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Più avanti, da sempre. Con questa scarna, ma densa di significati frase, l’azienda Benelli

promuove i suoi prodotti in Italia. E Oltreoceano? Alla mia domanda: “conoscete i fucili Benelli?”, i cacciatori

e gli appassionati americani rispondo-no: “Benelli? Oh yeah!” In effetti fa una certa impressione vedere, ordinatamen-te allineati nelle vetrine degli immensi spazi espositivi armieri statunitensi, l’intera gamma dei fucili della prestigio-

Quarant’annie non sentirliContinuiamo, con questo articolo diviso, come d’abitudi-ne, in tre parti, la carrellata delle armi semiautomatiche lisce che hanno fatto la storia della caccia nel nostro Paese; dopo i due molloni più famosi, Browning e Bre-da, ecco una delle più significative rivoluzioni avvenute nel mondo armiero: il sistema inerziale del mitico Bruno Civolani, che ha dato vita all’altrettanto mitica serie di semiauto della Benelli di Urbino

testo e foto di Simone Bertini (prima parte)

Benelli nasce come fabbrica di motocicli; ecco il modello da 250 cc con il quale Kelvin Carruthers vinse il campionato del mondo nel 1969

Tonino Benelli su un motociclo Benelli

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sa Azienda di Urbino. Aspetto ancora più curioso se pensiamo che, gene-ralmente, negli Stati Uniti i prodotti europei sono visti con un pizzico di diffidenza; il vedere che la Benelli gode di una così buona fama su un mercato difficile ed esigente quale quello a stelle e strisce, non può che inorgoglire tutti gli italiani. La relativa giovinezza del marchio (1967), non

inficia minimamente le abitudini dei consumatori, segno indubbio che il successo commerciale si basa su solide fondamenta, che hanno fatto presa sull’utente, in virtù di una qualità senza compromessi. Ripercorriamo allora le tappe di questo successo, che continua ininterrotto da più di qua-rant’anni e, anzi, si rinnova con nuove tecnologie e nuove proposte.

Bruno Civolani, l’inventoredel sistema inerziale

Tonino Benelli su un motociclo Benelli

Paolo Benelli negli anni ‘70

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L’idea BenelliDove nasce l’idea Benelli? La fami-

glia Benelli fondò nel 1911 la “Fratelli Benelli S.p.A.” in Pesaro, fabbrica destinata principalmente alla produ-zione di motocicli. Dalla produzione alla partecipazione nelle corse moto-ciclistiche il passo è breve; difatti, nel 1923, Benelli entra ufficialmente nel mondo delle corse. Alla guida dei suoi performanti mezzi, diversi campioni assaporano la gioia della vittoria, sino al conseguimento del titolo di Cam-pione del mondo nel 1950 e nel 1965. Nel 1941 (dopo aver costruito pezzo per pezzo un giustapposto), Giovanni Benelli costruì un semiautomatico con la carcassa in alluminio, dotato di un meccanismo a lungo rinculo basato sul sistema Browning, sebbene modifica-to e protetto da ben quattro brevetti. Giovanni Benelli ideò e realizzò anche un identico prototipo, ma in calibro 16. Nessuna di queste creazioni ha mai

visto un seguito commerciale, ma… il dado era tratto! La passione della famiglia Benelli per le armi fece il resto. Contrariamente a quanto si possa im-maginare, la scelta della famiglia Benelli si incentrò sulle enormi risorse locali, senza la necessità di attingere da quel famoso bacino di esperienze che era (ed è) la Val Trompia. La scelta, per certi

versi, fu un azzardo; ma, si sa, la fortuna aiuta gli audaci. A metà degli anni ’60 la fortuna - sotto forma di un ingegnoso e geniale inventore bolognese - si affaccia in Benelli. Bruno Civolani, sapendo che Benelli lavorava al progetto di un nuovo fucile, sottopone alla loro attenzione un rivoluzionario semiautomatico (prototipo del 29/05/1965), dotato di un meccanismo di ripetizione alterna-tivo sia al lungo rinculo (che dominava le scene da svariati decenni con i vari Browning, Breda, Franchi, Cosmi e - in misura minore - con Belladonna), sia al recupero di gas (che con Beretta stava conquistando importanti fette di mercato).

La nascitadel sistema inerzialeEra nato il sistema inerziale. O, meglio, il sistema inerziale, nato con il fucile svedese Sjogren, ma improponibile per una produzione seriale, era stato genialmente perfezionato. Civolani conobbe il fucile Sjogren (progettato da uno svedese, ma costruito in Danimar-ca) e rimase impressionato dal progetto innovativo, che tuttavia non consentiva un adeguato funzionamento. Inoltre, vi

I sei fratelli Benelli in una fotografia del 1929.Da sinistra: Tonino, Francesco, Giovanni, Giuseppe, Filippo e Mino

L’ingresso attuale della Benelli a Urbino

Il primo fucile semiautomatico Benelli, mai commercializzato (funzionamento a lungo rinculo)

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era l’oggettivo riscontro di un aspetto estetico orrendo (non me ne vogliano gli amatori), con quella massa mobile che, a ogni colpo, rinculava verso il viso del tiratore. I fratelli Benelli ebbero il merito e l’intuito di credere nell’in-venzione, di lanciarsi in una nuova avventura per cercare di entrare in un mercato laddove non sembrava esserci spazio per le novità; sebbene il proget-to sia rimasto sulla carta per qualche tempo (il brevetto del sistema inerziale è relativo al 1966) e non vide subito la luce di una realizzazione industriale, quando il fucile si palesò finalmente gli occhi degli utenti apparve subito chiaro che era nata un’era. L’idea di sfruttare l’energia del rinculo era così semplice e geniale da far pensare: “ma come ho fatto a non pensarci prima?” Scoprire

il funzionamento del fucile inerziale è come scoprire… l’uovo di Colombo. Attenzione, tale paragone non vuole assolutamente essere riduttivo, anzi; le più fortunate (e durature) invenzio-ni sono proprio quelle che prendono spunto dalle cose più semplici. In questo caso una massa (otturatore) che per inerzia mantiene la sua posizione quando il fucile rincula per effetto dello sparo. Questo consente di mantenere l’otturatore in chiusura e ne acconsente l’apertura solo quando le pressioni in canna hanno raggiunto valori di sicu-rezza. Nell’otturatore è presente una robusta molla, appositamente tarata per il compito che deve svolgere, che assolve tutte le funzioni del fucile.E’ veramente interessante osservare come la molla, situata all’interno

Armi che hanno fatto la storiaIl primo semiautomatico Benelli a funzionamento inerziale (1967)

Schemi di funzionamento dell’otturatore

Spaccato del modello 121

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dell’otturatore, vero cuore del sistema inerziale, sia in grado di permettere l’in-tero ciclo di funzionamento: l’energia del rinculo viene dapprima immagaz-zinata dalla molla e poi riutilizzata per completare i vari cinematismi (estrazio-ne ed espulsione dei bossoli spenti, ar-mamento del cane, introduzione di una nuova cartuccia e chiusura dell’ottura-tore, grazie anche all’azione della molla cinetica situata nella pala del calcio).

Canna fissa e velocitàdi riarmoQuesto nuovo sistema abbinava i van-taggi del possedere un fucile con la can-na fissa, unitamente a una rapidità di fuoco senza precedenti, inimmaginabile per l’epoca. Il famoso slogan: “5 colpi in meno di un secondo” era una realtà e non soltanto un richiamo commer-ciale. Piuttosto facile da ricordare, nella mente di chi ha già qualche primavera

Il modello 121; si notila finitura a buccia d’arancia

Il campione di ciclismo Felice Gimondi a una presentazione del 1970

Il campione di sci Zeno Colò alla stessa presentazione

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venatoria sulle spalle, l’immagine di un cacciatore impegnato a sparare, con i bossoli rossi in volo. La canna fissa è sicuramente un vantaggio per l’acquisi-zione del bersaglio e il ritorno in mira sui colpi successivi al primo, dal mo-mento che disturba meno il tiratore. Il sistema inerziale offre anche un vantag-gio sino allora appannaggio del lungo rinculo: l’assenza dei gas combusti “a giro” per gli organi meccanici. Oltre a sporcarsi di meno (rendendo meno fre-quenti le operazioni di pulizia, sovente trascurate dal cacciatore), questo siste-ma allungava la vita dell’arma, grazie al minor attacco erosivo dei gas. Se a queste caratteristiche uniamo l’estrema semplicità nello smontaggio ordinario, un ridotto numero di pezzi e una linea piacevolmente filante e innovativa, non è difficile comprendere il perché di un successo che dura, immutato, da oltre quarant’anni. Civolani, purtrop-po recentemente scomparso, effettuò numerosissime prove per costruire e tarare adeguatamente la molla e non si fece scoraggiare dai primi, inevitabili insuccessi. Il primo prototipo Benelli, non di ideazione Civolani, presentava il serbatoio delle cartucce situato nel calcio (un richiamo al funzionamento del Cosmi), salvo poi essere spostato nella sua posizione definitiva, che è quella attuale. Naturalmente qualche problema di… gioventù ce l’aveva pure il Benelli; l’energia sprigionata dalle cartucce doveva essere almeno suffi-ciente a garantire la compressione della potente molla dell’otturatore, altrimenti il fucile non possedeva l’energia neces-

saria a espellere e camerare una nuova cartuccia.

Estrema versatilitàdi utilizzoTuttavia questi piccoli problemi furono rapidamente risolti e i fucili Benel-li sono universalmente conosciuti e apprezzati per la capacità di sparare una gamma impressionante di cartucce commerciali: dalle 24 alle 56 grammi (nei modelli magnum) e sino alle 64 grammi (nei modelli super magnum). Per un cacciatore moderno questa peculiarità rappresenta ciò che per il fotografo è un’utopia: fotografare dispo-nendo di un’ottica capace di spaziare dal grandangolo estremo al teleobietti-vo più spinto. Il tutto ovviamente con una qualità eccellente. Nel fucile Benelli è un piacere veder “digerire” cartucce di varia grammatura e potenza. Il primo modello non consentiva di estrarre le cartucce dal serbatoio agendo manual-mente sull’otturatore (scarrellando); questa situazione presenta il vantag-gio di avere a che fare con un fucile scarico una volta rimossa la cartuccia dalla camera di scoppio, anche se sono presenti le cartucce nel serbatoio. Non solo, anche la sostituzione della car-tuccia presente in camera con un’altra differente risulta più rapida rispetto all’azionamento di un cut-off. Un altro punto fermo nella memoria dei cacciatori e dei collezionisti sono le canne che equipaggiavano i primi modelli della Casa Urbinate. Il fornitore era la Manufrance di St. Etienne (sede del famoso Banco di Prova Francese)

e le canne erano ottenute tramite un processo di martellatura a caldo su un mandrino interno. Fornite con o senza bindella ventilata, possedevano la camera di scoppio di 70 mm. Il peso del primo modello, dovuto alla carcas-sa e alla bindella in acciaio, si aggirava intorno ai 3.500 g per la versione a 5 colpi, e a 2.900 g per la versione a 4 colpi con carcassa in alluminio e senza bindella. Il calibro inizialmente pro-posto era il solo 12; tuttavia, seppur con una certa prudenza suggerita dalla necessità di osservare le reazioni del mercato, la Benelli già dal 1973 lanciò il calibro minore (20). Riprenderemo più avanti il tema del calibro minore, in quanto la Benelli è Azienda leader nella produzione di semiauto in calibro 20 e ha vinto la sfida (quasi impossibile) di far cambiare idea ai cacciatori italiani circa il calibro da utilizzare a caccia. Sfida che, vedremo tra poco, si è spinta ancora più in là con l’introduzione sul mercato di un semiauto in cal. 28.

Il primo è il mod. 121Nel 1969 nasce il primo semiauto, de-nominato 121, che è disponibile nelle versioni Normale calibro 12 a 5 colpi e Normale a 4 colpi, in aggiunta al Su-perleggero, con le medesime varianti di capacità del serbatoio. Successiva-mente escono sul mercato i modelli SL 121 con carcassa in alluminio satina-to, SL 122 con carcassa in alluminio anodizzata bianca o bronzo, SL 123 con carcassa in alluminio incisa e la versione Extra Lusso, con carcassa in alluminio o acciaio finemente incisa.

Dalla serie SL 80, il 201 SL 80 in versione blu e nichelata (calibro 20)

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Per molti esperti e critici, il 121 ri-mane il più bel semiautomatico mai co-struito. La Benelli, nonostante l’imme-diato successo del suo primo fucile, non dorme sugli allori, e già nel 1978 lancia sul mercato una nuova serie di semi-automatici; la SL 80. Di essa facevano parte il 121, il 123, lo Special 80 e l’Extra Lusso. Ognuno di essi fu prodotto in tre versioni: caccia, tiro e slug. Le versioni caccia avevano diverse caratteristiche in comune: canne di 65 cm (con e senza bindella ventilata), strozzature da due (improved modified), tre (modified) o quattro (improved cylinder) stelle: oppure da 70 cm con strozzature una (full) o tre stelle. Il peso è di circa 3.100 g, con il castello in ergal. Altre differen-ze si possono riscontrare nelle versioni trap (canna da 70 cm, strozzatura due stelle, bindella ventilata da 10 mm, impugnatura a pistola, calcio Monte-carlo con calciolo a doppia ventilazione e astina a coda di castoro, peso di 3.450 g), slug (canna da 55 cm cilindrica senza bindella e con mirino a lama, calciolo in gomma ventilata, astina a coda di casto-ro e peso di circa 3.250 g). Nella serie è presente anche il modello 201 SL 80 in calibro 20, versione caccia con canna di 65 cm con bindella ventilata, strozza-tura tre stelle, impugnatura a pistola e peso di circa 2.550 g; il serbatoio ha la capacità di 5 colpi (eventualmente ridu-cibili). Il fatto di essere stato distribuito solo in una versione ne ha un poco frenato la diffusione.

Un’estetica molto curataLe versioni in calibro 12 si differenzia-no per la qualità dei legni, le finiture e le incisioni del castello. Ad esempio, il castello del modello 121 cessò di essere prodotto con la finitura a buccia d’arancia, tipica della serie precedente, per assumere una nuova e più moderna finitura. Il modello 123 è fotoinciso con più accuratezza rispetto ai modelli pre-cedenti. Lo Special 80 possiede il castel-lo in bianco, trattato con nickel, per una eccezionale resistenza alle abrasioni; il risultato finale è particolarmente grade-vole dal punto di vista estetico, risultato confermato anche dall’apprezzamento degli utenti. Come si vede, anche alla

La pubblicità imperversava…

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luce dei modelli che si sono succeduti negli anni (non solo in Benelli) nulla o poco di nuovo è stato inventato. L’offerta di Benelli con la nuova serie era particolar-mente completa e variegata, segno indubbio che l’Azienda aveva recepito il gradimento del mercato e si apprestava a soddisfare le più diverse esigenze dei cacciatori/tira-tori. Benelli approfittò del lancio della nuova serie per migliorare il funzionamento inerziale, oltre a introdurre un nuovo grilletto/sistema di scatto. Il nuovo meccanismo, perfezionato rispetto al mo-dello precedente, consentiva un ciclo di sparo molto più rapido, tanto da superare le potenzialità umane (3 colpi in 10 centesimi di secondo). La serie SL 80 introdusse an-che le canne prodotte in Ita-lia, vicino a Brescia. Ottenute per rotomartellatrura, co-struite con acciaio di ottima qualità, internamente croma-te e naturalmente testate dal Banco Nazionale di Prova. Le canne, una volta giunte a Urbino per l’assemblaggio finale dei fucili, venivano soggette a ulteriori controlli di qualità quali l’uniformità degli spessori, l’accuratezza, l’elasticità e la resistenza alla corrosione. Anche le canne slug venivano testate con una prova di fuoco fino a 50 metri, per ottimizzare le ro-sate di precisione; gli amanti della caccia al cinghiale ben conoscono questo fucile, con la sigla SL 122 slug, con carcassa anodizzata color bronzo.

Produzione “ibrida”Nel 1979 Benelli produce il primo semiautomatico desti-nato a usi militari, sebbene sia stato utilizzato anche per

alcune forme di caccia: il 121 M1. Le sue caratteristiche (elevata potenza di fuoco, estrema compattezza, una pratica calciatura in legno di faggio per un tiro veloce) lo rendono un fucile ideale per la difesa civile. La finitura dell’arma è più essenziale, anche se la qualità costrut-tiva non è minimamente modificata. Presenta una canna di 50 cm cilindrica senza bindella, con camera di 70 mm, internamente cromata, mirino a lama e la possibilità di alloggiare nel serbatoio ben 7 o 8 cartucce (a seconda della lunghez-za delle stesse), più una in camera di scoppio. Tutte le superfici (canna, serbatoio, otturatore) sono sabbiate e fosfatate, invece che brunite. La brunitura non è infatti adottata da quelle armi che sono destinate a un uso militare; inoltre la fosfata-zione elimina il riflesso dalle parti metalliche e risulta un processo più economico della brunitura. Il peso si aggira sui 3.400 g; la ridotta lunghezza dell’arma (circa un metro) rende questo fucile estremamente maneggevole negli spazi angusti, sia per la difesa abitativa, sia nella vegetazione.

Nasce il MontefeltroNel 1983, nell’anno dell’ac-quisizione dell’Azienda da parte di Beretta Holding e Breda Meccanica Bresciana, Benelli lancia e promuo-ve una nuova milestone: il modello Montefeltro. Sia pure mantenendo in com-mercio l’intera gamma SL 80, l’Azienda di Urbino decide di allargare sempre più l’offerta al pubblico. Il nome del nuo-vo modello è scelto in virtù

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del gran numero di persone famose ai quali la terra del Montefeltro ha dato i natali. In effetti, questo modello rompe con il passato, introducendo al-cune novità destinate ad accrescere la fama Benelli over the world. L’otturato-re a testina rotante, di nuova concezio-ne, è tutt’ora in uso sui modelli attuali, a testimonianza dell’assoluta valenza del progetto originario. La testina dell’otturatore presenta due alette che si impegnano in apposite mortise sul prolungamento della canna, in modo che l’otturatore stesso sia saldamen-te vincolato alla canna; l’otturatore scorre su guide ricavate all’interno del castello e non più nel prolungamento cilindrico della canna. La molla viene adesso posizionata fra la testina e il corpo dell’otturatore. Il funzionamento del nuovo otturatore è il medesimo dei vecchi modelli, ma la differenza fondamentale risiede nella testina rotante, che viene svincolata dalle mortise situate in canna solo quando le pressioni sono scese a livelli di sicurez-za. Una miglioria sia dal punto di vista della sicurezza, sia da quello tecnico. Il ciclo di funzionamento, comandato dalla molla interposta tra il corpo e la testa dell’otturatore, è impeccabile, e si conclude con il riposizionamento dell’otturatore in chiusura (dopo aver prelevato dal serbatoio e camerato una nuova cartuccia), grazie all’azione della molla cinetica situata all’interno del calcio. Su questo innovativo modello è

possibile anche un risparmio di peso, dal momento che il prolungamento cilindrico della canna non esiste più; questo consente anche una maggiore facilità nell’intercambiabilità delle can-ne, oltre a permettere la costruzione del castello in un unico pezzo. Anche se, come vedremo, Benelli riprenderà la costruzione del castello in due pezzi (castello e fodero o coperchio) nel modello Raffaello.L’aumentato peso dell’otturatore nel modello Montefeltro contrasta in modo efficace il rinculo e il rilascio dell’otturatore avviene in modo meno brusco, dal momento che è necessa-rio dapprima lo svincolo della testina rotante dalle sue mortise. Si potrebbe pensare che il nuovo meccanismo possa influenzare la velocità del ciclo

di ripetizione semiautomatica, ma non è così; nonostante le modifiche, il ciclo risulta ancora molto più veloce di un funzionamento a lungo rinculo o di un sistema a presa di gas (sottrazione), rendendo per altro il Montefeltro più elastico e dolce allo sparo.

Un accorgimento fondamentaleUna raccomandazione valida per tutti gli utenti Benelli: non accompagnate mai l’otturatore in chiusura, trattenen-do parzialmente la manetta di arma-mento. Si potrebbe verificare la non perfetta chiusura della testina rotante, con le alette che non si impegnano nelle mortise; il risultato sarebbe che il fucile, per un’evidente questione di sicurezza, semplicemente… non spara!

Il disegno dell’otturatore a testina rotante

Il modello Montefeltro

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L’abitudine di accompagnare l’ottura-tore in chiusura è frequente, special-mente in tutti quelli che, come me, non sopportano l’idea (e l’acustica) del secco rumore della chiusura, quando agiamo sul pulsante di sgancio dell’ot-turatore. A onor del vero, in tutti questi anni in cui sono un fortunato possessore (e utilizzatore) dei fucili Benelli, solo una volta mi è capitato l’inconveniente pocanzi descritto; in quella occasione un gruppetto di moriglioni ringraziò la mia dabbe-naggine. Ma non è più successo. Con l’avvento del Montefeltro si allarga anche il range di cartucce sparabili senza bisogno alcuno di regolazioni;

si spazia dalle 28 alle 42 g, in funzione della loro velocità iniziale. Il castello è in ergal 55, anodizzato e trattato con una resistente finitura nera. Le canne, con bindella ventilata, sono di 65 cm (strozzature disponibili: 4, 3 o 1 stella) o di 70 cm (strozzature disponibili 3, 2 o 1 stella), costruite in acciaio al Cr-Mo e prodotte da una presti-giosa azienda nella zona di Brescia. Il percussore è realizzato in acciaio speciale (più corto e robusto di quello del 121); il bottone della sicura può essere invertito per i tiratori mancini. Calcio e astina sono in legno di noce, finemente zigrinati e verniciati con una finitura lucida. (continua) SO

L’otturatore a testina rotante

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