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Quel certo Goldoni... quasi genovesedi Vezio Melegari

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Tutti lo conoscono almeno di nome,anche perché di lui apprendiamoqualcosa fin dai tempi scolastici. Poici sono vie e piazze che lo ricorda-no in tutta Italia, dove non manca-no monumenti a lui dedicati, comequello – ovviamente immancabile –nella nativa sua Venezia, in CampoSan Bartolomeo. Là una statua ne ce-lebra le fattezze adulte e quasi seni-li, comprendenti un sorriso ambi-guamente ironico e un elegante ba-stone da passeggio (o da sostegno?).Di gran numero sono stati i viaggi ele soste di Goldoni, effettuati per tut-ta la vita in varie località dell’Euro-pa settecentesca, dal momento che ènato nel 1707 ed è passato a migliorvita nel 1793 in quel di Parigi.La sua prima sosta a Genova, “lie-tamente fatale”, è descritta nel tren-tanovesimo capitolo delle sue “Me-morie”. Lui stesso, infatti, ricordache correva allora l’anno 1736. E bi-sogna aggiungere che Goldoni scris-se le sue memorie in francese, per

poi poterne fare omaggio al re diFrancia Luigi XVI, al quale l’operaè dedicata.L’opera si apre con la sosta a Ge-nova, dove il ventinovenne Goldo-ni cessò di trascorrere una gioven-tù quanto mai irregolare prima dipassare al resto della sua esistenza inLiguria e altrove.All’inizio ci sono i suoi studi in uncollegio di gesuiti di Perugia (la cit-tà dove suo padre teneva studio danotaio) e poi a Rimini. È questo illuogo dove, appena tredicenne, pri-ma studiò filosofia e poi fece la suacelebre scappatella a bordo di unaimbarcazione di comici in viaggio.L’episodio si è celebrato quest’an-no nel Piccolo Teatro di Milano, conuno spettacolo di notevole garba-tezza, intitolato appunto “La barcadei comici”.Tornando al giovane Goldoni, ne ri-cordiamo l’arrivo a Chioggia, doverisiedeva sua madre rimasta, nel frat-tempo, vedova.

Lassù Carlo poté far ritorno agli stu-di di legge, anche se il teatro era giàriuscito ad averlo tutto per sé. Alloscadere dei suoi vent’anni, nel 1727,capitò a Vipacco, località oggi nel-la Slovenia jugoslava (in provincia diGorizia sino al 1947, dopo esserestato piccolo centro austriaco con ilnome di Vipack). Goldoni andava làper raggiungere suo padre, allora an-cora in vita, e a trascorrervi benquattro mesi presso una famiglia dinome Lantieri.Qualche anno dopo, nelle citate“Memorie”, Goldoni definì curiosa-mente quella sosta come una “scam-pagnata”, caratterizzata quotidiana-mente da un trattamento gastrono-mico “abbondantissimo”. Infatti, peresempio, all’antipasto di selvagginaseguivano ben tre minestre e poi il re-

Sì, anche Genova entra nella biografia di Carlo Goldoni, il grande veneziano noto come principe, se così si può dire, della commediografia italiana.

A fronte e sottoGenova settecentesca nelle incisioni del Giolfi. Collezioni d’Arte di BancaCarige

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sto che vi lasciamo immaginare!Diverte anche il riferimento ai viniche Goldoni non esita a definire ec-cellenti. Cita in particolare “un cer-to vino rosso che era definito crea-bambini, offrendo pretesto per pia-cevoli scherzi”.L’opportunità, per Goldoni, di rag-giungere Genova derivava dal fattoche la compagnia detta di “San Sa-muele”, con la quale il commedio-grafo stesso stava collaborando, do-veva lanciare proprio nel capoluogoligure, nella primavera del 1736, bensei nuovi attori e poi trasferirsi a pas-sare l’estate lavorando a Firenze.Nelle “Memoires” Goldoni scrive:“…Si trattava di andare a vederedue tra le più belle città d’Italia…Eavevo le spese pagate (…). Il viag-gio fu felice, sempre bel tempo; tra-versando quell’alta montagna che sichiama la Bocchetta (…). Traversa-to il ricchissimo e deliziosissimo vil-laggio di Sampierdarena, scorgemmoGenova dalla parte del mare. Che in-cantevole e meraviglioso spettacolo!È un anfiteatro semicircolare, che da

una parte forma il vasto bacino delporto, e dall’altra si alza gradata-mente sul pendio della montagna,con immense costruzioni che da lon-tano sembrano poste le une sopra lealtre e terminano con terrazze, conbalaustrate, o con giardini che fan-

no da tetto alle varie abitazioni.Davanti a queste file di palazzi, di di-more nobiliari e borghesi, gli uni in-crostati di marmi, gli altri decorati dipitture, si vedono i due moli che for-mano l’imboccatura del porto; operadegna dei romani, perché i genovesi,nonostante la violenza e la profondi-tà del mare, vinsero la natura che siopponeva al loro stabilimento.Scendendo dalla parte della Lan-terna per raggiungere la porta di SanTommaso vedemmo l’immenso Pa-lazzo Doria, dove tre principi so-vrani furono ospitati contempora-neamente; poi andammo alla locan-da di Santa Marta, aspettando l’al-loggio che ci era destinato”.A questa descrizione della Genovageografica di allora, Goldoni fa seguireuna parentesi che non si può trascu-rare, almeno nella parte sostanziale. “Quel giorno c’era l’estrazione del-la lotteria, avevo voglia di andare avedere quella cerimonia. La lotteria,

L’atrio della casa veneziana di Goldoni.

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che in Italia è chiamata lotto di Ge-nova, e a Parigi la lotteria reale diFrancia, non era ancora stata intro-dotta a Venezia. C’erano però dei ri-cevitori clandestini che accettavanogiuocate per Genova e io avevo in ta-sca una ricevuta per una giuocata cheavevo fatto a Venezia. Questa lotte-ria è stata inventata a Genova, la pri-ma idea fu fornita dal caso. I geno-vesi tirano a sorte due volte l’anno icinque senatori che devono sostitui-re gli uscenti. A Genova si conosco-no tutti i nomi che sono nell’urna eche possono essere tirati fuori: i cit-tadini cominciarono a dire tra loro:“Scommetto che nella prossima estra-zione uscirà il tale”; e un altro dice-va: “Io scommetto per il talaltro”; ela scommessa era pari (…). Oggi que-sta lotteria di Genova è diventatapressoché universale (…). È una bel-la rendita per il governo, un’occupa-zione per gli sfaccendati, e una spe-ranza per i disgraziati. Quanto a me,questa volta mi parve piacevolissima,ci guadagnai un ambo di cento pistoleche mi fece assai contento”.Si ricorda che le “cento pistole” vin-te da Goldoni vanno intese in sen-so numismatico e tradotte in “cen-to scudi” del suo tempo, natural-mente d’oro e quindi di valore si-gnificativo.Poi prosegue nelle “Memoires”: “AGenova ebbi una fortuna assai piùconsiderevole, e che fece l’incantodella mia vita: sposai una giovanesavia, garbata, graziosa, che micompensò dei tanti brutti scherzifattimi dalle donne, e che mi ricon-ciliò con il bel sesso. Sì, caro lettore,mi sono sposato, ed ecco come.Il direttore ed io avevamo alloggioin una casa attigua al teatro. Ave-vo visto alle finestre dirimpetto al-le mie una giovane che mi parevabellina e avevo voglia di conoscer-la. Un giorno che era sola la salutaiteneramente; lei mi fece una rive-renza e scomparve subito, né più silasciò vedere. Eccomi punto dalla cu-riosità e nell’amor proprio cerco disapere chi sta di casa dirimpetto al

mio alloggio: è il signor Conio, no-taio del collegio di Genova, uno deiquattro deputati al Banco di SanGiorgio(…)”.Goldoni cerca di sapere che tipo è ilsuo futuro suocero. Va a cercarlo alBanco di San Giorgio e lo trova …oc-cupatissimo. Fa la coda e finalmen-te riesce a parlargli. L’accoglienza diConio è molto cordiale, al punto chelo invita a uscire con lui e gli pro-pone di andare insieme a prendere uncaffè. Appreso che Goldoni si occu-pa di teatro, gli chiede che parti so-stiene recitando e, naturalmente, vie-ne così corretto: “Gli dissi chi ero eche cosa facevo; lui si scusò, gli pia-ceva il teatro, ci andava spesso, ave-

va visto i miei lavori, era felice di averfatto la mia conoscenza, e così io diaver fatto la sua. Eccoci amici; lui ve-niva da me, io andavo da lui; vede-vo la signorina Conio, ogni giorno dipiù mi pareva piena di grazie e di vir-tù. In capo a un mese domandai alConio la mano di sua figlia”.Non ci furono difficoltà. Anzi il Co-nio stesso dichiarò che non temevaun rifiuto da parte della ragazza e sidisse favorevole alle nozze.Però chiese tempo e, ottenutolo, cer-cò informazioni sul conto del Gol-doni, chiedendole per iscritto al

Goldoni in un ritratto coevo.

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console di Genova che aveva sede aVenezia.La dilazione non turbò Carlo, ilquale scrisse alla madre del proget-to di matrimonio, pregandola di far-gli pervenire i documenti necessaria realizzarlo.Tutto ciò richiese un mese di aspet-tative, poi il matrimonio andò in

porto. Fu stabilito di celebrarlo nelmese di luglio, secondo quanto nar-ra Goldoni stesso nelle “Memorie”;ma in realtà storicamente risulta cheil rito nuziale avvenne un mese do-po, precisamente il 22 agosto 1736.Ed ecco Goldoni chiudere il capitolodelle “Memorie”, relativo alla sua so-sta genovese, con l’esclamazione “Ec-comi l’uomo più contento del mondo”.Ma dopo questa battuta si legge:“Ma potevo forse avere una soddi-

sfazione senza che fosse seguita da undispiacere? La prima notte di matri-monio ecco che mi piglia la febbre,e il vaiuolo che già avevo avuto a Ri-mini da ragazzo viene ad attaccar-mi per la secondo volta. Pazienza!Per fortuna non era pericoloso, e nondivenni più brutto di quello che giàero. La mia sposina pianse molto almio capezzale; era la mia consola-zione e tale è sempre stata. Final-mente partimmo, la mia sposa ed io,per Venezia ai primi di settembre.Cielo! Quante lacrime sparse, checrudele separazione per mia moglie!Doveva lasciare di colpo padre, ma-dre, fratelli, sorelle, zii e zie…Ma sene andava con suo marito”.Si potrebbero chiudere qui le “ge-novesate” di Carlo Goldoni, maGenova ha altre citazioni nei suoi“Memoires”. Ad esempio la “parteseconda” dell’opera finisce propriocon un ritorno dei coniugi Goldoninel capoluogo ligure, perché lo pre-ferirono a Torino quale ultima tap-pa italiana di un viaggio in Francia.Correva l’anno 1762 e Carlo ne ave-va ormai cinquantacinque. Così luidescrive e commenta la partenza daGenova: “Passammo otto giorni al-legrissimi nella patria di mia moglie,ma le lacrime e i singhiozzi non fi-nivan più al momento della parten-za; la separazione era tanto più do-lorosa in quanto i parenti dispera-vano di rivederci. Promettevo di ri-tornare in capo a due anni; non cicredevano. Finalmente, tra addii,abbracci, pianti e grida ci imbar-cammo sulla feluca del corriere diFrancia, e facemmo vela per Antibes,costeggiando quella che gli italianichiamano riviera di Genova”.E con questa citazione “rivierasca”il nostro incontro con Goldoni nelGenovesato si chiude, anche se la suavita e i suoi scritti ulteriori merite-rebbero ovviamente di essere ricor-dati… senza fine!

Quanto citato dai “Memoires” è tratto da una versione di vari autori, edita nel 1985 da Rizzoli.

Un’illustrazione de “Il Servitore di due Padroni”.

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llustrazioni della commedia “La madre amorosa” rappresentata per la prima volta nel 1744 a Genova.

Frontespizio di una raccolta delle opere di Goldoni.

Il monumento dello scultore Dal Zotto, in campo San Bartolomeo a Venezia.

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