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L’ISLAM A TORINO a cura del comitato scientifico di Benvenuti in Italia QUADERNO N.7 25 maggio 2015 INDICE Islam: uno sguardo d’insieme Stereotipi sull’Islam, Fondamentalismo, Fondamentalismi Fondamentalismo islamico Le moschee Luoghi religiosi dell’Islam a Torino La pluralità delle moschee Luoghi religiosi a Torino Interviste Intervista a Ilda Curti Intervista a Brahim Baya Media Rassegna Stampa Bibliografia Filmografia 1

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L’ISLAM A TORINO !a cura del comitato scientifico di Benvenuti in Italia

QUADERNO N.725

mag

gio

2015

INDICE !Islam: uno sguardo d’insieme Stereotipi sull’Islam, Fondamentalismo, Fondamentalismi Fondamentalismo islamico Le moschee

Luoghi religiosi dell’Islam a Torino La pluralità delle moschee Luoghi religiosi a Torino

Interviste Intervista a Ilda Curti Intervista a Brahim Baya

Media Rassegna Stampa Bibliografia Filmografia

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L’Italia non è più un paese (solo) cattolico. L’Italia è un paese plurale e Torino una città in cui la super-diversità costituisce un tratto identitario innegabile, per quanto riguarda le lingue, le culture, i gruppi sociali, le rel igioni. Negli ult imi decenni le confessioni registrate sono passate dalle 120 alle più di 200. !

“A Torino si prega ovunque”: nelle chiese, nei cortili, nei garage e nelle palestre; chiese strutturate e forme di aggregazione temporanea sono mescolate a pratiche di vita e filosofie del benessere.

In questo contesto cang iante e sfaccettato, il progetto di mappatura dei luoghi di culto (www.reparty.it), iniziato nel 2011 da Benvenuti in Italia e non ancora concluso, ha permesso di studiare la presenza delle religioni sul territorio, in termini di visibilità, di integrazione sociale e culturale, inclusione/esclusione, sia dall’interno (le comunità religiose) sia dall’esterno (le istituzioni pubbliche e i cittadini). Al contempo, la città di Torino ha avviato politiche e progettualità che riconoscono il pluralismo religioso come elemento di dialogo, mutuo riconoscimento, rispetto e relazione tra le diverse comunità religiose presenti in città. Esse hanno contribuito alla istituzionalizzazione di molti di questi luoghi. !

Le minoranze religiose autoctone più tradizionali, in particolare quella valdese e la comunità ebraica, così come la religione cattolica che resta maggioritaria, le comunità della diaspora, tra cui il vivace mondo dell’ortodossia, i nuovi movimenti religiosi sono impegnati nel promuovere dialogo e iniziative comuni e in molti casi sono e sono state capaci di accompagnare processi di crescita di altre comunità

religiose. Ma senza dubbio, la comunità religiosa in continua espansione è quella islamica, composta da fedeli provenienti da Marocco, Egitto, Albania, Tunisia, Nigeria, Senegal, Costa d'Avorio, Somalia, per un totale di circa 30.000/35.000 fedeli. !

Che cosa sappiamo di questi uomini, donne e bambini? Quali sono le loro esigenze di cittadini e abitanti di una città che da sempre è considerata un laboratorio per sperimentare nuove politiche e pratiche di cittadinanza? I luoghi di culto a disposizione delle comunità musulmane sono adeguati a questi bisogni? !

Più in generale, che cosa sappiamo dell’islam per come si sta radicando e caratterizzando nel nostro Paese? Quanto s iamo dispost i a usci re dal c l iché islam=violenza e ricomporre un immaginario collettivo troppo infestato dai virus degli stereotipi? !

Il quaderno “Islam a Torino” prova a dare delle risposte a queste domande, offrendo i risultati di ricerche di studiosi e dando voce a rappresentanti religiosi e politici che si occupano da anni di islam, di luoghi di culto, di libertà religiosa. !

Il Centro Studi di Acmos e il Comitato scientifico di Benvenuti in Italia hanno lavorato alla composizione di questo dossier, per fornire uno strumento utile a conoscere le opportunità, le sfide e i problemi che il pluralismo religioso porta con sé. !

PREMESSA

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ISLAM !

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* Le Origini !L’islam è una religione monoteista, che

ritiene Allah l’unico Dio, capace di ergersi giudice assoluto e potente ma al tempo stesso benevolo e paziente. La religione è nata in Arabia per opera di un uomo, Muhammad (Maometto), vissuto tra il 570 e il 632 d.C., considerato un profeta venuto a completare il messaggio di altri grandi uomini del passato, ritenuti anch’essi profeti, come Abramo, Mosè e infine Gesù.

L'inizio dell'attività profetica di Maometto è collocato nella cosiddetta "notte del destino", alla fine del mese di Ramadan del 610, quando gli apparve l'arcangelo Gabr ie le comun icandog l i i l p r imo messaggio divino. Tale evento coronò presumibilmente un lungo e profondo travaglio interiore precedente, che lo aveva già portato a scostarsi dal rudimentale politeismo dei suoi concittadini per un suo peculiare monoteismo permeato di elementi giudaici e cristiani. Egli credette quindi di ricevere direttamente da Allah i canoni della rivelazione, costituenti nel loro complesso il Corano, che dapprima fu da lui considerato il corrispondente arabo di quanto già stabilito dalle Sacre scritture giudaiche e cristiane. La sua prima predicazione, preannunciante la fine dei tempi e esortante alla penitenza, ebbe un certo successo tra gli strati più umili della società meccana, ma fu invece osteggiata dalla ricca classe mercantile che dal grande pellegrinaggio convergente da tutta l'Arabia verso il santuario pagano cittadino della Ka'ba traeva cospicui vantaggi. Fu proprio l ' a vve rs i one nu t r i t a con t ro d i l u i dall'aristocrazia meccana a convincere nel 622 Maometto a passare con una parte dei suoi seguaci a Yathrib, poi ribattezzata Medina, con una migrazione (Egira) da cui prese poi inizio il computo degli anni dell'era musulmana. Tale avvenimento influì profondamente nel determinare i suoi successivi orientamenti. A Medina venne a

trovarsi a capo di una comunità politica e per questo motivo dovette abbracciare con il suo insegnamento, che sino ad allora era stato di carattere esclusivamente etico e religioso, tutte le tematiche proprie della vita socio-politica. A Medina, dopo essere riuscito a dirimere equamente le dispute che opponevano da tempo le varie fazioni c i t t a d i n e , s e p p e d a r v i t a a un'organizzazione statuale tutta incentrata attorno alla sua persona e ancor di più attorno al suo messaggio religioso, che troncava nettamente con la perenne disgregazione politica in cui si trovavano da sempre le popolazioni dell'Arabia. Queste infatti riconoscevano come unico loro vincolo quel lo inerente la r istret ta solidarietà tribale. Il nuovo stato medinese venne a rappresentare quindi un'eccezione, da l momento che i suo i c i t t ad in i accettavano di cooperare tra loro sulla base d i un legame ideo log ico- re l ig ioso alternativo a quegli antichi vincoli. Il periodo m e d i n e s e d i M a o m e t t o f u a n c h e caratterizzato da un suo maggiore sforzo per emancipare la dottrina nascente dell'islamismo dalle altre due religioni monoteistiche. Ebrei e cristiani, che non avevano voluto riconoscere la validità del nuovo credo, furono così accusati di avere in vario modo adulterato, tradito e frainteso le loro stesse Sacre scritture. Di esse il profeta arabo si proclamò perfezionatore e ultimo esecutore, realizzando così un disegno divino risalente al biblico Abramo, comune capostipite di ebrei e arabi attraverso i suoi due figli Israele e Ismaele. Nel 624 Maometto fissò anche alcune pratiche rituali distintive della nuova religione rispetto al cristianesimo e al giudaismo, stabilendo alla Mecca (e non più a Gerusalemme) la direzione verso cui rivolgere la preghiera e decretando il venerdì come il giorno da deputarsi al servizio divino comunitario in alternativa al sabato ebraico e alla domenica cristiana. Nel frattempo la comunità medinese aveva

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iniziato un'attività militare contro i meccani attaccandone le carovane commerciali e cogliendo una prima significativa vittoria nel marzo 624 a Badr, a un centinaio di chilometri da Medina. La controffensiva dei meccani non si fece attendere e nel 625 un loro esercito sconfisse le forze avversarie a Uhdd, ove lo stesso Maometto fu ferito al volto. Nel 627 i dirigenti meccani tentarono poi un supremo sforzo radunando contro Medina una confederazione di tribù alleate di circa 10.000 uomini. Medina fu assediata e si salvò solo grazie all'abile costruzione di una trincea difensiva. Sventato così l'attacco meccano, Maometto scatenò una durissima repressione contro la comunità ebraica medinese accusata di aver simpatizzato con il nemico. Alcune famiglie furono semplicemente espulse, mentre per altre venne decretata l'uccisione di tutti gli uomini adulti (circa 600 persone) e la riduzione in schiavitù per le loro donne e i loro figli. Con il 628 finì il periodo difensivo e si aprì quello del consolidamento del nuovo stato medinese sancito dall'adesione al nuovo credo di numerose tribù beduine e dal la st ipulazione di un armist iz io decennale con i meccani. Nel nuovo clima Maometto poté anche compiere (marzo 629) un pellegrinaggio privato nella sua città natale, dove visitò la tomba di Khadigia, sua moglie, e pregò presso il santuario della Ka'ba. Oramai la situazione e ra ma tu ra pe r l a g rande svo l t a dell'aristocrazia meccana, vale a dire una sua, più o meno sincera, conversione alla religione predicata da Maometto. Ciò avvenne nel gennaio 630 al lorché Maometto, accompagnato da alcune migliaia di seguaci, poté entrare alla Mecca senza colpo ferire. Penetrato nel recinto sacro della Ka'ba, distrusse tutti i simulacri dell'antico paganesimo, prese possesso della sacra pietra nera che vi era conservata e, proclamato solennemente sciolto ogni vincolo dell'età pagana,

instaurò l'era nuova di Allah. Maometto, che pure aveva elevato La Mecca a città santa dell'Islam, non ne fece comunque la capitale del suo stato, ma volle fare ritorno a Medina da dove organizzò nuove campagne militari volte a rafforzare la sua egemonia in tutta l'Arabia. Compiuto nel f e b b r a i o - m a r z o 6 3 2 u n n u o v o pellegrinaggio alla Mecca (che la tradizione islamica ricorda come il pellegrinaggio dell'addio) Maometto morì a Medina l'8 giugno di quello stesso anno fra le braccia della moglie prediletta Aisha, figlia del futuro primo califfo Abu Bakr. La sua tomba, venerata dai musulmani, è una meta rituale per chi compie il sacro pellegrinaggio alla Mecca. !* Musulmani oggi !

All’inizio del XXI sec. l’islam appare in espansione, non soltanto a causa della c resc i ta demogra f i ca ne i paes i a maggioranza islamica, ma anche in altre zone come l’Africa sub-sahariana e in alcuni Stati asiatici un tempo appartenenti all’Unione Sovietica. A causa dei flussi migratori l’islam si sta diffondendo anche negli Stati Uniti e in diversi paesi dell’Europa occidentale. Secondo stime recenti, il numero degli aderenti all’islam nel mondo supera il miliardo e mezzo !* Libri sacri !

1. Il Corano o meglio Al-Qur'ânu-l-karîm (il Generoso Corano), la raccolta delle rivelazioni fatte dall'arcangelo Gabriele a Maometto;

2. gli ahâdîth (sing. hadîth): il racconto dei fatti e dei detti del Profeta, lasciati a commento del Corano;

3. il consenso dei teologi o, per la legge, dei giurisperiti, intesi come rappresentanti della comunità islamica. !

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I l Corano per i credent i è una r i ve l az i one , c i oè è f r u t t o d i una comunicazione tra Dio e il suo profeta, Maometto, attraverso la mediazione dell’arcangelo Gabriele (Jibril). Il Corano contiene dei testi spirituali, che insegnano agli uomini come comportarsi davanti a Dio, ma anche parti che spiegano come comportarsi con gli altri uomini e come organizzare la società. Il Corano è diviso in 114 capitoli, sure, e non può essere maneggiato da chiunque: prima ancora di toccare il testo sacro, il credente deve fare delle abluzioni rituali (cioè, un rito per lavarsi), deve imparare a recitarlo in una maniera precisa e impararne a memoria alcuni brani. Il concetto di ispirazione divina del Corano è decisamente diverso da quello usualmente considerato nella tradizione cristiana per la Bibbia. Nel Corano ogni singola parola è di Dio e sacra in quanto è l'esatta trascrizione del Libro sacro che è in Cie lo presso Dio. L'ortodossia islamica ammette l'eternità del Corano in quanto parola di Dio, ovvero uno dei suoi attributi, tutti eterni come Dio stesso. Anche se non è un'affermazione dogmat ica, questa convinz ione ha determinato una certa diffidenza verso le traduzioni del Corano in lingue diverse dall'arabo. I musulmani anzi parlano di traduzioni "del significato" del Corano, ma non del Corano stesso, parola di Dio. Per quanto concerne il mondo mediterraneo, solo nel 1976 i l numero 12 del la Risoluzione finale del Seminario per il dialogo islamo-cristiano di Tripoli ha incoraggiato la diffusione delle traduzioni del testo sacro nelle varie lingue nazionali. !* I pilastri !

I fedeli dell’Islam devono rispettare i “Cinque Pilastri” della religione:

- Professione di Fede: credere nell’unico Dio Allah e nel suo profeta Maometto

- Preghiera: pregare Allah cinque volte al giorno

- Imposta religiosa: donare una parte di denaro guadagnato ai poveri

- Ramadan: digiunare durante il giorno nel mese di Ramadan

- Pellegrinaggio: andare almeno una volta nella vita alla Mecca, città santa. !

La professione di fede fondamentale è che Allah è l’unico Dio e Maometto il suo profeta. La rivelazione di Allah e la fede in lui guidano gli uomini sulla strada della verità: il grado di adesione alla volontà di Dio fa della vita umana una prova. Secondo il Corano Mosè, Davide, Gesù e Muhammad hanno trasmesso letteralmente i loro testi sacri, rispettivamente: la Torah, i Salmi, il Vangelo e il Corano nel quale Tutto è rivelato, quindi la lettura dei precedenti testi sacri non aggiunge nulla. I teologi islamici parlano anche di pagine sparse di Abramo, andate perdute.

Punto rilevante nella credenza del musulmano è credere nell’esistenza degli angeli; chiamati in arabo malak, sono i messaggeri, gli inviati di Dio. Il più importante è l’arcangelo Gabriele, al quale Allah ha affidato la rivelazione del Corano. Collegata alla credenza degli angeli c’è quella dei demoni; il demone più importante è Iblis: all’origine un angelo che si rifiutò di prostrarsi davanti ad Adamo, il primo uomo, e fu quindi cacciato dal paradiso e maledetto in eterno. Il peccato di Satana/sIblis è descritto nella sura 7 vv. 11-18. Troviamo, molto diffusa a livello popolare, la credenza nei jinn, una sorta di spiritelli divisi in buoni e cattivi, musulmani e miscredenti; rappresentano le forze della natura e sono retaggio di credenze dell’epoca preislamica. La fede nei libri sacri e nei profeti è un’altra delle caratteristiche fondamentali della fede islamica. Fondamentale è la profezia: secondo i teologi, Dio con un atto personalissimo e arbitrario manifesta la

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propria volontà agli uomini attraverso degli inviati. Questo agente umano è appellato in vari modi: rasul, cioè inviato; nabi, cioè profeta. ! * Luoghi sacri !

Il luogo di culto per la preghiera comune è la moschea, dove, oltre alle sale di preghiera, vi è una torre alta e slanciata, il minareto, dal quale il muezzin chiama alla preghiera cinque volte al giorno. All’interno della sala della preghiera si trova il mihrab, la nicchia che indica la direzione della Mecca e, di fronte a essa, si trova una stanza leggermente rialzata e chiusa da una griglia di ferro, dalla quale le donne possono assistere alla funzione. I pavimenti delle moschee sono quasi coperti di tappeti e vi si entra scalzi.

La Mecca, in Arabia Saudita, è per antonomasia la città santa per i musulmani, in cui è nato il profeta; in essa sorge il grande santuario al centro del quale è ubicata la Ka‘aba, una piccola costruzione cubica, posta su una base in marmo, di circa 10-12 metri e alta 15 metri, detta pietra nera, considerata il più antico santuario di Allah. Medina, Yathrib è la seconda città santa dei musulmani, sorge nell’Arabia Saudita occidentale e vi sono conservate le reliquie di Muhammad, che qui si rifugiò nel 622 dopo avere dovuto abbandonare La Mecca. Ogni anno la tomba di Mohammad, che si trova nella moschea a lui dedicata, nella zona orientale della città, viene visitata da migliaia di pellegrini. Nella stessa moschea si trovano anche le tombe di Fatima, la figlia di Maometto, e del califfo Umar I. !!

* Festività !Per i musulmani il venerdì è un giorno

particolare: l’Islam non impone il riposo festivo di domenica come è per i cristiani, ma il venerdì, giorno in cui si tiene la preghiera rituale collettiva nella moschea.

Due sono le principali feste dell’islam: la festa dei sacrifici, detta anche grande festa, che commemora il sacrificio di Abramo e si celebra il decimo giorno del mese di hijah; la festa della rottura del digiuno, detta anche piccola festa, che si celebra il primo giorno del mese di shawwâl che segue il mese di ramadan e segna la liberazione dal rigore del digiuno.

Vengono celebrate il 12 del mese di rabî, settimo mese del calendario islamico, la festa dell’anniversario della nascita del Profeta e la festa del capodanno il 1Åã di muharran. Molto diffusa soprattutto nel mondo sciita la festa di âshûrâ, che cade il decimo giorno del mese di muharran e ricorda l’assassinio di Husayn ibn Ali e di 72 suoi seguaci ad opera delle truppe di un califfo omayyade. La strage avvenne il 10 del mese di muharram, ed il lutto per l'evento, presso gli sciiti, dura 40 giorni. Il centro principale delle celebrazioni sciite è la città di Karbala in Iraq, dove si svolge il pellegrinaggio principale. Centinaia di migliaia di pellegrini si recano ogni anno nella città di Karbala, dove si trovano le tombe dell'imam e dei suoi seguaci, per celebrare il lutto e piangere l'imam.

Il Ramadan, è uno dei cinque pilastri dell’Islam, rappresenta un periodo di rinnovo e di equilibrio voluto da Allah, durante il quale i musulmani cercano di purificare corpo e anima. Il Ramadan celebra il periodo in cui Maometto ricevette per la prima volta la visita dell’arcangelo Gabriele; durante i trenta giorni del mese i fedeli non mangiano, non bevono e non fumano dall’alba al tramonto (il Corano dice«mangiate e bevete fino a quando

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l’aurora distingue il filo bianco da quello nero. Allora osservate il digiuno fino alla notte»)Il digiuno non è una punizione, e non deve essere vissuto come un castigo ma richiede grande fatica ed impegno, sia fisico che osservate il digiuno fino alla notte»). Il digiuno non è una punizione, e non deve essere vissuto come un castigo ma richiede grande fatica ed impegno, sia fisico che interiore. Sono tenuti al digiuno tutti i musulmani adulti in grado di intendere e di volere: non devono quindi rispettare questa norma i malati, coloro che sono in viaggio, le persone in età avanzata e le donne incinte o che allattano. Dopo il tramonto, finiscono il digiuno con un pasto leggero, per poi consumare il pasto principale dopo le preghiere della sera. Prima dell’alba si consuma un altro pasto leggero ma sostanzioso. Il digiuno non è l’unico obbligo: durante questo mese i m u s u l m a n i d e v o n o a v e r e u n comportamento particolarmente pio, scrupoloso e di attenzione nei confronti degli altri fedeli, evitando i discorsi inutili, indecenti e importuni, gli insulti e la calunnia, la menzogna; si deve essere invece disponibili, gentili e concilianti. Durante il Ramadan tutti i credenti devono anche recitare delle preghiere e cercare di leggere tutto il Corano.

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STEREOTIPI !

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Il mondo islamico viene spesso rappresentato a partire da pregiudizi o stereotipi derivanti da una scarsa conoscenza della religione islamica: la percezione pubblica lo intende come un oggetto lontano, antico e tradizionalista, impermeabile ai cambiamenti. Nella sezione qui di seguito proviamo a proporre delle riflessioni a partire dai più comuni stereotipi relativi all’Islam

L’immagine dell’Islam. Riflessioni per superare gli stereotipi !

I. M u s u l m a n o , islamico, arabo: sono tutti sinonimi.

DI LUCA PATRIZI !In lingua italiana il termine musulmano,

sia come sostantivo che come aggettivo, si dovrebbe usare soltanto in riferimento agli uomini, essendo un calco del termine arabo “musl im”, che si r i fer isce al l ’uomo musulmano, mentre il termine islamico si utilizza per le cose, derivando dal termine arabo “islām”, che si riferisce alla religione islamica. L’aggettivo arabo e l’aggettivo islamico non coincidono, e quindi la formula “mondo arabo” non copre tutta l’area del mondo islamico, bisognerebbe dunque utilizzare “mondo arabo e islamico” oppure semplicemente “mondo islamico” o “paesi islamici”. Arabo e islamico non coincidono anche perché una minoranza consistente di popolazione che fa parte del mondo arabo, 15 milioni di persone circa, è di religione cristiana fin dal periodo preislamico, ed è arabofona. Per quel che riguarda il termine “arabo”, deriva dal termine “ʿarab”, termine collettivo che si riferisce in maniera esatta alle popolazioni nomadi del deserto della penisola arabica. Questo termine si dovrebbe quindi utilizzare, in linea di principio, soltanto in riferimento alle popolazioni che vivono o che sono originarie della penisola araba, mentre per tutte le altre popolazioni si dovrebbe parlare p i ù p r o p r i a m e n t e d i p o p o l a z i o n i

”arabofone”, poiché quello che unisce realmente queste popolazioni, che vanno dall’Iraq a al Marocco, oltre ovviamente alla religione islamica, è proprio la lingua araba, mentre l’origine etnica è varia. È infatti sufficiente viaggiare nel mondo arabo per rendersi conto dai differenti tratti somatici e dai differenti temperamenti, della profonda differenza tra le etnie che lo popolano. Anche nel caso della formula “mondo arabo”, sarebbe più corretto utilizzare “mondo arabofono”, ma anche in questo caso, essendo questa denominazione così radicata, si è costretti ad utilizzarla.

L’ultima precisazione: in italiano per indicare il Profeta dell’Islam si usa spesso il nome italianizzato Maometto; questo termine deriva probabilmente da una storpiatura medievale, Macometto o Malcometto in forma italiana o Mahomé in francese. In tutte le altre lingue moderne è o rma i i n uso i l t e rm ine o r ig ina le Muḥammad, tranne in italiano. !II. Jihād significa

guerra santa DI LUCA PATRIZI !

La nozione di jihād, parola maschile che significa “sforzo”, può essere declinata in varie modalità nell’Islam, anche in relazione alle diverse situazioni storiche. Riferito agli individui, il jihād significa lo sforzo costante al migl ioramento di se stessi , nel combattere le proprie tendenze individuali scorrette.

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È ce leb re i l de t t o de l p ro fe ta Muhammad, che al ritorno da una battaglia disse: “Siamo tornati dal piccolo jihād al grande jihād”. Vi sono delle azioni, tra le altre, che il Profeta considerava come forme di jihād, attraverso alcuni hadith, come ad esempio prendersi cura dei genitori anziani, come il Profeta ordinò di fare a un giovane, che voleva invece unirsi ad una campagna militare.

Anche l’azione militare può rientrare nella nozione di jihād, ma soltanto se è combattuta come guerra difensiva e mai come guerra offensiva, come si può osservare a partire dai versetti che si riferiscono alla guerra difensiva nel Corano, ai quali si deve sempre accostare previo utilizzo di materiale esegetico. La polemica occidentale sulla “guerra santa nell’Islam” è causata da un utilizzo errato di questa nozione sia da parte dei musulmani che la utilizzano per i propri fini politici e militari, sia da parte dei non-musulmani che considerano vere ed autorevoli queste manifestazioni ideologiche minoritarie. !III. L’Islam è una

religione violenta e intollerante

DI LUCA OZZANO !Dopo gli attentati dell’11 settembre si è

diffusa l’idea che l’Islam sia una religione per sua natura anti-democratica e orientata al conflitto. Questa posizione è definita ‘essenzialista’, perché presuppone che ogni religione abbia alla propria base un nucleo di credenze e valori che non cambiano nel tempo e nei diversi contesti. Così, ogni religione avrebbe un diverso ‘potenziale’ di democraticità e di conflitto. Questa posizione è stata resa celebre da studiosi americani come Bernard Lewis e Samuel Huntington (l’autore del ben noto saggio “Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine

mondiale”). Secondo questi autori, l’Islam si distinguerebbe per una mancanza di separazione tra stato e religione, per la mancanza dell’idea di sovranità popolare, e per uno scarso rispetto dei diritti umani, in particolare della donna.

Negli ultimi anni, tuttavia, sempre più studiosi rifiutano queste tesi e propongono un diverso punto di vista, che è stato definito ‘multivocale’. Secondo questo punto di vista, ogni religione contiene nei propri testi i semi della democrazia e della tolleranza, e anche quelli del conflitto e dell’autoritarismo. Quali di questi semi vengono sviluppati dipende poi da come i testi sacri vengono interpretati e in quali pratiche politiche si traducono. Per esempio, per il Cristianesimo, vengono messi a confronto alcuni passi ‘intolleranti’ dell’Antico Testamento, con il messaggio di amore evangelico. Questa visione sarebbe applicabile anche al Corano, in cui coesistono i versetti ‘medinesi’, più orientati all’intolleranza, e quelli ‘meccani’, in cui invece è mostrata più apertura al rispetto delle altre religioni. Secondo questi autori, quindi, non esisterebbe un problema relativo all’Islam, ma solo un problema relativo a come il suo messaggio è stato interpretato e utilizzato a livello politico negli ultimi secoli. !IV. Il Corano istiga

alla guerra santa DI LUCA PATRIZI !

I Versetti del Corano che parlano di guerra si riferiscono in tutta evidenza ad avvenimenti accaduti all’epoca della vita del profeta Muhammad, vi sono riferimenti anche geografici a luoghi specifici. Questo ad esempio è il più significativo:

Corano 2:190-193 «Combattete per la causa di Dio contro

coloro che vi combattono ma senza eccessi

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ché Dio non ama coloro che eccedono. Uccideteli ovunque li incontriate, e

scacciateli da dove vi hanno scacciati: la sedizione è peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccidetel i . Questa è la ricompensa dei miscredenti.

Se però cessano, a l lo ra Dio è perdonatore, misericordioso.

Combatteteli finchè non ci sia più persecuzione e il culto sia reso solo a Dio. Se desistono, non ci sia ostilità, a parte contro coloro che prevaricano.»

Anche il versetto 4:39: «Combatteteli finchè non ci sia più politeismo, e la religione sia tutta per Dio. Se poi smettono? Ebbene, Dio ben osserva quello che fanno.»: non va decontestualizzato, se si leggono i versetti precedenti è chiaro che ci si riferisce ad un avvenimento preciso della vita del Profeta e della prima comunità musulmana, altrimenti anche i versetti dell’Antico Testamento potrebbero essere utilizzati a giustificazioni delle peggiori azioni. !V. Il Corano fomenta

la violenza? DI MARCO DEMICHELIS !

Il Corano istiga alla violenza se chi lo legge e lo interpreta è una persona violenta. Ciò ha valore per l’Islam così come per qua ls ias i re l ig ione. Nel Cristianesimo anche la frase evangelica: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc, 16, 15-16), è stata per secoli interpretata e applicata attraverso “la parola e la spada”.

I versetti coranici che istigherebbero alla violenza fanno riferimento nello specifico al conflitto del Profeta Muhammad, in seguito

alla sua emigrazione a Medina (622), in antitesi alla comunità meccana, la quale, rigettando il suo messaggio religioso, era rimasta legata ad una forma di politeismo fideistico. È inoltre rilevante sottolineare alcuni aspetti fondamentali del binomio Corano – violenza. Se infatti la Lex Talionis, o legge del taglione è ben presente, ancora oggi, all’interno del sistema giuridico islamico, i riferimenti coranici sono limitati ad alcuni versetti e precisamente a Corano V, 45, nel quale la compensazione pecuniaria è preferita alla pena capitale e a Corano, II, 178-179 che recita: «O Voi che credete! In materia d’omicidio v’è prescritta la legge del taglione: libero per libero, schiavo per schiavo, donna per donna; quanto a colui cui venga condonata la pena dal suo fratello si proceda verso di lui con dolcezza; ma paghi un tanto, con gentilezza all’offeso. Con questo il vostro Signore ha voluto misericordiosamente alleggerire le precedenti sanzioni; ma chi, dopo tutto questo, trasgredisca la legge, avrà castigo cocente. La legge del taglione è garanzia di vita, o voi dagli intelletti sani, a che forse acquistiate timor di Dio» Ad indicare come la Lex Talionis fosse garanzia della vita nella comunità, in un periodo storico nella quale la sicurezza personale era alquanto limitata. !VI. L’Islam è

contrario ai diritti umani e alla libertà

DI LUCA PATRIZI !L’Islam è una religione con una storia

antica, come l’Ebraismo e il Cristianesimo, e quindi non può essere giudicata attraverso nozioni moderne come i diritti umani e la libertà incondizionata, perché dal punto di vista teologico nessuna delle grandi religioni del mondo antico si può riconoscere in un discorso di tal genere.

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Nella religione è Dio a trovarsi al centro e non gli uomini, e la libertà dell’uomo è limitata dal punto di vista teologico. La religione è un sistema con una gerarchia, quindi c’è il primato di Dio, poi della comunità (l’interesse comunitario viene prima dei diritti individuali). Il ruolo della donna è subordinato a quello dell’uomo nella gerarchia familiare non soltanto nell’Islam, ma in tutte le religioni e società antiche e premoderne, Cristianesimo compreso, ad esempio in San Paolo, che consiglia inoltre alla donna di coprirsi il capo. Una cosa è il rispetto dei diritti di tutte le creature, un’altra è la constatazione di una gerarchia all’interno della società e della famiglia in cui l’uomo in linea di principio è al centro, con potestà su moglie e figli. In una società tradizionale con al centro la famiglia composta da uomo e donna, finalizzata alla procreazione, non vi è posto per altre configurazioni che non conducano alla procreazione, e quindi l’omosessualità è scoraggiata, ma è perseguita soltanto quando è dichiarata apertamente. Sono 78 i paesi nel mondo in cu i l ’ omosessua l i tà conc lamata è perseguita dalla legge, gran parte di questi paesi non sono islamici, e in Africa molti sono cristiani. !VII. La religione

Islamica prevede l’esistenza di un Califfato.

DI MARCO DEMICHELIS !Ogni religione nel corso della sua

evoluzione storica ha acuito in alcuni casi, o attenuato in altri, la propria relazione con l’elemento politico, dalla fase monarchica del popolo ebraico (Saul , Davide, Salomone ecc. XI-X secolo dell’era antica), al potere temporale papale, dalla figura del

Profeta Muhammad (570-632) a quella del Basileus bizantino. L’assunzione di un duplice ruolo, non esclusivamente religioso, è oltremodo presente in tutte le religioni semite, ma anche nello Shintoismo giapponese, si pensi al ruolo imperiale sino alla fine del secondo conflitto bellico mondiale o alla figura del Dalai Lama nel Buddismo tibetano.

Soltanto attraverso uno studio critico de l la s tor ia de l le re l ig ion i s i può approfondire senza preconcetti il rapporto “religio-polis” all’interno di un specifica confessione.

Il profeta Muhammad deve essere contemplato al l ’ interno del propr io background storico-culturale, sia come principale interprete di un messaggio religioso rivoluzionario per la Penisola Araba del VII secolo, sia in quanto uomo po l i t i co che ha assunto un ruo lo fondamentale per l’unità dei popoli arabi residenti in questo spazio geografico. In relazione a questo aspetto, si può quindi scindere la fase profetica meccana (prima del 622, cioè dell’Hijra, l’emigrazione a Medina), nella quale Muhammad non si trova a capo di una comunità di credenti, perché il suo messaggio non viene accolto che da una minoranza, da quella medinese, dove invece assumerà un ruolo di primus inter pares, non solo in quanto portatore di un messaggio rivelato, ma anche in quanto autorità politica di una nuova comunità di credenti. !

La storia islamica presenta questa duplice unicità all’interno della figura califfale, la quale tuttavia non ha alcuna base coranica, in altre parole, non trova una corrispondenza all’interno del testo religioso islamico. Al contrario, il Califfo, sia per quanto concerne la dinastia Omayyade (661-750) a Damasco, che quella Abbaside (750-1258) a Baghdad, presenta molte similitudini con le antiche figure imperiali

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del Cesare romano o del Re dei Re, p e r s i a n o – s a s s a n i d e , p e r d e n d o velocemente nei secoli successivi, qualità specificatamente religiose. È quindi fondamentale sottolineare come sia più la propaganda, che concreti fondamenti storici, a paventare la ricreazione di un “Califfato” in quanto aspetto essenziale per l’unità della comunità islamica. Ciò che a partire dagli anni ’70 è stato definito con il termine di “Islam politico” presuppone un processo di ancoramento del messaggio religioso a esigenze di governo, che si oppone a quei regimi miliari, secolarizzati, alla guida degli stati arabo – musulmani dalla fase di decolonizzazione degli anni ’50.

È quindi stato il potere politico che negli ultimi decenni del XX secolo ha attirato a sé gli ‘Ulema, i dottori della legge e le università religiose al Cairo (al-Azhar) e in Arabia Saudita, così come in Iran (a Qom), enfatizzando una forma islamica di cesaro-papismo nel mondo sunnita, nei califfati, sultanati ed emirati della Penisola Araba e di teocrazia in quello sciita iraniano. !VIII. Non esiste un

Islam moderato DI MARCO DEMICHELIS !

Questa domanda dovrebbe far riflettere, a secoli di distanza dall’inizio della fase coloniale, come sia ancora ben presente all’interno del nostro apparato mediatico una evidente propensione eurocentrica, chiaramente neo-coloniale, che non si pone il quesito inverso. L’Europa, e soprattutto gli Stati Uniti che negli ultimi anni hanno profondamente alterato la geografia del Vicino Oriente, si sono mai posti la domanda se esiste un Cristianesimo moderato o se le proprie campagne di “polit ica estera” abbiano favorito l’emergere di un Islam moderato? E ancora: il duplice mandato presidenziale di

George W Bush (2000-2008), fervente membro della United Methodist Church, ha incentivato la pace nel mondo islamico? È chiaro invece che è stato proprio questo presidente, affermando il falso, a volere l ’ invasione del l ’ I raq e a provocare l’uccisione di almeno 130.000 civili, oltre alla forzata emigrazione o uccisione di migliaia di cristiani iracheni appartenenti alla chiesa caldea. A differenza di ciò che si potrebbe pensare, la comunità cristiana dell’Iraq era protetta dal dittatore Saddam Hussein, il cui vice, Tareq Aziz, era appunto un membro di questa Chiesa orientale. Durante la Guerra Fredda o dopo la caduta de l muro d i Ber l ino ne l 1989, la democratica Europa o gli Stati Uniti hanno mai favorito, o minacciato di sanzioni economiche, presidenti come Mubarak in Egitto, Ben ‘Ali in Tunisia, la famiglia Saudita in Arabia, gli ‘Asad in Siria, o di ritorsioni, nel caso in cui non avessero deliberato libere e democratiche elezioni? Come quindi ci si può arrogare il diritto di pensare che esista un Islam moderato? L’Islam moderato è un ossimoro, come ha affermato in più occasioni il politologo Sartori, o il termine “moderato” di per sé non è at t r ibuibi le in maniera così superficiale ad una religione con una storia di oltre 1400 anni? Si potrebbe dire che i cristiani vicini a Pax Christi o al Movimento dei Focolarini siano moderati, mentre quelli legati a Comunione & Liberazione o all’Opus Dei, siano degli estremisti? Al contrario si può affermare che esiste un approccio islamico fondamentalista che considera in maniera esclusiva alcuni “fondamenti” della religione in quanto superiori ad altri; cerca di imporli, anche attraverso la violenza ed assume una posizione di totale esclusivismo verso altre sensibilità religiose sia all’interno che all’esterno dello stesso Islam. Tuttavia c o l o r o c h e a p p r o v a n o o p i n i o n i f ondamen ta l i s t e sono un numero estremamente limitato in relazione agli oltre

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estremamente limitato in relazione agli oltre 1 miliardo e 300 milioni di musulmani presenti nel mondo. Possiamo quindi dire, in chiave deliberatamente eurocentrica, che esiste un Islam moderato; al contrario, possiamo sostenere che esiste l’Islam, che come i l Cr ist ianesimo, l ’Ebraismo, l’Induismo e anche il Buddismo, presenta minoranze fondamentaliste pericolose e nocive per le altre comunità religiose. !IX. L’Islam è una

religione “monolitica”, che non si è trasformata nel tempo

DI MARCO DEMICHELIS !La religione islamica si è storicamente

affermata nella Penisola Araba durante il VII secolo; tuttavia in appena 150 anni, si è diffusa in Nord Africa, raggiungendo il Marocco e fino al confine del Subcontinente Indiano, nell’attuale Pakistan. A partire i no l t re da l M i l l e , l ’ I s l am av rebbe parzialmente assimilato la penisola indiana (dove comunque è ancora oggi minoranza religiosa) e l’Africa Sahariana, giungendo due secoli dopo ad interessare gli arcipelaghi malesiano e indonesiano, sempre ad est, e l’Africa Sub sahariana, fino al nord della Nigeria, ad ovest.

In questo percorso storico-geografico l’Islam ha incontrato popoli e religioni differenti, usanze ed abitudini lontane da quelle dell’Arabia, subendo in alcuni casi il fascino di una precipua civiltà, si pensi all’Iran e all’India, o influenzando, in altri casi, società meno strutturate come le popolazioni mongoliche che invasero il Vicino e Medio Oriente a partire dal XIII secolo.

Questa “religio-diversità” ha portato la fede islamica a confrontarsi con differenti sensibilità spirituali, dal Cristianesimo (e le sue differenti Chiese), allo Zoroastrismo (in Iran), dall’Induismo, al Buddismo, dallo Sciamanesimo (mongolo e africano) all’ateismo (in ambito contemporaneo, in Europa, Russia, Cina e Nord-America), provocando una naturale evoluzione che ha reso l’Islam tutt’altro che monolitico. Se le distinzioni tra Sunniti, Sciiti e Kharijiti (Ibaditi, oggi presenti ormai solo più in Oman, Tunisia e deserto Algerino) sono ancorate a decisioni politiche inerenti alcune divisioni settarie del primo secolo della storia islamica e che solo in quelli successivi hanno assunto importanza r e l i g i o s o - t e o l o g i c a ; l ’ o r t o - p r a s s i musulmana, ha invece risentito nei secoli di specifiche peculiarità geografiche. Ad esempio, lo Zoroastrismo iraniano ha condizionato la formazione del pensiero sciita, così come il cenobitismo cristiano e il Buddismo hanno influenzato quella della prima mistica islamica e direttamente, alcune confraternite Sufi; in nord Africa inoltre, così come nella regione delle ex repubbliche centro-asiatiche, il culto dei santi è profondamente legato a pratiche sciamaniche turco-mongole o cristiane nestoriane e ariane. La compagine etnico- culturale, infine, sottolinea come l’Islam sia profondamente vincolato a questa diversità: gli arabi sono infatti soltanto il 20% della popolazione musulmana mondiale e gli stati nazionali con il maggior numero di musulmani sono oggi l’India, l’Indonesia, il Bangladesh e il Pakistan, tutti paesi non arabofoni. La religione islamica quindi presenta differenti peculiarità in relazione al proprio background storico–culturale e si può senza dubbio affermare che ci siano a lmeno set te aree geograf iche d i riferimento: il mondo Arabo, quello Iraniano, quello Turco e delle ex repubbliche centro-asiatiche, il subcontinente Indiano, il sud-

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est asiatico, l’Africa sahariana e sub- sahariana ed infine l’Islam in “Occidente”. !X. Jihād significa

guerra santa DI LUCA PATRIZI !

La questione della reciprocità ritorna spesso nelle narrative e nei dibattiti pubblici sull'Islam. Interessa in particolar modo il tema della libertà religiosa e nello specifico la richiesta di costruzione di moschee in Italia. L'Islam è una religione che si è d i f f u s a d a l l ' A r a b i a a l M a r o c c o , dall'Indonesia all'Europa, in paesi dove vigono governi e ordinamenti giuridici differenti, quindi, per comprendere la questione della reciprocità è necessario uno sforzo di contestualizzazione.

Ci sono paesi musulmani, per esempio il Marocco e la Tunisia, con ordinamenti costituzionali con una certa tutela della libertà religiosa, dove è possibile praticare un culto diverso dall'Islam in edifici pubblici; di fatto in questi paesi sono presenti molte chiese. Più critico si fa, invece, il discorso sull'esposizione di simboli religiosi (croce) o su aspetti architettonici come i campanili che rimandano alla visibilità di una religione nello spazio pubblico e al suo prestigio. Rimane, invece, l ' interdizione sulle conversioni e sulla possibilità che una donna musulmana sposi un uomo non musulmano. Tuttavia, in Italia e in Europa, la realtà sociale musulmana pone in evidenza lo sviluppo di un Islam sempre più europeo e con le “seconde generazioni” il crescere del numero di coppie miste, tra le quali qualche volta è anche possibile trovare un uomo non-musulmano accanto a una donna musulmana.

La reciprocità si gioca così su livelli diversi: statale e individuale. I musulmani italiani e europei con la loro rielaborazione dell'Islam nel vissuto in un paese non-

m u s u l m a n o , f o n d a t o s u i p r i n c p i costituzionali che tutelano la libertà religiosa, possono farsi promotori di una riflessione nei paesi d'origine perchè anche quei paesi e quei musulmani beneficino dei frutti di apertura emersi nei contesti di immigrazione. In questi termini si può, allora, pensare la reciprocità. E non come, talvolta, capita di udire quale strumento di propaganda in campo elettorale per subordinare il diritto costituzionale di libertà religiosa (di culto) della minoranza musulmana al volere della maggioranza, che si richiama a presunti valori culturali e cristiani, se non perfino all'uso del referendum, tradendo quei principi a fondamento della democrazia e del Paese. !XI.Le donne

indossano un velo sempre uguale

DI SARA HEJAZI !Nel presente il contesto culturale in cui il

velo è indossato ne determina la sua stessa essenza; nelle realtà metropolitane occidentali il velo - indumento la cui funzione è quella di coprire - finisce in realtà per evidenziare il corpo di chi lo indossa, connotandolo subito come corpo altro od estraneo.

Nonostante si parli del velo come fosse un unico indumento sempre uguale a se stesso, infatti, in realtà esso compare in molteplici forme, colori e dimensioni e ogni volta apporta un significato diverso agli occhi di chi lo osserva. Un chador nero indossato a Teheran può voler dire per esempio che chi lo porta appartiene alla classe meno abbiente, oppure che è una guardiana della rivoluzione, o che sta andando ad un funerale o in una moschea ecc. Al contrario, un hejab colorato unito a un trucco vistoso e a vestiti succinti può esprimere una forma di dissidenza verso il

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regime islamico, l’appartenenza ad una classe media o medio alta della società, o perfino la disponibilità della donna ad incontri sessuali occasionali, ecc.

Ovunque e comunque venga indossato nel presente, il velo non rappresenta mai dunque una scelta “neutra” ma il frutto di una negoziazione dell’identità femminile con il contesto circostante, che sia l’occidente con il suo sguardo spesso inquisitore e demonizzante, o l’oriente, ancorato ad un’idea di onore (namus) intrecciato proprio al corpo femminile e alla sua visibilità: l'onore era basato sulla disciplina nella pratica sessuale di ciascun membro della comunità che sottostava alle regole del Corano e doveva comunque avvenire solo ed esclusivamente all’interno dei legami matrimoniali. !XII. Il velo è una

tradizione solo islamica

DI SARA HEJAZI !Delle origini del velo poco si sa: era

un’usanza diffusa molto probabilmente in tutta l’area del Mediterraneo in epoca pre-islamica: già le ancelle che in Persia custodivano il fuoco sacro di Zoroastro circa duemila anni prima di Cristo indossavano un velo su l capo; la raccomandazione alle donne di coprirsi i capelli con un velo si trova nell’Antico Testamento, mentre è probabile che le donne romane patrizie lo dovessero indossare nei rari casi in cui uscivano, come tratto distintivo.

Più in generale l’antica pratica di velarsi aveva a che fare con una visione molto particolare della donna e del suo corpo, che venne poi pienamente espressa nelle fedi monoteiste. In esse la concezione del corpo era infatti caratterizzata da un duplice aspetto, costituito dall’idea di impurità da un l a t o , l e g a t a a l l e m e s t r u a z i o n i , all’allattamento e a tutta la prepotente

fisicità dell’esperienza femminile della gravidanza e del parto; e dall’altro collegato all’idea di sacralità e di potenza creatrice m e s s o i n r e l a z i o n e a l l a d o n n a , comunemente associata al mondo della natura, della terra e dei suoi cicli.

Il velo serviva così a rendere la fisicità della donna riconoscibile in quanto entità diversa e pericolosa per eccellenza, ma, al contempo, dimostrava la possibilità di controllo maschile attraverso la limitazione della sua stessa visibilità.

Al corpo femminile la comunità intera, comprese le donne stesse, attribuivano infatti poteri naturali di vario genere: essa era capace al contempo di nuocere e creare, limitare il caos o indurlo, sovvertire l ’ordine cost i tui to per mezzo del la promiscuità sessuale o mantenerlo attraverso la morale e l’ordine. Così, il velo non fu che uno degli infiniti segni sul corpo femminile che si sono succeduti nel corso del tempo e che avevano l’intento di suggellare - attraverso la pubblica visibilità - contemporaneamente la diversità della donna dotata di un corpo pericoloso, potente e terreno rispetto all’uomo, e il controllo del corpo femminile esercitato dall’intera comunità per mantenerne l’ordine fondante.

Per quanto riguarda la pratica femminile di velarsi nell’Islam è storicamente noto che le mogli del profeta avessero l’abitudine di indossare sempre un velo sul capo per distinguersi dalle donne comuni; esse divennero un esempio agli albori dell’Islam per le mogli dei musulmani dell’epoca che iniziarono ad indossarlo sistematicamente, mentre velarsi fu proibito alle schiave, il cui s t a t u s , e s s e n d o s v e l a t e , e r a immediatamente identificabile. Così, le donne senza velo nel mondo recentemente islamizzato del VIII e IX secolo erano potenzialmente soggette a violenze di ogni tipo in quanto non godevano dei diritti giuridici riservati invece alle donne libere.

L’avvento dell’Islam rappresentò dunque l’istituzionalizzazione di una pratica, quella di velarsi, già conosciuta in precedenza

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nella penisola araba; in seguito, con l’espansione dell’Islam, il velo assunse il ruolo di indumento disciplinante rispetto alla disordine o al caos preesistente la rivelazione coranica (jahillyia), diventando un tratto distintivo delle donne libere e musulmane, cioè assoggettate alla fede islamica. !XII. Il corano

obbliga ad usare il velo

DI SARA HEJAZI !Nel Corano non s i fa esp l ic i to

riferimento al velo sulle donne, ma piuttosto si raccomanda loro di velare le “parti belle” o intime, per non attirare l’attenzione su di sé. All’interno del sacro libro dell’Islam infatti la parola hejab, che in italiano si può tradurre come “tenda” compare in una sura (sura 33, versetto 53), che fa riferimento alla buona educazione e al decoro nel comportamento, e, nel lo specif ico, all’educazione che si deve avere in casa dello stesso Profeta Maometto, ad esempio delle case di tutti i membri della comunità. Per spiegare meglio questa sura dove hejab e buon costume sono messi in relazione, vi è un hadith tramandato dal testimone Anas, discepolo e seguace di Maometto, che narra che nel giorno delle nozze tra il Profeta e Zeynab, donna dalla bellezza straordinaria, fosse stata invitata al pranzo nuziale nell’Harem tutta la comunità musulmana di Medina. Una volta terminato il pranzo di nozze, tre invitati grossolani insistettero a rimanere e a gozzovigliare nella casa degli sposi; il profeta, il cui desiderio immediato era di stare solo con Zeynab, ma le cui caratteristiche principali erano la calma e la riservatezza, si allontanò dalla sala da pranzo, aspettando con pazienza che i tre ospiti maleducati si congedassero. Quando tornò, i rozzi invitati erano ancora seduti al tavolo, offendendo,

con la loro prolungata presenza, la giovane sposa.

Maometto, mantenendo ancora la calma, si allontanò di nuovo, finché gli uomini non se ne andarono. Allora il Profeta, tenendo un piede dentro la camera nuziale di Zeynab e un piede nella sala da pranzo, fece cadere dal soffitto un hejab tra lui e il suo discepolo Anas, e, proprio in quel momento, gli fu dettato il versetto sullo hejab, che si trova nel Corano.

In base a questo hadith, appare evidente come l’idea stessa di hejab nell’Islam sia nato dunque non tanto per separare i due sessi e creare così una gerarchia di genere, o per proibire il corpo della donna allo sguardo esterno come se esso rappresentasse un luogo e uno spazio geografico inaccessibile, bensì come un oggetto la cui improvvisa comparsa sarebbe servita a separare due uomini (Anas e Maometto) o meglio due ambiti differenti della vita sociale: l’ambito pubblico da quello privato.

Da un lato della tenda vi è il profeta, che si trova a guidare spiritualmente una comunità con poche norme di auto-disciplina, per trasformarla in un popolo sottomesso (muslimun) ad un unico Dio e a precise regole di vita spirituali, ma soprattutto materiali e sociali, compresa la buona creanza; dall’altro lato della tenda vi è Anas, suo discepolo, che rappresenta l’occhio del pubblico onnipresente, che infine, dopo l’incidente dei tre invitati, viene escluso per mano divina dalla sfera privata del profeta, o meglio della sua famiglia. La funzione dello hejab è dunque in origine quella di separare in modo tangibile il sacro -lo spazio dell’intimità- dal profano, ciò che è accessibile allo sguardo di tutti, che è condiviso con il resto della comunità. La tenda e la sua funzione sono in tal modo specchio della necessità, nell’Islam, che è una religione che si fonda sulla vita comunitaria, di porre dei confini materiali e immateriali tra gli spazi a cui i componenti della comunità hanno diritto e dovere di

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accesso e gli spazi proibiti, di delimitare le sfere allora ancora sconosciute del pubblico e del privato, di regolare, attraverso le dimensioni spazio e tempo, i rapporti tra i membri della comunità, della ‘umma, in quanto i concetti di lecito e illecito non riguardano esclusivamente il comportamento che un fedele ha nei confronti del proprio Dio, ma anche, e soprattutto, quello che i fedeli hanno tra di loro: ciò che è nascosto da un velo o una tenda diventa dunque un oggetto o uno spazio proibito nel momento stesso in cui viene velato.

!XIII.Perché “loro”

da noi possono fare quello che vogliono, mentre noi da loro no?

DI MARIA BOMBARDIERI !La questione della reciprocità ritorna

spesso nelle narrative e nei dibattiti pubblici sull'Islam. Interessa in particolar modo il tema della libertà religiosa e nello specifico la richiesta di costruzione di moschee in Italia. L'Islam è una religione che si è d i f f u s a d a l l ' A r a b i a a l M a r o c c o , dall'Indonesia all'Europa, in paesi dove vigono governi e ordinamenti giuridici differenti, quindi, per comprendere la questione della reciprocità è necessario uno sforzo di contestualizzazione.

Ci sono paesi musulmani, per esempio il Marocco e la Tunisia, con ordinamenti costituzionali con una certa tutela della libertà religiosa, dove è possibile praticare un culto diverso dall'Islam in edifici pubblici, di fatto in questi paesi sono presenti molte chiese, più critico si fa, invece, il discorso sull'esposizone di simboli religiosi (croce) o su aspetti architettonici come i campanili

che rimandano alla visibilità di una religione nello spazio pubblico e al suo prestigio. Rimane, invece, l ' interdizione sulle conversioni e sulla possibilità che una donna musulmana sposi un uomo non musulmano. Tuttavia, in Italia e in Europa, la realtà sociale musulmana pone in evidenza lo sviluppo di un Islam sempre più europeo e con le “seconde generazioni” il crescere del numero di coppie miste, tra le quali qualche volta è anche possibile trovare un uomo non-musulmano accanto a una donna musulmana.

La reciprocità si gioca così su livelli diversi: statale e individuale. I musulmani italiani e europei con la loro rielaborazione dell'Islam nel vissuto in un paese non-m u s u l m a n o , f o n d a t o s u i p r i n c p i costituzionali che tutelano la libertà religiosa, possono farsi promotori di una riflessione nei paesi d'origine perchè anche quei paesi e quei musulmani beneficino dei frutti di apertura emersi nei contesti di immigrazione. In questi termini si può, allora, pensare la reciprocità. E non come, talvolta, capita di udire quale strumento di propaganda in campo elettorale per subordinare il diritto costituzionale di libertà religiosa (di culto) della minoranza musulmana al volere della maggioranza, che si richiama a presunti valori culturali e cristiani, se non perfino all'uso del referendum, tradendo quei principi a fondamento della democrazia e del Paese. !!

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Hanno scritto questi articoli: !

Dr. Marco Demichelis (Torino, 1979) è assegnista di ricerca, dal 2013, in Studi islamici e Storia del Medio Oriente presso il Dipartimento di Scienze Religiose dell'Università Cattolica di Milano. Il Dr. Demichelis ha recentemente pubblicato Una storia di mondo arabo (Ananke: Torino, 2013), un testo pedagogico per studenti universitari. !

Dr. Luca Patrizi, insegna Storia dei paesi islamici nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Torino. !

Dr. Luca Ozzano e' docente di Scienza Poiitica all'Universita' di Torino, e coordinatore dello standing group SISP 'Politica e religione'. Il suo ultimo libro (scritto con Alberta Giorgi) e' in corso di pubblicazione presso Routledge con il titolo "European Culture Wars and the Italian Case: Which Side Are You on?”. !

Dr.ssa Sara Hejazi, antropologa e giornalista, ha conseguito il dottorato di ricerca in Antropologia della complessità presso il Centro e s t u d i s u l l a c o m p l e s s i t à ( C . E . R . C . O ) dell'università di Bergamo. Si occupa di spiritualità e religioni nelle società complesse.Tra le sue ultime pubblicazioni, con Maria Chiara Giorda, Luoghi e spazi sacri (Morcelliana, Humanitas, 2014) e Monaci senza Dio (Mimesis, 2014). !

Dr.ssa Maria Bombardieri, dottoranda in Scienze sociali: interazioni, comunicazione, costruzioni culturali e tutor nel Master in Studi sull’Islam d’Europa presso l’Università degli Studi di Padova. Tra le sue pubblicazioni: “Islam e Integrazione in Italia” (a cura con Angelucci A., Tacchini D., Marsilio 2014) e “Moschee d’Italia. Il diritto al luogo di culto. Il dibattito sociale e politico” (Emi, 2011).

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FONDAMENTALISMI !

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Il concetto di ‘fondamentalismo religioso’ ha conosciuto negli ultimi decenni un’ampia d i f fus ione, s ia ne l le pubb l icaz ion i giornalistiche, sia nel linguaggio comune. Questa popolarità del termine, tuttavia, è coincisa con una sempre minore precisione nel suo uso, che lo ha fatto identificare con l’estremismo religioso in genere e in particolare con le sue manifestazioni violente e i fenomeni di terrorismo. !Quando nasce il termine in ambito religioso? !

Il concetto di fondamentalismo non nasce nell’ambito del mondo islamico ma all’interno del Protestantesimo americano. Negli Stati Uniti, infatti, a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, si sviluppò un movimento religioso che intendeva reagire alle interpretazioni moderniste della Bibbia che dall’Europa si erano diffuse sul Nuovo Continente. Queste teorie, note agli studiosi come higher criticism, si ponevano in una prospettiva critica rispetto al testo sacro, a cui applicavano le più raffinate tecniche filologiche per vagliarne l’attendibilità.

I teologi conservatori statunitensi presero posizione contro le nuove mode interpretative del testo biblico in quello che è ora considerato il manifesto fondatore del fondamentalismo, elaborato durante la conferenza di Niagara Falls del 1895 e articolato nei seguenti punti: 1) assoluta inerranza del testo sacro; 2) riaffermazione della divinità di Cristo; 3) Cristo è nato da una Vergine; 4) redenzione universale garantita dalla morte e risurrezione di Cristo; 5) risurrezione della carne e certezza della seconda venuta di Cristo.

I religiosi conservatori ribadirono con forza quelli che ritenevano i dogmi fondamentali del cristianesimo: fra il 1909 e il 1915, questi ultimi vennero così divulgati

in una serie di volumetti chiamata Fundamentals. Dopo la Prima Guerra Mondiale, nacque con lo stesso scopo la World Christian Fundamentals Association; i membri del movimento iniziarono, così, ad a u t o d e f i n i r s i , c o m u n e m e n t e , “fondamentalisti” (appunto nel senso di “ritorno ai fondamenti del Cristianesimo”). Nel 1925 nello stato del Tennessee, a Dayton, un pastore fondamentalista accusò un professore di biologia, John Scopes, di insegnare le teorie di Darwin, nonostante la proibizione che vigeva di insegnare le teorie sull'evoluzionismo nelle scuole pubbliche. (Il Tennessee è una delle aree meridionali degli Stati Uniti, la cosiddetta Bible bel t o c intura del la Bibbia). L'insegnante, con l'appoggio dei liberali, denunciò il fatto e intentò un procedimento giudiziario che lo vide sconfitto: il cosiddetto ‘processo alle scimmie’ (Monkey trial). !Qual è la storia degli studi sul fondamentalismo? !

Da questo uso del termine (che è ancora oggi in uso presso alcune denominazioni dell’ala estrema dello schieramento evangelical americano) va distinto quello scientifico e comparativo, utilizzato solo a partire dagli anni ’80 del Novecento per rappresentare un fenomeno di revival religioso sviluppatosi, negli stessi anni, nell’ambito di tutte le principali confessioni. Questo ritorno in auge della r e l i g i o n e – c h e v e n n e d e f i n i t o , probabilmente per la prima volta, dallo studioso francese Gilles Kepel (G. Kepel, La revanche de Dieu, Seuil, Paris 1991 [trad.it., La rivincita di Dio, Rizzoli, Milano 1991), con la fortunata formula revanche de Dieu (rivincita di Dio) – rappresentava un evento del tutto inatteso. Infatti, per buona parte del Novecento, era stato del tutto

Fondamentalismo, fondamentalismi appunti per una definizione di MARIA CHIARA GIORDA

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predominante, all’interno delle scienze sociali, il cosiddetto “paradigma della secolarizzazione”, che vedeva nella religione niente più che un fenomeno regressivo, destinato ad essere superato (o, al massimo, ridotto a fenomeno esclusivamente privato) dalla modernità. La religione, del resto, pareva un aspetto sempre meno importante della vita della maggior parte delle persone, in tutte le principali culture.

A partire dalla seconda metà degli anni ’70 ebbe invece luogo non solo una generale rinascita del sentimento religioso, ma soprattutto un suo ritorno evidente sulla scena pubblica e politica: negli Stati Uniti, con l’elezione a Presidente dell’evangelical Jimmy Carter e, successivamente, la nascita del movimento della Christian Right; In Iran, con la rivoluzione islamica di Khomeyni; in Israele, con l’ascesa al potere della destra religiosa nel Governo di Menachem Begin; in India, con la nascita e lo sviluppo del partito della destra indù Bharatiya Janata Party (solo per citare i casi più emblematici). Dalla necessità interpretativa di dare un nome a queste tendenze (e, in particolare, alle innovative tendenze estremiste dell’Islam) emerse così l’applicazione in prospettiva comparata del termine fondamental ismo. Tale processo non avvenne, del resto, senza riserve: secondo Bruce Lawrence (autore, nel 1989, di Defenders of God, che può probabilmente essere considerato il primo libro ‘serio’ in cui si applichi il concetto, in modo comparato, a Cristianesimo, Islam ed Ebraismo), persisteva infatti in molti studiosi una tendenza a considerare il fondamentalismo “una riserva speciale del Cristianesimo protestante”, con una riluttanza a menzionare le varietà non cristiane di fondamentalismo. Lawrence sottolineò inoltre l’importanza di non fermarsi al solo aspetto scritturale, mettendo in luce l’importanza di fattori quali la reazione alla modernità e la leadership

carismatica, che cooperano nel trarre dalle scritture una ideologia religiosa. Egli evidenziò inoltre uno dei principali paradossi dell’universo fondamentalista, che è per lo più contro il modernismo, ma non contro la modernità, di cui vengono spesso accettati e utilizzati “i benefici strumentali” (tecnologie, media e modalità organizzative in primo luogo), “ma non il suo ri-orientamento di valori” (ovvero le ideologie pluraliste, laiciste e materialiste). !

La pietra mil iare degli studi sul fondamentalismo è tuttavia rappresentata dal Fundamentalism Project, avviato alla fine degli anni ’80 dall’American Academy of Arts and Sciences. Dai seminari interni al progetto, che coinvolsero decine di illustri studiosi appartenenti a diversi rami delle scienze umane e sociali (come Shmuel E isenstadt , Gabr ie l A lmond, Mark Juergensmeyer, Ernest Gellner), sarebbero scaturite nella prima metà degli anni ’80 cinque voluminose raccolte di saggi che ana l izzavano i d ivers i aspet t i de l fondamentalismo religioso all’interno delle principali religioni mondiali. L’ultimo volume ( i n t i t o l a t o F u n d a m e n t a l i s m s Comprehended, Marty e Appleby (a cura di), The University of Chicago Press, Chicago 1995), in particolare, si poneva il proposito di tirare le somme dell’intero lavoro, per giungere ad una definizione di fondamentalismo applicabile a tutti gli ambiti studiati.

In queste pagine, Gabriel Almond, Emmanuel Sivan e R. Scott Appleby definiscono il fondamentalismo attraverso un elenco di nove caratteristiche ricorrenti, cinque relative all’ideologia e quattro all’organizzazione: !

1- Reattività alla marginalizzazione della religione. Secondo gli autori, un movimento può essere diretto alla protezione di una determinata etnia o gruppo, o essere legato ad una ideologia nazionalista, ma per

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deve in ogni caso “essere preoccupato in primo luogo per l’erosione della religione e del suo ruolo nella società”. In particolare, i m o v i m e n t i r e a g i r e b b e r o a l l a secolarizzazione e alla modernizzazione in modo bivalente: sia opponendosi a quest’ultima, sia sfruttandola in modo selettivo per il perseguimento dei propri. !

2- Selettività. La stessa selettività si esplica non solo verso i frutti della modernità – accettando, ad esempio, talune innovazioni tecnologiche – ma anche verso la tradizione, che i movimenti fondamentalisti (a differenza di quelli meramente conservatori o tradizionalisti) “selezionano e rimodellano” in alcuni suoi aspetti particolari, cogliendo “particolari momenti storici, associati a testi sacri e tradizioni, e interpretati secondo uno strano calcolo di tempo e spazio”. L’atteggiamento selettivo verso la tradizione e quello verso la modernità, strettamente interrelati, permettono a loro volta ai fondamentalisti di identi f icare part icolari aspett i del la modernità che scelgono come bersagli su cui focalizzare la propria opposizione – come ad esempio l’aborto negli Stati Uniti o la cessione dei territori in Israele. !

3- Manicheismo morale. Secondo i f o n d a m e n t a l i s t i i l m o n d o è incompromissibilmente diviso tra luce e tenebre, bene e male, tra un mondo interno puro e un mondo esterno contaminato. !

4- Assolutismo e infallibilità (inerrancy) relativi ai testi sacri o ad istituzioni che ne svolgono la funzione (infallibilità papale, scuole giurisprudenziali canoniche, etc.), che costituiscono i fundamentals della tradizione. Una strenua opposizione è riservata, specificamente, ai metodi interpretativi ermeneutici sviluppati dagli studiosi laici: questo non significa che non si ammettano differenti interpretazioni, ma

soltanto che queste interpretazioni devono seguire canoni tipici della tradizione in questione, anziché quelli propri della razionalità critica. !

5- Mil lenar ismo e messianismo , secondo i quali la storia dovrebbe avere “un culmine miracoloso”, nel quale il bene trionferà sul male e le sofferenze per i c r e d e n t i a v r a n n o f i n e . Q u e s t e “drammatiche escatologie” sono spesso fondamentali nel modellare l’identità dei gruppi e nell’ispirare le loro azioni. !

6- Appartenenza per elezione o scelta (divina) al gruppo, definito come ‘i fedeli’, ‘l’ultimo avamposto’, ‘coloro che prestaano fede al patto’, ‘che portano testimonianza’, etc. Alcuni gruppi effettuano un’ulteriore divisione al proprio interno, tra gli eletti veri e propri e la ‘periferia di simpatizzanti’. !

7- Confini netti tra gli appartenenti al movimento e il mondo esterno: di tipo f is ico, come nel caso degl i ebre i ultraortodossi (che vivono in quartieri separati dal resto della popolazione israeliana); ma più spesso di tipo simbolico e immateriale, consistenti in regole di c o m p o r t a m e n t o , a b b i g l i a m e n t o , alimentazione, o un distinto vocabolario. Dato il loro scopo, questi confini spesso sono intenzionalmente scandalosi di fronte alla mentalità post-illuminista e al sentire laico: questo per effettuare una sorta di test ‘cartina di tornasole’, al fine di “separare i veri credenti da chi rimane fuori”. !

8- Organizzazione autoritaria, strutturata in genere in modo carismatico, attraverso la relazione leader-seguace, a cui si contrappone tuttavia solitamente una sostanziale eguaglianza tra i membri. !

9 - R e q u i s i t i c o m p o r t a m e n t a l i , rappresentati non solo dalle regole di

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anche da apparati simbolici distintivi (musiche, canti, inni rituali), da proibizioni specifiche (riguardanti ad esempio il comportamento sessuale, l’uso di alcolici, e l’educazione dei figli), da censura e supervisione su letture e altri svaghi, e da una stretta regolazione sulla scelta del partner da parte dei membri. !

Sebbene l ’opera appena c i ta ta costituisca un contributo imprescindibile allo studio del fondamentalismo, a partire dagli anni ’90 sono state proposte numerose definizioni alternative, che talvolta riprendono in parte quella del Fundamentalism Project, talaltra se ne discostano decisamente.

Il sociologo Roland Robertson, per e s e m p i o , h a i p o t i z z a t o c h e i l fondamentalismo possa rappresentare un effetto, o un aspetto stesso, del processo di globalizzazione in atto negli ultimi decenni: le comunità religione non più in grado di difendere la propria tradizione, secondo questa prospettiva, finirebbero infatti per proporne su scala globale una versione reinventata (R. Robertson, Globalization: Social Theory and Global Culture, Sage, London 1992).

Un’interpretazione del tutto differente è quella fornita da Samuel Huntington e da a l t r i t e o r i c i , s e c o n d o i q u a l i i l fondamentalismo sarebbe uno degli aspetti dello “scontro di civiltà”: il fondamentalismo nascerebbe, in particolare, nelle società non occidentali, in risposta al senso di vuoto generato dalla rapida introduzione di modell i sociali e polit ici di stampo occidentale, e si tradurrebbe in una accettazione della modernizzazione a c c o m p a g n a t a d a u n r i f i u t o dell’occidentalizzazione (S. Huntington, The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order, Simon and Schuster, New York 1996 [trad. it: Lo scontro di civiltà e il

nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano 1997]). !

Nel nostro Paese, lo studio comparato del fondamentalismo si è affermato soprattutto grazie all’opera dei sociologi Renzo Guolo ed Enzo Pace, i quali nel loro volume intitolato I fondamentalismi (1998) hanno proposto una definizione più sintetica del fenomeno, che si articola in quattro punti principali: !

1- Principio dell’inerranza relativo al contenuto del Libro sacro, che va assunto nella sua interezza e non può essere interpretato liberamente dalla ragione umana. !

2- Principio dell’astoricità del Libro e della verità che esso contiene, la quale non può essere contestualizzata storicamente o adattata al mutare delle circostanze. !

3- Principio della superiorità sulla legge umana della Legge Divina, la quale configura un “modello integrale di società perfetta”. !

4- Primato del mito di fondazione che, rappresentando in maniera mitica la nascita del la comunità dei credenti , funge contemporaneamente da legittimazione dell’assolutezza del sistema di credenza e da strumento di coesione per la comunità stessa.

A questi quattro punti gli autori aggiungono poi due corollari: il primo relativo all’uso dei simboli religiosi in tutti i contesti (compreso quello sociale e quello politico), che viene fatto consapevolmente dai militanti con una finalità che è al contempo di lotta e di testimonianza; il secondo riguardante la “sindrome del nemico” che, attribuendo un’immagine concreta agli avversari del progetto fondamenta l is ta , ra fforza le rad ic i

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interno (rappresentato in questo caso da tutti gli appartenenti alla stessa comunità etno-religiosa dei fondamentalisti, che tuttavia ne rifiutano il messaggio, proponendo un’ideologia laica e pluralista).

Il testo di Pace e Guolo, oltre a fornire interessanti spunti per una definizione del fenomeno, chiarisce anche al lettore le differenze esistenti fra il concetto di fondamentalismo ed altri concetti utilizzati, talvolta, come quasi-sinonimi: integrismo, tradizionalismo e conservatorismo. La d i f f e renza f ra fondamenta l i smo e integrismo, che secondo i due autori è molto sottile, va ricercata nel fatto che, nell’integrismo cattolico non vi è un appello diretto ad un libro sacro, il rapporto con il quale è mediato dall’autorità infallibile del Papa e da que l l a de l l ’ i s t i t uz ione ecclesiastica. Il tradizionalismo sarebbe invece niente più che l’idea che la linea di credenza consolidatasi nel tempo non possa essere mutata, pena la sua svalutazione e il suo deperimento; il conservatorismo, invece, identifica piuttosto una visione ideologica che si rapporta ad un sistema di credenza religiosa e si esprime soprattutto nel timore della perdita di influenza sociale della religione e dell’equilibrio che essa garantisce.

Mentre gli appartenenti a queste due correnti hanno quindi un atteggiamento principalmente difensivo, si può invece affermare (nelle parole di un altro illustre studioso) che “i fondamentalisti [...] contrattaccano. Questo è il loro segno distintivo. Essi vogliono reclamare un posto che sentono essere stato loro tolto. Vogliono recuperare quelli che presumono o affermano essere gli antichi e sicuri modi di vita di un mondo che stanno perdendo. I fondamentalisti faranno quello che è necessario per assicurare il proprio futuro in un mondo da loro stessi definito” (dove “quello che è necessario” può comprendere azioni volte alla conversione, oppure alla

modifica delle leggi e anche, in casi estremi, la guerra e il terrorismo contro gli infedeli). !Chi sono, dunque, oggi i fondamentalisti? ! !

In ambito cristiano protestante vanno innanzitutto annoverati come tali non solo i g r u p p i c h e s i a u t o d e f i n i s c o n o “fondamentalisti”, ma anche altri movimenti religiosi che ne condividono in tutto o in parte il messaggio, sia all’interno dello schieramento evangelical, sia in gruppi dell’estrema destra cristiana come Christian I d e n t i t y . I n q u e s t o c o n t e s t o , i fondamentalisti protestanti, in alleanza con altre denominazioni crist iane meno estremiste, hanno fondato la cosiddetta Christian Right, che ha acquisito, a partire dagli anni ’90, una considerevole influenza sul Partito Repubblicano. Sempre in ambito protestante vengono in genere classificati come fondamentalisti anche alcuni gruppi di attivisti protestanti dell’Ulster. All’interno del mondo cattolico, gli studiosi non hanno invece fino ad oggi ravvisato fenomeni di vero e proprio fondamentalismo (secondo a l c u n i a c a u s a d e l l a p r e s e n z a dell’istituzione ecclesiastica, che impedisce una eccessiva eterodossia nelle credenze che, invece, sarebbe facilitata all’interno di confessioni tendenzialmente ‘anarchiche’, come il Protestantesimo e l’Islam Sunnita). In ambito ortodosso esistono invece p r o b a b i l m e n t e d i v e r s e r e a l t à fondamentaliste (in genere coniugate con un acceso nazionalismo) che tuttavia sono state finora studiate in modo limitato.

Nell’Islam – nonostante la quantità e la natura estremamente variegata di gruppi e movimenti che, insieme alle differenze di contesto geografico e culturale, rende difficile una classificazione – è possibile ravvisare due grandi tendenze. La prima di queste, esemplificata dal movimento dei

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c o m e H a m a s ) m i r a a d u n a islamizzazione dal basso della società, nella quale opera con una serie di attività, educative e di welfare, preliminarmente alla conquista del potere. L’altra (personificata da una serie di movimenti rivoluzionari diffusi in tutto il mondo islamico e da fenomeni atipici come quello dei Taliban) opera invece in una logica di intervento dall’alto, mirante innanzitutto a conquistare il potere attraverso l’azione violenta di una avangua rd ia , pe r po i i s l am izza re successivamente la società.

In ambito ebraico, considerando in primo luogo Israele (ma non trascurando una galassia di piccoli gruppi diffusi dagli USA ad alcuni Paesi europei), esistono almeno due grandi ‘famiglie’ religiose cui ci s i r i f e r i s c e , i n g e n e r e , c o m e fondamentaliste. La prima è rappresentata dal Sionismo religioso, che fin dal principio ha appoggiato la creazione dello Stato di Israele e si è concretizzata, a partire dalla fine degli anni ’70 in gruppi estremisti dal forte accento nazionalistico come Gush Emunim e Kach, partecipando spesso a Governi di coalizione attraverso partiti religiosi di estrema destra e infiltrandosi con successo nello stesso Likud. L’altra è c o s t i t u i t a d a i c o s i d d e t t i h a r e d i m (riconoscibili dall’abbigliamento, che conserva le forme diffuse nei villaggi dell’Est Europa prima della Shoah), che hanno sempre avuto, per ragioni religiose, forti riserve sulla creazione dello Stato Ebraico: in questo caso, gli studiosi sono tuttavia discordi sull’assegnazione alla categoria dei fondamentalisti o a quella dei tradizionalisti.

Nell’ambito delle religioni indiane, il fenomeno che più frequentemente ha g u a d a g n a t o l a d e f i n i z i o n e d i fondamentalista è l’estremismo sikh (religione nata in Punjab dall’incontro fra Islam e Induismo). All’interno di questa confessione è infatti sorta (in particolare

dopo atti di repressione del Governo indiano come quello del 1984 ad Amritsar) una corrente che ha recuperato l’antico ideale di monaco-guerriero nella sua lotta contro il potere centrale, dichiarando contro di esso una vera e propria guerra santa. Anche il mondo hindu non è tuttavia scevro da fondamentalismi (che tuttavia alcuni studiosi preferiscono identificare sotto la categoria di nazionalismo religioso): rappresentati, in primo luogo, dalle associazioni del cosiddetto Sangh Parivar, come l’RSS e soprattutto il VHP. Queste ultime, che si sono dotate anche di bracci paramilitari per affrontare le controparti islamiche, hanno inoltre promosso la creazione del Bharatiya Janata Party (BJP), il quale ha governato l’India dal 1998 al 2004. !Una riflessione conclusiva !

La promozione di at teggiament i fondamentalisti si lega alla critica alla c o n t e m p o r a n e i t à ( m o d e r n i t à e globalizzazione, in primis) e al ritorno ai v a l o r i t r a d i z i o n a l i . L a c u l l a d e l fondamenta l i smo po t rebbe essere individuata nella cultura dell’enclave, la “nicchia identitaria”: un gruppo, di fronte a un rischio, cerca uno spazio simbolico alternativo in cui vige soltanto l’ordine etico-morale e civico dato da una tradizione religiosa, i cui confini simbolici e fisici sono f o r t i e l ’ e s t e r n o p e r c e p i t o c o m e inconciliabile.

I caratteri che si ritrovano in questa chiusura, sono il ritiro dal mondo (la separazione s imbol ica può essere accompagnata da separatezza fisica), un’identità comunitaria forte, in cui vi è la possibilità di una scalata al potere da parte di ogni suo membro, il ricorso alla violenza simbolica e non solo per imporre una verità ritenuta sacra, la riduzione alla sfera politica per cui la lotta religiosa, il conflitto religioso diventa un affare politico.

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Poss iamo t en ta re d i app l i ca re operativamente il modello enclave ai “fondamentalismi” contemporanei, per interrogarci sui nessi –che paiono ineludibili- tra le ricerche di fondamento e l’innescarsi di meccanismi violenti che non vanno solo in direzione di un fundus, ma che escludono e tagliano. !Riflessioni a partire dai testi: !- M . G i o r d a , D i o l o v u o l e ! , I

fondamentalismi religiosi, SEI, 2012. - R. Guolo, E. Pace, I Fondamentalismi,

Laterza, 2002 - L . O z z a n o , F o n d a m e n t a l i s m o e democrazia, Il Mulino, Bologna 2009

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Fondamentalismo Islamico Breve excursus storico a cura del Centro Studi di Acmos

Per cercare le origini del fondamentalismo islamico, è necessario tornare al periodo tra il XVIII e il XIX sec secolo, quando si diffonde il risveglio, una corrente del fondamentalismo islamico che si sviluppa nel le aree peri fer iche degl i imperi musulmani. È una risposta alla crisi socio-religiosa del 1700, ed è portato avanti da tribù che si oppongono alla burocrazia e istituzione islamica ormai in decadenza, e che propongono un Islam magico-popolare o un misticismo sufi. L’Islam del risveglio ha, quindi, caratteri fortemente etno-nazionali e si sviluppa soprattutto in India del Nord, in Nigeria, in Somalia, in Sudan. !In breve, è possibile individuare alcuni caratteri comuni: - riaffermazione del carattere rigidamente monoteista dell’Islam. - abbandono dei territori dove la presenza di infedeli, politeisti e pagani è troppo alta oppure riconquistarli, - presenza di un capo carismatico che si presenta come rinnovatore (Mahdi, l’atteso o l’inviato di Dio). Il messianismo islamico sostiene che il Mahdi arriverà solo in seguito ad una fase di guerre civili, di falsi profeti e di devianza, che provoca la vittoria degli infedeli. !In realtà, il più importante dei movimenti di risveglio è quello fondato da Muhammad Abd al Wahhab (1705-1787) in Arabia Saudita, che predica un ritorno alle fonti di un Islam puro, liberato dalle innovazioni dei secoli moderni. L’Islam wahhabita si basa sul concetto di sovranità assoluta di Dio, anche sul piano mondano, sul rigido monoteismo, che comporta anche il rifiuto all’adorazione di ogni essere vivente altro, come i santi.

Questi movimenti non riescono a produrre cambiamenti strutturali né nelle istituzioni né nella religione: rimangono periferici, che conoscono la “solitudine del deserto” e che non riescono a reggere il confronto con la supremazia Europea. !Una nuova corrente che si sviluppa nel cuore de l mondo musulmano è i l riformismo, che pone al centro il problema dell’arretratezza in campo politico, militare e tecnologico. I suoi seguaci vogliono rinnovare dall’interno, acquisendo e dominando le tecniche istituzionali, militari e di produzione dell’occidente. !La corrente più importante è quella salafiyyai, che nasce in ambito ottomano, in particolare con Muhammad Abduh e Jamal al-Din Asadabadi e con important i intellettuali dell'Università al-Azhar e con il siriano Rashid Rida. La corrente sostiene che la rinascita musulmana dovesse venire dall’alto, per via politica, mettendo al centro concetti come amministrazione, burocrazia e autorità politica: la sfida è di conciliare modernità e Islam. !Il riformismo ha una notevole influenza all’inizio del Novecento e dopo la caduta dell’impero ottomano, soprattutto in ragione delle rivendicazioni nazionaliste e alle lotte per l’indipendenza. Questa scuola di pensiero, però non saprà collocarsi alla testa di questi movimenti, perché cercherà, senza successo, di modernizzare l’Islam senza assorbire la cultura della modernità: alla testa dei movimenti indipendentisti si collocheranno élites nazionaliste di matrice occidentale che, una volta al potere, ridurranno l’Islam ad una dimensione culturale e privata.

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La te rza cor ren te ana l i zza ta è i l radicalismo, i cui elementi scatenanti sono la rimozione dell’Islam come elemento fondativo dei nuovi Stati-nazione e la di ffusione di ideologie occidental i , nazionaliste e socialiste. Il radicalismo, pur avendo elementi di continuità con le ideologie precedenti, inserisce un elemento di novità: la modernizzazione del concetto di jihad e l’islamizzazione di quello di modernità. Il posto centrale è assunto dal concetto di “politico” e dalla coppia nemico/amico: il politico è l’elemento centrale per definire l’inclusione/esclusione dallo Stato Etnico, permeato di sacralità che si vuole costruire. A l l e o r i g i n i d e l r a d i c a l i s m o c ’ è l’associazione dei Fratelli Musulmani (1928) fondata dall’egiziano Hasan al-Banna (1906-1949) che intende il partito politico come strumento rivoluzionario e che mira all’unità islamica come sbocco finale dei processi di nazionalismo. I Fratell i Musulmani subirono la repressione del governo e vennero più volte sciolti. !Il radicalismo di Sayyid Qutb(1906-1966): i fondamenti teorici del radicalismo vengono formalizzati da Qutb in carcere (era un membro dei fratelli musulmani e, per questo, arrestato in Egitto). Tra il 1954 e il 1964 fa pubblicare lo Zilal, un commentario coranico che cerca di tradurre i principi del testo sacro in strumenti di anal isi dell’organizzazione sociale, della politica e dell’economia moderna. L’intento del testo è di dimostrare come l’Islam sia un sistema universale ed eterno che deve essere reinterpretato dinamicamente, rileggendo con lo sguardo del proprio tempo i principi fondamentali. L’Islam per Qutb non è una tradizione cristallizzata ma è continuamente sollecitata ad evolversi. I concetti chiave per Qutb sono: - Jahiliyya: ignoranza religiosa. - Hakimmiyya: sovranità divina

- Tali’a: avanguardia - Jihad: combattimento sulla via di Dio Per Qutb è legittimo solo il potere dei governanti che obbediscono alla Legge divina: i custodi della fede non sono i tradizionali attori socio-religiosi (ulama e fuqaha), bensì i militanti del “partito di Dio”, c ioè un gruppo eletto di credenti , un’avanguardia che deve trovare le tracce c h e p o r t e r a n n o a l l a f e d e v e r a , nell’ignoranza generale; devono rettificare qualsiasi violazione da parte umana del potere-autorità divino. Nel concreto, è un’azione di guerra contro ogn i po tere umano: è una nuova interpretazione del concetto di jihad che diventa massimalista e offensivo, e che pensa che l’Islam debba distruggere qualsiasi forza che si frapponga tra Dio e gli uomini. Il jihad ha una valenza anche interna: i governanti che portano valori lontani dall’Islam. Il potere legittimo dello Stato Islamico si deve fondare sul principio della guida (imam) che deve emergere in modo carismatico tra i fedeli e della consultazione (shura). Il partito d’avanguardia ha anche il ruolo di produrre il nuovo diritto, che viene legittimato religiosamente: per l’Islam infatti, la fonte della legge è il consenso della comunità dei dotti (insieme al Corano e alla Sunna), e Qutb fa identificare l’avanguardia dei credenti con la comunità, legittimando il corpus teorico nuovo. Quest’operazione è una cesura forte con il passato, perché riapre lo spazio alla interpretazioni personali della legge (chiuso dalle scuole coraniche nel X sec). !Nel mondo sciita, Khomeini (Iran) fu l’ispiratore del radicalismo, che riuscirà a portare al governo, creando, con l’aiuto del clero medio e inferiore e della gioventù rivoluzionaria (hezbollah), la Repubblica Islamica.

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Pur avendo alcuni elementi comuni, il radicalismo sciita e sunnita rimangono divisi su alcuni elementi: !a) Il mondo islamico attuale si trova in uno stato di miscredenza, di lontananza dai principi originali dell’Islam, di oppressione e sfruttamento da parte di nuovi imperialisti (USA in particolare, e Israele) che lottano con armi e con propaganda per annientare l’Islam. b) Per combattere questa realtà è necessario contrapporre una utopia retrospettiva: si procede a fare dell’Islam, nella sua forma originaria idealizzata, un contrappeso all’identità europea. c) Per recuperare l’Islam autentico e riprodurre le circostanze straordinarie dell’epoca del Profeta, è necessario instaurare lo stato Islamico. Il concetto di stato islamico è totalmente moderno perché né la pratica né le dottrine classiche lo hanno mai realizzato o concepito. Infatti, dopo la Medina di Maometto, nessuno stato si è effettivamente retto sulla sharia e nessuno lo ha mai teorizzato (anche perché il mondo islamico era frammentato), ma sono stati teorizzati modelli islamici di stato (per ripristinare la legge islamica in organismi politici e di regime che si governavano al di fuori di essa). Tanto che i radicali islamici auspicano uno stato in cui pol i t ica e rel ig ione fossero legat i , lamentando come non sia mai successo in passato. d) Il mezzo per arrivare a combattere i nemici dell’Islam è il jihad, il dovere dimenticato che i musulmani devono tornare a ottemperare, per difendersi: l’Islam si erge come religione che difende la giustizia sociale e gli oppressi. e) Lo stato islamico si fonda su tre capisaldi: la sovranità di Dio, la giustizia e c o n s u l t a z i o n e ( s i a g i u s t i z i a c h e consultazione sono concetti presenti nel

Corano che potrebbero ispirare una dottrina islamica della democrazia). !La r ivo luz ione Khomein is ta non è rivoluzione del clero, ma solo della parte medio-inferiore di esso, rappresentato dall’attivismo dei mullah che con l’attivismo rompono il tradizionale meccanismo di ascesa basato sul sapere religioso. Quella iraniana è una rivoluzione contro la tradizione religiosa. !Riflessioni a partire dai testi: !R. Guolo, E. Pace, I Fondamentalismi, Laterza, 2002

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!!

LE MOSCHEE !

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I luoghi religiosi dell’Islam a Torino DI LUCA BOSSI La mappatura delle sale di preghiera è stata aggiornata grazie al contributo di Alessandro Bertaglia, Ahmed Ben Said, Marta Cipolla, Emma Laroche e Angelo Pulini, studenti del corso magistrale in Sociologia delle Religioni tenuto dalla prof.ssa Stefania Palmisano, Dipartimento CPS-Unito, in collaborazione con il progetto Re-Party per una mappatura dei luoghi religiosi a Torino.

Quante sono le moschee a Torino? !La risposta è tutt’altro che semplice: una, nessuna, oppure sedici. Pur potendo definire – e individuare, come abbiamo fatto – le sedi di associazioni entro le quali si svolga collettivamente attività cultuale, ben più complessa è la definizione di quanto attenga alla categoria della moschea: se questa identifica un edificio di culto di proprietà di un ente religioso riconosciuto dallo Stato italiano, allora nessuna sede cultuale islamica a Torino è definibile propriamente come tale (e in linea di principio l’unica in Italia sarebbe la

moschea di Roma); se la moschea è quell’edificio contraddistinto dalla presenza di determinati caratteri architettonico-artistici, allora a Torino sembrerebbe esistere una sola moschea, quella di via Genova, la cui struttura richiama – più di altre – alcune tra le peculiarità estetiche che ne definiscono l’immaginario diffuso; se m o s c h e a è i n v e c e q u e l l ’ e d i f i c i o contraddist into da precis i caratter i funzionali (la presenza di uno spazio per le abluzioni rituali, di una musalla ove i fedeli possano prostrarsi in preghiera, di un miḥrāb a indicare la corretta direzione), ecco che i luoghi registrati in città

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Anziché di moschee, a Torino – e così nel resto d’Italia – è più opportuno parlare di sale di preghiera, fondate e gestite da associazioni o centri culturali che svolgono attività cultuali. !A maggio 2015 si contano a Torino 16 sale di preghiera islamiche, diversamente disseminate sul territorio: 6 di queste si trovano nella Circoscrizione VII (Aurora-Vanchiglia-Sassi-Madonna del Pilone), concentrate nel quartiere Aurora; altre 3 si trovano nella Circoscrizione VI (Barriera di Mi lano, Barca, Ber to l la , Fa lchera, Rebaudengo, Villaretto), concentrate soprattutto nel quartiere Barriera di Milano, al confine con Aurora; sul territorio della Circoscrizione V (Borgo Vittoria, Madonna di Campagna, Lucento, Vallette) se ne incontrano 2, ed altrettante ne ospita la C i rcoscr iz ione VI I I (San Sa lvar io , C a v o r e t t o , B o r g o P o ) , e n t r a m b e concentrate nel quartiere San Salvario; a l t r e 3 s a l e , i n f i n e , s i t r o v a n o rispettivamente nella Circoscrizione II (Santa Rita, Mirafiori nord), IX (Nizza Millefonti, Lingotto, Filadelfia), sul confine con i comuni di Moncalieri e Nichelino, e X (Mirafiori sud). Stando alle informazioni sin qui acquisite, fra quelli esistenti uno dei primi luoghi per data di fondazione è la Moschea della Pace di Corso Giulio Cesare: fondata intorno al 1995, si trova nel quartiere Aurora, a pochi passi da piazza della Repubblica e dal mercato di Porta Palazzo. Nell’area tutt’attorno alla Moschea della Pace sono sorte, negli anni, tre nuove sale: il Centro Assunnah, l’Associazione Italo-Marocchina La Pace e il Centro Ad-Darus Salam; poco più in là, il Centro Taiba, fondato nel 2006. !Le sale di preghiera islamiche torinesi – come molte in Italia e in Europa – sono frutto non tanto di un’edificazione ex novo quan to d i i n te rven t i d i r ecupero ,

ristrutturazione e riadattamento di locali in edifici preesistenti: molte di esse sorgono in magazzini, ex palestre, garage, negozi, spesso all’interno di cortili condominiali. Ad eccezione dei più ampi edifici di via Genova e via Padova, le dimensioni sono per lo più ridotte, limitate all’indispensabile per ospitare servizi igienici e lavandini per le abluzioni rituali, rastrelliere per le scarpe, una sala per le preghiere collettive di un centinaio di uomini e di donne, un ufficio. !Se nel corso della settimana sono in genere più che sufficienti, le preghiere del v e n e r d ì r i v e l a n o l a f r e q u e n t e inadeguatezza degli spazi a disposizione. Inadeguatezza che emerge con maggiore vigore durante l’annuale celebrazione dell’Eid al Fitr – una delle due principali festività dell’islam, che rompe il mese di digiuno rituale del Ramadan – in occasione della quale migliaia di fedeli si radunano in preghiera. Fino al 2006 la celebrazione è avvenuta al PalaIsozaki, soluzione cui si è rinunciato per via dei costi di locazione troppo elevati per le finanze delle comunità locali; nel 2007 si è optato dunque per la Cascina Continassa – Arena Rock, mentre dal 2007 è il Parco Dora lo scenario monumentale scelto dal Coordinamento dei centri di preghiera d’accordo col Comune: le sue architetture postindustriali sono in grado di accogliere fino a 40.000 persone. !Con un limite significativo: la soluzione è funzionale all’attuale calendario lunare, che vede la celebrazione cadere nei mesi caldi dell’anno; in futuro occorrerà trovare una diversa soluzione, come sottolinea nel corso di un’intervista Ilda Curti, Assessore alle Pari Opportunità, Tempi e Orari della Città, Rigenerazione Urbana, Politiche Giovanili del Comune di Torino.

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Perché le sale di preghiera anziché le moschee? !Di fatto, dal punto di vista giuridico, l’edilizia di culto è disciplinata dal diritto comune in materia di edilizia e urbanistica, tanto statale (decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia”) quanto regionale. In tal senso, le competenze degli enti locali territoriali emergono con vigore: con riguardo, per un verso, alla previsione di aree da destinare ai luoghi di culto nei piani urbanistici locali e, per un altro verso, alla possibilità di finanziamento pubblico per la costruzione degli edifici di culto. In quanto soggetti competenti in materia urbanistica, gli enti territoriali devono provvedere a garantire la libertà di esercizio e manifestazione del culto per tutte le confessioni, anche individuando aree idonee ad accogliere i rispettivi fedeli. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 8298 del 27 novembre 2010, stabilisce che i “Comuni non possono sottrarsi dal dare ascolto alle eventuali richieste delle confessioni religiose che mirino a dare un contenuto sostanziale effettivo al diritto del l ibero eserc iz io garant i to a l ivel lo costituzionale, non solo nel momento attuativo, ma anche nella precedente fase di pianificazione delle modalità di utilizzo del territorio”. Il solo criterio da seguire nel giudicare l’opportunità di costruire un edificio di culto è dunque quello urbanistico: qualsiasi considerazione di altra natura rischierebbe di configurarsi come una violazione della libertà di culto. !La Corte costituzionale ha più volte ribadito la possibilità di ottenere l’assegnazione di un’area destinata al culto, da parte di tutte le confessioni religiose (con eguaglianza tra cattolicesimo e culti dotati o privi di intesa con lo Stato). Come ricorda l’Ufficio Studi e Rapporti Istituzionali della Presidenza del

Consiglio dei Ministri, “In mancanza di un’intesa con lo Stato o del riconoscimento della personalità giuridica, la natura di confessione potrà risultare anche da precedenti riconoscimenti pubblici, dallo statuto che ne esprima chiaramente i caratteri, o comunque dalla comune considerazione”. “Eppure in realtà neanche quella [di via Genova, ndr] è una vera moschea”, fa notare l’assessore Curti: “dal punto di vista procedurale, però, […] non avendo l'Islam una intesa con lo Stato italiano, i suoi luoghi di preghiera non sono considerati servizi pubblici ai sensi della legge urbanistica, mentre lo sono le chiese e le sinagoghe. Per questo motivo, dal punto di vista urbanistico non si sa come trattarli”. !Da qui l’individuazione di un metodo p r o c e d u r a l e c h e c o n s e n t i s s e contemporaneamente il rispetto del diritto del credente e della normativa vigente: di fatto, la legge permette che un soggetto privato, in un luogo privato, attraverso il dispositivo dell’atto unilaterale d'obbligo, dichiari di svolgere attività di pubblico servizio, instaurando una convenzione con l’amministrazione locale che riconosce l'esistenza del servizio pubblico. Questo meccanismo, valido per altri enti privati e associativi a Torino, è stato allargato agli edifici religiosi di quei culti privi di intesa con lo Stato, come anche l’Istituto Buddhista Italiano Soka Gakkai, per fare un esemp io , pe r po te r da re l o ro un inquadramento urbanistico ed edilizio diverso da quello delle associazioni culturali, pur rimanendo entro i confini normativi del luogo associativo, che comporta minori vincoli e ostacoli rispetto al luogo di culto. Ne consegue che, a Torino, l'attività di preghiera non è svolta in modo occulto, ma elencata esplicitamente nella descrizione delle attività e degli scopi delle singole associazioni. Il risultato di un lavoro

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Città, che ha ottenuto giudizio favorevole dal Tar piemontese e che rappresenta ora un modello replicabile in altre città, favorendo l’emersione del fenomeno religioso islamico. Non l’emersione dei suoi luoghi di culto: per necessità finanziarie e organizzative, forse anche per la volontà delle comunità di individuare soluzioni semplici e pacifiche che non prestino adito a polemiche politiche, gli edifici di preghiera restano pressoché invisibili nello spazio pubblico, segnalati al più da una targa muraria, impossibili da identificare per un occh io poco esper to . Le poss ib i l i conseguenze di tale invisibilità sulla comune percez ione d i que l la che rappresenta la seconda religione italiana sono ancora tutte da indagare. !Quanti sono i musulmani a Torino? !Come per quelli nazionale e regionale, anche l’emersione del dato locale presenta molteplici difficoltà: non esistendo un censimento religioso, il numero di credenti appartenenti a confessioni diverse dalla cattolica è dai più stimato sulla base dei permessi di soggiorno, della nazionalità e, da qui, sulla base delle percentuali – a loro volta spesso stimate – relative alle religioni presenti in ciascun paese. Ne deriva che, a fronte di un dato numero di immigrati da un dato paese, questo riproduca in modo pressoché puntuale la distribuzione delle fedi entro quella società: un metodo di stima approssimativo, che non considera le possibili variabili intervenienti e che ha ricevuto numerose critiche e – per il momento – nessuna soluzione. Seguendo parzialmente questo metodo, guardando ai soli residenti a Torino con cittadinanza straniera e selezionando tra queste le nazionalità ad indiscussa maggioranza musulmana, ecco che si raggiunge la quota di 35.585 fedeli dei diversi islam presenti in città, distribuiti tra le diverse nazionalità

come in tabella. Un dato parziale, in attesa di numeri più certi.

!Quali sono le sale di preghiera a Torino? !1 - Moschea di Torino Via Baretti 31 - 10125 Torino Referente: Said Fondazione: n.d. !2 - Associazione Italo Marocchina “La Pace” Corso Regina Margherita, 162 - 10152 Torino Referente: Ahmed Fondazione: n.d. !3 - Centro TAIBA Via Chivasso 12 - 10152 Torino Referente: Said Ait Eljide Fondazione: 2006 !!

Marocco 19.193

Egitto 4.744

Nigeria 4.487

Senegal 1.565

Tunisia 1.387

Bangladesh 1.339

Iran 760

Pakistan 619

Turchia 562

Somalia 513

Algeria 261

Afghanistan 155

Totale 35.585

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4 - Moschea della Pace Corso Giulio Cesare, 6 - 10152 TORINO Referente: Hassan Fondazione: 1995 ca. !5 - Centro Assunnah Via Cottolengo, 1-bis – 10152 Torino Referente: Radaoune Fondazione: n.d. !6 - Centro Omar (Moschea Omar Ibn Al-Khattab) Via Saluzzo 18 - 10125 Torino Referente: Khaled Fayyad Fondazione: n.d. !7 - Centro Ennour via Piossasco, 21 - 10155 Torino Referente: Mustafā Cherouach Fondazione: n.d. !8 - Centro Culturale islamico di Moncalieri Via Genova, 268 - 10127 Referente: El Rhalmi Abdelghani Fondazione: 2013 !9 - Moschea di Mirafiori Strada delle Cacce, 14/12 – 10135 Torino Referente: Said Hammadha Fondazione: 2011 !10 - Centro Mecca Via Botticelli, 104 - 10154 Torino Referente: Younes Amir Fondazione: 2005 !11 - Centro Rayan via Reycend 51 Torino zona nord Referente: n.d. Fondazione: 2013 !12- Moschea al Madina e Associazione Casa di Famiglia Via Sesia 1, Torino – 10155 Torino (TO) Referente: Mohamed Bahreddine Fondazione: n.d.

!13 - Centro Hidaya Piazza Cattaneo 18/B – 10137 Torino (TO) Referente: Jamal Doulfikar Fondazione: n.d. !14 - Moschea Imam Abd Almoati Via Mottalciata, 20 c – 10154 Torino ( TO) Referente: Alala o Abderazak Fondazione: 2009 !15 - Centro Attaquoa Via Sansovino, 5 – 10151 Torino Referente: El Omari Fondazione: n.d. !16 - Associazione Culturale Ad-Darus Salam Via La Salle 15 – 10152 Torino Referente: Bhuiyan Humayun Kabir Fondazione: n.d.

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La pluralità delle moschee !DI MARIA BOMBARDIERI

Nel dibattito pubblico e politico è spesso all'ordine del giorno il tema delle moschee in Italia, in relazione a qualche avvenimento locale o nazionale che ha suscitato l'interesse della stampa. Di recente ha, per esempio, attratto l'attenzione il caso della “moschea” di Venezia, di un'installazione che ricrea l'ambiente di culto musulmano in una chiesa, acquistata da privati e presa in locazione dalla Biennale. Ma che cos'è una “moschea”? Di certo il luogo dove i musulmani pregano prostrandosi verso Mecca guidati da un imam (guida religiosa), tuttavia, è anche un ambiente dove socializzare saldando legami comunitari in t e r r a d ' e m i g r a z i o n e . L a p a r o l a "moschea" (masjid) deriva dalla radice araba sjd (prostrarsi), che indica la principale funzione, ma non unica, del luogo di culto musulmano. Nel testo sacro dell'islam lo spazio cultuale è dato anche dal termine "musalla" che rimanda a uno spazio circoscritto dove compiere la salat (preghiera) e, allo stesso tempo, riunire l'assemblea dei credenti. Inoltre lo spazio cultuale può essere riservato per attività con finalità educative, proprie della madrasa in te r ra d ’o r ig ine , qua le l'insegnamento del Corano e della lingua araba ai bambini.

I n I t a l i a da un pun to d i v i s t a arch i te t ton ico r isu l ta prob lemat ico distinguere le moschee da altri edifici, trattandosi in maggioranza di spazi riadattati, talvolta di fortuna e poco dignitosi, non edificati con l'intenzione di ospitare funzioni cultuali: capannoni, garage, magazzini, appartamenti o sottoscala, in affitto o acquistati da c o m u n i t à i s l a m i c h e l o c a l i , c o m e documentato nel nostro censimento nazionale in Moschee d’Italia (Emi, 2011) e da diverse altre ricerche locali, come Hidden islam, photobook sulle sale di

preghiera del Triveneto realizzato dal fotografo Nicolò De Giorgis. !

Cercando di definire la realtà delle moschee in termin i numer ic i e d i appartenenza a organizzazioni islamiche nazionali, attraverso il Censimento sono stati registrati 769 luoghi di culto, di cui più della metà nel Nord Italia e in totale solo sette di nuova edificazione con cupola o minareto, nelle città di Segrate, Brescia, Torino, Ravenna, Colle di Val d'Elsa, Roma e Catania. Di queste la più recente è il Centro Culturale Islamico di Moncalieri nella città di Torino, afferente alla Federazione Islamica Piemontese (FRIP) e in parte finanziata con fondi del governo marocchino, ospita durante la preghiera del venerdì dai 150 ai 350 fedeli. Sulla base del nostro censimento del 2009 nel torinese erano presenti 18 sale di culto islamiche, a distanza di sei anni si registra un incremento, oggi, infatti, sono 28 i centri islamici di cui 17 solo nel capoluogo p iemontese. La maggioranza è d i orientamento sunnita e frequentata da marocchini, una è sciita e due sono salafite, per quanto riguarda l 'aff i l iazione a organismi regionali dieci appartengono al FRIP, infine i due terzi dei locali sono in locazione. !

In Italia le musalla coprono la quasi totalità del dato numerico sui luoghi di culto islamici. Circa 200 sono le sale che fanno riferimento all’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOII), mentre 150 que l le marocch ine con f lu i te ne l la Confederazione Islamica Italiana (CII): due delle principali sigle associative dell’islam italiano che si rapportano con lo Stato. In tutto il Paese sono stati poi intessuti dal basso network di sale di preghiera per facilitare la rappresentanza a livello

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istituzionale. Tra i più recenti si segnala il Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza (CAIM) che ha negoziato con la giunta P i s a p i a i l r i c o n o s c i m e n t o e l a regolarizzazione dei luoghi di culto, in primis nella città meneghina, oltre a promuovere l’istanza di costruzione di una moschea a Milano. Se nello spazio Expo di Cascina Triulza, il padiglione della società civile, ospiterà uno spazio per la preghiera dedicato a tutte le religioni; nella città di Milano saranno probabilmente due i siti che vedranno l'edificazione di moschee per i musulmani milanesi. Il 7 maggio 2015 si è riunita, infatti, la Commissione tecnica per la valutazione delle offerte giunte in risposta al bando pubblico emesso dal Comune. Tra i sette contendenti - tutti iscritti all'Albo delle religioni – cinque sono le associazioni islamiche, incluso il CAIM. Entro fine mese ci sarà l'assegnazione. !

Oltre alle musalla, in tutte le regioni sono visibili numerosi centri islamici ormai da molti anni. Hanno locali distinti per la salat e altri per attività non prettamente cultuali; includono spesso una libreria dove poter acquistare libri o materiale audio-video in arabo o in italiano, talvolta una macelleria o negozi con prodotti halal e una mensa per i fedeli. Sono strutture che promuovono attività per musulmani, anche in forme assistenziali nelle carceri e negli ospedali, e per non musulmani, come corsi di lingua araba o iniziative culturali e di dialogo interreligioso. I centri islamici hanno leadership – rispetto a qualche anno fa si intravede un coinvolgimento maggiore dei giovani di seconda generazione – che si confrontano sul piano pubblico con le istituzioni laiche e religiose: non di rado sono di riferimento per amministrazioni e prefetture. !

Figura chiave all’interno delle moschee, ponte per l’integrazione delle comunità islamiche, è l’imam. Gli imam in Italia non sempre godono di una buona preparazione teologica, linguistica e storico-culturale. Dalla conferenza internazionale “Imams in Western Europe”, organizzata dalla LUISS nel novembre 2014, è nuovamente emersa l’esigenza di incrementare le occasioni di formazione per gli imam perché possano meglio conformare il messaggio della khutba (sermone) al contesto sociale in cui operano. Un’iniziativa che ha guardato in tale direzione è stata promossa, nel triennio 2010-2013, dal Centro interuniversitario Culture Diritt i e Religioni – Forum Internazionale Democrazia & Religioni (www.fidr.it), volta a offrire strumenti giuridici, culturali e sociali agli esponenti dell’associazionismo islamico italiano. !

Tornando alle moschee, solitamente, sono frequentate da musulmani senza alcuna distinzione etnico-nazionale. In altri casi possono essere sale “etniche” ovvero frequentate da musulmani dalla comune origine nazionale. Queste sale di preghiera appartengono per lo p iù a gruppi pachistani, bengalesi, senegalesi e turchi, e d e t e r m i n a n o u n a p r i m a f o r m a d i f r a m m e n t a z i o n e d e l l a c o m u n i t à musulmana, dovuta a specifiche esigenze rituali, a diversità culturali e linguistiche. Per anni infatti la khutba è stata pronunciata solo in arabo, escludendo dalla piena comprens ione e pa r t ec i paz i one i musulmani non arabofoni, organizzatisi così in altre sale di preghiera con propri connazionali. Oltre alle sale di preghiera etniche troviamo in Italia centri in parte espressione di governi di paesi musulmani, come il Centro Culturale Islamico d’Italia che gestisce la Grande Moschea di Roma o realtà turche e iraniane. Inoltre ci sono sale private di confraternite sufi , costituite e frequentate in maggioranza da italiani

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Oltre alle musalla, in tutte le regioni sono visibili numerosi centri islamici ormai da molti anni. Hanno locali distinti per la salat e altri per attività non prettamente cultuali; includono spesso una libreria dove poter acquistare libri o materiale audio-video in arabo o in italiano, talvolta una macelleria o negozi con prodotti halal e una mensa per i fedeli. Sono strutture che promuovono attività per musulmani, anche in forme assistenziali nelle carceri e negli ospedali, e per non musulmani, come corsi di lingua araba o iniziati convertiti: la Comunità religiosa islamica italiana (COREIS) della tariqa Ahmadiyya Idrisiyya Shadiliyya in Europa, Jerrahi Halveti della Khalwatiyya e la Muridiyya che, invece, raccorda i senegalesi. Infine, le moschee sciite frequentate da musulmani di diversa nazionalità (italiani, iraniani, libanesi, iracheni e afghani), alcune delle quali gestite da associazioni (es. l’Associazione Imam Mahdi A.J. di Roma). !

Sotto il profilo urbanistico le sale di preghiera dei musulmani sono localizzate maggiormente nelle periferie. Se è vero che i n zone pe r i f e r i che c ’è magg io re disponibilità di terreni e prezzi più competitivi, è anche possibile pensare che tale scelta sia preferita per evitare l’insorgere di conflitti nei quartieri, a causa della visibilità della cupola e del minareto, spesso neanche inserito nei progetti. I confl i t t i intorno alle moschee sono pr inc ipa lmente r iconduc ib i l i , come sottolinea il sociologo Stefano Allievi, a motivazioni “reali o presunte tali” come il problema della sicurezza o della perdita del valore immobiliare, e a ragioni di tipo “culturale” in cui si fa riferimento a una presunta incompatibilità tra islam e democrazia, valori italiani e principi cristiani. I conflitti intorno alle moschee sono il segno più evidente di quanto la società italiana non sia ancora abituata a

pensarsi nel la r icchezza del la sua multireligiosità. Le istituzioni locali non c o n t r i b u i s c o n o a m a t u r a r e t a l e consapevolezza: il centro-destra, in primis la Lega Nord, talvolta si prodiga a indire referendum autogestiti per dire “no alla moschea”, dimenticando che i diritti di una minoranza non sono subordinabili a quelli della maggioranza. La regione Lombardia aveva elaborato e fatto entrare in vigore la “legge anti-moschee”, una legge anti-culto, per frenare l' apertura di luoghi di culto musulmani, ma il Governo l'ha impugnata davanti alla Corte Costituzionale. Se guardiamo al centro-sinistra manda segnali contraddittori sulla questione, la gestione dei casi delle moschee di Genova e Milano lo hanno messo in evidenza in questi anni.

Per concludere, se la moschea da un lato è il marchio della progressiva stabilità e integrazione dei musulmani, dall’altro può strumentalmente essere richiamata per rimandare a giovani collusi in gruppi terroristici, in realtà non socializzati nelle moschee ma adescati nelle fitte reti del jihadismo web.

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Quanti sono (in via approssimativa) i musulmani a Torino, e da quali Paesi provengono? !Si stimano intorno ai 35-40.000, perchè non essendoci un censimento sulla fede si può solo fare una st ima. Rispetto al la p roven ienza geog ra f i ca , s i t r a t t a ovviamente di Paesi a maggioranza musulmana. Sono rappresentate quasi tutte le nazionalità che hanno presenza di musulmani. La comunità più grande è quella marocchina, con circa 25.000 presenze; poi quella egiziana (ovviamente tra gli egiziani non ci sono soltanto musulmani; ci sono anche copti, che sono una minoranza cristiana), gli egiziani sono sull'ordine dei 10-12.000; poi gli altri Paesi del Nord Africa: i tunisini, ad esempio, non s o n o t a n t i s s i m i . I n f i n e P a k i s t a n , Bangladesh, Turchia, i rifugiati che arrivano dal Sudan e i senegalesi, che però sono prevalentemente muridi. Quindi insomma siamo sull'ordine dei 35-40.000. !Noi abbiamo fatto una nuova e aggiornata mappatura delle sale di preghiera di Torino, inserendo anche la nuova moschea di via Genova. Una domanda, a cui immagino non sia facile rispondere: perchè la sala di via Urbino ha avuto una gestazione lunghissima, e poi di fatto il processo si è bloccato, e invece per via Genova c'è voluto relativamente poco? !Perchè via Genova ha avuto dei sostegni economici da parte del consolato del Marocco. E' entrata nella Federazione Italiana delle Moschee Marocchine, una federazione fortemente voluta anche dal governo marocchino, dall'ambasciata e dal consolato ed aveva raccolto offerte dai

fedeli quando si trattava di trovare una sede nel Comune di Moncalieri. Poi è stato un intervento, dal punto di vista economico, molto meno significativo di quanto non sia stato quello di via Urbino, che ha implicato l'acquisto di un immobile di più di 1000 metri quadri. Lo spazio di via Genova, al contrario, esisteva già: un basso fabbricato interno cortile, con delle caratteristiche strutturali diverse. Credo che l'investimento totale in via Genova sia stato importante ma accessibile: si è trattato di una ristrutturazione edilizia di uno spazio definito. Mentre la struttura di via Urbino richiedeva un intervento decisamente più significativo, perchè il costo dell'acquisto della struttura è stato di circa un milione di euro, e altrettanti erano necessari per la ristrutturazione. Ora bisognerà capire che destino avrà: per l'acquisto era stata creata una fondazione no profit, i cui promotori si sono trasferiti in Francia per lavoro a seguito della crisi economica. Altre persone sono dunque subentrate nell'associazione, e in questo momento stanno tenendo ferma la ristrutturazione dell ' immobile per questioni relative al reperimento di risorse finanziarie per poter avviare i lavori. !Possiamo fare una riflessione su simpatie e affiliazioni delle varie sale di preghiera, tra di loro e con i rispettivi Paesi di origine… !Questo è un quadro abbastanza in movimento, anche se mi sembra che ci sia un livello accettabile di cooperazione e collaborazione tra centri e sale di preghiera. Dico "accettabile" perchè non credo sia sufficiente: il percorso che dovranno fare s a r à d i d i v e n t a r e u n p o ' m e n o "coordinamento" e un po' più "consulta". E' un processo che io mi sono dichiarata disponibile ad accompagnare, ma che deve

Islam a Torino Intervista a Ilda Curti Assessore per le Politiche per l’integrazione della Città di Torino

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partire da loro. La mia è una posizione di accompagnamento, ma anche di profondo rispetto per la libertà associativa. Non impongo ad associazioni italiane di alcun tipo di darsi un coordinamento, ma sono pronta ad appoggiarlo e sostenerlo perchè ne vedo l'utilità; allo stesso tempo, troverei iniquo imporre un coordinamento. Quello che io chiedo, in veste istituzionale, è che nella celebrazione di alcuni momenti come il Ramadan, per i quali viene richiesto alle istituzioni di concedere lo spazio p u b b l i c o o d i i n t e r v e n i r e , s i a n o rappresentati equamente tutti i centri di preghiera come interlocutori. Non è il Ramadan della singola sala di preghiera ma dell'intera comunità musulmana, e quindi è giusto che ci sia una forma di partire da loro. La mia è una posizione di accompagnamento, ma anche di profondo rispetto per la libertà associativa. Non impongo ad associazioni italiane di alcun tipo di darsi un coordinamento, ma sono pronta ad appoggiarlo e sostenerlo perchè ne vedo l'utilità; allo stesso tempo, troverei iniquo imporre un coordinamento. Quello che io chiedo, in veste istituzionale, è che nella celebrazione di alcuni momenti come il Ramadan, per i quali viene richiesto alle istituzioni di concedere lo spazio pubblico o d i in terveni re, s iano rappresentat i equamente tutti i centri di preghiera come interlocutori. Non è il Ramadan della singola sala di preghiera ma dell'intera comunità musulmana, e quindi è giusto che ci sia una forma di coordinamento nella relazione con l'amministrazione. Credo che sia un processo inevitabile, che noi accompagneremo. !Negli ultimi mesi i controlli della Prefettura sono nettamente aumentati, anche in seguito ad alcuni arresti avvenuti nella zona. Qual è la tua opinione?

Ci sono stati due arresti in provincia di Torino, ma entrambi gli arrestati sono stati

in seguito rilasciati. Va benissimo che si facciano controlli approfonditi. Ma tutti gli episodi terroristici europei dimostrano che non necessariamente sono le moschee i portatori di fanatismo, anzi: sono i luoghi più controllati. In più, da parte di queste cellule terroristiche c'è una capacità altissima di utilizzo delle tecnologie 2.0, per cui è più facile che il reclutamento avvenga via internet che in moschea. Credo che l'inasprirsi dei controlli sia parte di un atteggiamento un po' esagerato che l'Europa e l'Italia hanno spesso dimostrato di fronte a questi fenomeni. Non mi pare che ci siano episodi che richiamino alla responsabilità diretta di una sala di preghiera. !Al contrario - o meglio, in positivo - ci sono progetti di informazione adeguata su questi temi per i cittadini di Torino? !

Su questo stiamo portando avanti una serie di iniziative, a cui ho partecipato con Brahim e coon giovani di seconda generaz ione , che hanno capac i tà relazionali eccellenti. Abbiamo tenuto un'assemblea pubblica su questi temi a Condove, siamo stati nelle scuole - il dialogo è un modo per creare anticorpi. I Giovani Musulmani in particolare sono molto attivi, su questo, e molto capaci. La nuova generazione è molto interessata a radicarsi qui, rispetto ai loro padri che spesso si mettevano i bastoni tra le ruote a vicenda, perdendo credibilità. Questo atteggiamento per fortuna è stato superato, e ho molta fiducia nella nuova generazione. !E gli universitari stranieri, conoscono le sale di preghiera? !

Alcuni sì, in particolare ragazzi egiziani e marocchini, forse qualche pakistano, anche se non ho dati precisi.

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La nuova moschea inaugurata nel 2013 in via Genova ha fatto nascere delle tensioni, ci sono stati tentativi di contrasto, e si è parlato molto di questa prima "vera" moschea a Torino. !

Eppure in realtà neanche quella è una vera moschea. C'è molta confusione nel dibattito pubblico tra sala di preghiera e moschea. C'è una forte necessità di educare al linguaggio.

Dal punto di vista procedurale, però, noi abbiamo trattato via Genova allo stesso modo di via Urbino. La questione è puramente urbanistica, non teologica: non avendo l'Islam una intesa con lo Stato Italiano, i suoi luoghi di preghiera non sono considerati servizi pubblici ai sensi della legge urbanistica, mentre lo sono le chiese e le sinagoghe. Per questo motivo, dal punto di vista urbanistico non si sa come trattarli. Noi abbiamo trovato questa soluzione, del tutto innovativa, usando la legge urbanistica: la legge permette che un soggetto privato, in un luogo privato, con un atto unilaterale d'obbligo - che è uno strumento giuridico - dichiari di svolgere un servizio pubblico attraverso la fornitura di alcune tipologie di servizi rientranti nell'elenco delle attività svolte in quel luogo. Ciò permette di instaurare una convenzione che riconosce l'esistenza del servizio pubblico. Questo meccanismo non è relativo esclusivamente ai luoghi di culto, ma l'abbiamo applicata ai luoghi di culto delle religioni che sono presenti sul territorio ma che non hanno intesa con lo Stato, ad esempio i buddhisti, oltre che i musulmani, per poter dare loro un inquadramento urbanistico ed edilizio diverso da quello delle associazioni culturali. L'attività di preghiera non è mascherata, ma elencata esplicitamente nella descrizione delle attività e degli scopi d e l l ' a s s o c i a z i o n e c h e v a n n o necessariamente inseriti nell'atto unilaterale

d'obbligo. Come previsto dalla libertà di assoc iaz ione sanc i ta da l la nos t ra Costituzione, ogni associazione può costituirsi liberamente e affittare uno spazio privato dove svolgere la propria attività. Se fra le attività rientra il culto, questo ricade nella loro libertà. Noi siamo riusciti ad evitare che le sale di preghiera venissero mascherate dietro centri culturali, e abbiamo fatto in modo che la preghiera potesse essere esplicitamente citata tra gli scopi dell'associazione riconoscendo così l a s u a p r e s e n z a e d e v i t a n d o n e l'occultamento. Il precursore di questa procedura è stata la moschea di via Urbino, su cui ci sono stati anni di battaglia: ma in seguito a un ricorso proposto dalla Lega Nord, il TAR si è pronunciato a favore della procedura adottata dalla Città di Torino. Per gli altri luoghi di culto si segue la stessa procedura, che dal punto di vista giuridico e amministrativo ha ricevuto l'avallo del tribunale amministrativo regionale.

Questo è il risultato di un lavoro che ha coinvolto diversi assessorati, ma tutto all'interno della Città di Torino. Il modello però è certamente replicabile in altre città. !Per quanto riguarda le sale costruite in anni precedenti, ci sono stati attriti, occasioni di contrasto? !

Sempre, su tutte. In via Chivasso, quando ha aperto circa quindici anni fa, c 'era s tata una raccol ta d i f i rme, manifestazioni contrarie, poi tutto si è tranquillizzato. Queste proteste avevano una radice politica, o provenivano dalla cittadinanza?

La radice politica sobilla la cittadinanza, ma poi sono i cittadini a sentirsi chiamati in causa a t t r ave rso un p rocesso d i "costruzione del nemico" che è cresciuto dal 2001 a oggi. Anche in via Genova è successa esattamente la stessa cosa:

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addirittura gli abitanti della via temevano che i loro alloggi si sarebbero deprezzati. C'è una forte manipolazione delle paure, e la gente più o meno giustamente si spaventa. La responsabilità della politica è quella di continuare a spiegare - le moschee sono luoghi che tendenzialmente poi hanno un maggior controllo sociale. Occupano luoghi abbandonati che poi d i v e n t a n o v i s s u t i , e q u e s t o immediatamente affievolisce il conflitto. !Come si è individuato il parco Dora come luogo per ospitare la celebrazione della fine del Ramadan? !

Perchè è il più grande. Fino al 2007 o 2008 si faceva al PalaIsozaki, che è molto costoso. Però è anche vero che era d'inverno, adesso invece la celebrazione avviene in estate, e per il futuro si vedrà. La prima volta che è stato fatto fuori è stato a l l a C o n t i n a s s a , a l l ' A r e n a R o c k . Successivamente è stato scelto parco Dora per ragioni puramente pragmatiche: può ospitare fino a 40.000 persone, anche al coperto in caso di pioggia. L'incontro è organizzato dal coordinamento dei centri di preghiera, insieme a noi concordando, come tutte le manifestazioni, i flussi, i pa r chegg i e t u t t a l a l og i s t i ca . I l c o o r d i n a m e n t o h a u n a s o r t a d i rappresentante ufficiale, Amir Younes della sala di preghiera di via Botticelli, un egiziano. Chi ha sempre fornito un grande sostegno, anche organizzativo, è la moschea di via Chivasso, che sono i più strutturati. Però, quest'anno passato, per la prima volta nella storia della comunità musulmana torinese, è stata data voce ai giovani, ad esempio ai Giovani Musulmani. E' una cosa che mi pare particolarmente significativa. ! Di tutte le sale di preghiera, che sono 15/16 a Torino in tutto,

nessuna di queste è ufficialmente un luogo di culto? !

No, innanzitutto perchè nessuna di queste può esserlo mancando un’Intesa con lo Stato: sono sale di associazioni, che praticano anche il culto. L'unica moschea che si può veramente definire tale in Italia è quel la di Roma, che però è sede diplomatica: è luogo extraterritoriale ed è sede di ambasciata. Anche quelle milanesi sono associazioni culturali. Il meccanismo che abbiamo adottato a Torino risponde a esigenze politiche e culturali. Una decina di anni fa, spesso ci si affidava a metodi dubbi per redigere statuti nebulosi e mascherare in qualche modo l'attività di preghiera. Noi abbiamo voluto porci come interlocutori per le associazioni che volevano costituirsi sul nostro territorio, proponendo di aiutare anche nella creazione dello statuto, spingendo a non nascondere l'attività di preghiera in modo che l'intero processo sia trasparente. Spesso siamo noi a indurre a nascondere l'attività di preghiera, a causa di un vuoto legislativo.

Anche nelle moschee di Milano, i cui progetti sono stati approvati di recente, si tratta di associazioni.

Anche perchè l'Islam non ha una gerarchia ecclesiastica, non ha un rappresentante unico. Il modello che io ho adottato per collaborare con loro è quello delle comunità ebraiche: il problema eterno dell'intesa con lo Stato, approvata nel '94, è stato sentito fortemente anche da loro, non avendo un rappresentante legale nè una netta distinzione tra fedeli e ministri di culto. Ciascun territorio ha dunque una sua comunità ebraica, che però è un organismo laico con uno statuto laico, che assume il rabbino. Il rabbino non è il rappresentante della comunità ebraica, se non in occasioni esclusivamente religiose. Per tutti gli altri rapporti, il rappresentante è il presidente della comunità. Poi, a livello nazionale, è stata creata una Unione delle Comunità

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Ebraiche federate tra loro. Ma si tratta di una rappresentanza laica, non religiosa, che ha poi firmato una intesa con lo Stato. Q u e s t o m o d e l l o p o t r e b b e e s s e r e applicabile all'Islam, con le difficoltà date dalla disomogeneità di origine nazionale e dalle disomogeneità di carattere teologico. La comunità ebraica è più piccola, composta di cittadini italiani. Ma ritengo che questa sia la strada da percorrere: con i cittadini italiani di fede musulmana, con le seconde generaz ion i , che ques te disomogeneità le presentano di meno. !Quali sono le sale più frequentate a Torino? !

Sicuramente v ia Genova e v ia Chivasso, che ha un bello spazio e una buona capacità di coinvolgere il territorio attraverso iniziative di apertura. Ad esempio, quella di corso Giulio Cesare 6 è meno attiva rispetto al passato, nonostante sia ancora frequentata per la preghiera del venerdì. A San Salvario la moschea di Via Saluzzo è molto attiva e presente sul territorio, anche promuovendo occasioni di dialogo interreligioso. La più antica, la prima che ha aperto e che adesso non c'è più, era in corso San Martino, negli anni Ottanta. In seguito, corso Giulio Cesare 6 e via Berthollet a San Salvario. !Abbiamo notato che la zona intorno a Porta Palazzo/Aurora è ricca di sale. La ragione è la residenza, o il fatto che sia un luogo di lavoro? !

Si tratta di entrambe le ragioni: è un luogo di lavoro ma soprattutto un luogo di incontro. Tutti conoscono Porta Palazzo ed è facile darsi appuntamento lì. "Porta Palazzo", diceva un mio amico marocchino, "é l'internet dei poveri".

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Può raccontare la storia della moschea Taiba? !

Taiba è la moschea più grande e frequentata di Torino, inaugurata nel 2006 dall’Associazione Islamica delle Alpi, un’associazione attiva a Torino dal 1998 sui temi dell’inserimento della comunità musulmana nel tessuto sociale e culturale torinese. La moschea oltre ad essere uno spazio di preghiera e di incontro per la comunità musulmana torinese - ospita più di un migliaio di fedeli nella preghiera del venerdì - è anche un luogo aperto alla città, che ospita periodicamente visite di classi scolastiche, associazioni e gruppi nonché semplici cittadini curiosi di conoscere di più sull’Islam e i musulmani; La moschea è inoltre uno spazio di dialogo interreligioso e interculturale, ha ospitato recentemente la Giornata del dialogo cristiano-islamico cui hanno aderito una quarantina di realtà islamiche, cristiane, religiose e laiche e ha visto la partecipazione di centinaia di persone delle diversi fedi.

L’associazione svolge anche attività rivolte ai giovani, alle donne e ai bambini, a questi ultimi vengono offerti dei corsi settimanali di lingua araba in una sede didattica torinese. !E’ stato facile procedere all’affitto del nuovo spazio? !

Non ci sono state particolari difficoltà a trovare lo spazio necessario che era nello stesso immobile della nostra vecchia sede, non abbiamo neanche avuto problemi con il comune per quanto riguarda i permessi e il cambio della destinazione d’uso. Tuttavia quando si era diffusa la voce dell’apertura del centro nel quartiere ci è stata una raccolta di firme contro l’apertura, ma con il

coinvolgimento e l’apertura del centro al quartiere questa diff idenza è stata superata, oggi la moschea è un punto di incontro per il comitato di quartiere dove discutiamo sui vari temi riguardanti il nostro quartiere dalla sicurezza alla pulizia, alle varie iniziative che organizziamo insieme.C’è da dire che le spese di affitto e di gestione della moschea sono interamente sostenute con le offerte dei fedeli che frequentano e non facciamo ricorso a nessun finanziamento esterno. !Lo spazio del quale disponete ora risponde ai vostri bisogni? !

Già dal primo giorno questo spazio, pur ampio, non soddisfaceva il fabbisogno della comunità musulmana che abita in questo zona di Torino, il venerdì la moschea si riempie al di là della sua capienza e non disponiamo di altri spazi per svolgere le nostre attività diverse dalla preghiera.Per questo nel 2013 abbiamo acquistato un nuovo spazio molto più grande in zona Madonna di campagna, nel quale oltre a svolgere la preghiera abbiamo numerosi altri spazi per le nostre attività di formazione e di incontro. !Questo luogo ti rappresenta? !

Certamente, per quello che vi si svolge all’interno, sono molto fiero di quello che riusciamo a fare con la comunità e con il resto della cittadinanza. Resta tuttavia il punto sulla visibilità di questi spazi che, purtroppo, siamo costretti a ricavare in c a p a n n o n i , g a r a g e e c h e n o n rappresentano in modo dignitoso la nostra f ede , ques ta mancanza c redo l a supereremo con il tempo una volta che avremo le risorse sufficiente per costruire

La moschea Taiba Intervista a Brahim Baya Portavoce Associazione Islamica delle Alpi [Moschea Taiba e Moschea Rayan]

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delle moschee degne di questo nome. !Questo spazio è affiliato ad altre associazioni islamiche? !

Questo spazio è gestito interamente dall’associazione Islamica delle Alpi che non è affiliata a nessuna organizzazione nazionale, anche se molti nostri aderenti sono anche membri dell’organizzazione naz iona le PSM, Par tec ipaz ione e Spiritualità Musulmana, attiva in diverse regioni italiane.La moschea tuttavia collabora con tutte le altre realtà islamiche torinesi con cui sediamo in un coordinamento delle moschee torinesi, per discutere le questioni riguardanti i musulmani della città. !Quali sono i motivi per cui non vi è possibile disporre di un luogo maggiormente rappresentativo per voi? !

I motivi come le ho detto, sono innanzitutto di natura finanziaria, la comunità ad oggi non dispone di risorse economiche sufficienti; il secondo motivo è trovare uno spazio adatto in una posizione centrale rispetto alla concentrazione geografica della comunità; Un’altra ragione che ostacola in tutta Italia l’apertura di vere e proprie moschee è la normativa nazionale, ancora molto arretrata, pensi che facciamo ancora riferimento alla legge sui “culti ammessi” risalente all’epoca fascista, manca quindi una moderna legge sulla libertà religiosa che attui i principi stabiliti nella Costituzione, e manca ancora l ’ intesa dello Stato i tal iano con la confessione islamica come prevede l’art. 8 della Costituzione.

Detto questo, b isogna di re che l’amministrazione comunale torinese è stata sempre a disposizione e non si è mai impegnata in campagne ideologiche contro

le moschee come purtroppo succede in altre città italiane.

Noi comunque, come ho detto, stiamo acquistando un nuovo spazio in una zona periferica di Torino, che vorremo con il tempo ristrutturare e trasformare in un luogo degno di questo nome, una vera moschea.!“Vera”, come quella di Roma? !

La moschea di Roma non fa testo, è stato un progetto fortemente voluto da alcuni Stati musulmani più per questioni simboliche che come servizio alla comunità musulmana italiana, infatti è stata costruita nel quartiere più benestante della città, molto lontana anche fisicamente dalla comunità musulmana romana. E ad oggi nel suo consiglio di amministrazione siedono gl i ambasciatori dei paesi musulmani senza alcun coinvolgimento della comunità musulmana italiana. !Si è trattato di un importante riconoscimento per le vostre comunità? !

Non lo direi.Per quanto importante meta turistica e luogo più che dignitoso in cui recarsi, di fatto si tratta di una moschea che come dicevo non si rivolge direttamente alle nostre comunità, e rappresenta quello che viene definito l’Islam degli Stati, noi invece vorremmo costruire un islam autoctono, italiano a tutti gli effetti, che sia autonomo finanziariamente, politicamente e anche religiosamente, e non sia sotto la tutela di questo o quello Stato straniero, solo un islam così può essere rappresentativo dei cittadini musulmani italiani.

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Ovunque nuovi edifici di culto nascono per far fronte alle esigenze di miliardi di fedeli. Tra i progetti d’avanguardia che esprimono la contemporaneità della tensione del religioso “luoghi multi-fede” sono immaginati come futuri centri delle attività culturali e politiche delle città: l'edificio chiesa-moschea-sinagoga in Petriplatz a Berlino (si veda il progetto: h t t p : / / h o u s e - o f - o n e . o r g / e n ) , o l a Doppelkirche di Friburgo, la piramide Astana in Kazakistan sono esempi di questa tendenza; allo stesso modo, il piano di costruzione di una Casa delle Religioni nella città di Berna, e in altre metropoli europee. !

Altri edifici offrono una concezione ibrida, più che funzionale, dal punto di vista del loro significato culturale: è il caso del Museo Diocesano d'Arte Kolumba, che mescola l'approccio artistico e quello religioso alla divinità. La Chiesa Ortodossa offre a sua volta esempi interessanti: la chiesa di San Giovanni Battista a L'viv può essere considerata metaforicamente una memoria della guerra, e conserva una traccia dei conflitti negli spazi post-socialisti, dal momento che è stata in funzione come il Museo dei Monumenti Antichi a partire dal 1993 e come chiesa consacrata a partire dal 2009. !

“Spazi Multi-Fede” vengono sempre più frequentemente progettati all'interno di organizzazioni e istituzioni come campus universitari, prigioni, ospedali, aeroporti, o spazi pubblici come giardini, centri commerciali e spazi espositivi. !

In quest'area di studi sono stati condotti specifici progetti di ricerca, come “Spazi Multi-Fede: sintomi e agenti di cambiamento religioso e sociale” realizzato dall'università di Manchester nel quadro del programma “Religione e Società” (2007/2012), e i contributi di altri studiosi, sul modo in cui i luoghi religiosi all'interno delle istituzioni pubbliche siano cambiati nel tempo, principalmente riguardo al modo in cui vengono immaginati, posti in essere e utilizzati (per lo più nel Regno Unito). Similmente in Spagna, mentre veniva realizzato il primo database dei luoghi di culto (ad esempio ad opera dell'Observatorio del Pluralismo Religioso), alcuni studiosi iniziavano a formulare un'analisi teoretica in sostegno al design operativo degli SMF. Contributi di questo genere possono essere considerati come punti di partenza che testimoniano la necessità di una profonda riflessione sulle connessioni tra gli SMF e la facilitazione pubblica delle pratiche religiose (o semplicemente una digressione storica interessante) e sul modo in cui attori religiosi e società civile siano contenuti in tali spazi. !E a Torino? !

Negli ultimi decenni le confessioni religiose a Torino sono passate dalle 120 alle più di 200... Come ha scritto di recente Letizia Tortello (La Stampa del 28 settembre 2013), a Torino “si prega ovunque”, nelle chiese, nei cortili, nei garage e nelle palestre; chiese strutturate e forme di aggregazione temporanea sono

Luoghi religiosi a Torino? Riflessioni Di Homers, Tra_Architettura condivisa, Benvenuti in Italia

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mescolate a pratiche di vita e filosofie de l benessere . Lo racconta bene l’osservatorio religioso di Luigi Berzano (http://www.pluralismoreligioso.it/) e lo mostra i l sito di reparty promosso Benvenuti in Italia (http://reparty.it/). Senza dubbio, la comunità religiosa in continua espansione è quella islamica, composta da persone provenienti da Marocco, Egitto, Albania, Tunisia, Nigeria, Senegal, Costa d'Avorio, Somalia, per un totale di circa 30 .000 fede l i . Vo lendo tene re i n considerazione il volto plurale dell’islam, che per il 98% a Torino è sunnita, non si può non dire quanto il panorama sia complesso e stratificato, sin dalla fine degli anni Settanta. Tra i differenti “luoghi dell’islam”, le sale che abbiamo mappato sono il segno di questa presenza vivace. !

Eppure anche l’identità tradizionale dei luoghi religiosi non è sufficiente per descrivere le possibilità architettoniche entro cui si muovono le comunità religiose.

I cambiamenti nell'utilizzo degli edifici e il loro significato per le identità, le politiche, e le culture urbane sono diventati un tema importante tra quelli relativi agli spazi urbani. Fenomeni come la sempre più veloce secolarizzazione (o sconsacrazione) delle chiese cristiane, o il loro nuovo ruolo di simboli di aspirazioni nazionaliste (ad esempio i l caso de l la nuov iss ima “Cattedrale per la Salvezza del Popolo Romeno) stanno modificando rapidamente il panorama architettonico e religioso urbano. !

Anche per questo Torino può ambire a realizzare una struttura che ospiti le religioni presenti in città. L’idea di fondo è quella di riunire culti diversi all’interno di una stessa area, in contesto urbano – qual è quello torinese- in via di ampliamento sia dal punto di vista architettonico che sociale, sebbene la location non sia ancora stata

decisa definitivamente. Torino è un laboratorio culturale e sociale e la superdiversità che la distingue sarebbe certamente un ottima ragione per riflettere su nuovi modelli di co-esistenza e incontro.

La prima idea è stata discussa da

Homers, Tra e Benvenuti in Italia, con il Comitato Interfedi di Torino, per scambiare opinioni su alcune peculiarità che potrebbe assumere tale edificio: spazi, ordine interno, visibilità, criteri di inclusione e esclusione di fedi e forme di spiritualità.

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MEDIA !

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Quella delle Moschee rappresenta una delle questioni più spinose per quel che concerne i rapporti con l’Islam, non solamente in Italia, dove ciclicamente il dibattito si infiamma, ma in tutta Europa, seppur con toni e declinazioni differenti, basti pensare al famoso referendum svizzero sui minareti. Dietro ai principali motivi di tensione generalmente esplicitati nei momenti di maggior conflittualità (dalla sicurezza alla viabilità, all’esigenza di trasparenza alla non necessità di luoghi di culto per altre fedi) si cela evidentemente anche altro. Come ha notato il sociologo Stefano Allievi, i conflitti intorno alle moschee sono più che mai conflitti di potere: conflitti che hanno piuttosto a che fare con la gestione e il controllo dello spazio, fisicamente e simbolicamente.

I due casi di Torino e Milano differiscono alquanto, soprattutto nella gestione della tematica da parte dell’amministrazione: quello di Torino può essere considerato in parte un caso “virtuoso” in cui si è agito rispettando prassi e procedure prefissate e g i à e s i s t e n t i e n o n n e l l ’ o t t i c a dell’eccezionalismo e dell’emergenza, conducendo a risultati tangibil i . La s i t u a z i o n e m i l a n e s e e l o m b a r d a rappresentano, invece, in maniera plastica le criticità tipiche dei conflitti legati alla presenza islamica in Italia. Tuttavia entrambe le situazioni possono, forse, rivelare quella dimensione conflittuale legata alla gestione simbolica del potere e non solo, seppur con protagonisti diversi. A Milano e in generale in Lombardia (dato l’interventismo a più riprese negli ultimi anni anche dell’amministrazione regionale) tale conflitto si è esplicitato anche a colpi di provvedimenti amministrativi ad hoc e leggi regionali volte a limitare un diritto sancito

cost i tuz iona lmente qua le que l lo a esercitare liberamente la propria fede religiosa. A Torino le speculari vicende della Moschea di Via Urbino e di quella di Via Genova lasc iano in t ravedere una conflittualità questa volta tutta interna al campo musu lmano i ta l iano e a l la costellazione di associazioni che lo c o m p o n g o n o . R e a l t à s p e s s o i n competizione tra loro per la rappresentanza ufficiale e istituzionale di tutto l’Islam italiano, i rapporti con lo Stato e gli organi di rappresentanza e consultivi che di volta in volta vengono, anche artificiosamente, istituiti e la rete transnazionale che collega l’Islam italiano ai Paesi islamici e alle organizzazioni islamiche internazionali. Tutte variabili queste che, come emerge nelle vicende delineate nella rassegna stampa proposta, influiscono anche su realtà locali ma, soprattutto, sulla vita quotidiana di migliaia di fedeli.

Rassegna stampa Le moschee a Torino DI ILARIA BIANO

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Torino !Repubblica 31 Dicembre 2010 Ultimo sì alla moschea possono partire i lavori

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/12/31/ultimo-si-alla-moschea-possono-partire-lavori.html?ref=search

Dicembre 2011, l’amministrazione comuna le acco rda i l pe rmesso a ristrutturare un ex fabbrica acquistata dall’associazione La Palma, cui fa capo il Centro islamico di Corso Giulio Cesare, al fine di realizzare una Moschea in Via Urbino, zona Nord della città. Il progetto per la ristrutturazione mira a creare un Centro culturale aperto alla comunità e alla città, senza minareto, con attività di culto in arabo e in italiano. L’acquisto dei locali e la ristrutturazione sono stai possibili anche grazie al finanziamento del governo del Marocco, fatto che ha destato le critiche di Lega Nord e centrodestra. !La Repubblica 2 Gennaio 2011 La Lega ricorre al Tar contro la moschea

http:/ / tor ino.repubblica.i t /cronaca/2 0 1 1 / 0 1 / 0 2 / n e w s /la_lega_ricorre_al_tar_contro_la_moschea-10773803/

In seguito al la concessione del permesso da parte del Comune per partire con i lavori di ristrutturazione dello stabile di Via Urbino e l’annuncio da parte del responsabile del Centro culturale islamico Khounati dell’avvio dei lavori in Gennaio 2011, la Lega Nord annuncia il ricorso al Tar, sostenendo l’inadeguatezza del luogo scelto e la necessità di una variante al piano regolatore. Il sindaco Chiamparino si dice sicuro della regolarità e della trasparenza dell’iter e l’assessore Curti è certa che Torino diventerà un modello. !

Torino Cronaca 28 Gennaio 2011 Stop alla moschea “Carte incomplete” arrivederci al 2012

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Gli uffici tecnici del Comune hanno b o c c i a t o i l p r o g e t t o p r e s e n t a t o dall’Associazione Casa di famiglia guidata dall’Imam Mohamed Bahreddine per la ristrutturazione di un magazzino in zona Barriera di Milano al fine della creazione di un Centro culturale e Moschea. Irregolarità nel cambio di destinazione d’uso la motivazione. L’assessore Curti invita l’associazione a seguire l’iter giàpercorso dall’Associazione La Palma, con la costituzione anzitutto di una Onlus; un percorso più lungo ma più trasparente. !Torino CronacaQui 31 Agosto 2011 Un’altra moschea: dopo Via Urbino tocca a Torino Sud

h t t p : / / w w w. c r o n a c a q u i . i t / t o r i n o /17635_unaltra-moschea-dopo-via-urbino-tocca-a-torino-sud.html

L’esempio di Via Urbino sollecita altre realtà torinesi e l’amministrazione stessa a avviare pratiche analoghe in altre zone della città. Altri Imam si dicono interessati a seguire l’iter che ha portato l’associazione La Palma e il suo responsabile Abdelaziz Khounati a ottenere i permessi per la m o s c h e a d i T o r i n o N o r d (momentaneamente bloccata per un ricorso al Tar della Lega Nord). In particolare il Centro culturale di Moncalieri sarebbe già in trattativa. !

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La Stampa 29 Ottobre 2011 Sì definitivo alla moschea in Via Urbino

http://www.lastampa.it/2011/10/29/cronaca/si-definitivo-alla-moscheain-via-urb ino-pKZV1de04zlDDSQBoY1rpL/pagina.html

Il Tar ha respinto il ricorso della Lega non essendo i ricorrenti legittimati a ricorrere in quanto non direttamente toccati dal provvedimento. L’iter di assegnazione è stato riconosciuto corretto: il magazzino è attualmente area destinata a servizi e la moschea, luogo di culto, vi rientra. Entro sei mesi, secondo il responsabile, sarà così pronta la seconda “vera” moschea d’Italia, specificamente luogo di culto e non Centro culturale. !Repubblica 14 Febbraio 2012 Non vogliamo la moschea. La Lega sobilla Via Genova

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archiv io/ repubbl ica/2012/02/14/non-vogliamo-la-moschea-la-lega-sobilla.html?ref=search

Proteste da parte degli abitanti della Circoscrizione 9 a un incontro promosso dalla Lega Nord alla vigilia dell’avvio dei lavori di ristrutturazione del locale di Via Genova acquistato dal Centro culturale islamico di Moncalieri; l’autorizzazione del Comune c’è fin dal 2009, nessun cambio di destinazione d’uso necessario. Residenti si dicono preoccupati per la sicurezza e la Circoscrizione vuole rassicurazioni su viabilità, uso degli spazi, traffico. !Il Giornale 6 Luglio 2013 Torino, apre la moschea la Lega scende in piazza

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/torino-apre-moschea-lega-scende-piazza-questa-non-933519.html

S i i naugura la p r ima Moschea riconosciuta come tale ufficialmente a Torino, in Via Genova. Nata dal la

collaborazione delle comunità islamiche non solo di Torino, ma anche di Moncalieri e Nichelino, per i responsabili è solo un punto di partenza per aprirsi a tutta la città. Manifestazione di protesta della Lega all’esterno; alcuni manifestanti hanno accettato l’invito a prendere parte al banchetto. !Repubblica 6 Luglio 2013 La prima preghiera nella moschea

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/07/06/la-prima-preghiera-nella-moschea.html?ref=search

Tre anni sono passati dalla richiesta dei permessi, ma la Mosche di Via Genova apre ora i battenti: locali acquistati anche grazie al contributo del Marocco, lavori svolti da tutta la comunità, quella al confine con Moncalieri sarà la prima Moschea d’Italia a ottenere l’affiliazione alla Grande Moschea di Roma e a essere riconosciuta come luogo di culto dallo Stato. !Repubblica 30 Giugno 2014 Il luogo di culto di Via Genova compie un anno e si apre alla città

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La Moschea di Via Genova compie un anno e in occasione delle celebrazioni per il mese di Ramadan apre le porte a tuta la comuni tà tor inese. I l responsabi le Abdelghani El Rhalmi ha spiegato infatti che, soprattutto nel fine settimana, saranno organizzati momenti d’incontro e banchetti dopo il tramonto per far conoscere questa particolare celebrazione islamica.

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Torino CronacaQui 2 Ottobre 2014 A Torino 15 moschee. Gli Imam si uniscono in un coordinamento

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Quindici le sale di preghiera islamiche a Torino, la Moschea di Via Genova e trentamila musulmani sul territorio cittadino. Ora le Associazioni e Centri culturali islamici stanno pensando di riunirsi in un Coordinamento cittadino che superi le differenze e divisioni tra i vari centri. Da Porta Palazzo a Mirafiori, da San Salvario a Madonna di Campagna; tutti riuniti con l’eccezione di quella che fino a qualche anno fa sembrava l’unica certezza: Via Urbino e il Centro culturale La Palma, un “giallo” dal destino sospeso. Divisioni politiche da superare soprattutto tra le due più grandi realtà associative italiane: l’UCOI e la Confederazione Islamica Italiana nata nel 2012 di cui fa parte anche la Grande Moschea di Roma. !Torino CronacaQui 2 Ottobre 2014 Il ministero di Rabat congela i fondi. Bloccati i cantieri al centro islamico

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Lavori fermi da un anno nei locali di Via Urbino, più di tre anni di ritardo sul progetto e i fondi dal Marocco che sembrano non arrivare più. All’origine dei dissensi sembra e s s e r c i l a p r e s a d i d i s t a n z a dell’associazione La Palma dall’Ucoii e dalla Coreis e la mancata adesione alla Confederazione Islamica Italiana. Il governo del Marocco avrebbe preferito

dirottare i fondi sulla Moschea di Via Genova; aspre critiche sono state rivolte nei confronti del responsabile de La Palma, Khounati. Il Giornale 4 Ottobre 2014 Via Urbino “Presto la moschea diventerà una realtà e senza pregiudizi”

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Le autorizzazioni sono tutte pronte da tre anni, ma la Moschea di Via Urbino ancora non ha visto il via dei lavori; la mancanza di fondi è il problema maggiore, nonostante il coinvolgimento del governo del Marocco. Il responsabile Khounati si dice fiducioso; a questo scopo ha anche creato l’Unione Musulmani Italiani che presiede e che mira a creare una federazione nazionale di Centri culturali con fedeli di origine marocchina. La Moschea di Via Urbino sarà comunque un centro aperto a tutta la comunità islamica e a tuta la città, promotrice del dialogo interreligioso. Quello che ancora manca è un finanziatore. !Torino CronacaQui 15 Gennaio 2015 “Vogliono aprire un’altra moschea” Scatta l’allarme a Barriera di Milano

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La Lega Nord e il comitato spontaneo di cittadini Barriera di Milano Torino Nord hanno presentato un esposto per chiedere verifiche circa la presenza di un luogo di aggregazione e culto islamico in Via Sesia e la possibilità di apertura di un uovo luogo di culto in Via Ceresole. I residenti si dicono preoccupati e evidenziano come in zona siano già presenti altri tre luoghi di culto.

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Milano !Repubblica 27 Aprile 2011 Sicurezza e nuova Moschea si infiamma la campagna elettorale

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La campagna elettorale tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia si infiamma sulla possibilità di costruire una Moschea in città. Pisapia ha scritto in una lettera al comitato Jenner-Farini che una nuova Moschea non è più rinviabile, il Comune deve dare una risposta durature per il bene di tutta la città. D i segno opposto la r isposta de l Centrodestra: nessuna misura finché non ci sa rà una no rma t i va naz iona le e , comunque, Milano non ha bisogno di una Moschea. !Repubblica 6 Marzo 2012 Mosche di Cascina Gobba: il Comune verso il via libera

http://milano.repubblica.it/cronaca/2 0 1 2 / 0 3 / 0 6 / n e w s /arriva_il_via_libera_del_comune_alla_moschea_di_cascina_gobba-31008865/

Il Comune di Milano riconoscerà il Centro culturale islamico di Cascina Gobba, 1200 metri quadri in Via Padova, tra gli spazi più moderni e ampi tra i luoghi di culto islamici in città. La giunta Moratti aveva più volte invocato la chiusura; l’associazione guidata da Mohamed Maher Kabakebbji ha svolto ingenti lavori di ristrutturazione. Il vice sindaco Guida in seguito a una visita in Via Padova si è detta soddisfatta dei rapporti istituiti con la realtà di Cascina Gobba, un esempio da seguire. Il Giornale 10 Maggio 2013 Moschea a Milano, arrivata la richiesta. Maroni “rispettare le radici”

http://www.ilgiornale.it/news/milano/moschea-milano-arrivata-richiesta-comune-maroni-rispettare-915981.html

Il sindaco Pisapia ha creato un albo al fine di procedere alla costruzione di nuovi luoghi di culto, così come previsto dal nuovo Paiano di governo del territorio. E sono già arrivate le prime richieste da parte delle associazioni islamiche per la costruzione della prima Moschea nel capoluogo lombardo. Possibilita in linea di principio il governatore Maroni; pronti a dar battaglia i leghisti in consiglio che tornano a parlare di referendum cittadino o di quartiere. !Il Giornale 6 Agosto 2014 “Moschea per Expo? Il tempo c’è”

http://www.ilgiornale.it/news/milano/moschea-expo-tempo-c-1043104.html

Dopo un incontro con tutte le comunità religiose milanesi che reclamano la costruzione di nuovi luoghi di culto, il Comune ha promesso l’individuazione di quattro aree dedicate e la creazione di un portale in vista dell’Expo con l’indicazione dei luoghi già esistenti. Mahmoud Asfa della Casa di cultura islamica di Via Padova si dice convinto che con la volontà politica il tempo per la costruzione di una moschea entro il 2015 ci sarebbe. I fondi non mancherebbero e l’Associazione sarebbe un riferimento già conosciuto e rispettato in città. !Milano Today 25 Agosto 2014 Moschee a Milano? Lo deciderà un referendum cittadino

http: / /www.milanotoday. i t /pol i t ica/r e f e r e n d u m - m o s c h e e - m i l a n o - 2 5 -agosto-2014.html

La Lega Nord presenta un progetto di legge regionale per ostacolare con regole più severe la creazione di moschee. Tra le altre misure l’indizione di un referendum nelle città in cui si facesse richiesta di costruire un luogo di culto, vincolante

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anche per l’amministrazione comunale. Per la lega, i luoghi di culto islamici sono centri di indottrinamento per i terroristi e vanno bloccati. !Repubblica 30 Gennaio 2015 Legge anti moschee: Pisapia sfida Maroni

http://milano.repubblica.it/cronaca/2 0 1 5 / 0 1 / 3 0 / n e w s /legge_anti_moschee_dopo_i_dubbi_della_curia_pisapia_sfida_maroni_arriver_alla_consulta-106119550/

la Regione Lombardia ha approvato la nuove legge in materia di costruzione di luoghi di culto che istituisce norme e condizioni estremamente rigide, volte esplicitamente in senso anti moschee. Il Comune, che ha già bandito una gara per l’assegnazione di tre lotti per l’edificazione di luoghi di culto non si ferma e si dice sicuro dell’incostituzionalità della legge e della necessità di rivolgersi alla Consulta. Perplessità anche dalla curia. !Il Sole 24 Ore 19 Febbraio 2015 Moschea di Milano: queste le aree scelte dal comune

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-19 /mi lano-spr in t - f ina le - la -moschea-aree-scel te-comune-e-chi -p a r t e c i p a - g a r a - 1 0 1 9 2 5 . s h t m l ?uuid=ABaVTLxC

il Comune di Milano ha indetto un bando per mettere a disposizione di associazioni senza scopo di lucro con finalità religiose due aree e un immobile per la realizzazione d i nuov i l uogh i cu l t o . Rogo redo , Lampugnano vicino al Palasharp dove già si riunisco i musulmani per la preghiera e uno stabile da ristruttura in viale Padova sono i siti in questione. È previsto un canone annuale per ciascun anno di concessione fino a un massimo di 30 anni, c o n s p e s e d i r i q u a l i f i c a z i o n e e manutenzione a carico del assegnatario. In

gara per Lampugnano il Centro islamico di Vale Jenner, la Coreis e il Caim. !Repubblica 12 Marzo 2015 Il governo la impugna la legge anti moschee

http://milano.repubblica.it/cronaca/2 0 1 5 / 0 3 / 1 2 / n e w s /islam_il_governo_impugna_la_legge_anti_moschee_del_pirellone_il_pd_maroni_cambi_rotta_-109396265/

Il Governo ha deciso di portare davanti alla Corte Costituzionale la nuova legge regionale lombarda in materia di urbanistica e edificazione di luoghi di culto; una legge volta esplicitamente contro la comunità islamica dato il requisito richiesto ai richiedenti di aver stipulato un’Intesa con lo Stato, ma che pone paletti molto rigidi anche a a l t re con fess ion i . Per i l Governatore Maroni si tratta di una ritorsione.

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Filmografia !‣ Il cacciatore di aquiloni di Marc Foster (2008) : storia di amicizia e separazione fra Amir, ragazzo afghano di etnia Pashtun, e Hassan, figlio del suo servo di etnia Hazara. Tratto dal romanzo di K.Hosseini !‣ Osama di Siddiq Bornaq (2003): Nella Kabul governata dai Talebani una ragazzina è costretta a travestirsi da maschio per mantenere madre e nonna. !‣ Viaggio a Kandahar di Moshen Mokhmalbaf (2001) : donna afgana rientra clandestinamente in Afganistan per soccorrere la sorella ferita da una mina. !‣ Il fondameltalista riluttante, Un film di Mira Nair. Con Riz Ahmed, Kate Hudson, L iev Schre iber, K ie fe r Sutherland, Om Puri. Titolo originale The Reluctant Fundamentalist. Thriller, durata 130 min. - USA, Gran Bretagna, Qatar 2012. http://www.mymovies.it/film/2012/thereluctantfundamentalist/ !‣ Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, Un film di François Dupeyron. Con Omar Sharif, Pierre Boulanger, Isabelle Adjani, Isabelle Renauld, Eric Caravaca Titolo originale Monsieur Ibrahim et les f leurs du Coran. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 94 min http://www.mymovies.it/film/2003/monsieuribrahimeifioridelcorano/Parigi, anni '60. Momo, un ebreo di undici anni, vive solo con un padre depresso e taciturno. Il ragazzino str inge amiciz ia con Ibrahim, i l proprietario arabo della drogheria del q u a r t i e r e e b r a i c o . I n s i e m e intraprendono un viaggio verso Oriente, lungo un percorso disseminato di "fiori

del Corano", le frasi che l'anziano s a g g i o s u f i t a p r o n u n c i a n e l l e conversazioni con il suo piccolo amico. !‣ Valzer con Bashir, Un film di Ari Folman. Con Ari Folman, Mickey Leon, Ori Sivan, Yehezkel Lazarov, Ronny Dayag. Titolo originale Waltz With Bashir. Drammatico, durata 87 min. - Israele, Germania, Francia 2008 http://w w w . m y m o v i e s . i t / f i l m / 2 0 0 8 /valzerconbashir/ !‣ La bicicletta verde, Un film di Haifaa Al-Mansour. Con Reem Abdullah, Waad Mohammed, Abdul lrahman Algohani, Ahd Kame, Sultan Al Assaf Titolo originale Wadjda. Drammatico, durata 100 min. - Arabia Saudita, Germania 2012. http://www.mymovies.it/film/2012/wadjda/ !‣ Mio figlio il fanatico Un film di Udayan Prasad. Con Stellan Skarsgård, Om Puri, Akber Kurtha, Gopi Desai, Harish Patel. Titolo originale My Son the Fanatic. Commedia, Ratings: Kids+16, durata 95' min. - Gran Bretagna 1998. ht tp: / /www.mymovies. i t / f i lm/1998/miofiglioilfanatico/ !‣ East is East, Un film di Damien O'Donnell. Con Om Puri, Linda Bassett, Jordan Routledge, Archie Panjabi, Jimi Mistry Commedia, durata 96 min. - Gran Bretagna 1999. http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=32889 !‣ Persepolis di Marjane Satrapi (Francia, 2006, 95')Teheran, 1978: Marjane, otto anni, sogna di essere un profeta che salverà il mondo. Educata da genitori molto moderni ed impegnati politicamente, segue gli avvenimenti che porteranno alla Rivoluzione provocando la caduta

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dello Scià. Con l'instaurazione dellaRepubblica islamica, Marjane diventa rivoluzionaria, ma la repressione islamica diventa ogni giorno più dura… http: / /www.mymovies. i t / f i lm/2007/persepolis/ !‣ Viaggio alla Mecca di Ismael Ferroukhi (Francia, 2004, 105')In Francia, un anziano marocchino vuole recarsi a La Mecca prima di morire e chiede al giovane figlio, che è nato in Francia e non è musulmano, di accompagnarlo in automobile. Fra loro c'è una grande distanza. La cultura diversa, la fede fervida del padre e debole nel figlio, l'età, sono i muri che si frappongono nella costruzione di un dialogo e di una condivisione. Il viaggio sarà lungo e difficile, con molti ostacoli da superare, ma l'arrivo alla Mecca li costringerà a parlarsi. !‣ Acque silenziose di Sabiha Sumar (Pakistan, 2003, 105')Aisha decide, dopo la morte del marito, di dedicarsi all'educazione del figlio Salim. L'avvento della legge islamica integralista nel paese le sconvolgerà la vita. Salim entrerà nel gruppo degli attivisti, mentre l'arrivo nel villaggio di pellegrini indiani-indu' risveglierà in Aisha ricordi strazianti della sua vera infanzia. !

Sitografia !www.cosmonitor.com/site/ www.cpdsi.fr/wp-content/uploads/2014/04/UNE-NOUVELLE-FORME-DEMBRIGADEMENT-DES-MINEURS-ET-DES-JEUNES-MAJEURS-DANS-LE-TERRORISME-CPDSI-RAPPORT-RECH-ETAPE-1.pdf www.icsr.info/category/publications/ www.itstime.it/w/tag/isis/ www.jihadology.net/

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