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Antonio Bello

Quella notte a EfesoLettera a Maria

edizioni la meridianap a g i n e a l t r e

«Dio sa come vorremmo fuggire dalle trincee solitarie entro cui abbiamo organizzato difesea oltranza. E dilatare questa nostra povera vita negli spazi verginali di comunioni senza

tradimenti. E allacciare amori senza sospetti, rapporti senza pregiudizi, riconciliazionisenza ripudi. E stringere alleanze imperiture che profumino di erba di campo.»

Prefazione

Sono passati già diversi anni da quando con un guizzoevangelico, stringendo le nostre mani, ci introdusse nellaTua dimora ultima di Efeso.

Non incontrammo il simbolo di tutte le virtù, maMaria, una donna autentica, vera.

Lui ci fece accarezzare le rughe che la sofferenza avevasolcato nella Tua memoria, rivelandoci anche l’incon-tenibile carico d’amore per la vita che si sprigionavadal Tuo sguardo di madre.

Quella notte apparve più breve. Più sollecita l’au-rora e, certamente, più struggente. Non è mai troppotarda l’alba per chi veglia sulla città.

Ora che anche di lui può parlare solo la nostramemoria, non ci resta che custodire e riproporre, comegemme preziose, le calde parole scritte e pronunciateallora, sapendo che Tu, sui rotoli custoditi sul tavolo,hai scritto già il suo nome.

L’editore

mirra dei Magi, lo associamo alle carceri, e perfino allelenzuola!

Pietro: vedersi dentro

Sì, fai bene, Maria, a invitarmi a uscir fuori.Qui all’aperto, seduto accanto a te vicino al pozzo,

mi sarà più facile accogliere l’invito alla speranza.La notte è limpida. La luna allaga il cielo di verginale

chiarità, e fa splendere i tuoi capelli d’argento.Come sei bella, Maria. Il peso degli anni ti ha appena

incurvate le spalle, ma gli occhi profondi sono semprequelli, e lasciano trasparire l’estasi di una imperitura gio-vinezza. Forse Gesù pensava a te quando disse: «Lucernadel corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è limpido tutto ilcorpo è nella luce».

Un profumo di zagara sale dagli aranceti, mentre labrezza che viene dal mare inebria l’anima di resine d’O-riente. Gli ulivi, genuflessi sul costone, tremano di feli-cità come il velo trasparente di una sposa.

C’è tanto sapore di Getsemani, stanotte: ma senzaagonie.

Anche il Caistro, laggiù, brontolando tra i sassi,assume le cadenze del Cedron: ma senza allusioni di tra-dimenti.

A fondo valle, nel cortile del pecoraio, crepita ancoraun rogo di sarmenti: ma senza accenni di spergiuri.

Ecco, però, che il canto di un gallo ti fa trasalire, e,in questa dissolvenza di suoni e di colori, si profila sulloschermo dei tuoi ricordi l’ombra di Pietro.

Anche lui voleva vederci chiaro. Una volta con Gesùrischiò di venire al dunque della più triviale ragioneria:«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».Voleva insinuare: che cosa ne avremo in contraccambio?Ma non lo disse. Si fermò in tempo, perché diventava

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Quella notte a Efeso

«Canterà finalmente un gallo pure per noi?Ritroveremo, anche noi come Pietro, nel battesimo delle lacrime la

trasparenza del vivere, e la lucidità del morire fosse anche col capo all’ingiùper contemplare meglio la trasparenza del cielo?»

troppo scoperto il gioco delle convenienze tra il dare el’avere.

Dov’è adesso Pietro? Su quali sentieri se ne varamingo per il mondo? Quali fratelli sta confermandonella fede questo generoso pescatore di uomini, che aCesarea di Filippo, ai piedi dell’Ermon coperto di nevieterne, mise a nudo per la prima volta davanti a tutti,la trasparenza di Cristo, il figlio del Dio vivente?

Anche Pietro, in fondo, era innamorato di trasparenza.Non tanto perché voleva vederci chiaro, quanto perchévoleva vedersi dentro, per poter restituire la sua poveravita a limpidezze degne del suo Signore.

Per questo, non bastava l’acqua esterna delle ablu-zioni e, nella notte dei tradimenti, ritirò i piedi del catino.

Voleva dire al Signore, chino davanti a lui, che la veraopacità non era quella delle sue prosaiche unghie, e chele croste più maleodoranti di sporcizia non aderivanoai suoi alluci. Era il fondo della sua anima che sentivail bisogno di liberare dalla morchia, così come al tempodella vendemmia si sente il bisogno di spurgare le bottidai depositi di tartaro. L’acqua esterna che Gesù gli ver-sava sui piedi, poteva accettarla solo come simbolo pro-vocatorio. Ma gli occorrevano le acque interne del pen-timento per detergere un’esistenza compromessa dallamediocrità.

Un groppo gli serrava la gola da anni: da quando avevaconosciuto Gesù. Ma non riusciva a liberarsene. E anchequella sera del 14 di Nisan, mentre l’acqua tintinnavanel catino, il pianto gli si fermò nella brocca dell’anima.

Solo qualche ora più tardi, quando urlò l’ultimo sper-giuro davanti alla fiamma, gli venne il voltastomaco vio-lento per quella vita che traboccava di feccia, e proruppefinalmente in lacrime amare

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Chi altro se non tu poteva suggerire a Giovanni queglisquarci, sulla tenda del Verbo fatto uomo, tesi a svelarneil segreto?

Dimmi, Maria, non sei stata tu a dettargliele di sanapianta quelle parole assurde e dolcissime, che si arre-stano appena in tempo alle soglie della profanazione esembrano lambire le spiagge del delirio?

«Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamoudito, ciò che noi abbiamo veduto coi nostri occhi, ciòche noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre manihanno toccato, ossia il Verbo della vita... noi lo annun-ziamo anche a voi!».

Vedere oltre le cose, i volti, gli eventi

Dimmi, Maria, che cosa c’è scritto in quei rotoli dipergamena che giacciono riversi sul tavolo?

Sono forse gli abbozzi che il teologo dagli occhi diaquila ha steso sul suo Vangelo e che tu gli correggiquando si assenta?

O sono le prime linee dell’Apocalisse, del libro, cioè,che racconta il senso ultimo della storia, che rivela isegreti arcani delle cose e che, sotto la trama fragile deitempi, fa scintillare con trasparenze sovrumane la fili-grana dell’eternità.

Ti prego, Maria: visto che Giovanni tarda a venire,uno di quei rotoli, dissigillalo pure per me.

Anche noi del duemila siamo assetati di trasparenza.Forse in modo distorto. Vogliamo vedere oltre. Ma nonsappiamo superare le croste della materia per coglierel’essenza delle cose.

Ieri, visitando questa città, mi son fermato nel grandeteatro romano e ho sentito declamare da un attore alcuniframmenti di Eraclito. Uno diceva così: «L’intima naturadelle cose ama nascondersi».

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È vero. Noi oggi, però, quest’intima natura delle cose,invece che stanarla dai suoi nascondigli per contemplarlacome riverbero di Dio, vogliamo possederla a scopo didominio.

So che Efeso è infestata di maghi e di stregoni. Anchenel secolo ventesimo dal quale provengo c’è una incre-dibile ricerca di poteri occulti. Ma non di verità. Indo-vini e chiromanti, astrologi e fattucchieri popolano lenostre contrade, invadono perfino la televisione diStato e, all’inizio dell’anno nuovo, compaiono tran-quillamente sugli schermi accanto al monaco che ha finitodi spiegare il Vangelo; fanno concorrenza, con gli oro-scopi, ai vaticini di Ezechiele; e si sovrappongono coni loro esorcismi alla figura del Papa che ha appena finitodi dare la benedizione Urbi et Orbi.

Non c’è che dire: vogliamo vedere oltre. Ma non conocchi di aquila, bensì con occhi di talpa. Gonfi di paure,cultori dell’orrido, evocatori di spiriti, pretendiamo dicontrollare la Storia con le oscillazioni del pendolo diFoucault e non con la stabilità solenne dell’Ora di Gio-vanni.

Quell’ora che ha squarciato una volta per tutte lacorazza del tempo e ha introdotto, finalmente, l’Em-manuele nelle arterie dell’umanità.

Madre castissima, ti prego, dissigilla per me uno diquei rotoli laddove si dice che ogni uomo è trasparenzadi Dio. A tal punto che viene bollato come mentitorechiunque afferma di amare quel Dio che non vede,quando poi non sa scorgerlo nel volto del fratellovicino.

Donaci il privilegio di ricercare l’ulteriorità dei volti.Se questa trasparenza delle carni umane (soprattutto

quando sono disfatte dalla fatica) la inseguiremo convoluttuosa tenacia, irromperanno davvero quei cieli nuovie quella terra nuova intravisti da Giovanni.

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Quella notte a Efeso

edizioni la meridiana

la meridiana, / a partire / dai vissuti, / dalle inquietudini, / dallemarginalità / un itinerario / di ricerca e / di incontro / possibileper tutti: / dall’identità alla relazione / dal potere alla nonviolenzaradicale.

Finito di stampare nel mese di settembre 2010presso Martano Editrice S.r.l. Zona Industriale Lecce (LE) 73100

Don Tonino nel catalogo delle edizioni la meridiana

A tutte le donne. Rosario meditatoAd Abramo e alla sua discendenza. Lettere ai patriarchiAl pozzo di Sichar. Appunti sulle alteritàAffliggere i consolati. Lo scandalo dell’EucaristiaCi vuole audacia. Parole ai giovaniConvivialità delle differenze. Omelie crismaliCoraggio! Lettera agli ammalatiDa mezzogiorno alle tre. Riflessioni sulla Via CrucisDissipare l’ombra di Caino. Appunti sulla nonviolenzaDalla testa ai piedi. La Quaresima tra cenere e acquaDon Tonino. Il volto del SudIcona della Trinità. Lettera sulla famigliaIn confidenza di Padre. Confessioni di un vescovoInsieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi. Progetto pastoraleLa bisaccia del cercatore. Scarti minimi per il futuroLa carezza di Dio. Lettera a GiuseppeMistica arte. Lettere sulla politicaNelle vene della storia. Lettera a GesùOltre il futuro. Perché sia NataleParole d’amore. Poesie e preghierePietre di scarto. Pagine sulla marginalitàProfeta... abbastanza. Lettere sulla guerra che ritornaQuella notte a Efeso. Lettera a MariaSenza misura. Riflessioni sulla caritàSotto la Croce del Sud. Diario di un viaggioSud a caro prezzo. Il cambiamento come sfidaSui sentieri di Isaia. Scritti sulla paceTi voglio bene. I giorni della PasquaL’uno per l’altro. Alla ricerca del volto

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