Quaderni della Regione Piemonte 35

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1 Grazie di cuore... e Auguri di Buone Feste a tutti i Volontari del Corpo A.I.B. del Piemonte ed alle loro Famiglie. Roberto Vaglio Adesso il bosco riposa...

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Rivista sulle montagne piemontesi.

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Grazie di cuore...

e Auguri diBuone Festea tutti i Volontaridel Corpo A.I.B.del Piemonteed alle loro Famiglie.

Roberto Vaglio

Adesso il bosco riposa...

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Il fenomeno degli incendi boschivi estivi ha colpito violentemen-te quest’anno buona parte dell’Europa: Spagna, Portogallo, Fran-cia, Grecia e naturalmente Italia.Per il Piemonte si è trattato di un caso di straordinaria ecceziona-lità poiché per la prima volta da trent’anni si è assistito all’insor-gere ed alla propagazione di incendi vasti e di elevata intensità inun periodo tradizionalmente considerato non a rischio.Questo ha fatto sì che la struttura antincendi boschivi piemontesesi sia trovata a fronteggiare una situazione di estrema difficoltàsia per la magnitudo del fenomeno che per aver dovuto operare in

condizioni climatiche opposte a quelle abituali.I dati statistici che seguono sono molto chiari: il picco massimo di superficie boscata percorsa dalfuoco si è registrato ad agosto, oltre 1500 ettari, mentre nei mesi di marzo e aprile, tradizionalmente inPiemonte i mesi più “caldi” per quanto riguarda il fenomeno incendi boschivi, sono bruciati comples-sivamente 516 ettari.

INCENDI BOSCHIVIDopo una estate di fuoco,

si prepara la campagna per l’invernodi Cristina RICALDONE

Dati Coordinamento regionale CFS

INCENDI BOSCHIVI IN PIEMONTE - ANNO 2003 (Gennaio-Settembre)Superfici complessive percorse dal fuoco per Mese

MESE

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Anche il numero degli incendi è significativo: nel mese di marzo si sono registrati 113 incendi, 108quelli che si sono verificati in agosto.

Dati Coordinamento regionale CFS

Dati Coordinamento regionale CFS

Grazie all’azione di monitoraggio svolto su tutto il territorio, è stato rilevato che le ore del giornodurante le quali si sono registrati il maggior numero di incendi sono quelle centrali, tra le 12 e le 16.

INCENDI BOSCHIVI IN PIEMONTE - ANNO 2003 (Gennaio-Settembre)Suddivisione per Mese

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ORARIO

INCENDI BOSCHIVI IN PIEMONTE - ANNO 2003 (Gennaio-Settembre)Suddivisione incendi secondo l'ora di accadimento

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Per contrastare questo ecceziona-le fenomeno la Regione Piemon-te ha attivato il suo dispositivoantincendi costituito dal persona-le del Corpo Forestale dello Sta-to - che opera con compiti di co-ordinamento ed in Sala Operati-va - ed il Corpo Volontari AIB delPiemonte: 6200 Volontari divisiin 51 comandi di distaccamentoe 239 squadre su tutto il territo-rio.Tutti i Volontari che intervengo-no nelle operazioni di lotta attivaagli incendi boschivi sonopreventivamente attrezzati dallaRegione Piemonte - che fornisceil Corpo degli appositi dispositividi protezione individuale di IIIcategoria (contro il rischio dimorte o invalidità grave e perma-nente) - ed addestrati attraversoun programma formativo pro-gressivo.Grazie alla formazione stiamo ot-tenendo importanti risultati so-prattutto in termini di maggioresicurezza degli operatori: durantela stagione estiva, nonostante ilgran numero di incendi, si sonoregistrati 11 incidenti non gravi,e nessuno dei volontari ha ripor-tato lesioni da fuoco."Alla luce di quanto accadutoquest’estate - sostiene l’Assessore regionale alla montagna Roberto Vaglio - la Regione Piemonte sista dotando di nuovi strumenti che le consentano di affrontare efficacemente la campagna incendiinvernale. Innanzitutto dovremmo verificare, con il contributo degli esperti, se quello estivo sia unfenomeno da considerare eccezionale o se, purtroppo, possa diventare la norma: in tal caso sarà neces-sario aumentare le risorse investite nella lotta agli incendi poiché, in questo caso, i 5 milioni di euroche la Regione Piemonte spende ogni anno non sarebbero certamente sufficienti.Inoltre, mentre si stanno adeguando le procedure operative attualmente in vigore, stiamo per stipulareuna nuova convenzione con il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, soprattutto per quanto riguarda iproblemi creati dalle aree di interfaccia. Nei prossimi mesi proseguirà a ritmo serrato il programmaregionale di formazione, rivolto sia al personale professionale che a quello volontario, e verrannoacquistate nuove dotazioni di sicurezza e attrezzature di lotta per il Corpo Volontari AIB. Entro l’in-verno, infine, sarà pronta la nuova Sala Operativa Unificata Permanente, prevista all’articolo 7 dellalegge quadro sugli incendi boschivi."

foto: Fulvio Raggiofoto: Fulvio Raggiofoto: Fulvio Raggiofoto: Fulvio Raggiofoto: Fulvio Raggio

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Nel mese di novembre ha preso il via il primo corso per idocenti delle scuole medie superiori sui temi della monta-gna: circa 80 insegnanti provenienti dagli istituti della pro-vincia di Torino e Cuneo hanno infatti partecipato alle pri-me quattro ore di lezione. Tra i docenti del primo corso chesi è tenuto a Torino, c’erano anche l’Assessore regionalealla Montagna Roberto Vaglio e il Direttore regionale delMIUR Luigi Catalano che, nel corso della conferenza stampache si è tenuta nell’intervallo delle lezioni, hanno illustratocontenuti e finalità del corso ed insieme con il VicePresidentedel TOROC, Rinaldo Bontempi, hanno spiegato il collega-mento di questa iniziativa con un concorso per i ragazzidelle scuole medie superiori “XX Giochi Olimpici Inverna-li – Torino 2006. Sport, Montagna e Valori Olimpici”.Il corso di formazione sui temi della montagna rientra tra leiniziative comuni che l’Assessorato alla Montagna e la Di-rezione regionale del MIUR hanno avviato in seguito allafirma del protocollo d’intesa avvenuto lo scorso maggio. Ilprogetto ha visto la realizzazione di un seminario di 16 oresuddivise in 4 mezze giornate per sessione, (nel mese didicembre è stata coinvolta anche la provincia di Vercelli),durante le quali i docenti delle scuole medie superiori sonostati informati delle politiche regionali, nazionali e comu-nitarie per lo sviluppo durevole della montagna e del conte-sto legislativo e istituzionale di riferimento. Durante le le-zioni sono stati dati loro gli elementi utili per la conoscenzadel territorio e delle sue risorse ambientali, per la riscopertadei valori culturali ed identitari ed è stata delineata l’esattadimensione dell’evento olimpico del 2006. “Obiettivo di questa iniziativa – ha dichiarato il direttoreRegionale Luigi Catalano - è stato fornire ai docenti imezzi educativi e didattici che consentano loro di trasferireai ragazzi una oggettiva informazione sul territorio monta-no, sulla sua economia e sulla società che lo abita. Ciò checi proponiamo con questa operazione è assolvere ad un

preciso dovere formativo:consentire ai giovani di ave-re coscienza di tutte le oc-casioni a loro disposizioneper impostare la propriavita, per decidere la propriaprofessionalità e la propriafonte di reddito. Il territoriomontano piemontese offre ainostri giovani una interes-sante e sconosciuta chiave

di lettura per il loro futuro”“ Abbiamo voluto – ha aggiunto l’Assessore regionale allamontagna Roberto Vaglio - lanciare loro un preciso mes-saggio: l’immagine che si è consolidata nell’immaginariocollettivo - la montagna “parco dei divertimenti” per il finesettimana, una montagna residenza di Heidi e le sue caprette,riserva indiana di una cultura sconfitta è la sommatoria diluoghi comuni da sfatare. Per contrastare la forza invasivadei media che continuano a diffondere questa immagine de-formata non è sufficiente la buona volontà degli ammini-stratori. Lo strumento più potente per fornire ai giovaniun’esatta conoscenza è senz’altro la scuola”.I docenti che hanno frequentato il corso di formazione po-tranno poi partecipare con le loro classi ad un concorso re-gionale promosso dal TOROC, dalla Regione Piemonte edal MIUR per la realizzazione di progetti finalizzati allapratica sportiva in ambiente naturale montano.Il progetto “Sport, Montagna e Valori olimpici” nasce dal-l’esigenza della Regione Piemonte e del TOROC di pro-muovere presso i giovani piemontesi una conoscenza ap-profondita del territorio montano e della sua cultura e dicogliere l’occasione dell’evento olimpico del 2006 per of-frire loro l’opportunità di confrontarsi con i valori dello Sporte dell’Olimpiade attraverso la pratica sportiva in ambientenaturale. L’iniziativa mira a coinvolgere gli studenti persperimentare un primo approccio a pratiche sportive in am-biente naturale, approfondire la conoscenza di sé e del pro-prio rapporto con gli ambienti circostanti, affrontare l’in-treccio di temi quali montagna, sviluppo durevole e soste-nibile e sport, stimolare la riflessione su temi e valori olim-pici. Gli insegnanti che hanno frequentato il corso sarannoinvitati ad elaborare proposte di coinvolgimento di una classein un soggiorno ambientale durante il quale dovrà esserepromossa la pratica sportiva, sottolineando la valenza deivalori olimpici e dell’importanza dell’evento Olimpico perconoscere e riscoprire il territorio.Le classi coinvolte dal concorso che si svilupperà su tre anni- dal 2004 al 2006 - saranno centosessanta ogni anno e diqueste ne verranno premiate sessanta, quaranta dal TOROCe venti dall’Assessorato alla Montagna, con un soggiornoeducativo presso il Centro di educazione ambientalePracatinat e presso i Centri del FORMONT, Centro di for-mazione professionale per la montagna.«Ci siamo inseriti con coerenza - spiega Rinaldo Bontempi,vicepresidente del TOROC - nel percorso formativo avvia-to dall’assessore Vaglio, apportando una riflessione sui valo-

Iniziativa di collaborazione tra la Regione e il MIUR

A SCUOLA DI MONTAGNAdi Barbara CAMUSSO

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ri olimpici, fondamentale in un territorio che si sta prepa-rando a ospitare i Giochi Invernali. Questo percorso si in-tegra perfettamente con il progetto di Educazione Olimpi-ca del TOROC che ha lo scopo di far conoscere il mondodelle discipline olimpiche invernali e di far riscoprire lostretto rapporto tra la città e le sue montagne. Dallo scorsoanno scolastico sono state coinvolte le scuole piemontesi, epiù avanti contiamo di allargare il progetto anche a nume-rose scuole di altre regioni».

Nel corso della conferenza stampa di apertura, l’AssessoreVaglio e il Direttore Catalano, hanno anche illustrato i ri-sultati raggiunti dalla Regione Piemonte e dal MIUR in vir-tù del Protocollo d’intesa per la salvaguardia delle scuole dimontagna. Grazie all’azione congiunta delle due istituzio-ni, infatti, quest’anno è stato possibile il regolare avvio dellelezioni anche in quei plessi scolastici di montagna dove ilnumero di alunni, in base alle disposizioni legislative, neavrebbe imposto la chiusura.Il gruppo di lavoro misto Scuo-la-Regione-Comunità montane, costituito in seguito alla fir-ma del protocollo dello scorso maggio con il compito diproporre azioni congiunte e mirate alla salvaguardia dellescuole di montagna, ha dapprima individuato le più eviden-ti situazioni di criticità del servizio scolastico regionale, siastatale che paritario, quindi ha stabilito condivisi criteri d’ap-prezzamento delle difficoltà, infine – dopo aver sollecitatola collaborazione delle Comunità Montane e dei Comuniper la rilevazione dei bisogni – ha redatto un elenco dellecriticità che richiedevano maggiore attenzione.La Direzione Scolastica Regionale, nel tentativo di limitarei disagi derivanti dal taglio delle dotazioni organiche delpersonale docente, ha in un primo tempo chiesto ai singoliCentri di Servizio Amministrativi di riconsiderare l’organi-co di diritto e di sanare le situazioni maggiormente critiche.Questo intervento ha riguardato diversi istituti di monta-gna, come ad esempio l’Istituto Comprensivo di Piedi-

mulera, nel Verbano Cusio Ossola. Poi si è passati all’inter-vento su ulteriori situazioni di criticità che sono state af-frontate, in particolare nelle pluriclassi, sia ricorrendo alfrazionamento con un ulteriore docente a disposizione –come ad esempio a Forno, nel VCO – sia concedendo unaseconda sezione con modulo 3 x 2 – a Druogno, semprenel VCO – sia assegnando un docente aggiuntivo di postocomune, come avvenuto a Cesana Torinese e a Celio. L’As-sessorato alla Montagna della Regione Piemonte è interve-nuto in tutte le altre situazioni, finanziando con 155 milaeuro tre istituti in condizioni di criticità e sette scuolesussidiate, assegnando circa 400 mila euro per consentire a41 pluriclassi in difficoltà di integrare il personale docente,infine concedendo 233 mila euro per l’insegnamento dellalingua straniera.“Il mantenimento dei servizi essenziali – ha dichiarato l’As-sessore alla Montagna Roberto Vaglio – è condizione fon-damentale per evitare che la montagna venga abbandona-ta: garantire il servizio scolastico è da sempre una prioritàper il Governo del Piemonte che dal 1998 ad oggi ha inve-stito circa 5 milioni di euro per garantire ai bambini delleValli piemontesi un’offerta scolastica competitiva ed omo-genea su tutto il territorio regionale. Grazie all’azione con-giunta dell’Assessorato alla montagna e della Direzione re-gionale del MIUR quest’anno siamo riusciti ad impedire lachiusura di molti presidi scolastici, evitando gravi disagi aibambini e alle famiglie, scongiurando un loro possibile tra-sferimento in pianura. La presenza dell’uomo in montagnaed in particolare di popolazione giovane è fondamentaleper lo sviluppo delle aree montane, per la conservazionedel patrimonio ambientale, per il mantenimento dell’iden-tità e della cultura locali, nonché per la sicurezza dell’inte-ro territorio regionale”.“Questa esperienza ci insegna che la collaborazione e lesinergie tra istituzioni risultano vincenti anche quando lesfide sono particolarmente impegnative – ha aggiunto il Di-

rettore regionale del MIURLuigi Catalano.

Senza dubbio il lavoro da fareè ancora molto per consen-tire alle scuole di montagnadi essere davvero competitivein termini di qualità del ser-vizio offerto rispetto a quelledei centri urbani.Tuttavia, la “lezione” cheabbiamo tratto fino ad oraè che la condivisione di“progetti” comuni fra scuo-la ed istituzioni del territo-rio, realizzati “fianco a fian-co”, pur nel rispetto dovero-so delle reciproche compe-tenze, è fondamentale per lacrescita e per il migliora-mento dell’intero sistema”.foto Roberto Chirio

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Alcuni dati sui finanziamenti accordati...

Finanziamenti ad Istituti in condizioni di particolare criticitàImporto in Euro

DEMONTE 20.450,00PRALI 20.450,00CERES 20.450,00TOTALE 61.350,00

Finanziamenti per le scuole sussidiateVALLI ORBA, ERRO, BORMIDA DI SPIGNO (Ponzone) 7.011,84ALTA VALLE ORBA, ERRO, BORMIDA DI SPIGNO 12.260,00VALLI PO, BRONDA E INFERNOTTO (Brondello) 20.450,00VALLI ORCO E SOANA (Alpette) 10.329,14

(Ronco Canavese) 10.329,12(Valprato Soana) 20.450,00

ALTO CANAVESE (Canischio) 12.600,00

Finanziamenti alle ComunitàMontane per la razionalizzazione delle pluriclassiCHISONE E GERMANASCA 20.449,44ALTA VALLE ORBA ERRO E BORMIDA DI SPIGNO 44.991,44ALTA VAL LEMME ALTO OVADESE 3.873,00VAL BORBERA E VALLE SPINTI 12.068,00LANGA ASTIGIANA-VAL BORMIDA 20.024,40VALLE MOSSO 2.500,95ALTA VALLE CERVO - LA BURSCH 20.450,00PREALPI BIELLESI 3.408,24VALLE MAIRA 19.619,56VALLI PO BRONDA INFERNOTTO 26.680,92VALLI MONREGALESI 20.450,00ALTA LANGA 23.238,00VALLE VARAITA 5.162,40VALLE GRANA 10.225,00VAL SANGONE 11.820,60VAL PELLICE 20.450,00VALLI DI LANZO 24.745,32ALTO CANAVESE 15.000,00BASSA VALLE SUSA E VAL CENISCHIA 40.900,00VALCHIUSELLA 12.000,00MONTE ROSA 6.300,00ALTO VERBANO 2.065,60VALLE ANTRONA 18.590,40ANTIGORIO DIVEDRO FORMAZZA 1.420,10VALSESIA 9.811,60

TOTALE 396.244,97

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Sabato 15 novembre si è svolta la premiazionedel Secondo concorso regionale “I formaggi dialpeggio delle Montagne piemontesi”, organizza-to dall’Assessorato alla Montagna della RegionePiemonte in collaborazione con l’Associazionedelle Casare e dei Casari di Azienda Agricola, aCavour, nell’ambito delle manifestazioni di TuttoMele. Bandito in primavera, il concorso ha riscon-trato durante l’estate grande interesse da parte deiproduttori di formaggio di montagna e soprattuttodi alpeggio, tanto che sono si sono iscritti oltre100 partecipanti, aziende agricole operanti in co-muni montani che trasformano direttamente il pro-prio latte, in rappresentanza della quasi totalitàdelle zone montane del PiemonteI prodotti in concorso erano il burro di Alpeggio,il caprino presamico di Alpeggio, il Maccagno diAlpeggio, il Nostrale di Alpeggio, la Ricotta sta-gionata di Alpeggio, la Toma piemontese dialpeggio a latte intero, la Toma piemontese dialpeggio a latte parzialmente scremato, il Formag-gio particolare ed il Raschera d’alpeggio D.O.P.In mattinata la Giuria,composta dagli Assaggia-tori dell’Onaf, Organizza-zione Nazionale degli as-saggiatori di formaggio,ha valutato i formaggi inconcorso ed espresso ipropri giudizi, decretandoi primi tre classificati perciascuna categoria.I vincitori del concorsosono stati premiati nel po-meriggio dal Presidentedel Parco del Po Cuneese,Alfio Locatelli, in rappre-sentanza dell’Assessoreregionale alla Montagna,Roberto Vaglio che non èpotuto intervenire perché

in Sicilia per una Conferenza Intergovernativasulla Montagna.“La prima edizione del concorso regionale dedi-cato ai formaggi d’alpeggio, - ha dichiarato l’As-sessore regionale alla montagna Roberto Vaglio -è stata una sorta di sfida che la Regione Piemonteha voluto lanciare alla globalizzazione dei gustie degli affari, in favore del recupero della tipicitàe dell’identità territoriale dei prodotti.Il grande successo che l’iniziativa ha riscosso siatra i produttori che tra i consumatori ci ha con-vinti a ripetere l’esperienza che diventerà un ap-puntamento annuale per la promozione delle pro-duzioni tipiche della montagna e per dare un giu-sto riconoscimento del lavoro dei margari.Il concorso si inserisce tra le iniziative che la Re-gione Piemonte sta attuando per incentivare i pro-duttori a migliorare ulteriormente la qualità deiloro prodotti e ad accrescerne la competitività:sviluppare in chiave moderna un’attività tradizio-nale può diventare, infatti, punto di forza per ilterritorio, non solo perché occasione di nuova e

Premiati i vincitori del Secondo concorso regionalePremiati i vincitori del Secondo concorso regionalePremiati i vincitori del Secondo concorso regionalePremiati i vincitori del Secondo concorso regionalePremiati i vincitori del Secondo concorso regionale

“I formaggi d’alpeggio“I formaggi d’alpeggio“I formaggi d’alpeggio“I formaggi d’alpeggio“I formaggi d’alpeggiodella Montagna del Piemonte”della Montagna del Piemonte”della Montagna del Piemonte”della Montagna del Piemonte”della Montagna del Piemonte”

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qualificata impren-ditorialità locale maanche per gli effettiindotti sul sistema tu-ristico, laddove i cen-tri di produzione pos-sono diventare di ri-chiamo sia per l’ac-quisto di un prodottoche diventa esclusivodi quel luogo, sia perla visione diretta deimetodi di produzio-ne”.Tutti i concorrentihanno ricevuto un at-testato di partecipa-zione, mentre i primitre classificati sonostati premiati con undiploma, un tagliere di design realizzato apposi-tamente dall’architetto Parenti ed un bollino daapplicare ai loro prodotti, a riconoscimento dellaqualità e della tipicità delle loro produzioni.Ed il bollino consegnato ai partecipanti svolgeproprio queste funzioni: mentre consente ai con-sumatori di riconoscere immediatamente il pro-dotto, li garantisce rispetto alla provenienza ed allagenuinità di quanto acquistano e contemporanea-mente diventa uno strumento di promozione evalorizzazione per i produttori.Garantire il produttore ed il consumatore è unobiettivo importante per l’Assessorato alla Mon-tagna della Regione Piemonte che a questo scopoha anche realizzato, in collaborazione con il Poli-tecnico di Torino, un progetto per la rintracciabilitàdella filiera del latte.Ma cosa significa affermare che un prodotto ali-mentare è rintracciabile? Secondo la normativaeuropea, la rintracciabilità di filiera è intesa comela “capacità di ricostruire la storia e di seguirel’utilizzo di un prodotto mediante identificazionidocumentate”, individuando quindi le aziende chehanno contribuito alla formazione di un dato pro-dotto alimentare. Tale identificazione è basata sulmonitoraggio dei flussi materiali “dal campo allatavola”, cioè dal produttore della materia prima

al consumatore finale. In poche parole, solo quan-do e se siamo in grado di identificare le aziendeche hanno contribuito alla sua formazione pos-siamo parlare di rintracciabilità.La rintracciabilità è efficace se viene estesa a tut-ta la filiera e pertanto a tutti gli operatori coinvol-ti nella determinazione delle caratteristiche delprodotto ed acquista maggior valore se riferita aprodotti tipici, in particolare se originari di areeben definite o definibili a loro volta certificate ocertificabili: prodotto certificato in territorio cer-tificato. Recenti tendenze di mercato dimostranoche la qualità e la sicurezza rafforzano la fiduciadel consumatore, sempre più alla ricerca di pro-dotti semplici e genuini, che ricordano i saporiantichi e metodi di lavorazione tradizionali, magarantiti da un punto di vista organolettico,nutrizionale e della sicurezza d’uso.La rintracciabilità diventa dunque un importantestrumento a disposizione dei consumatori ma an-che dei produttori per la valorizzare i propri pro-dotti. In particolare, la ricerca condotta dal Poli-tecnico di Torino dimostra il fatto che l’applica-zione di un sistema di rintracciabilità di filiera deiprodotti agro-alimentari ad un prodotto tipico diun territorio montano può effettivamente contri-buire ad un più ampio progetto di valorizzazione

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del territorio nel suo complessoL’obiettivo che la Regione Piemontevuole raggiungere è quello di favori-re lo sviluppo economico della mon-tagna, incoraggiare nuovi insediamentiabitativi ed economici, al fine di con-trastare l’abbandono delle aree margi-nali e il degrado ambientale che que-sto comporta. Senza il lavoro dell’uo-mo, senza gli alpigiani, infatti, rischie-remo di perdere non solo i prodotti dieccellenza della montagna piemonte-se, ma anche tutte le altre risorse diquesto ambiente straordinario.“L’associazione delle Casare e deiCasari di Azienda Agricola - ha di-chiarato il Presidente Guido Tallone -pur essendo una giovane associazio-ne, ha già una storia importante che èin continua evoluzione: i nostri socisono attualmente un centinaio, 63 deiquali allevatrici ed allevatori che tra-sformano direttamente il proprio lattein azienda. L’interesse che i casarihanno dimostrato per questa iniziati-va, è la prova che anche una giovaneassociazione possa realizzare nuoveidee, se adeguatamente sostenuta e di

questo ringrazio l’As-sessorato alla Monta-gna che ha creduto nel-l’iniziativa”.“Individuare i vincitori- ha dichiarato il presi-dente dell’Onaf ItalianaPier Carlo Adami – que-st’anno è stato partico-larmente difficile, per-ché la Giuria ha coltoun generale migliora-mento ed una certa uni-formità della qualità deiprodotti in concorso, te-stimonianza della curacon cui i margari han-no voluto presentarsi aquesto appuntamento”.

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QUESTI I CAMPIONI PER OGNI CATEGORIA:

BURRO D’ALPEGGIO

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Simonetti Silvano Crodo(VB)2° CLASSIFICATO:: Az.Agr. Giletta Mario Costanzo Pragelato(TO)3° CLASSIFICATO: Az.Agr. Cipriano Moliner Mario Quincinetto(TO)

CAPRINO PRESAMICO DI ALPEGGIO

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Cottino Giorgio e Ornella Rocca Canavese(TO)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Giorgis Maria Maddalena Valdieri(CN)3° CLASSIFICATO: Az.Agr. Durand Canton Franco Bobbio Pellice(TO)

MACCAGNO DI ALPEGGIO

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Guglielmina Silvano Rassa (VC)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Prina Cerai Aldo e Elisa Vallanzengo (BI)3° CLASSIFICATO: Az.Agr. Venara Ugo Alagna Valsesia (VC)

NOSTRALE DI ALPEGGIO

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Dalmasso Giovanni Crissolo(CN)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Viale Barbara Sampeyre(CN)3° CLASSIFICATO: Az.Agr. Ellena Giuseppe Marmora(CN)

RICOTTA STAGIONATA DI ALPEGGIO

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Giorgis Maria Maddalena Valdieri(CN)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Duran Canton Franco Bobbio Pellice(TO)3° CLASSIFICATO: Cascina Rosa Cantalupa(TO)

TOMA PIEMONTESE DI ALPEGGIO A LATTE INTERO

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Catalin Natalino Villar Pellice(TO)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Gonnet Sabina Bobbio Pellice(TO)3° CLASSIFICATO: Az.Agr. Giletta Mario Costanzo Pragelato(TO)

TOMA PIEMONTESE DI ALPEGGIO A LATTE PARZIALMENTE SCREMATO

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Ramella Lorenzo Sordevolo(BI)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Catalin Bruno Bobbio Pellice(TO)3° CLASSIFICATO: Az.Agr. Lussiana Erminio Giaveno(TO)

FORMAGGIO PARTICOLARE

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Lo Puy di Alifredi G. S.Damiano M.(TO)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Versino Aldo Giaveno(TO)3° CLASSIFICATO: Cascina Rosa Cantalupa(TO)

RASCHERA DI ALPEGGIO D.O.P.

1° CLASSIFICATO: Az.Agr. Revelli Pier Luigi Frabosa Soprana(CN)2° CLASSIFICATO: Az.Agr. Merlatti Pietro Luigi Frabosa Soprana(CN)3° CLASSIFICATO: Az.Agr. Pioppi Pietro Roccaforte M.(CN)

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PREMESSA

La festa del Natale collima con il solstizio inver-nale, quando lentamente comincia ad invertirsi ilciclo che vede la notte prevalere sul giorno, ini-ziatosi con l’equinozio di settembre, dove la lucee le tenebre hanno la stessa durata. Col solstizios’incomincia ad intravedere il lento riaffermarsidella luce-vita-salvezza sulle tenebre-morte-pec-cato, che culminerà poi con l’equinozio di prima-vera e la festa di Pasqua. A Natale ed a Capodan-no perciò convivono riti che in parte esorcizzanoil passato e dall’altra promuovono il bene, l’ab-bondanza ed i buoni auspici. Già i Romani cele-bravano il solstizio invernale come inizio dell’an-no nuovo, ma fu soprattutto l’affermarsi del Cri-stianesimo a legare le feste di questo periodo conla nascita di Cristo, che ha iniziato la nuova era,la nostra. Ma i segni, i simboli ed i riti che si co-noscono a Natale affondano le loro origini nelleepoche preistoriche, quando i falò, i suoni e le lucisimboleggiavano la vita, il sole, il giorno, il ritor-no alla prosperità: il bruciare anche fisicamente aCapodanno “l’anno vecchio” significa cancellarei brutti ricordi, i disagi e le difficoltà passate, si-gnifica augurare nuova vita ed un felice rinnova-mento. Quali i segni ed i riti più noti?L’albero di Natale, il presepe ( di cui si è scrittone: “ I QUADERNI DELLA REGIONE PIE-MONTE – MONTAGNA – n. 22”), le usanze ed isimboli, i doni.(Alcune notizie sono state tratte da “ Fernando eGioia Lanzi – Il presepe ed i suoi personaggi –Editoriale Jaca Book s.p.a. Milano – 2000 ).

L’ALBERO DI NATALE

L’abitudine ad innalzare un albero, carico di ad-dobbi e di doni, è antecedente all’affermazionedel presepe , tipico delle zone mediterranee. L’usodi fronde rituali e beneauguranti affonda le sueradici nel periodo antecedente a quello cristiano.Simbolicamente l’albero, ben radicato nella terrae che s’innalza verso il cielo, può rappresentarel’uomo stesso che tende all’alto, al divino. L’al-bero rappresenta ancora la vita stessa: dopo il ri-poso invernale riprende una nuova vita, che pro-duce nuovi germogli, nuovi fiori e nuovi frutti.In quasi tutte le antiche civiltà troviamo alberi sa-cri, dai Germani ai Maya, dai Sumeri agli Egiziani,dai Cristiani ai Buddisti.Sovente l’al-bero di Nata-le viene con-trapposto alpresepe comesimbolo diuna festa lai-ca, non reli-giosa. Ma sitrascura il fat-to che l’albe-ro di Natalenasce propriodalle “sacrerappresenta-zioni” medio-evali, di cui ilpresepe è il

In margine alla festa più popolareIn margine alla festa più popolareIn margine alla festa più popolareIn margine alla festa più popolareIn margine alla festa più popolarenelle valli di montagnanelle valli di montagnanelle valli di montagnanelle valli di montagnanelle valli di montagna

I SEGNI, i SIMBOLII SEGNI, i SIMBOLII SEGNI, i SIMBOLII SEGNI, i SIMBOLII SEGNI, i SIMBOLIe i RITI di NATALEe i RITI di NATALEe i RITI di NATALEe i RITI di NATALEe i RITI di NATALE

di Franco COMINO

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segno più evidente. Nelle sacre rappresentazioni,legate alla festività del Natale, si proponevano tuttigli eventi sacri, a cominciare dal Paradiso Terre-stre, da Adamo ed Eva e dall’albero del peccato:il melo.Nelle regioni nordiche non sempre si tro-vavano meli, né tanto più ad alte quote, d’altraparte poi in inverno i meli sono spogli e senzafrutti.Di qui ad utilizzare l’albero più comune, l’abete,per di più sempreverde, e soprattutto a sezionetriangolare (simbolo della Trinità), il passo fu bre-ve. Bastò appendere frutti di stagione alle sue fron-de, ed ecco l’albero di Natale!Non solo, ma secondo la Leggenda Aurea dal le-gno dell’albero del Paradiso Terrestre derivò illegno con cui venne costruita la croce, ossia l’al-bero della salvezza. La salvezza è poi rappresen-tata dall’ostia divina, che mette l’uomo in “comu-nione” con Dio.Di conseguenza si cominciò ad adornare già nelsec. XVII in Alsazia l’albero di Natale con meleed ostie. Anche di qui il passo ad utilizzare primapiastrine colorate e luccicanti, sfere di vetro va-riopinte e poi dolci, simboleggianti le mele e leostie, fu altrettanto breve.Più avanti nel tempo per rappresentare l’abete diNatale come l’albero sacro della salvezza e dellaluce si utilizzarono candeline e nastri colorati.A poco a poco l’albero di Natale si diffuse in tuttal’Europa e ad ogni latitudine, e venne interpreta-to, in mancanza di abeti, anche con altri alberiautoctoni, quali le palme.In Italia e nelle nostre vallate sovente, poi, allabase dell’albero viene collocato il presepe.

USI, SEGNIe SIMBOLI

Nella festa del Natale ricorrono alcuni usi e di-versi simboli, veicolati attraverso l’era cristianadirettamente dalle epoche precedenti. Molti segna-no riti augurali. Le ghirlande di rami intrecciati,simili a corone, o anche semplicemente rami d’al-bero appesi alle porte esterne, ma anche internedelle case sono beneauguranti. Fatte di vegetalisempreverdi, quali rami resinosi, vischio,pungitopo e agrifoglio, rappresentano la vita checontinua e che non decade mai. Le ghirlande dipaglia o con spighe di grano simboleggiano a lorovolta la prosperità.Così i falò che punteggiano le vallate, se da unaparte rappresentano il vecchio che muore e lapurificazione, dall’altra con la vivacità del fuocoindicano la luce e la vita, mentre dal levarsi dellefaville si traggono auspici beneauguranti. Soven-te un tempo il mondo agreste si riuniva attorno alfalò “comunitario” per un momento conviviale eper brindare al tempo futuro. I giovani, facendosiinvestire dal fumo, saltavano i carboni ardenti ela brace, per simboleggiare il superamento delleangustie e delle difficoltà a venire. A volte un po’di brace veniva portata a casa per attivare con ilfuoco “comunitario” anche quello domestico e perdurare così tutto il nuovo anno.Molti sono poi i dolci di Natale, perché tutto quelloche è "dolce" è sinonimo di benessere e di abbon-danza. In ogni vallata, in ogni paesello, anche ilpiù sperduto, la tradizione familiare riporta dolcidi Natale, fatti sovente con miele, uvetta, man-dorle, castagne, panna, accompagnati sempre dafrutta secca, noci, nocciole, fichi, torrone. Anchele lenticchie a Capodanno e, tra la frutta, ilmelograno e l’uva sono beneauguranti, perché ri-cordano l’abbondanza e la prosperità.Da altri segni – e sono numerosi – si traggono au-spici e previsioni. Molto diffusa a cavallo delle Alpie quindi anche in Provenza è la tradizione del cep-po di Natale, per lo più un grosso tronco di rovere,che si cerca di far bruciare il più a lungo possibile,addirittura fino a Capodanno. Sono evidenti i rife-rimenti alla luce-vita, al fuoco simbolo della ve-glia, della casa e dell’ospitalità. Anche le stesse

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ceneri, sparse nei campi, li renderebbero più fertilie favorirebbero il raccolto di tutto l’anno.Così dai primi giorni di gennaio si possono trarreprevisioni sull’andamento di tutto il nuovo anno:dal 1° al 12 gennaio ogni giorno rappresenta ilmese corrispondente con il relativo clima. Se ilprimo è nevoso, si prevede un gennaio sicuramentefreddo e con molte precipitazioni, e così via.

I DONI

Il dono ha un profondo significato simbolico, e losi trova in ogni epoca e ad ogni latitudine. Mettein relazione due persone, uno che dà spontanea-mente con un atto d’amore, e l’altro che riceve

senza riserve, con tutta lasua disponibilità. Rap-presenta un legame, unvincolo, una profonda

conoscenza es u g g e l l asempre unaconsuetu-dine ed una

familiarità.Dai poemi

omerici finoai nostri giorni

il dono non èmai stato un ge-

sto convenziona-le, presuppone sempre, a priori, un pensiero, unascelta, un ringraziamento.Ora forse i doni sono rappresentati da oggettimagari superflui, ma l’atto del donare è sempreun segno incontrovertibile di affetto. Un tempo idoni erano sovente cibi, forse più ricchi, meno con-sueti, spesso consumati insieme in una vita piùcomunitaria.A Natale è lunga tradizione di “scambiarsi gli au-guri” accompagnandoli con doni. In particolare isoggetti cui si pensa di più sono i bambini, pro-prio perché il dono, oltre che un atto d’affetto, hail compito di augurare ogni bene e felicità.E’ di tutti i tempi da parte dei bambini scrivere “leletterine”, per … indirizzare i gusti di Gesù Bam-

bino o di Babbo Natale o diSanta Lucia o dellaBefana. La letteri-na è una sorta dicontratto: starò piùbuono, studierò an-che … la tabellinadei numeri e potròcosì sperare di ave-re la Play Station!Ma non per tutti i regali arrivano a Natale,nel Veneto e nel Trentino è Santa Lucia che portai doni il 13 dicembre.A cavalcioni di un asino la Santa, protettrice dellavista e degli occhi, dispensa giochi, dolci e regaliai bambini buoni, mentre agli altri lascia in omag-gio … una frusta. Il tutto è legato alla leggendasecondo la quale in un paese siciliano imperver-sava una malattia che rendeva ciechi i bambini.I parenti scalzi, portando i bambini ammalati,andarono in pellegrinaggio al Santuario di SantaLucia.Gli ammalati, non solo tornarono del tutto guari-ti, ma trovarono a casa le scarpe piene di regali.Nelle nostre valli i bambini un tempo avevano ilfilo diretto con Gesù Bambino ed ora soprattuttocon Babbo Natale, il buon vecchio pacioso vesti-to di rosso, che passa di casa in casa, al suono diun campanello, su una slitta trainata dalle renne,per portare i doni.Ma la storia di Babbo Natale deriva da San Nico-la di Bari, che nacque nel 255 d.C. a Patara inTurchia.Egli, già da giovane, salvò dal postribolo tre po-vere ragazze senza dote. Divenne, come presceltoda Dio, vescovo di Mira nella Licia, dove difese icristiani dalla persecuzione di Diocleziano. Vissein odore di santità fino alla sua morte nel 334 d.C.Quando i Turchi stavano per occupare la Licia, iBaresi trafugarono le sue spoglie portandole nellaloro città, dove innalzarono il Duomo che tuttorane conserva le reliquie.Molti i miracoli a lui attribuiti, tra cui la salvezzadi tre ufficiali bizantini condannati a morte, per-ché accusati ingiustamente di tradimento. Poichégli innocenti, nella simbologia più corrente, sonorappresentati dai bambini, ecco che nella leggen-

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da i tre divennero deibambini, fatti a pezzida un oste e messi insalamoia.Manco a dirlo, San Ni-cola li risuscitò: eccoperché nella sua raffi-gurazione il Santo èrappresentato semprecon tre bambini.

Il 6 dicembre era giorno di festa per gli allievi delcollegio Saint Nicolas du Louvre ed era consue-tudine che a turno uno scolaro, vestito in abitovescovile rosso, gratificasse i compagni con deidoni. Di qui è nato Sankt Nikolaus, Sancta Klaus,l’odierno Babbo Natale, cui a metà del secolo XIXThomas Nast diede le attuali sembianze di vec-chietto sorridente, allegro, paffuto e vestito dirosso.Simile è la vicenda della Befana, figura del tuttoitaliana, che deriva il suo nome da Epifania.

E’ una vecchia, brutta e sdentata, a cavallo dellascopa, che è da una parte bonaria perché porta idoni ai bambini buoni, ma dall’altra severa per-ché porta il carbone a quelli più cattivi.Gesù Bambino, Santa Lucia, Babbo Natale, la Be-fana, nella tradizione cristiana ebbero come gran-di precursori i tre Re Magi, che seguendo la stellacometa raggiunsero la capanna della nascita diGesù per adorarlo e per portare in dono oro, in-censo e mirra.

Il primo, regalo classico per i sovrani, sta a signi-ficare che Gesù Bambino era un re; l’incenso, chesi utilizzava per venerare gli dei, sottolinea la suadivinità; la mirra, che si usava per imbalsamare icorpi e preservarli dalla morte terrena, allude allasua eternità.Così Baldassarre, Melchiorre e Gaspare, pur sen-za saperlo, più di duemila anni fa, hanno precorsoun’usanza la più comune, la più popolare, la piùdiffusa in tutto il mondo e la più amata … nonsolo dai bambini!

foto: Giorgio Ricaldone

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Di fronte a una straordinaria cornice di persone con la par-tecipazione di Amministratori regionali e provinciali que-sta estate si sono aperte le porte del Museo del Parco AltaValle Pesio e Tanaro. Lo spazio allestito all’interno del cen-tro che porta il nome di Aldo Viglione - Presidente dellaGiunta Regionale – scomparso quindici anni fa , ospita tre-cento fotografie in bianco e nero scattate dal fotografochiusano Michele Pellegrino.Il percorso si articola in otto sezioni: luoghi dell’acqua, in-canti ordinari, visage del contemplation, Alta Langa, scenedi matrimonio, Alpi Liguri Marittime e Cozie, Monte Bian-co e una traccia nel tempo. Il comune denominatore è la montagna, il suo spopolamentoraccontati con realismo. Spiega il fotografo Michele Pelle-grino: “si tratta di atmosfere che altrimenti sarebbero con-dannate all’oblio; ho girato le vallate, le frazioni e quasitutte le case di montagna della Granda; ho parlato con lepersone cercando di capire i loro stati d’animo ed ho chie-sto loro di poterli immortalare; così è stato anche per i ma-trimoni, alcuni scatti possono sembrare fuori luogo, ma inquelle immagini c’è il desiderio di come volevano apparirele persone in quel preciso istante.”Vengono proiettate le immagini dell’acqua che scorre dallesorgenti della valle, gli animali si muovono nel verde dellavallata, le abitazioni tipiche della zona, i volti dei frati edelle monache della Certosa di Pesio.Il medesimo percorso è una sequenza da capire e per andare

LA MONTAGNA IN UN “CLICK”LA MONTAGNA IN UN “CLICK”LA MONTAGNA IN UN “CLICK”LA MONTAGNA IN UN “CLICK”LA MONTAGNA IN UN “CLICK”

fino in fondo bisogna leggere le didascalie, ma sono pochia farlo; la maggior parte delle persone si limita guardarel’immagine.”Il limite è dato dalla cultura popolare che non conosce lafotografia- conclude Pellegrino - dicendo che i fotografi ingenere non sono grandi parlatori, altrimenti costruirebberocon le parole e non con le immagini.”Nell’ambito dell’inaugurazione della struttura sono stati pre-sentati i progetti ai quali stanno lavorando da tempo il Pre-sidente Riccardo Mucciarelli e la sua équipe del Parco conforza di volontà ed entusiasmo per proiettare la Valle Pesioverso un importante sviluppo socio-economico: verrannoospitati alcuni abitanti provenienti da Burkina Faso, una dellezone più povere dell’Africa, a formarsi per la protezioneambientale.All’esterno invece è stato realizzato un giardino ornamenta-le che ospita piante rare e dallo scorso anno è attivo un cen-tro di floristica che si occupa della conservazione delle spe-cie, che sarà ampliato con una banca di semi delle piante arischio di estinzione.Inoltre all’interno del centro Aldo Viglione si terranno in-contri e convegni: l’obiettivo dell’ente è valorizzare il terri-torio, coinvolgendo soprattutto i giovani al fine di dare vitaa progetti comuni per la preparazione dei ragazzi verso nuoviorizzonti lavorativi ; fare conoscere i beni ambientali dellaregione e sensibilizzare i visitatori in merito al recupero edalla valorizzazione del patrimonio naturalistico.

di Carla TARICCO e Enrico VIVIANO

foto Enrico Vivianofoto Enrico Vivianofoto Enrico Vivianofoto Enrico Vivianofoto Enrico Viviano

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Gli architetti Pierangelo Bianconi, di Domo-dossola, e Monica De Silvestro, di Bussoleno,sono i vincitori del primo concorso regionale diArchitettura Alpina di qualità. Secondi classifica-ti lo Studio di Architettura Negozio Blu ArchitettiAssociati di Torino e l’Architetto Gian MarioBertarione, di Cuneo.A premiarli sono stati l’Assessore regio-nale alla Montagna, foreste e beni ambien-tali Roberto Vaglio, l’Architetto Cristia-na Lombardi Sertorio ed il Presidente del-l’Unione Cavatori Marco Ribotta cheoggi, mercoledì 26 novembre, hanno con-segnato loro i premi: 2.500 euro ciascu-no ai primi, messi a disposizione dalla Re-gione, e 1.250 euro ciascuno ai secondi,assegnati dall’Unione Cavatori.Il concorso è stato indetto dalla RegionePiemonte per promuovere la progettazio-ne di qualità nelle aree montane ed incen-tivare il recupero e la valorizzazione del-le tradizioni tipologiche e costruttive lo-cali e l’uso dei materiali tipici.Bandito nel mese di maggio, il concorsoera aperto a tutti i professionisti - archi-tetti, ingegneri e geometri - iscritti agliOrdini o Collegi del Piemonte che aves-sero realizzato nuove costruzioni, inter-venti recupero di costruzioni esistenti edinterventi di recupero e sistemazione am-bientale realizzate in comuni appartenentialle comunità montane.Le dieci opere in gara, tutte rientranti nelleprime due categorie, sono state esamina-te dalla Giuria composta dai membri del-la Commissione Regionale per la tutela e

la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali,integrata dall’Architetto Pier Benato in rappresen-tanza della Federazione regionale degli Architet-ti, dall’Ing. Tullio Finzi della Federazione regio-nale degli Ingegneri, dal Prof. Roberto Gambinodel Politecnico di Torino e dal prof. RobertoChiabrando dell’Università degli Studi di Torino.

Premiati i vincitori del 1° concorso di

architettura montanadi qualità

1° classificato cat. B - Arch. De Silvestro

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A vincere sono state le due opere che, secondo laGiuria, hanno saputo coniugare meglio innova-zione e tradizione, trovando il giusto equilibriotra le esigenze di modificazione del paesaggio conquelle di tutela di un ambiente particolarmente fra-gile e suggestivo quale è quello montano.Il centro polivalente realizzato dall’architettoBianconi nel comune di Santa Maria Maggiore ela ristrutturazione della casa di Bussoleno dell’Ar-chitetto De Silvestro sono esempi di un’architet-tura montana innovativa capace di utilizzaresapientemente tecniche e materiali tradizionali -legno e pietra soprattutto- per rispondere ad esi-genze moderne di funzionalità, attraverso un in-serimento armonioso e ben integrato nel contestopaesaggistico di riferimento.Anche l’edificio realizzato a Sestriere dallo Stu-dio Negozio Blu Architetti e la ristrutturazione delRifugio Raimondino di Valdieri dell’ArchitettoBertarione presentano caratteristiche simili, comeha illustrato l’Architetto Lombardi Sertorio laquale, in rappresentanza della Giuria, ha descrittole opere in concorso ed i metodi di valutazioneseguiti dalla Commissione.Il concorso regionale sull’architettura montana diqualità ha riscosso un successo inaspettato: no-nostante si trattasse della prima edizione e i pro-

fessionisti avessero solo due mesi per iscriversi,infatti, l’adesione è stata buona ed i progetti pre-sentati di qualità.Ciò che la Regione Piemonte si propone attraver-so questa iniziativa è proprio incentivare iprogettisti a prestare maggiore attenzione alle ri-cadute dei loro progetti sia in termini paesaggisticiche socioeconomici. In montagna, soprattutto nellelocalità turistiche, infatti, l’edificazione selvaggiadel passato ha compromesso talvoltairrimediabilmente il paesaggio, danneggiando lacollettività e frenando lo sviluppo delle Vallate.Il termine paesaggio, secondo quanto stabilitodalla Convenzione Europea, “…designa una de-terminata parte di territorio, così come è percepi-ta dalle popolazioni, il cui carattere deriva dal-l’azione di fattori naturali e/o umani e dalle lorointerrelazioni”.Da questa semplice definizione emerge con chia-rezza che il paesaggio è la risultante della presen-za e dell’interazione tra l’uomo e la natura, tra ilcostruito ed il non costruito, tra ambiente urbanoe rurale o montano, testimonianza delle evoluzio-ni sociali e culturali che caratterizzano una comu-nità.Nella nostra regione, già a partire dagli anni ’80,si è consolidata un’attenzione al recupero dei nu-

1° classificato cat. A - Arch. Bianconi

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clei storici, ma analoga attenzione è mancata neiconfronti delle nuove espansioni e verso la quali-tà della produzione edilizia.Da qui l’importanza di incentivare la progettazio-ne di qualitàTutelare il paesaggio è dunque un dovere ma altempo stesso un diritto che spetta ad ogni comu-nità, per conservarne e valorizzarne gli aspettisignificativi o caratteristici e per accompagnare icambiamenti futuri ri-conoscendo la grandediversità e la qualità deipaesaggi che abbiamoereditato dal passato,sforzandosi di preser-varle, o ancor meglio diarricchirle.In questo complesso edelicato ambito, la Re-gione ha il compito isti-tuzionale di disciplina-re gli interventi ammis-sibili, armonizzando leesigenze economichecon quelle sociali e am-bientali che mirano agarantire la cura co-

2° classificato cat. B - Arch.Bertarionestante dei paesaggi ela loro evoluzionearmoniosa, allo sco-po di migliorare laqualità della vita infunzione delle aspi-razioni delle popola-zioni.“Tutelare – sottoli-nea l'assessore Ro-berto Vaglio - nonsignifica “congela-re” un ambiente: ciòche occorre fare èsalvaguardare il ca-rattere e la qualitàdi un determinatopaesaggio ai qualele popolazioni rico-noscono valore, sia

per motivi naturali che culturali, consentendodelle trasformazioni dei luoghi che non ne com-promettano la conservazione e che permettano unarmonico sviluppo delle attività umane”.Nel 2004 il concorso verrà riproposto: nel mesedi marzo verrà presentato il catalogo delle operein concorso nel 2003 e diffuso il nuovo bando.

2° classificato cat. A - Negozio Blu Architetti

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Presso il Vallone di Campiglia in Val Soana, nelParco Nazionale del Gran Paradiso, si è svoltonell'estate scorsa il cantiere didattico relativo al-l’applicazione di tecniche di ingegnerianaturalistica negli interventi di manutenzione deisentieri di montagna organizzato dall’Assessora-to alla Montagna. L’attivita formativa ha coinvol-to sia funzionari e tecnici professionisti sia operaidelle squadre forestali alle dipendenze del SettoreGestione Proprietà forestali regionali e vivaistichedella Regione Piemonte.Gli interventi individuati in collaborazione con ilParco Nazionale del Gran Paradiso sono stati rea-lizzati durate il cantiere didattico da 3 squadre dioperai forestali che hanno lavorato per due setti-mane.In totale hanno partecipato al corso 48 operai pro-venienti dalla squadre forestali regionali di tuttele province piemontesi utilizzando come formatoritre operai esperti: i capi squadra Marco Rapello(Torino) e Pierino Comaita (Verbania) e l’istrut-tore Sergio Ghio (Alessandria).L’Assessorato alla Montagna è fortemente impe-gnato nel recupero della sentieristica piemontesee le squadre forestali regionali, presenti ormai intutte le valli piemontesi, attraverso la loro operadi manutenzione del territorio possono dare an-che in questo campo un contributo importate conil loro bagaglio di professionalità e tradizione.Proprio la professionalità acquisita dall’esperien-za sul campo degli operai esperti deve essere giu-stamente trasmessa alle nuove leve attraverso laformazione professionale; di qui la necessità direalizzare cantieri didattici come quello diCampiglia.

Gli interventi hanno riguardato il recupero di unaparte del sentiero che diparte dalla strada vicinaledi Rancio in località Barmaion e porta alla locali-tà Pianetto con le seguenti tipologie:

COSTRUZIONE DI UN MURO A SECCO,COSTRUZIONE DI UN GUADO IN PIETRAME,COSTRUZIONE DI UN PONTICELLO IN LEGNO,REALIZZAZIONE DI SELCIATURA SU SENTIERO.

Più a valle, in località Cugnonà, si è eseguito unesempio di drenaggio con fascinate.

DESCRIZIONE INTERVENTIDESCRIZIONE INTERVENTIDESCRIZIONE INTERVENTIDESCRIZIONE INTERVENTIDESCRIZIONE INTERVENTI

Di seguito sono illustrati gli interventi realizzati,per motivi di spazio viene dettagliata esclusiva-mente la realizzazione del ponticello.

COSTRUZIONE DEL PONTICELLOIN LEGNAME

Stato di fatto L’intervento ha riguardato la realizzazione di unponticello in legname, per l’attraversamento di unrio laterale del torrente Soana ubicato sul sentieroche dalla strada vicinale di Rancio, localitàBarmaion, porta al Pianetto. Le funzioni dell’operasono di consentire il passaggio pedonale del rioattraversato dal sentiero.La realizzazione delponticello agevola il percorso evitando il rischiodi scivolamenti dovuti all’attraversamento del rio.L’opera è stata fatta utilizzando tecniche tradizio-nali e materiali locali.

Squadre forestali regionali

Terminato il cantiere didatticosul recupero della sentieristica

di Giorgio CACCIABUE

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Caratteristiche dell’intervento

Considerata la breve durata dell’intervento, il de-posito di cantiere escluso legname e pietrame, èstato organizzato in un furgone su cui è stato cari-cato il materiale da lavoro (minidumper, scalpel-li, martelli, ecc.).L’intervento è stato svolto da una squadra com-posta da 4 operai più il caposquadra.

FASI DURATA ORE

rilievo stato attuale 4

recupero materiale legnoso e lapideo 27

preparazione del piano di posacon costruzione delle spallettee raccordo con sentiero 16

realizzazione del ponticello 120

ricomposizione finale e puliziadel luogo di intervento 8

E’ stato necessario innanzitutto eseguire il rilievodel rio che attraversa il sentiero, per dimensionareil ponticello(prima fase).La quota delpiano viabilerispetto al li-vello di pienaha un franco dicirca 1,20 m. Ilponticello hauna lunghezzadi circa 6 metri.La seconda fa-se è consistitanel recuperodel materiale.Con l’ausilio diun verricelloportatile appli-cato alla moto-sega si sonorecuperati itronchi di lari-

ce che costituiscono l’orditura, sia la principaleche il piano d’appoggio. Il materiale è stato lavo-rato sul posto con l’uso di motosega e ascia.Le pietre per la realizzazione delle spalle sono staterecuperate con l’impiego di un minidumper.E’ seguita la preparazione del piano di posa, larealizzazione delle spallette in pietrame e il rac-cordo con il sentiero tramite la realizzazione diun muretto, (terza fase).La quarta fase dell’intervento, la costruzione delponticello, è stata la più laboriosa. Dopo aver po-sizionato e fissato i tronchi che costituisconol’orditura principale si è realizzato l’impalcato inlegno costituito da tavole di larice e quindi il pa-rapetto di valle. Terminata la costruzione delponticello si è svolta l’ultima fase cioè la verni-ciatura con impregnante del manufatto e la siste-mazione dell’area di cantiere.L’area è stata ripulita dalle pietre non utilizzate edagli scarti del legname di lavorazione.

Risultati ottenutiÈ stato realizzato un ponticello pedonale in legna-me sistemando il raccordo con il sentiero tramitela realizzazione di un muretto a secco. Sono stateutilizzate prevalentemente tecniche tradizionali

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e materiali locali. L’intervento è stato eseguito dauna squadra di 4 operai più il caposquadra istrut-tore, per un totale di 192 ore, in circa 6,5 giornilavorativi.

COSTRUZIONE DI UN MURO A SECCOStato di fatto

L’intervento ha riguar-dato la realizzazionedi un muretto in pietra-me, costruito a secco,ubicato sul sentieroche dalla strada vi-cinale di Rancio, loca-lità Barmaion, porta alPianetto.Le funzioni dell’ope-ra sono di conteni-mento del piano sulquale corre il sentiero.Il sentiero in quellazona non era più facil-mente delimitabile, acausa dei piccoli crol-li. La realizzazione delmuretto ha consentitodi raccordare il piano

viabile per garantire l’agevole passaggio.L’opera di recupero è stata fatta utilizzando tec-niche tradizionali e materiali locali.

COSTRUZIONE DI UN GUADOIN PIETRAMEStato di fatto

L’intervento ha riguardato larealizzazione di un guado inpietrame a corda molle suun piccolo rio laterale, co-struito con pietrame reperitoin loco e ubicato sul sentie-ro sopra descritto.Le funzioni dell’opera sonodi consentire e agevolare ilpassaggio pedonale.L’opera è stata fatta utiliz-zando tecniche tradizionalie materiali locali.

A fianco: costruzione di unmuro a seccoSotto: costruzione di un guadoin pietrame

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REALIZZAZIONE DI SELCIATURASU SENTIEROStato di fatto L’intervento ha riguardato la realizzazione di untratto di selciatura, costruito a secco, ubicato sem-pre sul medesimo sentiero. Lo scopo è esclusiva-mente didattico al fine di far vedere la tecnica; atal scopo si è eseguito in corrispondenza del nuo-vo ponticello. Il lavoro è stato fatto utilizzandotecniche tradizionali e materiali locali.

COSTRUZIONE DI UN DRENAGGIOCON FASCINAMEStato di fatto L’intervento ha riguardato la realizzazione di undrenaggio con fasciname, al fine di eliminare unazona di ristagno idrico sopra la strada vicinale diRancio, località Cugnonà, incanalando l’acquaverso le canalette presenti sulla pista. La realizza-

zione del drenaggio agevola il percorso pedonaleevitando il rischio di scivolamenti dovuti alla pre-senza diffusa sulla pista di acqua. L’opera è statafatta utilizzando tecniche di ingegnerianaturalistica e materiali locali. Di seguito si dan-no alcune indicazioni tecniche sulla realizzazionedei muretti in pietrame. Muratura a seccoSi esegue accostando semplicemente pietre di for-ma irregolare, sovrapponendole senza legarle conla malta. Il muro a secco ha resistenza e soliditàlimitata: è quindi da scegliere solo per bassi mu-retti di recinzione o piccoli muri di sostegno per ilcontenimento di terrapieni. Per costruire un muroa secco basta una martellina con un lato a pennatagliente per potere, all’occorrenza, regolarizzarele pietre in modo da avvicinarle meglio le une allealtre. Si inizia eseguendo lo scavo fino a raggiun-gere uno strato abbastanza compatto di terreno (ilpiano di posa va tenuto leggermente inclinato ver-Sotto: realizzazione di selciatura su sentiero

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so il terrapieno) e si traccia poi sul terreno l’alli-neamento del fronte esterno del muro (che deveavere uno spessore minimo, misurato dal fiancodel terrapieno, di 50 centimetri). Si posano quin-di le pietre sul fronte, utilizzando quelle più grossee regolari. La prima pietra, generalmente piùgrande delle altre, viene posta con una lieve in-clinazione della faccia superiore verso monte.Questa deve essere quanto più possibile liscia, lepriore superiori vengono posate secondo l’incli-nazione verso monte della prima pietra e con-temporaneamente seguono anche l’angolaturanecessaria a formare la scarpa. Altre pietre, sem-pre scelte fra le più grosse a disposizione, vannoallineate contro il terrapieno. Per riempire lo spa-zio rimasto vuoto fra le due file di pietre, si usapietrame più piccolo, scelto con cura perché re-sti bene assestato. Bisogna fare attenzione cheogni pezzo risulti sfalsato rispetto a quelli latera-li e sovrastanti in modo che la muratura procedaben legata. Alle spalle della nuova muratura ven-gono posti detriti e piccoli sassi che formano uno

strato drenante a protezione del muro. Una voltaraggiunto il livello stabilito si copre il drenaggiocon del terreno compatto.

Muratura in pietrame e malta

Si realizza come la muratura a secco, utilizzandoin più la malta per cementare le pietre. Poiché que-sto tipo di muro è molto più resistente si possonoimpiegare pietre più piccole e il muro può raggiun-gere anche una notevole altezza. Se il muro che sivuole costruire non è in zona umida, si può usaremalta di calce aerea per cementare fra loro le pie-tre: altrimenti si adopera la malta cementizia. At-tenzione a non lasciare spazi troppo ampi fra unapietra e l’altra poiché possono indebolire lamuratura. Per riempire gli spazi vuoti non si devo-no usare diverse pietre piccole, ma una sola pietra,che si adatti abbastanza bene. Anche in questo caso,le pietre vanno sistemate a giunti sfalsati, badandoche la malta le ricopra completamente in modo danon lasciare nessuno spazio.

Foto: l'ultimo gruppo di operai collauda il ponticello Tutte le fotografie sono di Giorgio Cacciabue

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Meni a fiàira ‘d drugia ch’a va bin. Cogià trames a soevache, dacant a ‘d buse, tavan e gratacuj, chiel asn’ampipa ëd la gènt ch’a passa. Monsù, madame,giovnòt e masnà ch’a van a spasgé arlong a col senté asë stopo la canapia an passandje dacant. E.....as peulsté ‘n sla fiusa; a fiàira për dabon!Lor-lì a son tute combricole ‘d sità, patachin con labiòca aùssa ch’as chërdo ‘d savèj tut, pròpe tut, machche, cò feje, a lor ël tanfi dlë stabi a-j dà fastudi. Ma aMeni a-j na ‘n fà gnanca na frisa, e sota col barbonbianch ‘me la fiòca ch’a-j quata ‘l moro, a ghigna, anvardand sti maramam color fodrëtta ch’a l’han ant ëlciò che ij montagnard a sio ‘d sëppa grum e badòla. Al’è bin vèj che Meni a l’ha ‘n sla gheuba ‘n vësso‘dprimavere e vàire ch’a sio gnun a lo sà, ch’a fiàira ‘ddrugia e a-j pias soens cimpé ‘n bon goblòt, tutun chiela l’é fàit parèj, ma a graté sota soa pleuja ‘n pòchgrossera a sponta n’òimo ch’a l’é tut àutr che torolo. Ijsò paisan a diso che: « chiel a l’era già parèj cand noii j’ero cit », e ch’a l’é:« pì vej che le pere‘d soa meison», le fomne, a men-o la bërtavela ‘n gir a dì che:« chiel-lì a l’é ‘n mascon, ‘n sarvan o giù da lì !» Ma cribio!magara ‘s ciarambé ch’a fan cole-lì a son tute tavanade,contut s’a-i é da fé ëd decòt con d’ërbagi, o varì ‘dmaladìe, o dcò dé ‘d consèj, antlora sò ciabòt a vènpes che na botega dlë spëssiari o na canònica. Parandvia tute se ciancie, a la fin- fin‘n trocion ëd vrità dòptut a-i deuv esse, comsëssia: a l’é franch vèj che Menia l’é n’òimo bon me l’eva santa, ch’a la sà longa ‘n slefàule montagnin-e e ‘n sj’erbe meisinòire, ma a l’édcò vèj che minca tant a l’é ‘n pòch dròlo.Chiel a viv ant na meison ch’a l’é pen-a pì dzora dlaborgià; ‘n ciabòt con në stabi vej me ‘l coco, fàit ëdlòse e bòsch e butà ‘n mes a’d bussonà ‘d prussèt egratacuj ch’as paro fin-a dnans a l’uss fasendje da tòpia.Peui tut d’anviron a-i é la dossa dëstendùa dël prà antéchiel a men-a ‘n pastura soe bes-ce. Pròpe ‘n mes a’sprà a-i è ‘n sentè ‘nté a passo tuti, foresté e montagnarde ch’a men-a su, an àuta montagna.

La vrità a l’é che a Meni a-j pias un vësso smicé lagent ch’a passa dë ‘dnans a sò ciabòt e lor-sì, prima opeui, cissà da cost òimo dròlo, a taco a ciancieje ‘nsemae vardè tut d’antorn ij sò travaj da graveur. E già, përchèchiel cand a và nen an pastura dle bes-ce, as seta a lasosta ‘d soa tòpia ‘d prussèt an cantërland ëd vejetiritere e a ‘ntaja baron ëd bòsch modland figure ‘dtute le sòrt. Ëd se sculture àute pen-a na spana a-i nason spatarà daspërtut, ‘ndrinta e fòra ‘d ca e a son pituràch’a smijo pen-a surtìe da le man ëd n’artista soagnà.Scasi a smijo vive se figure montagnin-e scurpìe ‘ntl’assion dël travaj e dacant, dcò ‘ntajà dal bòsch, a-ison ëdcò vàire bes-ce dla boschin-a servaja. Peui butà‘n sël bufé, an fila me ij najon an quarté, a fan gòjmach a vardeje na dosen-a ‘d fume con i fornej ëdbòsch modlà a teste d’òimo e bes-ce. Ij foresté a restoambajà dë dnans a tute se euvre soasìe, tant dadësmentiesse fin-a dël fiairor ch’as men-a apress ëlbàudro ëd ca.Ma Meni a l’é dcò bon ant la ciancia, visadì che canda-j taca dë mné la bërtavela a smija n’avocat e antlorala gent a lo scota sensa banfé. Peui an toca vëdde lagòj ch’a l’han ij fieuj, le fije e le masnà cand as setosota le stèile d’anviron a chiel, scotand a boca vertasoe conte. Meni a ciaciara con bon deuit, soa vos a sëspantja me a fussa ‘n giuss anmascà, tant che ‘d vire asmija ch’a ven-a da lontan, dal creus ëd la pinera, ‘ntéch’a-i son ij “sarvan”, ij folèt dij bòsch montagnin.Peui, cand la neuit as fà ’d caluso, la bela companìa asdësbela e ognidun as na và a soa ca content e sodisfàit.E a và anans parej fin ch’a fërniss l’istà, peui ij fieuj ej’anvod dij vej paisan e ij foresté as n’artorno ‘n sitàarpijand soe brighe e ij sò travaj. E ‘nt le vàire meisonëd la borgià montagnin-a a-i resto mach-pì sì quatr gata ten-e viv ës pais che na vira minca na fnestra a-i era‘n ciàir.Ij vej ëd la borgià a conto na drolarìa: a diso che candlor a j’ero masnà Meni a stasìa già ‘n col ciabòt a lasima dël pais, che a fiairava ‘d drugia da fé vnì mal,

La fàula ’d Menidi Carlo ELLENA

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ch’andasìa ‘n pastura, e antajava da‘d tòch ëd bòschfigure d’òimo e’d bes-ce; a la fin- fin a fasìa tut lònch’a fà al di d’ancheuj. Dzor pì Meni a canta vàiretiritere ant un patoà antich che gnun a’rconòss, peui aconta stòrie gabolose ‘d masche, ‘d folèt e’d sarvandij bòsch. Al prinsipi, ij vej paisan ch’a scotavo costeconte a-j ghignavo apress, ma peui a l’han scomensiàa chërdje, an ës-ciairand le drolarìe che l’òimo a fasìa.A-i é na stòria, che da ràir a dis, e ch’a l’é motobendròla, chiel a conta: «mè stranòm a l’é Meni, ch’asarìa-a-dì Domenico, përchè mi i son nà ‘d dumìnica,ël di che‘l Bàudro‘d tut a l’é arposasse dòp d’avèj finì‘d buté ‘nsema cost mond balòss. Na neuit ël PareEtern, pròpe Chiel caussà e vestì, a sponta al fond ëdmia bërlecia, an sopata për ij pé e an dis con na vosda fé strimì: Meni! scotme bin lòn ch’it dijo: i l’haisërnute fra tuj ij viton përchè it ses n’òimo‘d bon cheurch’a veul bin a sò pais e a soe gent montagnin-e, përchèit ses giust, a la bon-a, onest, e tut àutr che grum.Donca, i t’ordino e comando che cand a sarà vnù ‘lmoment adat, it ciamrai, antlora ti it dovras fé, con ëlmè agiut, n’euvra granda e moto bèn fiamenga përtoa gent e për toa tèra montagnarda. Aora it dagh lamia benedission e va anans pasi për toa stra, seghitapura a ‘ntajé dal bòsch figure ‘d gent e ‘d bes-ce,përche a l’è n’euvra bon-a che a sò temp a vnirà a taj».Meni a peul pa fé a meno’d confëssé che ‘n col momenta savìa pa se cola figura sbërlusenta ch’a-j parlavavardand-lo drit ant j’euj a l’era ‘n seugn o còs diavch’a fussa e pròpe për lòn a l’avìa dàit a tërmolé da lapàu an tal manera da ‘ngrumolisse me ‘n gramisseltacà a la tëstera dla bërlecia. Ancosta posission a l’era dësviassea la matin, con un buracio’dbòsch an man e tant mal a labiòca. Peui chiel tut stravirà, anvardand-se ‘nt ël specc, a l’erapì nen conossusse: soa caviera ela barba a l’ero vnue bianche mela fiòca.Da cola neuit a l’è passaje ‘nvësso d’ani, ma për Meni a smijache ‘l temp a sia fëmasse; chiel al’è pì nen ëvnu vej. A s’era sdass-ne ‘d costa drolarìa e tut sùbit al’avìa chërdù ch’a fussa stàit lësbaruv për cola neuit ëd pàu, mapeui a s’era dcò sdass-ne ch’a-jancapitavo ‘d fàit moto bendròlo, coma, tant për dine un, cheij sò buracio a lo vardeisso‘n

ghignand antramentre ch’a-j fasìa e peui sti-li a-j tro-vava mai ant l’istess pòst anté a l’avìa posaje; a la fin-fin a l’avìa fin-a gabolisà d’esse vnù fòl. Ebin, na sèirache ‘l pòvr òimo a l’avìa moto bin ij givo për tui si afésì, a l’é pròpe scapaje la pasiensa, antlora a l’ha dàitna pugnatà tremenda ‘n sla tàula an ciamand al PareEtern dë spiegassion ciàire për tute se drolarìe ch’a-jancapitavo. Peu dòp, për fè dësbeuje ’l tabach, a l’avìagargarisà na bon-a bota ‘d ross, tant da ‘ndess-ne peuia deurme bele rotond. Ma‘ntant ch’a ronfava dla pìbela, pròpe ant ël cheur dla neuit na vos a l’avìadësvìalo e chiel an duvertand j’ euj ‘n pòch tachiss përla sumia a s’era trovasse setà dacant, an sla broa dlabërlecia, ‘n bel cit ch’a-j parlava ‘nt n’orija ‘n disandjedosman: « Meni, tirte su e ven con mi», e a l’avìa pijaloper man portand-lo fòra ‘d ca.Ël pòvr òimo, strabucand, a l’era surtì apress a colamasnà e pen-a fòra la lus dël sol a l’avìa sbalucalo:«macome, a l’era nen neuit?»,a l’avìa gabolisà tra chiel echiel: sacocin, ëd bòt an blan a l’era di e pì nen neuit!Peui a j’ero calà giù ‘n pais e Meni, sempe tnù përman dal cit, a l’era stàit bele ‘mbajà da lòn ch’a vëddìa:na gran confusion ëd gènt, che cianciand con tant rabel,a’mpinìa le strà, le cort e le meison. Da ‘nté a l’eravnua tuta sa gent Meni a lo capìa pròpe pa, dcò përchèmach ël di anans ant ël pais a- i ero ij sòlit quatr gat.Comsissia Meni, an vardand da davzin se person-e, a-j ësmijavo nen ëd face neuve, cheicòs ëd lor-lì a l’era‘d famija. Antant ël cit a l’avìa mnalo‘nt na cort anté‘n montagnin, setà ‘nt un canton, a l’era ciapà a fè ‘dcavagne. Meni, vardand bin chiel-sì, a l’era stàit bele

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ambajà për la maravìa. Antlora anciapand ël cit për le spale e fissand-lo ant j’euj a l’avìa ciamaje con vostramolanta:«Ma ch’ it ses-to ti?».Ël cit a l’avìa vardalo sensarësponde, peui, sèmper ciuto, as’era tirasse aprés ël pòvr’òimo fin-a a soa meison, da ‘nté a j’ero surtì.Marciand arlongh la stra Meni apodìa pa gavesse da ‘nt la biòca colcavagné; chiel-lì a l’era franchmidem a na soa scultura ‘d bòsch!E ‘d sòn-sì a j’era bin sigur, ma dcòvaire ‘dj’àutre person-e ch’a l’avìavëddù a-j ësmijavo a’d soe scultu-re. A la finitiva a l’avìa gabolisà trachiel e chiel:« mi i son nen ëvnùtorolo tut d’un bòt e cost fiolòt, ch’adeuv esse stàit mandà dal Pare ‘dtut, a dovrà deme dë spiegassionpër tut lòn ch’an càpita ’n bele-si». E chiel-lì a l’avìadaje tut sùbit e moto bin ciaire le spiegassion! Ël fiolòta l’avìa fàit seté Meni tacà a la tàula an disandje ‘dvardè fòra dla fnestra e peui, parland con dosseur, al’avìa ‘ncomensià a conté na stòria. Meni, sbalucandij euj për la maravìa a l’avìa vëddù ant ël ciàir ëd lafnestra, man a man che ‘l cit a contava, score la stòria‘d soa vita da cand “cola neuit” ël Pare Etern a l’eravnù a campelo giù da la bërlecia. Tute soe assion, leciancie e ‘l travaj che Meni, come “Sarvan dij bòsch”,a l’avìa fàit, a j’ero passaje ant un sofi dnans a j’euj.Gavand chèich goblòt ëd tròp e na pipà minca tant,chiel a l’era sempe stàit n’òimo bon, na vòta ‘d pì dacand ‘l Pare Etern a s’era presentasse a deje d’òrdin,cambiand d’un bòt l’andura còtia ‘d soa vita. Meni al’avìa fàit lòn che ‘l “Pare ëd tut” a l’avìa comandà, e‘l cit, ch’a l’era un dij sòi Angej tirapé, a l’era vnù përël giudissi ‘d soa euvra e sareje ‘l cont. Tut a l’era fàitda bin e con bon deuit.Ant ël paìs ëd Meni a j’era ‘d bon-a gent, onesta,travajeura e amìa dle bes-ce e chiel a l’avìa savù butéarmonìa fra tuj. Tut a l’era pront përchè ël paìsartornèissa a vive con soa gent montagnin-a, e su ‘ntla pinera, dcò tute le bes-ce servaje ch’a fusso libere‘nt soa boschin-a.Antratant Meni, vardand-se ‘ntorn, con maravija a l’erasdass-ne che tute soe sculture ‘n bòsch a j’ero sparìee.... pròpe ‘n col moment, ‘d bòt, a l’avìa capì tut, al’avìa capì ‘l sens ch’a l’avìa daje ‘l Pare Etern a soaesistensa ant ël compiment ëd n’euvra parèj grandapër soa tèra montagnarda.

Come ‘nt na mascarìa dacant a chiel ël cit a j’era pìnen, a sò pòst ‘n vej montagnin con sach e baston e nabarba bianca ‘me la fiòca a lo vardava pasi, peui chiel-sì a s’era àussasse an disandje:«Adieu Meni, mè pòst al’é’n mes a costa gent, ël tò aora it sas anté a l’é,va!».An costi dì ‘d festa ‘l paìs a l’é pien ëd gent, vàire avan pì ‘n su, al fond ëd la mulatera, ‘nte ch’a-i é naveja ciaborna ch’a dòmina la borgià.A l’é mesa drocà, quatà da ronse e gratacuj, tutun ascapiss, trames se ruvin-e, che na vira dëdnans a l’usssfondà, a-i duvìa esse na bela tòpia ch’a soagnaval’intrada.Ma pen-a virà ‘l canton, bin piantà ‘n trames na raisura,a-i é na bela scoltura ‘n bòsch àuta ‘me n’òm, ch’afigura ’n vej montagnin drit me ‘n fus, con soa spëssabarba, sò sach e ‘l baston bin ës-ciass an man. A smijasquasi butà espress a fé da vardia a sa tèra ‘d mont etuta soa gent.Da pare ‘n fieul la gent dël pòst a conta na stòria: asdis che cola a j’era na meisun ëd mascarìe e che‘mbelelì a-i ëstasìa‘n bon “Sarvan dij bòsch”, ma che,va a savèj ‘l përchè o ‘l përcome, gnun as arcòrdad’avèjlo mai vëddù.Antratant, ant un leugh montagné ciamà Val Fiorìa,setà ‘nt un pra, a-i é ‘n viton con na longa barba e nacaviera bianche ‘me la fiòca, a l’é ‘n pastura ‘d soebes-ce e ‘ntant, subioland, a ‘ntaja na figura d’òimoda ‘n tòch ëd bòsch. Chiel-.si a fiàira dë stabi da fè vnìmal, e ‘nt la borgià a diso ch’a s’ësciama Meni e ch’al’é ‘n tipo ‘n pòch dròlo.....

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La relazione illustra l’attività svolta negli ultimi diecianni dalla Regione Piemonte in relazione alla realiz-zazione degli impianti con specie forestali nella pia-nura; non sono invece oggetto della presente esposi-zione gli interventi selvicolturali sui boschi planizialiesistenti.Gli impianti con specie arboree effettuati a partire dallametà degli anni Novanta hanno determinato un am-pliamento significativo della superficie forestale del-la pianura piemontese. Questa nel 1996 assommava acirca 51.000 ettari (Coaloa e Chiarabaglio, 2000), co-stituiti per un terzo da pioppeti e per due terzi da for-mazioni boschive, rispetto ai circa 900.000 dell’interasuperficie forestale regionale (stime progetto di Pia-nificazione Forestale Territoriale della Regione Pie-monte, in corso). In circa 7 anni, tra il 1995 ed il 2001,con vari strumenti ed il coordinamento di diverse strut-ture dell’amministrazione regionale, sono stati finan-ziati quasi 4500 ettari di impianti con specie forestali,dei quali poco più della metà a pioppeto, circa 1850ettari di arboricoltura da legno con latifoglie a lungociclo e oltre 300 di boschi seminaturali.

GLI INTERVENTI DI RINATURALIZZAZIONEGLI INTERVENTI DI RINATURALIZZAZIONEGLI INTERVENTI DI RINATURALIZZAZIONEGLI INTERVENTI DI RINATURALIZZAZIONEGLI INTERVENTI DI RINATURALIZZAZIONEIN AREA FLUVIALEIN AREA FLUVIALEIN AREA FLUVIALEIN AREA FLUVIALEIN AREA FLUVIALE

Tra gli impianti realizzati assumono una grande im-portanza dal punto di vista qualitativo gli interventi dirinaturalizzazione, ed in particolare di ricostituzionedel bosco planiziale, finanziati su proprietà pubblica(comunale o demaniale) dai settori Tutela Ambientalee Pianificazione Aree Protette della Regione Piemon-te. Particolarmente significativi i circa 60 ettari rea-lizzati nel tratto alessandrino-vercellese del Parco flu-viale del Po. L’Ente Parco, con la collaborazione del-l’Istituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura, ne-gli ultimi 5-6 anni ha sperimentato e messo a puntotecniche adatte agli agroecosistemi golenali, ambientidalle caratteristiche spesso ostiche alla riuscita degli

interventi di ricostituzione boschiva:- suoli a tessitura grossolana e quindi soggetti a perio-di di aridità estiva, particolarmente rischiosi per lespecie esigenti del querco-carpineto;- crescita rapidissima di vegetazione erbacea infe-stante;- fenomeni di esondazione frequenti, che danneggia-no gravemente le giovani piantagioni (inghiaiamentodei terreni, coricamento delle piantine) e rendono im-proponibile la pacciamatura.Tra i fattori determinanti per l’affermazione delle pian-tagioni:- l’utilizzo consistente di specie pioniere tipiche delbosco golenale, in particolare Populus alba e Populusnigra, peraltro a crescita decisamente più rapida ri-spetto a farnia, frassino e carpino;- l’adozione di tecniche efficaci per il contenimentodella vegetazione infestante nei primi anni dall’impian-to, con trinciatura negli interfilari eventualmente ac-compagnata da diserbo chimico localizzato;- la realizzazione di barriere vegetali con specie delgenere Salix, per la protezione degli impianti daglieffetti delle esondazioni.Tra gli obiettivi degli interventi la creazione di arboretida seme di Pioppo nero, specie autoctona tipica deiboschi riparali padani, a grave rischio di erosione ge-netica e scomparsa.

L’ATTUAZIONEL’ATTUAZIONEL’ATTUAZIONEL’ATTUAZIONEL’ATTUAZIONEDEL REGOLAMENTO 2080DEL REGOLAMENTO 2080DEL REGOLAMENTO 2080DEL REGOLAMENTO 2080DEL REGOLAMENTO 2080

Parlando di impianti con specie forestalisu terreni agricoli, nella seconda metàdegli anni Novanta è stato il Reg.CEE n. 2080/92 a far la parte delleone: in Piemonte circa 10.000ettari effettuati sull’intero terri-torio, per un finanziamentocomplessivo di quasi 42 milio-

RICERCA E SVILUPPORICERCA E SVILUPPORICERCA E SVILUPPORICERCA E SVILUPPORICERCA E SVILUPPONEGLI INTERVENTI FORESTALINEGLI INTERVENTI FORESTALINEGLI INTERVENTI FORESTALINEGLI INTERVENTI FORESTALINEGLI INTERVENTI FORESTALI

IN PIANURAIN PIANURAIN PIANURAIN PIANURAIN PIANURAdi Lorenzo CAMORIANO

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ni di Euro fino al 2001, erogato a oltre 3.000beneficiari.Passando ad analizzare la tipologia degli oltre 4.000ettari di piantagioni realizzate in pianura in attuazionedel regolamento comunitario, si ritiene opportuno for-nire alcuni dati ed illustrare un paio di casi relativi,rispettivamente, agli impianti destinati a bosco e agliarboreti con latifoglie di pregio a lungo ciclo, cioè gliinterventi che, per specie impiegate e per funzioniambientali (dirette o indirette) assolte, più si avvici-nano ai boschi seminaturali preesistenti.Gli interventi di ricostituzione del bosco planiziale,240 ettari in tutto, generalmente localizzati in AreeProtette, sono stati realizzati soprattutto da Enti pub-blici, purtroppo esclusi dai premi per la manutenzione(e per le perdite di reddito), e quindi svantaggiati ri-spetto ai privati nell’effettuare adeguate cure colturalinegli anni successivi all’impianto.Non è un caso che l’intervento più riuscito sia costitu-ito dai circa 25 ettari adiacenti al Bosco delle Sortidella Partecipanza di Trino (con i suoi 560 ettariaccorpati, uno dei più importanti “relitti” di selvaplaniziale padana), realizzati nell’omonima Area pro-tetta da un soggetto di natura privata, la quasi millenaria“Partecipanza dei Boschi”.Anche qui, come lungo il Po (distante pochi chilome-tri), uno dei maggiori problemi è risultato essere ilcontenimento della vegetazione erbacea: ma in un am-biente decisamente meno interessato dalle dinamichefluviali si sono confermati gli ottimi risultati dellapacciamatura in film plastico.A Trino si sono utilizzate le specie arboree tipiche delquerceto misto planiziale (compreso il Ciavardello),ma non arbusti, anche per il fatto che l’adiacente Bo-sco delle Sorti – classificato dalla Regione Piemontecome popolamento da seme per numerosissime spe-cie – è ricchissimo di specie arbustive che facilmentepotranno diffondersi nel nuovo popolamento.Le piantine sono state collocate in filari distanziati di4 m con andamento lievemente ondulato, e una densi-tà iniziale di 1500 ad ettaro che ha favorito un ottimosviluppo longitudinale della Farnia, mentre la rapidacopertura degli interfilari porta a prevedere la neces-sità di un primo diradamento intorno ai 10 anni di età.Le cure colturali comprendono la potatura di alcunecentinaia di piante ad ettaro di specie principali, coe-rentemente al fatto che le aspettative della proprietànei confronti dell’imboschimento sono anche di ca-rattere economico.La superficie investita ad arboricoltura da legno conlatifoglie di pregio a ciclo medio-lungo, 1860 ettari in

tutto in pianura, risulta distribuita in ben 568 impianti,per quasi il 60% dei casi inferiori ai 2 ettari, per menodel 20% superiori ai 5 ettari.Non mancano però realizzazioni di superficie consi-stente, le quali, se localizzate in aree a scarsa naturalitàpossono avere un notevole impatto a livello di miglio-ramento dell’ecosistema e del paesaggio.A questo proposito l’esempio più importante è pro-babilmente il complesso di circa 150 ettari di impiantimisti a prevalenza di specie autoctone intorno alla cit-tà di Novara, piantagioni realizzate in aziende agrico-le che all’obiettivo produttivo affiancano già adessoun indubbio ruolo nella ricostituzione della rete eco-logica e di “polmone verde” per la popolazione urba-na. Negli impianti, di superficie unitaria pari a 20-30ha, sono state impiegate fino a 10 specie, scelte tra leseguenti a seconda delle caratteristiche dei suoli: Fras-sino maggiore, Ciliegio, noci come specie principali,accompagnate da aceri, querce, Tiglio cordato,Liriodendro con funzione di specie ”paracadute”,Ontano nero e in piccola quantità Paulownia comeaccessorie.

Figura 1. Boschi preesistenti e impianti Reg. CEE2080/92 con latifoglie di pregio in provincia di Novara.

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LA RICERCA E LA DIVULGAZIONELA RICERCA E LA DIVULGAZIONELA RICERCA E LA DIVULGAZIONELA RICERCA E LA DIVULGAZIONELA RICERCA E LA DIVULGAZIONE

Pur sbilanciate nettamente verso l’arboricoltura, lequantità realizzate col Reg. CEE 2080/92 in Piemontepaiono soddisfacenti, se paragonate con gli obiettiviiniziali e confrontate con le realizzazioni delle altreRegioni italiane (Colletti, 2001).Esaminando invece la qualità delle realizzazioni, vasottolineato che, in particolare nei primi anni, hannopesato problemi di non poco conto, e in particolare: ladifficoltà di reperire materiale vivaistico adeguato –per quantità, qualità e provenienza - di latifoglieautoctone, le conoscenze insufficienti su specie arboreeed ambienti in cui effettuare gli interventi, la mancan-za di esperienza su come progettare, realizzare e ge-stire razionalmente gli arboreti di pregio.Proprio in tali ambiti l’Assessorato Politiche per laMontagna e Foreste della Regione Piemonte ha quin-di promosso attività - man mano più significative - diricerca esperimentazione, coinvolgendo l’Istituto perle Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA) di Torino,l’Università di Torino (d’ora in poi Università) e l’Isti-tuto Sperimentale per la Selvicoltura (ISS) di Arezzo .Di seguito se ne riporta una sintetica illustrazione.

Tutela e valorizzazione del materiale vivaistico diprovenienza locale.L’attività ha inizio nel 1995: da una parte una ricercainterdisciplinare dell’Università sui popolamenti daseme di Faggio, dall’altra uno studio dell’IPLA – conle prime indicazioni su possibili località di raccoltadel seme – su oltre 80 specie arboree ed arbustiveautoctone del Piemonte.Nel 1996 nasce il Gruppo di lavoro interregionaleBIO.FOR.V. (Biodiversità e vivaistica forestale): ilconfronto in questa sede stimola la messa a punto diun progetto decisamente più organico, che siconcretizza nel giro di pochi anni con l’individuazionesul territorio piemontese, a cura dell’IPLA, dipopolamenti ed aree di raccolta del seme per tutte lespecie arboree ed arbustive autoctone utilizzabili ininterventi di arboricoltura da legno, rimboschimentoe ripristino ambientale (Terzuolo et al., 2002).Un lavoro peraltro affiancato dagli studi dell’Univer-sità: per alcune specie arboree principali su suoli,dendrometria, tecnologia del legno; per una decina dispecie – da ultimo il Noce comune - sulle caratteristi-che genetiche dei diversi popolamenti (Belletti, 2000).Tra il 2000 ed il 2003 la Direzione Economia Monta-na e Foreste approva ufficialmente tre successivi elen-chi aggiornati dei popolamenti e delle aree per la rac-

colta delle sementi forestali (l’ultimo con D.D. n. 447del 17.6.2003), nel 2002 vengono realizzati i primiimpianti comparativi di provenienze (farnia e rovere)ed il primo arboreto da seme (ciavardello), coinvol-gendo anche Università di Firenze ed ISS di Arezzo.

Studio delle caratteristiche degli ambienti in cuieffettuare gli impianti, e conoscenza delle esigenzedelle specie da utilizzare.Ricerche specifiche sugli ambienti di potenziale rea-lizzazione delle piantagioni con specie forestali sonostate effettuate dall’IPLA a partire dal 1999, a scalaregionale e sovracomunale (cartografie a scala1:250.000 – 1:50.000), considerando informazioni siadi carattere stazionale, a cominciare dai suoli, sia dicarattere naturalistico e normativo (presenza di boschi,fiumi, Aree protette, etc.).Nell’ultimo anno, in collegamento con l’inizio nel 2002della Pianificazione forestale territoriale in pianura, siè giunti definire una metodologia di individuazionedelle priorità per l’arboricoltura da legno in aree agri-cole, cercando di tener presenti due differenti obietti-vi: da una parte mantenere le terre migliori per l’agri-coltura – incentivando però la creazione oricostituzione di filari e siepi, dall’altra massimizzarela produzione di legno dai nuovi impianti.In ogni caso escludendo dalle piantagioni gliagroecosistemi planiziali da tutelare per l’elevato va-lore paesaggistico e ambientale, come i prati stabili.Per quel che riguarda la conoscenza delle specieutilizzabili negli impianti, nell’autunno 2002 è uscitoil manuale “Alberi e arbusti - guida alle specie sponta-nee del Piemonte”.

Progettazione, realizzazione e gestione degli impian-ti di arboricoltura da legno con latifoglie di pregio. Fin dal 1995-96 sono state avviate iniziative di ag-giornamento tecnico ed informazione (viaggi di stu-dio, giornate dimostrative), e si è lavorato alla reda-zione di un manuale, “Arboricoltura da legno - guidaalla realizzazione e gestione degli impianti”.Dal 1999 l’approccio è divenuto più sistematico, conl’approvazione di un organico progetto disperimentazione e divulgazione su progettazione, ge-stione e realizzazione degli arboreti di pregio, affidatoall’ISS di Arezzo e all’Università di Torino, e conclu-so da alcuni mesi.Il risultato più importante di tale progetto è la creazio-ne di una rete di impianti sperimentali e dimostrativi(circa 25 in tutto), che dovrebbe essere anche nei pros-simi anni un importante riferimento sul territorio pie-

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montese per la messa a punto e la divulgazione di tec-niche razionali di progettazione, realizzazione e ge-stione di piantagioni con latifoglie di pregio.Non meno importante, nei 3 anni del progetto, è statala creazione di un gruppo di lavoro costituito dai sog-getti che a vario titolo hanno partecipato al progetto:ricercatori, imprenditori agricoli, tecnici liberi profes-

sionisti e delle associazioni agricole, funzionari regio-nali e delle Comunità Montane.Infatti è anche dal confronto “sul campo” che sonoemerse le necessità di migliorare la normativa regio-nale di attuazione dei regolamenti comunitarisull’imboschimento dei terreni agricoli, con spuntiimportanti per definire i contenuti tecnici del bando2003 della Misura H del Piano di Sviluppo Rurale(PSR), che contempla nuovamente gli impianti diarboricoltura a ciclo medio-lungo.Per concludere, considerando quanto realizzato in Pie-monte e più in generale in Italia negli ultimi 10 anni,si fanno alcune proposte, che in realtà interessano l’in-tero comparto “imboschimento” dei terreni agricoli,dalle piantagioni con indirizzo bosco all’arboricolturada legno (sia a lungo che a breve ciclo), e l’intero ter-

ritorio piemontese, considerando che il regolamento2080 – in particolare per gli impianti con latifoglie dipregio - ha avuto un impatto notevole nelle areecollinari e non trascurabile nelle zone montane.Per quanto riguarda lo sviluppo degli impianti conspecie forestali, sarà importante non tanto realizzaresuperfici molto estese, quanto finanziare gli interventi

Figura 2: Giornata dimosttrativaProgettazionee gestione degli impianti con latifoglie di pregio.

con continuità e in aree realmente prioritarie dal pun-to di vista sia agricolo che ecologico, tramite una ra-zionale pianificazione degli “imboschimenti” a livel-lo territoriale.Parallelamente appare di fondamentale importanzaproseguire le attività di ricerca e divulgazione, poten-ziando anche in tale ambito la collaborazione tra leamministrazioni interessate, in primo luogo le Re-gioni.I finanziamenti per nuovi impianti contemplati dal PSRpiemontese puntano sulla qualità delle realizzazioniche potrà risultare sensibilmente migliore, soprattuttose l’attività di ricerca e divulgazione finora svolta dal-la Regione sarà solo una tappa nella acquisizione diconoscenze tecnico-scientifiche e nella loro diffusio-ne a chi quotidianamente opera sul territorio.

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BIBLIOGRAFIA

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