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Bollettino a diffusione interna a cura di RGN. 169 Luglio 2014

Quaderni Giorgiani 169appunti personali

lun 14-07-14

Questi Quaderni non rappresentano una testata giornalistica in quanto vengono aggiornatisenza alcuna periodicit. Non pu pertanto considerarsi un prodottoeditoriale ai sensi della legge n. 62 del 07/08/2001. Immagini, audio e videoinseriti sono reperiti in rete e pubblicati senza alcun fine di lucro; qualora laloro pubblicazione violi diritti dautore, vogliate comunicarlo per una prontarimozione.

Quaderni-Giorgiani-169LegnanoIndice

1 Legnano1.1 La preistoria: la terra e l'uomo1.2 I primi abitatori e le loro usanze

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1.3 Cenni storici1.4 Le origini1.5 Le Origini1.6 Le origini1.7 Galli e Romani1.8 Barbari1.9 Il dialetto1.10 Il Duecento1.11 Dal Medioevo al rinascimento1.12 Il cinquecento1.13 Feudi e comuni1.14 La dominazione spagnola1.15 Nel Sedicesimo secolo "1850 anime da Comunione"1.16 Dominazione austriaca1.17 Dall'Ottocento al ventesimo secolo1.18 Dal borgo agricolo allo sviluppo del primo ottocento1.19 Il Risorgimento1.20 Uomini illustri1.21 Mercato1.22 Personaggi1.23 Il fiume OLONA1.24 L'Olona1.25 Il Comune di legnano nel quadro delle lotte sociali milanesi1.26 Gli antichi mulini sul fiume Olona1.27 Relazione sui Mulini idraulici lungo l'0lona.1.28 Case in Legnano antica1.29 Legnano e i suoi monumenti1.30 Chiese ed oratori trecenteschi1.31 Chiesa di Sant'Ambrogio1.32 La basilica di San Magno1.33 Le sette campane di San Domenico1.34 Chiesa della Madonnina1.35 Chiese Campestri1.36 Chiesa di Sant Ambrogio in Legnano1.37 Dalla prima alla seconda guerra mondiale - La resistenza1.38 Legnano, l'ingegnere archeologo1.39 La sagra del carroccio1.40 La Battaglia1.41 La Battaglia1.42 La battaglia di Legnano e il problema del confine meridionale del

Seprio

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1.43 La battaglia di Legnano e il problema del confine meridionale delSeprio

1.44 Antiche cascine del Borgo1.45 Il palazzetto Corio1.46 Celebrazioni storiche dell'8161.47 Fotografie di Legnano1.48 Nel 1850 a Legnano c'erano 2 ricevitorie postali1.49 I gloriosi pompieri aziendali1.50 Breve guida alla visita delle sale Archeologiche del Museo1.51 Un uomo, una citta', un museo: G. Sutermeister1.52 Legnano nelle antiche rappresentazioni cartografiche1.53 In pensione la "Biloria" con l'ultimo vetturale1.54 Dal "Velociu" al tram elettrico1.55 La prima autostrada costruita nel mondo1.56 Castello di Legnano1.57 Genealogia dei Lampugnani1.58 Il casato Lampugnani

2 Vicinanze storiche2.1 Torba2.2 Monsorino2.3 Veteres incolae manentes

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Preistoria La terra e l'uomo

Di alcune citt e' possibile fissare l'origine se non in un anno preciso, almenoin un certo secolo. Non e' il caso nostro. Il nome Legnano, essendolatino, puo' indicare il periodo storico della sua formazione; ma un nomepuo' essere applicato ad una realt gi esistente da gran tempo esostituire quello primitivo a noi sconosciuto. Il museo cittadino infatticontiene un reperto, trovato in Legnanello, che si fa risalire a 2000 anniprima di Cristo, e attesta la presenza umana nel nostro territorioquattromila anni fa. Esso pero' non segna un inizio, ma probabilmentesolo un momento di una continuit storica che si protende indietro neltempo, in quella che solitamente si chiama, con frase stereotipa, la nottedei tempi.

La scienza geologica e archeologica ha pero' alquanto diradato le tenebre diquella notte e i suoi strumenti sono in grado di ricostruire a grandi lineel'evoluzione dell'ambiente geografico ed umano, in cui possiamoinquadrare un punto nello spazio, e del tempo.

Sappiano ad esempio con certezza che circa sessantacinque milioni di anni facomincio' ad emergere dal mare la catena delle Alpi, lasciando ancorasommersa l'attuale pianura padana. Forse dopo un ulterioresollevamento di cinquecento metri emerse anche il piede delle Prealpi sucui oggi siede Legnano, ma il suolo che ci sostiene, e' formato dallasedimentazione dei detriti che, coll'erosione delle montagne,precipitarono sulla pianura durante il Quaternario.

Nel corso di migliaia di millenni sotto l'influsso degli spostamenti astronomiciall'interno della nostra galassia, il variare della posizione dei pianeti edella stessa inclinazione dell'asse terrestre, il clima dovette subireprofondi rivolgimenti. Qualcuno pensa a cicli ricorrenti ogni centomilaanni con alternanze di climi freddi e caldi che modificarono di volta involta la flora e la fauna. Per avvicinarsi a noi dobbiamo ricordare l'azionedeterminante e grandiosa delle glaciazioni alpine dette GUNZ, Mindel,Riss, Wurm (precedute dalla Donau, cosidetta perche' studiata lungo ilDanubio). In certi periodi, quasi un quarto delle terre emerse fu copertoda ghiaccio, L'acqua solidificata e sottratta al mare ne abbassava illivello. Tra una glaciazione e l'altra s'interponeva un intervallo (dettointerglaciale), il cui clima tornato caldo scioglieva il ghiaccio e risollevavail livello marino. Durante i periodi freddi una grande crosta ghiacciatacopriva le Alpi e coll'enorme peso della sua massa plastica rosicchiava ilfondo e i fianchi delle valli spingendo in basso masse di detriti, formando

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gli anfiteatri morenici, in cui oggi si raccolgono le acque dei laghiprealpini. Ad esempio la sponda meridionale del lago di Comabbio siformo' con le morene del glaciale Gunz circa settecentomila anni fa: aCassano Magnago troviamo i depositi del Mindel (trecentomila anni fa);le alture di Somma Lombardo sono morene del Riss (centoventimila annifa).

Ma troviamo anche gli alti terrazzi formati dalle sedimentazioni degliinterglaciali che si spingono a sud fino a Lonate Pozzolo e a Origgio,mentre i terrazzi inferiori abbracciano un vasto territorio tra Tradate eGallarate, Busto e Legnano.

Noi non riusciamo ad immaginare l'esistenza di esseri umani durante i periodoglaciali. Le piu' antiche presenze umane sono segnalate nell'AfricaOrientale e nella Cina Meridionale circa un milione e ottocentomila annifa. In Europa, alla foce del Rodano, sulla Costa Azzurra e Riviera Ligure,dove il clima e' piu' mite, i cacciatori del Paleolitico sono presenti anchedurante le glaciazioni. Vivevano preferibilmente nelle grotte, frequentateanche da animali come gli orsi in letargo e facilmente uccisi nel sonno,oppure sotto le sporgenze di pareti rocciose (dette ripari), ma anche siaccampavano a cielo scoperto.

Non erano numerosi. Si calcola che ventimila anni fa fossero un milione, unoin media ogni dieci chilometri quadrati. Naturalmente si raccoglievano ingruppi e si spostavano continuamente seguendo le prede. Milioni dibisonti, di cavalli selvaggi e altri animali pascolavano nelle pianure.Immaginiamo ora la situazione sul nostro territorio. Nei periodi freddi ilghiaccio giungeva fino a pochi chilometri a settentrione. Quando esso siscioglieva, valanghe di acqua spazzavano il terreno. A Castellanza siapre la val Morea incassata fra due ripidi pendii formati dal ceppo, unconglomerato di ciotoli alpini in cui non pote' posarsi uno strato disedimentazione, perche' l'acqua che colmava quell'incassatura, scorrevaveloce e ripuliva le pareti di marogna. A Castellanza la fiumana siallargava rallentando sulla pianura, depositando ghiaia e grossi ciotolirotondi, con cui sono stati costruiti i vecchi muri cittadini. Quanta stradahanno percorso e quanto tempo e quali forze enormi hanno smussato elevigato le loro gi scabre superfici. Il rallentamento e la diminuitavelocit dell'acqua scavo' soltanto un piu' largo alveo tra le piu' bassesponde su cui oggi sorgono Legnanello e San Vittore da un lato, SanMartino, San Giorgio e Canegrate dall'altro. Come avrebbero potutovivere gli uomini in un ambiente naturale di tale violenza?. E se purpassarono di qui o si accamparono gruppi di cacciatori nei periodi caldidell'interglaciale, le successive glaciazioni e alluvioni ne fecero spariretraccia.

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Dobbiamo dunque arrivare a diecimila anni fa coll'esaurimento dell'ultimaglaciazione (Wurm) per ammettere la possibilit di un insediamentoumano nel teatro naturale in cui viviamo, rimasto da allora immutatonelle grandi linee. Le modificazioni riguardano la flora e la fauna. I grandianimali amanti del freddo, renne ed orsi, si saranno spostati asettentrione, come in tempi precedenti i leoni e i grandi elefanti si eranospostati a mezzogiorno, mentre i mastodonti ed i mammut si erano deltutto estinti. Alle conifere si erano aggiunte le querce, il nocciolo, l'olmo, iltiglio. E venne il tempo in cui tra i laghi e le paludi dell'attuale Varesottosorsero i villaggi dei palafitticoli: l'Isolino del lago di Varese, il lago diMonate, La Lagozza di Besnate fiorirono a pochi chilometri di qui.L'insediamento allo sbocco dell'Olona sulla pianura non dovette esseremolto posteriore, tenendo pero' presente che le distanze temporali dellapreistoria si misurano in decine di secoli, nei quali si registrano ipassaggi di una facies ad un'altra.

Si registrano tali passaggi osservando il variare delle materie e delle formedegli strumenti fabbricati dall'uomo. Il distacco dall'animale e' segnatoappunto dal superamento dello stato naturale, ossia il sorgere di unacultura al di l della natura. L'animale ripete per istinto sempre gli stessisuoni: l'uomo modula la voce, crea il linguaggio, inventa la musica.L'animale si nutre con quanto gli offre la natura, l'uomo accende il fuocoe cuoce i cibi. Il primo strumento usato dall'uomo, assieme al bastone, fuprobabilmente il sasso, prima intero, poi scheggiato. Le scheggevengono sempre meglio lavorate, diventano lame che tagliano eraschiano, punte che forano, incidono, uccidono animali e anche gliuomini. Dalle ossa delle vittime si ricavano altri strumenti, fra cui l'agoper cucire i vestiti e gli otri di pelle. Sul piano spirituale l'uomo inventa ilculto dei morti, perche' pensa di prolungare la vita oltre la morte. Isepolcri prima sono isolati, poi si raggruppano in cimiteri. Si inventano ritimagici e religiosi; in funzione magica e religiosa si scopre l'arte collestupende pitture (La Cappella Sistina dell'arte quaternaria nella grotta diAltamira in Spagna), colle incisioni rupestri e le statuette della DeaMadre.

Siamo poi passati attraverso piu' di un milione di anni dal Paleolitico inferiore,medio, superiore, col probabile intervallo del Mesolitico, al Neolitico,quando avviene una nuova, decisiva scoperta, l'avvio ad un progressotecnologico che con rapidit drammaticamente crescente in solidiecimila anni conduce l'uomo dalla pietra all'energia atomica, dalla ruotaalla piroga al volo sulla Luna. La scoperta si chiama agricoltura chetrasforma la societ mutando i cacciatori in contadini, pastori, allevatoridi bestiame, la tribu' in citt. Si parte dalle terre calde e fertilissime

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bagnate dai grandi fiumi, Tigri, Eufrate, Nilo; poi la novit si espandelentamente per via di terra e di mare in Europa, passando per i Balcani,lungo il Danubio, oppure dall'Africa alla Spagna e alla Francia (usandosempre i nomi attuali). Tra gli aspetti piu' rivoluzionari e dinamici siregistra l'accumulo della ricchezza, la formazione del capitale.

Hinc prima mali labes dir poi Virgilio con altri poeti, pensando al peccatooriginale della distinzione tra mio e tuo, alla pacifica, felice e perduta eta'dell'oro, ma ignorando che da un milione di anni ominidi e uomini (homosapiens) si sono scannati e mangiati letteralmente a vicenda. La cacciaaveva impegnato le energie di ogni uomo per procacciare giorno pergiorno il cibo per se' e per la famiglia. In ogni caverna o capanna tuttiripetevano le stesse operazioni. L'agricoltura invece riempie i granai dicereali, che assicurano nutrimento per tutti e per molto tempo senza ilbisogno che ciascuno partecipi alla coltivazione della terra. Cosi' vi e'che puo' dedicarsi interamente a fabbricare ceramiche, a filare o atessere la lana, a cercare di fondere e lavorare metalli. La necessita' dimisurare i campi promuove lo sviluppo della geometria e del calcoloaritmetico. Nasce la scienza, si studia il cielo, si inventa la scrittura e chivuole dedicarsi all'arte, alla poesia e alla musica puo' farlo aumentando iltesoro della cultura comune.

In un momento imprecisabile di questo grandioso sviluppo dobbiamo collocarei pochi frammenti del vaso campaniforme trovato a Legnanello. Essi ciriportano indietro di quattromila anni, ma ci autorizzano a credere che,da un tempo piu' lungo, gruppi di uomini erano gia' insediati sulle rivedell'Olona, provenendo naturalmente da famiglie residenti nei villaggipalafitticoli dei laghi varesini oppure dalla vicina Lagozza di Besnate, aloro volta oriunde dalla Francia Meridionale. La moltiplicazione dei centriabitati e' certamente il frutto di una esplosione demografica. Il milione dipersone che si e' calcolato nel Paleolitico superiore, e' gia' decuplicatonel Neolitico, e nel terzo millennio a.c. i milioni sono trecento.

La forma a campana del nostro vaso suggerisce il nome di Remedello,villaggio a sud di Brescia, perche' li' fu trovata la piu' ampiatestimonianza della cosidetta cultura del vaso campaniforme, ma vasi diquesto tipo si sono trovati il molte localita', Sardegna compresa. Non sipuo' dunque inserire con sicurezza un rapporto diretto coi commerciantidi Remedello e nemmeno la scomparsa della cultura lagozziana a cuidovevano appartenere i "legnarellesi" del tempo.

Dopo circa ottocento anni ("circa" puo' intendere una vasta ampiezza) ai pochiframmenti di Legnanello succedono le duecento tombe di Canegrate,che presentano un'altra grande novita' nella evoluzione delle culturepreistoriche: i morti non sono inumati, ma cremati. I reperti archelogici si

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identificano con il nome attuale delle localita' in cui vengono reperiti, ilche non deve pero' circoscriverli entro gli attuali confini amministrativi.

Quali furono i rapporti tra i "legnanellesi" che abitavano al di la' dell'Olona e i"Canegratesi" che seppellivano i loro morti sul ciglio poco oltre la "Costadi San Giorgio"?. Non erano forse un solo gruppo di famiglie chevivevano e faticavano sulle rive del fiume, che forniva acqua e pesca, maperiodicamente li inondava costringendoli a portare piu' in alto,all'asciutto, le ceneri dei defunti?.

La quantita' dei reperti di Canegrate ha dato materia per analisi minuziose eampie dissertazioni. Le urne biconiche sono state facilmentericonosciute come tipiche della cultura dei campi da urne checaratterizzavano l'ambiente culturale della regione europea sita tra laVistola e le Alpi. La trasformazione sociale operata dall'agricoltura inEgitto e Medio Oriente da alcuni millenni e la lavorazione dei metalli, poidiffusa nelle isole dell'Egeo, avevano accumulato in quei paesi ingentiricchezze.

La produzione superiore ai bisogni aveva favorito lo scambio commerciale coni prodotti di altri luoghi. Una delle sostanze ricercate per motivi magici, religiosie medicinali fu l'ambra, rintracciabile a nord della Germania e in Polonia.Carovane di commercianti attraversavano i Balcani o risalivano l'Adriatico perraggiungere il mercato di Unetice, vicino all'attuale Praga, dove dal nordproveniva l'ambra scambiata con oggetti di bronzo, argento e oro. Ilcommercio di questi prodotti non si limitava alla via dell'ambra, ma si irradiavaper ampi spazi. Commercianti erano anche i diffusori dei vasi campaniformi aRemedello, ma quelli del vaso biconico legato alla cremazione dei cadaveri nelcampi di urne, arrivarono probabilmente a Canegrate - Legnano direttamented'Oltralpe. Da est (Veneto?), da ovest (Francia) o da nord (Ticino)?. A favoredella terza ipotesi si puo' richiamare l'attenzione sul fatto che la facies diCanegrate e' apparsa in varie localita' lungo il corso del Ticino, come, perlimitarci alle vicinanze, a Castelletto Ticino, Albairate (Scamozzina), eGarlasco. Sono tempi di forti movimenti migratori coll'avvento anche di gruppiindoeuropei. e tale sarebbe quello di Canegrate, se fosse vera l'ipotesi(inaccertabile) della sua appartenenza ai Celti. Ad ogni modo dobbiamocredere che sia stato assorbito dalle altre popolazioni locali, cui forse trasferi'l'uso dell'incinerazione, assumendo pero' altri costumi non esclusa la lingua.

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I primi abitatori e le loro usanze

Tratto da "Legnano Romana" - Relazione degli scavi e ritrovamenti antichi diGuido Sutermeister

Si puo' ben affermare che non ci sia citta' d'Italia che non conservi vestigiadelle imponenti costruzioni architettoniche ed artistiche delle quali iromani avevano a dovizia dotato il nostro bel suolo. Qua' e' un edificio, la'un'arena, un ponte, una statua, perenni fonti di orgoglio per gli odierniabitatori. Oppure sono minori opere dell'arte, capitelli, lapidi, cippi, chedei precursori perpetuano in tangibile ricordo.

Ma, all'infuori delle maggiori o minori vestigia, oggetti sempre d'ispirazioned'artisti, di meraviglia per il pubblico, ci sono in copia molto piu'abbondante di quanto non si pensi, altri ricordi ben meno appariscenti epoco noti, che indicano i vasti limiti di occupazione raggiunti dai nostriprecedessori.

Nelle campagne ove il livello culturale e sociale era, similmente ad oggi, menoelevato, ove le comunita' composte da poche famiglie non potevanocreare le grandi costruzioni architettoniche che sfidano i tempi furonoaltrove anche difesa naturale per la conservazione delle minori opere, la'nelle campagne, diciamo, ci sono altri ricordi che l'uomo hainconsciamente affidato alla terra per la conservazione: sono le tombe.

E la terra che gli fu amica e per la quale visse traendo il frutto della sua fertilita'restituisce e restituira' i sacri pegni che rinchiude.

Se gli abitatori di questi luoghi comuni furono come anco oggi,preponderantemente umili contadini, hanno essi tuttavia cooperato allagrandezza di Roma con il fornirle i prodotti del suolo, gli uomini per le suefalangi conquistatrici, gli artisti o gli ingegni, gli amministratori o icondottieri.

Quei ricordi che essi inopinatamente ci hanno tramandato a mezzo di millenarigiacigli e che ora esamineremo, sono dunque altrettanto sacri come legrandi opere artistiche che ammiriamo altrove; e' dunque un dovere, unbisogno di raccoglierli per la conservazione e non sono affatto scarsi diinteressi.

La zona lombarda a Nord di Milano non ha, salvo qualche eccezione, doviziadi avanzi importanti di antiche romane costruzioni, ma pure un attentoesame delle singole localita' ci mostra che la terra fu abitata palmo perpalmo come pure lo fu molto prima da altri abitatori meno noti dei quali

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anche piu' raramente troviamo i tangibili segni; le tombe colla lorosuppellettile funeraria.

Le via maestre da Milano ai laghi furono percorse certamente in ogni epocadalla presenza dell'uomo nella zona. Egli si stabili' dapprima sulle paludiche abbondavano allora e sui bordi dei laghi. Forse anche Legnanoaveva allora la sua palude per quanto di tali abitatori non si sia ancoratrovata traccia. da noi.

Besnate ( la Lagozza) e le rive occidentali del lago di Varese ci diedero nelleloro torbe molteplici oggetti di selce cioe' lame, coltelli, frecce, martelliche attestano dell'esistenza semplice che condussero i remotissimiabitatori delle capanne e delle palafitte.

E le palafitte stesse furono trovate abbondantemente nel lago di Varese esegnatamente all'Isola Virginia; sono gli avanzi dell'abitazione umana diun tempo, nel quale abitare sopra l'acqua gli era necessita' per garantirsicontro gli attacchi delle fiere.

Le prime testimonianze scritte dall'uomo le abbiamo nelle stele in caratterenord etrusco, stilate da destra a sinistra, che furono rinvenute in varielocalita' come Vergiate, Como, Lugano, Locarno e si riferiscono a tombedi un popolo che abito' la zona fra il VII e il VI secolo ac..

La via da Pavia a Sesto Calende lungo il Ticino diede alla luce soventetumulazioni dei successivi Galli composte di anfore con ricchi corredi diornamenti in solo bronzo.

Il suolo ridente di queste nostre contrade fu dunque una costante attrattivadell'uomo nei vari periodi della sua esistenza; esso nel suo bisogno diandare al nord le percorreva guidato dai fiumi che lo conducevano aivalichi montani. In quel tragitto, le lenti coorti migratorie, degli elementisi staccavano, si allontanavano dalla via principale per andare a crearenuovi nuclei abitatori.

Si vuole che anche a Milano fosse in mezzo ad estese paludi e la suaorigine rimonti all'epoca delle palafitte. Infatti fra le 26interpretazioni etimologiche sul suo nome, constatiamo che 11accennano alle "paludi" e "al luogo di mezzo" (in mezzo alle acque?).Vedere: Romussi, Milano e i suoi monumenti.La creta accumulatesi nei terreni bassi attorno al castello, adiacential decorso dell'Olona, lascia adire a tale supposizione; ma vedasi piu'avanti.

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Ma dicevamo, un attento esame ci mostra che dappertutto avvennel'espansione seguendo le leggi naturali che non cessano neppure oggi diavere la loro costante applicazione; e dappertutto si trovano oggi o sitrovarono in passato le deboli tracce dell'esistenza umana attraversotempi anche molto lontani.

Gli elementi sin qui raccolti a Legnano ci attestano la presenza dell'uomosoltanto a partire da 4-6 secoli prima di Cristo. Non raccogliemmo maioggetti dell'eta' delle palafitte e comunque dell'eta' della pietra, ma nontarderemo a trovarne se pure cio' e' connesso a non lievi difficolta'.

I Galli, i Romani dell'epoca Repubblicana e quelli dei primi secoli dell'ImperoRomano erano si sa di religione pagano e avevano l'uso di cremare imorti deponendo in un'urna sottoterra i residui del rogo.

I Romani dei secoli successivi a Cristo invece erano cristiani e seppellivano iloro morti con il rito dell'inumazione. Le loro sepolture sono costituite datombe lunghe quanto la persona e create in vario modo, come vedremo.

Col rito pagano della cremazione era uso di offrire al morto cibo e bevande perla vita che credevasi dover esso condurre nell'al di la'. E si mettevano inun piattino o magari in bocca al morto stesso una o piu' monete ondeesso potesse pagare Caronte per il traghetto sul fiume Stige. Simettevano percio' nell'urna dei vasi di terracotta per cibi e bevande, e gliattrezzi personali del morto quasi ch'egli dovesse ancora servirsene poi.Sono il coltello, la cesoia per tosare, fibbie, anelli o nel caso di matrone,gli oggetti di lusso o da toeletta come braccialetti, anelli, fibule, specchi epinzette.

I vasi di terracotta che si portavano in offerta erano talvolta cosi' numerosi chenon trovando posto tutti nell'urna venivano collocati anche fuori vicino adessa, dentro nello stesso loculo scavato per l'anfora,

Il loculo veniva infine riempito di carboni e terra del rogo e della terra dellostesso scavo.

Queste usanze differenti per ognuno dei popoli che ci precedettero, sono pernoi preziose perche' ci offrono il mezzo per riconoscere a quali stirpiappartennero le tombe che si trovano e permettono di gettare sguardinella vita che esse conducevano. Sono millenari segreti che la terrapolverosa od umida, fertile o arida, rinserra e via via ci restituisce percasi fortuiti o per sistematiche ricerche.

Il suolo di legnano contenne abbondantissime le tumulazioni romano paganein vaso di terracotta e non meno quelli romano cristiane fatte a cassettacon embrici in terracotta. Ne vengono ancor oggi alla luce in occasione discavi per fondazione ma piu' rare sono quelle dei Galli ed introvabili sinqui quelle dei popoli preistorici.

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Il rito pagano della cremazione.

In vicinanza delle agglomerazioni maggiori, lungo la strada principale che escedalle abitazioni, era stabilito un luogo per le sepolture, le necropolipreferibilmente su una vicina altura o su un dolce declivio.

Negli aggruppamenti minori o per gli abbienti, la tumulazione avveniva anchenel giardino delle loro stesse case cio' che ci spiega alcune urne isolateche si trovano qua' e la'.

Ma la legge prescrisse poi per ragione igienica che "in urbe ne seppellitoneve unito" percio' la maggioranza dei ritrovamenti le urne non sonoisolate, ma sono raggruppate in necropoli, il che non puo' apparire apriori perche' per l'alternarsi delle secolari colture, molti loculi sonoscomparsi negli sconvolgimenti che subi' il terreno, diradando leoriginarie tombe.

Nelle nostre campagne fu l'introduzione della coltura del gelso dal XII al XIIIsecolo che die' inizio alla distruzione lenta ma costante dei ricordi che ciinteressano, inquantoche' per piantare i gelsi nuovi e per estirpare ivecchi si fanno delle buche nel terreno che arrivano alla profondita' disino a un metro, giusto appunto come sono profonde le anfore deipagani.

La coltivazione comune della terra coll'aratro invece non toccava tali vasi sinoa tento che l'aratro era in legno. Il recente aratro in ferro che scava amaggiore profondita' arriva piu' sovente a decapitare le anfore piu' alte.Da questo quadro si vece come il celato materiale vada sicuramenteassotigliandosi ed urge raccoglierlo la' dove ognora si trova.

Il morto, unto di grassi aromatici o balsami contenuti nei balsamarii, vestitodegli abiti di festa ed avvolto in un drappo, veniva deposto dai parentisulla catasta di legna e branchie di albero preparate su uno spiazzo(ustrinum) di un paio di metri di diametro, infossati nel terreno per 50-80centimetri.

Ai piedi della catasta venivano dai parenti ed amici deposti alcuni balsamariche avessero recato per simbolica offerta. La legna era cosparsa di

In talune localita' il morto veniva adagiato in un0amaca o rete diamianto sotto al quale veniva consumato il rogo. Vediamo una talerete ben conservata al Museo di Aquileia.Trovammo anche a Legnano (necropoli di Via Novara) un ustrium,vedere la piantina.

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resina ed oli e i parenti volgendo il dorso alla catasta le appiccavano ilfuoco ed attendevano quindi raccolti la consumazione del rogo.

Il giorno successivo si recano di nuovo sul luogo per raccogliere le ceneri,assistere alla loro introduzione nell'urna e alla deposizione nella buca gia'preparata.

Le buche erano del diametro di 50 a 70 centimetri di profondita', distanziate unmetro una dall'altra in ordine sparso, cioe' non rigorosamente allineate.Nell'urna venivano dunque immesse le ceneri ovvero i frammentimaggiori delle ossa calcinate sul fuoco e sopra ad esse un piatto cogliattrezzi personali del morto ed a fianco o0 ancor sopra agli altri vasi che iparenti e amici avevano recato in offerta. Qualcuno degli amici graffivasul vaso offerto il suo nome o le iniziali relative. Intorno all'anfora, fuori,venivano messi dei grossi ciotoli a mo' di protezione e sopra ad essiveniva buttata la terra nera residuata dal rogo. I vasi che non avevanotrovato posto nell'interno dell'anfora venivano deposti fuori sulla terra diriempimento nella quale i fedeli conficcavano colla punta in su dei grossichiodi a titolo di portafortuna per il morto onde scongiurargli gli attacchidegli spiriti maligni.

La bocca del vaso veniva chiusa da un'embrico o dalla meta' superioredell'anfora stessa, quando l'anfora era stata appositamente segata perservire alla bisogna, e la fossa veniva poi ricolmata dell'altra terracreatasi collo scavo della buca.

I pagani avevano un culto profondo dei trapassati e delle loro spoglie mortali;non distruggevano neppure dopo molti secoli i loculi che consideravanoperennamente sacri.

Cio' si spiega che perdutosi poi il ricordo della loro ubicazione pel trapasso alcristianesimo, essi si sono copiosamente conservati sino ai giorni nostri.E ci sono utili ora per conoscere la loro vita quasi ci parlino un muto

.Vedere Rivista Arch. Comense.Nel museo si conserva un'anfora proveniente sa San Giorgio, dalla vaiUmberto I, che e' visibilmente segata per tre quarti alla periferia e poispaccata a mano. Altre trovate a San Lorenzo sono tagliate a colpo discalpello, mentre buon numero di quelle in via Novara a Legnanoerano anfore gia' rottesi accidentalmente. Nel museo si conservanopure le anfore di Aquileia, nelle quali era uso frequente fare un forolaterale per la sola immissione di ceneri.

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linguaggio.Dicemmo che nelle urne troviamo gli attrezzi personali dell'estinto. Il coltello da

cucina della casalinga, il coltello pugnale del lavoratore, la cesoia a molladel pecoraio, il raschiatoio del lavoratore delle pelli, l'ago del sarto, lospecchio della signora e cosi' via.

Non si uso' presso i popoli delle nostre regioni di sacrificare al morto gli oggettidi ornamento in metalli preziosi. Mai trovammo oggetti d'oro o d'argentomentre le fibule, gli anelli da dito, i braccialetti offerti sono solo in bronzoo ferro. Gli anelli da dito che si trovano accusano sovente d'esser statinel rogo cioe' non furono tolti dal dito prima della cremazione.

Tali oggetti di ornamento ricorrono del resto piuttosto raramente il che ci facredere che erano poco usati, o era frequente l'uso di tenerli in famigliacome ricordo.

E' prossima la supposizione che i piu' abbienti portassero l'anello d'oro od'argento e che esso perche' di valore venisse poi conservato dai parenti.Un esame del corredo di ogni singola tomba mostra che su 18 agiati,solo 10 hanno l'anello nella tomba e di questi solo 6 sono in ferro (4 conpietre e 2 senza) e gli altri 4 sono in bronzo. E l'anello degli altri 8??.

Leggiamo che l'anello in ferro, con pietra era piu' valutato che quello in bronzo,perche' il ferro all'epoca dei primi imperatori aveva perduto lacaratteristica del prezioso che godette fino alla seconda epoca delbronzo quando per essere appena introdotto, lo si usava esclusivamenteper gli ornamenti.

In talune tombe ricorrono i lacrimogeni con relativa abbondanza: sino a quattroin un'anfora: in altre non ce ne sono affatto. La supposizione e' prossimache le prime siano tombe di signore, le seconde di uomini. Si piange dipiu' sul tumulo di una donna. Ed infatti il lacrimogeno ricorre piu'frequentemente col coltello da cucina che non con gli altri attrezzi di usopiu' mascolino. Pero' e' difficile stabilire fra le fialette di vetro quali eranolacrimogeni e quali balsamari cioe' destinati ad essenze oleose edodorose colle quali il morto doveva venire unto.

Talvolta troviamo nell'urna delle piccole riproduzioni in terracotta delle urnestesse: Si tratta di una offerta di minima spesa e chi la porto' non fucerto un adulto che potesse umiliarsi a regalare un tale trastullo. E' ilbambino o il nipotino che commosso fece sacrificio al suo caro di taleoggettino che poteva ben servirgli come giocattolo.

Nelle urne si ripetono con molta regolarita' tre oggetti di suppellettile interracotta: sono il piatto, il vasetto a bordo extroflesso e la brocca per illiquido con ansa e beccuccio.

Essi costituiscono l'offerta minima necessaria ad ogni morto, direi il corredonormale di una sepoltura, il quale e' intuitivo che fosse offerto dai parenti

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stretti del trapassato. Tali oggetti sono deposti immediatamente sulleceneri come dicemmo e nel mito pagano servivano per l'offerta del cibo edella bevanda dei quali doveva nutrirsi nel lungo viaggio.

In alquanti casi trovammo sicuri indizi che degli alimenti erano stati deposti neivasetti accessori e persino riconoscemmo che erano cibi cotti. Nellecollezioni del museo civico di Legnano si conservano ossicini di pollo e dicapretto estratti dallo scrivente da tali ciotoline. Soventissimo a secondadei luoghi, le ciotole, piatti e brocche compaiono in soprannumero ecome dicemmo non trovando piu' posto van deposti fuori a contatto conl'urna stessa. Sono le offerte di molti amici intimi che mossi dallacredenza o dal rispetto umano concorsero ad alimentare l'estinto per piu'lungo viaggio. Ma dopo i parenti e gli intimi amici, ci sono altri gruppi dipersone che pur debbono un tributo al morto ma non sono in famigliarita'di offrirgli gli alimenti od oggetto di utilita'.

Essi recheranno la lucernetta ad olio simbolo di quella lunga vita cheprecisamente e' mancata al morto, ma che l'affetto dell'offerentevorrebbe ancora perdurare, le ciotoline eleganti, leggiere, oggettini dilusso che indicano in chi offre piu' un bisogno di sdebitarsi di qualchefavore ricevuto che non di dimostrare un affetto sentimentale.

Vediamo la schiera degli offerenti circondare il loculo aperto nel quale e' gia'introdotta l'urna e i residui del rogo. Ognuno reca in mano il suo oggetto ei parenti prima e gli amici poi, gareggiano per porgergli al "vespillo" ondeessi vadano a toccare le ceneri, o almeno risultino vicino all'urna.

Egli depone prima il piatto vi ripone sopra gli attrezzi personali purificati dalfuoco e contorti o spezzati a dimostrare che anche il loro uso deveessere finito dopo la dipartita dell'affezionato detentore. Sopra la broccaod idria e di fianco una ciotola per alimento coprono facilmente il nongrande spazio interno. Se nella ciotola erano realmente contenute dellecibarie, le si metteva sopra un piatto od altro onde la terra non vipenetrasse egualmente e noi tutto troviamo invaso da terra diinfiltrazione apportata dalle acque nei periodi di allagamento annuale delsottosuolo.

L'obolo per Caronte era generalmente posto in una ciotolina, talvolta dentro,talvolta fuori dal cinerario. Trovammo in un sol caso una pignetta di tremonete sovrapposte mentre non sempre la moneta vi fu immessa egeneralmente una sola eravi deposta.

Dei vasi offerti, ne venivano messi nell'interno dell'urna quanti ce ne stavanoper coprire il piano delle ceneri, il quale raggiungeva l'altezza delmassimo rigonfiamento dell'olla. Siccome l'urna era previamentecontornata all'esterno con un po' di terra che la reggesse in piedi equesta e' terra nera del rogo mista a detriti carboniosi, le offerte che non

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avevano trovato posto nell'interno venivano ora messe fuori intornoadagiate sulla terra nera. E piu' fuori a mo' di protezione venivano messidei giri di grossi ciotoli che circondando il tutto venivano quasi sempre ariempire la buca. Gli intersizi esterni venivano via via riempiti colla terravergine della buca stessa, mentre quelli interni venivano colmati collaterra nera del rogo.

Mentre tale operazione procedeva per mano dell'affossatore, gli intervenutibuttavano nella fossa dei chiodi o ferri vasi che avevano analoghefunzioni. Era credenza popolare che tali offerte avessero la proprieta' discacciare gli spiriti maligni d'attorno al morto nella sua nuova vita. Deichiodi di trovavano non di rado anche nell'urna. Per esercitare la lorosupposta funzione, essi dovevano essere conficcati punta in su nellaterra; ma tale regola era poco conservata. Per analogia che corre, civiene naturale di rievocare qui un'odierna credenza tedesca per la quale,verso la fine della grande guerra, i tedeschi accorrevano a conficcare deichiodi nella statua di Hinderburg.

L'urna veniva poi coperta da un tegolone rettangolare di circa 54x45 cm. espesso 3 a 3 cm. avente due risvolti sui due lati piu' lunghi, oggettocaratteristico perche' fu sempre trovato munito di una sigla interessanteeseguita con un pettine d'osso o legno a soli 3 denti.

Vedremo piu' avanti che tale embrico ebbe anche un suo uso particolare per letombe cristiane, ma qui in epoca romana esso era noto anche cometegolone del quale erano coperti i tetti delle case in muratura.

La sigla che si vede in fotografia aveva indubbiamente il significatodell'"omega" cioe' dell'ultima lettera dell'alfabeto greco con la quale sivolle indicare l'uso particolare dei tegoloni per le tombe.

Negli scavi di Via Novara del primo secolo trovammo sui tegoloni la sigla 1mentre su quelli dei secoli avanzati trovammo promiscue sigle I e II.

Su quelli della costa di San Giorgio dei tardi secoli trovammo pure le sigle I eII molto piu' vicine benche' mai nella stessa tomba.

Su quelli di San Lorenzo del I secolo trovammo la sigla 3.Nella necropoli romana di Gallarate, nel podere dei fratelli Coarezza verso

Arnate, gli embrici sono privi di sigla sebbene da speciali incastri che essiposseggono risulti evidente che essi erano appositamente costruiti perl'uso esclusivo delle tombe.

A Milano in Castello Sforzesco, ci sono degli embrici che posseggonoanaloghe sigle, ed altri con diciture incise a mano prima e dopo lacottura.

Gli embrici delle tombe di Savona sono identici a quelli di Via Novara, anchenella sigla che e' del tipo di sinistra. Cio' conferma lo scopo non solorituale animistico mistico della sigla ed esclude l'ipotesi che essa fosse

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marca di fabbrica. Le differenze riscontrate stanno a dimostrare che lacostumanza della sigla fosse ad libitum del figulino.

Le diciture incise dopo la cottura sono espressioni dei dolenti verso l'estinto,sono gli ultimi contatti spirituali fra i famigliari ed il trapassato; le troviamoqualche volta anche sui vasetti.

Pure la scelta del tipo di urna cineraria, non vigeva una costumanzarigidamente osservata. Nel 70% dei casi e' un'anfora vinaria che riceve leceneri e la suppellettile; divideremo in due categorie queste anfore:quelle adoperate nuove per la bisogna e quelle gia' rotte, inservibili ormaiper l'uso dei liquidi le quali trovano una conveniente utilizzazione. E sonoqueste le piu'. Ma anche le anfore nuove non potevano senz'altro servireper la sepoltura perche' il loro collo stretto non avrebbe permessol'introduzione delle suppellettili sul letto di ceneri, ond'ecco che essevennero segate o spaccate dopo averle intaccate tutto attorno con unbulino. Aperte che sono in due meta', il bisogno impellente del rito diposarvi le suppellettili accompagnatorie ha il suo libero sfogo. L'anforaviene poi interrata in piedi con sovrapposta la meta' superiore a guisa dicopertura vedere anche le anfore di San Lorenzo). E cosi' troviamo interra l'anfora apparentemente intiera e riparabile.

Invece le anfora gia' inutilizzate per precedente rottura troviamo facilmentemancante qualche coccio. In altre localita', per esempio a Verona edAquileia, vedemmo anfore che furono adoperate nuove, senza segarle,introducendovi solo la cenere senza gli oggetti accessori che eranodeposti fuori vicino.

Nel 30% dei casi, altri tipi di vasi furono adoperati per le sepolture. Sono vasi afondo piano, sono pentole curiose, sono perfino grandi ciotole del tipoper alimenti, sono brocche per liquido previamente decapitate.

Qualche povero morto fu deposto su un semplice coccio di anfora.Questa variabilita' dei modi di tumulazione e' ai nostri occhi ricca di significato

e ci permette di penetrare con sguardo indiscreto nell'umilta' di talunecerimonie mentre ci rendno evidente la relativa agiatezza di altre.

Risulto' chiaro che la famiglia di un ricco significava un'anfora nuova, quella diun povero trovava il sacrificio duro e ricorreva alle economia. Cosi' sispiega che un adulto potesse essere deposto in una brocca; o in unvasetto di alimenti; un bambino su un solo coccio di anfora, grande nonpiu' di due palmi di mano.

Vedremo poi che alla Costa di San Giorgio e a San Lorenzo un numeronotevole di tumulazioni nel tardo paganesimo avvenne senza il minimouso di suppellettile ne' di anfore.

Nella terra si riconobbero ivi le buche di tumulazione e a piccola distanza fra diloro, riempite della terra nera del rogo, ma non un coccio, non un chiodo,

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non un segno della pieta' di patenti ed amici. Un senso di tristezza ciaccompagna in tali luoghi di dolore non alleviato da una parola amica.Chi puo' penetrare nel mistero di tali tumulazioni? Epidemie? Condannati?Morti in tempo di Guerra?.

IL RITO CRISTIANO DELLA INUMAZIONE

Coll'avvento del cristianesimo per opera degli apostoli di Cristo e sei suoiseguaci i martiri delle catacombe, il modo di tumulazione ando'mutandosi. I cristiani usavano l'inumazione della salma percio' colproseguire del tempo scompare la cremazione per dare luogoall'inumazione.

Con l'editto di Costantino Magno che nel 323 dopo Cristo promulgava ilcristianesimo religione di stato la cremazione e' in contrasto colla legge edeve scomparire. Scompare il rito, ma sono rispettati i i luoghi sacri dellegenerazioni passate che noi ancor oggi troviamo qua' e la'.

Nelle nuove epoche dunque non piu' urne cinerarie colle ossa e ceneri delmorto, ma tombe fatte in vario modo e sempre colla lunghezza normaledella persona. Le tombe contengono lo scheletro disteso del morto.

Ma come ogni cosa umana l'abitudine e' difficile da sradicare ed un congruotempo occorre per spegnere le usanze e sostituirle ad altre, cosi' nelletombe cristiane perdurera' per un certo tempo l'usanza delle suppellettilifunerarie pagane composta come dicemmo dei vasetti di terracotta edegli attrezzi personali del morto. Negli scavi della Costa di San Giorgiodi epoca tarda cioe' del III e IV secolo, si constata chiaramente questosfasamento di riti e lo spegnersi successivo delle usanze pagane.

La sepoltura cristiana dei primi secoli e' formata a Legnano, come in tutta lapianura fra Milano e e le prealpi, dalla cassa detta a "alla capuccina",lunga circa due metri e costituita da tegoloni di forma rettangolare aventicirca 43x56 cm. e 13 di spessore con due labbri a risvolto.

Tre tegoloni adagiati sul piano della fossa formavano un letto sul quale sideponeva il morto; ai due lati si accostavano quattro tegoloni per parte inposizione semiverticale che formando un triangolo sopra ad esso siincontravano fra di loro al vertice. Ad ogni estremita' u altro tegolonemesso verticalmente chiudeva il foro triangolare. E cosi' sono 13 tegoloniper ogni tomba di adulto. Senza dubbio la triste nomea del n. 13 ha lasua origine nella circostanza che i 13 tegoloni fanno la cassa del morto.Ogni giunta di tegoloni veniva coperta all'esterno da tegole a canale, letegole dette "romane" anche oggidi', lunghe 50 cm. che differenziano da

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quelle odierne solo perche' piu' lunghe e molto piu' convesse, cioe' asemicerchio quasi completo.

Molti ciotoli contornavano anche qui i tegoloni a mo di protezione e lasuppellettile offerta veniva adagiata in contatto con le falde della cassa opresso il suo vertice man mano che la fossa veniva riempita di terra delloscavo.

Il coltello o gli attrezzi personali erano deposti sul corpo del morto ed al suofianco nell'interno della stessa fossa. Pochissimi vasi accompagnavanola tomba.

Queste tombe si seguivano ad uno o due metri di distanza l'una dall'altra ed illoro orientamento era all'incirca da Nord a Sud.

Coll'andare del tempo la suppellettile si fece scarsa e poi scomparve del tutto.Piu' tardi anche la cassa di terracotta non venne piu' usata e si passo'certamente alla cassa di legno, ma nessuna delle tombe del territorionostro, nelle quali la tumulazione era avvenuta senza i tegoloni fupossibile accertare la presenza della cassa di legno. Invece apparesicuro in molti casi che la tumulazione avvenne nella fossa senza alcunaprotezione per il morto salvo forse un solo drappo o lenzuolo, un mezzodi occultazione della salma che era gia' in uso presso i pagani per iltrasporto dalla casa al luogo del rogo, e che e' oggi ancora in uso neipopoli arabi ed altri.

Col cessare di ogni oggetto nella tumulazione, le tombe dei piu' non destanoalcun interesse per noi; esse non ci recano piu' le espressioni del ritocompiuto, non ci fanno piu' rivivere quell'attimo fugace di affetti etristezze che costitui' il saluto al trapassato. Polvere era e polvereritorno'.

Caduta la tangibile espressione dell'affetto e sacrificio dei dolenti, sicomprende facilmente come col rito cristiano si spegnesse il culto dellaconservazione secolare delle spoglie mortali. Esso rimane ancora unprivilegio per le persone elette le quali anche in tarde epoche furonodeposte in tombe rettangolari in muratura coperte da una volta di mattonio da beole (quale fu una trovata fra Legnano e Castellanza chedescriveremo piu' avanti) oppure avelli scolpiti nel sasso massiccio ericoperti da pesante coperchio pure di pietra. Non di rado gli avelliportavano una dedica incisa nel sasso come ad esempio quello trovato aSan Lorenzo che illustreremo piu' avanti. Queste perenni sepolture eranofatte piu' frequentemente ai personaggi o guerrieri i quali vi venivanoimmessi in cappa e spada.

Cosi' pare che fosse anche la sepoltura trovata a San Giorgio in via Umberto Idella quale riferiro' cogli scavi di San Giorgio stesso.

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VECCHIE RICERCHE E RITROVAMENTI IN LEGNANO

Il Professor Serafino Ricci, in uno ospucoletto di 15 pagine intitolato "Lanecropoli di Legnano" presentava nel 1901 le fotografie di variinteressanti ritrovamenti fatti in Legnano in localita' alquanto discoste fradi loro e riguardanti epoche varie dalla Gallica alla Medioevale.

Riprodurremmo tali notizie e le relative fotografie poiche' l'opuscolo e' esauritoe difficile riuscirebbe a rintracciarne qualche copia.

E' vero che esso portava un titolo un po' al di la' di quanto realmente potevadesumersi dai ritrovamenti enunciati, ma dobbiamo essere veramentegrati al prof. Serafino Ricci relatore, ed al defunto Sig AristideMantegazza che ne fu l'informatore oltre che l'appassionato raccoglitoredegli oggetti illustrati. Ma diciamolo subito che purtroppo gli oggetti la'ricordati sono oggi smarriti perche' nessuno penso' di radunarli sotto latutela di chi ha cura della cosa pubblica; forse pochi potranno ritornare aLegnano.

La parte saliente dell'opuscoletto e' costituita dal ritrovamento di un'olla diterracotta fatto nella casa che il Sig. Borsani Cristoforo eresse in viaSempione (oggi casa del Comm. Fabio Vignati) e dalla disanima chel'autore fa del contenuto dell'olla stessa.

L'olla ando' in frantumi come purtroppo suole accadere quando il ritrovamentoe' fatto accidentalmente. Il Sig. Mantegazza accorso pote' raccogliere glioggetti di bro0nzo ma non l'anfora ne' un vasetto in terracotta che vi eracontenuto. L'anfora era come si intuisce l'ossario di un cremato, anzi daibronzi ritrovati si arguisce che trattasi di una donna e che l'epoca risalead almeno tre secoli avanti Cristo.

Nel centro un anello scendimpetto con raggiera a globetti, un dischetto sottilecon foro, avanzo di un tintinnambulo composto da due dischi a emivalvache contenevano una pallina mobile tintinnante, Un braccialetto o collarecon secchiolini tintinnambuli. Un'armilla; una catenella composta daanelli a maglia tonda. Varie fibule del periodo della Tene'. Vari secchiolinitintinnanbuli isolati. Alcuni anelli digitali.

Tutti questi oggetti sono cosi' tipici che classificano la sepoltura ad epoca

.Purtroppo gli oggetti che si vedono in figura paiono passati nel 1902al Museo Archeologico di Torino, ne' ivi sono rintracciabili in mezzo adaltri di provenienza non classificata

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preromana e ci riportano alla seconda eta' del ferro corrispondente alperiodo di Golasecca e la Tene' II. Il Prof. Castelfranco ritiene piu'esattamente di fissare l'epoca fra 400 e 300 anni avanti Cristo.

I vari fittili riprodotti intorno ai bronzi della figura non appartengono alla tombadei bronzi ma sono di altre provenienze da Legnano e suo territorio ehanno carattere preromano quelli piu' rozzi, di pasta impura essicata alsole, e carattere gallico gli altri meno rozzi.

Il confronto con i fittili di Ornavassso e delle necropoli della Valsassina illustratidal Castelfranco ci pongono in grado di riconoscere degli elementi liguri oceltici prima, gallici poi, e ci permettono di fissarci anche per essi sullaseconda eta' del ferro nel periodo di transizione tra l'elemento etnico deiLiguro-Galli e dei Galli-Romani.

La figura 11 invece contiene oggetti in bronzo, terracotta e ferro propriamenteromani e di solito reperibile nelle necropoli romane, come i cucchiai, learmille ed altri oggetti in bronzo e le ampolline lacrimatoie e i balsamari invetro e lucerne fittili. Altri oggetti sono di carattere Gallico come alcunidegli utensili in ferro. Si notino due fibule frammentose tipo La Tene' cheoccorrono spesso nelle antichita' Lomelline e di Ornavasso e che bene siaccordano con alcuni oggetti in ferro della stessa tavola e figura 12.

In quel miscuglio di oggetti di varie eta' che furono scelti fra i piu' caratteristici eche non potevansi altrimenti distribuire anche pel modo in cui erano gia'disposti, si trovano nella fig. 11 accanto alle chiavi, a fibbie, a utensiliromani e di tempo tardo un chiodo gallico, una punta di lancia, un'armilla,oggetti che mi convincono della presenza copiosa a Legnanodell'elemento Gallico al quale accennava come ho detto il Castelfranco.

Cosi' pure ad elemento Gallico pare accennino alcune delle spade e le cesoie,mentre al elemento barbarico cioe' molto piu' tardo e di stirpe diversapare accennino invece l'umbone di scudo ed altre armi della stessa figura,nonche' una specie di targhetta da cintura lavorata di cui si vede un

Bianchetti Ferrero " I sepolcreti di OrnavassoAtti della societa' Archeologica e Belle Arti di Torino per Lomello eOrnavasso.Di questi oggetti non si conosce la provenienza esatta salvo che essisono della nostra citta'; solo pel lacrimogeno piatto a mo' di borracciaasserisce la Signora Mantegazza che proviene dalla casa Legnani di viaPonte Carrato (oggi via Corridoni).

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frammento sotto l'armilla in ferro della figura 11.Questi oggetti hanno intima analogia con quelli rinvenuti a Testone (odierna

Moncalieri) esposti nella sezione piemontese del Regio Museo delleAntichita' di Torino.

Gli oggetti delle altre figure dell'opuscoletto appartengono piu' propriamente aperiodo vario, come ognun vede, e servono a confermare la notizia diuna necropoli gallo-romana e poi romano-barbarica a Legnano, cioe' lacontinuazione dell'esistenza della necropoli nella citta' e nel territorio, e laconferma di cio' che era stato rinvenuto nel 1886 dal Castelfranco, moltopiu' che i ritrovamenti non provengono dal medesimo luogo. Infatti glioggetti rappresentati non furono ritrovati in occasione di lavori dellaferrovia Milano-Arona, ma alcuni in occasione degli scavi per la grandevasca dello stabilimento Dell'Acqua nel 1887 (molti oggetti in ferro), altrinell'anno 1894 in seguito a scavi fortuiti in via Garibaldi.

L'anno dopo 11895 altri oggetti furono rinvenuti negli scavi per aprire cantine incasa Agosti in corso Garibaldi.

.Fu nel costruire la fondazione di un alto camino che a 5 metri diprofondita' si trovarono un umbone di scudo, gli speroni e una spada,tutto di epoca barbarica. Gli oggetti furono portati a Milano in casa delSig. Dell'Acqua, via Settala 45, ma oggi non si trovano piu'. In questoluogo sorgeva il convento di Santa Caterina dal quale alla sua ultimadistruzione del 1924 si staccarono alcuni affreschi.Ove esisteva l'osteria della Stella, di proprieta' di Lampugnani al n. 7di via Garibaldi si trovo' l'umbone di scudo della figura e di alcunespade, ma oggi non possiamo piu' particolarmente designarli. Essi pareche siano passati al Museo di Torino, ma la' non si possono piu'distinguere da altri non essendo classificati.Si tratta invece della casa in corso Vittorio Emanuele 17, angoloAlberto da Giussano, che e' la casa dell'ex sindaco Agosti (oggi casaCittera) e il Sig. Aristide Mantegazza, sempre solerte raccoglitore,

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Queste le notizie che nel 1901 scriveva il Prof. Serafino Ricci sui ritrovamentiantichi in Legnano; ma come si vede mancano alcune indicazioni deiluoghi.

Il maestro Pirovano Giuseppe, segretario della Congregazione di Carita' nellesue "Memorie postume su Legnano" datate 1883 (egli avevaprecedentemente scritto altre brevi memorie su Legnano), riferisce alcuniluoghi di ritrovamento con queste pagine:

".... Nelle vicinanze della borgata con ci fu dato di ritrovare antichita' romane,ma bensi' tanto da una parte che dall'altra delle due coste che lanascondono alla distanza di mezzo chilometro, se ne trovavano asufficienza, ne' e' fuori dubbio che i campi della Ponzella possano ancorafornircene..."

Delle reliquie romane trovate nei nostri campi, fanno fede oltre quelle dei variparticolari possessori, la bella raccolta fattasi da Don Giuseppe Brambilladi Castellanza, consistente in anfore, vasi cinerari, speroni, fibule e altrioggetti dell'epoca, ritrovati nei suoi poderi posti nel territorio di Legnano edi altri su quello di Castellanza.

Facendosi un nuovo tronco della strada provinciale del Sempione che dalnuovo ponte dell'Olona, lasciando Castegnate in disparte eattraversando Castellanza sul piu' alto della sua costa per la CascinaBuon Gesu', detta popolarmente delle Corde perche' qui facevansi corde,

ritiro' i cocci dell'anfora che era gia' spezzata e gli oggetti checonteneva... ma oggi non c'e' piu' a Legnano."Ponzella (anticamente Poncena, vedi questo nome ripetuto piu' voltenei registri dell'ospizio di S. Erasmo del 1471) . In questa localita' piu'volte si ritrovarono vasi cinerari, sepolcreti e lucernette nonche'monete di Aureliano 270-275 d.c., Probo 276-282 dd.c., Massimino286-305 d.c., nota del Pirovano stesso.Dalle indagini da me fatte per ritrovare tale collezione, risulto' cheessa sicuramente ando' distrutta (non dispersa) per vandalismo deldetentore, ereditario, verso il 1900.

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fattosi un taglio di terreno per mettere piu' a dritto il tronco che ascende,fui io presente allo scoprimento delle due belle anfore cinerarie, chevennero comperate dall'Ing. Introini di Busto Arsizio.

Piu' oltre di questa localita', andando per la costa verso Olgiate, non abbiamoaltre notizie in proposito, quantunque questo comune sia antico comevedremo in seguito.

Delle antichita' legnanesi delle quali siamo possessori accenneremo a moneteromane quale quelle che ci danno schiarimenti di colonie romane quistanziate e di cui ci ricordiamo non solo i vasi cinerari ma acnhe la terrache raccolse le ceneri dei corpi abbruciati entro la quale raccolsimo unsasso eguale quasi nella sua struttura lamellare alla lignite con traccia diopalino formato dall'ardenza del fuoco. In generale i zappatori di terrenotanto piu' negli scavi di ghiaia per le strade, allorche' vi trovavano qualchevaso, anfora o sepolcreto, amanti piu' della scoperta di un tesoro chedelle rispettabili antichita', queste cadono a pezzi sotto ai colpidell'impavida zappa a pronta soddisfazione dell'ingorda avarizia di chi lamaneggia. In tal modo vanno dispersi i frantumi dei quali riesce il piu'delle volte ad un conoscitore di difficile argomento di conoscere l'originestorica e la configurazione dell'infranto oggetto.

Il contadino qualche volta nello scavo fosse per piantagione di gelsi, scoprequalche vaso o sepolcreto ma di cio' osservato non esservi di che possainteressarlo si serve del vaso per qualche ordinario uso proprio e ilmattone romano che serviva di coperchio se non e' spezzato prima cheveda la superficie, viene adoperato come sedile.

Circa alle citate monete antiche, crediamo opportuno di non nuovamentetrascriverle essendo queste palesate gia' nell'Omaggio della Societa'Lombarda al VII centenario della Battaglia di Legnano e brevi cennistorici della Battaglia di legnano - Busto Arsizio - Tipografia Volonterio, da

Si tratta evidentemente del punto ove la via 29 Maggio si innestanella via del Sempione, all'estremo nord di legnano.Si fecero poi dei ritrovamenti modesti in localita' Fiorenza e quelli piu'ricchi dal cavo di sabbia che e' fra il cimitero di Castellanza e la Cascinadel Buon Gesu' dai quali traemmo la fotografia di un elegantissimopoculus presso l'Ing. Prandoni.Presso gli eredi Pirovano non si pote' nulla rintracciare.Volumetto esaurito ma visibile a Brera a nell'Accademia.

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noi fatto stampare per l'accennato centenario a corredo di quanto venneomesso nel capitolo Legnano dal suddetto Omaggio.

Del periodo dei Longobardi pure abbiamo scoperte da ricordare; per esempio:" nel 1868 ai 3 di marzo scavandosi la creta nel prato di San magno, verso

Levante fu ritrovata una tomba coperta da un vergine banco di creta chedalla sua base sollevavasi all'altezza di metri 1,5, contenete un polverososcheletro reso annichilito dall'infiltrazione cretacea che ne investi' ilcontenuto fino alla citata altezza, al di sopra del tumulo di un metro".

Ci domandiamo quanti anni ci sono voluti per formare quel banco a furia ditorbidio delle acque? Quel banco di creta non contava la misura dellacotecca del prato ed era a un fondo piuttosto solido e non pantanoso. Noinon possiamo convincerci che quel tumulo composto di embrici delladimensione di 40x55 cm. e di buona cottura da fornace, fosse posto in unfango; attesoche' lo trovammo appoggiato su un solido terreno e la cretapresentava la sua vergine compagine, da escludere totalmente la manodell'uomo. Questi embrici si collegavano assieme nei lati e nel coperchio,

Il Pirovano cade nell'errore di credere che la tomba sia stata posta sulnudo terreno e che il tempo a mezzo di allagamenti avesse deposto lacreta per lo spessore di 1,5 metri sopra di esso. Come concilia del restoegli la deposizione di tombe in questo luogo ove a dir suo in epocaromana esisteva un lago?. Gli e' che se non un lago certo una zona diallagamento annuale del fiume Olona esisteva intorno al castello diLegnano, ma in epoca ben piu' lontana, preistorica, alla quale vaascritto il deposito della creta, proveniente dai terreni cretaceadell'Alto Varesotto; depositi di creta che troviamo del resto non soloqua ma anche molto piu' sotto, fino ad oltre Milano e danno il lavoroalle numerose fornaci che vi si trovano. Come vedemmo gia' prima, letombe romano--cristiane a cassetta venivano poste a circa un metrodi profondita', ma seguendo un criterio gia' constatato per le tombepagane, tale profondita' subiva variazioni piu' o meno a seconda delterreno alluvionale (ciotoli e sabbia) era piu' o meno profondo. La

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con gli appositi risvolti e marcati da una sigla che la ricordiamo nellepietre della chiesa di S. Ambrogio a Milano.

Nel ripostovi scheletro rimasero solo le corone dei denti d'uomo piuttostogiovane e qualche rimasuglio di femore. Se le zappe dei fornaciari nonavessero rotta quella creta internatasi (sotto gli embrici) si sarebbepotuto stabilire dall'investitura rimasta a modo di stampo, la grandezza eforse la forma di quel sepolcro ma di cio' nulla, se non che' l'ocria tinta diun lungo spadone, che' pur esso corroso; cio' non di meno possiamoattestarne la lunghezza di metri 1,05; larghezza verso l'elsa di cm 5;grossezza cm. 2 dipartendo dal manico che manca del tutto per indicarlodi ferro, non avendo la creta nessun segno di ruggine; per il che losupponiamo che fosse d'osso o di legno.

La lunghezza e grossezza di questo spadone assai dimostrano essere armaadoperata a due mani.

Da qualcheduno tale sepolcro si volle attribuire ad un avanzo della battaglia dilegnano, da altri da quella di Parabiago; ma ne' l'una ne' l'altra induzioneci fornisce abbastanza prove a credere veritiere, da che supponiamo chei guerrieri di quei secoli portavano celata ed usbergo maneando invecenello scoperto tumulo totalmente ogni indizio di corrosa armatura odimpronta che ne indicasse colla ruggine l'esistenza di tali oggetti, come siverifico' nel 11818, facendosi la strada comunale da Legnano a SanGiorgio; sulla colma di questa ritrovossi un mortuario avello con scheletroed armatura, che fu portata via (ben inteso venduto dai zappatori) alDottor Gaspare Bossi notaio legnanese.

regola appare essere "le tombe siano deposte colla loro basedirettamente sul terreno permeabile", il che si fonda su principi diigiene. Il Sig. Francesco Dell'Acqua mi disse che in tale prato furonotrovate piu' volte delle tombe formate da tegoloni disposti a triangolocon ossa dentro e vasetti, ma nulla si salvo' all'infuori di qualchemoneta che peraltro non potemmo vedere e quindi erano tombe delIII IV secolo d.c..Il Pirovano ha misurato lo spessore di 2 cm. sul pezzo enormementeingrossato dall'arruginimento; pero' lo spessore originale non potevasuperare 6-8 mm. anche se molto grossa.

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Nel 1851 nel prato Pellegrini si rinvenne una cisterna o tombino continuatoverso settentrione del Castello contenente qualche palla grossa dicannone e dei calci di fucile.

In uno scavo di ghiaia fatta nel 1863 in vicinanza della filatura (in oggi BianchiCuttica) fu rinvenuto uno scheletro di cavallo e poco lungi uno umano conmonete d'argento dei Cantoni di Unterwalden, Uppenzell, ecc,coll'impronta di San martino patrono di quei cantoni svizzeri. Tutte questescoperte ci guidarono alla storia dei loro tempi, imperroche' se quella diSan Giorgio ci porta alla battaglia di Federico Barbarossa anche per laquantita' delle ossa ritrovate poco piu' in la' del corazzato guerriero e peril nome che aveva il villaggio di San Giorgio Sottero, quasi ad indicarecon tal nome la localita' dei sepolti battaglieri, ben totalmente oppostesono le scoperte del 1851 e del 1863 che chiaramente ricordanol'ammutinamento dei polacchi, ecc.

Ora ritornando al tumulo di San magno noi siamo pienamante convinti esserequello di un guerriero Longobardo attesoche quei popoli discesero inItalia non forniti di armi certamente come i popoli civilizzati masemplicemente armati di una mazza e alabarda ed i piu' di un lungospadone che per grossezza quasi serviva piu' di colpo che di taglio nonavendo quella tempera che rese in seguito tanto celebri le fabbriche diMilano. A causa della mancanza di tempera infatti lo spadone si corroseassumendo una struttura lamellare a sfoglie. A farci piu' identici nelnostro esposto. concorrono pure varie monete di quei tempi che faremoconoscere al lettore:

" nel suddetto prato consumandosi la creta si trovo' pure due monete una d'oroe l'altra di rame". La prima appartiene a Tiberio II (578-582 dopo Cristo)cioe' ad un'epoca in cui le arti e la scienza della lingua latina eranoall'estremo della decadenza per il che le monete di quell'epoca eranoquasi tutte spropositate dando ai numismatici un difficile compito adecifrarle. Nel retro di questa prima moneta si legge Victoria AugustorumConob.

La seconda e' una moneta bizantina cuprea del diametro di 25 millimetri nelcui diritto presentasi il mezzo busto di Leone VI visto di fronte, condiadema orientale adorno di tenie, sormontato da una piccola croce;

In possesso del fisico Dott. Ferrario a Gallarate ed ora di suo figlioScipione a Samarate.Venne descritta dal Sig. Vigore, giudice del mandamento di BustoArsizio, appassionato cultore di numismatica.

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l'ampio suo paludamento scende in larghe pieghe da destra a sinistra delpetto, in giro la leggenda: Leon Basileus Romeon. Nel retro senza tipo laleggenda + Leon ENOEO BASILEUS ROMEON. (Leone VI detto ilfilosofo fu imperatore di oriente dal 886 al 911 dopo Cristo).

Fra le tante monete ritrovate, meritano particolare menzione quelle d'argentorinvenute in un'anfora sepolta nella creta del prato detto di San Magnodietro al castello, sulla destra del ramo dell'Olona che per un trattofiancheggia la strada per San Vittore.

Erano numerosissime monetine coniate ai tempi della repubblica romana,riferentesi agli anni 485 della fondazione di Roma ossia 753 (?) anniavanti la venuta di Cristo. Queste monete ben conservate sono difamiglia portante le figure di Castore e Polluce a cavallo e la parolaRome sotto alle loro cavalcature; le altre invece avevano un leone; tuttequeste monete portavano sul retro una testa di donna, taluna con cimieroe ali all'orecchio.

.Fu un ritrovamento eccezzionale ricchezza e soprattutto moltointeressante per noi. Era un vero tesoro personale nascosto; uno di queiritrovamenti quali accadono di rado ( (ed oggi sono passati 44 anni)ma pur accendono la fantasia e le smanie degli sterratori al dannodell'archeologia.. Di tali monete ce ne sono 28 al Castello Sforzesco aMilano, pervenuteci a mezzo del pittore Bertini, ed una ventina o piu'ne possiede l'ing. Roberto Dell'Acqua a Milano delle quali ce ne cedetteuna che porta nel diritto: Testa di Diana e nel rovescio: GalliusLupercus colla legenda: MASSA. Le altre moltissime sono passate amani ignote a noi e vedremmo volentieri che venissero portate alMuseo. Si tratta di monete galliche coniate nella stessa Lombardiafra il 2 e il 1 secolo avanti Cristo, gia' sotto la dominazione dellaRepubblica Romana. Infatti nel gruzzolo si trovavano anche moneteconsolari romane coll'effigie di Roma con elmo alato sul diritto e duedioscuri a cavallo in corso sfrenata con la dicitura ROMA nell'esefra,quali ne conserva il ing. Dell'Acqua. E' cosa singolare che in epoca

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Uno scheletro che ci riporta ad epoca preistorica venne ritrovato il 22 marzo1871 in un vergine strato di sabbia, frapposto a due di conglomerataghiaia, alla profondita' di 3 metri sotto le fondamenta di una casa del1200. Lo scrivente conserva di questo scheletro la mandibola inferiore eun pezzo di femore.

Scrive poi il Pirovano nel suo diario: "4 settembre 1885: alla cascina SanBernardino si scopre un'ala romana. Ne e' avvisata la societa'Archeologica - 5 settembre: invitatolo scrivente a portarsi a SanBernardino come sopra, ne fu dato di constatarne un'altra, e un pezzo diframmento lapidario.

politicamente romana si coniassero ancora molte monete galliche, mae' un fatto accertato e non esclusivo in quell'epoca. Tale moneta erabenvisa dal popolo nel quale le tradizioni ataviche non erano ancoradel tutto estinte. Alla moneta gallica o Massaliota che dir si vogliaveniva attribuito un alto grado di fido che la faceva desiderare, un po'come oggi noi tratteremo piu' volentieri la moneta aurea anziche' lamoneta cartacea o di nichelio. Cosi' si spiega che in periodo politicoRomano si aveva la coniazione delle monete galliche. Non sonofalsificazioni ma imitazioni ufficiali..Non c'e' piu' oggi..Le cosidette are sono due cippi i quali appunto ci racconta il Rag. Figiniche furono ritirati dalla cascina San Bernardino non senza difficolta'per le pretese di possesso accampate da un contadino. Il frammentolapidario e' smarrito; sara' al Castello a Milano?. (26 bis) Vi e' unaragione per credere che questa via era in quella direzionePonente-Levante per accedere alle scuole Mazzini della I epoca eancor oggi (1962), cioe' un avanzo del sepolcreto gallico che io poteiscavare piu' sotto nel 1937 ma nella sola via Calatafimi, com'e' notodalle mie relazioni.

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14 febbraio 1888: Innalzandosi una fabbrica nel primo cortile del palazzoarcivescovile in via Magenta, con al di sotto una ghiacciaia, si rinvenneun fondamento d'antica origine avente la larghezza di metri 2 ed uno dialtezza, nell'eguale costruzione del vecchio campanile di San Salvatore(ora San Magno) - 15 settembre 1889: nella via fattasi al centro del fondodell'ex convento di San Angelo si rinvennero vari cocci di vasi cinerari edi stoviglie antiche che vi subirono gia' un rivolgimento di terra". (26 bis)

Questo dunque cio' che ci racconta il Pirovano che benche' poco erudito ci da'una serie di indicazioni precise che troveranno conferma dai ritrovamentida noi stessi fatti dal 1925 in avanti nelle stesse localita' ed in varie altree dalle informazioni assunte presso persone anziane allo scopo diintegrare il lavoro del Pirovano possibilmente senza soluzione dicontinuita' nel tempo.

Un'altra importante notizia ci da' il Prof. Castelfranco, gia' direttore del MuseoArcheologico di Milano, che scrisse nel 1886:

"Durante i lavori di costruzione della ferrovia Minano-Arona si trovarono vicinoa Legnano molte tombe con ferri, vasi, ampolline di vetro, braccialetti diferro di epoca romana e gallo-romana. Gli oggetti furono a meconsegnati dall'Ing. Miani dirigente dei lavori". Di essi oggi null'altro ciresta che una parziale riproduzione in una rivista di archeologiadell'epoca malgrado che tutta la collezione personale del prof.Castelfranco da lui donata al Castello Sforzesco sia la raccolta; glioggetti di Legnano non ci sono, ne' e' conosciuta la localita'. Chel'indicazione del Prof. Castelfranco "vicino a Legnano" debba intendersinel senso piu' stretto, cioe' di "molto vicino" e' logico, se si pensa che laprofessione esige di precisare quanto piu' si puo' i luoghi dei ritrovamenti.

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Cenni storici

Le sponde Legnanesi dell'Olona furono popolate in preistoria da gentigenericamente definite liguri: della cultura di Canegrate, alla quale e'ascritta la vasta necropoli del XIII secolo a.c., e della successivagolasecchiana.

Scarsa penetrazione vi ebbe l'invasione dei celto-galli, scesi da oltr'Alpe tra ilV VI secolo a.c.: protetta dai boschi, la zona tra Legnano e Bustomeglio conservo' la sua etnia, come sembrava provato dal persistere diassonanze liguri nel locale dialetto.

Alla romanita' risale il toponimo Legnano: certo da Laennius, nome delproprietario del fondo.

Popolatosi per gradi, in eta' imperiale Leunianum fu vicus di qualche rilievo, agiudicare dai sepolcri scavati in varie zone cittadine e viciniori: i cuicorredi (ved. Museo) attestano organizzazione del lavoro e discretaqualita' di vita.

Declinato l'impero d'Occidente, il distretto del Seprio ( con la plaga (4)Legnanese ) fu conteso fra i Goti e i Bizantini. Invaso dai longobardi dopoil 568, nel 774 passo' ai Franchi di Carlo Magno, restauratori dell'ideaimperiale. Furono i Carolingi a conferire le terre della zona ( con i redditizimulini mossi dalle acque dell'Olona a quei tempi limpide e pescose ) agliarcivescovi di Milano.

Legnanello ( a sinistra del fiume, oggi parte integrante della citta') e' citata perla prima volta in un documento del 789: atto con cui l'Arcivescovo Pietrocedeva al Monastero di San Ambrogio terre ereditate in luogo. Il borgo -sottoposto alla chiesa plebana di Parabiago - si trovava al confine delSeprio con Milano: tale posizione influi' sulla sua importanza verso la finedel X secolo, quando si andarono delineando contrasti tra la nobilta'feudale di campagna e le classi medie del capoluogo.

Nel 1066 il diacono Arialdo - fustigatore del clero concubinario e corrotto eportavoce della nuova borghesia cittadina contro nobili e curiafilo-imperiali - fu costretto a fuggire da Milano. Trovo' riparo a Legnano,nel palazzo del suo partigiano Erlembardo Cotta: ma venne catturato e

4Regione

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condotto in quel d'Angera, a morte per mano dei sicari del vescovoGuido.

Il crescente progresso economico in Lombardia premio' infine le classimercantili, che si organizzarono nel comuni, organismi anelantiall'autonomia del potere imperiale.

Il piu' forte di essi, Milano, diede inizio ad un attivo espansionismo a danno deivicini, usurpando senza scrupoli le regalie (prerogative, imposte )dell'imperatore. Ad esso si lego' Legnano, abbandonando il Seprio, la cuinobilta' parteggiava per l'impero.

Federico I di Svevia il Barbarossa - nel tentativo di rafforzare la sua sovranita'fruendo nel contempo delle strutture italiche in pieno sviluppo -intrapprese una decisa lotta contro Milano ed alleati. Nel 1160, per ridurrealla fame l'ostinata ribelle, ne devasto' le campagne, comprese quelleLegnanesi; due anni piu' tardi giunse ad espugnarla e ne fece atterrare ledifese.

Papa Alessandro III - anch'egli in contrasto con Federico per secolareantagonismo di potere - incoraggio' allora la costituzione di una Lega dicitta' venete e lombarde, i cui aderenti formarono un comune esercitogiurando irriducibile ostilita' allo svevo.

Nel 1176 barbarossa fu sconfitto a Legnano. L'evento preoccupo' l'imperatoree rafforzo' Milano, ma l'anno successivo la curia romana - che temeval'eccessiva potenza dei comuni - venne a patti con il Barbarossa; nesegui' una tregua di sei anni. Infine il trattato di Costanza ( 1183 ) sanci' lapace, con il riconoscimento dei comuni e di alcuni diritti dagli stessiacquisiti; ferma restando la sottomissione all'impero (del resto maicontestata) con giuramento di fedelta', pagamento di determinateimposte, investitura sovrana dei consoli eletti.

Il 29-5-1176 Barbarossa con poche migliaia di armati marciava da Comoalleata verso la fedele Pavia. A Legnano erano le forze della lega con ilCarroccio: un carro trainato da tre paia di buoi bianchi, ideato a Milanodal battagliero arcivescovo Ariberto d'Intimiano (XI secolo)successivamente adottato da quasi tutti i comuni italici.

Simbolo della collettivita' comunale, il carroccio era una macchina tattica, congonfalone inalberato e martinella (campana) per orientare i combattenti,

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presidi di sostegno materiale (farmaci, vettovaglie energetiche) e morale(crecefisso, prete officiante).

Un reparto di cavalleria lombarda intercetto' a Borsano l'avanguardia imperialee l'attacco', ma dovette ripiegare. Tedeschi e comaschi, inseguendolo,raggiunsero il Carroccio ( nei pressi della chiesetta di San Martino, infondo all'attuale corso XXIX maggio).

La cavalleria del Barbarossa non risparmio' gli attacchi, ma i militi della Lega,in quadrato, resistettero con tenacia; intanto i cavalieri in ritirata, rinforzatida freschi contingenti, erano tornati in campo. Il loro attacco al fiancodivise in due l'esercito imperiale: i tedeschi sbandarono verso il Ticinocon gravi perdite; lo stesso Federico - entrato coraggiosamente inbattaglia - riusci' a malapena a salvarsi e a raggiungere Pavia, perdendoarmi e insegne.

Una tradizione - dal cronista Milanese Galvano Fiamma (XIV secolo) -attibuisce la vittoria alla Compagnia della Morte: formazione volontaria dipoche centinaia di cavalieri decisi a tutto, guidata da Alberto da Giussano.Intorno a tale personaggio (del quale in realta' neppure e' certa lapartecipazione alla battaglia) fiori' nell'800 romantico e patriotticoun'epoca suggestiva ma storicamente poco convincente (Carducci,Pascoli). Anche il senso della lega venne alterato: la precaria, utilitaristicaalleanza dei comuni fu considerata atto di cosciente unita' nazionalecontro lo straniero. Si enfatizzo' l'importanza della vittoria (netta, maaffatto risolutiva!), e non solo da parte italiana (ved. Hegel).

Per il 7 centenario in citta' fu improvvisato un monumento: di gesso ecartapesta color bronzo, su alto basamento, trasse in inganno il pubblico,ma fortunatamente - brutto e poco pertinente, come lo mostrano lefotografie - non resse alle prime intemperie.

Ben diverso l'attuale (in piazza omonima) certo tra i piu' felici del Butti, 1990:un bronzeo guerriero in maglia, elmo e scudo, la spada levata in segno divittoria. Sul basamento in granito grigio, altri bronzi in rilievo: il carroccioe i monaci soccorrono i feriti dopo la battaglia.

Ogni ultima domenica di maggio si celebra in citta' la sagra del carroccio, conun carosello di circa 1500 comparse a piedi e a cavallo in costumimedievali fedelmente allestiti. Segue la corsa ippica nello stadio, tra leotto contrade: per la conquista del palio, un crecefisso in rame sbalzato,copia di quello donato da Ariberto al nascente comune di Milano.L'interessante manifestazione - istituita nel 1933 - ripristinata neldopoguerra - non manca mai di attirare folle di appassionati e curiosi.

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Verso meta' 1200 l'Arcivescovo Leone da Perego tento' l'avventura dellasignoria personale a Milano, appoggiandosi all'aristocrazia contro ipopolari; scacciato dai Torriani si rifugio' a Legnano, dove teneva unadimora estiva nei pressi della chiesa di San Salvatore (5). Ivi confluironole forze dei nobili con lui fuoriusciti, intenzionate a battersi per la rivincita:ma l'ottantenne prelato venne a morte improvvisa.

In quell'epoca il giovane canonico Ottone Visconti, uomo di fiducia di leone,fortifico' a Legnano un nucleo del castello: in seguito, divenuto a suavolta Arcivescovo, si appoggio' anch'egli alla parte nobiliare percontendere il potere ai Torriani.

Dimorava nel borgo il frate laico umiliato Bonvesin della Riva ( 1240 - 1313 ).Considerato il piu' importante letterato milanese del suo tempo, avevapreso nome dalla ripa di Porta Ticinese, dove teneva casa e scuola. Eglistesso fa cenno alla sua permanenza a Legnano, nel poemetto "lecinquanta cortesie da desco"

I Visconti finirono con il prevalere sugli antagonisti Torriani: nel '300affermarono definitivamente una signoria ereditaria, sotto la qualeLegnano segui' le vicende del milanese.

Nel 1450 Francesco Sforza si impadroni' del Ducato. La signoria sforzescaduro' tutto il secolo; quindi per oltre 30 anni il milanese fu al centro diaspre guerre tra Francia e Carlo V d'Austria e di Spagna

Prevalsero gli Ispano-Imperiali.Integrato nei possedimenti asburgici, nel 1596 il ducato venne assegnato a

Filippo II di Spagna, che lo resse tramite governatori.Il '500 fu per Legnano un periodo di splendore: gia' luogo di soggiorno estivo

dei notabili milanesi, si era ingrandita attorno alla chiesa di San salvatore,ricostruita e dedicata a San magno; il borgo era vivace, attivo, con campifertili, vigneti, frutteti. Nel 1584 San Carlo lo stacco' da Parabiagofacendolo capo-pieve: contava 2083 abitanti.

Il secolo successivo porto' decadenza, per guerre e carestie chedanneggiarono i domini lombardi di Spagna. Nel 1630 anche Legnano fuspopolata da una grave epidemia di peste; nel 1649 il paese trovo' lasomma necessaria per evitare una sgradita infeudazione decisa dalgoverno.

5Oggi San magno

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Nel primo '700 subentrarono gli austriaci: la cui amministrazione piu' modernaed efficiente, contrassegnata da riforme illuminate di Maria Teresa e diGiuseppe II, sollevo' l'economia lombarda.

Durante il ventennio napoleonico, Legnano con il dipartimento dell'Olona fecedapprima parte della Repubblica Cisalpina, poi italiana; infine del Regnod'Italia (1805).

Al declino di Bonaparte tornarono gli austriaci, bene accolti dalla popolazionecontraria alle spese di guerra ed alle continue leve militari francesi.

Nel 1821 l'indistriale svizzero Carlo Martin impianto' a Legnano la primafilanda di cotone. Nel 1859 - al termine della seconda guerra control'Austria - Legnano ( con il centro autonomo di Legnanello) fu aggregataall'Italia unita.

Sorsero altre fabbriche, ubicate sulle sponde dell'Olona per trarre forzamotrice dalla corrente. Nel 1861 vi passo' il primo treno a vapore dellaferrovia MI-VA.

Il primo '900 porto' un rapido sviluppo, grazie alle nuove industrie tessili emetallurgiche fondate dai Krumm, dai Bernocchi, dai Dell'Acqua e da altriimprenditori. Con le fabbriche si estesero i quartieri, vennero istituitescuole professionali, il lavoro diffuse un certo benessere.

intorno agli anni '20 vi si affermo' il fascismo, debolmente contrastato daopposizioni di sinistra alimentate negli ambienti operai. Nel 1942Legnano ebbe titolo di citta'; vi fece visita ufficiale Benito Mussolini, cheritornera' trionfalmente 10 anni dopo. (2)

Nell'ultimo conflitto due legnanesi ottennero la medaglia d'oro: Roul Achilli e ilgiovane Carlo Borsani (fascista, cieco di guerra, aderi' alla repubblicaSociale e fini' assassinato a Milano nei giorni della liberazione).

Anche la Resistenza ebbe le sue vicende ed i suoi protagonisti (scioperi nellefabbriche fin dal '43; uccisioni, deportazioni, attacco finale delle BrigateGaribaldi e Carroccio agli ultimi preside fascisti).

Il processo di industrializzazione - in crescendo fra le due guerre - ripresedopo il 1945, conferendo a legnano quel volto progredito ed operoso chela distingue.

2E' da verificare

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La citta' e' oggi un centro industriale, artigianale e terziario di 49.000 abitanti,percorso dall'animatissima arteria del Sempione. Dista 27 chilometri daMilano ed e' praticamente inurbata con i centri vicini.

In Viale Toselli. In origine forse cenobio (3) Agostiniano, ebbe un primo nucleofortificato verso il 1230 da Ottone Visconti, allora fiduciario di Leone daPerego. Nel 1257 fu acquisito da Martino della Torre; nel 1273 ospito' reEdoardo I d'Inghilterra reduce della terrasanta; quattro anni dopo furipreso da Ottone, ormai signore di Milano. I successori lo tennero ascopi difensivi, pr la sua posizione su un'isoletta formata dallabiforcazione dell'Olona.

Filippo Maria Visconti nel 1437 lo dono' al fedele capitano Oldrado II daLampugnano: che lo muni' di mura merlate, vallo, 6 torri cilindriche, eporto' l'ingresso da Ovest a Nord, dove innalzo' il torrione con pontelevatoio.

Occupato dallo Sforza, subi' in seguito un incendio da parte di TeodoroTrivulzio, condottiero al servizio dei francesi sul finire del '400.

Rimase sempre ai Lampugnani, che non cessarono di apliarlo ed abbellirlo,utilizzandolo come dimora. Nel 1729 Francesco Maria - non avendo eredi- lo lascio' all'ospedale maggiore di Milano; da cui nel 1795 l'acquisto' ilmercante cotoniero Cristoforo Cornaggia marchese di Castellanza. Inuovi padroni lo tennero come casa di campagna.

Da fine '800 alloggio dei coloni della vasta tenuta circostante, divennefatiscente, quasi un rudere (ad eccezzione della chiesetta interna di SanGiorgio, del torrione di ingresso e dei 4 superstiti laterali).

Acquistato dal Comune nel 1973, e' da anni in progetto di restauro. Affreschidel '500 sono stati rimessi in luce nel salone delle feste; si e' scoperto unimpianto di riscaldamento a canaletti sotto il pavimento delle camere daletto.

Nei pressi, Parco Pubblico, (immenso e frequentatissimo): con prati, laghetti,uccelli acquatici e di ogni specie. Tra gli alberi, scultura equestre delcontemporaneo Giacomo Corti.

3Comunita' di religiosi

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Le origini

Legnano durante il sorgere e il consolidarsi della signoriaviscontea

Abbiamo gia' visto ripetutamente nei capitoli precedenti che la particolareposizione di Legnano ne fece un punto importante del sistema difensivomilanese, finche' la situazione della citta' rimase incerta e le fazioni siavvicendavano al potere. Osserveremo ora come, con il consolidarsi aMilano di un governo signorile, in grado, ormai di controllare vastiterritori e di imporre la propria volonta', Legnano sia divenuta, nel corsodel secolo XIV, un semplice luogo di soggiorno per i nobili milanesi,sebbene non avesse perso del tutto la propria importanza militare, comevedremo.

Ottone Visconti, divenuto arcivescovo di Milano nel 1262, non aveva potutoprendere possesso dei propri beni a causa della ferma opposizione deiTorriani alla sua elezione. Unitosi al partito dei fuoriusciti e messosi acapo di esso nel 1276, tento' ripetutamente di abbattere il potere dellafazione avversa, finche' nel 1277 si giunse al fatto risolutore. Essendo iOttone entrato nella Martesana e puntando decisamente su Milano, iTorriani tentarono di fermarlo attestandosi a Desio, ma l'arcivescovo,che era stato canonico in quel borgo e vi aveva degli appoggi, riusci' apenetrarvi: parte dei Torriani restarono uccisi, altri prigionieri, mentrealcuni di loro, che al momento dell'agguato si trovavano a Cantu',rientrati precipitosamente a Milano, dovettero constatare che la loroautorita' era lesa irrimediabilmente e furono costretti a lasciare il paese.Il 21 gennaio 1277 Milano riconobbe Ottone e bandi' i Torriani.

Durante tutta questa lunga lotta la situazione del borgo di Legnano non eraprobabilmente mutata: nel catalogo delle famiglie nobili ammesse alrango degli ordinari della Metropolitana, redatto in un periodo

L'incostanza delle popolazioni milanesi dimostra come in realta' le duefazioni, che avevano assunto i nomi di Guelfi e Ghibellini, non fosserosostanzialmente diverse per ideologia o composizione sociale, mafossero piuttosto divise da odi personali e famigliari.

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imprecisato compreso tra il 1277 e il 1377, compaiono gli Oldrendi diLegnano, i quali avevano forse approfittato dello scarso controlloesercitato in questo periodo sui beni dipendenti dalla mensaarcivescovile per aumentare la propria autorita' sul borgo. In seguito, iloro rapporti con l'arcivescovo si faranno assai stretti e si giungera' aduna collaborazione assai fruttuosa per entrambi, come vedremo piu'avanti.

La situazione di Ottone non era pero' certamente tranquilla, dal momento che iTorriani, estromessi dal governo e banditi, non avevano abbandonato lasperanza di riacquistare cio' che avevano perduto, e, ottenuti numerosiappoggi, facevano numerose scorrerie nei territori attorno a Milano. Lasfida aperta tra le due fazioni si ebbe nel 1285 quando Goffredo Torriani,dopo essere entrato a Bergamo e a Como, conquisto' Castelseprio: benconosceva l'arcivescovo e i sentimenti del Seprio verso Milano e verso ilpartito dominante in esso, qualunque esso fosse, percio' riuni' tuttol'esercito a Legnano, dove rimase per otto giorni cioe' fino al 13 aprile.

Probabilmente lo stesso Ottone aveva innalzato, in quei tempi ancora torbidiper il suo governo, il muro che circondava il borgo, correndo lungo ilfosso scavato ai tempi di Leone da Perego; vi aveva inoltre costruitonumerosi edifici, anche di una certa importanza. Tutto cio' rendevaLegnano adatta ai soggiorni di una certa durata e permetteva diutilizzarla come base logistica per le operazioni militari da svolgere nelvicino Seprio: infatti, essendo, come abbiamo detto ripetutamente, unaporta sul territorio piu' prossimo a Milano, l'arcivescovo poteva da quiosservare le intenzioni del nemico e decidere se attaccarlo direttamentee bloccarlo prima che entrasse nel milanese. In questo casol'arcivescovo opto' per la prima possibilita' e, uscito da Legnano, sitrasferi' a Gallarate e di la' si avvio' a Castelseprio, ma circa un migliofuori di Gallarate ricevette la notizia che i nemici erano usciti dalla roccae si accampo' a Bassano, mentre i nemici rientravano in Castelseprio e

Giulini - Gli ordinari della Metropolitana attraverso i secoli. IlCastiglioni avanza molti dubbi sull'epoca di redazione di questo elencoe dubita addirittura della sua autenticita'Localita' che non sono riuscito ad individuare, a meno che non si trattidi Cassano Magnago che si trovava appunto poco fuori di Gallarate indirezione di Castelseprio. Il Corio indica appunto la localita' di Bassano,

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ne miglioravano le fortificazioni.L'arcivescovo allora, dimostrando ancora una volta quanto poco si fidasse del

Seprio, si porto' immediatamente a Varese per tagliare i rifornimenti, chepero' nel frattempo erano gia' pervenuti, per opera di Guido daCastiglione, dalla vicina rocca omonima. Il maltempo che ostacolava leoperazioni militari indusse le due parti a trattare la tregua, conclusa il 15maggio con la consegna di Guido da Castiglione di Castelseprio e diFebo e Zanino della Torre come ostaggi, avvenuta il 18 maggio,dopodiche' i Torriani si recarono a Como e i Visconti a Milano. Tuttaviaal momento di concludere la pace il 21 maggio a Castiglione, le trattativesi ruppero per le eccessive pretese di Ottone che voleva fare da arbitrounico negli accordi.

Dopo brevi scorrerie nei reciproci territori, sembrava che fosse tornata lacalma, ma ben presto i Torriani minacciarono Varese con l'intenzione diriprendersi Castelseprio. Nuovamente l'esercito milanese si sposto' aLegnano, da dove l'arcivescovo dopo aver invano tentato di ottenerepacificatamente Castelseprio da Guido da Castiglione gli lancio' uultimatum di due giorni: per tutta risposta Guido consegno' la rocca aiTorriani e fu percio' bandito. L'esercito milanese si porto' a Gallarate,dove si riuni' il 12 ottobre con altri corpi provenienti da Milano; dopo unabreve sosta dovuta al maltempo, assali' e saccheggio' il borgo diCastelseprio, ma non potendo prendere la rocca ed essendo impeditoda ulteriori operazioni militari dalla piena dell'Olona, lascio' Castelseprioil 28 ottobre, di la' retrocesse su Fagnano e Busto Arsizio e in novembrerientro' a Milano.

Nel febbraio dell'anno successivo si fecero nuovi tentativi di pace;l'arcivescovo torno' nuovamente il 27 febbraio a Legnano, chefunziono' ancora una volta come punto di appoggio, e presso Legnano,probabilmente il castello di San Giorgio, costruito alcuni anni prima daiTorriani, si incontro' con Guido da Castiglione e Loterio Rusca. Letrattative, proseguite in Barlassina, si conclusero in Lomazzo il 30 marzocon la pace pubblicata il 3 aprile fra Lomazzo e Rodello, in base allaquale veniva revocato il bando ai Torriani, senza pero' permettere cherientrassero in Milano o nel suo contado.

mentre la Storia di Milano riferisce la vicenda in termini troppo vaghiper permettere un raffronto.

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Ottone tuttavia non ebbe pace finche' mediante uno stratagemma, non riusci' il28 marzo 1287 ad impadronirsi di Castelseprio e a farla radere al suolo,vietandone in perpetuo la ricostruzione. Eliminata questa minaccia,Ottone incomincio' a preparare il terreno per aprire la successione a suonipote Matteo, che, dopo aver ricoperto cariche sempre piu' importanti,ottenne nel 1294 dal re dei romeni Adolfo di Nassau il titolo di vicarioimperiale per la Lombardia, che gli fu riconfermato da Alberto d'Austrianel 1298. Frattanto l'8 ottobre 1295 era morto l'arcivescovo Ottone.

Ma nonostante tutto cio' il potere di Matteo Visconti era tutt'altro che solido:oltre alle guerre esterne e alle ribellioni delle citta' soggette, anche inMilano si ordivano congiure contro di lui. Il capo di una di esse, PietroVisconti, scoperto ed imprigionato a Settezzano, godeva grandeautorita' nel Seprio, forse perche' aveva sposato Antiochia, della famigliadei Crivelli, che dalla sede originaria di Nerviano aveva probabilmenteesteso il proprio potere anche su parte del Seprio.

Castelseprio costituiva un pericolo essendo un castello assai forte inuna zona noto