta come navicellaper ricevere l'anime che vogliono còrrire a questaperfeczione, e conducerle a porto di salute. Elpadrone di questa navicella è lo Spirito sancto,che [373] in sé non manca mai per difecto diveruno subdito religioso che trapassasse l'ordinesuo : non può offendere questa navicella, maoffende se medesimo. È vero che, per difecto dicolui che tenesse il timone, la fa andare a onde ; equesti sonno e' gattivi e miserabili pastori, prelatiposti dal padrone di questa navicella. Ella è ditanto dilecto in se medesima, che la lingua tua noipotrebbe narrare.

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Dico che questa anima, cresciuto il fuoco deldesiderio, con odio sancto di sé avendo trovato illuogo, col lume della fede v'entra dentro morta,se egli è vero obbediente, cioè che perfectamenteabbi observata l’obbedienzia generale. E se egliv'entra inperfecto, non è però che non possagiognere alla perfeczione : anco vi giogne,volendo exercitare in sé la virtú de l’obbedienzia.Anco la maggiore parte di quegli che v'entranosonno inperfecti : chi v'entra con perfeczione, chiv'entra per fanciullezza, chi v'entra per timore, chiper pena e chi per lusinghe. Ogni cosa sta poi inexercitarsi nella virtú e in perseverare infino allamorte ; ché per l'entrare veruno giudicio non sipuò ponere, ma solo nella perseveranzia. Peròche molti sonno paruti che sieno andati perfecti,che hanno poi voltato el capo adietro, o stati nel'ordine con molta inperfeczione. Si che il modo efacto, con che entrano nella navicella (che sonotucti ordinati da me, chiamandoli in diversi modi),non si può giudicare ; ma solo l'affecto di coluiche dentro vi persevera con vera obbedienzia.

Questa navicella è ricca, che non bisogna alsubdito che abbi pensiero veruno di quello che glibisogni né spiritualmente né temporalmente ;però che, se egli è vero obbediente e observatorede l'ordine, egli è proveduto dal padrone delloSpirito sancto, come tu sai ch' Io ti dixi, quando tiparlai della providenzia mia, che i servi miei, seessi erano povari, non erano mendichi cosí

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costoro ; si che trovavano la loro necessità. Benela pro vavano e pruovano quegli che sonnoobservatori de l'ordine. Unde vedi che, ne' tempiche gli ordini si reggevano in fiore di virtú convera povertà e con caritá fraterna, non lo' vennemai meno la substanzia temporale, ma avevannepiú che non [374] richiedeva il loro bisogno. Ma,perché e' ci è intrata la puzza de l'amore proprioin vivere in particulare, ed è mancatal'obbedienzia, lo' viene meno la sustanziatemporale. E quanta piú ne posseggono ; inmaggiore mendicaggine si truovano. Giusta cosa èche, infino alle cose minime, pruovino che fruttolo' dá la disobbedienzia ; ché, se fusseroobbedienti, observarebbero il voto della povertà enon terrebbero proprio, né vivarebbero inparticulare.

Truovaci la ricchezza delle sancteordinazioni, poste con tanto ordine e con tantolume da coloro che erano fatti tempio di Spiritosancto. Raguarda Benedetto con quanto ordineordinò la navicella sua. Raguarda Francesco conquanta perfeczione e odore di povertà, con lematgarite delle virtú, egli ordinò la navicella del'ordine suo, dirizzandoli nella via dell'altaperfeczione ; ed egli fu il primo che la fece, dandolo' per sposa la vera e sancta povertà, la qualeaveva presa per se medesimo, abbracciando leviltà. Spiacendo a se medesimo, non disiderava dipiacere a veruna creatura fuore della volontà mia ;

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anco desiderava d'essere avilito nel mondo,macerando il corpo suo e uccidendo la volontà,vestitosi degli obrobri, pene e vitopèri per amorede l'umile Agnello, col quale egli s'era confitto echiavellato per affecto d'amore in su la croce :intantoché, per singulare grazia, nel corpo suoapàrbero le piaghe della mia Verità, mostrandonel vasello del corpo quello che era ne l'affetto del'anima sua. Si che egli lo' fece la via.

Ma tu mi dirai : – E non sonno fondate inquesto medesimo l'altre ? – Si ; ma in ogniunonon è principale (poniamo che tutte sieno fondatein questo), ma adiviene come delle virtú : tutte levirtú hanno vita dalla carità ; e nondimeno, comein altri luoghi t'ho detto, a cui è propria l'una, e acui è propria l'altra, e nondimeno tutti stanno incaritá. Cosí questi : a Francesco povarello gli fupropria la vera povertà, facendo il suo principiodella navicella, per affecto d'amore, in essapovertà, con molto ordine stretto, da genteperfetta e non comune, da pochi e buoni.« Pochi » dico, perché non sonno molti quelli cheeleggono questa perfeczione ; ma per li difectiloro sonno moltiplicati [375] in gente e venutimeno in virtú : non per difecto della navicella, maper li disobbedienti subditi e gattivi governatori.

E se tu raguardi la navicella del padre tuoDomenico, diletto mio figliuolo, egli l'ordinò conordine perfetto, ché volse che attendessero solo al'onore di me e salute de l'anime col lume della

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scienzia. Sopra questo lume volse fare il principiosuo ; non essendo però privato della povertà verae volontaria. Anco l'ebbe, e, in segno ch'eglil'aveva e dispiacevali il contrario, lassa pertestamento a' figliuoli suoi per eredità lamaladiczione sua e la mia, se essi posseggono otengono possessione veruna in particulare o ingenerale, in segno ch' egli aveva eletta per suasposa la reina della povertà. Ma per piú propriosuo obietto prese il lume della scienzia, perstirpare gli errori che a quello tempo erano levati.Egli prese l'officio del Verbo, unigenito mioFigliuolo. Drittamente nel mondo pareva unoapostolo : con tanta veritá e lume seminava laparola mia, levando la tenebre e donando la luce.Egli fu uno lume, che Io porsi al mondo colmezzo di Maria, messo nel corpo mistico dellasancta Chiesa come stirpatore de l'eresie.

Perché dixi « col mezzo di Maria » ? PerchéMaria gli die' l'abito : commesso fu l'officio a leidalla mia bontá. In su che mensa fa mangiare e'figliuoli suoi col lume della scienzia ? Alla mensadella croce, in su la quale croce è posta la mensadel sancto desiderio, dove si mangia anime peronore di me. Egli non vuole che' figliuoli suoiattendano ad altro se non a stare in su questamensa col lume della scienzia, a cercare solo lagloria e loda del nome mio e la salute de l'anime.E, acciò che non attendano ad altro, tolle la curadelle cose temporali, ché vuole che sieno poveri.

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Vero è che egli mancava in fede, temendo chenon fussero proveduti ? Non mancava, ché egliera vestito delle fede, ma con ferma speranzasperava nella providenzia mia.

Vuole che observino l'obbedienzia, sienoobbedienti a fare quello che sonno posti. Eperché il vivere inmondamente obfusca l'occhiode l'intelletto ; e non tanto de l'intelletto, ma perquesto miserabile vizio ne manca il vederecorporale ; unde egli non vuole che lo' siainpedito questo lume, col quale lume [376] meglioe piú perfectamente acquistano el lume dellascienzia : però pone il terzo voto dellacontinenzia, e in tucti vuole che l’observino convera e perfécta obbedienzia. Bene che al di d'oggimale s'Observi ; anco la luce della scienziapervertono in tenebre con la tenebre dellasuperbia : non che questa luce in sé ricevatenebre, ma quanto a l'anime loro. Dove èsuperbia non può essere obbedienzia ; e giá ti dixiche tanto era umile quanto obbediente, e tantoobbediente quanto umile. E, trapassando il votode l’obbedienzia, rade volte è che non trapassiquel della continenzia, o mentalmente oactualmente.

Si che egli ha ordinata la navicella sua legatacon questi tre funicelli : con obbedienzia,continenzia e vera povertà. Egli la fece tucta reale,non strignendola ad colpa di peccato mortale.Alluminato da me, vero lume, con providenzia

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providde a quegli che fussero meno perfecti ; ché,benché tucti quegli che observano l'ordine sienoperfecti, nondimeno anco in vita è piú perfectouno che un altro ; e, perfecti e non perfecti, tuctici stanno bene in questa navicella. Egli s'acostòcon la mia Verità, mostrando di non volere lamorte del peccatore, ma che si convertisse evivesse. Tucta larga, tucta gioconda, tuctaodorifera, uno giardino dilectosissimo in sé ; mae' miseri non observatori de l'ordine, matrapassatori, l'hanno tucto insalvatichito, tuctoingrossato con poco odore di virtú e lume discienzia in quegli che si notricano al pecto del'ordine. Non dico « ne l'ordine », che in sé, com'Io ti dixi, ha ogni dilecto ; ma non era cosí nelprincipio suo, che egli era uno fiore : anco c'eranouomini di grande perfeczione : parevano unosancto Pavolo, con tanto lume, che a l'occhio loronon si parava tenebre d'errore che non sidissolvesse.

Raguarda il glorioso Tommasso, che conl'occhio de l'intellecto suo tucto gentile sispecolava nella mia Verità, dove acquistò lumesopranaturale e scienzia infusa per grazia ; undeegli l'ebbe piú col mezzo de l'orazione che perstudio umano. Questi fu una luce ardentissima,che rende lume ne l'ordine suo e del corpomistico della sancta Chiesa, spegnendo le tenebrede l'eresie. [377]

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Raguardami Pietro vergine e martire, che colsangue suo. die' lume nelle tenebre delle molteeresie ; che tanto l'ebbe in odio, che se ne disposea lassarvi la vita. E, mentre che visse, l’exerciziosuo non er'altro che orare, predicare, disputarecon gli eretici e confessare, annunziando la veritáe dilatando la fede senza veruno timore. Ché nontanto ch'egli la confessasse nella vita sua, mainfine a l'ultimo della vita. Unde, nella extremitàdella morte, venendoli meno là voce e lo'nchiostro, avendo ricevuto il colpo, egli intinse ildito nel sangue suo : non ha carta questo gloriosomartire, e però s'inchina e scrive in terraconfessando la fede, cioè il « Credo in Deum ». Elcuore suo ardeva nella fornace della mia carità, eperò non allentò e' passi voltando il capo adietro,sapendo che doveva morire (però che, prima cheegli morisse, gli revelai la morte sua) ; ma, comevero cavaliere, senza timore servile, egli escefuore in sul campo della bactaglia.

E cosí molti te ne potrei contiare, e' quali,perché non avessero il martirio actualmente,l'avevano mentalmente, si come ebbe Domenico.Odi lavoratori, che questo padre misse nella vignasua a lavorare, extirpando le spine de' vizi epiantando le virtú ! Veramente Domenico eFrancesco sonno stati due colonne nella sanctaChiesa : Francesco con la povertà, cheprincipalmente gli fu propria, come decto è ; eDomenico con la scienzia.

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CAPITOLO CLIX. DE LA EXCELLENZIA DE LI OBEDIENTI E DE LA MISERIA DE LI INOBEDIENTI, LI QUALI VIVONO NE LO STATO DE LA RELIGIONE.

– Poi che i luoghi sonno trovati, cioè questenavicelle ordinate dallo Spirito sancto per lomezzo di questi padroni, e però ti dixi che loSpirito sancto era padrone di queste navicellefondate col lume della sanctissima fede,cognoscendo con questo lume che la clemenziamia (esso Spirito sancto) ne sarebbe [378]governatore, hotti mostrato il luogo, dicendotidella sua perfeczione. Ora ti parlarò del’obbedienzia e disobbedienzia di quegli che sonoin questa navicella, parlandoti insieme di tucti, enon in particulare : cioè non parlandoti piú d'unoordine che d'un altro, mostrando insiememente ildifecto del disobbediente con la virtú del'obbediente, acciò che meglio cognosca l'uno perl'altro, e come debba andare, cioè in che modo,colui che va ad intrare nella navicella de l'ordine.

Come debba andare colui che vuole intrarealla perfecta obbedienzia particulare ? Col lumedella sanctissima fede, col quale lume cognoscache gli conviene uccidere la propria volontà colcoltello de l'odio d'ogni propria passionesensitiva, pigliando la sposa che gli darà la caritá ela sorella. La sposa, dico, della vera e promptaobbedienzia con la sorella della pazienzia e con lanutrice de l'umilità ; ché, se egli non avesse questa

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nutrice, l’obbedienzia perirebbe di fame, perchéne l'anima, dove non è questa virtú piccola del'umilità, l’obbedienzia vi muore di subbito.

La umilità non è sola, ma ha la serva dellaviltà e spregio del mondo e di sé, che fa l'animatenere vile : non appetisce onori, ma vergogne.Cosí morto debba andare alla navicella de l'ordinequello che è in età da ciò ; ma, per qualunquemodo egli v'entra (perché ti dixi che in diversimodi Io gli chiamavo), egli debba acquistare econservare in sé questa perfeczione : pigliarelargamente e festinamente la chiave del'obbedienzia de l'ordine. La quale chiave diserralo sportello che è nella porta del cielo, si come laporta che ha lo sportello. Cosí questi cotali hannopreso a diserrare lo sportello, passando dallachiave grossa de l’obbedienzia generale chediserra la porta del cielo, si com' Io ti dixi. Inquesta porta hanno presa una chiave sottile,passando per lo sportello basso e strecto. Non èseparato però dalla porta : anco è nella porta, sícome materialmente tu vedi. Questa chiave ladebbono tenere, poi che essi l'hanno presa, e nongictarla da loro.

E perché i veri obbedienti hanno veduto, collume della fede, che col carico delle ricchezze ecol peso della loro volontà [379] essi nonpossono passare per questo sportello senzagrande loro fadiga e che non vi lassi la vita, néandare col capo alto che non sel rompano,

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chinandolo, vogliano essi o no, con loro pena ;però gittano via el carico delle ricchezze e dellapropria loro volontà, observando il voto dellapovertà volontaria, e non vogliono possedere,perché veggono, col lume della fede, in quantaruina essi ne verrebbero. Egli trapassarebberol’obbedienzia, ché non observarebbero il votopromesso della povertà. Essi ne vengono nellasuperbia, portando il capo ricto della volontàloro ; e, convenendo lo' alcuna volta pureobbedire, essi non il chinano per umilità, mapassanla con superbia, chinando il capo per forza.La quale forza rompe il capo a la volontà,facendo quella obbedienzia con dispiacimento del'ordine e del prelato loro. A mano a mano essi sivedrebbero ruinare ne l'altro, trapassando il votodella continenzia ; però che colui, che non haordinato l'appetito suo, né spogliatosi dellasubstanzia temporale, piglia le molteconversazioni e truova degli amici assai, chel'amano per propria utilitá. Dalle conversazionivengono alle strecte amistà. Il corpo loro tengonoin delizie, perché non hanno la baglia de l’umilità,non hanno la sorella sua della viltà ; e però stannonel piacere di loro medesimi, stando agiatamentee dilicatamente, non come religiosi, ma colpesignori ; non con la vigilia e orazione. Per queste emolte altre cose, le quali l’adivengono e fannoperché hanno che spendere (ché, se non avesseroche spendere, non l’adiverrebbe), caggiono nella

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inmondizia corporale o mentale : ché, se alcunavolta, per vergogna o per non avere il modo, essise n'astengono corporalmente, non si asterrannomentalmente. Ché inpossibile sarebbe a quegliche sta in molta conversazione, in dilicatezza dicorpo, in prendere disordenatamente i cibi esenza la vigilia e orazione, conservare la mentesua pura.

E però il perfecto obbediente vede dallalonga, col lume della sanctissima fede, il male e ildanno che ne gli verrebbe del possedere lasubstanzia temporale, e l'andare col peso dellapropria volontà. E vede bene che pure passare gliconviene per questo sportello, e che egli elpassarebbe con morte e non [380] con vita,perché non l’avarebbe diserrato con la chiave del’obbedienzia. Perché ti dixi che pure passare gliconveniva, e cosí è : cioè che, non partendosidalla navicella de l'ordine, pure, voglia egli o no,gli conviene passare per la strectezza del'obbedienzia del prelato suo. E però il perfectoobbediente leva sé sopra di sé e signoreggia lapropria sensualità. Levandosi sopra e' sen. timentisuoi con fede viva, ha messo l'odio nella casa del'anima sua, come servo perché cacci il nemico del'amore proprio, perché non vuole che la sposasua de l'obbedienzia (la quale gli fu data dallamadre della carità, sposata col lume della fede) siaoffesa. E però ne caccia il nemico, e mectevi lacompagna e la nutrice della sposa sua, e l'odio ha

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cacciato il nemico. L'amore de l’obbedienzia vimecte dentro gli amatori della sposa sua, cheamano la sposa de l’obbedienzia : ciò sonno levere e reali virtú e costumi e l’observanzie del'ordine. Unde questa dolce sposa entra dentro nel'anima con la sorella della pazienzia e con lanutrice de l’umilità, acompagnata con la viltà edispiacere di sé. Poi che ella è intrata dentro, ellapossiede la pace e la quiete, perché ha messi difuore i nemici suoi. Sta nel giardino della veracontinenzia col sole del lume de l' intellectodentrovi la pupilla della fede, ponendosi perobiecto la mia Verità, perché l’obiecto suo èveritá. Avi el fuoco che rende caldo a tucti e' servie compagni suoi, perché observa l'observanzie del'ordine con fuoco d'amore.

Quali sonno e' nemici suoi che stanno difuore ? El principale è l'amore proprio, cheproduce superbia, nemico della caritá e umilità, lainpazienzia contra la pazienzia, la disobbedienziacontra la vera obbedienzia. La infidelità ècontraria alla fede, il presummere e sperare in sénon s'acorda con la speranza vera, che l'animadebba avere in me. La ingiustizia non si conformacon la giustizia, né la inprudenzia con laprudenzia, né la intemperanzia con latemperanzia, né il trapassare e' comandamenti del'ordine con l'observanzia de l'ordine, né le gattiveconversazioni di coloro che scelleratamentevivono con la buona conversazione (anco so'

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nemici), né escire de' costumi e delle buoneconsuetudini de l'ordine. Questi sonno [381] inemici crudeli suoi : èvi l'ira contra labenivolenzia, la crudeltà contra la pietà, l'iracundia contra la benignità, l'odio delle virtúcontra l'amore d'esse virtú, la inmondizia contrala purità, la negligenzia contra la sollicitudine, laingnoranzia contra al cognoscimento, e il dormirecontra la vigilia e continua orazione.

E perché col lume della fede cognobbe chequesti erano tucti nemici, che avevano acontaminare la sposa sua della sanctaobbedienzia, però mandò l'odio che gli cacciasse,e l'amore che mectesse dentro gli amici suoi.Unde l'odio col coltello suo uccise la propriaperversa volontà ; la quale volontà, notricata dal'amore proprio, dava vita a tucti questi nemicidella vera obbedienzia. Mozzo il capo alprincipale, per cui si conservano tucti gli altri,rimane libero e in pace, senza veruna guerra. Nonha chi li li faccia, perché l'anima ha tolto da séquello che la tenea in amaritudine ed in tristizia.

E che guerra ha l'obbediente ? Fagli guerra laingiuria ? No, ché egli è paziente ; la qualepazienzia è sorella de l’obbedienzia. Sonnoli gravie' pesi de l'ordine ? No, ché l’obbedienzia nel faobservatore. Dagli pena la grave obbedienzia ?No, ché egli ha conculcata la sua volontà e nonvuole investigare la volontà del prelato suo négiudicarla, ma col lume della fede giudica la

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volontà mia in lui, credendo in veritá che laclemenzia mia gli fa comandare e non comandare,secondo che è di necessità alla salute sua. Recasiegli a schifezza e dispiacere di fare le cose vili del'ordine ? o sostenere le beffe e rimprovèri e glischerni e villanie, che spesse volte gli sonno factie decti ? e l'essere tenuto vile ? No, perch'egli haconceputo amore a la viltà e dispiacimento a semedesimo, con perfectissimo odio : anco godecon pazienzia, exultando con gaudio e giocunditàcon la sposa sua della vera obbedienzia.

Egli non si contrista se non de l'offesa chevede fare a me, suo Creatore ; la suaconversazione è con quegli che temono me inveritá. E se pure conversa con quelli che sonoseparati dalla volontà mia, non il fa perconformarsi co' difecti loro, ma per sottrarli dallaloro miseria, perché, con caritá fraterna, quel beneche egli ha in sé vorrebbe porgere a loro, vedendo[382] che piú loda e gloria tornarebbe al nomemio avere di molti di quelli che observasserol'ordine, che pure di lui. E però s'ingegna dichiamare e religiosi e secolari con la parola e conl'orazione : per qualunque modo egli può,s'ingegna di trarli della tenebre del peccatomortale.

Si che le conversazioni del vero obbedientesonno buone e perfette, o con giusti o conpeccatori che sieno, per l'ordinato affetto elarghezza di caritá. Della cella si fa uno cielo,

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dilettandosi di parlare e conversare in me, sommoe etterno Padre, con affetto d'amore, fuggendol'ozio con l'umile e continua orazione. E quandoe' pensieri, per illusione del dimonió, gliabbondano in cella, non si pone a sedere nel lettodella negligenzia, abbracciando l'ozio, né vuoleinvestigare per ragione le cogitazioni del cuore, néi suoi pareri : ma fugge l'ozio, levando sé sopra disé con odio sopra ci sentimento sensitivo, e convera umilità e pazienzia a portare le fadighe chesente nella mente sua ; resiste con la vigilia eumile orazione, veghiando l'occhio de l’ intellettosuo in me, vedendo col lume della fede che lo so'suo subvenitore, e che Io posso, so e vogliosubvenirlo ; apro le braccia della mia benignità, eperò gli li permetto perché sia piú sollicito afugire da sé e venire a me. E se l'orazionementale, per la grande fadiga e tenebre dellamente, paresse che gli venisse meno, egli piglia lavocale o l’exercizio corporale, acciò che con lavocale ed exercizio corporale fugga l'ozio. Conlume raguarda in me, che per amore gli li do,unde traie fuore il capo della vera umilità,reputandosi indegno della pace e quiete dellamente, come gli altri servi miei, e degno dellepene. Perché giá ha avilito nella mente sua semedesimo con odio e rimproverio di sé, non pareche si possa saziare delle pene, non mancandoli lasperanza né la providenzia mia, ma con fede econ la chiave de l'obbedienzia passa per questo

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mare tempestoso nella navicella de l'ordine ; ecosí è abitatore della cella, fuggendovi l'ozio,come detto è.

L'obbediente vuole essere il primo che entriin coro e l'ultimo che n'esca. E quando vede ilfrate piú obbediente e sollicito di lui, egli pigliauna sancta invidia, furandoli quella [383] virtú :non volendo però che ella diminuisca in colui.Ché, se egli volesse, sarebbe separato dalla caritádel proximo suo. L'obbediente non abandona ilrefettorio, anco il visita continuamente, edilettasene di stare alla mensa co' povarelli. E insegno che egli se ne dilettava, per non averemateria di stare di fuore, ha tolta da sé lasubstanzia temporale, observando perfettamenteil voto della povertà ; e tanto perfettamente, chela necessità del corpo tiene con rimproverio. Lacella sua è piena de l'odore della povertà, e non dipanni : non ha pensiero ch'e' ladri vengano perinbolarli, né che la ruggine o tigniuole li rodino e'vestimenti suoi. E se gli è donato alcuna cosa,non ha pensiero di riponerla, ma liberamente lacomunica co' fratelli suoi, non pensando el dí didomane ; ma nel di presente tolle la sua necessità,pensando solo del reame del cielo, e della veraobbedienzia in che modo meglio la possinoobservare. E perché per la via de l’umilità megliosi conserva, egli si sottomette al piccolo come algrande e al povaro come al ricco ; di tutti si faservo : non rifiutando mai labore, ogniuno serve

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caritativamente. L'obbediente non vuole farel’obbedienzia a suo modo, né eleggere tempo néluogo, ma a modo de l'ordine e del prelato suo.

Tutto questo fa senza pena o tedio di menteil vero obbediente e perfetto. Egli passa, conquesta chiave in mano, per lo sportello stretto del'ordine agiatamente e senza violenzia, perché haobservato e observa il voto della povertà, del’obbedienzia vera e della continenzia, levatal'altezza della superbia e chinato il capo al'obbedienzia per umilità. E però non rompe ilcapo per inpazienzia, ma è paziente con fortezzae longa perseveranzia, che sonno amici del’obbedienzia. Passa l'assedio delle dimonia,mortificando e macerando la carne sua,spogliandola delle delizie e diletti, e vestela dellefadighe de l'ordine con fede e senza sdegno.Come parvolo, che non tiene a mente la battituradel padre né ingiuria che gli fusse fatta, cosíquesto parvolo non tiene a mente né ingiurie néfadighe né battiture che ricevesse ne l'ordine dalprelato suo ; ma, chiamandolo, umilemente tornaa lui, non passionato d'odio, d'ira né di rancore,ma con mansuetudine e benivolenzia. [384]

Questi sonno quelli parvoli che contòe la miaVerità, quando dixe a' discepoli, checontendevano insieme qual di loro fusse ilmaggiore, facendosi venire uno fanciullo,dicendo : – « Lassate li parvoli venire a me, ché diquesti cotali è il reame del cielo ; e chi non si

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umiliarà come questo. fanciullo, cioè che egli abbila condizione sua, non intrarrà nel reame delcielo ». – Però che chi s'aumiliarà, carissimafigliuola, sarà exaltato, e chi sé exalta saràumiliato : anco questo medesimo dixe la miaVerità. Dunque, giustamente, questi parvoli umili,che per amore si sonno umiliati e facti subditi convera e sancta obbedienzia, non ricalcitrando al'ordine e al loro prelato, sonno exaltati da me,sommo ed etterno Padre, co' veri cittadini dellavita beata, dove sonno remunerati d'ogni lorofadiga, e in questa vita gustano vita etterna.

CAPITOLO CLX. COME LI VERI OBEDIENTI RICEVONO PER UNO CENTO E VITA ETERNA. E CHE S'INTENDE PER QUELLO UNO E PER QUELLO CENTO.

– Conpiesi in loro la parola che dixe nelsancto Evangelio il dolce e amoroso Verbo,unigenito mio Figliuolo, quando rispose a Pietro,che l'aveva dimandato : – « Maestro, noi aviamolassato ogni cosa per lo tuo amore e noimedesimi, e aviamo seguitato te : che ci darai ? » –La Verità mia rispose : – « Daròvi per uno cento,e vita etterna possederete ». – Quasi volesse direla mia Verità : – Ben hai facto Pietro, ché in altromodo non mi potevi seguitare ; ma Io in questavita te ne darò, per uno, cento. – E quale è questocento, dilectissima figliuola, che, di po' questo,séguita vita etterna ? Di quale intese e dixe la mia

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Verità ? Di substanzia temporale ? No,propriamente (poniamo che alcuna volta nel'elimosiniere Io facci multiplicare i benitemporali) ; ma di quali ? Di quello che dá lapropria sua volontà, che è una volontà, Io ne glirendo cento per questa una. Perché ti pongonumero di cento ? Perché cento è numeroperfecto, e non puoi agiognervi piú, se tu non tiricominci al primo. [385] Cosí la caritá èperfectissima sopra tucte l'altre virtú, ché non sipuò salire ad virtú piú perfecta. Ricominciti beneal cognoscimento di te, e cresci numero dicentonaia in merito, ma tu giogni pure al numerodel cento. Questo è quello cento, che è dato aquelli che hanno dato l'uno della loro volontà ene l’obbedienzia generale e in questa particulare ;e con questo cento avete vita etterna, però chesolo la caritá è quella che entra dentro comedonna, menandosene seco il fructo di tucte l'altrevirtú (ed esse rimangono di fuore), in me, vitadurabile, in cui essi gustano vita etterna, però chelo so' essa vita etterna. Non ci saglie la fede,perché essi hanno quello, per pruova e inessenzia, che hanno creduto per fede ; né lasperanza, ché essi sonno in possessione di quelloche hanno sperato ; e cosí tucte l’altre virtú. Solola caritá entra come reina e possiede me, suopossessore. Vedi dunque che questi parvoliricevono per uno cento, e vita etterna con esso,ricevendo qui el fuoco della divina carità, posto

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per lo numero del cento, come decto è. E perchéda me hanno ricevuto questo cento, stanno inadmirabile allegrezza cordiale. Perché nella caritánon cade tristizia, ma allegrezza : fa el cuore largoe liberale, e non doppio né strecto. L'anima, che èferita di questa dolce saetta, non mostra una infaccia e in lingua, e un'altra abbi nel cuore ; nonserve, né fa fictivamente e con ambizione alproximo suo, però che la caritá è aperta a ognicreatura. E però l'anima, che la possiede, noncade in pena né in tristizia afictiva, né si scorda del'obbedienzia, ma è obbediente infino a la morte.

CAPITOLO CLXI. DE LA PERVERSITA, MISERIE

E FADIGHE DE LO INOBEDIENTE. E DE' MISERABILI FRUTTI CHE PROCEDONO DA LA INOBEDIENZIA.

– El contrario fa il miserabile disobbediente,che sta nella navicella de l'ordine con tanta pena asé e ad altrui, che in questa vita gusta l'arra del'inferno. Egli sta sempre in tristizia, confusione estimolo di conscienzia, con dispiacimento del'ordine [386] e del prelato suo ; incomportabile èa se medesimo. Or che è a vedere, figliuola mia,quello che ha presa la chiave de l’obbedienzia del'ordine con la disobbedienzia, alla quale egli s'èfacto schiavo, e la disobbedienzia ha (acta donna,con la compagna della inpazienzia, nutricata dallasuperbia col proprio piacere. La quale superbiadetto è che esce dall'amore proprio di sé. Tucto si

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rivolle in contrario ad quello che detto t'ho dellavera obbedienzia ; e come può questo miserostare altro che in pena, che è privato della carità ?Conviengli chinare il capo della volontà sua perforza ; e la superbia gli li tiene ritto. Tutte le suevolontà si discordano dalla volontà de l'ordine.Egli li comanda l'obbedienzia, ed egli ama ladisobbedienzia ; la povertà volontaria, ed egli lafugge, possedendo e desiderando la ricchezza ;vuole continenzia e purità, ed egli inmondizia.Trapassando questi tre voti, figliuola mia, ilreligioso cade in ruina e in tanti miserabili difetti,che l'aspetto suo non pare religioso, ma unodimonio incarnato, si come in un altro luogo lo tinarrai piú distesamente. Non lassarò però chealcuna cosa non te ne conti dello inganno loro edel frutto che traggono della disobbedienzia, acomendazione ed exaltazione de I'obbedienzia.

Questo misero è ingannato dal proprioamore, perché l'occhio de l'intelletto suo s'èposto, con fede morta, nel piacere della propriavolontà e nelle cose del mondo. Ha saltato ilmondo col corpo e rimastovi con l'affetto. Eperché gli pare fadiga l’obbedienzia, vuoledisobbedire per fuggire fadiga ; e egli cade inmaxima fadiga, ché pure obbedire gli conviene oper forza o per amore. Meglio gli era, e menofadiga, a fare l’obbedienzia per amore che senzaamore.

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Oh ! come è ingannato ! E neuno è che loinganni, se non egli medesimo. Volendo piacersi,egli si dispiace, dispiacendoli le sue operazionistesse, che farà per l’obbedienzia che gli è posta.Volendo stare in grande dilecto e farsi vita etternain questa vita, e l'ordine vuole che egli siaperregrino, e continuamente glil dimostra, ché,quando egli s'è posto in uno luogo a sedere, dovevorrebbe stare per piacere e dilecto che egli vitruova, egli è mutato. Nella mutazione ha pena,perché la volontà [387] sua era viva a non volere.E, se egli non obbedisce, e egli è suggecto aconvenirli portare la disciplina e fadiga del'ordine ; e cosí sta in continuo tormento.

Vedi dunque che s'inganna : volendo fuggirele pene, cade intro le pene, perché la ciechità suanon el lassa cognoscere la via della veraobbedienzia, che è una via di veritá, fondata nel'obbediente Agnello, unigenito mio Figliuolo, chegli tolle la pena. E però va per la via della bugia,credendovi trovare dilecto, e egli vi truova pena eamaritudine. Chi vel guida ? L'amore, che egli ha,per la propria passione, al disobbedire. Questi,come stolto, vuole navicare in questo maretempestoso sopra le braccia sue, fidandosi nel suomisero sapere ; e non vuole navigare sopra lebraccia de l'ordine e del prelato suo. Questi stabene nella navicella de l'ordine corporalmente, manon mentalmente : anco n'è escito per desiderio,non observando l'ordinazioni né i costumi de

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l'ordine né i tre voti promessi, che egli promisse,nella sua professione, d'observare. Egli sta nelmare della tempesta percosso dai venti moltocontrari alla navicella. Sta attaccato solo per lipanni, portando l'abito in sul corpo, ma non incuore.

Questo non è frate, ma uno uomo vestito :uomo in forma, ma in effetto e nel vivere suo èpeggio che animale. E non vede egli che piúfadiga gli è a navicare con le sue braccia che conl'altrui ? E non vede egli ch'egli sta a pericolo dimorte etternale, come il panno si staccasse dallanavicella, che, subbito che fusse staccato colmezzo della morte, non avarebbe piú rimedio ?No, che egli nol vede : perché con la nuvila del'amore proprio, unde gli è venuta ladisobbedienzia, s'è privato del lume che non ellassa vedere e' guai suoi. Adunquemiserabilemente s'inganna.

Che frutto produce l’arbore di questomisero ? Frutto di morte, perché ha piantata laradice de l'affetto suo nella superbia, che egli hatratta del piacere e amore proprio di sé. E peròogni cosa n'esce corrotto. E' fiori, le foglie e ilfructo e i rami de l’arbore tutti sono guasti. E' trerami, che ha questo arbore, sonno guasti, cioè ilramo de l’obbedienzia, povertà e [388]continenzia, che sonno tre rami che sicontengono nel pedone de l'affetto, el quale èmale piantato, come detto è. Le foglie che

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produce questo arbore, che sono le parole, sonnocorrotte per si facto modo che nella bocca d'unoribaldo secolare non starebbero. E, s'egli avara adanunziare la parola mia, egli la gitta con parlarepolito, none schietto ch'egli attenda a pàsciarel’anime di questo seme della mia parola, maparlare molto politamente.

Se tu raguardi e' fiori di questo arbore, essigittano puzza : ciò sonno le varie e diversecogitazioni, le quali voluntariamente riceve condiletto e piacimento, non fuggendo el luogo né levie che vel fanno venire ; anco le cerca per poterevenire a compimento del peccato, el quale è unofructo che l'uccide, tollegli la vita della grazia edagli morte etternale. E che puzza gitta questofructo generato col fiore de l'arbore ? Gitta puzzadi disobbedienzia ; col pensiero del cuore vuoleinvestigare e giudicare in male la volontà delprelato suo : gitta inmondizia, dilectandosí conmolte conversazioni col miserabile vocabolo delledivote.

O misero, tu non t'avedi che, sotto il coloredella devozione, riescirai con la brigata de'figliuoli ! Questo ti dá la disobbedienzia tua. Nonhai presi e' figliuoli delle virtú, si come fa il veroobbediente. Egli cerca d'ingannare il prelato suo,quando vede che gli diniega quello che la perversasua volontà vorrebbe, usando le foglie delleparole lusinghevoli o aspre, parlandoinreverentemente e con rimproverio. Egli non

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conporta il fratello suo, né può sostenere unapiccola parola né riprensione che gli fusse fatta ;ma subbito traie fuore il fructo avelenato dellainpazienzia, ira e odio verso il fratello suo,giudicando in suo male quello che egli ha facto insuo bene ; e, cosí scandalizzato, vive in penal'anima e ‘l corpo.

Perché è dispiaciuto al fratello suo ? Perchépiacque a sé sensitivamente. Egli fugge la cellacome fusse uno veleno, perché egli è escilo dellacella del cognoscimento di sé, per la qual cosa eglivenne a disobbedienzia : però non può stare nellacella attuale. Nel refectorio non vuole apparire, senon come a [389] suo nemico, mentre che egli hache spendere : non avendo che, la necessità velmena. Bene fecero dunque gli obbedienti, chevolsero observare il voto della povertà per nonavere-che spendere, acciò che non gli traesse dellasoave mensa del refectorio, dove l'obbedientenotrica in pace e in quiete l'anima e’l corpo. Nonha pensiere d'apparechiare né provedersi come ilmisero ; el,quale misero, al gusto suo, il visitare ilrefectorio gli pare amaro, e però il fugge.

Al coro sempre vuole essere l'ultimo a intraree il primo che n'esca. Con le labbra sues'appressima a me, e col cuore se ne dilunga. licapitolo, per timore della penitenzia, il fuggevolontieri quando egli può : lo starvi fa come sefusse suo nemico mortale, con vergogna econfusione nella mente sua (quello che nel

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commettere le colpe non ebbe, nonvergognandosi di commettere la colpa de' peccatimortali). Chi ne gli è cagione ? La disobbedienzia.Egli, non vigilia né orazione, e non tantol'orazione mentale, ma spesse volte l'officio, adche egli è obligato, non il dirà ; non caritáfraterna, ché egli non ama altro che sé, nond'amore ragionevole, ma d'amore bestiale. Tantisonno e' mali che gli caggiono in capo aldisobbediente, tanti sono i dolorosi frutti suoi,che la lingua tua non gli potrebbe narrare !

Oh disobbedienzia, che spogli l'anima d'ognivirtú e vestila d'ogni vizio ! Oh disobbedienzia,che privi l'anima del lume de l'obbedienzia, tollilela pace e da'le la guerra, tollile la vita e da' le lamorte, traendola della navicella de l’observanziede l'ordine, affoghila nel mare, facendola notaresopra le braccia sue e non sopra quelle del'ordine. Tu la vesti d'ogni miseria, fa' la morire difame, tollendole il cibo del merito del’obbedienzia. Tu le dai continua amaritudine, eprivila d'ogni dilecto di dolcezza e d'ogni bene, efa' la stare in ogni male. In questa vita le faiportare l'arra de' crociati tormenti ; e, se egli nonsi corregge inanzi ch'e' panni si stacchino dallanavicella col mezzo della morte, tu,disobbedienzia, conduci l'anima a l’etternadanpnazione con le demonia, che caddero di cieloperché furono ribelli a me e andarono nelprofondo. Cosi tu, disobbediente, [390] perché se'

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stato ribello a l'obbedienzia ; e questa chiave, conche dovevi aprire la porta del cielo, tu l'hai gittatada te, e con la chiave della disobbedienzia haiaperto lo 'nferno.

CAPITOLO CLXII. DE LA INPERFECZIONE DI QUELLI CHE TIEPIDAMENTE VIVONO NE LA RELIGIONE, AVENGACHÉ SI GUARDINO DA PECCATO MORTALE. E DEL REMEDIO DA USCIRE DE LA LORO TIEPIDITADE.

– O carissima figliuola, e quanti sonno questicotali che al di d'oggi si pascono in questanavicella ? Molti : unde pochi sonno e' contrari,cioè i veri obbedienti. È vero che tra e' perfecti equesti miserabili ci ha assai di quegli che si vivonone l'ordine comunemente, che né perfecti sonno,come essi debbono essere, né gattivi sonno, cioèche pure conservano la conscienzia loro che nonpeccano mortalmente, stanno in tiepidezza efreddezza di cuore. E se essi non exercitano unpoco la vita loro con l’observanzie de l'ordine,stanno a grande pericolo ; e però l'è bisognomolta soljicitudine, e non dormire, e levarsi dallatiepidezza loro. Ché, se essi vi permangono,sonno acti a cadere. E se pure non cadessero,staranno con uno loro parere e piacere umano,colorato col colore de l'ordine, studiandosi piúd'observare le cirimonie de l'ordine chepropriamente l'ordine. E spesse volte, per pocolume, saranno acri a cadere in giudicio in quegli

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che piú perfectamente di loro observano l'ordine,e in meno perfeczione le cirimonie, delle quali e'si fanno observatori.

Si che, in ogni modo, è loro nocivo apermanere ne l'obbedienzia comune, cioè chefreddamente passano l’obbedienzia loro, conmolta fadiga e con molta pena. Però che al cuorefreddo pare fadigoso a portare : portano fadigaassai, con poco fructo ; offendono la loroperfeczione, nella quale essi sonno intrati e sonnotenuti d'observarla ; e, poniamo che faccino menomale che gli altri de' quali Io t'ho contato, puremale fanno : [391] ché essi non si partirono dalsecolo per stare con la chiave generale del'obedienzia, ma per diserrare il cielo con lachiavicella de l'obbedienzia de l'ordine, la qualechiavicella debba essere col funicello della viltà,avilendo se medesimo, e col cingolo de l'umilità,come decto è, tenerla strecta nella mano del'affocato amore.

Sappi, carissima figliuola, che essi sono beneacti a giognere alla grande perfeczione, se essivogliono, perché vi sonno piú presso che gli altrimiseri. Ma in un altro modo sonno piú malagevoliquesti, nel grado loro, a levarli dalla loroinperfeczione, che lo iniquo, nel suo grado, dellasua miseria. E sai tu perché ? Perché questo sivede manifestamente che egli fa male, e laconscienzia glil manifesta ; unde per l'amoreproprio di sé, che l'ha indebilito, non si sforza ad

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escire di quella colpa che egli vede, con uno lumenaturale, che egli fa male quel che fa. Unde chi eldimandasse : – E non fai tu male di fare questo ?– Direbbe : – Sí, ma è tanta la mia fragilità, chenon pare ch'io ne possa escire. – Benché egli nondice il vero, ché con l’aiutorio mio ne può escire,se vuole ; nondimeno pur cognosce che fa male :col quale cognoscimento gli è agevole apotern'escire, se vuole.

Ma questi tiepidi, che né un grande malefanno né uno grande bene, non cognoscono lafreddezza dello stato loro, né in quanto dubbiostanno. Non cognoscendola, non si curano dilevarsene né curano che lo' sia mostrato ; essendolo' mostrato, per la freddezza del cuore loro, sirimangono legati nella loro longa consuetudine eusanza.

Che modo ci sarà in costoro di farli levare ?Che tolgano le legna del cognoscimento di sé, conodio del proprio piacimento e reputazione, emettanle nel fuoco della divina mia carità ;sposando di nuovo, come se allora alloraintrassero ne l'ordine, la sposa della veraobbedienzia con l'anello della san. ctissima fede, enon dormano piú in questo stato, ch'egli è moltospiacevole a me e danno a loro. Drictamente sipotrebbe dire a loro quella parola : « Maladectitiepidi ! che almen fuste voi pur ghiacci. Se voinon vi correggete, sarete vomicati dalla [392]bocca mia », per quello modo che decto t'ho.

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Ché, non levandosi, sonno acti a cadere ; e,cadendo, sarebbono reprovati da me. Innanzivorrei che fuste ghiacci : cioè che inanzi vi fustestati nel secolo con l’obbedienzia generale, laquale, a rispecto del fuoco de' veri obbedienti, simostra quasi uno ghiaccio ; e però dixi : « almenofuste voi pure ghiacci ». Hotti dichiarata questaparola, acciò che in te non cadesse errore dicredere ch' Io ci volesse piú tosto nel ghiaccio delpeccato mortale che nella tiepidezza dellainperfeczione. No, ché io non posso volere colpadi peccato, ché in me non è questo veneno : ancomi dispiacque tanto ne l'uomo, che Io non volsiche passasse senza punizione, ché, non essendol'uomo sufficiente a portare la pena che gliseguitava doppo la colpa, mandai el Verbo del'unigenito mio Figliuolo. Egli con l'obbedienziala fabricò sopra ci Corpo suo.

Levinsi dunque con exercizio, con vigilia, conumile e continua orazione ; specchinsi ne l'ordineloro e ne' padroni di questa navicella, che sonnostati uomini come eglino, nutricati d'un medesimocibo, nati in uno medesimo modo. E quello Dioso' ora, che allocta. La potenzia mia non èinfermata, la mia volontà non è diminuita involere la salute vostra, né la sapienzia mia in darvilume, acciò che cognosciate la mia veritá.Adunque possono, se egli vogliono, pure che sel'arrechino dinanzi a l'occhio de l'intelletto,privandosi della nuvila de l'amore proprio, e col

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lume corrano co' perfetti obbedienti. Con questoci giogneranno ; in altro modo, no : si che ilremedio ci è.

CAPITOLO CLXIII. DE LA EXCELLENZIA DE LA OBEDIENZIA, E DE’ BENI CHE DÁ A CHI IN VERITÁ LA PIGLIA.

– Questo è quello vero remedio che tiene ilvero obbediente ; e ogni di di nuovo il tiene,augmentando la virtú de l'obbedienzia col lumedella fede, desiderando scherni e villanie e che glisieno imposti e' grandi pesi dal prelato suo,perché la virtú de l'obbedienzia e la pazienzia suasorella non [393] irrugginiscano, acciò che, neitempo che le bisognano adoperare, elle nonvenissero meno o desserli molta malagevolezza ; eperò continuamente suona lo stormento deldesiderio e non lassa passare il tempo, perchén'ha fame. È una sposa sollicita, che non vuolestare oziosa. Oh obbedienzia dilectevole, ohobbedienzia piacevole, obbedienzia soave ;obbedienzia illuminativa, perché hai levata latenebre del proprio amore ; obbedienzia chevivifichi, dando, ne l'anima, la vita de la grazia,che te ha eletta per sposa, toltole la morte dellavolontà propria, che dá guerra e morte nel'anima ! Tu se' larga, ché d'ogni creatura che ha insé ragione ti fai subdita. Tu se' benigna e pietosa :con benignità e mansuetudine porti ogni grandepeso, perché se' acompagnata con la fortezza e

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vera pazienzia. Tu se' coronata della corona dellaperseveranzia ; tu non vieni meno per lainportunità del prelato né per grandi pesi che egliti ponesse senza discrezione, ma col lume dellafede ogni cosa porti. Tu se' si legata con laumilità, che neuna creatura la può trare dellamano del sancto desiderio de l'anima che tipossiede.

E che diremo, dilectissima e carissimafigliuola, di questa excellentissima virtú ? Diremoche ella è uno bene senza veruno male ; sta nellanave, nascosta, che neuno vento contrario le puònuocere ; fa navicare l'anima sopra le braccia del'ordine e del prelato, e non sopra le sue, perché ilvero obbediente non ha a rendare ragione di sé ame, ma il prelato di cui egli è stato subdito.

Inamòrati, dilectissima figliuola, di questagloriosa virtú. Vuogli tu essere grata de' benefiziricevuti da me, Padre etterno ? Sia obbediente,però che l'obbedienzia ti mostra se tu se' grata,perché procede dalla carità. Ella ti mostra se tunon se' ignorante, perché procede dalcognoscimento della mia veritá. Und, ella è unobene cognosciuto nel Verbo, el quale v'insegnò l ;via de l'obbedienzia come vostra regola, facendosiobbedient( infino all'obrobriosa morte dellacroce, nella cui obbedienzi, (che fu la chiave chediserrò il cielo) è fondata l’obbedienzia, data avoi, generale e questa particulare, si come nel

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principio del tractato di questa obbedienzia lo tinarrai. [394]

Questa obbedienzia da uno lume ne l'anima :mostra che ella è fedele a me ed è fedele a l'ordinée al prelato suo. Nel quale lume della sanctissimafede ha dimenticato sé, non cercando sé per sé,perché ne l'obbedienzia, acquistata col lume dellafede, ha mostrato che nella volontà sua egli èmorto a ogni proprio sentimento. Il qualesentimento sensitivo cerca le cose altrui e non lesue, come fa il disobbediente, che vuoleinvestigare la volontà di chi li comanda egiudicarla secondo il suo basso parere e vederetenebroso, ma non la sua perversa volontà che glidá morte. Il vero obbediente, col lume della fede,ha giudicata la volontà del suo prelato in bene, eperò non cerca la volontà sua, ma china il capo, econ l'odore della vera e sancta obbedienzianotrica l'anima sua. E tanto cresce ne l'animaquesta virtú, quanto si dilata nel lume dellasanctissima fede : ché con quello lume della fedecol quale l'anima cognosce sé e me, con quellom'ama e s'aumilia. E quanto piú ama ed èumiliata, tanto piú è obbediente ; e l’obbedienziacon la pazienzia sua sorella dimostrano se l'animain veritá è vestita del vestimento nupziale dellacarità, col quale vestimento intrate in vita etterna.

Unde l’obbedienzia diserra il cielo e rimane difuore ; e la carità, che diede questa chiave, entra

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dentro col frutto de l’obbedienzia. Ogni virtú, sicom' lo ti dixi, rimane di fuore, e

questa entra dentro ; ma all'obbedienzia l'èapropriato che ella è chiave che v'opre, perchécon la disobbedienzia del primo uomo fu serratoil cielo, e con l'obbedienzia dell'umile é fedele einmaculato Agnello, unigenito mio Figliuolo, fudiserrata vita etterna, che tanto tempo era stataserrata.

CAPITOLO CLXIV. DISTINCZIONE DI DUE OBEDIENZIE, CIOÈ DI QUELLA DE' RELIGIOSI E DI QUELLA CHE SI RENDE AD ALCUNA PERSONA FUORE DE LA RELIGIONE.

– Si come decto t'ho, egli ve la lassòe perregola e per doctrina, dandovela come chiave conche poteste aprire per giognere al fine vostro. Eglive la lassò per comandamento nella [395] generaleobbedienzia. Egli ve ne consiglia, consigliandovise voi volete andare alla grande perfeczione epassare per lo sportello strecto, come decto è, del'ordine. E anco di quegli che non hanno ordine enondimeno sonno nella navicella dellaperfeczione (ciò sonno quelli che observano laperfeczione de' consigli fuore de l'ordine) hannorifiutato le ricchezze e le pompe del mondoactuali e mentali e observano la continenzia : chista in stato virginale e chi ne l'odore dellacontinenzia, essendo privati della virginità. Essiobservano l'obbedienzia sottomettendosi, si come

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in un altro luogo lo ti dixi, ad alcuna creatura, allaquale s'ingegnano, con perfetta obbedienzia,obbedirle infino alla morte. E se tu risidimandassi quale è di maggiore merito, o quegliche sta ne l'ordine o questi, Io ti rispondo che ‘lmerito de l’obbedienzia non è misurato ne l'attoné nel luogo né in cui, piú in buono che ingattivo, piú in secolare che in religioso ; ma,secondo la misura de l'amore che ha l'obbediente,con questa misura gli è misurato. Ché al veroobbediente la inperfeczione del prelato gattivonon gli nuoce : anco alcuna volta gli giuova,perché con la persecuzione e con pesi indiscretidella grave obbedienzia acquista la virtú del’obbedienzia e la pazienzia sua sorella. Né illuogo inperfecto non gli nuoce. Inperfecto, dico,ché piú perfetta e piú ferma e stabile cosa è lareligione che veruno altro stato : e però ti pongoinperfecto il luogo di questi che hanno la chiavepiccola de l'obbedienzia, observando i consiglifuore de l'ordine ; ma non ti pongo inperfecta nédi meno merito la loro obbedienzia, perché ogniobbedienzia, come detto è, e ogni altra virtú èmisurata con la virtú de l'amore.

È ben vero che in molte altre cose, si per lovoto che egli fa nelle mani del prelato suo e siperché sostiene piú, piú e meglio gli è provata laobbedienzia ne l'ordine che fuore de l'ordine ;però che ogni atto corporale gli è legato a questogiogo e non si può sciogliere, quando.egli vuole,

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senza colpa di peccato mortale, perché èapprovato dalla sancta Chiesa e facto voto. Maquesti non è cosí : egli s' è legato volontariamente,per amore che egli ha all'obbedienzia, ma non convoto solelnpne ; unde, senza colpa di peccatomortale, si potrebbe partire [396] dall'obbedienziadi quella creatura, avendo legiptime cagioni cheper lo suo difetto egli non si partisse. Ma, se sipartisse per suo difetto, non sarebbe senzagravissima colpa : non però obligato a peccatomortale, propriamente, per quello partire : Sai tuquanto ha da l'uno a l'altro ? Quanto da colui chetolle l' altrui, a quello che ha prestato e poi ritollequello che per amore aveva donato, conintenzione però di non richiederlo, ma carta nonne fa affermativamente. Ma quelli ha donato etrattane la carta nella professione, unde nelle manidel prelato renunzia a se Inedesimo e promected'observare obbedienzia e continenzia e povertàvolontaria. E il prelato promecte a lui, se egliobserva irIfino alla morte, di darli vita etterna.

Si che in observanzia, in luogo e in modo,quella è piú perfecta, e questa è meno perfetta :quella è piú sicura, e, cadendo, è piú atto arilevarsi perché ha piú aiuto ; e questa è piúdubbiosa e meno sicura, e piú atto, s'egli vienecaduto, a voltare il capo a dietro, perché non sisente legato per voto facto in professione, comesta il relegioso prima che sia professo, che infinoalla professione si può partire, ma poi no. Ma il

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merito, t'ho detto e dico, che egli è dato secondola misura de l'amore dei vero obbediente, acciòche ogniuno, in qualunque stato egli si sia, possaperfettamente avere il merito, avendolo postosolo ne l'amore.

Cui chiamo in uno stato e cui in uno altro,secondo che ciascuno è atto a ricevare ; maogniuno s'empie con questa misura detta del'amore. Se il secolare ama piú che il religioso, piúriceve ; e cosí il religioso piú che ‘l secolare, e cosítutti gli altri. [397]

CAPITOLO CLXV. COME DIO NON MERITA SECONDO LA FADIGA DE L’OBEDIENZIA NÉ SECONDO LONGHEZZA DI TEMPO, MA SECONDO

LA GRANDEZZA DE LA CARITA. E DE LA PRONTITUDINE DE' VERI OBEDIENTI, E DE' MIRACOLI CHE DIO HA MOSTRATI PER QUESTA VIRTÚ. E DE LA DISCREZIONE NELL'OBEDIRE, E DELL'OPERE E DEL PREMIO DEL VERO OBEDIENTE.

– Tutti v'ho messi nella vigna del’obbedienzia a lavorare in diversi modi. Aogniuno gli sara dato il prezzo secondo la misurade l'amore e non secondo l'operazione né misuradel tempo ; cioè che piú abbi colui che viene pertempo, che quello che viene tardi, si come sicontiene nel sancto Evangelio. Ponendovi la miaVerita l'exemplo di quelli che stavano oziosi efurono messi dal Signore a lavorare nella vigna

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sua : e tanto die' a quelli che andarono all'auroraquanto a quelli della prima, e tanto a quelli dellaterza e a quegli che andàro a sexta, a nona e avesparo quanto a' primi ; mostrandovi la miaVerità che voi sète remunerati non secondo iltempo né opera, ma secondo la misura del'amore. Molti sonno messi nella puerizia loro alavorare in questa vigna : chi v'entra piú tardi, echi nella sua vecchiezza. Questi anderà alcunavolta con tanto fuoco d'amore, perché si vedra labrevità del tempo, che ringiugne quegli cheintrarono nella loro puerizia, perché sonno andatico' passi lenti. Adunque ne l'amore de l'obbedienzia riceve l'anima il merito suo : ineempie il suo vasello in me, mare pacifico.

Molti sonno che tanto hanno pronpta questaobbedienzia e tanto l'hanno incarnata dentro nel'anima loro, che, non tanto che si pongano avolere vedere il perché è loro comandato da coluiche lo' comanda, ma a pena che essi aspettinotanto che la parola gli esca della bocca, col lumedella fede intendono la intenzione del prelatoloro. Unde il vero obbediente obbedisce piú a laintenzione che a la parola, giudicando che lavolontà del prelato sia nella volontà mia, e permia dispensazione e volontà comandi a lui ; eperò ti dixi che obbediva piú alla [398] intenzioneche alla parola. Però obbedisce egli alla parola,perché prima obbediva con l’affecto alla volontà

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sua, vedendo col lume della fede e giudicando lavolontà sua in me.

Bene il mostrò quello di cui si legge in VitaPatrum, che prima obbediva con l’affecto ; ché,essendoli comandato dal prelato suo unaobbedienzia, avendo cominciato uno « O », che ècosí piccola cosa, non die' tanto spazio a semedesimo che egli el vo. lesse compire, masubbito fu pronpto a l’obbedienzia. Unde, permostrare quanto m'era piacevole, vi feci il segno,e compi l'altra metà, scripto d'oro, la clemenziamia.

Questa gloriosa virtú è tanto piacevole a meche in neuna virtú è in che tanti segni e testimonidi miracoli siano dati da me quanti a lei, perchéella procede dal lume della fede.

Per dimostrare quanto ella m'è piacevole, laterra è obbediente a questa virtú, gli animali lesonno obbedienti, l'acqua sostiene l'obbediente. Ese tu ti vòlli alla terra, a l'obbediente obbedisce, sícome vedesti, se bene ti ricorda d'avere lecto diquello discepolo, che, essendoli dato uno legnosecco dal suo abbate, ponendoli per obbedienziache ‘l dovesse piantare nella terra e inaffiarlo ognidí, egli, obbediente, col lume della fede, non sipose a dire : – Come sarebbe possibile ? – ma,senza volere sapere la possibilità, compièl’obbedienzia sua, intantoché, in virtú del’obbedienzia e della fede, il legno secco rinverdí efece fructo, in segno che quella anima era levata

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dalla secchezza della disobbedienzia, e, rinverdita,germinava il fructo de l’obbedienzia. Unde ilpomo di quello legno era chiamato per li sanctipadri « el fructo de l'obbedienzia ».

E se tu raguardi negli animali,medesimamente. Unde quello discepolo, mandatoda l’obbedienzia, per la purità e obbedienzia suaprese uno dragone e menollo a l’abbate suo. Mal’abbate, come vero medico, perché egli nonvenisse ad vento di vanagloria e per provarlo nellapazienzia, il cacciò da sé con rimproverio,dicendo : – Tu, bestia, hai menata legata la bestia.–

E se tu raguardi il fuoco, medesimamente.Unde tu hai nella sancta Scriptura che molti, pernon trapassare l’obbedienzia mia o per obbedire ame promptamente, essendo messi nel fuoco,[399] el fuoco non lo' noceva, si come quelli trefanciulli che stavano nella fornace, e di molti altrie' quali si potrebbe contiare.

L'acqua sostenne Mauro, essendo mandatoda l’obbedienzia a campare quello discepolo chese n'andava giú per l'acqua. Egli non pensò di sé ;ma pensò, col lume della fede, di compirel’obbedienzia del prelato suo. Vassene su perl'acqua come andasse su per la terra, e campa ildiscepolo.

In tucte quante le cose, se tu apri l'occhio del' intellecto, trovarrai che t'è mostrata l'excellenziadi questa virtú. Ogni altra cosa si debba lassare

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per l’obbedienzia. Se fussi levata in tantacontemplazione e unione di mente in me, che ‘lcorpo tuo fusse sospeso dalla terra, essendotiinposta l’obbedienzia (parlandoti generalmente enon cosa particulare, che non pone legge),potendo, tu ti debbi sforzare di levarti percompire l'obbedienzia imposta. Pensa che dal'orazione tu non ti debbi levare, quando egli èl'ora, se non per necessità o per caritá eobbedienzia. Questo ti dico, perché tu veggaquanto lo voglio che la sia prompta ne' servi mieie quanto ella m'è piacevole.

Ciò che fa, l'obbediente si merita : se eglimangia, mangia l’obbedienzia ; se dorme,l'obbedienzia ; se va, se sta, se digiuna e se veghia,tucto fa l’obbedienzia ; se egli serve il proximo,l'obbedienzia ; se egli è in coro o in refectorio osta in cella, chi vel guida o fa stare ?L'obbedienzia, col lume della sanctissima fede, colquale lume si gittò, morto a ogni sua propriavolontà, umiliato e con odio, nelle braccia del'ordine e del prelato suo. Con questaobbedienzia, riposandosi nella nave, lassatosiguidare al prelato suo, ha navigato nel maretempestoso di questa vita con grande bonaccia,con mente serena e tranquilità di cuore, perchél’obbedienzia, con la fede, ne trasse ogni tenebre.Egli sta forte e sicuro, perché s'ha tolta ladebilezza e timore tollendosi la propria volontà,

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dalla quale viene ogni debilezza e disordenatotimore.

E che mangia e beie questa sposa del'obbedienzia ? Mangia cognoscimento di sé e dime, cognoscendo sé non essere, e il difecto suo, eme che so' Colui che so', in cui gusta e mangia lamia veritá, cognosciutala nella mia Verità, Verboincarnato. [400] E che beie ? Sangue : nel qualeSangue el Verbo gli ha Irto, strata la veritá mia el'amore ineffabile che lo gli ho. In esso Sanguemostrala obbedienzia sua posta a lui, per voi, dame, suo Padre etterno, e però si innebria ; e poiche è ebbra del Sangue e de l’obbedienzia delVerbo, perde sé e ogni suo parere e sapere, epossiede me per grazia, gustandomi per affectod'aurore col lume della fede nella sanctaobbedienzia.

Tutta la vita sua grida pace ; e nella mortericeve quello che nella professione gli fupromesso dal prelato suo, cioè vita etterna,visione di pace e di somma ed etterna tranquilità eriposo : uno bene inextimabile, che neuno è che ‘lpossa stimare né comprendere quanto egli è.Perché egli è infinito, da cosa minore non puòessere compreso questo bene infinito, se noncome il vasello che è messo nel mare, che noncomprende tucto il mare, ma quella quantità cheegli ha in se medesimo. El mare è quello che sicomprende ; e cosí lo, mare pacifico, so' soloColui che mi comprendo e mi stimo, e del mio

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stimare e comprendare godo in me medesimo. Ilquale godere e bene, che lo ho in me, participo avoi, a ogniuno secondo la misura sua. Io l'empio enon la tengo vòta. Dandole perfecta beatitudine,comprende e cbgnosce dalla mia bontá tantoquanto ne l'è dato a cognoscere da me.

L'obbediente, dunque, col lume della fedenella veritá, arso nella fornace della carità, untod'umilità, inebriato di Sangue, con la sorella dellapazienzia, e con la viltà avilendo se medesimo,con fortezza e longa perseveranzia e con tuctel’altre virtú, cioè col fructo delle virtú, ha ricevutoil fine suo da me, suo Creatore.

CAPITOLO CLXVI. QUESTA È UNA REPETIZIONE IN SOMMA QUASI DI TUCTO QUESTO PRESENTE LIBRO.

– Ora t'ho, dilectissima e carissima figliuola,satisfacto al desiderio tuo dal principio infino al'ultimo de l’obbedienzia. Se bene ti ricorda, dalprincipio mi dimandasti con ansietato [401]desiderio (si come lo ti feci dimandare per farticrescere il fuoco della mia caritá ne l'anima tua),tu mi dimandasti quatro petizioni. L'una per te, ala quale Io ho satisfacto, alluminandoti della miaveritá, mostrandoti in che modo tu cognoscaquesta veritá, la quale desideravi di cognoscere ;cioè che col cognoscimento di te e di me, collume della fede, ti spianai in che modo tu venivi acognoscimento della veritá.

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La seconda, che tu dimandasti, fu che Iofacessi misericordia al mondo.

La terza, per lo corpo mistico della sanctaChiesa ; pregandomi che lo tollesse la tenebre e lapersecuzione, volendo tu che lo punisse leiniquità loro sopra di te. In questo ti dichiarai cheneuna pena, che sia data in tempo finito, puòsatisfare alla colpa commessa contro a me, beneinfinito, puramente pur pena. Satisfa, se la pena èunita col desiderio dell'anima e contrizione delcuore : il modo dichiarato te l'ho. Anco t'horisposto ch'Io voglio fare misericordia al mondo,mostrandoti che la misericordia m'è propria.Unde, per misericordia e amore inextimabile ch'Io ebbi all'uomo, mandai el Verbo de l'unigenitomio Figliuolo, el quale, per mostrartelo benchiaramente, tel posi in similitudine d'uno ponteche tiene dal cielo – a la terra, per l'unione dellanatura mia divina nella natura vostra umana.

Anco ti mostrai, per illuminarti piú della miaveritá, come il ponte si saliva con tre scaloni, cioècon le tre potenzie de l'anima. E di questo Verbo,ponte, mostrato a te, anco questi tre scalonifigurai nel corpo suo, si come tu sai, per li piei,per lo costato e per la bocca ; ne' quali posi trestati de l'anima : lostato inperfecto, e lo statoperfecto, e lo stato perfectissimo, dove l'animagiogne alla excellenzia de Punitivo amore. Inogniuno t'ho mostrato chiaramente quella cosache le tolle la inperfeczione e falla giognere alla

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perfeczione, e per che via si va ; e degli occultiinganni del dimonio, e del proprio amorespirituale ; e parlatoti, in questi stati, di trereprensioni che fa la mia clemenzia : l'una ti posifatta nella vita, l'altra nella morte in quelli chesenza speranza muoiono in peccato mortale (de'quali Io ti posi che andavano sotto al ponte per lavia del [402] dimonio, contandoti delle miserieloro), e la terza de l'ultimo giudicio generale. Eparla'ti alcuna cosa della pena de' danpnati, e dellagloria de' beati, quando avara riavuto ogniuno ladota del corpo suo.

Anco ti promissi e prometto che col moltosostenere de' servi miei riformarò la sposa mia.Invitandovi a sostenere, lamentandomiteco delleiniquità loro, e mostrandoti l'excellenzia de'ministri nella quale Io gli ho posti, e la reverenziach' Io richieggo che i secolari abbino a loro,mostrandoti la cagione perché, per loro difetto,non debba diminuire la reverenzia in loro ; equanto m'è spiacevole il contrario. E della virtú diquelli che vivevano come angeli, toccandoti,insieme con questo, de l’excellenzia delsacramento.

Anco sopra i detti stati ; volendo tu saperedegli stati delle lagrime e unde elle procedono, telnarrai, e acorda'teli con questi. E detto t'ho chetutte le lagrime escono della fontana del cuore, eordinatamente t'ho assegnato perché. Di quatro

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stati di lagrime, e della quinta che germina morte,anco ti contai.

Hotti risposto alla quarta petizione di quelloche mi pregasti : ch' Io provedesse al casoparticulare advenuto. Io providdi, si come tu sai.Sopra questo t'ho dichiarata la providenzia mia ingenerale e in particulare, facendomi dal principiodella creazione del mondo infino a l'ultimo, comeogni cosa ho fatta e fo con divina providenzia,dando e permettendo ciò ch' Io do, e tribulazionie consolazioni temporali e spirituali. E ogni cosaè data per vostro bene, perché siate sanctificati inme e la veritá mia si compia in voi. Perché la miaveritá fu questa : che Io vi creai perché aveste vitaetterna, la quale veritá v'è fatta manifesta colsangue del Verbo, unigenito mio Figliuolo.

Anco t'ho, ne l'ultimo, satisfacto al desideriotuo e a quello ch' Io ti promissi di narrare dellaperfeczione de l’obbedienzia e della inperfeczionedella disobbedienzia, e unde ella viene, e che ve latolle. Hottela posta per una chiave generale, e cosíè. E detto t'ho della particulare, e de' perfetti edegl'imperfetti, di quegli de l'ordine e di quellifuore de l'ordine, d'ogniuno distintamente ; dellapace che dá l'obbedienzia e della guerra [403] chedá la disobbedienzia, e quanto s'inganna ildisobbediente, ponendoti che la morte venne nelmondo per la disobbedienzia di Adàm.

Ora Io, Padre etterno, somma ed etternaveritá, ti conchiudo che ne l’obbedienzia del

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Verbo, unigenito mio Figliuolo, avete la vita. Ecome tutti dal primo uomo vecchio contraeste lamorte, cosí tutti, chi vuole portare la chiave del’obbedienzia, avete contratta la vita da l'uomonuovo, Cristo dolce Iesú, di cui Io v'ho fattoponte, perché era rotta la strada del cielo.

Ora lo t'invito ad pianto te e gli altri servimiei ; e, col pianto, con l'umile e continuaorazione, voglio fare misericordia al mondo.Corre per questa strada della veritá, morta, acciòche non sia poi ripresa andando tu lentamente ;ché piú ti sarà richiesto da me ora, che prima,perché ho manifestato me medesimo a te nellaveritá mia. Guarda che tu non esca mai della celladel cognoscimento di te ; ma in questa cellaconserva e spende il tesoro che Io t'ho dato. Ilquale è una dottrina di veritá, fondata in su la vivapietra, Cristo dolce Iesú, vestita di luce chediscerne la tenebre. Di questa ti veste, dilettissimae dolcissima figliuola, in veritá.

CAPITOLO CLXVII. COME QUESTA DEVOTISSIMA ANIMA, RINGRAZIANDO E LAUDANDO DIO, FA ORAZIONE PER TUTTO EL MONDO E PER LA CHIESA SANCTA. E, COMENDANDO LA VÌRTÚ DE LA FEDE, FA FINE AQUESTA OPERA.

Alora quella anima, avendo veduto conl'occhio de l’intellecto, e col lume dellasanctissima fede cognosciuta la veritá e la

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excellenzia de l’obbedienzia, uditala consentimento e gustatala per affetto, con spasimatodesiderio, speculandosi nella divina maestà,rendeva grazie a lui, dicendo :

– Grazia, grazia sia a te, Padre etterno, che tunon hai spregiata me, factura tua, né voltata lafaccia tua da me, né spregiati e' miei desidèri. Tu,luce, non hai raguardato alla mia [404] tenebre ;tu, vita, non hai raguardato a me, che so' morte ;né tu, medico, alle gravi mie infermità ; tu, puritàetterna, a me, che so' piena di loto di moltemiserie ; tu, che se' infinito, a me, che so' finita ;tu, sapienzia, a me, che so' stoltizia.

Per tutti quanti questi ed altri infiniti mali edifetti che sonno in me, la tua sapienzia, la tuabontá, la tua clemenzia e il tuo infinito bene nonm'ha spregiata. Ho cognosciuta la veritá nella tuaclemenzia, ho trovato la caritá tua e dileczione delproximo. Chi t'ha costretto ? Non le mie virtú,ma solo la caritá tua. Quello medesimo amore ticostringa ad illuminare l'occhio de l’ intelletto mionel lume della fede, a ciò che io cognosca eintenda la veritá tua, manifestata a me. Dammiche la memoria sia capace a ritenere i benefizituoi, la volontà arda nel fuoco della tua carità ; ciquale fuoco facci germinare e gittare al corpo miosangue, e con esso sangue, dato per amore delSangue, e con la chiave de l'obbedienzia io diserrila porta del cielo. Questo medesimo t'adimandocordialmente per ogni creatura che ha in sé

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ragione, e in comune e in particulare e per locorpo mistico della sancta Chiesa. Io confesso, enon lo niego, che tu m'amasti prima che io fusse,e che tu m'ami ineffabilemente come pazzo dellatua creatura.

O Trinitá etterna ! O Deitá, la quale Deitá,natura tua divina, fece valere el prezzo del sanguedel tuo Figliuolo ! Tu, Trinitá etterna, se' unomare profondo, che quanto piú c'entro tanto piútruovo, e quanto piú truovo piú cerco di te. Tu se'insaziabile, ché, saziandosi l'anima ne l'abisso tuo,non si sazia, perché sempre rimane nella fame dite, Trinitá etterna, desiderando di vederti col lumenel tuo lume. Si come desidera il cervio la fontede l'acqua viva, cosí desidera l'anima mia d'esciredella carcere del corpo tenebroso e vedere te inveritá. Oh quanto tempo sarà nascosta la facciatua agli occhi miei ! O Trinitá etterna, fuoco eabisso di carità, dissolve oggimai la nuvila delcorpo mio ! Il cognoscimento, che tu hai dato dite a me nella veritá tua, mi costringe a desideraredi lassare la gravezza del corpo mio e dare la vitaper gloria e loda del nome tuo. Però che io hogustato e veduto, col lume dello intelletto nel[405] lume tuo, l'abisso tuo, Trinitá etterna, e labellezza della creatura tua. Unde, raguardando mein te, vidi me essere imagine tua, donandomi lapotenzia di te, Padre etterno, e della sapienzia tuane l'intelletto, la quale sapienzia è apropriata al'unigenito tuo Figliuolo. Lo Spirito sancto, che

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procede da te e dal Figliuolo tuo, m'ha data lavolontà, ché so' acta ad amare. Tu, Trinitá etterna,se' fattore ; e io, tua factura, ho cognosciuto, nellarecreazione che mi facesti nel sangue del tuoFigliuolo, che tu se' innamorato della bellezzadella tua factura.

O abisso, o Deitá etterna, o mare profondo !E che piú potevi dare a me che dare temedesimo ? Tu se' fuoco che sempre ardi e nonconsumi ; tu se' fuoco che consumi nel calore tuoogni amore proprio de l'anima ; tu se' fuoco chetolli ogni freddezza ; tu allumini ; col lume tuom'hai fatta cognoscere la tua veritá ; tu se' quellolume sopra ogni lume, coi quale lume dài al'occhio de l'intelletto lume sopranaturale, in tantaabondanzia e perfeczione che tu chiarifichi ellume della fede, nella quale fede veggo chel'anima mia ha vita, e in questo lume riceve te,lume. Nel lume della fede acquisto la sapienzianella sapienzia del Verbo del tuo Figliuolo ; nellume della fede so' forte, costante e perseverante ;nel lume della fede spero : non mi lassa veniremeno nel camino. Questo lume m'insegna la via,e senza questo lume andarei in tenebre ; e però tidixi Padre etterno, che tu m'alluminassi del lumedella sanctissima fede.

Veramente questo lume è uno mare, perchénotrica l'anima in te, mare pacifico, Trinitáetterna. L'acqua non è turbida, e però non hatimore, perché cognosce la veritá ; ella è stillata,

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ché manifesta le cose occulte ; unde, doveabbonda l’abondantissimo lume della fede tuaquasi certifica l'anima di quello che crede. Ella èuno specchio, secondo che tu, Trinitá etterna, mifai cognoscere ; ché, raguardando in questospecchio, tenendolo con la mano de l'amore, mirapresenta me in te, che so' creatura tua, e te inme, per l'unione che facesti della Deitá nel'umanità nostra. In questo lume cognosco erapresentami te, sommo e infinito Bene : Benesopra ogni bene, Bene felice, Beneincomprensibile e Bene inextimabile. Bellezzasopra [406] ogni bellezza ; sapienzia sopra ognisapienzia, anco tu se' essa sapienzia. Tu, cibodegli angeli, con fuoco d'amore ti se' dato agliuomini. Tu, vestimento che ricuopri ogni nudità,pasci gli affamati nella dolcezza tua. Dolce se'senza alcuno amaro. O Trinitá etterna, nel lumetuo il quale desti a me, ricevendolo col lume dellasanctissima fede, ho cognosciuto, per molte eadmirabili dichiarazioni spianandomi, la via dellagrande perfeczione, acciò che con lume e noncon tenebre io serva te, sia specchio di buona esancta vita, e levimi dalla miserabile vita mia ; chésempre, per lo mio difetto, t'ho servito in tenebre.Non ho cognosciuta la tua veritá, e però non l'hoamata.

Perché non ti conobbi ? Perché io non tividdi col glorioso lume della sanctissima fede,però che la nuvila de l'amore proprio obfuscò

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l'occhio de l'intelletto mio. E tu, Trinitá etterna,col lume tuo dissolvesti la tenebre. E chi potràagiognere a l'altezza tua a rendarti grazie di tantosmisurato dono e larghi benefizi quanto tu haidati a me, della dottrina della veritá che tu m'haidata ? che è una grazia particulare, oltre allagenerale, che tu dài a l'altre creature. Volesticonscendere alla mia necessità e de l'altrecreature, che dentro ci si specchiaranno. Turisponde, Signore : tu medesimo hai dato, e tumedesimo risponde e satisfa, infondendo unolume di grazia in me a ciò che con esso lume io tirenda grazie. Veste, veste me di te, Verità etterna,si che io corra questa vita mortale con veraobbedienzia e col lume della sanctissima fede, delquale lume pare che di nuovo inebbri l'anima mia.

Deo gratias. Amen.QUI FINISCE EL LIBRO FACTO E COMPILATO PER LA

VENERANDISSIMA VERGINE, FIDELISSIMA SERVA E SPOSA

DI IESU CRISTO CROCIFIXO, CATERINA DA SIENA, DEL’ABITO DI SANCTO DOMENICO, SOCTO GLI ANNI DOMINI

MCCCLXXVIII DEL MESE D’OCTOBRE. AMEN.PREGA DIO PER LO TUO INUTILE FRATELLO.

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NOTA

I. IL TESTO.

È noto che Gregorio decimoprimo, dopoaver restituita da Avignone a Roma la sedepontificale nel 1377, avvenimento al quale santaCaterina aveva molto contribuito, mandò aFirenze la vergine senese per indurre asottomissione i fiorentini, da più che due anniribelli alla Santa Sede. Questa missione,adempiuta da lei in mezzo a gravi tumulti dellacittà e col pericolo della sua vita, si protrasselungamente invano ; fintanto che, mortoGregorio e succedutogli Urbano sesto, questi sipacificò coi fiorentini.

Proclamata dunque la pace, sappiamo dalbeato Raimondo,1 confessore della santa, che ella« tornò ai propri lari, ed attese con grandissimadiligenza alla composizione di un certo libro, che,ispirata dal superno Spirito, dettò nel suo volgare.Imperocché aveva ella pregato i suoi scrittori, iquali solevano scrivere le lettere ch’ella mandavain diverse parti, che stessero attenti edosservassero ogni cosa, quando, secondo la suaconsuetudine, era rapita dai sensi corporei, ed

1 Il beato Raimondo delle Vigne, da Capua, discendente da Pier delleVigne, maestro generale dell’ordine dei predicatori, scrisse in latino la vitadella santa. Essendo andata perduta quella che prima di lui aveva scritta fraTommaso della Fonte, la Leggenda (cosi fu chiamata) del beato Raimondo èil piu autorevole documento antico intorno a Caterina da Siena.

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allora ciò ch’ella dettava, diligentementescrivessero...

« E cosi in breve tempo fu composto un certolibro, che contiene un dialogo tra un’anima, chefa quattro petizioni a Dio, e Dio, che risponde alei, informandola di molte e utilissime verità ».2

Ma, poiché la pace avvenne sul finire delluglio 1378, Caterina [410] non potè trovarsi aSiena prima di quel tempo3 ; ed, essendo statoquel suo libro condotto a termine nell’ottobre delmedesimo anno, come rilevasi da alcuni codici, sene dovrebbe concludere che fosse stato scritto intre mesi.

Altri particolari circa il modo di comporloabbiamo nelle Memorie di un notaio senese, serCristofano di Gano Guidini, discepolo di Caterinaed uno dei suoi segretari.4 Ecco il suo ingenuoracconto.

Anco la detta serva di Cristo fece una notabilecosa, cioè uno libro, el quale è di volume d’unomessale ; e questo fece tutto essendo ella inastrazione, perduti tutti e’ sentimenti, salvo che lalengua. Dio Padre parlava in liei, ed ellarispondeva e dimandava, ed ella medesima

2 In Acta sanctorum, die XXX aprilis, pars III, capp. I e II.3 Nelle annotazioni ad alcune lettere inedite dei discepoli di Caterina,pubblicate, insieme con la Leggenda minore della santa, da FrancescoGrottanelli, Bologna, G. Romagnoli, 1868, si legge : « Solo nel 1378 pareche da Firenze (Caterina) si restituisse in patria nel mese di luglio, ma nonè certo ».4 Furon pubblicate nell’Arch. stor. ital., IV (1843), 29-48.

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recitava le parole di Dio Padre dette a liei, e ancole sue medesime, che ella diceva e dimandava alui ; e tutte queste parole erano per volgare...Questo libro fu poi intitolato cosi : « Libro dè ladivina dottrina, data per la persona di Dio Padreparlando allo intelletto de la gloriosa e santavergine Caterina da Siena, dell’abito de lapenitenzia, dell’ordine de’ predicatori, e scrittoessa dettando in volgare, essendo essa in ratto, eudendo attualmente, dinanzi da più e più, quelloche in liei Dio parlava », ecc. Ella diceva e unoscriveva : quando ser Barduccio,5 quando el dettodonno Stefano6, e quando Neri di Landoccio7.Questo a udire pare che sia cosa da non crédare ;ma a coloro, che lo scrissero e udirò, nollo parecosi ; e io so’ uno di quegli. Poi, perché el dictolibro era ed è per volgare, e chi sa gramatica o hascienzia non legge tanto volontieri le cose chesono per volgare quanto fa quelle per léttara ; perme medesimo, e anco per utilità del prossimo,mossimi, e fecilo per léttara puramente secondoel testo, non agiognendovi cavelle ; e inem’ingegnai di farlo el meglio eh’ io seppi, e pugnaiparecchie anni a mio diletto, quando uno pezzo

5 Barduccio di Piero Canigiani, uno dei suoi discepoli.6 Stefano di Currado Macoui, uno dei più insigni discepoli della santa,vesti, a consiglio di lei, l’abito di certosino, fu priore della certosa di Pavia epoi superiore generale dell’ordine.7 Ranieri, o Neri di Landoccio Pagliaresi, nobile senese, anch’egli segretariodi Caterina, la quale gli affidò missioni per Gregorio XI, Urbano vi e per laregina Giovanna di Napoli.

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quando uno altro. Poiché co’ la grazia di Diol’ebbi fatto, el mandai a Pontignano a donnoStefano di Currado, chè el correggesse,perciocché [411] la maggior parte n’aveva scrittoegli, quando Caterina el fece. Poiché fu corretto, eio el feci riscrivare a uno buono scrittore ; e,legato e compito che fu, uno venerabile vescovode le parti di Francia..., el quale ne le parti di làd’Avignone aveva veduta la detta serva di CristoCaterina e parlato con liei..., come l’ebbe veduto etenuto alcuno di, tanto li piaque che mai non glielpotei trarre di mano : pregommi e fecemi pregareche io gliel donasse, e cosi feci. Diceva chetrovava cose in quello libro che n’era megliodichiarato che da niuno dottore, e che noi noiconòsciavamo ; ma ch’el predicarebbe la dottrinadel detto libro in suo paese, e che molto piùfrutto n’arebbe el prossimo di là, se ’l portava, chese rimanesse qua ; e nientemeno noi n’avavamo loexemplo. Udendo questo, anco più volentieri gliellassai... E pure, volendo averne uno dei detti libriper utilità del prossimo, ne fo scrivare uno altro acolui medesimo che scrisse quello di prima, cioè auno prete che ha nome ser Stefano di Giovannid’Asciano, sta a Siena presso a San Vilio.

Che Stefano Maconi scrivesse parte di questolibro, dettante Caterina, lo dice egli stesso neiprocesso della canonizzazione, parlando delleestasi di lei :

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Qualiter ita fieri possit, scribitur in libro, quem ipsavirgo sacra com- posuit ; quem ego prò parte scripsi, dumore virgineo dictabat illum mirabili modo8.

E il Maconi lo tradusse anche in latino, comerilevasi da alcune parole scritte di sua mano dietroad un codice, che appartenne già alla Certosa diPavia9 e che era stato dato a lui da fra TommasoCaffarini10, in cambio del quale il Maconi gli donòla sua versione latina :

Iste liber pertinet ad domum Sancte Marie de Grattaprope Papiam, ordinis carthusiensis, quem ego fraterSiephanus monachus habui a venerabili patre frateThoma Antonii de Senis, qui nun est prior SanciiDominici de Venetiis ; loco cuius exhibui prefato frairiThomae dialo- gum quem sancta mater Catharinacomposuit, licet in vulgari, sed ego latinizavi11. [412]

Lo voltò in latino anche il beato Raimondo, evi accenna egli stesso nel prologo primo della suaLeggenda12 :

Altissimo è certamente lo stile di questo libro,si che a mala pena trovasi una maniera di parlarlatino che possa corrispondere all’altezza di quello

8 Citato dal Gigli nella prefazione al t. IV delle Opere di s. Caterina, p. II.9 Trovasi ora nella Braidense di Milano, AE. IX. 35.10 Fra Tommaso d’Antonio di Naccio, o Nacci, Caffarini da Siena,dell’ordine de’ predicatori, ebbe la parte maggiore nel processo dellacanonizzazione fatto a Venezia, e dopo il beato Raimondo da Capua è lafonte più copiosa di notizie intorno a Caterina.11 C. MAGENTA, La Certosa di Pavia (Torino, Bocca, 1897), p. 436. IlMagenta dice che il Libro fu tra i primi codici di quella biblioteca, la qualein séguito si arricchì di numerosi manoscritti.12 Prologus primus, 8.

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stile, com’ io stesso ne faccio esperimento, orache m’affatico a trasportarlo in quell’idioma.

Si ha conferma di questa sua versione nelcodice latino CCLXXII del monastero di Subiaco, enella stampa latina fatta in Brescia nel 1496 dalDe Misintis, che dicesi essere appunto la versionedel beato Raimondo.

Il titolo di questo libro non rimase sempre lostesso ; ma, come abbiam veduto dalle parole delMaconi, fin da quel tempo cominciava, a cagionedella sua forma, ad esser chiamato Dialogo. Inséguito poi il titolo variò in più modi : Libro oDialogo o Trattato della divina provvidenza ; Libro delladivina rivelazione ; Rivelazioni ; Libro o Dialogo delladivina dottrina, ecc., ma più spesso : Dialogo delladivina providenza.

E crebbe tanto la fama di Caterina, e cosigrande era la reverenza alla sua alta mente e allesue sublimi virtù, che del Libro furon fatte moltecopie manoscritte.

Con l’introduzione della stampa in Italiacominciarono le edizioni del Libro prima ancorache cessasse l’uso di farne copie manoscritte,delle quali si trovano alcune di data posteriore aquella che è ritenuta edizione principe, 1472. Daquest’anno fino al 1496 il Libro fu ristampato altresette volte ; undici nel secolo xvi, e nove nei tresecoli successivi. Ma, pur avendo certezza chenon vi sono altri incunaboli oltre quelli appressonotati, non si può essere egualmente sicuri che

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non sia sfuggita qualcuna delle edizioni posteriori,per quanta diligenza siasi posta nelle ricerche.

Veramente, e le copie manoscritte e anche piùle antiche stampe non riprodussero fedelmente ilLibro ; ma nelle une e nelle altre si riscontranoalterazioni di vocaboli e di modi di dire, anche aseconda degli usi dialettali del luogo e del tempoin cui furono scritte o stampate. Furon di quelli iquali, oltre alla continua intromissione di « onde »,« adunque », « sicché », ecc. sostituironocostantemente il verbo « congiungere » al verbo« unire » usato [413] dalla santa ; e dove ellachiama Dio « Verità eterna », essi hanno qualchevolta « Virtude eterna » : altri giunse perfino a faredel « glorioso Paolo mio banditore » il « gloriosoPaolo mio trombetta » !

La più nota edizione del Libro è quellapubblicata a cura di Girolamo Gigli ; il quale dal1707 in poi pubblicò in quattro volumi le operedella vergine senese. Nel primo è la Leggenda disanta Caterina del beato Raimondo da Capua nelvolgarizzamento del canonico Bernardino Pecci ;nel secondo e terzo le Lettere; nel quarto, oltre alLibro sono : il Trattato della consumata perfezione,13

ventisette orazioni della santa, la relazione di una

13 Si trova in un piccolo codice latino della Vaticana. Fu pubblicato inVenezia nel 1543 in un piccolo volume, che contiene altre pie operette, delquale la Casana- tense possiede un esemplare. Fu stampato separatamentea Lovanio nel 1554, e ve n’è una copia nella biblioteca Barberina. Il Giglil’ha dato nella versione italiana dell’ab. Piccolomini ; ve ne sono però altretraduzioni italiane, ed anche una inglese stampata a Londra nel 1895.

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dottrina spirituale di santa Caterina (scritta14 da unfrate inglese, Guglielmo Flètè, degli eremitani diSant’Agostino in Lecceto, discepolo di lei), ealcuni brani del discorso che la santa fece ai suoidiscepoli pochi momenti prima di morire.

L’edizione del Gigli è importantespecialmente per le copiose notizie ch’egliraccolse intorno a Caterina ed alle persone delsuo tempo che ebbero relazione con lei ; in guisache tutti coloro i quali posteriormente nescrissero, attinsero da lui. Inoltre questa edizioneha il pregio di essere stata fatta sopra uno deimigliori e più antichi codici, che il Gigli supponeessere di mano di Stefano Maconi, perché in finedel Libro vi si leggono le parole : « Prega per lotuo inutile fratello », le quali il Maconi solevaporre a piè delle lettere dettategli da Caterina.

E il Gigli non solo scelse con avvedutezza iltesto della sua edizione, ma fece anche diligenticonfronti con altri antichi mss., si da non meritarela taccia, che gli è stata fatta recentemente15, dinon aver riprodotto quel codice. Egli adottò, èvero, alcune varianti ; ma, per la maggior parte, letolse dal codice laurenziano gaddiano, e qualcunadi esse trova riscontro negli incunaboli. Ebbe[414] soltanto il torto di non renderne conto, ma

14 Fu scritta in latino l’anno 1376. Se ne conserva un antico ms. nellaComunale di Siena, con la segnatura T. II, 7 c. 29 v. e 30 v. Il Gigli lapubblicò in italiano.15 JEANNE ANZIANI, Pour le texte du Dialogue de sainte Catherine de Sienne, nelBullettin italien, luglio-settembre 1911.

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gli è di scusa l’usanza del suo tempo.Un’omissione inesplicabile si riscontra però nellasua edizione. Il capitolo LXXXIII è mutilo più chedella metà, e L’LXXXIV manca, in principio, di unlungo brano, si che non collegano tra di loro ; equindi fu messa al capitolo LXXXIV una rubricadiversa da quella che leggesi nei manoscritti. Maciò che rende l’edizione del Gigli d’impossibilelettura, sono le troppe e mal disposte virgole, lequali fanno continuo intoppo, senza riuscire adistrigare i lunghi periodi ; i quali apparisconoanche più interminabili a causa della soverchiadistanza fra un capoverso e l’altro, per la quale achi legge non si concede riposo.

Era dunque necessaria una nuova edizione,non solo perché quella del Gigli naturalmentenon si trova se non nelle pubbliche biblioteche,ma anche per dare il Libro nella sua vera lezione econ punteggiatura che ne agevolasse lacomprensione. Questa nuova edizione, dunque, èstata fedelmente condotta sullo stesso codice dicui si servi Girolamo Gigli, e che trovasi nellaComunale di Siena con la segnatura T. II. 9. E convera soddisfazione si può dire che l’autorevoleparere del Gigli, che fu prima guida nella scelta, èstato confermato dal confronto di questo ms. conaltri, e precisamente con quattro laurenziani, trericcardiani, due della Nazionale di Firenze e unodella biblioteca Landau, non che la versione latinadel Maconi. Infatti questo codice T. II. 9, solo fra

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gli altri sopra nominati, serba intatte tutte leingenuità delle espressioni, certe incongruenze neiperiodi, i pleonasmi e gli idiotismi delle voci especialmente dei modi che sono propri del parlaredei popolani. Perché Caterina, com’è noto, era dinascita popolana, e, con tutto il suo straordinarioingegno, sapeva appena leggere e meno ancorascrivere ; si che le mirabili sue lettere, che ilTommaseo chiamò « monumento di sapienza »furono da lei dettate ai suoi discepoli.16 E questolibro, poi, fu dettato nelle sue estasi, [415] si danon poter dar luogo a pentimenti né a correzioni.Cosi, mentr’ella serba nei suoi lunghi periodi unnesso continuo di pensiero, nonostante ledigressioni e gl’incisi che a volte s’incalzano e sisuccedono senza respiro ; pure, finiti questi,quand’ella ritorna all’ interrotto pensiero e lo vuolcompire, la memoria, non aiutata dai « fedeliocchi » (perché ella détta, non scrive) le fallisce, eallora per una parola o anche per una particella,raramente per una frase, che non colleghi con lasospesa proposizione, il costrutto rimanesconnesso. Ora, queste sconnessioni, queste16 Come Caterina imparasse a leggere è raccontato dal beato Raimondonella Leggenda (cap. XL, 7). Quanto allo scrivere lo accenna la santa da sé,scrivendo al beato Raimondo (lett. 272, ed. Tommaseo) che le fu insegnatoin un’estasi. Ciò fu nell’ottobre del 1377, essendo alla ròcca di Tentennanopresso la famiglia Salimbeni. Di suo pugno si dicono scritti : 1°) l’orazione« O Spirito santo vieni nel mio cuore » ; 20) un biglietto (litterulam) aStefano Maconi, che finiva cosi : « Sappi, o mio carissimo figliuolo, chequesta è la prima lettera che io abbia scritta » ; 3°) alcune carte del Libro ;4°) due lettere al beato Raimondo. Tutti questi autografi deploransi comesmarriti.

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piccole mende, che negli altri mss. si trovano perla maggior parte corrette, costituiscono perl’appunto il pregio del codice senese. Parrebbequasi che la riverenza a Caterina abbia vietatoall’amanuense di apportare al dettato di lei lamenoma alterazione, anche quando per chiarezzae correttezza gli sarebbe potuto sembrarnecessario. E questa può ritenersi una prova cheil nostro codice sia stato scritto di mano dei suoidiscepoli.17 E diciamo « dei suoi discepoli »,perché è evidente che la scrittura non è tutta diuna sola mano, come risulta dalle osservazioninotate più oltre nella descrizione del codice edalle varietà della grafia. Può darsi che la secondaparte, quella ove capitano le parole scritte in finedel Libro-. « Prega per lo tuo inutile fratello », siaappunto di mano del Maconi, anche perché,graficamente, è più corretta.

Che poi questo codice sia più antico deglialtri, come afferma anche il Gigli (senza peròdarne le ragioni), si può dedurre dall’essere il solo(certamente il solo tra gli undici codici quiesaminati) che non ha avuto originariamente lapartizione in trattati e in capitoli, la quale è statafatta, in tempo posteriore, al margine, con lerubriche in rosso, di scrittura diversa da quella del

17 Forse non è superfluo avvertire che lo scritto originale, quello vergatodai discepoli mentre Caterina « ore virgineo dictabat », non esiste più. Ciò perònon toglie né diminuisce valore a questo codice, che anche il Grottanelli(op. cit., p. 198, nota 19) dice essere la « copia autentica ».

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testo ; né vi è la tavola dei capitoli, che trovasi,invece, in tutti gli altri.

Venendo ai criteri seguiti nel riprodurrequesto ms., essi, per quanto concerne l’ortografia,sono conformi alle norme comuni a tutti i volumidegli Scrittori d’Italia. Ma nella prima edizione, dieera diretta a presentare con scrupolosa fedeltà iltesto del codice senese, essendo statacostantemente rispettata la doppia forma graficadi una medesima parola, si leggeva « dixi » e« dissi », [416] « proximo » e « prossimo »,« decto » e « detto », « dannati » e « dapnati » e« danpnati », ecc. secondo che nel codice trovasil’uno o l’altro modo. E anche si notava dallapagina 160 al principio della pagina 162 una certadifferenza di ortografia, essendosi trascritto quelbrano dal codice laurenziano gaddiano, perché nelcodice senese la carta 49, che lo contiene, non èpiù la originale.18

In questa seconda edizione, non solo tutto iltesto è stato diligentemente riscontrato e in piùluoghi corretto di piccole mende, ma è sembratomigliore avviso rivederne e modificarne la vestegrafica nel doppio intendimento di agevolare lalettura e di seguire i più recenti indirizzi dellacritica. Dato infatti che il testo dell’opera non è dimano di Caterina bensì di chierici scriventi sottodettato ma senza revisione diretta dell’autrice, lariproduzione diplomatica del codice più18 Si veda più oltre, p. [422].

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autorevole, una volta compiuta per interesse deglistudiosi, non aveva più ragione di perpetuarsi. Insecondo luogo, si è ormai raggiunta laconvinzione che sigle del genere di ct per tt, x perss, npn per nn e simili non rappresentassero più nel'300 alcun reale valore fonetico, ma solo unatradizione e una presunzione etimologica chemolte volte non hanno alcun fondamento.Seguendo tale criterio, dette sigle sono staterigorosamente eliminate, con grande vantaggiodella perspicuità e senza il menomo danno dellafedeltà al codice esemplato : fatta eccezione peralcuni puri, purissimi latinismi (come contempto per« disprezzo » ; subdito in senso ecclesiastico) chenon erano da toccarsi. La interferenza dellalatinità medioevale con il volgare senese è peraltro più profonda nel nostro testo, e tocca leforme di molte parole : non solo, ma si complicaper la interferenza, col senese vero e proprio, diquel volgare letterario che nel 1378 era già benformato e definito. Qui ci sarebbe piaciutal’adozione di una certa uniformità, ben s’intendein favore del senese : ma all’atto pratico non èstato possibile. E non solo perché è ancoraincerta più di una questione relativa alle parlatetoscane del buon secolo19 ; ma perché non siamoaffatto sicuri che, quando accanto alla forma19 Ved. A. SCHIAFFINI, Influssi dei dialetti centro-meridionali sul toscano e stillalingua letteraria-. I. Il perugino trecentesco (estr. dall’ Italia dialettale, IV, 1928),dove sono molti raffronti col senese. E anche la vasta introduzione dellostesso ai suoi Testi fiorentini (Firenze, Sansoni, 1926).

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volgare più spontanea per Caterina ne compareun’altra più culta, [417] o latineggiante del tutto,questa seconda venga certamente dall’amanuensee non da Caterina stessa : la quale, se poco eraletterata materialmente parlando, molto era taleormai per i suoi viaggi, per le sue molteplicirelazioni con la Curia e con i dottori della Chiesa,per le letture che le venivano fatte. Ci siamopertanto attenuti al saggio, se non coraggioso,partito di lasciare le cose come stavano : solodove c’era dubbio, questo è stato naturalmentedeciso a favore del senese. In due soli casiabbiamo uniformato forme diverse : 1° per laforma sonno, terza persona plurale del verbo« essere », che era già cosi prevalente da nonammettere scarti in favore di sono ; 2o per lepreposizioni articolate, per cui è stata preferita laforma piena (dello, allo, nello, etc.) e congiunta (agli,degli, etc.) a quella scempia (de lo) e disgiunta. Erarimasta anche nella prima edizione una soverchiaabbondanza di maiuscole, che ora si troveràopportunamente ridotta : la maiuscola è stataconservata solo quando si trattava dipersonificazione, e per le parole sacre.

Quanto ai periodi sospesi che generanooscurità o anche a quelli troppo sconnessi e aqualche evidente lacuna, sono stati integrati con levarianti di altri codici.20 Ma a queste si è ricorso

20 I pochi passi in questione si trovano segnati a pp. 443-447 delia 1a

edizione ; e presentano in genere varianti di lieve importanza.

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più raramente che si poteva, cercando, invece,con diligente studio, di analizzare i periodi edistricarli con opportune parentesi, le quali,separando gl’incisi, rendono men difficile ilricollegare le proposizioni da essi interrotte osospese. E per qualche passo più intricato è statautile la versione latina del Maconi, il quale,soltanto col dare ai periodi una costruzione piùregolare, agevola l’interpetrazione del pensierodella santa ; e perciò ha fatto più volte ricusarcome superflue le varianti di altri codici. Restano,è vero, alcuni punti un po’ oscuri : dei pensierinon compiutamente resi, ma che si completanocon altri brani sparsi qua e là nel libro. A questo siè cercato di rimediare in parte, raggruppandoquelle sparse membra nell’indice delle cosenotevoli, il quale, perciò, potrà non inutilmenteconsultarsi, quando s’incontri qualche oscurità.

II. I CODICI.

I. CODICE SENESE T. II. 9. PRESO A FONDAMENTO DI QUESTA EDIZIONE.

Membr., sec. XIV, mm. 260 x 190, cc. 148 edue guardie bianche, una in principio e l’altra infine, sulle quali è impresso il bollo « Bibliotecapubblica di Siena ». Sul verso della prima vi sonocinque righe abrase, di cui appena si distinguonouna o due parole ; 43 righe per faccia ; a c. iob lascrittura si divide in due coll, e va cosi sinoall’ultimo del codice. Il quale fino a c. 137

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contiene il Libro della divina dottrina, comunementedetto Dialogo di santa Caterina. Le ultime undici cc.contengono altri scritti. A c. 137 termina il Librodella divina dottrina con queste parole : « Qui finisceel libro facto et compilato per la venerandissimavergine fidelissima serva et sposa di Yhuxcrocifixo Caterina da Siena de l’abito di sanctoDomenico socto gli anni Domìni MCCCLXXVIII

del mese d’octobre. Amen. « Prega Dio per lo tuoinutile fratello. Amen » (in grosse maiuscolegotiche, rosse e nere).

Legatura del sec. XVII in assi e pelle confermagli e puntali di bronzo ; fregi a freddo edorati nella costola e sui piatti, dov’è, pure in oro,uno scudo nobiliare, vuoto.

Non vi è la tav. dei capitoli, come in altricodici dello stesso Libro, ma comincia il testo allaprima carta. Nel margine superiore, in rosso, discrittura gotica italiana simile a quella del testo, èla seguente invocazione : « Al nome di Yhuxcrocifixo e di Maria dolce ». Segue : « Questolibro fece la venerabile Caterina da Sienamantellata di sancto Domenico ». Poi, sempre inrosso, ma con scrittura semigotica, questadidascalia : « Liber [419] divine doctrine, date perpersonam Dei patris intellectui loquentis gloriose et sanctevirginis Caterine de Senis, predicatormn ordinis,conscriptus, ipsa dictante, licet vulgariter, et stante inraptu actua- liter et audiente quid in e a loquereturDominus Deus, et cor am pluribus referente ». Indi, nel

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margine laterale destro, con la stessa scritturasemigotica in rosso, l’argomento del capitolo.Segue il testo, disteso in scrittura gotica italiana,con frequenti segni di paragrafi in rosso eturchino, alternati. Vi sono poi, di tanto in tanto,capoversi con iniziali gotiche, alternate anch’essein rosso e turchino, ed ornate rispettivamente dirabeschi turchini e rossi. Una maggiore inizialealla prima carta distingue il principio del testo. Laregolare divisione in capitoli numerati e conargomenti fu fatta però posteriormente ; e coluiche la fece non tenne conto di questi capoversioriginari, ma con giusto criterio fece i capitoli piùbrevi, in modo che il dettato avesse più frequentisoste, che riposassero il lettore. Quindi, se icapoversi sono 101, i capitoli sono 167, e,mancando originariamente lo spazio per tuttol’argomento, questo a volte continua nel margine,a volte è scritto per intero nel margine, sempre inrosso, con scrittura semigotica della stessa manoche scrisse la prima didascalia.

Oltre alla divisione in capitoli, è indicata, dallastessa mano e con la medesima scrittura in rosso,la partizione in quattro trattati : e cioè, al cap. ixcomincia il Trattato della discrezione, formando iprimi otto capitoli come una specie di prologo ; alcap. LIV il Trattato della orazione ; al cap. CXXXV

quello della Providenza, e al cap. CLIV il Trattatodell’obbedienza, senza che questa partizioneinterrompa la numerazione dei capitoli, la quale è

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continua dal principio alla fine. Si nota però unaccenno di altra partizione in cinque libri. Infatti,nel margine laterale della prima facciata, sottoall’argomento del primo capitolo, c’è in inchiostronero : « libro j° », e sotto all’argomento del cap. LI

c’è : « libro ij° », e libro iij° al cap. LXXXVI. Fin quiquesta partizione non corrisponde ai trattati, ma illibro iiij0 e il v° corrispondono l’uno al Trattatodella providenza, l’altro a quello dell’Obbedienza.21

Il testo ha alcune correzioni marginali, equalche volta aggiunte di frasi mancanti, pererrore, le quali a volte sono di mano dello [420]stesso copista, a volte di altra mano posteriore. Visono anche rare correzioni interlineari, e varieparole, o soltanto lettere, espunte : non mancanoperò, qua e là, mende non corrette, come ad es. :

a c. 65 » col. ia, in princ. : « dicosta » per « discosta ».a c. 99a col. ia : « contata » per « contato ».a c. 107a col. ia, verso la fine : « contritrione » per

« contritione ».a c. 127a col. 2a, poco dopo la metà : « sensiva » per

« sensitiva ».a c. 133a col. ia, in principio : « exellentissima » per

« excellentissima ».a c. 133a col. ia, in principio : « velassò » per « ve la

lassò », ecc.Frequentissimi nel margine, in tutto il testo,

sono i segni per additare passi degni diattenzione. Più frequente è la sigla « nò » o anche

21 Nel cod. laurenziano strozziano (si veda p. 425) i capitoli dove Caterinaparla dei buoni e dei cattivi sacerdoti, formano un trattato distinto daquello dell’'Orazione, del quale fanno parte negli altri codici.

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semplicemente « N », ovvero « nota » per esteso ;spesso vi è disegnata una mano che indica ilpasso, ovvero uno di quei soliti graffi che servonoad indicare tutto un periodo che si vuole porre inrilievo. Quando nel dettato occorre qualcheesempio o similitudine, nel margine è notato conun « ex0 » o « sili ». Non mancano altresi postillelatine, quando di mano antica, quando di scritturaposteriore ; ad esempio alla c. 77b : « Nota hic decontemplatìone mentali pulchre ».

Macchie d’umido nelle prime carte, e la c. 3 èmolto sbiadita. Le macchie vanno scemando sinoalla c. 20. La c. 49, sostituita all’antica da unamolto posteriore, reca a tergo, nel margineinferiore, queste parole : « Nota come incongiuntura di fare il confronto e correggere illibro stampato de’ Dialogi (sic) di santa Caterinacol presente libro esistente appo il nobile signorSilvio Gori, per ridurre in miglior uso l’operedella santa, si trovò da me, Giulio Donati, chefeci la detta fatica, rasato il presente foglio, qualefu di poi l’anno 1704 trascritto da me da altrolibro che è una buona copia del sopradetto, che siritrova il nobile signor Flavio Pe- trucci ».

Le cc. 78b e 79a sono scarabocchiate neimargini. Come pure prove di penna sono nel rectodella guardia bianca posteriore, e vi è anchescritto con scrittura moderna : « Catherinae virginissenensis vita ».

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In questo codice è un foglio volante, senzadata né firma, recante la seguente notizia :« Questo libro, che fu donato al signor [421 SilvioGori Pannellini22 dal medico Girolamo Bandiera,contiene li Dialoghi di santa Caterina da Siena dalei dettati in tempo che stava in estasi, e fu scrittodal beato Stefano Maconi, compagno diletto dellasanta, che fu poi generale della Certosa » ; e seguecitando l’autorità di Girolamo Gigli a conferma diquest’ultima asserzione ; della quale, come hoaccennato più sopra, è lecito dubitare, perché,sebbene la scrittura del codice sia tutta in goticoitaliano, evidentemente non è tutta di una solamano. Infatti, dalla c. ma fino a c. 137, ovetermina il Libro, la scrittura cambia notevolmente.In primo luogo è assai più minuta ; poi, adifferenza delle carte anteriori, vi si nota : 1° loscarso uso delle abbreviature ; 20 la « e »congiunzione quasi sempre senza il « t », e la « è »verbo in mezzo ai noti segni ; 30 il punto sugli« i » è assai marcato ; 40 « figliuola », « meglio »,« voglio » e simili sono scritti regolarmente, e nongià « figluola », « meglo », « voglo », come erascritto prima ; 50 finalmente, vi si osserva l’uso dialcune lettere di forma diversa da quella usatanelle precedenti carte.

22 Nel 1882 fu poi donato dal signor Gregorio Gori Pannellini allaComunale di Siena.

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Finito il Libro della divina dottrina c’è la c. 138bianca e, ritornando il cod. alla scrittura dellaprima mano, seguono :

1° c. 139a : « La venerandissima vergineCaterina da Siena, mantellata et vera figliuola disancto Domenico, essendo a Roma, mandòquesta lettera al maestro Raimondo da Capua deldecto ordine, singularissimo padre de l’anima sua,avendolo papa Urbano sexto mandato a Genova,nella quale di chiaro gli notifica la sua morte,benché onestamente ».

20 c. 141a : « Certi nuovi misteri che Dioadoperò ne l’anima della decta sua sposa Caterinala domenica della sexuagesima, come di sopra sifa menzione ; e’ quali essa significò al dectomaestro Raimondo ».

3° c. 142b ; « Certe parole, le quali essabenedecta vergine orando dixe doppo el terribilecaso che ella ebbe el lunedi a notte doppo lasexagesima, quando da la fameglia fu piantaamaramente come morta. Doppo el quale caso,ella mai non fu sana del corpo, ma continuamenteagravòe infino al fine ».

4° c. 143a : « Certi ponti del sermone che ellaci fece, sentendosi agravare », ecc. [422]

5° c. 144b : « Appresso scrivarò parte del’ordine del glorioso et felice fine di questa dolcevergine, secondo ch’e’ nostri bassi intellectipoterono comprendere, preoccupati digrandissimo dolore ».

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6° c. 146b : « Una notabile et bella visione cheebbe una matrona romana serva di Dio el di etl’ora che la decta sposa di Iesu Cristo passòe diquesta vita (questa narrazione è in latino e inultimo « Orate prò scriptore » ).

7° c. 148b : Chiude il volume quella lauda disanta Caterina che ricorre talora nei codd. diLaude, e che ad es. nel palatino 13 dellaNazionale di Firenze (v. Indici e cataloghi, n. IV)leggesi a cc. 252a - 254a attribuita a fra Tommaso(Caffarini), e che comincia : « Si forte di parlare ioson costrecto... ». Ma qui è mutilo, terminandocol verso : « Ch’ha di suo desidèr sanct’adenpire ».

2. CODICI MINORI.23

a) Nella Biblioteca comunale di Siena24.2) Cod. 1. VI. 13 cart. ; in f.° ; mm. 281 x 212 ;

sec. XV incip. : ff. numer. 2-144 ; mancante il 1°f. ; numer. antica in cifre arabiche ; cinque ff. diriguardo in princ. e due in fine ; scrittura d’unasola mano sino al f. 140, e a 2 coll. ; 1. 37 per col.intera, dal f. 41 » a i4ob ; rubriche e iniziali deicapitoli in rosso ; postille marginali e interlineari ;scrittura d’altra mano, sec. XVI, pei ff. 141-144 ;bianchi i ff. 7-10 ; capitoli 167. Sul recto del i° f. di

23 Le notizie relative a questi codici e alle stampe furono raccolte, per lamaggior parte, dal comm. Carlo Fiorilli. [Nota della direzione.]24 Cfr. L. ILARI, La bibl. pubbl. di Siena. Cat. di tutti i mss. e libri stampati che visi conservano (Siena, 1846-48) ; La bibliografia inedita degli scrittori sanesi,compilata dal conte SCIPIONE BICHI-BORGHESI, il quale per la parteconcernente santa Caterina ebbe a diligente collaboratore il dott.Francesco Grottanelli.

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guardia [423] Gaetano Milanesi notò : « Si dubitache questo libro sia stato scritto di mano dimaestro Andrea di Vanni pittore, amico dellasanta ». Ma, confrontata la scrittura del cod. conun autografo del Vanni, non pare che abbianorassomiglianze caratteristiche.

Dal f. i° al f. 6° cinque lettere della santa, nonsei, come è segnato sul dorso del cod., perché unalettera è ripetuta. A f. n° comincia il Dialogo-. « Alnome di Yhu xpo crociefiso e di Maria dolcie.Questo libro fecie la venerabile vergine Katerinada Siena... ». A f. 140b : « Qui finiscie illibro fattoe conpilato per la venerandissima vergine… sottogli anni domini mille treciento setanta otto delmese d’ottobre. Amene ».

A ff. 143a - 144a : « Repertorio de dialogi di s.Chaterina ». Leg. in pelle del sec. XVI inoltrato.

*3) Cod. T. II. 4 membr. ; in f.° : mm. 300 x

200 ; sec. XV incip. ; ff. 142 ; numer. recente ; il f.tra il 71 e il 72 non num. ; due fi', di riguardo inprinc. e due in fine ; scrittura semigotica, a 2coll. ; 1. 36 per ogni col. intera ; rubriche inrosso ; capitoli 167 con le iniziali filigranate,alternatamente in rosso e azzurro ; richiami infine d’ogni quaderno. Nell’iniziale a f. 5b unaminiatura raffigura santa Caterina col Crocifissonella destra e un libro nella sinistra. Nell’iniziale af. 6b altra miniatura rappresenta la santa in estasidinanzi al Signore apparsole dall’alto, mentr’essa

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détta a due segretari. Nel verso del 1° f. di guardia,gli stemmi delle famiglie senesi Gori-Pannilini eBichi dipinti nel sec. xvm, e, in lettere dorate, ilnome : « Porzia de’ marchesi Bichi ne’ Gori-Pannilini ». Nel recto del f. 2, in lettere pure dorate,la seguente didascalia : « Questo volume contienei Dialogi di s. Caterina da Siena dettati da lei nelsuo volgare a suoi scrittori... E detto volgare fulatinizato da ser Cristofano di Gano Guidini, unodei suoi segretari e discepoli ; et in parte latinizatoancora dal b. Raimondo ». Leg. del sec. xvm inassi coperte di velluto cremisi, con borchie dimetallo argentato. Provenienza : ex-convento diSan Domenico in Siena.

A f. 1a : « Incìpt or do capitulorum in latino libridivina re- velacione compositi in suo vulgari nativo... ». Af. 5a : « Incipit prologus in libro supradicto... Iste liber,qui hic infra sequitur, trans latus fuit per quemdamscribam ser Xpo forum de Senis... et hoc circa annosdomini M°CCC°LXXXX. Est0 edam quedam porcio huiuslibri in latinum translati per supradictum magistrumRaymundum [424] in Venetiis apud locum predicatorum.Et quidam alius translatus in latinum per quendammonacum ordinis cartusiensis est apud generaleni dictiordinis ». A f.° 6b, col. i : « Hic incipit supra- dictusliber... ». A f.° 141, col. 2 : « ...de quo luminevidetur... ».

4) Cod. T. II. 5 membr. in f.° picc. mm. 266 x192 ; ff. 183 ; numer. recente ; mutilo di un f. trail 177 e 178 ; due ff. di riguardo in principio e due

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in fine ; scrittura semigotica di una sola mano,eccetto il i° f. ; a 2 coll. ; 1. 31 per col. intera ;rubriche in rosso ; capitoli 167 con le iniziali inrosso e azzurro, filigranate in violetto e rosso ;richiami in fine d’ogni quaderno. Una miniaturasulla iniziale a f. 7b rappresenta santa Caterina inestasi dinanzi al Signore che le appare dall’alto.Nel verso del 1° f. di guardia, gli stemmi gentiliziBorghesi e Petrucci-Palleschi dipinti nel xvm sec.,e, in lettere dorate, il nome : « Flavia Petrucci-Palleschi ne’ Borghesi » ; nel recto del 20 f., inlettere pure dorate, la seguente didascalia :« Questo volume contiene i Dialoghi di santaCaterina da Siena, o sia il Libro della divinadottrina... ». Leg. e provenienza come del cod.precedente.

I due codd. T. II. 4 e 5 contengono lamedesima versione latina del Libro, e sonosostanzialmente identici.

b) Nella Mediceo laurenziana di Firenze.25

5) Cod. Gadd. pluteo LXXXIX sup. c.membr. ; in 40 gr. ; sec. XIV ; a 2 coll. ; ff. scritti184 ; titoli in rosso ; iniziali colorate ; scrittoaccuratamente ; macchiato nelle ultime carte. « Illibro facto e compilato per la venerandissimavergine fedelissima serva e sposa di Geso Christocrucifixo Catarina da Siena... sotto gli anni del

25 Cfr. BANDINI, Cat. codd. mss. Bibl. mediceae laurentianae toni, quintus, italicosscriptores exhibens, col. 334 pel 1 cod., o Suppl., t. II, coll. 253, 254 e 333 per isuccessivi tre codici.

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Signore 1378 del mese d’octobre al tempo delsanctissimo in Christo padre e signore papaGregorio XI (sic)... ». Precede la tav. dei 167capitoli. Ine. « Levandosi una anima... ». Fin. :« Del quale lume... ». Segue : orazione a santaCaterina « O spem miravi quam dedisti » ecc. [425]

6) Cod. XXI, Biscioniano, parte cart. e partemembr. ; in 40 picc. ; sec. XV ; benissimoconservato ; ff. scritti 226. Precede la tav. deicapitoli, i quali, per una differente divisione, sono165. » Il libro della divina doctrina data per la personadi Dio Padre parlando allo ’ntellecto della gloriosavergine beata Catherina da Siena... » Ine.« Levandosi una anima... ». Fin. « del qualelume... ». Si chiude con questa nota : « ... il quale[libro] è del monasterio di Sancto Lorenzo dectoMonte Aguto dell’ordine della Certosa dappressoad Firenze, il quale iscripse don Francesco da Pisamo- nacho et professo di decto monasterio a di xidi giugno 1473, e finissi a di VII di novembre indecto millesimo ».

7) Cod. XXII, Biscioniano, cart. ; in 40 picc. ;sec. XV ; ff. scritti 192. È mutilo : contiene i primi108 capitoli. Precede l’indice. In fine, una nota inlatino, di scrittura identica a quella del cod.,avverte ch’esso fu copiato l’anno 1454 per manodel presbitero Andrea Lorenzo de Buonganellis diFirenze, sotto il pontificato di Niccolò IV,essendo arcivescovo di Firenze Antoninodell’ordine de’ predicatori.

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8) Cod. xxxi, Strozziano, membr. ; in 40 gr. ;fine sec. XIV ; a 2 coll. ; benissimo conservato ;capitoli 167 con titoli in rosso ; ff. scritti 189. In1a pag. si legge : « Libro del senatore Carlo diTommaso Strozzi n. 49 ». Oltre il Libro, contiene :1° Miracoli, cioè breve Vita di santa Caterina ; 20

Epistola anonymi (di Tommaso Buonconti da Pisa( ?) discepolo della santa) sul « transito » diCaterina ; 30 Versi di Pio II in onore di lei.

c) Nella Riccardiana di Firenze26.9) 1267, cart. ; sec. xv ; mm. 34x235 ; cc. 205,

più due guardie membr., una in princ., l’altra infine, le quali sono due fogli di un antifonario delsec. XI con note musicali ; bianche le cc. 6 e 202-205 ; le altre scritte molto regolarmente, a 2 coll,da 1. 35, con iniziali e titoli di rubrica. Dialogo delladivina [426] providenza, cc. 1a-190a. Tav. dei 167capitoli, cc. 1a-5a. Finito il Libro detto Dialogo di s.Caterina da Siena, questa nota : « Fu finito discrivere a di ventidue dicembre, correndo gli annidel nostro Ihesu Christo mille quattrocentoottantacinque ; et è il detto libro de monasterio diSanta Brigida, chiamato il Paradiso, di presso aFirenze ». Da cc. 190a-201b Miracoli e Transito disanta Caterina. Leg. antica in assi coperte di cuoio,con fermagli.

10) 1391, P. n 19 cart. ; sec. xv ; mm.290x210 ; cc. 203 ; bianche le cc. 7, 202, 203 ; lealtre scritte assai regolarmente, a 2 coll., da 1. 35 ;26 Cfr. S. MORPURGO, I mss. della r. Bibl. Rìccard. dì Firenze (Roma 1895-96).

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iniziali e rubriche colorate. In princ. c. 8a unamaggiore iniziale dorata. In fine 201b, di mano delcopista : « Anno domini Mcccclxxiiij, die x mensisoctubris ». Leg. moderna. La tav. dei capitoli cc. 1a -6b. A c. 8a com. : il Liber divine doctrine...« Levandosi una anima ansietata... ». Fin. : « pareche di nuovo si in- nebbrij l’anima mia ». Seguel’orazione : « O spem miravi quarti dedisti ».

11) 1392, p. II 18 membr. ; sec. XV ; mm.270x180 ; cc. 155 ; a coll, di circa 40-45 1. ; inizialie rubriche colorate ; una maggiore iniziale, confregi marginali, a c. 6a, distingue il principio deltesto. A c. 5b una vignetta rappresenta santaCaterina in cielo, in atto di adorare la Trinità, e interra un cardinale inginocchiato. A c. I55b unanota, di scrittura identica a quella del cod.,avverte : « Fu scritto da me Pietro Niccola diIacopo Aiuti di Reggiolo, notaio fiorentino,l’anno 1445, e finito il giorno 17 di giugno ». –Leg. moderna.

d) Nella Magliabechiana della Nazionale diFirenze.

12) D. 76. classe xxxv. Cod. LXXVI. Cat. Gad.291. cart. ; mm. 300 x 220 ; fine del sec. XV. LeRivelazioni di santa Caterina da Siena. Mutilo ; lascrittura dell’ultima carta termina con le parole« alle tue creature » del capitolo cxxxv. Postillemarginali ; non a coll. ; 30 1. per cart. ; ff. nonnumer. ; rubriche in rosso sbiadito ; spaziolasciato in bianco per le iniziali ; ultimi ff.

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rosicchiati al margine inferiore. Leg. povera incartone, con la costola in pelle. [427]

13) D. 77. classe XXXV. Cod. LXXVII. Cat.Gad. 148. cart. ; mm. 300 x 220 ; scritturasemigotica sec. xv. Libro della divina providenzia, o leRivelazioni. Guardie membr. una in principio,l’altra in fine ; ff. numer. 152, e 7 ff. bianchi infine. Il Libro ff. 1-132 ; capitoli 167. Rubriche inrosso pallido ; iniziali colorate ; a 2 coll. ; senzapostille. Segue : i° lettera di Barduccio di Piero(Canigiani) a suor Caterina de Pieroboni, nelmunistero di Mon- ticegli appresso a Firenze, sultransito della beata Caterina ; 20 Libro della vitacontemplativa del glorioso dottore messer santoAgostino ; 30 Divote meditazioni e operaispirituale di quatro iscaglioni e gradi che ordinò econpose sancto Aghostino a una sua figliuolaispirituale. Leg. in assi coperte da pelle nera confregi stampati, e avanzi di puntali.

e) Inventario ms. dei mss. scelti nellebiblioteche dei soppressi conventi deldipartimento dell’Arno (1808) dalla commissionedegli oggetti d’arti e scienze, e rilasciati dallamedesima alla pubblica Libreria magliabechiana.

14) F. 5. 300. sec. xv ; mm. 280 x 190. LeRivelazioni di santa Caterina da Siena. Precede latav. dei capitoli, di scrittura del sec. XVIII ; per unadifferente divisione, i capitoli sono 165 ; ff. nonnumer. e non a coll. Il Libro, con scrittura digrosso gotico, comincia a f. 1a. Rubriche e iniziali

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in rosso. Richiami a piè di ciascun f. Postillemarginali e interlineari di mano diversa da quelladel cod. Leg. in assi coperte di pelle solo nellacostola e nei margini di essa. Provenienza :convento dei Camaldoli presso Poppi.Nell’ultimo fb, questa nota, di epoca posteriore aquella del cod. : « A xxv de nouyembre, dia di sanctaCatarina martire anyo 1568 comence yo fray FranciscoCasal daguila la prouacion de ?iouicio in iste sacro hermodi Camalduli. Dios me dexe perseverar basta la muerte.

Amr. Ihsdia segudo de marzo del anyo 1569 comece las misas deparacuellos... ». [428]

f) Nella Palatina della Nazionale-centrale diFirenze.27

15) Palat. 55. (637. E, 5, 10, 1) ; cart. : di duediverse scritture ; sec. XV ; mm. 199 x 144 ; cc.numer. 308 ; bianche le ultime cinque. Fino a c.189 la numer. è parte antica, parte moderna ;sempre moderna per le rimanenti. Ma la numer. èerrata, perché, mancando le cc. 123 e 144, sisupplì con due altre carte che furon lasciate nonnumer. ; anche non numer. è un’altra fra le cc.230 e 231. Le cc. 50 e 51, comprese però nellanumer., furono messe in sostituzione di altra c.mancata. Dalla c. 127 si salta alla 129, ma senzalacuna nel testo. Dopo la c. 184 dovrebbe esserposta la c. 185. che ora è dopo la 188. Nel tergo

27 Cfr. F. PALERMO, I mss. palatini di Firenze (Firenze, 1853) ; AD. BARTOLI,I codd. palatini della r. bibl. naz. centr. dì Fir. (Roma 1885).

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della guardia membr. anteriore è una nota ms. diPier Del Nero. Appiè della c. 122 b, d’inchiostrorosso, è il nome Nofri. Nei margini super, dellecc. 66b, 67 » e 7ia leggesi : « Lo scorticato sta I inprigione per li peccati | dela madre e del padre ».Appartenne alla libreria dei Guadagni. Leg. incart., cop. di tela.

g) Nella biblioteca Landau presso Firenze28.16) Membr. ; sec. XV ; 294 ff. in 8° ; scrittura

minusc. gotica ; ad 1 col. : titolo in rosso, con unaminiatura in 1a c. La tav. delle materie (1a-10) stainnanzi’ al Dialogo della divina providentia. Leg.moderna in pergamena.

h) Nella Vaticana.17) Cod. Barber. 4063, segn. prec. XLVI. 5 ;

membr. in f.° ; sec. XV ; cc. 174 ; 2 coll. « Questisono e’ capitoli de lo libro facto per divinarevelatione de la venerabile e ammirabile verginebeata Caterina [429] da Siena... ». Segue la tav. dei167 capitoli nelle cc. 1-5. A c. 6 : « Qui comincialo libro sopradetto De la divina doctrina data da Dioa la sopradetta vergine beata Katerina da Siena...E questo fu nel 1377 (sic) ». Dopo questadidascalia con scrittura in rosso, comincia ilTrattato con la iniziale « L » miniata : « Levandosiuna anima anxietata di grandissimo desiderio... ».Finisce a c. 174b : « ... del quale lume pare che dinuovo inebrii l’anima mia ». « Conventus sancii

28 Cfr. Fr. ROEDIGER, Cat. des livres manuscrits et ìmprimés composant la bibl. deM. Horace de Landau (Firenze, 1885-90).

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Dominici de Senis ». La miniatura nella iniziale « L »rappresenta santa Caterina in estasi, con le maniincrociate sul petto, che guarda l’immaginedelPeterno Padre, e presso di lei, seduta, unasuora domenicana che scrive in un libro. Davantialle due suore seggono in un banco tre uomini,che scrivono sotto dettatura.

i) Nella Marciana di Venezia29.18) N° 4790. membr. ; in f.° ; mm. 198 x

276 ; sec. XV ; ff. 127 ; in princ. un f. di riguardonon numer. ; bianchi i due ultimi ; a 2 coll. ; 43 1.per col. ; rubriche in rosso ; iniziali alternatamenterosse e azzurre ; capitoli 167. Nel verso del f. dirignardo anter. l’ex-libris di Iacopo Contarini, colmotto : « Fatiget non rapiat ». A f. 5a comincia ilDialogo della divina providenzia : « Leuandose unaanima anxiatata de grandissimo desiderio ».L’iniziale « L » è miniata, con fregi a fiorami neimargini. A f. ii5a, con scrittura antica, ma diversada quella del cod., la data : 1459. Leg. marciana.

l) Nel monastero di San Michele pressoMurano30.

19) N. 146. membr. ; in 40 ; sec. XV ; scritturanitida : in princ. l’effigie della santa ; tit. del cod. :Dialoghi. Comincia e finisce come gli altri codd.scritti in volgare. Il Mittarelli nota : « Non

29 Cfr. C. FRATI e A. SEGARIZZI, Cat. dei codd. Marciani italiani (Modena,1909-1911).30 Cfr. IOH. BENED. MITTARELLI, Bibl. codicum manuscriptorum monasteriiSancii Michaelis Venetiarum prope Muranum, ecc. (Venetiis, MDCCLXXIX).

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spernenda diversitas in lingua dignoscitur inter codicemhunc et edita exemplaria ». [430]

m) Nel monastero dei Santi Giovanni e Paoloa Venezia.31

20 N° DCXXXII. membr. : in f.° ; sec. XIV ; ff.143. Precede la Leggenda minore di santa Caterina,scritta in latino e poi voltata in italiano da fraTommaso Nacci Caffarini. Segue : il Dialogo oLibro della divina dottrina, nella versione latina di serCristofano di Gano Guidini. In fine, si accennache il Libro dal volgare senese fu latinizzato« quasi de verbo ad verbum..., et hoc est ut in ipso librolegant libentius literati... ». Di scrittura antica, madiversa da quella del cod., è questa nota : Il Librofu trascritto col danaro di Antonio Ravagnini diVenezia, per la libreria del monastero dei SantiGiovanni e Paolo, e « non inde tollendus, nisireparationis causa ».

n) Nel monastero di San Benedetto e SantaScolastica in Subiaco32.

21) N° CCLXXII. Invent. 277. cart. ; mm. 200x 140 ; sec. XIV ; integro e ben conservato ; fF.numer. 142 ; non a coll. ; 41 l. per ciascuna c. ;scrittura semigotica quasi rotonda ; iniziali inrosso e turchino. Tit. del cod. : Beate Catharinaesenensis Revelationes. Nel prologo, che comincia

31 Cfr. D. M. BERTARELLI, Codicum omnium latinorum et italicorum qui ma-nuscripti in Bibl. SS. Ioannis et Pauli Venetiarum apud pp. praedicatores asservanturcatalogus, in CALOGERÀ, Nuova raccolta di opuscoli, XL (Venezia, (1784).32 Cfr. don LEONE ALLODI, Inventario dei mss. della Bibl. della badia ài Subiaco,in MAZZATINTI, Inventari dei mss. delle bibl. d’Italia, t. 1 (Forli, 1890).

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« Dixit David filius ysay... » si legge : « Hinc igitur etego frater Raymundus de Capua, in seculo dictus devineis... ». Don Leone Allodi comunicò, in data 3febbraio 1912, che il detto cod., perché credutoautografo del beato Raimondo da Capua, erastato chiuso in una cassetta di legno dorato,coperta dai cristalli, munita di cinque suggelli, etenuta per molti anni nel reliquiario della chiesadel Sacro Speco ; ma, dopo diligente esame,essendo risultata non vera quella credenza, il cod.fu rimesso nella biblioteca. Leg. con cartonicoperti da pergamena. [431]

22) CCXXVII. Invent. 230 ; cart. ; mm. 205 x140 ; sec. XV ; integro e ben conservato ; ff.numer. 220 ; miscellanea ; scrittura di più mani :carat. semigotico quasi rotondo ; iniziali in rosso,senza ornati ; tav. dei 167 capitoli nei primicinque ff. non numer. Nelle due facce del f. 3(membr.) un inno di 92 versi, che comincia :« Gaudeat Ytalia florescens fiore recenti, Plaudeat etecclesia de sponsa convenienti ». A f. 4 il prologo di fraRaimondo da Capua al Libro doctrine divine revelatebeate Katherine. Nei f. 5b-152a il Liber divine doctrinedate per personom Dei patris intellectui loquentis glorioseet sancte virginis Katherine... Da f. 154 a 190, scrittivari. Leg. come il cod. precedente.

23) ccxxx ; Invent. 333 ; cart. ; mm. 205 x140 ; sec. XV ; integro e ben conservato ; ff. nonnumer. ; non a col., 20 a 30 1. per c. ; scritturasemigotica di non facile lettura ; iniziali in rosso ;

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tit. come i due codd. precedenti ; mancano ilprologo e la tav. dei capitoli. In fine : « 1467, 23novembris de sancto gallo ». Leg. come i precedenti.

o) Nella Braidense di Milano.24) AD. IX. 36. membr. ; mm. 230 x 165 ; sec.

XIV. È la versione latina del Libro della divinadottrina fatta da frate Stefano Maconi. Mutilo de’primi ff, che contenevano il capitolo i° e granparte del 20 ; ff. 149, esclusi i mancanti ; numer.recente ; per una differente divisione i capitolisono 146 ; 1. 35 per faccia ; scrittura gotica ;rubriche in rosso ; iniziali pure in rosso ; dallaseconda metà del cod. alcune iniziali con fregi innero, e la più notevole è a c. 117b. Poche postillemarginali, e qualche volta i segni : « ex0 », « n° »,una mano o altro. Ben conservato, tranne gliultimi ff. che hanno dei piccoli fori. Leg. modernain cartoni e dorso in pelle. In fine a c. 148 a conscrittura identica a quella del testo, ma coninchiostro rosso : « Explicit liber divine doctrine dateper personam Dei patris intellectui loquentis alme virginisKaterine de Senis... ore virgineo ipsa dictante, licet invulgari sermo ?ie, dmn esset in raptu sue felicissimementis... » : poi due righe abrase. Segue l’orazione :« O spem miram... » A tergo della c. 148, nella parteinferiore, si legge, con scrittura diversa da quelladel testo : « Iste liber est domus [432] Sancte Marie deGratia prope Papiam ordinis carthusiensis ». E segue :« Questo libro si è della certosa di Pavia ; e, sealchuna persona, de quale conditione e stato

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voglia se sia, che in permudarà questo libro, elquale a nome Dialogo, per... retegnirlo con tutaintentione piutosto de occultarlo che de renderlo,sia certa quella persona che eia sarà in peccatomortale de arrobaria, del qual peccato la sanctaScriptura ne parla cosi », ecc. All’ultima c. i49a unprincipio d’indice.

p) Nella Casa generalizia dei frati predicatori aRoma.33

25) membr. ; mm. 281x207 ; sec. XIV ; ff.205 ; carat. rom. ; a 2 coll. ; 38-40 1. ; miniature distile ital. ; ritratti miniati di due domenicani, che ilLuchaire ritiene essere probabilmente quelli di fraRaimondo da Capua e di fra Tommaso Caffarini.La prima parte del cod. (ff. 18-172) comprende laLeggenda maggiore di fra Raimondo. Nei ff. 173-189, orazioni di s. Caterina. Nei ff. 189-195 unframmento del Liber de providentia Dei per modumdialogi, nella versione latina di fra Raimondo,come attesta anche l'explicit, nel quale altresi èdetto che il testo completo della versione latinadel Libro si trova a Siena, fatta da un tale « quiusque mine superest et appellatur ser Cristoforus de Senis,ibidem scriba sive notarius ac vita et fama precipuus,Usque nunc dico anno Domini 1398 ». Segue, ff. 195-204, il sermone detto da fra Guglielmo Flètèd’Inghilterra appena avvenuta la morte dellasanta. Nei margini del ms. molte note storiche,biografiche, geografiche. La scrittura delle note,33 Cfr. I. LUCHAIRE, in Mélanges d’archéol. et d’hist., fasc. avril-juin 1899.

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del sermone e di tutta la parte del ms. che seguealla Leggenda è della stessa mano, cioè di fraTommaso Nacci Caffarini, il quale a f. 202 nota :« Quando ego frater Thomas hic scripsi..., recepì litterasde Bonomia, continentes qualiter rex Franciae et col-legium parisiense sabstraxerant se ab obedienlia antipapaeet quod obsessus erat antipapa. Quod fuit anno Domini1398 circa finem mensis novembris ». [433]

q) Nella Biblioteca Casanatense a Roma.34

26) Codice 292 nella vecchia segnatura E. IV.26b, legato in pergamena col titolo a stampa suldorso : S. Catharina senens. opere. Consta di 294fogli non numerati di mm. 21 x 14. Nel recto delterzo foglio (che è di carta più recente come ilprimo e il secondo) è l’immagine a penna dellasanta, che regge in una mano un libro aperto enell’altra un cuore, quale si vede nella stampadell’edizione di Aldo del 1500. Nel verso del terzofoglio la nota bibliografica recente : « Catterina s.a

da Siena, Trattato della divina provvidenza conalquante divote e fruttifere pistole che la s.a vestitadell’abito di s. Domenico mandò a più persone.Ms. chartac. saec. XV in-4. Accedunt in fine quaedamde nativit. s. Io. alterius auctoris et amanuensis ». Al f. 4incomincia il trattato « Al nome di Jhesù ChristoCrocifixo et di Maria dolce – Levandosi unaanima anxietata di grandissimo desiderio verso

34 Descritto dal dr. Motzo nel suo studio Alcune lettere di s. Caterina da Sienain parte inedite, Siena, 1911 (estratto dal Bullettino senese di storia patria, annoXVIII, fase, II-III).

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l’onore di Dio » ecc. Continua sino al f. 198 v. echiude « Finito il libro composto per la benedectavergine, fedele sposa et serva di Jhesú ChristoKaterina da Siena, dectato in abstractione, vestitadel habito di santo Domenico. Amen ». I ff. 199-203 sono bianchi : a f. 204 cominciano le lettere.

r) Nella Bodleiana di Oxford35.27) N. 283 cart. ; in f.° ; sec. XV ; a 2 coll. ;

titoli rubricati ; cc. scritte 118. Precede la tav. deicapitoli del Libro della beata Chatharina da Siena,come se ciò che segue fosse il libro intero ; e nonè, perché contiene solo gli ultimi 81 capitoli.

Il 1 capitolo comincia : « alhora quella animaansietata di grandissimo desiderio... ». E finisce af. 118 : « del quale lume pare che dinouo inhebrilanima mia ». [434]

s) Nella biblioteca della Università diUtrecht.36

28) membr. ; in f.° ; ff. 212 ; sec. XV ; ff. 1-6tav. dei 167 capitoli ; f. 7a « Incipit liber diurnedoctrine... » A f. 212a : « Explicit liber... Katherine deSenis... Et est domus Sanati Saluatoris ordinis car-thusiensis prope Trajectum inferius. Scriptus et completusdecima die mensis maij anno Domini 1438 per manuscuiusdam fratris diete domus ». D’altra mano, questa

35 Cfr. A. MORTARA, Cai. deimss. italiani che sotto la denominazione di codd. ca-noniciani italici si conservano nella bibl. Bodleiana di Oxford (Oxonii,MDCCCLXIV).36 Cfr, P. A. THIELE, Cat. codicum manuscriptorum Bibl. universitatis rheno-traiectinae (Traiecti ad Rhenum, 1887).

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nota : « Henrici Bor de Trajecto, qui multis annis fuitvicarius ».

III. LE STAMPE.

Quella che è reputata edizione principe fuimpressa a Bologna circa il 1472, e dai più recentie insigni bibliografi dei paleotipi (Hain-Copinger,4689 ; Copinger, 11, 2, p. 253 ; Pellechet, 3389 ;Pro- ctor, 6521, Reichling, fase, iv, p. 177) vieneattribuita a Baldassarre Azzoguidi, il quale, pelprimo, introdusse ed esercitò nella sua città natalel’arte tipografica. Egli stampò, senza nome, luogoed anno, il Libro de la diuina providentia composto inuolgare da la seraphica uergene sancta Chatherina daSiena... Segue Lettera ne laquale se contene el transito dela beata Chaterina da Siena scripse Barducio de PeroCanigani (Barduccio Banigiani) a sor Chaterina daPerobon (Pieroboni) nel monasterio de Sancto Pieroamonticelli a presso a Fiorenza. L’Azzoguidi stampòin Bologna dal 1471 al 1481. Si conoscono 17opere impresse da lui col nome, luogo ed anno ;altre 6, senza n. 1. a., gli sono attribuite ; e fraqueste ultime, oltre il predetto Libro, anche leRevelazioni di santa Caterina da Bologna, c. 1475.Il Fossi (Cat. codd. saec. XV impressorum qui in publ.Bibl. Magliabechiana Fior, adservantur, Firenze, 1793-94) avverte che in queste due stampe i caratteritipografici sono gli stessi. Due bibliografibolognesi P. A. Orlandi (Origini e progressi dellastampa, Bologna, 1722) e L. Frati (Opere della

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bibliografia bolognese, Bologna, 1888-89) non citanol’ed. Azzoguidi. Lo Zambrini (Opere volgari astampa de’ sec. XIIIe XIV, Bologna, 1884) ne toccaappena, dicendola « quasi irreperibile ». Ve nesono, invece, esemplari : 1 nella Bibl. universitariadi Bologna ; 1 nella Comunale di Siena ; 1 nellaPalatina della Nazionale di Firenze ; 1 nellaMagliabechiana ; x nella Bibl. Landau ; 2 nellaVaticana ; 1 nella Casanatense di Roma ; 2 nellaNazionale di Parigi ; 3 nel British Museum ; 1nella Walters’ library a Baltimore. [436]

In ordine di tempo vengono le edizioni con ladata 28 aprile 1478 e coi nomi di quattrotipografi ; Franciscus N. fiorentinus, Bernardusde Dacia, Wernerus Raptor e ConradusBonebach. Si ignorava chi fosse il primo deiquattro, che firmava il suo cognome con la solainiziale, ma Konrad Burger {The printers andpublishers of the XV century, London, 1902)riconobbe che Franciscus N. fiorentinus o Frane,fiorentinus è Francesco Di Dino, Dini, di Iacopodi Rigaletto, cartolaio fiorentino, vocato « il conteB. Z. ». E il Burger gli assegna altre 25 stampe,impresse alcune a Napoli, altre a Firenze. L’ed. diFranc. N. (Hain, 4696, cfr. Proctor, p. 450) è inf.° ; 115 ff. ; 2 coll. ; 41 o 42 L ; s. num. rich.,segn. ; carat. rom. Il colofono dice : « AnnoMCCCCLXXVIII die vero vicesima octava mensis aprilisimpressimi in ciuitate neapolitana per discretum virumFranciscum N. fiorcntinum ». Oltre le Revelazioni

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contiene la Lettera di Barduccio de Pero Canigani. IlBrunet (dal cat. Bou- tourlin n. 678) e il Graesse(Trésor de livres rares et précieux, Dresde, 1861 e seg.)affermano che questa ed. è essenzialmentedifferente da quella dell’Azzoguidi e sembraeseguita sopra altro testo. Un esempi, trovasi nellaSpenceriana di Londra ; un altro è descritto nelcat. Boutourlin, n. 197.

L’ed. del De Dacia, Hain, 4694 (cfr. Proctor,p. 450) è in f.° ; s. l. ; ff. 117 (Reichling, ff. 120)non num., né segn. ; 2 coll. ; 41-42 l. ; carat. rom. ;s. lett. iniz. Revelazioni. A f. 2a comincia : « Comoper virtù de sante oratione se unisce la anima conDio, et corno questa anima de la quale se parlaqui, essendo elevata in contem- placione,adomandava quactro petecione al summo Dio ».Il colofono : « Anno M.CCCC.LXXVIII., die verovicesima octaua mensis aprilis, impressum per discretumvirum Bernardum de Dacia ». Il Brunet (Man. du libri)dice :... « la souscription est tellement identique avec celleque porte l’édition de Naples (per Fr. N.) qu’il paraitque l’une des deux a été copiée sur l’autre, en changeantseulement le nom de l’imprimeur. Ce dernier, Bernardin deDacia, ne figure dans aucune autre édition connuejusqu’ici, et l’on ignore même le lieu où il a exercé sapresse ». Il Panzer (Annales typ., IV, p. 18, n. 115) :« De typographo hoc Bernardo de Dacia ubique estsilentium ». Il Giustiniani (Saggio stor.-crit. sullatipografia del Regno di Napoli, Napoli, 1793),ritenendo anch’egli unica ed. quella dì Frane. N. e

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del De Dacia, supponeva che i due tipografi se lafossero divisa, ponendo ciascuno il proprio nomesulle copie [437] di particolare proprietà.L’Olschki (A proposito di un documento per la storiadella tip. napol. nel sec. XV, in La bibliofilia, 3,1901-02) non accetta l’ipotesi del Giustiniani perché,egli dice, confrontando le note bibliografiche delDibdin alle due edizioni (n. 47 e 48 del cat. dellaCassano-Serra nella Iohn Rylands library diManchester) vi si trovano differenze. Un esempi,del De Dacia è nella Riccar- diana di Firenze ; unaltro era posseduto dal bibliofilo napoletanoFrancesco Antonio Casella.

Tammaro de Marinis (Per la storia della tip.napol., Napoli, 15 maggio 1901) fu il primo apubblicare un contratto da lui rinvenutonell’Arch. notarile di Napoli, nel quale figuranoGiovanni Stanigamer di Landsberg e WernerRaptor di Marburg come tipografi in Napoli.L’ed. firmata « Raptor » è cosi descritta dalReichling (Appendices ad Hainii-Copingeri Repert.bibliogr., ad- dAtiones et emendationes, fase. 11, p. 27,Monachi 1905-11) : Libro della diurna doctrina...[Neapoli] Wernerus Raptor de Hassia, 1478, 28apr. In 40 ; carat. rom. ff. 118 non num., né segn. ;2 coll. ; 42 1. ; s. lett. iniz. Il colofono : AnnoMCCCCLXXVIII die vero vicesima octaua mensisaprilis conpositum per discretum Vuernerum Raptor deAlmania alta de Hassea de terra che chiama « In demgulden Troghe ». E soggiunge, « Werneri Raptoris,

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typographi anteaprorsus ignoti,primus mentionem fecitTamarus de Marinis ». Si conoscono due esemplaridi questa ed., l’uno nella Nazionale di Napoli,l’altro nella Universitaria di Genova.

Il quarto è Conradus Bonebach (Copinger, ri,1503 ; Proctor, An index to the early printed books inthè Brit. Mus. n. 6723) : Libro dela divina doctrinarevuellata... In f.°, senza front. ; carat. rom. ; s.segn. né numer. ; s. 1. (Neapoli) 1478, apr. ; ff.119 ; 2 coll. ; 40-42 1. Il colofono : « Impressum perdiscretum Conradum Bonebach de Almania alta deHassea terra che chiama « In dem gulden Troghe ». Unesempi, nel British Museum ; un altro, possedutoda Carlo Negroni (cfr. Il bibliofilo, an. VI, n. 4),appartenne già ai Medici, come dallo stemmaminiato nella 2a carta.

Il De Marinis e il Dziatzko (in Beiträge zurKenntnis des Schrift-Buch-und Bibliothekswesensherausgegeben, VI, 13-23) ritengono unica ed. quellasottoscritta dai quattro sopra nominati, e che lecopie, divise fra gli operai, sarebbero state messein commercio con nomi diversi. Unasupposizione presso a poco simile fa il Walters(A descriptive cat. of the books printed in the century,Baltimore, 1906). [438]

C’è discordanza tra i bibliografi quanto alconteggio dei ff., che vanno da un minimo di 114ad un massimo di 120, secondo che essi calcolanoo no i ff. bianchi e le cc. non numerate.

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Il Reichling (op. cit., voi. edito nel 1911), asciogliere l’enigma che avvolgeva queste ed., dice :« Huius libri sine dubio Henrici Alding typo I° exscriptivaria exemplaria eodem anno ac die etnissa, titulo quidempaulum inter se differentia, in fine nomina quatuordiversorum typographorum prae se ferunt : WerneriRaptoris, Bernardi de Dacia, Conradi Bonebach,Francisci Dini. Ad hos igitur viros officina HenriciAlding, qui paulo ante Messanam discesserat, transissevidetur ».

Seguono le edizioni fatte in Venezia daMathio di Codeca da Parma, altrimenti dettoCapcasa. Hain, 4690 : « 17 marzo 1482 » ; ilReichling (fase, iv, p. 177) emenda : « 17 rnazo, i.e. maggio 1483 ».

Ed. 1483 (Hain, 4691 ; Reichling, fase. 11, pp.143-44) : in 40, carat. rom. ; 180 ff. non num. ;segn. AA, a-x8, y4 ; 2 coll. ; 38 1. ; iniz. xilogr. A f.ib fig. xilogr. rappresentante santa Caterina. A f. 2a

« Epistola prophemiale {sic) nel profondissimo etaltissimo libro del Dyalogo de la seraphica...Catherina de Sena... : Ale illustrissime etexcellentissime madame et duchesse, madonnaYsabella consorte del illustrissimo signoreLodouico Sforza... frate N. del predicto ordine deobseruantia... » A f. 9a : « Al nome di Iesu Chri-sto crucifixo... Libro dela diuina prouidentiacomposto in uulgare dala seraphica uergine... » Af. 180b : « Impressa in Venetia per Mathio diCodeca da Parma ad instantia de mestro

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Lucantonio de Zonta fiorentino de lanno MccccLxxxm adi xvn de mazo. » Segue il giglio deiGiunti, c. lett. L. A. Il Reichling, fase, IV pp. 177-78, nota : « Haec editio (H., 4690) et illa, quam fase.II s. H., 4691 recensuimus, ab eodem typographo eodemanno ac die emissae sunt ; attamen inter se differunt ».Esemplari : 1 nella Bibl. alessandrina di Roma ; 1nella Casanatense di Roma ; 1 nella Palatina dellaNazionale di Firenze ; 1 nella Magliabechiana ; 1nella Comunale di Siena.

Mathio di Codeca ristampò il Dialogo nel 1494a di 17 de mazo (Hain-Copinger, 4692 ; Proctor,4998 ; Reichling, fase. 11, pp. 143-44). Quasi lestesse note bibliografiche della precedente ed. IlGamba (Serie dei testi di lingua, Venezia, 1839) el’Ilari (op. cit.) avvertono che le due ed. sonosimili. Esempi. : 1 nella Palatina della Nazionaledi Firenze ; 1 nella Comunale di Siena ; 1 [439]nella Vitt. Eman. di Roma ; x nella Vaticana,fondo Barberini ; r nella Nazionale di Parigi ; 2nella British Museum.

Ultima ed. del periodo paleotipico è quellafatta a Brescia da Bernardino de Misintis di PaviaHain-Copinger 4693 ; Proctor 7034 ; Lechi, Dellatip. bresciana nel sec. XV, Brescia, 1854). In 8° gr. ;191 ff. s. num. ; 2 coll. ; 40 1. ; segn. a-z, r ». Èl’ed. principe della versione latina del Dialogoattribuita a fra Raimondo da Capua, confessoredella santa. A f. ia : Dialogus seraphice ac dineCatharine de Senis cum nonnullis aliis orationibus. A f.

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2a dedicatoria di « Marcus Civilis brixian. (cui,secondo l’Audiffredi, si deve l’ed.) fratri PauloSancheo aragpnensi, sacri observantis predicatorumordinis ». In fine : « Accuratissime im- pressus acemendatus in alma civitate Brixiae per Bernardinum deMisintis da Papia die quinto decimo mensis aprilisMccccLxxxxvi. Esempi. : 1 nella Comunale diSiena ; 1 nella Bibl. universitaria di Bologna ; 1nella Bibl. del monastero di Subiaco ; 1 nellaMaglia- bechiana della Nazionale di Firenze ; 1nella Nazionale di Palermo ; 2 nella Nazionale diParigi ; 1 nel British Museum ; 1 nella Walters’library a Baltimore.

Nel sec. XVX si contano undici edizioni delLibro di santa Caterina, in italiano o in altra lingua.Eccone l’elenco in ordine cronologico :

1511, Ferrara, L. de Rubei da Valentia : Fioretiutilissimi extracti dal divoto Dyalogo vulgare de laseraphica sposa di Cristo sancta Catherina da Siena, ecc.In 8°. Nel British Museum.

1517, Venetia, C. Ariuabeno : Dialogo a laseraphica uergine sancta catherina da Siena... con la suaaita : et canonizatione... Nouamente reuisto et... castigato(con poesie di papa Pio II e di altri in lode dellasanta). In 8° Nel British Museum ; 2 esempi, nellaNazionale di Parigi ; nella Palatina della Nazionaledi Firenze.

1519, Londra, Wynkyn de Worde : Herebegynneth the orcarde of Syon, in the whiche is conteynedthe revelacyons of seynt Katheryne of Sene, with ghostly

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fruytes and precyous plantes for the helthe of mannes solile(translated by D. Iames). In f.° ; 2 coll., senza num.di pp. Nel British Museum.

1540, Venetia, Marchio Sessa : Dialogo de laseraphica vergine... el quale profondissimamente tratta dela divina providentia... et de molte altre stupende etmeravigliose cose... Nel [440] frontespizio una fig.xilogr. rappresenta la santa in ginocchio davanti alCrocifisso, e in lontananza Siena. Adi XXIX aprile.Regnante lo inclito principe messer Pietro Landò,ff. num. 224.

1547, Venetia. P. Nicolini da Sabio, adinstantia de Marchio Sessa : Dialogo della divinaprovidenza. Nella Nazionale di Firenze, fondoNencini.

1553, Colonia, I. Gennepaeus : Theologiaemysticae mirabilium scilicet et inscrutabilium operum Deilucida demonstratio... per do- minum Raymundum aVineis capuanum... conscripta partim, par- timque eidiomate italico in latinum... ac iam tandem post multoslabores exhibita (a fr. Theodorico Loher a Stratis).In f.° di 185 ff. Il cat. della Nazionale di Pariginota che il voi. contiene la vita, il Dialogo e alcuneorazioni di santa Caterina.

1569, Colonia, apud. T. Baumium. La stessaop. preced. In f.° di 185 ff. Nella Nazionale diParigi.

1579, Venezia, Farri : Dialogo. In fine è ilpoemetto di Anastasio da Monte Aitino(contemporaneo della santa) che celebra il ritorno

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del papa da Avignone per opera di Caterina. Ilpoemetto è preceduto da queste parole :« Nastagio da ser Guido da Montalcino, essendoprima molto incredolo de’ facti dellavenerandissima vergine Catharina..., fecel’infrascritto poema doppo la pratica et laexperientia che ebbe di lei ».

1580, Parigi, G. Mallot : Le Dialogue et oraisonde l’excellente vierge saincte Catherine de Siene, dicté parelle sortant d’extase et ravissement d‘esprit etc. traduictd’ital. en frag. (par le p. E. Bourgoing). 80.

1583, Ingolstadt, Sartorius : Dialogo. Versionelatina attribuita a fra Raimondo da Capua. 8°. Ènella Braidense di Milano ; nella Nazionale diFirenze, ecc.

1589, Venezia, G. Cornetti : Dialogo. 80.Nei tre secoli seguenti, tranne l’ed. veneta del

Sarzina [Giacomo Scaglia], 1611, e quella delGigli, della quale si è già discorso, tutte le altresono versioni.

1601, Colonia Agrippina, Birckmann : D.Catharinae senensis... Dialogi in sex tractatus distribuii...a domino Raimondo a Vineis... ex italico in latinumconversi, mine accuratius typis excusi... sumptibus A.Mylii. 8°.

1602, Parigi, R. Chaudière : La doctrinespirituale, escrite par forme de dialogue, de l’excellentevierge sainte Catherine de Siene, [441] qu’elle a dicté envulgaire italien sortant de son ordinaire extase... augmentéen ceste dentière édition de deux petits traictez... Le tout

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traduict d’italien en franq. (par le p. Ed. Bourgoing).8°.

1648, Parigi, S. Huré : La doctrine de Dieuenseignée à sainte Catherine de Siene... en forme dedialogue, donné en notre langue par le p. F. L. Cardon.8°.

1875, Parigi, Poussielgue-Rusand : Dialogue desainte Catherine de Sienne, suini de ses prières recuilliespar ses disciples et de son traiti de la perfection, d’aprés lemanuscrit du Vatican, traduit de l’italien par E. Cartier.2 voll. 8°.

1884, Parigi, Poussielgue fr. 2a ed. dellaversione del Cartier. 1 vol. 8°.

1896, Londra, Kegan Paul and Co. : Thedialogue of the seraphic virghi Catherine of Siena...,translated from thè originai italian, with an introductionon thè study of mysticism by A. Thorold. 8°.

1906, 2a ed. della precedente versione inglese,a cura dello stesso Thorold, ed. Kegan Paul andCo.

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INDICE DEI NOMI E DELLE COSENOTEVOLI

(Le pagine indicate s’intendono dell’edizione di 1928 tra [ ])

Adamo – Sua disobbedienza ruppe la strada delcielo, 43. Peccò per compiacere alla suacompagna, 304. Conseguenze del suopeccato, 34, 35, 36.

affetto – Porta l’anima come i piedi il corpo, 50, 94,174.

Agnese da Montepulciano (s.), 346, 347-Agostino (s.), 163.allegoria dell’albero, 82, 83.– della chiave, 367.– della città dell’anima, 328 – Sua guardia, sue

porte, 328 – Suoi sportelli, 329.– della città della povertà, 353 – Sua regina, ivi –

Non teme guerra, non fame, non carestia,354.

– dell’obbediente, 380, 381.– della navicella degli ordini religiosi, 372 a 375.– della vigna della Chiesa, 45 a 48.– del ponte, 42 a 44 – Tiene dal cielo alla terra per

l’unione della Deità con la natura umana, 44 –Ha tre scaloni, 50 ; che raffigurano le trepotenze dell’anima, 104, 105, 109 ; ecorrispondono a tre stati dell’anima, 106, 151,166, 401 – Scalone primo, piedi : primo statoimperfetto, mercenario, 106 – Scalonesecondo, costato : secondo stato perfetto,

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liberale, 106 – Scalone terzo, bocca : terzostato perfettissimo, filiale, 106 ; che ha in sédue gradi di perfezione, 141 ; chiamati statiunitivi, 173,174 – Questo ponte è murato, e lesue pietre sono le virtù, 52 – Levato in alto,non si parti dalla terra. Spiegazione di questaallegoria che dimostra il ponte non esserealtro che la dottrina di Cristo, 55 a 57) io5 –Che modo ha a tenere l’anima per salire sulponte, 102 a 105 – Chi sono quelli chepassano di sopra, e quelli che vanno di sotto,49, 60.

amore di Dìo – E conseguenza del conoscere Iddio,3 – Non deve aver legge né termine, 26, 27 –di Dio e del prossimo è una stessa cosa, 15,16 – È agevole, ed è la sola cosa che Iddio cichiede, 105, 106 – Produce tutte le virtù, 40 –Amore imperfetto, no, 111, 130, 131 –Amore filiale, 116 – Come vi si giunge, 112,139, – Suoi segni, 140 – Sue opere, 147 –Felicità che procura, 149 a 153 – Si trasformanella cosa amata, 112 – Amore d’amicizia èstrada all’amor filiale, 115, 116 – All’amoreperfetto si giunge anche senza scienza, 286.[444]

amore del prossimo – Deve uscire dalla dilezione diDio, 12, 15 – E un debito che abbiamo, 12 –Ispira tutte le virtù, 15, 16 – Per ingratitudinenon diminuisce, 148 – L’amore del prossimodeve essere disinteressato, 174 – Il prossimo

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deve amarsi in Dio ; paragone del vasobevuto nella fonte, xx8, 119 – Segnidell’amore imperfetto, 119.

amor proprio – È come una nuvola che offusca laragione, 7, 97, – E principio d’ogni male, 14 –Isola l’uomo, 102 – Attosca il mondo e laChiesa, 253 – Da esso nascono la superbia el’indiscrezione, 250 – Si uccide col coltellodell’odio e dispiacimento delle offese, 26.

amor proprio sensitivo, 13, 40,61, 171, 268.amore proprio spirituale, no, 112, 118, 134, 135, 137,

171.anima – S’unisce a Dio per orazione, 3 – Per

affetto d’amore diventa un altro Cristo, 3, 4,192 – Non può fare utilità al prossimo seprima non acquista in sé la virtù, 4 – È fattaper amore e non può vivere che d’amore, 23,98, 181 – Conosce Dio in sé, e sé in Dio, 31 –Per le sue tre potenze è immagine dellaTrinità, 32, 97, 405 – Non può esseresignoreggiata se la volontà non consente, 99 –Di sua natura appetisce il bene ; e però ildemonio l’inganna sotto colore d’alcun bene,81, 82 – Peccatrice fa un Dio di se stessa, 64 –Non può stare che non si muti : o avanza invirtù o torna addietro, 96, 198 – Sua dignità,98 – Serve Dio in tre modi : comemercenaria, come serva fedele, come figliuola,106 – Per esser piena di Dio dee vuotarsidell’amore alle cose transitorie, 104 –

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Chiamata « cielo » quando Iddio abita in lei,63 – Giunta all’ultimo grado di perfezione èsempre unita con Dio, 151 – Per qual cagionedesidera esser separata dal corpo, 155, ióo –L’anima nella beatitudine del cielo, 73 –L’anima dei perfettissimi sta beata e dolorosa,173, 152, 205 – Gode nelle pene ; soffre delnon patire ; non vorrebbe aver virtù senzafatica, 162.

arbore d’amore, 61.arbore di morte, 60,61 – Suoi frutti, 62.arra d’inferno, 86, 211.arra di vita eterna – Gustata dai santi in questa vita,

84, 166, 204, 205.avari – Paragonati alla talpa, 62 – Vendono il

tempo al prossimo, ivi – son crudeli a sé e adaltrui, 63 – stremano la loro necessità, 92.

avarizia – Procede dalla superbia, 63 – Malicagionati da essa nel mondo, ivi.

avversità – Disgusta e avvilisce i deboli, 95 – Dataagli uomini per loro bene, presa da essi inmale, 185 – V. venti.

Battesimo – Ha virtù nel sangue di Cristo, 36, 142 –Battesimo continuo è il sacramento dipenitenza, 143 – Battesimo di fuoco, 142,143– Battesimo disangue, ivi.

beati – La loro felicità consiste nella visione di Dio,84 – Loro gloria, 73 a 76.[445

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bene – Deve esser sempre remunerato, 86, 87 – Ilbene fatto in stato di peccato mortale nongiova alla vita eterna, 87, 88.

Benedetto (s.), 374.benefizi di Dio, nella creazione, nella redenzione e

nei doni dello Spirito santo, 191.beni del mondo – Non possono appagare l’uomo,

91, 92 – Dati in premio agli empi per qualcheloro virtù, 88, 181, 182 – Si perdono pertroppo curarli, 271.

Candela – V. similitudini, 222, 223, 224.carità – Vestimento nuziale, 3 – Dà vita a tutte le

virtù, 7, 14, 26 – La pazienza è il suo midollo,24 – La sua bàlia è l’umiltà, 7 – Dev’esserecondita con la discrezione, 26 – Deve primamuovere da sé, secondo san Paolo, 27 –Dissolve l’odio e il rancore, 18 – Dà virtùinfinite alle opere dell’uomo, 6 – Gli uominison forzati da necessità ad usarlavicendevolmente, 16 – Questa necessità èlegge fondamentale della provvidenza divina,343 – Carità di Dio e del prossimo sono uniteinsieme, 190 – - Paragonata ad un albero, 23– Tenne Cristo confitto in croce, 35 – È ilcento per uno promesso da Cristo a chi losegue, 384, 385 – Soccorre le anime inpurgatorio, 345 – Fa concepire nell’anima levere e reali virtù fondate nella carità pura delprossimo, 1x4 – Carità di Dio si manifesta intre modi, 113.

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Caterina (s.) – Domanda a Dio di punire le colpealtrui sopra di sé, 5, 31, 32 – Chiede che i suoiocchi diventino fiumi per sempre piangere,298 – Prega per la Chiesa, ivi – Suecomunioni prodigiose, 323, 324 – Sua visionedella eucaristia, 226 – Altra bella visione, 324.

cella del conoscimento di se, cioè la vita interiore, 3,116, 117, 120, 123, 139 a 141, 389, 403.

chiave del sangue di Cristo che disserra il cielo, 52– Chiave dell’obbedienza gettata nel loto daAdamo e racconciata da Cristo, 367.

chiavi del sangue di Cristo date a s. Pietro e a’ suoisuccessori, 231.

Chiesa – Bottega e giardino sul ponte mistico ovesi dispensa ai viandanti il Pane di vita, 53, 124– Perché da Dio tribolata, e quale sarà la suaricompensa, 30 – Non è meno perfetta per lecolpe dei ministri, ivi – Sposa di Diodeformata pei peccati dei fedeli e dei ministri,33, 168 – Sarà riformata non con guerra nécon coltello, ma con pace e quiete per lepreghiere dei servi di Dio, 38, 167 – E libera eindipendente, 232 – I fedeli appartengono alcorpo universale della chiesa, e i sacerdoti alcorpo mistico, 45 – I suoi persecutoriobbediscono al demonio, 236.

colonne di santa Chiesa : s. Francesco e s.Domenico, 377 – Colonne date da Dio aCaterina per guida e sostegno : i suoiconfessori, 218.

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colpa – Sta in amare quel che Dio odia, e odiare quelche Dio ama, 197. [446]

coltello d’amore di virtù e odio del peccato serve adivellere le spine dei peccati, 46 – Coltello di duetagli, cioè odio del vizio e amore di virtù, serve atagliare la propria sensualità, 89. comandamenti dellalegge stanno solamente in due : amare Dio e ilprossimo, 103.

comandamenti e consigli – Osservando attualmente iprimi e mentalmente gli altri, si sta nella caritàcomune, 89 – -Osservati attualmente entrambi, sista nella carità perfetta, 89, 101, 106, 351, 371.comunione spirituale – Per mezzo della preghiera edel desiderio, 124, 125, 128.

confessione – E obbligatoria quando è possibile, 143.conoscimento di sé – Deve attribuirsi a lume divino,14 – Purifica le macchie dell’anima, 5 – Conducea gustare la verità eterna, 7 – Umilia l’uomo e glifa conoscere il suo non essere, ivi – Toglie lanuvola dell’amor proprio, ivi – Conduce alconoscimento di Dio, 31 – Fa venire l’uomo avirtù, 80 – S’acquista nel tempo della tentazione,ivi. Deve esser condito col conoscimento di Dio,139. consigli – V. comandamenti, contrizione perfettasoddisfa alla colpa ed alla pena, 6 – Imperfettasoddisfa solo alla colpa, 9. corpo – Sua gravezza èimpedimento allo spirito, 160, 161 – Glorificatoperde la sua gravezza, 75. Corpo di Cristo –Paragonato al sole, 220 a 224.

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coscienza – Paragonata ad un cane, perché ci avvertedelle nostre colpe, 8, 277, 285 – Stimolo dicoscienza, dato da Dio ai peccatori perché siconvertano, 185, 186 – Verme di coscienza, sinutre nell’albero di morte (cioè il peccatore) ed èaccecato dall’amor proprio, 61.

creatura – Pel peccato perdé la dignità nella quale Iddiol’avea posta, 32.

creazione – Ogni cosa è stata creata in servigiodell’uomo, e l’uomo per Dio, 51, 52 –Provvidenza divina nella creazione, 303 – E nellaincarnazione, 304.

Cristo – Salvatore del mondo con l’incarnazione, 35 –Ci manifesta Iddio, 115 – Medico, curò le nostreinfermità, bevendo per noi l’amara medicina, 35 –Ponte, v. allegoria – Fonte d’acqua viva, 100, 101,105 – Vite, 46, 47, 333, – Incudine, 51, 367 – Èuna cosa con Dio Padre, 138 – Esempio diperfezione, 200 – Ogni cosa che disse era detta ingenerale a tutti, presenti e futuri, 117 – Uni lalegge del timore con quella dell’amore, 108 – Sullacroce era beato e doloroso, 152 – Levato in alto,ogni cosa trasse a sé, 51 – Niuno può andare alPadre se non per lui, 101 – Libro glorioso ovetrovalisi scritte tutte le virtù, 365.Cristo in terra. V. Pontefice.crudeltà che i peccatori usano al prossimo verso

l’anima e verso il corpo, 13.cuore dell’uomo è tratto per amore, 51 – Niuno

può giudicare l’occulto cuore dell’uomo, 203.

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Dannati – Non perdono l’essere per veruntormento, 37 – Loro tormenti, 69 a 79. [447]

demòni – Ministri di Dio nel provare gli uomini inquesta vita, e nel crociare i dannati, 79, 80 –Aborriscono l’impudicizia, 62 – sitrasformano in angeli di luce per ingannare leanime ; modo di riconoscerli, 136, 137 – Nonpossono nuocere ai giusti in punto di morte,286.

demonio – Padre della bugia, 54 – Ci fa vederemolte verità per condurci alla bugia, 206 –Invita gli uomini all’acqua morta, 79, 93.

desidèri de’ servi di Dio sono un legame checostringe Iddio a misericordia, 38.

desiderio dell’anima – Soddisfa alla colpa e alla pena,5, 6 – Vale ed ha in sé vita per Cristo, 6 –Rapito da Dio, 5 – Desiderio di soffrire gratoa Dio, 11 – Del desiderio infinito dell’anima,179, 180.

difetti e virtù si fanno col mezzo del prossimo, 11.diletti del mondo fuggono come l’acqua, 53, 54 –

Paragonati ad uno scorpione, 82, 88.discrezione – Sua definizione, 22 – Sua radice è il

conoscimento di sé e di Dio, ivi – Non fadanno di colpa a sé per fare utilità alprossimo, 26 – Dà a Dio amore infinito esenza modo, e al prossimo con modo. Èperseverante, forte, prudente. È lume che dis.solve le tenebre dell’ignoranza. Condisce tutte

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le virtù. Si rende signora del mondo,spregiandolo, 27.

disobbedienza di Adamo serrò la porta del cielo,364.

disperazione – È il più grave peccato, 68, 290 –Come Dio la combatte, 291.

Domenico (s.) – È una delle colonne della Chiesa,377 – Fondatore d’ordine, 375, 376 –Maledice i religiosi che vogliono possedere,375 – Pone il fondamento del suo ordine sullume della scienza, ivi.

doni di Dio distribuiti differentemente agli uomini,e perché, 16, 343-

dote che l’uomo ha ricevuta da Dio, e che a luideve tornare, cioè le tre potenze dell’anima,io.

dottrina di Cristo – E ferma e stabile perchèprocede da Dio, 57 – Fu confermata dalloSpirito santo e dagli apostoli, e dichiarata nelsangue dei martiri, 56 – È navicella che trael’anime fuori del mare tempestoso della vita,56.

Elementi – Obbediscono agli obbedienti, 398.Eliseo – Figura di Cristo, 316.estasi – Sua descrizione e sua causa, 154 – Dee

l’anima sforzarsi di abbandonarla perobbedienza, 399-

Eucaristia – Contiene tutta la divinità e tuttal’umanità di Cristo, 221 – E lume che sicomunica a tutto il mondo, 221 – Non si

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divide per la divisione dell’ostia, nédiminuisce per la partecipazione di tutti ifedeli, 222 – Richiede purità in chi la ministrae in chi la riceve, 256 – Quelli che la ricevonone partecipano più o meno secondo la misuradell’amore con cui la ricevono, 222, 223 –Effetti di essa nell’anima, 227, 228 – Di quelliche la ricevono indegnamente, 223. [448]

Falso cristiano – È più punito che un pagano, 37.fame dell’onore di Dio e salute del prossimo, data

da Dio ai servi suoi perché lo costringano amisericordia, 38.

fatiche – Desiderio di sopportarle in salutedell’anime è molto piacevole a Dio, 11 – Inqual modo debbono offrirsi a Dio, 29 – Sonpiccole in questa vita per la piccolezza deltempo, 86 – Non sono sentite dai servi diDio, 84.

fede – Vestimento datoci nel battesimo, 57, 196 –Pupilla dell’occhio dell’intelletto, 85, 87 –Fede viva si conosce nella perseveranza, 123– Fede senza opere è morta, 87.

fiducia in Dio – Quanto sia dolce, 321 – Deveaversi anche per le cose temporali, 319.

filosofi – Gettavano da sé le ricchezze, perché ilpensiero di esse non occupasse il loro cuore,62 – Si conservavano continenti per megliostudiare, ivi.

fiume tempestoso – È la vita terrena. In essoaffogano i mondani, 82, 83. – Alcuni

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cominciano a uscirne, ma si lasciano abbatteredai venti, che li fanno ricadere, 94, 95-

fortezza – Una delle virtù fondate nella carità, 147* – Fondata in odio santo della propriasensualità, 188.

Francesco (s.), 374.frutto del sangue di Cristo è il perdono, la grazia

del lume, il premio, 8, 46 – Il frutto della penadi Cristo è infinito, benché la pena sua fossefinita, 143.

Giardino della Chiesa dimesticato dai sacerdotivirtuosi, e inselvatichito dai cattivi, 253.

Giezzi – Figura di Mosè, 316. Giovanni Battista,127.

Giovanni evangelista acquistò lume soprannaturalesul petto di Cristo, 192.

Girolamo (s.) – Una delle lucerne della santaScrittura, 163 – Uno dei dottori che ha datolume nella Chiesa, estirpando gli errori, 240.giudizio – Del ritegno che si deve avere nelgiudicare altrui, 202, 203 – L’anima giudica sécon giusta sentenza nell’estremità della morte,80, 81 – Giudizio del prossimo deve darsi conmodo, e quale, 206, 207, 208 – Falso giudiziodel mondo verso Dio, 65 a 68, 182 ; verso ilprossimo, 182. giudizio universale, 71. giusti –Anche in questa vita hanno miglior partitoche i peccatori, 93. giustizia – Margarita cheriluce nei buoni prelati. Necessità di essa nellalegge divina e nella legge civile, 242.

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gloria e loda del nome di Dio dee cercarsi nella salutedelle anime, 42 – È resa a Dio da tutte le creature,vogliano esse o no, 156 ; e dai demòni, 157 –Questa verità non è conosciuta se non dall’animasciolta dal corpo, 158 – La gloria e loda di Dio èriposo dei servi suoi, 258. grazia divina – Semericevuto nel battesimo, 47, 48 – Data neisacramenti secondo la misura del desiderio, 223.

Gregorio (s.) – Sua sentenza, 139 – Ha dato lume nellaChiesa con la scienza e con specchio di vita, 240.[449]

Iddio – È colui che è, 40, S7, 102, 244 – Vita durabile,204 – Carità, 29 – Mare pacifico, che solo puòcomprendere sé, 104, 227, 400 – Ci ha amatisenza essere amato da noi, 217 – Ci ha creatisenza noi, ma non ci salva senza noi, 245, 367 – Etutt’uno con l’uomo, se questi non si diparte daDio per la colpa, 30, 33 – Bene infinito, vuoleamore infinito, 6, 180 – Vuole infinito doloredelle nostre offese, 6 – Si diletta di poche parole edi molte operazioni, 24 – Vuole la prova dellavirtù al tempo del bisogno, ivi – Si lamenta dellalebbra che infesta la Chiesa, 33 – Promette lariformazione della Chiesa per le orazioni de’ servisuoi, 38 – Paragonato a un albero, 82 – Ècondisceso alle passioni e debolezze umane, 91 –Egli solo può saziare l’uomo, 92. impazienza –Midollo della superbia, 273 – È segno dellainobbedienza, 368.

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imperfetti – Servono Dio per proprio interesse, ni –Vogliono andare a Dio Padre senza portare lacroce del Figliuolo, 141, 142. iuchinamento al peccato– Restò nella natura umana dopo la colpa diAdamo, come la cicatrice di una piaga, 35, 36 –Indebolito dal battesimo, può essere frenato dallabuona volontà, ivi. incontinenza – Offusca l’occhiodel- l’intelletto, 62, 375, 376. inferno – Suoi quattrotormenti, 69 a 71.

inganno ossia illusione di quelli che amano Dio perproprio interesse, spirituale o tempoi-ale, 130 a134, no, III.

ingiurie – Bisogna amare il prossimo anche quando cifa ingiuria, 371 – Varie ingiurie che sicommettono verso il prossimo, 13 – Le ingiuriedel mondo a Dio e ai servi suoi saranno rimeritatecon la riformazione della Chiesa, 29, 3° – Nelricevere ingiuria non si dee giudicare la personache la fa, ma la volontà di Dio che la permette,203.

ingiustizia verso Dio e verso il prossimo, 64, 68, 69 –Procede dall’amor proprio, 252, 253. iniqui –Paragonati ad un morto ; detti « alberi di morte »,60, 61 – Loro frutti, 61.

intelletto – Occhio dell’anima. La sua pupilla è la fede,che gli fu posta nel battesimo. E accecata dall’infedeltà, 85, 86, 87 – L’intelletto è la più nobileparte dell’anima, 97 – È mosso dall’amore, 98 –Accecato dall’amor proprio, 85 a 88.

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Lagrime tratte dalla divina carità laveranno la facciadella sposa di Cristo, 38 – Lagrime dei servi diDio mitigano l’ira divina, 38,40. lagrime – Cinquemaniere di lagrime, 169, 170 – 1° lagrime : dimorte, 170 – II0 lagrime (prime di vita) : ditimore, 170, 171 – III0 lagrime (seconde di vita) :imperfette, 171 – IV0 lagrime (terze di vita) :perfette, 171, 172 – V » lagrime (quarte di vita) :di dolcezza, 172, 173. lagrime di fuoco, 178 –Infinite per l’infinito desiderio dell’anima, 179 –Lagrime dei mondani ; loro frutti, 181 a 183 –Frutto delle lagrime di vita, 187 a 193. [450]

lavoratore – Dio Padre che piantò la vite del suoFigliuolo nella terra dell’umanità, 46.

Lazzaro, povero, più felice del ricco dannato, 356 –Sosteneva minori pene, perché in lui era morta lavolontà, ivi – Come era aiutato dalla Provvidenza,ivi. legge perversa, ossia la sensualità, si addormentaper l’affetto di virtù, ma non muore nell’uomo,193 – Ci fu data per conservarci nell’umiltà, 196 –Impugna contro lo spirito, 14, 84 – Noncostringe a colpa di peccato, 197 – Lamento di s.Paolo contro di essa, 160. legge del timore –Compiuta con la legge dell’amore, 108. liberoarbitrio – Per esso l’uomo ha la scelta del bene odel male, 36 – Mano del libero arbitrio, 9 – Illibero arbitrio lavoratore nella vigna dell’anima,45 – È legato in mezzo fra la sensualità e laragione, 99 – Giunta l’anima a perfezione, illibero arbitrio si scioglie dalla sensualità e legasi

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con la ragione, ivi. lingua – Ci fu data per rendereonore a Dio, per confessare i nostri difetti e peradoperarla in salute del prossimo, 183.

Lorenzo (s.) – Motteggia il tiranno nel suo martirio,355. lucerne della Chiesa : gli apostoli, i martiri, iconfessori, i dottori, 56, 259.

lume – Tre lumi escono da Dio, vero lume, 195 –Lume generale, ivi – Lume di ragione, 196 –Secondo lume, 198, 199 – Terzo lume, 199 a 204– Lume soprannaturale nel vecchio Testamento,163, 164 – Oscurato dall’amor proprio, 165 –Lume della grazia non può esser diviso, 239 –Lume infuso sopra il lume naturale, 163 – Effettodi esso nei santi, 164 – Lume della fede acceso nelbattesimo e spento col vento della superbia, 67.

Mansioni – Sono molte nella casa di Dio, 16, 202.mare pacifico – V. Iddio.margarita della giustizia riluce nei virtuosi prelati, 241 –

Margarita nascosta e calpestata dal mondo èl’obbedienza, 369.

Maria – Chi ha riverenza a Maria non sarà tolto nédivorato dal demonio, 313 – È posta da Diocome un’esca a pigliare le creature ragionevoli, ivi.

màrtiri – La loro morte dava vita, 189.Matteo (s.) – Abbandona le ricchezze per seguire

Gesù, 352.memoria – Una delle tre potenze dell’anima. V. potenze

– Quando é piena di Dio, non « bussa » perimpazienza né per disordinata allegrezza, 103.

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misericordia – Principio della creazione e dellaredenzione, 59 – Governa tutto il mondo, ivi –Discese di cielo in terra nella incarnazione, 53 –Suoi effetti sull’uomo e sue lodi, 59 – Suoibenefizi anche agl’iniqui, 63 – È maggiore di tuttele colpe dell’uomo, 281, 282, 290 – Non verràmai tolta a chi vorrà sperare in essa, 281 – Non èconceduta all’uomo perché ne abusi offendendo,290 – Mentre che l’uomo vive, gli è tempo dimisericordia : morto, gli sarà tempo di giustizia,108. [451]

mondani – Non si correggono, perché non credono inverità che Dio li vede, 237 – Sono percossi daquattro venti, 184. mondo – Non ha conformitàcon Dio, 30 – Perseguitò il Figliuolo di Dio eperseguita i servi suoi, ivi – Li perseguita invano,152 – Rende gloria a Dio, voglia esso o no, 156 –Delle tre reprensioni che Dio fa al mondo, 66 a72 – Follia degli uomini del mondo, 327.

morte – L’uomo di sua natura la teme, 285 – Fu vintada Cristo sulla croce, 59 – Differenza della mortedei giusti da quella dei peccatori, 284, 288, 289.

morti a grazia – Loro stato, 60, 61.Natura umana – Resa capace di satisfare le sue colpe in

virtù della natura divina, 35 – Per l’unione cheIddio fece di sé in lei, ha ricevuto una dignitàsuperiore a quella dell’angelo, 220.

Obbedienza – Compitamente trovasi in Cristo, 363 –La sua obbedienza consumò la disobbedienza diAdamo, 65, 304 – È la chiave che apre il cielo,

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364, 366 – E sorella della pazienza, 564 –Comprende tutte le virtù, ivi – Lodidell’obbedienza, 368 – L’obbedienza generale aicomandamenti, 371 – Dell’obbedienzaparticolare, 372 – Obbedienza al vicario di Cristo,necessaria alla salvezza, 364.

occhio dell’anima – V. intelletto, operazioni finite possonorendersi infinite per affetto della carità, 6, 25 –Operazioni morte, cioè compiute in peccatomortale, 87.

orazione – Fondata nel conoscimento di Dio e di sé,illumina l’anima della verità e l’unisce con Dio, 3– Con l’orazione acquistasi ogni virtù, 124 – Èun’arme con che l’anima si difende da ogniavversario, 123 – Dell’orazione vocale e mentale,125, 127, 128 – La preghiera mentale fapartecipare virtualmente al Corpo e al Sangue diCristo, 128 – Il conoscimento di sé e di Dio èorazione continua, 118 – Le opere che si fannoper amore del prossimo sono orazione, 129 –L’orazione perfetta non s’acquista con molteparole, 128 – L’orazione dei servi di Diocostringe Iddio a far misericordia al mondo, 8, 9,38, 42 – È un debito che abbiamo verso ilprossimo, 23 – L’orazione offerta a Dio per lasalute del prossimo è incenso odorifero, 168.

ordine di s. Domenico paragonato ad una navicella contre funicelli, 375 – La sua regola è larga egioconda, 376 – Carattere particolare del suoordine, 375.

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ordini religiosi – Stabiliti per coloro che aspirano allaperfezione, 372, 373 – Differenze loro, 374, 375 –Cause della loro prosperità e decadenza, 373, 374.

Pace – Si trova dopo la vittoria di se stessi, 50, 146,147, 151, 190 – È frutto della pazienza, 188.

Paolo (s.) – Sua conversione, 159 – Ottenuta per leorazioni di s. Stefano, 182 – Suo desiderio diessere sciolto dal corpo, 155, 160 – Sue parole, 6,25, 26, 129, 150, 178, 192. [452]

parole – Danno che producono, 183 – Più penetrantidel coltello, ivi.

Passione dì Cristo – Il suo merito è infinito, e infinito ilfrutto, 143, 144 – Gli uomini ne abusano, 265.

passione sensitiva, cioè la sensualità, dev’essereconculcata sotto la ragione, 14.

passioni – Permesse da Dio ne’ suoi santi peraccrescerne la virtù, 67.

pazienza – Reina di tutte le virtù, 149 – Sta nella ròccadella fortezza, 189 – È il midollo della carità, 24,149 – Si prova nelle pene, 11 – È la prova di tuttele virtù, 189 – È il segno dimostrativo che Dio ènell’anima, 24 – Frutto della pazienza, 188 – Suoelogio, 149, 189.

peccato – Consiste in amare quello che Iddio odia e inodiare quello che Iddio ama, 197 – Sua cagione èl’amor proprio sensitivo, 197, 239 – Il peccatooriginale lasciò nella natura umana l’inchi-namento al peccato e ogni difetto corporale, 35,36 – Per esso la creatura trovò ribellione a semedesima, 43 – Peccato attuale e mentale, 12 – Si

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partorisce nel prossimo, 13, 14, 17 – Il peccato ènon cavelle, 40, 61, 185 – Peccato che non siperdona è la disperazione, 68 – La considerazionedel peccato deve essere unita a quella della bontàdi Dio, 125, 126 – Non si dee commetter peccatonemmeno per fare il bene, 27.

peccatori – Sono alberi di morte, che tengono la radicenella su perbia, 64 – Loro follia nell’andare allamorte eterna cantando, 327 – Per la carità di Dioe per le orazioni dei suoi servi vengono aconoscimento e contrizione dei peccati, 8.

pene di questa vita – Non tutte date per punizione, maper correzione, 5 – Non valgono ad espiare lacolpa senza la vera contrizione, 5,6, 28 – Per lavirtù della carità sono sufficienti a soddisfare leproprie colpe e le altrui, 8 – Nei perfettisoddisfano alla colpa e alla pena : nei generali(uomini di virtù comune) soddisfano soltanto lacolpa, io – Sostenute per la salute delle anime,sono molto accette a Dio, 11 – Necessari e pergiungere a virtù, 190 – Ai perfetti le pene sono unpiacere, 150.

penitenza – È strumento di virtù, ma non virtù, 21,209, 210 – Dee farsi con discrezione, 21 – È cosafinita, e perché, 25 – E chiamata da Caterina« strumento di fuo- re », 212, a contrapposto delle« virtù intrinseche de l’anima », 21 – Non tuttipossono fare la penitenza, 25, 210.

perfezione – Non consiste nella penitenza, ma nellavirtù, 24 a 26 – Non sta solo in macerare il corpo,

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ma in uccidere la propria volontà, secondo s.Paolo, 25, 26, 210 – Anche i mondani sentono lapiacevolezza dei perfetti, 342.

persecuzioni – Sostenute dai servi di Dio per la salutedelle anime, sono molto grate a Dio, 42.

perseveranza – Conduce alla morte o alla vita per mezzodel vizio o [453] della virtù, ioo – Riceve gloria ecorona di vittoria in Dio, 101.

pesca miracolosa – Spiegata allegoricamente, 339, 340.piaceri del mondo – V. allegoria dell’albero, 82, 83.pianto – V. lagrime.pietre delle virtù – V. allegoria del ponte, 42 a 44.Pietro (s.) – Primo pontefice, 231 – Ha dato lume nella

Chiesa con la predicazione e col sangue, 240 –Rinnegò Cristo perché lo amava ancora d’amoreimperfetto, 111 – Pianse, ma di pianto imperfetto,116 – Il suo amore e quello degli altri apostoli fuimperfetto fino alla Pentecoste, 116.

Pietro martire (s.) – Scrive il « credo » col suo sangue,377.

Pilato – Fece uccidere Cristo per il perverso timore diperdere la signoria, 234.

ponte – V. allegoria del ponte, 42 a 44.Pontefice – Chiamato da Caterina « Cristo in terra »,

231, 232, 269 – Chi è fuori della sua obbedienzasta in stato di dannazione, 364 – Deve punire lasimonia, 269. potenze dell’anima – Quali sono, io –Sono la dote data all’anima da Dio, e che a Diodeve tornare, ivi – Accordate l’una con l’altra, 31– Se non sono congregate, non può l’anima avere

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perseveranza, 100 – Iddio si trova nel mezzo diesse quando sono congregate, 103 – Raffiguratenei tre scaloni del ponte allegorico, 100, 104, 105,401.

povertà di spirito – E di quelli che osservano icomandamenti e i consigli* 351 a 356 – Cristo nedétte il primo esempio, 352,353 – I veri poveri dispirito sono poveri, ma non mendichi, 345 –Quei poveri, che non hanno lo spirito dellapovertà, sono ricchi quanto a desiderio, ivi.

predicatori – Posti perché annunzino la parola di Dio,ed essi gridano solo col suono della parola, e perònon fanno frutto, 260 – La gittano con parlarepolito, ma non schietto che attenda a pascerel’anime, 388.

prelati – Sono obbligati di correggerei sudditi senzatimore servile, 241, 242.

presunzione, 206 – Infermità occulta, 217 –Presunzione nella misericordia di Dio, 95, 96,289.

prosperità. V. venti – Distoglie dalla virtù, 95 – Non ècattiva in sé, 184.

prossimo – Iddio ha posto il mezzo del prossimo,acciocché si faccia a lui quello che non si può farea Dio, 119, 174 – Dobbiamo amarlo condiscrezione, non facendo male di cólpa a noi perutilità altrui, 27 – Dobbiamo sovvenirlospiritualmente e temporalmente, 12 – L’amore delprossimo dev’es- ser bevuto in Dio, 118, 119 – Il

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prossimo è il mezzo con cui si compiono tutte levirtù e tutti i difetti, 11 a 15.

Provvidenza – Non manca mai né ai perfetti néagl’imperfetti, 308 – Ingiusti lamenti contro laProvvidenza, 311 – Anche il solo lume naturalebasta a farci conoscere la provvidenza di Dio, 308– Accecamento di quelli che non sperano in essa,314, 319, 320.

purità perfetta – Modo di pervenirvi, 203. [454]Regno di Dio, cioè la buona e santa vita, 319.ricchezze e stati del mondo. – Debbono possedersi come

cosa prestata, 89 a 92 – I filosofi le spregiavanoper non averne impedimento ad acquistare lascienza, 348.

ricco epulone – Per qual cagione temeva la dannazionedei suoi fratelli, 72.

riformazione della Chiesa – Sarà data non con guerra nécon coltello né crudeltà, ma con pace e quiete,lagrime e sudori de’ servi di Dio, 38, 167, 402.

riprensione – In che modo debba riprendersi ilprossimo, 206, 207, 211, 212.

Sacerdoti – Loro dignità, 220, 231 – Dell’eccellenza deivirtuosi sacerdoti, 238 a 247 – Quali dovrebberoessere gli eletti al sacerdozio, 269, 270 – Debbonoessere sovvenuti dai fedeli nelle cose temporali,230 – Di questa sostanza debbono farsi tre parti,ivi – Le colpe dei sacerdoti non diminuiscono lavirtù dei sacramenti, 231 – Della riverenza che sideve ai sacerdoti, buoni o cattivi che siano, 247 a249 – « Non vogliate toccare i miei unti », 232,295

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– Iddio reputa fatta a sé la persecuzione che si faa loro, ivi – Questa colpa è più grave diqualunque altra, 233 – Dei difetti degli iniquisacerdoti, 249 a 284.

sacramenti – Loro virtù viene dal sangue di Cristo, 231– Sacramento del Corpo di Cristo manifestato aCaterina, 225, 226 – • Purità che richiede in chi loministra e in chi lo riceve, 256.

sacrifizio – In che modo dee farsi a Dio sacrifizio dinoi, 29.

sangue di Cristo – Dato largamente a tutta l’umanagenerazione, 267 – Dato a ministrare al vicario diCristo, 124, 231 – Sparso per darci vita, spesso èoccasione di morte pei nostri peccati, 33, 34.

scienza – S’ottiene con l’orazione più che con lostudio, 192 – Può essere avvelenata dallasuperbia, 270.

Scrittura (s.) – Interpretata dai santi della Chiesa, 163 –Non compresa se non letteralmente dai superbi,165, 259.

sdegno – Lo sdegno verso il prossimo discosta l’animada Dio e toglie talvolta anche la grazia, 203.

sensualità – È contraria allo spirito, 196 – Deeconculcarsi sotto la ragione, 14, 139 – Si taglia colcoltello di due tagli, cioè odio del vizio e amoredella virtù, 89 – Due parti sono in noi : lasensualità e la ragione ; la sensualità è serva, ed èposta per servire all’anima, 99 – L’obbediente lasignoreggia, 380.

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servi di Dio – Chiamati a cercar la gloria di Dio nellasalute delle anime, 42 – Seguitando la dottrina diCristo partecipano della sostanza del Verbo, 47 –Sono potati con molte tribolazioni per prova eaccrescimento di virtù, 47-

Silvestro (s.) – Sua disputa sulla fede, 240 – Suocoraggio innanzi l’imperatore Costantino, 245.

similitudine – Del vasello e dell’acqua che si presenta alsignore, 29. [455]

similitudine – Della donna che dà alla luce il figliuolo,28, 87.– Dello specchio, 31.– Della bàlia che prende la medicina, 35.– Del vasello pieno o vuoto, 104.– Del vasello a cui si beve nella fonte, 118, 119.– Del giardino, 130.– Del tizzone e della fornace, 153.– Dellamosca e della pignatta, 176.– Della fornace e dell’acqua, 180.– Della navicella nel mare tempestoso, 188.– Del sole, 220, 221.– Dello specchio che si rompe, 222.– Del lume e delle candele, 222.– Della candela senza il lucignolo, 222, 223.– Della candela bagnata, 223, 224.– Del suggello e della cera, 227, 228.– Del cane che fa la guardia, 285.– Della navicella degli ordini religiosi, 372, 373.– Della porta con lo sportello, 378 a 380.– Del vasello e del mare, 400.

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spine e triboli della vita a chi nocciano, 85, 92, 93.Spirito santo – Certificò la dottrina di Cristo, 56 –

Venne, accompagnato con la potenza del Padre econ la sapienza del Figliuolo, 57 – Serve coloroche amano perfettamente Dio, 151, 152 – Gemecoi giusti, 178.

stati dell’anima – V. allegoria del ponte.stato – In qualunque stato l'uomo può servire a Dio,

90, 91, 105.Stefano (s.), 355 – Le sue preghiere ottengono la

conversione di s. Paolo, 182.strada del cielo fu rotta da Adamo, 43.superbia – Sua descrizione, 63 – Tutti i vizi sono

conditi dalla superbia, come le virtù dalla carità,272 – Faperdere il conoscimento, 275 – Una delletre colonne di vizi onde procedono tutti gli altri,263, 279.

Talpa – V. avari, tempo – È quanto una punta d’ago, 86.tentazioni e loro utilità, 79, 80, 176, 177.timore – Timore santo, 107 – Timore servile, 94, 106,

107, 109, – Suoi effetti sull’uomo, 184. Tommaso(s.), 163, 192, 240. tralci, cioè i fedeli, uniti con lavera vite, il figliuolo di Dio, 46 – Ogni tralcio, chenon fa frutto, sarà tagliato, 46, 47.

tribolazioni – I servi di Dio debbono sostenerle pergloria e loda del nome suo, 8 – Date all’uomo permigliorarlo, come la potatura alla vite, 47, 85, 333.

Trinità – L’uomo per le sue tre potenze è immaginedella Trinità, 32.

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Umiltà – Trovasi nel conoscimento di sé, 14, 22 –Esce dall’odio di sé, 116 – È bàlia della carità, 7 –Nutrice della obbedienza, 365 – Virtù piccola,378 – E la via più sicura per conservarel’obbedienza, 383 – L’uomo umile con santacoscienza è miglior consigliere dell’anima che ilsuperbo letterato, 165.

uomo – Fatto libero perché signoreggi la propriasensualità, 36 – [456] Dopo aver ribellato a Dio,trovò ribellione a se medesimo, 43 – Per laribellione a Dio perdette la sua dignità, 32 – Nonpuò sottrarsi a Dio, ma ci sta o per giustizia o permisericordia, 40, 41 – Non può appagarsi che inDio, perché le cose create sono tutte minoridell’uomo, 92, 184 – Uomo vecchio : Adamo ;uomo nuovo : Cristo, 403.

usurai – Vendono il tempo al prossimo, 268.Venti di prosperità, di avversità, di timore e di

coscienza percuotono i mondani, 184, 185.Verbo – V. Cristo.verità di Dio è che fummo creati per la vita eterna, 43,

191, 402, 403 – Ci è manifestata col sangue diCristo, 191, 403.

via della bugia – Vi si passa con fatica. Chi va per essagusta l’arra dell’inferno, 54, 55.

via della verità – Per essa si va con fatica ; ma èdilettevole, 54 – Chi va per essa partecipa, anchein questa vita, al bene della vita durabile, 54, 55.

vicario di Cristo – Tiene la chiave del Sangue, 124.vigilia corporale e spirituale, 118.

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virtù – Non si giunge a lei se non per conoscimento disé, 80 – E il bene e la cagione del bene, 197 – Neigiusti perfetti passa la natura, 285 – Le virtùhanno vita da Cristo, 6, 52 – Si compiono colmezzo del prossimo, 11 – Sono tutte legatenell’affetto della carità, 16 – Si provano efortificano con i loro contrari, 17, 80 – Se altempo che son provate con molti contrari nonfanno buona prova, non sono virtù in veritàfondate, 18 – Sono le pietre murate nel pontemistico, 52, 53 – Le virtù intrinseche sono tutteoperative, 21.

vita attiva e contemplativa stanno insieme comel’orazione mentale e la vocale, 128.

vizi – Atterrano il cielo dell’anima, 63 – Contrappostodi vizi e di virtù, 380.

volgere il capo addietro a mirare l’aratro, 29, 148 – Allude aldetto dell’Evangelo (Luca, ix, 62) : « Nessuno che,dopo aver messa la mano all’aratro, volga indietrolo sguardo, è buono pel regno di Dio ».

volontà – E forte e libera, 79 – Quanto male può venireda lei, 328 a 330 – Iddio la fortifica nelletentazioni, 135,177 – Posta in mano al demonio, èun’arme con la quale ci percuote e uccide, 79.

volontà spirituale, 199.volontà sensitiva, disordinata, è la sola cosa che dà pena

all’uomo, 85,188 – Deve uccidersi con l’odio dellapropria sensualità, 26, 284, 285 – Nei santi èmorta, 85, 146 – Essi son vestiti di quella di Dio,

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91, 146 – La loro volontà è pienamente appagata,84.

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INDICE

I. – Come l’anima per orazione s’unisce con Dio, ecome questa anima, della quale qui si parla, essendolevata in contemplazione, faceva a Dio quattropetizioni............................................................................4

II. – Come el desiderio di questa anima crebbe,essendole mostrato da Dio la necessità del mondo.. .6

III. – Come l’operazioni finite non sono sufficienti apunire né a remunerare senza l’affetto della caritàcontinuo............................................................................7

IV. – Come el desiderio e la contrizione del cuoresatisfa alla colpa e alla pena in sé in altrui, e cometale volta satisfa alla colpa e none alla pena.................9

V. – Come molto è piacevole a Dio el desiderio divolere portare per lui....................................................15

VI. – Come ogni virtù e ogni deferto si fa col mezzo delprossimo.........................................................................16

VII. – Come le virtù s’aoperano col mezzo delprossimo, e perché le virtù sono poste tantodifferenti nelle creature................................................20

VIII. – Come le virtù si pruovano e fortificano per liloro contrari...................................................................24

TRATTATO DELLA DISCREZIONEIX. – Qui comincia el trattato della discrezione. E

prima, come l’affetto non si die ponereprincipalmente nella penitenzia ma nelle virtù. Ecome la discrezione riceve vita dall’umilità, e comerende a ciascuno el debito suo....................................27

X. – Similitudine come la carità, l’umilità e ladiscrezione sono unite insieme ; alla qualesimilitudine l’anima si debba conformare..................30

XI. – Come la penitenzia e gli altri esercizi corporali sidebbono prendere per strumento da venire a virtù enon per principale affetto. E del lume delladiscrezione in diversi altri modi e operazioni...........32

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XII. – Repetizione d’alcune cose già dette, e come Diopromette refrigerio a’ servi suoi e la reformazionedella santa Chiesa col mezzo del molto sostenere....38

[458]XIII. – Come questa anima per la responsione divina

crebbe insie- memente e mancò in amaritudine ; ecome fa orazione a Dio per la Chiesa santa sua e perlo popolo suo.................................................................41

XIV. – Come Dio si lamenta del popolo cristiano, esingularmente de’ ministri suoi, toccando alcunacosa del sacramento del Corpo di Cristo e delbenefizio della Incarnazione........................................45

XV. – Come la colpa è più gravemente punita doppo lapassione di Cristo che prima, e come Dio promettedi fare misericordia al mondo e alla santa Chiesa colmezzo dell’orazione e del patire de’ servi suoi..........50

XVI. – Come questa anima cognoscendo più delladivina bontà, non rimaneva contenta di pregaresolamente per lo popolo cristiano e per la santaChiesa, ma pregava per tutto quanto el mondo........53

XVII. – Come Dio si lamenta delle sue creaturerazionali e massi mamente per l’amore proprio cheregna in loro, confortando la predetta anima adorazione e lagrime.........................................................54

XVIII. – Come neuno può uscire delle mani di Dio,però che o egli vi sta per misericordia o elli vi sta pergiustizia...........................................................................56

XIX. – Come questa anima crescendo nell’amorosofuoco deside rava di sudare di sudore di sangue ; ereprendendo se medesima faceva singulare orazioneper lo padre dell’anima sua..........................................57

XX. – Come senza tribolazioni portate con pazienzianon si può piacere a Dio ; e però Dio conforta lei eil padre suo a portare con vera pazienzia..................58

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XXI. – Come, essendo rotta la strada d’andare al cieloper la disobedienzia d’Adam, Dio fece del suoFigliuolo ponte per lo quale si potesse passare.........59

XXII. – Come Dio induce la predetta anima araguardare la grandezza d’esso ponte, cioè per chemodo tiene dalla terra al cielo.....................................61

XXIII. – Come tutti siamo lavoratori messi da Dio alavorare nella vigna della santa Chiesa. E comeciascuno ha la vigna propria da se medesimo ; ecome noi tralci ci conviene essere uniti nella veravite del Figliuolo di Dio...............................................62

XXIV. – Per che modo Dio pota i tralci uniti con lapredetta vite, cioè i servi suoi, e come la vigna diciascuno è tanto unita con quella del prossimo, cheneuno può lavorare o guastare la sua che non lavorio guasti quella del prossimo........................................66

XXV. – Come la predetta anima, doppo alcune lauderendute a Dio, el prega che le mostri coloro chevanno per lo ponte predetto e quelli che non vivanno..............................................................................68

XXVI. – Come questo benedetto ponte ha tre scaloni,per li quali si significano tre stati dell’anima. E comequesto ponte, essendo levato in alto, non è peròseparato dalla terra. E come s’intende [459] quellaparola che Cristo disse : « Se Io sarò levato in alto,ogni cosa trarrò a me ».................................................70

XXVII. – Come questo ponte è murato di pietre, lequali significano le vere e reali virtù, e come in sulponte è una bottiga, dove si dà el cibo a’ viandanti ;e come chi tiene per lo ponte va ad vita, ma chi tienedi sotto per lo fiume, va ad perdizione e ad morte.. 73

XXVIII. – Come per ciascuna di queste due strade si vacon fadiga, cioè per lo ponte e per lo fiume. E deldiletto che l’anima sente in andare per lo-ponte.......76

XXIX. – Come questo ponte, essendo salito al cielo eldi della Ascensione, non si parti però di terra...........77

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XXX. – Come questa anima, maravigliandosi dellamisericordia di Dio, raconta molti doni e grazieprocedute da essa divina misericordia alla umanagenerazione....................................................................82

XXXI. – Della indignità di quelli che passano per lofiume, di sotto al ponte detto ; e come l’anima, chepassa di sotto, Dio la chiama arbore di morte, elquale tiene le radici sue principalmente in quattrovizi...................................................................................84

XXXII. – Come e’ frutti di questo arbore tanto sonodiversi quanto sono diversi e’ peccati. E prima delpeccato della carnalitade...............................................87

XXXIII. – Come el frutto d’alcuni altri è l’avarizia. Ede’ mali che procedono da essa...................................88

XXXIV. – Come d’alcuni altri, e’ quali tengono stato disignoria, el loro frutto è ingiustizia.............................90

XXXV. – Come per questi e per altri defetti si cade nelfalso giudicio. E della indignità nella quale perciò siviene................................................................................92

XXXVI. – Qui parla sopra quella parola che disseCristo quando disse : « Io mandarò el Paraclito cheriprenderà el mondo della ingiustizia e del falsogiudicio ». E qui dice come una di queste reprensioniè continua.......................................................................93

XXXVII. – Della seconda reprensione, nella quale siriprende della ingiustizia e del falso giudicio ingenerale e in particulare................................................96

XXXVIII. – Di quattro principali tormenti de’ dannati ;a’ quali seguitano tutti gli altri e in singularità dellalaidezza del demonio....................................................98

XXXIX. – Della terza reprensione, la quale si farà nel didel giudicio...................................................................101

XL. – Come i dannati non possono desiderare alcunobene...............................................................................102

XLI. – Della gloria de’ beati.............................................103

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XLII. Come doppo el giudicio generale crescerà la penade’ dannati....................................................................109

XLIII. – Della utilità delle tentazioni, e come ognianima nella estremità della morte vede e gusta elluogo suo, prima che essa anima sia separata dalcorpo, cioè o pena o gloria che debba ricevere......113

XLIV. – Come el demonio sempre piglia l’anime sottocolore [460] d’alcuno bene. E come quelli chetengono per lo fiume, e non per lo ponte predetto,sono ingannati, però che volendo fuggire le penecaggiono nelle pene ; ponendo qui la visione d’unoarbore che quest’anima ebbe una volta....................116

XLV. – Come, avendo el mondo per lo peccatogerminato spine e triboli, chi sono quelli ad cuiqueste spine non fanno male, bene che neuno passiquesta vita senza pena................................................119

XLVI. – De’ mali che procedono dalla cechitàdell’occhio dell’intelletto. E come li beni che nonsono fatti in stato di grazia non vagliono ad vitaeterna............................................................................124

XLVII. – Come non si possono osservare icomandamenti che non si osservino i consigli. Ecome in ogni stato che la persona vuole essere,avendo santa e buona volontà, è piacevole a Dio.. 127

XLVIII. – Come li mondani con ciò che posseggononon si possono saziare ; e della pena che dà loro laperversa volontà pur in questa vita..........................131

XLIX. – Come el timore servile non è sufficiente a darevita eterna ; e come esercitando questo timore siviene ad amore delle virtù..........................................135

L. – Come questa anima venne in grande amaritudineper la cechità di quelli che s’annegavano giù per lofiume.............................................................................138

LI. – Come i tre scaloni figurati nel ponte già detto, cioènel Figliuolo di Dio, significano le tre potenziedell’anima.....................................................................139

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LII. – Come, se le predette tre potenzie dell’anima nonsono unite insieme, non si può avere perseveranzia,senza la quale neuno giogne al termine suo............144

LIII. – Esposizione sopra quella parola che disseCristo : « Chi ha sete venga ad me e beia »..............144

LIV. – Che modo debba tenere generalmente ognicreatura razionale per potere escire del pelago delmondo e andare per lo predetto santo ponte.........146

LV. – Repetizione in somma d’alcune cose già dette...150LVI. – Come el timore servile, senza l’amore delle virtù,

non è sufficiente a dare vita eterna. E come la leggedel timore e quella dell’amore sono unite insieme........................................................................................153

LVII. – Come questa devota anima, raguardando neldivino specchio, vedeva le creature andare in diversimodi..............................................................................154

LVIII. – Come el timore servile, senza l’amore dellevirtù, non è sufficiente a dare vita eterna. E come lalegge del timore e quella dell’amore sono uniteinsieme..........................................................................154

LIX. – Come, esercitandosi nel timore servile, el quale èstato d’imperfezione (per lo quale s’intende el primoscalone del santo ponte), si viene al secondo, elquale è stato di perfezione.........................................156

LX. – Della imperfezione di quelli che amano e servonoDio per propria utilità e diletto e consolazione......157

[46l]LXI. – In che modo Dio manifesta se medesimo

all’anima che l’ama......................................................162LXII. – Perché Cristo non disse : « Io manifestarò el

padre mio », ma disse : « Io manifestarò memedesimo »..................................................................163

LXIII. – Che modo tiene l’anima per salire lo scalonesecondo del santo ponte, essendo già salita el primo........................................................................................165

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LXIV. – Come, amando Dio imperfettamente,imperfettamente s’ama el prossimo. E de’ segni diquesto amore imperfetto............................................170

TRATTATO DELL’ORAZIONELXV. – Del modo che tiene l’anima per giognere

all’amore schietto e liberale. E qui comincia eltrattato dell’orazione...................................................174

LXVI. – Qui, toccando alcuna cosa del sacramento delCorpo di Cristo, dà piena dotti-ina come l’animavenga dall’orazione vocale alla mentale ; e narra quiuna visione che questa devota anima ebbe una volta........................................................................................175

LXVII. – Dello inganno che ricevono gli uominimondani, e’ quali amano e servono Dio per propriaconsolazione e diletto.................................................184

LXVIII. – Dello inganno che ricevono e’ servi di Dio, e’quali ancora amano Dio di questo amore imperfettopredetto........................................................................186

LXIX. – Di quelli e’ quali, per non lassare la loro pace econsolazione, non sovengono al prossimo nelle suenecessitadi....................................................................189

LXX. – Dello inganno che ricevono quelli li quali hannoposto tutto el loro affetto nelle consolazioni evisioni mentali.............................................................192

LXXI. – Come i predetti, che si dilettano delleconsolazioni e visioni mentali, possono essereingannati ricevendo el demonio transfigurato informa di luce. E de’ segni a’ quali si può cogno-scere quando la visitazione è da Dio, o dal demonio........................................................................................193

LXXII. – Come l’anima, che in verità cognosce semedesima, saviamente si guarda da tutti li predettiinganni..........................................................................195

LXXIII. – Per che modi l’anima si parte dall’amoreimperfetto e giogne all’amore perfetto dell’amico efiliale..............................................................................197

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LXXIV. – De’ segni a’ quali si cognosce che l’anima siavenuta all’amore perfetto...........................................199

LXXV. – Come gl’ imperfetti vogliono seguitaresolamente el Padre, ma i perfetti seguitano elFigliuolo. E d’una visione che ebbe questa devotaanima, nella quale si narra di diversi battesmi ed’alcune altre belle e utili cose...................................201

LXXVI. – Come l’anima, essendo salita el terzo scalonedel santo ponte, cioè pervenuta alla bocca, pigliaincontenente l’offizio della bocca. E come la propriavolontà essendo morta è vero segno che ella v’ègionta............................................................................206

LXXVII. – Delle operazioni dell’anima poi che è salitael predetto santo terzo scalone.................................209

[462]LXXVIII. – Del quarto stato, el quale non è però

separato dal terzo ; e delle operazioni dell’anima cheè gionta a questo stato ; e come Dio non si parte maida essa per continuo sentimento..............................213

LXXIX. – Come Dio da’ predetti perfettissimi non sisottrae per sentimento né per grazia, ma si perunione...........................................................................219

LXXX. – Come li mondani rendono gloria e loda a Dio,vogliano essi o no.......................................................223

LXXXI. – Come eziandio li demòni rendono gloria eloda a Dio.....................................................................224

LXXXII. – Come l’anima, poi che è passata di questavita, vede pienamente la gloria e loda del nome diDio in ogni creatura. E come in essa è finita la penadel desiderio, ma non el desiderio............................226

LXXXIII. – Come, poi che santo Paulo appostolo futratto a vedere la gloria de’ beati, desiderava d’esseresciolto dal corpo ; la qual cosa fanno anche quelliche sono giunti al terzo e al quarto santo statopredetto........................................................................228

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LXXXIV. – Per quali cagioni l’anima desidera d’esseresciolta dal corpo. La quale cosa non potendo essere,non discorda però dalla volontà di Dio ; ma piùtosto si gloria in questa e in ogni altra pena peronore di Dio................................................................231

LXXXV. – Come quelli che sono gionti al predettostato unitivo, sono illuminati nell’occhiodell’intelletto loro di lume sopranaturale infuso pergrazia ; e come è meglio andare per consiglio dellasalute dell'anima ad uno umile con santa coscienzia,che a uno superbo litterato........................................234

LXXXVI. – Repetizione utile di molte cose già dette ; ecome Dio induce questa devota anima a pregarloper ogni creatura e per la santa Chiesa.....................238

LXXXVII. – Come questa devota anima fa petizione aDio di volere sapere delli stati e frutti delle lagrime........................................................................................241

LXXXVIII. – Come sono cinque maniere di lagrime........................................................................................243

LXXXIX. – Della differenzia d’esse lagrime,discorrendo per li predetti stati dell’anima..............244

XC. – Repetizione breve del precedente capitolo. Ecome el demonio fugge da quelli che sono gionti a lequinte lagrime. E come le molestie del dimoniosono verace via da giognere a questo stato.............252

XCI. – Come quelli, che desiderano le lagrime degliocchi e non le possono avere, hanno quelle delfuoco. E per che cagione Dio sottrae le lagrimecorporali.......................................................................255

XCII. – Come li quatro stati di questi predetti cinquestati delle lagrime dànno infinite varietadi di lagrime.E come Dio vuole essere servito con cosa infinita enon con cosa finita.....................................................258

XCIII. – Del frutto delle lagrime degli uomini mondani........................................................................................260

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XCIV. – Come li predetti piangitori mondani sonopercossi da quattro diversi venti...............................265

[463]XCV. – De’ frutti delle seconde e delle terze lagrime.

.......................................................................................269XCVI. – Del frutto delle quarte e unitive lagrime........274XCVII. – Come questa devota anima, ringraziando Dio

della dechia- razione de’ predetti stati delle lagrime,gli fa tre petizioni........................................................279

XCVIII. – Come el lume della ragione è necessario adogni anima che vuole a Dio in verità servire. Eprima, del lume generale............................................281

XCIX. – Di quelli e’ quali hanno posto più el lorodesiderio in mortificare el corpo che in uccidere lapropria volontà ; el quale è uno lume perfetto piùche in generale, ed è questo el secondo lume.........285

C. – Del terzo e perfettissimo lume della ragione. Edell’opera che fa l’anima quando è venuta a essolume. E d’una bella visione che questa devota animaebbe una volta, nella quale si tratta pienamente delmodo da venire ad perfetta purità, e dove anco siparla del non giudicare...............................................288

CI. – Per che modo ricevono l’arra di vita eterna inquesta vita quelli che stanno nel predetto terzoperfettissimo lume......................................................296

CII. – Per che modo si debba reprendere el prossimo, aciò che la persona non caggia in falso giudizio.......298

CHI. – Come, se, pregando per alcuna persona, Dio lamanifestasse, nella mente di chi prega, piena ditenebre, non si debba però giudicare in colpa........300

CIV. – Come la penitenzia non si dié pigliare perfondamento né per principale affetto, ma l’affetto el’amore delle virtù.......................................................303

CV. – Repetizione in somma delle predette cose, conuna agiunta sopra la reprensione del prossimo.......306

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CVI. – De’ segni da cognoscere quando le visitazioni evisioni mentali sono da Dio o dal demonio............307

CVII. – Come Dio è adempitor de’ santi desidèri de’servi suoi, e come molto gli piace chi dimanda ebussa alla porta della sua Verità con perseveranzia........................................................................................312

CVIII. – Come questa devota anima, rendendo grazie aDio, s’umilia. Poi fa orazione per tutto el mondo esingularmente per lo corpo mistico della santaChiesa e per li figliuoli suoi spirituali e per li duepadri dell’anima sua. E, doppo queste cose, dimandad’udire parlare de’ defetti de’ ministri della santaChiesa............................................................................314

CIX. – Come Dio rende sollicita la predetta animaall’orazione, rispondendo ad alcuna delle predettepetizioni........................................................................317

CX. – Della dignità de’ sacerdoti, e del sacramento delcorpo di Cristo. E di quelli che comunicanodegnamente e indegnamente.....................................318

CXI. – Come i sentimenti corporali tutti sono ingannatidel pi'e- detto sacramento, ma non quelli dell’anima ;e però con quelli si debba vedere, gustare e toccare.E d’una bella visione che questa anima ebbe sopraquesta materia..............................................................326

[464]CXII. – Della eccellenzia dove l’anima sta, la quale

piglia el predetto sacramento in grazia.....................329CXIII. – Come le predette cose, sono dette intorno alla

eccellenzia del sacramento, sono dette per megliocognoscere la dignità de’ sacerdoti. E come Diorichiede in essi maggiore purità che nell’altrecreature.........................................................................331

CXIV. – Come li sacramenti non si debbono venderené comprare, e come quelli che el ricevono debbonosovenire li ministri delle cose temporali, quali essiministri debbono dispensare in tre parti..................333

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CXV. – Della dignità de’ sacerdoti, e come la virtù de’sacramenti non diminuisce per le colpe di chi gliministra o riceve. E come Dio non vuole che lisecolari s’impaccino di corrèggiarli...........................334

CXVI. – Come la persecuzione, che si fa alla santaChiesa o vero a’ ministri, Dio la reputa fatta a sé, ecome questa colpa più è grave che neuna altra.......337

CXVII. – Qui si parla contra li persecutoi'i della santaChiesa e de’ ministri, in diversi modi.......................342

CXVIII. – Repetizione breve sopra le predette cosedella santa Chiesa e de’ ministri................................345

CXIX. – Della eccellenzia e delle virtù e delleoperazioni sante de’ virtuosi e santi ministri. E comeessi hanno la condizione del sole. E della correzioneloro verso de’ sudditi..................................................346

CXX. – Repetizione in somma del precedente capitolo ;e della reverenzia che si debba rendere a’ sacerdoti,o buoni o rei che siano...............................................360

CXXI. – De’ difetti e della mala vita degl’ iniquisacerdoti e ministri......................................................363

CXXII. – Come ne’ predetti iniqui ministri regna laingiustizia, e singularmente non correggendo isudditi...........................................................................368

CXXIII. – Di molti altri defetti de’ predetti ministri, esingularmente dell’andare per le taverne e delgiocare e del tenere le concubine..............................370

CXXIV. – Come ne’ predetti ministri regna el peccatocontra natura, e d’una bella visione che questa animaebbe sopra questa materia.........................................373

CXXV. – Come per gli predetti defetti li subditi non sicorreggono. E de’ defetti de’ religiosi. E come, perlo non correggere li predetti mali, molti altri neseguitano......................................................................379

CXXVI. – Come ne’ predetti iniqui ministri regna elpeccato della lussuria..................................................385

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CXXVII. – Come ne’ predetti ministri regna l’avarizia,prestando ad usura ; ma singularmente vendendo ecomprando li benefizi e le prelazioni. E de’ mali cheper questa cupidità sono advenuti nella santa Chiesa........................................................................................390

CXXVIII. – Come ne’ predetti ministri regna lasuperbia, per la quale si perde el cognoscimento ; ecome, avendo perduto el [465] cognoscimento,caggiono in questo difetto, cioè che fanno vista diconsecrare e non consacrano....................................398

CXXIX. – Di molti altri difetti e’ quali per superbia eper l’amore proprio si comettono............................404

CXXX. – Di molti altri difetti e’ quali comettono lipredetti iniqui ministri................................................413

CXXXI. – Della differenzia della morte de’ giusti adquella de’ peccatori. E prima, della morte de’ giusti........................................................................................416

CXXXI I. – Della morte de’ peccatori e delle pene loronel punto della morte.................................................423

CXXXIII. – Repetizione breve sopra molte cose giàdette, e come Dio in tutto vieta che i sacerdoti nonsiano toccati per le mani de’ secolari, e come invitala predetta anima a piangere sopra essi miserisacerdoti.......................................................................432

CXXXIV. – Come questa devota anima, laudando eringraziando Dio, fa orazione per la santa Chiesa........................................................................................434

TRATTATO DELLA PROVIDENZIACXXXV. – Qui comincia el trattato della providenzia di

Dio. E prima della providenzia in generale, cioècome provide creando l’uomo alla imagine esimilitudine sua. E come provide con laincarnazione del Figliuolo suo, essendo serrata laporta del paradiso per lo peccato d’Adam. E comeprovide dandocisi in cibo continuamente nell’altare........................................................................................441

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CXXXVI. – Come Dio prò vide dando la speranza nellesue creature. E come chi più perfettamente spera,più perfettamente gusta la providenzia sua.............446

CXXX VII. – Come Dio provide nel Testamentovecchio con la legge e co’ profeti ; e poi conmandare el Verbo ; poi con gli apostoli, co’ martiri econ gli altri santi uomini. Come nulla adiviene allecreature, che tutto non sia providenzia di Dio.......450

CXXXVIII. – Come ciò che Dio ci permette èsolamente per nostro bene e per nostra salute. Ecome sono ciechi e ingannati quelli che giudicano elcontrario.......................................................................453

CXXXIX. – Come Dio provide in alcuno casoparticulare alla salute di quella anima a cui adivenneel caso...........................................................................456

CXL. – Qui, narrando Dio la providenzia sua verso dele sue creature in diversi altri modi, si lagna dellainfedeltà d’esse sue creature. Ed esponendo unafigura del vecchio Testamento, dà una utile dottrina........................................................................................458

CXLI. – Come Dio provede verso di noi, che noi siamotribolati per la nostra salute. E della miseria di quelliche si confidano [466] in sé e non ne la providenziasua. E della eccellenzia di quelli che si confidano inessa providenzia..........................................................464

CXLII. – Come Dio provide verso dell’anime dando isacramenti, e come provede a’ servi suoi affamati delsacramento del corpo di Cristo ; narrando comeprovide più volte, per mirabile modo, verso d’unaanima affamata d’esso sacramento...........................470

CXLIII. – Della providenzia che Dio usa verso dicoloro che sono in peccato mortale.........................476

CXLIV. – Della providenzia che Dio usa verso dicoloro che sono ancora nell’amore imperfetto.......479

CXLV. – Della providenzia che Dio usa verso di coloroche sono nella carità perfetta.....................................487

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CXLVI. – Repetizione breve delle predette cose. Poiparla sopra quella parola che disse Cristo a santoPietro, quando disse : « Mette la rete dalla partedestra della nave ».......................................................493

CXLVII. – Come la predetta rete la gitta piùperfettamente uno che un altro, unde piglia piùpesci. E della eccellenzia di questi perfetti..............498

CXLVIII. – Della providenzia di Dio in generale, laquale usa verso le sue creature in questa vita enell’altra........................................................................501

CXLIX. – Della providenzia che Dio usa verso de’poveri servi suoi, sovenendoli nelle cose temporali........................................................................................505

CL. – Dei mali che procèdono dal tenere o desideraredisordinata- mente le ricchezze temporali...............510

CLI. – Della eccellenzia de’ poveri per spiritualeintenzione. E come Cristo ci amaestrò di questapovertà non solamente per parole, ma per esemplo.E della providenzia di Dio verso di quelli che questapovertà pigliano...........................................................514

CLII. – Repetizione in somma della predetta divinaprovidenzia...................................................................523

CLIII. – Come questa anima, laudando e ringraziandoDio, el prega che esso le parli della virtù dellaobbedienzia..................................................................525

TRATTATO DELL’OBBEDIENZIACLIV. – Qui comincia el trattato dell’obbedienzia. E

prima, dove l’obbedienzia si truova, e che è quelloche ce la tolle, e quale è il segno che l’uomo l’abbi ono, e chi è la sua compagna e da cui è notricata.....527

CLV. – Come l’obbedienzia è una chiave con la quale sidiserra el cielo, e come debba avere el funicello edebbasi portare attaccata alla cintura. E delleeccellenzie sue.............................................................531

CLVI. – Qui insiememente si parla della miseria delliinobbedienti e della eccellenzia delli obbedienti.....536

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[467]CLVII. – Di quelli e’ quali pongono tanto amore

all’obbedienzia che non rimangono contenti dellaobbedienzia generale de’ comandamenti, mapigliano l’obbedienzia particulare.............................539

CLVIII. – Per che modo si viene dall’obbedienziagenerale alla particulare. E della eccellenzia dellereligioni.........................................................................540

CLIX. – Della eccellenzia delli obbedienti e dellamiseria delli inobbedienti, li quali vivono nello statodella religione...............................................................549

CLX. – Come li veri obbedienti ricevono per uno centoe vita eterna. E che s’intende per quello uno e perquello cento..................................................................559

CLXI. – Della perversità, miserie e fadighe delloinobbediente. E de’ miserabili frutti che procedonodalla inobbedienzia.....................................................561

CLXII. – Della imperfezione di quelli che tiepidamentevivono nella religione, avengaché si guardino dapeccato mortale. E del remedio da uscire della lorotiepiditade 390.............................................................568

CLXIII. – Della eccellenzia della obbedienzia, e de’ beniche dà a chi in verità la piglia.....................................572

CLXIV. – Distinzione di due obbedienzie, cioè di quellade’ religiosi e di quella che si rende ad alcunapersona fuore della religione.....................................575

CLXV. – Come Dio non merita secondo la fadigadell’obbedienzia né secondo longhezza di tempo,ma secondo la grandezza della carità. E dellaprontitudine de’ veri obbedienti, e de’ miracoli cheDio ha mostrati per questa virtù. E della discrezionenell’ob- bedire, e dell’opere e del premio del veroobbediente....................................................................578

CLX VI. – Questa è una repetizione in somma quasi ditutto questo presente libro.........................................584

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CLXVII. – Come questa devotissima anima,ringraziando e laudando Dio, fa orazione per tutto elmondo e per la Chiesa santa. E, comendando lavirtù della fede, fa fine a questa opera.....................588

Nota.....................................................................................594Indice dei nomi e delle cose notevoli.............................643

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