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Sommario

Sommario�

EDITORIALE,�Rocco�Vitale�..........................................................................................�1�

LE�NUOVE�DISPOSIZIONI�NORMATIVE�IN�TEMA�DI�VALUTAZIONE�DEI�RISCHI�

Cinzia�Frascheri�.........................................................................................................�3�

STRUMENTI�INFORMATIVI�STANDARDIZZATI�PER�LA�VALUTAZIONE�DEI�RISCHI�NELLA�PMI:�SCHEDE�PER�PROFESSIONI�

Diego�de�Merich,�Giulia�Forte�...................................................................................�41�

LA�FORMAZIONE�NELLA�VALUTAZIONE�DEI�RISCHI�

Rocco�Vitale�............................................................................................................�59�

LA�VALUTAZIONE�DEI�RISCHI�CONNESSI�ALL’ATTIVITÀ�CRIMINOSA�DI�TERZI:�IL�“RISCHIO�RAPINA”�IN�BANCA�

Angelo�Giuliani�........................................................................................................�79�

STRUMENTO�INFORMATICO�PER�LA�VALUTAZIONE�DEI�RISCHI�A�CURA�DELL’AGENZIA�EUROPEA�DI�BILBAO�

Fabiola�Leuzzi�..........................................................................................................�92�

“LA�SICUREZZA�A�PORTATA�DI�MANO”:�CULTURA,�TECNICA�ED�ORGANIZZAZIONE�DELLA�PREVENZIONE�NELLE�PICCOLE�IMPRESE�ARTIGIANE�

Aldo�Preiti�,�Alberto�Cerquaglia,�Alessandra�Ligi,�Federico�Ruspolini�.........................�115�

LA� VALUTAZIONE� DEI� RISCHI� È� LA� BASE� DELL’APPROCCIO� EUROPEO� PER� LA�PREVENZIONE�DEGLI�INFORTUNI�SUL�LAVORO�E�DELLE�MALATTIE�PROFESSIONALI.��

Linee�guida�europee�..............................................................................................�133�

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Editoriale

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Editoriale�

Valutare�i�rischi�e�valutare�ancora�

Rocco Vitale1

Si è da poco conclusa la campagna europea sull’importanza della valutazione dei rischi e si riapre il tema dell’importanza di effettuare la valutazione dei rischi. Perché ne dobbiamo parlare e perché AiFOS dedica questo Quaderno al tema? Per un semplice motivo: perché la valutazione dei rischi viene effettuata, nella maggior parte dei casi, in modo superficiale e non rispondente all’effettivo scopo della valutazione di un processo che è in continuo movimento, in quanto non si tratta di un fenomeno statico. Che dire poi dei DVR compilati inserendo alcuni dati nel computer laddove all’analisi ed alla partecipazione attiva della valutazione si sostituisce lo strumento elettronico quale momento centrale del processo? Le check list ed altri dati informatici sono senza dubbio di utile ausilio ed una bella biblioteca da cui attingere dati, notizie ed informazioni. Devono, però, essere i soggetti abilitati ad effettuare la valutazione servendosi degli strumenti e non essere gli strumenti a redigere i documenti. Veniamo da un recente passato, negativo per impostazione e per scelta culturale, che misurava l’efficacia della valutazione nelle centinaia di pagine di cui era composto un D.V.R.. Bisogna cambiare registro. La necessità del cambiamento è chiara nella volontà del legislatore che con il D. Lgs. n. 106/2009 correttivo del D. Lgs. n. 81/2008 indica chiaramente come “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”. Semplicità, brevità e comprensibilità che significano grande serietà, professionalità e capacità, perché il D.V.R., almeno una volta all’anno, nel corso della riunione periodica deve essere sottoposto all’analisi ed alla discussione dei soggetti aziendali della sicurezza. Un documento scritto, con un sistema continuo di miglioramento, che deve poter essere letto, capito ed applicato senza interpretazioni e divagazioni in modo semplice ed immediato da parte di tutti i lavoratori.

1 Presidente di AiFOS. Sociologo del lavoro. Docente di Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Brescia.

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Cinzia Frascheri

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Le�nuove�disposizioni�normative�in�tema�di�valutazione�dei�rischi��Cinzia�Frascheri�–�Giuslavorista�–�Resp.le�nazionale�CISL�salute�e�sicurezza�sul�lavoro�

La valutazione dei rischi, espressamente introdotta a partire dalla direttiva quadro europea 89/391 – che, come ormai a tutti noto, rappresenta il punto di demarcazione tra la vecchia e nuova concezione della tutela della salute e sicurezza sul lavoro - trova nel d.lgs. n. 81/08 s.m.2 un’innovata centralità ed attenzione di grande rilievo, ponendola a cardine fondamentale del complessivo sistema di prevenzione aziendale e, pertanto, dell’intero corpus iuris ad esso riferito.

A fronte di una specifica Sezione II del Capo III, relativa alla Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, interamente dedicata al tema della valutazione dei rischi, il legislatore della riforma ha riferito a tale tematica i passi più importanti dell'azione di tutela dei lavoratori/trici all'interno dell'organizzazione aziendale. In questo senso, difatti, si evidenziano tra i principali punti quello riferito alla valutazione dei rischi posta quale obbligo non delegabile a carico del datore di lavoro (art. 17, d.lgs. n. 81/08 s.m.); la collocazione della valutazione dei rischi a prima misura generale di tutela (art. 15, c.1, lett.a, d.lgs. n. 81/08 s.m.); l'obbligo sanzionato per il medico competente di collaborare alla realizzazione del processo di valutazione dei rischi (art. 25, c.1, lett.a, d.lgs. n. 81/08 s.m.); l'indicazione della valutazione dei rischi come principale tema di confronto in sede di riunione periodica (art. 35, c.2, lett.a, d.lgs. n. 81/08 s.m.).

La novità più significativa però, da cui occorre in modo imprescindibile partire, è la definizione di valutazione dei rischi che il legislatore ha introdotto nel testo del d.lgs. n. 81/08 s.m., affiancandola a quelle, anch'esse di grande utilità, di pericolo e rischio (art. 2, c.1, lettere q, r ed s). Riportando integralmente il testo, si legge che la valutazione del rischio deve essere intesa come una «valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a

2 Dovendo considerare oggi il d.lgs. n. 81 del 2008 un testo “definito” interamente vigente, per potervi fare riferimento, considerando l'articolato anche alla luce delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 106 del 2009, la dicitura che utilizzeremo prevederà la precisazione, dopo il numero e l'anno, dell'acronimo «s.m.» che significando «successive modifiche», sottolinea la composizione del testo originario integrato e modificato con i provvedimenti varati nell'agosto del 2009. Cfr. d.lgs. n. 106, del 3 agosto 2009, «Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro» , pubblicato in G.U. n.180, del 5 agosto 2009, S.O. n.142/L.

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garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza».Con estrema linearità e chiarezza, dalla definizione della valutazione dei

rischi emergono le due componenti essenziali: l'aspetto relativo all'attività di valutazione; la conseguente azione di documentazione che ne deve obbligatoriamente discenderne. Tutto «finalizzato» alla realizzazione delle tre fasi principali dell'intervento, quali: 1) l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione necessarie ed adeguate; 2) la stesura di un programma di azione e l'impegno nel realizzarlo; 3) il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro, allo scopo di garantire, non solo la tutela dei lavoratori/trici, ma una condizione che miri al radicamento di uno stato completo di benessere «fisico, mentale e sociale»3.

3 Nel d.lgs. n.81/08 s.m. è riportata, tra le definizioni (art. 2, c.1, lett.o), quella relativa al termine salute che, adottata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, richiama al concetto di salute come uno stato completo di benessere e non una mera assenza di malattia.

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Confrontando tale quadro di chiarezza con le timide disposizioni sul tema presenti nel d.lgs. n. 626/94 - dove non solo mancava una precisa definizione, ma non si evidenziavano in modo espresso le finalità dell'azione di valutazione - la constatazione di avere oggi un testo legislativo riformato, rinnovato e in grado di offrire concretamente indicazioni precise (dal lavoratore al datore di lavoro) nei riguardi di un tale «strumento operativo», non può che trovare unanime consenso.

Con il d.lgs. n. 81/08 s.m., realizzando più un “manuale d'uso” che un testo legislativo astratto e lontano dalla concretezza dei contesti e delle dinamiche lavorative (grazie anche alla lunga esperienza svoltasi sotto il regime del d.lgs. n. 626/94, durato circa vent'anni), viene prevista oggi un'attenzione particolare e prioritaria al fattore dell'organizzazione del lavoro, ritenendola la cerniera essenziale per la realizzazione di quell'armonizzazione fondamentale tra esigenze produttive e centralità della persona nel lavoro, traducibile con il semplice concetto di produttività realizzata secondo le regole dello sviluppo sostenibile.

Così come nella definizione di datore di lavoro, la sostituzione del termine «impresa» con il termine «organizzazione» oggi nel d.lgs. n. 81/08 s.m. richiama ad un più attuale scenario di azione da parte dello stesso datore di lavoro, così l'inserimento del concetto di «organizzazione del lavoro», quale potenziale fattore di rischio al pari di quelli più ricorrenti e tradizionali (come i rischi fisici, chimici, e biologici...), segna concretamente una nuova tappa di avanzamento culturale. Il percorso avviatosi con l'inserimento della “e” congiunzione tra i termini “salute” e “sicurezza” sul lavoro, sul finire degli anni ottanta, sembra pertanto non arrestarsi e confermare, anche alla luce delle difficoltà e delle battute di arresto, la totale convinzione di portare a sistema i principi fondamentali delineati durante la stagione delle grandi direttive europee in tema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Determinatasi una cinghia di trasmissione tra il tradizionale concetto di tutela della “sicurezza” - ancorato alla mera protezione diretta dall’infortunio o dalla malattia professionale - e il più ampio ed attuale concetto di prevenzione, richiamato dal termine “salute”, quale garanzia di preservare il soggetto non solo dalla malattia, ma di tendere a condizioni di completo benessere fisico, mentale e sociale sul lavoro, si è attuato definitivamente il processo di sdoganamento della tutela, da un approccio limitatamente tecnico e meccanicistico, ad uno più completo, moderno, centrato sulla priorità degli aspetti di natura organizzativa e gestionale.

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Valutazione�dei�rischi:�il�procedimento�di�analisi��

La valutazione dei rischi è il principale obbligo a carico del datore di lavoro. Nessuna realtà lavorativa, a partire dal suo costituirsi unità produttiva4 (nel rispetto dei termini previsti dalla Definizione riportata all'art.2, c.1, lett.t), può ritenersi esonerata dall'obbligo di svolgere la valutazione di «tutti» i rischi inerenti la tutela della salute e sicurezza sul lavoro dei lavoratori/trici in essa impegnati.

Espressamente evidenziato già nel testo legislativo del d.lgs. n. 626/94, a partire dal 2001, a seguito di una sentenza di condanna nei confronti dell’Italia, emessa dalla Corte di Giustizia europea dell'Aja (C - 49/00 del 15 novembre 2001), a causa di un non corretto recepimento nella nostra legislazione della disposizione prevista sul punto dalla direttiva quadro europea 89/391, l’obbligo di valutare «tutti» i rischi si ripropone oggi nel d.lgs. n. 81/08 s.m. in modo chiaro ed indifferenziato, come frutto di una semplice trasposizione dal testo previgente.

A rappresentare concretamente la reale innovazione in tema di valutazione dei rischi troviamo, invece, una chiara indicazione verso una visione di ampiezza dell'intervento che deve essere disposto, prevedendo non più solo un procedimento mirato a porre sotto analisi le (potenziali) fonti di rischio presenti nell’ambiente di lavoro (come i tradizionali rischio rumore, rischio da movimentazione manuale dei carichi, da videoterminale, da vibrazioni...), ma la relazione tra tre ambiti diversi di analisi relativi rispettivamente: ai rischi derivabili dal tipo di lavoro svolto in un determinato contesto; alle caratteristiche tipiche dei lavoratori/trici impegnati nell'attuazione del lavoro; ed infine, alle condizioni organizzative in base alle quali è previsto lo svolgimento delle mansioni.

Ritenendo fondamentali le caratteristiche di tipicità dei lavoratori/trici nella declinazione dei valori di rischio, il nuovo modello di valutazione reinterpreta i rischi di natura tradizionale alla luce di alcuni dati determinanti e specifici relativi alle diverse popolazioni lavorative esposte ad essi, considerando sullo sfondo le modalità organizzative applicate nel contesto lavorativo. Consolidando l'approccio ad una valorizzazione dell'organizzazione del lavoro, ponendo la persona al centro del processo lavorativo, il legislatore scioglie ogni dubbio e traccia puntualmente la linea verso l'attenzione alle tipicità dei lavoratori/trici e non alle loro soggettività, non trascurando mai, in questo senso, la differenza sostanziale tra i contesti nel tempo di vita e i contesti nel

4 Vd. l’art. 28, c.3bis, del d.lgs. n. 81/08 s.m. nel quale si dispone che: «In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività».

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tempo di lavoro. Il lavoratore/trice deve, difatti, necessariamente ricevere tutte le attenzioni, tutele, strumenti adeguati alle sue caratteristiche, correlate sempre però allo svolgimento della mansione lavorativa e non alla sua individualità e personalità. Superando il solo e residuale concetto di analisi specifica e tipizzata nei confronti delle lavoratrici madri, unica condizione fino a oggi valutata con un’attenzione particolare (che si conferma mediante l'esplicito richiamo, presente nel primo comma, dell'art. 28, del d.lgs. n. 81/08 s.m., alla tutela prevista dal d.lgs. n. 151 del 2001, in tema di gravidanza e maternità), il nuovo approccio di analisi pone in evidenza alcuni elementi di grande rilievo e importanza.

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Secondo un modello a «matrice»5, il nuovo processo di analisi e valutazione dei rischi richiede espressamente una ri-lettura trasversale dei dati di esposizione ai rischi tradizionali, tenendo conto tra gli altri, di cinque fondamentali fattori di evidenza inerenti i lavoratori/trici (età, genere, provenienza da altri paesi, tipologia contrattuale e stress lavoro-correlato) che il legislatore espressamente richiama e che evidenzia quali possibili fattori di influenza tali da modificare i dati di valutazione ottenuti sul piano meramente tecnico e strutturale. Pertanto, i dati che devono emergere dalla “nuova” valutazione dei rischi dovranno essere il frutto di un duplice approccio di analisi, che terrà conto sia dei valori limite di natura meramente tecnica, che delle possibili varianze determinate dall'influenza dei fattori trasversali di tipicità delle lavoratrici e dei lavoratori.

Evidenziando come il legislatore ben precisa, nell'art. 28, che non tutti i prestatori di lavoro sono soggetti agli effetti di determinati fattori di rischio combinati con alcune tipicità (solo i «gruppi di lavoratori esposti») e che non si parla di ulteriori altri rischi, bensì di fattori che possono determinare conseguenze, in quanto «connessi» o «collegati» ai rischi tradizionali, si ravvisa in modo evidente come il legislatore abbia inteso rafforzare il “processo” di valutazione dei rischi, anziché la mera “attività” di analisi dei rischi, circostanziata nel tempo, tecnicamente calcolata ed avulsa dagli operatori impegnati nelle attività oggetto di valutazione.

Il moderno concetto di valutazione dei rischi che emerge si rispecchia e allinea in modo coerente con il complessivo orientamento del d.lgs. n. 81/08 s.m. che, puntando al pieno richiamo della consapevolezza da parte del datore di lavoro, in primis, delle caratteristiche tecniche, organizzative e gestionali della sua realtà lavorativa, pone la valutazione dei rischi non come un adempimento a sé stante, statico e spersonalizzato, al quale dover fare fronte per non incorrere in sanzione penale, ma come un processo dinamico che deve accompagnare l'intera vita dell'impresa.

Alternando costantemente interventi di monitoraggio, programmazione ed azione, il datore di lavoro è chiamato a garantire adeguate condizioni di lavoro, ma anche sviluppo costante e miglioramento continuo, passando dall'eliminazione o riduzione del rischio, giungendo alla realizzazione di una produttività che sia in grado di assicurare quel mix costante tra gli elementi strutturali e le condizioni gestionali, trasformando i costi in investimento,

5 Nell’analizzare «tutti» i rischi, il d.lgs. n. 81/08 s.m. prevede che si segua un approccio “a matrice”, cioè trasversale, che tenga in particolare conto (declinando i risultati oggettivi dell’analisi di ciascun rischio, in funzione di queste) le tipicità della popolazione lavorativa, quali l’età, la differenza di genere e la provenienza da altri paesi. In questo senso, di grande rilievo, anche le due aree relative ai “soli” gruppi di lavoratori/trici esposti a rischi particolari, quali lo stress lavoro-correlato e lo stato di gravidanza (art. 28, c.1).

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credendo nelle proprie risorse umane e non relegando mai la gestione della salute e sicurezza ad un “dovuto” anziché ad un “voluto”, ponendo così sempre le condizioni di rispondere alle esigenze di mercato in modo proattivo, creativo, partecipativo, facendo della tutela della salute e sicurezza la base della propria strategia d'impresa.

Pur potendo agevolmente cogliere, quasi come un evidente fil rouge dipanato tra gli articoli di tutto il d.lgs. n. 81/08 s.m., il senso del nuovo modello prevenzionale che il legislatore delinea, l'art. 29, nel suo comma 3, traccia una perfetta sintesi che, richiamando il punto centrale dell'abbattimento di ogni confine tra il tecnicismo (di un tempo) necessario, ma non sufficiente e l'approccio organizzativo-gestionale, troppo a lungo ritenuto estraneo dai temi di tutela (risultato poi l'essenza di un'azione di prevenzione efficace), giunge a costituire il manifesto del nuovo sistema di prevenzione. Non lasciando alcun concetto in sospeso, il legislatore al comma 3, chiarisce appunto che: «la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2 (con la collaborazione cioè di tutti gli attori della prevenzione aziendale, NdA), in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate...».

I�fattori�trasversali�nella�valutazione�dei�rischi:�l'et�

L'art. 28, c.1, del d.lgs. n. 81/08 s.m., confermando la linea di chiarezza perseguita dal legislatore in tutto l'articolato, introduce l'elemento dell'età quale fattore di attenzione nel valutare i rischi di natura tradizionale, ponendo in modo chiaro il principio che l'età non costituisce ex se un fattore di rischio, ma una variabile significativa di potenziale d'influenza sui rischi tradizionali, tale da determinare la venuta in essere di rischi particolari («connessi...all'età») che possono interessare «gruppi di lavoratori esposti».

Secondo una classificazione europea, tra i lavoratori “fragili” si troverebbero i giovani lavoratori che, in particolare nella fascia d'età tra i 18 e i 24 anni, risulterebbero la categoria più maggiormente interessata dagli infortuni sul lavoro. Se tale quadro, di certo, richiede un'attenzione specifica e particolare, l'aspetto degli infortuni sul lavoro, nei giovani, non deve risultare l'unica problematica a cui rivolgere particolare interesse in sede di analisi e valutazione collegabile al fattore età nello svolgimento del lavoro.

Il prolungamento dell'età lavorativa, ad esempio, fenomeno in grande

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crescita in questi ultimi anni, sta divenendo la nuova frontiera di attenzione ai problemi relativi alla sicurezza e, non meno, a quelli relativi alla salute. Non vi è una soglia di età avanzata alla quale si possa correlare puntualmente un aumento significativo di rischio sul piano scientifico, tuttavia, osservando i dati degli infortuni sul lavoro e analizzando il trend dell'acuirsi dei casi di danno a causa lavorativa, si può individuare la soglia degli over 50 come particolarmente a rischio, anche se, considerando in modo trasversale il fattore di genere, vista l'influenza determinante sui cambiamenti psico-fisici che l'età avanzata comporta (vd. menopausa), nei riguardi delle lavoratrici la soglia di rischio viene generalmente anticipata e collocata intorno ai 45 anni.

È bene chiarire che la collocazione dell'età, quale fattore di attenzione nella valutazione dei rischi a carattere preventivo, è adeguatamente posta dal legislatore nell'ambito dei criteri di analisi dei fattori di rischio e non nell'ambito degli interventi di sorveglianza sanitaria. Tale scelta sta a significare, in modo inequivocabile, come il richiamo ad una attenzione particolare e ad una potenziale richiesta di maggior tutela non voglia assolutamente portare a richiamare ambiti predeterminati di inidoneità alla mansione per le fasce di età lavorativa più avanzata, ma esclusivamente azioni di riorganizzazione del lavoro o anche solo della mansione.

Il confine tra la maggior tutela e la discriminazione, purtroppo, molto spesso è sottile e fa emergere le diffuse carenze di una capacità organizzativa adeguata per le diverse realtà lavorative di fronte alle crescenti problematiche che vengono sempre più di frequente colmate - nel tentativo di risolverle in modo sbrigativo - con interventi radicali di esclusione dal mondo del lavoro di persone che invece potrebbero rappresentare fonte di esperienza e capacità di grande rilievo, se solo li si mettesse in condizioni di poter proseguire il proprio lavoro intervenendo con modifiche adeguate alle esigenze determinate dalle conseguenze dell'avanzamento dell'età. Di contro, la crescente crisi economica che sta interessando tutto il mercato produttivo e pertanto il mondo del lavoro, sta spingendo i lavoratori ad occultare sempre di più i problemi di salute a causa lavorativa, nella condizione di paura di essere definiti inidonei (anche solo temporalmente o parzialmente) vedendosi così diminuire l'utilizzo sul lavoro e, di conseguenza, nella gran parte dei casi, anche della retribuzione (venendo a diminuire la componente accessoria dello stipendio complessivo).

In questo quadro di drammatico realismo, ecco che l'inserimento della componente età, nell'ambito della valutazione dei rischi a carattere preventivo e collettivo (per gruppi omogenei), diviene quanto mai importante e significativa sul piano della tutela, sia della salute che della sicurezza sul lavoro che dell'occupazione, nel senso di preservare il proprio posto di lavoro.

Direttamente collegati all'età (in particolare nei casi d’età avanzata) ricordiamo le problematiche che possono verificarsi a seguito di lavori svolti all'esterno, dove l'incidenza delle temperature (considerevolmente basse o alte)

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può essere significativa sul piano della lucidità mentale, dell'equilibrio, della reattività fisica (vd. lavori in altezza, lavori in condizioni di costrittività, lavori di controllo, lavori con utilizzo di forza fisica...). Così come nel caso di lavori a base usurante, ripetitiva, di necessaria e frequente movimentazione manuale di carichi/pesi (problematica significativa anche nei riguardi dei giovani lavoratori/trici), ad alta frequenza di spostamento con mezzi aziendali o a ripetuta esposizione a vibrazioni corpo intero o degli arti.

In questo nuovo quadro di analisi, occorre richiamare i due passaggi più significativi che sottolineano come alla valutazione dei rischi, quale processo dinamico di analisi globale dei rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, devono partecipare tutti gli attori della prevenzione aziendale ex art. 29, commi 1 e 2 e art. 25, c.1, lett.a), tra cui il medico competente, nei riguardi del quale il legislatore ripone un importante mandato finalizzato, non prioritariamente ed esclusivamente verso l'attività di sorveglianza sanitaria, bensì «alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori...», giungendo, se necessario, anche ad individuare (supportando l'obbligo previsto a carico del datore di lavoro) misure specifiche per lavoratori/trici divenuti inidonei allo svolgimento della mansione lavorativa alla quale erano adibiti, o ancora, ove possibile, ad individuare mansioni equivalenti o inferiori, comunque adeguate alle condizioni di salute del lavoratore/trice (art. 42, c.1).

I�fattori�trasversali�nella�valutazione�dei�rischi:�le�differenze�di�genere��

L'introduzione esplicita del fattore di analisi trasversale relativo alla differenza di genere6, rappresenta sicuramente una spinta di grande valore non solo sul piano culturale, ma senza dubbio per la ricerca e gli studi sul tema7.

Il termine “lavoratori”, in effetti, introdotto con il preciso valore di termine “neutro”, in particolare a partire dal d.lgs. n. 626/94, venne inserito non declinato in base alla differenza di genere8, con il chiaro intento, da parte del

6 Il termine “genere” (in inglese gender) è stato introdotto nel linguaggio al fine di superare il concetto di differenza tra uomo e donna, senza per questo volerla ridurre alla mera valutazione in base al parametro del sesso e quindi ad una dimensione prettamente biologica e corporea, ma volendo intendere la complessità di caratteristiche correlate ai modelli relazionali, di ruolo, di aspettative, di vincoli opportunità che appartengono a ciascuna delle due dimensioni. Il termine “genere” racchiude in sé la componente culturale e sociale della differenza tra uomo e donna, superando la diversità tra femmina e maschio.7 Cfr. AA.VV., Linee guida sul rischio di genere nel Sistema delle Agenzie Ambientali, ISPRA, 2010.8 Cfr. C.Frascheri, Prefazione in L.Vogel, La salute delle donne nei luoghi di lavoro in Europa, Edizioni Lavoro, 2006.