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MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ISPETTORATO GENERALE QUADERNO DI RICERCA ANNO 2019 TAVOLI TECNICI (DOCUMENTO FINALE) INDICE SOMMARIO PARTE ARGOMENTO PAG. INDICE ANALITICO 2 I FLUSSI DI SPESA 4 II CORPI DI REATO 17 III ESECUZIONE DELLE DECISIONI PENALI 24

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MINISTERO DELLA GIUSTIZIAISPETTORATO GENERALE

QUADERNO DI RICERCA ANNO 2019TAVOLI TECNICI

(DOCUMENTO FINALE)

INDICE SOMMARIO

PARTE ARGOMENTO PAG.

INDICE ANALITICO 2

I FLUSSI DI SPESA 4

II CORPI DI REATO 17

III ESECUZIONE DELLE DECISIONI PENALI 24

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INDICE ANALITICO

PARTE IFLUSSI DI SPESA

1 Liquidazione dell’indennità d’udienza ai Giudici Onorari diTribunale, in particolare sulla doppia indennità (Maria

Nicoletta Longo e Digna Masarone)

Pag. 4

2 Aspetti critici nella liquidazione delle indennità ai giudici dipace. Principali orientamenti ministeriali (Gioacchino

Dell’Olio)

Pag. 6

3 Indennità per gli Esperti in servizio presso i Tribunali per iminorenni (a cura del Reparto studi)

Pag. 9

4 Procedimenti penali con condanna al risarcimento del dannoin sede di gravame. Prenotazione a debito del contributo

unificato (Lucia Guarini e Anna De Biase – con aggiunta acura del Reparto studi)

Pag. 10

5 Schema degli importi del contributo unificato nelle proceduredi area fallimentare (Agostino Surace e Alessandro Vecchio)

Pag. 12

6 Il fascicolo telematico delle spese di giustizia (AlessandroPrete)

Pag. 13

PARTE IICORPI DI REATO

7 Modalità di tenuta della partizione in SICP dedicata aireperti e alle somme sequestrate (Eva Galeandro)

Pag. 17

8 Contributo sulle richieste standardizzate (DonatellaBortolotti)

Pag. 19

9 Contributo su spese di custodia per beni voluminosi insequestro presso terzi

9.1 (Donatella Bortolotti) Pag. 20

9.2 (Eva Galeandro) Pag. 20

9.3 (Maria Cristina Bisagni) Pag. 21

10 Sulla corretta nozione di «corpi di reato di valore» (Marina Pag. 22

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Fornasero)

11 Sulla ricezione delle sostanze stupefacenti (Graziano Prelati) Pag. 22

PARTE IIIESECUZIONE DELLE DECISIONI PENALI

12 Aspetti problematici sull’esecuzione delle pene pecuniarie: difficoltàdel recupero ed ineffettività della pena. Le divergenze interpretative

sul dies a quo della prescrizione (Maria Assunta Brancaforte)

Pag. 24

13 Possibile sospensione della pena pecuniaria (in pendenza di unprocedimento di affidamento in prova) (Paola Sciarretta)

Pag. 26

14 La conversione delle pene pecuniarie: aspetti problematici eproposte interpretative. Giurisprudenza (Nadia Laface)

Pag. 27

15 Ancora sulla conversione delle pene pecuniarie (Anna Molino) Pag. 33

16 Fungibilità e ingiusta detenzione (Maria Assunta Brancaforte) Pag. 34

17 Ancora sulla fungibilità. La sentenza n. 4103/2020 dellaCorte di Cassazione (Felicita Biancalana)

Pag. 36

18 Lavori di pubblica utilità (Fabrizio Antonelli - con aggiunta a curadel Reparto studi)

Pag. 36

19 Le novità in materia di esecuzione penale: la gestione della pena, lasemplificazione dei procedimenti e la messa alla prova (minorenni e

adulti) (Graziano Prelati)

Pag. 37

20 «Il Codice Rosso», aspetti relativi all’esecuzione penale. Tavola disintesi e considerazioni relative all’attività ispettiva (Maria Assunta

Brancaforte)

Pag. 45

21 Ancora sul «Codice Rosso» (Nadia Laface) Pag. 48

22 Format delle relazioni ispettive. Prospetti riepilogativi dellarelazione relativa agli Uffici di secondo grado. Osservazioni sulla

opportunità di introdurre modifiche alla relazione relativa agli ufficidi primo grado (Fabio Manfredi Selvaggi)

Pag. 49

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PARTE IFLUSSI DI SPESA

SOMMARIO: 1. Liquidazione dell’indennità d’udienza ai Giudici Onorari di Tribunale, in particolare sulla doppiaindennità (Maria Nicoletta Longo e Digna Masarone, 26.10.2019); 2. Aspetti critici nella liquidazione delle indennità aigiudici di pace. Principali orientamenti ministeriali (Gioacchino Dell’Olio, 7.8.2019); 3. Indennità per gli Esperti inservizio presso i Tribunali per i minorenni (a cura del Reparto studi, 12.12.2019); 4. Procedimenti penali con condanna alrisarcimento del danno in sede di gravame. Prenotazione a debito del contributo unificato (Lucia Guarini e Anna DeBiase, 11.9.2019 – con aggiunta a cura del Reparto studi, 12.12.2019); 5. Schema degli importi del contributo unificatonelle procedure di area fallimentare (Agostino Surace e Alessandro Vecchio, 30.9.2019); 6. Il fascicolo telematico dellespese di giustizia (Alessandro Prete, 3.3.2020).

1. Liquidazione dell’indennità d’udienza ai Giudici Onorari di Tribunale, inparticolare sulla doppia indennità

La presente nota vuole essere uno spunto condiviso di riflessione sul tema della liquidazionedell’indennità d’udienza ai Giudici Onorari di Tribunale, ed in particolare sulla corresponsione delladoppia indennità, la cui attribuzione in mancanza dei necessari presupposti potrebbe integrare ipotesi didanno erariale.

L’art. 3 bis del D.l. 151/2008, convertito con legge 186/2008, ha modificato l’art. 4 del D. lgs.372/1989 e ha fissato nuovi criteri per la corresponsione delle indennità spettanti ai Giudici Onorari diTribunale e ai Vice Procuratori Onorari. Nella presente nota ci si sofferma solo sulla liquidazione aiGiudici Onorari di Tribunale. Con la modifica legislativa è stata posta sicuramente fine all’annosoproblema relativo alla liquidazione della doppia indennità d’udienza fondata sulla tenuta di due distinteudienze nella stessa giornata (l’art. 4 vigente fino all’ottobre 2008, infatti prevedeva: «ai giudici onoraridi tribunale spetta un’indennità di Lire 190.000 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di Consiglio.Non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno». L’art. 4, ora in vigore, semplifica lasituazione, in quanto non ha più importanza il numero delle udienze tenute ma solo la durata: «1. Aigiudici onorari di tribunale spetta un’indennità di euro 98 per le attività di udienza svolte nello stessogiorno. 1-bis. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'ulteriore indennità di euro 98 ove il complessivoimpegno lavorativo per le attività di cui al comma 1 superi le cinque ore». Dall’analisi letterale del testonormativo pare chiara la scelta del legislatore di non riconoscere alcuna indennità per le attività diversedall’udienza; trattasi del resto di liquidazione effettuata con ordine di pagamento del funzionariogiudiziario, che deve essere atto meramente contabile, senza valutazione e/o discrezionalitàinterpretativa.

In concreto la norma si è prestata a diversa interpretazione negli uffici giudiziari, tanto che si sonosuccedute più circolari ministeriali a chiarimento, con particolare riferimento a criticità riscontratenell’applicazione alle udienze civilistiche. Già la circolare ministeriale DAG del 2 aprile 2009 hasottolineato il principio secondo cui «non ha più rilievo il numero delle udienze tenute, bensì unicamentela durata degli impegni giornalieri d’udienza, complessivamente considerati»; va quindi esclusa qualsiasiindennità per le attività del giudice onorario diverse dall’udienza, quali la mera redazione delle sentenze,l’attività di studio; è conseguentemente escluso anche il tempo per raggiungere la sede dell’udienzastessa (es. audizione dell’interdicendo o dell’amministrando impossibilitato a comparire).

Nonostante questa prima interpretazione ministeriale sono intervenute sul punto altre note recenti achiarimento, pubblicate sul foglio di informazione della Direzione generale della giustizia civile n.3/2018, in particolare:

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- provvedimento 7.2.2018: va escluso dal computo della durata dell’impegno d’udienza il tempodi viaggio impiegato dal giudice onorario per raggiungere il luogo ove deve essere sentitol’interdicendo/amministrando impossibilitato a comparire;

- provvedimento 18.6.2018 n. 123990.U in tema di tempo trascorso per la lettura della sentenza exart. 281 sexies c.p.c.

È chiarita l’applicabilità dell’eventuale «doppia indennità», in quanto la sentenza è parte integrantedel verbale di causa e, quindi, utile alla determinazione del «tempo d’udienza»;

- provvedimento 18.62018 n. 123990.U in merito al tempo alla rilevanza del tempo impiegato perla redazione, in udienza, di ordinanze pronunciate al termine dell’udienza e non a seguito di riserva. Intali ipotesi laddove le ordinanze risultino inserite nei processi verbali delle singole udienze, tanto daessere considerate note alle parti presenti o che dovevano comparirvi, il momento di chiusuradell’udienza coincide con quello di chiusura del verbale, al pari di quanto avviene per la sentenza ex art.281 sexies c.p.c..

Restano, però, a parere delle scriventi degli aspetti da chiarire, soprattutto nei casi di conteggio delleore per l’attribuzione della doppia indennità giornaliera. La difficoltà di individuare correttamente ladurata delle attività d’udienza, in materia civile necessita sicuramente di un approfondimento. Taliudienze, infatti, vengono celebrate senza l’assistenza del cancelliere che è il soggetto abilitato adattestare in modo inequivocabile la durata dell’attività e le eventuali sospensioni. Il tenore della norma èchiaro: ciò che conta, ai fini della liquidazione dell’indennità aggiuntiva, è la sola durata dell’attivitàd’udienza. Va precisato che l’udienza può essere stata assegnata tabellarmente al GOT, o in sostituzionedi altro magistrato. In tale secondo caso, trattandosi di udienza c.d. «straordinaria» la stessa deve esserestata espressamente autorizzata a monte da un provvedimento del Presidente del Tribunale. La citatacircolare del 2 aprile 2009 introduce elementi per la determinazione del «tempo dell’attività d’udienza»:

- la durata va rilevata dai verbali, tenendo conto dell’orario di inizio del primo processo trattato edi conclusione dell’ultimo; non vanno considerate eventuali sospensioni dell’attività di udienza,risultanti dal verbale con rifissazione ad orario definito ed allontanamento del giudice e delle parti (sulpunto non si riscontrano criticità laddove il verbale sia redatto con l’assistenza del cancelliere);

- per le udienze civili in alternativa potrà tenersi conto degli orari di apertura – effettivo e nontabellare - e di chiusura attestati sul ruolo d’udienza (art. 30 n. 7 disp.att. c.p.c. e D.M. 1.12.2001);

- attestazione del cancelliere, ai fini della liquidazione dell’indennità, contenente gli elementinecessari per la determinazione della durata dell’impegno giornaliero di udienza; i capi degli uffici, ovelo ritengono, possono acquisire copia dei verbali da cui tali elementi risultano.

È su questi ultimi aspetti che si riscontrano difficoltà, anche interpretative.Innanzitutto giova evidenziare che oramai quasi tutte le udienze civili si tengono senza l’assistenza

del cancelliere; il ruolo d’udienza (ruolo formato automaticamente da SICID) non indica l’orario di fineudienza. Si rende pertanto necessario il riscontro dai verbali d’udienza e la certificazione attestante sia ladurata complessiva dell’udienza che le eventuali sospensioni.

Ma cosa significa, in concreto, sospensione dell’attività d’udienza? Ad esempio: come considerare il tempo, non d’udienza, tra la trattazione di un procedimento e

l’altro, soprattutto quando i procedimenti sono chiamati ad ora fissa?Va preso in considerazione un «tempo tecnico» tra una verbalizzazione e l’altra, da considerarsi

funzionale all’udienza e non sospensione? E come va quantificato per non essere arbitrario, rectius,discrezionale? È bene ricordarlo: non vi è discrezionalità nella liquidazione con ordine di pagamento.

Affinché non vi sia sospensione sembra necessario che l’attività sia continuativa, cioè che allachiusura di un verbale segua l’apertura di un successivo verbale e così via, secondo la programmazioneprevista nello statino della giornata. In un sistema che parametra l’indennità giornaliera all’impegnomisurato in ore (cinque) sembrerebbe razionale che il lasso di tempo intercorrente tra la chiusura di unverbale e l’apertura del successivo possa integrare una sospensione quando è misurabile in unaconsistente frazione dell’ora (es. trenta minuti o più). Quindi, la sola verifica dell’orario di inizio delprimo verbale e l’orario di conclusione dell’ultimo verbale, a parere delle scriventi non è elementosufficiente, perché nel range, tra la trattazione del primo e dell’ultimo procedimento chiamatoall’udienza, potrebbe non esserci quella continuità di attività d’udienza (per sospensione di fatto) chesottende allo spirito della norma: retribuire la sola attività d’udienza. Ergo potrebbe non essere statosuperato il limite delle cinque ore previsto dal legislatore per l’attribuzione della seconda indennità.

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Si tratta di un problema che più volte è stato affrontato nella carriera lavorativa negli uffici diTribunale, sia dai funzionari e direttori amministrativi, preposti alla certificazione e all’emissionedell’ordine di pagamento, sia dai dirigenti a cui spetta il compito di dare concrete disposizioni operativealle cancellerie ed anche nel corso delle verifiche ispettive sulle liquidazioni delle spese di giustizia.

Le soluzioni riscontrate nel tempo nelle prassi degli uffici giudiziari non sembrano del tuttoconvincenti:

- la mera dichiarazione del Giudice onorario in merito alle udienze tenute, con l’indicazione delledate e l’attestazione sull’assenza di sospensioni è sicuramente insufficiente;

- l’attestazione generica del cancelliere o funzionario sulle date di udienza con l’indicazione diquelle in cui sia maturata la seconda indennità senza precisare gli orari sembra ugualmente inidonea;

- la verifica da parte del cancelliere del solo orario di inizio dell’udienza risultante dal primoverbale e di conclusione risultante dall’ultimo, rischia di essere incompleta in quanto non tiene contodelle eventuali sospensioni;

- il calcolo e la detrazione dei tempi dell’attività non d’udienza, intercorrenti tra la trattazione diun procedimento e l’altro (quando tali orari sono indicati nel verbale), può rivelarsi estremamentecomplicato qualora non effettuato nell’immediatezza, richiedendo la verifica di ogni singolo atto edaggravando in modo consistente il lavoro del funzionario incaricato della liquidazione.

Sembra quindi che l’esigenza di calcolare il superamento della durata temporale (cinque ore) a cui illegislatore ha ricollegato la spettanza della seconda indennità giornaliera, possa essere soddisfatta soloattraverso un sistema certo di rilevazione dell’impegno del Giudice Onorario, che presuppone, a pareredi chi scrive, la collaborazione del giudice e del cancelliere. Seguendo i criteri indicati dalla suddettacircolare sarebbe ipotizzabile che, in occasione di ciascuna udienza tenuta dal Giudice Onorario, questisi facesse parte diligente nel richiedere al cancelliere/funzionario addetto, prima di iniziare l’attivitàd’udienza, l’estrazione del ruolo di quella giornata dal sistema informatico e l’attestazione sullo stessodell’orario di inizio. Il Giudice potrebbe poi procedere alle annotazioni degli orari per ciascunprocedimento trattato, qualora quelli risultanti dai verbali siano diversi dai programmati e vi sianosospensioni dell’attività. A fine udienza il ruolo andrebbe consegnato al cancelliere/funzionario perl’attestazione dell’orario di chiusura e la verifica delle spettanze (1 o 2 indennità). Questa modalitàorganizzativa consentirebbe ad entrambi di avere una documentazione certa in base alla quale formularel’istanza di liquidazione ed emettere l’ordine di pagamento, evitando errori dai quali potrebbe derivareresponsabilità per danno erariale.

(26.10.2019)

2. Aspetti critici nella liquidazione delle indennità ai Giudici di Pace. Principaliorientamenti ministeriali.

La verifica del servizio rivela ricorrenti criticità, riconducibili talvolta all’ampiezza della casistica nonsempre agevolmente inquadrabile nei paradigmi normativi di riferimento (legge n. 374/1991 e D. lgs. n.274/2000); più spesso tuttavia, in sede ispettiva si registrano ancora opzioni interpretative difformi da quelleofferte dagli organi ministeriali, quand’anche consolidate.

Questo contributo vuole essere perciò una sinossi – una specie di massimario – dei principali arrestiamministrativi su temi a lungo controversi. Dunque uno strumento di rapida consultazione da affiancare,senza pretesa di esaustività, alle corpose banche dati che ogni ispettore porta con sé, proprio la cui ricchezzanon di rado ne rallenta l’impiego.

Lo schema seguito ricalca lo sviluppo dell’articolato normativo, associandovi un titolo seguito dallacorrispondente declaratoria ministeriale, riportata in sintesi ma testualmente. In caso di pluralità diaffermazioni conformi, ne sono richiamate le più salienti. E’ accordata preferenza a note o circolari generali,salvo che la questione non sia stata risolta soltanto in risposta a quesito. Il richiamo di pronunce dellamagistratura contabile o del Consiglio superiore della magistratura, segnala la particolare rilevanza del

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tema. Quello ad istituti soppressi (es. l’indennità di coordinamento), infine, è giustificato dall’attualità delsuo controllo, fino a decorrenza del quinquennio dalla sua abrogazione.

1. Indennità di coordinamento (art. 15, comma 2 bis, legge n. 374/91):Qualora la pianta organica preveda un solo Giudice di Pace assegnato all'ufficio, l'indennità non spetta,

mancando il presupposto per lo svolgimento dell'attività di coordinamento […] essa verrà calcolataproporzionalmente ai giorni di effettivo esercizio delle funzioni: pertanto, nei confronti del Giudice di Pacecoordinatore, che risulti impedito per qualsiasi motivo, l'indennità mensile verrà decurtata in misuracorrispondente ai giorni di assenza; correlativamente, nei confronti del giudice di pace che lo sostituisce,verrà corrisposta un'indennità rapportata ai giorni di effettivo svolgimento della funzione di coordinatore.(DAG 16.3.2006 n. 30626.U – conferma DG affari civili 10.4.2000 n. 1252/2000).

2. Indennità forfetaria mensile (art. 11, comma 3, legge n. 374/91):2.a – […] Nel caso di assenza o altro impedimento dovrà essere decurtata dei giorni in cui si è protratto

il legittimo impedimento, anche se non coincidenti con i giorni di udienza. Il Giudice di Pace, infatti, purnon avendo un obbligo di presenza giornaliera deve, tuttavia, essere comunque reperibile anche nei giorni incui non è obbligatoria la sua presenza in ufficio (DAG, DG giustizia civile 16.1.2002 n. 66/2002/U;conforme DAG 16.3.2006 n. 30626.U; 20.12.06 n. 135415; 6.12.2010 n. 164152, risposta a quesito) …

[…] In tutti i casi in cui il Giudice di Pace non tenga l’udienza tabellarmente fissata […] senzacomunicare le ragioni dell’assenza egli non può considerarsi formalmente in servizio e quindi dovrà detrarsisia l’indennità di udienza per l’udienza non tenuta, sia l’indennità forfettaria mensile dal giorno della primaudienza tabellare non tenuta al giorno che precede l’udienza successiva, in cui il Giudice di Pace abbiaripreso la sua attività (DAG, DG giustizia civile 13.12.2006 n. 132851.U, con le precisazioni di cui alla notan. 49727 del 12.4.2007). Se l’assenza sia stata comunicata, saranno decurtati solo i relativi giorni (DAG21.5.2012 n. 69921.U, risposta a quesito).

[…] Deve escludersi che, per effetto del deposito di provvedimenti giurisdizionali, il Giudice di Pacepossa considerarsi in servizio o avere ripreso servizio, posto che detto deposito è una mera conseguenzadello svolgimento dell’udienza (DAG, DG giustizia civile, 5.6.2019 n. 114875, in risposta a Ispettoratogenerale).

2.b – Nel periodo di sospensione feriale l’indennità forfetaria va corrisposta soltanto ai Giudici di Paceindicati nelle tabelle feriali e per i periodi nelle stesse indicati (DAG 16.3.2006 n. 30626.U; conforme6.12.2010 n. 164120 e 28.12.2016 n. 228906.U, risposta a quesito). Non spetta, invece, in caso di generica«disponibilità» del magistrato ad essere presente in ufficio per «le attività che si dovessero renderenecessarie», al di fuori di formale individuazione tabellare (DAG, 22.12.2015 prot.194324.U).

[cfr. anche Circolare CSM P16167 del 24.7.2000 (confermata sul punto con P-15880/2002): lapredisposizione della turnazione feriale ha lo scopo di garantire lo svolgimento delle attività che si limitanoalla sola trattazione delle controversie previste dagli artt. 91 e 92 dell’ordinamento giudiziario.

Conforme: Corte dei Conti, Sez. Lazio, 26 marzo – 12 maggio 2015, sent. n. 261].

2.c – Non spetta indennità mensile né di coordinamento in caso di adesione del giudice a sciopero(DAG 16.3.2006 n. 30626.U, ribadita da DAG 1.2.2011 prot. 17196.U).

3. Indennità di udienza e indennità per ogni procedimento definito (art. 11, commi 2 e 3, legge n.374/91 e D. lgs. n. 274/00):

3.a - Non può essere invece riconosciuta l'indennità per il provvedimento di riunione o di separazione insé considerato, in quanto lo stesso non definisce alcuno dei processi riuniti o separati (DAG 16.3.2006 n.30626.U).

3.b – […] In caso di litispendenza e continenza (art. 39, commi 1 e 2 c.p.c.), l'indennità spetta se e nelmomento in cui il giudice successivamente adito la dichiara con sentenza e ordina la cancellazione dellacausa dal ruolo. Quando invece più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stessoufficio giudiziario (art. 273 c.p.c.), l'identità delle cause non dà luogo a problemi di competenza, ma di

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semplice distribuzione interna degli affari. In tal caso, al giudice di pace che definisce il processo riunito exart. 273 c.p.c. spetta una sola indennità (ibidem).

[…] Qualora il Giudice di Pace rigetti la domanda per ingiunzione con sentenza, ciò non implica ildiritto alla corresponsione di un'indennità aggiuntiva ai sensi del comma 2 dell'art. 11, ma della solaindennità di euro 10,33 prevista dal comma 3 bis (ibidem, par. 4.4).

3.c - L’indennità spetta per l’ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo ma non più per ilsuccessivo provvedimento di definizione del procedimento eventualmente riassunto […] (DG affari civili2.5.2001 n. 1520/2001.U).

3.d - Non può essere corrisposta indennità per l’assunzione di prove delegate da altra autorità (DG affaricivili 14.5.2001 n.1716.U).

3.e - Presupposto per la legittima liquidazione dell’indennità di udienza (anche senza cause trattate) èche essa sia tenuta nel rispetto delle tabelle approvate ai sensi dell’art. 15, comma 2, legge 374/91, neigiorni ed ore fissati, risultati dai ruoli di udienza (DAG, DG giustizia civile, 6.12.2010 n. 160931.U).

[…] Non spetta l’indennità di udienza per l’attività – svolta in giorni diversi da quelli previsti per leudienze tabellari - di ricezione delle domande orali ex art. 316 c.p.c. o per esperire i tentativi diconciliazione ex art. 322 c.p.c. Il calendario delle udienze deve essere rispettato anche dall’utenza. (DGaffari civili 7.1.2001 n. 3325/01/U; conforme DAG, 21.4.2011 prot. 57410.U).

3.f – Non spetta l’indennità in caso di udienza penale, tabellarmente prevista, ma per cui non siano statifissati processi poiché in materia penale, diversamente che in quella civile, in tal caso non è necessaria lapresenza del magistrato in udienza (DAG, 27.5.2003 n. 1/7185/44, conforme 6.12.2010 n. 160931, diretta aIspettorato generale).

3.g - L’indennità prevista per l’udienza camerale in materia di immigrazione clandestina non si cumulaa quella relativa ad altra udienza tabellare tenuta nello stesso giorno dal Giudice di Pace. Invero […] illegislatore ha inteso l’udienza nel suo complesso, nella sua unitarietà, anche se comprenda la trattazione diaffari diversi. Peraltro, l’esclusione di dette udienze dal computo del limite delle 110 udienze annue nonattribuisce loro carattere di autonomia rispetto all’udienza tabellare già fissata, ma rappresenta un beneficioper il giudice di pace, a ristoro del maggior impegno cui è chiamato, oltre le udienze tabellarmente stabilite(DAG, 20.10.2005 n. 27013.U Rif. n. QUES. 589/2004).

3.h – L’indennità di udienza è dovuta solo in caso di effettiva celebrazione della stessa (DAG 4.6.2013n. 74705.U, risp. ques.).

3.i – L’indennità spetta sia per le udienze tabellari, purché effettivamente celebrate, sia per le udienzestraordinarie autorizzate dal Capo dell’Ufficio (DAG, 15-17.3.2006 n. 31496.U «Razionalizzazione econtenimento delle spese di giustizia»).

[…] L’indennità per udienza non tabellare non spetta in assenza della prova di preventivaautorizzazione da parte del Coordinatore (anche orale ma poi comprovata da dichiarazione sottoscritta), chene riconosca i requisiti di eccezionale urgenza (cfr. CSM 19.3.2003), nell’esercizio del potere diorganizzazione di cui all’art. 15 della l. 374/91 e di vigilanza sul proporzionamento delle udienze affidate aciascun giudice (cfr. CSM 28.10.2008 prot. 25967 e 15.4.2011 prot. 9576/2011).

Non spetta indennità di udienza per procedimenti in materia di immigrazione qualora, pur non essendostata celebrata udienza, il magistrato sia stato presente in ufficio in ottemperanza a disposizione di servizio(DAG, 4.6.2013 prot. 74705.U).

3.l – Dopo il D.l. 251/02, non è dovuta l’indennità di euro 10,33 per il decreto di archiviazione emessonel procedimento a carico di ignoti: gli uffici devono procedere al recupero delle somme corrisposte indifformità (DAG, DG giustizia civile, 9.6.2004 n. 1/6565/44/U/04; conforme 16.3.2006 n. 30626.U, cit.).

3.m – Non spetta indennità di provvedimento per: decreto di ammissione al gratuito patrocinio; nominadi curatore speciale per la querela; rimessione atti al PM per nullità decreto di citazione; restituzione atti al

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PM per formulare l’imputazione (DAG, DG giustizia civile, 10.2.2003 n. 1/2045/44/U; 23.5.2003 n.1/7071/44/U; 23.9.2003 n. 1/1882/NV/44/U/03).

3.n – Non spetta indennità per il provvedimento di proroga del trattenimento dello straniero presso ilC.I.E., di cui all’art. 14, commi 5 e 6, del D. lgs. 286/98 (DAG 25.3.2011 n. 43247.U, risposta a quesito).

3.o – Non spetta indennità di provvedimento in caso di accertamento tecnico preventivo perché nelprocedimento ex art. 696 c.p.c. il giudice si limita all’emanazione dei provvedimenti istruttori necessari perl’assunzione dell’atto richiesto dalla parte, attività compensata con l’indennità di udienza, e non «definisce»alcun processo ai sensi dell’art. 11, comma 2, della legge 374/91 (DAG, DG giustizia civile, 10.11.14 prot.151476.U).

Conviene, infine, soffermarsi sulla inedita questione del (possibile?) superamento del tetto retributivoannuo di 72.000 euro, per il giudice onorario di tribunale applicato a svolgere (anche) le funzioni di giudiceonorario di pace – secondo la definizione che consegue alla riforma di cui al D. lgs. 13.7.2017 n. 116, comeconsentito dall’art. 32, comma 9, del decreto citato.

Il concorso di criteri normativi diversi (D. lgs. 273/89 per i GOT e l. 374/91 per i GDP), suggerisceinteressanti spunti di natura fiscale e di diritto transitorio che però non è qui il caso di affrontare. In questasede basti ricordare che, interpellato sul tema, il ministero della Giustizia DAG, con risposta a quesito n.204514 del 16.10.2018 , ha chiarito come, premesso il disposto di cui al menzionato art. 32 (Nel corso delperiodo di supplenza o di applicazione la liquidazione delle indennità ha luogo in conformità ai criteriprevisti per le funzioni e i compiti effettivamente svolti), «il cumulo degli incarichi non consente in ognicaso il superamento del limite complessivo delle indennità liquidabili, pari all’importo di euro 72.000,00annui lordi, previsto espressamente dall’ art. 11, comma 4-ter, legge n. 374/91 per i giudici di pace». Laquestione resta dunque, al momento, irrisolta.

(7.8.2019)

3. Indennità per gli Esperti in servizio presso i Tribunali per i minorenni

In occasione dell’ispezione ordinaria presso il Tribunale per i minorenni di Torino (dal 17.9 al9.10.2019), nell’ambito dell’attività di verifica dei Servizi amministrativi, è emersa la questione deltrattamento economico degli Esperti in servizio presso i Tribunali per i minorenni nominati dopo l’entrata invigore del D. lgs. n. 116 del 13.7.2017.

Tale questione, per vero, trovava la propria origine in una nota del 22.2.2018, del Presidente delTribunale per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta, successivamente trasfusa in un quesito della Cortedi Appello di Torino, indirizzato alla Direzione generale della Giustizia Civile il 1° marzo 2018.

Il quesito sottoposto alla Direzione generale riguardava due aspetti distinti:

a) se agli Esperti debbano corrispondersi le indennità ora previste dall’art. 23 D. lgs. n. 116/2017 per iGiudici onorari di Pace;

b) se per i suddetti Esperti debbano parimenti ritenersi vigenti, in conseguenza, gli obblighi diiscrizione alla gestione separata ai fini della tutela previdenziale ed assistenziale e di assicurazionecontro gli infortuni (art. 25 D. lgs. n. 116/2017).

La questione controversa è stata fatta propria dall’Ispettorato generale. Con nota del 12.11.2019 n. prot.IGE 15671.U è stata infatti rimessa alla Direzione generale della Giustizia Civile la relativa nota degliIspettori generali, di cui il Capo dell’Ispettorato generale ha condiviso tenore e ratio.

La soluzione prospettata è la seguente:9

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a) la nuova disciplina di cui all’art. 23 sopra citato «riguarda esclusivamente i giudici onorari di paceed i vice procuratori onorari […] e non si applica, di conseguenza, agli Esperti dei Tribunali per iMinorenni né alle altre figure di esperti previste dalla legge (esperti Tribunali di Sorveglianza ecc.)nell’ambito della previsione dell’art. 102 Cost. […]. Pertanto, con la riforma, pare essere venutameno l’equiparazione, dal punto di vista del trattamento economico, tra magistratura onoraria edesperti»;

b) «Di conseguenza, agli esperti dovrebbe continuarsi ad applicare, in forza dell’art. 66 del D. lgs.115/2012 – non abrogato -. L’art. 4 del D. lgs. 273/1989 che prevede, come noto, una indennità dieuro 98,00 per le attività di udienza e un’ulteriore indennità di euro 98 ove il complessivo impegnolavorativo superi le cinque ore. Peraltro, l’art. 3, comma 2, del D. lgs. 116/2017 prevede che, adecorrere dalla scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto, ilcitato art. 4 è abrogato, ma il rinvio all’art. 66 del D. lgs. 115/2002 a tale ultima disposizionepotrebbe reputarsi di natura recettizia o statica e, pertanto, insensibile alle vicende delladisposizione stessa che non si rifletterebbero sul rinvio».

Il quesito resta in attesa di soluzione da parte della competente Direzione generale.

(12.12.2019)

4. Procedimenti penali con condanna al risarcimento del danno in sede di gravame.Prenotazione a debito del contributo unificato

Nell’ambito delle attività di controllo è stata esaminata la tematica relativa alla corretta prenotazione a

debito, previa iscrizione nel corrispondente registro 2/SG, del contributo unificato per le sentenze recanticondanna al risarcimento del danno quantificato, anche in via provvisionale, in favore della costituita partecivile, secondo gli scaglioni di cui all’art. 13 d.p.r. n. 115/2002 e successive modifiche, sia nelle ipotesi diassoluzione in primo grado e condanna in appello, sia quando, in sede di gravame, vi sia stata unarideterminazione dell’ importo tale da modificare l’entità dello scaglione.

La materia è stato oggetto di vari quesiti finalizzati ad ottenere chiarimenti e direttive atte a garantireuniformità di indirizzo agli uffici e, nel contempo, consentire agli organi di controllo di incidere in modalitàomogena nell’ambito delle attività di accertamento. Si evidenzia, preliminarmente, le peculiarità dellanormativa relativa alla determinazione dell’importo dovuto a titolo di contributo unificato e alla riscossionedi tale credito nel processo penale, in base alla specifica disposizione prevista dal combinato disposto di cuiagli articoli 11, 12, 13 comma 1 bis e comma 1 quater del Testo unico delle spese di giustizia.

L’art. 12 d.p.r 115/2002 disciplina la modalità di esercizio dell’azione civile nel procedimento penale,prevedendo che il contributo unificato sia dovuto solo nell’ipotesi di accoglimento della domanda; la suaquantificazione, inoltre, deve essere commisurata al valore dell’importo stabilito dalla pronuncia dicondanna e prenotato a debito, per essere successivamente riscosso nei confronti della parte obbligata alrisarcimento del danno che, nel processo penale, è l’imputato condannato in via definitiva.

La questione che rileva consiste nell’appurare se il contributo unificato vada o meno prenotato a debitoanche in grado di appello, sia nei casi riforma della sentenza di primo grado (anche solo parziale) sia nelleipotesi di conferma della decisione assunta dal giudice di prime cure.

Al riguardo, si osserva preliminarmente che l’applicabilità della prenotazione a debito e la

determinazione dell’ammontare del contributo unificato richiedono, come presupposto, l’impugnazione delcapo della sentenza penale di condanna con cui è stato riconosciuto il diritto della parte civile ad ottenere ilristoro dei danni, essendo strettamente correlato all’esercizio dell’azione civile.

In quanto imposta sull’atto, il tributo dovrà essere percepito – attraverso la prenotazione a debitodell’importo previsto - nel momento in cui l’atto stesso si è perfezionato, ovvero al deposito della sentenza.

Non può tuttavia sottacersi che, in sede di gravame, la questione presenta punti controversi significandoche appare suscettibile di interpretazioni estensive o analogiche.

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Sul punto, in assenza di espressa esegesi in materia, si ritiene opportuno fare riferimento alle regolegenerali del processo civile che prevedono il versamento dell’imposta per ogni grado di giudizio, apparendorilevante che anche in fase di gravame vi sia esercizio dell’azione civile.

D’altra parte, l’impugnazione dell’imputato condannato è diretta, prevalentemente, a contestare levalutazioni sulla sua responsabilità penale; la stessa, quindi, non può che estendersi alle statuizioni civili chestrettamente ne derivano.

Il giudice di secondo grado, pertanto, opera in ogni caso una ponderazione sui danni subiti dalla partecivile poiché è sua facoltà modificarne l’importo o comunque, valutarne come adeguata la commisurazioneanche nell’ipotesi di conferma della pronuncia di primo grado.

In tal modo argomentando, appare congruo osservare che se il contributo unificato è finalizzato asoddisfare le spese complessive del procedimento, nelle ipotesi di pronuncia in grado di appello sugli effetticivili della condanna, vada percepito - e prenotato a debito dalla cancelleria competente - anche in sede digravame.

Alla definizione del grado di appello, dunque, allorché la sentenza stabilisca, anche indirettamente, suglieffetti civili, la cancelleria competente ad attestare se vi è titolo per il recupero, ai sensi dell’articolo 208TUSG, dovrà provvedere alla quantificazione del contributo unificato, alla sua prenotazione a debito ed alrecupero del corrispondente importo, che sarà commisurato alla somma liquidata a favore della costituitaparte civile.

Il dibattito ha investito il Capo dell’Ispettorato Generale il quale, con nota in data 21.10.2010 n.8490.U, in risposta a quesito, nell’avvalorare l’assunto interpretativo esposto, non escludendo lariconducibilità ai principi generali innanzi richiamati, ha ritenuto la necessità del versamento dell’impostade qua nei giudizi di gravame, con contestuale richiesta di parere al Ministero della Giustizia, DirezioneGenerale della Giustizia Civile, al fine di sollecitare l’emanazione di direttive idonee a garantire uniformitàdi indirizzo agli uffici ispezionati.

Ai fini di una migliore disamina, si ritiene utile compendiare quanto appresso: - il contributo unificato va prenotato a debito solo nel caso (e solo quando) il giudice pronuncia la

condanna dell’imputato al risarcimento del danno o ai sensi dell’art. 540 c.p.p. (in viaprovvisionale) o ai sensi dell’art. 538 c.p.p. (condanna in forma specifica).

- Il contributo unificato non è invece dovuto (e quindi non va prenotato a debito) se l’imputato vienecondannato a risarcire il danno con sentenza generica, quando cioè il giudice penale rimette le partidavanti al giudice civile per la quantificazione dell’entità del risarcimento (art. 539 c.p.p.).

Con specifico riferimento al contributo unificato dovuto nei giudizi di impugnazione, esso va prenotato

a debito: - sia se il giudice di appello conferma l’entità del risarcimento (provvisionale o danno individuato in

modo specifico) stabilita dal giudice di primo grado; - sia se il giudice di appello modifica l’entità del risarcimento o della provvisionale. Nei giudizi di

impugnazione, il contributo unificato va prenotato sulla base degli importi previsti dall’art. 13, comma 1-bis, d.p.r. 115/2002, nei seguenti casi:

a) se la parte civile ottiene la conferma della condanna dell’imputato già pronunciata dal primogiudice; in questo caso, il contributo unificato non sarà di ammontare pari a quello versato per il giudizio diprimo grado (come stabilisce la circolare 10.09.2010 dell’Ispettorato Generale, che non ha ovviamentepotuto tenere conto delle modifiche intervenute successivamente alla sua emanazione), ma pari a quelloprevisto dall’art. 13, comma 1-bis;

b) se la parte civile ottiene il risarcimento o la provvisionale negati in primo grado all’esito delgiudizio di impugnazione; in questo caso, il contributo unificato sarà di ammontare pari a quello previstodall’art. 13, comma 1-bis.

Se la parte civile propone appello contestando l’entità del risarcimento o della provvisionale già

riconosciuti in suo favore in primo grado e se l’impugnazione è respinta, va prenotato a debito: a) sia l’importo dovuto a norma dell’art. 13, comma 1.bis; b) sia l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto per l’ipotesi di rigetto

dell’impugnazione (art. 13, comma 1-quater, dpr 115/2002), pari a quanto previsto per l’impugnazione (art.13, comma 1-bis).

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Analogamente, se l’imputato propone appello contestando l’entità del risarcimento o della provvisionalegià riconosciuti in favore della parte civile dal giudice di primo grado e se l’impugnazione è respinta, vaprenotato a debito:

a) sia l’importo dovuto a norma dell’art. 13, comma 1-bis; b) sia l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto per l’ipotesi di rigetto

dell’impugnazione (art. 13, comma 1-quater, dpr 115/2002), pari a quanto previsto per l’impugnazione (art.13, comma 1-bis).

Al momento, in assenza di specifiche disposizioni ministeriali, e nella genericità della normativa in

materia, non appare superfluo evidenziare, in considerazione del principio ai sensi del quale «Il contributounificato è finalizzato a soddisfare le spese complessive del procedimento», che analogamente la cancelleriadel giudice del gravame dovrà procedere alla esazione dell’imposta dovuta per l’eventuale ricorso inCassazione, sebbene sia un giudice di legittimità e non di merito.

(12.9.2019)

Nelle more dell’attività del Tavolo tecnico, la nota in data 21.10.2010 n. 8490.U del Capodell’Ispettorato generale sopra citata, il cui riscontro era stato sollecitato, ha avuto risposta.

Le conclusioni del Direttore generale della Giustizia Civile, contenute in nota m_dg.DAG.24-10-2019.0204635.U, sono quelle riportate di seguito:

«Orbene, alla luce di quanto precede, le conclusioni dell’Ispettorato generale di cui alla nota inepigrafe possono essere condivise, anche alla luce delle precisazioni determinate dal principio diimmanenza.

È dovuto in grado di appello il contributo per l’esercizio dell’azione civile nel processo penale “se èchiesta, anche in via provvisionale, la condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento deldanno”, quando il giudice di secondo grado conferma o modifica le statuizioni relative alla parte civile,indipendentemente dalla costituzione in giudizio di quest’ultima o dall’impugnazione del capo di sentenzarelativo alla quota risarcitoria. “Ne consegue che l’importo dovrà essere di eguale ammontare di quellocorrisposto in primo grado se la somma liquidata in sentenza dal giudice di secondo grado corrisponde aquella liquidata in primo grado; se l’importo liquidato in secondo grado sarà diverso, il contributounificato dovrà essere commisurato alla somma liquidata” (quesiti numeri 1 e 2), senza operare nessun tipodi compensazione rispetto alla somma liquidata in primo grado (quesito numero 3).

Per quanto riguarda invece il ricorso in Cassazione, a parere di questa Direzione generale ilcontributo unificato è dovuto nelle sole ipotesi disciplinate dall’art. 578 del c.p.p.».

La relativa nota è già stata diffusa al Corpo ispettivo.

(12.12.2019)

5. Schema degli importi del contributo unificato nelle procedure di area fallimentare

Tipologia della procedura Normativa ImportoProcedura fallimentare art. 13 comma 5 D.P.R. 115/2002;

circolare DAG 04/04/2016.0059390.U€ 851,00

Ricorso per la dichiarazione difallimento e per la dichiarazione dello

stato d'insolvenza

artt. 6,15 L.F.; art. 13/1b D.P.R.115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.

€ 98,00

Insinuazione, tempestiva o tardiva,al passivo

art. 93 e art. 101 L.F. nessun CU

Ricorso per Concordato Preventivo artt. 161,162,163 L.F.; art. 13/1bD.P.R. 115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.

€ 98,00

Omologa del Concordato Preventivo art. 180 L.F.; nessun CU *

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Fase attuativa del pianoconcordatario omologato

art. 185 L.F.; nessun CU *

Omologazione di Accordo diRistrutturazione dei debiti

art. 182bis L.F.; art. 13 1b D.P.R.115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.

€ 98,00

Proposta di accordo per l'omologadella composizione di crisi da

sovraindebitamento

artt. 9,10 L.3/2012; art. 13 1bD.P.R. 115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.

€ 98,00

Reclamo contro la sentenza chedichiara il fallimento (Corte d'Appello)

art. 18 L.F.; art. 13/1b e 1bis D.P.R.115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.; Nota

11.7.2017 n.131921.U

€ 147,00

Reclamo contro la sentenza chedichiara lo stato di insolvenza (Corte

d'Appello)

art. 195 L.F.; art. 13/1b e 1bisD.P.R. 115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.;

Nota 11.7.2017 n.131921.U

€ 147,00

Fase attuativa della liquidazionecoatta amministrativa

artt. 194 e ss L.F.; nessun CU

Esecuzione del programma inseguito all’ammissione alla procedura di

amministrazione straordinaria

artt. 57 e ss d.lgs. 270/1999 nessun CU

Reclamo contro i provvedimenti del giudicedelegato e del tribunale (Trib/Corte

d'Appello)

art. 26 L.F.; art. 13/1b e 1bis D.P.R.115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.

€ 147,00

Opposizione al decreto che rende esecutivolo stato passivo

artt. 98 e 99 L.F.; art. 13/1b e 1bis D.P.R.115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.

€ 147,00

Reclamo avverso il decreto di Omologazionedi Accordo di Ristrutturazione dei debiti

(Corte di Appello)

art. 183 L.F.; art. 13 1b e 1bis D.P.R.115/2002; artt. 737 e ss c.p.c.

€ 147,00

Per tutti i procedimenti per i quali è statoversato il c.u., ad eccezione della procedura

fall., è previsto all'atto dell'iscrizione ilversamento dei diritti di cancelleria

art. 30 D.P.R. 115/2002 € 27,00

* nel mese di aprile 2019 l'Ispettorato ha inoltrato un quesito al DAG, in ordine al versamento o meno diun ulteriore contributo unificato, oltre quello versato in sede di deposito dell’istanza di concordato preventivo,

e in quale misura, sia con riguardo alla fase dell’omologa sia con riguardo alla fase attuativa del pianoconcordatario omologato.

(30.9.2019)

6. Il fascicolo telematico delle spese di giustizia

Come noto, le spese di giustizia, durante le verifiche ispettive, vengono attenzionate in modoparticolare, per i risvolti legati alla tutela del pubblico Erario. Competenti per le liquidazioni, a norma dilegge, sono i funzionari e i giudici (che debbono operare secondo parametri prefissati, a seconda dellanatura della spesa: tariffe forensi; vacazioni; decreti ministeriali; norme di legge; circolari). Tutte leliquidazioni spettano al funzionario, se non espressamente attribuite al magistrato (art. 165 T.U.). La partepiù rilevante delle liquidazioni fatte dal funzionario (che provvede con ordine di pagamento), è quellariguardante le magistrature onorarie; gli importi di cui debbono beneficiare i giudici onorari per l’attivitàprestata sono prestabiliti e di norma il funzionario non incontra particolari difficoltà nella liquidazione,perlomeno nei tempi più recenti, anche se non sono mancate segnalazioni nelle ultime ispezioni (soprattuttoper i Giudici di pace, nei cui uffici vengono ancora riscontrate problematiche degne di menzione). Perquanto riguarda le liquidazioni di spettanza del magistrato (che provvede con decreto di pagamento), in sedeispettiva esse sono state a volte oggetto di segnalazione. Il rilievo che riguarda tutte le liquidazioni, sia fattecon ordine di pagamento che con decreto, è sempre il medesimo: il mancato rispetto dei parametri fissatidalle norme (di legge e regolamento, anche integrate con circolari ministeriali, soprattutto per le liquidazionialle magistrature onorarie).

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Ordine di pagamentoVa subito precisato che nel T.U. non è previsto nessuno strumento che permetta l’impugnazione

dell’ordine emesso dal funzionario: al di fuori, infatti, dell’esercizio del potere di autotutela, che dovrebbeessere sollecitato dal beneficiario del pagamento, ove questi lamentasse la lesione dei propri dirittipatrimoniali dovrebbe far ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria (spesso, ad esempio, i Giudici di pacehanno impugnato, davanti al Tribunale competente, prescrizioni ispettive fatte ex art. 10 legge istitutiva,proprio aventi ad oggetto supposte irregolarità nella liquidazione degli emolumenti). Rimaneimpregiudicato, ovviamente, l’esercizio del potere di controllo da parte del Funzionario delegato e del MEF(per il tramite della Ragioneria territorialmente competente).

Decreto di pagamentoAl contrario, l’art. 170 T.U. prevede che il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico

ministero, possano proporre opposizione. A tal fine, l’art. 168 prevede che il decreto sia comunicato albeneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero. Gli artt. 83 e 84 T.U. disciplinano lo specularemeccanismo, per le liquidazioni ai difensori. La previsione dell’impugnazione è posta a garanzia tanto delsoggetto privato, che potrebbe vedere lesi i propri diritti patrimoniali da una liquidazione errata, tantodell’Erario, per le stesse ragioni: queste ultime dovrebbero essere fatte valere dal pubblico ministero, alquale il decreto è comunicato. Per prassi, peraltro in ossequio al dettato normativo, al pubblico ministeroviene comunicato unicamente il decreto: orbene tale atto è insufficiente, nella maggior parte dei casi, avalutare eventuali violazioni dei parametri normativi da parte del giudice, in sede di liquidazione.Analizziamo le varie ipotesi.

Ausiliari del giudiceIl compenso degli ausiliari è liquidato secondo tariffe previste (es. D.M. 30.5.2002), oppure a

vacazione, qualora non esista una normativa ad hoc (artt. 49 e 50 T.U.). La legge prevede che, qualoral’incarico non sia portato a termine entro il termine fissato o prorogato, il compenso debba essere decurtato(art. 52 T.U.). Per consentire la valutazione della correttezza della liquidazione, ai fini dell’impugnazione,siccome solo raramente nel decreto sono indicate tutte le circostanze di cui sopra, sarebbe necessariotrasmettere al pubblico ministero: il verbale di conferimento dell’incarico, dal quale risulta il termineconcesso; eventuali proroghe; la data di deposito in cancelleria dell’elaborato. Si ritiene quindi che la letturadel solo decreto non sia sufficiente, ai fini di una eventuale impugnazione. Naturalmente, per la liquidazionedelle spese, sarebbe necessario trasmettere tutta la documentazione giustificativa (artt. 55, 56 T.U).

CustodiIl compenso dei custodi è liquidato secondo tariffe previste (il D.M. n. 265/06), oppure secondo usi,

consuetudini, tariffe prefettizie, qualora il bene sequestrato non rientri tra quelli di cui al citato D.M. n. 265.Per consentire la valutazione della correttezza della liquidazione, ai fini dell’impugnazione, sarebbenecessario trasmettere al pubblico ministero: il verbale di sequestro; i provvedimenti definitivi didissequestro o confisca, notificati agli interessati; il verbale di effettiva restituzione del bene sequestrato. Siritiene quindi che la lettura del solo decreto non sia sufficiente, ai fini di una eventuale impugnazione.

Difensori in materia penaleIl compenso ai difensori in materia penale (sia per il patrocinio a spese dello Stato che per le difese

d’ufficio), è liquidato secondo la tariffa forense (da ultimo D.M. n. 55/14). La legge prevede che l’onorarioe le spese sono liquidati (…) osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultinosuperiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti (…): artt. 82, 116 e 117 T.U.; il compenso cosìcalcolato, deve essere poi ridotto di un terzo, ai sensi dell’art. 106-bis T.U. Va da sé che il valore medioprevisto dalla tariffa forense, ridotto di un terzo, rappresenta il massimo liquidabile: il pubblico ministerodovrebbe unicamente controllare che tale massimo liquidabile non venga superato. Si ritiene quindi che lalettura del solo decreto sia sufficiente, ai fini di una eventuale impugnazione. Rimane fuori il caso delladifesa di più imputati: in tale ipotesi, qualora non risultasse dal decreto, dovrebbe essere comunicata alpubblico ministero tale circostanza.

Difensori in materia civile

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Il compenso ai difensori in materia civile (patrocinio a spese dello Stato), è liquidato secondo la tariffaforense (da ultimo D.M. n. 55/14). La legge prevede che l’onorario e le spese sono liquidati (…) osservandola tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffeprofessionali vigenti (…): artt. 82; il compenso così calcolato, deve essere poi ridotto della metà, ai sensidell’art. 130 T.U. A differenza della materia penale, nella materia civile il valore medio è calcolato sullabase del valore della causa, e in particolare sul corrispondente scaglione di valore. Per consentire lavalutazione della correttezza della liquidazione, ai fini dell’impugnazione, sarebbe necessario trasmettere alpubblico ministero: la nota di iscrizione a ruolo, dalla quale risulta il valore della causa; la sentenza, perchéa volte il giudice calcola lo scaglione da applicare sul decisum, e non sul petitum. Si ritiene quindi che lalettura del solo decreto non sia sufficiente, ai fini di una eventuale impugnazione.

Il fascicolo telematicoVa fatta una doppia premessa:1 - gli atti, sopra indicati (ulteriori, rispetto al decreto di pagamento), non vengono mai trasmessi al

pubblico ministero, in formato cartaceo; 2 - il Funzionario delegato, al termine della procedura (dopo cioè il materiale pagamento al

beneficiario), trasmette alla competente Ragioneria territoriale il fascicolo telematico della liquidazione (neirapporti tra le due Amministrazioni, la forma cartacea è stata definitivamente abbandonata).

Il fascicolo telematico, dunque, ad un certo punto diviene obbligatorio. Si ritiene che la formazioneanticipata del fascicolo telematico possa determinare una serie di vantaggi, di vario tipo. Per formazioneanticipata, si intende quella fatta prima dell’invio degli atti all’ufficio spese di giustizia: non è possibileesplicitare meglio, dal momento che gli Uffici giudiziari sono strutturati secondo moduli organizzativispesso differenti (nella maggior parte dei casi è competente la cancelleria del giudice, ma a volteprovvedono uffici centralizzati); si può solo dire, grosso modo, che l’incombente dovrebbe gravaresull’ufficio che ha curato tutti gli adempimenti di rito, sino alla irrevocabilità del decreto. Questo perché,nell’immediatezza, sarebbe possibile avere a disposizione tutti gli atti della procedura (quelli sopra indicati),difficili da recuperare successivamente (come insegna l’esperienza), in particolar modo dopol’archiviazione. Nella sede appropriata (come appena individuata) si potrebbero anche ipotizzare controlli,seppur di tipo formale, difficilmente praticabili una volta divenuta irrevocabile la liquidazione (secondo leinterpretazioni più recenti della normativa, anche a livello ministeriale: si veda il foglio informativo n. 3/18;circolare MEF n. 19/2018).

VantaggiCome si diceva poc’anzi, la formazione siffatta del fascicolo telematico determinerebbe una serie di

vantaggi, e cioè:1 - la possibilità, per il giudice, se sollecitato, di correggere eventuali errori, prima della definitività del

provvedimento;2 - la trasmissione con posta elettronica al pubblico ministero (oltre che alle altre parti processuali,

escluse le parti private), del fascicolo telematico completo, che permetterebbe di vagliare tutti gli atti, pereventuali impugnazioni;

3 – il fascicolo telematico sarebbe già pronto, sia per l’ufficio spese di giustizia che per il Funzionariodelegato, e di conseguenza anche per le Ragionerie territoriali; ciò determinerebbe inoltre:

4 – la disponibilità, in sede ispettiva, di tutti gli atti della procedura; di norma, difatti, gli atti sottopostiper l’esame sono largamente incompleti (e vani sono spesso i solleciti di acquisizione, rivolti agli ufficinella fase preistruttoria);

5 – la possibilità di procedere a controlli ispettivi anche da remoto;6 – la possibilità di procedere a controlli ispettivi da parte del MEF, sui fascicoli trasmessi alle

Ragionerie territoriali, senza accedere all’Ufficio giudiziario (negli ultimi anni sono stati riferiti non di rado,da parte degli Uffici giudiziari, verifiche in loco da parte degli ispettori del MEF).

Il fascicolo telematico unicoIn ordine al punto 6, parrebbe necessaria una concertazione col MEF, dal momento che recenti verifiche

presso le Corti di Appello hanno permesso di appurare oscillazioni da parte delle Ragionerie territoriali,aventi come oggetto la documentazione che andrebbe inserita nel fascicolo telematico della liquidazione; siritiene che il fascicolo telematico debba essere unico, e debba contenere gli atti necessari per gli

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adempimenti di spettanza di tutti i soggetti coinvolti nella procedura di liquidazione e fasi successive(pubblico ministero, Funzionario delegato, Ragionerie territoriali, Ministero dell’Economia)1.

(3.3.2020)

1 Si riporta di seguito il contenuto di un vademecum trasmesso agli Uffici giudiziari prima delle verifiche e che indica gli atti chedebbono essere esibiti per l’esame delle liquidazioni; in sostanza si tratta degli stessi atti che, secondo quanto illustrato sopra, dovrebberoconfluire nel fascicolo telematico unico: «AUSILIARI DEL GIUDICE: Verbale di udienza in cui vi è il conferimento dell’incarico, confissazione del termine per il deposito dell’elaborato e la data di inizio delle operazioni; autorizzazioni all’uso del mezzo proprio e/o adavvalersi di prestatori d’opera; tutte le eventuali richieste di proroga e le relative concessioni; copia della prima/ultima paginadell’elaborato o altra pagina allegata con la data di deposito; domanda/istanza di liquidazione dalla quale risulti la data di deposito incancelleria; documentazione delle eventuali spese chieste in rimborso, comprese quelle allegate alle fatture dei collaboratori autorizzati;documentazione delle distanze chilometriche tra la residenza ed il luogo raggiunto per l’espletamento dell’incarico. Copia della sentenzapenale con la certificazione di irrevocabilità o l’indicazione che il processo è ancora pendente. PATROCINIO A SPESE DELLOSTATO IN MATERIA PENALE E DIFENSORI DI UFFICIO: Documentazione di ammissione dell’imputato al patrocinio a spese delloStato (domanda e decreto di ammissione); nomina del difensore; attestazione di iscrizione nell’Albo speciale; eventuale provvedimentodi revoca del beneficio; documentazione attestante l’avvenuto tentativo di escussione del cliente con esito infruttuoso per i casi dell’art.116 T.U.; documentazione attestante l’irreperibilità del cliente per i casi dell’art. 117 T.U.; notula del professionista; decreto diliquidazione. PATROCINIO A SPESE DELLO STATO IN MATERIA CIVILE: Documentazione di ammissione dell’imputato alpatrocinio a spese dello Stato (domanda e ammissione del COA); trasmissione del provvedimento di ammissione del COA all’Agenziadelle entrate; nomina del difensore; attestazione di iscrizione nell’Albo speciale; eventuale provvedimento di revoca del beneficio;verifica della persistenza delle condizioni economiche legittimanti l’ammissione; notula del professionista; decreto di liquidazione delgiudice. Copia della sentenza civile con la certificazione di irrevocabilità o l’indicazione che il processo è ancora pendente; copia di ognialtro atto dal quale risulti la definizione del processo, se diverso dalla sentenza (es. verbale di udienza ex art. 309 c.p.c.; verbale diconciliazione ecc.). INTERPRETI: Come gli ausiliari. TRADUTTORI: Come gli ausiliari. CUSTODI: copia del verbale di sequestro eaffidamento in custodia; copia dell’eventuale verbale di dissequestro o trasferimento del bene presso altro custode/ distruzione; notificheal custode ed all’avente diritto del provvedimento di dissequestro e restituzione del bene; copia della missiva di trasmissione dellacancelleria agli organi delegati per l’esecuzione del dissequestro/distruzione; copia di tutte le comunicazioni fatte dagli organi delegatialla esecuzione alla cancelleria e inerenti il corpo di reato, e copia delle attività svolte dalla cancelleria in merito, compresi eventualiprovvedimenti interlocutori del giudice; domanda/istanza di liquidazione dalla quale risulti la data di deposito in cancelleria;documentazione giustificativa di eventuali spese chieste in rimborso. Copia della sentenza penale con la certificazione di irrevocabilità ol’indicazione che il processo è ancora pendente. TESTIMONI: Copia della citazione del teste con la relativa notifica; attestazione delcancelliere di presenza in udienza; istanza dell’interessato con la data di deposito; documenti giustificativi della spesa di viaggio di cuiviene chiesto il rimborso; tariffa applicata per i servizi di linea di seconda classe. Copia della sentenza penale con la certificazione diirrevocabilità o l’indicazione che il processo è ancora pendente. GIUDICI ONORARI: Istanza dell’interessato con la data di deposito;attestazione del cancelliere relativa alle giornate d’udienza e alla loro durata, comprese eventuali sospensioni. GIUDICI POPOLARI:Istanza dell’interessato con la data di deposito; attestazione del cancelliere di presenza alla seduta pubblica di estrazione/ giuramento edalle udienze; documentazione attestante il regime lavorativo (lavoratore autonomo, dipendente, casalinga); nel caso di lavoratoredipendente, documentazione attestante la retribuibilità o meno dei giorni di udienza.

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PARTE IICORPI DI REATO

SOMMARIO: 7. Modalità di tenuta della partizione in SICP dedicata ai reperti e alle somme sequestrate (Eva Galeandro,25.10.2019); 8. Contributo sulle richieste standardizzate (Donatella Bortolotti, 27.10.2019); 9. Contributo su spese dicustodia per beni voluminosi in sequestro presso terzi: 9.1 (Donatella Bortolotti, 21.10.2019); 9.2 (Eva Galeandro,23.10.2019); 9.3 (Maria Cristina Bisagni, 27.10.2019); 10. Sulla corretta nozione di «corpi di reato di valore» (MarinaFornasero, 12.2.2020); 11. Sulla ricezione delle sostanze stupefacenti (Graziano Prelati, 28.2.2020).

7. Modalità di tenuta della partizione in SICP dedicata ai reperti e alle somme sequestrate

Come è noto i registri Mod. 41 (Registro dei corpi di reato) e Mod. 42 (Registro delle cose sequestrate edaffidate in custodia a terzi) sono riportati, dalla circolare ministeriale prot. n. 78341 dell’11.6.2013, nell’elencodei registri gestiti da SICP.

«Con riferimento ai predetti registri, SICP gestisce una numerazione di reperto progressiva annuale distintaper tipologia di registro, unica per sede» (così come avviene per la gestione del F.U.G., oggetto della circolareDAG 168934 del 29/12/2008).

Per il singolo Ufficio, la pendenza del reperto, iscritto nel Mod. 42 e privo di provvedimento di destinazionedefinitiva, terminerà, automaticamente, con la registrazione su SICP del passaggio di fase del procedimento adaltro Ufficio. E’ sempre possibile conoscere l’effettiva pendenza di un reperto con i moduli dedicatiall’interrogazione di SICP (precisamente, SIRIS - Sistema Informativo Relazionale Interrogazione Sistemi -Circolare ministeriale prot.n. 32968 del 09/12/2014).

Due, infatti, le modalità di estrazione di «dati» riportati dai registri in questione:- tramite l’estrazione delle query di Siris relative alla «ricerca dei corpi di reato», che fornisce il dato degliiscritti ed il loro stato, sia lato Gip (SGP26) che dibattimento (SDB34); le query SDB32 e SGP24 ci forniscono,invece, l’elenco dei corpi di reato in custodia c/o terzi pendenti e lo stato (iter) del procedimento;- tramite la funzione di «stampe» del SICP.

Di seguito si riferisce quanto accaduto nel corso di una esperienza ispettiva in un Ufficio giudiziario.

Dopo aver effettuato l’estrazione delle query di SIRIS relative alla «ricerca dei corpi di reato» sia latoGip (SGP26) che dibattimento (SDB34), nonché l’estrazione del registro dei «corpi di reato in custodia pressoterzi» eseguita con la funzione di «stampe» del SICP, comparando i dati dalle stesse riportati, si è verificatoquanto segue.

1) Nel registro dei corpi di reato estratto da «stampe SICP» non sono presenti tutti i corpi di reato iscrittidalla Procura nel «Registro sequestri», in quanto, all'atto della loro iscrizione non è stato compilato il campodella «tipologia di custodia». Per la gestione dei beni sottoposti a misura cautelare reale o a sequestro probatoriocon registro informatizzato è fondamentale, infatti, classificare il bene stesso attraverso delle chiavi logiche diriconoscimento ed identificazione, uguali per tutti i soggetti coinvolti nel processo e per tutte le fasi delprocesso. La non corretta o non completa iscrizione dei dati comporta serie problematiche sia nella gestionedelle vicende che interessano i beni sequestrati, sia per il necessario e continuo monitoraggio che l’Ufficio deveeffettuare sugli stessi, al fine di evitare danni all’erario, nel caso di custodia onerosa, e al fine di fornireprontamente un dato statistico il più vicino possibile alla realtà. Ciò che ha maggiormente modificato lemodalità operative delle segreterie giudiziarie e delle cancellerie con l’utilizzo di SICP, quale registro integratodi tutta le vicende del processo penale, comprese quelle delle cose in sequestro, è innanzitutto il collegamentoinformatico tra Uffici requirenti e Uffici giudicanti. Per i corpi di reato custoditi presso l'ufficio corpi di reatodel Tribunale, l’eventuale omessa o erronea iscrizione da parte della Procura impedisce la presa in carico delreperto e ciò determina una necessaria regolarizzazione da parte del primo ufficio. Per i corpi di reato custoditipresso terzi, tra cui vanno «attenzionati» in particolar modo quelli in onerosa custodia, l’omissione iniziale da

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parte dell’Ufficio requirente o l’erroneo inserimento dei dati da parte dello stesso, come accaduto nell’ufficioispezionato, può causare un'incolpevole omessa iscrizione da parte del Tribunale.

Ciò a maggior ragione nel caso in cui, in caso di esercizio dell’azione penale o di richiesta diarchiviazione da parte del PM, non risulti evidenziato, con apposito elenco, o non risulti sulla copertina delfascicolo cartaceo, il numero del reperto/bene sequestrato. L’utilizzo del registro informatico per la gestione deicorpi di reato, in realtà, non ha eliminato l’obbligo, sia per la Procura che per l’Ufficio giudicante, dellacompilazione di un elenco delle cose sequestrate da allegare al fascicolo processuale (art. 3, co. 2 D.M.30.9.1989). Elenco che deve essere inserito nel fascicolo formato per il dibattimento ai sensi dell’art. 431 c.p.p.e che, in ogni caso, deve essere contenuto nel fascicolo del giudicante al fine di realizzare la cosiddetta«evidenza» sul fascicolo del corpo di reato. Tale elenco, in caso di beni in custodia presso terzi, dovrebbe esserecomunicato, insieme all’opportuna documentazione, all’Ufficio che gestisce il registro Mod. 42. Solo in talmodo il responsabile del predetto Ufficio, al di là delle difficoltà o di probabili errori nella gestione del registroall’interno di SICP, potrà avere l’esatta contezza dei beni sequestrati in custodia presso terzi, mediantel’esercizio di un controllo periodico sullo stato dei relativi processi, al fine dell’immediata eliminazione dallapendenza, in caso di definizione degli stessi, soprattutto dei beni in onerosa custodia.

Anche il non corretto inserimento dei dati sulle vicende riguardanti i corpi di reato, da parte di chidetiene il fascicolo in una determinata fase, comporta che non si possa operare sugli stessi da parte degli addettialle annotazioni delle fasi successive del processo. In conclusione, a mano a mano che il fascicolo processuale sisviluppa lungo il percorso procedurale, ciascuno, segreterie, cancellerie Gip/Gup, cancellerie dibattimentali eaddetti all’Ufficio Corpi di Reato, secondo la propria competenza e il momento di esecuzione di taluniprovvedimenti riguardanti il bene in sequestro, deve assicurare l’annotazione sul registro del provvedimentoadottato dal giudice e della sua esecuzione; e non solo ciò, ognuno deve avere cura, altresì, di assicurarsi chel'annotazione eseguita sia corretta, dato che l’operatore successivo, in caso di erronei o mancati discarichi sulSICP, non potrà fare altrettanto.

2) Dall’esame dei dati estratti, così come sopra detto, e dalla loro comparazione con le attività svoltedall’ufficio corpi di reato in questione, risultante dagli atti in possesso dello stesso, conservati in cartellineformate per ogni singolo reperto, atti tutti che documentano gli adempimenti eseguiti, si sono riscontrate leseguenti tipologie di casi:- dopo l’iscrizione del solo sequestro da parte della Procura, il numero di Mod. 42, contrariamente a quantodovuto, nella maggior parte dei casi viene assegnato dall’ufficio corpi di reato del Tribunale, al fine di poterproseguire le sue attività;- consistente casistica di eliminazione del reperto da parte della Procura nella fase delle indagini preliminari. Inquesti casi, però, avviene che, in presenza di mancati o erronei discarichi dell’eseguito adempimento da partedelle segreterie, il fascicolo processuale, al passaggio virtuale alla fase giudicante, in seguito alle richiestedefinitorie effettuate dalla Procura (esercizio dell’azione penale o richiesta di archiviazione), «trascini» nelregistro informatico del Tribunale la pendenza del reperto, con conseguente casistica considerevole di falsependenze al suo interno;- casi di iscrizione del reperto a Mod. 42 effettuate da parte del Tribunale nel momento dell'esecuzione delprovvedimento definitivo emesso sullo stesso, anziché nel momento del pervenimento e iscrizione del processosul registro generale;- casi di mancati o erronei discarichi di provvedimenti sui beni da parte delle cancellerie dei giudicanti, cheimpediscono all’ufficio corpi di reato di annotare le proprie attività successive;- casi di mancata annotazione da parte dell’addetto all’Ufficio Corpi di Reato, in seguito alle manchevolezzesopra riportate, delle attività riguardanti la c.d. movimentazione definitiva del reperto, che fanno sì che nelregistro lo stesso risulti con posizione di «definito», e non di «eseguito», stato quest’ultimo che determinal’eliminazione formale del reperto stesso dalla pendenza sul relativo registro.

Tutto ciò determina una difficile lettura del dato statistico da quelli che sono i registri ufficiali, previstidalla normativa vigente, in uso agli uffici; rende necessaria un’articolata e complessa ricostruzione del servizio,in sede di verifica ispettiva, quanto doverosa al fine di poter ricavare dagli atti cartacei, documentanti le attivitàsvolte dall’ufficio, almeno i seguenti dati:- iscritti nel periodo soggetto a verifica, sia su eventuali registri cartacei in uso, che su quello informatico;- rassegne dei pendenti alla data ispettiva;- richieste standardizzate (query T1g.1; T1g.3, T1g.4);- posizione effettiva di ogni reperto catalogato nel registro dei sequestri.

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In presenza di tali problematiche non si è in grado di compilare il dato della movimento degli stessi,durante gli anni del periodo ispettivo, visti i tempi stringenti della verifica in loco.

Da tale tipo di ricognizione rimangono, tuttavia, sempre esclusi i reperti per i quali, all’attodell’iscrizione del sequestro da parte della Procura, non è stata indicata la «tipologia della custodia», in quantomai pervenuti al Tribunale e non verificabili in tempi compatibili con la durata dell’ispezione.

Tanto è stato segnalato in sede ispettiva, mettendo in evidenza che qualsiasi tipo di intervento si vogliaadottare, non si può assolutamente prescindere dall'emanazione di disposizioni organizzative da parte dei Capidegli Uffici interessati che prevedano strumenti per un coordinamento massimo tra addetti alle segreterie deiPM, alle cancellerie dei giudici e all'Ufficio Corpi di Reato; nonché una formale e puntualeresponsabilizzazione, a mezzo di ordini di servizio appositamente emanati, di tutto il personale della filieralavorativa che interviene, a vario titolo, sull'inserimento del dato informatico relativo ai corpi di reato.

Le stesse problematiche si presentano, altresì, nella gestione del registro F.U.G., identica nellecaratteristiche e modalità a quella del registro Mod. 42.

Le varie esperienze ispettive stanno, ormai, dimostrando che la gestione di tali registri, attraverso imoduli informatizzati di SICP, ha causato non pochi problemi agli Uffici, generati principalmente dal fatto chela loro introduzione, evidentemente, non è stata accompagnata da adeguati supporti conoscitivi ed operativi acoloro che, operando all’interno degli Uffici giudiziari requirenti e giudicanti, sono impegnati nella acquisizionedell’atto di sequestro nel registro informatico, nonché nella gestione dei corpi di reato e risorse finanziariesequestrate, fino alla loro definitiva eliminazione dal sistema informatico. L'importanza e, soprattutto, lacomplessità della normativa di riferimento, nonché l’avviata informatizzazione del servizio, richiedono unparticolare impegno formativo a favore dei funzionari addetti alle cancellerie e segreterie giudiziarie, nell’otticadell’individuazione dei nodi problematici, anche di carattere organizzativo, e dello scambio delle esperienze.Con riserva di ulteriori contributi in materia.

(25.10.2019)

8. Contributo sulle richieste standardizzate

Nell’attività collegata alla verifica dei beni in sequestro le richieste standardizzate si pongono come un utilestrumento per ricavare i dati fondamentali per l’ispezione già da remoto. Con l’informatizzazione dei registri èfondamentale che gli Uffici ispezionati siano messi in condizione di operare le estrazioni in modo uniforme,utilizzando i medesimi estrattori. Grazie al contributo dei partecipanti al tavolo tecnico sui corpi di reato sipotrebbero rivedere le richieste standardizzate predisposte dall’Ispettorato in materia di beni in sequestro allaluce dell’esperienza maturata.

In questa ottica si desiderano segnalare delle criticità riscontrate dal lato della Procura della Repubblica peril servizio collegato al F.U.G.. La query predisposta dall’Ispettorato per il F.U.G. è la seguente:

P1c.1 - Elenco analitico delle risorse, con indicazione dell’importo e dello stato del procedimento diriferimento

fonte del dato: cartacea/informaticaalla data ispettiva del

N.ord.

N. iscrizioneregistroF.U.G.

Importo N.R.G.procedimento

Registro Stato delprocedimento

per la compilazione del Prospetto P1c.1 può essere fatta un’estrazione con la query SPMI02 di SIRIS laquale tuttavia non indica il tipo di registro (mod. 21 o mod.44), ma solo il numero e l’anno del procedimentopenale.

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L’altra query a disposizione su SIRIS, ossia la SPMI40, pur restituendo il dato relativo al tipo di registro,non consente di distinguere tra F.U.G. iscritti dalla Procura e F.U.G. iscritti dal Tribunale. In genere gli ufficipreferiscono utilizzare la prima query dalla quale risultano le risorse iscritte esclusivamente dalla Procura, ascapito, però, della individuazione del tipo di registro nel relativo prospetto. Anche la colonna relativa agliimporti di solito non viene compilata, in quanto tale dato non viene restituito da nessuna delle query disponibili.

Sarebbe opportuno adeguare la predetta query ai dati che effettivamente si possono estrarre.

(27.10.2019)

9. Contributo su spese di custodia per beni voluminosi in sequestro presso terzi

9.1 (Donatella Bortolotti)Nell’esperienza maturata si è riscontrata in molti casi la custodia presso terzi di beni sequestrati

voluminosi ed ingombranti (capi d’abbigliamento, materiali duplicati, merci in ambito portuale). In questicasi il calcolo nelle indennità di custodia viene fatto senza tenere conto dei criteri indicati dal D.M. 2settembre 2006 n. 265 in quanto i beni sequestrati in custodia non rientrano nella tipologia di veicoli e,quindi, facendo parte di altre categorie di beni, l’ufficio giudiziario utilizza il criterio degli usi locali e delletabelle prefettizie che, in molti casi esaminati, è quello di un importo prestabilito per il peso della mercesequestrata per il n. dei giorni in sequestro. Il criterio del peso in genere è utilizzato anche per il calcolodella spesa per l’operazione di distruzione. Tale modalità di calcolo comporta degli esborsi notevoli per taletipologia di custodie. Potrebbe essere interessante confrontare le esperienze acquisite per individuare delle«buone pratiche» che portino a liquidare dei compensi inferiori e diffonderle presso gli uffici giudiziari. Lastipulazione di convenzioni è uno strumento che permetterebbe per la custodia di corpi di reato aventicaratteristiche dimensionali non idonee alla collocazione degli stessi presso l’Ufficio Corpi di Reato delTribunale, di ridefinire i criteri di liquidazione stabilendo, ad esempio, il calcolo dello spazio occupato dallamerce parificandolo alle dimensioni di veicoli su cui poi applicare le indennità previste dal D.M. 265/2006che permetterebbe di avere dei compensi nettamente inferiori.

(21.10.2019)

9.2 (Eva Galeandro)Con riferimento alle spese di liquidazione relative alle custodie onerose, in particolare alle liquidazioni

relative alle spese per la custodia giudiziale di merci e/o pallets, contenenti enormi quantità di benipresumibilmente contraffatti o rifiuti speciali, sequestrati nell’ambito dell’attività portuale, si riporta quantovisto fare presso il Tribunale di Genova.

L’ufficio, nelle liquidazioni di dette spese, si rifà, nella maggior parte dei casi, alle convenzionistipulate; trattasi delle seguenti convenzioni: in data 25.11.2013, tra Procura della Repubblica di Genova ealcune società che operano, quali custodi, in ambito portuale, ritenendo così applicabile, l’art. 5 del D.M.265/2006 (Regolamento recante le tabelle per la determinazione dell’indennità spettante al custode dei benisottoposti a sequestro), che consente, nei casi di categorie di beni non previsti dalle tabelle, di ricorrere adusi locali; detta convenzione è stata aggiornata in data 29.6.2017 con la sottoscrizione anche del Presidentedel Tribunale.

Secondo l’orientamento dell’Ufficio, infatti, l’attività di custodia prestata, in ambito portuale, hadimensioni e caratteristiche del tutto diverse da quelle dei veicoli (sia per il volume e l’ingombro dei palletssia per i costi di mercato dei relativi servizi) e, pertanto, si ricorre all’applicazione della convenzione citata;detta convenzione prevede tariffe predeterminate per l’indennità di custodia, commisurata al volume deipallets (viene assunta come unità di misura per la quantificazione della merce sequestrata la dimensione delpallet ovvero l’imballaggio delle merci secondo dimensioni standard) e alla durata della custodia stessa.

Questo tipo di calcolo, effettuato in base al volume degli «imballaggi», effettivamente, come fattonotare da Donatella Bortolotti, potrebbe permettere «di ridefinire i criteri di liquidazione stabilendo, adesempio, il calcolo dello spazio occupato dalla merce parificandolo alle dimensioni di veicoli su cui poiapplicare le indennità previste dal D.M. 265/2006 che permetterebbe di avere dei compensi nettamenteinferiori».

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(23.10.2019)

9.3 (Maria Cristina Bisagni)La soluzione proposta dalla dott.ssa Donatella Bortolotti è in astratto fattibile. In effetti si intravede una

possibile «similitudine fisica» tra i grossi contenitori di beni quali generalmente sono i container e gliautocarri (tabella C del D.M. 2.9.2006 n. 265, in particolare gli autocarri in area non coperta), escludendo latabella “D” dei natanti perché caratterizzata da tariffe più onerose.

I container sono ormai il contenitore più usato su vasta scala poiché consentono di stipare delle grandiquantità di beni in spazi standard, hanno unità di misura internazionali permettendo anche lo sviluppo dellaconservazione in torri. Sono lo strumento utilizzato nelle Dogane e nei porti ove avvengono una parte deisequestri penali più consistenti dell’epoca globalizzata.

Esiste ormai una discreta e controversa giurisprudenza in tema di pagamento delle indennità di custodiadi container in zone portuali. È auspicabile diffondere le Convenzioni con le Autorità Portuali, come quellarealizzata a Genova, uno dei porti più vivaci per la movimentazione delle merci (e per gli ingressi illeciti dibeni comprese le droghe). Durante la passata ispezione presso il Tribunale di La Spezia si è riscontratal’applicazione di una Convenzione tra la Procura di Genova ed alcune società-depositerie del porto oltre aduna circolare dell’Agenzia del Territorio (si sono descritte le prassi locali che avevano portato ad effettuarevarie liquidazioni superiori ad € 10.000,00 e 20.000,00 nel periodo ispettivo).

In concreto però potrebbe non essere così facile diffondere le Convenzioni virtuose, al di là di alcunesituazioni di sintonie locali tra le parti contraenti. Una perplessità sorge spontanea: le Autorità Portuali, unesempio paradigmatico di depositeria di beni ingombranti, sono degli enti che hanno subito dei cambiamentidi assetto normativo negli ultimi anni (a seguito di una specifica sentenza della Corte di Giustizia Europeaispirata alla libera concorrenza nei porti) per le quali hanno attualmente autonomia finanziaria, impositiva, etariffaria secondo i propri bilanci; in pratica sono società orientate al libero mercato ed al conseguimento deipropri utili aziendali. Tutto ciò sembra essere un po’ distante dal voler concludere una convenzione/intesacon una Procura od un Tribunale le cui finalità sono il contenimento dei costi di custodia e quindi il minorguadagno dell’ente portuale.

Per un’Agenzia Portuale, è un onere conservare per svariati anni dei cassoni con merce sequestratapoiché «bloccano» delle aree che potrebbero essere utilizzate in modo più produttivo; inoltre la gestionedegli spazi, cioè la movimentazione dei contenitori, viene fatta con gru di grosse dimensioni e costi nonlievi.

Il perseguimento dell’obiettivo potrebbe essere agevolato tramite un tipo di accordo più ampio che portialla concertazione tra le istituzioni coinvolte: il Ministero della Giustizia, il Ministero che vigila sulleattività degli enti Portuali (valutare se eventualmente anche gli aeroporti per certe tipologie di merci) nelquale ognuna delle parti concede qualcosa all’altra, in particolare, per chi svolge un’attività economicaprivatistica le tariffe applicabili non potrebbero essere inferiori alle medie, altrimenti saranno inevitabilicontinui contenziosi sulle liquidazioni. Allo stesso tavolo concertativo poi ci potrebbe stare altro Ministero oAgenzia dato che le custodie un po’ particolari oggi riguardano anche un tema attualissimo cioè quello deirifiuti. Esempio: se si effettua un sequestro penale di una cisterna viaggiante con rifiuti speciali, questi nonsi custodiscono in una semplice depositeria di autoveicoli, ma dovrebbero richiedere una zona «vocata», conaspetti peculiari relativi alla custodia ed alla liquidazione ordinaria del custode.

(27.10.2019)

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10. Sulla corretta nozione di «corpi di reato di valore»

L’art. 261 c.p.p. disciplina sostanzialmente la rimozione e riapposizione dei sigilli nei casi in cui questidebbano essere tolti a richiesta del magistrato o comunque per una necessità nel corso del processo. L’art. 11Norme reg. c.p.p. (sotto riportato), impone invece l’obbligo di provvedere alla sistematica verificazione,«appena pervengono nella cancellerie o nella segreteria», dei reperti tassativamente elencati al comma 1, ovvero«oggetti preziosi, monete, carte di pubblico credito indicate nell'art. 458 del codice penale o altri titoli alportatore» o di «ogni altra cosa sequestrata quando i sigilli appaiono rotti o alterati».

Premessa la tassativa elencazione, in caso di reperti depositati con sigilli integri, si pone il problema dellainterpretazione del termine «oggetti preziosi» (contenuto nel citata norma) e del termine «corpi di reato divalore» (da iscriversi sul Reg. Mod. 41) per appurare se vi sia tra loro sinonimia. Attingendo dal Testo Unico diPubblica Sicurezza e dal complesso di norme disciplinanti la fabbricazione ed il commercio di determinatecategorie merceologiche per le quali servono speciali licenze ed autorizzazioni emerge che per «oggettipreziosi» debbono intendersi i «metalli preziosi il platino, il palladio, l'oro, l'argento» (D. lgs. n. 251/1999 eD.P.R. n. 150/2002) nonché gli oggetti «costituiti, in tutto o in parte, da metalli preziosi ossia oro, argento,platino e palladio, coralli e perle di ogni tipo, anche se venduti sciolti, e da pietre preziose». Sembra quindi che idue termini «di valore» e «preziosi» non possano ritenersi sinonimi: ne consegue che non tutti gli oggetti divalore (da iscrivere sull’apposito registro Mod.41) siano «oggetti preziosi» per i quali si deve procedere allaimmediata verificazione; per giungere ad un caso pratico e di largo interesse, sembra indiscutibile ad esempioche le sostanze stupefacenti (presenti in quantitativi rilevanti nella quasi totalità degli uffici), pur essendo divalore non siano oggetti preziosi (e per esse non sia da estendersi l’obbligo di verificazione all’atto del depositopresso le cancellerie o segreterie giudiziarie).

Nel caso specifico, oltre alla interpretazione della norma, si aggiunge tra l’altro una valutazione di ordinepratico: in sede di verificazione nulla può aggiungersi o confermarsi o smentirsi rispetto a quanto indicato dalsequestrante (non potendosi effettuare controlli di sorta né sul peso, né sul contenuto o su ogni altra proprietàdel materiale repertato) con totale inutilità dell’attività di verificazione.

(12.2.2020)

11. Sulla ricezione delle sostanze stupefacenti

Si conviene sulla non sinonimia del termine «oggetti preziosi» (contenuto nell’art. 261 c.p.p.) e deltermine «corpi di reato di valore» (da iscriversi sul Reg. Mod. 41). E sul fatto che, se i due termini «di valore» e«preziosi» non possano ritenersi sinonimi, ne consegue che non tutti gli oggetti di valore (da iscriveresull’apposito registro Mod. 41) siano «oggetti preziosi» per i quali si deve procedere alla immediataverificazione. Ciò non toglie che, nel caso specifico delle sostanze stupefacenti, che pur essendo di valore nonsono oggetti preziosi, e dall’interpretazione della norma di cui all’art. 261 c.p.p. non sia da estendervi l’obbligodi verificazione all’atto del deposito presso le cancellerie o segreterie giudiziarie, non può sottacersi il dispostodi cui all’art. 87, comma 2, d.P.R. n. 309/90 secondo cui «Quando il decreto di sequestro o di convalida delsequestro effettuato dall'autorità giudiziaria non è più assoggettabile al riesame, l'autorità giudiziaria dispone ilprelievo di uno o più campioni, determinandone l'entità, con l'osservanza delle formalità di cui all'art. 364 delcodice di procedura penale e ordina la distruzione della residua parte di sostanze». Può risultare opportunoche le cancellerie dettino disposizioni volte a limitare la giacenza di reperti contenenti sostanze stupefacenti,facendo ricorso alla loro campionatura, dopo che sono state svolte le operazioni di cui all'art. 87, co. 2, d.P.R. n.309/1990.

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Infatti, ragioni di sicurezza, di igiene e comunque di capienza, possono sconsigliare la ricezione dei reperticontenenti l'intera sostanza sequestrata che, in attesa dello svolgimento delle operazioni di cui all'art. 87, co. 2,citato, può essere custodita presso l'ufficio che ha operato il sequestro2.

(28.2.2020)

2 A titolo esemplificativo, si ricapitolano, di seguito, disposizioni specifiche sulle modalità di ricezione dei corpi di reato, che erano stateimpartite per vari uffici e da ultimo per il Tribunale per i Minorenni di Bologna: a) per quanto concerne il confezionamento, il paccodeve essere avvolto con carta da imballo e sigillato con spago, piombino e bolli in ceralacca. I bolli devono essere apposti sui punti dicongiunzione e/o sovrapposizione dei fogli di carta da imballo e su tutti quei punti dove possa essere operata apertura ovvero rimanganosollevati lembi di carta; b) le buste devono essere sigillate con l'apposizione sui punti di chiusura dei sigilli in ceralacca. Il numero deisigilli potrà variare secondo il tipo di busta; c) per quanto concerne il contenuto, all'interno dei reperti devono essere inseriti oggetti dellastessa specie. In particolare, corpi di reato costituiti da sostanze stupefacenti, preziosi, titoli, armi, munizioni dovranno ciascuno formareoggetto di separato reperto; d) i reperti costituiti da oggetti particolarmente fragili, pericolosi, o pesanti devono essere inseriti in appositicontenitori, tali da rispettare l'incolumità del personale addetto alla loro movimentazione, e non in semplici buste di carta; e) i reperti divalore devono essere accompagnati dal verbale di verifica di cui all'art.11 Regolamento per l'esecuzione del c.p.p., recante la medesimadata della consegna; f) le dimensioni dei reperti, per motivi riguardanti l'alloggiamento degli stessi negli armadi compattati, devonoessere confezionati rispettando le seguenti misure massime: lunghezza cm. 40; profondità cm. 30; altezza cm. 30 (ovviamente ciò conriferimento ai reperti costituiti da materiale divisibile); g) il deposito di reperti contenenti sostanze stupefacenti, devono riguardareesclusivamente le loro campionature, dopo che sono state svolte le operazioni di cui all'art. 87, co. 2, d.P.R. n. 309/1990. Non devonoessere accettati, per ragioni di sicurezza, di igiene e comunque di capienza, i reperti contenenti l'intera sostanza sequestrata. Questa, inattesa dello svolgimento delle operazioni di cui all'art. 87, co. 2, citato, deve essere custodita presso l'ufficio che ha operato il sequestro;h) i reperti costituiti da armi o materie esplodenti devono essere conservati presso i comandi che hanno operato il sequestro finoall’intervento del provvedimento del magistrato; i) la distruzione dei reperti inerenti armi e munizionamento, ad opera della competenteDirezione di artiglieria, deve essere effettuata per il tramite degli organi di polizia giudiziaria che hanno effettuato il sequestro deglistessi.

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PARTE IIIESECUZIONE DELLE DECISIONI PENALI

SOMMARIO: 12. Aspetti problematici sull’esecuzione delle pene pecuniarie: difficoltà del recupero ed ineffettività dellapena. Le divergenze interpretative sul dies a quo della prescrizione (Maria Assunta Brancaforte, 11.10.2019); 13. Possibilesospensione della pena pecuniaria (in pendenza di un procedimento di affidamento in prova) (Paola Sciarretta, 5.11.2019);14. La conversione delle pene pecuniarie: aspetti problematici e proposte interpretative. Giurisprudenza (Nadia Laface,17.10.2019); 15. Ancora sulla conversione delle pene pecuniarie (Anna Molino, 30.10.2019); 16. Fungibilità e ingiustadetenzione (Maria Assunta Brancaforte, 14.10.2019); 17. Lavori di pubblica utilità (Fabrizio Antonelli, 22.10.2016 -); 18.Le novità in materia di esecuzione penale: la gestione della pena, la semplificazione dei procedimenti e la messa alla prova(minorenni e adulti) (Graziano Prelati); 19. «Il Codice Rosso», aspetti relativi all’esecuzione penale. Tavola di sintesi econsiderazioni relative all’attività ispettiva (Maria Assunta Brancaforte, 5.11.2019); 20. Ancora sul «Codice Rosso»; 21.Format delle relazioni ispettive. Prospetti riepilogativi della relazione relativa agli Uffici di secondo grado. Osservazionisulla opportunità di introdurre modifiche alla relazione relativa agli uffici di primo grado (Fabio Manfredi Selvaggi, 25.10-20.11.2019).

12. Aspetti problematici sull’esecuzione delle pene pecuniarie (multa ed ammenda):difficoltà del recupero ed ineffettività della pena. Le divergenze interpretative sul dies aquo della prescrizione.

Il codice penale disciplina in maniera diversa la prescrizione3 delle pene previste per i delitti da quelladelle pene previste per le contravvenzioni: le norme di riferimento sono gli artt. 1724 e 1735 c.p., fattesalve le condizioni preclusive (tassativamente previste dalla legge) in presenza delle quali non opera laprescrizione. L’individuazione del dies a quo per il computo del termine per la prescrizione della penacostituisce uno degli aspetti maggiormente dibattuti e sul quale si confrontano – e quindi noi ispettoririscontriamo - prassi differenti nei vari uffici giudiziari (a volte applicate di fatto con discontinuità operativaed a volte opportunamente cristallizzate in apposite direttive).

Come è noto, l’art. 172 comma IV stabilisce che: «Il termine decorre dal giorno in cui la condanna èdivenuta irrevocabile, ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente alla esecuzionegià iniziata della pena». In estrema sintesi le differenti posizioni assunte dalla giurisprudenza e, quindi,adottate dagli Uffici, sono le seguenti:

a) un primo orientamento delle sezioni unite, riconducibile alla sentenza «Cellerini» risalente al 1994ed al quale di collegano successivi interventi confermativi6, afferma il seguente principio di diritto:

«In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, l’art. 172 cod. pen. individua il relativo dies aquo nel momento in cui la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile, aggettivo, quest’ultimo, cheindica la connotazione della sentenza richiesta dalla legge per la sua concreta utilizzazione come titoloesecutivo»7. Secondo questo orientamento, la disciplina dettata in materia di prescrizione della pena

3 Ratio legis della prescrizione: il venire meno dell’interesse punitivo dello Stato in conseguenza di un lasso di tempo ritenutoconsiderevole dal passaggio in giudicato della sentenza con cui la pena presupposta è stata irrogata. 4 Estinzione della reclusione e della multa. La multa si estingue dopo dieci anni a prescindere dalla sua entità. Se la multa e lareclusione sono inflitte congiuntamente, entrambe si estinguono decorso il termine necessario per la prescrizione della reclusione.Nell’ipotesi di concorso di reati si tiene conto della pena singolarmente inflitta per ciascuno di essi, anche se le stesse derivano daun’unica sentenza.5 Le pene dell’arresto e dell’ammenda si estinguono nel termine di cinque anni, raddoppiato se trattasi di recidivi, ovvero didelinquenti abituali, professionali o per tendenza. Se, congiuntamente alla pena dell’arresto, è inflitta la pena dell’ammenda, perl’estinzione dell’una e dell’altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del termine stabilito per l’arresto. Per la decorrenza deltermine si applicano le disposizioni del terzo, quarto e quinto capoverso dell’art. 172 cod. pen..

6 Sez. 6, n. 21627 del 29/04/2014 (dep. 27/05/2014), Antoszek,

7 Con questa decisione, la Corte di Cassazione, demarcando i due differenti aspetti (irrevocabilità ed esecutorietà) di una sentenza,ribadiva che l’esecutorietà di una sentenza non è una connotazione del provvedimento decisorio sovrapponibile a quella della sua

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non contempla alcuna causa né di sospensione né di interruzione. Ne consegue che in assenza diun'espressa previsione normativa, la notificazione della cartella esattoriale, con l'intimazione delpagamento della somma concernente la multa, non costituisce una causa di interruzione dellaprescrizione di tale pena pecuniaria. Questo orientamento è stato condiviso nel 20178 dalla Corte deiConti, che, dopo una attenta analisi del recupero delle spese di giustizia e dei rapporti convenzionalitra il Ministero della Giustizia ed Equitalia giustizia, ha rilevato che:

«particolarmente gravi appaiono le conseguenze che derivano dalle reiterate proroghelegislative dei termini per effettuare le comunicazioni di inesigibilità, considerato che essedeterminano la caducazione della conversione della pena pecuniaria in pena detentiva (art.660 c.p.p.) una volta decorso il termine di prescrizione decennale, ritenendosi lo stesso nonsuscettibile di interruzione ».

b) Secondo un opposto orientamento l’esecuzione della pena pecuniaria inizia con l’iscrizione a ruoloed è da questo momento che decorre il termine di prescrizione. La terza sezione della Corte diCassazione (sentenza 6 aprile 2017, n. 17228) ha affermato che «l'inizio dell’esecuzione èsufficiente ad evitare l’estinzione della pena e nessuna rilevanza - in mancanza di una previsionelegislativa in tal senso - assume la circostanza se tale inizio sia avvenuto coattivamente o con lacollaborazione del condannato»9. Nel prosieguo della sentenza, i giudici di legittimità evidenzianoche: «in relazione all'estinzione della pena per decorso del tempo, rileva, dunque, quale fattoimpeditivo, il solo momento dell'inizio dell'esecuzione10, a partire dal quale le concrete modalità ele concrete tempistiche dell'esecuzione stessa risultano irrilevanti11». Tale assunto viene richiamatodalla Prima Sezione penale della Suprema Corte nella sentenza n. 53156 del 27.11.2018, ponendo lapropria attenzione in particolare su tre articoli presenti nel T.U. Spese di giustizia in rapportoall'individuazione del momento in cui si realizza l'esecuzione della pena pecuniaria: art. 212, art.213 e 235. Dall’analisi sistematica delle tre norme la Prima sezione penale della Corte diCassazione individua quale momento di esecuzione di pena pecuniaria «non il momento delpassaggio in giudicato della sentenza di condanna, bensì il momento, successivo, in cui il debitoerariale viene iscritto a ruolo dopo che sono decorsi i termini per il pagamento dello stesso e per ildeposito della relativa prova al condannato reperibile assegnati con l'invito al pagamento”.Secondo questo orientamento, la prescrizione delle pene pecuniarie, di cui all’art.172 c.p., èinterrotta con la notifica della cartella12 ed il termine per la prescrizione decorre dal giorno in cui èscaduto il termine fissato dalla legge per il pagamento. Prosegue la Cassazione: una volta che ilcredito erariale per pena pecuniaria venga iscritto a ruolo, è soggetto alla sola disciplina relativa allaprescrizione decennale dei crediti erariali, giacché il tempo necessario per l’estinzione della penadecorre dal giorno in cui per il ricorrente è scaduto il termine fissato dalla legge per l’iniziodell’esecuzione spontanea della pena13. I due opposti orientamenti sul dies a quo del termine diprescrizione delle pene pecuniarie non riscosse appaiono entrambi condivisibili, anche sel’orientamento fedele all’art. 172 c.p. privilegia una visione in termini di certezza del diritto e dellapena.

(11.10.2019)

irrevocabilità che, difatti, discende dall’autorità di cosa giudicata della stessa decisione; per converso, vi possono essereprovvedimenti decisori aventi autorità di cosa giudicata senza essere in tutto o in parte eseguibili.8 Delibera 3/2017/G del 7 marzo 2017 pag.74.9 Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 3.11.2016) 6.4.2017, n. 17228 (banca dati De Jure).

10 A tal riguardo Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 3.11.2016) 6.4.2017, n. 17228 anche con specifico riguardo alla pena pecuniariasottolinea che: «deve ritenersi che l'effettuazione del pagamento, anche parziale, ne impedisca l'estinzione, indipendentementedalla circostanza se a tale pagamento parziale seguano altri pagamenti fino al completo adempimento del debito. Il pagamentoparziale preclude perciò, in via definitiva, l'estinzione della pena per decorso del tempo; con la conseguenza che l'eventualesuccessiva notificazione di una cartella esattoriale per la somma residua risulta irrilevante a tal fine». 11 Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 3.11.2016) 6.4.2017, n. 17228.12 Cass. Penale sez. VII ordinanza n. 15375 depositata in data 19 aprile 201913 Cass. sez. I Penale sentenza n. 52105/18 depositata il 19 novembre

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13. Possibile sospensione della pena pecuniaria (in pendenza di un procedimento diaffidamento in prova)

Con riferimento alla sanzione della pena pecuniaria, una recente sentenza della Corte di Cassazione èintervenuta sulla tematica della sospensione cautelare della pena, in pendenza di un procedimento diaffidamento in prova. La pronuncia trova il suo fondamento in un ricorso presentato avverso unprovvedimento del Giudice per le indagini preliminari che, in funzione di giudice dell’esecuzione, harespinto un’istanza di sospensione dell’esecuzione della multa, comminata unitamente alla sanzionedetentiva, a seguito di sentenza di patteggiamento, con affidamento in prova al servizio sociale delcondannato. Il Gip, nel ricusare l’istanza del condannato, rappresenta che l’interessato ha richiesto unbeneficio non rinvenibile nell’economia dell’ordinamento, invocando l’anticipazione degli effetti di unprovvedimento che il Tribunale di Sorveglianza può emettere solo all’esito positivo dell’affidamento inprova, una volta accertate le disagiate condizioni economiche dell’interessato. A fronte di tale rigetto,l’interessato ha proposto il ricorso per Cassazione, illustrando che l’istanza rivolta al Tribunale era tesa asospendere il titolo esecutivo al fine di prevenire un ingiusto ed irreparabile nocumento, dal momento cheuna decisione favorevole, intervenuta all’esito della messa alla prova, avrebbe potuto essere vanificatadall’esecuzione della pena prima di tale esito. In subordine, lo stesso soggetto ha richiesto che fossesollevato questione di legittimità costituzionale in relazione agli articoli 660 e 676 del c.p.p., per violazionedegli articoli 3 e 27 della Costituzione «laddove i primi, non attribuendo al giudice dell’esecuzione il poteredi sospendere l’esecuzione della pena pecuniaria in tutti i casi di ammissione all’affidamento in prova alservizio sociale determinano una ingiustificata disparità di trattamento in favore dei condannati sottopostialla medesima misura nei confronti dei quali, durante la stessa, non sia stata posta in esecuzione (con lariscossione) la pena pecuniaria».

Con la sentenza n. 18720 del 2018 la Corte di Cassazione interviene sulla tematica della sospensione,osservando che correttamente il giudice dell’esecuzione aveva rilevato che gli era stato richiesto unintervento cautelare che, in corso l’affidamento in prova al servizio sociale, è di competenza del Tribunaledi sorveglianza (art. 47, comma 12 dell’Ord. Pen.: «L’esito del periodo di prova estingue la pena detentivaed ogni altro effetto penale. Il Tribunale di sorveglianza, qualora l’interessato si trovi in disagiate condizionieconomiche, può dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata riscossa»).

Nel caso in esame, tuttavia, lo stesso giudice dell’esecuzione, dopo avere escluso la sua possibilità didecisione, nell’asserire l’assenza dei presupposti per la concessione di un provvedimento nel senso richiesto,ha di fatto apprezzato le condizioni economiche del ricorrente, rendendo «una pronunzia di rigettodell’istanza a tutti gli effetti di merito». Ciò premesso la Corte rileva che ogni decisione, anche cautelare edanche relativamente alla sorte della pena pecuniaria, sotto il profilo della sua possibile estinzione a causadelle condizioni economiche e del percorso dell’affidamento in prova, è attribuita solo ai poteri valutatividel Tribunale di Sorveglianza, quale giudice cui compete l’adozione del provvedimento definitivo «i cuieffetti alla stregua di quanto prospettato dovrebbero essere salvaguardati, essendo tale giudice quello alquale resta attribuita durante il procedimento la conoscenza del percorso trattamentale compiuto in funzionedel giudizio finale sull’esito della misura».

Sottolinea ancora la Corte che l’art. 660 c.p.p., facendo proprio riferimento all’esecuzione della penapecuniaria, attribuisce alla magistratura di sorveglianza l’apprezzamento della situazione economica delcondannato, al fine di assumere le relative determinazioni. Relativamente alla possibilità di adottare ilprovvedimento in sé, la Corte evidenzia come il percorso dell’esecuzione della misura porti di per sé aformulare una prognosi circa il suo esito, di modo che se questa fosse negativa, la questione della tutelacautelare non si porrebbe nemmeno, in quanto non ci sarebbero effetti estintivi da salvaguardare.

Aggiunge la Corte che «le stesse considerazioni possono valere quando non sia, per altro verso,plausibilmente riscontrabile il presupposto delle “disagiate condizioni economiche”, da porre in rapportocon l’entità della pena da eseguire, tenendo conto anche della sua possibile rateizzazione secondo lemodalità e le decisioni del magistrato di sorveglianza previste dall’art. 660 del c.p.p.». Nel caso invece incui la prognosi possa considerarsi positiva, soprattutto in ragione del tempo già trascorso, sarà semprecompito dell’organo della sorveglianza individuare il modo in cui i suoi poteri potranno «garantireapprezzabili e concrete esigenze a salvaguardia dell’effettività del provvedimento a favore nel prosieguo

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adottabile, al fine di non pregiudicare in itinere gli obiettivi rieducativi del trattamento che il comma 12dell’art. 46 intende ulteriormente proteggere».

La Corte annulla, per incompetenza funzionale, l’ordinanza impugnata. Resta attribuita al Tribunale disorveglianza la valutazione circa la questione di legittimità costituzionale, prospettata, in via subordinata dalricorrente. La questione resta dunque, al momento, irrisolta.

(11.10.2019)

14. La conversione delle pene pecuniarie: aspetti problematici e proposte interpretative.Giurisprudenza

L'istituto della conversione della pena pecuniaria è stato spesso sottoposto al vaglio della Cortecostituzionale, in esso concentrandosi il difficile equilibrio tra le esigenze di effettività della pena da unaparte, e di rispetto del principio di uguaglianza dall'altra, stante il carattere maggiormente afflittivo dellapena succedanea. Lo sforzo della Corte, nelle diverse pronunce, è stato costantemente volto alla ricerca diun punto di congiunzione tra le due contrapposte istanze. In sintesi, secondo l'autorevole insegnamento dellaCorte Costituzionale (sentenze n. 108 del 1987 e n. 131 del 1979), non è illegittima ogni forma diconversione della pena pecuniaria, in quanto l'ordinamento prefigura un bilanciamento di valoricostituzionali tra il principio di uguaglianza (anche sostanziale) e quello di inderogabilità della pena.Pertanto, entro i limiti posti dal principio di legalità, sono ammissibili, in fase di esecuzione, quellemodificazioni e quegli adattamenti idonei a soddisfare in concreto l'esigenza di individualizzazione dellapena (art. 27, comma 3, Cost.).

Del resto, la stessa conversione delle pene pecuniarie non pagate è stata introdotta dalla L. 689/1981proprio al fine di eliminare la lacuna venutasi a creare nel sistema esecutivo a seguito della sentenza 21novembre 1979 n. 131 con cui la Corte ebbe a dichiarare l'incostituzionalità del vecchio art. 136 codicepenale, statuente la conversione della multa e dell'ammenda non pagate per insolvibilità delcondannato nelle corrispondenti pene detentive (reclusione/arresto), per la condizione di disuguaglianzache si veniva a creare tra soggetti condannati per i medesimi reati sulla base delle differenti condizionieconomiche. Significativa in tal senso è stata l'introduzione, con la nuova disciplina, della facoltà offerta alcondannato di eseguire il lavoro sostitutivo in luogo della sottoposizione alla libertà controllata. La sentenza18 giugno 2003 n. 212, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 299 decreto del Presidente dellaRepubblica n. 115/2002, nella parte in cui abrogava l'art. 660 c.p.p., ha consentito a quest'ultima norma dirivivere proprio per effetto della eliminazione della norma abrogante.

L’importanza di aver salvato l'istituto della conversione dalla scure dell'incostituzionalità, emerge inconsiderazione della funzione preventiva e rieducativa delle pene pecuniarie. La nuova norma di cui all'art.238-bis T.U.S.G., del resto, nasce proprio al fine di garantire una più veloce attivazione della procedura diconversione delle pene pecuniarie non pagate che giacevano da anni ormai in una fase di stallo. Come ènoto, la problematica è stata oggetto di deliberazione della Corte dei Conti nel marzo 2017, nella qualevengono evidenziate le criticità che hanno comportato il gap tra l’ammontare dei debiti posti in riscossione el’importo effettivamente riscosso; ciò, essenzialmente a causa delle continue proroghe legislative relativealla dichiarazione di inesigibilità dei crediti e alla «irrazionalità del controllo operato su EquitaliaGiustizia».

Come emerge anche nell’analisi di dettaglio effettuata dalla Corte dei Conti, la reiterazione delle

proroghe legislative della comunicazione di inesigibilità rischiava di causare la caducazione dellaconversione della pena pecuniaria in pena detentiva, e quindi di mortificare le finalità sanzionatorie,rieducative e di prevenzione della pena. Per porre rimedio a tale problematica, la Circolare m_dg.DOG.17-08-2017.0153047.U), ha opportunamente previsto degli strumenti correttivi al fine di evitare la maturazionedella prescrizione – determinata dalla reiterazione delle comunicazioni di inesigibilità -, imponendo unaserie di adempimenti a carico delle cancellerie e degli uffici ed organi deputati al recupero crediti.

A chi trasmettere la richiesta di conversione?

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Con ordinanza del 22.10.2018, la Procura generale presso la Corte di Cassazione ha chiarito che rientranella competenza del pubblico ministero individuato ai sensi dell’art. 665 c.p.p. (giudice dell’esecuzione),rivolgersi al pubblico ministero presso il magistrato di sorveglianza competente affinché questi promuova laprocedura di conversione. Tra le varie argomentazioni, la Procura Generale presso la Corte di Cassazionerileva che il provvedimento assunto (senza formalità) dal magistrato di sorveglianza va notificatoall’interessato ed al pubblico ministero (presso il magistrato di sorveglianza) per l’eventuale opposizioneavanti lo stesso giudice; ciò richiede che vi sia coincidenza tra il P.M. che promuove il procedimento equello legittimato ad impugnare.

Anche le Linee Guida della Procura Generale di Reggio Calabria, attraverso una ricostruzionestorico/giuridica, affrontano le questioni problematiche in maniera ordinata e coerente all’impiantonormativo vigente (codici, leggi, testo unico spese di giustizia).

Le argomentazioni possono così riassumersi: • non esiste presso la Magistratura di Sorveglianza un autonomo ufficio del pubblico ministero; • presso la sorveglianza, le funzioni di P.M. vengono assicurate dall’ufficio requirente costituito

presso il Tribunale ordinario ovvero presso la Corte di appello a seconda che si tratti di magistrato ovvero diTribunale di sorveglianza;

• Il D. lgs. 37/2016, in materia di trasmissione all’estero di condanne a sanzione pecuniaria emesse aseguito di reati e illeciti amministrativi, dispone che: «Il pubblico ministero presso il tribunale che haemesso la decisione sulle sanzioni pecuniarie […] provvede direttamente alla trasmissione della decisionesulle sanzioni pecuniarie all’autorità competente dello Stato membro […]».

In effetti, la fase dell’esecuzione penale, nell’ambito del codice, è concepita quale declinazione, nellafase terminale del rito (e di quel procedimento), del potere-dovere di esercizio dell’azione penale; si tratta,pertanto, di una potestà da ricondurre al P.M. agente. Il P.M., infatti, esercita un potere autonomo di azione,nei casi tassativamente stabiliti dalla legge, per realizzare l’interesse generale dello Stato alla repressione deireati. Ne discende che anche la trasmissione e l’impulso nella procedura di conversione è attività esecutiva,come tale logicamente e ritualmente attribuibile - quale iniziativa per la determinazione delle modalità diesecuzione - all’ufficio requirente costituito presso il giudice che ha emesso il titolo di condanna e/o checura l’esecuzione della stessa. Giova evidenziare, infatti, che l’art. 660 c.p.p. (esecuzione delle penepecuniarie) è inserito nel titolo II del Libro X del codice di procedura che ricomprende gli artt. dal 655(funzioni del pubblico ministero) al 664. Tale titolo è denominato «Esecuzione dei provvedimentigiurisdizionali» e, in tutti i casi ivi disciplinati, la competenza a promuovere l’attività esecutiva è attribuitaal P.M. presso il G.E. (art. 655 c.p.p.). Sicuramente, il ricorrere dei presupposti fattuali e giuridici per latrasmissione al magistrato di sorveglianza rientrano nella disponibilità cognitiva e valutativa del pubblicoministero funzionalmente preposto a curare l’esecuzione dei provvedimenti ai sensi dell’art. 655 co.1 c.p.p.:risponde a criteri di opportunità che l’ufficio del P.M. verifichi la consistenza e l’ammontare del creditoattuale, anche accertando l’eventuale sussistenza di decisioni del giudice dell’esecuzione (es. indulto,prescrizione, depenalizzazione, applicazione della continuazione in sede esecutiva). Ulterioreargomentazione a sostegno si ricava dall’art. 235 T.U.S.G che prevede, per l’attivazione del rito degliirreperibili, il coinvolgimento del pubblico ministero presso il G.E.

Giurisprudenza:

Pubblico ministero presso il magistrato di Sorveglianza • Sez. 1, Sentenza n. 50971 del 28.9.2018 Cc. (dep. 8.11.2018) In tema di conversione delle pene pecuniarie, il criterio attributivo della competenza per territorio

corrisponde a quello enunciato dal primo comma dell'art. 677 c.p.p., la cui estensione copre tanto lapronuncia dell'ordine di conversione, quanto l'individuazione delle modalità esecutive.

Secondo la regola generale posta dall'art. 677 c.p.p., la competenza a conoscere le materie attribuite allamagistratura di sorveglianza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizionesull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta, della proposta odell'inizio di ufficio del procedimento.

• Sez. 1, Sentenza n. 19292 del 24.3.2004 Cc.

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In tema di conversione, per insolvibilità, della pena pecuniaria in libertà controllata, la competenza allagestione complessiva della misura sostitutiva e, quindi, anche ad eventuali modificazioni, pur nel caso ditrasferimento di residenza del condannato della medesima, appartiene al magistrato di sorveglianza che haprovveduto alla conversione della pena pecuniaria e non a quello che ha giurisdizione sul territorio diresidenza o dimora del condannato medesimo.

Sentenza autorità giudiziaria straniera • Sez. 6, Sentenza n. 7803 del 13.2.2018 Cc. (dep. 16.2.2018 ) Rv. 272642 - 01 In tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, la disciplina concernente il riconoscimento delle

sentenze di condanna a pene pecuniarie, introdotta dalla d.lgs. 15 febbraio 2016, n.37, è applicabile anchealle sentenze divenute esecutive prima della sua entrata in vigore, in quanto, avendo ad oggetto le modalitàesecutive della sanzione, non contrasta con il principio di irretroattività ed, inoltre, l'eventuale conversionedelle sanzioni pecuniarie è disciplinata dalla legge italiana, secondo un sistema applicabile fin dalla legge 24novembre 1989, n.689.

Dies a quo Secondo la legislazione nazionale, il dies a quo - a partire dal quale decorre il termine per calcolare la

prescrizione della pena - decorre dalla data di passaggio in giudicato dalla sentenza ovvero dal giorno in cuiil condannato si è sottratto volontariamente alla esecuzione della pena, a condizione dunque che essa giàiniziata. Secondo la giurisprudenza di legittimità (formatasi soprattutto in tema di Mandato di ArrestoEuropeo) il provvedimento restrittivo emesso nei confronti del condannato determina l'inizio dell'esecuzionedella pena e la decorrenza ex novo del termine di prescrizione.

Sez. 1, Sentenza n. 54337 del 20.11.2018 Cc. (dep. 5.12.2018) In tema di prescrizione della pena, l'arresto del condannato effettuato all'estero in esecuzione di una

richiesta di estradizione dello Stato italiano determina l'inizio dell'esecuzione della pena e la decorrenza exnovo del termine di prescrizione della stessa, a nulla rilevando la successiva scarcerazione del condannatoper mancata concessione dell'estradizione da parte dell'autorità giudiziaria estera (nella specie argentina).

Sez. 6, Sentenza n. 21627 del 29.4.2014 Cc. In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, il dies a quo, ai sensi dell'art. 172, comma

quarto, c.p., si individua nel giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile o in quello in cui il condannatosi è volontariamente sottratto alla sua esecuzione, se già iniziata, mentre le cause di sospensione di taletermine, di cui al comma quinto del predetto art. 172, sono esclusivamente quelle riferite alla sentenza dicondanna e non invece quelle riferibili all'attività posta in essere dagli organi deputati all'esecuzione(fattispecie in tema di estinzione della pena rilevata nell'ambito di un procedimento di estradizione).

Concorso formale o continuazione Sez. 1, Sentenza n. 18791 del 27.3.2013 Cc. (dep. 29.4.2013) L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, riconoscendo la continuazione o il concorso formale

tra più reati giudicati, determina la pena da eseguire incide sul trattamento sanzionatorio, ma non sulladecorrenza della prescrizione delle singole pene inflitte per ciascun reato, i cui termini, in forza della regolastabilita nel quarto comma dell'art. 172 cod. pen., vanno computati dal giorno in cui la condanna è divenutairrevocabile in relazione alle singole imputazioni contestate.

Revoca dell’indulto Sez. Unite, Sentenza n. 2 del 30.10.2014 Cc. (dep. 2.1.2015 )Nel caso in cui l'esecuzione della pena sia subordinata alla revoca dell'indulto, il termine di prescrizione

della pena decorre dalla data di irrevocabilità della sentenza di condanna, quale presupposto della revoca delbeneficio.

Conversione Sez. 3, Sentenza n. 11464 del 19.1.2001 Cc. La conversione della pena pecuniaria per insolvibilità del condannato, anche se poi non concretamente

eseguita, costituisce un vero e proprio atto di esecuzione impeditivo della estinzione della pena perprescrizione. Anche da un punto di vista dogmatico, la conversione della pena pecuniaria si configura comeun provvedimento giudiziario che concretizza il rapporto punitivo stabilito nella condanna, modificandone

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soltanto la modalità esecutiva: e in tal modo rivela i caratteri propri della esecuzione penale; in proposito,peraltro, se poi si considera la ratio che ispira l'istituto della prescrizione penale, appare evidente che laconversione della pena pecuniaria, lungi dall'indicare una rinunzia all'esercizio della potestà punitiva,configura al contrario proprio la concreta volontà dello Stato di dare esecuzione alla pena;

• Sez. 1, Sentenza n. 47319 del 29.11.2011 Cc. (dep. 20.12.2011) In tema di conversione, per insolvibilità, della multa in libertà controllata, il limite massimo della

sanzione sostitutiva è di un anno, allorché la conversione riguardi la pena pecuniaria inflitta per un soloreato, mentre è di un anno e sei mesi, allorché alla conversione si debba procedere dopo il cumulo di piùpene pecuniarie omogenee inflitte per una pluralità di reati, fermo restando che una volta esaurital'esecuzione della pena, o delle pene concorrenti, se il soggetto riporta altre condanne a pene pecuniarie siapre un ulteriore rapporto esecutivo e la nuova pena - se convertita - va espiata per intero, salvi i criterimoderatori di cui agli artt. 102 e 103 della legge n. 689 del 1981 nei rispettivi ambiti di applicazione.

Notifica come atto interruttivo della prescrizione • Sez. 1, Sentenza n. 19336 del 24.4.2008 Cc. (dep. 14.5.2008) Ai fini dell'interruzione della prescrizione della multa è valida la notifica della cartella esattoriale

eseguita a norma dell'art. 140 cod. proc. civ. dopo che il destinatario sia stato ricercato invano in unoqualsiasi dei luoghi indicati in via alternativa nell'art. 139, comma primo, c.p.c. non essendo necessario chela ricerca venga effettuata in tutti tali luoghi o secondo un certo ordine. (Ved. Cass. civ., sent. 14 novembre1978 n. 5246, rv. 395011; Cass. civ., 23 gennaio 1979 n. 516, rv. 396633; Cass. civ., 20 gennaio 1983 n.565, rv. 425338; Cass. civ., 9 febbraio 2007 n. 2919, rv. 596837).

• Sez. 1, Sentenza n. 19336 del 24.4.2008 Cc. Ai fini dell'interruzione della prescrizione della multa è valida la notifica della cartella esattoriale

eseguita a norma dell'art. 140 cod. proc. civ. dopo che il destinatario sia stato ricercato invano in unoqualsiasi dei luoghi indicati in via alternativa nell'art. 139, comma primo, cod. proc. civ., non essendonecessario che la ricerca venga effettuata in tutti tali luoghi o secondo un certo ordine. (Ved. Cass. civ., sent.14 novembre 1978 n. 5246, rv. 395011; Cass. civ., 23 gennaio 1979 n. 516, rv. 396633; Cass. civ., 20gennaio 1983 n. 565, rv. 425338; Cass. civ., 9 febbraio 2007 n. 2919, rv. 596837).

Prescrizione della pena pecuniaria• Sez. 1, Sentenza n. 49747 del 26.6.2018 Cc. (dep. 30.10.2018 ) Ai fini dell'estinzione della pena per decorso del tempo, nel caso di sospensione dell'esecuzione disposta

dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 656, comma 5, c.p.p. il termine di prescrizione decorre dalla data diirrevocabilità della condanna, ai sensi dell'art. 172, comma quarto, cod. pen., e non da quella delprovvedimento di revoca della sospensione (nell’affermare tale principio, la Corte ha osservato che l'istitutodella sospensione dell'esecuzione della pena, in quanto applicabile solo nel caso di condanna eseguibile, èestraneo alla ratio dell'art. 172, comma quinto, c.p., che disciplina i casi di condanna non eseguibile per lapendenza di un termine o di una condizione; né lo stesso configura alcuna causa di sospensione del predettotermine prescrizionale).

Estinzione • Sez. 3, Sentenza n. 17228 del 3.11.2016 Cc. (dep. 6.4.2017) Ai fini dell'estinzione della pena per decorso del tempo rileva, quale fatto impeditivo, il solo momento

dell'inizio dell' esecuzione, a nulla rilevando che tale inizio sia avvenuto coattivamente o con lacollaborazione del condannato, ed essendo parimenti irrilevanti le successive concrete tempistiche dell'esecuzione medesima; ne consegue, quanto alla pena pecuniaria, che l'effettuazione del pagamento parzialene impedisce l'estinzione, indipendentemente dalla circostanza che ad esso seguano altri pagamenti fino alcompleto adempimento del debito, ovvero che sia stata successivamente notificata una cartella esattorialeper la somma residua. In motivazione, la S.C. ha osservato che la disciplina dettata in materia diprescrizione della pena non contempla cause di sospensione od interruzione, non esistendo in tale ambitodisposizioni corrispondenti agli artt. 159 e 160 cod. pen., i quali devono intendersi riferiti alla solaprescrizione del reato).

Intervenuta prescrizione • Sez. 1, Sentenza n. 15038 del 30.1.2001 Cc.

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L'intervenuta prescrizione della pena pecuniaria non è denunciabile davanti al magistrato disorveglianza, in sede di procedimento di conversione di detta pena per insolvibilità del condannato,trattandosi di questione che, in base al disposto di cui all'art.676 c.p.p., deve ritenersi rientrantenell'esclusiva competenza del giudice dell'esecuzione.

• Sez. 1, Sentenza n. 18355 del 19.3.2014 Cc. (dep. 5.5.2014) In tema di spese di giustizia, il creditomaturato dallo Stato nei confronti dell'imputato che sia stato condannato al pagamento delle speseprocessuali, sanzioni pecuniarie e indennità relative al processo penale è sottoposto al termine ordinariodecennale di prescrizione di cui all'art. 2946 cod. civ., decorrente dall'adozione del provvedimento diliquidazione delle spese da recuperare, che è suscettibile di interruzione nel caso in cui l'interessatopromuova incidente di esecuzione per contestare le modalità di quantificazione dell'importo dovuto.

Irreperibilità

Irreperibilità relativa Nell'ipotesi di irreperibilità relativa del contribuente è applicabile soltanto l'art.140 c.p.c, secondo cui la

notifica si perfeziona solo a due condizioni: cioè quando è noto il luogo in cui essa debba eseguirsi e nelcaso in cui la consegna dell'atto è temporaneamente impossibile, per irreperibilità o incapacità o rifiuto deisoggetti, abilitati a riceverlo (art.139 c.p.c.). Ai sensi dell'art. 140 c.p.c. l'agente notificatore è tenuto a:«depositare la copia dell'atto da notificare nella casa comunale dove la notificazione deve eseguirsi;affiggere l'avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'aziendadel destinatario; infine, dare notizia al soggetto tramite raccomandata con avviso di ricevimento», pena lanullità della notifica stessa.

Irreperibilità assoluta Invece, nelle ipotesi di irreperibilità assoluta del contribuente, come nel caso in cui il messo notificatore

non reperisca il contribuente che, dalle notizie acquisite all'atto della notifica, risulti trasferito in luogosconosciuto, è applicabile soltanto l'art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600/73, che testualmente dispone:«quando nel Comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda delcontribuente, l'avviso del deposito prescritto dall'art.140 c.p.c., in busta chiusa e sigillata, si affigge nell'albodel comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell'ottavogiorno successivo a quello di affissione». Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione lanotificazione in tal modo eseguita è valida solo se le ricerche del messo notificatore siano state sufficienti.

Le circolari ministeriali prevedono che, in virtù del comma 3 dell'art. 238-bis T.U.S.G., «l'ufficioinveste, altresì, il pubblico ministero se, decorsi ventiquattro mesi dalla presa in carico del ruolo da partedell'agente della riscossione e in mancanza della comunicazione di cui al comma 2, non risulti esperitaalcuna attività esecutiva ovvero se gli esiti di quella esperita siano indicativi dell'impossibilità di esazionedella pena pecuniaria o di una rata di essa». Si dà avvio alla conversione anche laddove non risulti esperitaalcuna attività esecutiva; in realtà sembrerebbe che tale ipotesi non vada ricondotta alle ipotesi di inerziadell’agente della riscossione ma alle ipotesi di «impossibilità» di cui alle «indicazioni numeriche» dellafunzionalità «conversione pene»; ad es. impossibilità per tributi non insinuabili a seguito di fallimento, nontrasmissibili agli eredi, beni non pignorabili, etc.

Dalla lettura della circolare del 2018, sembrerebbe si consideri notificata al debitore la cartella dipagamento anche in caso di irreperibilità assoluta (caso in cui non vi è alcun luogo conosciuto, ovveroabitazione, ufficio o azienda del contribuente nell'ambito di quel comune in base all'ordinaria attività chedeve essere svolta dal messo notificatore, ed in tal caso, in base all'art. 60 comma 1 lettera e D.P.R.600/1973). In proposito, si osserva che parificando il mero decorso di 24 mesi dalla presa in carico delruolo da parte dell'agente addetto alla riscossione all'esperimento infruttuoso della procedura esecutiva,si determina l'instaurazione automatica della procedura di conversione anche nei confronti di condannatipotenzialmente solvibili ma di cui non sono noti i luoghi di residenza o domicilio, che restano ignari dellaemissione della cartella di pagamento, e che si vedono pertanto sottoposti al rischio di passare da unalimitazione dalla sfera patrimoniale a quella della libertà personale per un fatto non necessariamente aloro riconducibile.

• Sez. Unite, Sentenza n. 35 del 25.10.1995 Cc. (dep. 17.1.1996)

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Qualora il magistrato di sorveglianza, investito dal Pubblico Ministero della procedura per laconversione della pena pecuniaria, riscontri, nell'ambito dell'accertamento sulla sussistenza o meno dellostato di insolvenza, l'irreperibilità del condannato e, quindi, l'impossibilità di dichiararne l'effettivainsolvibilità, non può dar luogo al provvedimento di conversione e deve restituire gli atti al PubblicoMinistero; il quale, a sua volta, deve restituirli alla cancelleria del giudice dell'esecuzione, affinchéquest'ultimo ufficio, il quale è istituzionalmente preposto, ai sensi dell'art. 181 disp. att. c.p.p., allariscossione delle pene pecuniarie, provveda a rinnovare periodicamente la procedura esecutiva.

Deve aggiungersi che il procedimento di conversione a cura del competente Magistrato di sorveglianzanon si svolge con udienza, bensì con procedura de plano ai sensi dell'art. 678, comma 3-bis codice diprocedura penale; il contraddittorio resta pertanto del tutto eventuale e postumo solo a seguito diopposizione, in quanto è solo in quest’ultimo caso che ha luogo un’udienza. Ed invero, l'art. 678 comma 1-bis c.p.p. rinvia all’art. 667 comma 4 c.p.p., che prevede, appunto, un provvedimento adottato senzaformalità e poi comunicato al pubblico ministero e all’interessato, i quali poi possono proporre opposizionedinanzi allo stesso giudice instaurando il contraddittorio ex art. 666 codice di procedura penale.

Da ultimo va segnalata la recentissima sentenza della Corte Costituzionale (279/2019 dep.20/12/2019)

La Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 238-bis, comma3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari inmateria di spese di giustizia (Testo A), introdotto dall’art. 1, comma 473, della legge 27 dicembre 2017, n.205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio2018-2020), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

In tale sede, fra l’altro, la Corte ha ribadito che non si può attivare la procedura esecutiva per il recuperodella pena pecuniaria in caso di irreperibilità cosiddetta assoluta del condannato, ossia nell’ipotesi dinotifica a persona di residenza, dimora o domicilio sconosciuti ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ.

In senso analogo si è più volte espressa anche la Corte di cassazione a sezioni unite, che ha affermatoche la conversione della pena pecuniaria in pena detentiva postula il necessario accertamento dellainsolvibilità del condannato, chiarendo che tale accertamento non può essere svolto nei confronti di queisoggetti per i quali, proprio a cagione della loro irreperibilità, non è possibile conoscere quali siano leeffettive e attuali (eventualmente anche sopravvenute) possibilità economiche. Di contro, la disposizionecensurata potrebbe trovare applicazione nel caso di irreperibilità relativa, ossia nei casi di cui all’art. 140cod. proc. civ. e, dunque, di notifica a persona di residenza, dimora o domicilio conosciuti, ma non andata abuon fine. Rispetto a chi sia stato destinatario di una tale notificazione, l’ordinamento stabilirebbe una«presunzione legale di conoscenza che deriva dall’avvenuta notifica dell’invito presso la residenza deldebitore o il suo domicilio conosciuti – e, dunque, presso un luogo che ha un collegamento effettivo con ildestinatario – e dalle successive formalità ivi previste».

Pene pecuniarie comminate dai Giudici di Pace Sez. 1, Sentenza n. 1560 dell’11.12.2018 Cc. (dep. 14.1.2019) Rv. 275051 - 01 Competente a decidere sulla conversione delle pene pecuniarie irrogate dal giudice di pace per

mancata esecuzione dovuta ad insolvibilità del condannato è il magistrato di sorveglianza, ai sensi dell'art.660 c.p.p.

L'art. 660 c.p.p., al suo comma l, prevede che la conversione delle pene pecuniarie è eseguita neimodi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti: pertanto, è pienamente rispondente a questo dettato normativoche sussista una competenza giurisdizionale alla conversione delle pene pecuniarie che sia distinta daquella del giudice dell'esecuzione; parimenti è rispondente a questo dettato normativo che le penepecuniarie inflitte dal Giudice di pace (per il quale sussiste un apposito corpus normativo che tieneconto delle sue peculiarità) siano convertite in sanzioni differenti da quelle che convertono le penepecuniarie inflitte dagli altri Giudici (lavoro sostitutivo ex art. 55 del decreto legislativo n. 274 del 2000o permanenza domiciliare, in luogo della libertà controllata o del lavoro sostitutivo ex art. 102 della leggen. 689 del 1981); non viola questo dettato normativa il fatto che tali sanzioni siano applicate dal Magistratodi sorveglianza anziché dal Giudice di pace, in applicazione del comma l dell'art. 660 codice di procedurapenale, poiché la mera collocazione dell'art. 55 citato nel testo citato quale indicazione delle sanzioniapplicabili dal Giudice di pace non può significare che esse debbono essere applicate soltanto dal Giudicedi pace. Va infatti considerato che il Magistrato di sorveglianza già è competente per la conversione delle

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pene pecuniarie inflitte da tutti gli altri Giudici, per cui l'attribuzione anche di tale competenza non violaprincipi generali o funzioni particolari.

Doppia sostituzione • Sez. 4, Sentenza n. 19183 del 03/03/2016 Cc. (dep. 9.5.2016)Nell'accordo sull'applicazione della pena in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza le parti non

possono prima procedere alla conversione della pena detentiva in quella pecuniaria per poi sostituirla con illavoro di pubblica utilità, trattandosi di regimi sanzionatori sostitutivi aventi totale autonomia eindipendente campo di applicazione e dunque non cumulabili tra loro in quanto ciascuno di essi esaurisce,con la propria portata precettiva, il fine alternativo alla applicazione della pena detentiva che si propone.

La doppia sostituzione della pena detentiva (prima sostituita in pena pecuniaria secondo i dettami di cuiall'art.53 L.689/81 e successivamente convertita nella sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità aisensi dell'art.186 co.9 bis C.d.S.) non trova alcun riscontro in una previsione normativa. Inoltre appareevidente la sovrapposizione e il cumulo di due istituti giuridici caratterizzati da assoluta autonomia eindipendente campo di applicazione diretti, ciascuno per finalità premiali, ovvero di incentivazione distrumenti alternativi alla detenzione, all'adeguamento della sanzione al caso concreto ed alle caratteristichepersonali dell'imputato, corrispondenti a diversificate e non sovrapponibili istanze afferenti allarealizzazione della funzione rieducative della pena. Dunque, al fine di assicurare la coerenza e la razionalitàdei sistema normativo, deve concludersi che gli strumenti predetti si pongano in situazione di alternatività enon siano cumulabili, in quanto ciascuno di essi esaurisce, con la propria portata precettiva, il fine -alternativo all’applicazione e alla esecuzione della sanzione penale detentiva.

(17.10.2019 – 7.2.2020)

15. Ancora sulla conversione delle pene pecuniarie

La questione (il dies a quo da cui decorrono i termini per la conversione delle pene pecuniarie e quellidella estinzione delle stesse) presenta caratteri di problematicità in quanto gli orientamenti giurisprudenzialiprevalenti conducono a considerare applicabile alla pena pecuniaria il termine di prescrizione genericodecennale per la riscossione dei crediti dello Stato, anche perché l'art. 102 c.p., titolato Conversione di penepecuniarie, così dispone al primo comma: «Le pene della multa e dell’ammenda non eseguite perinsolvibilità del condannato si convertono nella libertà controllata […]». Il legislatore con le norme delcodice penale ha disciplinato, apparentemente in modo inequivocabile, la decorrenza del termine ed i suoieffetti sulle pene pecuniarie.

In primo luogo occorre evidenziare come i due orientamenti giurisprudenziali sul dies a quo del terminedi estinzione delle pene pecuniarie adottino percorsi diametralmente opposti e con motivazioni non semprecondivisibili; l’orientamento fedele all’art. 172 c.p. (rif. sentenza «Cellerini» e parere Corte dei Conti, anno2017) si pone in giusta luce, in quanto privilegia una visione in termini di certezza del diritto e della pena. Insecondo luogo, nelle norme, artt. 172 e ss. c.p., non si rinviene alcun riferimento all'istituto dellaprescrizione, ma si parla esclusivamente di termine di estinzione della pena, per cui si ritiene che nessunainterruzione o sospensione di prescrizione possa applicarsi nel corso dell'espiazione della pena o possaincidere, sui termini di inizio e fine della pena pecuniaria. L’applicazione della pena pecuniaria pertantodeve essere regolata dal solo trascorrere del tempo e nella misura fissata per ogni tipo di pena comminabile,salvo quanto disposto nell'ultimo comma dell'art. 172 c.p.

Unica eccezione prevista dal comma 4, dell'art. 172 c.p., cui rinvia l'art. 173 c.p., si può avere qualora ilsoggetto, che è sottoposto a pena, si sottrae volontariamente alla stessa; in tal caso i termini previsti perl'estinzione della pena in questione decorrono ex novo dal momento della sottrazione volontaria allaesecuzione della pena già iniziata, per disposizione di legge e non per interrotta o sospesa prescrizione.Pertanto, si ritengono improponibili eventuali possibilità di interruzione dei termini a seguito di eventuali emai accertate, a seguito del passaggio di consegne a Equitalia S.p.A. delle attività relative alla riscossione,notifiche di ingiunzioni, cartelle esattoriali o altro. Quindi, nella fase della decorrenza del termine previsto

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dal legislatore, è possibile ogni azione volta all’applicazione della pena, alla richiesta di conversione dellapena pecuniaria in pena alternativa, all’azione coattiva della riscossione; ma, allo scadere regolare elegittimo del termine specificamente previsto, la pena si estingue, per cui non è più possibile alcuna suaconversione o azione coattiva della riscossione.

Gli orientamenti e le prassi rinvenute negli uffici di Sorveglianza ispezionati, in relazione all'istitutodella conversione della pena pecuniaria, fanno riferimento alla data di prescrizione del credito e non alladata di estinzione della pena pecuniaria, disponendo la conversione anche a distanza di molti anni dallairrevocabilità, quando era ampiamente decorso il termine di estinzione delle pene pecuniarie previsto nellecitate norme. Nell’esecuzione del servizio, subito dopo l'avvio degli atti esecutivi in caso di insolvibilità oirreperibilità (presunta insolvibilità), quindi verificato il presupposto di cui all’art. 102 c.p., immediatamentee senza indugio, si attivava la richiesta di conversione per evitare che la pena pecuniaria potesse estinguersi(v. artt. 172 e 173 c.p.); per le spese si procedeva con il rinnovo degli atti prima della decorrenza dei terminidi prescrizione decennali per far rivivere il credito.

Orbene il legislatore ha introdotto l'art. 238-bis T.U.S.G. «Attivazione delle procedure delle penepecuniarie non pagate» con la legge di bilancio per il 2018 e il Ministero ha impartito indicazioni operativeagli uffici giudiziari con la circolare del 31 maggio 2018, finalmente prendendo consapevolezza del vulnusrappresentato da oltre un decennio di gestione incontrollata delle pene pecuniarie.

Oggi, ai fini della verifica ispettiva, quale deve essere il focus dell'ispettore nell'accertamento dieventuali responsabilità in capo agli uffici giudiziari ed ai funzionari coinvolti nelle attività inerentil'esecuzione della pena pecuniaria e anche dell'ipotetico danno erariale, in relazione ai termini posti dalcodice penale che comportano l'estinzione della pena pecuniaria? Il problema è serio e deve essere uniformela linea di bilanciamento tra i due termini previsti dal codice penale, rimanendo le questioni, in parte risoltedalla Cassazione, di quali debbano essere le modalità dell’accertamento delle responsabilità, di chi debbavedersi attribuire le responsabilità della decorrenza dell’uno e dell’altro termine ai fini dell'eventualeattribuzione del danno erariale: Ufficio del G.E., Procura o Ufficio di Sorveglianza.

(30.10.2019)

16. Fungibilità e ingiusta detenzione

Come è noto, il criterio di fungibilità previsto dall'art. 657 c.p.p., improntato al favor libertatis, imponeal P.M. prioritariamente il computo della custodia cautelare. Per effetto della giurisprudenza di legittimitàpiù recente (sentenza Cass. n. 33671 del 14.6.2016) e soprattutto per la pronuncia delle Sezioni Unite (Sez.Unite n. 31416 del 2008) è possibile applicare la fungibilità di un periodo di custodia cautelare (in sensolato: carcerazione cautelare intramuraria in istituto, arresti domiciliari, misura di sicurezza provvisoria,misura alternativa alla detenzione) sine titulo, quindi riferito a fatto diverso da quello per il quale vi èesecuzione in atto, anche nel caso in cui vi sia stata, per detta carcerazione cautelare, il riconoscimentoall’equa riparazione per ingiusta detenzione. Escluso dalla giurisprudenza il principio dell'alternatività tral'istituto della riparazione per ingiusta detenzione e quello della fungibilità della pena, i due beneficipossono cumularsi (vedi - a titolo esemplificativo - sentenza n. 43231 del 1 ottobre 2018 Cass. Pen. sez. Iche fa riferimento a fungibilità utilizzata in provvedimento dell’Ufficio P.G. ed ingiusta detenzione dellaCorte Appello di Napoli), senza, tuttavia, che ciò possa emergere per l’assenza di una normativa, anchesecondaria, «di modalità di raccordo» dei due provvedimenti.

Si consideri che la domanda di riparazione è soggetta ad un termine di decadenza (art. 315 c. 1 c.p.p.);può, quindi, verificarsi che le condizioni per la fungibilità non sussistano al momento in cui chi ha subitol’ingiusta detenzione è legittimato a chiedere la riparazione. Secondo la costante giurisprudenza,l’interessato il quale abbia ottenuto la riparazione esercitando tempestivamente la relativa domanda in unmomento nel quale mancava il presupposto della fungibilità (ossia una sanzione detentiva da eseguire), hadiritto alla detrazione di cui all’art. 657 c. 2 c.p.p. quando intervenga successivamente una condannadefinitiva ad una pena di durata non inferiore a quella della custodia cautelare sofferta. Questo diritto variconosciuto anche nel caso in cui la riparazione sia stata invocata e concessa, pur ricorrendo la possibilità

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dello scomputo: ciò perché, secondo la giurisprudenza, non è configurabile una possibilità di scelta orinuncia da parte del condannato, ma è ipotizzabile un’illegittima iniziale omissione del pubblico ministero.Certamente l’avvenuto ristoro economico seguito dalla detrazione comporta un ingiustificato arricchimentodel beneficiario ai danni dello Stato e pertanto quest’ultimo potrà agire per il suo recupero esperendo,secondo le regole civilistiche, l’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’articolo 2041 c.c.

La prospettiva di un’azione volta a recuperare la somma elargita rimane priva di incidenza, stante lamancata previsione di chi debba accertare il cumularsi dei benefici e delle modalità di attivazionedell’Avvocatura dello Stato (sarebbe interessante conoscere quanti sono stati i casi di recupero!), senzaconsiderare l’eventualità di sopravvenuta insolvenza da parte di colui che l’ha ricevuta. Ne conseguel’oggettiva difficoltà per lo Stato di poter agire contro l’interessato per indebita locupletazione secondol’orientamento giurisprudenziale (Cassazione penale Sez. Unite n. 31416 del 25 luglio 2008). È di tuttaevidenza il danno erariale che ne consegue!

In altri termini manca una norma che disponga criteri e/o moduli operativi di riferimento e modalitàconoscitive (per tutti gli Uffici di Procura che potrebbero attingere al presofferto) dell’ordinanza diriparazione per ingiusta detenzione. In prospettiva sarebbe auspicabile una norma che preveda l’iscrizione alcasellario dell’ordinanza (conoscibile solo agli Uffici).

In alternativa una circolare potrebbe disciplinare una sequela di adempimenti: a carico della cancelleriadella Corte di Appello, di comunicare al D.A.P. o agli organi di polizia (in caso di arresti domiciliari)l’ordinanza di riparazione; a carico della segreteria del P.M., al ricorrere di presofferto già indennizzato(rilevabile dal D.A.P.), di segnalare, dopo il computo, il cumulo dei due benefici all’Avvocatura dello Statoper il recupero nei confronti del condannato.

Differenti le prassi adottate dagli Uffici. I rilevamenti dell’esperienza ispettiva segnalano una disomogeneità di prassi adottate negli Uffici

giudiziari sul territorio. In particolare.

a) Procura Generale di Napoli. La segreteria ha opportunamente istituito, dal gennaio 2015, un registro di comodo cartaceo, su cui ha

annotato le richieste della Corte di Appello per l’istruttoria delle istanza di riparazione per ingiustadetenzione. L’attività della segreteria è finalizzata ad accertare l’attivazione della procedura di fungibilità.La segreteria forma, per ciascuna richiesta, un fascicolo ed istruisce la procedura con richiesta D.A.P.,casellario, richiesta SIEP (di tutte le esecuzioni pendenti su tutti i distretti), al cui esito il P.G., con appositoprovvedimento, comunica l’avvenuta fungibilità, oppure delinea i motivi della mancata utilizzabilità delperiodo di presofferto, oppure l’assenza di procedure esecutive pendenti presso questo Ufficio. Non sonomancati casi in cui la richiesta di riparazione riguardava un periodo già attribuito in una esecuzione dicompetenza della Procura Generale. La pur lodevole iniziativa organizzativa, tuttavia, non è sufficiente adescludere che il periodo di presofferto indennizzato possa essere utilizzato per un’esecuzione incardinata inaltra procura competente per territorio, senza alcuna possibilità di poter esperire attività di recupero. Né - acontrario - sussiste la possibilità di conoscere la compensazione dell’ingiusta carcerazione indennizzata daaltra Corte di Appello competente.

b) Procura Generale di Reggio CalabriaLa segreteria ha opportunamente istituito una raccolta annuale delle ordinanze di riparazione per

ingiusta detenzione, comunicate dalla Corte di Appello, al fine di attivare (tramite Avvocatura dello Stato),nei casi di fruizione della fungibilità per lo stesso periodo liquidato, la procedura di recupero ex articolo2041 c.c.

c) Procura Generale di TorinoSecondo quanto riferito, la cancelleria della Corte di Appello saltuariamente istruisce la procedura di

riparazione per ingiusta detenzione, con apposita richiesta all’Ufficio esecuzione della Procura Generale,sulla eventuale preventiva detrazione del presofferto. Il fenomeno, pertanto, non viene monitorato.

(14.10.2019)

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17. Ancora sulla fungibilità. La sentenza n. 4103/2020 della Corte di Cassazione

Con sentenza 4103 depositata in data 21.1.2020 la Prima Sezione della Corte di Cassazione, in materiadi reati di competenza del giudice di pace, rilevato che l’art. 58 del d.lgs. 28 aprile 2000 n. 274 «equipara adogni effetto giuridico, l’obbligo di permanenza domiciliare alla pena detentiva della specie corrispondente aquella della pena originaria», ha sancito il principio secondo il quale è possibile poter detrarre il pre-sofferto detentivo dalla pena dell’obbligo di permanenza domiciliare da espiare; ciò nonostante la previsionedi cui all’art. 53 comma 2 del medesimo testo normativo per la quale non è considerato in stato didetenzione il condannato cui è applicata la permanenza domiciliare. Testualmente infatti il suddetto art. 58dispone che «per ogni effetto giuridico la pena dell’obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro dipubblica utilità si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della penaoriginaria».

Pertanto sebbene la formulazione letterale dell’art. 657 c.p.p. preveda l’applicazione dell’istituto dellafungibilità in riferimento alla pena detentiva da eseguire, secondo la Corte, la detrazione del pre-sofferto dicustodia cautelare non risulta incompatibile con l’esecuzione della permanenza domiciliare, seppure ritenutamisura sanzionatoria c.d. paradentiva. In tal modo, si legge nella sentenza in questione, si supera anche unairragionevolezza della disposizione di cui al terzo comma dell’art. 657 in base al quale «il condannato puòchiedere il computo dei periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiate per la determinazione dellapena pecuniaria, oltre che della sanzione sostitutiva, da eseguire». Tale previsione secondo la Corte anzirafforza quanto deciso in sentenza, poiché la pena pecuniaria risulta «maggiormente eterogenea rispetto allapena detentiva di quanto non lo sia la sanzione della permanenza domiciliare». Conclude quindi la Corte perl’applicazione del disposto di cui all’art. 58 secondo comma D.lgs. 274/2000 equivalendo un giorno di penadetentiva a due giorni di permanenza domiciliare, con applicazione del criterio del ragguaglio.

(7.2.2020)

18. I lavori di pubblica utilità

In occasione delle verifiche ispettive ai servizi penali di Tribunale o di Procura si sono constatatedifferenti prassi in ordine alle modalità di esecuzione delle condanne ai lavori di pubblica utilità.

In alcuni casi, in seguito alla irrevocabilità della sentenza, è la cancelleria penale del Tribunale che ponein esecuzione la condanna, comunicandola al condannato ed all’ente interessato e, se previsto, ancheall’Uepe ed all’autorità di polizia giudiziaria incaricata del controllo. All’esito del positivo svolgimento deilavori, lo stesso ufficio provvede ad investire il Giudice delle esecuzioni penali per l’emissionedell’ordinanza estintiva. In questi casi, in genere, la Procura non viene interessata in alcun modo; altre voltel’ufficio inquirente riceve l’estratto della sentenza solo per conoscenza. Una così delineata modalitàoperativa trae la sua origine o da accordi sottoscritti dal Presidente del Tribunale e dal Procuratore dellaRepubblica, oppure da semplice prassi.

In altri casi, invece, la procedura seguita dagli uffici è differente. La cancelleria del Tribunale trasmettein Procura l’estratto della sentenza ai sensi dell’art. 28 del D.M. 334/1989. La Procura procede alla suaiscrizione ed emette un ordine di esecuzione ed all’esito del proficuo svolgimento dei lavori provvede achiedere al Giudice delle esecuzioni penali l’ordinanza di estinzione.

Parrebbe che la procedura corretta debba considerarsi quest’ultima: si ritiene infatti che il principiogenerale imponga che sia sempre la Procura a dover curare l’esecuzione delle pene. In questo caso siamo inpresenza di una pena – in genere detentiva - sostituita con il lavoro di pubblica utilità, che costituisce peròsolo una modalità di espiazione della sanzione irrogata, sia pure con la specificità che i termini della stessasono stabiliti dal giudice di merito e non dalla Sorveglianza. Si ritiene infatti che la condanna ai lavori dipubblica utilità sia una condanna come le altre che contiene una pena da espiare e che dunque la sua

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esecuzione sia di pertinenza dell’ufficio di Procura. E’ quindi funzione propria della Procura attivare laprocedura esecutiva, monitorarne l’esito ed adottare le iniziative di pertinenza, non potendo tale compitoessere delegato ad altra autorità giudiziaria. Sul punto si richiama l’art. 5 del decreto ministeriale del 26marzo 2001 (Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento dei lavori di pubblica utilità).

Il primo comma, nell’ipotesi in cui l’ente indicato dal giudice abbia cessato l’attività o non sia piùconvenzionato stabilisce che «il Pubblico Ministero che deve eseguire la pena formula le proprie richieste[…]». Il secondo comma recita: «Il Pubblico Ministero incarica gli organi della polizia giudiziaria e dipubblica sicurezza di svolgere le verifiche necessarie circa la regolare prestazione lavorativa». Nederiverebbe, appunto, la competenza esclusiva della Procura in ordine all’esecuzione dei lavori di pubblicautilità.

Non può però sottacersi un problema di ordine pratico. All’atto della ricezione dell’estratto esecutivo, leProcure provvedono all’iscrizione dello stesso sul Siep che però non consente una corretta gestione di taletipologia di procedure. Infatti è possibile l’iscrizione, ma non la gestione informatica dei successiviadempimenti, quali, ad esempio, l’ordine di esecuzione, che infatti viene redatto manualmente e nonattraverso le specifiche funzionalità di Siep, posto che il sistema non è ancora implementato con unafunzione specifica riguardante la pubblica utilità. Ne consegue che: a volte gli uffici forzano la procedura edannotano sul sistema il provvedimento di esecuzione come se fosse una esecuzione di pena detentiva; altrevolte l’annotazione è inserita nel campo note con la conseguenza che il fascicolo rimane nello stato di«Iscrizione» (e quindi per il sistema pendente in senso stretto pur essendoci stata un’attività) sinoall’emissione dell’ordinanza del Giudice delle esecuzioni ed allora lo stato cambia ed il fascicolo diviene«Archiviato».

Ove si concordasse con l’interpretazione dell’istituto del lavoro di pubblica utilità secondo cui è laProcura e non il Tribunale a dover assolvere la funzione di porre in esecuzione la sentenza di condanna,sarebbe auspicabile una implementazione dell’applicativo Siep che consenta di gestire correttamente sotto ilprofilo informatico le attività di pertinenza del Pubblico Ministero.

La sentenza della Corte di Cassazione, Prima sezione penale n. 1066 del 14 gennaio 2020 ha ribadito ilprincipio secondo cui «il primo passaggio procedimentale deve ravvisarsi nell'atto di impulso alla proceduraesecutiva, il quale, nel vigente sistema processuale, è di competenza del pubblico ministero. Tale organo,invero, è titolare della competenza sia, in termini generali, in materia di esecuzione di tutti i provvedimentidi condanna (cfr. l'art. 655 c.p.p.), sia in materia di esecuzione delle sanzioni sostitutive dellasemidetenzione e della liberà controllata (cfr. art. 661 c.p.p., che onera il pubblico ministero a trasmetterel'estratto della sentenza di condanna al magistrato di sorveglianza territorialmente competente), sia, infine,in materia di esecuzione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (cfr. D.M. 26 marzo 2001, art.5), spettando al pubblico ministero anche di formulare al giudice, ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art.44, le richieste di modifica delle modalità di esecuzione in caso in cui l'amministrazione, l'organizzazione ol'ente presso il quale si debba svolgere l'attività non sia più convenzionato o abbia cessato operatività,nonchè di incaricare l'autorità di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza di verificare la regolareprestazione del lavoro. Una prospettiva ricostruttiva, quella fin qui seguita, che appare pienamente conformeall'indirizzo giurisprudenziale di legittimità secondo cui, in caso di mancata comunicazione di un termineentro il quale procedervi, il condannato non è tenuto “ad avviare il procedimento per lo svolgimento in faseesecutiva dell'attività individuata” (Sez. 1, n. 35855 del 18/6/2015, Rosiello, Rv. 264546; in termini Sez. 1,7172 del 13/1/2016, Silocchi, Rv. 266618)».

(22.10.2019, con aggiunta a cura del Reparto studi il 31.1.2020)

19. Le novità in materia di esecuzione penale: la gestione della pena, la semplificazione deiprocedimenti e la messa alla prova (minorenni e adulti)

Durante la grande crisi interna e internazionale del periodo 2009-2013 l’Italia è stata condannata dallaCorte europea dei diritti dell’uomo per la situazione di degrado delle condizioni detentive presenti nelle carceri(si rammentano le sentenze 16.7.2009 Sulejmanovic c. Italia e 8.1.2013 Torreggiani e altri c. Italia). La Corte ha

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esortato lo Stato, quando non è in grado di garantire condizioni detentive conformi all’art. 3 della Convenzioneeuropea, a ridurre il numero di persone incarcerate attraverso una maggiore applicazione di misure punitive nonprivative della libertà e una riduzione della custodia cautelare in carcere (65.000 ristretti nel 2013). Negative leconseguenze sull’immagine del Paese, sui rapporti di cooperazione giudiziaria, con rischio di procedured’infrazione.

Secondo gli ultimi dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aggiornati al 31 dicembre2019, nelle carceri italiane ci sono 60.769 detenuti contro una capienza regolamentare degli istituti di 50.688posti (lo spazio di riferimento per ogni ristretto è di 9 mq, al netto degli arredi e del bagno, salvo trasferimentitransitori). Vi sono quindi oltre 10.000 detenuti in più. In calo gli stranieri: sono 19,9 mila. Oltre 2,6 mila ledonne (in lieve aumento). La soglia d’attenzione deve dunque essere mantenuta alta. Due quindi le stradepossibili: rilancio dell’edilizia penitenziaria (tempi più lunghi), riduzione del numero dei ristretti. Il Ministerodella Giustizia organizza gli Stati generali dell’esecuzione penale per la definizione di proposte da raccoglierenella delega al Governo.

La delega al Governo (legge n. 103 del 2017) prevedeva, all’art. 1, commi da 85 a 87, principi e criteridirettivi per la riforma: semplificazione delle procedure, revisione delle misure alternative e delle preclusioniall’accesso ai benefici penitenziari, giustizia riparativa, incremento delle opportunità di lavoro e volontariato,revisione delle medicina penitenziaria con potenziamento dell’assistenza psichiatrica, collegamenti audiovisivi ediritto all’affettività, integrazione dei detenuti stranieri, delle detenute madri, adeguamento dell’ordinamentopenitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età.

I lavori di tre nuove Commissioni ministeriali di esperti hanno portano all’approvazione dei tre decretiattuativi del 2018: il primo, con l’obiettivo di una riforma organica dell’ordinamento penitenziario cheriequilibrasse, a favore della prima, il rapporto tra funzione rieducativa ed esigenze di difesa sociale; il secondosui diritti dei detenuti e sul lavoro penitenziario, e il terzo sulla riforma del sistema dell’esecuzione penaleminorile14.

Nell’Atto di indirizzo per l’anno 2020 del Ministro della Giustizia («Un modello di esecuzione penale tracertezza della pena e dignità della detenzione») sono stati enunciati i seguenti punti qualificanti: - coniugarecertezza della pena e finalità rieducativa; - lavoro quale strumento di riabilitazione sociale; - centralitàdell’espiazione detentiva; - valorizzare l’esecuzione penale esterna; - osservatorio interdipartimentale DAP-DGM (analisi criticità assenza riferimenti familiari, alloggi e opportunità lavorative); - condizioni di vitadignitose ai detenuti; - maggiore quantità e qualità dei luoghi di detenzione (rilancio edilizia penitenziaria); -circuiti di massima sicurezza (art. 41-bis Ord. pen.); - gestione dei flussi demografici in contesto detentivo;Rimpatrio dei detenuti stranieri per l’espiazione del residuo di pena nei loro Paesi d’origine; - valorizzazione delprofilo personale (affettivo, sanitario, formativo e professionale); - affettivo: cura dei rapporti con i familiari,realizzazione spazi idonei alla permanenza non traumatica di minori, prenotazione on-line dei colloqui, anchecon Skype (la legge delega 23.06.2017 n. 103 riconosce il diritto all’affettività delle persone detenute einternate- Corte Cost. 11.12.2012 n. 301, relazioni affettive intime anche a carattere sessuale); - tutela dellagenitorialità e detenute madri con prole a seguito (azione di sostegno alla maternità in contesto carcerario) -sanitario (D.lgs. 2.10.2018 n. 123, sull’assistenza sanitaria, realizzazione di una cartella clinica digitale unicaper i detenuti); formativo (attività di istruzione, accordi con il MIUR e la Conferenza dei Rettori delleUniversità); - professionale (percorsi di formazione professionale di preparazione al reingresso nella società); -azione di sistema in atto con la Cassa delle Ammende e le Regioni per l’inclusione socio-lavorativa dei detenuti;- controllo costante sull’esecuzione delle misure alternative alla detenzione anche attraverso l’impiego dellapolizia penitenziaria, adeguatamente formata: - valorizzazione dei lavori di pubblica utilità anche a titolo

14 Questi gli elementi salienti, in sintesi estrema: 1) riforma dell’ordinamento penitenziario (d.lgs. n. 123 del 2018): assistenza sanitaria,semplificazione dei procedimenti (amplia, pur non senza criticità, come vedremo nella specifica parte sulla semplificazione delprocedimento), potenziamento U.E.P.E. e compiti polizia penitenziaria, integrazione reclusi stranieri e mediatori culturali; 2) Vitadetentiva e lavoro penitenziario (d.lgs. n. 124 del 2018): modifica le caratteristiche dei locali di soggiorno e pernottamento (ampiezza,illuminazione, areazione, servizi igienici e pulizia), riscrive l’art. 20 sul lavoro all’interno del carcere, inserisce nuove disposizioni sullavoro di pubblica utilità (art. 20-ter) e sostituisce quelle sulla remunerazione (art. 22); 3) riforma del sistema dell’esecuzione penaleminorile (d.lgs. 121 del 2018); introduce le misure penali di comunità, pur non senza criticità, come vedremo nella parte relativa alsistema sanzionatorio minorile e alle misure penali di comunità. Oltre ad alcune riforme di settore, ancora in cantiere, come le misure disicurezza con vocazione terapeutica, le sanzioni sostitutive (L. n. 689/81 con L.P.U. e non semidetenzione) e la legge stupefacenti, altriindirizzi e progetti non sono stati recepiti, allo stato, nella nuova riforma del sistema penitenziario: la cd. sorveglianza dinamica (unmodello di vigilanza che presuppone che il perimetro della detenzione non sia quello della cella, riservata al solo pernottamento, maquello della sezione, con sostituzione del controllo fisico con l’attività di osservazione del detenuto e della sua responsabilizzazione); lariforma del cd. «carcere duro» disciplinato dall’art. 41-bis Ord. pen. (proposta di eliminare i profili del trattamento che risulterebberoimmotivamente afflittivi ed estendere il controllo giurisdizionale sul D. M. di applicazione dello speciale regime detentivo anche inmerito alle singole limitazioni che vi sono contenute); la proposta di riformare anche l’istituto della collaborazione con la giustizia di cuiall’art. 58-ter, Ord. pen. per superare le preclusioni di cui all’art. 4-bis; l’opportunità di valorizzare l’aspetto affettivo, ripreso, comevedremo a seguire, nell’atto di indirizzo del Ministro per l’anno 2020.

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volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati commessi; - centralità dell’istituto dellamessa alla prova (con lavori di pubblica utilità)15.

Come si vede, alla centralità della pena detentiva (con rilancio dell’edilizia penitenziaria) e al lavoro, anchevolontario e gratuito, come aspetto fondamentale del necessario e costituzionale percorso rieducativo, si affiancae si continua a valorizzare, in primo luogo, l’esecuzione penale esterna e si evidenzia l’opportunità di unOsservatorio interdipartimentale DAP-DGM per l’analisi delle criticità riguardanti l’assenza di riferimentifamiliari, alloggi e opportunità lavorative. Insomma, anche nell’atto di indirizzo, come ribaditoall’inaugurazione dell’anno giudiziario, si conferma l’ineludibile direzione verso cui orientare il sistemapenitenziario, coerentemente con i dettami costituzionali ed europei. Non a caso e in conclusione dell’atto diindirizzo viene sottolineata ed evidenziata l’importanza crescente del lavoro di pubblica utilità e la centralità delrivoluzionario istituto della messa alla prova che, dopo l’efficiente esordio nel sistema minorile, è approdato nelsistema ordinario, pur con le dovute differenze che analizzeremo in seguito16.

Prima di approfondire l’istituto della messa alla prova, è opportuno richiamare alcune altre premesse sullagestione della pena, in generale, e sulle funzioni del giudice, per affrontare poi l’importante tema delprocedimento di sorveglianza e della sua semplificazione, come peraltro affrontata nell’ultima riformadell’ordinamento penitenziario (d.lgs. n. 123 del 2018).

Con la legge n. 354 del 1975 sull’ordinamento penitenziario venne fatta una scelta sull’esecuzione dellapena affidata ad un giudice terzo (in linea con le Raccomandazioni europee penitenziarie del 1973). La legge 10ottobre 1986, n. 663 (cd. «legge Gozzini») e la legge 27 maggio 1998, n. 165 (cd. «legge Simeone») valorizzanol’aspetto rieducativo della pena.

Mentre l’esecuzione penale in senso stretto incide sul giudicato penale in termini estranei al percorsosoggettivo e al diritto penitenziario, nel procedimento di sorveglianza viene in rilievo proprio il dato soggettivo.Il procedimento di sorveglianza è, quindi, quel procedimento esecutivo dove viene in rilievo il dato soggettivo eserve ad applicare la materia penitenziaria. Ad esso è preposto il magistrato di sorveglianza (cambia anche ladenominazione da giudice a magistrato di sorveglianza, per la particolarità delle sue funzioni), con funzionigiurisdizionali e amministrative, e il tribunale di sorveglianza con altre competenze, territoriali, funzionali e permateria, come definite dal legislatore.

I magistrati che esercitano funzioni di sorveglianza non debbono essere adibiti ad altre funzioni giudiziarie(art. 68, co 4, l. 354/75) e il personale amministrativo in servizio non può essere destinato temporaneamente adaltri uffici del distretto giudiziario di appartenenza senza il nulla-osta del presidente del tribunale di sorveglianza(art. 68, co 2, l. 354/75). Il modello classico-liberale di giurisdizione (quello che fa capo alla scuola illuministicamilanese di Cesare Beccaria e che si contrappone all’arbitrio del potere punitivo) nel 1989 con il nuovo modellodi c.p.p. che segna il passaggio dal modello inquisitorio ad un rito prevalentemente accusatorio. Poi, con lalegge costituzionale 23.11.1999, n. 2, la riscrittura dell’art. 111 Cost. introduce il principio del giusto processo:contraddittorio, terzietà o imparzialità del giudice, equidistanza delle parti, acquisizione delle prove incontraddittorio, necessità che il procedimento si definisca con un provvedimento motivato e impugnabilità delprovvedimento quantomeno per violazione di legge (sostanziale o processuale)17.

15 Il lavoro di pubblica utilità consiste in prestazioni non retribuite a favore della collettività che solitamente si svolgono presso lo Stato,le regioni, le province, i comuni o anche per organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. Può essere oggetto di sanzionesostitutiva, messa alla prova, ammissione al lavoro esterno. In tal caso, l’art. 21 Ord. pen. prevede la possibilità di prestare la propriaattività a titolo volontario e gratuito a sostegno delle vittime dei reati da loro commessi (comma 4-ter introdotto dalla legge n. 94 del 9agosto 2013 convertito nella legge n. 94/2014); la norma prevede che si applichi, in quanto compatibile, la disciplina generale diriferimento del lavoro di pubblica utilità, di cui all’art. 54 del d.lgs. 274/2000. Di recente sono stati sottoscritti protocolli tra il Ministerodella Giustizia, l'ANCI e alcuni tribunali di sorveglianza per favorire l'applicazione dell'art. 21, co 4-ter ai detenuti e agli internati chepossono essere assegnati a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da lorocommessi.

16 Solo un cenno all’inaugurazione dell’anno giudiziario dove è stato ribadito l’impulso fornito dal Ministero al fine di assicurarel’idoneità degli spazi, aspetto che indubbiamente contribuisce a restituire dignità a chi li occupa stabilmente, detenuto o operatorepenitenziario, e appare strettamente funzionale al potenziamento dell’offerta trattamentale nella direzione di una rinnovata concezionepropositiva della pena che ne valorizzi la funzione rieducativa rispetto ad un’anacronistica portata meramente afflittiva. Sono stati,altresì, sostanzialmente ribaditi i contenuti espressi nell’atto di indirizzo, in linea con la normativa comunitaria, per contenere il rischio direcidiva e rafforzare la sicurezza sociale. Del resto, difesa sociale e giustizia riparativa meritano la giusta considerazione nelbilanciamento equilibrato con l’emenda del reo. Ribadita e documentata, infine, anche l’importanza crescente del lavoro di pubblicautilità e della messa alla prova.17 Da ciò nascono alcuni quesiti. Il procedimento di sorveglianza è giurisdizionalizzato? L’art. 111 Cost. si rivolge anche alprocedimento di sorveglianza? (stando al 1° comma parebbe di sì: «qualunque processo»). Il procedimento di sorveglianza rispetta iprincipi dell’art. 111 Cost.? No, ma ne può essere destinatario? Le funzioni amministrative sono o debbono essere affrancate dal processodi sorveglianza? Occorre distinguere il processo sul fatto (con parti antagoniste) e il processo sull’autore (le parti non sononecessariamente antagoniste, anzi, nell’idealtipo del modello di procedimento di sorveglianza non lo sono). Non ha senso che ilprocedimento di sorveglianza sia sempre destinatario dei principi di cui all’art. 111 Cost. ma soltanto laddove le parti abbiano unacontesa (ad esempio nell’ipotesi di revoca di un beneficio). Il procedimento misura il grado di tutela; il magistrato di sorveglianza (anchequello presso i tribunali per i minorenni) svolge sia funzioni giurisdizionali sia funzioni amministrative ed in questo bilanciamento simisura il grado di tutela sostanziale. I diritti del detenuto trovano tutela giurisdizionale? Solo da poco tempo e non è del tutto acquisito; laCorte Costituzionale è spesso intervenuta con interventi specifici e non generali. Sul regime speciale del 41-bis il sindacato

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Il legislatore, con la riforma dell’ordinamento penitenziario di cui al D. lgs. 2.10.2018 n. 123, in attuazionedella legge delega 23.06.2017 n. 103, interviene modificando l’art. 678 c.p.p.: nuovo comma 1- bis : proceduresemplificate per il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversionedelle pene pecuniarie (utile anche in vista dell’aumento dei procedimenti per conversione), alla remissione deldebito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, e per il tribunale di sorveglianza, nellematerie relative alle richieste di riabilitazione, alla valutazione sull'esito dell'affidamento in prova, anche incasi particolari, alla dichiarazione di estinzione del reato (rectius: della pena) conseguente alla liberazionecondizionale e al differimento dell'esecuzione della pena nei casi previsti dal primo comma, numeri 1) e 2),dell'articolo 146 del codice penale.

Osservazioni e riscontri operativi: la norma va nella direzione giusta (utile soprattutto la semplificazione perle conversioni); si osserva, tuttavia, che già con il d. l. 23.12.2013, n. 146, per alcune materie di competenzacollegiale (riabilitazione, declaratoria di esito positivo dell’affidamento in prova, anche in casi particolari ex art.94 l. stup.) era previsto il modello semplificato ex art. 667, co 4, c.p.p., procedimento de plano con eventualeopposizione, prassi, peraltro, già in uso in precedenza.

Non sono mancate, infine, critiche per l’estensione del modello semplificato alle ipotesi di differimentodell'esecuzione della pena nei casi previsti dal primo comma, numero 2), dell'articolo 146 del codice penale, incui la discrezionalità nella scelta tra differimento e detenzione domiciliare (art. 47-ter, co 1-ter, ord. penit.)potrebbe essere partecipata in contraddittorio.

Nuovo comma 1-ter: quando la pena da espiare non è superiore a un anno e sei mesi, per la decisione sulleistanze di cui all'articolo 656, co. 5, il presidente del tribunale di sorveglianza, acquisiti i documenti e lenecessarie informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un termine entro il quale questi, con ordinanzaadottata senza formalità, può applicare in via provvisoria una delle misure menzionate nell'articolo 656, co 5.L'ordinanza di applicazione provvisoria della misura è comunicata al pubblico ministero e notificataall'interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione al tribunale di sorveglianza entro il termine didieci giorni. Il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l'opposizione, conferma senza formalità ladecisione del magistrato.

Osservazioni e riscontri operativi: il proposito della semplificazione è senza dubbio apprezzabile mal’implementazione, purtroppo, non ha dato gli effetti sperati. In astratto, si tratta di un procedimento nuovo chesi instaura con l'istanza ex art. 656, co 5, c.p.p. e si discosta sia dall'art. 666 c.p.p. sia dal rito de plano di cuiall'art. 667, co. 4, c.p.p., se la pena da espiare è al di sotto dei diciotto mesi (oltre l’anno e sei mesi e fino aiquattro anni resta l’obbligo del contraddittorio ex art. 666 c.p.p.).

Dall’applicazione pratica è emerso che: 1) l’implementazione della nuova procedura necessitaevidentemente di una diversa organizzazione dei flussi di lavoro interni agli uffici giudiziari, generalmente giàingolfati da elevati carichi di lavoro che necessitano del minor numero di fasi di lavorazione. Secondo lapercezione diffusa tra le cancellerie della magistratura di sorveglianza, la novella non ha trovato largaapplicazione poiché, fattivamente, pare aumentare valutazioni e incombenze con un maggiore passaggio difascicoli tra presidente, magistrato e tribunale, con comunicazioni, notificazioni e opposizioni, per il solovantaggio di una, molto eventuale, conferma «senza formalità» del tribunale (viene considerata preferibile,piuttosto, una procedura sul modello già in essere della cd l. Simeone con applicazione provvisoria delle misure,magari ratificabile dal Collegio, acquisiti pareri favorevoli, senza formalità); 2) la mancanza di unaggiornamento con le apposite funzionalità nel sistema informatico SIUS rende non monitorabile la riforma e nerende caotica l’applicazione pratica; diffusamente, il magistrato, quando la pena è sotto ai 18 mesi, decide o, piùspesso, non decide (posto che ne ha facoltà) e trasmette semplicemente gli atti.

Questa la fotografia e lo stato dell’arte ad oggi, privo ancora di giurisprudenza di legittimità, forse proprioanche per la scarsa implementazione della nuova procedura. Insomma, appare ancora migliorabile la

giurisdizionale resta ben limitato dal decreto ministeriale di applicazione. In relazione ai casi, quindi, in cui non si profili neppure unaminima ragione di divergenza o di scontro tra le parti, dovrebbe prevalere l’esigenza di assicurare un iter processuale agile e funzionaleai fini per i quali è stato pensato, piuttosto che quello di una rigida applicazione «burocratica» di tutte le garanzie tipiche del modellogiurisdizionale. Diversamente, dovrà invece essere garantita la predisposizione di tutte le cautele atte a tutelare la posizione, divenutaantagonista, dell’interessato (sempre che ne sia ammessa tutela, come può non avvenire nel caso di diritti dei detenuti ragionevolmentecompressi per prevalenti ragioni di sicurezza). Tuttavia, anche laddove le parti abbiano una contesa, l’art. 111 Cost. non può dirsipienamente applicato: basi pensare al contraddittorio (la presenza dell’interessato è solo eventuale e non vi è un diritto pieno; interventosolo eventuale e non necessario) e alla acquisizione delle prove, dove siamo agli antipodi, poiché le stesse sono sempre precostituite eprodotte all’udienza che, peraltro, di norma, non è pubblica, sebbene ora, con la legge n. 123 del 2018, su richiesta dell’interessato,l’udienza si svolge in forma pubblica (come già opportunamente indicato dalla Corte Cost. con le sentenze 97 e 109 del 2015 e n. 135 del2014), anche con partecipazione a distanza. Una prospettiva perciò auspicabile, in generale, è la seguente: laddove le parti abbiano unacontesa deve essere garantito il pieno contraddittorio di cui agli artt. 666-678 c.p.p. e possibilmente oltre, con piena applicazione deiprincipi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. (piena giurisdizione); dove non c’è contesa (eventualmente verificabile tramite pareripreliminari) e le parti condividono il medesimo interesse, snellezza delle procedure, meno giurisdizione e più amministrazione, conprocedimenti più rapidi ed efficaci; su questo è intervenuta, non senza criticità, la riforma dell’ordinamento penitenziario, D. lgs.2.10.2018 n. 123, in attuazione della legge delega 23.6.2017 n. 103.

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semplificazione del procedimento di sorveglianza, finalizzato, palesemente, anche alla riduzione del numero deiristretti. Si assiste, peraltro, ad un aggravamento generale del lavoro delle cancellerie degli uffici e dei tribunalidi sorveglianza, a rischio implosione (anche per gli arretrati di procedimenti esecutivi sospesi da definire), daultimo causato anche dall’ondata di richieste di conversione delle pene pecuniarie, affluite dagli uffici di procuraa seguito della trasmissione degli atti da parte degli uffici di recupero crediti degli uffici giudiziari, come dadisposizioni ministeriali corredate da serrato cronoprogramma. E come sappiamo, sulla semplificazione - etempestività - delle procedure si gioca buona parte dell’efficacia oltre che dell’efficienza del sistema giustizia.

Fermo restando il rilancio dell’edilizia penitenziaria e l’indicazione della Corte europea di evitare, perquanto possibile, custodie cautelari, resta la necessità di valorizzare l’esecuzione penale esterna e di intervenire,ancor prima dell’esecuzione di una pena, con la messa alla prova, il cui esito positivo estingue il reato. A tal finesono perciò congeniali, in un sistema d’insieme, le misure alternative (Ord. pen.), le misure penali di comunitàper i minorenni (d.lgs. n. 121/2018) e la messa alla prova, per minorenni (D. P. R. n. 448/1988) e per adulti (L.n. 67/2014). Pur tenendo presente che le misure alternative e le misure penali di comunità incidonosull’esecuzione della pena. La messa alla prova incide, invece, sul processo ed estingue il reato prima dellacondanna: cd probation processuale, dove la pena non viene neppure comminata; diversamente dalla probationanglosassone che è una misura alternativa alla pena successiva alla condanna. Dall’analisi dei dati forniti perl’Inaugurazione dell’anno giudiziario, sulle misure e sanzioni di comunità, alla data del 30 settembre 2019risultavano in corso 29.387 misure alternative alla detenzione (affidamento, semilibertà e detenzionedomiciliare), pari a circa il 50% del totale delle misure e sanzioni di comunità in corso che è risultato pari a59.926.

Volendo trattare dell’istituto della messa alla prova, rilanciato nuovamente con l’atto di indirizzo delMinistro per l’anno 2020, occorre richiamare alcune sintetiche premesse sul sistema sanzionatorio minorile,dove appunto ha preso vita, pur calibrato in altro modo, l’istituto in esame. Anche il sistema sanzionatoriominorile non è isolato ma rientra naturalmente, e a pieno titolo, in una ampia visione d’insieme internazionale.Risulta cambiato l’approccio al minore imputato, che ha superato le finalità terapeutiche, correzionali etrattamentali del R. D. 1404/1934. Il D.P.R. n. 448/1988 è stato ispirato alle Regole di Pechino adottate conrisoluzione dell’Assemblea Generale delle nazioni Unite del 29.11.1985, in linea con la Convenzione ONU suidiritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20.11.89 e con i costanti interventi della Corte costituzionale. Perl’art. 2 del D. lgs. n. 121/2018, sono misure penali di comunità l'affidamento in prova al servizio sociale,l'affidamento in prova con detenzione domiciliare, la detenzione domiciliare, la semilibertà, l'affidamento inprova in casi particolari. Le misure penali di comunità sono disposte quando risultano idonee a favorirel'evoluzione positiva della personalità, un proficuo percorso educativo e di recupero, sempre che non vi sia ilpericolo che il condannato si sottragga all'esecuzione o commetta altri reati. Tutte le misure devono prevedereun programma di intervento educativo e la loro durata è corrispondente alla durata della pena da eseguire (maancora nei limiti della normativa). Non occorre ricostruire le cause dei fatti ma è necessario attivare un percorsodi responsabilizzazione, modulabile con le esigenze di difesa sociale, a seconda delle misure penali di comunità,così come disciplinate dal nuovo D. lgs. n. 121/2018, evitando però i meccanismi preclusivi oggettivi previstidal decreto attuativo, pur in contrasto coi principi della legge delega18. Non sono poi mancate critiche al decretoattuativo sulla mancata previsione di misure ad hoc per i minorenni, e sulla tecnica di mero adattamento dellemisure alternative (dubbi sulla liberazione condizionale e sulla liberazione anticipata), con lievi e insufficientimodifiche ai contenuti e ai presupposti per la loro concessione. Pare quindi disattesa anche la specificaindicazione della legge delega (l. 103/17, n. 6 dell’art. 1, co 85, lett. p) circa l’eliminazione di ogni automatismoe preclusione per la revoca o la concessione dei benefici penitenziari, in contrasto con la funzione rieducativadella pena e il principio dell’individualizzazione del trattamento. Non attuato, infine, il punto 1 dell’art. 1, co 85,lett. p, l. 103/2017, sull’imparzialità del giudice ex art. 111, co. 2 Cost. anche nel procedimento di sorveglianza,senza commistioni tra funzioni di cognizione e funzioni di sorveglianza); ciò forse anche in considerazione della

18 La Corte Costituzionale, con sent. n. 263 del 5.11.2019, dep. 6.12.2019, ha accolto la questione di legittimità costituzionale relativaall’applicazione nei confronti dei condannati minorenni e giovani adulti del meccanismo «ostativo» previsto dall’art. 4-bis, commi 1 e 1-bis, dell’Ord. Pen., secondo cui i condannati per uno dei reati in essi indicati, che non collaborano con la giustizia, non possono accedereai benefici penitenziari previsti dalla generalità dei detenuti (contrasto con artt. 27, co 3, e 31, co 2, Cost. e con i principi della leggedelega n. 103 del 2017). La Corte ha chiarito che «al Tribunale di sorveglianza compete la valutazione caso per caso dell’idoneità e dellameritevolezza delle misure extramurarie, secondo il progetto educativo costruito sulle esigenze del singolo. Solo attraverso il necessariovaglio giudiziale è possibile tener conto, ai fini dell’applicazione dei benefici penitenziari, delle ragioni della mancata collaborazione,delle condotte concretamente riparative e dei progressi compiuti nell’ambito del percorso riabilitativo, secondo quanto richiesto dagliartt. 27, terzo comma, e 31, secondo comma, Cost.».

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peculiarità della materia minorile (inoltre, solitamente chi si è occupato della fase di cognizione non si occupadella fase esecutiva).

L’istituto della messa alla prova minorile, previsto dall’art. 28 D. P. R. n. 448/88 resta, invece, una dellenovità più significative del nostro sistema processuale (la più significativa e coraggiosa, secondo la Corte Cost.sent. n. 412 del 24.9.1990), quale strumento privilegiato per una rapida fuoriuscita del minore dal circuitopenale. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per i quali èprevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi, per unperiodo non superiore a un anno. Durante tale periodo è sospeso il corso della prescrizione. Il Giudice, in ambitominorile, affianca al giudizio di accertamento sul fatto di reato la valutazione della personalità e del recuperosociale del minore. Il progetto rieducativo viene predisposto in considerazione delle attitudini e dell’età delminore, coinvolgendo l’interessato, la famiglia, eventualmente con un percorso di mediazione con la personaoffesa dal reato. La messa alla prova incide sul processo ed estingue il reato prima della condanna (cd probationprocessuale, la pena non viene comminata; diversamente dalla probation anglosassone che è una misuraalternativa alla pena successiva alla condanna). Di fronte all’impegno del giovane lo Stato non rinuncia allaesecuzione della pena ma alla stessa condanna e alla prosecuzione del processo. La funzione del contraddittorioè quella di garantire che il minore possa prospettare soluzioni diverse dalla messa alla prova ed a sé piùfavorevoli, a partire dalle decisioni di merito che ne escludano la responsabilità per il reato ascrittogli.L’esito della prova è correlato con valutazione della personalità. Molto significativa l’inapplicabilità delmeccanismo di scomputo ex art. 657-bis c.p.p. agli imputati minorenni; la Corte Cost., con sent. n. 68/2019, hasottolineato come la messa alla prova minorile, a differenza di quella per gli adulti, non sia connotata da alcunsignificato sanzionatorio, né da meri obblighi di fare, ma è improntata ad un accompagnamento volontario delminore verso un processo evolutivo e responsabilizzante sganciato da intenti punitivi e ciò rende non praticabilela quantificazione di una sorta di presofferto in caso di esito negativo della messa alla prova e della conseguentecondanna dell’imputato; mentre per gli adulti le misure di messa alla prova, implicando limitazioni delle libertàpersonali, si risolvono in un trattamento di pena anticipato).

Questa distinzione pone il segno della netta distinzione con l’omologa misura prevista per gli imputatiadulti. La legge 28.4.2014 n. 67, con l’art. 3, ha introdotto l’art. 168-bis c.p. e la messa alla prova per gliimputati adulti, subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità, non retribuito, in favore dellacollettività. La legge non ha operato una mera trasposizione della disciplina dettata per i minori dagli artt. 28 e29 d.P.R. 448/88. L’adulto ha una personalità già formata e consolidata e la sospensione con messa alla provadell’adulto non è priva di una componente afflittiva per soddisfare esigenze social-preventive oltre cherisocializzanti, verso un modello di mediazione penale di giustizia riparativa. Le prescrizioni sono, perciò,afflittive e rigide per gli adulti e con diversa applicabilità e durata. L’art. 168-bis c.p. detta le condizionioggettive per l’accesso all’istituto: la previsione obbligatoria del lavoro di pubblica utilità costituisce il nocciolosanzionatorio della misura, (una sorta di sanzione sostituiva anticipata); si deve trattare di procedimenti per reatipuniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattroanni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo550 del codice di procedura penale. La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volteall'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, ilrisarcimento del danno dallo stesso cagionato. La sospensione del procedimento con messa alla provadell'imputato non può essere concessa più di una volta. L’art. 464-quater c.p.p. prevede che il procedimento,sospeso in base ai parametri di cui all'art. 133 c.p., non può essere sospeso per un periodo: a) superiore a dueanni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola, congiunta o alternativa alla penapecuniaria; b) superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.Come rilevato dalla Corte Cost., con sent. 27.4.2018 n. 91, e come già osservato dalle SS.UU. Cass. 31.03.2016n. 36272, l’istituto in esame ribalta i tradizionali sistemi di intervento sanzionatorio e non viola, tra gli altri, gliartt. 27 e 25 Cost. sotto il profilo, rispettivamente, della presunzione di non colpevolezza e della determinatezzadel trattamento sanzionatorio, poiché manca un’attribuzione di colpevolezza dell’imputato che viene sottoposto,su sua richiesta, a un trattamento alternativo alla pena applicabile nel caso di eventuale condanna. Pur conqueste differenze sostanziali la messa alla prova risulta, in entrambi i casi, sia per gli imputati minorenni che pergli imputati adulti, molto efficace.

Spesso la politica ha pensato alla magistratura di sorveglianza per evitare l’inconfessata esigenza diindulti, condoni, estinzioni radicali della pena. Ma la «delega» fatica ad assicurare il tempismo necessario adassicurare la certezza e l’efficacia della pena, per tutti i noti e richiamati motivi legati anche ai carichi di lavoro- la disamina del flusso dei procedimenti iscritti e pendenti negli uffici di sorveglianza nel quinquennio di

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riferimento 2014-2018 consente di cogliere l’incremento delle iscrizioni pari al 17%, registrandosi il trendfortemente crescente dell’ultimo biennio (+38% dei procedimenti iscritti) – e, quindi, ai procedimenti esecutivisospesi troppo a lungo, ad una serie di incombenze, anche amministrative e contabili, che pesano sullecancellerie della magistratura di sorveglianza, sia monocratica che collegiale, molte delle quali saranno a brevepotenziate a seguito della rideterminazione delle piante organiche del personale di magistratura ai sensi dellalegge n. 145/2018 (in previsione nuovi 20 magistrati di sorveglianza) a cui consegue il potenziamentodell’organico amministrativo. Ecco allora l’alternativa, parallela, di anticipare la fase processuale ed ottenere,quando possibile, una vera semplificazione e, forse, una migliore emenda, sia dei condannati (con unamagistratura di sorveglianza alleggerita di compiti e magari di funzioni meramente amministrative) sia degliancora imputati, minorenni o maggiorenni che siano.

Anche nella Relazione integrale dell’inaugurazione dell’anno giudiziario (a pag. 680) viene dato attodella progressiva affermazione di un nuovo modello di giustizia di comunità di stampo europeo. Si tratta di unimportante risultato, a cui il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità ha contribuito fornendosupporto tanto agli uffici di esecuzione penale esterna che alle agenzie pubbliche e private impegnatenell’offerta di opportunità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità, programmi di giustizia riparativa e dimediazione penale. Il numero di casi di sospensione del procedimento (dati di flusso), infatti, è passato da 511nel 2014 a 9.690 nel 2015, 19.187 nel 2016, 23.492 nel 2017 e 30.996 nel 2018 (grafico n. 1). È importanteevidenziare che il significativo aumento del numero di misure concesse nel corso del 2018 non è coinciso conun incremento del numero di revoche delle stesse. Il dato sulle revoche, infatti, risulta in linea con quantoemerso nelle precedenti annualità e si attesta attorno al 3% (2,58 dall’01.01.2018 al 31.12.2018). Relativamentebasso anche la percentuale complessiva di esiti negativi (19,8%). In conclusione, come poi risulta dai datirelativi ai soggetti adulti in carico all’UEPE per misure alla data del 15 gennaio 2020, ad un totale di 60.213,ben 18.214 sono in carico per messa alla prova, oltre quindi ai 18.179 per la misura sino ad ora più utilizzatadell’affidamento in prova e ai 10.195 per detenzione domiciliare. Risulta quindi complessivamente moltoproficua la strada della valorizzazione dell’esecuzione penale esterna nelle sue varie forme, anche innovativecon interruzione e risparmio processuale, da proseguire parallelamente, per converso quando necessario, con ilcarcere anche duro, magari attenuato per le sole prescrizioni immotivatamente afflittive, a garanzia della difesasociale e sempre con dovuta attenzione al lavoro (fondamento rieducativo di riscatto sociale) e alla giustiziariparativa.

Grafico n. 1 - Andamento misure e sanzioni di comunità. Incarichi gestiti nel periodo 2014/2018.

Messa alla prova minorenni

ANNO N. ordinanze MAP Di cui revocate al15.12.18

% revocati (situazione al15.12.2018)

2015 3.340 282 8,4%

2016 3.757 275 7,3%

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2017 3.558 255 7,2%

2018(fino al 15.12)

3.516 106 3,0%

Provvedimenti di messa alla prova secondo l’esito. Anni dal 2007 al 2018.Esito:

Positivo Negativo

Anno2007 79,9% 20,1%2008 80,7% 19,3%2009 81,4% 18,6%2010 80,9% 19,1%2011 80,8% 19,2%2012 83,7% 16,3%2013 83,6% 16,4%2014 80,7% 19,3%2015 83,6% 16,4%2016 82,8% 17,2%2017 81,9% 18,1%2018 80,2% 19,8%

Soggetti adulti in carico all’UEPE per misure alla data del 15 gennaio 2020, secondo la tipologia di misura.(*)

Tipologia di misuraSesso

Totalemaschi femmine

Misure alternative alla detenzione (**)Affidamento in prova al servizio sociale 16.639 1.540 18.179

Detenzione domiciliare 9.094 1.101 10.195Semilibertà 1.009 24 1.033

Totale 26.742 2.665 29.407Sanzioni sostitutive

Semidetenzione 2 0 2Libertà controllata 95 6 101

Totale 97 6 103Misure di sicurezza

Libertà vigilata 3.879 279 4.158Sanzioni di comunità

Lavoro di pubblica utilità - violazione legge sugli stupefacenti 549 65 614Lavoro di pubblica utilità - violazione codice della strada 6.911 806 7.717

Totale 7.460 871 8.331Misure di comunità

Messa alla prova 15.339 2.875 18.214Totale soggetti in carico per misure 53.517 6.696 60.213

(10.2.2020)

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20. «Il Codice Rosso», aspetti relativi all’esecuzione penale. Tavola di sintesi econsiderazioni relative all’attività ispettiva

«Il codice rosso»Legge 19 luglio 2019 n.69

(G.U. 25.7.2019 n.173, serie generale) in vigore il 9.8.2019 ,'

Aspetti relativi all’esecuzione penale

Art. 9 n. 2

Reintroduce il comma 2 all’art. 572 c.p. (maltrattamenti contro «familiari econviventi») ampliando la casistica (rispetto all’abrogato comma 2 ed all’art. 61,comma 1 n.11-quinquies, c.p.):La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso:

1. in presenza o in danno di persona minore;2. in presenza o in danno di donna in stato di gravidanza;3. in presenza o in danno di persona con disabilità come definita ai sensi

dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992 n.104;4. se il fatto è commesso con armi. (segue/)

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Conseguenze:

L’art. 656, comma 9 lett. a), c.p.p. elenca tra i reati ostativi alla sospensione ai sensidel comma 5 stessa norma anche l’art. 572, comma 2, c.p. L’indicazione delle normenel predetto elenco è stata inquadrata dalla giurisprudenza come rinvio mobile («checonsente alla norma richiamante di incorporarne le evoluzioni» Cass. — sez.1^ -8.11.2016 n.52181).Pertanto, il richiamo all’art. 572, comma 2, c.p. da parte dell’art. 656, comma 9 lett.a),c.p.p. dovrà essere riferito a tutte le fattispecie (casistica) contemplate dal neointrodotto comma 2 dell’art. 572 c.p.Operatività: da quando tale piu ampio richiamo diventerà operativo?

Trattandosi di una modifica ad una norma di carattere sostanziale, si applicano iprincipi di cui all’art. 2 c.p. (successione di leggi penali), quindi il reintrodottocomma 2 dell’art. 572 c.p., così come ampliato nelle sue fattispecie, potrà essereformalmente (e non solo in fatto) contestato solo dopo l’entrata in vigore della legge;pertanto il richiamo all’art. 572, comma 2, c.p. da parte dell’art. 656, comma 9 lett.a),c.p.p. potrà essere riferito alla nuova e più ampia formulazione solo alle condannedefinitive emesse in riferimento ai reati commessi dopo l’entrata in vigore dellalegge.Per completezza si evidenzia che il vecchio comma 2 dell’art. 572 c.p. recitava: «Lapena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anniquattordici». A seguito della sua abrogazione, per effetto del D.l. 14.8.2013 n. 93,conv. in L.15.10.2013 n.119, la fattispecie ivi contemplata è stata assorbita dal neointrodotto n.11-quinquies al comma 1 dell’art. 61 c.p. (circostanze aggravanticomuni): «l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale,contro la libertà personale nonché nel delitto di cui all’articolo 572, commesso ilfatta in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di personain stato di gravidanza».

Art.12 n.5Ha introdotto nell’art. 4-bis L.26.7.1975 n.354 (Ord. Pen.) il neo reato di cui all’art. 583- quinquies c.p. (Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti alviso), che, pertanto, va inserito nell’elenco dei reati ostativi ai sensi dell’art. 656, comma9 lett. a), c.p.p.

Art.15 n.1Ha inserito all’art. 90-ter c.p.p. il comma 1-bis che impone di dare sempre immediatacomunicazione alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, dei provvedimentidi scarcerazione ovvero dell’evasione del condannato qualora si procede per i delitti dicui al punto seguente.

Art.15 n.5

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Ha inserito all’art. 659 c.p.p. il comma 1-bis che impone al pubblico ministeroche cura l’esecuzione di dare immediata comunicazione, a mezzo della poliziagiudiziaria alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore quando deve esseredisposta la scarcerazione del condannato, a seguito di un provvedimento del giudicedi sorveglianza, per uno dei delitti previsti dai seguenti articoli:

- art. 572 c.p. (maltrattamenti contro familiari e conviventi);- art. 609-bis c.p. (violenza sessuale);- art. 609-ter c.p. (circostanze aggravanti);- art. 609-quater c.p. (atti sessuali con minorenne);- art. 609-quinquies c.p. (corruzione di minorenne);- art. 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo):- art. 612-bis c.p. (atti persecutori);- art. 582 c.p. (lesioni personali), nelle ipotesi aggravate (art. 585 c.p. in relazione

a) e art. 583 –quinquies (Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesionipermanenti al viso) ai sensi degli articoli: 576, comma 1 n.2, c.p. (contro l’ascendente o il discendente, quando

concorrono talune delle circostanze indicate ai numeri 1 e 4 dell’art. 61 c.p.(aver agito per motivi abietti o futili; l’aver adoperato sevizie, o aver agitocon crudeltà verso le persone) o quando è adoperato un mezzo venefico oaltro mezzo insidioso ovvero quando vi è premeditazione.)

576, comma 1 n.5, c.p. (in occasione della commissione di taluno dei delittiprevisti dagli articoli 572, 583-quinquies, 600- bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies.)

576, comma 1 n.5.1, c.p. (dall‘autore del delitto previsto dall’art.612-bis c.p.nei confronti della stessa persona offesa.)

577, comma 1 n.1, c.p. (contro l’ascendente o il discendente, anche pereffetto di adozione di minorenne, o contro il coniuge, anche legalmenteseparato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la personastabilmente convivente con il colpevole o ad essa legata da relazioneaffettiva.)

577, comma 2, c.p. (contro il coniuge divorziato, l’altra parte dell’unione civile,ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazioneaffettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l’adottante o l’adottato neicasi regolati dal titolo VIII del libro I del codice civile, il padre o lamadre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta).

«Nei casi di condanna per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater,609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli artt. 582 e 583-quinquies nelle ipotesiaggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primocomma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunquesubordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioniche si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannatiper i medesimi reati». Ed ancora: «Gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero di cuiall'articolo 165 del codice penale, come modificato dal citato comma 1, sono a carico delcondannato».

Si prevede che per i reati indicati la sospensione condizionale della pena è subordinata allapartecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione,assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. Gli oneri derivanti dallapartecipazione a tali corsi di recupero sono a carico del condannato.

La norma si applica ai fatti commessi dal 9 agosto 2019.

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Gli accertamenti ispettivi riguarderanno le modalità organizzative degli Uffici giudicanti e requirenti (adesempio se sussiste un elenco delle associazioni in grado di organizzare i corsi in questione e, quindi,dare attuazione alla normativa); occorre, altresì, verificare se il giudice fissa un termine per l’esecuzionedell’adempimento da parte del condannato. Le modalità operative della cancelleria per accertarel’esecuzione dell’adempimento da parte del condannato. Esecuzione e tempistica: segnalazione nei casidi inadempimento.

L’Ufficio esecuzione della Procura deve procedere, come in tutti i casi di sospensione condizionalesubordinata a determinati adempimenti, con le opportune richieste in caso di provvedimenti non esaustiviemessi dal Giudice della cognizione. È consigliabile l’istituzione di uno scadenziario.

(5.11.2019)

21. Ancora sul «Codice Rosso»

Il codice di procedura penale, come modificato dalla legge 19 luglio 2019, n. 69 (Modifiche al codicepenale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenzadomestica e di genere) prevede che «fermo quanto previsto dall'articolo 299, nei procedimenti per delitticommessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne facciarichiesta, con l'ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misuradi sicurezza detentiva, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell'evasione dell'imputatoin stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internatoall'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all'articolo 299,il pericolo concreto di un danno per l'autore del reato. Le comunicazioni previste vanno sempre effettuatealla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se si procede per i delitti previsti dagli articoli 572,609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma,numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale».

Inoltre, quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza viene disposta lascarcerazione del condannato per uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater,609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codicepenale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primocomma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, il pubblico ministero che cura l'esecuzione ne devedare immediata comunicazione, a mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, alsuo difensore.

Orbene, le disposizioni imperative di cui sopra pongono questioni operative in tema di obbligo dicomunicazioni tempestive alla persona offesa ed al difensore.

In particolare, soprattutto in fase esecutiva delle decisioni di condanna, il pubblico ministero che cural’esecuzione ai sensi degli artt. 655 e ss c.p.p., potrebbe non essere a conoscenza del luogo di residenzaattuale della persona offesa e, addirittura ( es. nei casi di assorbimento della decisione per cumulo ) potrebbenon essere in possesso della documentazione necessaria per evincere le generalità della/delle persone offese.

Pertanto, la tempistica per l’avvio della necessaria istruttoria tendente a reperire le informazioni sullaparte tutelata, rischia di vanificare la ratio legis e, finanche, potrebbe mettere a rischio la incolumità dellapersona offesa.

Da ciò discende, a parere di chi scrive, la necessità di una circolare ministeriale che stabilisca modalitàoperative atte a garantire l’assolvimento dell’obbligo con tempestività e con criteri uniformi per l’interoterritorio nazionale. Auspicando la realizzazione di un processo telematico penale con sistemi operatividialoganti tra loro, dovrà, nel frattempo, adottarsi una soluzione operativa che tenga conto dello stato attualedel sistema.

Una possibile soluzione potrebbe, ad esempio, prevedere che la polizia giudiziaria procedente curil’acquisizione (nei casi rientranti nella normativa), tramite la stessa persona offesa, delle necessarieinformazioni sul luogo di residenza (ed eventuali spostamenti); al contempo, si dovrebbe disporre unainformazione circolare a carico della cancelleria nelle varie fasi procedimentali (procura, primo grado,appello, cassazione, p.m. presso il giudice dell’esecuzione, magistratura e tribunale di sorveglianza), grazie

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alla quale ad ogni successivo passaggio procedurale dovrà essere fornita comunicazione (es. unita alladecisione penale) sulla polizia giudiziaria procedente per il procedimento specifico.

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22. Format delle relazioni ispettive. Prospetti riepilogativi della relazione relativaagli Uffici di secondo grado. Osservazioni sulla opportunità di introdurremodifiche alla relazione relativa agli Uffici di primo grado

Con nota in data 20 maggio 2019 (prot. N. 1748.ID) sono state impartite istruzioni per l’integrazione alformat indicato in oggetto; tra le altre cose, la nota ha fornito il seguente prospetto nel quale riepilogare idati raccolti in sede di verifica relativi all’andamento delle attività postdibattimentali:

Sezioneordinaria

Corte diAssise diAppello

Sezione per iminorenni

Processi definiti con sentenza irrevocabile inattesa di attestzione di irrevocabilitàSentenze irrevocabili in attesa di redazionedell’estratto esecutivo (pena non sospesa)Sentenze in attesa dell’iscrizione al Casellarioda oltre 90 giorni dalla data di irrevocabilitàProvvedimenti in attesa dell’invio all’Ufficiorecupero crediti da oltre 90 giorni dalla data diirrevocabilitàProcedimenti da restituire al giudice di primogrado per l’esecuzione da oltre 90 giorni dalladata di irrevocabilità

Con la nota suindicata è stato inoltre fornito il seguente prospetto riepilogativo nel quale riassumere idati specificati dall’ufficio in sede di verifica:

Sezione ordinaria Numero %Totale delle sentenze da dichiarare irrevocabili 100%Sentenze di condanna da dichiarare irrevocabiliSentenze di condanna a pena detentiva non sospesa dadichiarare irrevocabiliSentenze di condanna a pena sospesa da dichiarare irrevocabiliSentenze di condanna a pena pecuniaria da dichiarareirrevocabiliSentenze da dichiarare irrevocabili che non richiedonoadempimenti esecutivi

Nel predisporre l’integrazione dello schema di relazione, si è rilevato che la voce «Sentenze di condannada dichiarare irrevocabili», presente nel secondo schema, ricomprende le tre voci elencate sotto a)«Sentenze di condanna a pena detentiva non sospesa da dichiarare irrevocabili»; b) «Sentenze dicondanna a pena sospesa da dichiarare irrevocabili» e c) «Sentenze di condanna a pena pecuniaria dadichiarare irrevocabili». Per una maggior chiarezza nella lettura dei dati sarebbe pertanto opportuno faremergere nel prospetto che le tre voci indicate sub a), b) e c) sono una specificazione della più genericavoce «Sentenze di condanna da dichiarare irrevocabili». Qualora infatti si compilassero tutte le fincherelative alla percentuale il totale sarebbe pari al 100% più la somma della percentuale delle tre voci chespecificano il totale delle sentenze di condanna da dichiarare irrevocabili.

La soluzione più semplice sarebbe quella di modificare il prospetto eliminando la voce «Sentenze dicondanna da dichiarare irrevocabili», ovvero sarà forse opportuno integrare la nota 20 maggio 2019(prot. N. 1748.ID) con la specificazione di non compilare la casella relativa alla sua percentuale.

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Inoltre, si può osservare che la ricerca di eventuali criticità dei servizi del postdibattimento sia opportunaanche negli uffici di primo grado. Dunque parrebbe opportuno estendere la rilevazione di cui alla notasuindicata anche alle cancellerie dei Tribunali.

Di seguito si riporta, a titolo esemplificativo, la situazione rilevata nel corso dell’ultima verifica pressol’ufficio del dibattimento del Tribunale di Genova:

1. sono stati censiti 2.315 fascicoli relativi a processi definiti con sentenza irrevocabile inattesa di attestazione della data di irrevocabilità da oltre 90 giorni; 246 di tali sentenze eranoin attesa da oltre 300 giorni (prospetto T3b.4);

2. sono stati censiti 446 procedimenti, definiti con sentenza irrevocabile, per i quali dovevanoessere redatti gli estratti esecutivi da oltre 90 giorni dalla data dell’irrevocabilità; per 153 ditali sentenze, gli estratti dovevano essere redatti da oltre 300 giorni (prospetto T3b.6);

3. sono state censite 515 sentenze irrevocabili in attesa dell’iscrizione nel casellario da oltre 90giorni, 446 delle quali erano in attesa da oltre 300 giorni; di queste ultime, 174 lo erano daoltre 500 giorni e 220 da oltre 600 giorni. La sentenza in attesa da maggior tempo lo era da1.673 giorni (prospetto T3b.8);

4. sono state censite 2.740 sentenze da trasmettere all’ufficio recupero crediti da oltre 90giorni, 2.664 delle quali erano in attesa da oltre 300 giorni; di queste ultime, 2.351 lo eranoda oltre 1.000 giorni. Tra le sentenze in attesa di invio all’ufficio recupero crediti, 299 eranogiacenti presso l’ufficio da oltre 3.000 giorni. La sentenza in attesa di essere inviata da piùtempo lo era da 3.436 giorni.

Nella cancelleria inoltre erano giacenti 4.792 fascicoli (918 dei quali relativi a procedimenti delTribunale di Chiavari, accorpato il 14 settembre 2013), restituiti dalla Corte d’Appello di Genova o dallaCorte di cassazione, per i quali dovranno essere eseguiti gli adempimenti successivi all’irrevocabilità(formazione degli estratti esecutivi, redazione della scheda per il casellario, trasmissione all’ufficiorecupero crediti, eventuale eliminazione di corpi di reato o destinazione di somme al F.U.G.).

Una riflessione finale riguarda il prospetto P2b.1, riportato di seguito:

PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di

P2 - Servizi penali

P2b - Statistica SIEP

P2b.1 - Elenco degli estratti esecutivi da iscrivere

fonte del dato: cartacea/informatica

alla data ispettiva del

N.ord

.

Numerosentenza

Ufficio diprovenienza

Datapervenimento

Numero giorniintercorsi dalla

data dipervenimento alla

data ispettiva

Motivo della giacenza

1

2

3

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Questo prospetto deve essere compilato manualmente, rilevando i dati richiesti da ciascun estratto. Lariflessione riguarda l’attività richiesta agli Uffici (soprattutto quelli di grandi dimensioni), costretti acompiere un’attività che presenta una valenza modesta ai fini dell’ispezione.

Infatti si potrebbe sostenere che, ai fini ispettivi, rilevi il totale degli estratti esecutivi da registrare e ladata di pervenimento di quelli più remoti e che, anche nell’ottica dello snellimento delle attività ispettive,il prospetto potrebbe essere eliminato dalle richieste.

(25.10-20.11.2019)

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