Qualiguida2013 parte1

100
In collaborazione Con il patrocinio QUALI 2013 GUIDA PRODOTTI AGROALIMENTARI ITALIANI DOP IGP STG Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche

description

 

Transcript of Qualiguida2013 parte1

Page 1: Qualiguida2013 parte1

In collaborazione

Con il patrocinio

QUALI2013GUIDA

PRODOTTI AGROALIMENTARI I T A L I A N I D O P I G P S T G

Associazione Italiana ConsorziIndicazioni Geografiche

Page 2: Qualiguida2013 parte1

AutoreMauro Rosati

RedazioneElena Conti, Nicoletta Lucia, Geronimo Nerli, Marilena Pallai, Roberta Serafinelli, Morava Topollaj, Arianna Vannini, Maria Chiara Ferrarese

TraduzioniJoanna Ledgard

GraficaNiccolò Bindi, Maria Teresa Ciacci, Paolo Rubei, CyberNatyConsulting

Foto copertinaBruno Bruchi

Page 3: Qualiguida2013 parte1

QUALI2013GUIDA

PRODOTTI AGROALIMENTARI I T A L I A N I D O P I G P S T G

Page 4: Qualiguida2013 parte1

© Tutti i diritti di questa opera sono riservati a Fondazione Qualivita

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o uti-lizzata in alcun modo, senza l’autorizzazione scritta di Fon-dazione Qualivita, né con mezzi elettronici né meccanici, incluse fotocopie, registrazione o riproduzione attraverso qualsiasi sistema di elaborazione dati.

Liberatoria sui contenuti Tutti i contenuti delle schede prodotto e le mappe presenti in questa Guida sono stati realizzati attraverso la verifica incrociata di diverse fonti documentarie. Il punto di riferi-mento principale è stato il disciplinare di produzione, in-sieme ad altri documenti ufficiali riguardanti i singoli pro-dotti. Le informazioni non contenute nei documenti ufficiali e gran parte del materiale fotografico sono stati ottenuti contattando direttamente gli organismi di riferimento dei produttori, le associazioni locali di promozione dei singoli prodotti, tecnici ed esperti. Tuttavia, dato che queste fonti sono soggette a modifiche e cambiamenti, alcuni conte-nuti potrebbero riportare informazioni incomplete o non riflettere le modifiche avvenute dopo la redazione. Le infor-mazioni sono fornite “come tali” e senza alcuna garanzia esplicita o tacita di nessun tipo. Ci scusiamo con i lettori e li invitiamo a comunicare eventuali segnalazioni utilizzando l’indirizzo mail [email protected].

RingraziamentiLa Fondazione Qualivita ringrazia tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di QUALIGUIDA 2013.In maniera particolare hanno contribuito a questo lavoro gli organismi dei produttori, consorzi, comitati promotori, e altre organizzazioni che si occupano di promozione e valo-rizzazione dei prodotti del territorio; le società di certifica-zione, le imprese del settore e le organizzazioni e i consorzi che le rappresentano; molti “appassionati” e studiosi che ci hanno fornito e permesso di utilizzare materiale fotogra-fico, ricerche e studi.

AnnotazioniÈ stato fatto il possibile per rendere le informazioni riporta-te più aggiornate e veritiere.Eventuali modifiche dei contenuti utili per la realizzazione delle prossime edizioni posso essere segnalate alla reda-zione. Ogni sforzo è stato fatto per individuare i proprietari del copyright del materiale fotografico.Si prega di comunicare eventuali sviste involontarie all’indi-rizzo mail [email protected].

Soci fondatori

Partners

Titolo dell’opera QUALIGUIDA 2013PRODOTTI AGROALIMENTARI ITALIANI DOP IGP STG

Autore Mauro Rosati

RedazioneElena Conti, Maria Chiara Ferrarese, Nicoletta Lucia, Geronimo Nerli, Marilena Pallai, Roberta Serafinelli, Morava Topollaj, Arianna Vannini.

TraduzioniJoanna Ledgard

Uno speciale ringraziamento per i contributi editoriali a:Maria Chiara Ferrarese – CSQA Certificazioni.

GraficaNiccolò Bindi, Maria Teresa Ciacci, Paolo Rubei, CyberNatyConsulting

Foto copertinaBruno Bruchi

Con il patrocinio di:

Con la collaborazione di:

Associazione Italiana ConsorziIndicazioni Geografiche

© 2013 Fondazione Qualivita

Editore e Distributore

Fondazione QualivitaPiazza Matteotti, 30 - 53100 SienaTel. +39 0577 202545 - Fax +39 0577 202562Web qualivita.it - qualigeo.euMail [email protected]

Realizzato aSiena 2013

StampaTipografia Baroni & Gori srlFinal print May 2013

ISBN978-88-96530-19-1

Page 5: Qualiguida2013 parte1
Page 6: Qualiguida2013 parte1
Page 7: Qualiguida2013 parte1

INDICE

La qualità in Europa

FOOD I prodotti agroalimetari DOP, IGP, STGCome si legge la scheda FOOD

Carni fresche - Classe 1.1 Abbacchio Romano IGPAgnello del Centro Italia IGPAgnello di Sardegna IGPCinta Senese DOPVitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP

Prodotti a base di carne - Classe 1.2Bresaola della Valtellina IGPCapocollo di Calabria DOPCiauscolo IGPCoppa di Parma IGPCoppa Piacentina DOPCotechino Modena IGPCrudo di Cuneo DOPCulatello di Zibello DOPLardo di Colonnata IGPMortadella Bologna IGPPancetta di Calabria DOPPancetta Piacentina DOPPorchetta di Ariccia IGPProsciutto Amatriciano IGPProsciutto di Carpegna DOPProsciutto di Modena DOPProsciutto di Norcia IGPProsciutto di Parma DOPProsciutto di San Daniele DOPProsciutto di Sauris IGPProsciutto Toscano DOPProsciutto Veneto Berico-Euganeo DOPSalame Brianza DOPSalame Cremona IGPSalame di Varzi DOPSalame d’Oca di Mortara IGPSalame Felino IGPSalame Piacentino DOPSalame S. Angelo IGPSalamini Italiani alla Cacciatora DOPSalsiccia di Calabria DOPSoppressata di Calabria DOPSoprèssa Vicentina DOPSpeck Alto Adige IGP (Süditroler Markenspeck g.g.A./ Südtiroler Speck g.g.A.)Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP (Vallée d’Aoste Lard d’Arnad)Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP(Valle d’Aosta Jambon de Bosses)Zampone Modena IGP

Formaggi - Classe 1.3 Asiago DOPBitto DOPBra DOPCaciocavallo Silano DOPCanestrato di Moliterno IGPCanestrato Pugliese DOPCasatella Trevigiana DOPCasciotta d’Urbino DOPCastelmagno DOPFiore Sardo DOPFontina DOPFormaggella del Luinese DOPFormaggio di Fossa di Sogliano DOPFormai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOPGorgonzola DOPGrana Padano DOPMontasio DOPMonte Veronese DOPMozzarella STGMozzarella di Bufala Campana DOPMurazzano DOPNostrano Valtrompia DOPParmigiano-Reggiano DOPPecorino di Filiano DOPPecorino Romano DOPPecorino Sardo DOPPecorino Siciliano DOPPecorino Toscano DOPPiacentinu Ennese DOPPiave DOP Provolone del Monaco DOPProvolone Valpadana DOPQuartirolo Lombardo DOPRagusano DOPRaschera DOPRobiola di Roccaverano DOPSalva Cremasco DOPSpressa delle Giudicarie DOPSquacquerone di Romagna DOPStelvio DOP (Stilfser g.U.)Taleggio DOPToma Piemontese DOPVallée d’Aoste Fromadzo DOP(Valle d’Aosta Fromadzo DOP)Valtellina Casera DOPVastedda della Valle del Belìce DOP

Altri prodotti di origine animale - Classe 1.4Miele della Lunigiana DOPMiele delle Dolomiti Bellunesi DOPRicotta di Bufala Campana DOPRicotta Romana DOP

Oli e grassi - Classe 1.5Alto Crotonese DOPAprutino Pescarese DOPBrisighella DOPBruzio DOP

5

10

111213141516

17181920212223242526272829303132333435363738394041424344454647484950

51

52

5354

55565758596061626364656667686970717273747576777879808182838485868788899091929394959697

9899

100

101102103104106

107108109110111

1

QUALIGUIDA 2013

Page 8: Qualiguida2013 parte1

INDICECanino DOPCartoceto DOPChianti Classico DOPCilento DOPCollina di Brindisi DOPColline di Romagna DOPColline Pontine DOPColline Salernitane DOPColline Teatine DOPDauno DOPGarda DOPIrpinia - Colline dell’Ufita DOPLaghi Lombardi DOPLametia DOPLucca DOPMolise DOPMonte Etna DOPMonti Iblei DOPPenisola Sorrentina DOPPretuziano delle Colline Teramane DOPRiviera Ligure DOPSabina DOPSardegna DOPSeggiano DOPTergeste DOPTerra di Bari DOPTerra d’Otranto DOPTerre Aurunche DOPTerre di Siena DOPTerre Tarentine DOPToscano IGPTuscia DOPUmbria DOPVal di Mazara DOPValdemone DOPValle del Belice DOPValli Trapanesi DOPVeneto DOPVulture DOP

Ortofrutticoli e cereali - Classe 1.6Aglio Bianco Polesano DOPAglio di Voghiera DOPAmarene Brusche di Modena IGPArancia del Gargano IGPArancia di Ribera DOPArancia Rossa di Sicilia IGPAsparago Bianco di Bassano DOPAsparago Bianco di Cimadolmo IGPAsparago di Badoere IGPAsparago Verde di Altedo IGPBasilico Genovese DOPBrovada DOPCappero di Pantelleria IGPCarciofo Brindisino IGPCarciofo di Paestum IGPCarciofo Romanesco del Lazio IGPCarciofo Spinoso di Sardegna DOPCarota dell’Altopiano del Fucino IGP

Carota Novella di Ispica IGPCastagna Cuneo IGPCastagna del Monte Amiata IGPCastagna di Montella IGPCastagna di Vallerano DOPCiliegia dell’Etna DOPCiliegia di Marostica IGPCiliegia di Vignola IGPCipolla Rossa di Tropea Calabria IGPCipollotto Nocerino DOPClementine del Golfo di Taranto IGPClementine di Calabria IGPFagioli Bianchi di Rotonda DOPFagiolo Cannellino di Atina DOPFagiolo Cuneo IGPFagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGPFagiolo di Sarconi IGPFagiolo di Sorana IGPFarina di Castagne della Lunigiana DOPFarina di Neccio della Garfagnana DOPFarro della Garfagnana IGPFarro di Monteleone di Spoleto DOPFichi di Cosenza DOPFico Bianco del Cilento DOPFicodindia dell’Etna DOPFicodindia di San Cono DOPFungo di Borgotaro IGPInsalata di Lusia IGP Kiwi Latina IGPLa Bella della Daunia DOPLenticchia di Castelluccio di Norcia IGPLimone Costa d’Amalfi IGPLimone di Rocca Imperiale IGPLimone di Siracusa IGPLimone di Sorrento IGPLimone Femminello del Gargano IGPLimone Interdonato Messina IGPMarrone del Mugello IGPMarrone della Valle di Susa IGPMarrone di Caprese Michelangelo DOPMarrone di Castel del Rio IGPMarrone di Combai IGPMarrone di Roccadaspide IGPMarrone di San Zeno DOPMarroni del Monfenera IGP Mela Alto Adige IGP (Südtiroler Apfel g.g.A.)Mela di Valtellina IGPMela Rossa Cuneo IGPMela Val di Non DOPMelannurca Campana IGPMelanzana Rossa di Rotonda DOP Nocciola del Piemonte IGP (Nocciola Piemonte)Nocciola di Giffoni IGPNocciola Romana DOPNocellara del Belice DOPOliva Ascolana del Piceno DOPPatata della Sila IGPPatata di Bologna DOP

112113114115116117118119120121122123124125126127128129130131132133134135136137138139140141142143144145146147148149150

151152153154155156157158159160161162163164165166167168169

170171172173174175176177178179180181182183184185186187188189190191192193194195196197198199200201202203204205206207208209210211212213214

215216217218219220221222223224225226227

2

Page 9: Qualiguida2013 parte1

INDICEPeperone di Pontecorvo DOP Peperone di Senise IGPPera dell’Emilia Romagna IGPPera Mantovana IGPPesca di Leonforte IGP Pesca di Verona IGPPesca e Nettarina di Romagna IGPPistacchio Verde di Bronte DOPPomodorino del Piennolo del Vesuvio DOPPomodoro di Pachino IGPPomodoro S. Marzano dell’AgroSarnese-Nocerino DOPRadicchio di Chioggia IGPRadicchio di Verona IGPRadicchio Rosso di Treviso IGPRadicchio Variegato di Castelfranco IGPRiso del Delta del Po IGPRiso di Baraggia, Biellese e Vercellese DOPRiso Nano Vialone Veronese IGPScalogno di Romagna IGPSedano Bianco di Sperlonga IGPSusina di Dro DOPUva da Tavola di Canicattì IGPUva da Tavola di Mazzarrone IGPUva di Puglia IGP

Pesci e molluschi - Classe 1.7Acciughe Sotto Sale del Mar Ligure IGPSalmerino del Trentino IGPTinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino DOP

Altri prodotti - Classe 1.8Aceto Balsamico di Modena IGPAceto Balsamico Tradizionale di Modena DOPAceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOPLiquirizia di Calabria DOPSale Marino di Trapani IGPZafferano dell’Aquila DOPZafferano di San Gimignano DOPZafferano di Sardegna DOP

Prodotti di panetteria, pasticceria, confetteria o biscotteria - Classe 2.4Coppia Ferrarese IGPPagnotta del Dittaino DOPPane Casareccio di Genzano IGPPane di Altamura DOPPane di Matera IGPPanforte di Siena IGPPizza Napoletana STGRicciarelli di Siena IGP

Oli essenziali - Classe 3.2Bergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale DOP

Indice analitico

228229230231232233234235236237

238239240241242243244246247248249250251252

253254255256

257258

259

260261262263264266

267268269270271272273274276

277

278

279

3

Page 10: Qualiguida2013 parte1
Page 11: Qualiguida2013 parte1

5

LA QUALITÀ IN EUROPA

Page 12: Qualiguida2013 parte1

6

COMPRENDERE LA QUALITÀ

L’ORIGINE DELLA QUALITÀ La qualità dei prodotti agroalimentari è un argomento sempre più attuale, benché il suo profondo legame con l’origine geografica del prodotto non risulti immediata-mente chiaro. I paragrafi seguenti vogliono essere una breve introduzione alla storia e alle ragioni di questo le-game, partendo dall’inizio del percorso, ovvero dal suo riconoscimento a livello internazionale con l’introduzione del sistema delle indicazioni geografiche.

LE INDICAZIONI GEOGRAFICHE Le Indicazioni Geografiche (IG) sono marchi comune-mente utilizzati per differenziare i prodotti sulla base delle loro qualità, del loro legame con il territorio di ori-gine e di quelle loro caratteristiche qualitative e distin-tive unanimemente riconosciute dai consumatori. Le IG possono essere usate per distinguere sia prodotti agroalimentari che prodotti dell’artigianato (ad esempio il celebre filo di scozia o i tappeti arabi), sebbene i primi rappresentino una parte molto importante e consisten-te dei prodotti interessati. Le IG si differenziano dalle indicazioni di provenienza (es. Made in Italy) poiché, mentre le prime garantiscono sugli standard dei pro-cessi di produzione, le seconde indicano esclusivamen-te il luogo di realizzazione del bene. Questo sistema di tutela dei prodotti di qualità legati al territorio di origine ha almeno tre ragioni d’essere e contribuisce a raggiun-gere tre diversi obiettivi:

1. Proteggere il nome geografico di un prodotto è un modo efficace per difenderlo da eventuali abusi e contraffazioni. I consumatori possono fidarsi del-le qualità del prodotto “originale”, ed i produttori sanno che eventuali contraffazioni sono passibili di azioni legali.

2. Proteggere le IG significa salvaguardare e difendere territorio e tradizioni, preservarle nel tempo e man-tenerne la qualità che deriva dai processi di produ-zione originari.

3. Favorire le differenti colture e le diverse pratiche di allevamento vuol dire preservare la biodiversità e contribuire a sostenere un modello di agricoltura e di sviluppo rurale dove la tradizione è da sempre madre di conoscenza.

A livello internazionale le IG sono tutelate dall’accordo TRIPS (Trade – Related Aspects on Intellectual Property Rights) che stabilisce le regole per la protezione della proprietà intellettuale ed è valido per tutti i paesi che sono membri dell’Organizzazione Mondiale del Com-mercio (OMC). Attualmente la regolamentazione prevista dal TRIPS non appare sufficiente a garantire adeguata-mente il corretto uso delle IG del settore agroalimentare. Per migliorare la tutela di questi prodotti, l’Unione eu-ropea ha proposto di istituire un registro internaziona-le dei prodotti agroalimentari di qualità, proposta che purtroppo non è stata condivisa da tutti i Paesi membri dell’OMC. In questo panorama l’eccezione è rappresen-tata dal vino che ha sempre ricevuto una maggiore at-tenzione sia dal punto di vista legislativo, che da quello della promozione e della tutela.

LA POLITICA DI QUALITÀ NELL’UNIONE EUROPEA Nel vasto panorama produttivo europeo, il settore agro-alimentare di qualità certificata rappresenta una ricchez-za dall’inestimabile valore. Ad oggi sempre più al cuore del cosiddetto European Social Model – dove sostenibi-lità, inclusività e competitività costituiscono gli elementi chiave – la qualità agroalimentare si lega strettamente all’identità, alla tradizione e alla cultura dell’Europa non-

ché al rispetto del diritto al cibo, parte integrante dei diritti fondamentali della persona. Qualità è sinonimo di autenticità, tipicità, innovazione nella tradizione, vitalità delle zone svantaggiate, occupazione locale, diritti dei consumatori, preservazione del paesaggio rurale e della biodiversità ed è espressione di produzioni rispettose della salute pubblica, del benessere degli animali e delle piante, dell’ambiente. L’Unione europea ha rivolto con attenzione lo sguardo verso la qualità agroalimentare – divenuta nel tempo uno dei pilastri della Politica agricola comune (PAC) – alla fine degli anni Ottanta dello scorso secolo quando la Commissione europea approvava il Libro verde sul futuro del mondo rurale del 1988, in-centrato sul ruolo del mondo agricolo in tema di qualità alimentare, preservazione dell’ambiente e dell’ecosi-stema. Negli anni successivi, altri importanti interventi normativi hanno segnato la graduale evoluzione delle politiche di qualità UE nel settore agroalimentare, che oggi rappresentano il sistema di tutela e valorizzazione dell’autenticità dei prodotti agroalimentari di qualità più avanzato a livello internazionale. L’UE ha previsto tre diversi regimi normativi per la tutela delle indicazioni geografiche, rispettivamente dedicati a vino, bevande spiritose e prodotti agroalimentari. Ri-spetto a questi ultimi, la nascita anagrafica della politica di qualità dell’Unione europea risale al 1992, con l’ap-provazione dei regolamenti 2081 e 2082, il primo relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle de-nominazioni di origine ed il secondo alle attestazioni di specificità dei prodotti agroalimentari, sostituiti nel 2006 dai nuovi regolamenti, il 509 e 510 e infine nel 2012 dal regolamento 1151, che ha abrogato i precedenti.Il regolamento UE 1151 del 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari rappresenta oggi la base di riferimento comune a tutti i sistemi di qualità certificata delle Indicazioni Geografiche agroalimentari. Con le nuove disposizioni vengono introdotti principi importanti che accolgono alcune istanze avanzate negli ultimi anni dal sistema dei consorzi italiani. Tra questi:

• il riconoscimento di un ruolo preciso attribuito alle associazioni dei produttori e dunque, con riferimen-to alla realtà italiana, ai Consorzi di tutela;

• la protezione ex-officio necessaria per garantire condizioni equivalenti e reciproche di tutela dei pro-dotti DOP e IGP in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

Viene inoltre stabilito l’impiego di simboli grafici comu-nitari, che, oltre al nome e/o ai logo specifici di ogni de-nominazione, consentano di identificare e qualificare i prodotti agroalimentari in modo inequivocabile, così da renderli al consumatore facilmente riconoscibili e distin-guibili dalle produzioni convenzionali. La denominazione ed i segni grafici non designano solo prodotti di qualità, ma costituiscono anche garanzia della loro autenticità. L’UE ha così ideato tre “marchi di qualità” per tutelare l’origine geografica dei prodotti agroalimentari: i primi due sono fortemente legati al territorio di origine, il ter-zo valorizza invece i metodi di produzione tradizionale. Lo scopo comune è quello di promuovere e proteggere l’autenticità e il corretto uso delle denominazioni regi-strate dei prodotti agroalimentari. Le IG in Europa sono iscritte in un registro apposito, e prendono il nome di “Denominazione di Origine Protetta” (DOP), “Indicazio-ne Geografica Protetta” (IGP) e “Specialità Tradizionale Garantita” (STG). La politica di qualità comunitaria è il risultato della necessità di tutelare il patrimonio delle produzioni legate al territorio di origine, riconoscendo il

Page 13: Qualiguida2013 parte1

7

valore aggiunto, l’originalità e l’inimitabilità derivanti dal legame con l’area geografica di produzione, ivi compre-so il ruolo del fattore umano. In questo modo, l’UE ha, allo stesso tempo, riconosciuto ed incoraggiato l’inte-resse, sempre crescente, dei consumatori e del com-mercio agroalimentare per la qualità e la provenienza geografica dei prodotti, evidenziando inoltre come mol-te volte tali specialità agroalimentari traessero origine da territori esclusivi situati in aree interne e/o svantag-giate. Oggi, quello comunitario rappresenta il sistema complessivamente più avanzato ed articolato di tutela e di promozione dell’autenticità dei prodotti agroalimen-tari di qualità.

Classi previste per i prodotti DOP e IGP * I prodotti agricoli e alimentari per i quali può essere pre-sentata la domanda di registrazione sono quelli rientran-ti nelle classi elencate nell’allegato I del Trattato CE e negli allegati dei regolamenti 509 e 510, specificate di seguito:

Classe 1.1 - Carni frescheClasse 1.2 - Prodotti a base di carneClasse 1.3 - FormaggiClasse 1.4 - Altri prodotti di origine animaleClasse 1.5 - Oli e grassiClasse 1.6 - Ortofrutticoli e cereali, freschi o trasformatiClasse 1.7 - Pesci, molluschi, crostacei freschi e prodotti der.Classe 1.8 - Altri prodotti dell’allegato I del trattatoClasse 2.1 - BirreClasse 2.2 - Acque minerali naturali e acque di sorgente (sospesa) Classe 2.3 - Bevande a base di estratti di pianteClasse 2.4 - Prod. panetteria, pasticceria, confetteria o biscotteriaClasse 2.5 - Gomme naturali e resineClasse 2.6 - Pasta di mostardaClasse 2.7 - Pasta alimentareClasse 3.1 - FienoClasse 3.2 - Oli essenzialiClasse 3.3 - TuraccioliClasse 3.4 - CoccinigliaClasse 3.5 - Fiore e piante ornamentaliClasse 3.6 - LanaClasse 3.7 - ViminiClasse 3.8 - Lino stigliato*con il Reg. 1151/2012 sono state introdotte le seguenti categorie di prodotti: cioccolato e prodotti derivati, sale, cuoio, pellame, piume.

Classi previste per le STG Classe 1.1 - Carni frescheClasse 1.2 - Prodotti a base di carneClasse 1.3 - FormaggiClasse 1.4 - Altri prodotti di origine animaleClasse 1.5 - Oli e grassiClasse 1.6 - Ortofrutticoli e cereali, freschi o trasformatiClasse 1.7 - Pesci, molluschi, crostacei freschi e prodotti derivatiClasse 1.8 - Altri prodotti dell’allegato I del trattatoClasse 2.1 - BirreClasse 2.2 - Cioccolata e prodotti derivatiClasse 2.3 - Prod. panetteria, pasticceria, confetteria o biscotteriaClasse 2.4 - Pasta alimentare, anche cotte e farciteClasse 2.5 - Piatti precottiClasse 2.6 - Salse per condimento preparateClasse 2.7 - Minestre o brodiClasse 2.8 - Bevande a base di estratti di pianteClasse 2.9 - Gelati o sorbetti

COSA SIGNIFICA DOP, IGP, STG

DOP (Denominazione d’Origine Protet-ta): identifica prodotti agricoli e alimen-tari originari di un territorio definito, dove sono attuate le fasi di produzione, e da cui discendono le qualità specifiche ri-conosciute (es. Grana Padano DOP, Gorgonzola DOP).

IGP (Indicazione Geografica Protetta): identifica prodotti agricoli e alimentari originari di un territorio, al quale sono at-tribuibili una data qualità, la reputazione o altre caratteristiche, e in cui si svolge almeno una delle fasi di produzione (es. Bresaola della Valtellina IGP, Radicchio Rosso di Treviso IGP).

STG (Specialità Tradizionale Garantita): mette in evidenza il carattere tradiziona-le distintivo del prodotto o perché otte-nuto con ingredienti tradizionali o perché ottenuto attraverso l’adozione di metodi di lavorazione tradizionali.

Page 14: Qualiguida2013 parte1
Page 15: Qualiguida2013 parte1

I PRODOTTI AGROALIMENTARI ITALIANI DOP, IGP, STG

FOOD

Page 16: Qualiguida2013 parte1

10

6. Descrizione del prodottoSintetica descrizione del prodotto, con eventuale indica-zione delle materie prime e delle varietà.

7. Metodo di produzioneBreve descrizione delle principali fasi di lavorazione del prodotto (ottenimento della materia prima e tecniche di trasformazione, operazioni colturali, metodo di alleva-mento, ecc.).

8. Aspetto e saporeDescrizione delle principali caratteristiche organolettiche del prodotto (forma, colore, peso, sapore, ecc.).

9. Zona di produzioneIndicazione delle province e delle regioni in cui ricade la zona esclusiva di produzione. Nel caso in cui l’area sia circoscritta ad un numero limitato di comuni, questi vengono specificati singolarmente o ne viene indicato il numero.

10. StoriaCenni storici relativi al prodotto, con particolare riferimento al legame con il territori o di origine e alla tradizione culinaria.

11. GastronomiaSuggerimenti per la conservazione e l’uso del prodotto, nonché cenni sulle valenze gastronomiche e sugli abbi-namenti.

12. CommercializzazioneSintesi delle informazioni sulle princi-pali tipologie di prodotto immesse in commercio e sulle modalità di con-fezionamento. È tuttavia possibile che alcuni prodotti siano disponibili al consumo in ulteriori varianti in base alle scelte dei singoli produttori.

13. Nota distintivaParticolare caratteristica del pro-dotto, che può essere legata alla sua storia, alle tecniche di produzione o alle materie prime, a cui si devono l’unicità e l’inimitabilità della denomi-nazione registrata.

14. CartografiaRappresentazione grafica della zonaesclusiva di produzione, approssi-mata a livello comunale.

15. Organismo di riferimentoNome e contatti (indirizzo, recapito telefonico, fax, web, email) del Con-sorzio di tutela o, in mancanza, dell’associazione dei produttori/ente che ha promosso la registrazi-one.

16. Organismo di controlloLogo, ragione sociale ed altre in-formazioni di contatto dell’organismo di controllo incaricato.

COME SI LEGGE LA SCHEDA FOOD

1. Logo prodottoLogo ufficiale della denominazione come indicato dal disciplinare di produzione.

2. Nome prodottoNome completo della denominazione accompagnato dall’acronimo europeo DOP, IGP o STG. In caratteri più piccoli vengono riportate le eventuali denominazioni reg-istrate in altre lingue o le altre denominazioni registrate nella stessa lingua.

3. Logo comunitarioSimbolo grafico comunitario della DOP, IGP o STG.

4. Foto prodottoImmagine evocativa del prodotto.

5. Loghi SocialLoghi dei principali social network dove sono presenti pagine ufficiali gestite dall’organismo di riferimento.

Fac-simile scheda prodotto

1 2

4

6

10

11

12

13

14

3

5

15

16

7

8

9

Page 17: Qualiguida2013 parte1

11

CARNI FRESCHECLASSE 1.1

Page 18: Qualiguida2013 parte1

12

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Abbacchio Romano IGP è ottenuto dalla carne fresca di agnelli da latte, sia maschi che femmine, appartenenti alle raz-ze Sarda, Comisana, Sopravvissana, Massese, Merinizzata Italiana e relativi incroci. Gli animali devono essere nati, allevati e macellati, tra i 28 e i 40 giorni di età, nella regione Lazio.

METODO DI PRODUZIONE Gli agnelli da latte sono allevati allo stato brado e semi-brado. Vengono nutriti con latte materno attraverso l’al-lattamento naturale, ma è consentita anche l’integrazione pascolativa con alimenti naturali ed essenze spontanee. Le pecore madri usufruiscono di pascoli naturali, prati-pascolo ed erbai tipici della zona di produzione. Per la loro nutri-zione è ammessa la somministrazione di foraggi secchi e concentrati, ma è escluso l’utilizzo di sostanze di sintesi e di organismi geneticamente modificati. Gli agnelli e le pecore matricine non devono essere soggetti a forzature alimen-tari, a stress ambientali e/o sofisticazioni ormonali, volte a incrementare la produzione. Nel periodo estivo, le mandrie vengono trasferite all’alpeggio, evitando così la calura esti-va. Questa pratica permette alle pecore madri di nutrirsi di foraggi freschi, mantenendo intatta la qualità del loro latte e di conseguenza della carne dell’Abbacchio Romano IGP. La macellazione avviene tra il ventottesimo e il quarantesi-mo giorno di età, entro 24 ore dal conferimento al mattato-io. Al momento della macellazione la carcassa può pesare sino a 8 kg (peso morto).

ASPETTO E SAPORE L’Abbacchio Romano IGP presenta masse muscolari di co-lore rosa chiaro e di consistenza compatta, con assenza di sierosità. Il grasso è solido, di colore bianco. La tessitura della carne è fine, la carcassa si presenta coperta leggermente di grasso nella superficie esterna e in prossimità dei reni e deve avere un peso finale massimo di 8 kg. Il sapore è delicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Abbacchio Romano IGP com-prende l’intero territorio della regione Lazio.

STORIA Numerosi sono i riferimenti storici, risalenti anche a tempi antichissimi, che dimostrano il forte legame dell’Abbacchio Romano con la ruralità regionale e l’importanza che l’alle-vamento ovino ha avuto e ha ancora oggi nell’economia e nella tradizione dell’intero Lazio. Gli antichi romani, ad esempio, preferivano il capretto ma, per Giovenale, poeta e retore romano, l’agnello giovanissimo era: “il più tenero del gregge, vergine d’erba, più di latte ripieno che di sangue”. A Campo Vaccino (nome con cui veniva chiamata l’area del Foro Romano), inoltre, fin dal 300 si teneva il merca-to degli abbacchi, degli agnelli, dei castrati e delle pecore.

Particolare è anche l’uso del termine “abbacchio”, che ri-sulta essere univoco nella regione Lazio. Anche una serie di operazioni che vengono eseguite sull’abbacchio sono caratterizzate da una terminologia romanesca quali “sbac-chiatura” o “abbacchiatura” in riferimento alla macellazione degli abbacchi.

GASTRONOMIA L’Abbacchio Romano IGP può essere conservato in fri-gorifero per pochi giorni. Il suo uso nella cucina romana e laziale è ampiamente diffuso, tanto da dare origine a cir-ca cento piatti diversi. La carne di abbacchio si presenta particolarmente adatta alla cottura in forno in abbinamento classico con le “ramoracce”, erbe spontanee della campa-gna romana, di eccezionale gusto. Fra le ricette più tipiche rientra anche il famoso “abbacchio alla romana”, che pre-vede l’utilizzo dei cosciotti di agnello aromatizzati con aglio, rosmarino fresco, salvia, vino bianco e aceto di vino bianco, serviti con le patate.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in comercio tutto l’anno come Ab-bacchio Romano IGP, intero o porzionato, nelle tipologie: Mezzena (ricavata mediante il taglio sagittale della carcassa in parti simmetriche), Spalla, Coscio, Costolette, Testa, Co-ratella (cuore, polmone e fegato). Il prodotto è inoltre dispo-nibile preconfezionato in idonei contenitori.

NOTA DISTINTIVA La carne dell’Abbacchio Romano IGP si caratterizza in modo particolare per la scarsa presenza di grasso, sia di copertura che infiltrato.

CCIAA di RomaUfficio competente area V, Certificazione di prodotti agroalimentariVia Appia Nuova, 21800183 Roma

Consorzio di Tutela IGPAbbacchio RomanoVia Rodolfo Lanciani, 3800162 RomaTel: +39 06 86273 1Fax +39 06 8603864www.abbacchioromanoigp.it

ABBACCHIO ROMANO IGP

Page 19: Qualiguida2013 parte1

13

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Agnello del Centro Italia IGP è la carne fresca ottenuta da agnelli di età inferiore ai 12 mesi, appartenenti a razze locali tipiche del centro Italia e disponibile in tre tipologie differen-ti per tenore di grasso e conformazione: Agnello Leggero, Agnello Pesante e Castrato.

METODO DI PRODUZIONE L’Agnello del Centro Italia IGP è ottenuto da esemplari ap-partenenti alle seguenti razze locali e loro incroci: Appennini-ca, Bergamasca, Biellese, Fabrianese, Merinizzata Italiana, Pomarancina, Sopravissana, Zerasca; Comisana, Cornella Bianca, Cornigliese (Corniglio), Garfagnina Bianca, Gentile di Puglia, Massese, Pagliarola, Pecora delle Langhe. Gli agnelli vengono alimentati esclusivamente con latte materno fino allo svezzamento. In seguito è ammessa un’alimentazione a base di foraggi, costituiti da essenze spontanee di prati e di prati-pascolo, da leguminose e/o graminacee provenienti dalla zona geografica riconosciuta come esclusiva di pro-duzione; gli animali vengono infatti allevati all’aperto, liberi di pascolare, per almeno otto mesi all’anno. Possono essere comunque utilizzati integratori minerali, vitaminici e mangi-mi (massimo 0,4 kg giornalieri per capo). La macellazione deve avvenire entro i 12 mesi di vita. Per la distinzione delle tipologie, le carcasse vengono valutate secondo i loro pesi “a caldo”: l’Agnello Leggero è ottenuto da quelle di peso compreso tra 8,01 e 13,0 kg; il tipo Agnello Pesante da car-casse di almeno 13,01 kg; quelle oltre i 20 kg sono riservate alla tipologia Castrato. Nel caso in cui la valutazione dei pesi sia effettuata “a freddo” (dopo la refrigerazione) deve essere tenuto in considerazione un calo ponderale dell’1% per gli Agnelli Leggeri e Pesanti e del 2% per il Castrato.

ASPETTO E SAPORE L’Agnello del Centro Italia IGP è una carne di colore rosa chiaro, con una equilibrata copertura di grasso. Si caratte-rizza per essere molto tenera. Ha un contenuto di grasso intramuscolare molto basso (0,78 g su 100 g).

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Agnello del Centro Italia IGP interessa tutto il territorio delle regioni Abruzzo, Lazio, Mar-che, Toscana e Umbria; gli interi territori delle province di Bologna, Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna nonché parte delle province di Modena, Reggio Emilia e Parma, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA La presenza di popolazioni ovine nel centro Italia è seco-lare: ne è prova il fatto che alcune razze prendono il nome dai luoghi in cui hanno mostrato il miglior adattamento. A partire dalla metà del 1900 la carne degli agnelli allevati in questo areale ha cominciato ad acquisire ottima reputa-

zione, soprattutto grazie alle elevate qualità organolettiche, come dimostrato da numerosi documenti relativi a conve-gni e campagne pubblicitarie.

GASTRONOMIA L’Agnello del Centro Italia IGP va conservato in frigorifero per pochi giorni. È una carne molto apprezzata in cucina in quanto molto delicata e povera di grassi. Può essere preparata in svariati modi: semplicemente in padella, con salvia, rosmarino e vino bianco, oppure arrosto e in questo caso è meglio se la cottura viene portata avanti lentamente e a bassa temperatura (80-85°C). COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Agnello del Centro Italia IGP, nelle tipologie: Agnello Leggero, Agnello Pesante e Castrato. È disponibile nelle seguenti tipologie di taglio: carcassa intera, agnello coschetto, busto carrè, busto con pancia, carrè, carrè ad otto costole, carrè di agnello disossato e filetto, collo con osso, coppia di co-sciotto, cotoletta, fegato, petto con pancia, sella e spalla con osso.

NOTA DISTINTIVA L’Agnello del Centro Italia IGP è una carne di particolare pregio, che deve le sue peculiarità al profondo legame con il territorio e alla grande professionalità ed esperienza degli allevatori. La costante e attenta selezione di tipi genetici storicamente presenti nell’Appennino centrale, infatti, ha portato all’ottenimento di capi con un accrescimento pon-derale molto rapido, che si traduce in una resa alla macel-lazione più elevata rispetto a razze allevate altrove.

Comitato Promotore IGP Agnello del Centro ItaliaC/o CCIAA GrossetoVia F.lli Cairoli, 1058100 [email protected]

AGNELLO DEL CENTRO ITALIA IGP

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

Page 20: Qualiguida2013 parte1

14

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Agnello di Sardegna IGP è la carne fresca ottenuta da agnelli nati ed allevati in Sardegna, provenienti da pecore di razza Sarda o da incroci di prima generazione con razze da carne Ile-de-France e Berrichon-du-Cher o altre razze da carne altamente specializzate. L’Agnello di Sardegna IGP si distingue nelle tre tipologie: da Latte, Leggero e da Taglio, che si differenziano sulla base dell’alimentazione e del peso.

METODO DI PRODUZIONE Gli agnelli vengono prevalentemente allevati allo stato bra-do e, solo durante il periodo invernale, possono essere ricoverati in particolari strutture coperte. L’Agnello di Sar-degna IGP da Latte viene nutrito solo con latte materno. Per la tipologia Leggero, gli ovini sono alimentati con latte materno integrato con foraggi e cereali freschi o essiccati, mentre per la tipologia da Taglio l’alimentazione è compo-sta da foraggi e cereali freschi o essiccati. Ai capi di be-stiame che soddisfano gli standard di qualità previsti dalla IGP, viene apposta una particolare fascetta sull’orecchio sinistro. La macellazione deve avvenire entro 24 ore dal conferimento degli agnelli in mattatoio.

ASPETTO E SAPORE L’Agnello di Sardegna IGP presenta masse muscolari di colore rosa chiaro e consistenza solida, con grasso di co-lore bianco, solido, particolarmente concentrato sulla su-perficie esterna della carcassa e in prossimità dei reni. La carne, caratterizzata da sapore e odore intensi, è tenera, succulenta e facilmente digeribile.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Agnello di Sardegna IGP ricade nell’intero territorio della regione Sardegna.

STORIA Quello del pastore è un mestiere che da sempre viene pra-ticato nel territorio sardo. Sembra infatti che i primi pastori siano comparsi sull’isola nel periodo prenuragico, anche se per avere testimonianze storiche più ricche circa l’at-tività della pastorizia occorre attendere l’epoca romana. Il mestiere del pastore è stato oggetto anche dell’interesse del famoso geografo francese Maurice Le Lannou che nei suoi studi sul territorio sardo riporta testimonianze risalenti al 1770. Alcune fonti storiche dell’epoca definiscono come fruttuoso il commercio di agnelli da latte nei mercati loca-li. Inoltre, sempre Le Lannou, parla della pastorizia come di un’attività ormai da secoli radicata nell’isola, in grado di svolgere una funzione strutturale nel processo di con-servazione delle usanze e delle tradizioni locali. Ne sono esempio concreto le numerose costruzioni del mondo agropastorale presenti in quasi tutto il territorio sardo, tra

le quali i pinnettus, tipiche capanne dei pastori utilizzate ancora oggi.

GASTRONOMIA L’Agnello di Sardegna IGP può essere conservato in fri-gorifero per alcuni giorni. Questo tipo di carne si apprezza cucinata in casseruola, cotta in forno, in umido o alla bra-ce. Il suo sapore particolare si sposa bene con le spezie e gli aromi tipici del territorio sardo, come il mirto e il rosma-rino. Ottimo il suo abbinamento con vini rossi non troppo strutturati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Agnello di Sar-degna IGP nelle tipologie: da Latte, Leggero e da Taglio. È commercializzato intero oppure porzionato. Nel caso del prodotto porzionato, i tagli previsti per la tipologia da Latte sono: mezzana; quarto anteriore; quarto posteriore; testa; coratella. Per le tipologie Leggero e da Taglio sono: intero; mezzana; quarto anteriore; quarto posteriore; testa; cora-tella; culotta; sella inglese; carrè; groppa; casco; farfalla; cosciotto; cosciotto accorciato; sella; filetto; carrè coperto; carrè scoperto; spalla; coscia; colletto; costolette alte; con-fezione mista. Il peso varia a seconda della tipologia: fino a 7 kg per l’Agnello di Sardegna IGP da Latte; da 7 a 10 kg per quello Leggero; da 10 a 13 kg per quello da Taglio.

NOTA DISTINTIVA L’Agnello di Sardegna IGP si contraddistingue per il sapore deciso determinato dall’ambiente naturale in cui gli animali vengono allevati allo stato brado, caratterizzato da ampi spazi ben esposti al sole e dai venti tipici del clima sardo.

AGNELLO DI SARDEGNA IGP

Con.T.A.S. Consorzio Tutela Agnello di SardegnaVia Ragazzi Del ’99, 108100 NuoroTel: +39 0784 [email protected]

Agenzia Laore SardegnaVia Caprera, 809123 Cagliari Tel: +39 070 6026www.sardegnaagricoltura.itsardegnaagricoltura@regione.sardegna.it

Page 21: Qualiguida2013 parte1

15

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Cinta Senese DOP è la carne fresca ottenuta da suini di razza Cinta Senese, nati, allevati e macellati in Toscana.

METODO DI PRODUZIONE Entro 45 giorni dalla nascita i soggetti idonei devono essere identificati mediante l’apposizione sulle orecchie di un bottone auricolare con il codice identificativo del capo. Gli animali devono essere allevati allo stato bra-do o semibrado a partire dal quarto mese di vita e de-vono soggiornare quotidianamente in appezzamenti di terreno, recintati o non, provvisti di eventuale ricovero per le ore notturne e/o in caso di condizioni climatiche sfavorevoli. Il limite massimo di capi allevabile è pari a 1.500 kg di peso vivo per ettaro. L’alimentazione è for-nita principalmente dal pascolo in bosco e/o in terreni nudi seminati con essenze foraggere e cerealicole. La macellazione deve avvenire su animali che abbiano rag-giunto almeno 12 mesi di età e le mezzene devono es-sere marchiate a fuoco in più parti. Le parti sezionate per l’immissione al consumo devono inoltre riportare un contrassegno inamovibile. Il Consorzio di Tutela ha inol-tre messo a punto un disciplinare interno per la lavora-zione di prosciutto, capocollo, salame e salsiccia a base di Cinta Senese DOP, a cui i consorziati devono attenersi per poter commercializzare questi prodotti con l’apposi-to contrassegno distintivo.

ASPETTO E SAPORE La Cinta Senese DOP si caratterizza per essere una car-ne sapida e succulenta, con una colorazione rosa acce-so o rossa e una consistenza compatta.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Cinta Senese DOP com-prende i territori amministrativi della regione Toscana che raggiungono l’altitudine massima di 1.200 metri s.l.m.

STORIA La Cinta Senese è la capostipite di tutti i maiali della To-scana. Già allevata dagli Etruschi, fu di grande aiuto ai contadini del Medioevo durante pestilenze e carestie. Nel Palazzo Civico di Siena è famoso l’affresco del 1340 di Ambrogio Lorenzetti Allegoria del Buongoverno, dove è rappresentato il suino della razza Cinta Senese. Nel cor-so del tempo, l’uso delle carni di questa razza si afferma: ne è esempio la citazione di Bartolomeo Benvoglienti nel Trattato de l’origine et accrescimenti de la Città di Siena del 1571, laddove si parla di utilizzo delle carni per la macellazione e la trasformazione in salumi tradizionali del territorio d’origine. L’attività silvo-pastorale di allevamen-to brado di maiali divenne così importante e di rilievo per l’economia del tempo che alla fine del XVII secolo chi non

possedeva boschi, ed era costretto ad affittarli, doveva pagare il ghiandiatico, una tassa per le ghiande raccolte o consumate dal branco, oppure dare la decima porco-rum: la decima parte dei maiali al proprietario del fondo.

GASTRONOMIA Come tutte le carni fresche, anche la Cinta Senese DOP deve essere conservata in frigorifero per un periodo di tempo piuttosto breve, avendo cura di avvolgerla in una pellicola. È inoltre possibile surgelare o congelare il prodotto che, per non perdere le sue caratteristiche distintive, deve essere scongelato lentamente in frigori-fero. La grande versatilità di questa carne la rende ottima cucinata alla griglia o in padella, allo spiedo o al forno. È ideale per la realizzazione di salumi quali il prosciutto, la salsiccia fresca, il buristo e la soppressata, il capocollo, la pancetta o la spalla. Ottimo è il suo abbinamento con i vini rossi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Cinta Senese DOP. È disponibile come carne fresca in differenti tipologie di taglio. È inoltre presente sul mercato come prodotto trasformato (riconoscibile tramite apposito contrassegno), sotto forma di pro-sciutto, capocollo, salame e salsiccia a base di Cinta Senese DOP.

NOTA DISTINTIVA La Cinta Senese DOP ha un alto contenuto di Omega 3 e Omega 6 e il suo lardo è inoltre ricchissimo di acido oleico.

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Consorzio di Tutela della Cinta Senese DOPStrada di Cerchiaia, 41/4 53100 SienaTel. e Fax: +39 0577 389513www.cintasenese.org [email protected]

CINTASENESE DOP

Page 22: Qualiguida2013 parte1

16

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è la car-ne fresca ottenuta da bovini, maschi e femmine, di pura razza Chianina, Marchigiana e Romagnola, definite anche “razze bianche dell’Italia Centrale”, di età compresa fra i 12 ed i 24 mesi.

METODO DI PRODUZIONE Fino al periodo di svezzamento i vitelli devono essere nu-triti esclusivamente con latte materno. L’allevamento degli animali può essere al pascolo o a stabulazione fissa. Suc-cessivamente la base alimentare è costituita da foraggi freschi e/o conservati provenienti da prati naturali, artificiali e coltivazioni erbacee tipiche della zona geografica indica-ta; in aggiunta è permesso l’uso di mangimi concentrati semplici o composti e l’addizione con integratori minerali e vitaminici. Gli standard nutritivi devono comunque rima-nere alti, con quota proteica compresa tra 13 e 18%, in funzione dello stadio di sviluppo dell’animale. Le modalità di allevamento in questa fase sono la stabulazione libera o a posta fissa. Il processo di macellazione deve avvenire all’interno della zona di produzione.

ASPETTO E SAPORE Le carni di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP sono succulente e nutrienti, di grana fine, caratterizzate da un colore rosso vivo. Hanno consistenza soda ed ela-stica al tempo stesso, con piccole infiltrazioni di grasso bianco che solcano la massa muscolare.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Vitellone Bianco dell’Appenni-no Centrale IGP comprende l’intero territorio delle regio-ni Umbria, Marche, Abruzzo e Molise e l’intero territorio delle province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Ri-mini, nella regione Emilia-Romagna; Benevento e Avelli-no, Caserta limitatamente ad alcuni territori, nella regione Campania; Frosinone, Rieti, Viterbo, parte delle province di Roma e Latina nella regione Lazio; Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Pistoia, Prato, Livorno e Pisa, nella re-gione Toscana.

STORIA Le origini del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP risalgono all’epoca preromana. Già gli Etruschi infatti era-no dediti all’allevamento di razze bovine con caratteristi-che comuni a quelle attuali nelle aree dell’Appennino. Le razze odierne sono frutto di incroci e selezioni che hanno trasformato e migliorato nel tempo il Bos taurus primige-nius. In particolare, la Romagnola, diffusa soprattutto in Romagna, è stata selezionata da antichi animali allevati dalle popolazioni barbare nel VI-VII secolo d.C. La Marchi-giana è invece il risultato dell’incrocio tra la Romagnola e la

Chianina, realizzato nel XIX secolo ad opera degli allevato-ri marchigiani e diffusa specialmente nelle regioni centro-meridionali e in Campania.

GASTRONOMIA La carne del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP va conservata in frigorifero per non più di due giorni, aven-do cura di avvolgerla con la pellicola. È ottima cucinata alla griglia o in padella, allo spiedo o al forno, ma anche come spezzatino o bollita. Questa carne è solitamente abbina-ta a vini rossi corposi. Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è conosciuta soprattutto nel taglio “bistecca alla fiorentina”. È inoltre possibile surgelare o congelare il prodotto, che, per conservare le sue caratteristiche di-stintive, deve essere scongelato lentamente in frigorifero.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno come Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP nelle tipolo-gie: Marchigiana, Chianina, Romagnola. Può essere ven-duto al taglio o confezionato in idonei contenitori sigillati. È commercializzato in 18 differenti tagli: muscolo posteriore, campanello, girello, sottofesa, noce, fesa, scamone, lom-bata, costata, pancia, petto, sottospalla, reale, collo, mu-scolo anteriore, girello di spalla, polpa di spalla, copertina.

NOTA DISTINTIVA La combinazione di patrimonio genetico, tipo di alleva-mento e ambiente climatico fa sì che la carne del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP non presenti fenome-ni di rapido scurimento all’esposizione all’aria e che abbia un’alto contenuto di ferro.

VITELLONE BIANCODELL’APPENNINO CENTRALE IGP

3a Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria Soc. Cons. A R. L.Fraz. Pantalla - 06059 Todi (PG)Tel: +39 075 89571 www.parco3a.org [email protected]

Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino CentraleVia B. Simonucci, 306135 Ponte S. Giovanni (PG)Tel: +39 075 6079257 www.vitellonebianco.it [email protected]

Page 23: Qualiguida2013 parte1

17

PRODOTTI A BASE DI CARNECLASSE 1.2

Page 24: Qualiguida2013 parte1

18

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Bresaola della Valtellina IGP è un prodotto di salumeria ottenuto esclusivamente con la carne salata e stagionata delle cosce di bovino di età compresa tra i 18 mesi e i quattro anni. Può essere prodotta nelle varietà: Fesa, Punta d’anca, Sottofesa, Magatello e Sottosso.

METODO DI PRODUZIONE Prima della salagione la carne viene selezionata a vista e rifilata. La salagione è effettuata a secco, dove la car-ne è cosparsa con sale e aromi naturali. La carne viene fatta riposare in salamoia per almeno 10 giorni. Durante questo periodo vengono effettuate operazioni di massag-gio per consentire una più rapida e uniforme migrazione del sale all’interno del prodotto. Segue l’insaccamento in un budello naturale o artificiale. L’insaccato così ottenuto viene fatto asciugare in apposite celle. La stagionatura avviene a temperatura compresa tra i 12 e i 18°C, in con-dizioni ambientali tali da determinare una lenta e graduale riduzione di umidità del prodotto, in locali appositamente climatizzati dove sia assicurato un idoneo ricambio d’aria. Sia l’ascigatura che la stagionatura, hanno una durata complessiva compresa tra quattro e otto settimane, in funzione della pezzatura del prodotto e delle richieste del mercato.

ASPETTO E SAPORE La Bresaola della Valtellina IGP è caratterizzata da un co-lore rosso uniforme, con bordo scuro appena accennato per la parte magra e da una piccola venatura di colore bianco per la parte grassa. La sua consistenza è soda ed elastica, il profumo è leggermente aromatico, il gusto gradevole e moderatamente sapido.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Bresaola della Valtellina IGP ricade nell’intero territorio della provincia di Sondrio, nella regione Lombardia.

STORIA Le origini della Bresaola della Valtellina IGP risalgono all’Al-to Medioevo. La tecnica di conservare la carne di manzo, di selvaggina e ovina mediante salatura ed essiccamento, infatti, era diffusa già da quel periodo in tutto l’arco alpino. Il termine Bresaola, in passato brazaola, brisaola o bresa-vola, è di origine molto incerta. Infatti, se il suffisso “saola” può facilmente ricondursi all’utilizzo del sale nella conser-vazione del prodotto, più difficile è individuare un’interpre-tazione unica e condivisa sull’origine del termine nella sua completezza. Secondo una prima interpretazione, l’etimo-logia si può ricercare nella voce germanica brasa (brace), dal momento che anticamente, per riscaldare e deumi-dificare l’aria dei locali di stagionatura, venivano utilizzati

dei braceri, dai quali si sprigionava un fumo aromatico, ottenuto gettando bacche di ginepro e foglie di alloro su carboni ardenti. Secondo un’altra interpretazione invece l’origine del nome è da ricercarsi nel dialettismo brisa, che indica una ghiandola dei bovini fortemente salata.

GASTRONOMIA La Bresaola della Valtellina IGP intera si conserva in luo-ghi freschi ed asciutti, avvolta nell’incarto d’acquisto e va consumata in breve tempo. Per apprezzarne appieno il sapore si consiglia di consumarla in fette sottili. Piatto caratteristico della tradizione locale è la Bresaola della Valtellina IGP “Santa”, accompagnata a riccioli di burro al ginepro e a pane di segale. Molto apprezzato è an-che il carpaccio di Bresaola della Valtellina IGP condito con olio extra vergine di oliva, limone, rucola e scaglie di Parmigiano-Reggiano DOP. Ottimo ingrediente per i primi piatti come il riso con Bresaola della Valtellina IGP e Bitto DOP, sui ravioli e sui tagliolini.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Bresaola del-la Valtellina IGP nelle tipologie: Punta d’anca, Sottofesa, Magatello, Fesa, Sott’osso. Le prime tre tipologie sono le più comuni in commercio. È commercializzato intero, sfu-so o sottovuoto, a pezzi, in tranci o affettato (sottovuoto o in atmosfera protetta).

NOTA DISTINTIVA Un accurato dosaggio degli aromi ed il massaggio della carne in fase di preparazione sono elementi indispensabili per la preparazione della Bresaola della Valtellina IGP.

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

Consorzio per la Tutela del nome Bresaola della ValtellinaVia Trieste, 6623100 SondrioTel: +39 0342 212736 www.bresaoladellavaltellina.it [email protected]

BRESAOLA DELLA VALTELLINA IGP

@Bresaolaigp

Page 25: Qualiguida2013 parte1

19

Consorzio di Tutela dei Salumi di Calabria DOPVia Roberta Lanzino, 33 87100 CosenzaTel: +39 0984 31777 www.consorziosalumidicalabriadop.it

CAPOCOLLO DI CALABRIA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Capocollo di Calabria DOP è un prodotto di salumeria salato e stagionato, preparato utilizzando le carni della parte superiore del lombo di suini appartenenti alle razze tradizionali di taglia grande quali la Calabrese, la Large White e la Landrace Italiana, allevati in Calabria.

METODO DI PRODUZIONE Una volta selezionati e disossati i tagli di carne da 3,5-5,5 kg, si prosegue con la salagione (a secco o in salamoia) utillizando sale da cucina macinato. Questa operazione può durare dai 4 a 10 giorni ed è seguita da lavaggio con acqua, massaggio con aceto di vino e pressatura a tor-chio, con aggiunta di pepe nero in grani. Il prodotto viene quindi avvolto nel budello di suino per poi procedere alla tradizionale legatura manuale con spago naturale e alla foratura dell’involucro; durante questa fase è consenti-to l’utilizzo delle caratteristiche stecche. In seguito il ca-pocollo viene appeso a sgocciolare in locali ben ventilati nei quali si controlla l’umidità relativa e la temperatura. La stagionatura deve protrarsi per almeno 100 giorni dal giorno della salagione e anche questa fase deve avve-nire in ambienti a temperatura e umidità controllate (14-16°C).

ASPETTO E SAPORE Il Capocollo di Calabria DOP ha forma cilindrica, esterna-mente si presenta di colore roseo o rosso più o meno in-tenso, per il pepe nero o peperoncino; al taglio è di colore roseo vivo con striature di grasso proprie del lombo del suino. Il sapore è delicato e si affina con la stagionatura, il profumo è caratteristico e di giusta intensità.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Capocollo di Calabria DOP ri-cade nell’intero territorio della regione Calabria. I suini uti-lizzati per la produzione devono essere nati nelle regioni Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania e allevati nella regione Calabria dall’età massima di quattro mesi, quindi macellati e lavorati in Calabria.

STORIA Le origini della produzione di salumi in Calabria risalgono con tutta probabilità ai tempi della colonizzazione gre-ca delle coste ioniche. Le prime documentazioni certe riguardanti la lavorazione delle carni suine si riscontrano In un testo del 1691, Della Calabria Illustrata, nel quale Padre Giovanni Fiore da Cropani, cita tra le carni salate, quelle trasformate “in Lardi, in Salsicci, in Suppressate, e somiglianti”. Al decennio francese, 1806-1815, risale invece la Statistica Murattiana nella quale viene docu-mentata la “preferenza delle carni porcine salate, che si lavorano in entrambe le Calabrie. Il sale e ’l pepe formano

generalmente presso il popolo i preparativi alla corruzione di questo intingolo ricercato”. Nella terza sezione dedica-ta a “sussistenza e conservazione delle popolazioni” si indica che “la carne porcina è la sola che si sala in cia-scheduno circondario”. La Calabria è rimasta nel tempo una delle poche regioni dove la cultura della lavorazione del maiale è ancora profondamente radicata.

GASTRONOMIA Il Capocollo di Calabria DOP tradizionalmente viene con-servato appeso al soffitto in ambienti freschi ed asciutti, dove può mantenersi anche per 12 mesi. Una volta taglia-to, si conserva in frigorifero, dove si può lasciare per un periodo di tempo più breve. Il salume si consuma a fettine sottili oppure a tocchetti. È tipicamente consumato come antipasto o come spuntino, con il tradizionale pane locale a lievitazione naturale, cotto nel forno a legna. Il gusto, intenso e delicato allo stesso tempo, è esaltato dall’abbi-namento con vini rossi ben strutturati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Ca-pocollo di Calabria DOP. È commercializzato intero, in tranci o affettato, confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Il taglio di carne selezionato per la preparazione del Ca-pocollo di Calabria DOP deve presentare uno strato di grasso di circa 3-4 mm, tale da mantenerlo morbido du-rante le fasi di stagionatura e migliorarne le caratteristiche organolettiche.

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

Page 26: Qualiguida2013 parte1

20

CIAUSCOLO IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Ciauscolo IGP è un prodotto di salumeria insaccato a grana fine, ottenuto dalla doppia macinatura di tagli pregiati di carne suina quali pancetta, spalla e rifilature di prosciutto e lonza. Gli animali appartengono alle razze Large White, Landrace e Duroc.

METODO DI PRODUZIONE La carne, prima della lavorazione, viene conserva-ta all’interno di celle frigorifere per un periodo di 2-10 giorni a partire dalla data di macellazione, in modo tale da raggiungere il giusto grado di morbidezza. I tagli di carne devono essere selezionati e puliti accuratamen-te con l’asportazione delle parti connettivali più grandi ed il grasso in eccesso dalle “carnette”. Vengono quindi aggiunti sale, pepe nero macinato, vino e aglio pesta-to. La carne ottenuta viene tritata in 2-3 fasi, utilizzan-do stampi di diverse dimensioni fino ad arrivare ad una larghezza dei fori di 2-3 mm. La lavorazione della carne con gli aromi e le spezie può essere effettuata a mano o a macchina. L’impasto viene insaccato in un budello na-turale di maiale o di bovino opportunamente dissalato e successivamente legato alle due estremità con spago di canapa. Il prodotto viene quindi sottoposto ad asciuga-tura che porta ad una rapida disidratazione delle frazioni superficiali. Dopo l’asciugatura, il prodotto può essere sottoposto al trattamento di affumicatura. La stagionatu-ra avviene per un minimo di 15 giorni in locali ben areati e con temperature comprese tra gli 8 e i 18°C.

ASPETTO E SAPORE Il Ciauscolo IGP ha forma cilindrica, con diametro di 4,5-10 cm e una lunghezza compresa tra i 15 e 45 cm. Il peso varia da 400 g a 2,5 kg. La consistenza è morbida con tendenza alla spalmabilità. La fetta si presenta omo-genea, di colore rosso-roseo uniforme. Ha un profumo delicato, tipico e speziato con un gusto sapido saporito e delicato, mai acido.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Ciauscolo IGP interessa alcuni comuni delle province di Ancona, Macerata, Ascoli Pice-no e Fermo, nella regione Marche.

STORIA Le origini del Ciauscolo IGP sono da ricercare nella tradi-zione contadina delle Marche, nella quale tutti i prodotti derivanti dalla macellazione del maiale costituivano una riserva di proteine indispensabili per affrontare il lungo inverno e il duro lavoro dei campi. Secondo gli etimologi infatti, la parola “ciauscolo” deriverebbe dal latino ciabu-sculum, cioè piccolo pasto o piccolo cibo da portare con sé in campagna per consumarlo come spuntino tra la

colazione e il pranzo. Tuttavia, per trovare la prima men-zione del prodotto, bisogna aspettare un atto notarile di metà Settecento appartenente al territorio di Visso. Altre attestazioni storiche sono presenti all’interno dei Prez-zi dei generi, documento risalente al 1851 conservato nell’Archivio Notarile del Comune di Camerino, in cui è presente nella lista dei prodotti alimentari.

GASTRONOMIA Il Ciauscolo IGP va conservato a temperature non troppo elevate. Generalmente viene consumato fresco dai 20 ai 30 giorni sino ad un periodo massimo di due mesi dopo la preparazione. La sua consistenza particolarmente morbida e cedevole al tatto rende il prodotto spalma-bile, distinguendolo dagli altri insaccati. È ottimo come spuntino o antipasto spalmato su crostini, fette di pane e bruschette. Si abbina bene ai formaggi e ai vini del territorio di origine.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Ciau-scolo IGP, con eventuale aggiunta della dicitura “Prodot-to della Montagna”. È commercializzato sfuso oppure confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, inte-ro oppure in tranci.

NOTA DISTINTIVA La particolare morbidezza alla base della tipica spalma-bilità del Ciauscolo IGP è il frutto di un insieme di ca-ratteristiche, quali la percentuale di grasso contenuta, la tecnica di macinatura utilizzata e le condizioni di umidità dell’ambiente.

Consorzio di tuteladel Ciauscolo IGPVia Filonzi, 1160131 AnconaTel: +39 0984 6831

Autorità Pubblica di Controllo di Assam Via dell’Industria, 160027 Osimo Stazione (AN)Tel: +39 071 8081www.apcassam.it [email protected]

Page 27: Qualiguida2013 parte1

21

Associazione tra produttori per la tutela della Coppa di ParmaVia al Ponte Caprazucca 6/a43121 ParmaTel: +39 0521 2266

E.CE.P.A. Ente Certificazione Prodotti AgroalimentariStrada dell’Anselma, 5 29122 PiacenzaTel: +39 0523 609662 www.ecepa.it [email protected]

COPPA DI PARMA IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Coppa di Parma IGP è un prodotto di salumeria otte-nuto dalla porzione muscolare del collo di suini apparte-nenti alle razze, pure o derivate, Large White, Landrace e Duroc Italiana o altre razze ritenute compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Le frazioni muscolari vengono accuratamente mondate, isolate e rifilate. Si procede quindi alla salagione, manuale o meccanica tramite zangolatura, una sorta di massag-gio della carne a base di sale, aromi naturali, pepe e/o eventuali altre spezie, che si può applicare anche in fasi successive durante il periodo in cui la coppa viene lasciata all’interno delle celle frigorifere (6-10 giorni). Dopo un ulte-riore periodo di riposo (almeno cinque giorni), si prosegue con l’insaccamento. Il prodotto destinato alla vendita in forma intera o in tranci viene insaccato in budello naturale; quello commercializzato previa affettatura viene insacca-to in budello naturale ricostituito assemblando più pezzi anatomici in serie. Una volta insaccata, viene legata con spago in modo da formare delle maglie. La stufatura e l’asciugatura avvengono negli stessi locali, ma con tempi diversi. Per la stagionatura sono necessarie temperature di circa 12-16°C e umidità relativa di 70-87%. La durata minima del processo è di 60 giorni dall’inizio della lavora-zione per le coppe da 2 a 2,6 kg e di 90 giorni per quelle di peso superiore ai 2,6 kg.

ASPETTO E SAPORE La Coppa di Parma IGP ha forma cilindrica, con dimensio-ni variabili da 25 a 40 cm in lunghezza, e peso non inferio-re a 1,3 kg. Al taglio, la fetta è mediamente compatta, non untuosa, rossa nella parte magra e rosea in quella grassa. Al palato, presenta un sapore delicato, con un adeguato grado di sapidità.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Coppa di Parma IGP inte-ressa per intero le province di Parma, Modena, Reggio Emilia, Mantova, Pavia nonché i comuni della fascia del Po facenti parte del territorio amministrativo delle province di Lodi, Milano e Cremona, nelle regioni Emilia-Romagna e Lombardia.

STORIA I riferimenti e le citazioni che attestano il consumo della Coppa di Parma sono numerose e si riscontrano già a partire dal XVII secolo; si possono citare ad esempio i do-cumenti in cui si parla del prodotto utilizzando il termine “bondiola” o “salame investito”, ovvero insaccato. Nelle memorie di alcuni viaggiatori del 1700 si trova già citata come tipicità gastronomica del luogo. Da un inventario del

1723 si evince come, per poter entrare a far parte della corporazione dei lardaroli, fosse necessario possedere un certo numero di salami e bondiole, a conferma del valore del prodotto. Allo stesso periodo risalgono i contratti per la somministrazione dei generi alimentari delle Cucine Re-ali, in cui compare abitualmente la richiesta di bondiole, in quanto particolarmente apprezzate anche alla corte del Duca Don Ferdinando Borbone. A partire dal 1800 si trova testimonianza anche dell’aumento della vendita della cop-pa di Parma nei mercati della zona. GASTRONOMIA La Coppa di Parma IGP si conserva in luogo fresco e umido, come può essere una cantina. Una volta aperta è necessario riporla in frigorifero avvolta in un panno in co-tone inumidito. Viene proposta come antipasto o secondo piatto, abbinandola con del pane, crostini caldi e paté di verdure. La caratteristica morbidezza delle sue fette rende il prodotto ingrediente ideale per la preparazione di torte salate e pizze ripiene.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Coppa di Parma IGP. Viene commercializzata intera, sfusa, op-pure in tranci e affettata, sottovuoto o in atmosfera pro-tettiva.

NOTA DISTINTIVA La Coppa di Parma IGP, grazie ad un periodo di stagiona-tura relativamente breve, si caratterizza per la consistenza morbida e per la sapidità non troppo pronunciata, che la-scia percepire appieno il gusto tipico della carne di suino.

Page 28: Qualiguida2013 parte1

22

COPPAPIACENTINA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Coppa Piacentina DOP è un prodotto di salumeria, insaccato e stagionato, ottenuto dai muscoli del collo di suini appartenenti alle razze Large White, Landrace Ita-liana e Duroc.

METODO DI PRODUZIONE L’isolamento del muscolo cervicale deve essere effettuato subito dopo la macellazione. Il trasporto allo stabilimento di trasformazione deve avvenire entro le 72 ore successi-ve con mezzi refrigeranti, per poi procedere con la rifilatu-ra e spremitura dei vasi sanguigni. La materia prima viene massaggiata con una miscela di sale e spezie durante la fase della salagione a secco e riposta in un ambiente freddo per almeno sette giorni. Il prodotto viene poi av-volto con diaframma parietale suino, legato con lo spago, sottoposto a foratura e messo ad asciugare all’interno di appositi essiccatoi a temperatura variabile tra 15 e 25°C. Infine, si passa alla fase di stagionatura, che avviene in ambienti con temperatura compresa tra 10 e 20°C ed una umidità relativa tra il 70 e 90%. La stagionatura si protrae per un periodo minimo di sei mesi dalla salatura e può comprendere anche periodi in locali seminterrati (cantine), purché controllati.

ASPETTO E SAPORE La Coppa Piacentina DOP ha forma cilindrica con le estremità leggermente più sottili e consistenza compatta, non elastica. Al taglio, le fette si presentano omogenee, di colore rosso vivo alternato al bianco rosato delle parti grasse. Il gusto è dolce e delicato che si affina proceden-do con la maturazione.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione ed elaborazione della Coppa Pia-centina DOP comprende l’intero territorio della provincia di Piacenza, nella regione Emilia-Romagna. I suini utiliz-zati per la produzione devono essere nati, allevati e ma-cellati nelle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna.

STORIA Le prime tracce degli allevamenti di maiali nella zona di produzione della Coppa Piacentina DOP si possono far risalire ad un millennio prima dell’era cristiana. In segui-to, si ritrovano testimonianze anche nella civiltà romana, attraverso reperti archeologici come un ciondolo-amuleto bronzeo, in cui è rappresentato un piccolo maiale. Raf-figurazioni di questo animale sono presenti all’interno dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio, in Val Trebbia, dove si può ammirare un mosaico, databile al XII seco-lo, che rappresenta il “sacro” rito della macellazione del maiale. All’inizio del XV secolo, i negozianti di Milano e della Lombardia già distinguevano i salumi piacentini da

quelli provenienti da altre località della pianura padana qualificandoli come “roba de Piasenza”. Successivamen-te, nei primi decenni del Settecento, i salumi piacentini riuscirono a farsi apprezzare anche negli ambienti elitari di Francia e Spagna, per merito dell’abile diplomatico pia-centino, il cardinale Giulio Alberoni.

GASTRONOMIA Per conservare al meglio la Coppa Piacentina DOP si consiglia di rimuovere il budello esterno, avvolgerla in un canovaccio leggermente inumidito e mantenerla in frigori-fero. È buona norma procedere al taglio quando è ancora fredda, per ottenere una fetta compatta, ma è preferibile consumarla a temperatura di almeno 10°C, in modo da apprezzarne appieno gli aromi. Ottima come antipasto – in abbinamento ad altri salumi e formaggi, oppure acco-stata a burro e melone – può essere protagonista anche di gustosi primi e secondi piatti. Il “risotto alla Coppa Pia-centina DOP”, le crespelle gratinate oppure i timballi, ne sono un esempio. Si sposa perfettamente con i vini DOP dei Colli Piacentini.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Coppa Piacentina DOP. È commercializzato sfuso, ovvero con-fezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, in tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA Durante il processo di stagionatura, la carica microbica della Coppa Piacentina DOP viene naturalmente limitata per effetto della lenta maturazione.

Consorzio Salumi DOP PiacentiniVia C. Colombo, 35 29122 Piacenza Tel: +39 0523 591260www.salumitipicipiacentini.it [email protected]

E.CE.P.A. Ente Certificazione Prodotti AgroalimentariStrada dell’Anselma, 5 29122 PiacenzaTel: +39 0523 609662 www.ecepa.it [email protected]

Page 29: Qualiguida2013 parte1

23

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Cotechino Modena IGP è un prodotto di salumeria pre-parato con una miscela di carni suine insaccata in un budello.

METODO DI PRODUZIONE La miscela delle carni si ottiene dalle parti di spalla, col-lo, garretto e guancia del maiale condite con sale, pepe, chiodi di garofano e cannella, insaccata poi nel budello. La preparazione del Cotechino Modena IGP deve esse-re effettuata con la macinatura in tritacarne con stampi con fori di diametro tra 7 e 10 mm per le frazioni mu-scolari e tra 3 e 5 mm per la cotenna. Tale operazione può essere preceduta da un’eventuale sgrossatura. Tutti i componenti vengono impastati in macchine sottovuoto o a pressione atmosferica. L’impasto così ottenuto deve essere insaccato in budello naturale o artificiale. Quando è commercializzato fresco, il prodotto deve essere sotto-posto ad asciugamento in stufa ad aria calda. Se com-mercializzato cotto, può essere sottoposto a precottura generalmente in acqua.

ASPETTO E SAPORE Il Cotechino Modena IGP ha forma cilindrica, deve essere facilmente affettabile e tenere la fetta. Al taglio le fette si devono presentare compatte, a grana uniforme, di colore roseo caratterizzato da parti tendenti al rosso. Il gusto è caratteristico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Cotechino Modena IGP in-teressa tutta la regione Emilia-Romagna; le province di Cremona, Lodi, Pavia, Milano, Monza e Brianza, Varese, Como, Lecco, Bergamo, Brescia, Mantova, nella regione Lombardia; le province di Verona e Rovigo, nella regione Veneto.

STORIA La nascita del Cotechino Modena IGP si fa risalire al 1511, a seguito della necessità da parte degli abitanti di Mirandola, assediati dall’esercito di Papa Giulio II della Rovere, di trovare una tecnica per conservare la carne di maiale. I cittadini decisero di macellare i maiali per sot-trarli al saccheggio e di insaccare la carne nel budello, dando così vita al cotechino. Il prodotto che ne derivò ebbe grande successo e si diffuse nei mercati limitrofi a partire dal XVIII secolo grazie anche all’aumento della produzione delle antiche botteghe salumiere, la Frigeri e la Bellentani.

GASTRONOMIA Il Cotechino Modena IGP fresco va conservato in frigori-fero, mentre quello cotto, essendo confezionato in con-

tenitori ermetici e sottoposto a trattamento termico in confezione chiusa e sigillata, si conserva a temperatura ambiente per un tempo più lungo. Il Cotechino Modena IGP fresco va sottoposto a prolungata cottura prima di essere consumato, quello precotto necessita invece di un tempo di cottura molto più breve, in genere variabile fra i 15 e i 20 minuti. Questo prodotto è tradizionalmen-te presente sulle tavole durante le festività natalizie ed a Capodanno. Viene servito a fette abbastanza spesse in abbinamento a lenticchie, fagioli in umido, ma anche purè di patate o spinaci al burro e Parmigiano-Reggiano DOP. Si fa apprezzare anche con le verdure della stagione in-vernale, quali il cavolo o la verza. Ideale l’accostamento a vini rossi frizzanti, come i Lambruschi DOP di Modena.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Cote-chino Modena IGP. È commercializzato fresco, sia sfuso che confezionato; oppure cotto, confezionato in imbal-laggi ermetici idonei. In entrambi i casi è venduto intero, con un peso che varia dai 400 ai 600 g. L’eventuale pre-senza anche del marchio consortile indica che l’azienda di produzione aderisce al Consorzio di tutela, che rappre-senta una ulteriore fonte di garanzia.

NOTA DISTINTIVA Ottenuto dalla lavorazione delle parti nobili del suino, il Co-techino Modena IGP è un alimento antico ma possiede proprietà nutrizionali in linea con le esigenze moderne: ric-co di proteine nobili, vitamine del gruppo B e minerali (so-prattutto ferro e zinco), è inoltre meno calorico di quanto si pensi, poiché parte del grasso si disperde in cottura.

Consorzio Zampone Modena Cotechino ModenaStrada 4 , pal. Q8 20089 Milanofiori Rozzano (MI)Tel: +39 02 8925901 www.modenaigp.it [email protected]

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

COTECHINOMODENA IGP

Page 30: Qualiguida2013 parte1

24

CRUDO DI CUNEO DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Crudo di Cuneo DOP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavorazione di cosce fresche di suini appartenenti alle razze Large White italiana, Lan-drace italiana e Duroc italiana.

METODO DI PRODUZIONE Le cosce suine fresche sono ottenute da animali alimentati con materie prime prodotte prevalentemente nella stessa area di produzione del Crudo di Cuneo DOP. La macella-zione avviene non prima che gli animali abbiano raggiunto gli otto mesi di età. Le cosce fresche vengono isolate dalle mezzene e sono avviate alla lavorazione dopo apposito raffreddamento, non prima delle 24 ore e non dopo del-le 120 ore dalla macellazione. Vengono private del piede e rifilate per essere refrigerate al fine di raggiungere una temperatura compresa tra -1 e 3°C. La salagione avviene a secco e dura almeno due settimane prima che le cosce vengano fatte riposare per almeno 50 giorni in locali idonei ad un adeguato asciugamento. Dopo la toelettatura per la rimozione di eventuali asperità, segue la stagionatura che si protrae per almeno 10 mesi dall’inizio della salagione. Durante tale periodo, il Crudo di Cuneo DOP è sottoposto a sugnatura, ovvero alla copertura della superficie mu-scolare con un impasto formato da sugna, sale e farina di riso o di frumento. La sugnatura può essere eseguita o in un’unica soluzione fra il quinto e il settimo mese di lavorazione, oppure a più riprese, fra il quarto e l’ottavo mese. Prima di essere immesso al consumo, il Crudo di Cuneo DOP è marchiato a fuoco sui due lati maggiori della coscia.

ASPETTO E SAPORE Il prosciutto Crudo di Cuneo DOP ha forma tondeggiante, priva del piede e con anchetta; a fine stagionatura ha un peso tra 7 e 10 kg. Al taglio la fetta si presenta di colo-re rosso uniforme nella parte magra e di colore bianco in quella grassa. La consistenza è morbida e compatta, l’aroma dolce e fragrante. ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Crudo di Cuneo DOP compren-de la provincia di Cuneo, la provincia di Asti e 54 comuni della provincia di Torino, nella regione Piemonte. I suini utilizzati per la produzione devono essere nati, allevati e macellati nel territorio delle suddette province. STORIA L’attività di allevamento dei suini e la pratica di lavorazio-ne delle carni derivate da questi animali ha origini antiche nell’area attualmente individuata come esclusiva di produ-zione del Crudo di Cuneo DOP. Le origini della lavorazione delle cosce dei suini nel territorio di produzione risalgono

almeno al XVII secolo, come testimonia uno scritto del 1618 in cui si fa riferimento al lavoro dei norcini piemonte-si. Dopo la seconda metà del XIX secolo il prosciutto della pianura cuneese assume un’importanza sempre maggio-re, allorchè la nuova borghesia eleva il prosciutto e la sua lavorazione a vera e propria arte, e la nobiltà e il clero, legati alla tradizione, esigono ricette personalizzate dai maestri salumieri fondatori dei primi salumifici artigianali. GASTRONOMIA È preferibile affettare il Crudo di Cuneo DOP poco prima di consumarlo e proteggerlo con carta alimentare, perché l’aria e la luce tendono ad asciugarne la superficie provo-cando la perdita di alcune caratteristiche organolettiche. È ottimo come antipasto o secondo, gustato da solo o ac-compagnato ad altri salumi e formaggi del luogo. È consi-gliato anche l’abbinamento con il melone e con i fichi, che ne esaltano il sapore. COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Crudo di Cuneo DOP. È commercializzato intero, a tranci o affet-tato, sfuso oppure confezionato sottovuoto. NOTA DISTINTIVA Il Crudo di Cuneo DOP si caratterizza per un’ottimale co-pertura di grasso garantita dal fatto che gli animali sono sostanzialmente stanziali. Gli spostamenti potrebbero infatti causare ammaccature e formazioni di ematomi e venature, che andrebbero a compromettere i requisiti di lavorazione delle cosce.

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

Consorzio di Promozione e Tutela del Prosciutto di Cuneo Corso Dante, 51 12100 CuneoTel.: +39 0171942008 Fax.: +39 [email protected]

Page 31: Qualiguida2013 parte1

25

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Culatello di Zibello DOP è un prodotto di salumeria in-saccato crudo e stagionato, imbrigliato in una rete di spa-go a maglie larghe, ottenuto dalle cosce di suini apparte-nenti alle razze Large White, Landrace Italiana e Duroc, in purezza o derivate.

METODO DI PRODUZIONE Il Culatello di Zibello DOP è costituito dai fasci muscolari più pregiati della coscia disossata del suino. La massa muscolare viene salata manualmente a secco. L’opera-zione di salagione ha una durata che varia da uno a sei giorni. Per l’insaccatura si utilizzano vesciche urinarie su-ine o budelli naturali suini. Successivamente viene legato a mano con diversi giri di spago. Prima della stagionatura si procede a una ulteriore sgocciolatura per circa una set-timana e poi all’asciugatura che può variare da 30 a 60 giorni. La fase di stagionatura del prodotto deve essere condotta in locali ove sia assicurato un sufficiente ricam-bio di aria e temperatura compresa tra 13 e 17°C, per una durata superiore ai 10 mesi.

ASPETTO E SAPORE Il Culatello di Zibello DOP ha una forma a pera e un peso di 3-5 kg. Al taglio la fetta ha un colore rosso uniforme ed il grasso compreso tra i diversi fasci muscolari è di colore bianco. Il profumo è intenso e caratteristico, il gusto è dolce e delicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di elaborazione del Culatello di Zibello DOP in-teressa i comuni di Polesine, Busseto, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo Parmense, Sissa e Colorno, in provincia di Parma, nella regione Emilia-Romagna. I suini utilizzati per la produzione del Culatello devono pro-venire rigorosamente da allevamenti situati nelle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna.

STORIA Il Culatello di Zibello DOP affonda le sue radici storiche nella memoria della cultura contadina. Si narra che già nel 1332, al banchetto di nozze di Andrea dei Conti Rossi e Giovanna dei Conti Sanvitale, venissero recati in dono agli sposi “apprezzati culatelli”. La prima citazione ufficia-le risale al 1735, in un documento del Comune di Par-ma. In quel secolo il culatello costituiva probabilmente un dono regale: il pegno che i sudditi fedeli facevano ai loro signori. Del resto questo omaggio potrebbe essere carico anche di significato simbolico: uno scambio di “in-vestiture”. Il culatello infatti viene “investito”, ricoperto e strettamente legato nella sua vescica o in budello suino. I primi riferimenti letterari risalgono invece all’Ottocento, ad opera del poeta dialettale parmigiano Giuseppe Calle-

gari, che in una sua novella cita due specialità parmensi fra quelle “ammannite in Paradiso: la bomba di riso e il culatello”, nonché dello scultore Renato Brozzi, il quale scambiava opinioni sul culatello con il grande poeta Ga-briele D’Annunzio.

GASTRONOMIA Il Culatello di Zibello DOP si conserva spalmando la parte tagliata con un filo d’olio d’oliva e di burro e poi avvolgen-do l’intero salume con un strofinaccio di lino, avendo cura di tenerlo in luogo fresco, ma non in frigorifero. Prima di procedere all’affettatura, occorre toglierlo dal canovaccio e, con l’aiuto di un coltello affilato, eliminare le impurità esterne, quindi affettare sottilmente. Una volta tagliato, è consigliabile consumare il prodotto in tempi brevi, per as-saporarne appieno le proprietà organolettiche. Il Culatello di Zibello DOP è ottimo servito con il pane caratteristico della zona e burro, abbinato ad un vino frizzante secco non troppo aromatico.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Cula-tello di Zibello DOP. È commercializzato intero, a tranci o affettato al banco.

NOTA DISTINTIVA Il Culatello di Zibello DOP è parte del patrimonio gastro-nomico e culturale della zona di produzione, territorio adagiato lungo il fiume Po, le cui caratteristiche clima-tiche influenzano in modo determinante la maturazione del prodotto, determinandone le inconfondibili proprietà organolettiche.

Consorzio di Tutela del Culatello di ZibelloP.zza Garibaldi 34 43010 Zibello (PR)Tel: +39 0524 99131 www.consorziodituteladelculatellodizibello.com

Istituto Parma QualitàVia Roma, 82 b/c 43013 Langhirano (PR) Tel: +39 0521 864077Fax: +39 0521 864645www.parmaqualita.it

CULATELLO DI ZIBELLO DOP

Page 32: Qualiguida2013 parte1

26

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Lardo di Colonnata IGP è un prodotto di salumeria ot-tenuto dal grasso del dorso di suini selezionati, salato e fatto maturare all’interno di conche di marmo.

METODO DI PRODUZIONE La lavorazione è stagionale e si svolge da settembre a maggio compresi, di ogni anno. La stagionatura avvie-ne in modo tradizionale, in conche ricavate da blocchi di marmo provenienti dal bacino marmifero dei Canalo-ni, a Colonnata (Massa Carrara). Ciascuna conca viene preventivamente strofinata all’interno con aglio e quindi riempita con strati alternati di lardo e una miscela costitu-ita da sale marino naturale, pepe nero macinato, rosma-rino fresco e aglio fresco sbucciato e spezzettato (a cui possono essere aggiunte anche altre spezie). I recipienti vengono poi chiusi con una lastra di marmo o altro ma-teriale idoneo. Gli ingredienti sono lasciati risposare per un periodo minimo di sei mesi, all’interno di locali poco areati, nei quali l’umidità dipende solo da fattori naturali. Durante questa fase deve essere verificata la consistenza della cosidetta “salamora”, che è il liquido rilasciato dal lardo in seguito al prolungato contatto con il sale.

ASPETTO E SAPORE Il Lardo di Colonnata IGP è di forma variabile, indicativa-mente rettangolare con uno spessore di circa 3 cm; la parte inferiore è coperta dalla cotenna, quella superiore da sale, erbe e spezie. L’interno può presentare una ve-natura di magro. La consistenza è omogenea e morbi-da; il colore è bianco, leggermente rosato o vagamente brunito. Il profumo è ricco di aromi; il sapore è delicato e fresco, arricchito dalle erbe aromatiche e dalle spezie che lo ricoprono.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Lardo di Colonnata IGP è rap-presentata da Colonnata, frazione del comune di Carrara, in provincia di Massa Carrara, nella regione Toscana. Gli allevamenti dei suini destinati alla produzione del Lardo di Colonnata IGP devono essere situati nelle regioni Tosca-na, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lom-bardia, Piemonte, Umbria, Marche, Lazio e Molise.

STORIA Le origini del Lardo di Colonnata IGP risalgono probabil-mente all’epoca romana. Non esiste tuttavia per questo prodotto una storia chiaramente documentata, ma solo ipotesi e leggende. Secondo una di queste, Michelange-lo, quando saliva a Colonnata per scegliere di persona i blocchi di marmo statuario, faceva incetta di lardo. Tutta-via, esistono diversi elementi che ne comprovano l’origi-ne: riferimenti religiosi o culturali, come lo svolgimento di

una tradizionale sagra del lardo; riferimenti gastronomici, quali le numerose attestazioni nel tempo della bontà del prodotto; riferimenti sociali ed economici, quali la presen-za di produttori che da anni effettuano questo tipo di pro-duzione con metodi tradizionali.

GASTRONOMIA Il Lardo di Colonnata IGP va riposto in cantina o in un luogo fresco. In alternativa, è possibile conservarlo in fri-gorifero. Dopo il taglio, è buona abitudine ripiegare la “lin-gua” della cotenna avanzata sul corpo del lardo e lascia-re il pezzo di lardo ricoperto dal suo sale; quindi si può avvolgere in un panno leggermente inumidito. L’ideale è consumare il Lardo di Colonnata IGP al naturale, tagliato a fette sottili, in abbinamento a pane abbrustolito, oppure come piatto a sé o con abbinamenti anche inusuali, ad esempio con i crostacei. Ottimo se accompagnato a vini strutturati, come la Vernaccia di San Gimignano.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Lardo di Colonnata IGP. È commercializzato in tranci, affettato o macinato e può essere confezionato sottovuoto o in altri idonei imballaggi.

NOTA DISTINTIVA Il territorio di produzione del Lardo di Colonnata IGP è caratterizzato da un’accentuata umidità, da miti tempe-rature estive e limitate escursioni termiche giornaliere ed annuali che, nell’insieme, generano un microclima esclu-sivo, particolarmente adatto alla lavorazione e conserva-zione naturale del prodotto.

Associazione di Tutela del Lardo di ColonnataVia Palestro, 3 54030 Carrara (MS)Tel: +39 0585 768069Fax: +39 0585 [email protected]

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

LARDO DI COLONNATA IGP

Page 33: Qualiguida2013 parte1

27

Consorzio Mortadella Bologna Milanofiori - Strada 4 , pal. Q8 20089 Rozzano (MI)Tel: +39 02 8925901 www.mortadellabologna.com [email protected]

MORTADELLA BOLOGNA IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Mortadella Bologna IGP è un prodotto di salumeria appartenente alla categoria degli insaccati cotti, prepara-to con una miscela di carni di suino.

METODO DI PRODUZIONE La prima fase della lavorazione consiste nella selezione delle carni di suino provenienti dalla muscolatura striata e del grasso di alta qualità; quest’ultimo, ricavato principal-mente dal grasso di gola, costituisce i cosiddetti “lardelli”. Le componenti carnee, dopo la sgrossatura, vengono opportunamente triturate negli impianti di triturazione. Per la preparazione dei lardelli, il grasso è cubettato, scal-dato, lavato in acqua e sgocciolato. Dopo l’impastatura in macchine sottovuoto, il prodotto viene insaccato e legato in involucri naturali o sintetici. La fase più delicata è quella della cottura, che avviene in stufe ad aria secca, fino al raggiungimento di una temperatura minima, a cuore del prodotto, di 70°C. Subito dopo si procede rapidamente con il raffreddamento fino a quando la temperatura all’in-terno del prodotto scenda al di sotto di 10°C.

ASPETTO E SAPORE La Mortadella Bologna IGP ha una forma cilindrica o ova-le. Il colore è rosa e il profumo leggermente speziato ed intenso, che la rendono unica tra i prodotti della salume-ria. Al taglio la superficie è vellutata, la fetta deve presen-tare quadrettature bianco-perlacee di tessuto adiposo, il gusto è delicato, senza tracce di affumicatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione e di elaborazione della Mortadella Bologna IGP comprende le regioni Emilia-Romagna, Pie-monte, Lombardia, Veneto, Toscana, Marche, e Lazio, la provincia di Trento, nella regione Trentino-Alto Adige.

STORIA Le origini della Mortadella Bologna IGP risalgono proba-bilmente all’epoca etrusca, ipotesi sostanziata dalla pre-senza di altre tipologie di mortadella, pur diverse dalla Mortadella Bologna, nei territori un tempo abitati dagli etruschi. La denominazione potrebbe derivare dai ter-mini latini murtatum, ovvero carne tritata nel mortaio, o myrtatum, cioè insaccato di carne condita con bacche di mirto. A sostegno dell’origine latina del nome si può citare una stele di epoca romana imperiale conservata nel Museo Archeologico di Bologna, nella quale sono raf-figurati da una parte sette maialetti condotti al pascolo e dall’altra un mortaio con pestello. Del legame con la città di Bologna si trova testimonianza già nel Quattrocento, quando i Visconti di Milano offrivano volentieri ogni anno un bue grasso alla città, per averne in cambio fragranti mortadelle. Bologna d’altro canto si faceva garante della

qualità di questo prodotto e, nel 1661, il cardinale Far-nese emise un bando che codificava la produzione della mortadella fornendo uno dei primi esempi di disciplinare simile a quelli attuali dei marchi DOP e IGP. La fabbrica-zione e l’applicazione dei previsti sigilli di garanzia erano di competenza della Corporazione dei Salaroli, una della più antiche di Bologna, che già nel 1376 aveva per stem-ma un mortaio con pestello.

GASTRONOMIA La Mortadella Bologna IGP va conservata in luoghi freschi, con il giusto livello di umidità, per mantenerne intatto il livello qualitativo. Una volta avviata, è preferibile ricoprire il taglio con pellicola alimentare trasparente che assicuri il mantenimento delle caratteristiche migliori del prodotto. Se affettata va consumata entro pochi giorni. Si può ta-gliare a fettine sottili o a cubetti. Ottima con il pane tradi-zionale caldo, come condimento per le paste e per le torte salate oppure come ingrediente per le insalate.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Mor-tadella Bologna IGP. È commercializzato sfuso, confezio-nato sottovuoto, in atmosfera modificata, intero, a tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA Il sapore della Mortadella Bologna IGP, pieno ed equili-brato, è dovuto all’utilizzo dei tagli nobili del suino, anche per quanto riguarda la parte grassa: viene infatti scelto solo il grasso di gola, il più pregiato tra i tessuti adiposi, che conferisce al prodotto maggiore dolcezza.

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 34: Qualiguida2013 parte1

28

Consorzio di Tutela dei Salumi di Calabria DOPVia Roberta Lanzino, 33 87100 CosenzaTel: +39 0984 31777 www.consorziosalumidicalabriadop.it

PANCETTADI CALABRIA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pancetta di Calabria DOP è un prodotto di salumeria, salato e stagionato, ottenuto dal sottocostato inferiore di suini appartenenti alle razze tradizionali di taglia gran-de quali la Calabrese o la Large White e la Landrace Italiana.

METODO DI PRODUZIONE La pancetta con cotenna, di peso variabile da 3 a 4 kg, viene tagliata a forma rettangolare e deve avere uno spessore compreso tra 3 e 6 cm. Si prosegue con la salagione, che avviene a secco e ha una durata variabile di 4-11 giorni. Viene poi lavata con acqua e bagnata con aceto di vino. La parte superficiale può essere ricoperta con polvere di peperoncino, per la cosiddetta “impepa-tura”. Si fa quindi stagionare per un periodo non inferiore a 30 giorni, in locali con umidità relativa e temperatura controllata. Nei casi in cui non venga commercializzato intero, il prodotto viene porzionato o affettato. Tali ope-razioni devono avvenire esclusivamente nella zona di produzione.

ASPETTO E SAPORE La Pancetta di Calabria DOP, con la cotenna, ha uno spessore compreso tra i 3 e i 5 cm. Esternamente può essere caratterizzata da un colore rosso marcato, dovuto alla polvere di peperoncino. Al taglio si presenta di colore roseo, con striature sottili alternate di magro e di grasso. Il profumo è intenso, naturale, con buona sapidità.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pancetta di Calabria DOP ricade nell’intero territorio della regione Calabria. I suini utilizzati per la produzione devono essere nati nel ter-ritorio delle regioni Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania, e allevati nella regione Calabria, dall’età mas-sima di quattro mesi, quindi devono essere macellati e lavorati in Calabria.

STORIA Le origini della produzione di salumi in Calabria risalgono con tutta probabilità ai tempi della colonizzazione greca delle coste ioniche. Le prime documentazioni certe ri-guardanti la lavorazione delle carni suine si riscontrano In un testo del 1691, Della Calabria Illustrata, nel quale Padre Giovanni Fiore da Cropani, cita tra le carni sala-te, quelle trasformate “in Lardi, in Salsicci, in Suppres-sate, e somiglianti”. Al decennio francese, 1806-1815, risale invece la Statistica Murattiana nella quale viene documentata la “preferenza delle carni porcine salate, che si lavorano in entrambe le Calabrie. Il sale e ’l pepe formano generalmente presso il popolo i preparativi alla corruzione di questo intingolo ricercato”. Nella terza se-

zione dedicata a “sussistenza e conservazione delle po-polazioni” si indica che “la carne porcina è la sola che si sala in ciascheduno circondario”. La Calabria è rimasta nel tempo una delle poche regioni dove la cultura della lavorazione del maiale è ancora profondamente radicata.

GASTRONOMIA Per una conservazione ideale la Pancetta di Calabria DOP va mantenuta in luoghi freschi e asciutti. Questo salume può essere consumato crudo a fette sottili, op-pure cotto. Nella tradizione gastronomica calabrese, vie-ne spesso accompagnato al classico pane salato locale cotto nel forno a legna. La Pancetta di Calabria DOP risulta molto apprezzata in molteplici ricette della tradi-zione regionale o nazionale: trova infatti ampio utilizzo nella preparazione dei soffritti per piatti di pasta classici quali la pasta all’amatriciana e la carbonara, oppure con le fave fresche, con legumi cotti e con la polenta, o anco-ra come ingrediente di alcuni piatti tipici regionali.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pan-cetta di Calabria DOP. È commercializzato intero, a tranci o affettato, confezionato sottovuoto o in atmosfera mo-dificata.

NOTA DISTINTIVA Il clima del territorio di produzione della Pancetta di Ca-labria DOP contribuisce in modo determinante a definire le qualità organolettiche del prodotto: i venti caldi dis-seccanti permettono infatti la graduale stagionatura delle carni anche durante la stagione estiva.

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

Page 35: Qualiguida2013 parte1

29

PANCETTA PIACENTINA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Pancetta Piacentina DOP è un prodotto di salumeria ottenuto dal cosiddetto “pancettone”, il taglio grasso del suino. La carne proviene da animali appartenenti alle raz-ze Large White e Landrace Italiana, Duroc o altre razze compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Dopo aver selezionato il cosiddetto “pancettone”, il pez-zo viene squadrato, rifilato e fatto sostare in cella frigori-fera fino al momento della salatura. La salagione avviene a secco, manualmente, utilizzando una miscela di sale, pepe e spezie. Il prodotto salato viene riposto in frigorife-ro per un periodo minimo di 10 giorni. Dopo la raschiatu-ra, le pancette vengono arrotolate e legate, aggiungendo budello naturale di suino alle estremità scoperte della co-tenna o sulla cucitura laterale, con eventuale aggiunta di carne magra di suino. Si passa quindi prima all’asciuga-tura e poi alla stagionatura, che si protrae per un periodo non inferiore ai tre mesi dalla data di salatura, in ambienti a temperatura compresa tra 10 e 14°C e umidità del 70-90%. Tutta la lavorazione ha luogo in località situate sotto i 900 m di altitudine.

ASPETTO E SAPORE La Pancetta Piacentina DOP ha forma cilindrica e peso da 4 a 8 kg. Al taglio, la fetta si presenta di colore rosso vivo nelle parti magre e bianco rosato nelle parti grasse. La carne ha un profumo gradevole e dolce. Al palato la fetta è morbida, con tendenza a sciogliersi grazie alla presenza delle parti grasse, le quali determinano anche il sapore delicato e spiccatamente dolce, non privo di quella sapi-dità che rende il prodotto particolarmente appetitoso.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Pancetta Piacentina DOP comprende l’intero territorio della provincia di Piacenza, nella regione Emilia-Romagna. I suini utilizzati per la lavo-razione devono essere nati, allevati e macellati nel territo-rio delle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna.

STORIA Le prime tracce degli allevamenti di maiali nella zona di produzione della Pancetta Piacentina DOP si possono far risalire ad un millennio prima dell’era cristiana. In seguito, si ritrovano testimonianze nella civiltà romana, attraverso reperti archeologici come un ciondolo-amuleto bronzeo, raffigurante un piccolo maiale. Questo animale è presente anche all’interno dell’Abbazia di San Colombano a Bob-bio, in Val Trebbia (Piacenza), dove un mosaico del XII se-colo rappresenta il “sacro” rito della macellazione del ma-iale. All’inizio del XV secolo, i negozianti di Milano e della Lombardia già distinguevano i salumi piacentini da quelli

provenienti da altre località della pianura padana qualifi-candoli come “roba de Piasenza”. Successivamente, nei primi decenni del Settecento, i salumi piacentini riusciro-no a farsi apprezzare anche negli ambienti elitari di Fran-cia e Spagna, per merito dell’abile diplomatico piacentino cardinale Giulio Alberoni. A partire dal secolo scorso, la lavorazione locale delle carni comincia ad assumere una connotazione semindustriale, ma nonostante il trascor-rere del tempo ed i progressi della tecnologia, le aziende continuano a produrre con metodi tradizionali, legati alle usanze tramandate di generazione in generazione.

GASTRONOMIA Per conservare al meglio la Pancetta Piacentina DOP si consiglia di mantenerla in frigorifero dopo aver lavato ac-curatamente la cotenna e averla avvolta in un canovaccio leggermente inumidito. Viene consumata tradizionalmen-te cruda, come antipasto, in abbinamento ad altri salumi oppure con fave e pecorino. È comunque ottima anche cotta, come ingrediente di squisite ricette della gastrono-mia italiana.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pan-cetta Piacentina DOP. È commercializzato sfuso, confe-zionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, a tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA La Pancetta Piacentina DOP, a differenza delle altre pan-cette è arrotolata, caratteristica evidente nella fetta che risulta composta da un’alternanza di strati circolari.

Consorzio Salumi DOP PiacentiniVia C. Colombo, 35 29122 Piacenza Tel: +39 0523 591260www.salumitipicipiacentini.it [email protected]

E.CE.P.A. Ente Certificazione Prodotti AgroalimentariStrada dell’Anselma, 5 29122 PiacenzaTel: +39 0523 609662 www.ecepa.it [email protected]

Page 36: Qualiguida2013 parte1

30

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Porchetta di Ariccia IGP si riferisce al prodotto ottenu-to dalla lavorazione del suino intero oppure solo della sua parte centrale (“tronchetto”), che viene cotto e condito. I suini, appartenenti alle razze Landrace, Large White, Pie-train e relativi ibridi, devono essere di sesso femminile.

METODO DI PRODUZIONE Le carcasse vengono disossate manualmente e viene effettuata anche l’asportazione della carne in eccesso, poi utilizzata per salumi e altri tagli. Successivamente si procede alla salatura con sale marino; seguono le fasi di riposo e di massaggio manuale per eliminare l’eventuale sale che non è stato assorbito dalla carne. Si procede quindi alla speziatura con aglio, rosmarino e pepe nero, in polvere o macinato grossolanamente. Prima della cottura la porchetta viene legata con uno spago in modo da man-tenere la compattezza originaria ed è poi fissata a un tubo alimentare o di acciaio inox in modo che il calore si propa-ghi anche all’interno. La cottura dura dalle 3 alle 6 ore, ad una temperatura compresa fra 160 e 280°C. Dopo essere stata sfornata viene posta nei locali di raffreddamento a una temperatura compresa tra i 10 e i 30°C (per 5-15 ore) per eliminare il grasso e i liquidi in eccesso e conferire la giusta consistenza alla crosta, il colore tipico alla carne e una maggiore conservabilità al prodotto.

ASPETTO E SAPORE La Porchetta di Ariccia IGP, di forma cilindrica, è carat-terizzata da una crosta croccante di colore marrone, di consistenza più morbida nella parte inferiore, cioè la zona del sottopancia. La carne è di colore bianco-rosa infram-mezzata dal marrone delle spezie. Al gusto si presenta molto saporita grazie alla presenza di rosmarino, aglio e pepe nero. La porchetta Intera ha un peso finale di 27-45 kg, mentre il Tronchetto pesa 7-13 kg.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Porchetta di Ariccia IGP comprende il comune di Ariccia, in provincia di Roma, nella regione Lazio.

STORIA La porchetta di Ariccia vanta una tradizione millenaria, presumibilmente risalente ad epoche pre-romaniche e alla popolazione dei Latini. Infatti, non solo si attribuisce ad Ariccia l’usanza di offrire le carni suine in sacrificio agli dei, ma si ritiene anche che, grazie alla presenza della nobiltà romana − che era solita trasferirsi ad Ariccia per la stagione estiva o per organizzare battute di caccia − si sia potuta sviluppare quella maestranza artigiana nel preparare la porchetta che continua a tramandarsi nelle famiglie ariccine di padre in figlio. La prima “Sagra della

Porchetta di Ariccia” è stata organizzata nel 1950. Da al-lora ogni anno ad Ariccia si svolge questa manifestazione suggestiva e caratteristica dove viene offerta la porchetta su banchi addobbati a festa da venditori vestiti con gli abiti tradizionali. Testimonianza di ciò è l’Estratto dal Re-gistro degli atti della Giunta Comunale, del 14 settembre 1962, relativo al contributo per la festa della Patrona S. Apollonia e della Sagra della Porchetta, trovato negli ar-chivi del Comune di Ariccia.

GASTRONOMIA Per gustare al meglio la Porchetta di Ariccia IGP è con-sigliato consumarla fresca, appena acquistata. In caso contrario è importante riporla in frigorifero a temperatura compresa tra 2 e 6°C. Nella tradizione romana di solito viene servita come aperitivo in cubetti oppure come se-condo piatto, tagliata a fette e servita fredda. Si presta anche per essere consumata fuori pasto, ad esempio come farcitura di un saporito panino.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Porchetta di Ariccia IGP, nelle tipologie Intera e Tronchetto. Viene commercializzato intero, in tranci oppure affettato, all’in-terno di confezioni per alimenti così come confezionato sottovuoto oppure in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Una delle caratteristiche distintive della Porchetta di Aric-cia IGP è la croccantezza della crosta che rimane inalte-rata anche dopo svariati giorni dalla cottura, impedendo al prodotto di seccarsi internamente.

Associazione per la Promozione della Porchetta di Ariccia IGPVia Diana Aricinia 00040 Ariccia (RM) Tel: +39 06 93492073

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

PORCHETTADI ARICCIA IGP

Page 37: Qualiguida2013 parte1

31

PROSCIUTTO AMATRICIANO IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto Amatriciano IGP è un prodotto di salumeria ottenuto dalla lavorazione delle cosce di suini, allevati e macellati in Italia, appartenenti alle razze tradizionali di base, Large White e Landrace, in purezza o derivate, alla razza Duroc ovvero ad altre razze compatibili con il Libro Genealogico Italiano.

METODO DI PRODUZIONE La lavorazione inizia con l’asportazione del grasso e della cotenna, operazione che dona al prodotto la classica for-ma a “pera”. La salagione è suddivisa in due fasi. Nella pri-ma, le cosce vengono massaggiate, poi sfregate con sale marino sulla cotenna, salate mediante aspersione con cloruro di sodio. La rifinitura avviene sempre manualmente ricoprendo con il sale la zona del pallino. Le cosce salate vengono trasferite in una apposita cella dove rimangono per un periodo variabile tra quattro e sei giorni. Trascorso tale periodo, le cosce sono sottoposte alla seconda fase di salagione, detta “ripasso”, dove il sale residuale viene asportato dalla superficie; vengono ripetuti con le stes-se modalità il massaggio, la sfregatura e l’aspersione del sale. Sono poi nuovamente riposte in cella per un periodo variabile di 8-14 giorni a decorrere dall’inizio della secon-da salatura. Terminata la fase di riposo, le cosce vengo-no quindi lavate e asciugate per poi essere sottoposte a sugnatura, procedimento che consiste nella distribuzione sulla porzione scoperta del prosciutto di un impasto di sugna, lardo, strutto, farina di cereali e spezie. Il prosciutto viene quindi avviato alla stagionatura per un periodo di almeno 12 mesi dalla prima salatura.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto Amatriciano IGP al taglio si presenta di colore variabile dal roseo al rosso vivo, inframmezzato dal bian-co puro del grasso di marezzatura. Il sapore è sapido ma non salato; il profumo intenso risulta dolce e gradevole.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto Amatriciano IGP comprende il territorio amministrativo di 22 comuni della provincia di Rieti, nella regione Lazio, tutti situati al di sot-to dei 1.200 metri s.l.m.

STORIA Le origini della produzione del Prosciutto Amatriciano IGP risalgono al Medioevo, quando questo prodotto, dall’e-levato valore commerciale, veniva utilizzato sia come merce di scambio che come forma di pagamento per le tasse dovute ai feudatari. Nel 1811, nella Statistica del Regno di Napoli, di Gioacchino Murat si fa menzione dell’esistenza di una avviata industria suinicola nella zona di produzione che esportava prosciutti nelle vicine provin-

ce, fino alla città di Napoli. La reputazione del prosciutto amatriciano prosegue anche nel Novecento e se ne parla ancora in un testo di Cesare De Berardinis del 1932, in cui la preparazione del prelibato prodotto si attribuisce alla lavorazione esperta delle donne di Amatrice.

GASTRONOMIA Il Prosciutto Amatriciano IGP deve essere conservato in ambienti freschi e asciutti. Una volta disossato e affettato se ne consiglia la conservazione a temperatura compresa tra -4 e 0°C, anche se per periodi brevi. Il taglio può essere eseguito tanto a mano, con coltello, quanto a macchina, a seconda dei gusti. Nel primo caso si consiglia sempre di non superare il millimetro di spessore per non alterare il gusto del prodotto. Il Prosciutto Amatriciano IGP è ottimo come antipasto o come contorno, da gustare da solo o abbinato con altri salumi tipici e formaggi locali. Si abbina bene con vini bianchi secchi e corposi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto Amatriciano IGP. È commercializzato intero, con osso o disossato, a tranci o affettato all’interno di confe-zioni sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Il Prosciutto Amatriciano IGP vanta una qualità specifica che deriva dalla tradizionale tecnica di rifilatura, eseguita particolarmente alta sulla coscia fresca. Tale operazione, che distingue questo prodotto dagli altri prosciutti stagio-nati meno coperti, si affida alla secolare esperienza matu-rata dai produttori della zona di produzione.

Ass. per la Prom. del RiconoscimentoI.G.P. del Prosciutto AmatricianoVia Salaria Nuova Km. 141,900 - 02011 Accumoli (RI) [email protected]

3a Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria Soc. Cons. A R. L.Fraz. Pantalla - 06059 Todi (PG)Tel: +39 075 89571 www.parco3a.org [email protected]

Page 38: Qualiguida2013 parte1

32

PROSCIUTTO DI CARPEGNA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto di Carpegna DOP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle cosce fresche di suini, di razza Large White Italiana, Landrace Italiana e Duroc Italiana o di altre razze o ibridi compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Dopo la macellazione, le cosce vengono isolate dalla carcassa e sottoposte a refrigerazione per 24 ore, prima della rifilatura tramite “taglio corto classico”. Le carni su-biscono una prima fase di salagione che dura sette gior-ni, al termine della quale viene eliminato il sale in eccesso e si procede alla seconda salagione, che si protrae per non oltre 11 giorni. Dopo un periodo di riposo, le cosce vengono lavate, asciugate, e private del grasso in ec-cesso. Quindi avviene la pre-stagionatura in condizioni ambientali controllate. Caratteristica di questa fase è la tradizionale legatura, mediante corda passata “a stroz-zo” nella parte superiore del gambo. La superficie non coperta dalla cotenna viene protetta con un composto, applicato a mano, costituito da strutto, farina e aromi naturali. I prosciutti vengono successivamente trasferiti in appositi locali di stagionatura, caratterizzati da tempe-rature comprese tra 5 e 20°C. Il periodo della stagiona-tura, dalla salagione alla commercializzazione, dura non meno di 13 mesi.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto di Carpegna DOP ha forma tondeggiante (cosiddetto “addobbo”), tendente al piatto, con peso non inferiore a 8 kg. Al taglio il colore è tendenzialmente rosa salmonato con giusta quantità di grasso solido, di colore bianco rosato. Il gusto è caratteristico, delicato, dolce e fragrante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto di Carpegna DOP interessa il comune di Carpegna, in provincia di Pesaro-Urbino, nella regione Marche. I suini utilizzati per la pro-duzione devono essere nati, allevati e macellati esclusi-vamente nel territorio delle regioni Marche, Lombardia ed Emilia-Romagna.

STORIA La tradizione dell’allevamento dei suini allo stato brado nel territorio di Carpegna risale al XV secolo. Il primo do-cumento storico circa l’usanza di salare carni e prosciutti è l’atto con cui nel 1407 il conte Guidantonio di Urbino ordinò che tutti i lunedì si facesse mercato nel confinante paese di Montecerignone, vietando altresì di vendere al-trove “porci e carni salate”. Le prime testimonianze speci-fiche sulla produzione di prosciutti in quest’area geogra-

fica risalgono al periodo in cui Carpegna era un vicus del vicino municipio romano di Pitinum Pisaurense.

GASTRONOMIA Il Prosciutto di Carpegna DOP disossato si conserva ad una temperatura di 7-10°C, mentre quello con l’osso a 15-20°C. È preferibile affettare il prodotto poco prima di consumarlo, evitando di eliminarne il grasso che ne esalta le caratteristiche organolettiche e proteggerlo con carta alimentare, perché l’aria e la luce tendono ad asciugarne la superficie provocando la perdita di alcune peculiarità. Se tagliato con il coltello, lo spessore della fetta non do-vrebbe superare il millimetro. È ottimo come ingrediente nella preparazione di piatti come il “risotto al Prosciutto di Carpegna DOP”, le crespelle con prosciutto e ricotta, gli involtini al vino bianco e i saltimbocca alla romana. Si abbina bene con vini bianchi secchi, corposi, morbidi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto di Carpegna DOP. È commercializzato intero, di-sossato pressato o disossato “all’addobbo”, a tranci e affettato, sfuso o confezionato sottovuoto oppure in at-mosfera modificata. NOTA DISTINTIVA Trascorsi 400 giorni dall’inizio della lavorazione, il Pro-sciutto di Carpegna DOP stagionato viene sottoposto ad analisi mediante la tecnica della “puntatura” in cui viene testato da tecnici esperti in cinque precisi punti con un ago di osso di cavallo che, essendo molto poroso, trattie-ne per qualche secondo gli aromi della carne.

Consorzio Prosciutto di Carpegnac/o Carpegna ProsciuttiVia Petricci, 2 61021 Carpegna (PU)Tel: +39 0722 77521 www.carpegna.com [email protected]

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 39: Qualiguida2013 parte1

33

PROSCIUTTO DI MODENA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto di Modena DOP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle cosce fresche di suini pesanti appartenenti alle razze tradizionali di base, Large White e Landrace, in purezza o derivate, o alle razze derivate dalla Duroc, o ancora ad altre razze ritenute compatibili.

METODO DI PRODUZIONE Subito dopo la macellazione, le cosce fresche vengono sottoposte a refrigerazione fino al raggiungimento di una temperatura delle carni di 0°C. Si prosegue con l’elimina-zione dell’eccesso di grasso e di parte delle cotenne tra-mite rifilatura, per far acquistare al prosciutto la sua carat-teristica forma “a pera”. Le operazioni di salagione sono ripetute due volte; Dopodiché i prosciutti vengono messi a riposo per 60 giorni in apposite stanze a temperatura ed umidità controllata. In questo modo il sale viene assorbito in maniera omogenea dalla carne. Dopo la fase di riposo, le cosce vengono lavate ed asciugate per essere poi av-viate alla stagionatura, che ha una durata di almeno 14 mesi dopo la salagione. In questo periodo viene effettuata la sugnatura o stuccatura, che consiste nel rivestimento della porzione scoperta del prosciutto con un impasto di strutto, sale, pepe e derivati di cereali.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto di Modena DOP ha un peso minimo pari a 7 kg. Al taglio si presenta di colore rosso vivo. Il sapore è sapido ma non salato, con un profumo gradevole, dolce ma intenso.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto di Modena DOP comprende il territorio di 34 comuni ricadenti nelle pro-vince di Bologna, Modena e Reggio Emilia, nella regione Emilia-Romagna. I suini destinati alla produzione devono essere allevati e macellati nel territorio delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Lazio, Toscana, Piemonte, Veneto, Abruzzo e Molise.

STORIA Le origini del Prosciutto di Modena DOP sono ascrivibili probabilmente all’età del bronzo. Infatti, pare inconfutabi-le che sulle sponde del Panaro, l’allevamento del maiale come animale domestico sia cominciato prima che in ogni altra zona dell’Emilia-Romagna. L’introduzione della pra-tica di conservare le carni salate è attribuibile invece ai Celti e successivamente ai Romani. Con l’esperienza si affermò anche la pratica di ventilare le carni per migliorar-ne il mantenimento e la qualità; il nome “prosciutto” infatti pare derivare dal latino prae exustus che significa “ben asciutto”. In epoche più recenti, tra le carte della Camera

Ducale Estense, si può trovare conservato un elenco di rifornimenti della cucina del cardinale Rinaldo (1670) in cui compare la distinzione tra prosciutto di montagna e pro-sciutto nostrano. A conferma del suo pregio, il prosciutto non consumato non veniva scartato, ma riutilizzato con ricette tramandate fino a noi, come i famosi tortellini.

GASTRONOMIA Il Prosciutto di Modena DOP deve essere conservato in ambienti freschi ed asciutti. Se disossato e porzionato se ne consiglia la conservazione in frigorifero, ma per periodi brevi. L’ideale è tagliarlo a fettine sottili, poco prima di es-sere portato a tavola. Esprime appieno il proprio sapore accompagnato da pane, grissini o, nella tradizione mode-nese, dalla classica tigella, in abbinamento ad altri salumi e formaggi molli. È ottimo abbinato al classico melone, ma anche a kiwi o fichi. Il Prosciutto di Modena DOP compare anche in numerose pietanze: nel ripieno delle paste fre-sche tradizionali o per insaporire le carni bianche. Si acco-sta bene a vini sia bianchi che rossi di media struttura.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto di Modena DOP. È commercializzato intero, con osso o senza, oppure in tranci e affettato, sfuso o confe-zionato sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Il Prosciutto di Modena DOP deve le sue caratteristiche, all’elevata qualità delle carni e alle eccezionali condizioni microclimatiche della zona di produzione: prevalentemen-te collinare, con scarsa piovosità e brezze costanti.

Consorzio Prosciutto ModenaViale Corassori, 72 41100 ModenaTel: +39 059 343464 www.consorzioprosciuttomodena.itinfo@consorzioprosciuttomodena.it

Istituto Parma QualitàVia Roma, 82 b/c 43013 Langhirano (PR) Tel: +39 0521 864077Fax: +39 0521 864645www.parmaqualita.it

Page 40: Qualiguida2013 parte1

34

PROSCIUTTO DI NORCIA IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto di Norcia IGP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle co-sce fresche di suini pesanti, generalmente figli di scrofe di razza Large White e Landrace Italiana, Duroc o di altre razze ritenute compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Dopo la macellazione, le cosce sono sottoposte a refri-gerazione per 24 ore, prima di essere opportunamen-te rifilate procedendo a “squadro”. La salagione viene eseguita in due tempi, utilizzando sale marino di grana media; dopodiché le cosce vengono dissalate e poste a riposare per un periodo di due mesi e mezzo. Prima di passare alla fase di stagionatura, si procede al lavaggio, all’asciugatura e alla sugnatura che consisite nel rivestire la superficie della polpa e delle screpolature con la sugna impastata con la farina di riso. La fase di stagionatura avviene in locali appositamente attrezzati per consentire un adeguato ricambio dell’aria. Il periodo di stagionatura, dalla salagione alla commercializzazione, non può essere inferiore a 12 mesi e per le cosce più grandi si protrae fino a 18 mesi. Al termine della stagionatura, sui prosciutti ritenuti idonei, si appone il marchio a fuoco con la dicitura “Prosciutto di Norcia”.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto di Norcia IGP ha la caratteristica forma ton-deggiante a pera ed è privo del piedino. Il peso è di nor-ma non inferiore a 8,5 kg. La fetta si presenta di colore dal rosato al rosso con sapore sapido, ma non salato. Il profumo è caratteristico, leggermente speziato, per via della presenza di modeste quantità di pepe.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto di Norcia IGP inte-ressa i territori posti a 500 metri s.l.m. dei comuni di Nor-cia, Preci, Cascia, Monteleone di Spoleto e Poggiodomo, in provincia di Perugia, nella regione Umbria.

STORIA Le origini del Prosciutto di Norcia IGP risalgono all’epoca romana. Già Marco Porzio Catone, detto il Censore, nel suo De Agri Cultura, illustrava il procedimento di salagio-ne e conservazione dei prosciutti, quasi un disciplinare, che si applica benissimo al prosciutto prodotto a Norcia.Nell’area del Nursine la conservazione delle carni suine si fa risalire all’epoca dei Romani, pratica favorita anche dall’ampia diffusione degli allevamenti e della pastorizia caratteristici della zona. Furono queste attività che con-sentirono di sfruttare in modo più razionale e continuativo le campagne anche nella stagione più fredda dell’anno. Non solo, tali pratiche portarono, durante il periodo del-

la Repubblica e dell’Impero Romano, alla promozione di una politica di valorizzazione delle campagne, in seguito sostenuta dallo Stato Pontificio. Col tempo gli agricoltori di queste aree divennero abili ed esperti nella lavorazione e conservazione della carne suina che veniva venduta sa-lata e stagionata anche nelle aree limitrofe.

GASTRONOMIA Il Prosciutto di Norcia IGP intero va conservato in am-bienti freschi e asciutti, avendo l’accortezza di ungere con un filo d’olio la superficie di taglio, per poi ricoprirla con pellicola trasparente oppure un foglio di alluminio. È buona norma affettare a mano il prosciutto poco pri-ma di portarlo in tavola. Una volta tagliato va riposto in frigorifero. Dal gusto delicato, è preferibile consumare il Prosciutto di Norcia IGP a fettine sottili, come antipasto o come secondo piatto. Ottimo abbinato ai vini rossi corpo-si della regione e ad altri prodotti tipici umbri soprattutto formaggi, pane senza sale e alcuni tipi di frutta fresca di stagione.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto di Norcia IGP. È commercializzato intero, a tranci e affettato, sfuso oppure confezionato sottovuoto o in at-mosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Durante la stagionatura, le molecole proteiche vengono spezzettate fino a rendere disponibili i singoli aminoacidi, che rendono il Prosciutto di Norcia IGP ideale per sportivi e ragazzi.

3a Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria Soc. Cons. A R. L.Fraz. Pantalla - 06059 Todi (PG)Tel: +39 075 89571 www.parco3a.org [email protected]

Consorzio di Tutela dell’I.G.P. Prosciutto di Norciavia Solferino, 26 06046 Norcia (PG)www.prosciuttodinorcia.com [email protected]

Page 41: Qualiguida2013 parte1

35

PROSCIUTTO DI PARMA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Prosciutto di Parma DOP è un prodotto di salumeria, cru-do e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle cosce fresche di suini, in purezza o derivati, delle razze Large White, Landrace e derivati dalla razza Duroc o di altre razze o ibridi compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE I suini utilizzati devono avere almeno 9 mesi di età e pre-sentare peso medio di 160 kg. Dopo la macellazione, le cosce vengono raffreddate per un intero giorno, quindi rifilate per conferirgli la caratteristica forma tondeggiante a “coscia di pollo”, favorendo così anche la salagione, per la quale si utilizza esclusivamente sale umido per la co-tenna e sale secco per le parti magre, senza aggiungere conservanti o additivi. Eliminato il sale residuo, le cosce vengono riposte per un periodo di 60-90 giorni in celle di riposo, a temperatura e umidità idonee. Il prosciutto vie-ne quindi lavato in acqua tiepida per togliere tutte le im-purità. Durante la fase della pre-stagionatura, i prosciutti vengono appesi alle tradizionali “scalere” e fatti asciugare per 6-7 mesi, in stanzoni con finestre contrapposte aper-te a seconda delle condizioni climatiche sia interne che esterne. La parte muscolare scoperta è poi ammorbidita con uno strato sottile di sugna, un impasto di grasso di maiale, sale e pepe. Al settimo mese, i prosciutti sono trasferiti in cantina per la stagionatura. Al momento del trasferimento, si effettuano le operazioni di sondaggio, un esame olfattivo effettuato con un ago di osso di cavallo. Trascorsi 12 mesi dall’inizio della lavorazione, viene appo-sto il marchio a fuoco “Corona Ducale”.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto di Parma DOP ha forma tondeggiante ed è privo del piedino. Al taglio, la fetta si presenta rosa nella parte magra e bianca nella parte grassa. Il sapore è deli-cato e dolce, poco salato e l’aroma è fragrante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione e di lavorazione del Prosciutto di Parma DOP comprende parte del territorio della provincia di Parma, nella regione Emilia-Romagna. I suini utilizzati sono nati e allevati nelle regioni Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio.

STORIA Il Prosciutto di Parma DOP vanta origini antichissime. Le prime testimonianze sulla lavorazione dei prosciutti nel territorio parmense risalgono a Catone nel II secolo a.C. A partire dall’anno Mille, il prosciutto acquisisce sempre maggiore importanza. Tra il Duecento e il Trecento si for-ma a Parma la Corporazione dei Beccai, che si occu-

pava della produzione della carne suina, che conobbe una scissione nel 1459, quando i Lardaioli, coloro che ammazzavano il maiale e ne salavano le carni, decisero di costituire una Corporazione a sé.

GASTRONOMIA Il Prosciutto di Parma DOP, intero o con l’osso, si può conservare per un anno appeso in locali con temperatu-ra da 17 a 20°C. Il prodotto disossato e confezionato si mantiene almeno fino a 6 mesi, purché conservato in un ambiente refrigerato, a temperatura non superiore a 10°C. A fette molto sottili, il Prosciutto di Parma DOP si gusta crudo, da solo o come antipasto, accompagnato dal pane o dalla tradizionale torta fritta parmigiana o dallo gnocco fritto. Si abbina con il melone, con l’arrosto di maiale, la celebre “rosa di Parma”, ed è l’ingrediente principale dei classici tortellini.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto di Parma DOP. È commercializzato intero, disos-sato, a tranci o affettato, sfuso oppure confezionato in atmosfera modificata o sottovuoto.

NOTA DISTINTIVA Il Prosciutto di Parma DOP è completamente naturale: gli unici ingredienti sono la carne di suino italiana e un pizzico di sale. Viene prodotto esclusivamente in una zona delimitata della provincia di Parma dove ci sono le condizioni climatiche ideali per la stagionatura, durante la quale acquisirà peculiari caratteristiche quali la dolcezza e il gusto.

@prosciuttoparma

Consorzio del Prosciutto di ParmaLargo Calamandrei, 1/A 43121 Parma www.prosciuttodiparma.com [email protected]

Istituto Parma QualitàVia Roma, 82 b/c 43013 Langhirano (PR) Tel: +39 0521 864077Fax: +39 0521 864645www.parmaqualita.it

Page 42: Qualiguida2013 parte1

36

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto di San Daniele DOP è un prodotto di sa-lumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle cosce fresche di suini pesanti italiani di razza Large White e Landrace, eventualmente combinate con la raz-za Duroc, o ibridate.

METODO DI PRODUZIONE La lavorazione inizia con la pesatura delle cosce che de-vono essere almeno di 12 kg. Si procede quindi alla rifi-latura, per eliminare le eventuali imperfezioni dovute alla macellazione. Segue la salagione per un tempo variabile in rapporto al peso delle cosce; la tradizione vuole infatti che la coscia resti sotto sale un giorno per ogni chilo-grammo di peso. La coscia ormai ripulita dal sale vie-ne sottoposta a una pressione uniforme per 24-48 ore, che le conferisce la tipica forma schiacciata a chitarra. Si procede con il ciclo di riposo, lavaggio, asciugatura e sugnatura, per arrivare infine a una delle fasi più impor-tanti che è quella della stagionatura. È in quest’ultima fase che il microclima di San Daniele diviene protagoni-sta indiscusso. La stagionatura si protrae per un periodo minimo di 13 mesi dalla data di introduzione in prosciut-tificio.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto di San Daniele DOP ha una tipica forma “a chitarra” ed è provvisto di piedino. Al taglio, la fetta si presenta di colore uniforme rosso-rosato, con striature di grasso di colore bianco. Il profumo è intenso, il gusto dolce e delicato. L’aroma è caratteristico, strettamente dipendente dal periodo di stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto di San Daniele DOP è costituita dall’intero territorio comunale di San Daniele del Friuli, in provincia di Udine, nella regione Friuli-Ve-nezia Giulia. L’allevamento e la macellazione dei suini utilizzati per la produzione devono avvenire nelle regio-ni Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise e Lazio.

STORIA Le origini del Prosciutto di San Daniele DOP risalgono ai Celti. Successivamente, durante il Concilio di Trento, le cronache dell’epoca narrano che il Patriarca di Aqui-leia inviò ai prelati 12 prosciutti di San Daniele. Alcuni documenti testimoniano la presenza di questo salume anche nelle corti di Francia e Austria e sulle mense dei Dogi. Verso la fine dell’Ottocento a San Daniele c’erano già alcune ditte che potevano fregiarsi delle credenziali di “fornitore della Real Casa e dei Sacri Palazzi Apostolici”.

GASTRONOMIA Il Prosciutto di San Daniele DOP va conservato in un luo-go fresco ed asciutto e, nel caso del prodotto porziona-to, in frigorifero, avvolto in un panno umido e con una stagnola sottile sul taglio. È preferibile affettarlo, a fettine sottili, poco prima di consumarlo. Inoltre, prima di ini-ziare l’affettatura, è opportuno asportare la cotenna e la sugnatura esterna. È considerato l’antipasto per eccel-lenza: da solo, assieme ad altri salumi, accompagnato a frutta polposa come meloni, pere, uva, fichi, ananas. Ideale anche per farcire panini e focacce. Insostituibile ingrediente per tante preparazioni gastronomiche: primi e secondi piatti, contorni semplici e salse gustose. Si accompagna preferibilmente con un vino bianco secco.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Prosciutto di San Daniele DOP. È commercializ-zato intero, disossato, a tranci e affettato, sfuso oppure confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA I microscopici granuli assomiglianti ai granelli di sale che si trovano nel bel mezzo del magro sono cristalli di ti-rosina, una componente proteica, indice di una lunga stagionatura del Prosciutto di San Daniele DOP. Proprio durante la stagionatura il prodotto acquisisce le carat-teristiche organolettiche peculiari che lo distinguono e che dipendono direttamente dal clima territorio, il colle di San Daniele: aria fredda da nord e aria calda dall’Adriati-co, combinate dal corso del fiume Tagliamento che fa da “climatizzatore” naturale.

PROSCIUTTO DI SAN DANIELE DOP

Consorzio del Prosciutto di San DanieleVia Umberto I, 26 33038 San Daniele del Friuli (UD)www.prosciuttosandaniele.it info@ prosciuttosandaniele.it

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 43: Qualiguida2013 parte1

37

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto di Sauris IGP è un prodotto di salumeria cru-do, affumicato e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle cosce fresche di suini di razza Large White, Landra-ce Italiana e Duroc Italiana.

METODO DI PRODUZIONE I suini sono macellati una volta raggiunto il nono mese di età e non oltre il quindicesimo. Le cosce isolate dalla mezzena devono avere un peso minimo di 11 kg. Dopo essere state opportunamente rifilate, le cosce vengono coperte con un leggero strato di concia, una miscela di sale marino e/o salgemma, pepe e aglio, durante la fase di salagione. Questa fase è complementare al successi-vo processo di affumicatura, che è uno dei passaggi più importanti per il Prosciutto di Sauris IGP, da effettuarsi in locali con temperatura compresa tra i 15 e i 20°C e umidità tra il 50 e il 90%. Il fumo è prodotto dalla combu-stione di legna di faggio in tradizionali caminetti collocati all’esterno dell’ambiente di affumicatura e convogliato all’interno, attraverso il pavimento, da appositi canali. Il processo di affumicatura ha una durata massima di 72 ore, trascorse le quali le cosce vengono fatte riposa-re per poi essere spostate nei locali di stagionatura. I prosciutti stagionano almeno 10 mesi e durante questo periodo sono sottoposti a operazioni di stuccatura, la-vaggio e sugnatura.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto di Sauris IGP si presenta di forma tondeg-giante, privo di zampino, con cotenna di colore uniforme noce-dorato e sfumature arancioni. Al taglio, il colore è rosso-rosato uniforme, con le parti grasse di colore va-riabile dal bianco al bianco-rosato. Il profumo è delicato e il gusto è dolce, con una gradevole nota di affumicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto di Sauris IGP com-prende l’intero comune di Sauris, in provincia di Udine, nella regione Friuli Venezia Giulia. I suini utilizzati devono provenire da allevamenti situati nelle regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio e Molise.

STORIA L’usanza di affumicare il prosciutto a Sauris ha sicuramen-te origini antichissime. Pochi scritti però rimangono a te-stimonianza della sua storia dal momento che, nel secolo scorso, un incendio ha completamente distrutto l’archivio parrocchiale dove erano conservati numerosi documenti. Quelli sfuggiti alla distruzione attestano come nel corso dei secoli, in questo piccolo paesino di montagna, si sia sviluppata una tecnica, diventata vera e propria arte, che

unisce l’uso prettamente nordico di affumicare le carni al metodo decisamente latino della conservazione median-te il sale. La comunità di Sauris infatti sembra essere nata nel XIII secolo da alcune famiglie di origine bavarese che si sono stabilite nella valle, mantenendo le proprie tradi-zioni gastronomiche e integrandole con quelle locali.

GASTRONOMIA Il Prosciutto di Sauris IGP intero va conservato in am-bienti asciutti e freschi. Per il prodotto disossato, con-fezionato sottovuoto o affettato, è consigliabile invece la conservazione in frigorifero ad una temperatura com-presa fra 4 e 10°C. Ottimo da gustare semplicemente accompagnato con del pane aromatizzato al cumino o al papavero, il suo sapore assolutamente caratteristico può essere esaltato anche in abbinamento a frutta secca o creme alle verdure dal gusto pronunciato, come quelle a base di peperoni. Si sposa bene con vini bianchi secchi, ideale il connubio con un intramontabile Friuli Bianco.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto di Sauris IGP. È commercializzato intero, con osso o disossato; disossato e sezionato in tranci, confeziona-to sottovuoto; affettato e preconfezionato, sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Il Prosciutto di Sauris IGP è molto dolce poiché viene utilizzata una quantità ridotta di sale dal momento che la fase di affumicatura garantisce già un’ottima conserva-zione della carne.

PROSCIUTTO DI SAURIS IGP

Associazione Temporanea tra Imprese per la presentazione della richiesta e l’ottenimento del riconoscimento delle I.G.P. “Speck e Prosciutto di Sauris”Sauris di Sotto 88 33020 Sauris (UD)Tel: +39 0433 86054

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 44: Qualiguida2013 parte1

38

PROSCIUTTO TOSCANO DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto Toscano DOP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle co-sce fresche dei suini pesanti italiani, appartenenti alle razze Large White e Landrace o da altre razze ritenute compatibili.

METODO DI PRODUZIONE Le cosce di suino vengono refrigerate e successivamente rifilate con un taglio ad arco che lasci una cornice car-nosa tale che, a stagionatura ultimata, non sporga più di 8 cm dalla testa del femore. Si continua con l’aspor-tazione del piedino, della cotenna e del grasso interno alla coscia con taglio a V per facilitare la penetrazione del sale. La salagione si effettua con il metodo a secco, con l’impiego di sale, pepe ed aromi naturali; deve ave-re una durata sufficiente a garantire una buona disidra-tazione. Quindi si procede alla sugnatura che consiste nel rivestire la parte scoperta della polpa con un impasto costituito da sugna, farina di grano o riso, sale, pepe ed aromi naturali. Il periodo di stagionatura, dalla salagione alla commercializzazione, non deve essere inferiore ai 10 mesi per i prosciutti di peso finale compreso tra 7,5 e 8,5 kg e ai 12 mesi per i prosciutti di peso superiore a 8,5 kg. Il Prosciutto Toscano DOP da destinare all’affettamento e al confezionamento deve aver maturato ulteriori due mesi di stagionatura, vale a dire almeno 12 mesi se di peso compreso fra 7,5 e 8,5 kg, e almeno 14 mesi se di peso superiore a 8,5 kg. Sui prosciutti ritenuti conformi alle caratteristiche prescritte per la DOP, si appone un contrassegno a fuoco.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto Toscano DOP è caratterizzato da forma ton-deggiante, ad arco sulla sommità, con peso che varia fra 8 e 9 kg . Il colore della fetta varia dal rosso vivo al rosso chiaro, con scarsa presenza di grasso inframuscolare. Il sapore è delicato, con giusta sapidità e l’aroma è carat-teristico, derivante dalla stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto Toscano DOP ricade nell’intero territorio della regione Toscana. I suini utilizzati per la produzione devono essere nati, allevati e macella-ti nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Lazio, Toscana.

STORIA La storia del Prosciutto Toscano DOP ha origini plurisecolari,risalenti all’epoca degli Etruschi. Già ai tempi di Carlo Magno, infatti, esistevano regole per la lavora-zione dei suini. Tuttavia è intorno al XV secolo, sotto i Medici, che la produzione del prosciutto toscano viene

regolamentata in tutte le sue fasi, con norme ancor oggi applicate che possono ben dirsi una sorta di disciplinare ante litteram. Sempre nel XV secolo gli Ufficiali di Grascia, magistero fiorentino preposto a sorvegliare l’applicazione del “giusto prezzo”, furono incaricati di vigilare sul rispetto delle norme produttive.

GASTRONOMIA Il Prosciutto Toscano DOP intero si conserva in ambienti freschi, avendo cura di ricoprire la parte avviata con un foglio d’alluminio o una pellicola trasparente. Il Prosciut-to Toscano DOP può essere consumato da solo, ma si abbina ottimamente anche con il pane toscano, privo di sale; può diventare inoltre ingrediente per la preparazione di piatti sfiziosi, come “l’insalata di rose toscana”, con misto di radicchi e ricotta montata con erbe aromatiche.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto Toscano DOP. È commercializzato intero, con osso o disossato, a tranci o affettato, sfuso o previo con-fezionamento in idonei contenitori o involucri per alimenti opportunamente sigillati.

NOTA DISTINTIVA Il clima della regione ha influenzato la tecnica di rifilatura del Prosciutto Toscano DOP che è più ampia, a forma di “V”, per facilitare la penetrazione del sale. Il gusto sapo-rito che lo contraddistingue è una caratteristica dovuta non solamente al sale ma anche all’impiego, durante la salagione, di essenze ed aromi naturali tipici toscani quali aglio, rosmarino, ginepro e mirto.

@ProscToscano

Consorzio del Prosciutto Toscano Via Giovanni dei Marignolli, 21/23 50127 Firenzewww.prosciuttotoscano.com [email protected]

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 45: Qualiguida2013 parte1

39

PROSCIUTTO VENETO BERICO-EUGANEO DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavora-zione di cosce fresche di suini, in purezza o derivati, dalle razze tradizionali di base Large White, Landrace e Duroc italiane.

METODO DI PRODUZIONE I suini utilizzati per la produzione, entro il quarantesimo giorno dalla nascita, vengono tatuati sulle cosce e sotto-posti ad uno specifico regime alimentare. È proprio dalla accurata alimentazione che derivano le peculiari carat-teristiche organolettiche e morfologiche della carne. Le cosce destinate alla lavorazione vengono attentamente selezionate e trasferite all’interno di celle di raffredda-mento per 24 ore in modo da facilitare la rifilatura. La salagione prevede un massaggio preliminare delle cosce prima di essere cosparse di sale, esclusivamente marino. Le cosce rimangono sotto sale per un periodo variabile in funzione della pezzatura. L’abilità del salatore consiste nel toglierle dal sale tra il decimo e il quindicesimo giorno. Poi il prosciutto viene leggermente pressato e conservato in ambienti controllati per un periodo di 75-100 giorni, per consentire l’asciugatura e la penetrazione del sale. Al termine di questo periodo il prosciutto viene lavato, rifini-to, fatto asciugare al naturale e ricoperto con un impasto di farina di cereali e grasso suino. Il periodo minimo di stagionatura è di 10 mesi per i prosciutti di peso finale tra 7 e 8,5 kg mentre è di almeno 12 mesi per quelli di peso superiore a 8,5 kg.

ASPETTO E SAPORE Il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP presenta for-ma naturalmente semipressata ed è privo del piedino. Il peso a stagionatura completata varia da 8 ad 11 kg, e può abbassarsi a 7 kg per i prosciutti disossati. La carne ha colore rosa tendente al rosso, con parti grasse per-fettamente bianche. Il colore della fetta al taglio è rosa, l’aroma è delicato, dolce e fragrante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Prosciutto Veneto Berico-Eu-ganeo DOP ricade nel territorio di 15 comuni al confine meridionale delle province di Padova, Vicenza e Verona, nella regione Veneto. I suini utilizzati per la produzione devono essere nati, allevati e macellati nel territorio del-le regioni Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e Umbria.

STORIA Le origini del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP risalgono all’usanza celtica di conservare le carni con il sale, successivamente affinata in epoca romana. L’alle-

vamento dei suini, infatti, ha sempre caratterizzato l’agri-coltura veneta. Dopo l’Unità d’Italia il prosciutto Veneto evolve in prodotto crudo meno salato per contrastare la concorrenza d’oltralpe. I risultati si vedono nei tanti diplo-mi alle aziende oggi aderenti al Consorzio come quello fir-mato dal ministro Quintino Sella nel 1881, all’Esposizione Nazionale di Milano.

GASTRONOMIA Il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP intero si con-serva in ambienti asciutti e freschi. Il prodotto disossato e confezionato deve essere riposto in frigorifero a una tem-peratura di circa 4°C. Grazie al suo aroma delicato, dolce e fragrante, e al basso contenuto in sali, grassi e proteine, il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP è l’ingrediente perfetto non solo per la preparazione di antipasti e con-torni, ma anche per numerosi primi e secondi piatti, come ad esempio la “zuppa contadina al prosciutto”, “il risotto con il prosciutto”, “il Radicchio Rosso di Treviso IGP al forno con prosciutto”.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Pro-sciutto Veneto Berico-Euganeo DOP. È commercializzato intero, con osso o disossato, a tranci o affettato, sfuso oppure confezionato sottovuoto.

NOTA DISTINTIVA La ventilazione costante, la scarsa umidità e i profumi della vegetazione della zona di produzione conferiscono al Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP i tratti aroma-tici che lo contraddistinguono.

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Consorzio del Prosciutto Veneto Berico-EuganeoP.zza V. Emanuele II, 3 35044 Montagnana (PD)www.prosciuttoveneto.it [email protected]

Page 46: Qualiguida2013 parte1

40

SALAMEBRIANZA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salame Brianza DOP è un prodotto di salumeria, in-saccato, a grana fine o grossa, ottenuto dall’impasto di carne suina proveniente da animali appartenenti alle raz-ze Large White e Landrace Italiana, Duroc o di altre razze ritenute compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Le parti selezionate per l’impasto sono la spalla disossata e snervata e i triti di prosciutti per la parte magra, pan-cette e/o gole senza grasso molle per la parte grassa; possono essere utilizzati anche friscoli di banco. I tagli vengono portati a temperatura di congelazione o refrige-razione. Si macina quindi il tutto utilizzando stampi con fori di 4-4,5 mm (macinatura fine) e di 7-8 mm (macina-tura grossa). Il macinato viene impastato insieme al sale e al pepe. L’impasto ottenuto deve essere insaccato in budello naturale o artificiale, eventualmente legato con spago o posto in rete. Si passa quindi all’asciugatura, che consente una rapida disidratazione delle frazioni su-perficiali nei primi giorni di trattamento; segue la sigillatura tramite l’apposizione del sigillo identificativo su cui figura-no la denominazione “Salame Brianza” e la sigla DOP. La fase della stagionatura varia in relazione al diametro del salame fresco e avviene in locali ben areati e con tempe-rature di 9-13°C. Il tempo di stagionatura, comprendente anche l’asciugamento, varia in funzione del diametro del salame, da 14 a 100 giorni.

ASPETTO E SAPORE Il Salame Brianza DOP ha forma cilindrica, è compatto e di consistenza non elastica. Al taglio, la fetta si presen-ta omogenea, di colore rosso rubino uniforme, con parti grasse prive di porzioni rancide. Ha un profumo delicato, caratteristico e gusto molto dolce, mai acido.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salame Brianza DOP è loca-lizzata nel territorio della Brianza, che comprende le pro-vince di Monza e Brianza, Como, Milano e Lecco, nella regione Lombardia. Gli allevamenti dei suini destinati alla produzione devono essere ubicati esclusivamente nel territorio delle regioni Lombardia, Emilia-Romagna e Pie-monte.

STORIA I primi riferimenti alle origini del Salame Brianza DOP ri-salgono alla metà del XVI secolo e si devono a Ortensio Stefano Lando, storico e letterato milanese, segretario di Lucrezio Gonzaga. Per avere però notizie più dettagliate e certe si deve far riferimento alle indicazioni di Riberti, scrittore dell’Ottocento. La crescente notorietà del sa-lame brianzolo sarebbe attestata in seguito anche dalla

presenza all’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Fino al 1970 tuttavia, non sembra che il salame fosse considerato un prodotto tradizionale della zona; infatti Ot-torina Perna Bozzi, autrice di Vecchia Brianza in Cucina, non lo elenca tra i prodotti di salumeria tradizionali della Brianza citandone invece altri.

GASTRONOMIA Il Salame Brianza DOP intero si conserva in luoghi freschi e areati, oppure in frigorifero, avvolto da un canovaccio. Per non pregiudicarne le caratteristiche gustative, è op-portuno affettare il Salame Brianza DOP con il coltello, poco prima di servirlo in tavola. Il prodotto può essere consumato in diversi modi. Come piatto a sé, si esprime al meglio se si ottengono fette piuttosto spesse. Tagliato a fette più sottili invece può essere servito in abbinamen-to a formaggi freschi o stagionati, mentre, a tocchetti è gradevolmente impiegato per arricchire insalate miste. Molto gustoso è anche l’abbinamento con frutta, come ad esempio i kiwi, o con la polenta calda.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Sa-lame Brianza DOP. È commercializzato sfuso oppure confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, e può essere intero, a tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA Il particolare clima dei territori collinari lombardi si rivela ideale per la conservazione delle carni suine e contribu-isce a conferire al Salame Brianza DOP le sue peculiari proprietà organolettiche.

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Consorzio per la Tutela del Salame BrianzaVia Bergamo, 35 23807 Merate (LC)Tel: +39 039 9909577 Fax: +39 039 9909577www.consorziosalamebrianza.it

Page 47: Qualiguida2013 parte1

41

SALAME CREMONA IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salame Cremona IGP è un prodotto di salumeria, insac-cato, a grana grossa, ottenuto dalla lavorazione di carni magre e grasse di suini pesanti italiani, in purezza o deri-vati, delle razze Large White, Landrace e Duroc.

METODO DI PRODUZIONE La carne suina da destinare all’impastatura è quella della muscolatura appartenente alla carcassa e le frazioni mu-scolari striate e adipose. Le carni magre e grasse sono mondate accuratamente e poi macinate in tritacarne con stampi con fori di 6 mm. Al macinato, si uniscono gli aromi naturali quali sale, spezie, pepe in grani o pez-zi grossolani, aglio pestato. L’impastatura è effettuata in macchine sottovuoto o a pressione atmosferica per un tempo prolungato. Il composto viene quindi immesso in budello naturale di suino, bovino, equino od ovino di dia-metro iniziale non inferiore a 65 mm. La legatura avviene con spago, manualmente o meccanicamente. È ammes-so lo stoccaggio del prodotto in cella per un massimo di un giorno e con temperatura compresa tra 2 e 10°C. L’asciugatura avviene a caldo ad una temperatura com-presa tra 15 e 25°C in modo da consentire una rapida disidratazione delle frazioni superficiali nei primi giorni di trattamento. La stagionatura avviene in locali con suffi-ciente ricambio d’aria e con temperature tra 11 e 16°C, per un periodo non inferiore a cinque settimane e varia in base al calibro iniziale del budello.

ASPETTO E SAPORE Il Salame Cremona IGP ha forma cilindrica e a tratti irre-golare, di consistenza da morbida a compatta e di peso non inferiore a 500 g. Le fette, al taglio, risultano com-patte ed omogenee, di colore rosso intenso che sfuma, gradualmente, nel bianco delle parti adipose (aspetto “smelmato”). All’olfatto risulta estremamente aromatizza-to, speziato e profumato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salame Cremona IGP com-prende le regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto.

STORIA Le origini del Salame Cremona IGP risalgono all’epoca ro-mana. Numerosi documenti si riferiscono spesso a com-pravendita di maiali ceduti da contadini che detenevano contratti di accomandita di bestiame a metà guadagno con i proprietari degli animali (soccida). Per avere notizie certe della diffusione del salame e anche di una sua sicura noto-rietà bisogna risalire a una serie di documenti rinascimentali esistenti nei Litterarum e nei Fragmentorum dell’Archivio di Stato di Cremona. Da questi documenti si rileva la presen-

za, ma soprattutto l’importanza del prodotto “salame”. La nascita del salame nel territorio cremonese viene inoltre accertata dal notaio Ludovico Cavitelli nei suoi Annales (Cremona, 1588), nonché dalla lista dei cibi consumati ogni giorno nei conventi cremonesi: se il salame era un alimento basilare nella dieta dei conventi, si può presu-mere che lo fosse anche in quella della popolazione.

GASTRONOMIA Il Salame Cremona IGP va conservato nel suo involucro, nello scomparto meno freddo del frigorifero, estraendo-lo qualche minuto prima del consumo. Si abbina molto bene con i formaggi del territorio. Può essere consumato da solo come spuntino o secondo piatto, tagliato a dadini con gli aperitivi. Una ricetta alternativa e sfiziosa propone questo salame servito assieme a fichi o pere: essendo di pasta morbida, alla masticazione non si percepisce diffe-renza tra la consistenza del salume e quella della frutta, risultando una piacevole sensazione per il palato. Per lo stesso motivo è da provare con la brioche.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Sala-me Cremona IGP. È commercializzato intero o a tranci, affettato, confezionato sottovuoto o in atmosfera modifi-cata, in pezzature non inferiori a 500 g.

NOTA DISTINTIVA Il Salame Cremona IGP è prodotto ancora con procedi-menti che rispettano la tradizione ma ben si coniugano con le nuove tecnologie apportate ai processi di lavora-zione.

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Consorzio di Tutela del Salame CremonaVia Lanaioli, 1 26100 CremonaTel: +39 389 5684095www.salamecremona.it Pec: [email protected]

Page 48: Qualiguida2013 parte1

42

SALAMEDI VARZI DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salame di Varzi DOP è un prodotto di salumeria, insac-cato, a grana grossa, ottenuto da un impasto di carne suina magra e grassa, proveniente da animali identificabili come suini pesanti italiani.

METODO DI PRODUZIONE I tagli di carne magra selezionati sono: spalla, coscia, lon-za, filetto e coppa, opportunamente snervati e sgrassati. Il grasso è esclusivamente quello del guanciale, della te-stata di spalla, della pancetta, del culatello e del lardello. Il rapporto fra tagli grassi e magri non deve superare il 30%. La carne viene macinata in tritacarne con fori variabili a se-conda del diametro del salame che si desidera ottenere; viene poi condita con la miscela di salagione composta da sale marino, pepe, spezie e un infuso di aglio in vino rosso filtrato. L’impasto di salame viene insaccato nel budello naturale di maiale, forellato e legato con spago a maglia fitta. I salami di diametro fino a 50 mm e peso fino a 0,5 kg possono essere legati con spago singolo anziché a maglia fitta. L’asciugatura è un’operazione molto importante per l’avvio del processo naturale di lenta acidificazione e suc-cessiva disidratazione e dura 7-8 giorni. La stagionatura ha luogo nelle antiche e caratteristiche cantine varzesi. La durata di questa fase varia tra i 45 e i 180 giorni, in funzio-ne del formato del prodotto.

ASPETTO E SAPORE Il Salame di Varzi DOP ha forma cilindrica, consistenza tenera e peso da 100 g a 2 kg e oltre. Al taglio si pre-senta di colore rosso vivo, inframmezzato dal bianco del grasso. Il sapore è dolce e delicato; l’aroma è fragrante e caratteristico, strettamente influenzato dal periodo di stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salame di Varzi DOP compren-de numerosi comuni dell’Oltrepò Pavese della provincia di Pavia, nella regione Lombardia. I suini da cui si ottiene il prodotto sono allevati e macellati nei territori delle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna.

STORIA L’origine del Salame di Varzi DOP è antica. Alcune fonti riferiscono infatti di come i Longobardi avessero diffuso la tecnica, prima di allora sconosciuta, dell’insaccare la carne di maiale. Questa tribù nomade sentiva già allora la necessità di disporre di un prodotto a lunga conserva-zione. Nel XIII secolo i Marchesi Malaspina, indiscussi si-gnori di questo territorio, lo presentavano agli ospiti della propria tavola come pietanza eccezionalmente prelibata. In seguito i mercanti, attraverso la via del sale che colle-ga la pianura padana al mare, portarono questo prelibato

salame sui mercati di tutta Europa. È inoltre certo e do-cumentato che, nei secoli successivi, il salame si inserì perfettamente nella parca mensa degli umili contadini.

GASTRONOMIA Se acquistato già affettato, il Salame di Varzi DOP deve essere conservato in frigorifero, in un contenitore sigillato e deve essere consumato in breve tempo. In ogni caso è opportuno affettare il prodotto poco prima di portarlo in tavola. Come tradizione insegna, il taglio delle fette deve avvenire in obliquo, “a becco di clarinetto”, per ottenere la caratteristica forma non tonda e di adeguato spessore, né sottile né troppo spessa. Può essere consumato da solo o con verdure sott’olio, formaggi e frutta fresca.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Salame di Var-zi DOP. In base alla stagionatura e al diametro, si distin-guono le tipologie: Filzetta, Filzettone, Sottocrespone a budello semplice, Cucito a budello doppio, Torto o Sala-metto. È commercializzato in pezzi singoli, confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, a tranci, o affettato.

NOTA DISTINTIVA Il Salame di Varzi DOP deve le sue caratteristiche al mi-croclima della zona di produzione. La presenza del tor-rente Staffora, il connubio fra la brezza marina provenien-te dalla vicina Liguria e le fresche correnti che spirano a valle dalle montagne circostanti costituiscono gli elementi ideali per favorire un corretto processo di stagionatura degli insaccati.

Consorzio Tutela del Salame di VarziPiazza Umberto I, 9 27057 Varzi (PV)Tel: +39 0383 545350 www.consorziodituteladelsalamedivarzi.it

Istituto Parma QualitàVia Roma, 82 b/c 43013 Langhirano (PR) Tel: +39 0521 864077Fax: +39 0521 864645www.parmaqualita.it

Page 49: Qualiguida2013 parte1

43

SALAME D’OCA DI MORTARA IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salame d’Oca di Mortara IGP è un prodotto di salume-ria insaccato in pelle d’oca e cotto, composto da carne d’oca tritata assieme a carni magre e grasse di suino, il tutto impastato fino ad ottenere un preparato consisten-te, omogeneo e compatto.

METODO DI PRODUZIONE Le oche utilizzate, negli ultimi tre mesi prima della ma-cellazione, sono alimentate esclusivamente con foraggi verdi e granaglie. Le carni d’oca e suino sono macinate utilizzando stampi con fori di 8-10 mm e condite con sale marino, pepe e aromi naturali vari. L’impasto viene quindi insaccato in pelle d’oca, che viene salata e opportuna-mente rifilata, poi cucita. Il salame viene forellato, legato e quindi lasciato ad asciugare per 1-3 giorni in locali aerati e con temperature tra 14 e 18°C. Infine viene sottopo-sto a cottura in apposita caldaia a temperatura media di 80°C e da ultimo raffreddato.

ASPETTO E SAPORE Il Salame d’Oca di Mortara IGP ha la forma del collo dell’oca oppure tubolare, a seconda che l’impasto sia insaccato nella pelle del collo piuttosto che in quella del dorso o del ventre dell’animale. Al taglio l’involucro deve rimanere ben aderente all’impasto. Il sapore è dolce e delicato, caratteristico della carne d’oca; il profumo è fine e morbido, contraddistinto dalla presenza delle spezie.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salame d’Oca di Mortara IGP è individuata nei comuni che fanno parte della Lomelli-na, area geografica in provincia di Pavia, nella regione Lombardia. Gli animali utilizzati per la produzione devono essere nati, allevati e macellati nel territorio delle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, a cui si aggiungono: per le sole oche, la regione Trentino-Alto Adige; per i soli suini le regioni Abruzzo, Lazio, Marche, Molise, Toscana, Umbria.

STORIA Si ritiene che il Salame d’Oca di Mortara IGP affondi le proprie radici nella storia delle comunità ebraiche diffuse in Lomellina, a seguito di un editto di Ludovico Sforza che ne autorizzò gli insediamenti. Furono infatti le fami-glie ebree a ordinar e per prime ai salumieri locali salami e ciccioli d’oca. Fonti della tradizione locale suggerisco-no che, poiché la sola carne d’oca non era sufficiente a soddisfare il gusto della maggior parte degli abitanti non ebrei della zona, alcuni salumieri locali cominciarono ad aggiungere alle carni magre delle oche le parti sia magre che grasse di suino. Dunque, è alla creatività dei maestri salumieri mortaresi che si deve l’invenzione del Salame

d’Oca di Mortara così come conosciuto oggi. Sebbene le cronache del posto citino il salame d’oca a partire dal 1780, la diffusione e la vendita di questo prodotto trova le prime testimonianze solo a partire dai primi del Novecen-to. È a questo periodo che risalgono i primi riconoscimenti ufficiali che provano l’apprezzamento del prodotto anche al di fuori del territorio della Lomellina, come la medaglia d’oro conferita al Salame d’Oca di Mortara presentato dal Maestro salumiere Carlo Orlandini in occasione della Seconda Esposizione Internazionale di Parigi del 1916.

GASTRONOMIA È buona norma conservare il Salame d’Oca di Mortara IGP in frigorifero. Una volta affettato, si consiglia di avvol-gerlo in un foglio d’alluminio. Il Salame d’Oca di Mortara IGP è ottimo da solo o come ingrediente sia negli antipa-sti che negli spuntini freddi. Piacevole in abbinamento a piatti caldi, purea di patate o verdure. Si sposa bene con vini bianchi, morbidi ed aromatici.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Sa-lame d’Oca di Mortara IGP. È commercializzato intero o affettato, confezionato in confezioni ermetiche idonee o sottovuoto.

NOTA DISTINTIVA Il Salame d’Oca di Mortara IGP è il risultato della conta-minazione fra culture gastronomiche diverse: le abitudini alimentari ebraiche che introdussero la carne d’oca unite a quelle della popolazione locale abituata a consumare insaccati di carne suina.

Certiquality, Ist. di Cert. della Qualità, Settore CertiagroVia Gaetano Giardino, 4 20123 MilanoTel: +39 02 8069171 www.certiquality.it [email protected]

Consorzio Tutela Salame d’Oca di Mortara C/o Ascom, Corso Cavour, 73 27036 Mortara (PV)Tel: +39 0384 99356 Fax: +39 0384 [email protected]

Page 50: Qualiguida2013 parte1

44

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salame Felino IGP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavorazione di carni fresche di suino appartenente alle razze Large White e Landrace Italiana, Duroc o altre razze compatibili con il suino pe-sante italiano.

METODO DI PRODUZIONE I tagli di carne selezionati sono costituiti da frazioni mu-scolari e adipose quali la testa di pancetta e/o il sotto-spalla. Dopo essere state accuratamente mondate e rifilate, le carni vengono sottoposte a refrigerazione a temperatura non inferiore a -1°C. Segue la macinatura con il tritacarne con stampi con fori di 6-8mm di diame-tro. Il prodotto macinato così ottenuto viene impastato con sale, pepe in grani e/o a pezzi, aglio pestato, vino e zucchero. L’impasto viene insaccato in budello naturale di suino e legato con spago non a rete. Durante la fase dell’asciugatura, l’insaccato viene riposto in appositi lo-cali, ad una temperatura compresa tra i 13 e 24°C, per una durata di 4-6 giorni in modo da avere una più accen-tuata disidratazione. La stagionatura viene condotta in locali con sufficiente ricambio d’aria, a temperatura com-presa fra 12 e 18°C e deve durare almeno 25 giorni. Per la delicatezza del prodotto, ricco di acidi grassi insaturi e povero di conservanti, le fasi di taglio e confezionamen-to, potenzialmente critiche, devono essere eseguite da personale qualificato all’interno della zona di produzione.

ASPETTO E SAPORE Il Salame Felino IGP ha forma cilindrica, con una estre-mità più grossa dell’altra, consistenza compatta ma non elastica e peso compreso fra 200 g e 4,5 kg. Presenta una superficie esterna di colore bianco-grigiastro, leg-germente polverulenta, determinata dallo sviluppo di una modica quantità di muffe autoctone. Al taglio, la fetta è di colore rosso rubino, omogenea e magra . Il gusto è dolce e delicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salame Felino IGP compren-de tutti i comuni della provincia di Parma, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA I primi riferimenti al salame Felino IGP si trovano già in alcuni autori latini del I secolo d.C (Apicio, De re coquina-ria). La più antica raffigurazione del prodotto pare si trovi nella decorazione interna del Battistero di Parma (1196-1307). A partire dal 1800, nella località Felino, si segnala un particolare modo di trasformazione della carne suina in salami. Nel 1905 compare, per la prima volta, l’espres-sione “Salume Felino” nel dizionario italiano. Le istituzioni

pubbliche locali riconoscono fin dal 1927 la denominazio-ne di “Salame Felino” al salame prodotto nella provincia di Parma, in quanto l’uso di questa denominazione del prodotto costituiva motivo di promozione del benessere della provincia. A conferma di tutto ciò ci sono gli eventi e le manifestazioni organizzati in Italia e all’estero dalle autorità locali, con allestimenti di stand di degustazione e informazione. A testimoniare il rapporto privilegiato tra il prodotto unico e il suo territorio d’origine c’è il Museo del Salame Felino, nelle cantine del castello di Felino.

GASTRONOMIA Il Salame Felino IGP viene conservato in luogo fresco e asciutto, oppure nei piani inferiori del frigorifero. Nella cu-cina tipica parmense costituisce l’antipasto per eccellen-za. Per gustarlo al meglio, è consigliabile servirlo tagliato a fette e consumarlo in breve tempo, evitando così il con-tatto prolungato con l’aria.

COMMERCIALIZZAZIONE Il Salame Felino IGP è commercializzato tutto l’anno, in-tero, oppure in tranci o affettato, confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Il territorio di produzione del Salame Felino IGP è con-traddistinto da aree collinari e pianeggianti, così come dalla presenza di laghi e miniere di sale. Anche per la presenza di tali miniere di sale, sin dal 1300 la salagione e la lavorazione delle carni di maiale ha portato alla pro-duzione di prodotti riconosciuti sia a livello nazionale che internazionale.

Consorzio del Salame FelinoStrada al Ponte Caprazucca, 6 43100 ParmaTel. +39 0521 2266 www.salamefelino.com info@

E.CE.P.A. Ente Certificazione Prodotti AgroalimentariStrada dell’Anselma, 5 29122 PiacenzaTel: +39 0523 609662 www.ecepa.it [email protected]

SALAMEFELINO IGP

Page 51: Qualiguida2013 parte1

45

SALAMEPIACENTINO DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salame Piacentino DOP è un prodotto di salumeria, insaccato, a grana grossa, ottenuto dalle parti magre e grasse di suini appartenenti alle razze Large White e Lan-drace Italiana, Duroc o ad altre razze compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE La parte magra viene selezionata escludendo i tagli di carne provenienti dallo spolpo di testa, mentre per la parte grassa (10-30%) può essere utilizzato lardo, gola e parti di pancetta prive di grasso molle. Le carni vengono passate al tritacarne con stampo a fori larghi (superiori a 10 mm di diametro) e condite a secco con sale, pepe, aglio, vino e zucchero. L’impasto ottenuto viene insacca-to in budello di suino, legato con spago, forato e asciu-gato in ambienti idonei. La stagionatura viene effettuata in condizioni di temperatura ed umidità controllate per un periodo non inferiore a 45 giorni dalla data della salagio-ne. Durante la stagionatura è consentita la ventilazione e l’esposizione alla luce e all’umidità naturali.

ASPETTO E SAPORE Il Salame Piacentino DOP ha forma cilindrica, peso va-riabile da 400 g fino a 1 kg. Al taglio il colore della fetta è rosso vivo inframmezzato da lardelli di grasso bianco-rosato. Il sapore è dolce e delicato; l’aroma è fragrante e caratteristico, strettamente condizionato dal periodo di stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salame Piacentino DOP com-prende l’intero territorio della provincia di Piacenza, nella regione Emilia-Romagna. I suini utilizzati per la produzio-ne devono essere nati, allevati e macellati nelle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna.

STORIA Le prime tracce di allevamenti di maiali nella zona di produzione del Salame Piacentino DOP si possono far risalire ad un millennio prima dell’era cristiana. In segui-to, si hanno testimonianze archeologiche nel corso della civiltà romana come un ciondolo-amuleto bronzeo recan-te l’effigie di un piccolo maiale. Il maiale si ritrova anche all’interno dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio, in Val Trebbia (PC), dove un mosaico del XII secolo rappre-senta il “sacro” rito della macellazione. All’inizio del XV secolo, i negozianti di Milano e della Lombardia già di-stinguevano i salumi piacentini da quelli provenienti da altre località della pianura padana qualificandoli come “roba de Piasenza”. Dai primi decenni del Settecento, i salumi piacentini riuscirono a farsi apprezzare anche negli ambienti elitari di Francia e Spagna per merito dell’abile

diplomatico piacentino cardinale Giulio Alberoni.A partire dal secolo scorso, la lavorazione locale delle carni comin-cia ad assumere una connotazione semindustriale, ma nonostante il trascorrere del tempo ed i progressi della tecnologia, le aziende continuano a produrre con metodi tradizionali, legati alle usanze tramandate di generazione in generazione.

GASTRONOMIA Per conservare al meglio il Salame Piacentino DOP si consiglia di rimuovere completamente il budello esterno, di avvolgerlo in un canovaccio leggermente inumidito e mantenerlo in frigorifero per un massimo di 15 giorni. È buona norma procedere al taglio, in obliquo, quando è ancora freddo per ottenere una fetta compatta; è con-sigliato inoltre consumarlo quando raggiunge la tem-peratura di 10°C. Ottimo come antipasto, accostato al tradizionale “gnocco fritto” o ai fichi freschi. Può essere impiegato inoltre nella preparazione di appetitose ricette della tradizione locale. Si sposa egregiamente con i vini della DOP Colli Piacentini.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Sala-me Piacentino DOP. È commercializzato sfuso, confezio-nato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, a tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA La qualità distintiva del Salame Piacentino DOP è frutto dell’abilità dei mastri salumieri nell’amalgamare ad arte carni macinate e condimento.

Consorzio Salumi DOP PiacentiniVia C. Colombo, 35 29122 Piacenza Tel: +39 0523 591260www.salumitipicipiacentini.it [email protected]

E.CE.P.A. Ente Certificazione Prodotti AgroalimentariStrada dell’Anselma, 5 29122 PiacenzaTel: +39 0523 609662 www.ecepa.it [email protected]

Page 52: Qualiguida2013 parte1

46

SALAME S. ANGELO IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salame S. Angelo IGP è un prodotto di salumeria, in-saccato, a grana grossa, ottenuto dalla lavorazione di tagli pregiati provenienti da suini di razza Large White e Landrace Italiana, Duroc o ad altre razze ritenute compa-tibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Le parti nobili del maiale selezionate per la lavorazione sono: coscia, spalla, filetto, lonza, coppa (opportuna-mente snervati) e pancettone (mondato). La carne e il grasso che andranno a costituire la pasta del salame devono essere tagliati a mano “a punta di coltello” op-pure utilizzando un’apposita macchina cubettatrice con stampo a fori quadri da 12 mm. Segue l’impastatura con sale marino e pepe nero a mezza grana. La quantità di grasso nell’impasto non deve essere superiore al 20% ed è vietato l’uso di lardo. L’impasto così ottenuto viene insaccato in budello esclusivamente di maiale e legato con spago. La stagionatura ha luogo in locali che sfrut-tano l’aria esterna e la sua durata varia in funzione della tipologia (periodo minimo di 30, 50 o 60 giorni). Per sta-bilire il grado di maturazione viene operata una pressione manuale sui salami.

ASPETTO E SAPORE Il Salame S. Angelo IGP ha forma cilindrica e superficie irregolare, ricoperto da uno strato biancastro. Il peso va-ria da 200 g fino a 3500 g, a seconda della tipologia. La consistenza è tenera e compatta; il colore rosso rubino con granelli bianchi di grasso ben distribuiti. Il sapore è leggermente speziato e l’aroma fragrante, dolce e carat-teristico. Al taglio, la fetta si presenta compatta ed omo-genea con il grasso e la parte magra ben legati.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salame S. Angelo IGP com-prende il territorio del comune di Sant’Angelo di Brolo in provincia di Messina, nella regione Sicilia.

STORIA L’origine della denominazione Salame S. Angelo si deve al paese in cui è iniziata la produzione, S. Angelo di Brolo, in provincia di Messina. Il prodotto ha una storia molto antica, documentata già in epoca arabo-normanna. Nel-l’XI secolo infatti i Normanni introdussero nuovi usi nel territorio siciliano tra cui la carne suina, in contrapposi-zione alle consuetudini imposte dai dominatori arabi per i quali l’uso della carne di maiale era proibito. Nel tempo, Sant’Angelo è stato custode geloso di una tradizione uni-ca in Sicilia. La conferma si trova in numerosi documenti storici tra i quali una delibera della metà del XIX secolo, che introduceva il balzello, una tassa sulle produzioni di

maggior interesse economico, fra le quali il salame. Agli stessi anni risale anche l’introduzione del rivelo, molto si-mile a una moderna autocertificazione, che impegnava i produttori a dichiarare sia il luogo di conservazione del salame che le quantità prodotte.

GASTRONOMIA Il Salame S. Angelo IGP si conserva in ambienti freschi o in frigorifero avendo l’accortezza di riporlo in un con-tenitore sigillato o avvolto in un canovaccio. Si consiglia di servirlo tagliato in fette spesse, come prevede la tradi-zione, eliminando l’involucro naturale che lo riveste. Per apprezzare al meglio le sue caratteristiche di sapore e fragranza è comunque opportuno consumarlo in breve tempo dopo averlo affettato. Può essere gustato da solo oppure servito come antipasto, anche in abbinamento a olive e ortaggi sott’olio, formaggio e pane, il tutto accom-pagnato da un vino rosso strutturato.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Salame S. Angelo IGP. In base al periodo di stagionatura, al tipo di budello utilizzato e al peso, si distinguono le tipologie: Cularino, Sottocularino, Sacco, Fellata. È commercializ-zato sfuso, confezionato sottovuoto o in atmosfera modi-ficata, intero, a tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA Poiché ottenuto dai tagli pregiati del suino, il Salame S. Angelo IGP viene spesso definito “il prosciutto sotto for-ma di salame”. Si dice che la fetta migliore sia quella che si sorregge sul proprio bordo.

Consorzio Tutela del Salame S. AngeloVia Portello n. 9 98060 S. Angelo di Brolo (ME)Tel: +39 0941 534194www.consorziosalamesangelo.com

IZS Sicilia Istituto Zooprofilattico Sperimentale della SiciliaVia G.Marinuzzi, 3 90129 PalermoTel: +39 091 6565111www.izssicilia.it

Page 53: Qualiguida2013 parte1

47

SALAMINI ITALIANI ALLA CACCIATORA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO I Salamini Italiani alla Cacciatora DOP sono un prodotto di salumeria, insaccato crudo e stagionato, ottenuti da car-ne magra e grassa di suini appartenenti alle razze Large White e Landrace Italiana, Duroc o altre razze compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Le frazioni muscolari e adipose selezionate sono mondate accuratamente asportando le parti connettivali di maggiori dimensioni e il tessuto adiposo molle. Una volta ottenuti, i tagli devono essere fatti sostare in celle frigorifere a tem-peratura non superiore ai 7°C. La macinatura deve essere effettuata in tritacarne, in stampi con fori compresi tra 3 e 8 mm. Il trito di carne viene impastato, in maniera omoge-nea insieme a sale, pepe (a pezzi e/o macinato) e aglio, in macchine sottovuoto o a pressione atmosferica. L’in-saccatura avviene in budelli naturali o artificiali di diametro non superiore a 75 mm, eventualmente legati in filza. I sa-lamini sono asciugati a caldo (temperatura compresa tra 18 e 25°C) per consentire una rapida disidratazione delle frazioni superficiali nei primi giorni di trattamento; non pos-sono comunque essere adottate tecniche che prevedano una fermentazione accelerata. La stagionatura si protrae per almeno 10 giorni, in locali con un sufficiente ricambio d’aria, a temperatura compresa fra 10 e 15°C.

ASPETTO E SAPORE I Salamini Italiani alla Cacciatora DOP hanno forma cilin-drica, diametro non superiore a 6 cm, lunghezza fino a 20 cm e peso inferiore a 350 g. Hanno una consistenza compatta e non elastica; presentano una fetta compatta ed omogenea, di colore rosso rubino con granelli di gras-so ben distribuiti. Il sapore è dolce e delicato, mai acido. Anche il profumo è delicato e caratteristico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dei Salamini Italiani alla Caccia-tora DOP comprende l’intero territorio delle regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio e Molise. I suini utilizzati per la produzione devono essere nati, allevati e macellati nel territorio di tutte le regioni pre-cedentemente elencate.

STORIA Le origini dei Salamini Italiani alla Cacciatora DOP si pos-sono far risalire al periodo delle invasioni longobarde. Durante le loro migrazioni, infatti, le popolazioni barba-riche avevano la necessità di consumare cibi altamente conservabili, per la maggior parte a base di carne suina. Così, la produzione dei salamini è iniziata nell’area collina-re del territorio lombardo, per poi diffondersi nelle regioni

confinanti della fascia settentrionale. Fu poi la tradizione dei cacciatori di portare questi prodotti durante le battute di caccia, a determinare sia il nome con cui sono comu-nemente conosciuti che la piccola dimensione, richiesta perché fossero facili da trasportare nelle sacche.

GASTRONOMIA I Salamini Italiani alla Cacciatora DOP si conservano in ambienti asciutti e areati, oppure in frigorifero. La pezza-tura piccola li rende adatti a un’alimentazione moderna, che spesso richiede prodotti sempre freschi e da con-sumare in tempi veloci. Classico è il loro impiego come antipasto, solitamente in abbinamento con altri salumi, formaggi e sott’oli. Può essere però utilizzato anche per preparare sfiziose insalate: a fette, in listarelle o dadini, abbinato ad esempio a mela e melagrana, oppure a len-ticchie, pomodoro e olive, conditi con vinaigrette balsa-mica. A differenza di altri, i Salamini Italiani alla Cacciatora DOP si gustano al meglio se tagliati in fette molto sottili. Ideale l’accostamento ai vini rossi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Salamini Italiani alla Cacciatora DOP. Viene com-mercializzato sfuso oppure confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, in tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA La caratteristica che maggiormente contraddistingue i Salamini Italiani alla Cacciatora DOP è sicuramente la pezzatura, più piccola rispetto ad altri salami, che li rende molto pratici e semplici da maneggiare.

Consorzio CacciatoreStrada 4 - Palazzo Q8 20089 Milanofiori Rozzano (MI)Tel: +39 02 8925901 [email protected]

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 54: Qualiguida2013 parte1

48

SALSICCIA DI CALABRIA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Salsiccia di Calabria DOP è un prodotto di salume-ria, insaccato, a grana media e stagionato, ottenuto dalla lavorazione delle carni fresche di suini appartenenti alle razze tradizionali di taglia grande quali la Calabrese o la Large White e la Landrace Italiana.

METODO DI PRODUZIONE Vengono selezionati tagli derivati dalla carne della spalla (in misura non inferiore al 50%) e del sottocostola, a cui si aggiunge lardo, per una percentuale variabile dal 6 al 20% per ogni chilogrammo di carne lavorata. Il tutto viene ma-cinato e impastato con ingredienti aromatici naturali quali sale, pepe nero in grani e in polvere, vino, semi di finoc-chio e altri aromi. Solo per la salsiccia Piccante vengono impiegati anche pepe rosso piccante o crema di peperoni piccante mentre nel caso di quella Dolce si utilizzano pepe rosso dolce o crema di peperoni dolce. L’impasto viene insaccato in budella naturali di suino che successivamen-te vengono forate. La stagionatura deve essere effettuata allo stato naturale in apposito ambiente per non meno di 30 giorni.

ASPETTO E SAPORE La Salsiccia di Calabria DOP ha forma cilindrica, intrecciata nella caratteristica forma a catenella o legata nella forma a “U”. Al taglio risulta a grana media, con il grasso ben distri-buito, di colore rosso naturale o rosso vivace, a seconda che nell’impasto sia utilizzato rispettivamente il pepe nero o il peperoncino rosso (dolce o piccante). Il profumo è na-turale; la sapidità è equilibrata o più intensa (piccante).

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Salsiccia di Calabria DOP in-teressa l’intero territorio della regione Calabria. I suini uti-lizzati per la produzione devono essere nati nelle regioni Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia o Campania ed allevati nella regione Calabria dall’età massima di quattro mesi, quindi macellati e lavorati in Calabria.

STORIA Le origini della produzione di salumi in Calabria risalgono con tutta probabilità ai tempi della colonizzazione greca delle coste ioniche. Le prime documentazioni certe riguar-danti la lavorazione delle carni suine si riscontrano In un testo del 1691, Della Calabria Illustrata, nel quale Padre Giovanni Fiore da Cropani, cita tra le carni salate, quelle trasformate “in Lardi, in Salsicci, in Suppressate, e somi-glianti”. Al decennio francese, 1806-1815, risale invece la Statistica Murattiana nella quale viene documentata la “preferenza delle carni porcine salate, che si lavorano in entrambe le Calabrie. Il sale e ’l pepe formano gene-ralmente presso il popolo i preparativi alla corruzione di

questo intingolo ricercato”. Nella terza sezione dedicata a “sussistenza e conservazione delle popolazioni” si indica che “la carne porcina è la sola che si sala in ciascheduno circondario”. La Calabria è rimasta nel tempo una delle poche regioni dove la cultura della lavorazione del maiale è ancora profondamente radicata.

GASTRONOMIA La Salsiccia di Calabria DOP si conserva in ambienti fre-schi e asciutti, appesa al soffitto, dove si mantiene per circa 12 mesi. È possibile conservarla, oltre che in frigori-fero, anche sotto olio o sotto grasso, in contenitori di vetro chiusi oppure sottovuoto. Ingrediente essenziale nella rea-lizzazione di molte ricette tradizionali del sud Italia, può es-sere servita come antipasto con gli altri salumi e formaggi locali, insieme al pane a lievitazione naturale.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Salsiccia di Calabria DOP, nelle tipologie: Piccante (se è stato utilizzato pepe rosso piccante o crema di pe-peroni piccante); Dolce (se è stato utilizzato pepe rosso dolce o crema di peperoni dolce); Bianca. È commercializ-zato sfuso oppure confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, a tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA Il territorio di produzione della Salsiccia di Calabria DOP è caratterizzato dal particolare clima del meridione italiano; i venti caldi disseccanti come lo scirocco permettono, an-che durante l’estate, la graduale stagionatura delle carni, senza innescare processi di fermentazioni anomali.

Consorzio di Tutela dei Salumi di Calabria DOPVia Roberta Lanzino, 33 87100 CosenzaTel: +39 0984 31777 www.consorziosalumidicalabriadop.it

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

Page 55: Qualiguida2013 parte1

49

SOPPRESSATA DI CALABRIA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Soppressata di Calabria DOP è un prodotto di salu-meria, insaccato, stagionato, ottenuto dalla lavorazione di tagli pregiati della carne fresca di suini appartenenti alle razze tradizionali di taglia grande quali la Calabrese o la Large White e la Landrace Italiana.

METODO DI PRODUZIONE I tagli derivano dalle parti più nobili del suino. La parte magra è ricavata dalla spalla, dalla coscia e dal filetto, mentre il grasso deriva dal lardo che deve essere pre-sente in percentuale variabile dal 4 al 15% per ogni chilogrammo di carne lavorata. Le carni selezionate e il lardo scelto vengono tritati a medio taglio e amalgamati con sale, pepe nero e altri ingredienti quali ad esempio vino e aromi naturali. Il macinato viene quindi insaccato in budella di suino, che sono poi forate; le soppressate vengono quindi legate a mano con spago naturale. La stagionatura deve essere effettuata allo stato naturale in apposito ambiente, igienicamente sano, per non meno di 45 giorni. La Soppressata di Calabria DOP può esse-re: Piccante se nell’impasto è stato aggiunto pepe rosso piccante o crema di peperoni piccante; Dolce se è stato aggiunto pepe rosso dolce o crema di peperoni dolce. Nel caso in cui non siano stati utilizzati né pepe rosso né crema di peperoni si ha invece la tipologia Bianca.

ASPETTO E SAPORE La Soppressata di Calabria DOP ha forma cilindrica leg-germente schiacciata. La sua lunghezza varia da 10 e 18 cm, il diametro è compreso tra 4 e 8 cm. Al taglio, la fetta risulta compatta, tendente al morbido, con una colorazione rosso naturale o rosso vivace uniforme a seconda dell’uso degli ingredienti naturali. Il sapore è più o meno intenso, a seconda della tipologia, con sapidità equilibrata.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Soppressata di Calabria DOP interessa l’intero territorio della regione Calabria. I suini utilizzati per la produzione devono essere nati nelle re-gioni Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia o Campania ed allevati nella regione Calabria dall’età massima di quattro mesi, quindi macellati e lavorati in Calabria.

STORIA Le origini della produzione di salumi in Calabria risalgono con tutta probabilità ai tempi della colonizzazione gre-ca delle coste ioniche. Le prime documentazioni certe riguardanti la lavorazione delle carni suine si riscontrano In un testo del 1691, Della Calabria Illustrata, nel quale Padre Giovanni Fiore da Cropani, cita tra le carni salate, quelle trasformate “in Lardi, in Salsicci, in Suppressate, e somiglianti”. Al decennio francese, 1806-1815, risale

invece la Statistica Murattiana nella quale viene docu-mentata la “preferenza delle carni porcine salate, che si lavorano in entrambe le Calabrie. Il sale e ’l pepe formano generalmente presso il popolo i preparativi alla corruzione di questo intingolo ricercato”. Nella terza sezione dedi-cata a “sussistenza e conservazione delle popolazioni” si indica che “la carne porcina è la sola che si sala in ciascheduno circondario”.

GASTRONOMIA La Soppressata di Calabria DOP si conserva in ambienti freschi ed asciutti, appesa al soffitto, dove si mantiene per circa 12 mesi. In alternativa è possibile conservarla sott’olio o sotto grasso in contenitori di vetro chiusi erme-ticamente oppure sottovuoto. La Soppressata di Calabria DOP viene gustata come antipasto con il pane locale. Può rappresentare un ottimo ingrediente per insaporire primi e secondi piatti. Per il suo sapore intenso e stuz-zicante, si sposa perfettamente con vini rossi locali ben strutturati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nelle tipologie Sop-pressata di Calabria DOP Piccante, Dolce e Bianca. È commercializzato sfuso oppure confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, in tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA La Soppressata di Calabria DOP deve le sue peculiari ca-ratteristiche alla qualità delle carni suine impiegate ed alla sapiente maestria, tramandata da generazioni, utilizzata in tutte le fasi di lavorazione del prodotto.

Consorzio di Tutela dei Salumi di Calabria DOPVia Roberta Lanzino, 33 87100 CosenzaTel: +39 0984 31777 www.consorziosalumidicalabriadop.it

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

Page 56: Qualiguida2013 parte1

50

SOPRÈSSA VICENTINA DOP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Soprèssa Vicentina DOP è un prodotto di salumeria, insaccato, a grana medio-grossa, ottenuto esclusivamen-te da carni di suini di razza Large White, Landrace e Du-roc, nati e allevati nella provincia di Vicenza.

METODO DI PRODUZIONE Le parti più pregiate dell’animale, quali coscia, coppa, spalla, pancetta, grasso di gola e lombo vengono fatti raf-freddare per 24 ore prima di procedere alla lavorazione. Segue il disosso, la mondatura e la snervatura. I tagli di carne selezionati vengono macinati a grana medio-grossa in tritacarne con stampi con fori di 6-7 mm di diametro. Alla carne macinata, portata a temperatura compresa tra 3 e 6°C, vengono aggiunti sale e pepe precedentemente miscelati e la tradizionale consa, una miscela di cannella, chiodi di garofano, rosmarino e, a volte, aglio. Il tutto viene ben amalgamato in modo che il grasso sia miscelato con il magro fino al limite della smelmatura (perdita di con-sistenza). L’impasto così ottenuto viene insaccato utiliz-zando budelli naturali di bovino con diametro minimo di 8 cm. Il prodotto viene successivamente legato con spago non colorato, posto verticalmente e orizzontalmente. Gli insaccati si fanno sgocciolare per 12 ore, a temperature comprese tra i 20 e i 24°C; poi si fanno asciugare per 4-5 giorni e infine vengono messi a stagionare per un periodo che varia in funzione della pezzatura (minimo 60 giorni per la pezzatura compresa tra 1 e 1,5 kg fino ad un minimo di 120 giorni per la pezzatura compresa tra 3,5 e 8 kg).

ASPETTO E SAPORE La Soprèssa Vicentina DOP ha forma cilindrica e dimen-sioni variabili da 15-20 cm a 40-50 cm di lunghezza, con diametro minimo di 8 cm. La superficie esterna si pre-senta ricoperta da una patina chiara che si sviluppa na-turalmente in fase di stagionatura. La pasta è compatta e allo stesso tempo tenera. La fetta appare di colore rosato tendente al rosso, di grana medio-grossa. Il profumo è speziato con eventuale fragranza di erbe aromatiche con o senza aglio. Il sapore è delicato, leggermente dolce e pepato o di aglio.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Soprèssa Vicentina DOP comprende l’intero territorio della provincia di Vicenza, nella regione Veneto. I suini utilizzati per la produzione devono provenire da allevamenti situati nella provincia di Vicenza.

STORIA Prodotta in tutta la provincia di Vicenza ed in particolare nell’area compresa fra le Piccole Dolomiti, l’Altopiano di Asiago ed i Colli Berici, la Soprèssa Vicentina DOP si ca-

ratterizza per il profondo e solido legame con il territorio d’origine. Il pittore Jacopo Da Ponte la rappresenta, nel 1577, nel dipinto Cristo in casa di Marta Maria e Lazzaro. Dalla metà del secolo scorso sono state dedicate a que-sto prodotto numerose feste contadine. Dal punto di vista produttivo, la Soprèssa Vicentina DOP è ottenuta seguen-do le modalità tradizionali tramandate attraverso i secoli dai contadini vicentini.

GASTRONOMIA La consuetudine vuole che la Soprèssa Vicentina DOP sia conservata in ambienti freschi ed asciutti, appesa al soffitto, dove si mantiene per circa 12 mesi. Una volta tagliata, dopo aver asportato il budello, è consigliabile riporla nella parte bassa del frigorifero, avvolta in un canovaccio, proteggen-do la parte tagliata con la pellicola per alimenti. Come an-tipasto è ottima cruda con sotto aceti e pan biscotto. Ta-gliata grossolanamente e scottata sulla griglia si può servire con il formaggio Asiago DOP e la polenta abbrustolita. Si sposa inoltre bene con la “verdura cota”: spinaci, bietole, pisacan (tarassaco) e ravisse (foglie della rapa).

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia So-prèssa Vicentina DOP. È commercializzato in pezzi singoli, confezionato, intero, in tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA Il gusto dolce e delicato della Soprèssa Vicentina DOP è dato dal caratteristico clima pedemontano della zona, asciutto e ventilato, che permette un utilizzo contenuto di sale.

Consorzio di Tutela della DOP Soprèssa VicentinaVia Foscari, 4 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 385829 www.sopressavicentina.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

@SopressaDop

Page 57: Qualiguida2013 parte1

51

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Lo Speck Alto Adige IGP è un prodotto di salumeria otte-nuto da cosce di suino disossate, rifilate con o senza fesa e quindi salate, affumicate e stagionate.

METODO DI PRODUZIONE Le cosce di suino selezionate sono consegnate allo stato fresco e devono pesare non meno di 10,5 kg; disossate e rifilate devono pesare almeno 5,2 kg e avere superfi-cie omogenea senza fessurazioni né sacche. Da questo punto della lavorazione in poi verrano definite “baffe”. Ogni coscia viene marchiata sulla cotennacon la data di inizio lavorazione per il controllo dei tempi di stagionatu-ra che avverrà in seguito. Entro quattro giorni dall’inizio della lavorazione le baffe vengono moderatamente sala-te, aromatizzate a secco con erbe naturali. L’affumicatura avviene “a freddo”, con legna non resinosa e la tempera-tura del fumo non può essere superiore a 20°C. Le baffe vengono poi stagionate in appositi locali a temperature comprese tra 10 e 15°C con un’umidità tra il 60 ed il 90%, secondo gli usi e le tradizioni locali. La durata mini-ma della stagionatura varia in funzione del peso terminale delle baffe. Si va quindi da un minimo di 20 settimane fino ad almeno 32 per il prodotto più pesante.

ASPETTO E SAPORE Lo Speck Alto Adige IGP si caratterizza per la forma a “cuore” o a “scudo”. Esternamente si presenta di colore marrone. Al taglio, la fetta è di colore rosso con parti di colorazione bianco-rosata. Ha una consistenza elastica, non appiccicosa nella parte magra e non untuosa in quel-la grassa. Il gusto è tipico, intenso, saporito, ma non sala-to, con sentori di fumo, spezie ed erbe aromatiche.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dello Speck Alto Adige IGP cor-risponde all’intero territorio della Provincia Autonoma di Bolzano (Südtirol), nella regione Trentino-Alto Adige.

STORIA La tradizione e gli storici fanno risalire la produzione di carne conservata al periodo delle invasioni longobarde. Le prime testimonianze storiche sullo speck risalgono però ai primi del Duecento. Già all’epoca infatti in Alto Adige si riusciva a conservare la carne grazie a una particolare combinazione di affumicatura e asciugatura all’aria. Nel corso dei secoli l’arte della salatura a secco e dell’affumicatura si perfezionò con ricette “segrete” uti-lizzate dai produttori locali. Lo Speck alto Adige IGP, in quanto specialità altoatesina apprezzata anche a livello internazionale, viene celebrato con una festa ad hoc in Val di Funes; lo Speckfest Alto Adige, che si pone l’obiet-tivo di far conoscere il prodotto tipico di alta qualità.

GASTRONOMIA Lo Speck Alto Adige IGP si conserva, se intero, in un ambiente fresco; ideale è la cantina. Il prodotto confe-zionato, invece, si conserva per alcuni mesi nel ripiano meno freddo del frigorifero, avvolto in un panno e non esposto alla luce. Prima di servirlo, è buona norma la-sciarlo a temperatura ambiente il tempo necessario a che riacquisti tutta la sua fragranza e la consistenza ideale. Esistono diversi modi di tagliare lo speck: con o senza la crosta, a mano o con la macchina, elegante e delicato a fette sottili, cubetti o listarelle. Ognuno di questi modi determina una sensazione diversa al palato. Lo Speck Alto Adige IGP trova vasto impiego nella preparazione di antipasti, primi e secondi piatti: dalle proposte più tradi-zionali, come i tipici canederli fino a combinazioni più in-novative, come quelle con la frutta, tra cui melone e fichi. Perfetto l’abbinamento con vini rossi, quali, ad esempio, il vino Schiava dell’Alto Adige, il pinot nero prodotto in Alto Adige; si sposa altrettanto bene con il Lagrein.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Speck Alto Adige IGP. È commercializzato in pezzi singoli, con-fezionato sottovuoto o in atmosfera modificata, intero, in tranci o affettato.

NOTA DISTINTIVA La miscelazione degli aromi è l’unica fase in cui il produt-tore è libero di caratterizzare lo Speck Alto Adige IGP con ricette “segrete” tramandate di generazione in generazio-ne. Unica restrizione: la percentuale di sale nel prodotto finito non deve superare il 5%.

Consorzio Tutela Speck Alto AdigeVia Renon, 33/A 39100 Bolzano (BZ)www.speck.it [email protected]

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

SPECK ALTO ADIGE IGP

SÜDTIROLER MARKENSPECK G.G.A. O SÜDTIROLER SPECK G.G.A.

Page 58: Qualiguida2013 parte1

52

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP è un prodotto di salu-meria ottenuto dal lardo della spalla e del dorso di suini di almeno nove mesi di età, appartenenti alle razze Large White e Landrace Italiana, Duroc o altre razze compatibili con il suino pesante italiano.

METODO DI PRODUZIONE Il lardo deve essere lavorato fresco. Una volta tagliate, rifilate dalla carne e squadrate, le “baffe” (nome tecnico dei pezzi ancora grezzi), vengono collocate negli appositi contenitori di legno di castagno, rovere o larice, i doils, dopo non oltre 48 ore dal giorno successivo alla macella-zione. Nel frattempo, la temperatura è mantenuta bassa per conservare inalterate le caratteristiche del prodotto. La collocazione nei doils prevede strati alterni di lardo, sale e una miscela di erbe aromatiche quali alloro, salvia, rosmarino, chiodi di garofano, cannella, ginepro, noce moscata, lauro e pepe. Si procede fino al riempimento del recipiente che viene infine ricoperto con acqua salata, portata prima a ebollizione e poi lasciata raffreddare in modo da ottenere la salamoia necessaria per la conser-vazione del prodotto. Il lardo deve riposare nei doils per un periodo non inferiore ai tre mesi.

ASPETTO E SAPORE Il Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP si presenta completo di cotenna e di forma e dimensioni variabili a seconda del taglio, con spessore mai inferiore a 3 cm (esclusa la cotenna). Al taglio, la fetta è di colore bianco, con la co-tenna su un lato e la possibile presenza di un sottile stra-to di magro; il cuore è normalmente rosato chiaro senza venature. Ha una consistenza compatta ma comunque morbida. Al palato, il sapore è piacevole e ricorda le erbe usate nella miscela.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP ricade nel territorio comunale di Arnad, in provincia di Aosta, nella regione Valle d’Aosta. I suini utilizzati per la lavorazione devono essere nati, allevati e macellati nel territorio delle regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Lombar-dia, Veneto, Emilia-Romagna.

STORIA I primi documenti storici relativi al Valle d’Aosta Lard d’Ar-nad DOP risalgono al 1570. In un inventario del 1763 del castello di Arnad è stata ritrovata la registrazione di quat-tro “doils di lardo già vecchi”. I doils, nel gergo dialettale locale patois, sono i contenitori che vengono utilizzati da sempre per conservare e far maturare il lardo. Nei seco-li passati esisteva pertanto una cultura del lardo molto sviluppata, che seguiva specifici metodi di produzione e

conservazione, utilizzati ancora adesso dalle maestranze locali. In un documento successivo, si ritrova la descrizio-ne di una tipica taverna della città di Aosta in cui i piatti, presenti sul menu, erano disposti in un grande tavolo: tra questi spiccava il lard friand, che tradotto significa “lardo prelibato”.

GASTRONOMIA Il Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP si conserva a lungo in contenitori sigillati. La tradizione vuole che il prodotto si gusti con il pan dür (caratteristico pane scuro valdosta-no) spalmato con miele, che ne esalta il sapore gradevol-mente dolce. Da sempre impiegato come condimento, di recente è stato “scoperto” e molto apprezzato come antipasto e come ingrediente per la preparazione di tipi-ci piatti locali. Curioso è l’abbinamento del Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP con castagne lessate, miele e un altro prodotto di salumeria tipico valdostano, la Motzetta, in cui il contrasto di dolce e salato dà vita a sensazioni pia-cevolissime al palato.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio, tutto l’anno, nella tipologia Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP (Vallée d’Aoste Lard d’Arnad DOP). È commercializzato in tranci, sfuso o sottovuoto.

NOTA DISTINTIVA Una particolarità della Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP è quella relativa all’alimentazione del maiale che esclude mangimi integrati per lasciar spazio ad alimenti quali ca-stagne e ortaggi.

Comitè des Produits Typiques Lard d’Arnadc/o municipio Via Clos, 311020 - Frazione Closè Arnad (AO) Tel: +39 0125 966300 - [email protected]

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

VALLE D’AOSTA LARD D’ARNAD DOPVALLÉE D’AOSTE LARD D’ARNAD DOP

Page 59: Qualiguida2013 parte1

53

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP è un prodotto di salumeria, crudo e stagionato, ottenuto dalla lavora-zione delle cosce fresche di suini delle razze Large Whi-te, Landrace e Duroc Italiana.

METODO DI PRODUZIONE Le cosce selezionate vengono sottoposte a refrigerazio-ne. Trascorse 24 ore dalla rifilatura, che elimina il grasso e l’eccesso di cotenna, vengono salate. La salagione av-viene a secco e interessa i mesi compresi fra novembre e febbraio. Gli ingredienti utilizzati sono, oltre al sale: pepe in grani e macinato, salvia, rosmarino, aglio, ginepro, timo, alloro. Durante tale periodo la coscia viene mas-saggiata almeno due volte per favorire la fuoriuscita di siero e sangue. Si lascia quindi riposare e viene portato a maturazione per un periodo di 15-20 giorni in ambienti freschi, in una cantina umida, nel fienile o nella camera del prosciutto che ogni baita possiede. In questa fase i prosciutti vengono anche lavati e fatti asciugare. A que-sto punto, la testa del femore e le superfici muscolari esposte vengono ricoperte con pepe macinato grosso-lanamente per evitare l’ossidazione. La stagionatura si protrae per un periodo minimo di 12 mesi ma può arri-vare fino anche a 30 mesi, anche se la maggior parte dei prosciutti ha una stagionatura di 14-18 mesi. Al termine della stagionatura, sui prosciutti idonei, che superano tutti i rigorosi controlli, viene apposto il marchio a fuoco.

ASPETTO E SAPORE Il Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP ha un peso minimo di 7 kg; ha forma semipressata e mantiene il pie-dino, che deve presentarsi inclinato di almeno 30° per rendere il prosciutto ancora più riconoscibile. La coscia è legata con una corda che passa per un foro praticato nel-la parte superiore del gambo. La cotenna è di colore gial-lo paglierino, liscia nella parte esterna e pieghettata nella parte interna della coscia. Al taglio, il colore della fetta è tendenzialmente rosso vinoso; il lardo è sodo e brillante, talora con sfumature rosa sull’esterno. Il gusto è delicato e leggermente salato, con una punta di dolce, un sotto-fondo aromatico e una delicata venatura di selvatico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP interessa il territorio del comune di Saint-Rhémy-en-Bosses, collocato ad una altezza di circa 1.600 metri s.l.m., nella regione Valle d’Aosta. I suini utilizzati per la produzione sono nati, allevati e macellati nelle regioni Valle d’Aosta, Pie-monte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

STORIA È nota la fama internazionale del Vallée d’Aoste Jambon

de Bosses DOP. Il primo dato certo che ne attesta la produzione si ritrova nei Contes de l’Hospice du Grand-Saint-Bernard del 1397, dove sono espressamente cita-te le tybias porci prodotte nel territorio di Saint-Rhémy-en-Bosses. La fama di questo prodotto si diffuse poi facilmente: il colle del Gran San Bernardo fu uno dei più frequentati valichi alpini e nel Basso Medioevo divenne la via privilegiata per i commerci con l’Europa occidentale.

GASTRONOMIA Si consiglia di conservare i prosciutti interi di Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP in ambienti freschi e, una volta iniziati, di ungere la superficie di taglio con un filo d’olio e ricoprirla con pellicola trasparente o con un foglio di alluminio. Il Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP si esprime al meglio se tagliato a fette molto sottili (preferibilmente a mano) e servito con pane nero. Ottimo anche l’accostamento di questo prosciutto con il burro di montagna, il miele e le noci.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP. È commercializzato in-tero, in tranci oppure affettato, confezionato sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA La stagionatura del Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOP ha luogo in locali freschi, ad esempio i rascards (costruzioni in legno tipiche degli alpeggi), all’interno dei quali i prosciutti vengono tenuti costantemente vicino a fieni locali, rivoltati e sostituiti con cadenza regolare.

VALLÉE D’AOSTE JAMBON DE BOSSES DOP

VALLE D’AOSTA JAMBON DE BOSSES DOP

Comitato per la Promozione e la Valorizzazione del Vallée d’Aoste Jambon de Bosses DOPHameau de Saint-Léonard, 10 11010 Saint-Rhémy En Bosses (AO)www.jambondebosses.it

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

@promozionejdb

Page 60: Qualiguida2013 parte1

54

ZAMPONE MODENA IGP

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Lo Zampone Modena IGP è un prodotto di salumeria, crudo o cotto, a base di carne e cotenna suina.

METODO DI PRODUZIONE La miscela di carni suine si ottiene da guancia, testa, gola e spalla dell’animale. La preparazione prevede la macinazione delle carni in tritacarne con stampi con fori di 7-10 mm per le parti muscolari e di 3-5 mm per la cotenna. Il trito ottenuto viene impastato in macchine sottovuoto o a pressione atmosferica insieme a sale e/o altri ingredienti quali vino, acqua, spezie e piante aro-matiche. La miscela viene insaccata in involucri naturali costituiti dal rivestimento cutaneo dell’arto anteriore del suino completo delle falangi distali e legato all’estremità superiore. Il prodotto finale può essere commercializza-to fresco o cotto: nel primo caso viene sottoposto ad asciugamento in stufa ad aria calda, nel secondo viene precotto in acqua.

ASPETTO E SAPORE La forma dello Zampone Modena IGP è quella tipica della zampa anteriore del suino. Ha consistenza morbida e al taglio le fette sono compatte, di granulometria uniforme e colore roseo tendente al rosso. Il sapore è caratteristico, con gusto molto intenso e aromatico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dello Zampone Modena IGP in-teressa l’intero territorio della regione Emilia-Romagna; il territorio delle province di Cremona, Lodi, Pavia, Milano, Monza e Brianza, Varese, Como, Lecco, Bergamo, Bre-scia, Mantova, nella regione Lombardia; il territorio delle province di Verona e Rovigo, nella regione Veneto.

STORIA Le origini dello Zampone Modena IGP risalgono al 1511: i cittadini di Mirandola (MO), assediati dall’esercito di Papa Giulio II della Rovere, decisero di macellare i maiali per sottrarli al saccheggio e di insaccare la carne dapprima nella cotenna, dando vita al cotechino e, successivamen-te, nelle zampe dei suini creando lo zampone. Il prodotto che ne derivò ebbe grande successo e si diffuse nei mer-cati limitrofi a partire dal XVIII secolo, anche grazie all’au-mento della produzione delle antiche botteghe salumiere, la Frigeri e la Bellentani.

GASTRONOMIA Lo Zampone Modena IGP fresco va conservato in frigori-fero e deve essere sottoposto a cottura prolungata prima di essere consumato. Lo Zampone Modena IGP cotto, confezionato in contenitori ermetici e sottoposto a tratta-mento termico, si conserva a temperatura ambiente per

un tempo più lungo e necessita di un tempo di cottura più breve, in genere variabile fra i 15 e i 20 minuti. Lo Zam-pone Modena IGP si gusta caldo, unito alle tradizionali lenticchie beneauguranti, nel corso delle festività natalizie e di Capodanno, ma anche ai fagioli bianchi in umido, agli spinaci al burro, al purea di patate e alla salsa di mele. Tra le svariate ricette possiamo ricordare lo “Zampone Modena IGP su crostini di polenta”, lo “Zampone Mode-na IGP su letto di verza al profumo d’arancio con Aceto Balsamico di Modena IGP” e, particolarmente originale lo “Zampone Modena IGP con spaghetti Thai, verdurine e germogli, salsa di ostriche e sesamo tostato”. Ideale l’abbinamento con vini rossi frizzanti, come ad esempio i classici Lambruschi DOP di Modena.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Zampone Modena IGP. È commercializzato fresco, sia sfuso che confezionato, oppure cotto, confezionato in imballaggi ermetici idonei all’interno di astucci di car-tone. In entrambi i casi è venduto intero per un peso di circa 1 kg. L’eventuale presenza anche del marchio consortile indica che l’azienda di produzione aderisce al Consorzio di tutela, che rappresenta una ulteriore fonte di garanzia.

NOTA DISTINTIVA Per la produzione dello Zampone Modena IGP non pos-sono essere utilizzati aromi di affumicatura né aromi otte-nuti per sintesi chimica. Ha un alto contenuto di proteine, di grassi insaturi rispetto ai saturi, di vitamine del gruppo B e di minerali quali ferro e zinco.

Consorzio Zampone Modena Cotechino ModenaStrada 4 , pal. Q8 20089 Milanofiori Rozzano (MI)Tel: +39 02 8925901 www.modenaigp.it [email protected]

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 61: Qualiguida2013 parte1

55

FORMAGGICLASSE 1.3

Page 62: Qualiguida2013 parte1

56

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO L’Asiago DOP è un formaggio a pasta semicotta prodotto eslusivamente con latte vacci-no in due tipologie. La tipolo-gia Pressato, con latte intero,

ha sapore dolce e delicato mentre il tipo d’Allevo, con latte parzialmente scremato, ha sapore più deciso.

METODO DI PRODUZIONE Al latte deve essere aggiunto il lattoinnesto, il caglio bovi-no e modeste quantità di sale. Dopo la coagulazione se-gue la rottura della cagliata e la semicottura. Si prosegue con la pressatura per circa 12 ore; quindi le forme vengo-no conservate per 48 ore in locali a 10-15°C. La salatura viene completata a secco o in salamoia. La stagionatura minima è di 20 giorni per l’Asiago DOP Pressato e di 60 giorni per l’Asiago DOP d’Allevo. La stagionatura deve avvenire all’interno della zona di produzione, in magaz-zini con temperature di 10-15°C. L’Asiago DOP, accom-pagnato dalla dicitura “Prodotto della Montagna” (oltre i 600 metri s.l.m.), deve essere ottenuto con latte di due o quattro mungiture, proveniente da allevamenti montani; in questo caso, la stagionatura minima è di 30 e 90 gior-ni rispettivamente per l’Asiago DOP Pressato e l’Asiago DOP d’Allevo. L’elaborazione e la stagionatura devono avvenire in aziende ubicate nel territorio montano.

ASPETTO E SAPORE L’Asiago DOP Pressato ha crosta sottile ed elastica, pa-sta bianca o leggermente paglierina con occhiatura mar-cata e irregolare. L’Asiago DOP d’Allevo ha crosta liscia e regolare, la pasta interna è compatta, granulosa, di colore che va dal paglierino fino all’ambrato e presenta occhiatura sparsa di piccola o media grandezza.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dell’Asiago DOP ricade nella pro-vincia di Vicenza, inoltre in due zone confinanti delle pro-vince di Padova e Treviso, nella regione Veneto; nella pro-vincia di Trento, nella regione Trentino-Alto Adige.

STORIA Nell’Altopiano che gli dà il nome, noto anche come Alto-piano dei Sette Comuni, intorno all’anno Mille si produce-va un gustoso formaggio ricavato dal latte ovino. Verso il XVI secolo le pecore lasciarono il posto ai bovini. Il latte vaccino dette origine alla tecnica casearia che ancora oggi si conserva nelle malghe. L’Asiago più antico è quello d’Allevo mentre, negli anni Venti, è iniziata la produzione del tipo Pressato, a più breve stagionatura, variante che veniva già adottata nelle malghe o alpeggi soprattutto nel primo periodo di monticazione del bestiame.

GASTRONOMIA L’Asiago DOP Pressato deve essere consumato più ve-locemente di quello d’Allevo. L’Asiago DOP d’Allevo si conserva anche fino ad un mese, purché collocato in un ambiente idoneo. La fetta dell’Asiago DOP deve essere avvolta in pellicola alimentare e tenuta a temperature di 8-9°C. L’Asiago DOP Pressato può essere consumato da solo, oppure tagliato a cubetti in insalata, a lamelle sulle uova fritte, nella pasta al forno, nelle pizze rustiche. La sua delicatezza richiede vini fruttati, bianchi freschi (pro-secco) o rosati morbidi. L’Asiago DOP d’Allevo si presta al “fine pasto” abbinato a frutta fresca. Lo Stravecchio è idoneo da grattugia.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nelle seguenti tipo-logie: Asiago DOP Pressato, con eventuale aggiunta del-la dicitura “Fresco”; Asiago DOP d’Allevo, con possibile aggiunta dell’indicazione “Stagionato”. Nelle etichette di quest’ultimo possono essere riportate anche le diciture: Mezzano, Vecchio, Stravecchio. Alle due tipologie può essere aggiunta la dicitura “Prodotto della Montagna”, per il prodotto lavorato in territorio montano. É commer-cializzato in forme intere, a tranci, porzionato e precon-fezionato.

NOTA DISTINTIVA Le forme appena prodotte di Asiago DOP Pressato ven-gono sottoposte ad una pressatura effettuata con torchi manuali o idraulici, da cui prendono il nome. Solo a con-clusione della fase di pressatura, che dura alcune ore, si procede con l’inserimento delle forme nelle fascere.

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

Consorzio Tutela Formaggio AsiagoCorso Fogazzaro, 18 36100 VicenzaTel: +39 0444 321758 www.formaggioasiago.it

ASIAGO DOP

Pressato (o Fresco) D’Allevo (o Stagionato)

@Asiago_cheese

Page 63: Qualiguida2013 parte1

57

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Bitto DOP è un formaggio stagionato a pasta semi-dura prodotto con latte vaccino intero e con eventuale aggiunta di latte caprino crudo in misura non superiore al 10%.

METODO DI PRODUZIONE Il latte vaccino deve provenire da razze bovine tradizio-nali della zona di produzione, alimentate con erba di pa-scolo. Anche il latte caprino crudo deve essere ottenuto da animali alimentati a pascolo libero. Il latte, bovino ed eventualmente caprino, deve essere lavorato entro un’ora; viene immesso nelle tradizionali caldaie in rame a forma di campana rovesciata, dove è riscaldato me-diante fuoco a legna. La cagliata, ottenuta con caglio di vitello, viene cotta tra i 48 e i 52°C per circa 30 minuti e viene rotta finché i grumi acquisiscono la grandezza di chicchi di riso. La pasta ottenuta viene posta in “fasce-re” tradizionali in legno o in plastica, che conferiscono il particolare scalzo concavo. Le fascere possiedono le indispensabili caratteristiche di respirabilità e porosità, necessarie al processo di salatura e maturazione. La salatura avviene a secco o in salamoia. La stagionatu-ra minima è di 70 giorni, ma le forme possono essere lasciate a maturare anche per diversi anni, senza che siano alterate le caratteristiche organolettiche e strut-turali del formaggio. In questi casi i formaggi sono sot-toposti a periodici rivoltamenti, puliture e raschiature. Il Bitto DOP è prodotto nel periodo compreso tra il primo giugno e il 30 settembre.

ASPETTO E SAPORE Il Bitto DOP si presenta con una crosta di colore gial-lo paglierino e una pasta compatta dal bianco al gial-lo paglierino. A seconda della stagionatura è presente occhiatura rada a occhio di pernice. Il sapore è dolce e delicato. Con l’invecchiamento il Bitto DOP acquista maggiore compattezza, diventa fondente al palato ed acquisisce un gusto più forte e aromatico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Bitto DOP comprende l’intero territorio della provincia di Sondrio e i territori limitrofi di alcuni comuni nelle province di Bergamo e Lecco, nella regione Lombardia.

STORIA Secondo alcuni storici, l’allevamento del bestiame nel-le valli alpine fu avviato dai Celti. Da allora, l’usanza di allevare gli animali da latte negli alpeggi durante la sta-gione estiva è giunta fino ai giorni nostri e con essa la tradizione di trasformare in formaggio il latte prodotto. Il nome Bitto si fa derivare dal termine celtico bitu, ossia

perenne. Probabilmente i Celti attribuirono questo nome al Bitto in quanto la lavorazione del latte consentiva di produrre un alimento da utilizzare come scorta alimen-tare. La città più importante per la commercializzazione del Bitto era Morbegno, centro della Bassa Valtellina, dove, dagli inizi del 1800, si svolgeva annualmente una mostra di questo formaggio oramai conosciuto ed ap-prezzato anche nelle valli limitrofe.

GASTRONOMIA Il Bitto DOP possiede una notevole attitudine alla con-servazione. È buona norma conservarlo in frigorifero nel piano inferiore, protetto con carta stagnola. Fresco è un ottimo formaggio da tavola servito con frutta secca, ir-rorato con aceto balsamico, accompagnato a pane di segale. Può essere impiegato anche come ingrediente di qualità in numerosi piatti tipici della cucina valtelline-se: i pizzoccheri, la polenta taragna, i risotti, le paste al forno e la fonduta. Le forme invecchiate sono utilizzate come formaggio da grattugia. Prediletti gli abbinamenti ai vini locali Valtellina Superiore DOP, Inferno e Sassella.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Bitto DOP. È commercializzato fresco, stagionato, in forme in-tere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sullo scalzo il logo prodotto impresso a fuoco.

NOTA DISTINTIVA La maturazione del Bitto DOP inizia nelle “casere d’alpe” e si conclude in appositi locali a fondovalle, sfruttando il naturale andamento climatico della zona di produzione.

Consorzio di Tutela Formaggi Valtellina Casera e BittoVia Bormio n. 26 23100 SondrioTel: +39 0342210247 www.ctcb.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

BITTO DOP

Page 64: Qualiguida2013 parte1

58

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Bra DOP è un formaggio prodotto con latte vaccino parzialmente scremato, pro-veniente da bovine allevate nella provincia di Cuneo, con

eventuali aggiunte di latte caprino e/o ovino, nella misura massima complessiva del 10%. Si presenta in due tipolo-gie: Tenero e Duro.

METODO DI PRODUZIONE Il Bra DOP Tenero viene prodotto con latte ottenuto da due mungiture consecutive. Il latte viene sottoposto a trattamento termico e poi viene fatto coagulare utilizzan-do caglio di vitello. La cagliata viene rotta fino ad ottenere dei grumi grandi come chicchi di mais. Si procede quindi ad una pre-pressatura e alla collocazione negli stampi. La salatura, a secco o in salamoia, viene eseguita dopo 24 ore e precede la stagionatura, non inferiore ai 45 gior-ni. Simile il procedimento per il Bra DOP Duro, fatta ec-cezione per la stagionatura, che si protrae per almeno 180 giorni. Entrambe le tipologie, se prodotte e stagio-nate nelle zone individuate come territorio montano del-la provincia di Cuneo, utilizzando latte della medesima provenienza, possono portare sull’etichetta la menzione “D’Alpeggio”. In questo ultimo caso, la produzione deve avvenire mediante lavorazione a latte crudo, la salatura deve essere effettuata a secco e la stagionatura minima deve essere di 60 giorni per il tipo Tenero e di sei mesi per il tipo Duro.

ASPETTO E SAPORE Il Bra DOP Tenero si presenta con una crosta elastica e una pasta bianca/giallo paglierino, dal sapore gradevolmente profumato. Il Bra DOP Duro ha una crosta dura e una pa-sta giallo paglierino, con un aroma gustoso e sapido.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Bra DOP ricade nell’intero ter-ritorio della provincia di Cuneo, nella regione Piemonte, mentre la zona di stagionatura comprende anche il co-mune di Villafranca Piemonte, in provincia di Torino, nella regione Piemonte.

STORIA Il formaggio Bra DOP deve il suo nome alla località omo-nima in provincia di Cuneo. In effetti Bra era in passato il luogo principale di stagionatura e smercio di questo for-maggio, prodotto fin dal 1300 negli alpeggi di montagna. Il Bra un tempo costituiva uno degli alimenti base delle popolazioni alpine locali; veniva prodotto dai pastori delle Alpi detti “malgari” i quali in autunno scendevano con le loro mandrie dal monte al piano per svernare ed in prima-

vera ritornavano ai pascoli montani dove producevano il formaggio di montagna. Dagli Ordinativi Braidesi del 1371 risulta che veniva posta una stantia sui formaggi: due soldi e due denari su quelli più cari (robiola), un soldo sui pin-guis (prodotti non stagionati, Bra compreso). I produttori di Bra dell’epoca acquistavano il “nostrale” dai malgari e lo facevano stagionare nelle loro cantine.

GASTRONOMIA Il Bra DOP va mantenuto in luogo fresco e asciutto e, se riposto in frigorifero, nello scomparto meno freddo. Il Bra DOP Tenero è un ottimo formaggio da tavola. Viene uti-lizzato come ingrediente prevalentemente nelle prepara-zioni gastronomiche da forno e si sposa bene con i vini rossi piemontesi giovani. Il Bra DOP Duro viene utilizzato soprattutto da grattugia e trova un perfetto abbinamento con i vini rossi piemontesi di maggior corpo e struttura.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso al commercio nelle tipologie Bra DOP Tenero e Duro, con eventuale aggiunta della men-zione “D’Alpeggio” (etichetta di colore verde). É commer-cializzato fresco o stagionato, in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare su una faccia la timbratura e sull’altra l’etichetta cartacea con il logo prodotto, la denominazione ed il numero di casello.

NOTA DISTINTIVA Il Bra DOP D’Alpeggio viene considerato il più pregiato dei formaggi Bra immessi in commercio e si distingue per la pasta di colore giallo-ocra, la consistenza compatta e l’occhiatura minuta. Il sapore è intenso, a volte piccante.

Consorzio Tutela Formaggio DOP BraVia Livorno, 60 10144 TorinoTel: +39 011 2258391 [email protected]

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

BRA DOP

Tenero Duro

Page 65: Qualiguida2013 parte1

59

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Caciocavallo Silano DOP è un formaggio semiduro a pasta filata prodotto con latte vaccino intero proveniente da bovine allevate nella zona di produzione.

METODO DI PRODUZIONE Il latte, di non più di quattro mungiture consecutive, vie-ne coagulato a 36-38°C utilizzando caglio di vitello o di capretto. A consistenza raggiunta si procede alla rottura della cagliata fino ad ottenere grumi della dimensione di una nocciola e la stessa si lascia a maturare per 4-10 ore, fino a quando raggiunge le condizioni per essere filata. Segue la filatura: questa consiste nella formazio-ne di una specie di cordone che viene plasmato fino a raggiungere la forma voluta. La modellatura della forma si ottiene con movimenti energici delle mani. Si procede, quindi, alla chiusura della pasta all’apice di ogni singolo pezzo, immergendo velocemente la parte in acqua alla temperatura di 80-85°C e completando l’operazione manualmente. Si conferisce alla pasta la forma opportu-na e, laddove prevista, si procede alla formazione della testina. Le forme così plasmate vengono appositamente immerse in acqua di raffreddamento. La salatura avviene per immersione in salamoia per almeno sei ore. Termina-ta questa operazione le forme vengono legate a coppie e appese a delle pertiche, per almeno 30 giorni, affinché avvenga la stagionatura.

ASPETTO E SAPORE Il Caciocavallo Silano DOP ha una forma ovale o tronco-conica, con testina o senza, con presenza di insenature in corrispondenza della posizione dei legacci. La crosta è sottile, liscia, di colore giallo paglierino mentre la pasta è omogenea, compatta con lievissima occhiatura di colore bianco o giallo paglierino. É caratterizzato da un sapore aromatico, piacevole, fondente in bocca, normalmente delicato e tendenzialmente dolce quando il formaggio è giovane, fino a diventare piccante a maturazione avan-zata.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Caciocavallo Silano DOP com-prende le aree interne delle province di Crotone, Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza, nella regione Calabria; Avellino, Benevento, Caserta e Napoli, nella regione Campania; Isernia e Campobasso, nella regione Molise; Bari, Taranto e Brindisi, nella regione Puglia; Matera e Po-tenza nella regione Basilicata.

STORIA Il Caciocavallo Silano DOP è tra i più antichi e caratteri-stici formaggi a pasta filata del Mezzogiorno d’Italia. La denominazione deriva, secondo la tesi più accreditata,

dalla consuetudine di appendere le forme di formaggio, in coppia, a cavallo di pertiche di legno disposte in pros-simità dei focolari. Le prime notizie sulla preparazione del cacio risalgono al 500 a.C. Nei secoli successivi, troviamo citazioni sulle qualità del butirro, antenato del caciovallo, in opere di diversi autori latini, fra cui Plinio. La denomi-nazione Silano deriva invece dalle origini antiche legate all’altopiano della Sila.

GASTRONOMIA Il Caciocavallo Silano DOP si conserva in luogo fresco e asciutto, nel proprio incarto d’acquisto. Nel frigorifero va collocato nello scomparto meno freddo. Questo formag-gio è ottimo da pasto e presenta elevate qualità nutritive. Il Caciocavallo Silano DOP è utilizzato in molte prepara-zioni gastronomiche, soprattutto abbinato a carni rosse e funghi, ma risulta ottimo anche cotto sulla piastra. Per le sue peculiarità si abbina bene con i vini rossi d’annata.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Cacio-cavallo Silano DOP. É commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sulla forma impresso termicamente il logo prodotto ed il nume-ro di identificazione del produttore.

NOTA DISTINTIVA Il Caciocavallo Silano DOP è caratterizzato da una ele-vata concentrazione di vitamine, proteine e sali minerali, dovuta alla considerevole quantità di latte utilizzato per la sua produzione; ne occorrono infatti 10 litri per ogni chilogrammo di formaggio.

Consorzio Tutela Formaggio Caciocavallo SilanoVia Forgitelle 87052 Camigliatello Silano (CS)Tel: +39 0984570832www.caciocavallosilano.it

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

CACIOCAVALLOSILANO DOP

Page 66: Qualiguida2013 parte1

60

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Canestrato di Moliterno IGP è un formaggio a pasta dura, stagionato almeno 60 giorni, ottenuto per il 70-90% da latte intero di pecora e per il rimanente 30-10% da latte intero di capra.

METODO DI PRODUZIONE Il Canestrato di Moliterno IGP è prodotto tutto l’anno uti-lizzando latte proveniente da greggi alimentate principal-mente al pascolo, con foraggi freschi e fieni. Gli ovini ap-partengono alle razze Gentile di Puglia, Gentile di Lucania, Leccese, Sarda, Comisana e loro incroci, mentre le capre sono di razza Garganica, Maltese, Jonica, Camosciata e loro incroci. Il latte proveniente da una o più mungiture deve essere trasformato entro 48 ore dalla prima mungitura e può essere utilizzato crudo o termizzato. La coagulazione è ottenuta aggiungendo caglio di agnello o di capretto e portando il tutto ad una temperatura di 36-40°C per 25-35 minuti. La cagliata viene rotta fino ad ottenere granuli delle dimensioni di un chicco di riso e poi estratta dal siero e posta in canestri, che conferiscono alla crosta la tipica striatura. Le forme sono quindi sottoposte a salatura, effet-tuata a secco oppure in salamoia, e poi sono fatte asciu-gare per 30-40 giorni prima di essere trasportate nei locali di stagionatura. La fase di stagionatura deve avere luogo esclusivamente all’interno dei cosiddetti fondaci, ambienti freddi, secchi e ben areati presenti solo nel territorio del comune di Moliterno e situati ad una altitudine superiore ai 700 metri s.l.m. Il fondaco si caratterizza per avere mura spesse 40 cm o più, con almeno due lati interrati e due aperture per il ricircolo dell’aria. In base alla durata della stagionatura il Canestrato di Moliterno IGP si distingue in Primitivo, stagionato fino sei a mesi; Stagionato ed Extra, quando la stagionatura si protrae rispettivamente fino ad un anno e oltre un anno.

ASPETTO E SAPORE Il Canestrato di Moliterno IGP presenta forma cilindrica, con diametro di 20 cm circa e altezza di 10-15 cm, con peso variabile dai 2 ai 5,5 kg. La pasta è compatta, con occhiatura irregolare, al taglio si presenta di colore bianco o paglierino a seconda della stagionatura. Il sapore è dolce nel formaggio fresco o piccante, in quello più maturo.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Canestrato di Moliterno IGP in-teressa 60 comuni di cui 46 in provincia di Potenza e 14 in provincia di Matera, nella regione Basilicata. La fase di stagionatura deve avvenire solo all’interno del territorio del comune di Moliterno.

STORIA Nel territorio di Moliterno la pastorizia e l’usanza di trasfor-

mare il latte in formaggio hanno origini molto antiche, testi-moniate da reperti archeologici risalenti al IV secolo a.C. Lo stesso nome della città potrebbe derivare dal latino mulge-re, cioè “mungere”.

GASTRONOMIA Il Canestrato di Moliterno IGP si conserva al meglio in luogo fresco e asciutto e, se porzionato, meglio riporlo in frigorifero e consumarlo in breve tempo. La tipologia Pri-mitivo è ottima gustata da sola come formaggio da tavola, ma può diventare saporito ingrediente di piatti semplici e moderni, come un’insalata di mela dell’Alta Val d’Agri. Lo Stagionato invece è ottimo grattugiato su ricette della tra-dizione lucana, quali i cavuzuni, o i maccaruni o’ firricied-du. Infine, il Canestrato di Moliterno IGP Extra esprime al meglio il suo gusto se abbinato al miele lucano o ad un bicchiere di vino rosso, quale ad esempio un Aglianico del Vulture DOP.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è commercializzato come Canestrato di Moli-terno IGP, nelle tipologie Primitivo (fino a sei mesi di sta-gionatura), Stagionato (fino ad un anno di stagionatura) ed Extra (oltre un anno di stagionatura). Può essere immesso in commercio intero o in tranci opportunamente confezio-nati.

NOTA DISTINTIVA La razza ovina Gentile di Lucania, dal cui latte è prodotto il Canestrato di Moliterno IGP, è la più diffusa in territorio lucano ed è la risultante di incroci tra pecore autoctone e arieti Merinos spagnoli, effettuati a partire dal XV secolo.

Consorzio per la Tutela del Pecorino Canestrato di Moliterno Via Roma 85047 Moliterno (PZ) www.canestratodimoliterno.info

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

CANESTRATO DI MOLITERNO IGP

Page 67: Qualiguida2013 parte1

61

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Canestrato Pugliese DOP è un formaggio a pasta dura, non cotta, prodotto esclusivamente con latte ovino inte-ro, modellato con particolari stampi che gli conferiscono un aspetto caratteristico.

METODO DI PRODUZIONE Il latte intero di pecora, portato a temperatura tra i 38 e 45°C, viene addizionato con caglio animale. La caglia-ta così ottenuta, raggiunta la corretta consistenza, vie-ne rotta fino ad ottenere granuli grandi come chicchi di riso e dopo una breve compattazione, viene racchiusa in canestri di giunco. La forma viene pressata e, dopo 2-4 giorni, si procede alla salatura che può essere ef-fettuata a secco o in salamoia e a più riprese. Una volta tolte dai canestri le forme vengono messe a stagionare in ambienti freschi e debolmente ventilati, dando vita ad un formaggio più giovane o più maturo a seconda che la stagionatura si protragga da un minimo di 2 fino a 10 mesi.

ASPETTO E SAPORE Il Canestrato Pugliese DOP ha forma cilindrica, la cro-sta è di colore marrone tendente al giallo, più o meno rugosa, dura e spessa. La pasta è di colore paglierino, compatta, friabile, discretamente fondente, poco elasti-ca, con occhiatura grassa appena visibile. Il sapore è caratteristico e deciso, più delicato e leggermente sa-pido nel prodotto fresco, con aroma fragrante nel pro-dotto stagionato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Canestrato Pugliese DOP ri-cade nell’intero territorio della provincia di Foggia e in di-versi comuni della provincia di Bari, nella regione Puglia.

STORIA La produzione di questo formaggio era legata alle pra-tiche della transumanza, infatti l’antico Canestrato Pu-gliese veniva prodotto da dicembre a maggio ossia nel periodo in cui le greggi transumavano dall’Abruzzo alla Puglia. Lo storico e politico potentino Giustino Fortu-nato così ricordava in uno dei suoi versi: “Se tu puoi pecora bella in estate alla Maiella e d’inverno a Pan-tanella”. In occasione dell’Esposizione italiana agraria, industriale e artistica tenutasi a Firenze del 1861, in-vece, a proposito dei formaggi di pecora presentati, si legge: “I caci canestrati sono molto pregiati nei luoghi, ma quasi sconosciuti al rimanente d’Italia, né facilmen-te accettabili pel loro gusto”.

GASTRONOMIA La tradizione vuole che il Canestrato Pugliese DOP ven-

ga tagliato a spicchi con il caratteristico coltello detto “a petto di piccione”. Le parti tagliate vanno conservate in un panno di cotone umido. Il Canestrato Pugliese DOP giovane viene largamente utilizzato in abbinamento con fave, pere o verdure crude in pinzimonio e si sposa con vini bianchi o rosati purché secchi e fermi. Il Canestrato Pugliese DOP stagionato in cucina trova la sua massima espressione grattugiato su pasta al ragù di carne, come quello caratteristico alla pugliese, o su involtini, avendo cura di grattugiarlo al momento sul piatto. Il formato di pasta maggiormente usato nella tradizione pugliese è l’orecchietta o, in alternativa, gli ziti, mezzi ziti o le luma-che. Questo formaggio diventa secondo piatto se ac-compagnato con verdure fresche, come sedano, radic-chio, cicoria, olive nere e ravanelli, o in umido.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Ca-nestrato Pugliese DOP. É commercializzato giovane e stagionato, in forme intere, a tranci, porzionato e pre-confezionato; deve recare sulla faccia piana la denomi-nazione. Deve riportare in etichetta il nome del prodotto e la menzione “Denominazione di Origine Protetta”.

NOTA DISTINTIVA I giunchi utilizzati per i noti canestri, detti fiscelle, in cui viene messo in forma il Canestrato Pugliese DOP sono flessuosi e particolarmente modellabili. Questa caratteri-stica consente di ottenere una forma simile ad una stuoia arrotolata, intrecciandoli in modo sufficientemente stretto da far passare solo il liquido del formaggio ed eliminare adeguatamente l’umidità in eccesso.

Bioagricert Srl Via dei Macabraccia, 8 40033 Casalecchio di Reno (BO)Tel: +39 051 562158 Fax: +39 051 564294www.bioagricert.org

COOP Caseificio Pugliese a r.l.Tel: +39 0808721567www.caseificiopugliese.it

Cordisco s.r.l.Tel: +39 0882 554311www.cordisco.it

CANESTRATO PUGLIESE DOP

Page 68: Qualiguida2013 parte1

62

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Casatella Trevigiana DOP è un formaggio fresco a pasta molle, ottenuto dalla caseificazione di latte intero esclusivamente di origine vaccina e proveniente dalle raz-ze Frisona, Pezzata Rossa e Bruna.

METODO DI PRODUZIONE Il latte, dopo la pastorizzazione, viene fatto coaugulare mediante l’aggiunta di caglio bovino liquido o in polvere, in un processo che si protrae per un tempo compre-so tra 15 e 40 minuti. Seguono una prima rottura della cagliata, una fase di riposo di 45-55 minuti ed una se-conda rottura uniforme e completa, in modo da ottenere granuli della grandezza di una noce. Successivamente, si procede ad una lenta agitazione della massa, che vie-ne estratta e posta in stampi cilindrici. Con tempi varia-bili da 40 a 120 minuti ed in base alla dimensione delle forme, viene effettuata la salatura in salamoia o a secco. Essendo un formaggio fresco, il periodo di maturazione è di soli 4-8 giorni e deve avvenire in stampi all’interno di celle a 2-8°C, rivoltando le forme almeno ogni due giorni.

ASPETTO E SAPORE La Casatella Trevigiana DOP si distingue nelle due tipo-logie Forma Piccola e Forma Grande. La Forma Piccola ha diametro 8-12 cm, peso 0,25-0,70 kg, scalzo 4-6 cm. La Forma Grande ha diametro 18-22 cm, peso 1,8-2,2 kg, scalzo 5-8 cm. È un formaggio caratterizzato da una pasta cremosa con un profumo delicato e un sapore dol-ce. Ha un colore bianco porcellanato ed è di consistenza morbida, la crosta è assente o appena percettibile.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Casatella Trevigiana DOP è l’intera provincia di Treviso, nella regione Veneto.

STORIA Le origini della Casatella Trevigiana DOP sono ricondu-cibili all’antica tradizione dell’arte casearia domestica tramandata oralmente. Insieme alla elaborazione di for-maggi adatti alla stagionatura veniva infatti prodotto un formaggio molle, non cotto, a rapida maturazione e subi-to pronto al consumo. Tale formaggio prendeva il nome di casata o casatela, termine di origine veneta, variante di Casada, ovvero formaggio preparato in casa dalle fami-glie contadine. A partire dal XVII secolo, si hanno le prime testimonianze scritte che comprovano l’esistenza della Casatella, chiamata anche formajela, per la forma parti-colare dovuta allo stampo cilindrico utilizzato, nell’entro-terra della repubblica veneziana, per separare la cagliata dal siero. Intorno al 1789 le formagiele furono incluse tra i doni fatti dal Doge all’arte dei fruttajuoli. Questi infatti

regalarono al nuovo Doge, Ludovico Manin, 480 meloni, che il Doge contraccambiò con diversi prodotti agricoli, tra cui 24 formagiele.

GASTRONOMIA La Casatella Trevigiana DOP può essere conservata a temperature non superiori ai 4°C, per non più di 10-15 giorni. È un formaggio molto versatile ed è un alimento ricco e nutriente. In cucina può essere impiegato in molte ricette, come stuzzichino insieme ai grissini, come ingre-diente di secondi piatti o da abbinare ad una semplice insalata. Si accompagna particolarmente bene con i con-torni di verdura o come fine pasto di un pranzo leggero. Viene spesso servita con il Radicchio Rosso di Treviso IGP alla griglia e una fetta di polenta. Ricette più moderne la vedono abbinata con la mostarda di frutta. La Casatella Trevigiana DOP si sposa bene con vini bianchi e spumanti come il Conegliano-Valdobbiadene Prosecco DOP.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio come Casatella Trevigiana DOP, nelle tipologie Forma Piccola e Forma Grande. È commercializzato in forme intere all’interno di idonee confezioni. La sua alta deperibilità e delicatezza lo rendono poco adatto a lunghi trasporti.

NOTA DISTINTIVA La Casatella Trevigiana DOP è un alimento prezioso che concentra le qualità nutrizionali dei componenti del latte fresco: proteine, grassi, sali minerali, vitamine. Si tratta inoltre di un formaggio estremamente digeribile, partico-larmente adatto a regimi dietetici ipocalorici.

Consorzio per la Tutela del Formaggio Casatella Trevigiana DOPV.le Sante Biasuzzi, 20 31038 Paese (TV)www.casatella.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

CASATELLA TREVIGIANA DOP

Page 69: Qualiguida2013 parte1

63

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Casciotta d’Urbino DOP è un formaggio a pasta semi-cotta prodotto con il 70-80% di latte ovino intero e con il 20-30% di latte vaccino derivato da due mungiture gior-naliere, provenienti da allevamenti ubicati nella zona di produzione.

METODO DI PRODUZIONE Il latte viene coagulato a 35-38°C con caglio animale. La cagliata, una volta raggiunta la consistenza necessaria, viene rotta fino ad ottenere chicchi che abbiano la dimen-sione di una nocciola; dopodichè, all’interno di apposite fascere, viene sottoposta per alcune ore, ad una pres-satura che favorisce la perdita di umidità. Il successivo procedimento è la salatura, effettuata manualmente, ge-neralmente a secco oppure alternando la salamoia alla salatura a secco. Ultimo passaggio è la stagionatura che avviene in ambienti a temperatura di 10-14°C e con umi-dità di 80-90%, in relazione alle dimensioni della forma; le forme rimangono a stagionare per 20-30 giorni, dando vita ad un formaggio più fresco o più maturo. Per evitare l’eventuale insorgere di muffe, una parte della produzione di Casciotta d’Urbino DOP viene rivestita di una cera tra-sparente e lucida atta a proteggere la crosta.

ASPETTO E SAPORE La Casciotta d’Urbino DOP ha una crosta sottile di colore giallo paglierino ad avvenuta maturazione. Ha un’altezza che va da 5 a 7 cm e diametro compreso tra i 12 e 16 cm. La pasta è molle, friabile con lieve occhiatura, di colore bianco paglierino. Il sapore è dolce e persistente, caratte-ristico delle particolari procedure di lavorazione.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Casciotta d’Urbino DOP è la provincia di Pesaro e Urbino, nella regione Marche.

STORIA Il nome Casciotta deriva da cascio, variante linguistica territoriale del termine “cacio”. Si tratta di un formaggio di origini antiche, prodotto già nel XV secolo, ai tempi dei duchi di Montefeltro e Della Rovere i quali dedicavano particolare attenzione alla produzione casearia (come si evince dalle numerose norme delle “Costituzioni d’Urbi-no” che la riguardano), e lo impiegavano come oggetto di commercio con Roma e con lo Stato della Chiesa. La Casciotta d’Urbino era spesso presente ai grandi convi-vi e banchetti di nozze dei nobili dell’epoca. Secondo la tradizione anche Michelangelo apprezzava molto questo formaggio, soprattutto quello poco stagionato. Inoltre nel 1761, il Cardinale Ganganelli, futuro Papa Clemente XIV, da Roma ringraziava l’Abate Antonio Tocci di Cagli con una lettera per avergli inviato squisite casciotte.

GASTRONOMIA La Casciotta d’Urbino DOP va conservata ad una tem-peratura ideale di 4-8°C e quindi, se riposta in frigorifero, deve essere collocata sul ripiano meno freddo. Si consi-glia inoltre, prima del consumo, di riportarla a temperatu-ra ambiente, in modo da apprezzarne appieno il partico-lare sapore. Estremamente duttile in cucina, è impiegata come ingrediente nella preparazione di svariate pietan-ze o può essere servita come piatto unico, arricchita e presentata con tanti ingredienti complementari capaci di valorizzarla al meglio. Viene molto spesso consumata in abbinamento con la tipica “crescia sfogliata di Urbino”, ricetta antica, semplice ma estremamente raffinata. A fine pasto viene abbinata a frutta caramellata o dolci. In cucina è estremamente duttile: se particolarmente fresca è più indicata nelle mantecature e nelle salse; se più sta-gionata entra nelle farciture e nei ripieni. Agli antipasti ed ai primi piatti delicati a base di Casciotta d’Urbino DOP vengono generalmente abbinati vini leggeri, mentre a pri-mi e secondi piatti dal sapore più deciso vini mediamente corposi. Come dessert, accompagnato da miele, si spo-sa bene con vini dolci.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Ca-sciotta d’Urbino DOP. È commercializzato fresco o matu-ro, a forme intere, a tranci, porzionato o preconfezionato.

NOTA DISTINTIVA La Casciotta d’Urbino DOP trae il suo particolare sapore dalle erbe montane della zona di produzione che costitu-iscono l’alimentazione degli ovini e dei bovini.

Consorzio Tutela Formaggio Casciotta d’UrbinoVia Cerbara, 81 61030 Montemaggiore al Metauro (PU)Tel: +39 0721 895744www.casciottadiurbino.it [email protected]

CASCIOTTA D’URBINO DOP

Autorità Pubblica di Controllo di Assam Via dell’Industria, 160027 Osimo Stazione (AN)Tel: +39 071 8081www.apcassam.it [email protected]

Page 70: Qualiguida2013 parte1

64

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Castelmagno DOP è un formaggio a pasta semidura, prodotto con latte vaccino crudo intero e piccole ag-giunte di latte ovino o caprino

parzialmente scremato (5-20%) proveniente da bovine alimentate con foraggi, freschi o affienati, della zona di produzione.

METODO DI PRODUZIONE Le razze bovine utilizzate per la produzione del latte de-vono essere riconducibili ai tipi genetici Barà Pustertaler, Bruna, Pezzata Rossa d’Oropa, Pezzata Rossa, Mont-beillard, Grigio Alpina, Piemontese, Valdostana e loro in-croci. Il latte viene riscaldato alla temperatura di 30-38°C e fatto coagulare con caglio liquido di vitello. La cagliata viene frantumata, lasciata depositare e successivamente riposare per almeno 18 ore. Dopodichè viene trasferita in appositi recipienti e immersa nel siero delle lavorazioni precedenti per circa 2-4 giorni per completare la fermen-tazione. La cagliata viene quindi rotta e poi finemente tritata, rimescolata e salata. Il prodotto viene ora avvolto in un telo e deposto nelle fascelle di formatura per almeno un giorno, dove viene sottoposto a pressatura manuale o meccanica. È consentita un’ulteriore salatura delle forme a secco. La maturazione deve essere effettuata in luoghi freschi e umidi. Durante la stagionatura, che dura alme-no 60 giorni, le forme sono poste su scaffali di legno, periodicamente lavate e rivoltate. Il Castelmagno DOP può presentare la menzione “Prodotto della Montagna” se è ottenuto da bovine che si alimentano nei pascoli ad un’altitudine compresa tra i 650 e i 1000 metri s.l.m.; se ottenuto a un’altitudine superiore ai 1.000 metri s.l.m., solo nel periodo estivo, con le vacche alimentate escul-sivamente a pascolo riporta invece la menzione “Di Al-peggio”.

ASPETTO E SAPORE Il Castelmagno DOP ha forma cilindrica con diametro di 15-25 cm, scalzo di 12- 20 cm e peso variabile dai 2 ai 7 kg. La crosta è sottile e liscia di colore giallo-rossastra nelle forme più fresche e tende ad un aspetto rugoso nel-le forme più stagionate. La pasta, molto friabile e priva di occhiature, è di colore bianco avorio con tendenza al giallo-ocra e presenta venature blu-verdi (erborinatura) nelle forme più stagionate. Il sapore è delicato se poco stagionato, saporito e piccante se stagionato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Castelmagno DOP ricade nei comuni di Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana in provincia di Cuneo, nella regione Piemonte.

STORIA Secondo la tradizione il Castelmagno DOP, nato dalla creatività dei pastori dell’Alta Valle Grana, ha origini an-tiche: le prime forme furono prodotte già nel XII secolo. Questo formaggio è stato riscoperto a livello nazionale e internazionale, grazie alla razionalizzazione e standardiz-zazione delle tecniche artigianali di produzione.

GASTRONOMIA Il Castelmagno DOP va conservato in ambiente fresco oppure in frigorifero, nello scomparto meno freddo, av-volto nella sua carta d’acquisto. Viene consumato come formaggio da tavola o utilizzato come ingrediente di molte ricette. Ideale nella preparazione di paste, riso, polenta e gnocchi, ma anche sul carpaccio di manzo. Può essere gustato anche come dessert, accompagnato da miele o confetture. Trova il giusto abbinamento con vini rossi corposi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso al commercio nella tipologia Ca-stelmagno DOP, con eventuale aggiunta della menzione “Prodotto della Montagna” e della menzione “Di Alpeggio”. É commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sulla faccia il logo prodotto impresso durante la formatura.

NOTA DISTINTIVA L’erborinatura, termine che deriva dal vocabolario dialet-tale lombardo erborin e significa prezzemolo, nel Castel-magno DOP si sviluppa naturalmente con la stagionatura, senza necessità di inoculare muffe specifiche.

Consorzio Tutela Formaggio CastelmagnoPiazza Caduti, 1 12020 Castelmagno (CN)Tel: +39 0171986148 Fax: +39 [email protected]

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

CASTELMAGNO DOP

Prodotto della Montagna Di Alpeggio

Page 71: Qualiguida2013 parte1

65

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Fiore Sardo DOP è un formaggio a pasta dura cruda, prodotto esclusivamente con latte ovino intero di pecore sarde allevate al pascolo.

METODO DI PRODUZIONE Il latte, ottenuto da due mungiture giornaliere o, nel pe-riodo estivo, da un’unica mungitura, viene coagulato a 33-35°C, in caldaie di rame (lapiolos), con caglio di agnello e/o capretto. Dopo circa 23-27 minuti la caglia-ta viene rotta una prima volta e, dopo qualche minuto di riposo nella caldaia, viene nuovamente frantumata e disposta nelle caratteristiche forme a tronco di cono. Per favorire lo spurgo del siero, la pasta viene lavorata manualmente con procedure tradizionali (piccàu e arre-mundàu). Per dare una crosta più resistente e liscia si effettua la scottatura con la scotta o con l’acqua calda prima di procedere con la salatura in salamoia per circa 36-48 ore. Si avvia quindi all’affumicatura con arbusti di macchia mediterranea per un periodo di 10-15 giorni, al termine del quale la forma acquista un colore giallo oro. La stagionatura avviene in cantine fresche, umide e ben aerate, e si protrae per un periodo minimo di tre mesi e mezzo per il formaggio da tavola e di almeno sei mesi per quello da grattugia. Il prodotto stagionato ha un peso che varia da 3 a 4 kg. Nei primi mesi di stagionatura si ha uno sviluppo esterno, nella crosta, di muffe di colore bianco-verde e grigio scuro, segno di corretta e buona maturazione. Con la stagionatura, inoltre, la crosta as-sume un colore talvolta marrone, talvolta verde scuro. Dopo aver raggiunto un certo grado di maturazione il formaggio viene unto con olio di oliva e manipolato e rigirato continuamente.

ASPETTO E SAPORE Il Fiore Sardo DOP ha forma cilindrica, con il caratteristi-co scalzo “a groppa di mulo”. La crosta è gialla tendente al marrone secondo il grado di stagionatura. La pasta è compatta, bianca e senza occhiatura. Il sapore è più o meno piccante a seconda del grado di maturazione e presenta sentori di frutta secca e aromi di piante offici-nali, che tendono ad attenuarsi nel corso dell’invecchia-mento.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Fiore Sardo DOP comprende l’intero territorio della regione autonoma della Sardegna.

STORIA Questo formaggio affonda le proprie radici in epoca an-tecedente la conquista romana della Sardegna. In epoca più recente il Fiore Sardo DOP fu l’unico formaggio sardo consumato nel resto d’Italia. Nel XIX secolo veniva usato

in Liguria per la produzione del pesto. L’origine del nome deriva probabilmente dal fiore impresso nei recipienti a tronco di cono di legno di castagno (pischeddas) utilizza-ti, fino ad alcuni anni fa, per la messa in forma.

GASTRONOMIA Il Fiore Sardo DOP, sia intero che porzionato, è un pro-dotto che si mantiene inalterato nel sapore e nella consi-stenza per lunghi periodi anche fuori dal frigorifero. Si può consumare fresco come formaggio da tavola o stagiona-to da grattugiare. Nel primo caso è ottimo cotto, fritto, arrostito e fuso, accompagnato alle fave fresche o come ripieno per i ravioli. Il Fiore Sardo DOP più stagionato è in-vece squisito con le patate arrostite, i salumi, i pomodori freschi e le cipolle. Può essere grattugiato anche sui piatti della tradizione sarda come sul pane frattau, sui culurjo-nes di formaggio fresco, sul pane fresa. Viene abbinato ai vini sardi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Fiore Sardo DOP. É commercializzato in forme in-tere, a tranci, porzionato e preconfezionato e deve recare sulla forma il contrassegno specifico della denominazione di origine.

NOTA DISTINTIVA In passato, il metodo di lavorazione del Fiore Sardo DOP prevedeva l’uso di una particolare tecnica di riscaldamen-to del latte, che veniva immesso in recipienti di sughero e riscaldato attraverso l’introduzione di pietre preventiva-mente ben arroventate sul fuoco.

Consorzio Tutela Formaggio Fiore Sardo DOPVia Margherita, 21 08020 Gavoi (NU)Tel: +39 0784 529043 www.fioresardo.it [email protected]

Agenzia Laore SardegnaVia Caprera, 809123 Cagliari Tel: +39 070 6026www.sardegnaagricoltura.itsardegnaagricoltura@regione.sardegna.it

FIORE SARDO DOP

Page 72: Qualiguida2013 parte1

66

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Fontina DOP è un formaggio a pasta semicotta, otte-nuto da latte vaccino intero prodotto da bovine di razza Valdostana (Pezzata Rossa, Pezzata Nera e Castana).

METODO DI PRODUZIONE Per la produzione si utilizza latte intero e crudo che deve essere lavorato entro poche ore dalla mungitura. Il latte, portato ad una temperatura massima di 36°C, viene coagulato con caglio di vitello. La cagliata viene rotta fino ad ottenere grumi della grandezza di chicchi di mais e successivamente riscaldata per circa mezz’ora fino a raggiungere i 48°C, in modo da favorire lo spurgo dei coaguli. Terminata questa fase, detta di “spinatura”, si lascia a riposo per 10 minuti, trascorsi i quali viene posta nelle fascere che contengono una placchetta di caseina con il numero progressivo del prodotto e quindi pressata per circa 12 ore rivoltando continuamente la forma. Prima dell’ultimo rivoltamento, vengono applica-ti gli stampi identificativi del Consorzio Tutela Fontina (CTF) che riportano anche un codice identificativo del produttore e che si imprimono sullo scalzo. Si proce-de quindi alla salatura, seguita dalla stagionatura che avviene in grotte naturali, umide e fredde per almeno tre mesi.

ASPETTO E SAPORE La Fontina DOP ha una crosta compatta, sottile, di co-lore marrone più o meno intenso in funzione dell’età. La pasta, semicotta, è morbida ed elastica con occhiatura caratteristica e dispersa nella forma, fondente in bocca. Il colore varia dall’avorio al giallo paglierino più o meno intenso. Il sapore è dolce e delicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Fontina DOP ricade nel ter-ritorio della regione autonoma Valle d’Aosta.

STORIA Secondo quanto riportato da documenti storici sulla Valle d’Aosta, il nome “fontina” ricorre con una certa fre-quenza. Sin dalla metà del 1200 si incontra la famiglia de Funtina e cento anni dopo si legge de Fontines. Molto ricca è anche la documentazione sull’uso del nome per indicare diversi luoghi come prati, terreni e villaggi. Sor-ge lentamente, scorrendo gli archivi, l’abbinamento del nome “fontina” al formaggio, in sostituzione al vacheri-nus, in abbinamento al seras e, poi, a partire dal XVIII secolo usato in modo inequivocabile per il caratteristico formaggio. Per molti secoli la fontina venne prodotta là dove era possibile produrre abbastanza latte, ovvero in alpeggio. Durante l’inverno la quasi totalità delle famiglie valdostane non aveva che poche vacche. Solo nel corso

del 1800 si costituirono le latterie turnarie ed il latte da lavorare fu messo in comune con spirito cooperativisti-co. La Fontina DOP è dunque figlia dell’alta montagna ed ha preso il nome da nobili casati e ricorrenti toponimi della Valle d’Aosta. GASTRONOMIA La Fontina DOP si conserva bene in ambienti umidi a 10-12°C, meglio se riposta su un’asse di legno. In frigo-rifero va conservata in sacchetti per alimenti nello scom-parto meno freddo, con la parte del taglio coperta da carta stagnola e avendo l’accortezza di toglierla circa un’ora prima di consumarla. Può essere utilizzata come formaggio da tavola o nelle preparazioni gastronomiche. Sicuramente il piatto a base di Fontina DOP maggior-mente conosciuto è la fonduta alla valdostana. Molto utilizzata anche come ingrediente per la preparazione di crostini, antipasti e primi piatti (polenta, gnocchi, cre-spelle, ecc.), ma anche da solo come semplice spunti-no. Si abbina magnificamente sia a vini bianchi, che a rossi e rosati leggeri.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Fontina DOP. É commercializzato in forme inte-re, a tranci, porzionato o preconfezionato.

NOTA DISTINTIVA Nel primo mese di maturazione della Fontina DOP, le forme vengono rivoltate ogni giorno, alternando un gior-no di salatura e uno di spazzolatura, operazioni che agevolano lo sviluppo della caratteristica crosta.

Consorzio Produttori e Tutela della DOP Fontinaregione Borgnalle, 10/L 11100 AostaTel: +39 0165 44091 www.consorzioproduttorifontina.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

FONTINA DOP

Page 73: Qualiguida2013 parte1

67

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Formaggella del Luinese DOP è un formaggio a pasta semidura prodotto esclusivamente da latte caprino intero e crudo proveniente dalle razze locali tipiche dell’arco alpino Camosciata delle Alpi, Nera di Verzasca e relativi incroci.

METODO DI PRODUZIONE Il latte caprino, ottenuto da massimo tre mungiture, deve essere stoccato a temperatura non superiore a 4°C e trasformato entro 30 ore dalla mungitura. La cottura del latte può avvenire con fuoco a legna, gas o vapore raggiungendo una temperatura di 32-34°C. Viene quindi aggiunto l’innesto di batteri lattici e il caglio naturale di vitello. La cagliata viene cotta per circa 30-40 minuti e viene rotta finché i grumi hanno la grandezza di chicchi di mais. Si procede quindi alla messa in forma all’interno di stampi del diametro di 14 cm. Le forme vengono lasciate a sgocciolare per un massimo di 48 ore a temperatu-ra ambiente; in questa fase vengono anche rivoltate 2-5 volte per favorire la sineresi. Seguono la salatura a secco o in salamoia e l’asciugatura a temperatura ambiente. La stagionatura dura almeno 20 giorni e avviene in apposi-ti locali con umidità controllata (85-95%) e temperatura massima di 15°C oppure in cantine a temperatura natu-rale. Mediamente le forme vengono lasciate stagionare per un periodo che varia da 40 a 60 giorni.

ASPETTO E SAPORE La Formaggella del Luinese DOP ha una crosta non dura, con un’eventuale presenza di muffe. La pasta è compat-ta, bianca, con possibile occhiatura minuta, di consisten-za elastica, morbida e relativamente solubile. Il sapore è dolce e delicato e tende a intensificarsi con il progredire della maturazione.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Formaggella del Luinese DOP comprende le aree collinari e montane di 71 comuni situati nella parte nord della provincia di Varese, nella re-gione Lombardia.

STORIA Fin dai tempi antichi l’allevamento caprino nelle Valli del Luinese è stato svolto da nuclei familiari e i formaggi pro-dotti erano oggetto di scambi, donazioni e commerci nei mercati della zona. Primi riferimenti storici alla formaggel-la del Luinese risalgono ad alcuni scritti del Cinquecen-to e del Seicento. In opere successive si fa poi esplicita menzione a “piccoli formaggi di gusto piccante”, ottenuti dal latte delle numerose capre che popolavano la Valtra-vaglia. A partire dal secondo dopoguerra si è verificato un costante fenomeno di abbandono delle zone rurali, con la conseguente perdita dei lavori di montagna tra i quali

la caseificazione artigianale del latte. Dagli anni Settanta poi, nel territorio pedemontano, c’è stata una rinascita dell’allevamento caprino e dei prodotti derivati grazie alla riscoperta dei prodotti tipici.

GASTRONOMIA La Formaggella del Luinese DOP si conserva in frigorifero a temperatura di circa 4°C, chiusa in appositi contenitori da formaggio salva-aroma e salva-freschezza in plastica o in vetro. Può essere consumata come formaggio da ta-vola oppure come ingrediente nella preparazione di piatti tipici della cucina locale. Tra questi si ricorda il “risotto con Formaggella del Luinese DOP e pere mantovane”, il “filetto di trota all’alpe con cipolle caramellate”, gli “gnoc-chetti freddi con caprino fresco e scaglie di Formaggella del Luinese DOP” e il “formaggio di capra a colori”, dove la formaggella è lavorata con latte di capra e aglio fino a raggiungere la consistenza di un budino, che viene poi condito con una salsa a base di pomodoro, rucola sel-vatica e noci.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Formaggella del Luinese DOP. É commercializ-zato solo in forme intere. Deve recare sullo scalzo il logo prodotto impresso a fuoco.

NOTA DISTINTIVA Le greggi di capre da cui si ottiene il latte per la produ-zione della Formaggella del Luinese DOP rimangono a pascolare in alpeggio per 7-8 mesi all’anno, conferendo così al formaggio caratteristiche uniche.

Consorzio per la Tutela della Formaggella del Luinese Via Provinciale, 114021030 Cassano Valcuvia VA Tel: +39 0332 [email protected]

Certiprodop SrlVia del Macello, 26 26013 Crema (CR)Tel: +39 0373 259662 Fax: +39 0373 253530www.certiprodop.it [email protected]

FORMAGGELLA DEL LUINESE DOP

Page 74: Qualiguida2013 parte1

68

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP, a pasta dura o se-midura, è prodotto con latte intero vaccino, con latte ovino, oppure con una miscela dei due (80% vaccino e almeno 20% ovino). Gli animali da cui è ottenuto devono proveni-re da allevamenti della zona di produzione e appartenere a bovine di razza Frisona Italiana, Bruna Alpina, Pezzata Rossa e relative meticce e da pecore di razza Sarda, Co-misana, Massese, Vissana, Cornella Bianca, Fabrianese delle Langhe, Pinzirita e relative meticce.

METODO DI PRODUZIONE Il latte, proveniente da due mungiture giornaliere, può es-sere utilizzato sia crudo che pastorizzato; se crudo, deve essere lavorato entro 48 ore dalla prima mungitura. La coagulazione avviene con aggiunta di caglio naturale a 30-38°C. Dopo la rottura della cagliata e la messa in for-ma, si prosegue con la salatura e con la pre-stagionatura, effettuata per un periodo compreso tra 60 e 240 giorni. Successivamente, il formaggio viene inserito in sacchi di cotone naturale per essere infossato nelle caratteristiche fosse di roccia viva di arenaria. Quando la fossa è vuota, viene tenuta chiusa tramite copertura di legno e aggiunta di sabbia o sassi. Prima dell’utilizzo le fosse vengono ste-rilizzate con paglia bruciata e le pareti vengono rivestite con paglia e bacchette di legno. Una volta riempite con le forme, le fosse vengono coperte di paglia e sigillate con gesso o malta di arenaria calcidrata. I formaggi vengono prelevati dalla fossa dopo 80-100 giorni di stagionatura.

ASPETTO E SAPORE Il Formaggio Fossa di Sogliano DOP ha una colorazione che varia dal bianco avorio al giallo paglierino. Le forme hanno struttura irregolare, crosta assente o appena accennata, peso variabile dai 500 ai 1.900 g. La pasta ha consisten-za semi-dura, facilmente friabile, di colore bianco-ambra o paglierino. L’odore è molto forte con sentori di zolfo, muffa e tartufo. Il sapore varia a seconda del latte utilizzato: il Pecorino ha gusto aromatico, sapore gradevole, intenso e lievemente piccante. Il Vaccino è più delicato, lievemente acidulo e salato con un retrogusto amaro. Il Misto ha un gusto equilibrato, con leggeri sentori amarognoli.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Formaggio di Fossa di Sogliano DOP comprende le province di Forlì-Cesena, Rimini, Ra-venna e parte del territorio della provincia di Bologna, nella regione Emilia-Romagna e i distretti provinciali di Ancona, Macerata, Pesaro-Urbino e Ascoli Piceno nella regione Marche.

STORIA La pratica della stagionatura nelle fosse risale al Medioevo

ed era utilizzata per salvare i viveri dalle numerose razzie di invasori di passaggio tra la Romagna e le Marche. Le prime documentazioni sulle tecniche di infossatura risal-gono al XIV secolo e sono conservate negli archivi della famiglia Malatesta, proprietaria del territorio. Il formaggio di fossa di Sogliano viene nominato in due inventari del 1497 e del 1498, che testimoniano come già all’epoca venissero stipulati appositi contratti d’affitto delle fosse per farvi sta-gionare i formaggi.

GASTRONOMIA Il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP si conserva in fri-gorifero ad una temperatura di 4-8°C. Può essere con-sumato fresco, con l’accortezza di tenerlo a temperatura ambiente per alcuni minuti prima di servirlo. Nella cucina tipica del territorio emiliano-romagnolo e marchigiano è utilizzato come ingrediente per la preparazione di nume-rose ricette.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipo-logie Formaggio di Fossa di Sogliano DOP Pecorino, Vac-cino e Misto. In base al periodo di stagionatura si distingue in primaverile (PRM) ed estivo (EST). È commercializzato in forme intere all’interno dei sacchi di stagionatura oppure porzionato, confezionato sottovuoto, in vaschette filmate o in carta alimentare.

NOTA DISTINTIVA Il particolare metodo di stagionatura in fossa conferisce al Formaggio di Fossa di Sogliano DOP caratteristiche orga-nolettiche peculiari e un odore tipico, forte e persistente.

Consorzio Formaggio di Fossa di Sogliano DOPVia Trento e Trieste 47030 Sogliano Al Rubicone (FC)

Agroqualità S.P.A.V.le Cesare Pavese, 30500144 RomaTel: +39 06 54228675 Fax: +39 06 54228692www.agroqualita.it [email protected]

FORMAGGIO DI FOSSA DI SOGLIANO DOP

Page 75: Qualiguida2013 parte1

69

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOP è un formag-gio a pasta semicotta prodotto esclusivamente con latte vac-cino intero proveniente da una

o due mungiture giornaliere. Si presenta nelle due tipolo-gie: Prodotto a fondovalle e Prodotto della Montagna.

METODO DI PRODUZIONE L’alimentazione delle vaccine deve essere costituita da fo-raggi verdi o affienati della zona di produzione. Il latte vie-ne coagulato ad una temperatura tra i 35 ed i 37°C, con aggiunta di caglio in modo da ottenere la cagliata in 30 minuti. Si effettua una prima rottura della cagliata seguita dalla semicottura della massa caseosa fino alla tempera-tura di 45-47°C e dalla successiva agitazione fuori fuoco. La pasta viene quindi pressata per consentire lo spurgo del siero, a seguire viene versata in appositi teli filtranti, chiamati pate, e infine messa in forma in idonei stampi denominati fassere. Le salature si effettuano a secco o in salamoia e l’operazione deve ripetersi a giorni alterni per 8-12 giorni. Il periodo di stagionatura ha la durata minima di 45 giorni.

ASPETTO E SAPORE Il Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOP presenta una crosta sottile, compatta, di colore giallo paglierino ten-dente al grigio con la stagionatura. La pasta, semicotta e di colore avorio leggermente paglierino, ha una struttura compatta, elastica, con occhiatura diffusa. Il sapore è deli-cato, fragrante, non piccante, con aroma caratteristico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOP ricade in 21 comuni dell’Alta Valle Brem-bana, in provincia di Bergamo, nella regione Lombardia.

STORIA La produzione di questo formaggio è iniziata verosimilmen-te alcuni secoli fa, ma solo a partire dal secondo dopo-guerra ha conosciuto uno sviluppo importante, quando fu fondata una piccola latteria, trasformata poi in Latteria So-ciale Valtorta nel 1954, che lavorava solo per cinque mesi all’anno, da gennaio a maggio. Sul finire degli anni Ottan-ta, la latteria ha esteso la produzione del Formai de Mut a tutto l’anno. L’etimologia del nome del Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOP deriva dalla parola dialettale della Val Brembana mut, che significa “pascolo montano”. Già agli inizi del Novecento con l’espressione “formaggio di monte” era indicata infatti tutta la produzione casearia dell’Alta Valle, con riferimento sia al formaggio prodotto in alpeggio sia a quello di fondovalle.

GASTRONOMIA Il Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOP va conser-vato in ambienti freschi. Se si intende riporlo in frigorifero, è buona norma chiuderlo in contenitori di vetro o plastica, in modo da evitare l’alterazione delle caratteristiche orga-nolettiche e del sapore. Stagionato oltre i sei mesi è ot-timo come formaggio da pasto. Può essere validamente impiegato anche come ingrediente nella preparazione dei tradizionali piatti della zona di origine come, ad esempio, la polenta bergamasca, abbinato a vini bianchi, se fresco e rossi, se maturo.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipo-logie Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOP con il marchio di colore Blu (prodotto tra giugno e settembre nei pascoli di alta montagna, noti come alpeggi) e con il mar-chio di colore Rosso (prodotto tutto l’anno a fondovalle). É commercializzato a forme intere, a tranci, porzionato o preconfezionato.

NOTA DISTINTIVA La zona di produzione e stagionatura del Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana DOP interessa un’area alpina di particolare rilevanza ambientale, essendo interamente compresa nel perimetro del Parco delle Orobie Occidentali Bergamasche. Il clima fresco, l’abbondanza di acqua e la grande disponibilità di pascoli ricchi e di essenze aromati-che, costituiscono l’ambiente ideale per la produzione e la lavorazione del latte e conferiscono al formaggio le carat-teristiche organolettiche, che, specie nel formaggio estivo d’alpeggio, si arricchiscono di aromi particolari.

Consorzio Produttori Formai de Mut dell’Alta Valle BrembanaVia Pietro Ruggeri, 12 24019 Zogno (BG)www.formaidemut.info [email protected]

Certiprodop SrlVia del Macello, 26 26013 Crema (CR)Tel: +39 0373 259662 Fax: +39 0373 253530www.certiprodop.it [email protected]

FORMAI DE MUT DELL’ALTA VALLE BREMBANA DOP

Prodotto a fondovalle Prodotto della Montagna

Page 76: Qualiguida2013 parte1

70

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Gorgonzola DOP è un for-maggio a pasta molle con presenza di venature blu-verdastre, dovute al processo di erborinatura, prodotto con

latte vaccino intero pastorizzato proveniente dalla zona di produzione. Si distingue nelle tipologie Piccante (nelle for-me piccola e media) e Dolce (forma grande).

METODO DI PRODUZIONE Il latte utilizzato viene pastorizzato inoculando fermenti lattici delle specie L. bulgaricus e S. thermophilus, spore di Penicillium roqueforti, lieviti selezionati della specie Sac-charomyces, utilizzati per garantire una corretta apertura della pasta, e infine addizionando caglio di vitello ad una temperatura di 28-36°C. Dopo la rottura della cagliata, che viene lasciata spurgare del siero, la massa è messa in forma per 24 ore in stampi forellati di acciaio, detti fa-sceruoli, e sottoposta a salatura a secco per alcuni giorni ad una temperatura di 18-24°C. Durante la maturazione si sviluppano varietà e ceppi di Penicillium caratteristici che determinano la colorazione blu-verdastra del formaggio. La durata minima della stagionatura è di 50 giorni per la forma grande di Gorgonzola DOP, di 60 giorni per la forma piccola, di 80 per la forma media. La stagionatura si effet-tua in ambienti con temperatura di 2-7°C e con umidità relativa di 85-99%.

ASPETTO E SAPORE Il Gorgonzola DOP ha forma cilindrica con facce piane, crosta di colore grigio e/o rosato, non commestibile; pasta cruda di colore bianco e paglierino, screziata per sviluppo di muffe (erborinature) con venature caratteristiche blu-verdastre. Il sapore varia da dolce o leggermente piccante a molto piccante a seconda della stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Gorgonzola DOP ricade nell’in-tero territorio delle province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Pavia, Varese, Monza nella regione Lombardia; Biella, Cuneo, Vercelli, Novara, Verbano-Cusio-Ossola ed in 31 comuni appartenenti alla provincia di Alessandria, nella regione Piemonte.

STORIA Molte sono le leggende che si raccontano sull’origine del Gorgonzola DOP e la maggior parte concordano nel farla risalire intorno al X-XII secolo in provincia di Milano e pre-cisamente in prossimità del paese di Gorgonzola. Fino agli inizi del XX secolo questo formaggio era chiamato sem-plicemente stracchino o, più spesso, stracchino verde o stracchino di Gorgonzola e fu solo la necessità di distin-

guerlo e valorizzare il formaggio prodotto nella zona tipica di origine a dargli il definitivo nome di Gorgonzola.

GASTRONOMIA Per conservare al meglio il Gorgonzola DOP è necessa-rio avvolgere il formaggio con carta stagnola o alluminio e riporlo in contenitori chiusi nello scomparto meno freddo del frigorifero. Ottimo formaggio da tavola, viene utilizzato anche come ingrediente in molte preparazioni gastronomi-che. Numerose sono le ricette che lo vedono protagoni-sta, dagli antipasti, ai primi e secondi e persino ai dessert. L’impiego del Gorgonzola DOP è validissimo anche per la realizzazione di salse e creme. Il Gorgonzola DOP Dolce si sposa bene con vini rossi o bianchi, particolarmente mor-bidi. Il Gorgonzola DOP Piccante predilige vini rossi ben strutturati ed invecchiati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle seguenti tipologie: Gorgonzola DOP Dolce (forma gran-de), Gorgonzola DOP Piccante (forme media e piccola). É commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sulle facce il numero di iden-tificazione del caseificio, i marchi del Consorzio di Tutela e deve essere avvolto in carta di alluminio goffrato recante la denominazione ed il logo prodotto stampato su tutta la superficie.

NOTA DISTINTIVA Durante la maturazione il Gorgonzola DOP viene bucato con aghi per far sviluppare le caratteristiche venature di colore blu-verdastro, note come “erborinatura”.

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

Consorzio per la Tutela del Formaggio GorgonzolaVia Andrea Costa, 5/C 28100 NovaraTel: +39 0321 626613 www.gorgonzola.com [email protected]

GORGONZOLA DOP

Dolce(forma grande) Piccante

(forma piccola e media)

@CGorgonzola

Page 77: Qualiguida2013 parte1

71

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Grana Padano DOP è un formaggio a pasta dura e fi-nemente granulosa, prodotto con latte vaccino crudo, proveniente da vacche munte due volte al giorno e ali-mentate con foraggi verdi o conservati del territorio di produzione.

METODO DI PRODUZIONE Il latte viene parzialmente decremato mediante affiora-mento naturale, a temperatura compresa tra 8 e 20°C, e posto nelle caldaie in rame o con rivestimento interno in rame, dalla caratteristica forma a campana rovesciata. La coagulazione è ottenuta con caglio di vitello. La cagliata è rotta in granuli fini e cotta fino a quando questi diventano elastici, ad una temperatura massima di 56°C, lasciandola totalmente immersa nel siero fino ad un massimo di 70 mi-nuti. Viene poi immessa, per almeno 48 ore, nelle apposite fascere, che imprimono i contrassegni di origine e quindi in salamoia per un periodo di tempo fra i 14 ed i 30 giorni. La maturazione naturale avviene a temperature da 15 a 22°C, per un periodo che varia da un minimo di nove mesi ad oltre 20 mesi. Al compimento dell’ottavo mese, le forme vengono sottoposte ad espertizzazione, che dà luogo alla marchiatura a fuoco, oppure, qualora il prodotto non ab-bia le caratteristiche previste dal disciplinare, alla cancel-lazione dei contrassegni d’origine impressi dalle fascere, mediante resinatura o sbiancatura. Il confezionamento, in qualsiasi tipologia e pezzatura, deve avvenire immediata-mente, nella stessa zona di produzione.

ASPETTO E SAPORE Il Grana Padano DOP ha forma cilindrica, crosta dura, spessa e liscia, di colore scuro o giallo dorato naturale. La pasta è finemente granulosa, di colore bianco o paglierino, con occhiatura appena visibile. L’aroma è fragrante ed il sapore delicato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione e di grattugiatura del Grana Pada-no DOP interessa il territorio delle province di: Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Verbania, Vercelli, nella regione Piemonte; Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova a sinistra del Po, Milano, Monza, Pavia, Sondrio e Varese, nella regione Lombardia; Trento, nella regione Trentino-Alto Adige; Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, nella regione Veneto; Bologna a destra del Reno, Ferrara, Forlì-Cesena, Piacenza, Ravenna e Rimini, nella regione Emilia-Romagna. Esclusivamente con riferimento alla produzione del latte, la zona di origi-ne si estende anche all’intero territorio amministrativo dei comuni di: Anterivo, Lauregno, Proves, Senale-S. Felice e Trodena nella provincia autonoma di Bolzano, nella regione Trentino-Alto Adige.

STORIA Le origini del Grana Padano DOP risalgono all’anno Mille, quando i monaci cistercensi, per rispondere alla necessità di conservare il latte in eccesso che veniva prodotto sul territorio, sperimentarono la produzione di un formaggio a pasta dura, il caseus vetus, poi denominato grana. Alla fine dell’XI secolo questo prodotto era già una realtà affermata, con una vera e propria rete commerciale.

GASTRONOMIA Il Grana Padano DOP si conserva nel vano meno freddo del frigorifero, avvolto in un telo umido o in una pellicola trasparente. Viene utilizzato come formaggio da tavola o come ingrediente, a seconda del diverso grado di stagio-natura, nella preparazione di piatti della tradizione.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle se-guenti tipologie: Grana Padano DOP (stagionatura minima nove mesi); Grana Padano DOP Oltre 16 Mesi (stagiona-tura oltre 16 mesi); Grana Padano DOP Riserva oltre 20 mesi (stagionatura almeno 20 mesi); Grana Padano DOP Trentingrana (prodotto nella Provincia Autonoma di Tren-to). É commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato, grattugiato. Deve recare sullo scalzo i marchi di origine ed il logo prodotto impresso a fuoco.

NOTA DISTINTIVA Quello che rende il Grana Padano DOP un alimento com-pleto favorevole al benessere e alla salute è il suo ottimo rapporto tra valore energetico, qualità e quantità di nutrien-ti contenuti, in particolare il calcio.

Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana PadanoVia XXIV Giugno, 8 25015 Desenzano sul Garda (BS)www.granapadano.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

GRANA PADANO DOP

@GranaPadanoPDO

Page 78: Qualiguida2013 parte1

72

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Montasio DOP è un for-maggio a pasta dura e cotta, prodotto esclusiva-mente con latte vaccino. A seconda del periodo di stagionatura il sapore può variare da delicato quando giovane (il tipo Fresco) fino a più deciso

e aromatico con il protrarsi della maturazione (i tipi Mez-zano o Semistagionato, Stagionato e Stravecchio).

METODO DI PRODUZIONE Il latte deve provenire dalla mungitura serale e da quella della mattina, fino ad un massimo di quattro mungiture consecutive e deve essere lavorato entro 30 ore dalla raccolta. Il latte viene addizionato con lattoinnesto, riscal-dato a 32-34°C e quindi fatto coagulare con aggiunta di caglio di vitello, liquido o in polvere, e sale alimentare. A seguito della rottura, la cagliata viene sottoposta a cottu-ra fino a 42-48°C e a spinatura fuori fuoco per 20-30 mi-nuti, per poi procedere con l’estrazione mediante l’uso di apposite tele. La massa ottenuta viene posta nelle carat-teristiche fascere che riproducono il marchio di origine e la data di produzione e poi viene pressata per sgrondare il siero e conferire la caratteristica forma. Successivamente si effettua la salatura, a secco o in salamoia leggera, con eventuale completamento a secco. La stagionatura mini-ma è di 60 giorni e può protrarsi fino ad oltre 18 mesi. Si realizza ad una temperatura di almeno 8°C per i primi 30 giorni e superiore per il periodo restante.

ASPETTO E SAPORE Il Montasio DOP ha forma cilindrica a facce piane, crosta da liscia ed elastica a secca e più scura in relazione alla stagionatura; la pasta è di colore bianco, con leggera oc-chiatura e consistenza compatta che con il passare dei mesi diventa granulosa e friabile. Il Montasio DOP Fresco ha sapore morbido e delicato, il tipo Mezzano (o Semista-gionato) ha sapore più deciso con pienezza particolare; lo Stagionato ha sapore forte, deciso e aromatico con pic-cantezza non eccessiva, infine lo Stravecchio ha sapore particolarmente forte, deciso e aromatico.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Montasio DOP comprende l’intero territorio della regione Friuli-Venezia Giulia, delle province di Belluno e Treviso e parte di quelle di Padova e Venezia, nella regione Veneto.

STORIA Il Montasio DOP ha una lunga storia che risale al 1200,

quando i monaci dell’Abbazia di Moggio Udinese affina-rono la tecnica di produzione del formaggio. Queste tec-niche, poi, si diffusero lungo tutte le valli delle Alpi Giulie e Carniche, per arrivare sino alla pianura friulana e veneta, anche grazie alla vicinanza col Canale del Ferro, impor-tante via di comunicazione e di scambi mercantili già in epoca romana.

GASTRONOMIA Il Montasio DOP va conservato avvolto in un canovac-cio e riposto nello scomparto meno freddo del frigorifero. Ottimo come formaggio da pasto, si presta anche come ingrediente per realizzare antipasti, per insaporire primi e secondi piatti, nonché per la preparazione di dessert. Il Montasio DOP Fresco si sposa con i vini secchi ed aro-matici, il Semistagionato con il Tocai friulano o con un Merlot, lo Stagionato trova un ottimo abbinamento con il Raboso del Piave.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle ti-pologie Montasio DOP Fresco (stagionato 2-4 mesi), Mez-zano o Semistagionato (stagionato 4-8 mesi), Stagionato (stagionato oltre 10 mesi), Stravecchio (stagionato oltre 18 mesi), con l’eventuale aggiunta della dicitura “Prodotto della Montagna” se l’intero processo produttivo avviene nelle aree montane specificate. È commercializzato in for-me intere, a tranci, porzionato e preconfezionato.

NOTA DISTINTIVA Il Montasio DOP è un formaggio di alto valore nutritivo, con una composizione equilibrata di acqua, lipidi e proteine.

Consorzio Tutela Formaggio MontasioVicolo Resia, 1/233033 Codroipo (UD)www.formaggiomontasio.net [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

MONTASIO DOP

Fresco

Stagionato Stravecchio

Mezzano(o Semistagionato)

@montasioDOP

Page 79: Qualiguida2013 parte1

73

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Monte Veronese DOP è un formaggio a pasta semicotta prodotto con latte vaccino in-tero, nella tipologia a Latte In-tero, o parzialmente screma-

to, nella tipologia d’Allevo. Il latte è ottenuto dalle razze Frisona, Bruna e Pezzata Rossa.

METODO DI PRODUZIONE Il Monte Veronese DOP a Latte Intero si ottiene facendo coagulare il latte con caglio di vitello per 15-20 minuti e rompendo quindi la cagliata fino a che i grumi abbiano raggiunto le dimensioni di un chicco di riso. Si procede poi al riscaldamento per raggiungere la temperatura di cottura di 43-45°C per 10 minuti. Segue la sosta della cagliata in caldaia per circa 25-30 minuti. La salatura av-viene a secco o in salamoia dopo uno spurgo di 24 ore. La maturazione non può essere inferiore ai 25 giorni e in genere si compie in circa 40 giorni. Per la tipologia d’Al-levo il latte parzialmente scremato viene fatto coagulare con aggiunta di caglio di vitello per 25-30 minuti e, dopo la rottura, la cagliata viene riscaldata fino a 46-48°C per circa 15 minuti. Segue la sosta della cagliata in caldaia per ulteriori 25-30 minuti. Dopo la salatura, a secco o in salamoia, e il conseguente spurgo del siero, le forme vengono fatte stagionare per un minimo di tre mesi e fino a due anni.

ASPETTO E SAPORE Il Monte Veronese DOP a Latte Intero ha una crosta sottile ed elastica con colore paglierino; la pasta, di colore bianco o leggermente paglierino, ha un sapore gradevole e delica-to con occhiatura minuta e uniformemente diffusa. Il Monte Veronese DOP d’Allevo presenta una crosta sottile, di co-lore paglierino più o meno intenso; la pasta di colore da bianco fino a giallo paglierino per il formaggio più maturo, ha occhiatura sparsa e un sapore fragrante, caratteristico del formaggio stagionato, che tende al leggermente pic-cante con il protrarsi della stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona produzione del Monte Veronese DOP è ubicata nei comuni della parte settentrionale della provincia di Ve-rona, nella regione Veneto.

STORIA Le origini del Monte Veronese DOP risalgono al XIII secolo, quando un gruppo di coloni tedeschi, i Cimbri, provenienti dall’altopiano di Asiago, ottenne in usufrutto le terre della montagna veronese, prima praticamente disabitate. È da allora che queste montagne sono diventate luogo di una operosa attività casearia sottoposta a minuzioso controllo

da chi detenne il potere economico e politico nei secoli successivi.

GASTRONOMIA Il Monte Veronese DOP si conserva nello scomparto meno freddo del frigorifero. Avvolto nell’incarto d’acquisto oppu-re, in alternativa, in carta d’alluminio e chiuso in contenitori di plastica o vetro mantiene più a lungo freschezza e sa-pore. È ideale per pasteggiare abbinato ad altri formaggi, si accompagna gradevolmente anche alla frutta fresca o in guscio, come ad esempio pere e noci, e si presta inoltre ad essere utilizzato come ingrediente nella preparazione di primi e secondi piatti. La tipologia a Latte Intero è ottima per arricchire torte salate e polenta. Il Monte Veronese DOP d’Allevo, più stagionato e dal sapore più deciso, è soprat-tutto un gustoso formaggio da consumare a fine pasto. Viene impiegato anche come formaggio da grattugia. Indo-vinato l’abbinamento con vini rossi leggermente fruttati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle ti-pologie Monte Veronese DOP a Latte Intero, con stagio-natura di 25-45 giorni (etichetta verde chiaro) e Monte Ve-ronese DOP d’Allevo, con stagionatura minima di tre mesi (etichetta azzurra). É commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato.

NOTA DISTINTIVA Per la produzione del Monte Veronese DOP molti casari evi-tano la pastorizzazione del latte per lasciare intatte le pecu-liarità organolettiche conferite dall’alimentazione al pascolo delle bovine e dai microrganismi presenti nell’ambiente.

Consorzio Tutela Formaggio Monte Veronese DOPVicolo Mattielli, 11 37038 Soave (VR)www.monteveronese.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

MONTE VERONESE DOP

a Latte Intero d’Allevo

Page 80: Qualiguida2013 parte1

74

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Mozzarella STG è un formaggio molle a pasta fila-ta, prodotto con latte intero vaccino fresco. La forma può essere sferoidale, eventualmente con testina, o a treccia.

METODO DI PRODUZIONE Il latte utilizzato viene pastorizzato a 71,7°C per 15 se-condi e aggiunto di lattoinnesto naturale ottenuto per arricchimento selettivo della microflora presente natural-mente nel latte crudo. Il lattoinnesto deve essere ottenu-to attraverso un trattamento termico del latte ad almeno 63°C per 15 minuti (o equivalente), seguito da raffred-damento ed incubazione a 42-50°C fino al raggiungi-mento del giusto grado di acidità e quindi da un suc-cessivo raffreddamento a temperatura inferiore a 8°C. Se conservato, va mantenuto in regime di refrigerazione a temperatura inferiore o uguale a 4°C. La coagulazione avviene con caglio bovino liquido ad una temperatura di 35-39°C fino a maturazione lattica della cagliata ad un pH di 5,0-5,4. La cagliata, rotta in grumi della gran-dezza di una noce, viene liberata di circa metà del siero presente e lasciata ferma per alcune ore per completare la maturazione lattica. La pasta ottenuta viene quindi filata con acqua calda, eventualmente addizionata di sale, ad una temperatura finale della pasta compresa tra 58-65°C ed infine lavorata a caldo per ottenere le forme consentite e sottoposta a rassodamento in acqua fredda. La Mozzarella STG può essere posta in vendi-ta solo se appositamente preconfezionata all’origine. All’interno della confezione, per preservare il prodotto, è presente il liquido di governo, una soluzione acquosa con eventuale aggiunta di sale.

ASPETTO E SAPORE La Mozzarella STG può avere forma sferoidale, even-tualmente con testina, con peso da 20 a 250 g, o a treccia, con peso variabile da 125 a 250 g. Si presenta priva di crosta ma ricoperta da una sottile pellicola li-scia e lucente, di colore bianco latte. La pasta di colore bianco, con una consistenza omogenea morbida ed elastica, ha struttura fibrosa, costituita da più foglie so-vrapposte; appare priva di occhiature ma può presen-tare lievi distacchi tra le foglie. Il sapore è caratteristico, sapido e fresco, leggermente acidulo, l’odore fragrante e delicato.

TERRITORIO DELLA TRADIZIONE Il territorio tradizionale della Mozzarella STG è originaria-mente riferibile al Meridione d’Italia, storicamente voca-to alla produzione di formaggi a pasta filata. Successiva-mente, la mozzarella è entrata a far parte della tradizione casearia di tutto il territorio nazionale.

STORIA La tradizione della Mozzarella STG ha radici antichissi-me, risalenti forse al IV secolo a.C. Citata in alcuni docu-menti del XII secolo direttamente come “mozza”, il primo riferimento ufficiale al nome “mozzarella” è rintracciabile in un libro di cucina del 1570, a firma del famoso cuo-co della Corte Papale, Bartolomeo Scappi. A partire dal Settecento inizia la più ampia diffusione della mozzarel-la, la cui produzione, dagli anni Sessanta del Novecento si estende a tutta l’Italia Settentrionale.

GASTRONOMIA La Mozzarella STG va conservata ad una temperatura compresa fra 0 e 4°C. È preferibile toglierla dal frigorifero circa mezz’ora prima di consumarla, lasciandola a tem-peratura ambiente. Ottima come formaggio da tavola, entra in innumerevoli preparazioni della cucina ed è regi-na incontrastata come ingrediente sulla Pizza Napoletana STG. L’abbinamento caratteristico è con vini bianchi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Moz-zarella STG. É commercializzato in forma sferoidale, eventualmente con testina o a treccia, viene preconfe-zionata all’origine.

NOTA DISTINTIVA La Mozzarella STG deve il suo nome al verbo “mozza-re”, ovvero tagliare, operazione con cui si taglia manual-mente la pasta calda ponendo le mani a tenaglia e che caratterizza la fase finale della lavorazione dei formaggi a pasta filata.

MOZZARELLA STG

C.S.Q.A. S.r.l. www.csqa.itSGS Italia S.p.A. www.it.sgs.comAgroqualitàwww.agroqualita.it

Assamwww.assam.marche.it INOQwww.inoq.itSOCERT Srlwww.socert.it

Certiqualitywww.certiquality.it IS.ME.CERT.www.ismecert.it

A.Q.A.www.aqacertificazioni.it

Page 81: Qualiguida2013 parte1

75

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Mozzarella di Bufala Campana DOP è un formaggio fresco a pasta filata prodotto con latte fresco di bufala di razza Mediterranea italiana.

METODO DI PRODUZIONE Il latte è consegnato al caseificio entro 60 ore dalla mun-gitura e deve essere filtrato e riscaldato a 33-39°C. La coagulazione, ottenuta con caglio di vitello naturale, è pre-ceduta da addizione di sieroinnesto naturale, ricavato dal siero derivante da lavorazioni precedenti. La rottura della cagliata viene effettuata in due tempi con un ruotolo di le-gno o con uno spino metallico fino ad ottenere grumi della grandezza di una noce. Al termine della maturazione, la cagliata viene ridotta a strisce poste in appositi recipienti dove, con l’aggiunta di acqua a 95°C, viene filata e poi mozzata in singoli pezzi delle forme e dimensioni previste. I pezzi vengono prima posti in acqua fredda per pochi minuti e poi in salamoia per la fase di salatura.

ASPETTO E SAPORE La Mozzarella di Bufala Campana DOP è di forma tondeg-giante, ma sono ammesse anche altre forme (bocconcini, trecce, perline, nodini, ciliegine, ovoline). Il peso è variabile tra 10 e 800 gr a seconda della forma e fino a 3 kg per la forma a treccia. Di colore bianco porcellanato, ha una pel-le sottilissima e superficie liscia. La pasta ha una struttura a foglie sottili leggermente elastica nelle prime 8-10 ore dalla produzione che tende poi a divenire più fondente. Il sapore è caratteristico e delicato, con un vago sentore di muschio, l’odore richiama quello dei fermenti lattici.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Mozzarella di Bufala Cam-pana DOP comprende le province di Caserta, Salerno e alcuni comuni delle province di Napoli e Benevento, nella regione Campania; alcuni comuni delle province di Latina, Frosinone e Roma, nella regione Lazio; il solo comune di Vefrano, in provincia di Isernia, nella regione Molise; infine alcuni comuni nella parte centrale della provincia di Fog-gia, nella regione Puglia.

STORIA Le origini della mozzarella sono legate all’introduzione dei bufali in Italia. Secondo alcuni, furono i re Normanni che intorno all’anno Mille li diffusero in Italia Meridionale dalla Sicilia, dove erano stati introdotti dagli Arabi. Altri, invece, sostengono l’origine autoctona del bufalo, provata dal ri-trovamento di reperti fossili nella campagna romana e da recenti studi attestanti la diversità filogenetica tra il bufalo italiano e quello indiano. Tuttavia, solo a partire dal 1600 si ha notizia delle prime bufalare, caratteristiche costruzioni in muratura dove si lavorava il latte di bufala per ricavarne

provole, ricotta, mozzarelle. Il consumo di formaggi bufa-lini si è diffuso in modo rilevante dalla fine del XVIII secolo, anche grazie alla realizzazione da parte dei Borbone di un primo esempio di azienda bufalina all’interno del Real Sito di Carditello, nelle campagne di San Tammaro, in provin-cia di Caserta.

GASTRONOMIA È consigliabile conservare la Mozzarella di Bufala Cam-pana DOP in un luogo fresco, in un recipiente di vetro o ceramica immersa nel latticello con cui viene venduta. Se riposta in frigorifero, va estratta con anticipo e consumata a temperatura ambiente. Generalmente si consuma fre-sca, ma può essere impiegata come ingrediente per la preparazione di numerose ricette, fra cui la Pizza Napole-tana STG, con l’accortezza di toglierla dall’acqua e tenerla per alcune ore nel frigorifero, in modo da separarla dal liquido in eccesso.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipo-logia Mozzarella di Bufala Campana DOP, con l’eventuale aggiunta delle menzioni a “Latte Crudo” o “Affumicata” a seconda del processo di produzione eseguito. É com-mercializzata preconfezionata all’origine in buste termo-saldate, vaschette e bicchieri.

NOTA DISTINTIVA Le peculiarità organolettiche della Mozzarella di Bufala Campana DOP sono legate alla natura microbiologica del latte bufalino, che presenta ceppi di lattobacilli in concen-trazioni superiori rispetto al vaccino.

Consorzio per la Tutela della Mozzarella di Bufala CampanaViale Carlo III, 156 81020 San Nicola la Strada (CE)www.mozzarelladop.it [email protected]

MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA DOP

DQA - Dipartimento Qualità Agroalimentare s.r.l.Via Tomassetti, 900161 RomaTel: +39 06 85451246 Fax: +39 06 [email protected]

@Mozzarella_DOP

Page 82: Qualiguida2013 parte1

76

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Murazzano DOP è un formaggio grasso a pasta fresca prodotto con latte di pecora di razza delle Langhe, in pu-rezza o con latte misto ovino in misura minima del 60% con eventuali aggiunte di latte vaccino in misura massima del 40%.

METODO DI PRODUZIONE Per la produzione viene impiegato latte proveniente da due mungiture giornaliere di bestiame alimentato con foraggi verdi o affienati della zona di produzione. La coagulazione del latte deve avvenire con caglio liquido a 37°C circa. Una volta ottenuta la cagliata, questa viene rotta e mescolata fino a raggiungere la consistenza prevista. La massa viene quindi messa in forma utilizzando forme cilindriche a fondo forellato, chiamate fascelle, anticamente costruite in legno e successivamente in alluminio. Si procede quindi con la salatura, che deve essere effettuata a secco. La stagiona-tura si protrae per un periodo che varia dai quattro ai 10 giorni. Durante questo arco di tempo, il processo di lavo-razione prevede che il formaggio debba essere lavato rapi-damente con acqua tiepida ogni giorno. Il Murazzano DOP prodotto esclusivamente con latte ovino, senza aggiunta di latte di vacca, può recare sulla confezione o sull’etichetta la menzione “a Latte di pecora”.

ASPETTO E SAPORE Il Murazzano DOP ha forma cilindrica con diametro di 10-15 cm e facce piane leggermente orlate, scalzo di 3-4 cm circa e peso variabile da 300 a 400 g. La pasta è di colo-re bianco latte con consistenza morbida e grana fine, con eventuale presenza di alcune occhiature. La forma è priva di crosta, la pelle è di colore bianco latte per le forme fre-sche, quando è più stagionata può presentare una leggera patina di colore paglierino chiaro. Il sapore è fine e delica-tamente profumato. Il Murazzano DOP a Latte di Pecora è caratterizzato da un’odore intenso e da un sapore più marcato di latte ovino.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Murazzano DOP comprende il territorio di 50 comuni in provincia di Cuneo, nella regione Piemonte.

STORIA Il Murazzano DOP è il più antico formaggio appartenente alla tipologia delle Robiole del Piemonte. Sulle sue origini sono narrate molte leggende, ma storicamente questo for-maggio si fa risalire ai tempi dei Celti e si ritiene che discen-da dai formaggi astigiani descritti da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia. L’origine del nome deriva dalla zona di maggior produzione, sita appunto nel comune di Murazza-no. Un tempo questo formaggio veniva prodotto esclusiva-

mente con latte di pecora. Oggi, di tale tipologia vengono confezionati solo modestissimi quantitativi, che sono i più pregiati. La sua produzione coinvolgeva un tempo le donne dell’Alta Langa che, il giorno del mercato, si spostavano a Murazzano per vendere il formaggio ai negozianti che poi, a loro volta, lo avrebbero portato ai negozi delle città di pianu-ra, fino a Torino. La storia di questo alimento è strettamente legata a quella delle donne del cuneese, che si occupavano delle pecore, della mungitura e della produzione.

GASTRONOMIA Il Murazzano DOP va conservato in un recipiente chiuso e riposto in frigorifero nel ripiano meno freddo. Per gustarlo al meglio, si consiglia di estrarlo dal frigorifero circa un’ora prima di consumarlo. Ottimo come formaggio da tavola, si usa mangiarlo anche a fine pasto, sia da solo che condito con pepe macinato ed un filo di olio extravergine di oliva.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Murazzano DOP, con eventuale aggiunta della dicitura Latte di Pecora, se prodotto esclusivamente con latte ovino. È commercializzato in forme intere. Deve essere confezionato nella caratteristica carta triangolare recante la denominazione, il logo prodotto ed il logo comunitario.

NOTA DISTINTIVA La Pecora delle Langhe, razza autoctona da cui è ottenuto il latte per la produzione del Murazzano DOP, è stata per lungo tempo a rischio di estinzione, e sebbene questo peri-colo non sia ancora scongiurato, il suo parziale recupero si deve proprio alla produzione di questo formaggio.

Consorzio Tutela del Formaggio Murazzano DOPPiazza Oberto, 112060 Bossoloco (CN)Tel: +39 0173 799000 www.formaggiomurazzanodop.com [email protected]

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

MURAZZANO DOP

Page 83: Qualiguida2013 parte1

77

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Nostrano Valtrompia DOP è un formaggio semigrasso a pasta extra dura, stagionato almeno 12 mesi e prodotto a partire da latte vaccino crudo proveniente dalla zona di produzione. Il latte deve essere ottenuto per almeno il 90% da vacche di razza Bruna, alimentate con essen-ze prative fresche in estate, oppure affienate, nel resto dell’anno.

METODO DI PRODUZIONE Il latte deriva da massimo quattro mungiture consecuti-ve e viene parzialmente scremato. Il latte della mungitura della sera viene fatto affiorare per circa 14-15 ore in una bacinella piatta che permette lo scarico del latte dal bas-so, mentre quello della mungitura del mattino sosta per 3-4 ore in bacinelle tonde, per poi procedere alla separa-zione della panna con l’uso della spannarola. Successi-vamente, è trasferito nella caldaia di rame utilizzata per la coagulazione, che avviene mediante l’aggiunta di caglio di vitello o vitellone. La cagliata viene rotta fino ad otte-nere grani dalle dimensione di un chicco di riso e quindi miscelata mediante l’uso della “rotella”, utensile tradizio-nale in legno. Prima della cottura, attuata a temperature comprese tra 47 e 52°C, viene aggiunto lo zafferano che determina il colore tipico della pasta. La cagliata cotta è estratta e trasferita nelle fascere dotate del contrassegno identificativo che marchia lo scalzo. Le forme vengono quindi salate e lasciate a stagionare per un periodo mi-nimo di 12 mesi, durante i quali sono costantemente ri-voltate sulle due facce opposte. Durante la stagionatura, la crosta viene sottoposta a oliatura con olio di lino, ope-razione che impedisce una precoce perdita di umidità.

ASPETTO E SAPORE Il Nostrano Valtrompia DOP ha forma cilindrica con scal-zo quasi dritto, la crosta è dura, di colore variabile dal giallo bruno al rossastro. La pasta, di colore giallo paglie-rino tendente al giallo-verde, è dura, non particolarmente granulosa, con eventuale occhiatura omogeneamente distribuita. Il sapore è pieno e intenso, privo di percezioni acide e con note di pungente a maturazione molto pro-lungata.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Nostrano Valtrompia DOP in-teressa numerosi comuni della provincia di Brescia, nella regione Lombardia.

STORIA Il Nostrano Valtrompia DOP è un prodotto dalla storia anti-ca, testimoniata da fonti e documenti risalenti al 1500 che descrivono nel dettaglio le metodologie di allevamento e le usanze di caseificazione, pratiche spesso riunite in una

sola figura, quella dell’allevatore, e che si tramandano da padre in figlio. Una testimonianza dell’importanza dell’at-tività casearia per il territorio della Valle Trompia è rintrac-ciabile in un documento del 1490, in cui l’annalista Pietro Voltolino ricorda l’esistenza di prescrizioni che vietavano di concedere a forestieri del comune di Bovegno l’uso del pascolo. Il Nostrano Valtrompia DOP può dunque vantare una originalità e una tipicità fortemente radicate nel tes-suto culturale e produttivo del territorio di origine.

GASTRONOMIA Il Nostrano Valtrompia DOP si conserva in luogo fresco e asciutto, al riparo dalla luce diretta o da fonti di calore. È ottimo come formaggio da grattugia ma anche da tavola, da accompagnarsi a confetture di frutta o di ortaggi oltre che al miele, in particolare quello di melata e quello di tiglio, che ne esaltano il sapore.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Nostrano Valtrompia DOP. È commercializzato in forme intere o porzionato e in questo caso può essere preconfezionato sottovuoto o in atmosfera modificata.

NOTA DISTINTIVA Le peculiarità organolettiche del Nostrano Valtrompia DOP sono riconducibili ad alcune specifiche caratteristi-che del processo produttivo, come l’aggiunta di zafferano che definisce le tipiche note aromatiche del formaggio, o l’operazione di oliatura costante delle forme durante la stagionatura, che conferisce alla pasta la particolare compattezza ed elasticità.

NOSTRANO VALTROMPIA DOP

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

Comitato Promotore per la Valorizzazione del Formaggio Nostrano ValtrompiaVia Matteotti, 327 25063 - Gardone Val Trompia (BS) Tel: +39 030-8337418 www.nostrano-valtrompia.it

Page 84: Qualiguida2013 parte1

78

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Parmigiano-Reggiano DOP è un formaggio a pasta dura, cotta e non pressata, prodotto con latte vaccino crudo ot-tenuto da animali allevati nella zona di produzione, alimen-tati pravalentemente con foraggi locali. METODO DI PRODUZIONE Per la produzione si impiega latte della mungitura serale, che rimane a riposo in vasche d’acciaio per tutta la not-te. Dopo essere stato parzialmente scremato, il latte della sera viene travasato insieme a quello della mungitura del mattino, nella caratteristica caldaia di rame a forma di cam-pana rovesciata, e addizionato con il siero innesto, quindi scaldato a 33°C. Una volta raggiunta la temperatura, viene aggiunto il caglio ottenuto dallo stomaco di vitelli poppan-ti fino alla coagulazione, che avviene in 12-15 minuti. La cagliata viene rivoltata e poi rotta ed inizia quindi la fase di cottura a fuoco lento. La massa ottenuta dopo la cottura viene avvolta in fasce ed inserita in uno stampo di legno o teflon. Qui assume la forma caratteristica e riceve una placca di caseina che viene inglobata sulla superficie della crosta e che, grazie ad un codice alfanumerico, identifica in modo univoco ogni singola forma. Segue poi la salatura, che avviene immergendo la forma per 20-25 giorni in una soluzione satura di sale da cucina, ed infine la stagionatura su tavole di legno, effettuata in locali idonei a temperatura e umidità controllate e che si protrae da un minimo di 12 mesi fino ad oltre due anni. Solo le forme che superano una rigidissima selezione vengono etichettate con il mar-chio a fuoco.

ASPETTO E SAPORE Il Parmigiano-Reggiano DOP ha forma cilindrica, diametro 35-45 cm, altezza 20-26 cm, peso tra 30-40 kg. La crosta è di colore giallo dorato. La pasta è dura con un colore che varia da leggermente paglierino a paglierino. La struttura è minutamente granulosa, con frattura a scaglia. La pasta ha sapore delicato con aroma fragrante, gustoso ma non piccante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Parmigiano-Reggiano DOP ri-cade nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno, nella regione Emilia-Romagna; Mantova alla destra del fiume Po, nella regione Lombardia.

STORIA Le origini del Parmigiano-Reggiano DOP risalgono al Me-dioevo, grazie all’opera dei monaci benedettini e cistercen-si della pianura padana che, tra l’Appennino e la riva destra del Po, bonificarono le paludi e misero a coltura i pascoli necessari per nutrire le vacche.

GASTRONOMIA Il Parmigiano-Reggiano DOP, se confezionato sottovuoto, va conservato in frigorifero ad una temperatura di 2-8°C; se non preconfezionato è invece opportuno riporlo in conteni-tori salva-aroma, o avvolto in carta oleata. Particolarmente versatile, è ingrediente principe di molte preparazioni della tradizione italiana, può essere consumato come formaggio da tavola, da solo o abbinato con le insalate e la frutta sia fresca che in guscio. Grattugiato, è il condimento per ec-cellenza dei primi piatti, delle minestre e dei consommé.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle se-guenti tipologie: Parmigiano-Reggiano DOP Mezzano (sta-gionatura 12-15 mesi), Parmigiano-Reggiano DOP (stagio-natura 12-24 mesi), Extra (stagionatura 18 mesi, destinato al mercato nazionale ed UE), Export (stagionatura 18 mesi, destinato al mercato extra UE). Inoltre, per indicare ai con-sumatori l’età del formaggio, è possibile riportare i mesi o utilizzare i bollini di stagionatura proposti dal Consorzio: bol-lino Aragosta (oltre 18 mesi), bollino Argento (oltre 22 mesi), bollino Oro (oltre 30 mesi). È commercializzato in forme inte-re, a tranci, porzionato, preconfezionato e grattugiato.

NOTA DISTINTIVA Un’importante procedura per stabilire la qualità del Par-migiano-Reggiano DOP è la spillatura. Con la spillatura si estrae una minima quantità di pasta per mezzo dell’ago a vite: la resistenza che la pasta oppone alla penetrazione dà indicazioni sulla sua consistenza, mentre l’esame della pasta estratta consente di valutare l’aroma e il grado di maturazione del formaggio.

PARMIGIANO-REGGIANO DOP

@theonlyparmesan

Dipartimento Controllo Qualità P.r. Soc. CoopVia J.F. Kennedy, 18 42100 Reggio Emilia (RE)Tel: +39 0522 934266 www.dcq-pr.it [email protected]

Consorzio del Formaggio Parmigiano-ReggianoVia J.F. Kennedy, 18 42100 Reggio Emilia (RE)www.parmigiano-reggiano.it [email protected]

Page 85: Qualiguida2013 parte1

79

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pecorino di Filiano DOP è un formaggio a pasta dura, prodotto con latte ovino intero proveniente dalle razze Gentile di Puglia e di Lucania, Leccese, Comisana, Sar-da e loro incroci.

METODO DI PRODUZIONE Il latte deve provenire da una o due mungiture di bestia-me al pascolo o alimentato con foraggi freschi e fieni del territorio di origine, e deve essere lavorato entro 24 ore dalla prima mungitura. Il latte crudo viene filtrato e riscal-dato tradizionalmente in caldaie di rame stagnato, fino a 40°C. Alla temperatura di 36-40°C avviene la coagulazio-ne, dopo aver aggiunto al latte caglio di capretto o agnel-lo in pasta. La cagliata viene rotta fino a ottenere grumi delle dimensioni di un chicco di riso e successivamente viene estratta e inserita nelle caratteristiche fuscelle di giunco o in altro materiale idoneo. Durante la messa in forma, la cagliata viene frugata mediante pressatura con le mani, per favorire la fuoriuscita del siero. Dopo la sala-tura, effettuata a secco o in salamoia, le forme vengono fatte stagionare per almeno 180 giorni, nelle caratteristi-che grotte in tufo o in idonei locali per la stagionatura. A partire dal ventesimo giorno di maturazione la crosta del formaggio può essere trattata con olio extravergine di oliva prodotto in Basilicata e aceto di vino.

ASPETTO E SAPORE Il Pecorino di Filiano DOP ha forma cilindrica a facce pia-ne con diametro da 15 a 30 cm e scalzo con altezza da 8 a 18 cm, il peso varia da 2,5 a 5 kg. La crosta è caratterizzata dai segni dei tipici canestri in cui viene riposto il formaggio e ha colore variabile dal giallo dorato al bruno scuro a seconda della stagionatura, mentre la pasta, granulosa e friabile, è di colore variabile dal bian-co al paglierino e ha consistenza compatta, con piccole occhiature distribuite in modo irregolare. Il sapore è dol-ce e delicato per il formaggio più fresco, mentre diviene leggermente piccante una volta raggiunta la fase minima di stagionatura e accentua tale caratteristica con l’avan-zare dell’invecchiamento. L’odore richiama il latte ovino, sentori di erba e, nel formaggio ben stagionato, di noc-ciola tostata.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pecorino di Filiano DOP com-prende 30 comuni in provincia di Potenza, nella regione Basilicata.

STORIA L’importanza degli allevamenti ovini nella zona di produ-zione risale almeno alla conquista romana del territorio, quando i pastori producevano il formaggio pecorino

durante la transumanza. Lo sviluppo delle produzio-ni casearie proseguì in età Sveva e Angioina e crebbe ulteriormente nel XVI-XVII secolo con i Doria, feudata-ri della zona del Vulture, che organizzarono le strutture produttive stabilendo masserie specializzate per gli ovini. Nel comune di Filiano, da cui questo formaggio prende il nome, si tiene ormai da 41 anni una sagra dedicata a questo prodotto con l’obiettivo di evocarne la storia e la tradizione e di valorizzarne la produzione.

GASTRONOMIA Il Pecorino di Filiano DOP si conserva in un luogo fre-sco e asciutto, o anche, se porzionato, nello scomparto meno freddo del frigorifero. Questo prodotto può essere consumato da solo come ottimo formaggio da tavola. Per il suo gusto deciso entra in un naturale connubio con molti piatti dai sapori forti, tipici della cucina lucana, specialmente grattugiato sulla pasta fresca condita con ragù di carne.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Pecorino di Filiano DOP. È commercializzato in-tero o porzionato, in parti corrispondenti alla metà o a un quarto della forma certificata. Deve recare sulla forma il logo del prodotto impresso a fuoco.

NOTA DISTINTIVA Per la produzione del Pecorino di Filiano DOP si utilizza-no tutt’oggi strumenti tradizionali, come il tipico bastone in legno recante una protuberanza all’apice, chiamato scuopolo o ruotolo, usato per rompere la cagliata.

PECORINO DI FILIANO DOP

Consorzio per la Tutela del Pecorino di FilianoContrada Dragonetti 85020 Filiano (PZ)Tel: +39 349 0887335 [email protected]

DQA - Dipartimento Qualità Agroalimentare s.r.l.Via Tomassetti, 900161 RomaTel: +39 06 85451246 Fax: +39 06 [email protected]

Page 86: Qualiguida2013 parte1

80

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pecorino Romano DOP è un formaggio a pasta dura e cotta, prodotto con latte ovino intero proveniente da greggi allevate allo stato brado e alimentate su pascoli naturali.

METODO DI PRODUZIONE Il latte utilizzato viene filtrato e trattato termicamente ad una temperatura massima di 68°C per non più di 15 se-condi, per eliminare i microrganismi anticaseari. Succes-sivamente, viene trasferito nelle vasche di coagulazione dove solitamente viene aggiunto un fermento detto “scot-ta-innesto”, preparato secondo una metodologia che si è tramandata nei secoli. L’innesto è uno degli elementi caratterizzanti il Pecorino Romano DOP ed è costituito da un’associazione di batteri lattici termofili autoctoni. Il latte viene coagulato ad una temperatura tra i 38 e i 40°C, utilizzando il caglio di agnello in pasta. Si ha quindi la fase di rottura della cagliata in piccoli granuli e la mas-sa così ottenuta viene sottoposta a cottura a 45-48°C. Dopo il raffreddamento le forme vengono marchiate e av-viate alla salagione (che avviene esclusivamente a secco per i formaggi salati) in locali a 10-12°C; le applicazioni di sale sono 3-4 nelle prime tre settimane, per una du-rata complessiva di 70-120 giorni. I formaggi salati per via umida e a secco, permangono da 6 a 10 giorni in saline regolarmente controllate a 11-13°C. Successiva-mente vengono trasferiti nei locali di salatura a secco, dove riceveranno 4-5 applicazioni di sale in un periodo di 50-70 giorni. Raggiunta la maturazione di cinque mesi, il Pecorino Romano DOP può essere immesso sul mercato come formaggio da tavola; diventa invece formaggio da grattugia dopo gli otto mesi di maturazione.

ASPETTO E SAPORE Il Pecorino Romano DOP ha forma cilindrica a facce piane con diametro compreso tra 25 e 35 cm e altezza compre-sa tra 25 e 40 cm; peso variabile da 20 a 35 kg in relazio-ne alle dimensioni della forma. La crosta è sottile di colore avorio o paglierino; la pasta, bianca o paglierino tenue, è in genere compatta o leggermente occhiata. L’aroma è caratteristico, il sapore aromatico e lievemente piccante per il formaggio da tavola (stagionato cinque mesi), pic-cante, intenso e gradevole a stagionatura avanzata nel formaggio da grattugia (stagionato otto mesi).

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pecorino Romano DOP com-prende l’intero territorio delle regioni Lazio e Sardegna, e della provincia di Grosseto, nella regione Toscana.

STORIA Le origini del Pecorino Romano DOP risalgono all’epoca

dell’Impero Romano: il metodo di lavorazione, molto si-mile a quello attuale, fu descritto da Varrone, Columella (De Agricultura), Virgilio (Georgiche) e da Plinio il Vecchio. A partire dal 227 a.C. si diffuse anche in Sardegna, dove sussistevano identiche condizioni ambientali e di alleva-mento.

GASTRONOMIA Il Pecorino Romano DOP si conserva in un ambien-te fresco e asciutto, ancora avvolto nel proprio incarto d’acquisto. Stagionato cinque mesi, risulta un ottimo for-maggio da pasteggio, in abbinamento a ortaggi freschi, ma anche alla frutta. Dopo gli otto mesi di stagionatu-ra, si predilige utilizzarlo come formaggio da grattugia per insaporire i piatti caratteristici romani, dai bucatini all’amatriciana agli spaghetti cacio e pepe, alla celebre trippa alla romana.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Pecorino Romano DOP. É commercializzato fresco, semistagionato e stagionato, in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sullo scalzo, impressi con una matrice, la denominazione di origine, il logo, la sigla del caseificio e la data di produ-zione.

NOTA DISTINTIVA La lavorazione del Pecorino Romano DOP è caratterizza-ta dalla “frugatura”, tecnica che consiste nell’introdurre una canna al centro della cagliata, nella fase di pressatu-ra, per facilitare la liberazione del siero.

PECORINO ROMANO DOP

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino RomanoCorso Umberto I, 22608015 Macomer (NU) www.pecorinoromano.com [email protected]

Page 87: Qualiguida2013 parte1

81

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pecorino Sardo DOP è un formaggio a pasta semicotta prodotto con latte ovino inte-ro di pecore di razza Sarda. Si distingue nelle due tipologie,

Dolce (stagionato fino a 60 giorni) e Maturo (stagionato oltre 120 giorni).

METODO DI PRODUZIONE Il latte di pecora intero, proveniente esclusivamente dalla zona di produzione, può essere termizzato o pastorizzato. In seguito viene fatto coagulare con caglio di vitello a 35-38°C per 35-40 minuti. Una volta ottenuta la cagliata, si procede alla rottura fino ad ottenere dei grumi della gran-dezza di una nocciola per il Pecorino Sardo DOP Dolce, e della grandezza di un chicco di mais per il Maturo. La pasta viene poi semicotta, stufata e/o pressata, sottopo-sta a salatura a secco o in salamoia e quindi stagionata. I tempi di stagionatura sono diversi per le due tipologie: per il tipo Dolce variano fra i 20 e i 60 giorni, per quello Maturo non sono inferiori ai 120 giorni, dopo i quali può essere sottoposto ad affumicatura naturale.

ASPETTO E SAPORE Il Pecorino Sardo DOP ha forma cilindrica a facce piane, con peso variabile da 1 a 2,3 kg per il tipo Dolce e da 1,7 a 4 kg per il tipo Maturo. Il colore della pasta è bianco, tendente al paglierino con l’avanzare della stagionatura; la consistenza è compatta con rara occhiatura, morbida per il tipo Dolce. La crosta è liscia, sottile e di colore bianco o paglierino tenue per il formaggio Dolce, più consistente e dal colore tendente al bruno con l’avanzare della sta-gionatura per il tipo Maturo. Il gusto è dolce-aromatico o leggermente acidulo per il tipo Dolce, mentre diventa forte e gradevolmente piccante per il formaggio Maturo.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pecorino Sardo DOP comprende l’intero territorio amministrativo della regione Sardegna.

STORIA Documentazioni storiche sulle diverse tecnologie di pro-duzione del formaggio in Sardegna risalgono alla fine del XVIII secolo, quando i formaggi venivano distinti in bian-chi, fresa, spianatu, rossi fini e affumicati, questi ultimi due possono essere considerati i precursori del Pecorino Sardo DOP. Originariamente prodotto utilizzando tecniche molto artigianali, fu all’inizio del XX secolo che si diffuse-ro pratiche più moderne, come l’uso del termometro, la filtrazione del latte e l’uso di macchinari che garantissero il miglioramento delle condizioni igieniche di trasformazio-ne. La produzione di questo formaggio ha continuato ad

espandersi nel secondo dopoguerra. A partire dagli anni Sessanta, vengono introdotte alcune importanti innovazio-ni tecnologiche riguardanti il miglioramento delle condizioni igieniche di trasformazione, la razionalizzazione dei tratta-menti termici, la semicottura, l’uso di innesti di batteri lattici e del caglio.

GASTRONOMIA Il Pecorino Sardo DOP si mantiene a lungo, purché con-servato seguendo accuratamente le indicazioni riportate sull’etichetta, soprattutto durante la stagione calda. Il tipo Dolce è consumato come formaggio da tavola, servito a scaglie con verdura fresca, oppure come secondo piatto con uva e pere. Quello Maturo è ideale a fine pasto, ac-compagnato con pane all’olio e pinoli, oppure grattugiato.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle ti-pologie Pecorino Sardo DOP Dolce (stagionatura di 20-60 giorni, contrassegno blu) o Maturo (stagionatura di almeno 120 giorni, contrassegno verde). È commercializzato in for-me intere, a tranci, porzionato, e preconfezionato. Deve re-care sulle forme le iniziali della denominazione impresse ad inchiostro, la sigla DOP, il casello identificativo dell’azienda produttrice e sulla faccia l’etichetta con la denominazione e il logo prodotto.

NOTA DISTINTIVA Il sapore particolare, carico di aromi, del Pecorino Sardo DOP, nasce dalle caratteristiche uniche del latte delle pe-core di razza Sarda cresciute sulle montagne interne della Sardegna, in un territorio ricco di erbe e arbusti aromatici.

PECORINO SARDO DOP

Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Sardo DOPVia Sant’Alenixedda, 209128 CagliariTel: +39 070 372885 www.pecorinosardo.it [email protected]

Dolce Maturo

Istituto Nord Est QualitàVia Rodeano, 71 33038 San Daniele del Friuli (UD)Tel: +39 0432940349 Fax: +39 0432943357www.ineq.it [email protected]

Page 88: Qualiguida2013 parte1

82

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pecorino Siciliano DOP è un formaggio a pasta semi-cotta e dura, prodotto con latte ovino intero e crudo, pro-veniente da animali allevati nella zona di produzione.

METODO DI PRODUZIONE Il latte utilizzato viene fatto coagulare con caglio in pasta di agnello ad una temperatura di circa 32°C. La cagliata ottenuta, dopo essere stata spurgata con le mani, viene riposta nei tipici canestri di giunco, detti fascedde, che lasciano sulla superficie una particolare modellatura. Il formaggio viene quindi scottato per circa quattro ore con scotta calda e, dopo 24 ore, è avviato al processo di sa-latura. Questa viene praticata a secco sull’intera superfi-cie della forma ripetendo l’operazione per due volte a di-stanza di 10 giorni l’una dall’altra, lavandola con salamoia quando si presentano segni di asciugatura. Terminata la salatura, si avvia la fase di stagionatura effettuata ad una temperatura di 12-16°C con un’umidità relativa del 70-80%, per un periodo di almeno quattro mesi. Durante la fase di maturazione, le forme vengono rivoltate più volte all’interno dei canestri per conferire loro il caratteristico aspetto a cilindro con facce piane o leggermente con-vesse e con impressi i segni del canestro. Durante questa fase è prevista la cappatura con olio o morchia d’olio.

ASPETTO E SAPORE Il Pecorino Siciliano DOP ha forma cilindrica a facce piane con scalzo alto 10-18 cm. La crosta è di colore bianco-giallognolo e superficie rugosa che riporta la modellatu-ra del canestro in cui è stata riposta. La pasta è dura e compatta, di colore bianco o paglierino con leggera oc-chiatura. Il peso delle forme varia da 4 a 12 kg; l’odore è speziato, fresco e floreale; il gusto deciso e fruttato, più accentuatamente piccante per il formaggio a maggiore stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Pecorino Siciliano DOP inte-ressa l’intero territorio della regione Sicilia.

STORIA Le origini del Pecorino Siciliano, o picurinu, come viene chiamato in Sicilia, risalgono al periodo classico, benché di fatto si accenni già a formaggi di latte di pecora in ope-re di autori greci (come Omero, Odissea libro nono, X-IX sec. a.C.). Anche Plinio il Vecchio, che per la prima volta nella sua Naturalis Historia classificò i formaggi nazionali ed esteri dell’Epoca Classica, parlando del cacio siciliano, che lo definì come uno dei migliori formaggi dell’epoca. Il Pecorino Siciliano DOP viene prodotto con una meto-dologia tradizionale, la cui origine remota ne fa uno dei formaggi più antichi tra quelli prodotti in Italia.

GASTRONOMIA Il Pecorino Siciliano DOP si conserva in un ambiente fre-sco oppure in frigorifero, nello scomparto meno freddo, a una temperatura ideale di 4°C. L’ideale è mantenerlo avvolto nell’incarto d’acquisto o in carta stagnola e ripor-lo in contenitori di vetro o di plastica chiusi. Mettendo una o due zollette di zucchero nei contenitori è, inoltre, possibile mantenere il prodotto al giusto grado di umidità e freschezza. Risulta un ottimo formaggio da pasteggio, in special modo se consumato fresco o semi-stagionato, il Pecorino Siciliano DOP Stagionato trova invece am-pio utilizzo come formaggio da grattugia, per insaporire i primi piatti, ma anche in abbinamento a pane ed olive che tendono ad attenuarne il sapore piuttosto piccante. Si sposa bene con i vini rossi DOP siciliani, meglio se corposi.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipologia Pecorino Siciliano DOP. É commercializzato in forme intere, a tranci o porzionato; è confezionato sotto-vuoto e deve riportare in etichetta il logo del Consorzio, della DOP, il numero CE dello stabilimento di produzione e la data di scadenza.

NOTA DISTINTIVA Le peculiarità organolettiche del Pecorino Siciliano DOP sono caratterizzate da un sapore equilibrato, conferito da un insieme di elementi. Fra questi, riveste un ruolo fon-damentale l’alimentazione degli ovini da cui è ottenuto il latte utilizzato per la produzione, nonché la quantità di grasso in esso presente.

PECORINOSICILIANO DOP

Corfilac Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-CaseariaS.P. 25 Ragusa Mare km. 597100 RagusaTel: +39 0932 660414 Fax: +39 0932 660448www.corfilac.it

Consorzio volontario per la Tutela del Pecorino SicilianoVia Roma, 35 92022 Cammarata (AG)Tel e Fax: +39 0924 71416www.consorziopecorinosiciliano.it

Page 89: Qualiguida2013 parte1

83

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Pecorino Toscano DOP è un formaggio a pasta tenera o semidura, prodotto con latte ovino intero. Si distingue nelle due tipologie Fresco (stagio-

nato almeno 20 giorni) e Stagionato (con maturazione di almeno quattro mesi).

METODO DI PRODUZIONE Il latte utilizzato deve essere coagulato ad una temperatura compresa tra i 33 e i 38°C con aggiunta di caglio di vitel-lo, in modo tale da ottenere la coagulazione entro 20-25 minuti. Il latte può essere utilizzato crudo o può subire un trattamento termico fino alla pastorizzazione e può essere inoculato con colture di fermenti lattici autoctoni, naturali o selezionati. Dopo la rottura, la cagliata viene sottoposta a un trattamento termico a 40-42°C per 10-15 minuti nel caso si voglia ottenere il Pecorino Toscano DOP Stagio-nato, e successivamente viene messa in apposite forme per eliminare il siero in eccesso. Lo spurgo viene effettuato mediante pressatura manuale o con stufatura a vapore. La salatura avviene in salamoia per otto ore per il pecorino a pasta tenera e per 12-14 ore per quello a pasta semidura, oppure con aggiunta diretta di sale, anche in questo caso la permanenza è maggiore per il pecorino a pasta semi-dura. Il Pecorino Toscano DOP può essere trattato ester-namente con un antimuffa e deve essere poi maturato in idonee celle a una temperatura di 5-12°C, per un periodo di almeno 20 giorni per il tipo a pasta tenera e non inferiore a quattro mesi per quello a pasta semidura.

ASPETTO E SAPORE Il Pecorino Toscano DOP ha forma cilindrica a facce pia-ne con scalzo leggermente convesso e peso variabile da 0,75 a 3,50 kg. È caratterizzato da una crosta di colore giallo. La pasta ha una struttura compatta, tenera al taglio e di colore dal bianco al leggermente paglierino per il tipo Fresco; tenace al taglio, di colore leggermente paglierino o paglierino e con eventuale minuta occhiatura non regolar-mente distribuita per quello Stagionato. Il sapore è dolce, mai sapido né piccante, fragrante e accentuato, a secon-da delle particolari procedure di lavorazione.

ZONA DI PRODUZIONE Il Pecorino Toscano DOP è prodotto nella regione Toscana e in alcuni comuni limitrofi che ricadono nelle province di Viterbo e Perugia, nelle regioni Lazio e Umbria.

STORIA Si ritiene che l’allevamento di ovini in Toscana risalga al periodo degli Etruschi, ma i primi cenni storici sul Pecorino Toscano si hanno all’epoca dei Romani. Conosciuto nel

XV secolo con il nome di “cacio marzolino”, a causa della produzione che iniziava a marzo e continuava per tutta la primavera, già a metà del XIX secolo questo formaggio ve-niva realizzato secondo specifiche modalità produttive.

GASTRONOMIA Il Pecorino Toscano DOP si conserva bene in luoghi freschi e asciutti. È preferibile non riporlo in frigorifero, dove co-munque andrebbe collocato nello scomparto meno fred-do, avvolto in un panno di cotone leggermente inumidito. Questo prodotto può essere usato come formaggio da tavola o da grattugia, in funzione del grado di stagionatura. Se grattugiato, è ottimo sulla ribollita, sui primi piatti, o per insaporire piatti a base di carne. Sia Fresco che Stagio-nato, si sposa bene con ortaggi freschi di stagione e con frutta, marmellata e miele.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle se-guenti tipologie: Pecorino Toscano DOP Fresco (a pasta tenera, stagionatura di 20 giorni); Pecorino Toscano DOP Stagionato (a pasta semidura, stagionatura di quattro mesi). È commercializzato in forme intere, a tranci, por-zionato e preconfezionato. Il logo prodotto deve essere apposto sullo scalzo, impresso a inchiostro sul formaggio Fresco e a caldo sul formaggio Stagionato.

NOTA DISTINTIVA Il Pecorino Toscano DOP si caratterizza per il suo sapore dolce, mai sapido né piccante, particolarità che si deve sia al metodo di lavorazione con caglio di vitello sia alla durata della salatura, molto più breve rispetto agli altri pecorini.

PECORINO TOSCANO DOP

Consorzio Tutela Pecorino Toscano DOPVia Mameli, 17 58100 GrossetoTel: +39 0564 20038www.pecorinotoscanodop.it [email protected]

Certiprodop SrlVia del Macello, 26 26013 Crema (CR)Tel: +39 0373 259662 Fax: +39 0373 253530www.certiprodop.it [email protected]

Fresco Stagionato

Page 90: Qualiguida2013 parte1

84

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Piacentinu Ennese DOP è un formaggio stagionato a pa-sta pressata ottenuto da latte ovino, intero e crudo, pro-veniente dalle razze siciliane Comisana, Pinzirita, Valle del Belice e loro incroci, a cui vengono aggiunti zafferano e pepe nero in grani.

METODO DI PRODUZIONE Si utilizza latte ovino di una o due mungiture successive, lavorato entro le 24 ore. Il latte viene portato a temperatura di cottura (38°C) ed è trasferito nella tina (contenitore di legno) all’interno della quale vengono aggiunti lo zafferano e il caglio. Si utilizza caglio in pasta proveniente da agnelli e capretti allevati nella zona di produzione. Anche lo zaffe-rano è di produzione locale ed è caratterizzato da un ele-vato contenuto di crocina e picrocrocina, che conferisce un bouquet finale intenso e caratteristico. A coagulazione avvenuta, la cagliata viene rotta con un bastone (rotula) fino ad ottenere grani delle dimensioni di un chicco di riso. Dopo l’agglomerazione dei granuli si forma una massa ca-seosa che viene trasferita sopra una tavola di legno o ac-ciaio ed è successivamente tagliata e distribuita in canestri di giunco (fascedde). Prima della messa in forma nei ca-nestri, alla cagliata vengono aggiunti anche grani di pepe nero. Si effettua poi una pressatura manuale per favorire lo spurgo del siero. I canestri contenenti la massa caseosa vengono poi inseriti nella tina e ricoperti di scotta calda per 3-4 ore. Successivamente, la pasta viene estratta e lascia-ta raffreddare e quindi cosparsa uniformemente di sale a grani grossi (salatura a secco). Si ripete questa operazione per due volte a distanza di 10 giorni l’una dall’altra. Il perio-do di stagionatura dura almeno 60 giorni.

ASPETTO E SAPORE Il Piacentinu Ennese DOP presenta una forma cilindrica, con un peso di 3,5-4,5 kg. La crosta è morbida ed elasti-ca, la pasta liscia di colore giallo più o meno intenso, do-vuto alla presenza di zafferano, e con leggera occhiatura. L’aspetto si caratterizzata anche per la presenza dei grani di pepe nero. Il sapore varia da leggermente piccante a più intenso in base alla stagionatura, l’odore è caratteristico, con leggere note di zafferano.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Piacentinu Ennese DOP com-prende l’intero territorio dei comuni di Enna, Aidone, Asso-ro, Barrafranca, Calascibetta, Piazza Armerina, Pietraper-zia, Valguarnera e Villarosa della provincia di Enna, nella regione Sicilia.

STORIA L’origine della produzione del Piacentinu Ennese DOP è legata sia all’attività casearia del latte ovino, diffusa già in

antichità, che alla coltivazione dello zafferano. La leggenda vuole che l’aggiunta di zafferano al latte nella fase di produ-zione sia dovuta al periodo di dominazione Normanna (XI secolo). La storia narra che Ruggero il Normanno per gua-rire sua moglie Adelasia, affetta da una forte depressione e allo stesso tempo amante dei formaggi, fece preparare un formaggio con doti rivitalizzanti. Lo zafferano è infatti da sempre celebre per le sue proprietà energizzanti.

GASTRONOMIA Il Piacentinu Ennese DOP si conserva in frigorifero chiuso negli appositi contenitori salva-aroma e salva-freschezza, oppure avvolto in carta oleata. Può essere consumato sia come formaggio da tavola che come ingrediente nella preparazione di varie ricette. Nel primo caso si possono apprezzare al meglio le peculiari caratteristiche aromatiche dovute allo zafferano. La tradizione siciliana comunque lo impiega anche nell’impanatura delle carni, nei primi piatti (es. la pasta al brodo di pollo ruspante) o nel capretto ab-buttunato, piatto tipico Ennese.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipo-logia Piacentinu Ennese DOP. È commercializzato in forme intere.

NOTA DISTINTIVA Nel Piacentinu Ennese DOP è stata riscontrata la presen-za dell’aterponeolo, un particolare terpene, sostanza aro-matica che proviene dalle tipiche essenze foraggere di cui si alimentano gli ovini condotti al pascolo nel territorio di produzione.

PIACENTINU ENNESE DOP

IZS Sicilia Istituto Zooprofilattico Sperimentale della SiciliaVia G.Marinuzzi, 3 90129 PalermoTel: +39 091 6565111www.izssicilia.it

Consorzio di Tutela Formaggio Piacentinu EnneseAllevatori sede di EnnaVia Scifitello 94100 Enna Tel +39 0935 29229

Page 91: Qualiguida2013 parte1

85

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Piave DOP è un for-maggio a pasta cotta e dura ottenuto dalla lavo-razione di latte vaccino, prodotto per almeno l’80% da bovine di razza Bruna Italiana, Pezzata Rossa Italiana e Frisona Italiana allevate esclu-sivamente nella zona di

produzione. Si distingue nelle tipologie: Fresco, Mezzano, Vecchio, Selezione Oro e Riserva.

METODO DI PRODUZIONE Le bovine sono alimentate con almeno il 70% dei foraggi e almeno il 50% della razione di sostanza secca prove-nienti dal territorio di produzione. Il latte viene addizionato con lattoinnesto e sieroinnesto prodotti a partire da latte crudo e da siero di lavorazione. Il latte viene fatto coagu-lare aggiungendo caglio e la cagliata viene cotta e quindi trasferita negli stampi per la formatura. La forma viene po-sta a pressione con l’ausilio di pompe idrauliche per circa 40 minuti, spurgandola dal siero e conferendole maggiore compattezza. A questo punto il formaggio, avvolto dalla fascera e posto su degli appositi supporti, viene stivato per 12 ore nelle “torri di sosta”. Dopo la salatura in salamoia, le forme sono trasferite in magazzini a temperatura e umidità controllate per la stagionatura che può variare, a seconda della tipologia di formaggio, da 20 giorni ad oltre 18 mesi.

ASPETTO E SAPORE Il Piave DOP ha forma cilindrica, crosta tenera e chia-ra nel formaggio Fresco, che con la stagionatura diven-ta progressivamente più dura e scura. La pasta è priva di occhiatura e si presenta bianca e omogenea nel tipo Fresco, giallo paglierino, granulosa e friabile, con caratteri-stica sfogliatura nei formaggi più maturi. Il sapore è lattico e dolce nel tipo Fresco, sempre più sapido e intenso con il progredire della maturazione, fino a leggermente piccante nei formaggi più stagionati.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Piave DOP interessa l’intero ter-ritorio della provincia di Belluno, nella regione Veneto.

STORIA La produzione casearia nella provincia di Belluno ha origini antiche. Lo sviluppo delle attività di allevamento del bestia-me da latte si può infatti far coincidere con il declino della Serenissima Repubblica di Venezia, quando l’economia lo-cale necessitava di una valida alternativa allo sfruttamento delle risorse forestali. Con l’avvento del periodo industriale,

nella seconda metà dell’Ottocento, la crisi conseguente all’emigrazione e al degrado dei territori montani porta alla costituzione delle prime latterie sociali cooperative, dette “turnarie”, finalizzate a ridurre i costi di produzione. Tale si-stema diventa nel tempo una realtà di rilevante importanza nel contesto socio-economico della zona.

GASTRONOMIA Il Piave DOP si conserva al meglio in luogo fresco e asciutto e, se porzionato, è preferibile riporlo nello scomparto meno freddo del frigorifero fino al momento del consumo. Il tipo Mezzano è ottimo utilizzato a dadini, a riccioli o a scaglie o in ricette come lo sformato; il Fresco è indicato da fon-dere, in ricette come le crespelle o la semplice e gustosa zuppa di porri; il Piave Vecchio DOP è ottimo nelle tartine o nel risotto all’ortica. Tradizionale della cucina bellunese è il formai frit, formaggio fritto con polenta e crauti.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno come Pia-ve DOP nelle tipologie: Fresco (stagionato 20-60 giorni); Mezzano (stagionato 60-180 giorni); Vecchio (stagionato oltre 6 mesi); Vecchio Selezione Oro (stagionato oltre 12 mesi) e Vecchio Riserva (stagionato oltre 18 mesi). È com-mercializzato intero o in tranci, nelle pezzature da 300 g in atmosfera modificata e da 500 e 1.000 g sottovuoto.

NOTA DISTINTIVA Le particolari qualità del latte utilizzato, unite al contempo-raneo impiego del latteinnesto e sieroinnesto naturali ripro-dotti direttamente in caseificio, conferiscono al Piave DOP le sue peculiari caratteristiche organolettiche.

PIAVE DOP

Consorzio Tutela Formaggio Piave DOPVia Nazionale, 59 32030 Busche (BL)www.formaggiopiave.it www.piavecheese.com [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

Fresco Mezzano

Vecchio Selezione Oro Riserva

Page 92: Qualiguida2013 parte1

86

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Provolone del Monaco DOP è un formaggio semiduro a pasta filata, stagionato e prodotto esclusivamente con lat-te crudo vaccino ottenuto per almeno il 20% da bovine di razza Agerolese e per la quota restante da razze diverse (Frisona, Brunalpina, Pezzata Rossa, Jersey, Podolica), al-levate esclusivamente nella zona di produzione.

METODO DI PRODUZIONE Il latte utilizzato viene fatto coagulare per 40-60 minuti con aggiunta di caglio in pasta di capretto o caglio naturale liqui-do di vitello. Una volta raggiunta la consistenza desiderata, la cagliata è rotta in grani di dimensioni pari ad un chicco di mais e lasciata riposare per 20 minuti, quindi riscaldata fino a 48-52°C e lasciata riposare per altri 30 minuti. Successi-vamente, viene estratta dal siero e trasferita in teli di canapa o cestelli forati. Quando la pasta è sufficientemente elasti-ca, si procede al taglio in fettucce di dimensioni variabili e poi alla filatura, modellandola a mano con l’ausilio di acqua alla temperatura di 85-95°C. Le forme ottenute, una volta rassodate in acqua fredda e salate in salamoia, sono legate a coppie e appese su apposite incastellature dove asciu-gano per 10-20 giorni, successivamente vengono messe a stagionare in ambienti a temperatura compresa tra gli 8°C ed i 15°C per non meno di sei mesi. In questo periodo i formaggi sono sottoposti esclusivamente a operazioni di lavaggio e pulitura delle muffe ed eventuale oliatura (con olio extravergine di oliva Penisola Sorrentina DOP).

ASPETTO E SAPORE Il Provolone del Monaco DOP ha forma simile a quella di un melone allungato suddiviso in un minimo di sei facce, di peso variabile tra i 2,5 e gli 8 kg. La pasta è elastica, com-patta, uniforme con occhiature di diametro variabile sino ai 5 mm. La crosta, sottile e quasi liscia, di colore giallogno-lo con toni leggermente scuri, tende a diventare più gialla e spessa quando la stagionatura supera i 7-8 mesi, ren-dendo anche la pasta più consistente. Il sapore è dolce e burroso, contraddistinto da un piacevole gusto variamente piccante, che si fa più penetrante ed intenso con il protrarsi della stagionatura.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Provolone del Monaco DOP ri-cade all’interno di 13 comuni della provincia di Napoli, nella regione Campania.

STORIA Il Provolone del Monaco DOP trova le sue antiche origini nella produzione casearia dei Monti Lattari e della Penisola Sorrentina. La nascita del nome è invece legata alla storia della sua commercializzazione, quando la necessità di tro-vare sbocchi commerciali più ampi spinse i contadini che

producevano questo formaggio fino ai mercati della città di Napoli. Raggiungevano la città via mare solitamente coperti con un grande mantello simile ad un saio, assumendo così un aspetto che ricordava i monaci. “Monaco” divenne pre-sto il soprannome con cui la gente del porto che li vedeva sopraggiungere si abituò ad identificarli, e con essi anche il formaggio che trasportavano, battezzato appunto “Provo-lone del Monaco”. GASTRONOMIA Il Provolone del Monaco DOP deve essere conservato in frigorifero ad una temperatura massima di 8°C, al fine da preservarne al meglio le caratteristiche organolettiche. È utilizzato come ingrediente in numerose ricette della cucina napoletana, ma il suo sapore caratteristico lo rende molto apprezzato anche come formaggio da tavola. Particolar-mente indicato l’abbinamento con un vino rosso come il Penisola Sorrentina DOP, soprattutto per il formaggio più stagionato.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella tipo-logia Provolone del Monaco DOP. È commercializzato in forme intere e porzionato. Può essere confezionato anche sottovuoto o in atmosfera protetta.

NOTA DISTINTIVA Le qualità organolettiche, la consistenza e l’elasticità che rendono unico il Provolone del Monaco DOP sono frutto dell’eccezionale qualità del latte bovino di razza Agerolese, che permette di ottenere una pasta particolarmente adatta ad essere filata.

PROVOLONE DEL MONACO DOP

Consorzio di Tutela Provolone del Monaco DOPVia Punta La Guardia, 6 80069 Vico Equense (NA)www.provolonedelmonacodop.it [email protected]

IS.ME.CERT.C.so Meridionale, 6 80143 NapoliTel: +39 081 5636647Fax: +39 081 5534019www.ismecert.com [email protected]

A

IS.M

E.C

ER

T.

CertificazioneAgroalimentare

Page 93: Qualiguida2013 parte1

87

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Provolone Valpadana DOP è un formaggio semiduro a pasta filata, prodotto nelle tipologie Dolce e Piccante con latte crudo intero di vacca raccolto esclusivamente nella zona di origine.

METODO DI PRODUZIONE Il latte viene addizionato con sieroinnesto preparato nello stesso ambiente di trasformazione. Si procede alla coa-gulazione con aggiunta di caglio liquido di vitello per la produzione del Provolone Valpadana DOP Dolce o con caglio in polvere di agnello e/o capretto per la tipologia Piccante. Raggiunta la consistenza sufficiente, la cagliata viene rotta meccanicamente tenendo la massa in agita-zione per favorire lo spurgo. Successivamente viene au-mentata la temperatura in caldaia e, al termine, la massa viene travasata su appositi tavoli per l’acidificazione e il drenaggio, per consentire la cottura della cagliata. La pa-sta viene poi sottoposta a riscaldamento e successiva-mente filata e quindi modellata manualmente o servendo-si di stampi appositi, a seconda della forma che si vuole ricavare. Una volta modellata, la pasta viene sottoposta alla salatura in salamoia per un tempo variabile da poche ore fino a 30 giorni, in relazione al peso della forma. La stagionatura minima varia da 10 giorni, per le forme più piccole, a 30 per quelle medie, a un minimo di 90 giorni per quelle più grandi e per la tipologia Piccante. È possi-bile sottoporre il formaggio ad affumicatura.

ASPETTO E SAPORE Il Provolone Valpadana DOP può avere forma a salame, tronco-cronica, a melone o a pera eventualmente sor-montata da testolina sferica. La crosta è sottile e liscia, di colore giallo chiaro, dorato e a volte tendente al giallo bruno. La pasta è compatta, con eventuale leggera oc-chiatura e con colore giallo paglierino. Il sapore è delicato per il tipo Dolce, più deciso per quello Piccante.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Provolone Valpadana DOP in-teressa l’intero territorio delle province di Cremona, Bre-scia, Bergamo, Mantova e Lodi, nella regione Lombardia; Verona, Vicenza, Padova e Rovigo, nella regione Veneto; Trento, nella regione Trentino Alto Adige; Piacenza, nella regione Emilia-Romagna.

STORIA Le origini del Provolone Valpadana DOP risalgono all’epo-ca dell’Unità d’Italia, quando la cultura casearia delle pa-ste filate, originaria dell’Italia meridionale, si diffuse nella Valle Padana. L’uso del nome “provolone” viene ufficia-lizzato per la prima volta nel Vocabolario di agricoltura di Canevazzi-Mancini del 1871, dove viene definito come

una “provola” (tipico formaggio meridionale di pasta filata fresca) di grandi dimensioni.

GASTRONOMIA È opportuno conservare il Provolone Valpadana DOP in un ambiente fresco o comunque nello scomparto meno freddo del frigorifero ad una temperatura di 4°C. Il Pro-volone Valpadana DOP è un ottimo formaggio da tavola, ma viene anche utilizzato come ingrediente per la prepa-razione di diverse pietanze. Il tipo Dolce è ideale, tagliato a cubetti, per farcire insalate o per la preparazione di an-tipasti; è particolarmente gustoso abbinato a pere, noci e pane; da solo condito con sale, pepe, olio extravergine di oliva ed erbe aromatiche. Il tipo Piccante è delizioso accompagnato con riccioli di burro fresco; si presta come ingrediente di molte ricette, dalle torte salate ai soufflè, dai secondi di pesce a quelli di carne.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipologie Provolone Valpadana DOP Dolce (stagionatu-ra minima 10-90 giorni) e Piccante (stagionatura minima 90 giorni). Entrambi possono essere anche affumicati. É commercializzato in forme intere (a salame, a melone, tronco-conica, a pera), a tranci, porzionato e preconfe-zionato. Deve recare sulla forma la denominazione.

NOTA DISTINTIVA La filatura del Provolone Valpadana DOP rappresenta il momento cruciale della lavorazione: con gesti sapienti si ottiene un nastro, poi avvolto su se stesso e infine model-lato in modo che non vi restino bolle d’aria all’interno.

PROVOLONE VALPADANA DOP

Consorzio Tutela Provolone ValpadanaPiazza Marconi, 3 26100 CremonaTel: +39 0372 30598 www.provolonevalpadana.it [email protected]

C.S.Q.A. Certificazioni S.r.l. Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel: +39 0445 313011Fax: +39 0445 [email protected]

@Altiformaggi

Page 94: Qualiguida2013 parte1

88

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Quartirolo Lombardo DOP è un formaggio molle da tavola, prodotto con latte vaccino in-tero o parzialmente scremato proveniente da vacche allevate

esclusivamente nella zona di produzione. Se stagionato ol-tre 30 giorni viene commercializzato come Maturo.

METODO DI PRODUZIONE Per la produzione si utilizza latte di almeno due mungitu-re consecutive, di cui quella o quelle successive alla prima possono fornire sia latte intero che parzialmente scremato. Il latte viene fatto coagulare con caglio di vitello entro 25 minuti, con eventuale aggiunta di lattoinnesto derivante da precedenti lavorazioni e ottenuto nel medesimo caseificio. La cagliata viene rotta due volte, quindi inserita nelle forme e sottoposta a stufatura a 26-28°C per un periodo variabile da 4 a 24 ore a temperatura decrescente. Le forme vengo-no poi sottoposte a salatura a secco o in salamoia e suc-cessivamente messe a stagionare. La stagionatura dura da 5 a 30 giorni per il formaggio a pasta tenera, mentre si protrae oltre i 30 giorni per il Quartirolo Lombardo DOP Maturo. La crosta del formaggio non può essere trattata.

ASPETTO E SAPORE Il Quartirolo Lombardo DOP ha forma parallelepipeda qua-drangolare a facce piane, scalzo dritto e peso variabile da 1,5 a 3,5 kg. La crosta è morbida, sottile di colore bianco rosato per i formaggi freschi e grigio-verde rossastra per quelli maturi. La pasta ha una struttura compatta e unifor-me, leggermente grumosa, friabile e con eventuali piccoli distacchi. Con l’avanzare della stagionatura tende a diven-tare più compatta e fusibile. Il sapore è caratteristico, leg-germente acidulo-aromatico nel formaggio più fresco e più aromatico in quello maturo.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Quartirolo Lombardo DOP inte-ressa l’intero territorio delle province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia e Va-rese, nella regione Lombardia.

STORIA Le origini del Quartirolo Lombardo DOP risalgono al X se-colo, quando il formaggio era conosciuto come “stracchino quadro”, e sono legate all’antica consuetudine dei man-driani lombardi di far soggiornare il bestiame in montagna durante i mesi estivi e di riportarlo più a valle poco prima dell’autunno, dove il clima è più clemente e i prati riesco-no a ancora vegetare, riuscendo a dare erba da foraggio anche a fine stagione. Proprio alla transumanza si deve anche l’origine del nome “quartirolo”, che deriva dalla con-

suetudine di nutrire le vacche con l’erba nata dopo il terzo taglio estivo, la “quartirola”, l’ultima tra le erbe fresche prima dell’inverno e la più aromatica dell’anno.

GASTRONOMIA Il Quartirolo Lombardo DOP si conserva al meglio avvol-to in un canovaccio leggermente umido oppure ricoperto da carta stagnola. Poiché è un tipico formaggio da pasto, è ideale consumato come secondo piatto o a fine pasto, con l’accortezza di servirlo a temperatura ambiente. Ottimo accompagnato con olio extravergine di oliva e condito con un pizzico di pepe, si abbina bene con noci, mele, uva e miele. Viene inoltre utilizzato come pregiato ingrediente nel-la preparazione di molte ricette, fra cui primi piatti, insalate e dessert, nonchè di sfiziose preparazioni quali ad esempio la “mousse di Quartirolo Lombardo DOP al tartufo e salsa al miele” oppure la “quiche alla lombarda”. Viene solitamente servito in abbinamento ai vini lombardi, purché non ecces-sivamente invecchiati.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipo-logie: Quartirolo Lombardo DOP (stagionatura da 5 a 30 giorni) e Quartirolo Lombardo DOP Maturo (stagionatura superiore a 30 giorni). É commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sulla faccia della forma il logo prodotto.

NOTA DISTINTIVA Durante la stagionatura le forme del Quartirolo Lombardo DOP vengono sottoposte a frequenti operazioni di rivolta-tura e spugnatura con soluzione di acqua e sale.

QUARTIROLO LOMBARDO DOP

Consorzio Tutela Quartirolo LombardoVia Roggia Vignola 24047 Treviglio (BG)Tel: +39 0363 309409 www.quartirololombardo.com [email protected]

Certiprodop SrlVia del Macello, 26 26013 Crema (CR)Tel: +39 0373 259662 Fax: +39 0373 253530www.certiprodop.it [email protected]

Quartirolo Lombardo DOP Quartirolo

Lombardo DOP Maturo

Page 95: Qualiguida2013 parte1

89

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Ragusano DOP è un formaggio a pasta filata prodotto con latte vaccino intero e crudo.

METODO DI PRODUZIONE Il latte viene fatto coagulare con caglio di agnello e/o ca-pretto fino ad ottenere la cagliata che viene rotta dopo circa 60-80 minuti per favorire lo spurgo del siero. Segue la prima cottura con aggiunta di acqua alla temperatura di 80°C, che porta alla formazione di grani delle dimen-sioni di chicchi di riso. La pasta ottenuta viene pressata e spurgata, quindi trattata con acqua e liquido derivante dalla lavorazione, coperta con un telo e lasciata riposare per 85 minuti. Una volta fatta asciugare per circa 20 ore, la pasta viene tagliata a fette, ricoperta con acqua per alcuni minuti e quindi lavorata fino a ricavare una forma sferica che viene poi modellata in forma parallelepipeda a sezione quadrata. Le forme vengono sottoposte a sa-latura in salamoia e quindi messe a stagionare in locali ventilati con temperatura ambiente di 14-16°C legando le forme a coppia con sottili funi e ponendole a cavallo di appositi sostegni; quelle destinate ad una più lunga stagionatura vengono sottoposte a cappatura con olio di oliva. È inoltre consentita l’eventuale affumicatura del formaggio, solo con metodi naturali e tradizionali.

ASPETTO E SAPORE Il Ragusano DOP ha forma di parallelepipedo a sezione quadrata, con angoli smussati. La crosta è compatta, li-scia, sottile (di spessore massimo di 4 mm), con colore variabile da giallo dorato a paglierino, fino al marrone per i formaggi più stagionati da grattugia. La pasta è compat-ta, con poche occhiature ed eventuali fessurazioni che emergono con l’avanzare della maturazione, di colore bianco tendente al giallo paglierino. Dall’aroma piacevole e caratteristico, presenta un sapore dolce, delicato, com-plessivamente molto gustoso. Il gusto, poco piccante all’inizio della stagionatura, tende ad accentuarsi, diven-tando saporito e piccante, per i formaggi da grattugia.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Ragusano DOP comprende il territorio di alcuni comuni delle province di Ragusa e di Siracusa, nella regione Sicilia.

STORIA Il Ragusano DOP è uno dei formaggi più antichi della Sicilia, attorno a cui è nato un fiorente commercio che superava i confini dell’isola già nel XVI secolo. Sono di-verse le fonti storiche che documentano l’importanza di questo formaggio, come l’opera del 1515 Da Ferdinando il Cattolico a Carlo V (l’esperienza siciliana 1475-1525), di Carmelo Trasselli, che riferisce dell’esenzione dei dazi sul

formaggio caciocavallo, chiamato così probabilmente per il particolare metodo di stagionatura, appunto “a cavallo” di sostegni.

GASTRONOMIA Il Ragusano DOP si conserva in modo ottimale avvolto nell’incarto di acquisto o in carta argentata e riposto nel ripiano meno freddo del frigorifero, chiuso in contenitori di vetro o plastica. È opportuno toglierlo dal frigorifero circa un’ora prima di servirlo, liberandolo dalla confezione per fargli riacquistare appieno il suo sapore ed aroma. Il for-maggio più fresco è ottimo come formaggio da tavola, ed è inoltre utilizzato come ingrediente di molte ricette tipi-che della gastronomia siciliana grazie alla sua versatilità. Il Ragusano DOP con stagionatura superiore ai 12 mesi è invece ideale come formaggio da grattugia.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Ragusano DOP. É commercializzato in forme in-tere, a tranci, porzionato e preconfezionato. Deve recare sulla forma il logo prodotto e la sigla DOP, che può essere seguita dalla dicitura “affumicato” nel caso in cui sia stato sottoposto ad affumicatura.

NOTA DISTINTIVA Le operazioni casearie per la produzione del Ragusano DOP vengono eseguite con strumenti e attrezzature di le-gno e di rame stagnato, che contribuiscono a definirne le peculiarità organolettiche. Fra questi strumenti, caratteri-stica è la iaruozzu, un’asta di legno che termina con un disco e che viene utilizzata per la rottura della cagliata.

RAGUSANO DOP

Consorzio di Tutela della DOP Formaggio RagusanoVia delle Americhe, 139 97100 RagusaTel: +39 0932 667499-668934 Fax: +39 0932 [email protected]

Corfilac Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-CaseariaS.P. 25 Ragusa Mare km. 597100 RagusaTel: +39 0932 660414 Fax: +39 0932 660448www.corfilac.it

Page 96: Qualiguida2013 parte1

90

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Raschera DOP è un formag-gio semigrasso, cotto, pres-sato e a pasta compatta, pro-dotto con latte vaccino e con eventuali piccole aggiunte di

latte ovino e/o caprino. Se prodotto e stagionato oltre i 900 m di altezza viene aggiunta la menzione “D’Alpeggio”.

METODO DI PRODUZIONE Il latte deve provenire da due mungiture consecutive e vie-ne utilizzato crudo o sottoposto a trattamenti igienizzanti. La coagulazione avviene con l’impiego di caglio di origi-ne animale ad una temperatura di 30-37°C per un tempo compreso tra 20 e 60 minuti. Si procede alla rottura della cagliata fino ad ottenere granuli di dimensione tra quella del chicco di mais e la nocciola. Successivamente, ven-gono effettuate l’estrazione, lo scarico della cagliata e la formatura. La salatura avviene a secco e/o in salamoia. Il periodo di stagionatura minimo è di 30 giorni per il Ra-schera DOP prodotto con latte igienizzato e di 60 giorni per quello a latte crudo. In alpeggio la formatura avviene tramite tela: dapprima è utilizzata per estrarre la cagliata e operare una prima pressione manuale; dopo pochi minuti la tela viene aperta e la cagliata viene reimpastata; quindi di nuovo formata nella tela e posta in uno stampo detto “fascera”. Tale stampo viene coperto con un’asse di legno e caricato con pietre per almeno cinque ore; la forma viene poi tolta dallo stampo e liberata dalla tela; infine rimessa nello stampo sotto pressa per ulteriori cinque ore.

ASPETTO E SAPORE Il Raschera DOP si presenta in due forme: rotonda con facce piane del diametro di 30-40 cm e peso variabile da 5 a 8 kg; quadrangolare con facce piane con lunghezza di ciascun lato da 28 a 40 cm e peso variabile da 6 a 9 kg. La crosta è sottile di colore grigio-rossastra a volte con riflessi giallognoli; elastica, liscia e regolare. La pasta è consistente di colore bianco o bianco avorio; flessibile, con piccolissime occhiature sparse ed irregolari. Il sapore è de-licato, profumato e moderatamente piccante; sapido se stagionato. Il Raschera DOP D’Alpeggio, ottenuto da latte proveniente da pascoli di montagna, presenta una pasta di colore giallo intenso, dai profumi di erbe aromatiche e di fioriture estive dovute ai foraggi freschi. Il sapore è pieno, complesso e durevole nel tempo.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Raschera DOP ricade nell’intero territorio della provincia di Cuneo, nella regione Piemonte.

STORIA Le origini del Raschera DOP risalgono alla fine del 1400,

quando venne rinvenuto nell’archivio comunale di Pampa-rato un contratto d’affitto, in cui il signorotto locale preten-deva dai pastori che “menano le loro mucche a pascolar l’erba del prato Raschera”, a titolo di pagamento dell’affitto, alcune forme di “quel buon formaggio che lassù si fà”. Il rischio che la produzione artigianale di questo formaggio, entrata in crisi intorno agli anni Settanta del secolo scorso, si perdesse definitivamente, portò alla nascita della Confra-ternita della Raschera e del Brus ad opera di un gruppo di estimatori, per promuoverne e sostenerne la produzione.

GASTRONOMIA Il Raschera DOP viene conservato in ambiente fresco o nel ripiano meno freddo del frigorifero, avendo cura di tenerlo avvolto nell’incarto d’acquisto o in carta argentata e chiuso in contenitori di vetro o plastica. Ottimo formaggio da pa-sto, si presta in cucina sia fuso, nella preparazione di risotti e ripieni, sia nelle insalate miste.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Raschera DOP (etichetta verde), con eventuale aggiunta della dicitura “D’Alpeggio” (etichetta gialla), se prodotto e stagionato ad una quota superiore ai 900 metri s.l.m. in nove comuni definiti. É commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato.

NOTA DISTINTIVA Al termine del processo di salatura, le forme di Raschera DOP vengono ripulite dal sale in eccesso e poste a matu-rare in appositi locali o nelle caratteristiche “selle” naturali; in Alpeggio vengono poste su assi di legno.

RASCHERA DOP

Consorzio Tutela Formaggio d’Origine RascheraVia Mondovi, 1/D 12080 Vicoforte (CN)Tel: +39 0174 563307 www.raschera.com [email protected]

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

Raschera DOP Raschera DOP D’Alpeggio

Page 97: Qualiguida2013 parte1

91

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Robiola di Roccaverano DOP è un formaggio a pasta morbida prodotto con latte crudo intero di capra in purez-za, oppure in misura minima

del 50% con aggiunta, in rapporto variabile, di latte crudo intero di vacca e/o pecora in misura massima del 50%. Il latte deve essere ottenuto da capre di razza Roccaverano e Camosciata Alpina e loro incroci, da pecore di razza Pe-cora delle Langhe e da bovine di razza Piemontese e Bru-na Alpina e loro incroci. Si distingue nelle tipologie Fresca oppure Affinata o Satgionata.

METODO DI PRODUZIONE Il latte utilizzato proviene da mungiture consecutive effet-tuate in un arco di tempo che va dalle 24 alle 48 ore. Dopo che è avvenuta l’acidificazione naturale, al latte viene addi-zionato caglio di origine animale e poi lasciato a riposo per un tempo di coagulazione dalle 8 alle 36 ore in funzione delle condizioni climatiche ed ambientali di lavorazione. Si procede quindi al trasferimento della cagliata acida in ap-positi stampi forati muniti di fondo. Prima della formatura può essere effettuato uno spurgo del siero per sgocciola-mento in tele. La sosta negli stampi si protrae fino a 48 ore con rivoltamenti periodici. La salatura è effettuata a secco sulle due facce del prodotto durante i rivoltamenti o al ter-mine del processo di formatura. La maturazione naturale avviene conservando il prodotto fresco in appositi locali per almeno tre giorni. La Robiola di Roccaverano DOP è considerata stagionata a partire dal decimo giorno dalla messa negli stampi.

ASPETTO E SAPORE La Robiola di Roccaverano DOP presenta una forma cilin-drica con facce piane leggermente orlate, il peso varia dai 250 ai 400 g circa e l’altezza da 2,5 a 4 cm. Si distingue in Fresca (maturata da 4-10 giorni) e Affinata o Stagionata (minimo 11 giorni di stagionatura). La crosta è assente o con presenza di una lieve fioritura naturale di muffe sul pro-dotto fresco, mentre è di colore paglierino o rossiccia sul prodotto affinato o stagionato. La pasta è finemente gra-nulosa, cremosa e morbida nel formaggio fresco e diventa sempre più compatta con il protrarsi della stagionatura. Il colore varia dal bianco latte al crema e/o al giallo. Il sapore e l’aroma risultano delicati, saporiti e leggermente aciduli, più decisi nel prodotto stagionato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Robiola di Roccaverano DOP ricade in 10 comuni della provincia di Asti ed in nove co-muni della provincia di Alessandria, nella zona più orientale delle Langhe, nella regione Piemonte.

STORIA Le origini della Robiola di Roccaverano DOP risalgono ai Celti, che stabilitisi in Liguria, iniziarono a produrre un for-maggio molto simile. Fu poi con l’avvento dei Romani che il formaggio prese il nome di rubeola, dal latino ruber, ter-mine con cui veniva indicato il colore assunto dalla crosta al termine della stagionatura.

GASTRONOMIA La Robiola di Roccaverano DOP, se conservata in frigo-rifero, va riposta su un piatto di porcellana o ceramica e coperta da una scodella dello stesso materiale, in modo che la porosità dei recipienti lasci respirare il formaggio. In alcune aree viene conservata sott’olio. Ottimo come for-maggio da tavola, sia fresco che stagionato, è prelibato condito con olio e un po’ di peperoncino. È tuttavia uti-lizzato anche come ingrediente per la preparazione dei ri-pieni di piatti tipici della gastronomia locale, quali paste e sformati. Consigliato l’abbinamento con vini come Barbera del Monferrato Superiore o Barbera d’Asti DOP.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipo-logie Robiola di Roccaverano DOP Fresca o Affinata (Sta-gionata). È commercializzato in forme intere.

NOTA DISTINTIVA Il caratteristico sapore della Robiola di Roccaverano DOP è dovuto all’alimentazione delle capre che si nutrono di erbe, producendo così un latte con aromi peculiari. Par-ticolarmente apprezzata dai casari è la lupinella, un’erba che conferisce al formaggio una speciale dolcezza.

Consorzio Tutela Formaggio Robiola di Roccaverano DOPVia Roma, 8 14050 Roccaverano (AT)Tel: +39 0144 88465 www.robioladiroccaverano.com [email protected]

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP

Fresca Affinata oStagionata

Page 98: Qualiguida2013 parte1

92

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Il Salva Cremasco DOP è un formaggio a pasta molle e cruda, prodotto esclusivamente con latte vaccino intero crudo proveniente dalle razze bovine Frisona Italiana e Bruna Alpina, allevate nella zona di produzione.

METODO DI PRODUZIONE Le vacche da latte vengono alimentate con foraggi freschi e mangimi derivanti da cereali e loro derivati, ottenuti per non meno del 50% da colture presenti all’interno del terri-torio di produzione. La coagulazione avviene ad una tem-peratura compresa tra i 32 e i 40°C con una durata tra 10 e 20 minuti, a seconda delle condizioni climatiche e della materia prima. In questa fase, in alternativa alle attrezza-ture in acciaio e/o plastica alimentare è ammesso l’utilizzo di caldaie in rame. Viene utilizzato esclusivamente caglio liquido bovino. La cagliata viene rotta due volte. Con la prima rottura si ottiene maggiore consistenza del coagu-lo; con la seconda rottura invece si ottengono glomeruli caseasi della grandezza di una nocciola. Il trasferimen-to della cagliata in appositi stampi di legno avviene per estrazione tramite teli in fibre naturali o sintetiche. Durante questa fase si esegue la marchiatura identificativa del pro-dotto tramite apposita matrice. Seguono le operazioni di salatura a secco o in salamoia. Il prodotto viene quindi stagionato per un minimo di 75 giorni e la forma viene frequentemente rivoltata. La crosta non subisce alcun tipo di trattamento, fatte salve le spugnature con acqua e sale, l’eventuale uso di olio alimentare, vinacce ed erbe aromatiche.

ASPETTO E SAPORE Il Salva Cremasco DOP ha la forma di parallelepipedo quadrangolare, con una crosta levigata e sottile. La pasta, di colore bianco, è compatta, friabile e contraddistinta da un più elevato grado di morbidezza nell’immediata prossi-mità della crosta. Il sapore è aromatico e intenso.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione del Salva Cremasco DOP com-prende l’intero territorio delle province di Bergamo, Bre-scia, Cremona, Lecco, Lodi e Milano, nella regione Lom-bardia.

STORIA L’origine semantica del nome Salva Cremasco sembra de-rivare dalla volontà dei contadini di non sprecare (“salvare”) le eccedenze di latte primaverile. Nel Cremasco, la produ-zione e il commercio di formaggi iniziarono ad assumere rilievo dopo l’anno Mille, attività testimoniate dall’esistenza di un Paratico dei formaggiai, elenco di prescrizioni codifi-cate che regolamentavano ogni corporazione di mestiere. Il largo consumo in zona è confermato da numerosi quadri

e affreschi del XVII e XVIII secolo, in cui sono raffigurate tavole imbandite o scene tratte dai sontuosi banchetti in cui appaiono caci di diverse forme. Uno studio del 2001 del Gruppo Antropologico Cremasco su Crema a tavola ieri e oggi, ha messo in evidenza immagini che ritraggono vistosi pezzi di formaggio; in particolare, nella Cena di San Gregorio Magno, di Paolo Veronese, compare sul desco una piccola formella di Salva Cremasco che sembra quasi pronta per essere agguantata dall’illustre pontefice.

GASTRONOMIA Il Salva Cremasco DOP si conserva bene per qualche giorno se mantenuto in frigorifero, avvolto dall’incarto d’acquisto o da un panno umido, in modo da preservar-ne la morbidezza. Da servire a temperatura ambiente, è un ottimo ingrediente di numerose ricette come i “boc-concini fritti di Salva Cremasco DOP”, “tighe al Salva Cre-masco DOP”, “insalata di pere e Salva Cremasco DOP”, i “fusilli noci e maggiorana”, i “fiori di zucchine al Salva Cremasco DOP” e, infine, la “pastafrolla, mele e Salva Cremasco DOP”.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nella ti-pologia Salva Cremasco DOP. È commercializzato in for-me intere o porzionato in tranci.

NOTA DISTINTIVA La crosta del Salva Cremasco DOP si contraddistingue per la presenza di una microflora di superficie che nel cor-so della stagionatura permette il successivo impianto di altre forme microbiche autoctone.

Consorzio Tutela Salva CremascoVia Roggia Vignola, 9 24047 Treviglio (BG)Tel: +39 0363 304164 www.salvacremasco.com [email protected]

Certiprodop SrlVia del Macello, 26 26013 Crema (CR)Tel: +39 0373 259662 Fax: +39 0373 253530www.certiprodop.it [email protected]

SALVA CREMASCO DOP

@Altiformaggi

Page 99: Qualiguida2013 parte1

93

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La Spressa delle Giudicarie DOP è un formaggio a pasta semidura prodotto con latte vaccino crudo parzialmente scremato, proveniente principalmente da bovine di raz-za Rendena, l’unica razza bovina autoctona del Trentino, ed eventualmente di razza Bruna, Grigio Alpina, Frisona e Pezzata rossa. È ottenuto nelle due tipologie Giovane e Stagionato.

METODO DI PRODUZIONE Per la produzione viene utilizzato il latte di due o tre mun-giture consecutive, che viene stoccato e parzialmente scremato per affioramento naturale. La termizzazione è consentita solo per la parte del latte impiegato per la pre-parazione del latteinnesto naturale. Il latte viene poi riscal-dato in caldaia con fuoco a legna o con vapore, quindi addizionato con caglio di origine bovina. La coagulazio-ne avviene alla temperatura di circa 35°C, per un perio-do di 20-50 minuti. Il taglio della cagliata, effettuato con lo spino, si protrae fino ad ottenere granuli delle dimen-sioni di un chicco di riso. La semicottura avviene a una temperatura di circa 42°C e dura al massimo 30 minuti. Poi la cagliata è lasciata a riposo per non oltre 65 minuti, quindi viene effettuata l’estrazione e la messa in fascèra. La durata della lavorazione, dall’aggiunta del caglio all’e-strazione della cagliata, può variare da un minimo di 90 a un massimo di 150 minuti, a seconda delle condizioni tecniche di produzione. Le forme sono fatte sostare nella zona di pre-salatura per almeno 24 ore. La salatura vera e propria può essere fatta a secco, per un periodo che varia da un minimo di otto a un massimo di 12 giorni; o in salamoia, per 4-16 giorni. Segue la stagionatura in appositi locali a una temperatura variabile fra 10 e 20°C. Il prodotto Giovane viene stagionato per un minimo di tre mesi, mentre il prodotto Stagionato per almeno sei mesi.

ASPETTO E SAPORE La Spressa delle Giudicarie DOP ha forma cilindrica, con una crosta irregolare, elastica e di colore grigio brunato od ocra scuro. La pasta è semicotta, semidura, compat-ta ed elastica, con occhiatura sparsa, di colore bianco o paglierino chiaro. Il sapore è dolce nel prodotto Giovane, saporito con una nota amarognola in quello Stagionato.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione della Spressa delle Giudicarie DOP interessa alcuni comuni della provincia di Trento compresi nel territorio delle Valli Giudicarie, nella regione Trentino-Alto Adige.

STORIA La Spressa delle Giudicarie DOP ha radici lontane, trat-tandosi di uno dei formaggi alpini più antichi. Nasce come

formaggio residuale e destinato quasi esclusivamente al consumo familiare, in quanto il latte veniva principalmente utilizzato per produrre burro, molto richiesto dal mercato locale. Le prime testimonianze storiche sulla sua produ-zione sono ascrivibili al XIII secolo, come attesta il primo documento della Regola di Spinale e Manez del 1249.

GASTRONOMIA La Spressa delle Giudicarie DOP deve essere conservata nel proprio incarto d’acquisto o in contenitori di vetro o plastica chiusi, nel ripiano meno freddo del frigorifero. Per apprezzare al meglio il gusto e l’aroma di questo formag-gio è bene consumarlo quando non è troppo maturo, ac-compagnato alle specialità della gastronomia trentina. La Spressa delle Giudicarie DOP, tagliata a listelli e cucinata con la polenta, dà vita a un piatto squisitamente tradizio-nale: la carbonera.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipo-logie Spressa delle Giudicarie DOP Giovane e Stagionato. È commercializzato in forme intere, a tranci, porzionato e preconfezionato e deve recare sullo scalzo la denomi-nazione, il numero di riferimento del caseificio e il lotto di produzione.

NOTA DISTINTIVA Il latte destinato alla produzione di Spressa delle Giudi-carie DOP proviene principalmente da vacche di razza Rendena, l’unica razza bovina autoctona del Trentino, il cui allevamento è caratterizzato dall’alpeggio estivo in alta quota.

Consorzio di Tutela Formaggio Spressa delle Giudicarie DOPVia Pineta, 1 38086 Giustino (TN)Tel: +39 0465 501116 Fax: +39 0465 [email protected]

Istituto Nord Ovest QualitàP.zza Carlo Alberto Grosso, 8212033 Moretta (CN)Tel: +39 0172911323 Fax: +39 0172911320www.inoq.it [email protected]

SPRESSA DELLE GIUDICARIE DOP

Page 100: Qualiguida2013 parte1

94

DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Lo Squacquerone di Romagna DOP è un formaggio molle e a maturazione rapida, prodotto con latte vaccino intero.

METODO DI PRODUZIONE Lo Squacquerone di Romagna DOP è ottenuto da latte proveniente da bovine di razza Frisona Italiana, Bruna Al-pina e Romagnola, alimentate per almeno il 60% del totale con foraggi e insilati, particolarmente ricchi di fibre. Il latte viene pastorizzato o termizzato, poi riscaldato e addizio-nato con innesti costituiti da batteri lattici autoctoni della specie Streptococcus thermophilus. Si utilizza caglio di vitello per formare la cagliata, che deve essere rotta fino ad ottenere grumi delle dimensioni di una noce: il coagulo deve riuscire a incorporare nelle sue maglie una quantità di umidità sufficiente a conferire alla pasta la tipica cremosità e spalmabilità. Dopo la formatura e la salatura in salamoia, il formaggio è lasciato a maturare per un breve periodo, variabile da uno a massimo quattro giorni. Le tecniche di produzione odierne sono rimaste molto simili a quelle del passato e anche oggi prevedono tempi di lavorazione dif-ferenti a seconda della stagione: in inverno infatti le opera-zioni sono più lunghe ed elaborate mentre in estate sono più brevi, in modo da evitare che la pasta diventi troppo compatta (inconveniente conosciuto come “gessatura” del formaggio).

ASPETTO E SAPORE Lo Squacquerone di Romagna DOP, è un formaggio privo di crosta o buccia. La pasta è di colore bianco-madreperla e ha una consistenza molto morbida, cremoso-gelatinosa e spalmabile. Aroma e gusto sono delicati, di latte, dolce-mente aciduli. Il peso varia da 100 g fino a 2 kg.

ZONA DI PRODUZIONE La zona di produzione dello Squacquerone di Romagna DOP interessa le province di Ravenna, Forli-Cesena, Rimi-ni, Bologna ed infine parte della provincia di Ferrara, nella regione Emilia Romagna.

STORIA La storia dello Squaquerone di Romagna DOP è molto an-tica. La produzione è fortemente legata all’ambiente rurale, dove, nel passato, veniva prodotto in grandi quantità so-prattutto durante il periodo invernale, per la maggiore faci-lità di conservazione. In una missiva del 15 febbraio 1800, il Cardinale Bellisomi, vescovo di Cesena, scrive al vicario della sua diocesi per essere informato sugli scquacquero-ni richiesti ed ancora non pervenuti. Giacinto Carena noto erudito in scienze naturali vissuto tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, definiva lo Squacquerone come “cacio tenero” da mangiarsi subito e con una consistenza umida e poco soda.

GASTRONOMIA Essendo un formaggio fresco, lo Squacquerone di Roma-gna DOP va conservato a temperature comprese tra 0 e 6°C e deve essere consumato entro pochi giorni dalla pro-duzione, in modo da assaporare appieno il gusto dolce e l’aroma tipico di latte. Immancabile l’abbinamento con la piadina romagnola, ma anche con le altrettanto tradizionali tigelle o con la focaccia. Sperimentazioni più “audaci” sono i piatti che accostano lo squaquaron alle confetture, al mie-le oppure alla frutta caramellata, in particolar modo i fichi. Nella cucina regionale viene spesso utilizzato, insieme al Parmigiano-Reggiano DOP, per il ripieno dei cappelletti, ma anche come condimento di timballi, crespelle o per la pasta.

COMMERCIALIZZAZIONE Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Squac-querone di Romagna DOP. Viene confezionato in appositi contenitori idonei a contenere un prodotto che per la con-sistenza morbida non si presenta compatto, che possono essere costituiti di materiale plastico e possono presentare involucri protettivi di carta per alimenti. I formati variano, i più comuni sono generalmente quelli compresi tra 300 g e 1,5 kg.

NOTA DISTINTIVA Lo Squacquerone di Romagna DOP è un prodotto sicura-mente peculiare, sinonimo di identità locale. Il gusto incon-fondibile è acquisito in virtù della qualità del latte utilizzato per la caseificazione, povero di grassi e proteine, il quale, una volta lavorato, dà origine ad un formaggio dalla straor-dinaria consistenza deliquescente.

Associazione Squacquerone di Romagna DOPVia Pelacano 29 47122 Forlì (FC)

SQUACQUERONE DI ROMAGNA DOP

Cermet Soc. Cons. Ar.l. Via Cadriano, 23 40057 Cadriano di Granarolo (BO)Tel: +39 051 764811Fax: +39 051 763382www.cermet.it [email protected]