QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique...

812
ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 1

Transcript of QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique...

Page 1: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

QUADERNI DEL TRENTENNALE1975-2005

8

1

Page 2: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

2

Page 3: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

TRENT’ANNI DI PRESENZANEL MONDO

PALAZZO SERRA DI CASSANO

VIA MONTE DI DIO, 14 - NAPOLI

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

Page 4: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

A cura di Antonio Gargano, Segretario generale dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

© Istituto Italiano per gli Studi FilosoficiPalazzo Serra di CassanoNapoli - Via Monte di Dio, 14

4

Page 5: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

A Giovanni Pugliese Carratelli e Tullio Gregoryche hanno apertoall’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficile vie del tempo e dello spazio

5

Page 6: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

6

Page 7: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

INDICE

Antonio Gargano, Premessa. Dal Calascione al mondo 13Gerardo Marotta, Un portone aperto al mondo 25

EUROPA

Girolamo Cotroneo, Domani l’Europa 39Vittorio Hösle, Gli errori dell’Europa 56Egon Alfred Klepsch, Culture nazionali e spirito dell’Europa 60Aldo Masullo, L’Europa e la filosofia 67Giovanni Moretto, Una religione libera per l’Europa 80Carlo Sini, Etica per l’Europa 94Sergio Zoppi, I Sud d’Europa 104

REGNO UNITO

Joseph B. Trapp, Aby Warbuy e la sua biblioteca 119Charles B. Schmitt, La funzione internazionale dell’Istituto Italiano

per gli Studi Filosofici 135

PORTOGALLO

Maria Teresa Gonçalves dos Santos, Sara Maria de Azevedo,Sousa Marques Pereira, Eleonora de Fonseca Pimentel laportoghese di Napoli 141

SPAGNA

Armando Savignano, Il pensiero spagnolo del Novecento 151

7

Page 8: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FRANCIA

Jacques Derrida, Napoli e la filosofia 167Marc Fumaroli, Omaggio a Gerardo Marotta 173Yves Hersant, Un progetto politico e un’idea concreta della ricerca 182

OLANDA

Mario Agrimi, Europa e Paesi Bassi 195

GERMANIA

Hans-Georg Gadamer, Appello per l’Europa 209Otto Pöggeler, Giambattista Vico nella ricezione tedesca 214

AUSTRIA

Mariangela Isacchini, La mostra delle pubblicazioni nellaBiblioteca Nazionale di Vienna 225

REPUBBLICA CECA

Ivan Chvatík, Jan Patocvka sulla crisi dell’Europa 231

SCANDINAVIA

Jean François Battail, Sguardo sulla storia delle idee e della cultura svedese 247

RUSSIA

Georgij M. Fridlender, Aspetti filosofici della letteratura russa 271

8

Page 9: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

UNGHERIA

Péter Sárközy, Croce su Attila József, József su Benedetto Croce 291

ROMANIA

Stefan Delureanu, Risorgimento italiano e Risorgimento romeno 307

BULGARIA

Stefano Dell’Aglio, La Bulgaria: l’oriente e l’occidente d’Europa 319

GRECIA

Gianni Korinthios, I liberali napoletani e la Rivoluzione greca 329

AFRICA

Abdoulaye E. Kane, Sulla presunta particolarità dei valoritradizionali africani 343

L. J. Bonny Duala M’bedy, Sull’identità africana 350

VICINO ORIENTE

Sergio Donadoni, L’Egitto antico 363Luigi Cagni, La civiltà dei Babilonesi e degli Assiri 365Jacques Duchesne-Guillemin, La teologia dell’Iran antico 370Giovanni Garbini, I Fenici 376Paolo Sacchi, Il giudaismo del Secondo Tempio 380Alfonso Archi, Ebla e la formazione della società urbana arcaica

in Siria 385Fiorella Imparati, La civiltà dell’Anatolia 389

9

Page 10: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Cristina D’Ancona Costa, L’eredità tardo-antica e la culturadegli Arabi 394

Clelia Sarnelli Cerqua, La civiltà islamica e le scienze 404Maria Vittoria Fontana, L’architettura islamica lungo le vie

carovaniere 420Boghos Levon Zekiyan, Gli Armeni in Italia 436Imre Toth, La condizione ebraica e il suo posto nella storia 448

INDIA

E. C. G. Sudarshan, Scienza e tradizione. La ricchezza della diversità 463Josef Prabhu, Gandhi, la globalizzazione e una cultura della pace 469

ESTREMO ORIENTE

Bruno Forte, Cristianesimo e Cina: una sfida culturale reciproca 487Adolfo Tamburello, Il pensiero dell’Asia Orientale 492Paolo Villani, Il confucianesimo 495Paolo Villani, Il taoismo dalla Cina al Giappone 511Paolo Villani, Il buddismo. L’arrivo in Cina e in Giappone

di una religione universalista 519Steffi Richter, Ripensare la modernità in Giappone 539

OCEANIA

Gaetano Rando, La letteratura australiana contemporanea 559Valentina Rastelli, La filosofia in Nuova Zelanda 581

AMERICA SETTENTRIONALE

CANADA

Henry S. Harris, Nella tradizione di Vico e di Croce 589Rita Melillo, La filosofia nel Canada 592

10

Page 11: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

STATI UNITI

Robert B. Brandom, Pragmatismo americano e metafisica hegeliana 615John A. Davis, L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici grande centro

culturale europeo 621Adolf Grünbaum, Problemi epistemologici della psicanalisi 630

AMERICA LATINA

Enrique Dussel, L’occultamento dell’ “Altro” 637Carl Hermann Middelanis, La protesta umanistica in Las Casas 641Néstor García Canclini, Contraddizioni latino-americane: moderno

senza modernizzazione? 647Marco Magrassi, Guatemala. Storia e prospettive del popolo maya 665Ernesto Mayz Vallenilla, L’università latinoamericana 672Fernando J. Devoto, Le migrazioni italiane in Argentina 682Ernesto Grassi, Il Brasile 699Ernesto Grassi, Il Cile 715

O.N.U.

Paul Oskar Kristeller, Appello alle Nazioni Unite 725

EDIZIONI DI CLASSICI ITALIANI IN LINGUE STRANIERE

A CURA DELL’ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI 729

SEMINARI, CORSI DI LEZIONI E CONVEGNI ALL’ESTERO 737

11

Page 12: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

12

Page 13: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

PremessaDal Calascione al mondo

ANTONIO GARGANO

Segretario generale dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Conobbi l’avvocato Gerardo Marotta nel 1975. Correvain alcuni ambienti cittadini la leggenda della sua sterminataraccolta di libri di filosofia e della sua passione per l’uma-nesimo. L’amico Vincenzo Moreno mi fece sapere che l’av-vocato cercava giovani laureati in filosofia che potesseroaiutare nel riordino di raccolte di volumi e riviste acquistatein tutt’Europa: montagne di libri in continuo accresci-mento in arrivo da ogni casa editrice italiana, da antiquarifrancesi, da librai tedeschi. Al primo contatto con la casa-biblioteca di viale Calascione e con gli innumerevoli scanti-nati zeppi di migliaia di casse e scatole di libri ebbi subitol’impressione che lí stesse nascendo qualcosa e che sipotesse fare qualcosa di utile agli studi. La conoscenza dellapersona di Gerardo Marotta mi diede l’immediata convin-zione che la filosofia era una cosa seria e reale, che nonavevo sprecato il mio tempo negli anni d’università, gliultimi anni Sessanta nei quali, se negli atenei era balenatala possibilità di un’incidenza della ragione sul mondo, erastato solo per qualche sussulto del movimento studentesco,mentre l’atmosfera delle facoltà era quella di prima e didopo quegli anni: lo spegnimento degli entusiasmi, il dis-orientamento delle intelligenze, l’impressione della vanità,l’indirizzarsi verso specialismi e carrierismi di chi era piú

13

Page 14: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

propenso ad adattarsi ai ritmi e alle modalità della vitaaccademica.

Ben diverso era il genius loci del Calascione. Lí non siavvertiva la stanchezza della ripetizione dell’amministra-zione tronfia e insieme disillusa di quello che c’è. Quei libriraccolti con amore, con competenza, con generosità eranogià di per sé indizio di una visione di ampi orizzonti, nutritadi grandi speranze, quelle stesse grandi speranze che,impennatesi come una fiammata nell’immediato dopo-guerra fra i giovani che frequentavano la casa di BenedettoCroce o discutevano con uomini leggendari come RenatoCaccioppoli e Guido Piegari, si erano andate spegnendo infretta, a Napoli come in tutt’Europa, mentre la ragione e lacultura ancora una volta venivano separate da una politicache abbandonava i piani ideali per diventare arte di com-promesso e di mediazione, se non bruto esercizio di potereper fini particolari e da un’accademia sempre piú sterile,che si condannava da se stessa a non esercitare alcun ruolonell’indicare vie di progresso al corpo sociale e a perpe-tuarsi stancamente in discepoli sempre piú miopi, confor-misti e votati al carrierismo.

A dirigere il riordino e la catalogazione della bibliotecac’era un uomo di un sapere sconfinato quanto la sua mode-stia, Franco Pugliese Carratelli, le cui conoscenze storiche efilologiche, non solo relative alla cultura europea, maanche a quelle slava, ebraica, araba, orientale non finivanodi stupirmi. Editori e stampatori del Seicento e delSettecento non avevano per lui segreti. Quante volte unlibro, che magari in un’antica legatura ne celava un altro,diventava per lui lo spunto per una vera e propria lezione distoria e di biblioteconomia!

14

Page 15: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Già il fatto che l’avvocato Marotta avesse raccolto unatale quantità di libri importanti per creare un formidabilestrumento di ricerca umanistica ci sembrava qualche cosa dieccezionale e per la quale valeva la pena di dedicare tutto iltempo e l’attenzione possibili, anche se non ci si riusciva aimmaginare come, quando, da chi e in quali condizioniquello sterminato materiale librario sarebbe stato utilizzato.La biblioteca di viale Calascione già cosí era qualcosa diveramente significativo, era viva, era una presenza forte,anche se ancora silente, nella città. Ma questo non era nep-pure ancora l’inizio. Mai avrei immaginato che quell’an-golo poco noto e un po’ appartato di Napoli sarebbe, in untempo incredibilmente breve, diventato uno dei centridella filosofia mondiale.

Gerardo Marotta ci annunciò con soddisfazione cheaveva ceduto alle cortesi insistenze di Enrico Cerulli, alloraPresidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, e avevaaccelerato la fondazione, intorno alla biblioteca, di unIstituto che, per analogia con quello fondato da BenedettoCroce, aveva chiamato “per gli studi filosofici”, sia pur dopoqualche indugio: la prima idea era stata di dedicarlo aBertrando Spaventa. Alla cerimonia di fondazione, avve-nuta in Roma presso l’Accademia dei Lincei, avevano presoparte, oltre al professor Cerulli, Elena Croce, PietroPiovani, Giovanni Pugliese Carratelli. La notizia ci fece pia-cere, ci incuriosí, ma continuammo a schedare libri: ce n’e-rano ancora svariate decine di migliaia da catalogare.Pensavamo che sarebbe andata cosí ancora per anni, con gliscatoloni e le casse che venivano portati su dagli scantinati,i continui arrivi di nuove forniture, la pazienza della genti-lissima signora Emilia messa sempre piú a dura prova a

15

Page 16: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mano a mano che si estendeva la presenza sempre piú indi-screta dei libri in ogni possibile angolo di casa Marotta, ivolumi schedati che venivano collocati negli scaffali dellabella libreria murattiana o riportati giú in altri scantinati.

Poi la svolta che doveva portare in poco tempo il mondonel Calascione: il 2 ottobre 1976, tra lo stupore e, miricordo, anche l’orgoglio della Napoli colta e intelligente, isaloni si aprirono al pubblico per la prima conferenza,quella di Norberto Bobbio su: “La teoria delle forme politi-che e Giambattista Vico”.

Con tenacia, sormontando difficoltà e ostacoli che toglie-rebbero coraggio a chiunque, Gerardo Marotta, imponeall’Istituto un ritmo possente per realizzazioni sempre piúsignificative, per l’ampliamento dei referenti scientificidell’Istituto, per l’arricchimento delle scuole di pensiero edelle competenze disciplinari che interagiscono conl’Istituto, per il moltiplicarsi dei fruitori delle iniziativedell’Istituto: giovani laureati, ricercatori, docenti, professio-nisti, studenti, cittadini di ogni strato sociale. Migliaia emigliaia di persone attingono alle esperienze intellettuali diogni parte del mondo che vengono presentate prima “alCalascione”, poi, dal 1984, in Palazzo Serra di Cassano. E daNapoli, l’Istituto organizza per i giovani laureati italianiseminari e poi convegni presso le maggiori università euro-pee. Dal Calascione al mondo.

Nel 1979 l’incontro con Hans-Georg Gadamer, il qualeentra nel Comitato scientifico dell’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici, tiene i suoi corsi fin dal primo anno acca-demico alla Scuola di Studi Superiori in Napoli e rappre-senta l’elemento di continuità fra tanto alternarsi di maestriche si avvicendano nel tenervi lezione. Egli profonde ogni

16

Page 17: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

volta, nel confronto con i giovani, che da tutt’Italia vengonoad ascoltarlo, un’energia e un entusiasmo sorprendenti,che fanno pensare a quanto Platone diceva della inegua-gliabile resistenza di Socrate al confronto dialettico, dellasua capacità di continuare serenamente a conversarequando negli interlocutori prendeva il sopravvento la stan-chezza, animato come era dalla tensione ad ampliare gliorizzonti di verità attraverso il dialogo.

Filosofia significa prima di tutto qualcosa di opposto alladominante tendenza a costringere le prospettive dell’esi-stenza umana entro limiti angusti. Essa implica sempreun’ansia di superamento, una tensione ad andare al di là diquello che c’è, una perenne, feconda inquietudine, unatteggiamento di critica permanente e inflessibile dellabanalità, dell’accidentalità: questa l’impronta feconda cheviene all’Istituto dall’incontro fra Hans-Georg Gadamer eGerardo Marotta. Si ritrovano le ragioni autentiche del filo-sofare, e si procede sempre oltre, tra l’entusiasmo dei gio-vani e lo stupore attonito, a volte l’ostilità, di chi credeva dipoter in eterno amministrare la filosofia come sapere spe-cialistico e separato.

Nel 1981 l’inizio delle attività della Scuola di StudiSuperiori affidata alla direzione di Tullio Gregory e alla cuivita danno contributi Eugenio Garin, Luigi Firpo, YvonBelaval, Charles Schmitt, Konrad Gaiser, Otto Pöggeler,Paul Dibon, Paul Oskar Kristeller, René Roques, XavierTilliette, Karl-Otto Apel, Mario Dal Pra, Jacques Roger, I.Bernard Cohen, Pierre Costabel, Paul Ricoeur, Daniel P.Walker, Henri-Jean Martin, Adriaan Peperzak, GustavoCosta, Dieter Henrich, Valerio Verra, Olivier René Bloch,Hans-Joachim Krämer, Robert Shackleton, Jean Starobinski,

17

Page 18: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Reinhard Lauth, Charles Davis, Jean Ehrard, AlistairCrombie, Wolfhart Pannenberg, Marc Fumaroli… La cappastagnante del provincialismo è spezzata: i giovani napole-tani e italiani hanno come interlocutori i massimi esponentidella cultura filosofica e umanistica mondiale.

E poi l’apertura di un ampio settore di iniziative nelcampo delle scienze. «Non è possibile che le ragioni unita-rie della cultura, le esigenze d’insieme del mondo delsapere siano lasciate cadere. Anche oggi, come e forse piúche nel passato, resta essenziale per l’avvenire che filosofiae scienze ritrovino la possibilità di dialogo e di comunica-zione che segnò i tempi d’origine della cultura moderna»,afferma Gerardo Marotta. Fisici e biologi si alternano neisaloni di Palazzo Serra di Cassano, saloni trasformati in pre-stigiose aule animate da attentissimi uditori. Ai maggioripensatori dell’epoca, da Hans-Georg Gadamer a KarlPopper, in queste aule si alternano i premi Nobel da IlyaPrigogine a Steven Weinberg, da Emilio Segrè a CarloRubbia.

Alla ricognizione completa di tutte le maggiori scuole e deipiú attivi centri di ricerca filosofica in Europa, fino a giungerealla formazione di una rete permanente di scambi e di con-tatti, si affianca lo sforzo di mettere in contatto i giovani anchecon le esperienze culturali del Vicino, Medio ed EstremoOriente. Con il coordinamento di Giovanni PuglieseCarratelli e con i contributi di valenti esperti quali SergioDonadoni, Luigi Cagni, Jacques Duchesne-Gullemin,Giovanni Garbini, Paolo Sacchi, Alfonso Archi, FiorellaImparati, Edda Bresciani, Horst Klengel, Paul Garelli, SedatAlp, Jean Leclant, Vincenzo La Rosa, Otto Edzard, Hans G.Güterbock, Wilhelm Gernot viene compiuta un’esaustiva rico-

18

Page 19: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

gnizione delle civiltà del Vicino Oriente antico, mentreMassimiliano Pavan dirige i convegni e la serie di volumi suipercorsi della cultura classica nelle lingue del Vicino Oriente.

Nel 1991 Francesco Gabrieli teneva dieci memorabililezioni sul tema “Gli Arabi in Italia” e negli anni successiviKhaled Fouad Allam proponeva ai borsisti dell’Istituto unapanoramica della filosofia dell’Islam contemporaneo.

Seminari sulle filosofie dell’India vengono tenuti daCharles Malamoud, André Padoux, Michel Hulin, GuyBugault, mentre l’Istituto collabora strettamente conl’Istituto Universitario Orientale e col suo rettore MaurizioTaddei per incrementare contatti e scambi con la culturaindiana e si rende promotore nel 1985 a Bologna, con altreistituzioni italiane attente al mondo orientale, di un memo-rabile convegno internazionale di studi buddhisti, coordi-nato con grande dedizione da Amalia Pezzali.

Con un lungo lavoro vengono intessuti rapporti conl’Accademia Cinese di Scienze Sociali. Studiosi cinesi ven-gono favoriti nelle ricerche sul pensiero italiano daMachiavelli a Gramsci e finalmente si approda all’edizionein lingua cinese del Candelaio di Giordano Bruno, chericeve un’accoglienza tanto interessata ed entusiastica dadivenire punto di partenza per un’edizione di tutti i dialo-ghi italiani di Bruno in cinese. Nel 1994 membridell’Accademia di Pechino tenevano all’Istituto un corso dilezioni sulle filosofie tradizionali cinesi. I seminari di PaoloVillani sul pensiero dell’Asia Orientale, raccolti in un ele-gante volumetto, ricevevano la prefazione di AdolfoTamburello. Nel 1997 l’eminente teologo Bruno Forteteneva, per iniziativa dell’Istituto, una serie di lezioni sultema “Cristianesimo e culture dell’Occidente” presso

19

Page 20: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

numerose accademie e università della RepubblicaPopolare Cinese e svolgeva un seminario anche presso ilCentro Studi dell’Ufficio per gli Affari Religiosi delConsiglio di Stato, accolto con grande interesse da membridel governo cinese. Cosí Bruno Forte concludeva un suorapporto su questa importante “ambasciata”: «L’accoglienzaricevuta dappertutto è stata estremamente positiva: lí dovel’invito al pubblico era stato fatto, la partecipazione deglistudenti universitari è stata impressionante per numero eper interesse, dimostrato anche da domande numerose epertinenti. Segnale, questo, dell’enorme risveglio di inte-resse per le questioni ultime, e quindi anche religiose, chec’è in Cina, specialmente fra i giovani. L’impressione cheresta è che, da parte dei giovani e degli uomini di cultural’interesse alle religioni e al cristianesimo in particolare èreale e positivamente orientato, fra gli uomini del Partitopersistono concezioni che sembrano legate anche a unaconoscenza non sufficientemente approfondita del Con-cilio Vaticano II e delle sue indicazioni teologico-pastorali:cosí, ad esempio, il valore dell’inculturazione della fede èuna delle conseguenze del messaggio del Concilio, chepotrebbe avere in Cina enormi conseguenze. Anche perquesto c’è da augurarsi che iniziative di scambi culturalicome quella da me vissuta possano ripetersi e approfon-dirsi: il primo passo per costruire un futuro comune sta nelconoscersi e nel rispettarsi, senza nascondere le differenze,ma anche senza restare bloccati da pregiudizi e paure».

Ma l’impulso dato da Gerardo Marotta ai contatti con leculture orientali non si limita alle iniziative e agli scambi suipatrimoni classici di India, Cina e Giappone. Fin “dai tempidel Calascione” fisici indiani, eredi anche di una grande tra-

20

Page 21: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dizione umanistica, hanno tenuto brillanti seminari sulpensiero filosofico e scientifico e E.C.G. Sudarshan, lo stu-dioso piú eminente del gruppo, entrato a far parte delComitato Scientifico dell’Istituto si prodiga in suggestivi eimportanti consigli per seminari e convegni non solo difisica.

Hiroomi Umezawa, il grande scienziato giapponese,introdotto per la prima volta nelle sale di viale Calascionedall’indimenticabile Eduardo Caianiello, entrò subito insintonia con la linea scientifico-culturale dell’Istituto, cheha poi pubblicato un’importante raccolta di suoi scritti.

La prontezza con cui l’avvocato Marotta colse l’opportu-nità di favorire un incontro internazionale di fisica ai mas-simi livelli nei contesi territori del Sinai con la partecipa-zione di scienziati israeliani, palestinesi e di varienazionalità arabe gli valse il conferimento, a Torino, deltitolo di “Artigiano della pace”, insieme con Sergio Fubini eTullio Regge, che quel convegno avevano guidato.

Da ormai trent’anni l’Istituto opera per raccogliere lemigliori forze giovanili e i piú generosi intelletti intornoalle piú feconde conquiste del pensiero europeo per fron-teggiare anni difficili e incerti, carichi di rischi per la vitaintellettuale e per l’intera vita civile. Un compito immane,un’esigenza ineludibile. Per dare un contributo in questadirezione l’Istituto ha fatto ricorso ai piú prestigiosi uominidi cultura d’Europa, facendo in modo che il loro insegna-mento e la loro esperienza raggiungessero i giovani cheindirizzano la loro esistenza sulle strade della ricerca scien-tifica e degli studi severi. Centinaia di seminari, corsi dilezioni, convegni a Napoli e in tutta Europa, in collabora-zione con le maggiori università e istituzioni culturali.

21

Page 22: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Centinaia di borse di studio per i corsi a Parigi, Londra,Tubinga, Austin, Monaco, Francoforte, Amburgo, Cam-bridge, Barcellona. Centinaia di ricerche in corso e centi-naia di ricerche felicemente concluse e stampate in volumiche destano l’attenzione dell’Europa colta.

Un’attività instancabile e che affronta continue difficoltà.Non ultima, quella di finanziamenti che coprono in percen-tuale del tutto inadeguata le esigenze crescenti che comportail tenere in vita questo servizio reso alla città di Napoli e alPaese. Un’attività instancabile che è sorretta in prima istanzadalla dedizione al bene di un cittadino di Napoli e dall’entu-siasmo che egli è riuscito a creare intorno a sé, quasi a dareconcreta testimonianza della veridicità delle parole diBenedetto Croce: «Agli uomini di buona volontà non riescein nessun momento impossibile di compiere opera beneficadi civiltà e d’innalzamento morale, in un modo o in un altro,in una misura piú o meno grande, in cerchia piú o menolarga, direttamente o indirettamente, con la persuasione ocon l’autorità, con quella ingegnosità di mezzi e di espedientiche la buona volontà non manca di suggerire».

Un’attività instancabile, continua, sempre piú articolata.Al confronto con la stagnazione e la neghittosità, con l’at-teggiamento di rinuncia che sembra ormai stabilmenteinsediato nel cuore degli intellettuali che hanno abiurato ailoro compiti, può sembrare financo un’attività di irrequietaintensità. Ma ancora una volta è la risposta a esigenze ogget-tive, alla disperata fame di cultura e di piú respirabile ariacivile, nella dilagante barbarie, di cui avvertono l’esigenza icittadini di questa antica e nobile terra che fu la MagnaGrecia, la risposta a esigenze oggettive del Paese, la rispostaa un altro monito crociano, quello di mettere «tutto noi

22

Page 23: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

stessi a non lasciar sfuggire occasione né perdere mezzoalcuno per far cose utili e buone, che concorrano al civileavanzamento».

In quest’opera l’Istituto è confortato dall’apporto ditanti uomini di cultura e scienziati che collaborano alle sueattività, dalla rispondenza che i suoi appelli trovano in tanteistituzioni culturali europee, dall’entusiasmo intelligentecon cui tanti ricercatori, studenti, giovani e cittadini pren-dono parte alle sue attività. Da riconoscimenti come quelloche volle rendere all’Istituto un grande studioso tedesco, ilprof. Konrad Gaiser, il quale nel dedicare all’Istituto unasuggestiva analisi delle variazioni del paragone dellacaverna a partire da Platone, cosí scrisse: «Forse siamo d’ac-cordo che noi tutti, l’umanità, ci troviamo oggi nel buio diuna grande incertezza e insicurezza. In questa situazionescoraggiante ci sono pochi raggi di salvezza: uno dei raggidi luce in questa oscurità è proprio l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici con le sue attività d’incoraggiamento, di illu-minazione, di idealismo. Per questo motivo sono moltograto a questa fondazione napoletana, italiana, europea,mondiale».

23

Page 24: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

24

Page 25: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Un portone aperto al mondo

GERARDO MAROTTA

Presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Il portone di Palazzo Serra di Cassano, lo storico edificiosede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, è chiuso dadue secoli, in segno di rifiuto di ogni rapporto con unamonarchia che, da illuminata con Carlo di Borbone, si erafatta oscurantista e reazionaria con Ferdinando IV. Tantoreazionaria ed empia diventò quella monarchia che, nel suofurore antigiacobino, giunse a spegnere in un bagno di san-gue la Repubblica napoletana del 1799, che rappresentavail punto piú alto di consapevolezza storica cui la culturanapoletana era pervenuta attraverso gli sforzi di un seco-lare, assiduo impegno culturale che, da Giambattista Vico aPietro Giannone, a Paolo Mattia Doria, a Gaetano Filan-gieri, a Francesco Mario Pagano, a Eleonora Pimentel Fon-seca, a Vincenzo Russo, a Domenico Cirillo, a FrancescoConforti e a numerosissimi altri filosofi scienziati e letterati,aveva reso Napoli una grande capitale della cultura euro-pea. In quel bagno di sangue furono spenti, in violazionedel trattato di capitolazione, tanti filosofi e giovanissimipatrioti giacobini tra cui Gennaro Serra di Cassano, colpe-vole di essersi schierato per la libertà e per la filosofia!Schierarsi per la filosofia aveva un significato preciso nelsecolo XVIII: significava appunto schierarsi per la libertà eper il progresso culturale e civile.

Quel portone resta ancora oggi chiuso perché ancoraoggi è necessario ricordare quella sconfitta della filosofia

25

Page 26: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che fece piombare in una notte funesta la città di Napoli econdannò ad una sorte infausta tutta la storia delMezzogiorno d’Italia. Quel portone rimane ancor oggichiuso in segno di rifiuto di ogni rapporto con le filosofiedeteriori, con i falsi valori, con il dispiegarsi, nella nostraepoca, dell’egoismo e dell’aggressività. Ma a Palazzo Serradi Cassano, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici man-tiene aperta una porta ideale per i grandi maestri del pen-siero contemporaneo, per gli eminenti scienziati, per gliinsigni educatori che vengono a parlare alla città, ai suoigiovani, alla sua parte migliore, affinché le idee, la cultura,la civiltà prevalgano grazie allo studio e alla ricerca. Inmodo del tutto particolare Hans-Georg Gadamer ha datoun inestimabile sostegno a questa battaglia di civiltà. Perquesto sostegno generoso l’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici rivolge la sua profonda gratitudine a Hans-GeorgGadamer, cittadino onorario di Napoli, che ha dato unenorme contributo a seminari e convegni in tanti Comunidel Mezzogiorno d’Italia dove l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici mantiene viva la memoria delle radici filo-sofiche della Magna Grecia e del pensiero di Bruno, diCampanella, di Vico e degli illuministi meridionali, diBertrando Spaventa e Benedetto Croce. Vogliamo rinno-vare questa tradizione per farne lievito di un’autentica cre-scita civile del nostro Paese, all’insegna del motto dellafamiglia Serra di Cassano che si legge nel salone d’ingressodella sede dell’Istituto: «Venturi aevi non immemor».

C’è stata una «comunanza spirituale» con Gadamer chesi è alimentata nel corso degli anni. Spesso, parlando delsuo impegno a Napoli, egli ha espresso la convinzione chenell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici si realizza l’hum-

26

Page 27: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

boldtiano «Leben in Ideen», cioè che «un centro di culturaindipendente libero e vitale, come l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici, può appagare un bisogno che, nella societàindustriale di massa la scuola, le università non sono piú ingrado di appagare». Questo è lo spirito che ci ha animatonel fondare l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Conesso abbiamo inteso rinnovare la tradizione delle scuole difilosofia napoletane, dalla seicentesca Repubblica delleLettere ai circoli illuministici, dalle scuole privatedell’Ottocento all’Università rinnovata da Francesco DeSanctis e da Bertrando Spaventa, fino al magistero diBenedetto Croce e alla fondazione del glorioso IstitutoItaliano per gli Studi Storici che ha visto succedersi comesuoi primi direttori Adolfo Omodeo, Federico Chabod eGiovanni Pugliese Carratelli: una tradizione che ha il suocardine in Giambattista Vico e nel confronto perenne colpensiero della Magna Grecia.

Ci guidava la convinzione che il confronto con le granditradizioni del pensiero europeo fosse necessario per fron-teggiare la crisi della cultura europea e mondiale, una crisiche le istituzioni universitarie, sempre piú coinvolte in com-piti di preparazione tecnica e professionale dei giovani, nonriescono ad arginare. L’incontro con Gadamer fu una rive-lazione di noi a noi stessi. Egli vide nel progetto che animal’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli un anti-doto alla «gigantesca esplosione che ha mandato in fran-tumi le forme piú sviluppate delle istituzioni di insegna-mento accademiche e che pone alla vita accademicasmisurati compiti di massa». L’antico ideale di Humboldt èsoffocato dalla burocratizzazione degli studi, che significa la«pietrificazione della cultura». Il «Leben in Ideen» può rivi-

27

Page 28: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

vere solo grazie a un vivace e intenso scambio tra studiosi digrande esperienza e valenti ricercatori della nuova genera-zione. Ci si consenta di ripetere le parole pronunciate daHans-Georg Gadamer nella Sala dei Baroni del CastelloAngioino di Napoli in occasione del conferimento della cit-tadinanza onoraria di Napoli al grande filosofo: «Nella con-vinzione che il pensiero occidentale debba incontrarsi econfrontarsi con le civiltà dell’India e della Cina e che ciòporterà a sintesi e categorie nuove, attraverso le qualipotranno svilupparsi una nuova civiltà e un nuovo mondodi valori, tutta l’opera dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici è caratterizzata da una fervida attenzione per ilbene pubblico. Cosí i giovani che frequentano lezioni eseminari sono coinvolti in un dialogo con i grandi maestri:Platone, Tommaso d’Aquino, Leibniz, Kant, Hegel; contutta l’arte del passato e del presente, poiché il fine di que-sti studii severi è una civiltà per il nuovo millennio. È meritoinestimabile aver preso qui l’iniziativa. Infatti la ripresadella filosofia, promossa a Napoli dall’attività dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici, è già nota in tutto il mondo.Possiamo perciò affermare che la grande eredità toccata insorte a questa città è oggi in buone mani. Tornerà quindi aonore dell’illustre tradizione culturale di Napoli, se siriuscirà a tener viva l’eredità del grande pensiero europeoe a edificare su queste premesse nuove forme di pensiero edi vita. Tutto ciò ci fa credere in quell’Europa per la qualeviviamo e che come speriamo sopravviverà alle minacce diquest’epoca».

Lo scambio, il dialogo sui grandi temi della filosofia,«antica passione della gioventú», come Gadamer la definíin un travolgente discorso ai giovani dei licei napoletani,

28

Page 29: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sono possibili soltanto in nome della ragione, contro ognidogmatismo, nello spirito dell’affermazione di Simmaco,venerabile erede della cultura antica: «uno itinere nonpotest perveniri ad tam grande secretum», «per una sola vianon possiamo giungere a un cosí grande segreto». Nellalibertà della ricerca si è costruita cosí, anno dopo anno, lavita dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: varietà nel-l’unità, diversità alla luce della ragione, proiezione verso ilfuturo sulla base delle radici della tradizione.

Con Gadamer condividiamo il richiamo ai Greci e allaloro filosofia; con lui vogliamo affermare che il pensierogreco non esaurisce la sua efficacia nell’essere all’originedella civiltà europea, ma che esso, con la sua ricchezza spi-rituale, può ancora giovare all’Europa, aiutandola a com-battere il pericolo di rinchiudersi in un raziocinio calco-lante, che pretende di ridurre la totalità dell’esperienzaumana a mero efficientismo.

Il nostro sapere nasce dalla storia e in essa ogni nostraindagine si svolge. Restiamo convinti che il carattere storicodell’esperienza umana non può essere esorcizzato daalcuna scorciatoia di tipo analitico o scientistico.

Nelle lezioni di Gadamer sentiamo inoltre risuonare echidi un pensiero a noi molto caro, che proprio qui a Napoli,nella seconda metà dell’Ottocento, si innestò nella tradi-zione del pensiero italiano, vivificandola e dando ad essa lacapacità di contribuire in maniera determinante alla costru-zione dello Stato unitario e alla cultura della nuova Italiadell’età del Risorgimento. Noi, che abbiamo imparato adamare la filosofia classica tedesca attraverso la riflessionefilosofica e l’impegno civile di Silvio e Bertrando Spaventa,avvertiamo anche nelle lezioni di Hans-Georg Gadamer la

29

Page 30: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

perdurante presenza di Hegel, di un Hegel mai ridotto aformula scolastica, ma rivissuto con la sensibilità che è pro-pria del filosofo attento e pensoso delle contraddizionidella nostra epoca.

Infine, la «comunanza spirituale» che ci lega ad Hans-Georg Gadamer si alimenta di una comune preoccupazionee di una comune speranza. La preoccupazione che ci uni-sce è quella per il futuro dell’Europa. Quando Gadamerleva la sua voce per denunciare il pericolo che l’Europapossa rinchiudersi definitivamente in un sistema anonimoall’insegna di una scienza e di una tecnica ridotte a purocalcolo per il dominio, cui dovrebbero piegarsi tutti gliaspetti della vita umana; quando egli leva la sua voce di testi-mone del secolo per avvertire che in questo modo l’Europa,rinunciando alla multiforme ricchezza della sua identitàculturale, andrebbe incontro a una nuova catastrofe;quando ascoltiamo questa voce, avvertiamo che essa sta par-lando anche di noi, dei nostri timori, delle preoccupazioniche ci hanno spinto a fondare l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici.

Preoccupazioni e timori per il futuro dell’Europa ci uni-scono dunque a Hans-Georg Gadamer, ma anche una spe-ranza, una ragionevole speranza. L’Europa non è soltantola razionalizzazione burocratica della vita, il predominio delcalcolo tecnico, la ricerca esasperata dell’efficienza, il di-spiegarsi dell’egoismo e dell’aggressività. L’Europa è unarealtà spirituale complessa in cui è sedimentata anche l’ideadi una phronesis, di una saggezza che si accompagna alsapere del logos aprendo l’esperienza umana alla responsa-bilità e al rischio della libertà, come avevano già capito iGreci, presso i quali logos e phronesis nascono insieme.

30

Page 31: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Logos e phronesis sono la filosofia e la filosofia è lo spiritodell’Europa. Speriamo e operiamo perché l’Europa, soprat-tutto l’Europa delle nuove generazioni, sappia affrontare,con le risorse della filosofia, i pericoli che incombono sullanostra epoca.

31

Page 32: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

32

Page 33: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

EUROPA

33

Page 34: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

34

Page 35: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

In tutta l’Europa l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici hapromosso e promuove con costanza ricerche, pubblicazioni e con-fronti fra maestri e giovani sui piú solidi temi della tradizione filo-sofica europea. Per riconoscimento di numerosissimi studiosi diogni paese d’Europa è grazie all'Istituto Italiano per gli Studi Filo-sofici, alle sue capacità organizzative, frutto di tensione ideale, chesi riesce a tener vivo il confronto sui grandi classici, da Platone aHegel, da Spinoza a Fichte, con lo sguardo rivolto all’ impasse delmondo contemporaneo, dalla quale non si può uscire senza unacomprensione dei nodi della storia che può venire solo da una rin-novata e rinvigorita riflessione filosofica.

Scuole di alta formazione, seminari internazionali, giornate distudio, sono stati organizzati dell’Istituto a Parigi come a Berlino,a Varsavia come a Valladolid, a Francoforte come a Poitiers, a Rot-terdam come a Londra, a Cambridge come a Colonia. Innumerevoliistituzioni di prestigio europeo sono state coinvolte in questo sforzoimperniato intorno al progetto dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici: dal Warburg Institute al Platon Archiv di Tubinga, dal-l’École Pratique des Hautes Études alla Erasmus Universiteit diRotterdam, dal Centre de Recherches Révolutionnaires et Romanti-ques di Clermont Ferrand alla Herzog August Bibliothek di Wol-fenbüttel, e l’elenco potrebbe proseguire a lungo. I risultati dellericerche e dei confronti fra gli studiosi sono pubblicati dall’Istituto

35

Page 36: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in varie lingue europee: a Stoccarda nelle collane “Elea” e “Speku-lation und Erfahrung”, a Londra presso l’editore Basil Blackwell,a Madrid presso Alianza Editorial. A cura dell’Istituto vengonoproposti a studiosi di altri paesi grandi classici del pensiero ita-liano, come la Scienza nuova di Giambattista Vico tradotta intedesco, in castigliano e in danese, le opere di Giordano Bruno tra-dotte in francese, tedesco, portoghese, rumeno, russo, e cosí via.

La circolazione europea delle idee riceve slancio da una moltitu-dine di riviste pubblicate dall’Istituto in varie lingue e in vari paesieuropei, da «Nouvelles de la République des Lettres» a «Dialektik»,dal «Journal of Modern Italian Studies» a «Bruniana e Campa-nelliana», da «Rechtsphilosophische Hefte» a «Scheria». Graziealla collaborazione dell’Istituto sono sopravvissute riviste europee digrande tradizione come «Studia Spinozana» e «Dilthey Jahrbuch»,mentre si sviluppavano feconde collaborazioni con altri periodici digrande rilievo scientifico, come «Studia Leibniziana» e «Fenome-nologische Forschungen».

È intuibile che questi tentativi, per quanto ripetuti, coordinati,articolati su scala europea non potranno produrre risultati chelascino sperare una svolta nella crisi culturale europea e mondialese primi fra tutti i capi di Stato e di governo non si renderanno sen-sibili alla centralità della cultura filosofica per il mondo contempo-raneo, e soprattutto della formazione filosofica per le giovani gene-razioni. Per questo l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici harivolto un appello per la filosofia ai capi di Stato e di governo, cheha ricevuto le confortanti adesioni, fra le altre, di Samuel R. Insa-nally, Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, diFrançois Mitterrand, Presidente della Repubblica di Francia e divari premi Nobel. Nell’appello si legge fra l’altro: «Nelle scuole dimolti paesi, l’insegnamento della filosofia e della storia del pensieroscientifico è da sempre ignorato o si riduce sempre più: milioni di

36

Page 37: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

giovani studenti ignorano finanche il significato del termine ‘filo-sofia’. Noi educhiamo talenti tecnico-pratici e atrofizziamo il geniodell’invenzione filosofica. Ne consegue che vi sono sempre meno per-sone che comprendono – o sono effettivamente in grado di com-prendere – la connessione dei fattori che costituiscono la realtà sto-rica. E invece il mondo ha oggi più che mai bisogno di forzecreative. Per stimolare la creatività abbiamo bisogno di una educa-zione al giudizio e perciò di uomini educati alla filosofia».

37

Page 38: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

38

Page 39: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Domani l’Europa

GIROLAMO COTRONEO

Università di Messina

Verso la metà degli anni Trenta – il decennio piú cupodella recente storia europea: in Italia il fascismo era saldo alpotere; in Germania il nazismo aveva ormai instaurato il suo“ordine”; l’Unione Sovietica viveva uno dei momenti piúcupi dell’età staliniana; in Spagna la repubblica democra-tica sarebbe di lí a poco caduta per mano delle armateribelli del generale Francisco Franco, sostenuto dai cosid-detti “volontari” di Hitler e di Mussolini, mentre Inghilterrae Francia assistevano impotenti – verso la metà di questo tra-gico decennio, dunque, uno dei maggiori filosofi europei,Edmund Husserl, nel corso di una conferenza dal titolo Lacrisi dell’umanità europea e la filosofia, sosteneva che l’Europanon è, o non è soltanto, «un aggregato di nazioni contigueche si influenzano a vicenda attraverso il commercio e lelotte egemoniche, bensí: uno spirito nuovo che deriva dallafilosofia e dalle scienze particolari che rientrano in essa, lospirito della libera critica e della libera normatività, uno spi-rito impegnato in un compito infinito che permea tutta l’u-manità e ne crea nuovi e infiniti ideali».

Con queste parole il filosofo tedesco si proponeva diindicare il fattore che aveva consentito a quel gruppo di“nazioni contigue” di esercitare quasi unitariamente, no-nostante le pur grandi differenze esistenti tra di loro, acominciare da quelle della lingua, un ruolo straordinario,praticamente unico, nelle vicende del mondo, di essere il

39

Page 40: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

grande protagonista della “storia universale”. Questo fat-tore – retrodatando la nascita dell’Europa dall’età delRinascimento, dove quasi sempre viene collocata, all’etàclassica – Husserl lo ritrovava nell’opera di «quel paio digreci stravaganti» che avevano dato «l’avvio a una trasfor-mazione dell’esistenza umana e di tutta la sua vita cul-turale», ‘inventando’, per cosí dire, quel sapere specialis-simo che è la filosofia, destinata a diventare «la formaspirituale dell’Europa», l’elemento caratterizzante della suacultura. Assegnando inoltre alla filosofia, intesa come«sapere disinteressato», quella che definiva una «funzionearcontica», e indicando nei filosofi i «funzionari dell’uma-nità», Husserl finiva con il rivendicare una sorta di primatospirituale dell’Europa nei confronti delle altre nazioni edegli altri popoli della terra, i quali alla nascita e allo svilup-po di quella forma altissima di sapere che è, appunto, lafilosofia, erano rimasti estranei.

Le parole di Husserl, la sua “forte” rivendicazione delprimato della cultura europea, affondavano certamente leloro radici nel drammatico momento storico che l’Europaattraversava; e volevano essere soprattutto un appello aipopoli europei affinché, nel ricordo di ciò che aveva fattodell’Europa – di là delle differenze culturali tra i suoipopoli, della sua divisione in Stati nazionali nemici tra diloro – un’entità “spirituale” unica al mondo, riuscissero aesorcizzare i loro demoni, a superare il momento di disagiomorale che attraversavano. Scriveva ancora: «La crisi del-l’esistenza europea ha solo due sbocchi: il tramonto del-l’Europa nell’estraneazione rispetto al senso razionale dellapropria vita, la caduta nell’ostilità dello spirito e nella bar-barie, oppure la rinascita dell’Europa dallo spirito della

40

Page 41: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

filosofia. [...] Il maggior pericolo dell’Europa è la stanchez-za. Combattiamo questo pericolo estremo, in quanto“buoni europei”, in quella vigorosa disposizione d’animoche non teme nemmeno una lotta destinata a durare ineterno; allora dall’incendio distruttore dell’incredulità, dalfuoco soffocato della disperazione per la missione dell’Oc-cidente, dalla cenere della grande stanchezza, rinascerà lafenice di una nuova interiorità di vita e di una nuova spiri-tualità, il primo annuncio di un grande e remoto futurodell’umanità: perché soltanto lo spirito è immortale».

Può darsi, anzi è certo, che queste parole abbiano unsuono piuttosto enfatico, non proprio adatto al momentoche l’Europa sta oggi attraversando; e non tanto per quelche riguarda le sue vicende interne, che vedono il maggiorsforzo di tutta la sua storia per trasformare la sua “essenza”,la sua unità spirituale e culturale, in fatti e istituzioni poli-tici, quanto invece perché, piaccia o meno, è chiaramentein corso nel mondo un processo di de-europeizzazione, o,in senso piú lato, di de-occidentalizzazione. Avremo mododi vedere presto come una delle caratteristiche fondamen-tali dello “spirito europeo” sia stato il suo espandersi, il suoirradiarsi nel mondo intero: un evento che ha provocato unimmenso processo di “deculturazione”, come si usa chia-mare l’invasione di una cultura da parte di un’altra che que-sta invasione subisce senza interiorizzarla, perdendo cosí ipropri caratteri originari senza acquisirne di nuovi.

Uno studioso francese, Serge Latouche, in un recentevolume dal titolo L’occidentalizzazione del mondo, ha scrittoche è stata «l’introduzione dei valori occidentali, quella del-la scienza, della tecnica, dell’economia, dello sviluppo, deldominio della natura», a provocare tra i popoli del Terzo

41

Page 42: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Mondo un vero e proprio processo di “deculturazione”; allaresa dei conti, infatti, l’Europa non avrebbe effettuatoalcuno scambio con le altre culture, tentando invece sol-tanto – senza peraltro riuscirvi fino in fondo – di imporre,convinta com’era che fosse l’unico possibile, il propriomodello di “civiltà” alle società presso le quali ha svolto unapotente opera di penetrazione culturale ed economica,ottenendo soltanto il risultato di metterle in crisi, appunto,deculturandole. Tuttavia, dice ancora Latouche, se l’Occi-dente, nonostante le premesse da cui il suo viaggio allaconquista del mondo era partito, e delle quali piú avantiavrò occasione di parlare, ha finito con il diventare una«macchina infernale che stritola gli uomini e le culture perfini insensati che nessuno conosce», esso tuttavia non è sol-tanto questo. A prescindere, infatti, «dalla coscienza chepuò avere un occidentale dei misfatti e dei pericoli dell’Oc-cidente come macchina tecno-economica, gli è impossibilerinunciare a certi valori prodotti dalla civiltà ellenico-giu-deo-cristiana. I diritti dell’uomo e il rispetto della personaumana, come pure il rispetto delle culture e dei diritti deipopoli, fanno parte di questo patrimonio la cui realizza-zione è un obiettivo che non si può abbandonare».

Anche se, come sembra ormai inevitabile, «la post-modernità vede la rinascita di culture diverse», il recuperodi antiche culture locali surclassate, ma non mai cancellatedalla cultura europea, queste «non saranno mai piú deltutto come prima», perché in qualche modo alcune ideedella cultura occidentale sembrano ormai definitivamenteacquisite al patrimonio ideale dell’umanità intera.

Ma di là di tutto questo, rimane il fatto che il sogno dellaunificazione del mondo sotto un’unica cultura – quella

42

Page 43: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

europea – è ormai definitivamente tramontato. Lo provanon soltanto il mutato rapporto tra l’Europa e i paesi in viadi sviluppo; esso trova la sua piú dolorosa conferma nelsuccesso che, ricorda Latouche, incontrano «i movimenticentrati sull’ “identità”», dei quali, ad esempio, il fonda-mentalismo islamico – che individua nell’Occidente il suonemico storico, il male assoluto – è attualmente «l’illustra-zione piú tipica»; movimenti che compaiono con segnidiversi in varie parti del mondo, e, quel che è peggio, si svi-luppano nella stessa Europa, dove «l’ascesa del regionali-smo» e le tendenze centrifughe – si pensi alla disgre-gazione dell’Unione Sovietica, della Cecoslovacchia esoprattutto alla tragedia della ex Jugoslavia; ma anche quida noi al fenomeno delle “leghe”, o al terrorismo irlandeseo basco che mostrano come nemmeno l’Europa per anto-nomasia, quella Occidentale, sia immune da tendenze dis-gregative –; si pensi, dicevo, alle spinte centrifughe che simanifestano in maniera sempre piú vistosa, rendendoquindi attuale non tanto il tema della “identità europea”,quanto invece quello della sua “varietà”. Proprio in rela-zione a questi inattesi fenomeni, Hans-Georg Gadamer, inun volume di qualche anno addietro dal titolo L’eredità del-l’Europa, ha scritto: «Cadono gli imperi, le vecchieformazioni statuali vanno in frantumi, ma le forze regionalitornano a nuova vita, scatenando conflitti che appaionoinsolubili nel quadro dei vecchi e irrigiditi organismi poli-tici. Con crescente apprensione vediamo il radicale con-trasto con le nuove prospettive dell’integrazione planeta-ria. E d’altra parte, pensando agli aspetti piú oppressivi diquesta omologazione, non si può negare che la reazione sialegittima».

43

Page 44: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Tentare una spiegazione di questo fenomeno quale simanifesta all’interno stesso dell’Europa (il rifiuto ad essaopposto dai vari integralismi nelle aree del sottosviluppo haaltre motivazioni, nascendo soprattutto, come ha ancoranotato Latouche, dalle frustrazioni generate «dal fallimentodella modernizzazione») non è cosa facile. Forse non deltutto infondata è la tesi – avanzata da uno studioso italiano,Maurizio Ferraris – secondo cui «la crisi dello spirito euro-peo non dipende da un fallimento, ma dal fatto che èriuscito troppo bene, estendendosi su scala planetaria, ossiadipartendosi dal suo luogo d’origine, ma precisamentesecondando una volontà universalistica che gli eraimmanente».

Avrò modo piú avanti di sviluppare quest’ultimo punto.Per quel che riguarda il problema del “regionalismo”, que-sto potrebbe allora significare il recupero dello “spirito eu-ropeo” al suo luogo d’origine, alle “piccole patrie” dallequali ha spiccato il volo verso orizzonti infiniti, disperden-dosi e perdendosi in essi. In ogni modo, la presenza di que-sto fenomeno, per quanto preoccupante, o forse proprioperché preoccupante, non ritengo debba indurre a rite-nere, come ha detto uno dei piú noti filosofi francesi con-temporanei, Jacques Derrida, in apertura del suo libro Oggil’Europa, che «il vecchissimo soggetto della identità euro-pea» avrebbe ormai «la venerabile antichità di un temaesaurito»; e che «la vecchia Europa sembra avere esaurito lepossibilità di discorso e di contro-discorso circa la propriaidentificazione».

Ritengo invece che chiedersi le ragioni del fallimento delprogetto di “occidentalizzazione” del mondo sia un pro-blema ineludibile, ove si voglia rilanciare, non il mito, ma la

44

Page 45: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

realtà dell’Europa nel mondo, sia pure senza pretese politi-che o culturali egemoniche. Come ha detto ancora Gada-mer, «domandarsi che cosa sarà l’Europa domani, o checosa sia oggi, significa anzitutto domandarsi come l’Europaè diventata ciò che è». A monte, come si usa dire, di quelleragioni, di quel fallimento sta, infatti, l’idea che l’Europa siera fatta di se stessa, e quindi della sua identità culturale:un’idea che l’aveva, appunto, lanciata alla conquista delmondo. Riflettere su quest’idea, conoscerne la genesi ecomprenderne le motivazioni non è certo un’operazioneinutile; potrebbe anzi in questo momento, se l’Europa nonintende rinunciare al suo ruolo nella storia del mondo, rive-larsi assai importante per una nuova e possibile determina-zione di quello stesso ruolo.

A questo punto occorre ritornare indietro, alla tesi di Hus-serl circa l’essenza dell’Europa, da lui individuata, come siricorderà, nell’essere l’Europa il luogo dove è nata la filoso-fia, la quale rappresenterebbe il fattore unificante, il retro-terra delle varie forme di sapere da essa prodotte. Ma la sto-ria culturale, o, meglio, spirituale dell’Europa, vede un altro,e forse piú importante fattore di unificazione, quello che leha fornito la sua autentica dignità: la religione cristiana. Nonsenza ottime ragioni, nel 1977, in un volume dal titolo Indifesa di un’Europa decadente, Raymond Aron ha ricordato cheArnold Toynbee «ha scritto da qualche parte che l’Occidentenon sfuggirà alla decadenza se non si riconcilierà con laChiesa cattolica, con la fede che gli ha dato la sua anima» eha concluso sostenendo che se il grande storico inglese «nonsi sbagliava, l’Europa, se non tutto l’Occidente, continuerà ascivolare sulla china della decadenza», dal momento che ilsuo spirito religioso sembra dileguare ogni giorno di piú.

45

Page 46: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’interiorizzazione europea del Cristianesimo, una reli-gione venuta dall’Oriente, costituisce certamente il fattopiú rilevante della nostra storia, perché essa ha costituito ilvero fattore unificante della nostra cultura. Il solomomento, infatti, in cui l’Europa è apparsa “unita”, si è pre-sentata come una sola entità, è stato quando essa costituivala Respublica Christiana, sarebbe a dire nell’età medioevale,in quei secoli, cioè, che l’illuminismo settecentesco ha defi-nito, liquidandoli, “oscuri”, e dei quali invece Serge Latou-che ha detto: «Tale periodo presenta ovunque una grandeunità culturale per l’Europa, con la cristianità, la lingualatina dei chierici e la doppia figura del papato e dell’im-pero. La politica non è il principio dell’identificazionesociale: questa poggia su basi concrete infinitamente piúricche e complesse, come le culture popolari, e sull’imma-ginario unificante della religione».

Oserei dire che il nodo di tutto il problema stia proprioqui, nel giudizio, quale che esso sia, sul rapporto tra l’Eu-ropa e la sua religione, in quanto, comunque lo si osservi evaluti, esso spiega le ragioni dell’irradiarsi della culturaeuropea nel mondo intero, la visione cosmopolita che l’hasempre accompagnata.

Non intendo certo contestare la tesi di Derrida secondocui ogni nazione o cultura che mira alla propria espan-sione giustifica i suoi atti sul postulato di rappresentarevalori universali, come ha fatto piú volte nella sua storial’Europa dopo avere interiorizzato il cosmopolitismo – o,meglio, l’universalismo – “cristiano”, dal quale ha trattol’impulso per partire alla conquista del mondo. Quando ilcelebre autore di La fine dello spirito europeo, Julien Freund,scrive che «tutta la storia del cristianesimo è segnata dalla

46

Page 47: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

fedeltà al principio originario dell’azione missionaria», eche esso non si è «mai [...] identificato con l’Europa, [...]anche se ha tratto vantaggio dalla conquista dell’Europaper propagarsi nel mondo intero», il quale è stato sempreil suo vero e ultimo orizzonte; quando Freund scrive que-ste parole, dunque, non fa che confermare la tesi che l’e-spansionismo europeo moderno ha la sua ultima radicenell’avere assunto come proprie, identificandosi total-mente e definitivamente con esse, la religione e la culturacristiana, espansioniste e cosmopolite per vocazione. Daqui, da questa scelta originaria, l’Europa, anche dopo il tra-monto della Respublica Christiana, dopo cioè che la Riformaprotestante ruppe l’ultimo legame, quello religioso, cheuniva tra loro, di là delle ormai consolidate frontiere nazio-nali e barriere linguistiche, i popoli del continente (in spe-cie della sua parte occidentale); da qui, dunque, quella vo-cazione “missionaria” che, nel bene e nel male, ne haaccompagnato la storia, soprattutto nell’età moderna,paradossalmente quando la sua cultura andava sempre piú“laicizzandosi”.

Qui occorre aprire una parentesi. Edgar Morin nel suoPensare l’Europa, risalente a pochi anni addietro, ha soste-nuto la tesi secondo cui proprio a seguito del frantumarsidella Respublica Christiana in piú chiese «sono potute emer-gere quelle realtà originariamente europee che sono glistati-nazione, l’umanesimo e la scienza, ed è nelle divisionie negli antagonismi tra gli stati-nazione che si diffonderà esi imporrà la nozione di Europa».

Tutto ciò contiene pure una sua parte di verità, e rendecertamente piú difficile “pensare l”Europa”, in quanto èsempre difficile pensare l’unitas multiplex, “l’uno nel molte-

47

Page 48: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

plice, il molteplice nell’uno”; come del resto contiene la suaparte di verità la recente tesi di Gadamer, secondo il quale«l’Europa è sempre stata caratterizzata dalla sua varietàlinguistica, che l’ha costretta in ogni tempo alla dura scuoladella convivenza. Essa ha cosí conservato la sua molteplicitàlinguistica e culturale, e la sua tradizione storica è giuntaalla propria piena autocoscienza proprio attraverso la ric-chezza dei suoi patrimoni locali».

Tutto ciò, dicevo, contiene delle verità, ma non toglie, amio parere, che la spinta alla diffusione dei suoi valori, allaconquista del mondo, l’Europa l’abbia trovata nello “spiritodel cristianesimo”, anche se, some sto per dire, non in essosoltanto.

I primi protagonisti della “migrazione” della culturaeuropea sono stati infatti i missionari e gli esploratori, duefigure praticamente sconosciute alle altre civiltà. Le moti-vazioni dei primi – la diffusione della “vera” religione –sono del tutto chiare, come è chiaro che essi hanno incon-trato i maggiori successi là dove esistevano culture “deboli”,ad esempio nei paesi africani, I secondi – gli esploratori –nascono da un atteggiamento mentale tipico della nostracultura, cioè la curiosità intellettuale, il desiderio di cono-scenza (gli stessi elementi che hanno consentito agli euro-pei di “inventare” la filosofia e le scienze della natura). Unatteggiamento che ha radici antiche, quindi, e che trova ilsuo paradigma nell’Ulisse dantesco, che prima di iniziare il“folle volo” oltre le colonne d’Ercole, di là dei confini delmondo, ai suoi compagni esitanti non promette ricchezzeed onori, esortandoli invece con questo famoso quantomeraviglioso argomento: Fatti non foste a viver come bruti / maper seguir virtute e canoscenza.

48

Page 49: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Di questo carattere congenito della filosofia occidentale,dal quale è stata spinta ad espandersi, si sono fatti interpretii grandi filosofi del Sette e dell’Ottocento, dai quali èvenuto un forte impulso all’eurocentrismo, come nel casodi Kant e di Hegel. Quest’ultimo, che ha fatto dell’Europa– in particolare della cultura cristiano-germanica – il ter-minus ad quem della storia universale, ha scritto una voltache lo “spirito europeo” è dominato da una «infinita sete disapere, che è estranea alle altre stirpi. All’Europeo interessail mondo, egli vuole conoscerlo, vuole appropriarsi dell’al-tro che gli sta di fronte, vuole porre in luce nelle particola-rità del mondo in genere, la legge, l’universale, il pensiero,l’interna razionalità».

Ma forse ancora piú importante nella storia, ricca di lucima anche di molte ombre, dell’eurocentrismo, mi sembrauna considerazione di Immanuel Kant, che nel 1784, inuno scritto dal titolo Idea di una storia universale da un puntodi vista cosmopolitico, ha espresso un concetto che potrebbevenire assunto come l’atto di nascita dell’eurocentrismo, ilquale, come è noto, si è manifestato soprattutto nel secoloscorso, culminando nell’impresa coloniale. Ha scritto, dun-que, Kant che se si osserva lo sviluppo della storia universaledai Greci fino ad oggi, se si segue il processo di formazionedelle strutture statali europee, «si scoprirà un regolare pro-gresso nella costituzione politica del nostro continente (cheverosimilmente detterà un giorno leggi a tutti gli altri)».

L’espressione “dettare leggi” non deve essere intesacome l’esercizio di un potere assoluto, l’auspicio, o la pro-fezia, di un dominio politico dell’Europa sugli altri conti-nenti: la convinzione di Kant era che lo jus publicum euro-paeum – una formidabile costruzione intellettuale –

49

Page 50: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

coincideva, anzi era esso stesso, il “diritto universale”, delquale prima o poi il mondo intero avrebbe partecipato, dalquale sarebbe stato “unificato”.

La conseguenza di questa convinzione era che l’Europaaveva il compito – il famoso “fardello dell’uomo bianco” –di civilizzare il mondo; impresa alla quale essa si accinse nelsecolo diciannovesimo e che, a prescindere dall’esito, sipotrebbe dire abbia portato a termine.

Che le cose stiano cosí, che il mondo si sia “largamenteoccidentalizzato”, assumendo e spesso interiorizzando i fon-damenti dello jus publicum europaeum, lo dimostrano, hascritto Serge Latouche – che peraltro è un critico assaisevero, forse troppo, della società occidentale – «l’esistenzadi una Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo del-l’Organizzazione delle Nazioni Unite e di un diritto inter-nazionale pubblico e privato i cui ispiratori sono Grozio ePufendorf».

Sarebbe pura ipocrisia sostenere che il “successo” dellospirito espansionistico occidentale sia dovuto soltanto allaforza di seduzione del suo messaggio etico; ma non puòcerto essere considerata attendibile la teoria – ormai defini-tivamente invecchiata – secondo cui l’espansionismo euro-peo era ispirato soltanto da una motivazione di naturaeconomica, identificando l’Occidente «con il luogo pereccellenza dei rapporti mercantili, o della loro versioneestrema, i rapporti capitalistici» (dimenticando, ad esem-pio, che nell’ultimo periodo non è stata l’Europa capitali-stica, quanto invece quella comunista a tentare di espan-dersi negli altri continenti). In realtà, quell’antivalore eticoche è il valore economico si è innestato su un processoespansionistico che aveva motivazioni assai piú nobili (salvo

50

Page 51: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

restando il vecchio, ma non invecchiato, problema se ilrispetto per le culture altrui debba spingersi al punto dinon trasmettere ad esse, neppure con la “persuasione”,valori diversi dai loro); motivazioni piú nobili, dicevo, chenon quelle seguite alla trasformazione – che non entusia-sma certo la parte piú avveduta della cultura europea, laquale rivolge ad essa critiche severe – della società occiden-tale in una macchina produttiva che – cito ancora Latou-che – «incanta il mondo soltanto con la tecnica ed il benes-sere», non già con i suoi valori civili, e lo trasforma semprepiú «in una vasta tecnopoli, stritolando le nazioni con i suoiingranaggi implacabili, selezionando le élites e abbando-nando tra i rifiuti corpi privi di vita e disarticolati».

Tutto questo, la denunzia, cioè, della violenza tecnolo-gica che oggi sradica intere popolazioni e stravolge interisistemi di cultura, è certamente legittima, e niente affattonuova. Basta pensare alla tesi espressa già negli anni Cin-quanta da Claude Lévi-Strauss, quando, a proposito delposto occupato nel contesto della civiltà europea, purammettendo che la “superiorità” di quest’ultima era “rico-nosciuta” dalle altre società e culture, osservava tuttavia chel’adesione ad essa non era poi «cosí spontanea come agliOccidentali piacerebbe credere. Essa dipende non tanto dauna libera decisione, quanto da una mancanza di scelta. Laciviltà occidentale ha stabilito soldati, banche, piantagioni emissionari nel mondo intero; essa è, direttamente o indi-rettamente, intervenuta nella vita dei popoli di colore; hasconvolto da cima a fondo il loro modo tradizionale di esi-stenza, sia imponendo il proprio, sia instaurando condi-zioni che genererebbero il crollo delle strutture esistentisenza sostituirle con qualcosa d’altro».

51

Page 52: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Si tratta di considerazioni affatto incontestabili. Solo chelo sfruttamento economico programmato dei popoliextraeuropei, cosí enfatizzato dai critici della societàoccidentale, è un fenomeno che si è innestato – comeprima dicevo – su un processo espansionistico di tutt’altranatura e significato. Inoltre l’interpretazione economici-stica incontra dei limiti oggettivi, dovuti ad un fatto storica-mente documentato da Eric Jones, uno studioso di pro-blemi economici, il quale, in un volume apparso alcunianni addietro con il significativo titolo Il miracolo europeo, hasostenuto che il “solco” tra l’Europa e le altre parti delmondo «è stato certamente allargato dall’industrializza-zione, ma non è stato creato da essa». Infatti – ha scritto lostudioso australiano – già «allo spirare dell’ancien régime,l’Europa aveva preso il sopravvento sulle altre parti delmondo», sperimentando «prima degli altri continenti quelprocesso di sviluppo diffuso e prolungato che sfociò nellarivoluzione industriale», e che si presenta come «un casounico per definizione».

Per quanto valida, questa tesi non cancella certo le“colpe” dell’Occidente. Ma cosí come potrebbe essere unerrore dimenticarle, o sottovalutarle, altrettanto finisce conl’esserlo il volerle enfatizzare piú del dovuto, giungere aquello che nel 1975, Jacques Ellul ha definito «il delirioanti-occidentale» degli intellettuali europei, e contro ilquale si è espresso con queste parole: «Mi pongo precisa-mente tra queste due posizioni: accetto la totalità dell’ac-cusa, ma non accetto il ripudio di tutto l’Occidente. Ri-conosco il male che è stato fatto, nego che sia stato fattosoltanto del male. So che la nostra civiltà è costruita sul san-gue e sulla rapina, ma ogni civiltà è stata costruita sul sangue

52

Page 53: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

e sulla rapina. Di contro al disprezzo per la “cultura bianca”,al desiderio esasperato di distruggere tutto ciò che formò lanostra grandezza, affermo il valore, nonostante e oltretutto, del nostro Occidente».

A quali valori, tra i tanti prodotti dallo “spirito europeo”il filosofo francese intendeva riferirsi, lo dichiarava subitodopo in questi termini: «Il fatto essenziale, centrale, inne-gabile, è che l’Occidente è stato il primo nel mondo a pro-nunciare le parole “individuo” e “libertà”. Credo che nullapotrà toglierci questa gloria, e quali che siano le nostrenegazioni e i nostri tradimenti, quali che siano i nostridelitti in altri campi, con quelle parole abbiamo fatto com-piere a tutta quanta l’umanità un passo gigantesco che l’hafatta uscire dall’infanzia».

Questi due concetti – individuo e libertà, appunto – nonsono rimasti nella cultura e vita morale europea un sem-plice flatus vocis, una sovrastruttura intellettuale. La loro“ricaduta pratica”, la loro “operatività” nel contesto dellastoria universale, è provata dal fatto messo in evidenza daMax Salvadori, in una densa opera dal titolo L’eresia liberale– che mentre i diversi Stati formatisi nel mondo, e con iquali ebbero inizio le diverse civiltà, hanno avuto tutti comedenominatore politico comune l’assolutismo, che co-stituisce quindi “la norma dell’organizzazione sociale”,l’Occidente, l’Europa, si presenta come un caso a parte,una “deviazione” rispetto alla storia del resto del mondo.Una “deviazione” che apparve quando «la civiltà mediterra-nea greco-romana divenne civiltà euroatlantica»: da allora,infatti, «i popoli europei, malgrado i molti sforzi compiuti,non riuscirono a consolidare un sistema stabile di istituzioniautoritarie. Ci fu, senza che fosse voluto, quel tanto di

53

Page 54: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

libertà che era necessario per permettere il manifestarsi dinuove idee, nuovi valori morali, nuovi movimenti: ci fu unostato continuo di tensioni (e le sofferenze che ne deriva-vano)».

Anche se tutto questo è accaduto in maniera non pro-grammata: se, cioè, la “deviazione” verso la libertà non èstata una “libera” scelta, ma un “fatto” sul quale peraltronon abbiamo spiegazioni definitive, voluta e programmataè stata invece quella che Salvadori chiama, appunto, “l’ere-sia liberale”, l’ideologia, cioè, di quanti «vollero fare dellalibertà la base del loro modo di vivere, vollero istituziona-lizzarla». Ma nonostante molti si siano illusi «che l’eresiaera diventata ortodossia», che la libertà, cioè, si sarebbe tra-sformata in un habitus, un modo di essere, di vivere, inrealtà, ha proseguito lo storico italoinglese, chi «parla dellalibertà come aspirazione profondamente sentita dallamaggioranza, inganna se stesso e gli altri: la libertà comeindipendenza dal gruppo etnico-culturale, religioso, econo-mico cui si appartiene è sí aspirazione di molti, oggi (manon lo è stata sempre e dovunque); la libertà come autono-mia, dignità e responsabilità del singolo è un’aspirazioneche pochi posseggono». Ebbene, io credo che gli europeisiano, in larga misura almeno, tra questi “pochi”. Di conse-guenza essi oggi hanno – noi tutti oggi abbiamo – il doveredi “testimoniare” questo valore e le istituzioni politichecostruite su di esso. Non voglio concludere con espressionienfatiche o retoriche: ma credo che soltanto attraverso lanostra “testimonianza” – non già al seguito di improbabiliarmate coloniali, né della nostra micidiale megamacchinatecno-economica – lo jus publicum europaeum potrà ridiven-tare il paradigma universale del diritto e di una convivenza

54

Page 55: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

internazionale fondata su di esso. Finiti, e finiti male, ilsogno, l’illusione o, forse meglio, la pretesa di “occi-dentalizzare” il mondo, l’Europa potrà ancora diffondere ilsuo “spirito” e i suoi valori non cercando di imporli, ma“testimoniandoli”. In questo, e solo in questo, credo cheoggi – se vogliamo avere un domani – consista il nostro“dover essere”, il nostro impegno morale.

Relazione al Convegno sul tema “Europa”, svoltosi in Palazzo Serradi Cassano dal 4 al 10 settembre 1993, per iniziativa dell’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici, in onore del Presidente del Parlamento Euro-peo, Egon Alfred Klepsch.

55

Page 56: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Gli errori dell’Europa

VITTORIO HÖSLE

Notre-Dame University, Indiana

Il fatto che l’Europa si trovi in una crisi è luogo comunedagli inizi del Novecento. Se si torna però col pensiero altempo in cui fu concepito per esempio Il tramonto dell’Occi-dente di Oswald Spengler e che già ai contemporanei appa-riva decisamente come epoca di decadenza, ci si domandacome dovrebbe essere considerato, al confronto conquello, il nostro tempo. Infatti quel periodo, pur con il suosmarrimento politico e spirituale, raggiunse risultati, nellescienze come nelle arti, che a ragione ancor oggi manten-gono un valore mondiale. Nel cuore dell’Europa, nei paesidi lingua tedesca, furono attivi matematici come David Hil-bert, fisici come Max Planck, Albert Einstein, WolfgangPauli, Werner Heisenberg, chimici come Otto Hahn, psi-cologi come Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, sociologicome Max Weber, giuristi come Herman Heller, storici del-l’arte come Aby Warburg, artisti come quelli del Bauhaus,l’architetto Ludwig Mies van der Rohe, il pittore Paul Klee,musicisti come Arnold Schönberg, scrittori come FranzKafka, Robert Musil, Heinrich e Thomas Mann, BertoltBrecht.

Comparato con quel tempo, che nonostante la sua crisifu capace di sviluppare la teoria della relatività e quella deiquanti, la dodecafonia e il teatro epico, il nostro è palese-mente caratterizzato da letargia e sterilità, da piattezza nellescienze e nelle arti, da mancanza di fantasia nella politica, il

56

Page 57: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che, fra l’altro, ha per conseguenza una sempre maggioreestensione dell’influenza culturale e politica dell’Americasu un’Europa intellettualmente addirittura paralizzata.

Da questa paralisi l’Europa non potrà riscuotersi se nonle riesce di ricollegarsi in modo produttivo alle tradizioniche sono cresciute sul suo terreno; non c’è neanche biso-gno di dimostrare che soltanto la conseguente prosecu-zione dello spirito greco-cristiano – e non l’affidarsi all’irra-zionalismo, il cui risultato può essere solo la dissoluzione ela decadenza – può risolvere i problemi in cui si è invi-schiato il mondo moderno.

Bisogna però purtroppo temere che questo sviluppofecondo della tradizione non possa aver luogo all’internodella moderna università di massa, quale si è costituita inpressocché tutti i paesi europei. Essa è troppo spesso domi-nata dalla concezione cinica e insieme autodistruttiva che,almeno per la ragione, non ci sia una verità, che le normesiano di necessità storiche e che pertanto gli intellettualinon abbiano alcuna responsabilità verso la vita pubblica;una concezione che è radice di ogni errore e di ogni malee dalla quale possono conseguire solo l’annientamento diogni scienza, la dissoluzione di tutti i valori e la bancarottasia intellettuale sia politica della civiltà europea.

Nel quadro di questa situazione, l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici con la sua Scuola di Studi Superiori inNapoli ha un compito addirittura storico (non si possonousare termini piú adeguati). Sostenuto dalla convinzioneche solo una sorta di Università europea di élite, con la piúalta dimensione intellettuale e politico-morale, può trovareuna via d’uscita dalla crisi, l’Istituto ha dispiegato un’attivitàche lascia senza parole coloro che ne sono testimoni.

57

Page 58: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Fondato dall’avvocato Gerardo Marotta, un promotoredi cultura che unisce la formazione e l’universalità di unAby Warburg con la forza trascinante di un principe delRinascimento, l’Istituto dalla sua fondazione ad oggi haorganizzato innumerevoli conferenze, seminari, congressi,con noti studiosi, a Napoli, ma anche a Torino, Parigi, Lon-dra, Poitiers, Tubinga, Monaco, Wolfenbüttel, Barcellona,ed ha reso possibile l’incontro fra numerosi giovani ricer-catori e grandi maestri; esso ha inoltre realizzato un impor-tamte programma editoriale, che va dalla raccolta dei fram-menti della Scuola di Platone a un’edizione critica dellelezioni di Hegel.

Straordinaria impressione suscita l’ampiezza enciclope-dica dei programmi dell’Istituto; nelle diverse iniziativesono stati considerati non soltanto tutti gli aspetti sistema-tici della filosofia e tutte le epoche della storia della filoso-fia (tra l’altro anche di quella extraeuropea; l’Istituto haanche invitato importanti rappresentanti delle disciplinescientifiche a tenere conferenze e seminari: da Musatti aBergmann a Weehler, da Segré a Prigogine.

Questo programma di altissimo livello qualitativo e quan-titativo, che si prefigge come scopo un avvicinamento dellescienze moderne e della filosofia, della teoria e della prassi,e una sistematica ricognizione filosofica della realtà dellanostra epoca sulla base dell’idealismo oggettivo, questoimmane programma – incredibile a dirsi – è stato abbozzatoe avviato a realizzazione a ritmo cosí accelerato da un pic-colo gruppo di persone che si sentono solidali, l’avvocatoGerardo Marotta, che lo ha concepito, e il suo collaboratoreAntonio Gargano, come pure Giuseppe Orsi, che rappre-senta le istanze dell’Istituto in Germania. L’alto idealismo

58

Page 59: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che anima queste persone fa sí che questo Istituto col suopiccolo gruppo di collaboratori metta in campo una pro-duttività di gran lunga maggiore di numerose istituzioniburocraticamente gonfiate e dirette svogliatamente.

Ci auguriamo che tale organismo possa in futuro avere lastessa efficacia che ha oggi, e soddisfare le grandi speranzeche, a ragione, ripone in esso un non piccolo gruppo diintellettuali europei che ha imparato a considerarlo semprepiú come l’istituzione che sarà in grado di guidare il rinno-vamento spirituale di cui l’Europa ha assolutamente biso-gno, se vuol sopravvivere dal punto di vista intellettuale epolitico.

59

Page 60: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Culture nazionali e spirito dell’Europa

EGON ALFRED KLEPSCH

Presidente del Parlamento Europeo

Vorrei innanzitutto esprimere il mio ringraziamentoall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, del quale siamotutti ospiti qui, in questo antico e glorioso palazzo Serra diCassano. Abbiamo offerto al convegno il patrocinio delParlamento europeo, e di buon grado abbiamo accolto l’in-vito a presenziare ai lavori. Porgere il nostro saluto ci rendeora particolarmente lieti, poiché, attraverso gli studi e l’e-sperienza che abbiamo maturato, da cittadini, nelle istitu-zioni nazionali e nelle istituzioni unitarie della nuovaEuropa, abbiamo ben potuto riconoscere quanto sia statodeterminante, per il fiorire dell’ideale politico dell’unitàeuropea, l’opera secolare, travagliata e appassionata, dellacultura dell’età che chiamiamo moderna.

È alla storia, alla cultura, alla religione che per secolihanno formato i nostri spiriti che occorre fare riferimentoper affrontare uno dei maggiori problemi di oggi: comepossono e debbono intrecciarsi le esigenze delle singolenazioni, di unità entro i propri confini e di identità nazio-nale ben garantita, e l’esigenza comune a tutte di darecorpo e sostanza al disegno unitario entro un grande orga-nismo comunitario? È un tema da considerare con spiritoaperto e con coraggio, lasciando cadere le grossolane ipo-tesi semplificatrici; nessuna trascuratezza può essere con-sentita di fronte alle culture nazionali, che hanno il dirittodi conservare e svolgere la loro identità specifica, ciò che

60

Page 61: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

per ciascun popolo è sempre la piú significativa delle con-quiste storiche ed è punto di partenza obbligato per le con-quiste successive. Un’Europa al livello delle sue tradizioninon potrebbe certo costruirsi nella violazione di tali diritti;e perciò siamo tenuti a rifiutare, se vogliamo fare operameritoria per il futuro, i progetti di sviluppo che ponganoin antitesi l’unità dell’insieme e le individualità nazionaliche ne sono il fondamento. Le difficoltà e l’originalità delprogetto europeo stanno appunto qui: nell’intento, che èanche una necessità, di costruire una comunità nella qualenazionalità differenti – le cui interrelazioni hanno persecoli avuto un ruolo essenziale nella formazione e nel pro-gredire di un comune spirito europeo – riescano a inte-grarsi in maniera ancora piú stringente, non solo nell’am-bito politico, ma in ogni ambito della vita civile e spirituale.E questa strada – vogliamo ancora sottolinearlo – costituisceper noi un percorso obbligato: solo per il suo tramite potràsorgere l’Europa unita.

Ed è allora all’Europa dell’Umanesimo, alla memoriastorica di questa e al corpo di valori che ad essa rimane asso-ciato da secoli, che dobbiamo innanzitutto fare riferimento.A quella tradizione dell’Umanesimo che – non dobbiamodimenticarlo – è al tempo stesso patrimonio dei singoliPaesi d’Europa e dell’Europa nella sua interezza.

La scelta che è maturata negli ultimi decenni, di essere“europei”, impone limiti e condizioni; e se vogliamo esseretali dobbiamo guardare alle nazioni d’Europa, alla loro sto-ria ed al loro stesso presente, come agli elementi di unosvolgimento unitario, nel quale sempre opera la totalitàimplicita che l’Europa rappresenta, in quanto entità di civil-tà e di cultura, nel nostro mondo tormentato ed ancora sol-

61

Page 62: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cato da profondissime contraddizioni. L’Italia meridionale,e Napoli in particolare, hanno contribuito al costituirsi diquesta tradizione in una maniera determinante, dai primialbori del mondo classico, e per un lunghissimo arco disecoli sono restate le sue sedi privilegiate, senza che mai lasua luce venisse meno e si oscurasse del tutto. E perciò aqueste primissime fonti della nostra civiltà, da Napoli, vaprima che alle altre il nostro riconoscimento. Lasciatemiaprire, a questo punto, una parentesi per citare quanto èstato detto dal grande filosofo Hans-Georg Gadamer sullacittà di Napoli e sul vostro istituto: «Sono particolarmentelieto di poter affermare che la grande eredità toccata insorte a Napoli è oggi in buone mani. È un merito inesti-mabile dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici quellodi aver preso qui l’iniziativa. Infatti la ripresa della filosofiapromossa a Napoli dall’attività dell’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici è già nota in tutto il mondo. Tornerà aonore della grande tradizione culturale di Napoli, se siriuscirà a tenere viva l’eredità del grande pensiero europeoe ad edificare su queste premesse nuove forme di pensieroe di vita. Tutto ciò ci fa credere in quell’Europa per laquale viviamo e che, come speriamo, sopravviverà alleminacce di questa epoca. Spero che l’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici costituirà nel prossimo futuro unmodello per l’Europa per superare gli ostacoli rappresen-tati dalla burocratizzazione degli studi. Senza iniziative diquesto tipo la cultura è perduta perché la burocratizza-zione degli studi – come conseguenza della tendenza indu-striale della nostra epoca – significa la pietrificazione dellacultura ed una minaccia alla creatività e alla ricchezza deirapporti umani».

62

Page 63: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Eredità somma, per l’Italia e per l’Europa, fu quella dellescuole di filosofia e di pensiero della Magna Grecia; e altret-tanto grande fu quella della vocazione universalistica dellaciviltà greca, dei suoi legislatori e fondatori di città, del dise-gno, umanissimo pur se incompiuto, della polis antica.

Tutto ciò ha costituito la premessa ideale di un unicosvolgimento, che si è protratto per secoli. L’Europa e lo spi-rito europeo sono il risultato piú alto di quel grande motoche, sorto inizialmente nelle città italiane nei secoli dellaRinascenza, si propagò al di là dei suoi confini e informòpresto di sé l’intera vita degli Stati nazionali dell’Occidente,che allora si venivano definitivamente confermando.

Qui a Napoli, città che vanta nobili tradizioni di culturae di impegno civile nei suoi grandi intellettuali, da Bruno aGiannone e da Filangieri a Croce e Omodeo, è d’obbligoconsiderare un tale processo non solo in quanto vicenda distoria politica, ma piú ancora come fatica memorabile dellecoscienze e luminosa esperienza interiore, come vicendaemblematica della storia della cultura europea. Rendiamoomaggio, perciò, all’intuizione somma di BertrandoSpaventa, che ha voluto cogliere l’essenziale, nell’evolu-zione delle relazioni tra pensiero italiano e pensiero euro-peo nel corso dell’età moderna, tra Rinascimento eRisorgimento, traducendolo nella giustamente celebratatesi della circolarità dello svolgimento spirituale europeo inrapporto all’Italia. Lo spirito europeo moderno compí pro-prio qui le sue prime prove, e innanzi che altrove nel suddel Paese, nelle regioni stesse che avevano tratto gloria dallescuole della Magna Grecia e poi, negli anni oscuri delleinvasioni barbariche e della decadenza, dai pensatori soli-tari che dai ritiri di Calabria serbavano e tramandavano la

63

Page 64: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

fede nella filosofia, nel pensiero, nella superiorità del viverecivile.

È molto sintomatico constatare che oggi, alla soglia delterzo millennio, allorché il problema del rapporto fra unitàeuropea e identità degli Stati nazionali si pone con vigore,si sia pensato a fare ricorso ad un concetto – la sussidia-rietà – che affonda le sue radici lontano nel tempo. Taleconcetto ha infatti una lunga tradizione nella storia delleidee politiche e sociali; se ne possono trovare tracce giànelle opere di Aristotele e di San Tommaso d’Aquino. Nelpensiero contemporaneo esso viene evocato in termini discienza politica da Alexis de Tocqueville, secondo il qualel’organizzazione collettiva trova la sua giustificazione nelfatto di consentire lo sviluppo della personalità. La colletti-vità deve dunque dotarsi di strutture che garantiscano inmodo ottimale tale sviluppo. A partire da tale postulato diun’autodeterminazione del singolo quanto piú ampia pos-sibile, si fissa il principio di sussidiarietà quale fondamentodell’organizzazione delle strutture: gli organismi di rangosuperiore devono assumersi unicamente i compiti che nonpotrebbero essere assolti in modo migliore, o con la stessaefficacia, dagli organismi di rango inferiore.

Fondamentalmente la sussidiarietà è un termine socio-politico e non un principio giuridico o costituzionale.All’origine, e nella sua concezione piú astratta, la sussidia-rietà è una raccomandazione normativa, una regola per fis-sare disposizioni istituzionali in modo tale da consentireche le decisioni concernenti direttamente la vita delle per-sone siano prese il piú possibile in basso nella catenadell’organizzazione sociale. L’idea socio-filosofica che nesta alla base è la sovranità, l’Eigenwert dell’individuo. Solo le

64

Page 65: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cose che il singolo non può compiere adeguatamente pos-sono essere assegnate ad un livello piú alto di organiz-zazione sociale.

Nella dottrina sociale cattolica, il punto di partenza fon-damentale del principio della sussidiarietà è il singoloessere umano, a cui va lasciata quanta piú libertà possibile:«[...] cosí come è sbagliato togliere all’individuo e affidaread un gruppo quello che può essere portato a termine daimprese o industrie private, è altresí un’ingiustizia, un gravemale e una violazione dell’ordine naturale, che un’as-sociazione piú ampia e piú importante si arroghi funzioniche possono essere svolte con efficienza da gruppi piú pic-coli e di rango inferiore» (Papa Pio XI, Quadragesimo Anno,1931, paragrafo 79).

Nel dibattito moderno sulla sussidiarietà, il rapporto ori-ginario tra l’individuo e la collettività, tra il privato e il pub-blico, è stato esteso agli organismi e alle autorità politiche.In questa versione la sussidiarietà richiede che i livelli piúbassi di autorità e di giurisdizione abbiano la precedenzarispetto ai piú elevati e che in taluni settori l’elaborazione el’assunzione di decisioni non siano soggette ad interferenzedel centro. Il principio è utilizzato anche nel diritto costitu-zionale, in particolare quello concernente gli Stati organiz-zati federalmente, nel cui ambito disciplina la divisione deipoteri legislativi fra la nazione nel suo complesso ed i sin-goli Stati membri.

L’attuazione del principio di sussidiarietà contribuiscedunque al rispetto delle identità nazionali degli Stati mem-bri e tutela i loro poteri. Esso è inteso a far sí che le deci-sioni all’interno dell’Unione europea vengano prese il piúvicino possibile ai cittadini.

65

Page 66: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Unità dell’Europa e unità nazionali sono dunque unagrande bandiera, tessuta e ritessuta attraverso un’altissimatradizione secolare, e la forza e la solidità loro discende daquesta tradizione, alla quale pur nelle tormentate vicissitu-dini storiche dell’Occidente sono rimaste strettamentelegate. Perché la cultura e la civiltà moderne in Europamuovono dall’unico grande ceppo dell’Umanesimo e la suatradizione è nella sua essenza unitaria. Per l’Europa furonocompiute le ricerche umanistiche e la versione latina diMarsilio Ficino, che resero il pensiero di Platone e diPlotino patrimonio di tutti i Paesi dell’Occidente e fonda-rono la Respublica literaria. Lo spirito europeo è l’espres-sione non soltanto delle piú alte tradizioni delle culturenazionali, ma soprattutto della loro unità; e Copernico eBruno, Erasmo e Melantone, Cartesio e Bacone, Leibniz eNewton, Campanella e Vico, Kant e Hegel, Goethe eThomas Mann, Croce ed Omodeo costituiscono un patri-monio comune, e le lettere e le arti, il diritto, il pensiero, lafilosofia delle diverse nazioni sono manifestazioni di ununico spirito, lo spirito dell’Europa.

Testo del discorso tenuto al Convegno sul tema “Europa”, organiz-zato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, svoltosi in Palazzo Serradi Cassano dal 4 al 10 settembre 1993.

66

Page 67: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’Europa e la filosofia

ALDO MASULLO

Università di Napoli «Federico II»

Edmund Husserl, nei giorni 7 e 10 maggio del 1935,tenne a Vienna una conferenza, intitolata “Die Philosophiein der Krisis der europäischen Menschheit”. Interessa quinotare che “Menschheit” designa un’essenziale tipicità di“uomo”, che si specifica nella forma spirituale dell’Europa,mentre nel titolo del testo, cosí come risulta edito in appen-dice al volume postumo Die Krisis der europäischen Wissen-schaften, si trova il termine “Menschentum”, piuttosto asignificare un empirico individuo storico, e propriamentequello di cui fan parte gli Europei.

Nella conferenza una domanda essenziale: «Come sicaratterizza la forma spirituale dell’Europa?», ovvero, ancorpiú incisivamente: «La forma spirituale dell’Europa – di chesi tratta?» (Gesammelte Werke, vol. VI, ed. cur. da W. Biemel,Haag 1954, Nijhoff, p. 318-319; tr. it. di E. Filippini, Milano1961, Il Saggiatore, p. 332).

La risposta è possibile solo se si comincia con il ricono-scere che «l’Europa spirituale ha un luogo di nascita».Questo luogo è la nazione greca antica nel VII e nel VIsecolo avanti Cristo. «Vi si sviluppa un nuovo atteggiamentodi alcuni verso il mondo circostante» che «i Greci chiama-rono filosofia. Correttamente tradotto, nel significato origi-nario, tale termine non vuol dire altro che scienza universa-le, scienza del mondo nel suo tutto, della unità totale di ciòche esiste» (p. 321; it. p. 334).

67

Page 68: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Husserl con particolare insistenza volle caratterizzare laforma storica della filosofia come Beruf, “vocazione profes-sionale”, mettendo in gioco in modo trasparente l’elabora-zione che di questa categoria, in chiave sociologica di“razionalizzazione” etica, aveva variamente compiuta MaxWeber nei primi decenni del secolo, ma restituendola al suosignificato originario di risposta coscienziosa di un esercizioconforme alla disciplina del suo compito.

La singolarità della filosofia, cosí com’essa nasce nellaGrecia del VII e VI secolo a. C., sta, secondo l’impiantodella conferenza, nel fatto che, per quanto in varie culturesi possa «constatare un interesse universale per il mondocircostante», il quale interesse «si manifesta nel modo di uninteresse vitale professionale», tuttavia, «soltanto presso iGreci» noi troviamo un interesse vitale universale(“cosmologico”) nella forma essenzialmente nuova di unatteggiamento puramente “teoretico” e si manifesta in unaforma comunitaria (pp. 325-326; it. p. 338).

L’«atteggiamento teoretico», non inerente cioè adalcuno scopo pratico-naturale, particolaristico, anzi «fon-dato sull’epochè volontaria da qualsiasi prassi al servizio delladimensione naturale», è pur sempre un «atteggiamentoprofessionale (Berufeinstellung)». Si tratta di «una prassi digenere nuovo», la quale «mira attraverso la ragione scienti-fica universale ad innalzare l’umanità, a trasformarla inun’umanità radicalmente diversa». «A ciò la teoria (lascienza universale) è chiamata (berufen) e nel vedere teore-tico testimonia la propria vocazione (Beruf )» (p. 328; it.,p. 341).

Con la «decisione di dedicare costantemente d’ora in poila vita, la vita nel senso universale, a costruire gradualmente

68

Page 69: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

la conoscenza teoretica infinita», «sorge una nuova umanità,uomini che, attraverso la filosofia, creano professionalmenteuna nuova forma culturale». Insomma «sorge una partico-lare umanità ed una particolare professione di vita (ein beson-derer Lebensberuf), correlativamente alla produzione di nuovacultura». Peraltro «la diffusione della filosofia» non resta«nei limiti della ricerca scientifica professionale», ma va «aldi là della cerchia professionale, assurgendo a movimento dieducazione (Bildungsbewegung)».

Di fronte ad una cosí radicale trasformazione della cul-tura e del modo stesso di esistere, inevitabilmente, «coloroche in modo conservatore si tengono nella tradizione entre-ranno in conflitto con la cerchia dei filosofi, e sicuramentela lotta si svolgerà nella sfera politica del potere» (p. 335, it.p. 346).

Sembrano echeggiare le parole del Simposio platonico:«Ouj ga;r oi\mai sumfevrei toi‘ı a[rcousi fronhvmata megavla

ejggivgnesqai tw‘n ajrcomevnwn » («Ai governanti non con-viene, io credo, che nei governati si generino grandi pen-sieri») (182 c, 1-2).

Ma l’annotazione di Husserl («già con gli inizi della filo-sofia comincia la persecuzione»), seccamente formulatamentre a due anni dalla fine della Repubblica di Weimar lacatastrofica rapina nazista in modo sempre piú minacciosoincombe sull’Europa, suona non come un distaccato perquanto amaro commento ad un passato storico, bensí comeil drammatico rintocco di un allarme presente.

In relazione al nostro tema, un aspetto della conferenzaviennese interessa particolarmente. Husserl da un latorivendica come essenza della filosofia la “teoreticità”, laquale, come “critica universale”, osservazione disinteressata

69

Page 70: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

del mondo nella sua “totalità”, è indipendente da ogniparticolare interesse “naturale”, cioè da ogni coinvolgi-mento nel mondo della vita, all’interno di un globale, masempre storicamente determinato e chiuso orizzonte cultu-rale. La filosofia, nella sua costitutiva “sovranazionalità”, ori-ginando un sapere europeo come “forma spiritualedell’Europa”, ha promosso «uno spirito impegnato in uncompito infinito, che permea tutta l’umanità».

Dall’altro lato, Husserl insiste nell’attribuire alla filosofiaquella “professionalità”, che pur egli non cessa di conside-rare come “determinatezza” di una “specializzazione”,“necessaria” ma, per la sua unilateralità”, altrettanto “peri-colosa”.

Max Weber, nel celebre scritto del 1904-5 L’etica prote-stante e lo spirito del capitalismo, aveva concepito la “pro-fessionalità” come un effetto di “razionalizzazione”, attra-verso cui l’individuo viene reso perfettamente adeguatocome mezzo allo scopo dello sviluppo conservativo delsistema socio-economico. In vari scritti degli anni 1916-17Weber aveva invece prevalentemente considerato la “pro-fessione” come uno dei tipi di codice di comportamento, incui l’individuo si rifugia per difendersi dal disorientamentoe dalla angosciosa insicurezza, provocati dal “politeismo”delle norme, cioè dalla proliferazione di differenti tavole divalori in una medesima area culturale. Infine, nelle notis-sime pagine del 1919 sul lavoro intellettuale, egli ritiene che,nell’epoca del “disincantamento del mondo”, come esitodel “politeismo” ideologico, la scienza, severamente garan-tita dalla “probità intellettuale” e dal coraggio dell’ “indi-pendenza da valori”, sia una professione specializzata”,stretta al suo “compito quotidiano”, lasciando che «solo nel

70

Page 71: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rapporto da uomo a uomo, nel pianissimo, palpiti l’inde-finibile».

In nessuno di questi significati weberiani di “profes-sione”, neppure nell’ultimo, sembra potersi riconoscere la“professionalità”, attribuita da Husserl alla filosofia comeatteggiamento “teoretico”.

Per Husserl la filosofia è idealmente omogenea con il“monoteismo”, e la “teoreticità” è essenzialmente raziona-lità non unilaterale. Agli occhi del filosofo, «nessuna luceconoscitiva, nessuna verità singola deve essere assolutizzatae isolata. Soltanto in questa estrema autocoscienza, chediventa a sua volta una delle componenti del compito infi-nito, la filosofia può esercitare la sua funzione, la funzionedi realizzare se stessa e perciò un’autentica umanità».Questo compito della filosofia è «l’essenza stessa dellaragione», e «per questa costante riflessività una filosofia èconoscenza universale».

Weber, di fronte al “politeismo” dilagante, si era limitatoal rifiuto di qualsiasi positività di senso e di valore e, accet-tando nei termini sociologici e psicologici la conclusione diNietzsche del ridursi della ragione a operazione di “razio-nalizzazione”, aveva però difeso il potere originario dellaragione come continuo trapassare tutti gli inconsistentisimulacri del divino, tensione per assicurare alla intelli-genza di Ulisse la sordità al canto delle Sirene, sforzo perimpedire la compromissione della razionalità scientificacon le scelte di vita, vigilanza per mantenere libero al di làd’ingannevoli e fugaci presenze un immutabile spazio diassenza.

L’avvertimento appunto di questa assenza, mai piú chesussurrato a se stessi, un “pianissimo”, esso soltanto sottilis-

71

Page 72: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

simamente separa il relativismo di Weber dal nichilismo diNietzsche.

Il “monoteismo” husserliano, invece, consiste nel sapereche ogni verità finita è unilaterale e la ragione come veritànon unilaterale, verità dell’essere totale, è infinita, sicché innessuna delle verità particolari bisogna fermarsi, ma proce-dere, razionalmente, verso la ragione, per mirarne, al di làdi tutte le verità unilaterali e al di qua della verità totale, ilcontinuo scaturire, l’originaria potenza, la veritatività.Questa appunto fu la scoperta greca della “teoreticità”,incunabolo della forma spirituale dell’Europa e della ten-denziale europeizzazione del sapere.

«L’uomo assurge a spettatore neutrale (zum unbeteiligtenZuschauer), osservatore al di sopra del mondo». Contro ladegenerazione naturalisticamente “obiettivistica” dellascienza moderna, Husserl ribadisce che «la soggettività, laquale produce la scienza, non può venir conosciuta da nes-suna scienza obiettiva». Non meno contro la conclusionenietzschiana, secondo cui non soltanto le cose del mondonon sono, ma il soggetto stesso non è, egli precisa che la con-sapevolezza critica della relatività del relativo è la condi-zione della ricerca dell’unico irrelativo che non può esserecontraffatto. «Il mondo, che è per noi, è una nostra forma-zione storica, come noi stessi, nel nostro essere, siamo unaformazione storica. Cos’è, in questa relatività, l’irrelativoche ne costituisce il presupposto? La soggettività in quantotrascendentale».

Non si tratta della ingenuamente rinnovata assolutizza-zione di una verità finita, con cui da capo non solo Husserlcontraddirebbe se stesso, ma la stessa “forma spiritualedell’Europa” si ridurrebbe ad una arrogante pretesa di dog-

72

Page 73: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

matica superiorità. Si tratta piuttosto del radicale interesse“teoretico”, che Husserl non si stanca di rivendicare comecriticità del “trascendentalismo”. Il «concetto generalissimodel trascendentale [...] può essere attinto (solo) attraversoun approfondimento della storia unitaria di tutta l’epocafilosofica moderna: è il concetto del suo compito, che solocosí può essere provato, e agisce in essa, come forza di pro-pulsione del suo sviluppo, e tende a trasformarsi da vagadynamis in energeia» (Krisis, § 26).

La “trascendentalità” della filosofia significa l’intrinsecaeticità del suo inesauribile compito, cioè non il pigro acco-modarsi in questa o quella verità oggettivata, ma il suo infa-ticabile risalire alle fonti soggettive di essa e mantenersi cosínella prossimità dell’orizzonte veritativo. La veritatività è lostesso compito etico. Il nichilismo di Nietzsche riconoscevache la “razionalizzazione” è possibile solo perché «l’inter-pretazione morale dei fatti» da parte dell’uomo esprime lasua «volontà di verità», la sua «volontà di non ingannareneppure se stesso». Ma già il preventivo anti-nichilismo diKant aveva proclamato che, nel primato della “ragione”, «ilpiú alto principio formale della moralità deve essere laveridicità».

La veritatività, come orizzonte costitutivo della nostraumanità e della sua responsabilità verso se stessa, è il telosimmanente della “teoresi” filosofica. Nella crisi profonda,attraverso cui “la forma spirituale dell’Europa” gestisce lanascita della scienza moderna, l’interesse non in modo par-ticolaristico interessato alla veritatività, cioè la tensioneverso una sicura garanzia della verità, si esprime nellaricerca di un “fondamento inconcusso”, sulla cui base nonsolo la particolare e soggettiva, ma perfino la totale e inter-

73

Page 74: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

soggettiva verità siano messe al riparo dal destabilizzantesospetto di onirica apparenza. Cartesio espresse conestrema sincerità la angosciosa insicurezza «Dormo o sondesto? Come potete esser certi che la vostra vita non è unsogno senza interruzioni e che tutto ciò che voi pensate diapprendere coi vostri sensi non è falso, non meno ora chequando dormite?».

La “forma spirituale dell’Europa”, la filosofia come“teoreticità”, nella epoca in cui da essa (libera dalla garan-zia teologica, visto che Dio stesso non è che un’idea dellaragione) si sviluppa la molteplice potenza delle nuovescienze, si costella delle innumerevoli repliche di questadomanda, sul cui sfondo filosofi come Leibniz, Wolff, Kant,Schopenhauer elaborano il loro pensiero critico, e a lungola letteratura, da Shakespeare e Calderon de la Barca, finoall’anonimo delle Notti di Bonaventura, a von Kleist, aHoffmannstahl, tesse le sue proteiche fantasie.

Nella pre-teoreticità della quotidiana “naturalità”, lenostre “verità” sono le impressioni corporee, le passioni, leimmagini, i desideri, i ragionamenti, le parole, gli scontri, leazioni, in breve il mondo storico, fatto appunto, secondoTucidide, di pathemata e di pragmata. Noi ne veniamo vissuti.Sappiamo quel che vediamo, soffriamo e facciamo, ma nonsappiamo quello che siamo. La nostra coscienza è un sogno,talvolta è un incubo. Uscirne, e nella veglia verificarne final-mente la fondatezza, è il senso proprio della ragione, chenell’atteggiamento teoretico esprime la propria infinita ten-sione e si trova responsabile verso se stessa.

Se la “teoreticità” come etica della veritatività è la “formaspirituale dell’Europa”, cosa vuol dire l’“europeizzazione”del sapere? E che cosa la “responsabilità” dell’Europa?

74

Page 75: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nella coscienza volgare l’europeizzazione viene identifi-cata non tanto, come un tempo, con la cristianizzazione dipopoli extraeuropei, e neppure con la diffusione delle ideedi diritti dell’uomo e di democrazia, o con l’espansione del-l’economia di mercato, quanto con il generalizzato imporsidella tecnicizzazione meccanizzante della vita quotidiana.Questo impressionante fenomeno, che sconvolge profonda-mente i costumi della quasi totalità dei popoli del pianeta econ un’inaudita violenza ne livella gli stili, è certamente ilpiú vistoso risultato della scienza moderna e del suo svi-luppo in forma di tecnologia. Esso sembra dunque il fruttopiú maturo del sapere europeo e della forma spirituale chelo ha caratterizzato.

Non è certamente questo il senso, in cui Husserl si poneil problema dell’ “europeizzazione”. Nella conferenza diVienna, egli riassunse con estrema energia il suo pensiero,impegnato a combattere la confusione tra la “teoreticità”della filosofia, e delle scienze che partecipano alla trascen-dentalità, e gli effetti patologici, che ne costituiscono le per-verse degenerazioni. A partire dal Rinascimento, sedottedallo straordinario sviluppo delle scienze “naturali”, la filo-sofia e le scienze dello “spirito”, cioè della soggettività, sisono impigliate in una specie di razionalismo ingenuo, e sisono perdute nella “naturalizzazione dello spirito”.Paradossalmente le scienze della soggettività hanno perse-guito 1’ “oggettivismo”. Ne sono state operazioni tipiche l’i-dealizzazione matematica astrattamente infinitizzante, laperdita di un contatto con il mondo circostante della vita,l’estraneazione della razionalità dalla intuizione soggettiva,che la rende possibile, e la sua riduzione a tecnica senzasoggettività.

75

Page 76: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

In queste condizioni, la “forma spirituale dell’Europa”non è piú riconoscibile. Alla “teoreticità”, come illimitatatensione veritativa e come vegliante cura del senso nel suooriginarsi dalla soggettività vivente, si è sostituita la “pra-tica” delle verità limitate delle tecniche, che modificanoquantitativamente lo stile dei nostri gesti quotidiani, manon li sottraggono alla insensatezza della loro abituale oni-ricità.

Per la filosofia, la quale come “teoreticità” della ragioneè l’essenza costitutiva della “forma spirituale dell’Europa”,il pericolo mortale sta nella caduta della tensione. PerciòHusserl avverte che «il maggior pericolo dell’Europa è lastanchezza». È evidente, su queste premesse, che la “euro-peizzazione”, di cui Husserl parla non può consistere nellastraripante diffusione dello stile tecnico nella quotidianitàe della versione tecnologica del sapere, la qual diffusione ètanto impressionante quanto meccanica, obbediente nonallo “spirituale” dovere di verità, ma alla “naturale” volontàdi potenza. Di tutto ciò Husserl appare già lucidamenteconsapevole nel testo del 1935. «Dalla trasformazione del-l’esistenza umana e della comune vita culturale dell’uomo,avviata dalla filosofia, nasce una sovranazionalità di speciecompletamente nuova», ed è questa appunto la “forma spi-rituale dell’Europa”. Per essa l’Europa «adesso non è piúun aggregato di nazioni contigue che si influenzano avicenda soltanto attraverso il commercio e le lotte egemo-niche, bensí: uno spirito nuovo che deriva dalla filosofia edalle scienze particolari che rientrano in essa, uno spiritodi libertà critica e l’istituzione di norme per un compitoinfinito, permea l’umanità e crea nuovi infiniti ideali» (p.336; it. p. 358).

76

Page 77: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Si tratta di una “sovranazionalità” dell’Europa che, semai una volta si è realizzata, ora è ancora da avvenire. Essacostituisce il nostro compito comune – di tutti noi che, inquanto uomini già trasformati nel nostro essere storicodalla filosofia, ne avvertiamo l’appello per la restituzionedell’Europa alla sua “forma spirituale”, passaggio neces-sario per la trasformazione del mondo umano mediante lasua europeizzazione spirituale.

La stessa angoscia nichilistica che ha invaso il pensieronovecentesco attesta, come Johan Goudsblom osserva nelsuo Nichilismo e cultura, la profonda dipendenza dello spi-rito occidentale dall’ “imperativo di verità”, in quantoappare come l’effetto di estrema frustrazione della impos-sibilità di adempierlo. Ma è evidente che la ragione, laquale nella filosofia è pervenuta all’ “atteggiamento teore-tico”, né può negarsi nel nichilismo, né può autocontrad-dittoriamente fronteggiarlo con una regressiva rinunciaalla sua costitutiva criticità. Essa piuttosto, in quanto con-sapevolezza che la verità è un ideale infinito, pone ognivolta la cultura al riparo dall’autoinganno dommatico edall’inevitabile conseguenza della demoralizzante frustra-zione.

Se la “forma spirituale dell’Europa” è la filosofia, alloral’Europa nella sua intima essenza reca il rimedio per la suamalattia, la salvezza dalla demoralizzazione nichilistica.Essa è responsabile verso tutte le altre culture, dalmomento che in sé medesima reca e la malattia e il poteredi guarirla, ed è perciò innanzitutto responsabile verso ilsuo proprio essere che è l’essere non di un determinatoente, ma dell’infinita ricerca.

L’Europa deve cominciare con l’europeizzare se stessa.

77

Page 78: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

I recenti pensieri della decostruzione e della differenzacontestano la pretesa di un’“identità” europea. JacquesDerrida, ad esempio, osservando che «il proprio di una cul-tura è di non essere identica a se stessa», cioè «non di nonavere identità, ma di non potersi identificare» e di «poterprendere la forma del soggetto solo nella differenza consé» (L’autre cap, Paris 1991, Minuit; ed. it. Oggi l’Europa,Milano 1991, Garzanti, p. 14), considera «ogni discorsoeuropeo sull’Europa» come «un discorso dell’anamnesi,per il sapore di fine se non di morte che gli perviene»,quasi un semplice «programma archeo-teleologico» (ib., p.24). Per Massimo Cacciari invece lo “spirito europeo” è«l’intelligenza dell’Arcipelago che divide e separa», vale adire il logos che, «in quanto scelta, connessione, rapporto,presuppone la verità del molteplice» (L’Arcipelago, Milano1997, Adelphi, p. 9). L’uno contesta all’idea dell’identitàeuropea la pretesa integralistica di assolutezza e l’arro-ganza dommatica di superiorità, l’altro diffida i contempo-ranei dall’utopia di un’Europa come stabile supremazia diun’identità antica riduttivamente unitaria. Ma non espri-mono forse questi rilievi proprio lo spirito della filosofia,dell’“atteggiamento teoretico”, la cui essenza consisteappunto nella criticità, ossia nella consapevolezza dellanon-unilateralità del vero, della sua non-isolabilità e non-assolutizzabilità, della sua ideale infinità?

Attraverso la filosofia si origina nella cultura europea lasua piú propria differenza, che è il suo sapersi differente dasé, non assoluta nella sua identità, ma bisognosa di rap-portarsi, storicisticamente, alle sue stesse molteplici iden-tità passate e, democraticamente, alle altrui moltepliciidentità presenti.

78

Page 79: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Se la filosofia, la quale nacque nella Grecia antica, costi-tuisce come Husserl sostiene, la “forma spirituale dell’Eu-ropa”, allora essere davvero Europei – Europei finalmenteadulti – significa non essere eurocentrici.

Dal volume L’Europa oltre l’Europa, a cura di G. Biscaglia, C. M.Risimini e F. Scaringi, che raccoglie gli atti del convegno organizzatodall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dall’Associazione«Basilicata 1799» con il patrocinio del Consiglio Regionale dellaBasilicata, svoltosi a Potenza dal 27 al 29 novembre 1997.

79

Page 80: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Una religione libera per l’Europa

GIOVANNI MORETTO

Università di Genova

Nessun compito pare imporsi con maggiore urgenzaall’Europa sulla soglia del terzo millennio dell’elaborazionedi quella nuova “sintesi culturale” attorno a cui si era tantoaffaticato, all’indomani del primo conflitto mondiale, ilteologo e filosofo storicista Ernst Troeltsch. L’impresa, si sa, è ardua, ma niente meglio di essa può qualificare laBestimmung des Gelehrten, la “missione del dotto”, se è veroche questa, secondo l’indicazione di Fichte, «consiste nelsorvegliare dall’alto il progresso effettivo del genere umanoin generale e nel promuovere costantemente questo pro-gresso». Per assolvere un simile compito il “dotto”, l’“intel-lettuale” deve «interrogare l’esperienza, indagare (ma conocchio affinato dalla filosofia) gli avvenimenti del passato,volgere lo sguardo intorno a sé ed osservare i propri con-temporanei», deve «sapere a quale determinato grado dicultura sia giunta, in quale determinato momento deltempo, la società a cui appartiene, a quale determinatogrado essa debba elevarsi successivamente partendo da que-sto e di quali mezzi debba servirsi a tal fine». A ben guar-dare però, difficilmente riuscirà all’intellettuale dei nostrigiorni di elaborare la sintesi culturale, capace di alimentarela vita spirituale dell’Europa del terzo millennio, in manierapiú felice di quanto due secoli fa è riuscito al poeta Novaliscon lo scritto Christenheit oder Europa, nel quale quelle indi-cazioni fichtiane avevano trovato, alla distanza di soli cin-

80

Page 81: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

que anni, la loro piú compiuta attuazione. Naturalmente senoi qui torniamo a volgere il nostro sguardo a questo scrittonovalisiano, di cui Schleiermacher, oltre a Goethe, avevaconsigliato la pubblicazione in «Athenaeum» in quantoscorgeva in esso una celebrazione del cattolicesimo medioe-vale e del papato romano, non è perché se ne possa indivi-duare la rinnovata attualità alla luce dei progetti di nuoveevangelizzazioni piú o meno teocratiche. No, per la nuovaEuropa Novalis non coltivava il sogno di rinnovate teocra-zie. Come del resto avrebbe egli potuto esaltare il pon-tificato romano, come centro della vita spirituale europea,proprio nel momento in cui questo (in quanto “monarchiacristiana”), in seguito alla morte in esilio di Pio VI (29 ago-sto 1799) e alla trasformazione dello Stato della Chiesa inuna repubblica (febbraio 1798), sembrava avviato al tra-monto? La visione idealizzata del medioevo cristiano, concui si apre Christenheit oder Europa («i tempi belli e magnificiin cui l’Europa era una terra cristiana»), nelle intenzionidell’autore, non è che il primo quadro di una retrospettivamessa al servizio della prospettiva sull’esempio della lessin-ghiana Educazione del genere umano: il passato viene evocatosolo con lo sguardo rivolto ad un futuro migliore, al Van-gelo di una terza età. Ma, diversamente che in Lessing, noncon l’aiuto di brevi tesi filosofico-teologiche, e nemmeno,come negli storici romantici, in forza di una trascrizioneprecisa dei processi storici. No, è con l’aiuto di grandiimmagini poetiche che vengono presentate in modo vivo leepoche di una volta, i (cosí potremmo dire) diversi para-digmi della cristianità o della vita religiosa europea. Infatti,alla prima immagine del cattolicesimo medievale, celebratoin quanto fonte dell’unità europea, ne viene fatta seguire

81

Page 82: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

una seconda, quella della Riforma protestante, celebrata asua volta come legittima protesta «contro ogni pretesarivolta alla coscienza da un potere scomodo e apparen-temente illegittimo»: essa rappresenta «una quantità diprincípi giusti, ha introdotto un’infinità di cose lodevoli etolto di mezzo un’infinità di ordinamenti perniciosi». Etuttavia, come la Riforma protestante, a suo modo, supera ilcattolicesimo medievale, gli elementi negativi scaturiti dalprincipio protestantico sono tali da far scrivere a Novalis:«Con la Riforma protestante la cristianità era giunta allafine. D’ora in poi non esisterà piú»; i cattolici e i protestantieuropei stanno «ormai in una separatezza settaria piú lon-tani gli uni dagli altri di quanto non lo siano i maomettanie i pagani».

Gli elementi negativi destinati a portare al superamentodel protestantesimo sono cosí elencati da Novalis: anzituttola consegna della chiesa e della religione ai príncipi conconseguente perdita dell’ “interesse cosmopolitico” e, insecondo luogo, la fissazione della religione nell’angusta emorta lettera biblica (“religione antiquaria”). Ora è propriocome superamento di questi elementi che intende affer-marsi la terza immagine di questa novalisiana Educazionedella cristianità europea: l’immagine della modernità illumi-nistica, sorta alla fine delle guerre di religione, quando «leteste sane di tutte le nazioni erano segretamente diventatemaggiorenni». Qui Novalis ha evidentemente presentiaffermazioni di Kant, che vedono «particolarmente nellamateria religiosa il punto culminante dell’illuminismo, cherappresenta l’uscita degli uomini dallo stato di minorità cheè a loro stessi imputabile [...]; e la minorità in materia reli-giosa è fra tutte le forme di minorità la piú dannosa e anche

82

Page 83: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

la piú umiliante». Perciò, conclude Novalis, «la personacolta è per istinto nemica della religione di vecchio tipo».

Ma anche questa terza immagine reca in sé i germi delproprio superamento: in quanto volta a trasformarsi in sto-ria della moderna incredulità, essa è diventata per Novalis«la chiave per capire tutti i mostruosi fenomeni del temporecente». È questo infatti «il risultato del moderno modo dipensare»: sapere e fede completamente separati; l’Europa,il giardino spirituale di un tempo, ridotta a un deserto del-l’intelletto. «Al distacco dalla Chiesa segue con intimaconsequenzialità il distacco da Cristo, e a questo il distaccoda Dio! Dall’avversione verso la Chiesa, quindi, attraversol’avversione verso la Bibbia, in direzione dell’avversioneverso la religione in generale! Sí, con il disprezzo della reli-gione disprezzo anche della fantasia, del sentimento, del-l’amore per l’arte, dell’eticità, della preistoria e del futuro!L’uomo? Un semplice essere naturale. Il cosmo? Un mulinogigantesco che gira a vuoto, senza mugnaio. Dio? L’oziosospettatore di uno spettacolo commovente che le personecolte mettono in scena. Preti e frati? Sostituiti da questanuova congrega di illuministi e filantropi. E infine una rivo-luzione che conduce al dominio del terrore, e guerrerivoluzionarie che producono semplicemente caos». Mauna tale visione, lungi dall’essere il segno di un pessimismoculturale antimoderno, è destinata a dischiudere la pro-spettiva di una quarta epoca futura: dopo il tempo della“massima irreligiosità” è venuto il tempo della “resurre-zione”: «la vera anarchia è l’elemento che fa nascere la reli-gione. Dalla distruzione di ogni elemento positivo essa elevail suo capo glorioso come una nuova fondatrice delmondo». Ovunque Novalis avverte «le tracce di un nuovo

83

Page 84: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mondo»: inizia «a pulsare una nuova piú alta vita religiosa».Cosí la quarta immagine di questa fenomenologia novali-siana della cristianità tende a confondersi con la visioneutopica di un’umanità riconciliata e pacificata su cui sichiude il Nathan di Lessing: «Sull’Europa scorrerà ancorasangue fintantoché le nazioni non prenderanno coscienzadella loro spaventosa follia che le fa correre intorno in cir-coli, e, toccate e placate da sacra musica, si accosterannoagli altari di una volta in una colorata mescolanza, intra-prenderanno opere di pace, e un grande banchetto d’a-more, quale festa di pace, verrà festeggiato con caldelacrime su fumanti campi di battaglia. Solo la religione puòrisvegliare l’Europa e assicurare i popoli e reinsediare chia-ramente con nuovo splendore la cristianità nel suo anticoufficio pacificatore sulla terra». Queste parole di Novalis,costruite sul modulo piú caratteristico della profezia biblica(in particolare di quella di Isaia 25, 6 ss. e 66, 18 ss. – unodei rari documenti dell’universalismo soterico biblico – sul«banchetto messianico per tutti i popoli», durante il qualeDio «strapperà il velo che copriva la faccia di tutti popoli ela coltre che copriva tutte le genti» – nel seguito pure Nova-lis giocherà sul concetto di “velo” [Schleier] per alludere aSchleiermacher), verranno citate nel 1942 dai giovanicospiratori e martiri della Rosa Bianca come una promessadi libertà sotto la forca eretta nel cuore dell’Europa da unadelle piú atroci tirannie conosciute dalla storia.

Ora, in questa «nuova età dell’oro con infiniti occhiscuri, un’età profetica, miracolosa e risanatrice, capace diconsolare o di accendere vita eterna – una grande età di ri-conciliazione...», in questa “era religiosa”, con la quale «hainizio una nuova storia universale», e della quale Novalis si

84

Page 85: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

considera «uno dei primogeniti» – è il mistagogoSchleiermacher a introdurre. È infatti a lui, che in quellostesso ultimo anno del secolo dei lumi aveva dato alla luce isuoi celebri Discorsi sulla religione, che invia Christenheit oderEuropa: «Vi voglio condurre da un fratello, egli vi deve par-lare, in modo che i vostri cuori si sollevino e ridiate corpoal vostro amato intorpidito presagio, comprendiate dinuovo e riconosciate che cosa avevate di fronte agli occhi eche cosa il pigro intelletto terreno non vi poteva cogliere.Questo fratello è il battito del cuore del nuovo eone (derHerzschlag der neuen Zeit), chi lo ha sentito non dubita piúdel suo giungere, e si ritrae dalla massa, dolcemente orgo-glioso della sua contemporaneità (Zeitgenossenschaft), peraccostarsi alla nuova schiera dei discepoli. Egli ha fatto unnuovo velo (Er hat einen neuen Schleier gemacht) per la Santa(i.e. la Religione; heilig è uno dei termini che ricorrono conmaggiore frequenza nelle Reden schleiermacheriane), cheaderendo tradisce la divina struttura delle membra».

La contemporaneità con Schleiermacher, con «il battitodel cuore del nuovo eone», di cui è dolcemente orgogliosoNovalis, non è un mero dato cronologico, essa è piuttostouna contemporaneità ideale, “elettiva”, e perciò un com-pito, come si conviene allo spirito della religiosità “liberale”annunciata nei Discorsi sulla religione. Un compito che, inquanto prospettato come il compito della religione post-moderna, a distanza di due secoli non cessa di essere ancheil nostro compito, se è vero che esso riconosce come pro-pria dimensione culturale autentica soltanto la dimensioneescatologica, e quindi postula, nell’atteggiamento del-l’uomo religioso, come prima virtú, etica e dianoetica, la“pazienza”, come ben sanno sia Lessing che Novalis, i quali

85

Page 86: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

per l’Erziehung dell’umanità e insieme della cristianità nonpossono che raccomandare: «Solo pazienza; verrà, devevenire il tempo santo della pace eterna, nel quale la nuovaGerusalemme sarà la capitale del mondo; e fino ad allorasiate sereni e fatevi coraggio nei pericoli del tempo, com-pagni della mia fede, annunciate con la parola e l’azione ilVangelo divino e restate fedeli fino alla morte alla fede verae infinita». Schleiermacher è stato dunque visto da Novalis,ma anche dagli altri sodali del romanticismo berlinese,come il mistagogo della religione della post-modernità, eciò non a caso. I Discorsi sulla religione, infatti, si rivolgonoall’uomo educato e istruito della modernità (i Gebildeten cheper fraintendimento e disinformazione disprezzano la reli-gione) per condurlo oltre se stesso, verso una razionalità,un’Aufklärung che, dopo aver gettato la propria luce sulla«storia delle follie umane», sulle superstizioni, sia in gradodi gettarla criticamente anche su se stessa, e fargli com-prendere che «il fine dei vostri piú nobili sforzi attuali ènello stesso tempo la resurrezione della religione! Sono levostre fatiche che apporteranno necessariamente tale fatto,ed io vi celebro come i salvatori e i tutori, sebbene involon-tari, della religione. Non abbandonate il vostro posto e lavostra opera fino a quando non avrete dischiuso i penetralipiú intimi della conoscenza e non avrete aperto con sacer-dotale umiltà il santuario della vera scienza, dove vienecompensato a tutti quelli che entrano, ed anche ai figlidella religione, tutto ciò che una mezza scienza e l’arro-gante vanagloria da essa suscitata avevano loro fatto per-dere». Sí, proprio questi virtuosi romantici della religione– Novalis e Schleiermacher –, per quanto la cosa possaapparire paradossale, sono i propugnatori della religione

86

Page 87: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

della postmodernità, che per essere tale non deve né puòdimenticare le esigenze e le esperienze dell’Aufklärung. Perquanto, o forse proprio perché esperta di segrete identifi-cazioni con la poesia e la musica (il velo che, secondo l’im-magine di Novalis, Schleiermacher intesse per la religionenon richiama alla mente il foscoliano velo delle Grazie e ilgoethiano der Dichtung Schleier?), la religione da essi annun-ciata, lungi dal lasciarsi giudicare con il principio confes-sionale, fonte di dogmatismi e fondamentalismi, si vuoleaffidato continuamente a una segreta ispirazione, che «è ilnome religioso della libertà», convinta com’è, non menodella poesia, che «la fantasia sia la facoltà piú alta e piú ori-ginaria dell’uomo», e che, fuori di essa, tutto sia soltantoriflessione su di essa. Una tale religione non può che aspi-rare a dispiegarsi in quella umanissima Kirche der Freiheit,“Chiesa della libertà”, sulla cui prospettiva si chiude la nova-lisiana Christenheit oder Europa, e che Schleiermacher ha fis-sato con i tratti della comunità, liberale ed ecumenica, deglispiriti religiosi in perenne dialogo tra loro: «Essi, infatti, fradi loro sono un coro di amici. Ciascuno sa che anch’egli èuna parte e un’opera dell’Universo, che anche in lui sirivela la sua divina azione e la sua vita divina. Egli si consi-dera, dunque, come un degno oggetto d’intuizione per glialtri. Le relazioni dell’Universo che egli percepisce in sé, glielementi di umanità che si formano originalmente in lui,tutto ciò è manifestato da lui con sacro rispetto, ma anchecon premurosa franchezza in modo che ciascuno entri eveda. Per quale ragione essi si dovrebbero nascondere qual-cosa tra di loro? Tutto ciò che è umano è sacro, perché tutto èdivino. Essi sono tra di loro un’alleanza di fratelli. Quantopiú ciascuno di essi si avvicina all’Universo, quanto piú cia-

87

Page 88: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

scuno comunica se stesso all’altro, tanto piú perfettamenteessi diventano una sola cosa; nessuno ha una coscienza aparte per sé, ciascuno ha insieme quella dell’altro; essi nonsono piú soltanto singoli uomini, ma sono anche l’interaumanità, e, uscendo fuori di sé, trionfando su di sé, essisono sulla via della vera immortalità e della vera eternità. Sevoi avete trovato qualche cosa di piú sublime in un altrocampo della vita umana o in un’altra scuola di saggezza,comunicatemela: io vi ho dato la cosa sublime che pos-siedo». Eccola, dunque, la parola sublime che Sch-leiermacher rivolge, quasi con accento di sfida, ai suoi con-temporanei passati attraverso l’esperienza della modernità:Tutto ciò che è umano è sacro, perché tutto è divino. Ma una simileparola può serbare un accento di attualità anche perl’uomo di oggi? Non è essa fin troppo datata con il suoaccento panteistico? Eppure, a ben vedere, non è con ildisinvolto uso di etichette come panteismo romantico,razionalismo, soggettivismo, estetismo che ci si può con-frontare con la concezione del religioso in esso enunciata.No, Schieiermacher non avrebbe potuto essere riconosciu-to come il mistagogo religioso del nuovo eone se non avesseavuta ben chiara in mente l’idea che la religione ha a chefare con il singolo e la Trascendenza, e non può quindi dis-solversi in un qualche suo senso traslato. Certamente ancheper lui, come per il Fichte dell’Atheismusstreit, l’oggetto dellareligione non può essere identificato con il Dio personadella tradizione giudaico-cristiana, giacché una raffigura-zione (o cifra, per usare un’espressione jaspersiana) delladivinità «nella religione non è tutto, ma una parte», cioè«una specie d’intuizione religiosa» che non necessaria-mente deve essere preferita alle altre: nella religione vera

88

Page 89: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

invece l’Universo, la Trascendenza, l’infinito è piú del Diopersona, è piú grande di tutte le sue rappresentazioni. Inuna tale prospettiva, quindi, piú che con un panteismo, siha a che fare con una concezione “liberale” del religiosoche, lungi dall’estenuarsi in un idolatrico antropo-centrismo, investe del principio della libertà tutte le piúvitali categorie elaborate dalle religioni e confessioni stori-che per evidenziarne il significato universale che le abilitiad un’applicazione estensibile non solo agli adepti e aifedeli di quelle religioni, ma ad ogni uomo che venga inquesto mondo. In effetti, investite del soffio della libertà,che le liberi dal soffocante abbraccio del confessionalismo,categorie come vita eterna, grazia, rivelazione, ispirazione,miracolo, Chiesa, ecc. risultano le piú idonee ad esprimerequello che accade – con carattere di evento e di dono –nello strutturarsi trascendentale della coscienza del singoloindividuo. Insomma, in quanto indicanti una strutturacostitutiva dello spirito umano, oltre a qualificare quest’ul-timo come il luogo autentico e originario di ogni possibilerivelazione religiosa, esse permettono a Schleiermacher difissare emblematicamente il nucleo del liberalismo reli-gioso nelle formule: «Tutto è miracolo», «Tutto è grazia»,«Tutto è divino». Ora, contro una simile concezione delreligioso, solo arbitrariamente si potrebbe avanzare l’accusadi soggettivismo astorico e costruttivismo intellettualistico.Per avanzarla, come purtroppo si continua a fare, bisogne-rebbe dimenticare che l’ultimo dei cinque discorsi schleier-macheriani è dedicato proprio alle religioni storiche inda-gate con il metodo storicistico della comparazione. No,Schleiermacher non è dimentico della storia e nemmenopuò essere detto con Dilthey, il suo biografo per eccellenza,

89

Page 90: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

un unhistorischer Kopf. Anzi il suo homo religiosus è da lui vistoespressamente come l’essere che incarna in sé l’essenzadella storia. E ciò perché è proprio in esso che egli ha rav-visato il vero criterio capace di discriminare e giudicare l’in-tera storia delle religioni positive. Queste ultime, infatti,hanno la loro origine ultima nella rivelazione attinta dal-l’intuizione e dal sentimento di un individuo, la quale rive-lazione però mai potrebbe presumere, pur nella sua eleva-tezza ed eccellenza etico-religiosa, di essere qualitativamentediversa dalla rivelazione che costitutivamente presiede allastrutturazione di ogni singolo uomo come “uditore dellaparola”. Di qui il carattere inevitabilmente ecumenico dellareligione qual è nella mente di Schleiermacher. Ma di quianche la necessità che in un’autentica paideia religiosa ci sipreoccupi piú di essere “religiosi” che di essere cristiani,musulmani, ebrei, buddhisti ecc., perché solo cosí è possi-bile che alla fine ci si scopra anche piú autenticamente cri-stiani, musulmani, ebrei, buddhisti ecc.. È in effetti soltantoda una tale paideia – in questo senso non si sottolineerà maiabbastanza il significato della terza Rede schleiermacherianadedicata all’educazione religiosa “liberale” – che potrà sor-gere la fondata speranza che la religione, anche di fronteagli enormi compiti che attendono l’umanità del terzo mil-lennio, possa costituire il ragionevole fondamento di unethos mondiale. Sí, perché, come sapevano Novalis eSchleiermacher alla fine del secolo dei lumi, anche gliuomini piú religiosamente responsabili del tardo Nove-cento sanno, con ancor piú fondate ragioni, che non puòesserci pace tra le nazioni se non c’è pace tra le religioni, eche queste devono essere giudicate alla luce del criteriodella Humanitas, cioè della promozione dell’umanità, nel

90

Page 91: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

convincimento che in tal modo, lungi dal chiudersi in uninconcludente antropocentrismo, si esalta nell’uomo e nel-l’umanità quella dimensione divina che già per Aristotelecostituiva il motivo dell’athanatízein, del pensare da immor-tali e che ha indotto Schleiermacher a siglare il proprioliberalismo religioso con la formula già citata: Tutto ciò che èumano è sacro, perche tutto è divino. Ora se questa dimensionedivina presente nell’uomo, ed elaborata dalla riflessioneschleiermacheriana in maniera trascendentale, si affermacon i caratteri dell’universalità, concerne cioè la natura, ilWesen umano, è ovvio che essa non può tollerare alcuna pre-tesa di assolutezza nel dominio delle religioni. Per essa risul-tano un assurdo l’affermazione “Extra ecclesiam nullasalus” e il sintagma di “popolo eletto”. E ciò per lo Schleier-macher dei Discorsi sulla religione vale anche per la religioneeuropea per eccellenza, cioè per il cristianesimo. In effetti,per quanto da lui ritenuta, comparativamente, la religioneeticamente piú alta finora apparsa nella storia, neppure lareligione cristiana, in quanto appunto immersa nel fluiredella storia, può avanzare la pretesa di arrestare lo svolgi-mento storico della “struttura” religiosa costitutiva del-l’uomo. Del resto, sottolinea Schleiermacher con esegesiesperta di metodologie storico-critiche, «mai Cristo ha pre-teso che le intuizioni e i sentimenti che egli stesso potevacomunicare abbracciassero tutto l’ambito della religioneche si sarebbe sviluppata dalla sua intuizione fondamentale;egli ha sempre rimandato alla verità che sarebbe venutadopo di lui. E cosí pure hanno fatto i suoi discepoli essi nonhanno mai posto limiti allo Spirito Santo; essi hanno ri-conosciuto dappertutto la sua illimitata libertà e l’unitàdelle sue rivelazioni; e se, piú tardi, quando il primo tempo

91

Page 92: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

della sua fioritura fu passato e sembrò che egli si riposassedalle sue opere, queste opere, per quel tanto che ne eracontenuto nelle Sacre Scritture, furono dichiarate illegitti-mamente come un compiuto codice di religione, ciò accad-de solo da parte di quelli che stimavano una morte il sonnodello Spirito e per i quali la religione stessa era morta; men-tre, invece, tutti quelli che ne sentivano ancora in sé o nepercepivano in altri la vita, si sono sempre dichiarati con-trari a questo procedimento non cristiano». Ma che cosa stadietro a questa interpretazione schleiermacheriana dellastoria cristiana se non l’acquisizione spinoziana e lessin-ghiana, qualificante come nessun’altra il liberalismo reli-gioso, dell’impossibilità di identificare rivelazione e Bibbia,lettera e spirito? Sí, in questa interpretazione dell’ereditàcristiana europea da parte dello Schleiermacher filosofocontemporaneamente della religione e dell’ermeneutica,sfocia l’intera tradizione della meditazione liberale, e per-ciò europea per eccellenza, sul religioso. E quello che inessa viene indicato come compito ineludibile anche perl’Europa, e attraverso essa, per il mondo del terzo millen-nio, è stato fissato con parola persuasiva, all’indomani delsecondo conflitto mondiale, da Karl Jaspers in un celebrediscorso “Sullo spirito europeo”, che si chiude con l’indivi-duazione della «metamorfosi della religione biblica» quale«questione vitale del tempo a venire». Ma da dove può pro-cedere una tale trasformazione? – si chiede Jaspers. La suarisposta non potrebbe avere un accento piú schleiermache-riano: «Solo dalla fede originaria, da cui è già sorta la Bib-bia: dall’origine che non è propria di nessuna epoca, mache esiste sempre, da ciò che è vero in eterno: uomo e Dio,esistenza e trascendenza. Tutto il resto sembra superficiale

92

Page 93: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

di fronte a questo contenuto, che per gli ebrei, i cristiani, edanche per l’islam, ha il suo fondamento nella religionebiblica», che ha insegnato e insegna che anche quando «lamancanza di terreno sotto i piedi ci fa venire le vertigini, eci sembra che l’estremo sia ancora incombente, bisognapensare che, se anche tutto sprofonda, Dio resta. È suffi-ciente che esista la Trascendenza». Perciò «neppure l’Eu-ropa è per noi l’ultima istanza. Noi diventiamo europei acondizione di diventare uomini in senso proprio, cioèuomini a partire dalla profondità dell’origine e del fine,che si trovano entrambi in Dio».

Relazione al Convegno sul tema “Europa”, svoltosi in Palazzo Serradi Cassano dal 4 al 10 settembre 1993, per iniziativa dell’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici, in onore del Presidente del Parlamento Euro-peo, Egon Alfred Klepsch.

93

Page 94: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Etica per l’Europa

CARLO SINI

Università di Milano

Credo che si possa dire che Husserl frequentava entram-bi gli aspetti, teorici e pratici, della cultura, quando, nellasua ultima opera, oltre a ravvisare in Grecia la nascita del-l’Europa spirituale in quanto legata alla scoperta della «teo-ria», dell’uomo della teoria, cioè della filosofia e della scien-za, scoperta – egli diceva argutamente – dovuta all’inven-zione di «due greci stravaganti», oltre a ricostruire in que-sto modo suggestivo e largamente condivisibile le basi del-l’umanità europea e della sua civilizzazione universale,poneva poi un inquietante problema: che cos’è però questanostra umanità nata in Grecia, cresciuta a Roma, culminatanell’Illuminismo, ecc.? È un puro dato di fatto antropologi-co, una pura «follia storico-fattuale», qualcosa di contin-gente e di casuale? Si tratta di un fenomeno accidentale frai tanti fenomeni dell’umanità e delle culture che si sonoaffermate nel tempo, che sono apparse e disparse? Oppureè qualcosa di sostanziale, di effettivamente universale, unideale culturale e sociale che di diritto, e non solo di fatto,ha motivo di porsi come modello per ogni umanità presen-te e futura? Husserl ha la lungimiranza e la forza di porrequeste domande nel 1935, nel corso della sua celebre con-ferenza a Praga (e anche a Vienna), che sono, come si sa, ilgerme della Krisis. Da un lato sta la possibilità, o il dubbio,che l’Europa non sia che una varietà antropologica, comel’India o la Cina: qualcosa di «esotico», se guardato con

94

Page 95: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

occhi non europei; dall’altro la possibilità che l’idealeeuropeo riguardi invece l’essenza dell’uomo in quanto tale,cioè qualcosa che è innato in ogni umanità e di cui la civi-lizzazione europea coglierebbe l’essenziale. Se è cosí, sucosa si basa questa per noi ottimistica convinzione? Qualene è il fondamento «apodittico» e perciò indubitabile,come diceva Husserl? In realtà dobbiamo chiederci, egliscriveva, «se lo spettacolo della europeizzazione di tutte leumanità straniere annunci la manifestazione di un sensoassoluto, rientrante nel senso del mondo, o se non rappre-senti invece un non senso storico».

Siamo soliti esaltare le diversità che sono insite nello stes-so mondo europeo: gli albanesi non sono gli spagnoli, ipolacchi non sono i francesi e cosí via. Forse ancora piúimportante è la varietà esibita dai nostri contrasti di idee: inessi è depositato il vero patrimonio della nostra cultura e lasua inesauribile ricchezza. È in base alla capacità criticamessa in luce da quei contrasti che noi abbiamo la possibili-tà di porre domande radicali e di esporre noi stessi ai confi-ni estremi del dubbio e dell’interrogazione, come appuntofaceva Husserl. Se non abbiamo questo coraggio della rifles-sione e del pensiero, allora l’idea di Europa diviene unamera retorica dell’universalismo e della razionalità formale:non c’è da meravigliarsi che i giovani non trovino entusia-smante questa maniera di presentare e intendere l’unitàeuropea; di fatto non mi sembra di percepire molta parteci-pazione giovanile ai discorsi politici relativi all’Europa.

In realtà l’idea dell’Europa è un problema ed è anche undramma, qualcosa che di fatto accompagna in modo inquie-tante tutte le nostre scelte, sia che ce ne rendiamo conto siache no. Klaus Held ricordava quanto poco l’Unione Euro-

95

Page 96: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

pea fa per la cultura e soprattutto per i giovani. Purtroppobisogna dire che questo è coerente con quel tipo di civiliz-zazione che noi abbiamo messo in atto e che stiamo diffon-dendo sull’intero pianeta: civilizzazione fondata sul profittoe sulla imposizione di modelli tecnologici uniformanti emercificanti ogni tipo di attività. Non è naturalmente che ioignori tutti i vantaggi che vengono dalla civilizzazione euro-pea. Anzitutto l’affermazione dei diritti del cittadino, dellesue garanzie giuridiche, della sua libertà di espressione: que-sto patrimonio di idee va difeso e deve restare alla base diogni assetto futuro. E non è che io ignori il benessere che lascienza e la tecnica occidentali hanno diffuso tra noi del-l’Occidente e vanno diffondendo in tutto il mondo. Non èun caso infatti che anche le altre civiltà e culture aspirino adassimilarsi al nostro modello di sviluppo, sebbene talvoltacon gravi contraddizioni e con minore consapevolezza ocapacità di proteggersi dai pericoli che il progresso econo-mico porta inevitabilmente con sé. Riconosciuto questo,bisogna però aggiungere che su queste sole basi non è pos-sibile né fondare l’Europa, né quella civiltà mondiale cheKlaus Held con molte buone ragioni auspica. Il fatto è chequelle basi, assieme a rendere possibile la creazione di valo-ri irrinunciabili, comportano anche limiti e contraddizioni:qualcosa di insito in quelle basi e non derivante soltanto dauna loro cattiva applicazione.

Per esempio, non è affatto pacifica, né pacificamenteesportabile, la nostra idea della sovranità della legge. Dob-biamo infatti aggiungere che cosa intendiamo per «legge»:l’intellettualismo greco e lo spirito giuridico romano sonodavvero gli unici modi di intendere la legalità? Sono cosíuniversali, come noi pretendiamo, o non sono, come si

96

Page 97: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

chiedeva Husserl, una mera varietà antropologica, un fattolegato alla nostra storia, al nostro carattere, alla nostra tra-dizione? Si tratta dell’idea di uomo o di un tipo di uomo sol-tanto? Se pensiamo che questo ideale giuridico debba esse-re accolto da ogni umanità del pianeta, su che cosa fondia-mo questa convinzione, qual è il criterio della sua legittimi-tà? E d’altra parte, come possiamo promuovere la euro-peizzazione di tutte le culture in base all’ideale tecnologico,imponendo ovunque un solo modello di produzione,facendolo passare per il destino, il telos diceva Husserl, del-l’umanità come tale? Il prof. Alessandro Fontana, con gran-de sensibilità e acume, osservava che, una volta che la nostraciviltà tecnica sarà assorbita dai popoli del Mediterraneo,noi dovremo accettare che i loro prodotti risultino, come èprobabile, meno costosi dei nostri e magari, perché no,anche meglio fatti: sono problemi concreti che ci attendo-no nel futuro. Ma oltre a ciò c’è un’ulteriore domanda, cheil prof. Fontana conosce bene: è poi vero che il nostromodello tecnologico è l’unico modello pensabile per ilfuturo? Ce lo potremo davvero permettere? Da molte partigli esperti di queste cose lo negano: non possiamo immagi-nare che tutto il mondo si assimili al modello di vita di Chi-cago, che tutto il mondo replichi le condizioni di vita degliStati Uniti, con l’aria condizionata in ogni locale e cosí via.Le risorse del pianeta terra non sembrano adatte a soppor-tare questo modello di sviluppo, e del resto questo modellonon è forse neppure auspicabile in assoluto: perchédovremmo diventare tutti americani, o tutti europei, incar-nanti un’unica “way of life”?

C’è molta astrazione nelle nostre tecnologie, cosí comec’è molta astrazione nei nostri princípi giuridici. Siamo con-

97

Page 98: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sapevoli che il carattere formale della legge è uno scudoefficace contro le tentazioni dell’autoritarismo, della sopraf-fazione politica e sociale, della pura violenza; però, comediceva Arduino Agnelli, queste argomentazioni si limitanoa pensare «contro» qualcosa. In un senso propositivo, per-ché la legge non dovrebbe fondarsi piuttosto – che so –sulla tradizione religiosa o sulla profezia? o sulla tradizionemitica orale, invece di fondarsi, come da noi, sulla registra-zione mediante l’alfabeto di patti e di norme? Analoga-mente, perché la produzione delle cose deve necessaria-mente obbedire ai nostri criteri quantitativi, cioè alla tra-scrizione matematica, come già diceva Galileo, e non a cri-teri di tipo qualitativo e simili?

Questi interrogativi inquietanti stanno alla base, secondome, di ogni discussione produttiva che assuma l’idea diEuropa come suo oggetto di riflessione. Se interrogativi diquesta portata non vengono sollevati, se non si ha la capa-cità e il coraggio di porseli, allora l’idea di Europa viene gio-cata a tre livelli che sono la palese contraddizione di quel-l’universalimo che pure si invoca e di cui ci si vanta: il livel-lo dell’economicismo, del burocratismo e della retorica.Parlare dell’Europa diviene solo una occasione di sfoggioretorico, atto a coprire interessi soltanto economici che sitraducono fatalmente in organismi e strumenti burocratici.Che questo sia un rischio consistente credo che lo vediamotutti. Ed è ciò per cui, pur essendo tutti a questo tavolo sim-patizzanti per l’idea dell’Europa, consapevoli che essa è lavera e grande occasione aperta al futuro che si offre al patri-monio della nostra tradizione culturale e morale, nonché ilcontributo prezioso che si offre alla vita spirituale e mate-riale di tutti i popoli della terra, nondimeno siamo anche

98

Page 99: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

costantemente delusi, disillusi e disincantati di fronte allemanifeste difficoltà di tradurre questo ideale in qualcosa diconvincente e di sostanziale.

Perché questa traduzione si rivela cosí difficile, semprerinviata, mortificata in piccole decisioni strumentali, unica-mente dettate da mediazioni di interessi contingenti e infi-ne molto egoistici? Credo che ciò non vada messo sul contodella cattiva volontà dei popoli, degli individui e dei gover-ni; credo che si tratti invece di difficoltà e di contraddizionireali che si trovano nelle cose e nei princípi medesimi. C’èindubbiamente una prevalente volontà politica ed econo-mica che mira all’unità, ispirata da bisogni immediati e bencomprensibili; questa stessa volontà pratica tende però asottovalutare i problemi di fondazione e di legittimità,tende a cancellarli e a risolvere le contraddizioni e i para-dossi con vacue affermazioni retoriche.

Si parla molto di unità, ma giustamente si teme l’unifor-mità, che per esempio consegue da una sorta di dittaturatecnologica. La varietà è una ricchezza irrinunciabile del-l’Europa, si dice. Di ciò sono per esempio testimonianzaeloquente proprio la Germania e l’Italia, le quali, non aven-do costruito già da secoli un forte Stato unitario, hannoconservato una varietà anche positiva di localismi e diffe-renze interne. Hitler voleva invece uniformare tutta l’Euro-pa al nazismo; Stalin, se avesse potuto, avrebbe fatto altret-tanto. Meno male che non ce l’hanno fatta, diciamo noi.Però assistiamo impotenti a questo tipo di uniformità dellaproduzione, della informazione e del costume che è conse-guenza delle nostre tecnologie avanzate: vediamo crescereil conformismo degli abiti e delle idee, cui va di pari passolo svuotamento ideale della politica. Come ci misuriamo

99

Page 100: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

con questi problemi? Che cosa possiamo fare perché nonaccada che l’unica diversità che viene salvata sia quella turi-stica? In questo senso salvare Venezia dalla degenerazione,salvare il sud dell’Italia dalla devastazione sono davvero pro-blemi europei, cioè problemi emblematici per tutta lacomunità e la civiltà dei popoli europei. Vi ricordo che pro-prio Hitler, quando programmava il ruolo dell’Italia dentrola «sua» Europa, immaginava l’Italia futura come «il giardi-no degli aranci», il «paradiso delle vacanze» (cosa che nongarbava affatto a Mussolini, dati i suoi sogni di potenzaimperiale «romana» e «mediterranea»: non ultima ragionedella sua decisione di entrare nel conflitto mondiale perchél’Italia vi recitasse un ruolo di «grande potenza», con l’esitotragico che ne è sortito, legato alla tragedia di tutto il popo-lo tedesco, del suo patrimonio civile, culturale, monumen-tale e morale). Certo ciò che chiamiamo, sbrigativamente,la tecnica non presenta pericoli cosí terribili, come quelliche sono derivati dai sogni di Hitler e di Mussolini; però incerti casi essa sembra promuovere esiti stranamente simili,sebbene per vie diverse: vie molto meno violente, e che pro-prio perciò sfuggono alla coscienza critica collettiva, conl’appoggio, tra l’altro, di strumenti atti a creare un consen-so psicologicamente manipolato e programmato.

Se questo è almeno in parte vero, potremmo allora esse-re indotti a pensare che i totalitarismi, il fascismo, il nazi-smo, il marxismo russo, con tutte le loro tragiche vicende,sono qualcosa di piú di un errore, di una deviazione o diuna degenerazione dai sani e buoni principi della civilizza-zione europea. Forse bisogna avere il coraggio morale eintellettuale (e questo sembra a me il compito essenzialeper il filosofo) di dire che quelle degenerazioni, sebbene

100

Page 101: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dovute a molteplici ragioni contingenti, a limiti ed erroriumani, ad agguati e sventure del destino, erano però inqualche misura anche conseguenza dei limiti dei nostri«universali» princípi. Fascismo, nazismo, marxismo sonoanche una delle possibilità iscritte nei nostri princípi e fon-damenti. Naturalmente in quei princípi stanno possibilitàmigliori e per queste appunto ci battiamo. Ma non è peresempio sufficiente ritenere che il solo affermarsi dellenostre democrazie sia di per sé una soluzione e uno scudocontro i pericoli totalitari. Dobbiamo avere il coraggio diriconoscere che la nostra democrazia si sta sempre piú risol-vendo in rissosa e cinica demagogia. Niente mi sembra oggisuonare piú sinistro di quella celebre battuta che dice: lademocrazia è il peggiore dei governi nei quali si possa desi-derare di vivere, però non ce n’è di migliori.

Se cosí stanno le cose, c’è motivo di pensare che i prin-cípi che hanno fatto la grandezza dell’Europa mostrinooggi il limite della loro contingenza; per esempio che anchel’idea formale e astratta dell’universale è un’idea particola-re (sebbene si tratti, come diceva Marx, di quel tipo di astra-zioni che poi si realizzano e divengono concrete, o si sosti-tuiscono al concreto). Ciò concerne l’universalità dellaragione tecnologica, della ragione giuridica e della ragionepolitica. La nostra democrazia è ormai un pessimo modo divita politica: dire che il totalitarismo è peggio non la assol-ve, è solo indice di inerzia morale e di pregiudizio ideologi-co, che gabella tautologie per argomentazioni.

Quali sono i fondamenti del nostro preteso universali-smo? Cosí si chiedeva Husserl e cosí dobbiamo continuarea chiederci. Sono forse una mera varietà antropologica? Seè cosí, hanno inevitabilmente il loro limite e il loro male

101

Page 102: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

interno, come ogni realtà contingente e di fatto. Senza unacoraggiosa autocritica non potremo né pretendere né otte-nere che la nostra tradizione divenga patrimonio di tutti,cioè dell’uomo planetario che di fatto si viene costruendo. Edovremo in ogni caso accettare che i nostri princípi si modi-fichino al contatto delle altre culture, come immancabil-mente è sempre avvenuto e ancora, io credo, avverrà. Mal’Europa deve andare a questo appuntamento con uno spiri-to radicalmente critico e autocritico. Se non ne sarà capace,resterà preda dei tre fantasmi che prima evocavo: l’economi-cismo, la burocrazia e la retorica. E questa sí sarebbe davverola fine dell’Europa, l’eclissi della sua tradizione spirituale.

Ancora un paio di considerazioni. Se prendiamo sulserio l’idea che l’Europa sia una varietà antropologica,come diceva Husserl, ciò comporta però che anche le altreciviltà e culture lo sono. Noi non abbiamo alcun privilegio«ideale» o «apodittico», ma nemmeno gli altri lo hanno.Non c’è motivo di esagerare l’importanza dell’«estraneo».Qui sarebbe importante un confronto a fondo con le acutee generose tesi di Bernhard Waldenfels. Noi non siamodetentori di una verità assoluta, ma neanche l’estraneo lo è,se per estraneo si intende le altre culture. Per parte nostra,abbiamo determinato la nascita, come diceva Husserl, di unuomo della teoria. Personalmente preferirei dire: un uomodella trascrizione alfabetica e poi matematica della parola edella verità. Ciò ha comportato la nascita di quell’uomo cri-tico e desacralizzato di cui già parlava Max Weber. Non sitratta allora di esportare questo uomo critico, universale e«laico» come una cosa pacifica e pregiudizialmente salvificaper tutti. Non è però nemmeno il caso di assimilarsi all’uo-mo dell’oralità, del mito, della profezia, della religione rive-

102

Page 103: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

lata e cosí via. In generale anzi si deve riconoscere, io credo,che dalla scrittura alfabetica e matematica è ben difficiletornare indietro, per molte ragioni che qui non è possibiletoccare. Già Aristotele diceva: dalla filosofia non si tornaindietro; o bisogna filosofare o non bisogna filosofare, ma,una volta posta l’antitesi, non si può non filosofare anchesolo per deciderla. Credo che invece si debba dire: ci ènecessario un uomo capace di tollerare tutto questo, cioèun uomo che, senza dover o poter rinunciare alla teoria,sappia però abitarla altrimenti. L’universalità è una partico-larità, però funziona proprio come un universale realizzato(questa era la definizione della merce in Marx). Quindinon si tratta di immaginare una fondazione teorica dellateoria (l’ultimo Husserl se ne era appunto reso conto); sitratta di instaurare un abito, cioè un’etica, della cultura teo-rica che noi di fatto siamo. In verità questo che siamo esiamo diventati attraverso la nostra tradizione è, io direi,propriamente e profondamente l’estraneo, il nostro estra-neo: noi siamo estraniati a noi stessi a partire dalla nostratradizione, e anzitutto dalla tradizione delle nostre praticheteoriche, a cui siamo soggetti (e non di cui saremmo sog-getti). Dobbiamo portare il nostro pensiero all’altezza dellepratiche teoriche che ci costituiscono e che continuamenteesercitiamo senza porre su di esse una reale domanda criti-ca. In termini semplificati si potrebbe dire che noi nonsiamo ancora capaci di pensare e di realizzare quella eticache il fare tecnologico ci impone.

Dal volume: La fenomenologia e l’Europa, a cura di R. Cristin e M. Rug-genini, Atti del convegno promosso dall’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici a Trieste dal 22 al 25 novembre 1995 (Vivarium, Napoli, 1999).

103

Page 104: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

I Sud d’Europa

SERGIO ZOPPI

Presidente Formez, 1976-1996

Nell’aprire il primo numero di «Nord e Sud», nel dicem-bre del 1954, in un saggio significativamente intitolatoMezzogiorno dell’Occidente, Ugo La Malfa scriveva: «La parola,la qualifica “meridionale” ha un senso ben preciso. Essadefinisce una maniera di essere di alcuni milioni di italiani:essa presuppone un particolare stadio di civilizzazioneumana e, perciò stesso, un confronto e un paragone.Quando oggi noi parliamo, con linguaggio ‘ultramoderno’,di aree depresse o di zone arretrate o sottosviluppate, espri-miamo molto di meno, e di piú generico, di quel che il ter-mine meridionale esprima. Poiché aree depresse o zone dieconomia arretrata o sotto-sviluppata possono considerarsil’India o l’Egitto, la Cina o il Messico o non so quanti altripaesi, ma manca a tali vasti territori una condizione cheappartiene piú propriamente al Mezzogiorno d’Italia: l’es-sere cioè questa un’area sottosviluppata o di depressionenell’ambito di una civiltà nazionale e internazionale carat-teristica dei paesi dell’Europa occidentale. Noi possiamoparlare dell’India e dell’Egitto, come di paesi al di fuoridella storia interna dell’Europa: non possiamo parlare del-la Sicilia o dell’Abruzzo, della Campania o delle Puglienello stesso modo [...]. Questo elemento caratteristico delMezzogiorno, questo essere il Mezzogiorno un Occidentedecaduto, è stato sempre chiaro e univoco nella coscienzapiú avanzata del Mezzogiorno».

104

Page 105: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Malgrado le tante incertezze e gli egoismi esplosi negliultimi tempi, credo che questi anni saranno decisivi perl’affermazione del Mezzogiorno come Mezzogiornod’Europa, pienamente inserito nella comunità degli Statieuropei. Una comunità difficile e ancora lontana, ma cuinon si può rinunciare.

Per aprirci meglio all’Europa e al mondo ci sarebbe diaiuto, in questa fase, una maggiore coscienza di nazione e,al tempo stesso, la consapevolezza dei rischi provocati da unindividualismo esasperato, che inevitabilmente inclina asfociare nell’edonismo. Ci è richiesto, dai tempi, di avere ilcoraggio e la capacità di mettere a confronto e di valoriz-zare la polivalenza e la multidimensionale ricchezza delmondo in funzione di una rinascita della cultura, quale fat-tore creativo portatore di senso e di ordine. Invece avver-tiamo una sorta di disagio, la sensazione di un procederesenza meta, che si scarica sul sociale connettendosi all’arre-tratezza del settore pubblico e alle incertezze del sistemaeconomico. I temi all’ordine del giorno sono da anni all’at-tenzione di tutti: il lavoro; la scuola; la sanità; la casa; l’or-dine pubblico; i flussi di comunicazione (dai trasporti ai ser-vizi postali); la giustizia, non solo quella penale ma anchequella civile, ormai frequentemente amministrata da sediprivate o semiprivate, dal momento che i processi tra primoe secondo grado possono durare anche lustri. Pur con legravi difficoltà del momento, non dobbiamo dimenticareche il Sud si presenta oggi con un’offerta di lavoro ancorain forte aumento; con una buona disponibilità di territorida attrezzare e in parte pronti per la localizzazione di nuoviinvestimenti produttivi, anche se la dotazione di in-frastrutture (strade, ferrovie, acqua per usi civili e indu-

105

Page 106: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

striali) non è ancora paragonabile a quella del Nord.Peraltro i territori meridionali – per la prima volta nellaloro storia – presentano risorse di ricerca, d’innovazione edi alta formazione, ancora limitate ma in apprezzabile evo-luzione.

Tutti questi elementi inducono a ritenere che esistanocondizioni perché, specie in vista della tormentata costru-zione del Mercato unico europeo, il Sud venga assunto noncome momento d’instabilità e precarietà, bensí come occa-sione di crescita della società civile nazionale e d’espan-sione della base produttiva. Tanto piú se si tiene conto cheil “non sviluppo” è stato avvertito da un’area fortementemaggioritaria dell’opinione pubblica settentrionale comeun costo insopportabile.

A mio avviso, buona parte dei veri ostacoli all’integra-zione del Mezzogiorno nell’Europa unita provengono dal-l’interno stesso delle regioni meridionali. In un’Europaavviata a processi di sempre piú stretta interattività, l’im-portanza relativa di una regione dipende dal peso della suaeconomia sul totale comunitario o dalla capacità d’iniziativadelle imprese e del sistema bancario – dimensioni e aspetti,certo, di grande rilievo –, ma anche, e sempre piú, da fattorinon direttamente economici, quali l’efficacia dell’azioneamministrativa, la capacità decisionale delle strutture poli-tico-istituzionali, il grado d’avanzamento della vita civile.Sotto questo profilo, è bene tenere presente che fra istitu-zioni (amministrative, economiche, sindacali) e mercato sus-sistono influssi reciproci. Le istituzioni svolgono un ruoloinsostituibile nel promuovere e assistere l’evoluzione delmercato. Approfonditi studi sulla trasformazione economicadelle regioni nordorientali e centrali mostrano quanto sia

106

Page 107: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

errato ritenere che le piccole imprese di quelle regioni sianosorte quasi per generazione spontanea grazie agli impulsidegli imprenditori locali. Si è trattato, invece, di uno sforzocoordinato, che si è certamente giovato dello spirito di ini-ziativa della popolazione, ma che è stato sospinto, all’internodi significative provvidenze nazionali, dalle istituzioni diogni settore: dalle amministrazioni locali alle banche, dalleCamere di commercio alle associazioni di categoria, con lapartecipazione attiva dei sindacati e attraverso il raccordocon la scuola, l’università e la consuIenza aziendale.

Quando si parla del ritardo del Mezzogiorno, si ponesovente l’accento sulle carenze di capacità imprenditoriale,quasi che sui destini economici del Mezzogiorno gravasseun fattore culturale negativo, ereditato dalla storia e diffi-cilmente reversibile. Mentre sarebbe erroneo negare il pesoche secoli di storia passata esercitano sulla società delMezzogiorno, non bisogna trascurare il fatto che i tanti che,nel corso di un secolo, sono emigrati dal Sud hanno datoampia prova di sapersi rapidamente inserire in società piúavanzate, di rispettarne le norme e di riuscire a sviluppareliberamente i propri talenti lavorativi, professionali,imprenditoriali.

Se, quindi, ci poniamo apertamente il problema degliostacoli allo sviluppo del Mezzogiorno come provenientidalla carenza di capacità individuali ovvero dall’inadeguatofunzionamento delle istituzioni, la risposta dovrà essereattentamente valutata. Ove si dia un peso prevalente ai fat-tori individuali, il ritardo del Mezzogiorno andrebbe attri-buito a elementi di natura storica e culturale (e vengonosubito alla mente recentissime, feroci, inaccettabili classifi-cazioni, come dire?, lombardo-svizzere). Ove si riconosca,

107

Page 108: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

invece, l’importanza determinante del secondo ordine difattori, allora gli elementi chiamati in causa rivestirebberonatura piú chiaramente sociale e politica. Gli enti locali delMezzogiorno d’Italia, a confronto con quelli del settentrio-ne, appaiono piú esposti a dissesti finanziari e gestionali, acarenze tecniche e funzionali, a instabilità degli esecutivi, asituazioni continue d’emergenza. Senza dimenticare le tre-mende pressioni per l’utilizzazione delle risorse pubblichea fini diversi da quelli del bene comune: un tarlo – questo –che, nell’ostinato silenzio dei piú, ha finito col corrompereuna parte cospicua del tessuto amministrativo nazionale,con effetti devastanti.

In tale contesto, le leggi di riforma dell’ordinamentodelle autonomie locali, prima tra tutte la 142 del 1990, nonvanno sottovalutate o, peggio, accantonate, in quanto pos-sono dare un potente contributo all’attuazione dello Statodelle autonomie voluto dalla Costituzione, consentendo digovernare le questioni di competenza attraverso soluzioniistituzionali e organizzative originali e diversificate. Lo Statodelle autonomie non è qualcosa di astratto. Da anni portoin me la convinzione che per costruire l’Europa occorraanche, all’interno di ciascun paese, rafforzare la vita deicomuni: cellule nelle quali si costruisce e si mette alla prova,giorno dopo giorno, la democrazia. È partendo dalla spesalocale, oggi corrosa nei suoi valori ma ineliminabile, che sipossono connettere tra loro interessi generali. Un progettoche faccia leva su amministratori decisi a ben operare – e cene sono –- per rafforzare le capacità progettuali organizza-tive è irrinunciabile, soprattutto ora che si può contare sul-l’elezione diretta del sindaco. Da una parte, però, va conte-stata ogni forma d’irresponsabilità rispetto alla spesa

108

Page 109: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

pubblica – che è stata la linea di comportamento di largaparte del ceto politico – e va evitato qualsiasi spreco dellerisorse, fonte di clientelismo e di sfiducia. Dall’altra occorreimpedire che la prevedibile imposizione fiscale affidata aicomuni scavi un abisso incolmabile con le amministrazionidel Centro-Nord. Lo si potrà fare con un piano di risana-mento finanziario e con un grande progetto di riorganizza-zione di quelle amministrazioni che tenga ben presente chel’8,6% dei comuni del Sud è dissestato, rispetto allo 0,6 delNord ed al 2,7 del Centro, con punte del 10 per cento perla Campania, del 12 per la Puglia e del 22 per la Calabria; econ province del Mezzogiorno che sfiorano o raggiungonoil 30 per cento.

A questo punto mi pare opportuno aggiungere che nonmancano nel Sud istituzioni pubbliche su base locale che benfunzionano, (esempi significativi, tra i tanti, possono esserecostituiti dal Centro cardiochirurgico di Teramo, dal-l’Azienda municipalizzata di elettricità e trasporti di Trani,dal servizio per la pubblica istruzione del comune di Rende).

Per tornare al rapporto Mezzogiorno-Europa, sonoanch’io convinto che la questione meridionale sia unintreccio di fattori socio-economici e di fattori politico-isti-tuzionali ed etico-civili. Come è stato piú volte osservato, ilMezzogiorno è un’area di antica civilizzazione in cui ècarente quella che usiamo chiamare “società civile”. In altritermini, si tratta di un luogo autonomo di produzione eco-nomica e sociale in cui famiglie, gruppi sociali, corpi pro-fessionali, imprese e organizzazioni vivono secondo proprieregole, con una propria specifica forza e autonomia.

Le politiche per il Mezzogiorno hanno troppo a lungotrascurato queste tematiche, che ancora oggi stentano a tro-

109

Page 110: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

vare quel riconoscimento culturale e pratico-politico che lecircostanze richiederebbero.

Per compiere un autentico salto in avanti, occorrerebbeandare a vedere che cosa ci sia veramente, oggi, nelMezzogiorno: quali figure di attori stiano avanzando sul pia-no della modernità, su quali forze si possa contare peralleanze di natura politica e culturale, ma soprattutto per lapromozione del mercato, degli scambi, dei processi d’inte-grazione pratico-operativa. Penso a quanto di positivo èemerso nel corso degli ultimi anni: figure di imprenditori, icui nomi sono ormai noti a tutti; buoni, a volte ottimi isti-tuti culturali, universitari e non; strutture di ricerca all’a-vanguardia anche a livello internazionale; editori di qualità,con quotidiani ben fatti e riviste di risalto nazionale; figuredi donne affermatesi nel campo della managerialità mal-grado gli ostacoli ambientali.

Potrei proseguire nell’elencazione, ma quello cheintendo dire è questo: esistono nel Mezzogiorno le condi-zioni, a volte solo “di base” (uomini, capitali, capacità tec-nico-organizzative, cultura d’impresa, strutture di ricerca,formazione e servizi, fattori ambientali e territoriali, orga-nizzazioni di categoria), per attivare quella sequenza “svi-luppo economico – mutamento sociale – avanzamentocivile”, che è la garanzia per sentire il Mezzogiorno piena-mente inserito nella comune vicenda nazionale ed europea.

Accettare questa direzione di movimento comporta unoStato forte ed efficiente e, nello stesso tempo, una sempremaggiore affermazione d’autonomia e di responsabilità daparte del Mezzogiorno. Ma anche e, direi, in primo luogoun diverso atteggiamento dell’opinione pubblica nei con-fronti del Sud e dei meridionali. Ridurre il Mezzogiorno a

110

Page 111: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

criminalità non è solo un errore e una menzogna, è pure larinunzia dell’Italia a dare compimento al proprio destinostorico e alla propria collocazione europea. Il nodo crucialedi un “progetto civile” di questo genere sta in una crescitadella società legata non soltanto all’evoluzione dei rapportieconomici di mercato e alla composizione equilibrata degliinteressi sociali, ma anche a uno stato di cose nel quale pre-valgano una corretta amministrazione del diritto e unaenergica regolamentazione delle forze in campo, sia al cen-tro che alla periferia; in una tale prospettiva il Sud verrebbea ricollocarsi nel cuore dello Stato e, in parallelo, il sensodello Stato si porrebbe al centro della coscienza sociale delMezzogiorno. Rendendo, cosí, giustizia piena al sacrificio diFalcone e di Borsellino e degli altri martiri che hanno, inquesti anni, bagnato col loro sangue la Sicilia e altre terredel Sud.

Questo mutamento potrà realizzarsi soltanto se lo svi-luppo avverrà nella solidarietà, come hanno affermato piúvolte i vescovi italiani e, con grande efficacia, lo stesso Gio-vanni Paolo II. La solidarietà, a sua volta, presuppone unaforte, coraggiosa, indispensabile assunzione di responsabi-lità individuale e collettiva e la mobilitazione delle coscien-ze, anche per restituire senso e funzione alla politica. Quelruolo di servizio dell’agire politico, che è necessario ad ognisocietà per svilupparsi nella libertà e nella giustizia e peraffermare la capacità dell’individuo di essere il soggettodella propria vita. Tuttavia non mi sembrerebbe di averesaurito il senso di questa mia comunicazione se non accen-nassi ad un argomento, che il recente esaurimento dell’in-tervento straordinario pare aver emarginato, ma che, a mioparere, resta invece di straordinaria importanza.

111

Page 112: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’assunzione da parte del Mezzogiorno del ruolo diMezzogiorno d’Europa, ossia la sua presenza attiva fra leregioni che rappresentano il Sud all’interno dell’UnioneEuropea, non è un fatto unicamente economico, sociale,amministrativo. È anche (e, forse, soprattutto) un fatto sto-rico-culturale che richiede l’unità e l’integrazione del tes-suto culturale meridionale.

Nei decenni scorsi il Formez ha assolto ad una funzionedi aggregazione di risorse, che ha contribuito a mantenerel’unitarietà (malgrado tutto) dell’immagine del Mezzogior-no: la sua identità storica e sociale, la sua individualità cul-turale. La cultura non è mai stata, per il Mezzogiorno, unmero fenomeno sovrastrutturale: è stata al contrario, la suaconnotazione centrale, il suo modo d’essere rispetto nonsolo al mondo esterno, ma al suo stesso corpo sociale. Neglianni dell’intervento straordinario sono emersi nel Sud unnuovo e piú articolato sistema universitario, una rete di cen-tri di ricerca e di formazione, alcune istituzioni e pro-grammi di notevole rilievo intellettuale (bastino, per tutti, icasi del Progetto Napoli e del Centro universitario europeoper i beni culturali di Ravello). Ebbene, nei prossimi anni,occorrerà un grande sforzo organizzativo perché questeenergie non si disperdano e, anzi, possano ulteriormenteaccrescersi e cooperare tra loro, cosí da esprimere appienola vocazione europea della cultura meridionale e legitti-mare la funzione storica che il Mezzogiorno d’Italia haassolto e deve continuare ad assolvere nei confronti delbacino del Mediterraneo.

Un’ultima considerazione. Il Nord del nostro paese – daTorino a Milano, da Como a Brescia, da Verona a Trento, daPadova a Venezia – è il Sud dell’Europa non solo per chi

112

Page 113: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

risiede a Parigi e a Berlino (per non parlare di Stoccolma edi Oslo) ma anche per chi vive e lavora a Lione o a Monaco.Un grande italiano, Niccolò Tommaseo, 160 anni fa, dal suovolontario esilio parigino, scriveva: «nazione una e provin-cie confederate, questioni secondarie», mettendo in evi-denza come le condizioni della vera libertà e dell’avanza-mento dei popoli siano – allora come oggi – il sentirecomune, il garantire a tutti la possibilità di esprimere i pro-pri convincimenti, l’assicurare a ciascuno i mezzi perpotersi affermare. Valori, questi, sui quali costruire un pro-getto politico nel quale ci si possa riconoscere in tanti a van-taggio della collettività.

Solo se noi tutti avremo avuto l’orgoglio di sentirci ita-liani e ci saremo cimentati nella responsabilità di essereeuropei, l’Italia sarà veramente una, com’è indispensabileper affrontare un domani ricco di prospettive, ma nonesente da insidie. È, credo, quel che si attende da noi purela comunità internazionale, ancora convinta, malgradotutto, che un’Italia capace di connettere buon senso erigore, con fantasia e creatività, allontanando da sé sia faciliesaltazioni sia mortificanti autoflagellazioni, costituiscaun’entità alla quale guardare con considerazione e fiducia:un elemento essenziale per l’equilibrato assetto del vecchiocontinente.

Relazione al Convegno sul tema “Europa”, svoltosi a Napoli, inPalazzo Serra di Cassano, dal 4 al 10 settembre 1993, per iniziativadell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in onore del Presidente delParlamento europeo, Egon Alfred Klepsch.

113

Page 114: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

114

Page 115: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

REGNO UNITO

115

Page 116: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

116

Page 117: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

I rapporti di cooperazione culturale dell’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici con il Regno Unito si sono concentrati nell’intensoscambio con il piú prestigioso centro inglese di cultura umanistica,il Warburg Institute, nella cui struttura e nelle cui finalità sonostate rinvenute non poche analogie con l’Istituto di Napoli.

Gran parte dei ricercatori dell’Istituto fondato da Aby Warburghanno tenuto seminari di rilievo nella sede dell’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici con grande seguito da parte dei borsisti riuniti aNapoli da ogni parte d’Europa. Buona parte di tali serie di semi-nari si sono svolti nell’ambito della Scuola di Studi Superiori inNapoli fondata dall’Istituto e diretta dal professor Tullio Gregory esono state successivamente raccolte nella collana “Lezioni dellaScuola di Studi Superiori”, di cui ricordiamo in particolare i volumi:Charles B. Schmitt, Problemi dell’aristotelismo rinascimen-tale e Daniel P. Walker, Il concetto di spirito o anima in HenryMore e Ralph Cudworth. Altri corsi di lezioni sono stati tenutida Joseph Trapp, Jennifer Montagu, Robert Shackleton.

Borsisti italiani sono stati raccolti a Londra intorno a seminariorganizzati d’intesa con il Warburg Institute nella sede di WoburnSquare su temi di comune interesse scientifico per le due istituzionie, negli ultimi anni, soprattutto sul pensiero di Giordano Bruno.

Ai fascicoli della rivista di storia delle idee dell’Istituto, «Nou-velles de la Republique des Lettres» hanno contribuito numerosi stu-

117

Page 118: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

diosi inglesi, da Charles H. Lohr a Richard H. Popkin,da AlistairC. Crombie a Constance T. Blackwell.

Oltre a quello della storia delle idee, un settore di intensa coope-razione dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici con studiosi eistituzioni della Gran Bretagna è quello della storia economica,soprattutto grazie ai programmi di ricerche, seminari e pubblica-zioni organizzati da Luigi De Rosa, John A. Davis e Peter Mathias.Queste esperienze sono confluite nella fortunata collana pubblicatadall’editore Basil Blackwell, «The Nature of Industrialization» icui volumi: The First Industrial Revolutions; Innovation andTechnology in Europe: From the Eighteenth Century to thePresent Day; Enterprise and Labour: From the EighteenthCentury to the Present; Agriculture and Industrialization:From the Eighteenth Century to the Present Day; Interna-tionat Trade and British Economic Growth: From the Eigh-teenth Century to the Present Day, hanno avuto diffusionemondiale. Alla direzione di un altro eminente storico, benemeritoper gli apporti alla storiografia italiana, Stuart Woolf, sono statiaffidati i seminari svolti in cooperazione con la University ofEssex.

Cadenza annuale hanno i seminari sui problemi degli adole-scenti “difficili” che l’Istituto organizza a Londra in collabora-zione con la prestigiosa Tavistock Clinic.

118

Page 119: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Aby Warburg e la sua biblioteca

JOSEPH B. TRAPP

The Warburg Institute, London

Sono ormai trascorsi vari decenni da quando la Kultur-wissenschaftliche Bibliothek Warburg – la biblioteca war-burghiana per la scienza della cultura – arrivò a Londra.Alla fine del 1933, nel dicembre, due piccoli vapori, prove-nienti da Amburgo, gettarono le ancore nel Tamigi con uncarico di circa 60.000 libri e periodici e 80.000 fotografie,oltre a mobili e suppellettili per ufficio e attrezzature foto-grafiche e per la rilegatura dei libri. C’era anche una com-ponente umana di questa migrazione: un pugno d’uomini,non piú di mezza dozzina. Avevano accompagnato la lorobiblioteca e portato con sé le ricerche in cui erano impe-gnati. Il loro arrivo era il risultato di un invito formulato daun gruppo di inglesi di buona volontà, un invito che, difatto, era un pretesto. Menti vigili e sensibili erano già con-sapevoli che l’avvento di Hitler significava che l’Istituto e iltipo di libera ricerca storica che rappresentava non pote-vano sopravvivere in Germania, e che non ci poteva essereritorno in Germania sotto quel regime.

Per alcuni anni, una decina, la situazione dell’Istitutorimase precaria, anche se intorno ad esso si riunironosubito amici e ammiratori. Uomini e donne inglesi, per tra-dizione gentili verso le persone, ma indifferenti, se non osti-li, verso le idee, furono incoraggiati da Fritz Saxl e dai suoicolleghi a trarre vantaggio da una meravigliosamente fer-vida biblioteca e fototeca, e dai consigli e dalle informazioni

119

Page 120: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dello staff disponibili in generose quantità. Altri studiosiemigrati vennero a frequentare l’Istituto. Per quel decen-nio le attività dell’Istituto furono sostenute dalla famigliaWarburg, prima dalla Germania, che essa fu costretta alasciare nel 1938, e poi dagli Stati Uniti. Ci furono munificimecenati inglesi, come Lord Lee of Fareham e, special-mente, Samuel Courtlaud, fondatori dell’University ofLondon Courtlaud - Institute of Art. Una settennale con-venzione di Samuel Courtlaud rese possibile alloggiare ilibri, le fotografie e lo staff dell’Istituto nell’Università diLondra fino al 1943. Nel 1944 lo University GrantsCommittee, l’organismo che in Inghilterra controlla lefinanze dell’Università, provvide all’incorporazione per-manente dell’Istituto nell’Università di Londra.

Oggi, il Warburg è uno dei dieci Senate Institutes diquella Università, una specie che esiste solo nell’Ateneolondinese. Esso trae i propri finanziamenti dall’amministra-zione centrale dell’Università, anche se è indipendentenelle sue decisioni su come utilizzare questi finanziamenti.Fra i Senate Institutes, il Warburg Institute è unico nell’as-sumere come propria sfera di competenza l’insegnamentoe la ricerca nella storia culturale e intellettuale interdisci-plinare. La sua attenzione particolare è volta a documen-tare, in casi precisi e con particolari concreti – ricreandosempre di nuovo il contesto, il momento storico – come eperché una cultura sopravvive in un’altra, la influenza omanca d’influenzarla, è influenzata da un’altra cultura oresiste all’essere influenzata. Dal momento che il para-digma piú sorprendente di questo tipo di diffusione dellacultura si ritrova nel modo in cui si formò la civiltà di Greciae di Roma e nei modi in cui pervase la civiltà europea

120

Page 121: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

post-classica, diciamo che la nostra principale cura è la sto-ria della tradizione classica. Dal momento che l’esempiopiú notevole di questo tipo di interazione fra culture inogni campo della vita e del pensiero è il movimento ispiratodall’Italia e noto come Rinascimento, tutti noi ci occu-piamo di quel movimento.

Prima, comunque, permettetemi di parlare di fatti unpo’ piú lontani nel tempo rispetto agli anni inglesi delWarburg Institute. Aby Warburg, il nostro fondatore, fufenomeno raro fra i fondatori: uno studioso appassionato,la cui impresa sorse gradualmente dalle sue stesse preoccu-pazioni intellettuali, – ossessioni non sarebbe termineeccessivo. Egli non fu un fondatore-filantropo, attento a chealtri potessero avere l’educazione che egli stesso, forse, nonaveva ricevuto. Si avverte sempre la sua presenza fra i libri,ancor oggi.

Warburg nacque ad Amburgo nel 1866, figlio maggioredi una famiglia benestante di banchieri ebrei, il cui nomederivava da quello della piccola città di Warburg inWestfalia, da dove erano emigrati ad Amburgo nel Seicento.Suo fratello Max ha raccontato come, all’età di tredici anni,Aby offrí la quota della banca di famiglia che gli spettavacome primogenito al secondogenito, in cambio di una pro-messa. Max descrisse piú tardi il suo consenso giovanile aquesto accordo come il piú grande assegno in bianco cheavesse mai firmato. Ma quando prese la direzione dellabanca, alla morte del padre, onorò quella promessa giova-nile «di comprare ad Aby tutti i libri che voleva».

Aby Warburg frequentò l’Università di Bonn dall’au-tunno del 1886. Seguí i corsi di Henry Thode e Carl Justi,fra gli storici dell’arte e – cosa particolarmente importante

121

Page 122: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in quanto gli offriva un approccio alla civiltà antica attra-verso le idee moderne delle scienze umane (psicologia eantropologia) – seguí anche i corsi di Hermann Usener, chededicava molte lezioni alla teoria della mitologia, e quellidello storico della cultura Karl Lamprecht, come purequelli dell’archeologo classico Reinhard Kekule vonStradonitz. Attratto da un’importante mostra di pitturamoderna, Warburg trascorse un periodo estivo a Monaco.Nell’autunno 1889 fu in un gruppo di studenti selezionatiche seguirono l’insegnamento di August Schmarow aFirenze – una esperienza che deve aver rafforzato, fra l’al-tro, il suo interesse per i problemi della gesticolazione, delmovimento e dell’espressione, e per i legami tra mentalitàprimitiva ed espressione violenta del corpo. La sua espe-rienza fiorentina fu di fatto decisiva per il resto della sua esi-stenza. Amò la città di Firenze, nel suo presente e nel suopassato. Piú tardi parlò di se stesso come «Ebreo di sangue,di cuore amburghese, d’anima fiorentina». «Qui», scrisse aigenitori agli inizi del 1889, «devo gettare le fondamentadella mia biblioteca e della mia collezione fotografica, cheentrambe sono molto costose, ma rappresentano qualcosache ha valore durevole [...]. Mi ha preso una tale gioia nelmio lavoro che sono io stesso sorpreso di come stannodiventando rapidamente chiare – almeno per me – certenozioni inizialmente vaghe. Sono sicuro di essere su unastrada promettente».

Potrebbe essere stato questo il momento in cui, comesottolinea il prof. Gombrich, Warburg cercò una guida nelprimo capitolo del libro di Anton Springer Bilder aus derNeueren Kunstgeschichte: «Il proseguire dell’influenza del-l’antichità durante il Medioevo». Ciò che vi trovò fu un’idea

122

Page 123: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

precisa delle caratteristiche dell’arte antica, l’idea promossada Lessing e da Winckelmann e ancora dominante, in quelperiodo, nel pensiero tedesco: calma grandezza e nobile sem-plicità. Scorgendo altre qualità nell’arte di certe fasi dell’an-tichità, egli reagí decisamente. Nel semestre estivo, di ritornoda Bonn, consegnò un elaborato intitolato: Verso una criticadel Laocoonte di Lessing in relazione con l’arte fiorentina delQuattrocento. È significativo che egli si fosse anche immersonelle librerie, spendendo la somma, allora rilevante, di 500marchi. Per giustificare la spesa a suo padre, scrisse cheadesso aveva «il nucleo di una magnifica biblioteca. Questo èlo strumento indispensabile della mia attività. Può darsi chedebba chiedere due o tre volte la stessa cifra prima di poterportare la mia collezione di lavoro fino al punto di poterlaaggiornare in forza del mio solo appannaggio annuale».

Warburg lasciò allora Bonn per Strasburgo, dove studiòcon Hubert Janitschek, storico dell’arte ed editoredell’Alberti, e con l’archeologo classico Adolf Michaelis. Lasua tesi, presentata nel dicembre 1891, riguardava le mito-logie di Botticelli, la Nascita di Venere e la Primavera, e recavail sottotitolo An Investigation of the Image of Antiquity current inRenaissance Italy (Ricerca sull’immagine dell’antichità dif-fusa nel Rinascimento italiano). Partendo da un problemastilistico – la predilezione quattrocentesca per il drappeggioornamentale – si era sforzato di dar conto della rappresen-tazione botticelliana di temi particolari in maniere partico-lari, cioè, in breve, di come Botticelli e i suoi mecenati con-cepivano l’antichità classica. Trovò paralleli nella letteraturadel tempo, specialmente in Poliziano. Ciò non vuol dire cheegli considerasse ammirevole questa visione dell’antichità.Al contrario, criticava Botticelli per quella che chiamava

123

Page 124: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

«una sconsiderata ripetizione di motivi superficiali di movi-mento intensificato [...] e una mancanza di moderazioneartistica», una troppo facile inclinazione per il contesto cul-turale in cui si trovava. Come ebbe a dire piú tardi: «Atenedev’essere sempre di nuovo salvata da Alessandria».

In altri termini, Warburg assunse quella che gli Inglesichiamano una forte linea morale: le scelte artistiche e quelleetiche erano inestricabilmente legate. Il termine ‘manieri-smo’ aveva per lui la connotazione peggiorativa che ha man-tenuto fino a tempi relativamente recenti. Ciò che rende dif-ficile scorgere questo nella sua opera è la sua avversione peraffermazioni esplicitamente teoretiche. Lavorava per esempipiuttosto che per precetti. Seguendo Lamprecht, credevache la storia dell’arte e della letteratura potesse essere usatacome via d’accesso alle idee nelle menti degli uomini e delledonne contemporanei. In ultima analisi era sempre l’ele-mento visivo che reclamava la sua attendibilità. Leonardopotrebbe aver parlato per lui quando disse: «Vi scongiuro dinon implicarvi nelle parole a meno che non parliate a uncieco». La sua speranza, nel suo ultimo decennio, fu di incar-nare la sua filosofia della civiltà in un atlante pittorico, inti-tolato Mnemosyne, che sarebbe stato composto di dimostra-zioni visive, pitture, con poche parole di commento. (Ilvolume di Fritz Saxl e Rudolf Wittkower, British Art and theMediterranean, mi è sempre apparso una felice dimostrazionedel suo metodo, in un campo relativamente ristretto e com-parativamente poco ambizioso). Warburg credeva che se siriesce a produrre particolari a sufficienza, si può mettere incampo una massa di documentazione verbale e visiva a par-tire dalla quale si chiarificano insieme il punto in questionee i problemi teoretici.

124

Page 125: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Per ritornare alla tesi di Warburg, troviamo che eglisostiene – sulla base di una descrizione di un immaginariorilievo del Palazzo di Venere descritto dal Poliziano (che asua volta era un’elaborazione dell’inno omerico adAfrodite), e dell’interesse per gli ‘accessori in movimento’dimostrato dal Poliziano – che fu Poliziano a suggerire iltema della nascita di Venere a Botticelli. L’Alberti, notava,aveva suggerito agli artisti di lasciar modellare alla formadel corpo le chiome al vento e gli abiti. Non è forse vero cheAgostino di Duccio era stato allo stesso modo incoraggiatodall’Alberti a usare per i rilievi che eseguiva per il TempioMalatestiano le immagini di movimento intenso che avevatrovato su antichi sarcofaghi?

È difficile che sia frutto di coincidenza il fatto che tantol’Alberti quanto il Poliziano proponessero il movimentoaccentuato e che trovassero giustificazione nell’antichitàper la loro predilezione: si dev’essere trattato di parte del-l’immagine quattrocentesca del mondo antico. Poliziano,comunque, parla delle tre horae che aspettano per dare ilbenvenuto a Venere: Botticelli ne mostra soltanto una, cheWarburg vede come dea della primavera, facendo uso dicitazioni da Ovidio e dal manuale rinascimentale di mito-grafia di Vincenzo Cartari per sostenere la sua identifica-zione. Quest’immagine di figura femminile con un drap-peggio rosso è spesso segnalata nelle fonti del Quattrocentocome ‘ninfa’ – e questa divenne la denominazione diWarburg per questo ‘topos’ visivo: quello che piú tardi chia-merà Pathosformel, formula espressiva.

Dopo la laurea, Warburg si recò a Berlino, dove inco-minciò a studiare psicologia per prepararsi a una laurea inmedicina. Ciò non sorprende: nei suoi quaderni di appunti

125

Page 126: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sul Quattrocento fiorentino ritorna piú volte su problemipiú ampi che non l’arte di Botticelli e gli scritti delPoliziano. Quali sono, si chiede di continuo, i meccanismidella psiche umana che spiegano la genesi e lo sviluppodella religione, dell’arte e della scienza? Aveva letto Mito escienza di Tito Vignoli nel 1886 e ne era stato incoraggiatoa investigare la complessità della mente umana. Probabil-mente, come suggerisce Gombrich, era rincuorato dallavisione di Vignoli dell’evoluzione umana come vittoriadella razionalità sulle paure irrazionali. Un altro evoluzio-nista gli era particolarmente caro. In Expression of theEmotions in Men and Animals di Charles Darwin aveva tro-vato la teoria del gesto residuale, la nozione che il gestoespressivo è il residuo simbolico di un atto un tempo bio-logicamente utile. Da Friedrich Theodor Vischer avevaimparato a vedere l’immagine simbolica come sostitutodella parola razionale.

Il tentativo medico-psicologico di Warburg abortí, ma lepreoccupazioni circa il simbolo rimasero, e lo spinsero aun’esperienza che avrebbe influenzato il suo pensiero per ilresto della sua vita. Nel 1895 accompagnò la sua famiglia inAmerica per il matrimonio di suo fratello Paul. La vitasociale che trovò sulla East Coast lo colpí – come disse piútardi – come vuota e futile. Preso da una sorta di disgustoper se stesso, fuggí a Washington e alla SmithsonianInstitution, col progetto di visitare il Pueblo Indians delNuovo Messico. Era anche alla ricerca di se stesso, del tipodi storico dell’arte che voleva essere: «Aveva acquisito –scrive – un onesto disgusto per la storia artistica della varietàestetizzante. Un approccio formale all’immagine, privodella comprensione della sua necessità biologica come pro-

126

Page 127: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dotto fra la religione e l’arte [...] mi sembrava non portaread altro che a una sterile verbosità».

Cosí divenne una specie di antropologo, per ricercare ilpotere di ciò che è pensato e dipinto. Il fulmine, sapeva, erarappresentato simbolicamente nella storia dei Puebloscome un serpente. Ma perché, e come era stata coniata unatale forma simbolica? La sua lettura di Vischer lo aiutò araggiungere la nozione che questo era un modo per con-trollare il terrore primordiale verso l’incontrollabile: il ser-pente, piú familiare, poteva essere dominato, mentre il ful-mine no. Ancor piú importante era la questione di quale siala capacità di un simbolo di sopravvivere in un contesto cul-turale diverso da quello in cui è nato. Per saggiare questo,fece un esperimento. Chiese a un insegnante di linguainglese di Kean’s Canyon di raccontare ai suoi piccoli allieviuna storia in cui capitasse una tempesta. I bambini dove-vano illustrare questa storia e la domanda era se sarebbecapitato che qualcuno di questi bambini indiani america-nizzati rappresentasse il fulmine col simbolo del serpente.Come c’era da aspettarsi, la maggior parte dei disegnimostravano il fulmine rappresentato nella sua forma euro-pea moderna schematizzata; ma due dei quattordici bam-bini disegnarono l’indistruttibile simbolo del serpente conla testa a forma di freccia, come i loro antenati usavano rap-presentarlo nelle loro pitture di sabbia.

Ritornato ad Amburgo, Warburg provò di nuovo unsenso di perplessità e tentò di tirarsi su con una visita aParigi, in connessione col suo studio degli Arazzi Valois agliUffizi, e con un breve soggiorno in Inghilterra. Nell’ottobredel 1897 si sposò e si stabilí a Firenze, dove tenne casa persette anni, e dove tornò di continuo piú tardi. Ho già detto

127

Page 128: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dell’amore di Warburg per la città e della sua convinzionedell’importanza di questa. Negli anni ’20 Gertrud Bingricordava di aver suggerito timidamente che la sua primavisita in Italia sarebbe stata resa piú interessante da un paiodi giorni lontano dalla città, a Siena. Warburg rispose che sesi fosse allontanata da Firenze per un solo giorno avrebbepotuto lasciare il suo impiego!

Dai suoi anni di università, Warburg aveva meticolosa-mente annotato i suoi acquisti di libri. Nel 1903 acquistò516 volumi, e annotò nel suo taccuino una «idea di fondareun luogo di osservazione della storia culturale adAmburgo». Incominciò anche a fare progetti alternativi perl’insediamento stabile della sua biblioteca a Firenze. Nel1911, quando Fritz Saxl venne ad Amburgo come suo assi-stente, aveva accumulato nella sua casa di quella città unacollezione di lavoro di 15.000 volumi; alla sua morte nel1929 erano diventati all’incirca 50.000.

Fritz Saxl ha dimostrato come a Warburg sia nata neglianni di Strasburgo l’idea della forma che avrebbe dovutoprendere la sua biblioteca. Lí, ai tempi di Warburg, l’edifi-cio dei seminari ospitava diverse biblioteche specializzateper studenti di letteratura, di religione, di filosofia, di storiae di arte. Nessuna di queste era molto frequentata, se purelo era, da studenti di un’altra disciplina – ad eccezione diWarburg, il quale passava dall’una all’altra perseguendo isuoi argomenti di ricerca. Il punto importante è che questogli era possibile: le biblioteche del seminario erano aperte atutti gli studenti ed erano vicine le une alle altre – anche senon cosí vicine come egli avrebbe voluto.

Nel periodo in cui Warburg stava seriamente pensando ametter su la sua biblioteca come istituzione pubblica e per-

128

Page 129: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

manente – cosa per la quale la sua famiglia dava un gene-roso sostegno – l’organizzazione bibliotecaria era in muta-mento. Ci si liberava di sistemi piú antichi in favore di qual-cosa che riflettesse piú chiaramente le idee moderne disistematizzazione del sapere. Melvil Dewey stava elaborandola sua classificazione decimale universale, con le sue paroled’ordine semplificate e le sue improbabili collocazioni: unasorta di corsa ad ostacoli. Le biblioteche maggiori mante-nevano sistemi di ordinamento ancora piú primitivi: laBritish Library ancora archivia secondo il formato del libroe la sua data di acquisizione. La biblioteconomia stavadiventando un mistero, una professione. All’ordine delgiorno venivano ordinamenti standardizzati, alfabetici earitmetici. L’accesso diretto agli scaffali era una rarità e losfogliar libri era scoraggiato.

Warburg voleva che la sua biblioteca fosse diversa. Egline sarebbe stato il patriarca: avrebbe scelto i libri e anche leloro rilegature, li avrebbe collocati e ricollocati in un ordineche avrebbe riflettuto le sue preoccupazioni e le sue vedutecirca la connessione fra libro e libro, argomento e argo-mento, avrebbe continuamente preso appunti e li avrebbeordinati in raccoglitori d’archivio. Ci sono ancora circaottanta di questi raccoglitori. I libri che sceglieva e che cosíregistrava, comunque, sarebbero stati insieme sotto lo stessotetto, liberamente e facilmente disponibili per chiunquevolesse usarli, e disposti in un ordine che sarebbe stato piúprovocatorio che semplice.

È questa concezione di una biblioteca viva, attiva, in cuiil lettore sia attivamente guidato agli scaffali e a una visionepiú ampia del suo argomento, quella che distingueva, espero distingua ancora, la biblioteca Warburg da ogni altra.

129

Page 130: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Egli stesso formulò il principio del “buon vicino”. Ogni stu-dioso sa che ha meno da temere da ciò che sa di non sapereche da ciò che non sa di non sapere. Abbastanza spesso illibro che gli è noto non è il libro di cui ha bisogno. Il vicinosconosciuto sullo scaffale, che può essere un libro o unestratto, è quello che contiene l’informazione vitale, perquanto molto o poco questo sia tradito dal titolo.

L’idea dominante di Warburg era, come dice Saxl, che lostudente debba «essere guidato a percepire le forze essen-ziali della mente umana e della sua storia. I libri erano perWarburg piú che strumenti di ricerca. Messi insieme e rag-gruppati, essi esprimevano il pensiero dell’umanità nellasua costanza e nei suoi mutamenti».

La biblioteca, comunque, sarebbe morta col suo creatorese non fossero stati intrapresi passi per assicurare la conti-nuità di quello che rappresentava. La mattina del 21 aprile1914, nel Carmine in Firenze, davanti agli affreschi diMasaccio, Warburg e Saxl convenirono sul fatto che soltantola istituzione di borse di studio legate alla biblioteca avrebbeattratto studiosi dall’estero. Da allora in poi, una parte deifondi disponibili furono dedicati a questo. La bibliotecasarebbe quindi diventata un centro in cui Warburg e i suoiassistenti avrebbero insegnato a uomini e donne piú giovania proseguire il suo lavoro. In quel periodo non c’era univer-sità ad Amburgo. Nel 1920 fu decretata la fondazione di unatale istituzione. Proprio allora Warburg cadde ammalato, el’opera di trasformazione della biblioteca in un Istituto, epiú ancora in un Istituto che fronteggiasse la nuova situa-zione, cadde sulle spalle di Saxl.

Il primo compito di Saxl fu quello di dare un ordinesistematico alla biblioteca in modo che, dall’essere crea-

130

Page 131: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

zione intensamente personale di un individuo e strumentoper la sua ricerca, diventasse, senza perdere la sua vitalità,accessibile e utile a un piú vasto pubblico di studiosi. In unacerta misura, il fruitore doveva ricevere maggiore aiuto eguida: le ragioni di Warburg per alcune collocazioni di librierano ciecamente private e idiosincratiche, a volte storica-mente sbagliate, ma d’altra parte, se fosse stata introdottatroppa sistematicità – vale a dire l’uso dell’ordine alfabeticoo qualcosa di simile – le irripetibili qualità di studio dellabiblioteca sarebbero state intaccate. Se non è cosí facileancor oggi trovare un dato libro nella biblioteca delWarburg Institute come lo è in altre biblioteche, dal cantomio penso che sia un giusto prezzo da pagare per la suaconservazione come organismo di pensiero vivente.

Nella trasformazione della biblioteca in Istituto si trova-rono volenterosi collaboratori fra i membri dell’Universitàdi Amburgo di nuova fondazione, uomini come il filosofoErnst Cassirer, gli storici dell’arte Gustav Pauli ed ErwinPanofsky, lo studioso della classicità Karl Reinhardt, gli sto-rici Richard Salomon e Hans Liebeschutz e l’orientalistaHellmut Ritter. Altri studiosi, in genere piú giovani, lavora-vano all’Istituto per invito. Venivano dalla Germania,dall’Austria, dalla Francia, dall’Italia, dall’Inghilterra. Fuinaugurata una serie di conferenze pubbliche – i Vorträge –,che furono pubblicate in volumi annuali, ma soltanto sepresentavano il risultato di nuove ricerche; incominciaronoad apparire altri volumi di Studi.

C’erano libri dappertutto, e divennero troppi per la casain cui erano custoditi, che doveva anche accogliere la fami-glia Warburg, e lo stesso Warburg, quando egli ritornò nel1924. Per l’estate del 1925 era stato costruito un edificio

131

Page 132: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

interamente nuovo – che esiste ancora oggi – al fianco delprimo, e i due edifici insieme ospitarono una bibliotecaorganizzata pressappoco come lo è oggi.

Dopo la morte di Warburg, nell’ottobre del 1929, illavoro dell’Istituto continuò senza molti cambiamenti este-riori, ma la fine della vecchia Germania era vicina. Un sin-tomo di ciò si presentò in una conferenza di una serietenuta da studiosi inglesi e tedeschi su The Roman and theBritish Empires. Come sua perorazione, il conferenziereannunciò l’imminente fine del Commonwealth Britannico.L’Istituto si rifiutò di stampare la conferenza. Agli inizi del1933, quando era chiaro che la KulturwissenschaftlicheBibliothek Warburg non poteva continuare ad operare inGermania, Saxl e i suoi colleghi furono attratti dall’idea diRaymond Klibansky di creare un centro di cultura altrove,in modo che l’antico ideale umanistico tedesco potesse con-tinuare a fiorire. Quando quest’idea fu accettata dalla fami-glia Warburg, il risultato fu la migrazione che ho giàdescritto. L’epoca d’oro dell’Istituto non era comunquefinita. Molti di coloro che ho menzionato si mantennero incontatto con l’Istituto trasmigrato, dovunque li conduces-sero i percorsi della diaspora. Oltre a Saxl, rimasero anche,per ricominciare il lavoro in Inghilterra, Gertrud Bing,Hans Meier, Edgar Wind. Altri si aggiunsero al gruppo lon-dinese negli anni ’30: lo storico dell’arte bizantina HugoBuchthal; Otto Kurz, dalle conoscenze universali, unmodello per i bibliotecari; Rudolf Wittkower e E.H.Gombrich, Direttore dal 1959 al 1976, della cui eminenzanon c’è bisogno di dire. Piú tardi ci furono Frances Yates, laprima e piú grande delle reclute inglesi; Henry Frankfort,lo storico dell’arte e della religione dell’antico Vicino

132

Page 133: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Oriente, Direttore per un periodo troppo breve, dal 1949alla morte, nel 1954; e lo storico della musica, della magía,della filosofia e della religione D.P. Walker.

La dozzina di persone che formano attualmente lo staffaccademico dell’Istituto sostengono ora la sua reputazionenel migliore dei modi. Come prima, accogliamo studiosistranieri per lunghi e brevi periodi. Siamo ora, in senso for-male, piú di prima un’istituzione d’insegnamento, inquanto teniamo corsi per laureandi e laureati nell’Uni-versità di Londra, orientiamo la ricerca indipendente dialtri laureati, diamo consigli a studiosi. Vi sono seminariaperti, colloqui e pubbliche conferenze. Le pubblicazionicontinuano – ora contiamo cinquantacinque volumi nelJournal of the Warburg and Courtlaud Institutes e trentottonella serie inglese degli Studi, oltre ai Surveys, agliOxford-Warburg Studies, al Corpus Platonicum Medii Aevi e apubblicazioni speciali. Ci sono repertori fotografici comel’insieme originale di illustrazioni fotografiche del LePeintre-Graveur di Adam Bartsch, ora sostituito da una ver-sione stampata; medaglie italiane dello stile di Cellini, ilCensus of Antique Works of Art known to Renaissance Artists ecose simili.

I curatori della Biblioteca e della Collezione fotograficasono studiosi e non bibliotecari di professione: W.F. Ryan, ilbibliotecario capo è uno slavista e storico della scienza; C.R.Ligota, suo collaboratore, è uno storico della tarda antichitàe del Medioevo; Jill Kraye, esperto di Filelfo e dell’educa-zione nel Rinascimento; Jennifer Montagu, autorità inter-nazionale sulla scultura francese e italiana del Seicento esulle teorie dell’espressione artistica; M.V. Evans, Coeditoredell’Hortus deliciarum di Herrad of Hohenbourg, esperto

133

Page 134: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dell’illustrazione medievale; Elizabeth McGrath, interessataall’arte, alle feste e agli spettacoli fiamminghi del Seicento.

Il corpo docente comprende Michael Baxandall, i cuiinteressi toccano la storia intellettuale e sociale dell’arte dalQuattrocento al Settecento - la critica d’arte umanistica ita-liana, lo status e la condizione dell’artista italiano delQuattrocento, gli scultori in legno della Germania delRinascimento, Tiepolo; D.S. Chambers, esperto dellaMantova dei Gonzaga, della Venezia e della Roma rinasci-mentali; C.B. Schmitt, autorità su Aristotele e Cicerone nelRinascimento, su Pico della Mirandola e su molti altri argo-menti; Charles Hope, studioso dell’arte veneziana e specia-lista di Tiziano.

Quanto precede spero vi abbia dato un’idea di Warburge di quello che è diventata la sua biblioteca, dove si trovanoadesso circa 200.000 titoli, piú di 1300 testate di periodici e250.000 fotografie. Ogni anno si aggiungono circa 6.000voci, inclusi gli estratti da periodici, cui prestiamo partico-lare attenzione e che costituiscono una componente note-vole della Biblioteca.

Traduzione di Antonio Gargano.

134

Page 135: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La funzione internazionaledell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

CHARLES B. SCHMITT

The Warburg Institute, London

È stato per me un gran piacere visitare per la prima voltal’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, un centro di studidotato di un’eccellente biblioteca e di tutti gli strumentinecessari per rigorose indagini filosofiche. Sono stato parti-colarmente impressionato dalla nuova Scuola di StudiSuperiori che, appena sarà trasferita nella nuova, ampia edefinitiva sede ai Girolamini, potrà svolgere la sua funzioneeducatrice in maniera ancora piú adeguata.

Il livello degli studenti che hanno frequentato il miocorso era veramente alto, ed è stato per me un piacereincontrare giovani cosí preparati e cosí interessati ad appro-fondire lo studio delle varie discipline filosofiche. Se poiconsidero gli altri corsi, c’è di che rimanere impressionati,come del resto si rimane stupefatti per il numero e la quali-tà delle pubblicazioni promosse dall’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici.

Centri di studio come l’Istituto costituiscono parteimportante dell’odierna vita intellettuale europea. Nonhanno soltanto gran valore per i loro membri permanenti eper i loro borsisti, ma funzionano come veri e propri centriintellettuali per i molti altri studiosi che li frequentano perspecifici scopi di ricerca. Fra le numerose istituzioni con cuiho familiarità vorrei menzionare il Warburg Institute di

135

Page 136: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Londra e l’Institute pour la recherche et l’histoire des tex-tes di Parigi. Il primo, di cui sono membro, fu fondato ori-ginariamente come istituto e biblioteca privata adAmburgo, prima di trasferirsi a Londra nel 1933: quindi,nel 1944, divenne parte dell’Università di Londra. Il nostroIstituto accoglie neolaureati e ricercatori interessati ai varicampi in relazione con la “storia della tradizione classica”.Accettiamo studenti che conducono ricerche, organizziamoseminari e lezioni, curiamo una serie di pubblicazioni.

Conosco meno bene l’Istituto parigino, ma sono statomolto impressionato, nel corso di una recente visita, dallasua ottima organizzazione, dalla disponibilità dei dirigenti edalle ottime condizioni di lavoro che è in grado di offrire aisuoi ospiti.

Per quanto ne so, non esistono Istituti con finalità inter-nazionali che operino nel campo della storia generale dellafilosofia. L’Istituto di Napoli è probabilmente il primo delgenere. Specialmente oggi, quando la storia della filosofiaviene sempre meno studiata in Europa (l’Italia è in questocampo una felice eccezione), è molto incoraggiante vedereche a Napoli si è messo mano a un’impresa del genere.

Se mi è consentito dare suggerimenti sul futuro sviluppodell’Istituto, vorrei dire quanto segue. Prima di tuttol’Istituto potrà svolgere un ruolo internazionale – pur con-tinuando a intrattenere un rapporto specifico con la filoso-fia italiana (in particolare con quella del meridioned’Italia) – grazie ai fondi della sua biblioteca e delle altrebiblioteche locali. L’aspetto internazionale si riflette nell’u-tilizzazione dell’Istituto da parte di studenti e professori difilosofia di molti paesi. In secondo luogo, vorrei suggerireche lo studio della filosofia abbraccia un ambito il piú

136

Page 137: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ampio possibile. In vari periodi la filosofia ha avuto relazio-ni strette con la scienza, la medicina, la teologia, la storia, ildiritto. Per esempio, gl’intensi legami fra filosofia, teologiae medicina durante il Medioevo sono evidenti, come losono quelli fra storia e filosofia in importanti figure napo-letane, quali Vico e Croce. Ciò che impoverisce alcuni lavo-ri recenti di storia della filosofia è la mancanza del ricono-scimento di questo fatto. Pertanto è molto auspicabile chel’Istituto fornisca, in misura sempre maggiore, i piú ampistrumenti d’indagine filosofica.

Napoli mi sembra una sede eccellente per l’Istituto, siaper la sua lunga e varia tradizione nel campo della filosofia,sia per le risorse di studio disponibili sul posto.

137

Page 138: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

138

Page 139: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

PORTOGALLO

139

Page 140: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

140

Page 141: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Eleonora de Fonseca Pimentella portoghese di Napoli

MARIA TERESA GONÇALVES DOS SANTOS, SARA MARIA DE AZEVEDO, SOUSA MARQUES PEREIRA

Morta duecento anni fa, Eleonora de Fonseca Pimentel èpresente nella memoria contemporanea come esempio diautonomia e solidarietà, tanto piú notevoli in quanto la suaesistenza presenta una straordinaria accentuazione dell’ele-mento tragico. Quasi sconosciuta tra noi, in Portogallo, la“Portoghese di Napoli”, come viene chiamata, figura nel tri-stissimo Panteon dei martiri della libertà di Napoli, alfianco dei suoi compagni rivoluzionari del 1799.

Ma Eleonora de Fonseca Pimentel non incarna soltantola figura dell’eroina nazionale, il cui fervore rivoluzionariosi nutriva dell’ampia coscienza di adesione a una causaeletta e la cui attività si concretizzava per la coerenza con iprincipi di libertà, uguaglianza e fratellanza: sorprendonoanche il vigore del lavoro intellettuale, la sensibilità lettera-ria, l’entusiasmo della giornalista e la lucidità con la quale,in un’epoca di cosí varie passioni politiche – quelle del-l’Europa dopo la Rivoluzione francese – seppe sempre man-tenersi equidistante tanto dal dispotismo assolutisticoquanto dal radicalismo giacobino.

La storia di Leonor, Eleonora per gli italiani, è, per usarele parole di Maria Antonietta Macciocchi, «[...] l’autenticastoria dell’autonomia femminile – o meglio: della innega-bile dignità e identità delle donne (e non del femmini-

141

Page 142: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

smo!)». Si tratta della storia di una donna segnata da una sof-ferenza che dal profondo giungeva, silenziosa, alla manife-stazione comunicativa. Basti ricordare la morte della madre edell’unico figlio, e pure tutti gli oltraggi dovuti al marito, perintuirne le sofferenze e ammirarne la capacità di superare ilperimetro doloroso degli eventi personali fino a osare la sfidaall’egemonia maschile per partecipare, in forma coraggiosa,coerente e lucida, alla difesa dei socialmente piú deboli. Ecosí, nel perseguire l’istruzione del popolo attraverso la pub-blicistica, si trovò redattrice del “Monitore napoletano”, ilgiornale della Repubblica napoletana e primo periodico poli-tico, parzialmente scritto in vernacolo, e assunse, in questomodo, un magistero politico popolare.

La sua attività politica, troppo autonoma per l’epoca,troppo lucida per gli impeti rivoluzionari e controrivoluzio-nari del momento, troppo sincera e innovatrice, la portò alpatibolo. Accusata di essere giacobina, fu imprigionata nelgiugno e poi impiccata in piazza del Mercato il 20 agostodel 1799, all’età di quarantasette anni. Se, purtroppo, daallora Leonor è quasi sconosciuta ai portoghesi, a Napoliinvece il suo nome e il suo esempio suscitano una eco. Nel-l’Italia tutta, la sua opera letteraria, scientifica e politicacontinua a riscuotere attenzione e a essere fonte di ricerchediverse, che si concretizzano in libri e articoli.

Il pesante e ingiusto silenzio che in Portogallo è cadutosu Eleonora, nonostante la fitta corrispondenza con laregina Carlotta Joaquina, con la Marchesa di Alorna e conla Marchesa di Pombal, alla quale dedicò un’opera teatrale,viene interrotto dall’iniziativa del gruppo Faces de Eva-Estu-dos sobre a Mulher, dell’Instituto Pluridisciplinar de Histo-ria des Ideais del FCSH, dell’Università Nuova di Lisbona e

142

Page 143: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici con la promo-zione di un convegno italo-portoghese. Nel decidere dicommemorare il bicentenario della morte di Eleonora deFonseca Pimentel, Faces de Eva non ha fatto altro che rico-noscere pubblicamente il valore di questa straordinaria edimenticata figura femminile. Per illustrare tutti gli aspettidella personalità di Eleonora sono stati stabiliti contatti conl’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli attraversoil professor Riccardo Marques Pereira dell’Università diTrento, che ha in vario modo incentivato quest’eventoimportante per le relazioni culturali fra Portogallo e Italia.Da parte dell’Istituto di Napoli abbiamo sempre verificato,nei tre lunghi anni di preparazione, la piú cordiale acco-glienza e il piú straordinario appoggio da parte del suo pre-sidente, avvocato Gerardo Marotta, e dei professori AntonioGargano e Vittorio De Cesare.

All’organizzazione dell’evento si sono aggiunte, intanto,varie altre collaborazioni istituzionali, indispensabili perl’ampliarsi delle attività progettate, che sono state confor-tate dall’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica,dr. Jorge Sampaio. In Portogallo si è potuto contare sull’ap-poggio dell’Università Nuova di Lisbona e dell’Università diEvora, dell’Ambasciatore d’Italia, dell’Istituto Italiano diCultura in Portogallo, della Fundação das Casas de Fron-teira e Alorna, della Fundação Eugenio de Almeida, del-l’Instituto de Comunicação Social della Camara Municipalde Lisboa e della Camara Municipal de Evora.

Dal momento che il convegno era mirato a evocare lafigura di Eleonora de Fonseca Pimentel, il programma si èprefisso di far conoscere studi che contestualizzassero, ana-lizzassero e proiettassero il pensiero e l’azione di questa

143

Page 144: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

napoletana di origine portoghese, nata nel 1742. Trattan-dosi di una figura con molte sfaccettature sono stati previstivari ambiti tematici: letteratura, politica, economia, peda-gogia, giornalismo e femminismo. Le sessioni, svoltesi in tregiorni, il 21, 22 e 23 ottobre 1999, si sono tenute nell’Uni-versità Nuova di Lisbona, nell’Università di Evora, nelPalazzo Foz e nel Palazzo dei Marchesi de Fronteira eAlorna e vi hanno preso parte ricercatori portoghesi e ita-liani di diverse istituzioni.

A distanza di duecento anni, le brusche e forti vibrazioniemotive che agitarono la vita di Eleonora si ripresentanointatte ed è possibile individuare virtualità e limiti, contrad-dizioni e modernità della sua opera. Le relazioni e comuni-cazioni presentate, secondo una dinamica interdisciplinare,hanno precisato i contorni e valutato l’ampiezza di un pen-siero e di una azione in cui Eleonora era intensamente coin-volta. Ci è gradito riconoscere che i lavori, ora pubblicati,sono notevoli per le nuove linee interpretative, che pro-pongono e affrontano aspetti poco esplorati, in modo dacontribuire ad appurare quale influenza hanno esercitatoazione e pensiero di Eleonora de Fonseca Pimentel nellapresa di coscienza della cittadinanza, soprattutto nei ver-santi della comunicazione, dell’etica, della politica e dell’e-ducazione. L’unione fra novità e rigore ha contribuito a ele-vare la qualità e, di conseguenza, il successo dell’evento.

Traduzione di Antonio Gargano.

Il testo qui presentato è tratto dalla presentazione del volume Leonorde Fonseca Pimentel, A portuguesa de Naples (1752-1799), a cura di TeresaSantos e Sara Marques Pereira (Livros Horizonte, Lisboa 2001), pubbli-cato col patrocinio della Fundação Calouste Gulbekian e dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici.

144

Page 145: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

SPAGNA

145

Page 146: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

146

Page 147: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’affinità stessa tra le due lingue, l’italiano e il castigliano, haconsentito all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici una continuaosmosi tra studiosi e studenti italiani e spagnoli e tra esperienze cul-turali e scientifiche dei due Paesi. Filosofi, storici, scienziati spa-gnoli sono stabilmente fra i docenti dei corsi dell’Istituto e fra i rela-tori dei convegni: il loro vantaggio è di poter parlare nel loro idiomaed essere compresi senza bisogno di mediazioni linguistiche dai loroascoltatori e interlocutori. È cosí divenuto uno dei docenti stabili deicorsi di filosofia il prof. Miguel Angel Granada dell’Università diBarcellona, la cui prestigiosa vicenda accademica è emblematicadella storia stessa dell’Istituto: venuto a Napoli nei primi anniOttanta come borsista dei memorabili corsi tenuti al viale Cala-scione da Eugenio Garin, Granada è ora Presidente del CentroInternazionale di Studi Bruniani dell’Istituto, dopo aver curato perl’Istituto l’edizione in lingua spagnola di diversi dei “Dialoghi ita-liani” di Giordano Bruno ed è membro del Comitato scientificodella Scuola Europea di Studi Avanzati, costituita dall’Istituto incollaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Suor OrsolaBenincasa e con l’Università degli Studi di Napoli «L’Orientale».

Alle traduzioni bruniane in castigliano, che ora l’Istituto si pro-pone di ampliare in una sistematica edizione bilingue delle opere delNolano con la direzione del professor Granada, si affiancava la tra-duzione della Scienza Nuova di Giambattista Vico ad opera del

147

Page 148: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

professor José M. Bermudo che, a Strasburgo, in occasione della pre-sentazione al Parlamento Europeo, il 19 dicembre 1991, delle edi-zioni vichiane dell’Istituto, affermava tra l’altro: «La Spagna,incomprensibilmente, ha resistito a Vico fino agli ultimi anni. Oggile cose sono cambiate in maniera sensibile. [...] Vico è stato recupe-rato alla cultura del nostro Paese [...]. Ai nostri giorni si è dunqueresa giustizia a Vico, ma questo processo è stato a sua volta, inmaniera inusuale, tanto rapido e facile, da risultare sorprendente.Ad esso ha contribuito, in forma splendida, l’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici. Buona parte degli studiosi di Vico in Spagnaha preso parte ai seminari e ai corsi organizzati dall’Istituto aNapoli; in alcuni casi questi incontri sono serviti per mettere incontatto fra loro studiosi che in Spagna lavorano separati, isolati epersino senza conoscersi fra loro. Fra i membri del Consiglio con-sultivo dei «Quadernos sobre Vico» si annoverano vari collabora-tori dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. La stessa edizionedella Scienza Nuova che abbiamo realizzato è stata patrocinata dal-l’Istituto. Insomma, quando si scriverà la storia degli studivichiani in Spagna, si dovrà rendere un forte tributo all’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici che ha tradotto in concreto principiodi strategia culturale l’obiettivo habermasiano di perseguire situa-zioni ideali di dialogo. Non è questa certamente l’unica causa dellanotevole rinascita vichiana. C’è un’altra situazione che anche favo-risce il processo. È ovvio che noi viviamo il nostro recupero del pen-siero vichiano come una “importazione” (cosa che, d’altra parte,sarebbe in se stessa legittima e giustificata dalla genialità del Napo-letano). Eppure, ci confrontiamo col pensiero vichiano nel contestodel nostro pensiero attuale... nell’unico modo che è possibile: com-prendendo le origini. Certo, alle origini della nostra modernità, lavoce piú lucida era quella di Vico. E, per i motivi già detti, Vico nonci appare come un autore italiano: l’Italia è fortemente eterogenea;

148

Page 149: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tantomeno ci appare come un pensatore veramente napoletano: lasua opera non è provinciale, né locale. Vico ci sembra un pensatorepropriamente mediterraneo. Da una parte come l’ultimo pensatorelatino, prima della nazionalizzazione delle culture. Dall’altra ilVico dei napoletani è anche il “nostro Vico”, perché in lui troviamole chiavi del nostro peculiare accesso alla modernità: un accessopigro, convulsivo, lacerato e insufficiente».

In tre volumi sono stati riuniti gli atti di un convegno che hacostituito un grande bilancio della ripresa di studi vichiani tra Ita-lia e Spagna. Curatori dell’opera sono stati il prof. José Sevilla e ilprof. Emilio Hidalgo Serna, docente all’Università di Braunsch-weig, successore di Ernesto Grassi alla guida della Fondazione«Studia Humanitatis» con la quale l’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici coopera nella pubblicazione della omonima collana, incui sono apparse tra l’altro il De causis corruptarum artium eil De ratione dicendi di Juan Luis Vives.

La conoscenza degli sviluppi novecenteschi del pensiero spagnoloveniva comunicata ai borsisti dell’Istituto dal professor ArmandoSavignano dell’Università di Trieste in numerosi corsi di lezioni,mentre i risultati delle ricerche delle vivaci scuole di pensiero con-temporanee venivano messi a confronto con i giovani studiosi ita-liani in serie di seminari tenute, tra gli altri, dai professori: Franci-sco Rico dell’Università di Madrid, Francisco Jarautadell’Università di Murcia, Ramón Valls dell’Università di Barcel-lona, Felix Duque dell’Università Autonoma di Madrid, FernandoSavater dell’Universidad del Pais Vasco, Angel Gonzales dell’Uni-versità Complutense di Madrid, José Ignacio Linazasoro dell’Uni-versità di Madrid, Emilio Lledó Iñigo dell’Università di Madrid,Antonio Serrano Gonzales dell’Università Autonoma di Barcellona,Manuel Cruz dell’Università di Barcellona, Mauricio Jalón dell’U-niversità di Valladolid, Victoria Camps dell’Università di Madrid.

149

Page 150: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

A Napoli è molto forte l’interesse per la storia di Spagna. Ciò hafavorito la fortuna delle iniziative promosse dall’Istituto con la dire-zione del professor Luigi De Rosa, il quale, in sintonia soprattuttocon i suoi colleghi spagnoli Luis Miguel Enciso Recio dell’Univer-sità di Madrid e Luis Antonio Ribot Garcia dell’Università di Val-ladolid, ha dato vita a una regolare serie di seminari annuali nellasede napoletana dell’Istituto e a seminari di confronto storiograficosull’età moderna che si svolgono a Valladolid e hanno dato luogo auna vivace collana editoriale che annovera già molti titoli di pre-stigio: Ciudad y mundo urbano en la época moderna, Indu-stria y época moderna, Pensamiento y politica económicaen la época moderna, Trabajo y ocio en la época moderna.

150

Page 151: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il pensiero spagnolodel Novecento

ARMANDO SAVIGNANO

Università di Trieste

Che la Spagna sia stata risparmiata dalla tragedia dellaseconda guerra mondiale anche se ha dovuto piegarsi adun’altra sciagura – la dittatura franchista – può ingenerareil sospetto, peraltro infondato, che essa sia rimasta, almenoin parte, anche estranea al complesso travaglio spirituale,specialmente a quel disorientamento della ragione che hacaratterizzato la situazione culturale europea nel primo cin-quantennio del Novecento. Ma per smentire tale fallaceimpressione è sufficiente richiamarsi ai contributi dei pen-satori dell’esilio (1936-1966) e soprattutto alle figure diMiguel De Unamuno, José Ortega y Gasset e Xavier Zubiri,indubbiamente le tre voci piú originali del genio spagnolocontemporaneo.

Quando si parla di disorientamento e addirittura dieclissi della ragione non si allude solo alla sfera politica, maanche e soprattutto a quella caduta di certezze che avevanocaratterizzato la filosofia nel suo duplice versante: metafi-sico e scientifico. Ciò comporta la crisi non solo della meta-fisica – sia quella del soggetto che dell’oggetto, fino a porreil problema di un superamento di essa –, ma anche dellastessa scienza, giacché i suoi princípi, finora ritenuti incon-trovertibili, sono messi in discussione. Anche i valori moralie la stessa certezza del diritto, perlomeno nei loro aspetti

151

Page 152: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tradizionali, sembrano vieppiú entrare in disuso, perdere divigenza rispetto al compito fondamentale di orientare lavita individuale e storico-sociale.

Di tale situazione furono, ciascuno in modo affatto pecu-liare, lucidamente e profeticamente consapevoli sia Unamu-no che Ortega e Zubiri. Ma nel Rettore di Salamanca la filo-sofia si traduce, alla fine, in un’accettazione – sebbene maipassiva, perché vive di una tensione inappagabile che investetutta la personalità – del senso tragico della vita e in un’acce-zione del tutto individuale della fede. Al contrario, conOrtega siamo dinanzi ad una rivolta di fronte ai “falsi” dellaragione e della storia, rispetto a cui egli si incarica di sugge-rire nuovi orientamenti della ragione e la ricerca di nuovivalori. In Zubiri, infine, l’esame della situazione intellettualeè sin dall’inizio imperniato sul ‘ritorno alle cose stesse’ primaintuizione della ‘riforma della filosofia’ alla ricerca di unanuova ‘logica della realtà’. Egli, pur impregnato di filosofiaclassica e scolastica, tuttavia maturò ben presto viva consape-volezza della fecondità – ma anche dei limiti – della fenome-nologia di Husserl, che in seguito superò stimolato dall’on-tologia esistenziale di Heidegger (che frequentò negli annidecisivi dal 1928 al ’31), da cui però si distaccò in nome diuna rigorosa distinzione tra ontologia e metafisica ed in con-nessione con quella ‘riforma dell’intelligenza’ (già additatafin dagli anni venti dal maestro Ortega), che approderà allateoria dell’intelligenza senziente.

Se è indubbio che queste tre figure siano in contiguità sto-rica, che può assumere anche i tratti di una certa continuitàin connessione ad un comune orizzonte di preoccupazioni eproblemi per la circostanza spagnola ed europea, tuttavianon si può non rilevare, alla fine, una sostanziale ‘disconti-

152

Page 153: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nuità’. Questa è conseguente all’appartenenza a tre genera-zioni diverse, nel senso tecnico che Ortega (e poi J. Marfas)attribuisce a tale categoria basilare della dinamica storico-sociale: Unamuno è considerato, infatti, il padre spiritualedella generazione del ’98, Ortega di quella del 1914 e Zubiridella successiva. Si deve rilevare come la filosofia sia perUnamuno essenzialmente una meditatio mortis, incentratasul sentimento tragico della vita e sulla risoluzione dell’u-nico problema, l’ansia immortale di immortalità, medianteuna concezione ‘agonica’ tra la ragione e la fede, respin-gendo ogni scientismo ed intellettualismo senza incorrereperò, come solitamente si è indotti a credere, nell’irrazio-nalismo. Per Ortega, invece, la filosofia è meditatio vitaemediante il metodo ed il sistema della ragion vitale e sto-rica. Lungi dal prospettare una frattura tra ragion storica emetafisica, egli sottolinea l’ineludibilità di quest’ultimaquale antidoto allo scetticismo, giacché l’uomo non puòvivere senza credenza in una ‘visione del mondo’(Weltanschauung) al fine di sapere come regolarsi e viveremeno precariamente. L’avversione al ‘morbo soggettivista’e la critica alle diverse forme di idealismo e di realismo apartire dalla centrale nozione di ‘essere esecutivo’, per-mette di fondare la realtà radicale della vita umana circo-stanziale. Tutto ciò comporta una disamina critica dellagenesi e valenza storica della dottrina del conoscere e del-l’essere, la cui idea postula un originario rapporto tecnico-pratico, cioè, vitale, con le cose quali facilità e difficoltànella mia vita. A livello epistemologico siamo dinanzi all’au-rora della ragion storica, che può rappresentare un validoantidoto per il superamento della crisi del nostro tempo colconseguente rifiuto di ogni attitudine naturalistica sul

153

Page 154: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

piano antropologico ed il definitivo abbandono del ‘terro-rismo dei laboratori’, senza sconfinare, però, in preteseassolutizzanti o utopiche.

In un’epoca che addita il superamento della metafisica,Zubiri la ripropone con rigore ed in modo sistematicorichiamandosi alla realtà simpliciter a cui l’intelligenza sen-ziente è strutturalmente aperta. Non meno stimolanti risul-tano le sue vedute antropologiche, secondo cui l’uomo è l’u-nico ‘animale di realtà’ personale, strutturalmente libero,con una dimensione storica ed inconcussamente ‘re-legato’al ‘potere del reale’. Il mutamento di orizzonte – non piúquello greco, né quello moderno, ma post-moderno –impone all’uomo della nostra èra una riconsiderazione dellanatura, al fine di ripristinare un adeguato rapporto trascienza e filosofia; un’attenzione speciale per la storia –senza cadere, però, né nelle avventure storicistiche, né inatteggiamenti poetizzanti (Ortega ed Unamuno rispettiva-mente); infine una ricerca del senso del problema di Dio.

Sia per Unamuno che per Ortega e Zubiri, è la decisivaquestione della riforma dell’intelligenza e del ruolo dell’in-tellettuale a far emergere il problema di metodo, statuto efinalità della ragione, che non può essere avulsa dalleimpellenze socio-politiche e, in ultima analisi, dalla vita edalla realtà. In questa prospettiva i temi dell’impegno etico,in favore della pace, di una nuova qualità della vita, l’attitu-dine sulla tragicità o sportività dell’esistenza fino alle piúardite riflessioni antropologiche e metafisiche non rappre-sentano che altrettante valenze di una rigorosa quantosovente spregiudicata disamina sul senso e sul ruolo della‘ragione’ in dinamico e dialettico confronto con la vitanelle sue multilaterali dimensioni.

154

Page 155: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Alla mentalità utopistica, radical-rivoluzionaria, Ortegaoppone la sua complessa visione sociologica e storico-poli-tica con un’indagine che si articola sia in una riformadell’‘intelligenza’ – consistente nel rifiuto dell’attitudine‘razionalistica’ ed in un diverso e piú congruo ruolo dellamissione dell’intellettuale – sia in una piú articolata conce-zione sociologica, che ha nel rapporto minoranze-masse,nella distinzione tra vita inter-individuale e sociale, nellafunzione degli usi e credenze, i nuclei affatto originalirispetto alla tradizione sociologica del ‘900.

La ragion storica è l’esatto antidoto di ogni velleitarismoradical-rivoluzionario, dal momento che, in opposizione aibruschi salti, si richiama alla legge del ‘diritto di conti-nuità’, che è alla base anche del riformismo sociale e libe-ral-democratico. A tal proposito, il filosofo spagnolo adduceragioni antropologiche ed epistemologiche osservando chel’uomo, a differenza dell’animale, è l’unico essere dotato dimemoria – che lo vincola al passato – e di immaginazione,che lo pone in grado, mediante la tecnica, di progettare ilfuturo senza però rompere la continuità col passato, senzapretendere di voler iniziare sempre, come purtroppoaccade all’animale, ab imis, ma inserendosi in una tradi-zione che, tra l’altro, offre il vantaggio di far tesoro deglierrori e, perciò, di evitarli [...].

In opposizione agli esasperati nazionalismi che si anda-vano minacciosamente costruendo tra le due grandi guerreOrtega persegue ed incita l’ideale dell’unità europea qualeantidoto per la mentalità dell’uomo-massa. Descrivendo lasituazione tra gli anni trenta e quaranta, il filosofo spagnoloosserva che: prima si poteva dar aria all’atmosfera chiusa diun paese aprendo le finestre che davano sull’altro paese, ma

155

Page 156: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ora non serve a niente tale espediente, perché nell’altropaese l’atmosfera è irrespirabile come nel proprio. Di qui lasensazione opprimente di “asfissia”. La super-nazione euro-pea non è un mero ideale, ma è frutto di un «realismo sto-rico che mi ha insegnato a vedere che l’unità dell’Europacome società non è un ideale, ma un fatto di assai vecchiadata». Ma è ineludibile precisare che l’unità europea non èuna «fantasia, bensí è la realtà stessa, e la fantasia è esatta-mente il contrario: la credenza che Francia, Germania, Italiae Spagna sono realtà sostantive ed indipendenti. Si com-prende tuttavia che non tutti percepiscono con evidenza larealtà dell’Europa, perché l’Europa non è una ‘cosa’, ma unequilibrio. Già nel secolo XVIII lo storico Robertson chiamòl’equilibrio europeo the great Secret of modern Politics. Segretogrande e paradossale, senza dubbio! Perciò l’equilibrio obilanciamento dei poteri è una realtà consistente essenzial-mente nell’esistenza di una pluralità. Se questa pluralità siperdesse, quell’unità dinamica svanirebbe. Europa è, ineffetti, sciame: molte api in un solo volo».

Ma proprio tale equilibrio unitario e dinamico è oggimesso in crisi – nota Ortega – dalla presenza dell’uomo-massa, che è identico «da un capo all’altro dell’Europa»;ad esso si deve il «triste aspetto di asfissiante monotoniache va assumendo la vita di tutto il continente», dal mo-mento che crede di aver solo diritti e nessun obbligo, inuna parola è sine nobilitate, snob. Come notava nella celebreconferenza tenuta a Berlino il 7 ottobre 1949, da un’acutaanalisi storico-sociale, emerge che la realtà unitariadell’Europa è un’entità da sempre presente nella storiadell’Occidente e preesiste – quale condizione ineludibile –alle stesse nazionalità, il cui carattere pluralistico non

156

Page 157: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dev’essere appiattito, in quanto rappresenta l’essenzastessa della super-nazione europea in un organico equili-brio storico-socio-politico. La storia dell’Europa, che è lastoria della germinazione, dello sviluppo e della pienezzadelle nazioni occidentali, è incomprensibile se non si parteda questo fatto radicale: che l’uomo europeo è vissuto sem-pre, nello stesso tempo, in due spazi storici, in due società,una meno densa, ma piú ampia: l’Europa; un’altra piúdensa, ma territorialmente piú ridotta: l’area di ogninazione e nelle ristrette provincie e regioni che precedet-tero, come forme peculiari di società, le attuali grandinazioni. Quest’analisi storica può essere espressa in terminisociologici, per cui «la peculiare società che ciascuna dellenostre nazioni è, ha fin da principio due dimensioni.Grazie ad una di esse, vive nella grande società europeacostituita dal grande sistema di usi europei che con un’e-spressione per nulla felice sogliamo chiamare la sua‘civiltà’; grazie all’altra procedura si comporta secondo ilrepertorio di usi particolari, cioé, specifici».

Sia per la crisi d’identità delle varie nazioni, sia per lapresenza di usi, tradizioni, opinione pubblica, diritti eu-ropei, l’unità dell’Europa è un dato ineludibile, in quantole nazioni europee sono giunte ad un momento in cui sipossono salvare solo se riescono a superare se stesse comenazioni, vale a dire se si riesce a rendere vigente l’opinioneche «la nazionalità come forma piú perfetta di vita collettivaè un anacronismo, manca di fertilità verso il futuro, è,insomma, storicamente impossibile».

Se è l’intellettuale, o almeno un certo tipo di intellet-tuale, ad essere «sempre dietro le quinte rivoluzionarie»,perché è lui in fin dei conti il «professionista della ragion

157

Page 158: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

pura e compie il suo dovere trovandosi sulla breccia anti-tradizionalista», urge un esame del suo ruolo e della suamissione. La quale è, sia di natura “profetica” – nel sensoche a lui spetta il compito di anticipare, prevedere, intuireideali e credenze da proporre alle masse, all’opinione pub-blica ed allo stesso politico –; sia quella di forgiare e pla-smare nuovi valori ed usi da sostituire gradualmente conquelli che inesorabilmente cadono in disuso in una deter-minata epoca storico-sociale. Per realizzare tale duplice fun-zione, l’intellettuale deve praticare l’ascesi, distinguendosicosí dal politico, uomo d’azione, impegnato nella quotidia-nità impellente di problemi da risolvere. L’intellettualeperò non deve separarsi dal politico e dalla società, anzi è lacollaborazione tra queste due figure a dar vita a societàorganiche ed all’altezza dei tempi. Allorché, invece, l’intel-lettuale si identifica o intende sostituire il politico si pro-duce l’imperialismo della ragion pura, che progetta solocostruzioni utopiche e radicalismi rivoluzionari. L’intellet-tuale, progettando utopie e ucronie, intende far felici gliuomini; ma ciò è esattamente l’opposto del suo ruolo, cheè quello di stimolare e forgiare l’ethos collettivo. Il piacereche si ricava dalla creazione di mere idee astratte è tale chesi dimentica che la missione dell’idea è di riflettere precisa-mente la realtà. La ragion pura allora commette il suogrande peccato: vuole comandare il mondo e disegnarlo asua immagine e somiglianza. «L’intellighentia non è riuscitaa far felici gli uomini e, in cambio, ha perduto nell’impresail suo potere di ispirazione. Quando si desidera comandareè forzoso violentare il proprio pensiero e adattarlo allamoltitudine. A poco a poco, le idee perdono vigore e traspa-renza, si impregnano di pathos. Nulla causa maggior danno

158

Page 159: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ad un’ideologia che il desiderio di convertire ad essa lemasse. In quest’opera di apostolato il pensiero si allontanadalla sua dottrina iniziale, e alla fine si trova tra le mani unacaricatura di questo. Impiegata l’intelligenza in tale com-pito, tanto in contrasto col suo destino cosmico, ha trala-sciato di compiere la sua autentica funzione: forgiare lenuove norme che potrebbero sorgere all’orizzonte nelmomento in cui quelle antiche tramontano. Di qui la gravecrisi del presente, che si caratterizza non tanto perché nonsi obbedisce a princípi supremi, ma quanto perché questiultimi mancano».

È ineludibile, per Ortega, una «ritirata strategica del-l’intellettuale» per svolgere, in solitudine, distaccato dallequotidiane impellenze, ma non avulso dai problemi socio-politici del suo tempo, la sua preziosa funzione profetica ecoagulatrice di nuove norme e credenze che appaiono nel-l’orizzonte storico-sociale. «L’intelligenza è intervenuta sutroppe cose perché possa improvvisamente disertare. Ma lanuova traiettoria non presenta dubbi. È necessario tendere ache le minoranze intellettuali espellano dalla loro sfera ognipathos politico e umanitario e rinuncino ad essere prese sulserio – la serietà è la grande patetica – dalle masse sociali.Detto in altri termini: conviene che l’intelligenza cessi diessere una questione politica e torni ad essere un esercizioprivato, di cui si occupino persone spontaneamente affini».

Alla proposta di questa «ritirata dell’intelligenza» nonsono estranee ragioni di ordine antropologico ed episte-mologico. «L’intelligenza umana è un rischio: non è nellenostre mani. Ha un carattere di ispirazione, di ispirazionecausale e discontinua. Non sappiamo mai se in una certasituazione saremo intelligenti, né se il problema che vo-

159

Page 160: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

gliamo risolvere sarà effettivamente risolvibile per mezzodell’intelligenza. Non è quindi un habitus nel senso ari-stotelico, qualcosa che si è in un certo modo: essa apparepiú come qualcosa che sopravviene, un epifenomeno. In talicondizioni non si deve chiedere che la umanità giochi il suodestino su una carta cosí rischiosa».

All’intellettuale, lasciato in solitudine, ma non avulso daiproblemi del proprio tempo, a poco a poco si schiuderàun’importante impresa: il suo ruolo, lungi dall’essere tota-lizzante ed onnicomprensivo, è circoscritto, ma efficace;anzi, ciò che sembra pura contemplazione, si rivelerà concaratteri estremamente pratici. «Ma quando l’uomo restasolo, scopre che la sua intelligenza inizia a funzionare perlui, al servizio della sua vita solitaria, che è una vita senzainteressi esterni, ma piena sino all’orlo di interessi intimi.Allora si avverte che la ‘pura contemplazione’, l’uso disin-teressato dell’intelligenza era un’illusione ottica; che lapura intelligenza è anche pratica e tecnica – tecnica della eper la vita autentica, che è la ‘solitudine sonora’ della vita,come diceva san Giovanni della Croce». Come si vedeOrtega è ben lungi – pur avendone forse accarezzata la sug-gestione – dal condividere la celebre affermazione plato-nica secondo cui o i filosofi diventano re o i re diventanofilosofi, pur assegnando una missione fondamentale all’in-tellettuale. L’intellighentia, dunque, non deve aspirare a«comandare, né a salvare gli uomini. Non è questa la formain cui può essere utile nel pianeta. Non è ponendosi alprimo rango nella società al modo del politico, del guer-riero, del sacerdote, che compirà meglio la sua missione,bensí, al contrario, celandosi, oscurandosi, ritirandosi sulinee sociali piú modeste».

160

Page 161: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

A differenza dall’altro grande vate della Spagna, MiguelDe Unamuno, ci sembra di poter affermare che l’attitudinedi Ortega dinanzi alla guerra civile, nelle condizioni difficiliin cui fu costretto ed anche scelse di vivere, manifestano unprofondo travaglio, ma anche feconde intuizioni in sintoniacon le sue peculiari vedute sulla ragion vitale e storica.Infatti, la sua diagnosi del fenomeno della massificazione, ilrifiuto delle velleità rivoluzionarie che rompono il dirittoalla continuità, le critiche al politicismo integrale, lariforma dell’intelligenza ed il conseguente ruolo dell’intel-lettuale nei fatti politici e sociali, l’ideale dell’Europa unita,ci sembra costituiscano ancora oggi altrettanti contributi estimoli alla stessa sociologia e filosofia politica, sebbene losguardo di Ortega non fosse distolto anche dalla tragica cir-costanza del suo paese. Pur tra errori, esitazioni e dubbi,forse il significato ultimo dell’attitudine orteghiana ci sem-bra da ricercarsi proprio in uno sforzo per trascendere letragiche situazioni in cui gli toccò di vivere per elevarsi adelaborazioni in qualche modo piú generali e, perciò stesso,ancora oggi, forse, attuali e stimolanti, tanto piú che certesue prospettive costituiscono tutt’ora un impegno ed uncompito per la stessa generazione del nostro tempo, conspeciale riferimento al suggestivo tema dell’unità europea.

Dal volume: Armando Savignano, Radici del pensiero spagnolo delNovecento, pubblicato nella collana “Il pensiero e la storia” dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici presso le edizioni La Città del Sole,Napoli, 1999.

161

Page 162: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

162

Page 163: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FRANCIA

163

Page 164: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

164

Page 165: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Fra i primi a cogliere lo spirito che anima l’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici fu il professor Yvon Belaval della Sorbona, chenel 1982 scriveva: «A Napoli accade qualcosa di veramente nuovo.Nell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici credevo di trovare unistituto come gli altri. Invece no: ho trovato un “istituto libero”. Unistituto libero? Sí, e disinteressato. Non si viene all’Istituto per farecarriera. Studenti selezionati, mossi da una sincera inclinazioneper la filosofia, decidono di seguirne le conferenze e le lezioni, messada parte ogni preoccupazione interessata, o vanità mondana. I pro-grammi dell’Istituto spaziano dall’antichità ai giorni nostri, e nonc’è problema troppo arduo che si trascuri, purché degno d’essereaffrontato».

Belaval proseguiva la sua analisi rilevando lo spazio dato dal-l’Istituto all’espressione nelle varie lingue europee: «L’Istituto Ita-liano per gli Studi Filosofici è libero e disinteressato: persegue laricerca del vero, perciò merita di denominarsi “per gli Studi Filoso-fici”, è filosofico anche se si considera l’aspetto della comunicazione.La lingua degli scienziati è ormai l’inglese, e non c’è di che scan-dalizzarsi: il latino e il francese hanno avuto i loro giorni di gloria,quando vigeva - potremmo aggiungere - una vera civiltà letteraria.Ai nostri giorni l’uso dell’inglese s’impone non solo per la superio-rità economica o politica di un paese del mondo, ma perché l’ ingleseè la lingua della tecnologia, che prevale sulle discipline umanisti-

165

Page 166: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che. Per poco che si percorra il pianeta o si leggano le bibliografiedelle pubblicazioni recenti, non è difficile constatare che gl’idiomi diquell’Europa che fu la culla della civiltà attuale son quasi declas-sati al rango di dialetti locali. Ecco dunque un altro merito dell’I-stituto Italiano per gli Studi Filosofici: mantiene in vita - con tatto,senza sciovinismo - le lingue d’Europa, quelle utilizzate per costruirei monumenti che ancora ci esaltano».

Nelle “lingue d’Europa” sono presentati i contributi delle «Nou-velles de la République des Lettres», la rivista dell’Istituto fondatada Paul Dibon e Tullio Gregory e attualmente diretta da quest’ul-timo, da Marta Fattori e da Marc Fumaroli. Alla rivista, specchiodelle ricerche dell’Istituto sull’età moderna, hanno collaborato, tragli altri, Henri Gouhier, Jean Claude Margolin, Henri JeanMartin.

166

Page 167: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Napoli e la filosofia

JACQUES DERRIDA

École des Hautes Études en Sciences Sociales

Un giorno gli si darà ragione e piú che mai si capirà che,molto prima degli altri, ha visto lontano, in anticipo suitempi. Anche noi, perciò, non dobbiamo frapporre indugi.

L’homme des Lumières: cosí s’intitolava un congresso inter-nazionale, tenuto a San Pietroburgo e a Parigi. GerardoMarotta ne raccolse gli atti in un libro pubblicato a Napolinel 1992. Ma questo titolo merita un’attribuzione: a mioavviso «l’homme des Lumières», oggi come domani, è lui,Gerardo Marotta. Se mi si domandasse a bruciapelo dirispondere alla domanda «qual è il modello per l’homme desLumières nel 1996», non troverei identificazione migliore.

Mi piace pensare all’avvocato e mi accorgo che la miaammirazione per quest’uomo fuori del comune non hamisura: è sorridente, affettuosa, ma soprattutto grande esingolare. Sí, è dentro di me, ma piú grande di me. Grandecome il mondo eppure stretta, penetrante e in salita, comeun vicolo soleggiato di Napoli.

L’ammirazione non è disgiunta dalla gratitudine per ciòche ho ricevuto da quest’ospite incomparabile, io cometanti altri, quando son stato a casa sua, nel sud dell’Italia.Ma l’ammirazione riguarda soprattutto quel che, prima diessere un dono di ospitalità, è degno di essere ammirato.Un’ammirazione che è piú grande di me, come ho detto,perché comprende il mondo che l’avvocato ha fatto suo: lacausa dell’universalità, la causa della ragione difesa appas-

167

Page 168: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sionatamente, in Europa e nel mondo, nelle aule di queigiganteschi tribunali che sono le istituzioni internazionali,da Strasburgo a New York, dal Parlamento europeo alleNazioni unite. Una causa proclamata dalle tribune dell’u-manità dove Gerardo Marotta ebbe l’inaudita audacia dichiamarci perché unissimo la nostra voce al suo Appello perla filosofia. Cittadino del mondo e amante della res publica,quest’illuminista ha osato lanciare al mondo un appello perla salvezza, il passato e l’avvenire della filosofia, per ilrispetto incondizionato del pensiero, a favore del sapere edei libri, per la pedagogia e per la ricerca, per l’umanesimoe per la scienza.

La mia ammirazione è singolare perché questa figuraesemplare di fede nell’illuminismo del nostro tempo e didomani, è contornata da un’aura di seduzione irresistibile: èil carisma di un uomo gracile, modesto, sorridente ed arguto,riservato, anche se sempre presente a tutti, sensibile di voltain volta ai casi individuali dei suoi amici, dei suoi colleghi edei suoi studenti. Sí, sono tutti suoi ospiti, e se nel ricevere lepersone egli intende raccoglierne il pensiero, la filosofia, ilsapere, l’umanità, gli scritti, non dimentichiamo che mentrericeve, egli dona: dà la parola all’ospite e gli fa dono dellasua. Sempre egli rende visita ai suoi ospiti, anche quando essisono a casa sua. È pronto ad ascoltare, suprema cortesia,come se fosse lui l’invitato. È questa la grande arte, un’arterispettosa delle leggi dell’ospitalità.

Dirò ancora che la mia ammirazione è singolare, perchévivificata nella memoria da un insieme di sensazioni: sonosussurri, immagini e profumi. Per ritrovare Marotta a volte mibasta rievocare un’intonazione: faccio risuonare il suo nomeall’italiana, come i conducenti dei taxi quando si è a Napoli,

168

Page 169: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

e si è in ritardo per l’Istituto. Appena sentono quel nome,loro sanno dove andare: ma non dove, sanno da chi si deveandare. Perché l’Istituto, quest’asilo o santuario della filoso-fia universale, è innanzi tutto una casa, è casa sua. Nel tornareindietro col pensiero si procede come al rallentatore, perciòspesso mi compiaccio di salire lentamente – questa voltasenza taxi – un viale di ricordi. Mi soffermo, mi abbandonoal piacere di analizzare nel dettaglio un singolo episodio,depositato in fondo alla mia immaginazione; oppure analizzole tappe del mio viaggio per Napoli, quando recarsi in questacittà è come andare nel centro del mondo. Allora scopro ilcosmopolitismo, quello di cui parla Kant nell’orizzonte della“pace universale”, il “diritto cosmopolita”: lo scopro in fondoa un vicolo inondato da profumi, colorato dalla frutta, gre-mito di grida, ombre e luci; e il ricordo va a una strada diAlgeri, nella mia infanzia.

Ovunque mi trovi, posso sempre fantasticare di risalire lavia Monte di Dio, mentre mi reco all’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici. Vi sono stato spesso, ma ricordo bene laprima volta, parecchi anni fa. Non conoscevo ancora ilfascino di Gerardo Marotta, efficacemente protetto dallavirtú della sua discrezione. Il suo è un nome di risonanzamondiale, lui è un grande navigatore della cultura: questoè l’audace Gerardo Marotta, ma nel fondo è un uomotimido, riservato, prudente (il contrario dell’uomo mon-dano). Ho scoperto il suo fascino poco per volta, tutte levolte che tornavo in cima a quella collina, in quei luoghi dimeditazione e discussione che meriterebbero d’esser rap-presentati in un affresco o in un romanzo d’altri tempi. Hodetto “quei luoghi”, al plurale, perché non saprei contarli.L’Istituto per me rappresenta un insieme di cause e di cose:

169

Page 170: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

una dimora abitata da sussurri e cigolii, ma anche uncastello dove i lavori di costruzione e restauro sono semprein corso, un monumento storico rivestito da un’impalcaturaperenne (l’ “impalcatura” rende bene l’idea dell’attività diquest’intraprendente architetto), un monastero al riparodal mondo, un’università superstite del Medioevo e unCollegio internazionale del XXI secolo “mondializzato”,provvidamente già nato. Ecco i navigatori multimediali, quisono i fax e la e-mail, lí le telecamere e i sistemi video, siorganizzano conferenze simultanee e poliglotte, i sistemi diarchiviazione sono rigorosamente high-tech.

Il disordine magistralmente organizzato dell’Istituto puòessere paragonato a quello di un mercato meridionale dovele merci si trovano tutte però al loro posto, e cosí il man-giare e il bere: l’Istituto è insieme una fiera del libro, unforum, un’agorà, un parlamento di filosofi, dov’è possibileincontrare in gran numero ascoltatori assorti, studenti d’o-gni età, professori venuti da Napoli, Roma e Milano, maanche da tutto il mondo, fotografi con flash impietosi, gior-nalisti che vi carpiscono un’intervista all’ingresso di unsalone, uomini e donne di cultura che negl’intervalli fra lerelazioni si aggregano in capannelli e continuano a dibat-tere i temi del seminario, della presentazione di un libro odi una tavola rotonda.

Gerardo Marotta sta nell’ombra, con una raffinatezzapari alla sua generosità, ma è lui la sorgente della luce chesi diffonde ovunque la filosofia lo reclami. Prima di tutto esenza dubbio a Napoli, poiché Napoli rende attuale, attra-verso lui, il ricordo del suo passato di grande capitale dellafilosofia: l’Istituto conserva l’eredità di questo passato senzaperò arroccarsi, aprendosi, al contrario, a tutti i venti della

170

Page 171: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

modernità. Ma l’Istituto non è presente soltanto a Napoli.(Ricordo una bella giornata all’isola di Capri, insieme conFerraris, Gadamer, Trias, Vattimo, Vitiello, gli editoriLaterza e Marchaisse: ero stato invitato a parlare della reli-gione, argomento di non poco respiro, tra i Faraglioni e ilVesuvio.) L’Istituto è presente in tutta Italia, e poi inFrancia e ovunque in Europa, nell’insegnamento e nellaricerca, in progetti editoriali audaci e necessari. È presentenei rapporti con le istituzioni pubbliche e private, quandoapre la strada a nuove forme contrattuali fra lo Stato e lasocietà civile, definendo i ruoli dell’intervento pubblico edelle fondazioni private, prendendo iniziative locali, nazio-nali, europee e internazionali.

Non conosco al mondo, oggi, un progetto analogo, ealtrettanto esemplare, attuato con tanta dolce ostinazione,con un tal genio dell’ospitalità. In nessun altro posto, innessun’altra istituzione, ho trovato maggiore apertura emaggiore tolleranza, una cosí vigile attenzione nel tenerpresente contemporaneamente la tradizione culturale e leoccasioni dell’avvenire.

Gerardo Marotta si propone, da un lato, di far rivivere letradizioni culturali minacciate e i loro tesori, spesso inac-cessibili, come testimoniano le rigorose, sobrie, ma splen-dide edizioni internazionali di libri realizzati nel rispettodelle regole dell’arte e con rigore scientifico: sono centi-naia di edizioni, in piú lingue, che è possibile ammirarenella mostra organizzata nella Cappella della Sorbona. Bastiper tutti l’esempio dell’edizione delle opere di GiordanoBruno.

D’altro canto però un eguale interesse per la storia, e unuguale coraggio di scopritore, lo spingono verso altri conti-

171

Page 172: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nenti, altri modi di esprimersi o comunicare, verso nuovi“supporti” d’informazione, anche molto popolari. Il fine èquello di mettere alla portata di tutti il pensiero, ma senzainutili o pericolose concessioni. Penso in particolare aquella grande biblioteca multimediale in via di realizza-zione. Essa sarà, secondo il desiderio del suo propugnatore,universale e televisuale. Io stesso ho avuto l’onore di esserchiamato a far parte del progetto. Mi è stato chiesto – unaterribile responsabilità, come sempre, quando si tratta didefinire delle priorità – d’indicare le prime dieci opere delpensiero: sarebbero state incluse nella biblioteca multime-diale e poi sarebbero state diffuse. Quindi mi è stato chiestodi giustificare la mia scelta: questo avveniva nel corso diun’intervista da registrare in video! Ho provato a fuggire,poi ho accettato di correre questo rischio. Mi sono rassicu-rato dicendomi: se lo fa lui.

Mentre mi sforzavo di spiegare davanti ad una teleca-mera perché, per esempio, il Timeo di Platone dovesse figu-rare accanto a una certa opera di Marx o di Blanchot, pursoffrendo l’inferno, andavo dicendomi, a mano a mano,sempre piú convinto: questo è tuttavia quel che Marotta, aconti fatti, ha ragione di fare. Lui corre rischi e presta ilfianco alle critiche, dal momento che i nemici, come Diovuole, non gli mancano. Se ha ragione di far cosí, haragione di chiederci di fare altrettanto e noi dobbiamoessergliene grati. Marotta vede chiaro e lontano, precorre itempi. Si presenta all’appuntamento in anticipo. Haragione. Bisogna dargliene atto. Bisogna dargli ragione.Avrà avuto ragione prima di tutti gli altri.

172

Page 173: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Omaggio a Gerardo Marotta

MARC FUMAROLI

de l’Academie française

Signor Ambasciatore, Avvocato Marotta, Signore e Signori,

il primo titolo di merito, di non trascurabile importanza,per il quale lei è degno di ricevere la Legione d’Onore, miocaro Avvocato, è la sua convinzione – per non dire la suafede apostolica – di giacobino napoletano.

In effetti l’onorificenza della Legione d’Onore, che diqui a poco le consegnerò, ha origini in parte giacobine, e sipuò affermare che questa sera la Repubblica francese, le cuiorigini giacobine sono indiscutibili, riconosce in lei il piúdevoto tra i devoti della Repubblica giacobina napoletana,l’emula eroica ed effimera della sua sorella maggiore fran-cese che la reazione sanfedista soffocò nel sangue nel 1799.La sede dell’Istituto che lei ha fondato e di cui lei è l’anima,il magnifico palazzo napoletano Serra di Cassano, ha il por-tone principale sigillato dal giorno dell’esecuzione somma-ria nel 1799 del suo proprietario di allora, uno dei capidella rivoluzione giacobina contro il trono e l’altare deiBorboni-Sicilia. Non credo di esagerare se affermo che tuttala straordinaria attività su scala mondiale al servizio univer-sale dello spirito svolta per piú di trent’anni da lei e dal suoIstituto – attività di cui mi accingo tra poco a cercare di illu-strare gli aspetti principali – in ultima analisi è stata per leiuna sorta di trasfigurazione espiatrice del sangue dei mar-tiri della Rivoluzione napoletana del 1799, una riparazione

173

Page 174: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

d’ordine spirituale che lei ha voluto offrire a Napoli e aisuoi Lumi antichi e moderni per risarcirli della grande umi-liazione e offesa loro inflitte dalla vittoria nel 1799 di unAncien régime oscurantista, vendicativo e tiranno.

Questa è dunque un’occasione irripetibile per ricordareche la Legione d’Onore di cui lei diventa membro questasera, fu creata da un ex-giacobino di nome NapoleoneBonaparte, diventato Primo Console nel 1799, per consoli-dare nelle abitudini e nell’ordinamento giuridico la Rivolu-zione del 1789. Gli Ordini cavallereschi riservati all’anticanobiltà – e tra essi anche il piú prestigioso, l’Ordine diSaint-Esprit fondato da Enrico III – erano stati soppressi il 4agosto 1789. Gli altri Ordini, persino quello di Saint-Louisistituito da Luigi XIV per meriti militari degli ufficiali senzadistinzione di lignaggio, furono tutti aboliti anch’essi dal-l’Assemblea nazionale con una legge del 6 agosto 1791, cheanticipò la creazione di un’ unica onorificenza nazionaleche sarebbe stata accordata “per le virtú, i talenti e i serviziresi allo Stato”. Occorse tuttavia attendere il grande riordi-namento repubblicano dello Stato a opera del Primo Con-sole perché il proposito dell’Assemblea nazionale fosse tra-sformato in realtà. Il 19 maggio 1802 il progetto di leggeche prevedeva la creazione e l’organizzazione della Legioned’Onore fu adottato dal Tribunato e dal Corpo legislativo,non senza viva opposizione da parte dei giacobini “puri eduri” che in ciò vedevano una sorta di attentato al principiodi eguaglianza e un primo passo verso la restaurazione del-l’aristocrazia.

Nelle intenzioni del Primo Console, affascinato dal mitoromano neoclassico, si trattava di procedere a sostituirel’Ancien régime francese monarchico e feudale con una

174

Page 175: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Roma repubblicana all’antica, nella quale i guerrieri piúvalorosi sarebbero stati insigniti del titolo di honorati, i corpid’élite di quello di legiones, e nella quale le virtú civiche e ladedizione allo Stato sarebbero state incoraggiate dall’aemu-latio. Ciò nondimeno, Bonaparte aveva desiderato che que-sta emulazione delle virtú civiche incoraggiate dal conferi-mento di un’onorificenza pubblica fosse estesa tanto aicivili quanto ai militari. Cosí dichiarò infatti al Consiglio diStato: «Se distinguessimo gli uomini in militari e civili,instaureremmo due ordini, quando invece non vi è cheun’unica Nazione. Se invece assegnassimo onorificenze sol-tanto ai militari, sarebbe ancor peggio, perché in quel casonon vi sarebbe piú una Nazione».

Quanto alle obiezioni sollevate dai giacobini “puri e duri”in relazione al principio di eguaglianza, Bonaparte fu altret-tanto categorico: «Vi sfido a indicarmi una sola repubblica,antica o moderna, nella quale non ci siano state onorificenze.Le si chiama sdegnosamente “medaglie”. Ebbene: è con lemedaglie che si guidano gli uomini. Dieci anni di rivoluzionenon hanno cambiato i francesi: essi sono ciò che erano, Gallifieri e garbati, con un unico senso dell’onore. Occorre ali-mentare tale sentimento. Occorrono onorificenze».

La romanizzazione della Gallia “garbata”, rimasta incom-piuta dai tempi di Giulio Cesare, sarebbe in effetti prose-guita a un ritmo sostenuto. Nel 1804 il Primo Console fuproclamato Imperatore dei francesi. L’11 luglio un decretoimperiale approvava la foggia della decorazione dellaLegione d’Onore, una stella di smalto bianco cinta da cin-que raggi, e il 30 gennaio 1805 un altro decreto definí laforma dell’onorificenza suprema dell’Ordine, la “grandeaquila” d’oro romana al centro della stella.

175

Page 176: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’inaugurazione dell’Ordine da parte dell’Imperatoreebbe luogo quello stesso anno, in occasione dell’anniversa-rio del 14 luglio, nel corso di una cerimonia che si svolsenella chiesa di Saint-Louis des Invalides alla presenza del-l’arcivescovo di Parigi. Un mese piú tardi, nell’accampa-mento militare di Boulogne, magnificamente decorato“all’antica”, alla presenza di centomila soldati adunati perinvadere l’Inghilterra, l’Imperatore decorò duemila vete-rani delle campagne rivoluzionarie. L’Ordine era partito inpompa magna e neppure la Restaurazione osò pregiudi-carlo.

Caro Gerardo Marotta, ho ascoltato uno dei suoi amici eammiratori francesi, lo storico della Rivoluzione MichelVovelle, congratularsi con lei per il suo giacobinismo dichia-randosi egli stesso giacobino irriducibile, pur deplorando alcontempo la deriva imperiale introdotta nella Repubblicagiacobina dal bonapartismo. Non so se lei condivide questacontraddizione, ma in quanto napoletano lei ha validimotivi per considerare il bonapartismo l’erede legittimo senon del 1793 quanto meno del 1789. Il regno troppo brevedi Gioacchino Murat a Napoli vi ha ciò nondimeno lasciatodei buoni ricordi: la promulgazione del codice civile, lacreazione di un Politecnico, l’abbellimento della città, unosprone all’unità e all’indipendenza italiane. L’esecuzionedel re Murat voluta da Ferdinando I che il Congresso diVienna aveva rimesso sul suo trono riecheggia nella vostramemoria tanto crudelmente quanto quella del principeSerra di Cassano.

Insomma, giacobino o bonapartista per memoria storicae fedeltà ai Lumi, lei non si è mai rinchiuso in un’ideologiapolitica retrospettiva. Avvocato, ma anche filosofo che nella

176

Page 177: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tradizione dell’hegelismo napoletano del XIX secolo – ilcui piú illustre rappresentante, Benedetto Croce, è statosuo maestro e ispiratore – ha voluto ben presto e con l’aiutodella figlia maggiore di Croce, Elena – una delle figure piúaffascinanti dell’intellighenzia italiana del dopoguerra –controbilanciare ed emendare la cupa eredità della contro-Rivoluzione e del contro-illuminismo a Napoli per mezzo diuna possente offensiva dello spirito, che ha avuto sí luogonella sua città, ma che ha avuto anche ambizioni e orizzontiuniversali. In lei arde un fuoco pentecostale secolare, unfuoco di apostolo laico, contagioso ed espansivo, che le hafatto sacrificare la carriera professionale e gli interessi per-sonali alla grande causa che lei ambiva a legare al nome diNapoli. Lei ha saputo attirare a sé altri discepoli, cherestano tuttora i suoi infaticabili ed eruditi collaboratori, ecreare insieme a loro, nel 1975, un’istituzione a ben guar-dare assolutamente singolare, il cui quartier generale sitrova a Napoli, ma le cui antenne di anno in anno si sonoprogressivamente e flessibilmente prolungate e diversificatefino a coprire tutta l’Europa e gli Stati Uniti, al pari di unmecenate universale ed enciclopedico da cui hanno trattobeneficio le migliori menti dell’ultimo mezzo secolo, con-sentendo loro di formare delle generazioni di nuovi eccelsiricercatori. Mi sembra anche, cosa di cui mi rallegro, che direcente in Italia vi siano stati alcuni suoi eccellenti emuli.

Nell’ideazione e nel funzionamento dell’Istituto italianodi Studi Filosofici, di cui lei è l’anima – lo ripeto affinchétutti lo comprendano –, sono tentato di individuare alcunefelici contraddizioni con la sua fedeltà giacobina, le sue affi-nità bonapartiste e persino il suo hegelianesimo. Lei hadato a questo Istituto uno statuto indiscutibilmente privato,

177

Page 178: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che gli conferisce una libertà d’azione e di scelta assolute,che lo preserva altresí dalle pastoie burocratiche che nelleistituzioni ufficiali di insegnamento e ricerca possono atro-fizzare o perfino rendere sterili i talenti piú creativi. Da que-sto punto di vista lei si colloca al fianco delle iniziative pri-vate, che di preferenza sostiene, e si colloca altresírisolutamente ai margini delle élite statali, come propen-dono naturalmente i giacobini, i bonapartisti e gli hege-liani. Lei si comporta da autentico “liberale”, che sicura-mente non disdegna lo Stato e le sue istituzioni, ma checomincia prima di tutto a fare da sé ciò che sa fare meglio,senza attendere che si mettano in moto i grandi apparatiufficiali.

D’altro canto il disegno “politicamente molto scorretto”,suo e dell’Istituto, di mettere l’accento sul talento, suglistudi e l’istruzione superiore, voltando la schiena al livella-mento della democratizzazione dal basso, dimostra che leinon è affatto intimidito dalle accuse di “elitismo” e che perlei eguaglianza giacobina non vuol dire necessariamenteghigliottinare tutto ciò che le va oltre. Mi pare che questecontraddizioni, quanto meno apparenti, si possano spie-gare con il fatto che per lei la Repubblica e il «benecomune» non saprebbero accontentarsi dell’interpreta-zione politica e giuridica proposte dal giacobinismo e dalbonapartismo.

Al di là della Repubblica in senso politico e giuridico,figlia dei Lumi, lei si comporta da magistrato e cittadino atempo pieno di quest’altra Repubblica madre dei Lumi,ben anteriore alle Rivoluzioni politiche della fine del XVIIIsecolo, e che deve continuare a essere il testimone indipen-dente, inventivo e critico dell’evoluzione non sempre rassi-

178

Page 179: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

curante delle società nate da queste Rivoluzioni: intendoovviamente la Repubblica delle Lettere. Non è un caso seuna delle riviste patrocinate e pubblicate dall’Istituto di cuilei è l’anima, ha ripreso il titolo, in francese, di quello dellarivista di Pierre Bayle, “Nouvelles de la République des Let-tres”. L’Istituto che lei ha fondato e presiede vuole essere ilcentro nervoso che anima e alimenta una moderna Repub-blica delle Lettere. La sua lealtà napoletana alla Rivoluzionegiacobina del 1799 e il suo attaccamento all’hegelianesimotradizionale napoletano si esplicitano e realizzano nel servi-zio apostolico e missionario dello spirito universale all’operanelle vicissitudini della Storia, e il cui piú veritiero interpretenon potrebbe essere ai suoi occhi né Napoleone a cavallo nécolui che siede nel jumbo jet Air Force One, bensí la comu-nità mondiale dei grandi filosofi, che è importante possanocooperare, dialogare, raccogliere discepoli, e costituirsi inuna sorta di potere spirituale avveduto, che possa consigliareed eventualmente criticare i poteri temporali del momento.Non so se hanno conseguito il risultato voluto tutti gliappelli che lei ha fatto sottoscrivere a numerose e grandipersonalità e che ha in seguito indirizzato alle istituzioniinternazionali ed europee per incentivare gli studi umani-stici nella scuola, per un ritorno dell’identità europea allesue origini, ma quanto meno lei avrà aperto la strada a unpotere spirituale laico, della cui autorità siamo crudelmentesprovvisti e che un Comte, un Renan, un Valéry invocaronoe auspicarono. Solo un apostolo ispirato da un patriottismouniversale, quale lei è, può aver cercato di far sentire aipoteri economici, politici e mediatici affascinati dall’ effi-mero e condizionati dai grandi numeri la voce imperituradei filosofi riuniti intorno a lei e da lei.

179

Page 180: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Questo riallacciarsi con l’antica Repubblica delle Letterespiega i tratti singolari della sua infaticabile azione e di quelladell’Istituto. Ciò che colpisce maggiormente è il suo rifiutoad ammettere l’esistenza di un dissidio tra le “due culture”avanzato da C.P.Snow a Oxford in una fin troppo celebreconferenza. L’antica Repubblica delle Lettere sapeva chesenza i filologi che avevano decifrato gli enigmi dei mano-scritti di Euclide e di Diofanto, divenuti essi stessi geometri ematematici, era impensabile “il mondo scritto in linguaggiomatematico” di Galileo, figlio di un teorico della musicagreca ed egli stesso brillante scrittore e critico letterario.

L’Istituto e lei per primo credete per principio che nonvi sia incompatibilità alcuna, bensí una complementaritàimprescindibile, tra la coscienza che il soggetto umanodesume tramite la filosofia, la filologia, la storia, la lettera-tura, insomma da una o l’altra branca degli studi umani-stici, e la conoscenza che le scienze derivano dai loro diffe-renti oggetti di studio. A prima vista, la vasta e capillareserie di incontri e di pubblicazioni – l’iniziativa delle qualilei ha preso in numerosi paesi del mondo da trent’anni aquesta parte – può sembrare confusa e sconcertante, tantoessa abbraccia cosí numerosi ambiti del sapere, tanto fa dia-logare intelletti assai diversi tra loro quanto un premioNobel di biologia, una Medaglia Field di matematica, filo-logi del calibro di un Pugliese Carratelli o di un Kristeller,filosofi della levatura di un Gadamer o di un Ricoeur, storicidell’arte di qualità quali un Irving Lavin: osservando tuttociò in prospettiva, si comprende l’ambizioso disegno diabbattere le barriere tra saperi troppo specialistici, creandoun forum in cui torni a instaurarsi il dialogo tra gli Antichie i Moderni, tra l’uomo che si interroga su se stesso e

180

Page 181: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

l’uomo alla ricerca delle leggi della materia inerte e dellavita.

La missione che lei si è scelto, un cui primo bilancio fattoin occasione del trentennale dell’Istituto è semplicementeprodigioso, sarebbe già di per sé sufficiente a giustificareampiamente il suo ingresso nella Legione d’Onore con iltitolo di Cavaliere. Il suo patriottismo napoletano è unpatriottismo universale: lei ha per motto quello dei cittadinidella Repubblica delle Lettere: “Il mio paese è il mondo”, enon ha pertanto certo lesinato la sua generosità e il suopatrocinio verso i francesi rispetto a quelli profusi in tantealtre nazioni. La sua azione vigile e costante a favore diun’Europa dello spirito include anche la Francia, senza tut-tavia privilegiarla. Le testimonianze di riconoscimento, idottorati honoris causa a lei conferiti da numerose universitàdi svariati paesi confermano infatti che lei non ha privile-giato né dimenticato nessuno.

Nonostante tutto, lei si è dedicato particolarmente a noi,allacciando rapporti in Francia e a Napoli con numerosiamici e ammiratori, che in molteplici occasioni l’hanno rin-graziata e festeggiata con un calore eccezionale. Consideridunque questa festa odierna, e accolga questa croce diCavaliere che le è consegnata, come il punto culminante epiú solenne della gratitudine che la Repubblica francesenutre nei suoi confronti.

Traduzione di Anna Bissanti.

Discorso tenuto il 7 dicembre 2004 a Roma in Palazzo Farnese inoccasione del conferimento all’avvocato Gerardo Marotta della Legiond’Onore da parte della Repubblica francese.

181

Page 182: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Un progetto politicoe un’idea concreta della ricerca

YVES HERSANT

École des Hautes Études en Sciences Sociales

«Siamo angeli senza corpo in un mondo senza territo-rio»: sono le parole di un alto funzionario europeo, riferitea se stesso e ai suoi colleghi. Per presentare l’avvocatoGerardo Marotta, niente mi sembra piú idoneo di questaformula che ne fornisce, sia pure a contrario, un’eccellentedefinizione. Infatti, non vi è niente di angelico nell’avvo-cato, ma una profonda umanità: il che, ontologicamente, èmolto meglio, come Pico della Mirandola si compiaceva diripetere. Nell’avvocato, inoltre, s’incarna il massimo dell’e-nergia nel minimo del volume: è “una forza attiva”. Infine,se la sua volontà si estende a cosí largo raggio, ciò avvieneperché opera in un’area particolare – l’Italia meridionale –dove si verificano le condizioni di una perpetua risorgenza.Ma ciò è anche dovuto alla solidità dei suoi riferimenti: loStato, la Storia, la Memoria.

Egualmente, non si può dissociare l’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici da un luogo anch’esso storico, il PalazzoSerra di Cassano. Di qui, nel cuore di Napoli, l’avvocatosvolge la sua prodigiosa attività: promuove la circolazionedelle idee con le pubblicazioni, stimola la ricerca attraversoinnumerevoli seminari, traduzioni, colloqui e congressi,conferisce borse di studio, organizza mostre d’arte e diarchitettura. Non limita la sua azione al campo delle scienze

182

Page 183: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dello spirito, ma interviene (questo forse è meno noto inFrancia) in quello delle scienze naturali e matematiche. Ilsuo orizzonte, d’altra parte, si estende ben oltre i confinidell’Italia meridionale, teatro di avvenimenti culturali deci-sivi fin dal tempo della Magna Grecia e giú di lí, passandoper la Scuola salernitana, Bruno, Campanella, Vico, glihegeliani di Napoli e gli uomini del Risorgimento, fino aBenedetto Croce e oltre. La sua sfera d’azione comprendel’Occidente, l’Oriente e i legami fra queste due aree cultu-rali, il cui studio è dall’avvocato promosso con convinzione.Il presidente Marotta, in un bel saggio che ho avuto l’onoredi tradurre in francese, illumina la nostra riflessione, sem-pre piú necessaria, sulla filosofia politica e il suo ruolo diorientamento nel processo di unificazione europea. Inarmonia con gli intendimenti di due appelli che l’avvocatoha lanciato in favore dell’insegnamento della filosofia edello sviluppo degli studi umanistici, l’Istituto stimola lecoscienze con una vivacità tutta napoletana, esortandoci aresistere alla tentazione di impantanarci nel mercantilismoo nell’indifferenza.

Un’idea concreta della ricerca, una concezione esigentedella cultura e un progetto politico unificatore: questesono, ai miei occhi, le caratteristiche dell’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici da lui fondato.

L’Istituto appare, in primo luogo, un insostituibile com-plemento dell’Università, al punto di farle concorrenza,quando necessario. Questo aspetto è stato illustrato daGiovanni Pugliese Carratelli, perciò mi limito a un brevecenno. L’istituzione universitaria è necessaria, e ad essaspetta il compito di conferire i titoli e di trasmettere ilsapere. D’altra parte è facile constatare come a piú riprese

183

Page 184: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nel corso della storia emergano con forza organismi dilibera ricerca che, nello spirito del Collège de France edell’Accademia dei Lincei, svolgono un ruolo di rinnova-mento del pensiero e nello stesso tempo di conservazioneattiva della memoria culturale. Perché la tradizione dev’es-sere proprio il contrario del conformismo, non può ridursialla trasmissione passiva: questo è il convincimento diGerardo Marotta e degli intellettuali della sua cerchia.Nello stesso tempo essi pensano, in contrasto con un pre-giudizio diffuso (non solo nel largo pubblico, ma anche neinostri ministeri e a Bruxelles), che la ricerca non debbaessere al servizio del mercato: ridotta a un ruolo ancillare,essa non solo perde la sua nobiltà, ma la sua stessa ragiond’essere. Perciò l’Europa – si ripete instancabilmenteall’Istituto – deve diffidare del razionalismo tecnicistico cheriduce il pensiero a mero calcolo, e deve guardarsi dall’ab-bandonare lo spirito del dubbio. Nel corso dei secoli, il vec-chio continente ha sempre oscillato fra due modelli dirazionalità: tra una certa idea di scienza universale e il giocodell’ironia, tra la volontà di dominio sulla realtà e il deside-rio di liberarsene. È chiaro quale sia l’accezione di raziona-lità oggi prevalente: il modello scientista orienta i nostridiscorsi, indirizza le ricerche delle Università, condiziona ilnostro stesso tempo libero. La seriosità, la logica mercan-tile, la concezione dell’essere come produzione hannoesteso il loro dominio pressoché ovunque. Il sapere è ammi-nistrato secondo una razionalità capace soltanto di misu-rarne la ricaduta economica: è il trionfo degli “esperti”.Nessuno vuol negare che l’Europa abbia un gran bisogno ditecnici, ma se si vuol conservarne l’ “anima”, bisogna custo-dirne la tradizione di pensiero critico. Altrimenti – come

184

Page 185: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sostiene senza mezzi termini G. Granel – c’è il rischio chel’Europa faccia la fine dell’America: «con l’imporsi metafi-sico-scientista del logicismo, si ha l’oscuramento totale dellaluminosità che rischiara l’orizzonte del nostro divenire, laquale non è che il riverbero dello splendore del giornogreco». L’Istituto ci ricorda l’incombenza di questi pericolie, nello stesso tempo, ci offre gli strumenti per evitarli.Questo è il primo merito dell’Istituto.

L’Istituto inoltre ci sprona a una riflessione autenticasulla cultura: ecco il secondo dei suoi meriti, sul quale misoffermerò piú distesamente. La parola “cultura”, a quantopare, è nella bocca di tutti, anche di quei funzionari che –non senza una punta di malevolenza – sono chiamati “euro-crati”. Certo, se i nuovi costruttori dell’Europa, a differenzadei padri fondatori, assegnano alla cultura un ruolo semprepiú importante, non possiamo che compiacercene. È giu-sto, non esistono soltanto i problemi doganali, e le frontierenon sono soltanto quelle politiche. È un bene che questifunzionari portino una maggiore attenzione alle grandiquestioni che, secondo le parole di Kundera, «aggregano ipopoli in modo sempre diverso, creando linee di demarca-zione immaginarie e mutevoli, al di qua delle quali però lamemoria è sempre la stessa, uguale è l’esperienza, comunela tradizione». Bisognerebbe però rifiutare l’idea di una cul-tura con funzione consolatoria, perché di qui alla propa-ganda il passo è breve.

Siamo sommersi da discorsi di maniera, dichiarazioniche vogliono tranquillizzarci, parole insinuanti. A questopunto è doveroso chiedersi se la cultura europea non debbatemere proprio coloro che se ne proclamano difensori.Tanto piú questa cautela è necessaria, in quanto loro non

185

Page 186: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

difendono la stessa cosa che intendiamo noi: l’uso dei ter-mini si presta all’equivoco. Per esempio, non mancano gli“esperti” che, secondo la tradizione anglo-germanica, indi-cano con il termine “cultura” i modi d’essere e i gusti, icomportamenti e i modi di vita che caratterizzano i varigruppi sociali, e che ne descrivono l’indole. Nella tradi-zione latina, al contrario, la stessa parola indica piuttostociò che per i tedeschi equivale alla “civilizzazione”: uninsieme di valori che si può generalizzare ed esportare, chei popoli possono scambiarsi in nome della ragione univer-sale. Queste due accezioni della parola “cultura” richia-mano un’altra distinzione, che può sembrare accademica,ma non lo è: la cultura indicherebbe, grosso modo, tuttociò che si trasmette socialmente, contrapponendosi a ciòche è “naturale”. Pertanto, considerata in una prospettivaestetica ed etica, la cultura si oppone alla barbarie; dal chederivano, nel dialogo Est-Ovest, numerosi malintesi.

I fraintendimenti riguardo alla parola “cultura” non fini-scono qui: gli europei si riferiscono infatti piú o meno espli-citamente e secondo il caso, a tre diverse concezioni dellacultura. Bisogna perciò distinguere fra tre suoi diversimodelli.

Il primo modello è quello “patrimoniale”, che definisce lacultura come una ricchezza ereditaria, composta di monu-menti e documenti da preservare. Essa si riceve e si tra-smette: in metafora, la cultura ha a che fare con l’avere, piúche con l’essere. La sfera della cultura risulta cosí quantifi-cabile e misurabile, ed esige una politica che ne preservil’integrità, proteggendola dall’innovazione, sia interna siaesterna. Questo sistema rifiuta la dialettica come fattore dicambiamento.

186

Page 187: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il secondo modello è quello “biologico”, che assimila lacultura a un organismo vivente. Si parla allora di “vita cul-turale” e si ammette che la cultura possa evolversi. Il sistematollera variazioni, endogene o esogene, dal momento chenon minacciano la sua salute. Quest’idea della cultura è piúsfumata, apparentemente meno xenofoba, ma si arresta alle“soglie della tolleranza”.

Il terzo modello è quello dialogico e – come è stato illu-strato da Edgar Morin (Penser l’Europe, 1987) – presupponeil contrasto. La cultura è definita come un incessante con-fronto di forze antagoniste: «È le interazioni fra popoli, cul-ture, classi sociali e Stati che hanno tessuto un’unità è fruttodi pluralismo e contraddizioni». In se stessa, come nei suoirapporti con il mondo, la cultura europea attua una dialet-tica che è volontà di dialogo e autonegazione radicale.Perciò non può essere concepita come una realtà stabile eimmobile. Lungi dall’essere una sedimentazione di valori,la cultura è descritta, secondo questo modello, come unvortice in perpetua agitazione, o come un cantiere in pienofervore d’opera.

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che conosce ledifferenze fra queste diverse accezioni della cultura, haoptato per il terzo modello, e non ha scelto la via piú facile.La cultura per l’Istituto non è un comparto dell’economia,né un semplice flusso di scambi del quale si dovrebbe otti-mizzare la gestione. Né si ritiene all’Istituto che la culturaeuropea debba essere ridotta all’ “eurocultura”, la cui prin-cipale funzione è quella di fabbricare consenso. È noto chea Bruxelles quanto piú il dibattito si fa aspro riguardo alprezzo del burro e della carne di agnello, tanto piú si trovabello accordarsi consolatoriamente sulle “grandi” questioni,

187

Page 188: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in realtà vuote di significato.) Piú che esaltare liricamente ilgenio europeo, all’Istituto si preferisce porre questioni filo-sofiche e stimolare il giudizio critico. A un’eurocultura sen-timentale, paga dei propri miti, si oppone una ricerca sto-rica rigorosa. Cosí facendo, si portano alla luce lecontraddizioni che ci tormentano e gli antagonismi che cilacerano; si conosce il ruolo importantissimo del negativo,del pensiero critico e dell’ironia (che sono parte del nostro“patrimonio” culturale: la cultura europea è inconcepibilese si prescinde da questo continuo mettere in causa i pre-supposti della conoscenza, senza l’attacco incessante aibaluardi del sapere).

All’Istituto si conosce la follia che ha percorso la nostrastoria, ci si guarda bene dal relegarla in un angolo dellamemoria. Non c’è dubbio che in Europa sono nati il dirittodei popoli e la libertà, ma qui sono nati anche il genocidio,il delirio del razzismo e i peggiori nemici del genereumano. L’eredità europea include gli effetti perversi dellaragione, l’asservimento alla tecnica, la deriva totalitaria.L’Europa non si costruisce con un’operazione di riduzionedella complessità storica e un’educazione europea non puòfondarsi sulla rimozione: al contrario è necessario meditaresulla storia. Non si tratta di coltivare uno sterile senso dicolpa, ma di mantenere viva una memoria responsabile eacuire la consapevolezza dell’ambivalenza del nostro logos.

D’altra parte, per rifiutare ogni mito consolatorio e ognisemplificazione indebita, è importante percepire la culturanel suo aspetto paradossalmente molteplice e unitario.Storicamente la cultura è una, perché i popoli d’Europahanno condiviso gli stessi principi (libertà di pensiero, inte-resse genuino per la conoscenza, l’ambizione teoretica di

188

Page 189: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

superare il finito), gli stessi movimenti intellettuali (il cri-stianesimo, l’umanesimo, il razionalismo), le stesse catego-rie concettuali (particolare/universale, fede/ragione, indi-viduale/collettivo). Anche sociologicamente la cultura èuna, perché oggi piú che mai il tessuto europeo è omoge-neo: lo sviluppo delle classi medie, il livello economico, lalibertà di espressione, un sistema previdenziale abbastanzasviluppato, la qualità della vita, ecc. sono con ogni evidenzafattori unificanti. Gli europei condividono inoltre gli stessiproblemi: droga, disoccupazione, crisi dello Stato, l’inte-grazione degli immigrati, ecc. I modelli di vita dei giovanitendono ad essere gli stessi. Nei rapporti con il resto delmondo, accade anche che l’Europa si esprima con una voceunivoca. Quest’evoluzione, ben nota, sembra imporre unaconclusione: «I paesi dell’Europa comunitaria si sono defi-nitivamente incamminati sulla strada dell’unità; essiavranno ben presto una storia comune, fatta delle stesseesperienze, positive o negative, vissute in comunità di inte-ressi e di aspettative» (Sergio Romano, Six manières d’êtreeuropéen, a c. di D. Schnapper e H. Mendras, Parigi, 1990).

Tuttavia non mancano gli argomenti, e non meno forti,per sostenere la tesi contraria: la cultura europea agisce alivelli molto diversi. È facile dimostrare che le grandi cul-ture transnazionali (latina, slava, germanica) non sonointercambiabili; o che la stessa diversità delle lingue com-porta differenze profonde nelle tradizioni dei popoli; e chesi assiste ovunque a un riaffiorare dei particolarismi, un resi-duo pretenzioso del grande lavorio della Storia nelle nostreprovince. Ogni paese, ogni regione, proclama la sua ecce-zionalità: ed è vero che fra la Spagna e la Danimarca, e fral’Alsazia e il Limousin corre un differenza maggiore di

189

Page 190: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

quella che divide la California dall’Illinois. La diversità dicostumi, d’indole e di tradizione fa apparire il vecchio con-tinente come un mosaico di minuscole realtà locali. La con-sapevolezza di questa ricchezza comporta per gli europei ilrischio, indubbiamente, di scivolare nel particolarismo cam-panilistico, o nel relativismo culturale, per cui i prodottidell’artigianato sono collocati sullo stesso piano delle catte-drali. Ma rivendicando la molteplicità di aspetti della lorocultura, gli europei hanno il vantaggio di poter meglio resi-stere all’omologazione tecnicistica e alla minaccia dellastandardizzazione.

Non è piú tempo di chiedersi se l’Europa sia una o mol-teplice, occorre invece cominciare a pensarla simultanea-mente come molteplice e una. La sua diversità è difficol-tosa, eppure l’Europa deve restare aperta e multiforme; ènella sua non-identità che si scopre la sua identità. L’aspettopiú prezioso della cultura europea dev’essere probabil-mente individuato nel suo orrore per il sonno dogmatico,nella capacità di rinunciare all’eternità della certezza, nelrifiuto di «ammettere la perfezione dell’identità», comemette in evidenza L. Kolakowski, secondo il quale «l’attitu-dine a porsi in discussione e il rifiuto dell’autocompiaci-mento – il che avviene, certo, non senza una forte resistenza– è una caratteristica originale dell’Europa ed è una forzaspirituale». Perciò l’Europa sarà tanto piú Europa se non sichiuderà in se stessa, ma saprà collocarsi in una prospettivadinamica. Il che significa, da una parte, confrontare la suaprospettiva odierna con quella di altri tempi e di altri luo-ghi; d’altra parte vuol anche dire (qui cito Jacques Derrida)che si accetta una necessità duplice e contraddittoria:quella di evitare insieme la parcellizzazione della cultura (il

190

Page 191: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

provincialismo intellettuale, l’introversione solipsistica) el’omogeneizzazione culturale dettata da un centralismoautoritario. Dobbiamo contrastare la cultura standardizzata,senza però «coltivare, come fini a se stesse, le differenzeminoritarie, i gerghi intraducibili, gli antagonismi naziona-listici, la passione per il campanile».

In breve, se l’Europa si caratterizza per diversità e conti-nuità, cioè per una dialettica dell’uno e del diverso, e peruna combinazione di esperienze innovatrici con unamemoria innestata nella cultura classica, allora l’Istitutopuò esser riconosciuto come esemplarmente europeo. Lesue scelte culturali hanno un rispondente politico nel pro-getto di superare i nazionalismi. La parola “federalismo”– ne sono consapevole – suscita in Italia numerosi malintesi.Ma il progetto in questione, che io attribuisco all’Istituto,ha un significato positivo: contro la logica dell’interesseindividuale, contro la degenerazione dello statalismo inburocrazia, contro lo sfaldarsi progressivo della coscienzadel bene comune occorre fare delle differenze il principio stessodell’unione. La cultura – notava Denis de Rougemont –tende a dissociarsi dalla vita politica e sociale per mancanzadi un principio organizzatore (come la Legge per gli ebrei,il latino per i sacerdoti, la morale calvinista, o la Ragione);per cui non resta che «il Denaro, che è una misura senzavita». Ebbene, l’elaborazione di un principio organizzatoredella cultura, la sua attivazione ai livelli di competenza per-tinenti e l’esempio offerto su scala europea costituiscono ilterzo merito dell’Istituto, non certo il minore.

191

Page 192: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

192

Page 193: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

OLANDA

193

Page 194: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

194

Page 195: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Europa e Paesi Bassi

MARIO AGRIMI

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

Che la storia della tolleranza in Europa abbia il suo mag-giore centro di convergenze e di irradiazioni nell’Olandamoderna è un giudizio incontestato e consolidato. E sitratta di una consapevolezza raggiunta e trasmessa dallastessa storiografia olandese, almeno a partire dalla grandeHistorie der Reformatie (Amsterdam 1671-1674, 4 voll.) diGerard Brandt, le cui traduzioni inglese e francese delprimo Settecento diffondono in tutta Europa il quadrodenso e tormentato delle lotte religiose e politiche combat-tute dal sec. XVI in Olanda, dove dalla stessa drammaticitàdei conflitti emergono le prime formulazioni del problemadella tolleranza, in un intreccio fortemente significativo diproblemi religiosi e di problemi politico-costituzionali. Undocumento, insieme ardito e maturo, sul diritto alla libertàreligiosa è il celebre discorso rettorale De religione ab imperioiure gentium libera, che Gerard Noodt pronuncia a Leida l’8febbraio del 1706.

Dagli ultimi decenni del Cinquecento, in non certo ca-suale connessione con le rivolte antispagnole, i Riformati(soprattutto calvinisti), fiamminghi e valloni, dalleProvincie meridionali dei Paesi Bassi si mettono al riparonelle Provincie del Nord, in stato di secessione. Ma piú tardila vita delle Provincie Unite è turbata da nuovi aspri con-trasti religiosi, perché in seno al calvinismo divampa la lottatra arminiani e gomaristi, con rilevanti implicazioni politi-

195

Page 196: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che. Sono appunto queste travagliate vicende a reclamarel’imporsi dello spirito di tolleranza, per cui, per oltre unsecolo, l’Olanda sarà la terra d’asilo di un’Europa sconvoltada guerre e da persecuzioni religiose e politiche. Vi si cercarifugio per motivi confessionali e politici; giungono esiliatiin cerca di libertà e di sicurezza. Numerosi sono i rifugiatidalla Francia, e poi ebrei ispano-portoghesi, tedeschi, polac-chi, i quali si riuniscono in molte città della Provinciad’Olanda, ma soprattutto ad Amsterdam, che, dall’incontroe dallo scontro di esperienze religiose, civili e politiche cosíintense e diverse, attinge le energie di un grande rigogliodella vita culturale, divenendo la maggiore sede europeadelle attività editoriali e del commercio librario, con scambiparticolarmente intensi con l’Inghilterra.

Ma, dalla metà del sec. XVII, l’Olanda raggiunge, insie-me alla straordinaria fioritura intellettuale, un eccezionalesviluppo della vita economica (e sono ben note in Italia leimmagini del Seicento olandese consegnateci dagli studi diJohan Huizinga) e assume il ruolo di grande potenza mon-diale. Pierre Bayle saluterà quindi l’Olanda: «la GrandeArche de Fugitifs», cioè la grande patria europea della tol-leranza e della libertà di coscienza.

Aspetti specifici di questa vasta problematica sono statiaffrontati da un convegno che si è tenuto a Vico Equense, acura dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e delDipartimento di Storia dell’Università di Firenze, nei giorni10-12 settembre 1992, sul tema: “Europa e Paesi Bassi: evolu-zione, rielaborazione e diffusione della tolleranza nei secc.XVII e XVIII”. Si tratta di un piano di ricerca pluriennale,promosso dal Netherlands Institute for Advanced Study in theHumanities and Social Sciences (NIAS) e dal Dipartimento

196

Page 197: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

di Storia dell’Università di Firenze: una collaborazionescientifica internazionale di grande importanza, che ha unqualificato coordinatore in Antonio Rotondò, dell’Ateneofiorentino, al quale si deve l’organizzazione scientifica delconvegno, che è il primo di una serie di incontri, in cuisaranno via via presentati e discussi i risultati delle ricerche.Rotondò, eccellente esperto dell’argomento, ha tenuto larelazione introduttiva ed ha altresí predisposto un preziosovolumetto illustrativo delle linee e del programma di ri-cerca, che ha il carattere di un’attenta e informata guidastorico-critica e bibliografica, utilissima a favorire una par-tecipazione impegnata ai lavori del convegno, fornendonecessari chiarimenti di merito e di metodo.

Bisogna in primo luogo guardarsi da un uso generico eincontrollato del concetto di tolleranza. In cui confluisconotre grandi componenti: gli irenismi di tendenze diverse; iprogetti di tolleranza civile distinta dalla tolleranza ecclesiasticae intesa come mezzo per neutralizzare gli effetti dell’intol-leranza ecclesiastica; le rivendicazioni della libertà dicoscienza. Distinzioni certamente necessarie, che nondevono comunque far perdere di vista l’unità complessivadel quadro, in cui le diverse “dimensioni” della tolleranzapossono coesistere, congiungersi o susseguirsi. Né minoreattenzione è da prestare alle varietà di significati del ter-mine “tolleranza”, che resiste a lungo nel suo significato ori-ginario ed etimologico di “sopportare con pazienza”, primadi venire assumendo il positivo valore etico-giuridico dilibertà.

Certo, il percorso storico piú incisivo è quello che vede latrasformazione delle esigenze di tolleranza in rivendica-zioni del diritto alla libertà di coscienza. E già negli ultimi

197

Page 198: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

anni del sec. XVI s’incontra – nella cultura olandese – unoscritto quale la Synodus van der conscienten vryheyt (1582), cheè forse la prima esplicita elaborazione teorica, in etàmoderna, della libertà di coscienza, senza dimenticare laConfessione Remostrantium (1619) di Johannes Episcopius,che ha un’importanza essenziale nell’impostazione deldibattito sui rapporti tra potere civile e diritti dellacoscienza.

L’intero sec. XVI è certamente fondamentale per lo stu-dio della tolleranza, e basti solo pensare a Erasmo e alla tra-dizione erasmiana dell’Umanesimo cristiano, ai suoi diffusiradicamenti europei, alla sua lunga durata. Né minorerilievo ha tutta la complessa e talora sommersa tradizione“sociniana”; ma indubbiamente è la philosophia Christid’Erasmo il profondo sostrato di quell’universalismo e ire-nismo religioso, di cui si nutre il migliore spirito di tolle-ranza. E ciò è ben tenuto presente dal programma diricerca, che pur si riferisce ai due secoli successivi, e che sisegnala inoltre per porre con forza l’esigenza di indaginicircostanziate e particolari, mentre opportunamente si insi-ste sulle implicazioni politiche, culturali, giuridiche, sociali,economiche della storia della tolleranza o, se si vuole, dellapace religiosa in Europa, che perciò richiede l’impegno dicompetenze multiple.

Il programma dei lavori del convegno conferma la pienaaderenza al piano di ricerca tracciato e va sottolineata l’am-pia e autorevole partecipazione della storiografia olandese.Si tratta, come si diceva, del primo dei tre incontri previsti,dedicato a: Fondamenti, metamorfosi e dilatazioni dell’irenismo;il successivo, su La tolleranza ecclesiastica e civile, si terràall’Università di Leida nel 1993; il terzo su La libertà di

198

Page 199: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

coscienza si svolgerà nella sede del NIAS a Wassenaar nel1994. È particolarmente benemerita e feconda scientifica-mente questa collaborazione con esponenti cosí qualificatidella storiografia olandese, che vede presenti GuillameH.M. Posthumus Meyjes, l’insigne studioso di Grozio che hatenuto un’impegnativa relazione e ha presentato le conclu-sioni del convegno; Govaert C.J.J. van den Bergh, autore distudi fondamentali su Gerard Noodt; Hans Bots, cui sidevono importanti studi sull’ambiente e sul pensiero gro-ziani, ricostruiti anche attraverso l’edizione di preziosecorrispondenze; Willem Frijhoff, attento indagatore deiproblemi delle coesistenze confessionali nelle ProvincieUnite; e molti altri qualificati studiosi.

Il respiro europeo, ampio e profondo, della storia dellatolleranza trova espressione piena in questa iniziativa. Lesequenze piú note ed eminenti di questo complesso itine-rario vanno da Erasmo a Grozio, da Spinoza a Leibniz, daLocke a Bayle, a Lecler, a Voltaire: l’Olanda e l’Europa sonoquindi impegnate in un alto e umanissimo compito diciviltà. E non sorprende l’aperta e convinta adesione al pro-getto da parte dell’Istituto Italiano per g1i Studi Filosofici,sensibilissimo alla collaborazione europea degli studi, ilquale, non a caso, ha di recente inaugurato la sua“Biblioteca Europea” col poderoso e ricco volume di PaulDibon, Regards sur la Hollande du siècle d’Or (1990), dedicatoalla cultura della giovane e tollerante Repubblica delleProvincie Unite, quale crocevia della vita intellettuale e spi-rituale europea nel sec. XVII. Le rigorose ricerche di Dibonsu André Rivet e J.F. Gronovius toccano figure che, nel lorodifferenziato rapporto con Grozio, hanno grande rilievonella storia della tolleranza; mentre la particolare atten-

199

Page 200: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

zione rivolta alla intensa e libera comunicazione intellet-tuale assicurata dalla République des Lettres sottolinea quantoquel vasto e libero circuito di dialogo tra filosofi, filologi,eruditi e scienziati sia stato una forza attivamente operantenella storia della tolleranza. Centrale è quindi la figura diBayle, che vive le tormentate vicende dei contrasti confes-sionali e poi dal “rifugio ugonotto” di Rotterdam diffondecon acutezza e grande efficacia le nuove idee di libertà reli-giosa e intellettuale, fondate sul programma di larga tolle-ranza civile esposto nel Commentaire philosophique (1686). Magià dal 1684 egli aveva iniziato la pubblicazione della rivista«Nouvelles de la République des Lettres», per favorire l’in-formazione e la libera discussione critica tra i cittadini dellarespublica literaria. Si passa cosí dalle trasgressioni dello scet-ticismo libertino all’affermazione dei diritti della “coscienzaerrante” e della libera ricerca storica, filosofica, scientifica.E non si può non ricordare che la rivista bayleana è rinatacol suo titolo a Napoli, nel 1981, sotto la direzione di PaulDibon e Tullio Gregory.

La libertas philosophandi, coraggiosamente rivendicata dalceto civile e intellettuale napoletano del secondo Seicento,guarda con ammirazione e speranza all’Olanda. La biblio-teca di Giuseppe Valletta è ricchissima di edizioni olandesi,e la storia napoletana del sec. XVII – anche con le sue ricor-renti rivolte antispagnole – ha talune corrispondenze signi-ficative con le vicende dei Paesi Bassi, pur contrassegnatequeste da specifiche peculiarità. E sia in Olanda che aNapoli si svolgono intense e accese discussioni cartesiane,sicché è necessario riservare qualche specifica attenzione airapporti tra diffusione del cartesianesimo e lotte per la tol-leranza.

200

Page 201: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Ma si deve sottolineare che la grande tradizione anticu-rialistica napoletana può, per molti versi, essere considerataun capitolo della storia della tolleranza in Europa. Lo stre-nuo e tenace sforzo di ridefinizione dei rapporti tra poterecivile e autorità ecclesiastica rivendica la libertas philosophicacontro le inquisitorie censure controriformistiche, utiliz-zando motivi gallicani e filogiansenisti, insieme alle espe-rienze delle lotte olandesi. E Grozio è autore largamenteletto e utilizzato. L’anticurialismo napoletano è, come si sa,un vigoroso movimento di lotta politico-culturale, cheinterviene anche con energia sul terreno della problema-tica etico-religiosa, combattendo la morale gesuitica e lamondanizzazione e politicizzazione della Chiesa.

Esso viene cosí esprimendo esigenze di riforma religiosa,che chiedono il ritorno della Chiesa alla pura e rigorosadisciplina evangelica. Ne è alta testimonianza l’eroico impe-gno della vita e delle opere di Pietro Giannone, e la tradi-zione giannoniana si radica con forza a Napoli e al suointerno sono da collocare anche figure di coraggiosi eccle-siastici, quali Gian Andrea Serrao e Gian FrancescoConforti, le cui proposte di riforma religiosa si intreccianocon ardite scelte politiche, quale quella del Conforti cheaffronterà l’eroica fine dei martiri della RepubblicaNapoletana del 1799; e Vincenzo Cuoco dirà: «Conforti erail Giannone, era il Sarpi della nostra età...». Del Confortiandrà anche ricordata l’opera che va comunemente sotto iltitolo di Antigrotius (1780), nella quale è discusso critica-mente il De imperio summarum potestatum circa sacra dell’ar-miniano olandese (ma è pure da segnalare l’importanteopera inedita De conciliis oecumenicis). La polemica delConforti con Grozio contiene certamente motivi moderati

201

Page 202: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

e qualche insicurezza, ma è nettissima nell’affermare laseparazione del potere temporale dal potere spirituale, e ciò,per molti aspetti, differisce dalle posizioni groziane. Né ilConforti condivide la scelta di una tolleranza accordata atutti i culti, nella convinzione che ciò porta inevitabilmentealla disgregazione politica e civile, ed è alla fine distruttivodella stessa religione.

Grozio, com’è noto, è invece, insieme a Platone, Tacito eBacone, uno dei “quattro autori” di Vico, che nel filosofo,teologo e umanista olandese coglie «un sistema di dirittouniversale», che lo conferma autorevolmente nella sua fon-damentale visione di un’unità del genere umano, provatasul piano filosofico e filologico. Quindi Grozio è un“autore” di grande incidenza per la Scienza Nuova, la qualenello stesso tempo si oppone frontalmente a Bayle, asser-tore del “pirronismo storico” e dell’ipotesi, per Vicomostruosa, di una “repubblica degli atei”. Né Vico, convintodella necessità di una forte auctoritas politica per il governodei popoli, è d’accordo con le interpretazioni groziane diGronovius, fatte, secondo lui, «piú per compiacere a’governi liberi che per far merito alla giustizia». Per partesua il filosofo napoletano auspicava «governi umani», alienidalle intolleranze e dalle persecuzioni, e poiché «l’uomosoggetto naturalmente brama sottrarsi alla servitú», egliauspicava quelle repubbliche «nelle quali pii, sapienti, casti,forti e magnanimi debellassero superbi e difendesserodeboli, ch’è la forma eccellente de’ civili governi».

La tolleranza, la libertà di coscienza, la laicità sono untratto essenziale della vita intellettuale napoletana mo-derna. Ed è per questo che – attraverso varie proposte e sol-lecitazioni culturali – da tempo parte da Napoli l’energico

202

Page 203: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

appello a recuperare la grande tradizione morale e intellet-tuale europea (e la storia della tolleranza ne è uno dei mag-giori capitoli), la cui attiva presenza è assolutamente neces-saria nell’attuale pericolosa crisi mondiale, in cuiriesplodono intolleranze e fanatismo d’ogni genere.

Edwin Rabbie ha svolto nel convegno una relazione sul-l’irenismo di Grozio nel contesto europeo, riprendendo ilsagace avvertimento: «Nobis modica theologia sufficit», equella modica theologia induce a ricordare che BenedettoCroce, tra lo scherzo e l’ironia, si diceva parcus deorum cultoret infrequens, che era un’elegante esortazione alla discre-zione interiore e alla sobrietà, di fronte ai troppo facili edesibiti commerci con l’Assoluto o col Divino.

Testo tratto dal n. 8/9 di «Informazione filosofica», rivista del-l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dell’Istituto Lombardo diScienze Filosofiche e Giuridiche.

203

Page 204: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

204

Page 205: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

GERMANIA

205

Page 206: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

206

Page 207: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La rete di rapporti, di scambi, di iniziative di ricerca ed editorialidell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici in Germania è densis-sima, i momenti di collaborazione con studiosi, istituti di ricerca, uni-versità, case editrici tedesche sono innumerevoli. Il quadro d’insiemedi questa attività lascia scorgere come la cultura tedesca e quella ita-liana siano tra loro complementari e come sia giusta l’intuizione diBertrando Spaventa di una “circolarità” del pensiero europeo.

La prima manifestazione dell’impulso possente dato dall’Istitutoall’intensificazione dei rapporti culturali tra Italia e Germania fudata dall’edizione critica dei corsi di lezioni berlinesi di Hegel Reli-gionsphilosophie 1820/21 e Naturphilosophie pubblicate aNapoli per la magistrale cura di Karl-Heinz Ilting (1979).

La coltivazione delle ricerche sul pensiero di Hegel e piú in gene-rale sull’idealismo tedesco, visto come fase culminante del pensieromondiale, che ancor oggi promette frutti copiosi e decisivi per la con-sapevolezza europea, assumeva un ritmo sempre piú serrato a partiredall’edizione dei volumi di Ilting. Ne scaturivano prestigiose collaneeditoriali che ormai annoverano centinaia di pubblicazioni: «Speku-lation und Erfahrung» pubblicata a Stoccarda da Fromman-Holz-boog e frutto della collaborazione con lo Hegel-Archiv, la Fichte Kom-mission e la Schelling Kommission, “Fichtiana”, “Schellinghiana” ed“Hegeliana” pubblicate a Milano da Guerini e Associati, “Studi sulpensiero di Hegel”, pubblicata a Napoli da La Città del Sole.

207

Page 208: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

208

Page 209: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Appello per l’Europa

HANS-GEORG GADAMER

Università di Heidelberg

Alla mia età posso essere considerato un figlio del secolo.Ho attraversato quest’epoca tumultuosa dai primi anni dellamia infanzia fino ad oggi, e posso dunque considerarmi un“testimone” del secolo passato: uno che può richiamare allamemoria le cose accadute e domandarsi che cosa abbia a chefare la filosofia con la situazione odierna. La nostra è un’e-poca segnata dalle conseguenze degli enormi sviluppi tecno-logici avviati dalla rivoluzione industriale. Alla fine di que-st’epoca, ossia nella seconda metà del nostro secolo, neglianni della ricostruzione, dopo le due guerre mondiali, larivoluzione industriale ha di nuovo raggiunto le proporzionidi un’onda immane che tutto sommerge e trascina.

D’altra parte i grandi mutamenti politici degli ultimianni hanno restituito alla vecchia Europa almeno una partedella sua estensione originaria, e, come gli altri grandimutamenti, questa vicenda europea ha in realtà una portatamondiale. La vecchia Europa è legata strettamenteall’America del Nord, che nel segno della rivoluzione indu-striale continua ad esercitare e anzi ad accrescere il suoruolo guida in un’epoca nella quale i mezzi di informazionee di riproduzione tecnica riversano su di noi un continuoflusso di stimoli. Ci troviamo di fronte ad un problema chemette in questione l’intera struttura della nostra vita, il pro-blema cioè della crescita e del predominio di un sistemaanonimo all’insegna della scienza e della tecnica.

209

Page 210: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Quello che oggi chiamiamo scienza è – com’è noto – unacreazione dell’età moderna che ha avuto inizio con GalileoGalilei. Fino ad allora le capacità inventive dell’uomo sierano limitate piú che altro a riempire gli spazi lasciati vuotidalla natura. Ecco ora, invece, aprirsi una nuova epoca, incui l’ingegno umano impara a riprodurre artificialmente glioggetti naturali e, addirittura, a costruire una nuova realtà.Il metodo scientifico diviene cosí la nuova forma atta adominare la natura, che cosí viene ridotta a campo dadominare e non è piú considerata come madre della vita.Un progresso, questo, straordinario, destinato però a pro-durre lentamente il predominio delle scienze nella vitaumana. E infatti l’altra linea di pensiero, quella che cerca diargomentare razionalmente intorno agli eventi umani,intorno alla storia, non poteva reggere il confronto con lemoderne scienze sperimentali, nonostante quei pensatoriche, come Vico, proprio a Napoli, rivalutavano il valore teo-retico e pratico della retorica a fronte di un approccioconoscitivo basato sul metodo oggettivante.

Noi viviamo oggi in una società che potremmo definirein senso lato una società delle scienze; una società dove l’o-pinione pubblica e la politica dell’informazione sono gui-date e manipolate sulla base dei risultati delle scienze. Staqui, a mio parere, il vero pericolo di un possibile abusodella scienza. Tutti i risultati della scienza moderna sonocaratterizzati dall’oggettività metodica come sinonimo dianonimità. Nella nostra epoca, nell’epoca del predominiodelle scienze naturali e matematiche, la grande “vittoria”delle scienze moderne appare sempre piú come un appiat-tirsi nel monologo, i cui caratteri distintivi sono la chiusuraindividualistica e la mancanza di ogni fede. Questo è un

210

Page 211: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

chiaro segno, peraltro, dell’indebolirsi e del venir menodell’educazione all’interno della famiglia, dove l’autoritàdei genitori viene oggi sostituita dall’autorità dei messaggidiffusi dai mass-media.

Già il grande sociologo Max Weber aveva definito lanostra epoca come l’epoca della burocratizzazione. Vienecosí alla luce una nuova problematica: da una parte crescela domanda di regole e controlli, dall’altra, e per conse-guenza, la possibilità di abusi di potere. Ogni sistema rego-lato richiede uno sforzo di adattamento alle regole; ma asua volta ogni regolazione deve fare i conti con il continuomutare delle situazioni reali, coi bisogni, le esigenze, leattese degli uomini. L’adattamento alle regole e l’auto-nomo giudizio personale sembrano difficili da conciliare. Sipuò dire anzi che la civiltà europea con tutti i suoi grandisuccessi stia sviluppando una fisionomia sempre piú unila-terale, in cui i comportamenti degli uomini sono stilizzatida regole imposte da un’autorità anonima.

Come risultato finale di questa diagnosi posso dire che ilcanone della scienza moderna è ormai rappresentato daltalento dell’adattamento. Contro questo appiattimento iorivolgo il mio anelito ad un futuro che sia basato sulla crea-tività, sulla libertà, sul rischio – se volete – dell’errore. Oggiil nostro compito diventa sempre piú arduo di fronte allanecessità di affermare la convivenza tra culture e linguediverse, tra differenti confessioni e fedi religiose. La crisiecologica, il problema atomico non sono limitati alla solaEuropa, ma mettono in questione la sopravvivenza dell’in-tera umanità e della vita stessa.

Nel 1946 fui eletto Rettore, il primo dopo la guerra,dell’Università di Lipsia nella Germania dell’Est, ma poi

211

Page 212: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rinunciai a questa posizione per un incarico d’insegna-mento prima a Francoforte e poi a Heidelberg. A Lipsia fuipregato di scrivere qualche parola nell’albo che accoglievale firme dei visitatori ufficiali. Oggi voglio riprendere leparole che scrissi allora: pazienza e lavoro, perché il com-pito è gigantesco e nient’altro ci può salvare. A quel tempomi chiedevo tuttavia se un giorno sarebbe nata un’istitu-zione che fosse in grado di risvegliare a nuova vita la nostratradizione culturale ormai irrigidita dalle regole di unasocietà burocraticamente organizzata e finalizzata all’idealedel profitto economico. Era mai possibile una tale istitu-zione? Oggi, come membro dell’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici, posso affermare che ciò è possibile. Questainiziativa infatti fu proposta dall’avvocato Gerardo Marotta,pur tra le riserve da parte dell’Università, allora incredulasulle possibilità di successo di questa ardua impresa. Eindubbiamente l’impresa era ambiziosa perché essa volevaaffrontare un problema che gravava sull’Università: il peri-colo della crescente specializzazione e del carattere mono-logico dell’insegnamento e del sapere. Questo pericolo iolo sentivo in modo vivissimo e fu questo che mi spinse acooperare alla nuova istituzione voluta da Gerardo Marotta.

Ma in che senso “nuova”? In effetti già prima della fon-dazione dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici esistevain Germania e in America una istituzione all’internodell’Università, uno Studium generale che aveva un carattereinterdisciplinare, ma solo parzialmente e marginalmentetoccava il problema di come assicurare un rapporto dialo-gico tra gli studenti e il docente. L’interdisciplinarietà e ildialogo non sono marginali ma, al contrario, sono al centrodell’interesse dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, la

212

Page 213: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cui attività fondamentale sta nei “seminari”, un’attività incui, come dice il nome, si gettano semi destinati a germo-gliare su un comune terreno spirituale, in quel “Leben inIdeen”, di cui parlava Humboldt e che io ho proposto quasiad emblema dell’Istituto. Perciò ritengo che lo scambio diidee e la forma dialogica con la quale l’Istituto opera susci-tino, specialmente presso i giovani, maggiore interesse chenon la prospettiva di una rapida carriera accademica.

Spero, pertanto, che questa “nuova” istituzione non restil’unica, ma sia modello per tutta l’Europa e per tutti queipaesi del mondo che si prefiggano lo scopo di realizzareuna cultura libera da rigidi schemi precostituiti, all’insegnadi una solidarietà che sia garanzia di pace. Bisognerebbe, aquesto scopo, superare un ostacolo di fondo: la subordina-zione delle regioni economicamente svantaggiate rispetto aquelle favorite dal progresso tecnologico. Cultura ed eco-nomia debbono andare di pari passo. Tanto piú oggi,quando l’intera economia mondiale, anche quella degliStati tecnologicamente avanzati, comincia ad essere minac-ciata dai pericoli prodotti dal divario tra paesi ricchi e paesipoveri. Per far fronte a questa situazione di crisi, è necessa-rio appellarsi alle nuove generazioni, alla flessibilità dellagioventú come leva per una riorganizzazione della vita nonsecondo domini separati, ma sulla base di una crescentesolidarietà. Questo è il compito al quale, come suggerivo,bisognerebbe assolvere con pazienza e lavoro.

Discorso tenuto in occasione della inaugurazione della sede diHeidelberg dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

213

Page 214: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Giambattista Vico nella ricezione tedesca

OTTO PÖGGELER

Università di Bochum

In questo momento storico è lecito nutrire la speranzache nei prossimi anni la Comunità Europea farà un grandepasso in avanti, grazie all’integrazione delle economie. Maallo stesso tempo cresce in noi la dolorosa consapevolezzache la sola economia non basta: guerre senza senso che sisvolgono sotto i nostri occhi – come per esempio inJugoslavia – e che temiamo anche per altre regioni, distrug-gono per decenni le basi della convivenza dei popoli.All’interno delle moderne connessioni politiche e econo-miche, riemergono frontiere antichissime, come quella trale tradizioni latino-cattolica e greco-ortodossa. Anche la solapolitica non basta: l’Europa, diventata piú vasta, dovrà tro-vare la strada verso uno scambio culturale piú intenso, versouna nuova comunanza al di là delle antiche diversità, ten-sioni, discordie.

È stata la filosofia, sin dai suoi inizi in Grecia, a voler con-durre gli uomini verso una riflessione su se stessi. Nondovrebbe esistere quindi una sorta di comune filosofare peraiutare una comune riflessione in questo senso? In verità,tale pensiero esiste da tempo, da quando negli ultimidecenni sono venute meno numerose barriere tra le aree didiversa matrice culturale – com’è avvenuto negli scambi trala Germania e i paesi di lingua e cultura romanza, e anchenel reciproco avvicinamento tra la speculazione del conti-nente europeo e la tradizione analitica del mondo anglo-

214

Page 215: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sassone. Una simile comunanza può essere rafforzata attra-verso un processo in cui l’Europa scelga classici comuni –quelle grandi opere scritte nelle piú svariate lingue che pos-sano stimolare a porre domande e a domandare sempreoltre. Dato il polimorfismo linguistico dell’Europa è neces-sario che le opere classiche vengano tradotte; solo cosí pos-sono essere fatte proprie nelle altre lingue, e solo cosí ildiverso approccio ad esse può agire, viceversa, sui paesi d’o-rigine.

La Scienza nuova di Giambattista Vico è senza dubbioun’opera classica di livello europeo. Questo contributo digrande originalità ha dovuto attendere a lungo un ricono-scimento, ma oggi riceve consensi in tutto il mondoaprendo strade sempre nuove a chi vuole fare filosofia. Dasempre Napoli, la città di Vico, ha un’immagine di sé comedi una delle grandi città europee, e cosí anche nel nostrosecolo a Napoli sono nate istituzioni che promuovono il dia-logo europeo. Il giovane Istituto Italiano per gli StudiFilosofici, fondato grazie alla generosa iniziativa dell’avvo-cato Gerardo Marotta, si dedica in molteplici modi a questodialogo. Le discussioni filosofiche si reggono, come si èdetto, non ultimo, sull’impegno con cui si provvede ad edi-zioni, traduzioni ed interpretazioni degli autori classici.Grazie all’iniziativa dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici è stato possibile tradurre Vico in spagnolo e intedesco. Cosí la nuova traduzione completa in tedesco dellastesura definitiva della Scienza nuova ha potuto uscire per itipi della casa editrice Meiner che da piú di cento anni è alservizio dello studio dei grandi filosofi.

Ora, non basta che una traduzione venga portata a ter-mine e pubblicata: essa ha bisogno di un ambiente che l’ac-

215

Page 216: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

colga e in cui possa agire. La prima traduzione della Scienzanuova era stata quella in lingua tedesca di Wilhelm ErnstWeber, nel lontano 1822. Il traduttore aveva eseguito concura il suo solitario lavoro ricorrendo per la traduzione,quasi completa, anche alle fonti di Vico e alla prima edi-zione dell’opera. Dall’altro canto Weber non solo aveva tra-lasciato di tradurre passi importanti, ma inoltre non eragiunto a una forma linguistica incisiva e convincente; cosí latraduzione non si impose e scomparve dalle discussioniprima di esservi effettivamente entrata. Del tutto diversa lafortuna della Scienza nuova in Francia, dove aveva destatol’interesse di un filosofo della statura di Victor Cousin e, tragli storici, di un Jules Michelet. Nel 1827, quest’ultimo pub-blicò una parafrasi piú che una traduzione dell’opera. Atale versione libera si poteva dare anche un titolo libera-mente attualizzante: Principes de la philosophie de l’histoire. Inquesta forma libera, la versione suscitò un’eco non solo nelmondo di lingua francese, ma nella cultura di tuttal’Europa. In lingua tedesca, solo nel 1924 Erich Auerbachprodusse una versione libera che a larghi tratti si limitava ariferire il pensiero dell’autore. Grazie a questa traduzione,Vico fu accolto nello storicismo di Dilthey, di Troeltsch e deigrandi filologi. Anche a questa traduzione è toccata unagrande fortuna, ma oggi essa si rivela datata – come la tra-duzione di Michelet con il suo approccio diverso – e per noiinsufficiente.

La traduzione completa in tedesco che ora è stata pre-sentata non subirà certamente l’emarginazione che fu ildestino della prima traduzione ad opera di Weber. Nel frat-tempo si è sviluppato un interesse per Vico che si articola inun ampio ventaglio di approcci specifici, per cui era escluso

216

Page 217: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che la nuova traduzione seguisse la linea della libera rice-zione di Vico attuata da Michelet e Auerbach. Questi autoripotevano ancora ridurre e attualizzare Vico secondo la loroprospettiva specifica, mentre ormai lo studio delle operevichiane è molto specialistico e richiede una traduzionecompleta quanto puntuale. Ora ci è dato di scorgere, passodopo passo, il lungo cammino percorso prima che Vicopotesse essere assimilato nella maniera intensiva ed esten-siva in cui è presente ora, e lo sarà sicuramente in futuro, inGermania.

Giunto a Napoli nel 1787, Goethe scrisse: «Se a Roma sistudia volentieri, qui si desidera soltanto vivere». Furonoper lui grandi spettacoli della natura il tramonto sulMediterraneo e l’attività del Vesuvio; a questo si aggiunge-vano le testimonianze dei destini dei popoli – i templi deiGreci, Pompei come monumento di una città dell’ImperoRomano, ma anche la corte reale borbonica, e soprattuttola vitalità effervescente del popolo napoletano. Tuttavia, aGoethe fu indicato anche uno scrittore napoletano di altritempi: Vico per l’appunto. Come annota Goethe, i«moderni italiani amici della legge» preferivano la «pro-fondità insondabile» di Vico perfino a Montesquieu: «Dauna rapida scorsa al suo libro, che mi fu consegnato comeuna reliquia, ho avuto l’impressione che vi siano espostisibillini presagi del bene e del giusto, il cui avvento è previ-sto, o prevedibile, sulla base di severe meditazioni intorno aciò che è stato tramandato e a ciò che vive. È molto belloper un popolo possedere un tal patriarca; un giorno i tede-schi avranno in Hamann un breviario non dissimile». Nonriuniva forse Vico l’istanza di Hamann – vale a dire il ricu-pero del linguaggio poetico e mitico come lingua originaria

217

Page 218: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dei popoli – con l’impegno di Montesquieu di ancorarenella storia il diritto e i costumi?

Napoli non ha stimolato Goethe a studiare libri, per cuiil poeta non andò oltre il passeggero piacere di aver trovatoin Vico un “patriarca” dei poeti e pensatori. ProbabilmenteHerder e Jacobi hanno avuto un maggiore contatto conVico, ma in generale nella Germania di quei tempi non si èarticolato un rapporto approfondito con l’autore napole-tano. Curando la pubblicazione postuma delle lezioni diHegel sulla storia universale, l’editore Eduard Gans ricordòtra gli altri anche Vico, tuttavia è probabile che doveva glistimoli in questo senso al suo soggiorno parigino. Un veroconfronto tra Vico da un lato, e Herder, Goethe e Hegeldall’altro, fu stabilito soltanto quando gli studi furonoripresi con impegno a Napoli, il luogo d’origine. Tramite ilpensiero hegeliano, la grande filosofia tedesca fece il suoingresso a Napoli e fu adoperata anche per l’elaborazionedi storie della filosofia e della letteratura. In seguito, fuBenedetto Croce a dimostrare inconfutabilmente come l’i-dealismo tedesco avesse avuto in Vico un precursore, anchese i tedeschi avevano scarsa conoscenza di questa mente ori-ginale. Il libro di Croce su Vico, tradotto in tedesco daAuerbach e Lücke, in inglese da Collingwood, contribuíallo sviluppo dello storicismo europeo.

Viceversa, con l’evolversi degli studi romanzi inGermania e con la conseguente ricezione di Vico, ErichAuerbach mostrò che bisognava guardare a Vico, piú chepartire da Hegel, nel contesto della sua metafisica barocca.In Dante, Vico aveva trovato un Omero toscano in cui l’an-tica lingua, possente e anche barbara, tornò ad irrompere.Auerbach fece sua questa scoperta, correggendola nel

218

Page 219: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

senso che dava rilievo anche alle astrazioni che Dante avevaattinto dai tempi piú tardi (gli elementi dogmatici e le alle-goresi). In ciò, Auerbach avrebbe potuto richiamarsi alleopere giovanili di Vico. Insieme a Herder e al romanticismotedesco, Vico divenne precursore della filologia romanza, il“patriarca”, quindi, di quel campo di studi che Auerbachpoté rappresentare fino al 1933 in Germania e, dopo glianni di emigrazione a Istanbul, negli Stati Uniti, dove lo tra-sformò in uno studio comparato delle letterature europee.Oggi, Auerbach viene considerato senz’altro uno dei fon-datori di tali studi, soprattutto in America. A ragione l’edi-tore della raccolta dei suoi saggi ha sottolineato che ErichAuerbach «per indole della sua natura» con nessuno avevapiú affinità che con Vico.

Vico ha dato impulsi non soltanto agli studi letterari;anche un poeta come James Joyce gli dedicò la sua atten-zione, in vista della sua tarda opera Finnegan’s Wake. Daquando filosofi come Hans-Georg Gadamer e Karl-OttoApel hanno ricordato Vico con insistenza, l’opera di que-st’ultimo è presente nelle discussioni su come gli uominigiungono alla comprensione di se stessi attraverso il lin-guaggio e la comunicazione. Non bisogna mai dimenticareche Vico era un giurista e che voleva essere tale; il suo pen-siero filosofico si dispiega a partire dalla giurisprudenza edalla storia del diritto. Con la pubblicazione del 1953 delsaggio su Topik und Jurisprudenz, Theodor Viehweg diedevita ad una corrente, all’interno della nostra giurispru-denza, di studiosi della topica che, prendendo spunto dallatradizione retorica, cercano di superare il contrasto tra giu-snaturalismo e giuspositivismo storico. Questi studi si sonoripercossi in altri campi, per esempio nelle scienze politi-

219

Page 220: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che. Per numerosi stimoli queste tendenze sono debitricidel discorso, tenuto dal Vico quando era giovane professoredi Retorica, De nostri temporis studiorum ratione, una tradu-zione del quale, intitolata Vom Wesen und Weg der geistigenBildung, fu pubblicata da W.F. Otto nel 1947. (Una panora-mica delle tendenze accennate è contenuta nel mio contri-buto «Dialektik und Topik» nella ‘Gadamer-Festschrift’Hermeneutik und Dialektik).

Ricordando oggi gli approcci degli anni Cinquanta, biso-gna riconoscere che spesso i conti non tornavano: non sem-pre Vico fu ascoltato con sufficiente attenzione a propositodegli argomenti trattati! Ma ora la situazione è cambiata; latraduzione e il commento del Liber metaphysicus mostranoin quale maniera l’idea della topica si inserisca nel pen-siero di Vico il quale, grazie ad essa, compie un passo deci-sivo verso la Scienza nuova. L’attuale interesse per Vico, chesi è fatto piú attento e piú puntuale, può avvalersi dei con-tributi dati dal Centro di Studi Vichiani di Napoli. Daquando anche a New York esiste un istituto di studivichiani, i colleghi statunitensi sostengono che Vico abbiaresponsabilità riguardo a praticamente tutte le innovazioniattuali nell’ambito delle scienze culturali e sociali. In que-sta situazione, è importante che ormai possediamo una tra-duzione completa della Scienza nuova, una traduzione checi consenta di verificare come pensava Vico nella Napolidei suoi tempi, e di renderci conto del modo in cui noidobbiamo rispondere al richiamo che i nostri tempi cirivolgono. Confrontandoci con Vico, possiamo imparareche anche noi abbiamo un nostro campo d’azione con isuoi limiti, posti come siamo in questo luogo e in questaora di una storia che continua.

220

Page 221: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Innanzitutto, Vico ci insegna la fiducia nella storia. Nonsi tratta della fede in un progresso continuo; Vico scopre,piuttosto, che i periodi di decadenza hanno una loro neces-sità. Tuttavia, dobbiamo essere pronti per le possibilità checi vengono concesse, non dimenticando che anche la bar-barie e la catastrofe – dopo averci insegnato il senso dellamisura e del limite – non escludono una svolta positiva.Nella propria vita, Vico nota il significato positivo del fattoche l’Università non gli aveva concesso una sistemazioneadeguata: solo cosí, vivendo al margine della comunità deidotti, poteva elaborare il suo pensiero nuovo e inattuale. Lasua è una risposta esemplare alla politica corrente dell’uni-versità e della ricerca. Certamente debbono esistere istitu-zioni che accolgano un tale studioso solitario. E ciò valeanche per chi traduce le grandi opere filosofiche – unlavoro che richiede la massima dedizione. Saranno necessa-rie nuove forme di sostegno se vogliamo che queste operediventino l’effettivo patrimonio comune della nostra comu-nità europea, comunità dalle molte lingue.

Sotto questo punto di vista, la presentazione della tradu-zione dell’opera principale di Vico fa presente anche un’e-sigenza della cultura e della ricerca che in sede politica nonha ancora trovato la dovuta attenzione.

Testo letto in occasione della presentazione al Parlamento Europeodelle traduzioni tedesca e spagnola della Scienza Nuova di GiambattistaVico promosse dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (Strasburgo,19 novembre 1991).

221

Page 222: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

222

Page 223: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

AUSTRIA

223

Page 224: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

224

Page 225: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La mostra delle pubblicazioni nellaBiblioteca Nazionale di Vienna

MARIANGELA ISACCHINI

Istituto Italiano per gli Studi FilosoficiSede di Vienna

All’Istituto fondato e presieduto dall’avv. Gerardo Marottaè riuscita a Vienna, nell’aprile del 1997, con la mostra“Parthenope für die Zukunft Europas. Geist und Wirken desIstituto Italiano per gli Studi Filosofici”, un’impresa nonbanale: trasformare in una vera sala di lettura, aperta a unpubblico interessato e libero di consultare i libri esposti, ilsalone-museo di una delle piú importanti biblioteche delmondo, nato per custodire antiche opere, per aprirsi agliambasciatori e per fare da sfondo alle occasioni di gala dellacorte asburgica. Complice la mostra delle pubblicazionidell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici che l’avv. Marottaha intensamente voluto portare in questa capitale europea,per la prima volta e quasi per incanto, la Prunksaal dellaBiblioteca Nazionale Austriaca, vero gioiello dell’artebarocca, è divenuta una sala nella quale si potevano toccaree sfogliare tutte le opere giunte da Napoli, frutto del lavorodi ricerca pluridecennale promosso dall’Istituto. In unambiente di straordinario pregio architettonico e la cui rile-vanza storica è superfluo sottolineare, sotto la cupola affre-scata da quel Daniel Gran che fu allievo del grande Solimena,l’Istituto e Napoli sono stati celebrati in una mostra a curadella Biblioteca Nazionale Austriaca, arricchita dalle tele delKunsthistorisches Museum di Vienna, mostra che ha voluto

225

Page 226: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cogliere l’occasione per ricordare e ravvivare gli intensi rap-porti e i legami profondi che hanno unito nel passato e uni-scono nel presente questi due grandi centri della culturaeuropea. Per avere subito un’idea di quanto fertile sia statol’incontro, bastava dare uno sguardo agli splendidi codicigreci e latini appartenuti a Ferdinando I d’Aragona; immer-gersi nella veduta di una Napoli settecentesca riprodotta nel-l’atlante dell’epoca di Francesco Cassiano de Silva; scorrere ititoli dei libri antichi che riprendevano momenti legati allastoria del Mezzogiorno: dalla partenza di Francesco Saverioper l’Oriente, alle primissime guide dedicate al Grand Tour;per soffermarsi infine su una teca con i ritratti dei personaggiche hanno lasciato un segno nella vita di entrambe le città:Metastasio e Scarlatti, Vico e Giannone, accolto alla corte diVienna, i viceré tra i quali il conte Harrach, grande collezio-nista d’arte.

Tutto questo, assieme alle vedute di Napoli opera delloJoli, a un pregiatissimo bozzetto del Solimena, che raffigurail Conte Althann nell’atto di consegnare a Carlo VI l’inven-tario della Pinacoteca, a un filosofo mendicante della scuoladi Jusepe de Riberas, veniva esposto sotto la cupola. Lungo ledue maestose ali della Prunksaal, l’ala della pace e l’ala dellaguerra, si spiegava la mostra delle pubblicazioni dell’Istituto.

Non è facile inserire in una sala con una marcata connota-zione architettonica, dall’unità stilistica tanto forte e per di piúbarocca, un’esposizione moderna. Bisogna cercare quell’equi-librio che consenta alla nuova mostra di imporsi agli occhi deivisitatori, di catturarne l’attenzione, ma fare questo nel pienorispetto del decoro dell’ambiente. L’avv. Marotta, che sacogliere della modernità le sfide importanti e gli aspetti posi-tivi e che per di piú rifugge le soluzioni facili e le scelte scon-

226

Page 227: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tate, ha preferito rinunciare a sistemare i libri nelle vetrine insito, dove sarebbero stati ricoperti da un vetro che ne avrebbepermesso la mera lettura del titolo – ossia la loro museifica-zione. Si è piuttosto scelta la strada non facile di ricondurre unmuseo alla sua vocazione autentica: la lettura. Ha affidato ilcompito di progettare un allestimento per la mostra a un gio-vane eppur affermato architetto austriaco, Michael Embacher,noto per essere contrario a qualsiasi forma di sterile “design”fine a se stesso e per essere profondamente convinto del fattoche un allestimento è riuscito se scompare, se non si impone,ma discretamente e con modestia svolge la funzione di sup-porto agli oggetti, in questo caso ai libri.

L’avv. Marotta ha voluto non solo esporre i risultati dellericerche dell’Istituto ma – da autentico bibliofilo – ha accon-sentito a ché si operasse per rimuovere tutte le barriere chepossono impedire a un potenziale lettore di toccare il libro,di consultarlo, di scorrerne l’indice, di leggerne un capitolo,di prendere visione del piano d’insieme di una collana. LaDirezione della Biblioteca – ed è doveroso ricordare con rico-noscenza il Direttore Generale Dr. Hans Marte – e la città diVienna hanno accolto con entusiasmo e attenzione questaproposta. Durante l’apertura della mostra la Prunksaal haregistrato un nuovo record di visitatori e non è davvero man-cato chi si presentava all’orario d’apertura e vi trascorrevatutta la giornata, assorto nella lettura di un’opera finalmentedisponibile. A riprova del fatto che la cultura italiana, spe-cialmente quando è alta cultura, trova sempre all’estero i suoiinterlocutori naturali.

Le pubblicazioni dell’Istituto, raccolte in 14 sezioni,secondo un iter storico sulla sinistra della sala (a partire dallasezione sull’antichità fino alla filosofia contemporanea, pas-

227

Page 228: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sando per l’Umanesimo, il Rinascimento, la RivoluzioneNapoletana, il Risorgimento) e attorno a nuclei tematici sulladestra (le scienze, la mostre promosse, le pubblicazioni dedi-cate a Napoli, all’Europa), erano illuminate da due file dilampade che creavano uno spazio soffuso per la lettura, met-tendo in luce i libri adagiati su pannelli di supporto che invi-tavano a sfogliarli. A questo spazio moderno, raccolto e bassorispetto allo sviluppo tutto in verticale della sala, verso ilquale solo la leggerezza di una calda luce indirizzava losguardo, facevano da sfondo gli scaffali imponenti ma inavvi-cinabili della biblioteca barocca. Cosí la sala eretta nei primianni del Settecento da Carlo VI per sistemare la collezione dicorte, una raccolta che annovera innumerevoli capolavoridell’arte libraria europea, un numero consistente dei quali èdi provenienza italiana, si è trasformata in una vera sala di let-tura, dove un pubblico competente è accorso in grannumero, fin dalla sera dell’inaugurazione, alla presenza dinumerose autorità italiane e straniere, tra le quali il sen.Masullo, il sen. Coviello, il prof. Bodei e la signora Gehrer,Ministro della Pubblica Istruzione dell’Austria.

In seguito la mostra ha visitato altre città: Milano, Berlinoe Parigi. Sorprende vedere come essa sappia di volta in voltaadattarsi a sale mai prima conosciute, ricavarsi una nicchia,trovare un nuovo spazio sul quale modellarsi e ridisporsi, conuna malleabilità che la restituisce sempre rinnovata, arric-chita, originale eppure fedele a se stessa. Specchio e testi-mone di quanto all’Istituto si è fatto e si fa.

Dal volume Per Gerardo Marotta. Scritti editi e inediti raccolti dagli amicidi Gerardo Marotta, pubblicati in occasione del Premio Mecenate 1999, asse-gnatogli dagli Amici della Scala. A cura di Claudio Piga, MariangelaIsacchini e Antonella Ciccarelli. Arte tipografica, Napoli, 1999.

228

Page 229: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

REPUBBLICA CECA

229

Page 230: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

230

Page 231: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Jan Patocka sulla crisi dell’Europa

IVAN CHVATÍK

Università di Praga

Se consideriamo l’opera di Patocka a partire dalla nostraprospettiva attuale, osserviamo che il suo pensiero risentí sindall’inizio del fascino esercitato da Platone e dal progettoplatonico «di una società fondata sulla vita dello spirito, con-dotta in modo puramente spirituale». Patocka lo afferma inun suo breve saggio polemico dal titolo Platonismo e politicapubblicato nella rivista filosofica «Il pensiero ceco». Si puòintendere questo testo come una enunciazione programma-tica del suo punto di vista riguardo al compito della filosofianella società e nella storia. Secondo Patocka, la concezionepolitica platonica è sostanzialmente la seguente:

«1. C’è un unico ed unitario atteggiamento umanopuramente spirituale, di nome filosofia.

2. L’“oggetto” della filosofia non è innanzitutto conte-nuto di questo mondo.

3. Il diritto della filosofia di essere normativa per la vita èfondato nella sua veridicità interna, nel suo carattere asso-luto.

4. Ogni azione umana che non sia fondata nella filosofiae non sia da essa illuminata, ha i caratteri dell’insufficienza,della non-verità e della mancanza di ordine interno».

Patocka si identifica in toto con questa concezione. «Ilsenso del platonismo è identico a quello dell’autentico filo-sofare. Il filosofo in senso autentico può vedere la fonda-mentale o contingente non-realizzabilità dell’ideale plato-

231

Page 232: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nico; in quanto filosofo egli deve però dentro di sé tenerlopresente ed affermarlo. Per il filosofo autentico, colui cioèche risveglia dentro di sé, in modo metodico e tematico, ilsenso nascosto dell’umanità, non vi è altra strada possibile.Il filosofo in quanto tale non è certo impegnato nella batta-glia politica e nell’attività di tutti i giorni, … ma la sua attivitànel mondo si appoggia sul fatto che egli ha un’idea politica,e che vive nell’idea politica di Platone». Nella proposizionesuccessiva, Patocka dichiara il suo legame con il grande mae-stro Edmund Husserl e ne cita il saggio L’idea di una culturafilosofica. La filosofia non deve dunque essere, secondoPatocka, un constatare puramente intellettuale, né un sem-plice accumulo di conoscenze, bensí una ricerca ed un risve-glio di umanità. Per potersi porre in tale ricerca, e per poterportare alla luce tale umanità, è necessario rivolgersi alle piúprofonde regioni dell’essente, cioè operare in modo profon-damente formativo nel mondo della coesistenza umana, perproteggere e sviluppare la cultura in senso autentico.

È possibile dimostrare in modo particolareggiato comePatocka, all’interno del suo pensiero filosofico, non abban-doni mai questo programma cosí strettamente legato aquello di Husserl. Faccio qui notare, che Patocka – pieno diammirazione per i risultati del filosofare fenomenologico diHusserl, e non del tutto all’oscuro delle critiche heidegge-riane a Husserl – nel 1936, dunque nello stesso anno in cuiappare a Belgrado la conferenza husserliana di Praga sullacrisi delle scienze europee, pubblica il suo primo rilevantelavoro filosofico con il titolo Il mondo naturale come problemafilosofico, lasciando cosí intendere che la filosofia fenome-nologica diverrà il suo strumento di impegno storico-poli-tico, innanzitutto nella sua presa di posizione critica nei

232

Page 233: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

confronti dell’oggettivismo scientistico. Già nel progetto diquest’opera fa notare che nel suo «programma a lungo ter-mine» si trova «come elemento, meglio ancora come ele-mento medio, una riflessione di altro tipo, e cioè quellasulla storia dell’umanità, la filosofia della storia».

Nel corso della sua ricerca, che è innanzitutto rivolta aduna attenta analisi degli inediti husserliani, Patocka rifiutala concezione della riflessione assoluta, nel senso della con-cezione «di una evidenza obiettiva che debba essere rag-giunta per mezzo di un metodo specifico della riflessione;questo metodo è da realizzarsi sul terreno della certezza,ove il soggetto si accorge di se stesso, e precisamente in ognimomento della costituzione del suo mondo ed in tutte lesue operazioni, sia attive sia passive, che realizzano questacostituzione». E rifiuta anche la concezione, a questa colle-gata, dell’ultimo terreno sicuro del soggetto trascendentale,insieme a quella della intuizione immediata dei dati hyle-tici, che sono appunto l’unica cosa che possiamo cogliere inoriginale, e sulla quale poi posiamo il velo delle idee filoso-fiche e scientifiche. Collegandosi esplicitamente a temi siadel primo che dell’ultimo Heidegger, Patocka delinea unapropria concezione dei tre movimenti ontologici dell’esi-stenza umana: «Il mondo naturale appare come un movi-mento di tre tipi: innanzitutto il movimento dell’accogliere,che offre all’esserci, nelle forme di amore ed odio, il puntodi inizio per il radicamento; poi il movimento di estrania-zione o oltrepassamento, che accorda all’esserci un postonella natura, in quella umana come in quella oltre-umana;il movimento, infine, che pone l’esserci in rapporto con ilTutto e con ciò grazie a cui il Tutto si rende visibile».

Il problema della Lebenswelt, o come Patocka dice in ceco,

233

Page 234: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

del mondo naturale, diviene problema del mondo in gene-rale, dell’apparire in quanto tale. L’apparire viene quiancora inteso come mostrarsi della verità. «Il vivere umanoè in tutte le sue modalità un vivere ‘nella verità’; tale veritàè una verità finita, è chiaro, tuttavia essa sfida la nostraresponsabilità in modo non certo meno radicale di quantofaccia la pretesa razionalistica di apoditticità. […] Verità finitanon significa qui verità relativa, e nemmeno che la verità siain relazione con qualcosa d’altro fuori di sé; piuttosto essacontiene la lotta di tutti i giorni contro gli errori, le illusioni,le durezze che una simile battaglia si porta dietro – e controtutti i tentativi dell’uomo di affrancarsi dal proprio essere,che lo rendono come ‘un pezzo di lava sulla luna’».

Questa concezione ontologica del mondo, dell’appariree dell’esistenza umana consente a Patocka di abbandonarsiall’entusiasmo per la rinascita della libertà durante laPrimavera di Praga del ’68, e di delineare una via d’uscita– in relazione ad Husserl e nello spirito della sua visioneplatonica della storia – alla crisi del mondo tecnico con-temporaneo. Nel saggio Intellighenzia ed opposizione, affermache la solidarietà dovrebbe essere in grado di cambiare ilmondo. L’intellighenzia tecnica, che detiene de facto il con-trollo su tutte le forze materiali, dovrebbe opporsi ai politicidi entrambe le sponde della cortina di ferro, e «sulla basedella conoscenza di ciò che è, intraprendere un’attivitàconcreta volta alla resistenza di fronte a degenerate impres-sioni di sviluppo». In quel momento Patocka sperava chel’intellighenzia, la quale, per il suo numero, è una massa,«non divenga massa nel senso che essa sia essenzialmentepassiva, recettiva, priva di iniziativa e senza la disposizioneper l’argomentazione intellettuale. […] Non le è permesso

234

Page 235: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

perdere la capacità di porre questioni. Deve potenziareogni mezzo di critica e di criticismo, piuttosto che lo scate-namento delle passioni…».

Detto in modo astrattamente filosofico, «si tratta allora,dopo aver portato alla luce l’inaffidabilità del mondo fat-tuale, di adoprarsi per il reale dominio dello spirito. Kantparlò del regno dello spirito, o meglio del regno degli spi-riti, come anche della sfera della moralità. Tale sfera moraleè per lui l’ambito di validità della ragione, cioè di ciò che èuniversale e necessario».

Tale concetto si rivelò, come anche Patocka capí presto,parzialmente utopico, e non trovò dunque alcun seguito.Non era possibile capire come tale intellighenzia tecnica, chenon si dimostrava in realtà molto ansiosa, dovesse venire poli-ticizzata in modo soddisfacente, affinché facesse proprio, inquanto massa, il compito utopico che si voleva l’attendessecon necessità storica. Nell’ottica dei Saggi eretici bisogna con-statare che questo era un concetto inteso a partire dalla pro-spettiva della Pace, della Vita e del Giorno, ovvero a partiredalla prospettiva di una tensione verso una vita inequivoca-bilmente buona, senza alcun riguardo per gli aspetti oscuridell’essere-nel-mondo dell’uomo. Patocka arriverà a questisolo piú tardi. Come si potrebbe altrimenti intendere l’opi-nione, che si trova anche nel suo testo del ’68, «che si ha oggil’opportunità, per la prima volta nella storia, non solo di ren-dere risolvibile l’opposizione tra la natura razionale della vitaumana e la materialità della sua riproduzione, ma anche direnderla risolvibile grazie alla ragione»?

Le rivolte studentesche nell’Europa occidentale non por-tarono alcun mutamento essenziale nella società, ed i rivol-tosi di allora confluirono nell’establishment della democra-

235

Page 236: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tica società del benessere. In seguito all’occupazione dellaCecoslovacchia ad opera delle truppe sovietiche cominciò adivenire chiaro che l’intellighenzia in quanto tale nonbastava da sola a sconfiggere il regime totalitario. Divienenecessario aggiungervi una particolare fermezza, derivata,potremmo dire, da ciò contro cui si combatte. Tale situa-zione storico-sociale di totalitarismo costringeva i proprioppositori, in un certo senso, ad un impegno totale. Ma suquesto ritorneremo.

Nel 1968 la situazione in Cecoslovacchia si distende alpunto che Jan Patocka può divenire infine, a 61 anni, ordi-nario. Con tutte le sue forze diffonde negli ambienti filoso-fici la fenomenologia di Husserl, con le riserve critiche cuiera giunto nel corso degli anni in cui la sua influenza pub-blica era limitata, ed egli si identificava con la riforma hei-deggeriana della fenomenologia del periodo di Sein undZeit. A poco a poco egli fa sua anche la critica alla civiltàdella tecnica, che proviene dalla concezione di Heideggerdella storia dell’essere e che diagnostica la nostra epocacome dominata dall’essere nella forma del Gestell.

Ma allo stesso tempo Patocka non abbandona il suoapproccio platonico, ed all’interno della ricerca sulla stori-cità del mondo naturale si dedica intensamente, a partiredagli anni settanta, allo studio della concezione platonicadell’anima, la compara alla filosofia di Democrito ed inse-gue, nei suoi effetti e mutamenti storici, il motivo della curadell’anima come elemento primario che regge la storia del-l’occidente. La storia dell’Europa è la storia della cura del-l’anima [...]

L’umanità deve assumere e sopportare la soluzione comeun compito. E questo è il nucleo del platonismo di Patocka:

236

Page 237: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

storia, politica e filosofia sono state progettate unitaria-mente nel mondo dell’antica polis. La filosofia, attraverso ilproprio contatto con l’essere, garantisce l’esistenza delsenso assoluto, che per la storia costituisce un punto di fuganecessario. La filosofia getta le basi della politica e le dàsenso.

Ma il platonismo dogmatico ci ha ingannato. «Che la filo-sofia non sia in grado di fornire all’uomo un senso della vitapiú alto, compiutamente positivo, intatto, immediatamentecomprensibile, […] che la metafisica conduca all’incertezzainvece che alla piena affermazione promessa o almeno spe-rata, questa è una esperienza che si impone con forza inun’epoca in cui l’uomo, derubato del senso pratico dellasua esistenza all’interno della polis, si volge verso il propriointimo [...]».

La questione della necessità e dell’inaccessibilità delsenso assoluto viene risolta, per duemila anni, dal cristiane-simo. «Ciò che la ricerca filosofica, con tutta la sua esigenzadi una salda episteme […] non è in grado di garantire, e ciòdi cui l’uomo non è capace, nonostante tutti i suoi sforzi, èfacile per Dio […]». Con la conversione cristiana l’umanitàriceve una sensatezza indiretta, certo solo in un punto difuga, cioè quella sensatezza, che è necessario guadagnarsiaiutandola nella sua opera. Ma l’errore sta proprio in que-sto: «La fede cristiana è un senso cercato dall’uomo, ma chenon viene raggiunto con le proprie forze, bensí dettato daquel mondo superiore». L’audacia dell’intelletto è accre-sciuta dalla garanzia divina; siamo stati abituati alla storiadella salvezza, e con lo sviluppo della moderna scienza e tec-nica matematica si è compiuto quel vasto svuotamento disenso in cui noi oggi ci troviamo. E ciò è potuto accadere

237

Page 238: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

perché noi ci siamo dimenticati di come la storia ha avutoinizio, e quali sono i suoi rapporti con il senso. Noi siamoconvinti che il tratto fondamentale della realtà sono pace,bontà e chiarezza, in cui solo affiorano le isole del caos,della guerra, del male, dell’oscurità. Eppure è proprio ilcontrario. Questo lo abbiamo capito già all’inizio della sto-ria, ma in realtà non eravamo maturi per il nostro compito.Abbiamo fallito, come cristiani, come scienziati, o comepolitici, per non dire come filosofi. Abbiamo voluto como-damente intendere il compito della storia come un sensogià accettato. Ma cosí non va. Abbiamo dovuto attraversarel’esperienza infinitamente tragica della perdita di senso, ilsecolo delle guerre e della violenza, ed insistiamo ancora anon lasciarci insegnare che non si può ottenere il sensocome qualcosa di già pronto, e che esso non è dato né otte-nuto una volta per tutte.

Ed ora la soluzione di Patocka. In un certo senso si ripetela situazione dell’inizio della storia. C’è di nuovo l’espe-rienza dello sconvolgimento. La donazione di senso daparte di Dio è crollata, e con essa i progetti secolarizzati chesi appoggiavano alla ragione tecnico-scientifica. Che cosapuò essere qui d’aiuto? Solo una nuova conversione, fon-data sulla «epifania indiretta» del senso come «punto difuga della problematicità». «La possibilità di una metanoia inproporzioni storiche dipende dalla risposta a questadomanda: è quella parte dell’umanità – che è in grado dicogliere cos’è stato e cos’è in gioco nella storia, e che allostesso tempo è sempre piú costretta, a causa della situazionedell’umanità attuale, ai massimi livelli della tecnica scienti-fica, a prendere su di sé la responsabilità dell’assenza disenso – pronta per quella disciplina e quello spirito di sacri-

238

Page 239: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ficio, che è richiesto da un atteggiamento di disimpegno,che è la sola maniera in cui è possibile che si realizzi il sensoassoluto e tuttavia – in quanto problematico – accessibileall’uomo?».

Dunque nuovamente il tema della solidarietà, della soli-darietà degli sconvolti ma non impauriti, di coloro chesanno di che si tratta nella storia, degli intellettuali, degliuomini dello spirito, propriamente dei guardiani-filosofi diPlatone, che sono in grado di sopportare l’assenza di sensodell’epoca del nichilismo e di porre in gioco la loro stessavita, affinché divenga visibile che l’umanità si è portata dasé in questo vuoto di senso, essendo caduta nell’illusioneche il senso fosse qualcosa di garantito.

Non fu d’aiuto nemmeno l’esperienza della prima guerramondiale, della quale si potrebbe dire che mostrò nel modopiú drastico come questo complesso di idee fosse insosteni-bile. «L’idea comune, che stava sullo sfondo della primaguerra mondiale, era la convinzione sviluppatasi pian pianoche non esistesse qualcosa come un senso oggettivo delmondo e delle cose […]». Lo sforzo di sfuggire alla guerraha poi condotto alla formazione di due totalitarismi certodiversi, ma in fondo tra loro apparentati, e con l’assistenzadelle forze democratiche che caddero nell’illusione che cela si potesse cavare con le idee del secolo scorso, l’Europa fucondotta nella seconda ed ancor piú terribile guerra.Neppure questa portò la sperata soluzione della crisi. Dopola sconfitta del primo, il secondo totalitarismo si mostròmolto piú stabile, cosicché dovettero passare altri cinquantaanni, prima che la sua esistenza divenisse internamente inso-stenibile ed esso crollasse. Nel frattempo la guerra freddacontinuava a durare, e sembrò che le diagnosi heidegge-

239

Page 240: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

riane sulla dominazione dell’essere nella forma del Gestellfossero ancora valide. Che fare dunque? Come si puòopporre resistenza alla violenza del Gestell, quando sembrache esso durerà per sempre? Ho già accennato come ilregime totalitario costringesse ad un impegno totale. Circaquindici anni prima della caduta del comunismo giunge ilfilosofo con il suo punto di vista eretico: «Come domina ilgiorno, la vita, la pace su ogni singolo, sul suo corpo e la suaanima? Con l’aiuto della morte, mediante la minaccia dellavita. […] Non ci si può liberare della guerra senza perciòliberarsi del dominio della pace, del giorno e della vita, sottouna forma che esclude la morte e chiude gli occhi di frontead essa». Si può risolvere il conflitto all’interno dell’esseresolo per mezzo del conflitto, per mezzo della resistenza con-tro «[…] i terrorizzanti o seducenti motivi del Giorno.Questa resistenza rivela il carattere di quelli, è una protesta,che viene pagata con la vita, ma in cui non scorre sangue,bensí tale vita marcisce nelle prigioni, nei nascondigli, sisgretola nei propri scopi e possibilità andati distrutti – ed ilsangue tornerà certo a scorrere, non appena la forza loriterrà opportuno. Questo fronte è la conoscenza che è quiil luogo ove si consuma il vero dramma della libertà. Lalibertà non prende posizione ‘non appena’ la lotta si è con-clusa, giacché il suo luogo proprio è in essa – qui è il punc-tum saliens di quell’importante vetta da cui si può osservareil campo di battaglia. […] Un mezzo per il superamento diquesta situazione sarebbe la solidarietà degli sconvolti; di quelliche sono in grado di comprendere di che si tratta nella vitae nella morte, e dunque anche nella storia. Che la storia nonsia niente altro che conflitto di una vita semplice e nuda che èpresa nell’angoscia, contro una vita sulla cima. […] Tutte le

240

Page 241: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

forze, che sono le condizioni di vita irrinunciabili perl’uomo odierno, si trovano nelle mani delle persone chesono in grado di intendere in questa maniera. La solidarietàdegli sconvolti ha la capacità di dire di no […]».

Insieme con Václav Havel, Patocka si pose, nel 1977, allaguida del movimento per i diritti umani contro il regimetotalitario comunista della Cecoslovacchia. Era come sequesto movimento realizzasse il progetto di Patocka. Tremesi dopo aver dato vita a «Charta 77», morí in seguitoall’esaurimento fisico causatogli dagli interrogatori dellapolizia. In questo senso si può affermare che egli adempí alsuo destino.

Noi potremmo comunque non essere d’accordo con lesue analisi. Nel punto del suo pensiero in cui vuole toccarecon Platone il senso assoluto nel cuore della realtà, sia purequesto nella forma del mistero e dell’oscurità, egli nonrispetta la pretesa heideggeriana della differenza ontolo-gica. Non è possibile identificare l’essere con la fonte delsenso, sia essa in un sempre lontano punto di fuga o in unaoscurità abissale. Anche se la diagnosi di Patocka è correttasotto molti punti di vista, purtuttavia non possiamo accet-tare la sua terapia. Né il platonismo dogmatico né quello‘negativo’ possono costituire una guida per l’attività poli-tica, né fondare una scienza politica. Nei Saggi eretici, pro-prio la loro ereticità ci sembra essere importante. È tuttavianecessario procedere oltre, a tal punto da rifiutare la tesiche afferma che la sensatezza relativa, che appare in ognisituazione concreta, debba venire ulteriormente garantitada un rapporto con il punto di fuga del senso assoluto. Ilsenso non va identificato con l’essere. Affinché l’essereumano in situazione possa avere senso, non è necessario

241

Page 242: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che l’essere stesso abbia un senso. Non so se mi sia riuscitodi mostrarlo, ma io sono convinto che devo a Patocka ilcoraggio per trarre tali conseguenze.

Traduzione dal tedesco di Andrea Cudin

Dal volume: La fenomenologia e l’Europa, a cura di Renato Cristin eMario Ruggenini, Atti del Convegno internazionale svoltosi a Trieste dal22 al 25 novembre 1995 per iniziativa dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici e dell’Università di Trieste con la collaborazione dell’Ufficioper l’Italia del Parlamento Europeo (Vivarium, Napoli, 1999).

242

Page 243: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

SCANDINAVIA

243

Page 244: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

244

Page 245: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha promosso la primatraduzione della Scienza Nuova di Giambattista Vico in una lin-gua scandinava: Den nye Videnskab, a cura di Fritz Wolder,pubblicata ad Arhus nel 1997. Molto intensa è stata in tempirecenti la collaborazione con l’Accademia di Danimarca, che hadato luogo all’organizzazione in Roma di mostre d’arte, di rassegnedel cinema dell’Europa del Nord e a incontri letterari e filosofici cen-trati sulla figura e sull’opera del “filosofo di Danimarca”, S/orenKierkegaard. Nel 2004 vedeva la luce la prima traduzione indanese dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio diMachiavelli, di cui è in corso di traduzione, ancora in linguadanese, il Trattato sulla guerra.

Al tema Funzionalismo norvegese. Oslo 1927-1940 fu dedi-cata nel mese di marzo del 1996 una splendida mostra esposta inPalazzo Serra di Cassano. La mostra e la pubblicazione del relativocatalogo furono realizzate con il sostegno della Reale AmbasciataNorvegese di Roma, del Ministero Norvegese degli Affari Esteri edella Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli «FedericoII». Analoga attenzione l’Istituto ha dedicato all’architettura sve-dese, con la mostra Sven Markelius 1889-1972, organizzata incollaborazione con l’Arkitektur Museet di Stoccolma; il relativocatalogo è stato pubblicato in un numero speciale della rivista«ArQ. Architettura quaderni» con testi di Eva Rudberg.

245

Page 246: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

246

Page 247: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Sguardo sulla storia delle ideee della cultura svedese

JEAN FRANÇOIS BATTAIL

Università di Parigi IV - Sorbona

La Svezia non è certo un paese sconosciuto in ambitointernazionale. La stampa internazionale ci informa conuna cadenza abbastanza regolare sulla vita economica e sul-l’evoluzione sociale di un paese – che si lodi o si critichi ilmodello di società che esso offre – spesso citato come puntodi riferimento per l’estero. E la consegna annuale del pre-mio Nobel contribuisce a focalizzare l’attenzione interna-zionale su questa nazione nordica che conta non molto piúdi otto milioni di abitanti.

Per contro, che cosa sappiamo delle attività intellettuali,del lavoro teorico e delle correnti di pensiero che hannosegnato la storia di questo paese e gli hanno conferito lafisionomia che gli riconosciamo attualmente? Senza dubbiosi possono invocare Linneo e la sua scuola, l’apporto sve-dese alla chimica (Scheele, Torbern Bergrnan, Berzelius)oppure ancora, in un altro registro, EmmanuelSwedenborg. Dietro qualche albero imponente, resta sem-pre da scoprire la foresta.

Gli Svedesi stessi non sembrano sempre coscienti deitratti originari e delle ricchezze che offre la loro storia cul-turale. Essi danno fiducia alla loro tecnologia, che si tratti dimacchinismo, di cure ospedaliere, ovvero di “ingegneriasociale”. Per il resto – umiltà o incomprensione? – la loro

247

Page 248: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

modestia rasenta a volte la negazione di sé. Ammettiamoche il genio svedese sia innanzitutto quello di un popolo diingegneri. Bisogna mostrare se è solo questo.

È in questo spirito che è nata l’idea di un summit fuoridella Scandinavia, invitando alcuni specialisti a chiarificarediversi aspetti di questa «Svezia intellettuale e dotta» chevale la pena di scoprire. Grazie al generoso aiuto delle auto-rità svedesi, grazie anche all’entusiasmo ed alle capacitàorganizzative della signora Agneta Bohman, addetta allastampa presso l’Ambasciata svedese a Parigi, questo collo-quio si è potuto tenere l’autunno scorso presso il belpalazzo del Centro Culturale Svedese. Di fatto, per via del-l’insediamento geografico di questa manifestazione, la pro-spettiva adottata è stata in una certa misura franco-svedese.Pertanto, l’esame attento di un paese allo stesso tempooriginale per le sue tradizioni culturali specifiche e profon-damente tributario delle grandi correnti di pensiero inter-nazionali, invita, infatti, ad un confronto piú vasto, delibe-ratamente europeo. I partecipanti hanno avuto a cuoreinnanzitutto di cominciare il dialogo e di permettere unoscambio di vedute, al di fuori di una specializzazione troppoesclusiva e di un’erudizione noiosa.

Grazie alle «Nouvelles de la République de Lettres», larivista dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, quest’ap-proccio si trova oggi prolungato ed ampliato. Dalla pubbli-cazione del primo numero di questa rivista, Paul Dibon eTullio Gregory, in una «Presentazione» che è stata una pro-fessione di fede ed un manifesto, si impegnavano ad accre-scere un dialogo tra gli storici di tutte le discipline e iresponsabili delle fonti. Reagendo vigorosamente contro lostretto esclusivismo di tante scuole e parrocchie, assegna-

248

Page 249: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

vano alla loro rivista una duplice finalità, scientifica edumana: proseguire l’esplorazione dei vasti campi della sto-ria ancora dimenticati o ignorati, ma anche rafforzare lacollaborazione ed i legami di amicizia tra i ricercatori ditutti gli orizzonti, in uno spirito risolutamente interdiscipli-nare. Siamo lieti che essi abbiano aperto cosí generosa-mente le loro prospettive per realizzare questo primonumero speciale. L’obiettivo che ci siamo prefissati è certomodesto – non avrebbe potuto trattarsi, in un primomomento, che di stabilire alcuni punti di riferimento.Almeno siamo stati animati da intenzioni che, lo speriamo,non tradiranno l’umanesimo che le «Nouvelles de laRépublique de Lettres» difendono ed illustrano.

È un dato di fatto che gli «studi umanistici» non si pre-sentano molto bene nelle nostre società industrializzate. LaSvezia moderna, che si vuole utilitarista e pragmatista, nonfa eccezione alla regola. La situazione proprio lí è piúpreoccupante che altrove, nella misura in cui i programmiscolastici hanno ridotto al minimo necessario lo spazio perla storia della cultura. Non importa il fatto che la storiadelle idee e delle scienze abbia conosciuto da un mezzosecolo uno sforzo che altrove forse non ha equivalenti.

Tutte le università svedesi offrono un programma di inse-gnamento e di ricerca in questa disciplina che attira unnumero crescente di studenti. I nostri colleghi svedesihanno svolto un lavoro considerevole, i cui risultati restano,ahimè, troppo poco conosciuti dalla comunità scientificainternazionale a causa dell’ostacolo linguistico. Vorrei ini-zialmente rendere omaggio a questa scuola vigorosa,facendo una panoramica sulla storia delle idee in Svezia.Esso dovrebbe costituire la base di riflessione per altri paesi

249

Page 250: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ove la ricerca istituzionalizzata resta troppo spesso stretta-mente disciplinare.

Passiamo rapidamente all’ultimo secolo, quandoappaiono i primi tentativi di «storia delle idee» legati adiverse scuole o ideologie: il romanticismo dal 1810 al 1830,il positivismo o naturalismo nella seconda metà del secolo.F.W Ehrenheim, filosofo della natura di stampo schellin-ghiano e appassionato di scienze, si sforza dal 1882 di inte-grare le attività scientifiche nella storia della cultura globale.Lo stesso approccio lo troviamo piú tardi in Anton Nyström,ma a partire da premesse del tutto differenti. Questo medicopositivista, discepolo svedese di August Comte, dà un grandespazio alla scienza, alla tecnica e alla medicina nella suamonumentale Allmän kulturhistoria (1886-91). L’idea diret-trice è quella dell’unità della storia. La scienza ha ampia-mente modellato quest’ultima e, per un giusto capovolgi-mento delle cose, è importante che la storia a sua volta laintegri. In una maniera tutta comtiana, la ragione, oggettodi culto, è presentata nel suo avvento progressivo, mentre gliscienziati o i pensatori perseguitati una volta in nome del-l’ortodossia appaiono come martiri della razionalità.

Da un punto di vista generale, dal declino del romanti-cismo fino alla prima guerra mondiale, la Svezia è segnatada un confronto ideologico tra diverse forme di idealismo edi dottrine concorrenti che hanno potuto chiamarsi rispet-tivamente liberalismo, positivismo o naturalismo. Era ine-vitabile che le storie della cultura, immerse anch’esse nellastoria e nella cultura, fossero spinte a concepire la loro pra-tica in funzione delle loro convinzioni filosofiche.

Il quarto centenario della fondazione dell’Università diUppsala, 1877, stava per far nascere un’opera la cui impor-

250

Page 251: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tanza nella storia del sapere non avrebbe potuto essere sot-tovalutata, il magnum opus di Cales Annerstedt, Uppsala uni-veritets istoria. Uomo di fonti e di archivi, Annerstedt, espo-nendo nei particolari la storia di un’università che fu la solain Svezia fino al XVIII secolo, metteva nelle mani dei ricer-catori uno strumento di lavoro, la cui fecondità oggi è lon-tana dall’essere esaurita.

Di fatto, se si è trovato un buon numero di scienziati sve-desi che per amore dell’educazione o della volgarizzazionesono diventati gli storici delle loro discipline, si può affer-mare che l’impulso fondamentale, che ha permesso dicostituire la storia delle idee e delle scienze come oggi èconcepita, è venuto da un uomo di lettere, Hemlk Schück.Nessun altro storico della letteratura della sua generazioneha forse prestato un’attenzione cosí elevata agli aspetti isti-tuzionali e sociologici, che sottendono le produzioni dellospirito. Proprio quando, per esempio, Albert Nilsson potevarintracciare, nella sua bella opera sul romanticismo svedese,in modo quasi etereo, la corrente platonica che attraversoSchelling ha vivificato la letteratura nazionale agli inizi delXIX secolo, Schück si dedicava completamente al suolavoro, restituendo tutto il suo senso al vecchio ideale clas-sico dell’historia litteraria. Lo si è potuto accusare di nonessersi molto occupato degli argomenti propriamente este-tici del fenomeno letterario. Ciò, tuttavia, non toglie che lesue opere abbiano aperto una strada, e non è certo un casose il fondatore della scuola svedese di storia delle idee,Johan Nordström, sia stato un discepolo di Schück – liberodocente sotto la direzione scientifica di quest’ultimo, primadi ottenere una cattedra nella disciplina che egli stessoaveva creato.

251

Page 252: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Un breve sguardo sulla tesi di Nordstróm (1891-1967) èsufficiente a darci un’idea delle sue ambizioni e del suometodo. L’oggetto è apparentemente limitato ad una pre-sentazione dei frammenti filosofici del poeta ed eruditoGeorg Stiernhielm, una delle figure di rilievo del XV secolosvedese. In realtà, per l’autore tale presentazione costituiscel’occasione per fare, a partire da un punto fisso nazionale,una panoramica impressionante di ciò che è stata la culturascientifica europea all’epoca immediatamente precedenteCartesio, insieme ai molteplici aspetti che presentavanoallora l’aristotelismo, le dottrine di Ramo, il socianiane-simo. Svedese, ma innanzitutto europeo, Nordström èapparso sin dal 1924 come un autentico cittadino dellaRepubblica delle Lettere. Formalmente, quest’opera dipen-deva dalla letteratura, la disciplina accademica allora menoadeguata ad accoglier questo genere di lavori – letteraturanel senso molto ampio della cultura trasmessa per iscritto.Piú tardi, Nordström si rende illustre attraverso lavori sulMedioevo ed il Rinascimento, che metteranno in crisiparecchie idee già consolidate nel tempo – e susciterannouna polemica tra il nostro Svedese e Jacob Burckhardt.Nordström fu un pioniere che rinnovò radicalmente alcunicapitoli della storia della cultura europea. Egli non ebbealtro torto se non quello di non disdegnare la sua linguamaterna per esprimere la sue idee, il che limitò la portatainternazionale del suo messaggio! Almeno fu compreso lad-dove insegnò.

La prima cattedra di storia delle idee e delle scienze fucreata per Nordström nel 1932, l’anno in cui si fu celebratoil terzo centenario della morte di Gustavo Adolfo – anni-versario al quale si sarebbe potuto associare quello della

252

Page 253: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nascita (1631) dello stupefacente Olof Rudbeck, del qualeci parla piú tardi Gunnar Eriksson. Tale cattedra sorse gra-zie alla generosità di un mecenate patriota, GustavCarlberg. Ancora oggi, questa cattedra di Uppsala porta ilnome del donatore e della sua sposa. È per Nordström l’oc-casione per proseguire in forma istituzionale lo sforzo, lacui natura e senso erano stati indicati nella tesi di dottorato.Storia delle idee, dunque, ampia ed europea per quantopossibile, ma intenta a chiarire il passato culturale svedesein una prospettiva internazionale. Storia anche di tutte leidee la costellazione delle quali è fucina di cultura, sia chesi ricolleghino alla filosofia sia che si riferiscano alla mistica,alle scienze esatte, alla tecnica oppure alla medicina. Iltitolo stesso della disciplina (idéoch lardömshistoria) nonlasciava incombere nessun equivoco. Si potrebbe tradurrelardöm piú che con “scienza”, vetenskap, con “sapere”, nelsenso piú ampio. Ciò significa porsi aldilà dell’opposizione,cosí classica quanto mutilante, tra le «due culture», lettera-ria e scientifica. L’approccio si profila decisamente interdi-sciplinare. La metodologia messa in gioco, che consistenella frequentazione assidua e nel rispetto assoluto dellefonti, nell’analisi filologica al servizio dell’analisi delle idee,nella curiosità appassionata e comprensiva del passato, siradica in una teoria della cultura. Come ha mostrato ToreFrägsmyr, Nordström mutua la sua visione della storia dalpositivismo (idea del progresso intellettuale, evoluzionegenerale del sapere concepito come un tutto), ma è medi-tando su Dilthey che egli costruisce il suo metodo, creandoun equilibrio tra le due prospettive. Mentre il suo amicoamericano Gorge Sarton si iscrive in una tradizione chiara-mente positivista, Nordström dà grande importanza – cosí

253

Page 254: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

come i suoi discepoli dopo di lui – alle correnti occulte edermetiche che, se sono state spesso rifiutate dal sapere, nonhanno svolto un ruolo meno essenziale nello sviluppo scien-tifico.

Il seminario di Nordström attira innanzitutto i giovaniricercatori di talento. Una passo decisivo è compiuto nel1934 con la creazione della società svedese della storia dellescienze «Lardströmshistoriska samfundet», che permette didare una base nazionale a ciò che avrebbe potuto esserenient’altro che un’attività geograficamente limitata aUppsala. Quest’ampliamento si effettua grazie alla rivista«Lychnos», il cui primo numero è pubblicato nel 1936.

Nordström, senza risparmiare fatica, esplorando eglistesso gli ambiti suscettibili di accogliere favorevolmente lasua iniziativa, può presto inorgoglirsi dei risultati la cuiestensione non smette di meravigliarci. Il numero degliaderenti alla società, che si innalza a 1750 dopo un anno,supera la soglia dei duemila poi dei tremila, cifra raggiuntae superata allorché il primo numero di «Lychnos» è inviatoai membri. Non è sicuro che esista al mondo una similesocietà che possa inorgoglirsi di un tale successo. In ognicaso, per misurare la portata del compito raggiunto, biso-gna fare presente che la totalità degli Svedesi e delle stessepersone di lingua svedese non basterebbe a riempire unagglomerato come Parigi! Senza dubbio, il numero dei sociandrà a declinare a partire dagli anni ’50, ma la Societàresta una fondazione attiva e vigorosa.

«Lychnos» prosegue egualmente la sua brillante carrieradi annuario di storia delle idee e delle scienze. I priminumeri sono particolarmente commoventi per l’ambizionedegna del Rinascimento che li anima. Piú di 500 pagine nel

254

Page 255: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

1936, circa 700 nel 1937, importanti articoli redatti in sve-dese, ma anche in inglese, in francese ed in tedesco. Inseguito, la rivista ha potuto presentare pubblicazioni menovoluminose – il numero pubblicato nel 1985 è di 303pagine. La direzione, tuttavia, è stata mantenuta, e se lo sve-dese si è esteso come lingua dominante di lavoro, ogni arti-colo è seguito da un’epitome in una delle piú importantilingue di comunicazione internazionale. Infine, la parteriservata alle recensioni sulla letteratura specializzata tantosvedese quanto straniera è per tradizione abbondante eapprofondita, e fornisce ai ricercatori uno strumento dilavoro estremamente utile.

Sulla scorta di «Lychnos» è stata creata la collezione“Lychnos-bibliotek” che ha per vocazione l’edizione di studidi storia delle idee e delle scienze fondati sulle fonti.Trentacinque volumi sono stati pubblicati fino ad oggi, sem-pre corredati da un’epitome in una lingua internazionale.

Nordström lascia la cattedra nel 1957, ma lo spirito chelo ha animato e gli strumenti che ha forgiato riceverannouno slancio di vitalità grazie al talento eccezionale ed allafecondità del suo successore, Sten Lindroth (1914-1980),titolare della cattedra dal 1957 al 1980 e – a partire dal 1960– caporedattore di «Lychnos». Per questo grande eruditodel nostro tempo, mi permetto di rimandare alle notiziebio-bibliografiche che gli ho dedicato nel “Forum” di que-sta rivista. Studioso che ha costruito il suo immenso saperesulla frequentazione quotidiana degli archivi e sulla pas-sione storica, Lindroth appare anche come uno scrittore dirazza che sa coniugare l’estrema precisione dei termini el’eleganza stilistica. Di qui il ruolo di volgarizzatore, nelsenso nobile del termine, che egli ha svolto nel suo paese.

255

Page 256: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

A dire il vero, tutti gli scritti sono fondati su ricerche fon-damentali. Se si può parlare di volgarizzazione, è unica-mente in questo senso che egli ha avuto il dono di renderevivo ed accessibile il risultato delle sue ricerche, facendodimenticare al lettore l’insieme degli sforzi e delle cono-scenze di cui si nutrono i suoi lavori. Della sua opera monu-mentale, si possono isolare quattro grandi blocchi, ognunodei quali riflette uno degli aspetti dei suoi interessi intellet-tuali. Innanzitutto la sua tesi di dottorato, molto nordströ-miana per spirito e concezione, che ha per obiettivo di dif-fondere le teorie di Paracelso in Svezia.

Va inoltre annoverato il suo importante contributo allastoria della tecnica. Ma bisogna soprattutto sottolinearel’importanza di due grandi summae: l’una che delinea lastoria dell’Accademia svedese delle scienze dal 1739 al1818, l’altra che traccia un imponente ritratto della storiadel sapere in Svezia – accuratamente ricollocata nel suocontesto internazionale – dalle origini fino al XIX secolo.Quest’ultima opera, Svensk lärdomshistoria, è stata interrottadalla morte improvvisa di Lindroth, vittima di una crisi car-diaca qualche settimana dopo il pensionamento. Trevolumi erano già stati pubblicati, mentre il terzo era in viadi elaborazione. Grazie agli appunti lasciati da Lindroth edal ricorso a diversi testi da lui scritti che si ricollegano alperiodo trattato, Gunnar Eriksson ha potuto farci pervenirequesto quarto volume. Ad Eriksson, specialista del roman-ticismo, spetterebbe egualmente la prosecuzione dellagrande opera intrapresa dal suo predecessore – mi per-metto amichevolmente di suggerirglielo! In ogni caso, ben-ché incompiuto, l’imponente compendio lasciato daLindroth è di un’evidente utilità per tutti i ricercatori, poi-

256

Page 257: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ché, oltre a doversi trovare nella biblioteca dell’uomo colto,è insieme messa a punto e trampolino di lancio per dellenuove ricerche.

Fin qui si è trattato esclusivamente della questione diUppsala, il che è ben naturale se teniamo conto dei fattoristorici, istituzionali ed umani che sono stati appena pre-sentati. Il seminario di Uppsala è stato vivaio della storiadelle idee e delle scienze che sono trattate in Svezia. Ciònon implica, naturalmente, per fortuna, monolitismo ouniformità. Inoltre la dispersione geografica, le tradizioniculturali proprie di ogni istituzione ove la disciplina siradica, la diversità delle sensibilità, contribuiscono efficace-mente ad instaurare un pluralismo fecondo, che nondi-meno rispetta il miglior aspetto dell’eredità nordströmiana:atteggiamento umano e interdisciplinare.

L’Università di Göteborg ottiene una cattedra di storiadelle idee nel 1966. Il suo primo titolare, Henrik Sandblad,rientra tra i pionieri di questa disciplina. La sua tesi di dot-torato, sostenuta nel 1942, tratta delle rappresentazioniescatologiche del primo luteranesimo svedese. Specialistadi Copernico, pubblica in «Lychnos» importanti articolisulla penetrazione della nuova astronomia nella secondacittà del regno. Non solo si è interessato alla storia dellescienze, ma si è dedicato all’analisi delle mentalità e delleideologie. Sven-Erik Liedman, che gli è succeduto nel 1979,si è occupato della storia tedesca delle idee – il dibattito sulvitalismo nella prima metà del XIX secolo e la filosofia dellanatura di Friederich Engels nei suoi rapporti con la scienzadel XX secolo, senza pertanto trascurare il campo di osser-vazione privilegiato che costituisce la Svezia del XIX secoloe degli inizi del XX in materia di scontro ideologico. Egli ha

257

Page 258: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

suscitato a Göteborg un gruppo di ricerche che si è assuntoil compito di elaborare un metodo di analisi delle ideologieper chiarirne allo stesso tempo il concetto e la dinamica. Inseno allo stesso istituto, Bo Linberg, libero docente forma-tosi sotto la guida di Henrik Sandbal, ha tracciato la storiadelle idee di diritto naturale ad Uppsala dal 1655 al 1720.Recentemente, egli ha pubblicato uno studio sulla «linguamaterna dei dotti» nella Svezia del XVIII secolo – epoca incui il vernacolo diventa lingua di cultura, ma anche epocain cui il latino conserva quasi un monopolio esclusivo nellaletteratura scientifica. Citiamo ancora Eva-Lena Dahl,esperta delle idee politiche di Locke e Rousseau, IngemarNilsson, storico della psicologia dal XIX secolo ai nostrigiorni ed Erlan Sellberg, che ha cominciato a studiareun’importante corrente di pensiero nella storia culturaledell’Europa del Nord: il ramismo. Infine, Staffan Källströmha trattato un tema tipicamente svedese studiando l’im-patto della filosofia analitica di Uppsala su1la ricerca ed idibattiti pubblici nel corso degli anni ’20 e ’30.

Sven-Erik Liedman aveva per maestro Gunnar Aspelin,rinomato storico della filosofia, uno dei grandi intellettualidell’Università di Lund, sorretto da una tradizione filoso-fica antica ed originale. Ci si può meravigliare per l’assenzadi una cattedra della storia delle idee in quella università.La disciplina, pertanto, ivi è brillantemente rappresentata –ma nell’ambito di una libera docenza – da Rolf Lindborg,autore di un’importante opera su una fase cruciale dellastoria svedese: l’apertura al cartesianismo e le lotte carte-siane ad Uppsala.

L’università piú settentrionale della Svezia è la piú favo-rita, infatti Umeao possiede una cattedra di storia delle idee,

258

Page 259: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

il cui primo titolare è stato Gunnar Eriksson dal 1970 al1981. Formatosi ad Uppsala sotto la direzione scientifica diLindroth, è ritornato all’alma mater nel 1981 per succederealla cattedra del maestro. Nello stesso anno, RonnyAmbjömsson, allievo di Henrik Sandblad, è diventato tito-lare della cattedra ad Umeao, ove era stato fino ad alloralibero docente. Autore di una tesi su Ellen Key e le ideefemministe in Svezia alla fine del XIX secolo, RonnyAmbjörnsson, che ci presenta in questo numero i movi-menti popolari svedesi (folkrörelserna), ha recentemente get-tato le basi per una storia delle idee popolari, tentativofecondo in un paese ove tanto gli atteggiamenti culturaliquanto la presenza di abbondanti archivi invitano a taleapproccio.

Bisogna aspettare il 1978 affinché Stoccolma si leghiall’opera di un professore di storia delle idee – nell’ambitodell’istituto di letteratura generale. Nils Runeby, titolare diquesta cattedra, ha innanzitutto delineato uno studio di sto-ria politica e costituzionale prima di orientarsi verso la sto-ria delle tecniche e delle scienze in relazione alla cultura, inparticolare all’epoca dell’industrializzazione della Svezia,ma, ancora piú tardi, egli analizza anche le conseguenzeprovocate dall’organizzazione razionale del lavoro e dallosviluppo delle tecnologie in diversi ambiti, tra i quali quellodell’insegnamento. La storia della tecnica è egualmentetrattata, sempre a Stoccolma, nella scuola politecnica, e quiva citato il recente studio di Svante Lindqvist, Technology inTrial: The Introduction of Steam Power Technology into Sweden,1715-1736.

La giovane università di Linkóping, per quanto ne sap-pia, è la sola in ambito svedese a non avere insegnamenti di

259

Page 260: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

storia delle idee stricto sensu. Tuttavia in quest’università nonmanca questa disciplina. Linköping, infatti, si è innovata,concependo un nuovo modello organizzativo della ricerca:la vecchia divisione in discipline è stata sostituita da unità diricerca che raggruppano diversi specialisti intorno ad unavasta tematica. La prima tesi che è stata appena sostenutasecondo questa ricerca tematica, uno studio originale diMartin Kylhammar sulla critica del macchinismo all’epocadell’industrializzazione, si basa su materiale letterario(Strindberg e Heidenstam), ma si rifà chiaramente, perfinalità ed approccio, alla storia delle idee. Tore Frängsmyr,che è stato per qualche anno professore a Linköping nel-l’ambito di un «istituto tematico» prima di essere nominatoprofessore di Storia delle Scienze ad Uppsala, non avràseminato invano.

Mi resta da dire qualcosa, in merito alla situazione pre-sente, su quello che fu il feudo di Nordström e di Lindroth,l’istituto uppsaliano della storia delle idee e delle scienze.La storica cattedra, la «carlbergese» è occupata da GunnarEriksson, conosciuto innanzitutto come specialista di bota-nica e del romanticismo come epoca culturale – concezionedel mondo e dei rapporti tra il pensiero speculativo e laricerca scientifica. Ma egli si è anche interessato del XVIIsecolo svedese, con Olof Rudbeck come figura di spicco.Citiamo ancora il suo studio sui rapporti tra le scienze dellanatura e la loro applicazione all’indomani dell’avvio del-l’industrializzazione, e l’attenzione da lui prestata allamusica considerata dal punto di vista della storia delle idee.L’istituto che egli dirige ha ricevuto un apporto preziosodal recente collegamento con due insegnamenti finanziatidal CNR svedese, l’uno di storia delle scienze, l’altro di sto-

260

Page 261: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ria della medicina, i cui rispettivi titolari, Tore Frängsmyr(professore) e Karin Johannisson (docente), sono stati for-mati da Lindroth. Si devono a Tore Frängsmyr i lavori sullastoria della geologia, uno studio particolareggiato sulla dif-fusione del wolffianesimo ad Uppsala nella prima metà delXVIII secolo, un altro sulla coppia dei concetti antiteticiprogresso/decadenza ed il loro ruolo nella tradizione occi-dentale, cosí come i numerosi articoli e le raccolte di saggi.Allo stesso tempo oratore impegnato nei dibattiti culturali,giornalista ed editore di diverse ricerche e collezioni, egliillustra una solida tradizione svedese, ponendosi comeintermediario tra la ricerca ed il grande pubblico. Notiamoqui l’interesse dell’«Uppsala Newsletter» che egli pubblicadue volte all’anno, poiché questa pubblicazione aggiornal’evoluzione della ricerca nella storia delle scienze non soloin Svezia, ma anche in tutta la Scandinavia. KarinJohannisson ha dedicato la sua tesi al messmerismo inSvezia ed ha proseguito le sue ricerche sull’articolazione deilegami tra pensiero magico e pensiero scientifico, come èdimostrato dal suo ultimo articolo. Ad Uppsala sempre,Gunnar Broberh, libero docente, ha dedicato la sua tesi alconcetto di natura in Linneo ed all’antropologia fisica ela-borata dal famoso scienziato. Il chimico Berzelius, piú pre-cisamente la sua teoria atomica, ha trovato egualmente ilsuo storico ad Uppsala nella persona di Anders Lundgren.

Questa breve rassegna della storia delle idee in Svezialascia intravedere vari punti di forza, o meglio, un progettoglobale sembra dipanarsi dall’insieme degli sforzi compiuti.Vi si coniugano, dall’inizio del luteranesimo alla social-democrazia, passando per l’astronomia copernicana, le dot-trine di Ramo, Paracelso, Cartesio, Wolff, Messmer, la filo-

261

Page 262: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sofia romantica della natura, gli idealismi ed i positivismidel XIX secolo, le ideologie legate alla nascente rivoluzioneindustriale e l’insorgere di movimenti popolari, le grandicorrenti intellettuali o spirituali tanto europee quantoautoctone, mentre una serie di monografie completa ilcampo ricostruendo la storia dei diversi saperi: l’as-tronomia, la chimica, la biologia, la geologia, la geografia,la psicologia, la medicina ed infine i differenti aspetti dellastoria della tecnica. Quest’elencazione, ben inteso, non èesaustiva. Restano, senza alcun dubbio, ancora campi daesplorare, ma grazie all’opera di sintesi di Sten Lindroth, igiovani ricercatori beneficiano ormai di un appoggio e diuna base solidi. Non si può che essere ottimista sull’avveniredella storia delle idee in Svezia.

Infine, se questa disciplina è in certo senso nata dallaricerca umanistica, quest’ultima non ha smesso di arric-chire nel corso degli anni la storia delle idee. Ovunque, ifini ed i metodi sono differenti, ma una parte degli studiumanistici svedesi, che riguardano l’estetica teorica, lafilosofia, la teologia o la mistica, presentano evidenti affinitàcon i lavori degli storici del sapere. Porterò come prova dueesempi: i lavori che Inge Jonsson, professore di letteraturagenerale, ha dedicato a Swedenborg debbono molto allastoria delle idee, come anche le belle ricerche condotte dauno dei nostri soci, Thure Stenström, sull’esistenzialismoeuropeo e svedese. Bisogna ancora ricordare la sociologiadella letteratura trattata ad Uppsala sotto la direzione delprofessore Lars Furuland. Per convincersi del carattereinterdisciplinare dei numerosi studi umanistici in Svezia,bisogna spulciare le bibliografie e la recensione dell’eccel-lente rivista piú che centenaria, «Samlaren», che rappre-

262

Page 263: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

senta in quest’ambito di ricerca ciò che «Lychnos» rappre-senta per la storia delle idee.

Per terminare, ancora qualche parola sulla maniera incui la nostra esposizione è stata concepita ed organizzata. Inmancanza di una trattazione completa, abbiamo puntato inostri proiettori su periodi, correnti o personalità di riferi-mento, scelti in funzione del loro interesse strategico. E, sela Svezia è stata oggetto delle nostre riflessioni, questeultime sono state fatte volutamente in una prospettiva inter-nazionale, europea – del resto, è possibile concepire altri-menti la storia delle idee?

Il periodo studiato da Gunnar Erksson, la seconda metàdel XVII secolo, è di capitale importanza, poiché esso segnail brusco passaggio dal Medioevo ai tempi moderni in unpaese che non ha molto conosciuto, almeno se non tardi, ilRinascimento – di cui si può dire che fu occultato dallaRiforma. Nel 1650, anno della morte di Cartesio, la visionedel mondo ed il pensiero restavano medievali. Un secolopiú tardi, la Svezia, Linneo in testa, è diventata una grandepotenza scientifica europea. Questo «miracolo svedese»sarebbe incomprensibile se non si tenesse conto del lavoropionieristico svolto dai primi «moderni» – definiamoli insenso ampio cartesiani – alla fine del XVII secolo, se si tra-scurasse la politica culturale di generoso volontariato chehanno contraddistinto i regni di Gustavo Adolfo e diCristina all’«epoca della grandeur».

Il XVII secolo scientifico ed intellettuale costituisce,senza alcun dubbio, un’epoca d’oro nella storia culturalesvedese, e Tore Frängsmyr ci prospetta un quadro dai mol-teplici aspetti. Ai suoi occhi, come per Lindroth, questosecolo inaugura una nuova era. Senza dubbio, ma ha

263

Page 264: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dovuto seminare prima di raccogliere ed anche dietro ladiscontinuità apparente che oppone la «Svezia ritardata-ria», della quale ci parla Gunnar Eriksson, allo sforzo scien-tifico descritto da Tore Frángsmyr, ci sono transizioni e pas-saggi che si scoprono facilmente leggendo parallelamente idue rapporti. Quanto allo strabiliante Swedemborg, egliincarna a suo modo qualcosa del genio svedese. Si ricono-sce in lui soprattutto il teosofo, ma non bisogna dimenti-care le fonti scientifiche ed intellettuali di un pensierocaratterizzato dal gusto dell’esattezza e della classificazione.Swedenborg si è formato con la scienza cartesiana, è stato incontatto con gli ambienti scientifici inglesi, e la sua operagiovanile sembra piú annunciare un nuovo Leonardo daVinci che un fondatore religioso.

Il periodo successivo che abbiamo voluto chiarire – finedel XIX secolo ed inizio del XX secolo – è quello della rivo-luzione industriale e dell’emergere della social-democrazia.Nel frattempo, la Svezia ha conosciuto lo sbocciare di unromanticismo in parte ispirato dalla Germania ed in parti-colare da Schelling, in parte alimentato da una base autoc-tona (rinascimento nordico, “góticism” ravvivato sin dallafine del XVIII secolo). Al romanticismo propriamentedetto, apparso in Svezia verso il 1818 e che si indebolisceverso il 1830, succede un periodo in cui l’idealismoregnante, al quale Boström ha dato la forma filosofica piúcompiuta, comincia ad essere contestato dai liberali (dal1830), poi dai primi seguaci del positivismo. Bisogna tut-tavia attendere i due ultimi decenni del secolo perché iparadigmi in auge siano veramente messi in questione.Strindberg pubblica nel 1879 La stanza rossa (Röda rummet),romanzo che mette in evidenza, con crudezza, il divario che

264

Page 265: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

separa l’ideologia ufficiale e la realtà sociale. Il primo scio-pero scoppia a Sundsvall. Il movimento operaio si orga-nizza: dieci anni piú tardi viene fondato il partito socialde-mocratico (1889). Periodo di intensa fermentazione,dunque, segnato da violenti scontri ideologici.

Sven Erik Liedman, attraverso i casi di professori del-l’università, studia il ruolo dell’intellettuale nella società diallora, mette in luce gli aspetti ideologici attraverso l’analisie la comparazione, per individuare alla fine un certo tipo dicomportamento o di mentalità che tutt’ora conserva la suaattualità.

Nella stessa epoca, a molta distanza sociale dai «manda-rini» svedesi, gli oscuri, i senza-titolo, cominciano ad orga-nizzarsi, a costituire un autentico contro-potere venutodalla base, a dotarsi di strutture democratiche, orizzontali.Questi sono i famosi movimenti popolari (folkrörelser) origi-nali, tipicamente svedesi.

Siamo aldilà delle origini della democrazia svedesemoderna, «democrazia dei circoli di studio» per riprenderel’espressione di Olof Palme.

Ma la Svezia è anche uno dei paesi che ha maggiormentecreduto ai benefici di un’ingegneria razionale applicabilenon solo all’industria, ma anche in ambito umanistico. NilsRuneby ci fa penetrare gli arcani di questo ottimismo, chetende a rendere sacrale la figura del tecnico e dell’inge-gnere. Pertanto, si constata che queste visioni sono accom-pagnate da un approccio critico che problematizza innanzi-tutto l’ideologia di uno Stato-provvidenza servito da unclero di tecnocrati.

Ci è sembrato interessante, a titolo di contro-prova, esa-minare, sulla base di un esempio preciso, come i viaggiatori

265

Page 266: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ed i saggisti francesi (sarebbe interessante confrontarli conaltri osservatori europei) abbiano visto o sentito la Svezia inquesto periodo di cambiamento cruciale. Vicent Fornier,che ha dedicato la tesi di dottorato a questo tema, analizzale componenti di quella che chiama «utopia ambigua». Sipuò anche misurare la forte differenza che esiste tra laSvezia che i nostri soci descrivono alla luce della storia, equella intorno alla quale si sono cristallizzati i sogni e leattese venuti dall’esterno. Ma si può anche far emergerequel fondo di verità nelle testimonianze, una volta tenutoconto dell’involgarimento e della deformazione. In questoperiodo, è interessante fare un confronto tra il contributodi Vincent Fournier e quello dei suoi colleghi svedesi, inparticolare quello di Sven-Erik Liedman. Il mythos non ècompletamente estraneo al logos.

Infine, i nostri sforzi per presentare la razionalità svedesesotto diversi aspetti e diverse forme storiche non for-nirebbero che un’immagine parziale della realtà senza ilcontributo apportato da Thure Stenstróm nel panoramadell’esistenzialismo svedese. Per uno strano movimento diandirivieni, questa dottrina partita dal Nord (Kierkegaard)si è in seguito diffusa a macchia d’olio nel mondo interoper ritornare nuovamente in Scandinavia. Ma ThureStenstróm apporta importanti correttivi a questo schemagenerale. Se egli traccia un quadro d’insieme del movi-mento internazionale, sottolinea anche la presenza e la per-sistenza dei modi di pensare autoctoni che hanno facilitatoe preparato il grande ritorno della prospettiva esistenzialenella Svezia degli anni ’40.

Alcuni intellettuali svedesi odierni sono inclini ad accu-sare il loro paese di provincialismo, di ripiego o irrigidi-

266

Page 267: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mento su se stesso. La storia non conferma questa diagnosi.Ben al contrario, presso il popolo dei viaggiatori, la perigri-natio academica, vera istituzione all’epoca classica, ha contri-buito fortemente ad un’europeizzazione costante e multi-forme del pensiero. Un altro fattore essenziale risiede nellanecessità di acquisire altre lingue, per cui si può sperare diessere compresi fuori delle proprie frontiere. Il provinciali-smo sarebbe piuttosto da ricercare in coloro che, dispo-nendo, dalla nascita, di una grande lingua di comunica-zione, ne ricevono la tendenza a vivere in un’autarchiaculturale.

La Svezia possiede anche un profilo utile al suo stesso svi-luppo culturale, sufficientemente forte per portare, a suavolta, arricchimento e materia di riflessione agli altri paesi.

Traduzione di Adriana Marigliano

Versione italiana (senza note) del testo di Jean François Battail:Regards sur l’histoire des idées et la culture svédoises, pubblicato nel fascicolo1986-II della rivista dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici«Nouvelles de la République des Lettres» (Edizioni Prismi, Napoli).

267

Page 268: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

268

Page 269: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

RUSSIA

269

Page 270: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

270

Page 271: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Aspetti filosoficidella letteratura russa

GEORGIJ M. FRIDLENDER

Lo sviluppo del libero pensiero filosofico è iniziato inRussia molto piú tardi che nei paesi dell’Europa Oc-cidentale. Ciò si spiega con le peculiarità della strutturasociale e della cultura dell’antica Rus’. Come in Europa finoall’epoca del Rinascimento, in Russia lo sviluppo del pen-siero filosofico ha costituito un tutt’uno con lo sviluppo delpensiero religioso. A partire dall’inizio della cristianizza-zione della Rus’ (988 d.C.) fino al XVIII secolo, il pensierorusso è sempre stato tormentato da problemi a caratterefilosofico. E ha cercato di trovare una soluzione a questiproblemi da una parte nella letteratura ecclesiastica e teo-logica e dall’altra nelle credenze pagane, nelle leggendereligiose, negli apocrifi e nelle vite dei santi. Il predominioin Russia, fino al XVII secolo, della tradizione teologico-ecclesiastica ortodossa si spiega in gran parte con il fattoche l’antica Rus’ era molto meno legata dei paesidell’Occidente all’antica cultura classica. La sua cultura,infatti, si è formata sotto l’influsso di Bisanzio, dellaBulgaria e degli altri stati ortodossi. Fino al XVII secolo laRus’ non conosceva né Aristotele, né Giordano Bruno, néCartesio, né Spinoza. Nel XVII secolo penetrano in Russia ilpensiero cattolico (attraverso la Polonia) e quello prote-stante (attraverso la Germania). Ma il loro influsso perlungo tempo non portò tanto alla nascita di una filosofia

271

Page 272: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

autonoma quanto alla diffusione di movimenti eretici inopposizione alla Chiesa ufficiale.

Alla base di tali correnti c’era l’opposizione popolareall’ideologia della Chiesa ufficiale cristiano-orientale e allostato degli zar di Mosca mista ad influssi tardo-antichi, cat-tolici e protestanti.

Solo nel XVIII secolo, a partire dall’epoca di Pietro ilGrande, si forma in Russia una scienza laica libera indipen-dente dalla Chiesa. Inizialmente, però, tale scienza è acarattere prevalentemente pragmatico e risponde alle esi-genze del nuovo stato post-petrino. Successivamente, dopola morte di Pietro e in seguito alla lunga lotta per il poteretra funzionari statali e aristocrazia, sorge in Russia l’inte-resse per la teoria del diritto naturale e per le altre dottrinea carattere giuridico-statale dell’Occidente. Quasi contem-poraneamente, Michail Lomonosov, fondatore del pensieronaturalistico russo, dai problemi delle scienze naturali –fisica e astronomia – si eleva, nelle sue opere poetiche e inprosa, giungendo a porsi interrogativi di carattere piú pro-priamente filosofico sulla struttura dell’universo, sulla suagenesi e centro interiore, sul ruolo dell’uomo in esso, sulsignificato della conoscenza e sulla storia dell’evoluzionedel genere umano. A queste riflessioni filosofiche conti-nuano a dedicarsi anche pensatori russi del XVIII secolofino ad Aleksandr Nikolaevic Radis cev (1749-1802), autoredel celebre libro Viaggio da Pietroburgo a Mosca (1790), dedi-cato all’analisi del cristianesimo russo e alla critica dell’or-dinamento statale del suo tempo, nonché del trattato filo-sofico L’uomo, la sua mortalità e la sua immortalità (1790;pubblicato nel 1809). Perciò, a differenza dei secoli prece-denti, il XVIII secolo in Russia può essere considerato come

272

Page 273: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

l’epoca nella quale ha origine la libera indagine filosofica,il cui sviluppo in questo periodo è legato essenzialmentealla scienza e alla pubblicistica a carattere politico-sociale.Inoltre, all’epoca ebbero un influsso fondamentale sullafilosofia russa, da una parte, le idee degli illuministi francesi(ma anche inglesi e tedeschi) – soprattutto Voltaire,Diderot, Rousseau, D’Alembert, Mably, – e, dall’altra, nel-l’ultimo decennio del secolo, le idee sulla storia di Vico eHerder.

Il periodo piú originale, profondo e importante nello svi-luppo del pensiero filosofico russo deve essere consideratonon il XVIII, ma il XIX secolo e l’inizio del XX secolo. Lacaratteristica principale del pensiero filosofico russo a par-tire dall’inizio del XIX secolo consiste nel ruolo guidaincarnato non dalla scienza universitaria (come accadeva,per esempio, in Germania, nel periodo compreso traLeibniz e Hegel), ma dall’arte e dalla letteratura con la cri-tica e l’attività giornalistica ad esse legate.

Fondatori di un pensiero filosofico autonomo nel XIX eXX secolo in Russia furono non filosofi professionisti mascrittori: Lomonosov (1711-1765) che fu non solo ungrande scienziato, ma anche l’autore di odi filosofichecome le Riflessioni mattutine e serali sulla grandezza di Dio(1743, pubblicate nel 1751 e 1748), Derzavin (1743-1816),nelle cui odi predominano motivi filosofici e storico-poli-tici, il giornalista Novikov (1744-1818) e il commediografoFonvizin (1744-1792), Radiscev, Karamzin (1766-1826),l’autore delle Lettere di un viaggiatore russo (1791-1795), incui fa conoscere ai lettori russi le manifestazioni della vitaculturale, letteraria, filosofica e politico-sociale nell’Europaoccidentale dell’inizio del XIX secolo e il brillante prede-

273

Page 274: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cessore di Puskin, il poeta romantico Zukovskij, e poiPuskin e i suoi contemporanei – i letterati del circolo deidecabristi, Baratynskij, i poeti «ljubomudrye», Tjuticeev,Caadaev, Lermontov, Gogol’, Belinskij – e altri protagonistidella letteratura russa dell’inizio e della seconda metà delXIX secolo. Purtroppo, mi sembra che di tale circostanzanon tenga sufficientemente conto la maggior parte deglistudiosi di filosofia russa sia in Russia sia all’estero.

A differenza di quanto è avvenuto nel pensiero filosoficodell’Europa occidentale del XIX secolo, i problemi dellateoria della conoscenza non hanno mai avuto un ruolo diprimo piano nell’evoluzione del pensiero filosofico russonello stesso periodo. Un interesse verso tali problemi siriscontra nella prima metà del secolo XIX, nelle opere deglianni Quaranta del giovane Herzen: Il dilettantismo nellascienza e Lettere sullo studio della natura. Un interesse piú siste-matico verso la gnoseologia si manifesta in Russia solo allafine del secolo XIX e all’inizio del XX secolo. Nel pensierofilosofico russo hanno sempre avuto un ruolo centrale dauna parte 1e questioni ontologiche e dall’altra quelle antro-pologiche, storiche, politico-sociali, estetiche, religiose emorali. Lo stesso vale per la letteratura e per i suoi princi-pali rappresentanti come Puskin, Lermontov, Gogol’,Turgenev, Dostoevskij, Tolstoj e Cechov nel XIX secolo eBulgakov o Solzenicyn nel XX secolo. Un’eccezione è costi-tuita solo dall’opera di Andrej Belyj – e anche lui non tantocome poeta o romanziere quanto come teorico del simboli-smo, autore del libro Arabeschi e di altre opere dedicate aproblemi di poetica. Tuttavia, sia pure in misura minore, ciòpuò essere riferito anche ad altri teorici del simbolismorusso e soprattutto a Vjaiceslav Ivanov [...].

274

Page 275: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il contributo della letteratura allo sviluppo delle ideefilosofiche della società russa nei secoli XIX e XX è statoinestimabile. Solo per motivi di spazio ho dovuto limitare ilmio discorso ai quattro grandi scrittori russi del XIX secolo.Ma per una piú completa esposizione del potenziale spiri-tuale della letteratura russa occorrerebbe esaminare anchele idee filosofiche ed estetiche di V. A. Zukovskij, E. A.Baratynskij, N. V. Gogol’, F. I. Tjutcev, P. Ja. Caadaev, A. S.Chomjakov , T.V. Kireevski, V. G. Belinskij, A. I. Herzen, M.A. Bakunin, N. G. Cernysekij, A. A. Fet, N. Ja. Danilevskij, N.E. Fëdorov, Vladimir Solov’ëv, D. S. Merezkovskij, Vjaces1avIvanov, N. K. Michajlovskij, A. P. Cechov, M. Gor’kij, L.Andreev, V. Plechanov, A. Belyj, N. A. Berdjaev, P. A.Florenskij, M. A. Bulgakov, A. I. Solzenicyn, solo per nomi-nare i piú importanti. Un’esposizione piú particolareggiatadello sviluppo del pensiero filosofico in Russia si può tro-vare nei libri di storia della filosofia russa di E. L. Radlov, G.G. Spet, N. O. Losskij (anche se il suo libro Storia della filo-sofia russa è piuttosto debole) e V. V. Zenkovskij. Desideromenzionare come fonti attendibili per la conoscenza delpensiero filosofico russo anche le riviste «Questioni di filo-sofia e psicologia» (Mosca 1889-1918) e la rivista contem-poranea «Questioni di filosofia» nonchè l’«Enciclopediafilosofica» in cinque volumi, pubblicata a Mosca dalla casaeditrice «Sovetskaja enciklopedija» (1889-1918), special-mente il V volume. Infine va ricordato che «Questioni difilosofia» pubblica annualmente un fascicolo contenenteuna bibliografia di fonti di storia della filosofia russa.

A partire dagli anni Trenta del XIX secolo, un ruolo diprimo piano nello sviluppo del pensiero filosofico russo fusvolto dal dibattito tra slavofili e occidentalisti. All’inizio del

275

Page 276: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

XIX secolo Karamzin e Zukovskij spalancarono per la cul-tura russa la “finestra sull’Europa”, facendole conoscere laletteratura e il pensiero filosofico occidentale dell’inizio delXIX secolo. Tale opera fu proseguita nel XX secolo dai fra-telli N. e K. Polevoj, che pubblicarono la rivista «Il telegrafodi Mosca» (1825-1834), nonché dai membri delle Societàdecabriste del Sud e del Nord, dal circolo dei “ljubo-mudrye” (cioé degli amanti della saggezza, di cui feceroparte i giovani D. V. Venevitinov V. E. Odoevskij, V. P. Titov,M. P. Pogodin, S. P. Sevyrëv e altri). Nel 1836, sulla rivista diN. I. Nadezdin «Il telescopio», uscí la prima lettera filoso-fica di Caadaev che causò la chiusura della rivista e l’accusadi follia al suo autore da parte di Nicola I. In questa letteraCaadaev si poneva il problema del ruolo della Russia nellaciviltà europea e giudicava duramente e rabbiosamente ilsuo passato e il suo presente. La lettera di Caadaev fece sen-sazione nella società colta russa e favorí la divisione, allafine degli anni Trenta, tra slavofili ed occidentalisti.

Le idee di Caadaev corrispondevano piú o meno a quelledi Baratynskij e Gogol’. Baratynskij, il maggiore tra i poeticontemporanei di Puskin, nella sua ultima raccolta di poe-sie Crepuscolo (1842), si avvicina a Leopardi: guarda almondo rifiutando tutte le illusioni che infiorano la vita. Nelpassato l’umanità era felice ma ciò è durato solo fino aquando «l’uomo della natura non è stato sottomesso alfuoco, ai pesi e alle misure». Ora «il cuore della natura glisi è chiuso» ed è iniziata la tetra epoca del trionfo dellaragione e della morte della poesia:

Il secolo avanza per la sua strada ferrataNei cuori c’è cupidigia e di ora in ora

276

Page 277: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il sogno comune sempre piú apertamente e sfacciatamente

Si occupa dell’utile e del quotidiano.Sono svaniti alla luce dell’illuminismoI sogni infantili di poesiaE non di essa si preoccupano le generazioniDedite ai problemi della produzione.

(L’ultimo poeta, 1835)

Per la terra e l’umanità è giunta la cupa epoca del-l’“autunno”. Solo nelle tre poesie dedicate all’Italia (Il cielod’Italia..., 1835; Piroscafo e All’istitutore italiano, 1844),Baratynskij guarda con fiducia e speranza al futuro. Morí aNapoli nel 1844 facendo in tempo a realizzare il suo sognodi vedere prima di morire questo meraviglioso paese.

Anche il grande scrittore e drammaturgo nonché autoredel geniale poema Le anime morte, Gogol’ (1811-1852), che fuun contemporaneo piú giovane di Puskin e Baratynskij, guar-dava cupamente a tutto il “ribollente mercantilismo” che locircondava. Tutta la vita fu scontento ed amareggiato dalla“volgarità degli uomini volgari”. Dopo aver esordito in campoletterario con racconti pieni di gioia di vivere dedicati alla suaPiccola Russia natía, Gogol’ nell’Ispettore generale e nelle Animemorte, si fece giudice terribile e fustigatore della Russia a luicontemporanea. Voleva cambiare il volto del mondo con lasua creazione artistica. Grande commediografo – il Goldonirusso – fu anche un grandissimo tragico. Già nella sua poesiagiovanile, Italia, cantò questa terra in fiore. A Roma composele Anime morte in cui espresse una dura condanna dei propricontemporanei e al tempo stesso la sua fede profonda nellapossibilità di una rigenerazione spirituale e di un grande

277

Page 278: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

futuro per la Russia. Negli ultimi anni visse una profondacrisi interiore e perse la fiducia nel potere terapeutico delriso, per cui si rifiutò di continuare la sua opera artistica e sidedicò alla propaganda religioso-morale.

A Puskin, Lermontov e Baratynskij fece seguito il terzogrande poeta russo, Fëdor Ivanovic Tjutcev (1803-1878),lirico raffinato e geniale cantore del mondo interiore del-l’uomo. Seguace delle idee della poesia e della filosofiaromantica, Tjutcev considerava tutto l’universo come un’u-nità viva e dinamica. La natura gli appariva come un tuttoarmonico, grandioso, pieno di vita e di movimento el’uomo soltanto come “un giunco pensante” (secondo l’e-spressione di Pascal), reietto e “mormorante” al meravi-glioso banchetto della natura. Nelle ore diurne la terra, il-luminata dalla luce del sole, appare a Tjutcev come“cosmo”, mentre solo nelle ore notturne si scopre che nelcosmo si cela un terribile “caos” che semina morte e distru-zione. Solo la poesia, l’amore per la patria e la fede in Cri-sto, che «sotto l’aspetto di uno schiavo» ha benedetto laterra natia promettendole la rigenerazione morale e spiri-tuale e la libertà, possono salvare l’uomo dalle passioni fa-tali e dolorose di questo mondo sdoppiato:

Sopra la folla oscuraDi questo popolo addormentatoQuando sorgerai, o libertà,Quando brillerà il tuo raggio dorato...

(1857).

Tjutcev invitava il poeta a vivere «dentro di sé» perchéera convinto che «il pensiero espresso è menzogna»(Silentium, 1830).

278

Page 279: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Erede della lirica meditativa filosofica e psicologica diTjutcev fu A. A. Fet (1820-1892) la cui opera fu dominatadai temi della bellezza del mondo, dell’amore e della poe-sia. Come Tjutcev, Fet rese omaggio anche ai motivi filoso-fici, ma ad ispirarlo non fu il giovane Schelling, bensí Scho-penhauer. Fet non fu solo il cantore della natura,dell’amore e della bellezza: egli conosceva anche la “tetrag-gine della vita” e la “perfidia della speranza” (1864). Manella sua lunga vita non si stancò mai di esaltare la bellezzadel mondo circostante, il coraggio e la fermezza dell’uomononostante il suo destino di morte e distruzione.

Rivale di Fet fu un altro grande poeta russo della secondametà del XIX secolo, N.A. Nekrasov (1821-1877) cheritrasse nella sua opera poetica la vita della città e della cam-pagna russe della sua epoca. Nekrasov si dedicò con ardoree passione alla patria e al popolo. Nei suoi poemi I merciaiambulanti, Gelo naso rosso e Chi vive bene in Russia creò magni-fiche figure di contadini e uomini semplici russi. Nelle suepoesie Avanzo per la strada oscura di notte..., Il villaggio dimen-ticato, Terra abbandonata, Muzik pollicino, Generale Toptygin,Nonno Mazaj e le lepri, Vlas, Nekrasov raffigurò con grandeforza espressiva i principali problemi della vita sociale dellaRussia prerivoluzionaria. Grazie all’elevatezza morale dellasua problematica e alla ricchezza di motivi riguardanti lavita quotidiana della Russia, la poesia di Nekrasov esercitòun profondo influsso sui contemporanei. Cosí come eraaccaduto per Puskin e Lermontov, il nome di Nekrasoventrò per sempre nella storia della Russia ed è noto, sin dal-l’infanzia, a qualsiasi russo. Egli creò con la sua poesia una«scuola nekrasoviana” di alta poesia civile mentre Tjutcev eFet influirono profondamente su Ja. P. Polonskij, A. K.

279

Page 280: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Tolstoj, Ap. A. Grigor’ev, A. N. Majkov e una pleiade di altripoeti fino ad A. A. Blok nel XX secolo.

Le gravi accuse rivolte da Caadaev alla Russia di Nicola, iproblemi del passato, del presente e del futuro della Russiada lui posti all’ordine del giorno suscitarono, a partire dallafine degli anni Trenta, un’aspra polemica tra slavofili edoccidentalisti. Gli slavofili (A. S. Chomjakov, I. V. e P. V.Kireevskij, I. S. Aksakov e Ju. F. Samarin) difendevanoardentemente il valore del passato russo e rifiutavano l’in-flusso occidentale cui aveva aperto le porte Pietro I con lesue riforme. Contemporaneamente, essi fecero molte coseutili per lo studio della poesia popolare russa e della culturarussa del Medioevo. Inoltre, si posero il problema delleforme di crisi e di decadenza che si erano diffuse inOccidente dopo la Rivoluzione francese. Invece, i loro anta-gonisti ideologici giudicavano molto positivamente leriforme di Pietro I e credevano che la Russia dovesse evol-versi seguendo le orme dell’Occidente. Mentre gli slavofili,per quanto riguarda la filosofia, si orientavano sugli inse-gnamenti dei Padri della Chiesa, gli occidentalisti propa-gandavano in Russia le dottrine di Hegel, Feuerbach,Comte, J. Stuart Mill, dei socialisti utopisti francesi, diCarlyle, Emerson, Proudhon, Marx, Darwin e di altri stu-diosi, naturalisti e sociologi dell’Occidente nonché la lette-ratura e l’arte occidentale dal Rinascimento fino al XIXsecolo. I piú eminenti rappresentanti degli occidentalistifurono Belinskij, grande critico degli anni Trenta-Quarantanonché fondatore dell’estetica filosofica in Russia, A. I.Herzen, lo storico dell’Occidente T. N. Granovskij, il poetae pubblicista rivoluzionario N. P. Ogarëv, il pubblicista li-berale K. D. Kaverin, i famosi storici e teorici della let-

280

Page 281: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

teratura E. I. Buslaev e A. N. Veselovskij (autore di articoli elibri su Dante, Petrarca, Boccaccio e altri intellettuali ita-liani del Rinascimento, nonché creatore della teoria dellapoetica storica), lo storico della letteratura A. N. Pypin ealtri. Ma il piú brillante rappresentante dell’occidentalismorusso fu Herzen. Fu un grande pensatore, autore di operecome Il dilettantismo nella scienza e Lettere sullo studio dellanatura (scritte negli anni Quaranta e che rappresentanol’apice del pensiero filosofico materialista russo), e comePassato e pensieri (1812-1870), opera memorialistica che nonè solo l’autobiografia di Herzen, ma anche un’enciclopediadella storia del pensiero sociale e rivoluzionariodell’Europa occidentale e della Russia. Herzen era ungrande stilista e la sua pubblicistica è un modello incompa-rabile di prosa russa. Dopo aver vissuto profonde delusioniin Francia e in Italia negli anni 1848-1849, dopo il falli-mento delle rivoluzioni europee 1848-49, giunse alla con-clusione che la obscina contadina russa costituisce una basemolto piú sicura e solida della futura organizzazione dellasocietà sui principi dell’uguaglianza, della fratellanza e dellavoro libero e comune, secondo le utopie sociali di Owen,di Fourier e degli altri socialisti utopisti occidentali. Il patri-monio filosofico di Herzen, l’enorme portata della suapersonalità e il significato della sua perspicacia sociale nonhanno ancora avuto il pieno riconoscimento che meritano.Egli, come poi Veselovskij, fu anche amico di Mazzini eGaribaldi, ebbe forti legami con la cultura italiana e sim-patizzò intensamente con la lotta per l’unificazione d’Italia.Amici di Herzen furono anche il fondatore dell’anarchismorusso, M. A. Bakunin (1814-1904), il suo seguace N. K. Mi-chajlovskij ed altri rivoluzionari russi di tendenza populista.

281

Page 282: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Rispetto all’opera filosofica di Herzen, quella dei suoi piúgiovani contemporanei che gli succedono nella correntematerialistica della filosofia russa – N. G. Cernysevskij(1828-1889), N. A. Dobroljubov (1836-1861), D. I. Pisarev(1840-1868) e P. N. Tkacëv (1844-1886) – risulta piú didat-tica e di carattere piú povero e meno poliedrico, sebbenesia Cernysevskij (l’autore del celebre romanzo Che fare?,1863) che Dobroljubov (autore di una serie di poesie civilie di brillanti parodie in versi) fossero pensatori profonda-mente filosofici e grandi critici letterari che simpatizzaronoardentemente con la lotta per la liberazione nazionaledell’Italia.

Negli anni Ottanta, dopo la penetrazione delle idee delmarxismo in Russia, a continuare la tradizione filosofica delmaterialismo furono G. P. Plechanov (1856-1918) prima eV. I., Lenin poi.

V. G. Belinskij e A. I. Herzen esercitarono un profondoinflusso sulla cultura russa della seconda metà del secoloXIX, sull’opera di scrittori come Turgenev, Goncarov,Dostoevskij, Nekrasov e Saltykov-Scedrin, su una pleiade diartisti e compositori russi. Un posto a parte nella letteraturarussa della seconda metà e della fine del XIX secolo occu-pano L. N. Tolstoj, il drammaturgo A. N. Ostrovskij, il poetae critico Ap. A. Grigor’ev, A. E. Pisemskij, N. Leskov, A. P.Cechov, scrittori democratici che non appartennero né allacorrente slavofila (tranne Ap. Grigor’ev e A. N. Ostrovskijda giovani) né a quella occidentalista. Tutti questi scrittori,cosí come i loro contemporanei – i poeti A. K. Tolstoj, A. N.Majkov, Ja. P. Polonskij, K. K. Slucevskij, I. E. Annenskij –ampliarono il contenuto filosofico della letteratura russa ene arricchirono le idee e le forme.

282

Page 283: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Negli anni Ottanta del XIX secolo, come contrappesoagli orientamenti liberali-occidentalisti e materialistici dellaletteratura e della filosofia russa, nasce e si rafforza una cor-rente religiosa che vi si contrappone. I precursori di talemovimento furono l’ultimo Gogol’, Ap. Grigor’ev,Dostoevskij, N. Ja. Danilevskij, lo slavofilo precursore di O.Spengler, autore della teoria della successione di diversicicli etico-culturali e maestro di K. E. Ciolkovskij, N. E.Fëdorov, che riteneva che il compito principale degliuomini fosse la ricerca del modo per far “risuscitare gliantenati” e anche il nietzschiano e sostenitore del “cultodella forza” nonché seguace del bizantinismo K. N. Le-ont’ev. La figura centrale della rinascita filosofico-religiosarussa divenne il poeta e filosofo Vladimir Solov’ëv (1853-1900), figlio dello storico della Russia S. M. Solov’ëv. Nellesue prime, brillanti, opere filosofiche, La crisi della filosofiaoccidentale. Contro i positivisti (1877) e Critica dei principiastratti (1880), Solov’ëv rifiuta la filosofia del positivismo,ma anche la metafisica razionalistica astratta. Ad esse con-trappone la dottrina filosofica irrazionalistica del “sapereintegrale” sulla base della filosofia del platonismo, didiverse dottrine mistiche nonché del Vangelo e di altre varieopere filosofiche. Solov’ëv non era un conservatore: egliscrisse ad Alessandro III una lettera in cui chiedeva di noncondannare a morte gli assassini del padre dello zar, terro-risti del gruppo “Volontà del popolo”, e sostenne l’unifica-zione di tutte le confessioni religiose cristiane in una unica“Chiesa universale”. Negli anni giovanili fu amico diDostoevskij e, successivamente, influenzò Blok e gli altrisimbolisti. Discepoli di Solov’ëv furono S. N. Bulgakov, N. A.Berdjaev, D. S. Merezkovskij, V. F. Ern, L. P. Karsavin, i fra-

283

Page 284: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

telli S. N. e E. N. Trubeckoj, S. L. Frank, A. Belyj e molti altripoeti e filosofi dell’inizio del XX secolo. Tra gli scrittori suc-cessivi vanno segnalati gli aspetti filosofici soprattutto delleopere di A. N, Skrjabin, K. N. Rerich, P. Muratov, A.Achmatova, M. Cvetaeva, B. Pasternak, M. Bulgakov, V.Favorskij, M. Prisvin, V. S. Grossman, A. I. Solzenicyn, delnotevole studioso russo V. I. Vernadskij e anche di M. M.Bachtin e M. A. Lifsin. Un’attenzione di gran lunga minoremeritano, a mio avviso, le idee filosofiche ed estetiche discrittori e pensatori (di moda adesso in Russia e all’estero)come A. E. Losev, come il figlio dello scrittore LeonidAndreev, D. L. Andreev, o come L. N. Gumilèv. Ma questo ègià un altro discorso.

In conclusione, vorrei dire qualche parola sull’anticaamicizia che da lungo tempo lega i popoli della Russia edell’Italia. Già nel XV secolo l’architetto e ingegnere pa-dovano Aristotele Fioravanti e altri artisti italiani avevanopartecipato all’edificazione del Cremlino di Mosca. NelXVIII secolo Cimarosa visse e lavorò in Russia. Gli architettiitaliani Rastrelli, Rossi, Quarenghi abbellirono Pietroburgocon le loro geniali creazioni. Appassionato estimatore dellapoesia italiana fu, all’inizio del XIX secolo, il poeta russo K.N. Batjuskov. Puskin apprezzava moltissimo Dante, Ariostoe Tasso, tradusse Vittorio Alfieri, conosceva bene le opere diPindemonte, Ugo Foscolo, Silvio Pellico, Manzoni. In Italiavissero e studiarono a lungo i pittori Karl Brjullov,Aleksandr Ivanov e molti altri. Gogol’ scrisse a Roma leAnime morte e Dostoevskij a Firenze compose L’idiota. I nomidi Francesco d’Assisi, Pico della Mirandola, Machiavelli eGuicciardini, Dante, Petrarca e Boccaccio, Lorenzo Valla,Tommaso Campanella, Giotto, Leonardo da Vinci, Mi-

284

Page 285: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

chelangelo Buonarroti, Raffaello, Tiziano, Tintoretto,Bellini, Rossini, Verdi, Donizetti, Puccini sono ben noti adogni russo. Un’ardente amicizia legò Herzen a Mazzini e ilnome di Garibaldi è sempre stato circondato dal piú granderispetto. In Russia sono inoltre apprezzate le opere filoso-fiche e scientifiche di Galilei, Giordano Bruno, Giambat-tista Vico, Benedetto Croce, Antonio Gramsci e di altri stu-diosi e filosofi italiani. Le loro opere sono state tradotteininterrottamente in russo cosí come le commedie di Gozzie Goldoni, la poesia di Leopardi e Carducci, i drammi diPirandello, i racconti e i romanzi di Grazia Deledda, diAlberto Moravia e di altri scrittori italiani. All’Italia hannodedicato versi e libri meravigliosi Aleksandr Blok, MaksimGor’kij, Nikolaj Gumilëv, Osip Mandel’stam, Josif Brodskij,Pavel Muratov, Boris Zajcev, Michail Osorgin. Un grandecontributo allo studio della storia d’Italia e della cultura ita-liana è stato reso dagli studiosi russi Aleksandr Veselovskil,A. K. Dzivelegov, L. E. Pinskil, M. V. Aplatov e da molti deiloro seguaci contemporanei, come L. Batkin, A. Gorfunkel’e altri. Auspichiamo che la tradizione di amicizia e di rela-zioni tra le nostre culture non si estingua mai!

Dal volume: Georgij M. Fridlender, Aspetti filosofici della letteraturarussa, che raccoglie le lezioni tenute all’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici nell’ottobre 1992, a cura di Giulia Gigante (La Città del Sole,Napoli, 1995).

285

Page 286: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

286

Page 287: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

UNGHERIA

287

Page 288: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

288

Page 289: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nei primi anni ‘80 presero avvio i rapporti di colaborazione fral’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e studiosi ungheresi, iquali svolgevano i loro seminari a Napoli in perfetto italiano gra-zie alla eccelente ricettività della nostra lingua nella cultura unghe-rese: Zador Torday, Istvan Fehér, seguiti poi da Andras Gedö JánosKelemen, Tibor Szabo e altri trattarono di Lukács, di Benjamin, diCroce. Fu proprio il prof. Fehér a dare per primo ampia notizia almondo culturale ungherese della natura e dell’attività dell’Istitutodi Napoli col saggio A nemzetközi filozófiai életböl: a Nápolyi«Istituto Italiano per gli Studi Filosofici» in «A Magyar Filo-zófiai Szemle», 1987 Évi 1. Számából.

La collaborazione con il mondo culturale ungherese si è svilup-pata in modo particolarmente intenso intorno all’opera di Bene-detto Croce, che ha esercitato grande influenza sulla vita intellet-tuale ungherese. L’estetica, la concezione della storia, la religionedella libertà di Croce – afferma János Kelemen – hanno costituitoun importante punto di riferimento per piú generazioni di intellet-tuali ungheresi nei travagliati anni del XX secolo. Del professorKelemen, che ha tenuto vari seminari nella sede di Palazzo Serra diCassano, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha pubblicato ilvolume Idealismo e storicismo nell’opera di BenedettoCroce (Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 1995).

Una significativa presenza di relatori ungheresi caratterizzò ilconvegno sul tema: «Croce e l’Europa, l’Europa e Croce» che si

289

Page 290: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

svolse il 14 e 15 dicembre 1992 in Palazzo Serra di Cassano. Nel2002, in occasione del cinquantesimo anniversario della scom-parsa del filosofo, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha coope-rato con gli Istituti di Filosofia e d’ Italianistica dell’Universitàdelle Scienze Loránd Eötvös di Budapest e con l’ Accademia d’Un-gheria a Roma per la realizzazione del Convegno sul tema «Bene-detto Croce 50 anni dopo», che si è svolto il 5 e 6 settembre 2002presso l’Istituto Italiano di Cultura di Budapest e il 12 e 13 dicem-bre nella sede dell’Accademia d’Ungheria a Roma. L’Ambasciatad’Italia a Budapest ha generosamente condiviso l’iniziativa e S.E.Giovan Battista Verderame, Ambasciatore della Repubblica Ita-liana in Budapest, ha introdotto i lavori delle sedute del Convegno.

290

Page 291: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Croce su Attila József, József su Benedetto Croce

PÉTER SÁRKÖZY

Università di Budapest

Il decano degli italianisti ungheresi, professor Géza Sal-lay, pubblicò un saggio analitico nel 1980 sulla questionedell’interpretazione dell’intuizione crociana nell’opera diAttila József; in seguito, si è soffermato sul rapporto tra ilpoeta ungherese e l’estetica crociana anche uno degli stu-diosi piú attenti dell’opera jozsefiana, György Tverdota, erecentemente è stato pubblicato uno studio molto appro-fondito da parte del professore István M. Fehér, dedicato ai“Parallelismi e contatti nel pensiero estetico di Attila József,Croce e Gadamer”.

È noto anche in Italia che Attila József, uno dei maggiorirappresentanti della poesia moderna ungherese degli anniTrenta, aveva un vivo interesse per l’estetica crociana: i suoisaggi estetici sono infatti editi anche in italiano, prima nellatraduzione di Marinka Dallos e Gianni Toti – i quali hannopubblicato il saggio Letteratura e socialismo nel numero 59 del1963 della rivista «Il Contemporaneo» e i Frammenti esteticinella rivista «Cratilo» (10-1963) – poi in nuova versione nelvolume Attila József, La coscienza del poeta, curato da BeatrixTöttössy (Roma, Lucarini, 1988), che raccoglie, oltre ai saggiestetici del periodo 1930-1933, alcune lettere e una serie didocumenti personali delle sedute psicanalitiche del poeta.Anch’io mi sono occupato del singolare rapporto tra il poeta

291

Page 292: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

socialista ungherese e il grande filosofo del liberalismo italia-no, prima in un saggio ungherese sul rapporto tra Croce eGramsci, poi nel mio contributo all’ultimo convegno italo-ungherese dedicato al filosofo italiano (“Croce e Gramsci inUngheria”, in Croce 40 anni dopo, a cura di J. Kelemen, Roma,Accademia d’Ungheria, 1993), mentre il breve elzeviro delCroce sulla poesia Mamma di Attila József, pubblicato nel1942 nella sua rivista «La Critica», è stato da me ripropostonel numero speciale di «Ungheria oggi» del 1980 e successi-vamente citato anche nella nostra monografia sull’opera józ-sefiana (Senza speranza. Esistenzialismo e socialismo nell’opera poe-tica di Attila József, a cura di N. Ferroni e P. Sárközy, Roma,Bulzoni, 1999).

In occasione del nostro ultimo convegno crociano ho giàavuto modo di esporre come la mia generazione, che si è for-mata nell'Ungheria del “socialismo irreale” degli anni Cin-quanta e Sessanta, ha potuto riscoprire il pensiero crocianoattraverso la “critica marxista” del Gramsci e dello stessoAttila József. La critica tenace del Gramsci nei confronti del“piú importante” rappresentante del “vecchio pensiero” cisembrava molto simile a quella campagna ideologico-cul-turale che il filosofo György Lukács e i suoi seguaci condus-sero nel secondo dopoguerra contro l’eredità culturale delgrande poeta del liberalismo borghese ungherese, MihályBabits, morto nel 1941. Dalla “parentela” Gramsci-József sia-mo presto arrivati alla parentela “Babits-Croce”, queste dueimportanti figure del pensiero del liberalismo europeo delprimo Novecento. Della “parentela” estetica tra il pensierocrociano e l’interpretazione dantesca di Mihály Babits hoavuto occasione di occuparmi nel mio contributo sulla tradu-zione “decadente” della Divina Commedia del Babits (1913-

292

Page 293: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

1922) al VI convegno dell’Accademia Ungherese delleScienze e della Fondazione Cini di Venezia, mentre sui “paral-lelismi” tra il liberalismo crociano e la visione europea dellaletteratura del poeta ungherese sono stati pubblicati altri duesaggi nel volume degli atti del convegno italo-ungherese (cfr.:G. Cavaglià, La vera patria. Mihály Babits e l’idea della nazione ;T. Melczer, “Un poeta europeo. Liberalismo, cattolicesimo,nazionalismo, europeismo nell’opera di Mihály Babits”; P. Sár-közy, “Dante, modello poetico-umano della poesia di MihályBabits”, in Venezia, Italia, Ungheria tra Decadentismo e Avanguar-dia, a cura di Zs. Kovács e P. Sárközy, Budapest, Akadémiai1990. Sulla Storia della letteratura europea di Mihály Babits, 1935,è stato pubblicato recentemente un saggio analitico da partedi Matteo Masini, traduttore dell’opera, nel nuovo numero 1-2002 della «Rivista di Studi Ungheresi»).

L’interesse di Mikály Babits per l’estetica crociana puòessere interpretato come conseguenza naturale della forma-zione di un letterato liberale ungherese, attratto dalla filoso-fia moderna a cavallo dei due secoli, da Nietzsche a Bergson,mentre sembra meno naturale quest’interesse per il Crocenel caso di un giovane poeta di formazione socialista, cioè nelcaso di Attila József. Egli, dopo un’infanzia proletaria, neglianni Venti divenne una delle voci piú importanti della poesiasocialista del tempo; in una sua lettera scritta nel 1928,all’età di 23 anni, già consigliava a sua sorella Jolán di stu-diare l’estetica crociana: «Benedetto Croce definisce uguali“espressione” e “forma” senza accorgersi della loro defini-zione: mentre la prima è un soggetto che viene, per cosídire, collocato nello spazio, la seconda è l’oggetto stessoche sta anche davanti al soggetto in funzione. Ti consigliodi occuparti piú ampiamente di questa scoperta interes-

293

Page 294: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sante ed epocale, nonché di un altro problema: in che cosaun fatto artistico, per esempio una poesia, si distingue daogni altra forma non-artistica, qual è la sua differenza cate-goriale, inoltre: perché mai non è arte la nuda parola e per-ché invece lo è l’epigramma, pur essendo intuizione, quindirappresentazione reale, sia la parola che l’epigramma, per-ché è arte una breve novella e perché la notizia del giornonon lo è». Si tratta di una lettera familiare, di un ventenneappena tornato dal suo vagabondaggio all’estero, duratodue anni, a Vienna e a Parigi, dove, oltre a frequentarequalche lezione universitaria, aveva fatto la conoscenza conle idee e con i personaggi dell’emigrazione socialistaungherese, tra questi il poeta Lajos Kassák e il filosofoGyörgy Lukács. La singolarità di questa lettera sta proprioin questa illustrazione critica dell’estetica crociana per suasorella, la quale non era né un letterato né un’esperta difilosofia è perciò come se avesse interpretato per se stesso ilpensiero crociano alla maniera del Gramsci, il quale pro-prio in questo periodo cominciò a occuparsi della filosofiadel Croce nella sua solitudine carceraria.

Dopo il suo rientro in Ungheria, Attila József si inserí nelmovimento socialista ungherese e divenne anche membrodel partito comunista clandestino. In questo periodo,accanto ai suoi volumi di poesie militanti dai titoli eclatanti,Abbatti il capitale (Döntsd a tókét, 1931), Notte in periferia (Kül-városi éj, 1932), scrisse i suoi maggiori saggi “estetici” per lesue conferenze ai seminari di giovani socialisti, in partepubblicati in varie riviste ideologiche del movimento socia-lista. Nel saggio Letteratura e socialismo (Irodalom és szocializ-mus), scritto come testo di una conferenza tenuta nel 1931in un circolo dei giovani socialisti e pubblicato solo nel

294

Page 295: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

1957, Attila József riprende il ragionamento della sua let-tera di qualche anno prima e, in una “discussione” con l’e-stetica crociana, elabora le sue “nozioni elementari” sulla“filosofia dell’arte” e sul concetto dell’intuizione: «Secondol’estetica intuizionistica di Benedetto Croce l’arte non ènient’altro che intuizione. Intuizione? Tutti dicono intui-zione, ma uno deve usare le parole straniere solo quando lecapisce. Ora, “intuizione” in ungherese significa, detto conproprietà di linguaggio né piú né meno che “visione”(“szemlélet”), cioè a dire quella coscienza che presenta lecose, quali che esse siano, in maniera diretta. Ed è sicuroche tutti coloro che vanno a caccia dell’“intuizione”, reste-rebbero parecchio sbalorditi di fronte a tutto quello cheCroce è costretto a dire e ad ammettere. L’arte è visione,dice Croce, e nel medesimo passo “riconosce” che, per con-seguenza, noi non possiamo fare le distinzioni qualitative.[...] Croce è un filosofo idealista e per lui esiste ciò che esistespiritualmente. [...] Oltre al contenuto qualificato dalla pro-pria visione, oltre alla forma immediatamente data, Crocenon vede nulla, se ne infischia della dialettica che c’è frarealtà e intelletto, cosí come se ne infischia della dialetticadella forma. [...] L’arte non è visione, come per controsostiene Croce. Essa, invece, opera in termini di visione, inquanto viene in essere nella forma, e la forma per l’appuntoè un’attività che si svolge nei termini della visione. Ebbene iointendo affermare e argomentare che sul terreno della visionedeve esserci un momento ultimo. Questo momento è l’opera d’arte».La questione del rapporto tra “intuizione” e “opera d’arte”sarà uno dei problemi principali dei suoi cosiddetti Frammentiestetici (Esztétikai töredékek), non rifiniti dal poeta, pubblicatinella versione italiana di B. Töttössy nel volume La coscienza

295

Page 296: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

del poeta con il titolo Metafisica dell’arte: «Croce dice che,essendo l’opera d’arte intuizione, l’arte si distingue dallacosiddetta intuizione comune in termini meramente quanti-tativi, e ciò è indifferente dal punto di vista della scienza dellaqualità, che inoltre non sappiamo quale differenza corra frala parola e l’epigramma. [...] L’intuizione semplicementeviene in essere e accade, secondo leggi esterne. La singolaintuizione non dispone di altre leggi oltre quelle dellacoscienza intuitiva, non ha disciplina. Laddove nell’operad’arte ogni singolo elemento è legge per gli altri elementi eper la totalità, non forma se stesso ma si fa formare, e sempresoltanto all’interno di un’unica possibilità. [...] L’operad’arte quindi non è intuizione perché è attiva. Ma si trattaforse di un’attività che è speculazione? Ora, nel venire aconoscere una cosa, noi ci formiamo simultaneamente un’in-tuizione e un concetto di essa, nonostante che a seconda deicasi uno dei due risulti nascosto. Ed è un errore sostenere,come fanno molti, che al fondo del concetto si nasconda unaintuizione, l’intuizione sta fuori del concetto cosí come ilconcetto non si trova nell’intuizione, essi connettono sol-tanto nella cosa. [...] Quando noi parliamo dell’arte, noiintendiamo sempre una attività specifica, soprattutto quandole assegniamo l’attributo della purezza, tentando con ciò diapprofondire il nostro concetto e di separare il fatto dell’arteda ogni altro fatto».

Dobbiamo subito precisare che, al di là della scelta arbi-traria di queste citazioni, neanche l’intero testo si presentacome una teoria organica elaborata secondo i criteri dell’e-stetica, si tratta invece di “frammenti” di pensieri, non di unfilosofo o esteta, ma di un giovane poeta autodidatta il quale,proprio nel momento decisivo della sua formazione poetica,

296

Page 297: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

non appagato dal marxismo volgare divulgato tra i giovanisocialisti, cercava nuove fonti, nuovi autori e nuovi pensieriper poter elaborare per se stesso, per la sua poesia una nuovavisione sull’arte. Per questo cominciò a studiare profonda-mente il freudismo, convinto dalla necessità di integrare lateoria economico-sociale del marxismo con una teoria fina-lizzata alla comprensione dei problemi psichici dell’indivi-duo; per analoghe ragioni cominciò ad occuparsi dei pro-blemi estetici, in mancanza di una valida teoria per “l’artenuova”, per poter elaborare una nuova visione dell’arte sullaquale potesse formare la propria poesia, per non finire tra ipoeti dilettanti del movimento socialista. Nella critica lettera-ria ungherese non mancano analisi dei tentativi di ri-costruzione dell’“estetica” o addirittura della “metafisica” diAttila József. Secondo Beatrix Töttössy, Attila József «prendele mosse da Croce e tuttavia se ne distacca per la funzioneparimenti determinante che, nel rapporto forma-contenuto,dà al secondo elemento. Le sue Tesi di filosofia dell’arte, fra l’al-tro, lasciano supporre che tale distacco sia avvenuto attra-verso la “intuizione eidetica” di Husserl». Da parte nostra,pur non negando la possibilità di effettuare queste ricostru-zioni, piuttosto che cercare una sua visione originale del-l’arte, troviamo piú interessante e utile studiare la for-mazione stessa della poetica e della poesia di Attila József, cheproprio in questo periodo divenne uno dei poeti piú com-plessi del modernismo ungherese. E in questa sua forma-zione rivestirono un ruolo importante anche le sue riflessionisull’estetica del Croce.

A proposito della “critica” józsefiana all’estetica intuizioni-stica del Croce, Géza Sallay ha già dimostrato con un’analisimolto particolareggiata che tali sue critiche nacquero in

297

Page 298: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

seguito alla lettura dell’Estetica, pubblicata in traduzioneungherese prima della I guerra mondiale, senza tuttavia checonoscesse e senza avere studiato l’evoluzione della teoriaintuizionistica crociana, durata per tre decenni fino alla pub-blicazione dell’Estetica in Nuce nell’Enciclopedia Britannicadel 1931, contemporanea alla stesura dei Frammenti esteticidi Attila József. Il poeta ungherese dunque non conoscevané il Breviario di Estetica né le altre opere del Croce, come Ilcarattere di totalità dell’espressione artistica, o L’arte come crea-zione e la creazione come fare. Possiamo perciò affermare cheAttila József, nelle sue noterelle, rimproverava al Crocequelle mancanze della teoria intuizionistica che venneropoi risolte nel corso dell’evoluzione del pensiero esteticocrociano. Un’altra curiosità dei Frammenti estetici di AttilaJózsef può essere ricercata nel suo metodo tanto simile aquello del pensiero gramsciano dei Quaderni. La criticamossa al Croce dal poeta ungherese è paragonabile a quelladi Antonio Gramsci, non solo nella scelta stessa dell’inter-locutore o avversario, ma anche nell’analoga interpreta-zione “marxista” dell’estetica crociana. Neanche Attila Józ-sef, come Antonio Gramsci, si diede a stilare una vera criticaprecisa della teoria del Croce, si occupò bensí soltanto dialcune affermazioni, di alcuni concetti dell’estetica cro-ciana, importanti per la formazione della sua teoria, dellasua ars poetica. Proprio per questo la vera importanza delle“osservazioni crociane” di Attila József, della sua criticaall’interpretazione intuizionistica dell’arte, a nostro avviso,dev’essere cercata non nelle sue definizioni, come “ispira-zione poetica” o “specificità della creazione artistica”, bensíprima di tutto nel fatto che, nel corso di questa “di-scussione” con il pensiero del Croce, il poeta ungherese

298

Page 299: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

poté ripensare e rinnovare la propria ars poetica, la sua stessapoesia.

Infatti, proprio in seguito a queste riflessioni estetiche,negli anni 1933-34 possiamo assistere a un profondo cam-biamento della poesia jozsefiana. In questo periodo AttilaJózsef, dopo un’esperienza di militanza politica, carat-terizzata da una voce poetica troppo diretta ed espres-sionistica, si ripiega su se stesso e trasforma la sua poesia inun’espressione filosofico-politica in cui, basandosi sull’in-terpretazione marxista della società e freudiana dell’indivi-duo e intuizionistica dell’arte, riesce a dare forma poetica aisentimenti angosciosi di un’alienazione esistenziale, allaquale riesce a trovare anche una spiegazione sociale. Comeegli stesso confessò in una lettera indirizzata nel 1934 al cri-tico letterario Gábor Halász: «Io vedo l’esistenza del prole-tariato in forme, tanto nelle poesie, quanto nella vitasociale. Per esempio, uno dei miei sentimenti dominanti èl’aridità, il vuoto, perciò ho trovato l’immagine piú adattaper esprimere questo mio sentimento desolato che è ildeserto umano delle periferie industriali delle grandi città,coperte dall’immondizia e dal ferrovecchio, questo pae-saggio del tutto disumano delle periferie industriali, che sicomprende solo nell’esistenza assurda del capitalismomoderno. Perciò non trovo il mio posto nemmeno tra i par-titi di sinistra, dove interpretano come contenuto tutto ciòche io nella mia sempre piú soffocante solitudine e incom-prensione descrivo nelle mie poesie come forme».

Questo carattere “formale” della poesia di Attila József,poeta proletario, militante, figura non proprio adatta all’at-tenzione di un pensatore liberale, fu scoperto stranamentedallo stesso Benedetto Croce il quale, al tempo della seconda

299

Page 300: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

guerra mondiale, scoprí una traduzione della poesia Mammadel poeta ungherese, pubblicata nella rivista italo-ungherese«Corvina». E in base a una traduzione grezza della poesiaungherese scoprí Un fiore di poesia, di cui diede subito no-tizia nella sua rivista «La Critica»: «Sí rade volte se ne coglieche, quando questo accade, una grande letizia si diffondenell’anima e insieme il desiderio di farne partecipe adaltrui. Scorrendo la rivista «Corvina» di Budapest (fasc. delgiugno ‘42, p. 326), ne ho colto uno e voglio offrirlo ainostri lettori. È una breve lirica di un poeta ungherese,Attila József, un proletario, figlio di una lavandaia dei sob-borghi di Budapest, ribelle, anarchico, morto a trentadueanni nel 1937, tragicamente [dice, senza dir altro, lo scrit-tore dell’articolo]: poche strofe, nelle quali il poeta rievocala figura di sua madre:

Già da una settimana solo a mia madrepenso sempre e mi fermo ogni tanto.Con sul grembo un paniere scricchiolanteandava sollecita, andava in soffitta.

Io ero allora un piccolo uomo sincero,gridavo, pestavo coi piedi per terra.Lasciasse ad altri quei panni bagnati,e che portasse me nella soffitta.

Ma lei andava, stendeva muta i panni,non mi sgridava, non mi guardava,e i panni immacolati frusciandovolteggiavano in alto leggeri.

300

Page 301: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Non piagnucolerei piú ora, ma è tardi,ora vedo quale gigante era —i suoi capelli grigi sventolano nell’ariae lei scioglie il turchino nell’acqua del cielo”.

«La sentiamo e vediamo grande anche noi: perchégrande, infinita, sublime è la forza morale di piena dedi-zione, di risoluta accettazione, che si esprime in quell’umilefatica e che fa di una povera donna affannata a salire reg-gendo un peso sul capo, e dell’acqua e dei panni di unbucato, una creazione di bellezza. I panni stesi al sole, ilbucato che s’alza e danza, lucente, frusciante nell’aria, sonoquella forza morale che gioisce nell’opera compiuta e cele-bra con espansione di lietezza il suo travaglio e il suo trionfo.E l’incanto e la magia di questi pochi versi e l’incanto e lamagia della poesia, che sempre, e quando meno siaspetterebbe, rinasce dai petti umani». Con questo suo breveelzeviro Benedetto Croce risultò il primo interprete e scopri-tore dell’arte di Attila József, “suo critico ungherese”, nonsolo in Italia ma in tutta l’Europa occidentale prima dellagrande fortuna del poeta ungherese nel secondo dopo-guerra.

Dal volume: Benedetto Croce 50 anni dopo / Benedetto Croce 50 év után, acura di Krisztina Fontanini, János Kelemen e József Takács, compren-dente gli Atti del Convegno omonimo, Budapest-Roma, 5-13 dicembre2002, organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Budapest, dall’Istituto Ita-liano per gli Studi Filosofici e dall’Accademia di Ungheria a Roma(Aquincum Kiadó, Budapest, 2004).

301

Page 302: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

302

Page 303: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ROMANIA

303

Page 304: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

304

Page 305: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il conferimento della laurea honoris causa al Presidente del-l’Istituto, avvocato Gerardo Marotta, da parte dell’Università diBucarest costituisce il riconoscimento piú alto ed esplicito dei copiosifrutti cui ha portato nell’ultimo decennio la cooperazione tra l’Isti-tuto Italiano per gli Studi Filosofici e studiosi e ricercatori romeni.Numerose borse di studio sono state conferite dell’Istituto di Napolia giovani, promettenti laureati romeni, per lo studio del pensieroitaliano. Ne sono nate, tra l’altro, le edizioni di opere di GiordanoBruno e di Machiavelli in lingua romena (in corso di pubblica-zione), mentre venivano tradotte le memorabili lezioni tenute all’I-stituto da Eugenio Garin sul “ritorno dei filosofi antichi” e venivapubblicato lo studio su Machiavelli di Gheorghe Stoica.

A quest’ultimo studioso, oltre che allo storico Stefan Delureanu,si devono i maggiori contributi di docenti romeni alla didattica dialta formazione dell’Istituto. Mentre Stoica ha illustrato il pensieropolitico romeno, a Delureanu si deve il costante intervento sulparallelismo tra Risorgimento italiano e Risorgimento romeno.

305

Page 306: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

306

Page 307: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Risorgimento italiano e Risorgimento romeno

STEFAN DELUREANU

Università di Bucarest

Il confronto delle due rivoluzioni, l’italiana e la romena,rivela analogie o identità di principii direttivi e fini, nellaricerca delle alleanze, nell’affidamento fatto sull’elementogiovine, nella perentorietà della condanna dell’agonizzantesistema consacrato a Vienna, nella difesa della facoltà di ogninazione di ordinarsi in Stati unitari indipendenti, nella edifi-cazione di una Europa di libere, fraterne patrie. Il Risorgi-mento si configura come primo esempio nella emulazionedei corifei del cambiamento, in atti e messaggi del Governo,nel carteggio dei rivoluzionari, nelle arringhe davanti alledecine di migliaia di persone radunate sul Campo dellaLibertà, a Bucarest, nella stampa. Tale particolare richiamoall’Italia riveste un significato particolare perché comprova ilriconoscimento del suo movimento nazionale. Per la primavolta, senza esitazioni, si esprime politicamente un rapportoparticolare con l’italica terra alla quale viene riconosciuta lalibertà di costituirsi unitaria, contro l’Austria, il Papato, ilBorbone, e, si badi bene, un rapporto non con una Italiaintesa geograficamente, né con la Sardegna o un altro Statopreunitario, bensí con l’Italia – idealità in movimento percostruire la propria storia, con l’Italia erigenda. Nel giornali-smo sorto con la rivoluzione, tocca alla stessa il primato asso-luto. Redatti in gran parte dai suoi protagonisti, i fogli piú

307

Page 308: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

significativi esprimono in tal modo anche prese di posizionedi carattere ufficioso, come quella secondo cui il Risorgi-mento serve da simbolo ai Romeni, rinati perché fratelli degliItaliani, iniziatori del moto europeo dei popoli. In un bollet-tino che redige a Costantinopoli durante la missione affida-tagli dal Governo valacco, il principe Ion Ghica, uno dei capidel movimento, difende la tesi che Italiani, Slavi e Romenidebbono dar fuoco alla miccia in una guerra della libertàcontro il dispotismo. Nell’elenco cifrato da lui predispostocon Balcescu, scopriamo gli importanti nomi di RomualdoTecco e Alessandro Monti, entrambi in contatto con loro neltentativo di congiungere le forze romene, italiane, ungheresie serbe nella lotta contro l’Austria. Scartata per l’esiguità delnumero degli arruolandi l’idea d’una legione romena checombattesse in Italia, il Balcescu si adopera nel ’49 percrearla in Transilvania.

Con la rivoluzione e l’esilio, la percezione romena del-l’Italia risorgimentale si trasforma dal piano ideale a quellodei disegni d’azione, con l’ingresso nell’alveo del movi-mento mazziniano.

Il primo abbozzo di un programma insieme organizzativoe operativo è quello elaborato nell’autunno del Quarantottoa Costantinopoli da Ghica a Ubicini, e prevede sostanzial-mente un’intesa con i rappresentanti dei partiti liberali d’Eu-ropa, nonché la fondazione di un giornale delle nazionalitàche diffonda l’unione e la fratellanza delle stesse. Tecco asse-conda il disegno, Lorenzo Valerio pubblica nel 1850 nellaConcordia una serie di articoli del Ghica, I Moldovalacchi, va infumo un progetto dell’emigrazione valacca e lombarda dicreare a Parigi un foglio con Lamennais redattore capo, visorge invece la Tribune des peuples del Mickiewicz.

308

Page 309: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Prima che i Valacchi ammainino la bandiera a settem-bre, ancora fiduciosi nella diplomazia, due deputati, Ale-xandru G. Golescu e Ioan Maiorescu, si dirigono verso Fran-coforte per sensibilizzare la Germania alla causa romena,fra l’altro con la proposta che l’Austria rinunzi all’Italia set-tentrionale in cambio di un indennizzo nei Principati,oggetto di promemoria e di dibattiti nella Costituente eall’interno dei partiti. Parallelamente, il Gallenga si dà dafare presso l’arciduca Giovanni per convincerlo dell’oppor-tunità di un Lombardo-Veneto indipendente con unAsburgo sul trono, utilizzando come argomento per l’ac-cordo italo-germanico in funzione antislava la presenza deiRussi in Moldavia e nella Valacchia. Ma nelle discussioni sulproblema italiano in Assemblea aveva già prevalso il puntodi vista rigidamente conservatore; Parigi e Londra si mostra-rono reticenti nell’affare della mediazione, Torino apertasolo alle potenze che l’avevano proposta.

Gli approcci romeni con la Sardegna proseguono sia aCostantinopoli, Belgrado e nell’Asia Minore, soprattuttoattraverso Tecco, Migliorati, Cerruti, Monti e GiuseppeRegaldi, sia a Torino dove un gruppo di giovani decisi aseguire la carriera militare finisce, non ammesso nellescuole del Regno, per frequentare la sinistra subalpina ecospirare con l’emigrazione ungherese intorno a StefanoTürr. Nella diaspora, i piú intensi contatti richiesti da tutti igruppi di esuli hanno come fine prioritario l’avvicinareMazzini. Tornati i piú in quella Parigi, centro di liberi lumiin cui si erano maturati, i principali attori del Quarantottoriprendono i rapporti con i rispettati professori del Collègede France, con le redazioni delle gazzette democratiche, maconoscono anche nuovi personaggi della politica come

309

Page 310: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Ledru-Rollin, Daniele Manin – il cui atteggiamento nei con-fronti del modo di attuare l’idea di unione italiana influiràtanto su di loro – Giuseppe Ricciardi, Giacomo AlessandroBixio ed altri, nonché inviati di Governi provvisori comeLodovico Frapolli e Niccolò Tommaseo, il quale operavaper la conciliazione fra Slavi, Ungheresi e Romeni, la cuialleanza fraterna, vantaggiosa anche per gli Italiani, calda-mente difenderà in una lettera ad Alexandru G. Golescu,presente allora nella capitale di Francia con analoga mis-sione diplomatica.

Cantata dal poeta-rivoluzionario Cezar Bolliac comeanticipatrice della fine dell’oppressione umana la repub-blica mazziniana di Roma finiva deplorevolmente ad operadi un’altra repubblica. Mentre tanti Romeni, uomini edonne, ritenevano il fatto una macchia eterna nella storiadella grande nation, studenti e patriotti rifugiati a Parigi pro-testavano insieme con i radicali francesi di Ledru-Rollincontro l’invasione di Oudinot e Ion Eliade Radulescu esal-tava Mazzini e biasimava l’oppressore:

Dell’Italia incatenata,Di sacra Roma crocifissa.

Quando, dopo il biennio rivoluzionario, sta per pro-rompere nel 1853 la grande perturbazione europea notacome crisi orientale e successivamente come guerra di Cri-mea, essa viene affrontata sia sul Po che sulla Senna comeun problema nel momento risolutivo. Qui Senna sta perDanubio, i capi emblematici della nazione romena trovan-dosi ancora a Parigi. Per Bucarest e Iassi, come per Torino,lo scontro si delinea come conflitto ideologico, fra l’Europa

310

Page 311: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

morente della conquista, dell’arbitrio e l’Europa nascente,dell’avvenire. Per nessuna delle capitali può pertanto sussi-stere imbarazzo nella scelta del campo. Schierarsi con l’av-venire significa affermare il diritto di nazionalità, il segnosotto cui combatteranno uniti i due popoli.

Contrapponendo la bandiera delle giovani, risortenazionalità alla potenza che tendeva a farsi egemone incon-trastata dell’Europa, la guerra di Crimea offriva anche aiRomeni la prospettiva di veder realizzato il primo atto delloro programma nazionale: la costituzione del nucleo delloStato unitario attraverso l’unione della Moldavia e dellaValacchia. Italiani del Danubio, essi non trovavano nulla dipiú storicamente legittimo del collegarsi all’iniziativa delpiccolo coraggioso Stato della patria avita. Nonostante unserio, energico tentativo di inserirsi nel conflitto con unesercito o almeno un corpo volontario nazionale, essi nonriuscirono né a rompere le esitazioni delle cancellerie occi-dentali dinanzi all’opposizione dell’Austria, né a dare ildesiderato massiccio contributo alle legioni organizzate nel-l’Impero ottomano.

Da Sebastopoli a Solferino, le imprese italiane segnanocome una promessa implicita le attese romene. I primi acapirlo, a tradurlo, furono come sempre i poeti dotati diintuito per le cose di là da venire. L’Alecsandri compie ilsuo viaggio in Crimea appena espugnata la fortezza simbolodello zarismo, e la propone subito quale destinazione dipellegrinaggio al suo popolo che da quelle rovine risorgerà.Lo dice nella poesia A Sebastopoli, anticipazione di unmondo redento, per glorificare nel Cinquantanove le gestadella Lombardia. Le speranze riposte dai Romeni nella con-clusione vittoriosa della guerra di Crimea, apportatrice di

311

Page 312: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sviluppi felici, verranno evocate anche da un altro poeta,Alexandru Sihleanu in un sonetto, come dal patriota mol-davo Dimitrie Ralet che fece parte di una deputazione mol-dava incaricata di consegnare a Costantinopoli importantisomme provenienti da una sottoscrizione organizzata dalprincipe regnante per le spese di guerra e a favore dellefamiglie dei soldati alleati. Un’analoga sottoscrizione venneorganizzata nel 1859 dal Consiglio municipale di Bucarest.

Nel 1855, alla notizia della caduta di Sebastopoli, i gio-vani sfilarono per le vie di Iassi e Bucarest, dove, vedendo ilPiemonte che mandava in Crimea il suo contingente, si eraesaminata l’opportunità di partecipare alla lotta. Con l’ideadi stimolare il costituirsi del corpo volontario, GeorgeCretianu scrisse un’Ode alla gioventú romena che fece il girodella capitale valacca. L’Italia presiedeva alla futura gran-dezza romena. Quando nel ’59 l’Alecsandri scriveva:

L’italica libertateInfonderà nuova vitaAlle schiere obliateDel Danubio grandioso,

egli anticipava il programma politico del principe dell’U-nione, Alexandru Ioan Cuza di cui sarà ministro e diploma-tico. Per ciò che riguarda Cavour, cui il bardo moldavo dedi-cherà la poesia Il pilota, il ritratto che ne dette non è che latrascrizione in chiave lirica dei pregi che i politici d’Europariconoscevano al conte: l’aver saputo far navigare il«vascello» italiano nelle acque agitate del continente, dan-dogli la giusta direzione. Nella storia delle sue missionidiplomatiche, il poeta ricorderà la figura del grande statista

312

Page 313: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

il quale, attraverso il genio politico, l’energia salda, ilsapiente bilanciare gli interessi italici ed europei, erariuscito ad elevare il prestigio del Regno di Sardegna e adirigere le aspirazioni degli Italiani verso la grande meta,acquistandosi per la calorosa, costante difesa dell’unionedei Principati un titolo alla loro gratitudine e all’affetto del-l’inviato cui sembrò di aver parlato ad un compatriotta, unsentimento provato anche da altri Romeni. In quella stessaoccasione in cui gli notificava la doppia elezione di Cuza,Alecsandri rivide anche Alfonso Ferrero La Marmora, cono-sciuto nel ’55 in Crimea presso il quartiere generale di Pelis-sier dopo la presa di Sebastopoli, quando visitò l’accampa-mento del contingente sardo. Il bersagliere morente sarà temadel poeta nel Cinquantanove, sui campi di gloria lombardi,ma il primo incontro era avvenuto a Cernaia. Ricevutoanche da Vittorio Emanuele, egli lesse allora, nel trionfodell’italica nazione, il segno del futuro attuarsi dei sogniromeni, tradotto liricamente nella sostanza della poesia Pre-sentimento.

La rappresentazione della Sardegna sarà fortementeidealizzata dall’animosa generazione del Quarantotto cheidentificava nella sua lotta lo stimolo piú atto ad accelerarel’opera rigeneratrice iniziata dalla precedente. Quando nel1856 i Principati, sottratti ad un doppio dominio, passanosotto la garanzia collettiva di sette potenze, l’ultima entratanel concerto, la Sardegna, la piú piccola in termini territo-riali, sarà la piú grande moralmente e politicamente per leidee che sostiene. Allo «sventolio» del tricolore, «bandieradella nazionalità e della libertà italiane», il giornalista maz-ziniano Constantin Rosetti, attribuisce il risorgere di ognipopolo. L’intervento piemontese nella guerra di Crimea

313

Page 314: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

viene percepito oltre che come espressione di intelligenterisolutezza, anche come rinnovata prova che la monarchiasabauda ha imboccato il cammino nazionale e liberale.Dinanzi a tale conferma, i liberali radicali romeni rimpro-vereranno spesso al principe regnante l’indecisione e lacondotta non liberale, polemicamente rinfacciandogli l’e-sempio opposto di Vittorio Emanuele. Nessun atto storicosupera per loro, per significato, lo straordinario eventonazionale compiuto da uno Stato poco rilevante per il postooccupato sulla carta, che manda un suo esercito a fiancodelle forze alleate a combattere con onore militare quelloche per essi rappresenta l’impero satanico in terra. La par-tecipazione della Sardegna in condizioni di parità al con-sesso parigino, accanto a tre grandi potenze illiberali, eraun altro evento, giuridicamente anticipatore per chi malsopportava la diplomazia tradizionale, giacché inauguravauna nuova epoca nel diritto internazionale. L’esaltare ilruolo del Piemonte non voleva dire che i mazzinianiromeni ignorassero i meriti di altre terre d’Italia nell’ascesarisorgimentale. Ma esso aveva assunto il ruolo direttivo nel-l’operazione, il ruolo di forza coordinatrice che essi vole-vano veder interpretato analogamente dal nucleo moldova-lacco nei confronti dei rami staccati dal tronco nazionale.

Per arrivare a questa convinzione essi erano passati perun processo di conversione in cui ebbero notevole peso leprese di posizione di Manin che portarono alla creazionedella Società nazionale. L’idea della creazione di un frontecomune per la soluzione monarchica unitaria del problemaitaliano, la formula del partito nazionale in cui confluissero,sotto il segno dell’unificazione e dell’indipendenza, tutte leforze vive del Paese furono determinanti nello schiera-

314

Page 315: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mento mazziniano romeno in cui si esprimeva lo spiritoetico-politico e civile piú maturo di quella nascente Roma-nia guardata come «astro morale» in Oriente, come lo eral’Italia in Occidente.

Sulla strada aperta dagli Italiani che avevano pagato bendue volte in soli quattro anni un tributo di sangue, inten-deva marciare non soltanto il Paese latino del Danubio mal’intera Europa centro-orientale: la politica delle naziona-lità trovava nel Piemonte la guida per eccellenza.

Con la coerente difesa da parte di Cavour della causadell’unione romena, questione di principio la cui soluzioneserviva a risolvere il problema italiano, nacque fra i Romeniuna simpatia plebiscitaria per il conte. Si parlerà tanto dellapossibilità che anche essi ne avessero uno, prima che si par-lasse dell’esistenza, o meno, di un Garibaldi romeno.

Dal volume: Stefan Delureanu, Risorgimento italiano e Risorgimentoromeno, pubblicato nella collana dell’Istituto Italiano per gli Studi Filo-sofici «Il pensiero e la storia» (La Città del Sole, Napoli, 2005).

315

Page 316: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

316

Page 317: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

BULGARIA

317

Page 318: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

318

Page 319: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La Bulgaria: l’oriente e l’occidented’Europa

STEFANO DELL’AGLIO

Ricercatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

La storia politica e culturale della nazione bulgara èsempre stata profondamente legata alla sua particolareposizione geografica. Situata nell’angolo sudorientale delcontinente europeo, immediatamente a ridosso dellostretto del Bosforo, la Bulgaria si è trovata sulla linea di con-tatto tra tutte le civiltà che, a vario titolo, hanno concorso aformare l’Europa. Questa profonda contaminazioneappare subito evidente esaminando, anche a grandi linee,la storia del paese.

Fin dalla sua fondazione, infatti, lo Stato bulgaro ha par-tecipato di varie civilizzazioni: l’elemento slavo, che avevaassorbito i traci, romanizzati politicamente e grecizzati cul-turalmente, ma che non era riuscito ad organizzarsi inentità statale; e l’elemento bulgaro, turco di lingua e civiltà,ben organizzato politicamente e militarmente, che avevasottomesso gli slavi ma che, a lungo andare, ne era stato assi-milato. La cultura del neonato regno bulgaro si andò for-mando soprattutto grazie alla cultura greco-bizantina, e nelmedioevo i modelli di riferimento, praticamente in ognicampo, erano rappresentati principalmente da Bisanzio; népoteva essere altrimenti, vista la posizione geografica e ilrapporto quasi simbiotico instauratosi, nel bene e nel male,tra Costantinopoli e la Bulgaria.

319

Page 320: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il cristianesimo fece la sua comparsa in Bulgaria graziealla predicazione bizantina, e la maggior parte dei trafficicommerciali del regno bulgaro avvenivano con Bisanzio; lacultura materiale, quella artistica, l’architettura eranomodellate su schemi bizantini. D’altro canto, la Bulgariasubiva, parallelamente, l’attrazione dell’Europa occiden-tale. Nel nono secolo, il secolo della conversione al cristia-nesimo, la Bulgaria e l’impero franco avevano in comune lafrontiera che passava tra il medio Danubio e il Tibisco; ave-vano in comune anche un nemico, gli Avari. Il khan Borisaveva orientato la sua politica estera su posizioni filo occi-dentali: nell’860 aveva rinnovato il trattato di amicizia conl’impero carolingio, stipulato originariamente nell’845, emolto probabilmente aveva considerato concretamente lapossibilità di convertirsi al cristianesimo grazie al clerofranco, optando cosí per Roma. Questa prospettiva causòuna decisa reazione, sia politica sia militare, da parte diBisanzio. Messo in grave difficoltà anche da una carestia chein quell’anno stava fiaccando il suo paese, Boris fu costrettoa cedere e nell’865 si fece battezzare, assieme a buona partedella corte, da un vescovo bizantino. Parte dell’aristocrazia,però, avversava con forza qualsiasi influsso bizantino, e lostesso Boris temeva, a ragione, che la sua conversionevenisse letta dall’imperatore come una sottomissione; inol-tre, la chiesa costantinopolitana non aveva intenzione diconcedere alla Bulgaria un patriarcato indipendente, comeil sovrano sperava.

Nell’866 Boris chiese al papa, Niccolò I, un patriarca edei preti, mandandogli una lettera nella quale gli ponevaquestioni piú pratiche che dottrinali, questioni che eviden-temente doveva aver sottoposto anche al clero bizantino

320

Page 321: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

senza trovare soddisfazione; mandò inoltre una delegazionealla corte di Ludovico il Germanico, chiedendo missionarianche a lui. Ma nemmeno Niccolò, che rispose alla letteracon una missiva lunga e articolata, avrebbe concesso unpatriarcato indipendente, anche se sembrava disposto adaccordare alla Bulgaria un’autonomia maggiore di quantofosse nelle intenzioni di Bisanzio. Questo convinse Boris apropendere per Roma: la missione papale, che giunse inBulgaria alla fine dell’866, venne accolta con tutti gli onorie il sovrano giurò fedeltà al papa. Il clero greco venne scac-ciato, ma la sua reazione, specialmente da parte delpatriarca Fozio, fu molto decisa. Lo scontro tra Roma eCostantinopoli, già piuttosto acceso, si trasformò in ostilitàcompleta, con scomuniche reciproche. Frattanto Boris, giàscontento della mancata assegnazione di un patriarcato,non gradiva che il papa rifiutasse di permettergli di sce-gliere come arcivescovo una persona di sua fiducia, senzabisogno dell’approvazione di Roma. Dopo alterne vicende,nell’870 un concilio, tenutosi a Costantinopoli, stabilí chela chiesa bulgara doveva rimanere sotto la giurisdizione delpatriarcato, e non di Roma. All’arcivescovo di Bulgariaveniva garantita, pur se non l’indipendenza, un’autonomiapiuttosto ampia.

La popolazione, però, non vedeva favorevolmente la pre-senza del clero greco sul suo territorio, né apprezzava ilfatto che la lingua liturgica ufficiale fosse il greco: la mis-sione dei discepoli di Cirillo e Metodio e l’introduzione del-l’alfabeto slavo gettarono le basi per la chiesa nazionalebulgara e per l’inizio della cultura scritta. Da quel momentoin poi, il cristianesimo sarebbe stato predicato ai bulgarinella loro lingua, e non piú in greco.

321

Page 322: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La questione della dipendenza dal patriarcato diCostantinopoli si pose altre volte, nei secoli successivi; ilrichiamo di Roma continuava ad essere forte, soprattutto sepoteva significare un ridimensionamento dell’influenza cul-turale e politica bizantina. In particolare il re Kalojan sirivolgerà ancora al papato per legittimare le sue pretese.

Kalojan si trovò a regnare negli anni a cavallo tra XII eXIII secolo, nel periodo in cui Bisanzio capitolava davantiall’esercito latino della quarta crociata. Il suo crollo fu ina-spettato e sorprendente: il piú potente stato d’Europacadde, praticamente senza opporre resistenza, nelle mani dipochi soldati che una decisa reazione avrebbe potuto spaz-zare via in poche ore. In realtà, l’impero era da tempo indecadenza a causa di una molteplicità di fattori interni edesterni (marcata feudalizzazione, stagnazione economica,perdita dell’iniziativa militare e politica, incapacità e miopiadiplomatica): di questa profonda crisi approfittò, primaancora dell’esercito crociato, la Bulgaria che nel 1185 riuscía riconquistare la sua indipendenza, perduta nel 1018.

Kalojan salí al trono nel 1197; consolidò le conquiste deisuoi predecessori e, con poche campagne, inflisse alcunedure sconfitte ai bizantini rioccupando importanti territoriquali la Macedonia e la regione di Varna, grazie anche alcontributo della popolazione turcofona dei Cumani e deglielementi vlachi che abitavano quelle terre, arrivando infinea un soddisfacente accordo di pace con il qualeCostantinopoli riconosceva di fatto l’indipendenza dellaBulgaria. Ma la sua politica non fu rivolta soltanto verso l’o-riente: ancora piú importanti delle sue azioni belliche con-tro l’impero furono le sue relazioni con le potenze occi-dentali, prima fra tutte il papato. Fu infatti proprio ad

322

Page 323: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Innocenzo III che Kalojan si rivolse per legittimare la suaposizione di sovrano, nonostante la Bulgaria fosse ortodossae non cattolica; l’opera di avvicinamento a Roma fu lenta ecauta, condotta con intelligenza da entrambe le parti.Innocenzo non poteva certo lasciarsi sfuggire l’occasione diportare anche la Bulgaria, dopo la Bosnia e la Serbia, sottol’autorità romana e acconsentí alle richieste di Kalojan, chevenne incoronato da un legato papale quando già i crociatiregnavano su Costantinopoli.

I rapporti con i nuovi sovrani dell’impero bizantinofurono, da subito, molto tesi, nonostante la disponibilità diKalojan ad un accordo pacifico. I latini lo consideraronoperò come un feudatario ribelle che occupava illegittima-mente una parte dei loro domini e rifiutarono la possibilitàdi una convivenza pacifica, nonostante questa fosse la solu-zione che anche il papato gradiva di piú. Lo scontro eradunque inevitabile: inoltre, l’aristocrazia bizantina dellaTracia si rivolse proprio a Kalojan per ricevere aiuto controi latini, e il sovrano bulgaro fu ben lieto di concederlo.

Il 14 aprile 1204 l’armata latina venne sbaragliata adAdrianopoli dall’esercito bulgaro, meglio organizzato e tat-ticamente piú duttile. Dopo questa battaglia l’impero nonfu piú in grado di svolgere un ruolo attivo nelle vicendeeuropee, finché nel 1261, dopo qualche decennio di sten-tata sopravvivenza, venne assorbito dalla restaurazionebizantina; Kalojan trovò invece la morte nel 1207, durantel’assedio di Salonicco, città data in feudo al marchese diMonferrato.

La storiografia occidentale, nonostante il ruolo impor-tantissimo avuto da Kalojan nelle vicende dell’imperolatino di Costantinopoli, ha sempre trascurato la sua figura:

323

Page 324: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

venne dipinto dai contemporanei, sia bizantini che latini,come un sovrano barbarico e sanguinario, e con questafama è passato alla storia. Nessun tentativo viene però fattoper comprendere appieno il ruolo della Bulgaria in rela-zione all’occidente, ruolo che non si limita certo alla batta-glia di Adrianopoli. Anche la “conversione” al cattolicesimoche, sebbene abiurata qualche decennio dopo, rimane ungrande successo diplomatico di Innocenzo III, viene passatasotto silenzio.

In realtà Kalojan fu una delle figure chiave del tempo: lanaturale posizione geografica della Bulgaria e la sua perso-nale inclinazione lo portarono a favorire, una volta di piú,il ruolo di ponte tra Europa orientale e occidentale, tra cri-stianità ortodossa e cattolica, tra Europa ed Asia che laBulgaria ha sempre rivestito, dalla sua nascita come organi-smo statale fino al periodo contemporaneo. Indagare lafigura di Kalojan significa incominciare a comprendere ilvasto sistema di relazioni che legava tutti gli stati delMediterraneo all’inizio del XIII secolo, e cosí contribuiread abbattere l’artificiosa distinzione tra storia medioevaledell’Europa occidentale ed Orientale, riaffermando l’unitàintrinseca del continente.

La conquista ottomana segnò la fine dell’indipendenzabulgara e rese inutili questi dibattiti introducendo sul terri-torio la religione islamica, alla quale molti bulgari, nelcorso dei secoli, si convertirono, aumentando cosí il giàricco patrimonio di influenze culturali. Sebbene l’imperoottomano fosse sostanzialmente tollerante nei confronti deicristiani e sebbene sotto il suo dominio la Bulgaria abbiaconosciuto, finalmente, un lungo periodo di pace dopo lecontinue guerre del medioevo, le condizioni generali del

324

Page 325: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

paese subirono una decisa involuzione, in particolare dalpunto di vista culturale. La rinascita nazionale bulgara delXIX secolo e la lotta di liberazione contro l’impero otto-mano furono profondamente influenzate dal pensiero poli-tico occidentale. La Russia, slava e ortodossa, fu all’inizio ilpunto di riferimento principale, anche perché fu l’unicanazione europea ad impegnarsi attivamente, aldilà di unagenerica simpatia, per la causa dell’indipendenza bulgara;ma il timore di sfuggire al dominio ottomano per venireassorbiti da quello russo spinse gli intellettuali bulgari aconsiderare esperienze politiche diverse dall’autocraziarussa. Era naturale, infatti, guardare ai successi ottenuti dapopoli percepiti come maggiormente evoluti, ovvero quellidell’Europa occidentale, che godevano dei vantaggi offertidalla monarchia costituzionale. Furono proprio le dottrinepolitiche occidentali, ed in particolare italiane, quali quelledi Mazzini e Garibaldi (alcuni bulgari parteciparono allaspedizione dei Mille), ad infiammare i patrioti e a spingerliall’azione. La cultura occidentale stimolò anche la produ-zione letteraria del risorgimento bulgaro, che si espresse inautori come Karavelov e Botev.

Raggiunta l’indipendenza, il modello politico che laclasse dirigente bulgara seguí per l’organizzazione dellostato fu la monarchia liberale: nel febbraio del 1879 si riunía Trnovo la prima assemblea nazionale, che votò la costitu-zione ed elesse come re il principe tedesco Alessandro diBattenberg. La corrente russofila e quella occidentalista siscontrarono spesso in parlamento e risentirono, nei lorosuccessi o nei loro fallimenti, delle convulse vicende cheagitavano i Balcani. La Russia si oppose sempre strenua-mente alla politica filo occidentale di Alessandro, che fu

325

Page 326: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

alla fine costretto a lasciare il trono; ma il parlamento bul-garo, lungi dal piegarsi alle richieste di Mosca, scelseFerdinando di Sassonia Coburgo-Gotha, che riuscí a salireal trono grazie in particolare all’azione politica italiana eche, in seguito, sposò Maria Luisa di Borbone-Parma.L’esercito, la polizia, le infrastrutture del nuovo regnofurono ricalcate sui modelli occidentali, e l’influsso occi-dentale si avvertí anche in campo letterario e artistico, inparticolare nell’architettura dei nuovi quartieri. Il legamecon l’Italia, sempre forte, venne ulteriormente rinsaldatodal matrimonio del re Boris III con Margherita di Savoia,sorella di Umberto II.

Dopo la seconda guerra mondiale la Bulgaria, che avevaaderito senza troppo entusiasmo all’Asse (si era infatti rifiu-tata di intervenire contro la Russia e, soprattutto, di conse-gnare i suoi ebrei per la deportazione nei campi di stermi-nio) entrò a far parte del blocco socialista; in seguito alladissoluzione dell’URSS e del Patto di Varsavia la Bulgaria hafatto naturalmente ritorno alla democrazia parlamentare,riaccostandosi di nuovo all’occidente.

326

Page 327: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

GRECIA

327

Page 328: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

328

Page 329: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

I liberali napoletanie la Rivoluzione greca

GIANNI KORINTHIOS

Università della Calabria

La Napoli dell’ultimo Settecento e del primo Ottocentoaveva sviluppato una cultura illuministica che interessò lar-ghi strati della società; le teorie di Descartes, Locke,Newton, Leibniz, Montesquieu, Voltaire, Rousseau, maanche di Genovesi, Galiani, Russo e Pagano, la rivoluzionefrancese e gli ideali democratico-egualitari dei patrioti giu-stiziati da Ferdinando di Borbone su consiglio di Nelson nel1799, avevano contribuito a rimuovere il torpore intellet-tuale ed ozioso che opprimeva la borghesia partenopea eda permeare di nuovo vigore la cultura meridionale ed inuovi ceti intellettuali e politici.

Fallito il tentativo di Guglielmo Pepe di bloccare l’avan-zata delle truppe austriache del generale Frimont a Rieti ead Antrodoco (7-8 marzo 1821) e mentre a Napoli ungruppo di parlamentari con a capo Giuseppe Poerio prote-stava per l’intervento austriaco, a Messina GiuseppeRosaroll tentava invano di sollevare l’esercito borbonicocontro le forze reazionarie che volevano porre fine all’e-sperimento costituzionale del 1820-1821. Restaurato l’asso-lutismo all’ombra delle baionette del generale austriacoFrimont, il governo provvisorio di Napoli adottava eccezio-nali misure restrittive e repressive non solo per neutraliz-zare le forze liberali che avevano avviato quell’esperimento

329

Page 330: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

politico, ma anche per controllare la stampa, la circolazionedei libri stranieri e le attività dei librai e dei tipografi. Dopoquesto intervento straniero, invocato dal re Ferdinando I, cifu soltanto un tentativo di rinfocolare in Calabria la rivolu-zione (giugno-luglio 1821), promosso da Raffaele Poerio,D. Aracri e C. Marincola, ma era un tentativo disperato evotato al fallimento, in quanto non riuscí a mobilitare lemasse del Mezzogiorno contro le truppe straniere.

Il movimento liberale del Mezzogiorno fu devitalizzatodalle purghe e dalle emigrazioni forzate non solo dei pro-tagonisti del nonimestre costituzionale del 1820-1821, mapure degli uomini di punta della leva moderata notoria-mente avversi al carbonarismo. I principali fautori del motonapoletano, tra cui G. Pepe, L. De Conciliis, G. Rosaroll e ifratelli Poerio, riparano all’estero, inseguiti da taglie, ordinidi cattura e condanne a morte. Il governo Circello-Canosaapprontò una durissima repressione, con corti criminali,gran corti speciali e giunte di scrutinio. Per chi non erariuscito ad attraversare i confini del regno si aprirono i can-celli delle carceri, altri dovettero battere in latitanza cam-pagne e montagne impervie. Il 28 settembre 1822 la corteborbonica concedeva una amnistia per i condannati perattività sovversiva anteriore alla data del 24 marzo 1821; aglialtri il re concedeva il forzato espatrio (4 ottobre 1822) col-l’obbligo di non rientrare in patria, previa autorizzazionesovrana. Molti fuoriusciti ed espatriati entrarono nello StatoRomano, altri trovarono asilo nel Ducato Toscano, a Malta,in Spagna ed a Londra; dopo la capitolazione di Barcellona,molti fuoriusciti che combattevano a fianco dei costi-tuzionali spagnoli vennero catturati e deportati in Franciaod espulsi a Tunisi; dalla Spagna alcuni si diressero nel

330

Page 331: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Levante, dove, malgrado il generale riflusso della spintarivoluzionaria in Europa, resisteva ancora un focolaio rivo-luzionario. Francesco I, al suo avvento al trono di Napoli,emanò un decreto di indulto per una cinquantina di pro-scritti (16 agosto 1825) ed acconsentí al rimpatrio di unaventina di esuli (17 novembre 1825); il 26 luglio 1827 amni-stiava ancora altri ventiquattro fuoriusciti. Il 18 dicembre1830 Ferdinando II permetteva il rientro di trecentomeridionali, escludendo tuttavia da questo indulto piú diduecento esuli. Molti dei protagonisti del moto napoletanodisdegnarono di invocare l’indulgenza dei Borbone; G.Pepe, Vincenzo Pisa, G. Rosaroll, Giuseppe Scarpa mo-rirono fuori dal regno; altri subirono lunghi anni d’esilioprima di poter rimpatriare; Lorenzo De Conciliis visse com-plessivamente al bando ventisette anni.

Secondo il Pieri, gli storici del risorgimento italiano nondevono sottovalutare l’incidenza profonda che ebbero nellaformazione di una coscienza nazionale italiana le due ini-ziative rivoluzionarie dei patrioti meridionali, quella giaco-bina ed illuministica del 1799 e quella liberale e costituzio-nale del 1820.

Allo scoppio, nel marzo del 1821, della insurrezione elle-nica, nessuno in Europa tra i liberali, né tanto meno tra leforze della reazione allora in piena ripresa, poté prevedereche questa insurrezione popolare dei «sudditi» cristianidella Sublime Porta avrebbe alla fine minato non solo l’im-pero ottomano, ma lo stesso edificio della Santa Alleanza,mettendo in discussione ed in crisi irreversibile i cardinipolitici che lo reggevano; d’altronde gli stessi liberali euro-pei ritennero che si trattasse di un moto regionale circo-scritto che la Porta avrebbe facilmente represso e neu-

331

Page 332: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tralizzato. Ma entro breve tempo la scintilla greca facevadivampare un incendio che si sarebbe esteso oltre l’Egeo;questa lotta dei ribelli greci ebbe a simboleggiare l’ultimamanifestazione armata del liberalismo, l’ultimo baluardonon ancora domato dalle forze della reazione; invano igoverni europei tenteranno di contenere la corrente filelle-nica che quella rivolta favorí e scatenò. Ippolito Nievo, scri-veva nelle Confessioni d’un Italiano che tra il 1821 e il 1825«cresceva per la Grecia il favore e l’entusiasmo dei gene-rosi».

L’insurrezione del 1821 suscitò infatti emozione e sim-patia – intesa nel suo significato letterale di patimento delpatimento altrui – nell’opinione pubblica europea ed inter-nazionale; il latente filellenismo si ridestò appena vide que-sto popolo «rizzare il capo dal fango, scuotersi colle sue pro-prie mani il suo gravosissimo giogo, e a nulla meno aspirareche all’antica sua nazionale indipendenza». Nella Greciaindomita ed insorta i liberali vedevano concretizzati inparte i loro sogni a favore dell’autodeterminazione deipopoli, vedevano che questi combattenti erano «discen-denti non degeneri di quegli eroi di Maratona e diSalamina, i quali in tempi piú felici tanto umiliar sepperol’orgoglio Asiatico».

L’insurrezione ellenica non fu, per Diego Sòria, il risul-tato di cospirazioni e di macchinazioni «che sarebbero stateimpotenti a muovere un popolo intero»; e questo studiosoe patriota voleva con questa opportuna puntualizzazionedistinguere nettamente la rivoluzione dei greci dal motodei napoletani, un moto capeggiato da un liberalismo elita-rio incapace di trascinare le popolazioni del Mezzogiorno edi incidere in profondità. «I germi del risorgimento della

332

Page 333: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Grecia « scriveva Sòria – esistevano da lontanissimo tempo,e si svilupparono lentamente. Quanto riflettesi al movi-mento operatosi in Grecia, si trova che le sue cause stavanonella natura degli uomini e della società».

Vincenzo Monti in alcuni sonetti del 1822 esaltava la«greca virtú». Niccolò Tommaseo nell’«Antologia» delVieusseux sottolineava come l’Europa fosse rimasta «stupita»dalla insurrezione dei patrioti greci. Terenzio Mamiani scri-veva componimenti filellenici (Rime volgari di Arnaldo, 1829).

Col filellenismo il movimento liberale europeo passa allacontroffensiva, rifuggendo cosí dai rischi di arroccamentodopo i fallimenti del 1820-1823; questo movimento, infiam-mato d’entusiasmo patriottico per l’audacia dei greci,insorti contro una tirannia plurisecolare, organizzerà comi-tati di sostegno, invierà armi, munizioni e volontari, racco-glierà fondi, guiderà proteste, promuoverà spettacoli tea-trali e sensibilizzerà con articoli sui giornali di maggiorprestigio l’opinione pubblica in favore dei combattenti delLevante. Benjamm Constant rivolgerà un infuocato «invitoai popoli a favor dei Greci» per ritemprare le forze liberalidella Francia. Moltissimi europei giungeranno in Greciaper affiancare i combattenti nella loro impari lotta per lariaffermazione del principio di nazionalità e sacrifiche-ranno le loro vite sui campi di battaglia; Lord Byron moriràa Missolungi nel 1824 per gli stenti; a Sfacteria cadrà glo-riosamente un anno dopo l’esule patriota piemonteseSantorre di Santarosa, la vittima piú illustre dopo Byron diquesta schiera di amici generosi della nazione ellenica. Lalotta sostenuta con estremo coraggio dai greci contro i tur-chi oppressori sarà portata ad esempio agli altri popoli nonancora affrancati e lo stesso Mazzini, qualche anno piú

333

Page 334: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tardi, inciterà la gioventú italiana ad «essere grande»quanto quella greca. Alla nascita del filellenismo ap-portarono un notevole contributo i numerosi libri dei viag-giatori stranieri che nel ’700 e nell’ ’800 visitarono laGrecia.

Le potenze della Santa Alleanza non appoggiarono irivoltosi del Levante – i «fratelli cristiani d’oriente» – pernon violare i principi su cui si fondava la compagine rea-zionaria, né li contrastarono apertamente per non urtare lasuscettibilità dell’Europa cristiana; i governi europei adot-tarono inizialmente un atteggiamento passivo di attesadegli sviluppi degli «affari d’Oriente».

Il governo napoletano non vedeva certo di buon occhiol’insurrezione dei vicini, sebbene la lotta di questi cristianicontro il tiranno ottomano «turbasse» la coscienza del re diNapoli; la poco duttile diplomazia di Napoli cercò intimo-rita di scagliare l’anatema contro questi ribelli, sospettandolo zampino del settarismo internazionale e paventando ilpericolo di un contagio rivoluzionario a macchia d’olio sututto il continente europeo. La corte dei Borboni seguivaperciò con persistente incertezza e paura gli «affari» orien-tali, evitando con cura qualsiasi interferenza e coinvol-gimento; teneva sotto stretta sorveglianza precauzionale lesue province piú meridionali, per la loro vicinanza allaGrecia, ed aveva incaricato, tramite il ministero della poliziagenerale, l’intendente di Otranto di raccogliere e trasmet-tere tutte le informazioni provenienti dalle Isole Ionie e dalPeloponneso e di creare un cordone sanitario nella zonaper impedire qualsiasi «contagio».

Il cancelliere austriaco sollecitava la Porta a reprimerecon rapidità i propri «sudditi»; Metternich paventava pari-

334

Page 335: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

menti le ripercussioni e le complicazioni che l’insurrezionegreca poteva produrre all’estero; lo smembramento del-l’impero ottomano non poteva che favorire l’espansioni-smo russo con grave discapito degli interessi austriaci nelleregioni danubiane e dello status quo imposto con la restau-razione, cioè del nuovo assetto politico e territoriale euro-peo sancito nel 1815 a Vienna.

I liberali europei, malgrado le cocenti sconfitte subitenella penisola italiana e in quella iberica, ricevettero unaforte spinta propulsiva a proseguire le loro lotte dalle vitto-rie che le loro idee segnavano nel vicino oriente europeo.Già nel 1822 si trovavano nel Levante piú di seicento volon-tari, prevalentemente reclutati tra i veterani delle guerrenapoleoniche. Nella battaglia di Peta (1822) centinaia dipatrioti europei del battaglione filelleno caddero per la causagreca; questa disfatta dolorosa, che tanta indignazione e sen-sazione produsse nel mondo, danneggiò il movimento filel-lenico e l’accorrere dei volontari subí un calo rilevante; nonriuscí però ad estinguere del tutto il movimento perché inseguito a questa carneficina dei volontari sorgeranno i comi-tati patriottici in quasi tutta l’Europa allo scopo di sovvenzio-nare la «causa» nobile per cui lottavano i Greci. Questa mobi-litazione generale in favore dei Greci non rimarrà circoscrittaall’interno dei confini europei. Il governo americanoespresse per primo pubblicamente il proprio consenso per lalotta ellenica ed il presidente James Monroe (1816-1824),proclamando l’indipendenza del nuovo continente, formu-lava auspici per la vittoria dei rivoltosi.

Il governo britannico, sulla spinta dell’opinione pubblicanazionale, fin dal febbraio del 1823, dovrà riconoscere laGrecia come nazione belligerante, e sarà questo il primo

335

Page 336: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

riconoscimento diplomatico conseguito dagli insorti. Ilgoverno di Londra rifiuterà del resto ogni appoggio poli-tico e militare all’impresa promossa dalla Santa Alleanzacontro i costituzionali spagnoli, appoggerà quelli delPortogallo e riconoscerà altresí i governi nazionali formatinelle ex colonie spagnole d’America. Favorita da questaapertura britannica, il 13 ottobre 1824 approdava per laprima volta a Londra la nave «Anfitrite» battente la ban-diera degli insorti greci.

I comitati filellenici piú attivi d’Italia erano quelli sorti aPisa ed a Livorno. Un clima di tolleranza politica spiravasulle rive dell’Arno nel decennio 1820-1830. A Firenzerisiedeva Giovan Pietro Vieusseux, fondatore nel 1819 delgabinetto scientifico-letterario e nel 1821 della rivista«Antologia», sorta in base ad un vecchio progetto editorialevagheggiato da Ugo Foscolo e sviluppato poi da Gino Cap-poni; questa rivista, apprezzata per la profonda erudizionee coerenza morale e politica, sarà durante il decennio dellainsurrezione ellenica portavoce qualificata del filellenismoeuropeo. Il Vieusseux si avvaleva della rivista per divulgaregli ideali liberali, per allargare il circuito delle idee fuoridalle soffocanti strettoie dei municipalismi; attraversol’«Antologia» il Vieusseux tentò di tenere deste le coscienzedegli italiani preservandole dalla duplice insidia della rea-zione monarchica e di una democrazia giacobina. Il Vieus-seux fu un uomo di cultura, avverso ad ogni posizionerigida o preconcetta, che non solo prestava ascolto allenuove voci, ma cercava anche di registrarle, sfidando conabilità i rigori delle censure e delle diplomazie. Nel suocenacolo-gabinetto esortava alla discussione franca, allaprotesta civile, alla cospirazione «a viso aperto»; lí erano

336

Page 337: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

soliti ritrovarsi molti patrioti, riformisti, liberali moderati eletterati italiani e stranieri di passaggio da Firenze.Nell’entourage di questo filelleno in cui si intrecciavano inti-mamente idealismo e realismo c’erano anche alcuni napo-letani fuoriusciti ed espatriati, tra cui bisogna ricordarePietro Colletta, un patriota dal passato giacobino, ma chenegli anni del suo fecondo soggiorno fiorentino si era tra-sformato in fautore di una politica moderata di stampocostituzionale. In Toscana aveva trovato rifugio ancheGiuseppe Poerio che aveva guidato la protesta dei deputatiassembrati nell’aula parlamentare di Napoli il 19 marzo1821 per difendere la costituzione, mentre stavano perentrare nella capitale del regno delle Due Sicilie le truppedi Frimont. Vieusseux, direttore-proprietario del gabinettoe direttore-editore dell’«Antologia», aveva strette e fre-quenti relazioni con esponenti della politica e della culturagreca. La sua «Antologia» sarà una delle voci militanti tra lepiú autorevoli del filellenismo; già il primo volume dellaprestigiosa rivista fiorentina, uscito in concomitanza con leprime schioppettate dei rivoltosi del Levante e mentre sispegnevano nel regno delle Due Sicilie gli ultimi focolai diresistenza alle truppe di Metternich, pubblicava unRagguaglio sullo stato attuale della Grecia (gennaio-marzo1821). Nel terzo volume (luglio-settembre 1821) Vieusseuxinizierà la pubblicazione a puntate di una Memoria sui diversipopoli che abitano nella Turchia Europea e nel IV volume (otto-bre-dicembre 1821) ospiterà un articolo dal titolo Cennisulla lingua Romaica; nel V volume (gennaio-marzo 1822)dell«Antologia» saranno pubblicate alcune Considerazionisulla crisi attuale dell’impero ottomano e nel VII (luglio-settem-bre 1822) i Prolegomena di Corais. L’«Antologia» del

337

Page 338: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Vieusseux recensiva in genere qualsiasi libro avesse per argo-mento la Grecia, come per es. i Canti popolari della Greciamoderna del Fauriel, i Souvenirs de la Grèce pendant la campagnedu 1825 di H. Lauvergne, il romanzo storico di Angelica PalliAlessio o gli ultimi giorni di Psara, ma anche l’edizione in grecodel Discorso sul metodo di Descartes, la Storia moderna dellaGrecia di Iakovaky Rizo, la nuova edizione parigina delThesaurus linguae graecae di Henri Estienne, la Histoire de laRévolution Grecque di Alex. Soutzo, ecc. L’«Antologia» pub-blicherà inoltre in traduzione italiana alcune poesie diAtanasio Cristopulo ed alcuni resoconti informativi delleattività che svolgeva nel Levante la spedizione scientificafrancese aggregata al corpo d’armata francese che provve-deva all’evacuazione del Peloponneso dalle truppe egiziane.

Tutti questi comitati patriottici, sodalizi e cenacoli di pen-satori e letterati liberali dettero un contributo notevole alrisorgimento della Grecia. Dai porti di Marsiglia, Livorno,Malta, Venezia, Ancona e Trieste si imbarcavano i volontarieuropei su navi noleggiate dai comitati per portare aiuti aicombattenti. Il movimento filellenico era favorito sia dallasvolta della cultura verso gli studi classici – gli scavi diErcolano dettero una spinta decisiva in tal senso – sia dal ro-manticismo letterario – orientato verso la difesa delle tradi-zioni autoctone dei singoli popoli e, quindi, contro ogniforma di cosmopolitismo – sia dal liberalismo politico rinvi-gorito dopo la rivolta spagnola di Cadice del 1820.

L’opinione pubblica partenopea non era certo all’oscurodegli «affari della Turchia». Il «Giornale delle Due Sicilie»,voce ufficiale del regime borbonico e spesso l’unico quoti-diano politico, non solo pubblicava gli atti governativi,amministrativi e giudiziari, ma anche notizie estere riprese

338

Page 339: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

da gazzette italiane ed europee. Il «Giornale», il 10 luglio1821, scriveva quanto segue relativamente a quegli «affari»:«Sembra inevitabile la rovina della sventurata nazionegreca, se qualche mano possente non porga ad essa soc-corso»; si può qui leggere il riferimento ad un eventualeaiuto russo, in base al trattato di Kuciuk Kainargi del 1774che aveva fatto acquisire alla Russia il diritto d’intervento indifesa dei sudditi cristiani dell’impero ottomano. A Napoli,quindi, l’insurrezione ellenica veniva giudicata, qualchemese appena dal suo scoppio, un affare della Turchia, facil-mente circoscrivibile senza aiuto estero. Lo scontro navaledi Navarino del 1827 e la disfatta subita dalla flotta turco-egiziana grazie all’intervento risolutore delle flotte coaliz-zate di Russia, Inghilterra e Francia, entusiasmarono i libe-rali europei e produssero «non poco brio» tra i napoletani.I fogli di spirito pubblico, contenuti in un fascio, distruttonell’ultima guerra, dell’Archivio di Stato di Napoli, citati daR. Moscati nel suo saggio del 1933 La questione greca e ilgoverno napoletano (estratto dalla «Rassegna storica delRisorgimento»), confermano l’attivismo di molti filelleni diNapoli negli anni 1828-1829, cioè in concomitanza con laguerra russo-turca. Si viene cosí a sapere che in alcunevetrine venivano esposti i ritratti dei piú noti capi greci, chei napoletani frequentavano i negozianti e «caffettieri» greciresidenti nella capitale partenopea e che i liberali meridio-nali erano a contatto con gli esuli del Levante e con ipatrioti greci. Non si dimentichi che a Napoli era presentefin dalla prima metà del XVI sec. una comunità greca delladiaspora abbastanza numerosa e prospera, che dopo la rivo-luzione del 1799 e le guerre napoleoniche subisce però ungraduale declino demografico. Pietro C. Ulloa (1802-1878),

339

Page 340: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

presidente dell’ultimo consiglio dei ministri del regno delleDue Sicilie e fecondo scrittore e letterato della Napoli bor-bonica, scrisse un’ode sulla battaglia di Navarino e nel 1830pubblicò un componimento in cui confrontava le sventureelleniche con quelle del regno di Napoli.

I liberali europei, incoraggiati dalla resistenza eroicadegli insorti greci, si affannavano a scuotere il giogo assolu-tistico ed a minare con un lavorío politico e settario le fon-damenta della Santa Alleanza. Nel decennio 1820-1830 lospirito della rivoluzione liberale aleggiava in tutto il conti-nente europeo. I liberali, secondo Benedetto Croce, atten-devano non inoperosi che si aprissero «falle nella compa-gine reazionaria» e che si presentassero «occasioni propizieed agevolezze» per mettere in atto i loro progetti politici;tra tutti i liberali e fuoriusciti politici fu allora stabilita un’al-leanza «dei popoli» mirante a neutralizzare e scardinarequella reazionaria della Santa Alleanza.

Dal volume: Gianni Korinthios, I liberali napoletani e la Rivoluzionegreca (1821-1830), pubblicato nella collana “Seminari di storia”dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (Roma, L’officina tipogra-fica, 1990).

340

Page 341: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

AFRICA

341

Page 342: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

342

Page 343: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Sulla presunta particolarità dei valori tradizionali africani

ABDOULAYE E. KANE

Ministro della Cultura, Repubblica del Senegal

L’idea che l’Africa sia la patria di valori tradizionali oppo-sti alla moderna società industriale deve essere esaminataattentamente cosí che non diventi un mito. Questo saggio sipropone di mostrare attraverso tre differenti approcci (sto-rico, sociologico e normativo) che i valori tradizionali umanisono universali e non appartenenti solo ad alcune culture.Ovunque cambi la storia, cambia di conseguenza il sistema divalori, senza che necessariamente sia abolito quello prece-dente. Gli africani non dovrebbero insistere tanto sulla lorospecificità, ma piuttosto capire storicamente i loro conflitti divalori.

L’Africa ha la fama di essere il continente della saggezza edei grandi, duraturi valori umani. Ma gli africani stessi cre-dono che si tratti di una caratteristica specifica dei popoli delnostro continente. Dal punto di vista storico e sociologico,nasce spontanea la considerazione che le trasformazioni veri-ficatesi in diversi campi nelle società occidentali non sianoancora avvenute nelle popolazioni africane, in particolareper quanto riguarda i rapporti sociali, le relazioni tra lecomunità, ecc.. Come prova di questa situazione, si indicanovolentieri l’ancora esistente sentimento d’onore, la tendenzaalla solidarietà, lo spirito di collettività, la religiosità, ilrispetto per la gerarchia e per parola data, ecc.. Non è irrile-

343

Page 344: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

vante, soprattutto se si vuole riuscire nell’educazione, com-prendere perché determinate società avrebbero perso questivalori mentre altre, a quanto pare, li conservino. È dunquedavvero sufficiente recuperare un concetto come quello di“africanità” per comprendere realmente il problema? Esisteuna natura africana che predispone gli africani ad avere deivalori, che tra l’altro condividono o hanno condiviso con altripopoli, e a conservarli? Ed esistono inoltre valori tradizionaliafricani o, ad esempio, specifici valori senegalesi? Affinché sipossa intravedere una risposta a queste domande, dobbiamoconsiderare almeno tre approcci: quello storico, quello socio-logico e quello normativo.

L’approccio storico è essenziale, se si vuole evitare di chiu-dere gli africani e gli europei (che in questo paragone e conqueste domande svolgono il ruolo di referenza negativa) indue miti definitivi e di contrapporli l’uno all’altro. A torto oa ragione, il discorso sui valori tradizionali implica sempre unavvertimento davanti al pericolo di condividere il destinodegli uomini occidentali, la cui preferenza per i valori mate-riali è, tra l’altro, risaputa.

In realtà questo tipo di discorso prova a giustificare, inmaniera consapevole o inconsapevole, da una parte lo svan-taggio dell’Africa, dall’altro lo spirito di una generale “dere-golamentazione” dei costumi, che si è impossessata dellesocietà occidentali. Se i valori morali e spirituali non si ana-lizzano in particolare, facendo riferimento concretamentealla storia dell’umanità, si può difficilmente sfuggire al peri-colo di considerarli astratti o arbitrari.

Visto che sia le società africane sia quelle occidentalihanno allo stesso modo una storia, che cosa è stato conser-vato da ambo le parti e cosa è andato perduto? Quando si

344

Page 345: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

risponde che i valori tradizionali africani (o senegalesi) sonostati conservati durante un generale sviluppo, caratterizzatodalle lotte tribali, dalle grandi trasformazioni storiche preco-loniali, coloniali e neocoloniali, si fa di questi valori tradizio-nali un fatto specifico, vale a dire una sorta di qualità innatacoesistente con la storia dei popoli africani. Ma qui c’è unparadosso che va immediatamente rilevato e spiegato: se conil discorso dei capovolgimenti storici s’intende che questi tra-sformino gli esseri umani, come si può allora spiegare ladurata e la conservazione di uno stesso tipo di coscienza degliindividui e dei gruppi africani?

Considerando la storia di altri paesi del mondo (inclusi ipaesi occidentali) si nota che questi in numerose regionidella loro area culturale hanno conosciuto e conosconoancora la pratica e lo sviluppo di valori che sono uguali pertutti, ma che gli africani presentano come loro propri. Daquesto punto di vista l’onore, il sentimento di collettività, ilrispetto per l’essere umano, ecc. sono parte di quell’ereditàcomune all’umanità intera, che può essere indebolita occa-sionalmente ed in particolari condizioni.

Sarebbe mitico e senza fondamento affermare che solo gliafricani posseggano questi valori. La riduzione o l’elimina-zione di tale mito costituisce una premessa per l’analisi e lostudio di quei valori che sono adatti ad essere integrati in unsistema educativo. Ciò che si evince da un approccio storico,si può cosí riassumere:

– quelli che sono chiamati valori tradizionali africanifurono o sono parte dell’eredità di tutte le società umane;

– se si verifica e si riconosce la relativa conservazionedi questi valori tra le società occidentali e quelle africane,si deve in effetti affermare, almeno ipoteticamente, che

345

Page 346: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

anche le società africane sono in pericolo di perdere questivalori.

Ciò porta necessariamente all’analisi delle cause, dei rap-porti e delle condizione storiche. Queste prime riflessionistoriche saranno tra l’altro confermate dall’approcciosociologico. Numerosi e complessi sono i fattori che, dalpunto di vista dell’analisi sociologica, possono spiegare igrandi cambiamenti che sono nati sul piano dei rapportisociali e della determinazione dei valori sociali collettivi. Cipossiamo dunque limitare ad indicare due di questi fattoriestremamente forti e rilevanti, per spiegare che i valorisono piuttosto effetti delle strutture organizzative socialiche fatti direttamente etici, o indipendenti, o cultural-mente specifici.

Come primo fattore determinante è evidente che la cre-scita della città, della metropoli, non è solo una riorganizza-zione dello spazio territoriale, ma comporta anche una pro-gressiva diminuzione dei vecchi punti di riferimento spazialie sociali. Modificando il contesto vitale, la metropoli causanell’individuo allo stesso tempo una diversa percezione delpassare del tempo (all’incirca stagionale), della morte, deiconcetti di limite, dei valori ecc.. In parole povere, mentre inuna situazione rurale il tempo scandisce essenzialmente lerelazioni, subordinandole particolarmente alla gerarchia ealla generosità, nella metropoli, al contrario, le relazioni sicollocano su un piano orizzontale, senza poter parlare delloscomparire del concetto di gerarchia: qui prosperano con-temporaneamente gli ideali di uguaglianza, d’individualità,di libertà, ecc. e dall’altra parte anche l’anonimato, la massa,il tempo misurato, scandito come funzione della giornalieraefficienza richiesta, ecc..

346

Page 347: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

È una dialettica che vieta ogni semplificazione e non tol-lera alcuna eccezione: se è il gruppo che forma la metro-poli, allora la metropoli a sua volta crea il gruppo ed in par-ticolare l’individuo. Tale situazione allontana, come si puòvedere, gli uomini della metropoli da quelle abitudini equelle relazioni, che sono alla base delle convinzioni e deisogni della vita di un paesino. Alcuni valori si perdono, maaltri vengono alla luce.

L’esempio della città è stato introdotto intenzionalmentee quasi in maniera astratta, per far notare che fin qui sitratta di un fenomeno universale: gli spazi sociali possie-dono la qualità di privilegiare nel comportamento dell’in-dividuo e del gruppo ciò che è adatto a conservare la naturadegli spazi sociali. Se i cosiddetti valori tradizionali sonoadatti a conservare la vita di tutti sul piano di piccoli gruppi,le strutture della città e le necessità annesse non possonoutilizzare gli stessi quadri di riferimento. La città condannaovunque sulla terra e in tutte le epoche storiche l’individuoed i gruppi a cambiare.

L’analisi dei legami tra modi di produzione da una partee rapporti sociali dall’altra porta anche ad inserire il pro-blema dei valori, della loro conservazione o del loro cambia-mento, su un piano piú universale che specifico. Non è tra imeriti minori del materialismo storico l’aver mostrato, conl’esempio della nascita e dello sviluppo del capitalismo, nonsolo le sue lontane origini attraverso la progressiva scomparsadei presupposti della società feudale, ma anche il suo carat-tere dinamico, reale e sociale, la cui conseguenza è stata ilritorno di molti valori antichi. Ciò è evidenziato nelle rile-vanti pagine del Manifesto del Partito Comunista sulla famiglia,la morale, l’insegnamento, il denaro, i rapporti tra le nazioni.

347

Page 348: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Che si sia o no d’accordo, la teoria marxista ha obbligato l’in-tera riflessione sociologica a prendere in considerazione nellostudio dei rapporti sociali i forti legami, nella formazionesociale, tra il modo di produzione e i rapporti di produzioneda una parte, e gli ideali, i sentimenti, il diritto, le diverse ideo-logie e le diverse forme di saggezza popolare dall’altra.

Se cosí è, l’approccio sociologico prova che l’idea deivalori tradizionali deve essere trattata con prudenza, se nonsi ha intenzione di attribuire ad una razza o ad una culturaqualità o caratteristiche innate, che sono al di fuori dellastoria. Vero è tuttavia che da un punto di vista polemico sipuò sempre far valere un significato limitato del concetto diparticolarità, conferendogli non il senso di una radicale dif-ferenza, ma quello della “concretezza” di una caratteristicauniversale, in quanto questa s’incarna in una società.

Il solo punto di vista normativo permette di determinareil problema di questa concezione di particolarità. Se siafferma che un determinato numero di valori, che sonostati stabiliti dal gruppo che li vive come essenziali e positivi,devono essere urgentemente preservati e sviluppati, emer-gono i seguenti problemi: 1. Quale istanza è autorizzata aidentificare quali tra i cosiddetti valori tradizionali devonoessere urgentemente conservati? 2. Secondo quale criterioagirebbe questa istanza? 3. Ammesso che un tale conserva-torismo dei valori tradizionali sia necessario e non regres-sivo (contro il progresso, ecc.), quali garanzie materiali esociali possono dargli un reale fondamento sociale, ovverouna conformità all’insieme delle soluzioni che la società hail diritto di aspettarsi?

Un esempio: ammesso che ci sia un valore degno diessere onorato e conservato, come si può garantire che esso

348

Page 349: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

non sia rispettato solo da determinate parti del corposociale, ma da tutti?

I tradizionali valori africani o, piú concretamente, i valorisenegalesi, per essere davvero utili, devono superare l’ambitodella mitologia, che a volte gli africani escogitano per spie-gare la loro propria arretratezza, e che il mondo occidentaleuniversalmente ci rinfaccia, a volte in buona fede, a volte concattive intenzioni.

Due ragioni dovrebbero preservarci dai pericoli di unaesagerazione della consapevolezza della nostra originalità. Laprima è che proprio cosí ammetteremmo di non essere partedella storia universale, che non siamo in grado di evolverci. Ènormale nella storia, che nuovi valori possano essere appog-giati o aggiunti ai vecchi. La seconda è che in questo modonoi ci vietiamo ogni reale incontro con uomini di altre razzeed altre culture. Ma questo significa cullarsi nell’illusione chegli altri siano cattivi per natura o per caso e che si sia immunida difetti proprio per natura o per sola volontà.

Il problema dei valori, tradizionali o nuovi, è un problemaglobale, dal momento che è effetto e causa di molti altri enon può essere isolato. Il problema dei valori è un problemauniversale, che può essere risolto solo riferendolo alla situa-zione degli uomini concreti nei loro rapporti con la natura econ gli altri uomini.

Traduzione dal tedesco di Amanda Mancini.

Dal saggio pubblicato nel fascicolo 1998/1 della rivista «Dialektik.Enzyklopädische Zeitschrift für Philosophie und Wissenschaft» pubbli-cata dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dallo Zentrum fürHöhere Studien der Universität Leipzig (Felix Meiner Verlag, Hamburg).

349

Page 350: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Sull’identità africana

L. J. BONNY DUALA-M’BEDY

Ruhr-Universität, Bochum

La questione dell’identità africana, posta nell’ambito diun ampio dibattito sul futuro della politica mondiale, appa-re un assioma che contraddice una tale identità. Qui non èaffermato il postulato dell’identità in generale, per ottene-re un consenso in vista di un nuovo ordine mondiale, ma cisi interroga su quale sia la posizione originaria dell’Africanell’ambito di un futuro assetto globale della politica. As-sumere una tale impostazione del problema per quantoriguarda l’Africa, implica le seguenti considerazioni: primo,ad altre regioni del mondo non ci si accosta con la stessadomanda; secondo, essa si può proiettare in un futuro pro-getto solo in maniera subordinata; terzo, di sicuro quellodell’identità non è al momento il principale problema afri-cano; infine, quarto, essa sembra debba essere identificatacon l’idea di un aiuto umanitario per l’Africa. Se si pensaalla stampa negativa, che negli ultimi mesi ed anni si è inte-ressata al continente africano ed ha predetto ai suoi abitan-ti una tragica fine, allora il problema sembra opportuna-mente sollevato, nonostante la similitudine – creata dallaattitudine mitopoietica dei media – di una nuova scompar-sa dell’Atlantide africana ci riporti nell’era dello “scramblefor Africa”.

Senza voler rimanere attaccati all’ipotesi d’identità, si puòdiscutere se, dopo piú di mezzo millennio dall’ingresso euro-peo nel mondo d’oltremare, sia ancora richiesto un sapere

350

Page 351: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

originario. Né gli africani come portatori di quella identità,né le questioni poste dal mondo possono liberarsi dal dilem-ma di ricorrere alle origini per guardare i problemi del futu-ro. Come si può dire che mancano le conoscenze sull’Africa,cosí non corrisponde al vero che il soggetto africano sia tantoatipico da non potergli riconoscere alcuna identità. Ha dun-que fallito la scienza, che è stata integrata fin dall’inizio nellemoderne guerre di conquista, orientate alla conoscenza, osono gli africani, che non sono riusciti a rappresentare il“modus” della loro identificazione? C’è un nesso tra la capa-cità di autorappresentarsi, che è, in sostanza, alla base delconcetto d’identità, e la latente disposizione a recepire o arifiutare la realtà esistenziale dell’Altro, vale a dire dell’afri-cano? La rappresentazione allegorica dell’Africa dall’etàmoderna, che si è riflessa nell’arte come nella scienza, sem-bra tendere a questa conclusione: «L’africano è diventatonon solo l’Altro che è ciascuno eccetto me, ma piuttosto lachiave, che nelle sue differenze anormali, specifica l’identitàdello stesso». Nella personificazione dell’africano comel’Altro, la scienza lo ha scavalcato senza prenderlo in consi-derazione. Le teorie imperialiste ed i discorsi sul primitivi-smo diffondono un unico modello storico, il cui obiettivo èoffrire una forma interpretativa ideologica, affinché gli afri-cani voltino le spalle alla loro storia e aderiscano alla nuovadimensione storica loro offerta. L’uomo africano deve muo-versi dal paganesimo al cristianesimo, dal primitivismo allacivilizzazione e all’ordine e deve sottomettersi ad un proces-so di rigenerazione, che lo tolga dal suo stato d’abbandono,determinando il metodo del suo sfruttamento.

Il chiarimento dell’identità africana si trova dunque in unrapporto dossografico di causa-effetto con le costruzioni dog-

351

Page 352: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

matiche circa il continente e i suoi abitanti. Il motivo per cuil’Africa e la sua identità non sono ordinate sotto luoghicomuni, che come in ogni altro spazio esistenziale non ven-gono indagati, appartiene al complesso di quella identità afri-cana, che nella filosofia africana gode di una sua autonomadialettica. Prima di occuparsi di ciò, bisogna soffermarsi sulproblema generale dell’identità elevata a topos.

In un colloquio interdisciplinare organizzato vent’anni fasu questo problema, Lévi Strauss ed i suoi interlocutori nongiunsero ad alcun esito considerevole, tale da rendere il con-cetto d’identità utilizzabile scientificamente. Al di là dellacostatazione che l’identità è una “mode prétensieuse” e chela crisi d’identità è il nuovo “mal du siècle”, ogni disciplinaarrivò alle proprie conclusioni. «Quando le abitudini tradi-zionali crollano, quando scompaiono i modi di vivere, quan-do le vecchie unioni si spezzano, solitamente avviene unacrisi d’identità». La crisi d’identità, quando non è oggettiva-bile, è la conseguenza di un processo normativo interrotto. Èla conseguenza transitoria di un processo naturale, che sivolge in negativo.

L’identità è sempre presente a se stessa. È una sola cosacon lo Stesso e, normalmente, non si offre come oggetto distudio. È sempre in complicità con l’esistenza come tale. Sesi prescinde dall’attuale concezione della posizione del-l’Africa nel mondo, si deve riconoscere che è stata colpita dauna crisi. Ma poiché «ridotta ai suoi aspetti soggettivi, la crisid’identità non presenta alcun interesse», essa è un problemadegli africani. L’avvio di questa crisi è rappresentatta dall’o-pera Nations Nègres et Culture, pubblicata a Parigi nel 1954dallo sceicco Anta Diop. Quest’opera innovativa di un intel-lettuale nazionalista – che immediatamente dopo la seconda

352

Page 353: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

guerra mondiale, come i combattenti per la liberazione daipaesi coloniali, provò a realizzare nella storia delle idee ciòche altri procuravano combattendo sul campo di battaglia enella politica internazionale per un’Africa indipendente – hacambiato la concezione del mondo dell’africano, che avevadovuto scoprire la sua storia dal punto di vista del suo oppres-sore coloniale. A. Diop è partito dalla ricostruzione della sto-ria africana, la cui adeguata interpretazione è stata vittima diun processo di falsificazione operato dall’imperialismo.L’attenzione del suo studio accademicamente qualificato èrivolta all’antico Egitto e al fascino culturale esercitato sulrestante continente africano. «Per noi» afferma A. Diop inuna opera della maturità, «il ritorno all’Egitto in tutti i campi[…] è la condizione necessaria per riconciliare le civiltà afri-cane con la storia, per poter erigere il corpo di modernescienze umane, per rinnovare la cultura africana». Piú che undistacco dalla diaspora, in cui la storia della cultura africana siè ritrovata, l’antico Egitto si manifesta come un fondo esi-stenziale per affrontare tutte le contraddizioni nella naturadell’uomo africano moderno.

A parte l’influenza enorme che Diop ha avuto sul mondoafricano moderno, la sua opera, nonostante la calunnia el’indignato disprezzo, suscitati dal fatto che la sua concezio-ne della storia diverge dallo schema dogmatico di pensatorieuropei come Hegel e Gobineau, è rimasta inconfutata.

Nell’argomentazione piú recente di Diop, lo spazio cultu-rale è nei suoi dati storico-geografici un punto di partenzadecisivo, sebbene elementare, anche se negato nella lettera-tura scientifica europea. Lo spazio culturale africano è con-temporaneamente, dal punto di vista paleontologico, la culladell’umanità, sia nello stadio dell’homo erectus che dell’homo

353

Page 354: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sapiens di circa 50.000 anni fa. Queste nuove scoperte sono incontrasto con la precedente tesi di A. Diop, che era partitadall’origine egiziana della cultura africana. Lo spazio cultu-rale è esteso oltre la regione del Nilo, cosí che l’origine dellacultura del regno, attraverso un movimento nord-sud, siarricchisce di influssi interafricani.

Le caratteristiche culturali d’altri popoli africani inclusinell’antico Egitto sono stati studiati da scienziati di altre disci-pline. I Dogons in Mali studiati da Marcel Griaule e Ger-maine Dieterlen sono annoverati tra gli esempi viventi dicoloro che tramandano la cultura delle antiche origini egizie,le cui conoscenze astronomiche sono inserite nell’ambitodella cosmologia ermopolitana, e sono argomento di undibattito che non è piú limitato all’interno dell’Africa, ma hasvegliato l’interesse di specialisti, anche se nella consuetaminimizzazione che li considera una delle poche società pre-scientifiche, che avrebbero costatato la rotazione della terraintorno al sole.

La diffusione della cultura africana avviene non senza ilsuo originario portatore, che, sia nel regno dei faraoni sianell’Africa occidentale, ha l’aspetto negroide. L’elementorazziale che svolge un ruolo già nella prima falsificazioneoperata dagli egittologi di Napoleone I al suo ingresso inEgitto, costituisce il perno dell’argomentazione di Diop perla prova dell’unità culturale dell’Africa. Con il sussidio di rile-vamenti di parentela linguistica fra dialetti odierni, si crea unponte con l’antico Egitto.

L’analogia tra le lingue ancora parlate dagli africani el’antico egiziano è un punto decisivo. Non è un caso quin-di se Diop si è dedicato in particolare a quest’aspetto dell’i-dentità culturale africana; egli introdusse come metodo

354

Page 355: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

“l’argomento linguistico”, che come strumento di lavoro hatuttavia i suoi limiti, e in base alla sua lingua madre Walaf(Senegal) dimostrò, come risultato parziale del colloquiodell’UNESCO al Cairo nel 1974 sull’origine dell’antica lin-gua egizia, «la corrispondenza genetica tra la lingua farao-nica e quella dei neri africani».

La dialettica dell’identità africana, che comprende l’assio-ma della mancanza dell’identità, è diventata un nocciolodella moderna filosofia africana. Essa si ricollega, quando varicercata la specificità di questa identità, al concetto stesso di“identità culturale nero-africana”, come viene denominatoquesto fenomeno nell’importato gergo francese. A prescin-dere dal fatto che cultura ed identità sono la stessa cosa, l’as-sociazione delle parole “nero-africano” esprime, sotto unduplice aspetto, la ricerca di una identità corrispondente. Laparola nero-africano segnala la nascita di un preciso gruppodi esseri umani, che si sviluppa come un soggetto collettivo,cioè in una iniziativa che rovescia la loro natura data, la lorotemporalità, i loro rapporti con il prossimo, ed è presente ase stessa nel e attraverso il suo avere ed il suo fare nel mondoe nella storia. Il processo storico e concreto di questo Essere-autonomo collettivo con l’Altro è, apparentemente, dare ini-zio ad un autosviluppo “dell’identità culturale nero-africana”e ad un discorso che parla la lingua dell’autodeterminazione.Tale tema potrebbe prendere la denominazione di “dialetti-ca dell’autodeterminazione del nero-africano”. L’identitàafricana è un atto di volontà, che dapprima deve essere com-piuto, per costituire una consapevolezza collettiva, che nonera presente né storicamente né politicamente, in forma diazione. È un atto di autodeterminazione che nasce comeconseguenza del determinismo storico, dalla necessità e dal-

355

Page 356: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

l’estraniamento. Attraverso gli africani, attraverso le loro scel-te, uno spazio viene riempito di vita. “L’Africa nasce” e conessa uno scopo di vita per gli uomini, che non vi sono nati percaso. La prima scoperta del nero-africano è quella del pro-prio estraniamento. Riconoscersi tale significa accettare ilfatto e contemporaneamente rigettarlo. È la volontà di ricon-ciliarsi con la storia negativa: «C’è stata la tratta degli schiavi,la schiavitú, la colonizzazione, la negazione ed il rigetto di sestessi. C’è stata l’incapacità di resistere, di costruire un frontecomune; c’è stata la deportazione, che ha sparpagliato l’afri-cano di colore in altre parti della terra, cosí che oggi il rico-noscersi tale, dà luogo ad una comunità che non è circonda-ta dai mari, che non è un’espressione geografica ma storica».Dalla nullità del passato nasce la voglia di storia. Il voler esse-re una collettività come progetto futuro è il fulcro dell’iden-tità dell’africano di colore. Il passato è il suo passato come ilsuo estraniamento è il suo autoestraniamento. La dialetticadel futuro degli africani si può cosí riassumere: «Si va dal-l’autonegazione all’autoaffermazione attraverso l’esclusioneo la negazione dell’autonegazione». Questi pochi accentidella filosofia africana, che non hanno bisogno di essere ulte-riormente approfonditi topicamente, riassumono una seriedi problemi, che rivelano la concezione di un ideale africanocome una forma contingente inevitabilmente rivoluzionariadell’esistenza.

Quasi mezzo secolo dopo che i pensieri di Diop sull’argo-mento furono concepiti, collegando l’Africa nel suo insiemeall’Egitto, «sono oggi diventati luoghi comuni». L’autore hasottolineato in ogni occasione che non si tratta di un rivol-gersi arbitrario al passato e all’antico Egitto; esso è in realtà«il modo migliore per concepire e costruire il futuro cultu-

356

Page 357: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rale. L’Egitto svolgerà, nella cultura africana ripensata e rin-novata, lo stesso ruolo dell’antichità greco-latina nella cultu-ra occidentale». La proposta dell’antico Egitto come archeti-po per l’Africa moderna ha un significato paradigmatico, cheriscatta il problema della legittimità dell’eredità culturaleuniversale dell’umanità. Di conseguenza, «nessun pensiero,nessuna ideologia è, sin dall’origine, estranea all’Africa, cheera il suolo della sua nascita. È dunque in tutta libertà che gliafricani devono creare, utilizzando la comune eredità intel-lettuale dell’umanità, e non devono farsi guidare solo dalconcetto di utilità, dell’efficienza». Con un solo colpo, Diopaccetta la sfida, secondo cui l’Africa non avrebbe contribuitoal legato culturale dell’umanità e contemporaneamente pre-para il terreno necessario per un futuro, a cui far fronte conla razionalità. L’antico Egitto è dunque il garante per «unaprospettiva storica di cinquemila anni sul proprio suolo, resapossibile dagli studi diacronici intrapresi da tutte le discipli-ne scientifiche, che proviamo ad integrare nel moderno pen-siero africano. La storia del pensiero africano diventerà unadisciplina scientifica […]».

Il riferimento all’Egitto aprí un infinito campo di ricercaper lo scienziato africano, che da allora in poi è, sia scientifi-camente sia filosoficamente, portatore nel mondo di unaantica cultura, che ha avuto un suo periodo di massimosplendore e forse, in modo paradigmatico, può essere dinuovo attualizzata e standardizzata.

Il ritorno in questo contesto alla teologia di Menfi comepatrimonio filosofico originario dell’umanità spinge allaconvinzione non solo che l’Africa è la culla dell’umanità,ma anche che tutte le conquiste culturali furono preceduteda essa. Il problema della filosofia africana, come è stata

357

Page 358: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

proposta nel 1945 in seguito a opere quali Bantu Philosophy,Ethno-Philosophie, Philosophie in Africa di Tempel, diventaimprovvisamente obsoleto e ci si può ora rivolgere alle que-stioni essenziali del pensiero africano. Una tale impresaviene oggi in diverse maniere avviata da filosofi qualificati,come è stato in parte dimostrato dal modo di porre il pro-blema nel presente saggio.

Complessivamente, il filosofo africano ha un’attitudinecritica di fronte al pensiero mimetico nel campo della filoso-fia o della scienza. Questo atteggiamento può essere estesoad una concettualizzazione dei problemi politici mondiali,che permette agli africani di svolgere una funzione solo peri-ferica nel superamento dei loro problemi esistenziali.

L’attivazione dell’identità come soluzione ai concreti pro-blemi politici ed economici nel cosiddetto Terzo Mondo èdiventata elemento della politica di sviluppo. È da attendersiquindi che, nell’attuale contesto della politica mondiale,l’Africa venga risospinta ovviamente nel campo della politicadello sviluppo. Poiché l’idea di una ricerca dell’identità afri-cana nell’ambito di un nuovo ordine mondiale non può tro-vare soluzione, resta l’attualità dell’impostazione socio-cultu-rale per un possibile piano di legittimazione di un’eventualeintegrazione dell’Africa nel futuro della politica mondiale. Senell’ambito della considerazione di una futura politica mon-diale l’attivazione dell’identità dovesse essere tralasciata, allo-ra si ricadrebbe nel passato dell’Africa, quando gli africaninon erano ammessi alla soluzione dei loro problemi. In que-sto contesto sarebbe da temere che la questione dell’identitàvenga sollevata in maniera “grossolana” e “immediata”, senzaincludere la relazione all’Altro come elemento costitutivodell’identità. Non esiste identità senza quella dell’Altro, che

358

Page 359: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

costituisce un polo nel sistema riflessivo di una comunione diinteressi degli uomini cosí come delle società nel mondo.Solo in un rapporto in cui regna l’“interpolarità”, l’africanopuò realizzarsi nel concerto dei popoli sulla base della suariconquistata autodeterminazione.

Traduzione dal tedesco di Amanda Mancini.

Dal saggio pubblicato sul fascicolo 1993/2 della rivista «Dialektik.Enzyklopädische Zeitschrift für Philosophie und Wissenschaft» pubblica-ta dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dallo Zentrum für HöhereStudien der Universität Leipzig (Felix Meiner Verlag, Hamburg).

359

Page 360: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

360

Page 361: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

VICINO ORIENTE

361

Page 362: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

362

Page 363: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’Egitto antico

SERGIO DONADONI

Università di Roma «La Sapienza»

Quella cerniera fra Asia e Africa che è l’Egitto è la sededi una civiltà che, mentre partecipa del precoce processo disviluppo dell’Oriente mediterraneo, se ne distingue energi-camente per tratti essenziali e nei particolari.

Tale condizione di singolarità non ha, però, significatoaffatto un sottrarsi al gioco dei rapporti e delle influenzecon il resto del mondo mediterraneo: l’Egitto è restato permolto tempo un paese attento a ciò che avveniva ai suoiconfini, e insieme influente e paradigmatico oltre di quelli.E, anche se è tramontato in una venerabile e venerata vec-chiaia al nascere della civiltà che è la nostra, ha lasciato inquesta segni profondi delle sue concezioni, delle sue con-quiste spirituali.

Le lezioni che all’Egitto sono dedicate nel corso volutodall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ne hanno sotto-lineato sia i caratteri specifici che i modi in cui la civiltà egi-ziana ha attuato la sua capacità di fornire modelli e ispira-zioni ad altre culture. In ogni caso, del mondo della Valledel Nilo sono state considerate quelle amplissime testi-monianze superstiti che ne fanno un terreno mirabile perricerche anche minute – ma cercando di non lasciarseneopprimere. E può essere interessante, per capire come siastata impostata questa presentazione essenziale della civiltàegiziana, considerarne l’enunciazione del programma. Essotrasferisce in una sequenza di formulazioni di carattere

363

Page 364: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

generale quel che avrebbe potuto essere presentato comeuna semplice catena cronologica di momenti successivi.Può parere un facile camuffamento di una ‘storia raccon-tata’ in qualcosa di apparentemente piú complesso. Ma inverità questo è servito a sfuggire a un’altra tentazione,quella che facilmente avrebbe potuto condurre a una seriedi lezioni sui vari aspetti della ‘civiltà egiziana’, ognuna coni suoi problemi tecnici e le sue specifiche soluzioni: la lette-ratura, la religione, la storia delle arti figurative, la strutturapolitica, la capacità organizzativa ed economica, l’e-sperienza giuridica.

Ora, questo sgranarsi in temi può dare i suoi frutti se chiascolti o legga una trattazione specifica ha già, nella memo-ria e nella coscienza critica sua, un quadro generale di cuivada cosí illuminando successivamente i particolari.

È parso, in questo caso, piú convincente il tentativo dipresentare in un fascio di concomitanti esperienze le atti-vità sociali e spirituali che connotano la totalità dellaesperienza egiziana; la quale volta a volta è piú facilmentericonoscibile (o, semplicemente, meglio nota a noi) in que-sto o quell’aspetto – ma di cui si deve sempre cercare diafferrare non tanto l’assumersi delle componenti (semprearbitrariamente delimitate: cosa è la letteratura? cosa la reli-gione?) quanto il variegato (ma in ultima analisi univoco)crescere su se stessa, arricchendosi, impoverendosi, trasfor-mandosi – ma sempre in unità.

364

Page 365: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La civiltà dei Babilonesie degli Assiri

LUIGI CAGNI

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

I Babilonesi e gli Assiri riempirono di sé l’intera area delVicino Oriente, alla quale appartennero, nel vasto arco ditempo che andò dall’inizio del II alla metà del I millennioa.C.

Di loro hanno parlato a piú riprese la Bibbia e altre fontiorientali e classiche, specialmente greche. La loro memoriaè giunta fino a noi dapprima attraverso la citata tradizionestorica, in seguito, in tempi recenti e con particolare inten-sità a partire dalla fine del secolo scorso, attraverso gli scaviarcheologici ed altre ricerche sul suolo ed attraverso i varistudi ad essi connessi. L’archeologia ha riportato alla luce iresti di molte città della zona babilonese, come Babilonia,Borsippa, Sippar, Isin, Larsa, Nippur, ecc., e della zonaassira, come Assur, Ninive, Horsabad, Nimrud, ecc. Oltre aimonumenti, gli scavi ci hanno restituito decine di migliaiadi testi in scrittura cuneiforme dei piú svariati generi lette-rari, in massima parte incisi su tavolette di argilla. La solacittà di Mari, del sec. XVIII a.C., ci ha restituito una biblio-teca-archivio di oltre 20.000 tavolette, mentre la bibliotecadel re assiro Assurbanipal (669-631 a.C.) a Ninive ne conte-neva oltre 15.000.

Tanto i Babilonesi quanto, in buona misura, gli Assiritraggono le loro origini da genti semitiche amorree che,

365

Page 366: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

provenendo dalla zona siriana del Gebel Bishri, invasero inmassa la Mesopotamia verso la fine del III millennio,ponendo la parola fine alla gloriosa vicenda politica e cul-turale dei Sumeri. Di questi però esse assorbirono piena-mente la civiltà, anticipando di ben due millenni l’espe-rienza storica sintetizzata nel detto Graecia capta ferumvictorem cepit (Orazio, Epist. II, 1, 1560).

L’innesto dei Babilonesi nella tradizione dei Sumeri, fon-datori della prima grande civiltà urbana ed inventori dellaprima scrittura dell’umanità, avvenne in modo piú imme-diato e sensibile, perché il territorio da essi occupatocomprese anche l’intera area sumerica. Gli Assiri assorbi-rono la stessa cultura per via meno immediata, in buonaparte, anzi, tramite la mediazione babilonese; accolsero poigli impulsi culturali di altre aree circostanti, come l’anato-lica e la hurrita, per non parlare di quella stessa babilonese.I due popoli ebbero, pur nella diversità, una civiltà profon-damente unitaria, senza dubbio una delle piú affascinanti edurevoli dell’umanità.

Patria dei Babilonesi e degli Assiri fu l’attuale Iraq, nelledue rispettive regioni del sud e del nord, confinanti all’al-tezza dell’attuale Baghdad. Il loro nome deriva da quellodelle regioni, anzi piú precisamente, come pare, da quelledelle omonime capitali.

Cogliamo storicamente per la prima volta i Babilonesinel 1894 a. C. con Sumuabum, fondatore della I dinastiababilonese. Di questa il piú illustre rappresentante fu poiHammurabi (1792-1750 a.C.), che riuscí a riunificare poli-ticamente la Mesopotamia e diede alla capitale Babilonia ilmassimo splendore dal punto di vista politico, sociale ereligioso, facendone un faro di cultura per il resto del

366

Page 367: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Vicino Oriente e per le generazioni future. Hammurabipromulgò il famoso Codice, conservato al Louvre di Parigi,composto di 282 articoli di legge, strettamente inseritonella precedente tradizione giuridica mesopotamicasumerica ed accadica. Tra i vari titoli assunti dal re compareuna volta anche quello di «dio del suo paese», riecheg-giante l’antica tradizione dapprima accadica e poi sumericadel III millennio a.C. di considerare divino il re. Dopo lagrande affermazione della I dinastia, la Babilonia entrò incrisi a partire dal 1594 a.C., perché passò dapprima per ol-tre quattro secoli sotto il dominio dei Cassiti e in seguitovisse all’ombra dell’Assiria. Ritornò all’antico splendoredurante gli 87 anni del periodo neobabilonese, altrimentidetto caldeo, negli anni 626-539 a.C., sotto la guida di seisovrani, il piú importante dei quali fu Nabucodonosor II(605-562 a.C.), il conquistatore di Gerusalemme nel 587a.C. La dinastia neobabilonese, che fu l’ultima indipen-dente, si spense nel 539 a.C. con la conquista di Babiloniada parte del persiano Ciro, che venne accolto come un libe-ratore a dispetto dell’ultimo sovrano Nabonedo.

Non meno articolata di quella della Babilonia è la storiadell’Assiria, i cui inizi, assai oscuri, si collocano alla fine delIII millennio. L’Assiria ebbe una sua grande affermazionedurante l’antico regno (1815-1594), durante la prima partedel quale ebbe anche fiorenti colonie commerciali in Cap-padocia (Kanish ed altre città). Ma il suo periodo piú flo-rido e famoso fu quello che comprese gli ultimi tre secolidel II millennio a.C. e l’intero Nuovo Regno (930-612 a.C.).Negli anni 744-705 a.C., con i sovrani Tiglat-Pileser I,Salmanassar V e Sargon II, realizzò un sogno egemonico alungo coltivato e fondò un vero impero che comprese gran

367

Page 368: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

parte del Vicino Oriente. Sargon II pose fine allo stato diIsraele nel 721 e conquistò l’Urartu, divenuto un regnotemibile nella zona del Lago di Van, nel 714. L’Assiria ter-minò la sua storia, davvero grande e famosa, nel 612 a.C.con la conquista della capitale Ninive da parte dei Babilo-nesi e dei Medi.

Mentre l’Assiria tramontò a tutti gli effetti dopo questasua débacle politico-militare, la Babilonia mantenne anchedopo il 539 a.C., cioè durante il periodo persiano e quelloellenistico (seleucide), la sua piena vivacità culturale.

Dentro questo tracciato storico, peraltro appena appenaaccennato, pulsò l’intensa vita sociale, economica, com-merciale, artistica e religiosa dei Babilonesi e degli Assiri,che illuminò tutti i popoli circonvicini e giunse fino a noi.Al di là delle competizioni per il primato e delle lotte anchegravi, i due popoli furono veramente fratelli per lingua eper cultura, sotto tutti i profili.

La nostra conoscenza dei due popoli è assai ricca, graziealle due fonti, monumentali ed epigrafiche, in larga misuraconservate in musei europei (Londra, Parigi, Berlino, ecc.)ed extraeuropei. Molto però rimane ancora da fare incampo archeologico e filologico e grande è l’attesa da partedegli studiosi dell’aiuto delle pubbliche istituzioni.

Non va sottaciuto, alla conclusione, che anche la nostraciviltà ha attinto abbondantemente, per via mediata, allaciviltà assiro-babilonese. Molti elementi ci sono giunti attra-verso il mondo ebraico, rappresentato dalla Bibbia e il Cri-stianesimo; ma, come si sa, il mondo ebraico fu in strettocontatto con la Mesopotamia, donde trasse le sue originiAbramo, capostipite del popolo ebraico. Molti elementidell’astronomia, della matematica, della geometria e di

368

Page 369: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

altre scienze sono arrivate a noi dalla Babilonia del I mil-lennio a.C. attraverso la mediazione dell’ellenismo e delresto della classicità. L’idea della ‘divinità’ del sovrano trovariscontro non solo in altre civiltà preclassiche ma anche inquelle classiche, come là dove il re o altri personaggi ven-gono qualificati come divus. L’iconografia dei geni alati(‘angeli’), aspergenti acqua lustrale, frequenti in Assiria, olo ‘schema araldico’ di composizioni che vedono lo sdop-piamento simmetrico di un personaggio, e vari altri motivi,sono giunti dalla Mesopotamia fino a noi percorrendol’asse storico-culturale achemenide (persiano), sassanide ebizantino.

In base a tutto questo, bisogna un’altra volta confermarela veridicità dell’assioma Ex oriente lux, «la luce viene dall’O-riente». E risulta appropriato tornare a citare il famoso dettociceroniano: Nescire quid antea quam natus sis acciderit, id estsemper puerum esse, «Ignorare quello che prima di noi è avve-nuto, è lo stesso che esser sempre bambini» (Orator 34, 120).

369

Page 370: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La teologia dell’Iran antico

JACQUES DUCHESNE-GUILLEMIN

Università di Liegi

Introdurre giovani filosofi all’Oriente, discutere, traCuma ed Elea, sulla teologia dell’Iran antico, induce, quasidi conseguenza, a considerare il modo in cui i pensatorigreci giudicavano le credenze iraniche.

Già Erodoto attribuiva agli Iranici, almeno implicita-mente, di non credere a dèi di forma umana. Ma il testo piúinteressante è la testimonianza di Eudemo di Rodi, tra-smessa da Damascio e che citeremo piú oltre. Al tempo diEudemo, la teologia mazdea era già stabilita – lo sappiamoda un frammento di Aristotele – in un dualismo:l’opposizione tra Oromazdes e Arimane.

Questa opposizione costituiva una novità in rapporto allapredicazione di Zarathustra, secondo il quale Ahura Mazda,il Signore Pensante, aveva fatto nascere due gemelli, duespiriti che scelsero l’uno il bene, l’altro il male. Questi duespiriti, lo Spirito Santo (Spenta Mainyu) e lo Spirito Distrut-tore (Angra Mainyu) lottavano l’uno contro l’altro, comeraccontano parecchi passi dell’Avesta.

Ma, secondo altri passi, piú recenti, l’opposizione non ètra questi due Spiriti, ma tra Angra Mazda stesso e lo Spiritodel Male Ahura Mainyu. È la dottrina che si trova riflessa neilibri pahlavi del IX secolo della nostra era, che pongonoall’origine, come due princípi eterni, separati dal vuoto,Oromazdes in alto e Arimane in basso. È già, nell’essen-ziale, l’abbiamo già detto, il sistema attestato da Aristotele.

370

Page 371: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

È una soluzione al problema del male, soluzione semplice eradicale, ma che trascura completamente un’altra questione,non morale, ma intellettuale, quella dell’unità dell’universoe della sua intellegibilità.

Platone doveva conoscere il dualismo iranico, se nonaltro dal suo discepolo Eudosso di Cnido, ma respingevaquesta dottrina.

Egli rifiutava l’idea di due dèi, o di due anime del mondo,e accettava solo il fatto che l’azione di Dio, che è spirito, sialimitata dalla Chôra, lo spazio. Il fatto è che, sin dall’auroradel pensiero greco, si cercava un principio unico, l’arché degliIonici, il lógos di Eraclito, poi, col sublime Parmenide, l’Es-sere. Ancora oggi, nel pensiero scientifico, l’unità dell’uni-verso, manifestata nell’identità delle leggi che reggono tantoil nostro mondo terrestre quanto le piú lontane galassie, èdifesa anche da studiosi che si credono atei.

Damascio, che ci ha trasmesso la testimonianza diEudosso, era uno degli ultimi filosofi dell’Accademia che,alla chiusura di questa scuola per ordine di Giustiniano, nel529, si rifugiarono alla corte di Persia. Secondo Eudemo, cidice Damascio, «i magi e tutti gli Arii chiamano il tuttointelligibile e l’universo unitario sia lo Spazio, sia il Tempo,dai quali si sono staccati un dio buono e un demone malva-gio, o, secondo altri, la luce e le tenebre. Gli uni e gli altri,tuttavia, suppongono che questa costituzione dualisticadelle potenze superiori è conseguente ad una natura indif-ferenziata. Una di queste potenze è retta da Oromazdes,l’altra da Arimane».

Come si vede, una risposta doppiamente ambigua (Spa-zio o Tempo, luce e tenebre preliminari o no all’emergeredi Oromazdes e di Arimane) è stata data ad una domanda

371

Page 372: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che non lo era. Il fatto è che, se la risposta era iranica, ladomanda era greca: mentre gli Iranici erano preoccupatidella morale, i Greci, per scrupolo intellettuale, domandavanoloro come spiegassero il fatto che il mondo sia uno e chepossa essere compreso: «come chiamate il tutto intellegibi-le e l’universo unitario?».

L’Avesta conteneva già gli elementi di una risposta, e se ilibri pahlavi non rispondono è per una reazione dell’orto-dossia mazdea contro la soluzione, considerata eretica, for-nita dalla credenza del dio-Tempo, Zurvan. L’Avesta, in partiabbastanza recenti, parlava sia di thwâsha, lo Spazio, sia di zur-van, il Tempo, chiamato sia akarana, ‘illimitato’, sia daregokh-vadâta, ‘a lungo autonomo’, il che suppone contempo-raneamente una certa dottrina del tempo.

Che Zurvan sia divenuto, almeno nel terzo secolo dellanostra era, il dio supremo degli zoroastriani, risulta in parti-colare dal fatto che il suo nome è servito a Mani, predicatoregnostico la cui lingua materna era il siriaco, a tradurre inpersiano medio il nome del proprio dio supremo, chiamatoin siriaco «Padre della grandezza». Ciò è confermato da untesto manicheo del terzo secolo che condanna quelli «chedicono che Oromazdes e Arimane sono fratelli – evidenteallusione agli zurvanisti – e che, di conseguenza, sarannodistrutti». Il mito di questi due fratelli, Oromazdes e Arimanegenerati da Zurvan, è narrato congiuntamente dagli scrittoricristiani del quinto secolo. L’ortodossia mazdea lo ha elimi-nato, ma non ha potuto, né voluto ignorarlo completamente.

I testi siriani citano, al fianco di Zurvan, altri tre nomi diorigine iranica che, per quanto dati come definizioni dialtri dèi, sono realmente ipostasi del primo e lo caratteriz-zano in rapporto a tre momenti della vita umana: giovi-

372

Page 373: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nezza, maturità, vecchiaia. Che si tratti di una tetrade, o diuna quadrinità, è confermato dalla tradizione manicheache definisce il dio Zurvan, il dio supremo, come un dio daiquattro volti, Tetraprosôpos. La quadrinità di Zurvan si mani-festava ancora in altri modi, il piú interessante dei quali èquello che associa Zurvan alla Luce, alla Potenza e alla Sag-gezza. Ciò fornisce ai mazdei un mezzo per assorbire lo zur-vanismo, che li attraeva col suo fatalismo e che era, nelfondo, qualcosa di irreligioso. Si legge in uno dei trattatipahlavi, il Bundahishn, che Oromazdes ha altri tre nomi:questi nomi sono il Tempo, lo Spazio e la Religione. Questeequivalenze sono incorporate nel calendario zoroastriano,nel quale Oromazdes figura prima sotto il suo nome, poi trevolte sotto il nome di Dadv, che vuoi dire «creatore» e cheindica, nell’ordine, il Tempo, lo Spazio e la Religione. Èdunque bastato sostituire, nella quadrinità zurvanita, Zur-van col Tempo, la Luce con lo Spazio (e ciò non era diffi-cile) e la Saggezza con la Religione (e ciò lo era ancorameno). Non restava che un termine, la Potenza, alla qualesi doveva solo sostituire Oromazdes, mettendo questo alprimo posto, per ritrovarsi con la quadrinità zurvanita alposto di una quadrinità mazdea.

Ma perché preoccuparsi a tal punto della quadrinità zur-vanita? Il fatto è che non si trattava soltanto di «neutraliz-zare» lo zurvanismo: bisognava anche spiegare il ruolo chesvolgono il tempo e lo spazio nella genesi del mondo. SeOromazdes si decide a creare è allo scopo di sterminare Ari-mane. Per questo gli è necessario, per un tempo limitato –che un patto determinerà – e nel vuoto intermedio tra lui eArimane, creare il mondo. Dove se non nello spaziopotrebbe crearlo? C’è dunque bisogno del tempo e dello

373

Page 374: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

spazio. Ma se Oromazdes ha bisogno del tempo e dello spa-zio, non vuol dire che essi gli sono superiori? A meno cheessi non siano identici a lui, eterni come lui e formino conlui e la Religione la quadrinità che abbiamo già visto.

Cosí, lo scrupolo intellettuale si trovava integrato con lapreoccupazione morale, che è rimasta dominante nellozoroastrismo.

Tuttavia, Zarathustra, grecizzato in Zoroastro, fu per iGreci, sin dall’epoca ellenistica, piuttosto che il profeta diun dualismo morale, l’archimago esperto nelle disciplineereditate in gran parte da Babilonia, della magia, dell’a-strologia e di altre scienze occulte. Per i cristiani, Zoroastroera il fondatore d’una superstizione particolarmente abo-minevole, l’astrologia e la magia caldèa. Nelle Recognitionespseudoclementinae, per esempio, era considerato come ilprimo degli eretici.

D’altra parte, per i cristiani, l’Iran fu sempre ed innanzitutto il paese dei tre magi che, guidati da una stella, eranovenuti ad inginocchiarsi a Bethlem. Inoltre, sulla scia dellatradizione ebraica, essi identificarono Zoroastro con Eze-chiele, Nemrod, Seth, Balaam, Baruc e, attraverso quest’ul-timo, persino col Cristo. È cosí che Zoroastro e i magi fu-rono citati dagli apologisti, cominciando da Giustino, fra itestimoni esterni cui si appellava per corroborare e giustifi-care agli occhi dei pagani la verità del cristianesimo.

Nel XIX secolo, il missionario anglicano Wilson accusavai Parsi (gli Zoroastriani emigrati in India) di dualismo. Ma,con loro grande sollievo, lo studioso tedesco Martin Haug,fondandosi sui soli gâthâs, le preghiere attribuibili a Zara-thustra, presentava quest’ultimo come un profeta delmonoteismo.

374

Page 375: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Tuttavia, è come inventore – unico nella storia – di undualismo morale che Zoroastro fu apprezzato da Nietzsche:«Non mi è stato domandato, scrive l’autore di Also sprachZarathustra, mi si sarebbe dovuto domandare che cosasignifica nella mia bocca, nella bocca del primo immorali-sta, il nome di Zarathustra, dacché quel che fa di quel Per-siano una cosa mostruosamente unica nella storia è proprioil contrario: Zarathustra vide per primo nella lotta del benee del male la molla che muove il mondo». Se quelladomanda non fu fatta a Nietzsche, se la sua grande ironia fuperduta è perché il pubblico, non sapendo quasi niente delvero Zarathustra, non poteva vederne la differenza conquello dello scrittore tedesco. Questi, d’altronde, sapeva deifuturi salvatori, rampolli di Zarathustra, che per i zoroa-striani dovevano apparire alla fine di ogni millennio dopoZarathustra. Nietzsche si sentiva, nella sua nascente follia, evolle mostrarsi, un nuovo Zarathustra, pure differentissimodall’altro, denunciando una civiltà decadente, corrotta dalliberalismo, dal socialismo e dalla democrazia, e profetadell’avvento del superuomo, jenseits von Gut und Böse. Pur-troppo!

Traduzione di Arturo Martorelli

375

Page 376: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

I Fenici

GIOVANNI GARBINI

Università di Roma «La Sapienza»

La civiltà occidentale, nata in Europa, ha radici pro-fonde, che giungono assai piú lontano di quanto co-munemente si creda. Diretto e tenace è il nostro legamecon la civiltà classica, elaborata dai Greci e dai Romani e inparte trasmessaci nonostante le vicissitudini che segnaronola fine del mondo antico. Ma non ci è giunto solo il patri-monio classico: attraverso quella che, con una definizionepiuttosto riduttiva, chiamiamo religione cristiana, abbiamorecepito il frutto piú maturo di una plurimillenaria elabo-razione concettuale, nata in Mesopotamia (l’odierno Iraq)con i Sumèri, sviluppata dai Babilonesi e dai Persiani einfine ripresa e ulteriormente approfondita dagli Ebrei.

Non tutto quello che ci hanno trasmesso i Greci (e iRomani) fu creazione loro. Essi trovarono già le città (cheancora non esistevano nel 4000 a.C.) con la loro strutturaeconomica e sociale; trovarono già molte tecniche avanzate,la scrittura alfabetica, miti che offrivano una spiegazionedel mondo: una cultura assai complessa, insomma, che altriavevano creato prima di loro. Il ‘miracolo greco’ non con-siste, come ritiene chi talvolta vorrebbe negarlo, nella sco-perta di cose prima sconosciute, ma nella originalissima efeconda rielaborazione proprio dei ‘precedenti’ orientaliindividuati dalla ricerca moderna. Attraverso il tramite dellacultura classica ci è cosí giunta una piccola parte dell’ere-dità dell’Oriente; ma una parte assai piú cospicua ci è

376

Page 377: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

giunta direttamente: si tratta di quel complesso di valori edi atteggiamenti che costituiscono la struttura del cristiane-simo (che non sempre coincide col messaggio evangelico).

Questa componente orientale della nostra civiltà inve-ste in effetti una realtà piú ampia di quella che siamo solitidefinire ‘religione’. Come accadeva, e accade ancora oggi,in Oriente, la religione non consiste solo in alcune cre-denze e pratiche devote: la cronaca ci pone quotidia-namente sotto gli occhi che religione è anche complesso diconcezioni politiche e strutture sociali. Atteggiamenti men-tali come quelli che ci fanno ritenere l’uomo necessaria-mente sottomesso all’autorità, la donna istituzionalmenteinferiore all’uomo, la procreazione fine essenziale dellacoppia, la natura mero oggetto di sfruttamento da partedell’uomo – atteggiamenti da cui solo adesso incominciamoa liberarci – sono il fardello che a nostra insaputa l’anticoOriente ci ha caricato addosso, sotto l’etichetta di ‘re-ligione’.

Se è compito della cultura far sí che la società prendacoscienza del proprio passato per giungere a una migliorecomprensione di se stessa, è facile rilevare che mentre èdiffusa la consapevolezza del nostro debito nei riguardidella Grecia e di Roma, non altrettanto può dirsi per l’O-riente; e ciò non solo a livello medio ma persino a livelloaccademico; assai rari sono infatti coloro che hannocoscienza dell’importanza che ha per noi la civiltàdell’Oriente antico.

Nel panorama generale della nostra cultura appare per-ciò estremamente positiva l’iniziativa dell’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici di organizzare a Napoli una serie diseminari di studio dedicati alla «Storia civile del Vicino

377

Page 378: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Oriente antico». Promossi da Giovanni Pugliese Carratelli,che li ha inaugurati con una serie di lezioni introduttive,questi seminari hanno illustrato tutti gli aspetti salienti dellaciviltà dell’Oriente antico. Sumèri, Babilonesi, Assiri e Per-siani in Mesopotamia e in Iran; Ittiti, Hurriti e Urartei inAnatolia e in Armenia; Eblaiti e Amorrei in Siria; e poiFenici, Ebrei, Egiziani e Minoici sono stati studiati dadiverse prospettive per ricomporre il quadro variegato maallo stesso tempo unitario del primo grande momento dellanostra civiltà.

Mi soffermerò brevemente, a titolo d’esempio, sui Fenici,oggetto del seminario che sono stato invitato a tenere. Que-sti, che possono essere considerati i piú ‘occidentali’ fra ipopoli orientali (come i loro odierni discendenti, i Liba-nesi) hanno avuto una funzione storica la cui importanzaappare sempre piú evidente. Oltre ad essere i grandi na-vigatori, commercianti e artigiani e gli inventori dell’alfa-beto, che già gli antichi ben conoscevano, i Fenici furonoanche, nel I millennio a.C., gli eredi non passivi di unagrande cultura semitica fiorita in Siria nel III e nel II mil-lennio a.C. e progressivamente costretta a ritirarsi verso lacosta mediterranea sotto la spinta di altre genti semitiche,piú forti ma culturalmente piú arretrate. In un’età di gene-rale decadenza economica, politica e culturale (il‘medioevo’ tra la fine del II e l’inizio del I millennio a.C.,che fu tale non solo per la Grecia) essi furono maestri aiGreci (che se ne ricordarono creando la leggenda diCadmo) e ai semiti Israeliti e Aramei: con la scrittura essitrasmisero anche la loro letteratura, cioè il loro pensiero.La cosmogonia di Esiodo e quella dell’inizio della Genesiderivano entrambe dalle riflessioni ‘prefilosofiche’ dei

378

Page 379: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Fenici; da costoro vennero agli Ebrei non soltanto modelliarchitettonici, come per il tempio di Gerusalemme, ma lalingua stessa (l’ebraico è una variante dialettale del fenicio)ed esperienze letterarie, come ad esempio la storiografiaannalistica. Alcune delle piú belle pagine della poesiabiblica sono testi puramente fenici, presi e incorporati neilibri ebraici (operazione facilitata dal fatto che la differenzatra le due lingue è praticamente inesistente sulla paginascritta). Fenicia fu all’inizio quella tensione morale che pro-dusse prima il profetismo ebraico e poi lo stoicismo greco(Zenone era un fenicio che parlava male il greco).

Possiamo dunque ben a ragione ritenerci eredi deiFenici, non soltanto quando scriviamo con il loro alfabeto,ma qualche volta anche quando pensiamo.

379

Page 380: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il giudaismo del Secondo Tempio

PAOLO SACCHI

Università di Torino

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, nella sua vastis-sima e assidua attività, ha organizzato una serie di seminarisulla storia civile del Vicino Oriente mediterraneo. Gio-vanni Pugliese Carratelli, direttore dell’Istituto, ufficial-mente professore di Storia greca, ha sempre impostato isuoi studi in maniera piú vasta di quello che il titolo dellacattedra lascia supporre. È sempre stato convinto che unaciviltà non può essere capita, se non rifacendosi al suo pas-sato e a tutti quegli elementi ad essa contemporanei, concui via via è venuta in contatto. Se questo è facilmente intui-bile come vero, piú difficile è mettere in pratica il metodo,quando si ha a che fare con civiltà che parlarono linguediverse, il controllo delle quali non può che restare nellemani dello specialista. Si aggiunga che le lingue del VicinoOriente mediterraneo sono note in gran parte solo datempi relativamente recenti: due secoli fa l’egiziano e ilbabilonese erano ignoti; degli Ittiti e degli Hurriti nonconoscevamo nemmeno il nome. Il senso ultimo dell’operadi Pugliese Carratelli consiste nello sforzo costante di capireil mondo classico sullo sfondo di quello antico.

Rivedere la storia classica alla luce dei dati che gli spe-cialisti delle singole civiltà vanno accumulando è diventatoun momento indispensabile per la conoscenza del nostropassato e di noi stessi. Da questi princípi e da questa situa-zione della nostra cultura è nato il progetto dei seminari

380

Page 381: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che raccolgonostudiosi un po’ da tutto il mondo per presentare, una peruna, le civiltà che fiorirono nel bacino orientale del Medi-terraneo, a partire dai primi documenti che per alcunerisalgono al III millennio a.C., fino all’epoca ellenistica. Si èparlato pertanto di Ebla, di Sumer, di Babilonia e dell’Assi-ria, degli Egiziani, degli Ittiti, dei Hurriti, dei Fenici e degliEbrei.

La storia degli Ebrei rappresenta un ottimo campo diprova di questa prospettiva storiografica ed è per me unonore aver ricevuto l’incarico di presentare questo popolo.Forse qualcuno, leggendo il titolo del mio seminario (»Ilgiudaismo del Secondo Tempio»), si stupirà di questa limi-tazione cronologica. Non già che manchino notizie ante-riori al tempo dell’esilio; anzi, ritengo che quanto il pen-siero ebraico andò elaborando nel corso del VII secolo a.C.sia fondamentale per la formazione del giudaismo postesi-lico; ma si tratta di materiale frammentario, privo di quellosfondo storico indispensabile per una comprensione checerchi di dare un senso alle cose al di là del dato filologico.

Quel giudaismo, matrice dei piú tardi rabbinismo e cri-stianesimo, si formò solo durante il Secondo Tempio, cioè apartire dalla fine del VI sec. a. C. Oltre che dai testi bibliciil periodo riceve luce oggi anche da numerosi altri testi,quali i papiri di Elefantina, gli apocrifi e i testi scoperti sullerive del Mar Morto.

Nell’esilio babilonese Israele si trovò a contatto con unagrande cultura, dove agli elementi mesopotamici si aggiun-sero in breve anche quelli iranici. I concetti di caos e diordine, di luce e di tenebra, il problema del male come pro-blema metafisico, non risolvibile nei termini della semplice

381

Page 382: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

trasgressione della volontà di Dio, lo slargarsi degli oriz-zonti della conoscenza dal piccolo mondo delle cose cheaccadono nella storia fino al cosmo intero – tutto ciò fu benpresente alla mente degli Ebrei piú illuminati del tempo.Bisognava ripensare gli elementi portanti della propriatradizione e primo fra tutti il monoteismo, che andava gua-dagnando seguaci sempre piú numerosi in Israele.

Si aggiungano a ciò tensioni sociali e politiche internenon indifferenti. Alcuni Ebrei erano favorevoli alla massimaintegrazione possibile con le culture che li ospitavano: lastessa casa davidica non ebbe difficoltà a chiamare un suorampollo col nome di Zorobabele, che è mesopotamico.Altri guardavano con sospetto questo fenomeno di in-tegrazione, perché temevano che potesse far scomparire ilpopolo ebraico dalla storia.

Inoltre non tutti gli Ebrei erano monarchici. Già un pro-feta dell’VIII secolo, Osea, aveva mostrato disprezzo per l’i-stituzione monarchica. Se per alcuni, ancora durante l’esi-lio, la dinastia davidica era garanzia di salvezza per tutto ilpopolo, per altri il re doveva essere abolito. Situazioni poli-tiche contingenti e problemi ideologici interagirono acreare un aspetto nuovo di Israele. Anche usi e costumiavevano bisogno di essere rivisti e corretti alla luce dellenuove idee. Ezechiele parla a questo proposito di coman-damenti non buoni (20, 25) dati da Dio ad Israele. C’eranomolte cose da rifare in Israele, ma in Israele c’erano ancheidee molto diverse fra loro.

Questo avveniva nell’esilio babilonese; in patria eranorestati Ebrei che svilupparono la loro cultura in modo indi-pendente da quelli dell’esilio. Di questi Ebrei non abbiamonotizie dirette, perché persero la partita della storia, ma ha

382

Page 383: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ragione il Noth a mettere in guardia dal considerare ilritorno in patria come il rientro di un gruppo in una casavuota. Il fatto è che una parte del gruppo non rientrò e lacasa non era vuota. Forse una traccia di coloro che eranorestati in patria si può cogliere nel chiaroscuro di certi con-trasti che si allungarono nel tempo. I restati in patria dove-vano essere piú vicini alla cultura egiziana che a quella babi-lonese e alcune concezioni postesiliche come l’immortalitàdell’anima e, soprattutto, il suo destino all’estremo occi-dente ricordano da vicino credenze egiziane.

In patria l’elemento sacerdotale ebbe la meglio suimonarchici e creò una società con struttura oligarchica. Ciòcomportò per il pensiero ebraico nuovi e non semplici adat-tamenti, perché profezie, ormai ritenute antichissime e dive-nute patrimonio irrinunciabile della tradizione, garantivanola salvezza a Israele solo attraverso la casa di David. Dal com-promesso ideologico fra vincitori e vinti nacque una con-cezione messianica non definita nei particolari, destinata adavere gran parte nelle vicende politiche e religiose dell’etàromana.

Il giudaismo non fu mai un monolito: gli scontri politicie ideologici si susseguirono, dando vita a correnti di pen-siero relativamente unitarie che sopravvissero per tutta ladurata del Secondo Tempio e oltre. Alcune di queste tra-smetteranno il loro patrimonio ideale al cristianesimo, altreal rabbinismo.

Quando la cultura ellenica del IV-III secolo penetròvastamente in Oriente, gli Ebrei si trovarono di nuovo divisitra fautori del nuovo e fautori dell’antico, dando vita a scon-tri che non furono soltanto ideologici e che insanguina-rono la Palestina fino al tragico anno 70, quando Tito con-

383

Page 384: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

quistò la città e distrusse il tempio. Intanto, con movimentoinverso a quello precedente, idee giudaiche si andavano dif-fondendo in Occidente, veicolando fra l’altro quella parti-colare forma di giudaismo che è il cristianesimo.

384

Page 385: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Ebla e la formazione della societàurbana arcaica in Siria

ALFONSO ARCHI

Università di Roma «La Sapienza»

È con la campagna di scavo del 1974 che una missionearcheologica dell’Università di Roma ha incominciato aportare alla luce a Teli Mardikh / Ebla, nella Siria setten-trionale, importanti strutture palaziali insieme a documentiin scrittura cuneiforme, che testimoniano il fiorire di unacomplessa società urbana di età arcaica datata al XXIV sec.a.C. Indagini di poco precedenti avevano rivelato che giàverso la fine del IV millennio coloni provenienti dalla Meso-potamia meridionale avevano fondato lungo il corso supe-riore dell’Eufrate città che però presto vennero definitiva-mente abbandonate. Ma per le aree piú ad occidente, e finoa tutto il III millennio, non si possedevano che poche noti-zie indirette.

Gli archivi di Ebla, costituiti da diverse migliaia di tavo-lette – dunque, tra i piú ampi e completi dell’antichità –mostrano che portatrice di quella cultura, diffusasi per tuttala Siria a partire dal XXVI sec., fu una popolazione di lin-gua semitica, appartenente cioè allo stesso ceppo lingui-stico del babilonese, dell’ebraico e dell’arabo.

Riflessi di un piú antico ordinamento tribale si hanno inalcuni dei nomi regali conservatici in una lista di offerte fune-rarie, la quale ci permette di seguire la dinastia eblaita finverso il 2500 (sondaggi in profondità effettuati sul pendío

385

Page 386: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

meridionale dell’acropoli hanno individuato ambienti di unedificio da attribuire a questi primi sovrani). Termini ricor-renti nei nomi, che secondo la tradizione semitica si presen-tano come frasi del tipo: «il dio tale ha donato», sono infattiil gruppo tribale stesso ed il legame di consanguineità,entrambi divinizzati, vale a dire gli elementi sui quali si basaogni società ordinata in clan.

Verso il 2400 queste genti, venute in contatto con igrandi centri mesopotamici, nel volgere di una generazionesi impadroniscono con sicurezza del complicato sistema discrittura cuneiforme. Si trattava di far corrispondere a segnisillabici creati per la lingua dei Sumeri la fonetica di una lin-gua del tutto diversa, e inoltre di apprendere centinaia disegni che, esprimendo di per sé un concetto, permettevanouna maggiore rapidità nella scrittura. Presupposto delsistema amministrativo di una società complessa, inserita inun sistema di relazioni con altri centri indipendenti e su-bordinati, è la registrazione scritta. Non è certo privo disignificato che quasi la totalità dei documenti eblaiti,quando non siano in funzione dell’apprendimento edell’esercizio della scrittura, abbiano carattere amministra-tivo. Le espressioni tecniche derivate direttamente dalsumerico, lo stesso tipo di classificazione dei dipendentidell’amministrazione, mostrano quale straordinario pro-cesso di acculturazione si sia verificato di fronte alla piú ma-tura esperienza mesopotamica. Esso però non può averemodificato le strutture stesse della società eblaita.

È significativo, al fine di delineare tendenze generali neiprocessi di sviluppo delle culture, notare che Ebla e la coevaLagash, in Mesopotamia, cioè i due unici stati di un’età cosíantica per i quali si possiede una documentazione atta a chia-

386

Page 387: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rirne gli aspetti organizzativi, presentino un elemento che leaccomuna: lo straordinario accentramento amministrativo.Diverse erano le condizioni ambientali. Lagash controllavauna regione ove si praticava, grazie all’irrigazione, un’agricol-tura intensiva. In Siria, le colture cerealicole erano inveceestensive, e ad esse si affiancavano quelle della vite e dell’o-livo: ciò comportava una maggiore dispersione dell’elementoumano, e di conseguenza, anche per la configurazione delterreno, un controllo centrale meno diretto. Nel territoriodello stato eblaita si situavano numerosi villaggi, ove le comu-nità, pur tenute a versare alla città tasse in prodotti naturali eanche prestazioni lavorative e forse militari, erano regolateda forme di autogoverno.

Lo spazio urbano era però totalmente in funzionedell’organizzazione centrale, del Palazzo. Topografi-camente esso occupava l’intera acropoli, ed accoglieva oltrealla residenza del re e della sua famiglia, alcuni uffici ed opi-fici. Da un archivio che registra le assegnazioni alimentari aidipendenti del Palazzo, si apprende che oltre 600 donneerano in servizio come tessitrici, preparatrici di farine, etc.I lavoranti erano inquadrati in gruppi di diverse centinaiadi individui, suddivisi in squadre di 20 unità ciascuna, tuttealle dipendenze di un sorvegliante, per un totale di circa5500 persone, ai quali si devono aggiungere gli artigiani(fabbri, carpentieri) e gli inservienti (cuochi, musici). I loroalloggi dovevano occupare parte della città bassa e par-ticolarmente estendersi anche al di fuori delle mura urbi-che.

A Lagash la struttura amministrativa portante era costi-tuita dai templi, sui quali sovraintendevano anche membridella famiglia reale. Ad Ebla, il Palazzo. La ragione per la

387

Page 388: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

quale in Mesopotamia questo ruolo sia stato assunto dalTempio può forse vedersi nel fatto che in aree a maggioreconcentrazione demografica e produzione agricola, i luo-ghi di culto dovevano essere, già in fasi molto arcaiche, cen-tro di incontro e di recezione dei beni. La società urbana inSiria emerge, come si è detto, da un ordinamento tribaleche si avvale per il proprio sostentamento della pastorizia,una forma economica che richiede rari momenti comuni-tari.

Ma la prima urbanizzazione provoca anche in Siria unfortissimo accentramento amministrativo col conseguenteasservimento del personale direttamente dipendente. Sem-bra dunque una costante, nella formazione delle societàcomplesse, una fase arcaica che coincida col massimo con-trollo dell’individuo.

388

Page 389: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La civiltà dell’Anatolia

FIORELLA IMPARATI

Università di Firenze

Nel quadro degli studi sulle civiltà dell’Asia anteriorepre-classica hanno una piú lunga tradizione le ricerche cheinvestono l’àmbito egittologico e l’àmbito semitico – so-prattutto biblico – stimolate al lo-ro inizio non soltanto dainteressi puramente culturali, ma anche, in taluni casi, dainfluenze di natura religiosa, etnica, politica: si ricorda, adesempio, l’ampio interesse presente in epoche e in àmbitidiversi per gli studi biblici – conseguente anche alla vastadiaspora ebraica verificatasi già fin dal Medio Evo – e il vivointeresse per l’Egitto e per la sua cultura all’epoca di Na-poleone.

Piú recenti invece sono le ricerche relative al mondo ana-tolico, e in particolare a quello ittita.

Si può comunque affermare che la scoperta dell’esistenzadegli Ittiti e i successivi studi sulla loro lingua, la loro cultura,la loro storia hanno costituito uno dei piú importanti eventidella scienza orientalistica degli ultimi decenni del secolopassato e dei primi del presente. Infatti, fino a quel tempo siignorava questa ‘grande potenza’, che era stata in vari periodipari per importanza alla Babilonia, all’Assiria, all’Egitto.

Tuttavia, già nel corso dell’ ‘800 si era manifestato uninteresse per il mondo anatolico da parte di studiosi e diviaggiatori francesi e inglesi appassionati di archeologia,che si erano recati in Asia Minore alla ricerca di grandiciviltà del passato e si erano trovati in varie zone di fronte a

389

Page 390: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

resti di opere monumentali, alle quali però non erano statiin grado di attribuire una paternità. Finché nel 1876 prima,e quindi nel 1879 un grande archeologo inglese, A.H.Sayce, non dichiarò che gli autori di quelle opere monu-mentali ed anche di numerose iscrizioni in grafia ie-roglifica, ritrovate in Anatolia e in gran parte della Siria,dovevano essere quegli Ittiti tante volte nominati ai qualifinora non era stata attribuita la dovuta importanza.

Si può tuttavia dire che l’anatolistica è nata con i primiscavi tedeschi nella capitale ittita Hattusa (presso il villaggioturco di Boghazköy, oggi Boghazkale), iniziati nel 1906, econ l’interpretazione all’epoca della prima guerra mon-diale della lingua piú ampiamente attestata nei testi ivi repe-riti: il cosiddetto ittita cuneiforme. Lo studio di questi testiha permesso di conoscere anche altre grandi civiltàdell’Anatolia antica, di cui si comprende l’importanza, purse la loro documentazione è di gran lunga inferiore a quellaittita: la hattica o pre-ittita, la luvia, la palaica ed anche lahurrita.

Gli scavi a Boghazkale sono tuttora in corso e continuanoad offrire, sia pure in quantità minore, documenti di rile-vante interesse, come il testo mitologico bilingue ittita-hurrita, venuto alla luce nelle campagne del 1983 e del1985, estremamente importante per l’interpretazioneancora in corso di quest’ultima lingua, e la tavoletta inbronzo – unica in tale materiale – reperita successivamente,contenente un trattato internazionale.

Vari documenti in lingua ittita provengono anche dagliscavi in altri siti anatolici e siriani, posti sotto la dominazionedegli Ittiti e da archivi di paesi stranieri con i quali essi eranovenuti in contatto.

390

Page 391: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’interesse degli studiosi per il mondo anatolico è statosubito molto vivo, oltre che per gli specialisti di civiltà orientali,anche per i linguisti, fra i quali aveva suscitato notevole scal-pore la scoperta dell’appartenenza dell’ittita (e, successiva-mente; anche del luvio e del palaico) al gruppo linguisticoindeuropeo, e per gli studiosi di storia del mondo classico perle connessioni in esso riconoscibili con elementi culturali ana-tolici.

In seguito, inoltre, con la decifrazione e l’interpreta-zione delle tavolette micenee si sono rilevate molte analogiefra la struttura monarchica micenea e l’organizzazioneinterna del regno ittita, la cui documentazione è molto piúvasta e varia. Il confronto, appunto, con i testi ittiti ha for-nito elementi utili per una migliore comprensione di istitutie aspetti della civiltà micenea e ha promosso suggestioniinterpretative in proposito.

Il contenuto dei documenti ittiti pervenutici tocca mol-teplici àmbiti: editti emanati da sovrani, testi a carattereannalistico, in cui si raccontano e si esaltano le imprese re-gie, trattati internazionali, disposizioni emanate dal re per isuoi dignitari e funzionari, atti di donazione di beni fon-diari o contenenti esenzioni da tributi e da prestazioni dilavoro, una interessante raccolta di norme giuridiche, ver-bali di processi, testi epistolari, tavolette di tipo economico-amministrativo, un trattato sull’addomesticamento deicavalli, e un gran numero di testi a carattere religioso, qualimiti, rituali, testi magici, consultazioni oracolari, preghiere.

Nei documenti di contenuto religioso, e in particolare inquelli mitologici, si può riconoscere un’ispirazione comunead altri miti dei vari popoli del bacino del Mediterraneoantico. Si tratta di rielaborazioni differenti di uno stesso

391

Page 392: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

prototipo, per lo piú legato all’àmbito agricolo-stagionale,come, ad esempio, il mito del dio che scompare e cherisorge, che simboleggia il ciclo annuo della vegetazione.Particolarmente interessante è il cosiddetto ‘mito del dioKumarbi’, concernente la contesa fra alcune divinità perottenere la sovranità nel cielo: a tale mito sembra essersiispirato quello greco di Esiodo molti secoli dopo.

Come per altre civiltà antiche, anche nell’àmbito deglistudi anatolistici – soprattutto per quelli ittiti – è ovviamenteprevalso in un primo tempo un interesse archeologico e ditipo linguistico-filologico, conseguente anche alla necessitàdi interpretare la documentazione venuta alla luce, primadi passare ad una valutazione critica di essa e alla suautilizzazione per la conoscenza della civiltà ittita e di quellead essa connesse, nei loro molteplici aspetti.

Nel corso delle ricerche di contenuto storico, si rilevache ad un interesse iniziale di tipo politico, religioso, cultu-rale, si è affiancato anche un interesse per la storia socialeed economica di questi popoli, dovuto anche all’influenzadi ricerche di studiosi dell’Europa orientale e agli stimoliprovenienti dall’incremento di altre aree disciplinari, qualila sociologia, la storia economica, l’antropologia, l’etnolo-gia, la demografia storica, ecc.

Si sono anche sviluppati, e tuttora continuano, dibattitisuscitati da alcune proposte di classificazione tipologicadella società ittita, considerata nell’àmbito di altre societàdel Vicino Oriente antico, avanzate da studiosi di disciplinediverse e di diverse tendenze storiografiche (come, adesempio, società di tipo ‘feudale’, di tipo ‘schiavistico’, ditipo ‘asiatico’, quest’ultima ispirata al concetto marxiano di‘modo di produzione asiatico’).

392

Page 393: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Si ricorda, per concludere, quanto rilevava GiovanniPugliese Carratelli circa una ventina di anni or sono nelcorso di una riunione della Società degli storici: «gli studi distoria orientale [in Italia] [...] sono nati in funzione ancil-lare rispetto alla storia greca e romana, soprattutto alla sto-ria greca». Questa posizione iniziale sussidiaria della storiadel Vicino Oriente antico rispetto a quella classica, puravendo inevitabilmente ritardato la configurazione auto-noma della prima, ne ha però favorito l’istituzione. Si deveancora rilevare, sempre con Giovanni Pugliese Carratelli,che «gli studi italiani della storia dell’Oriente antico, pro-prio forse perché sono nati da un’esigenza specifica deglistudiosi del mondo classico, [...] hanno un carattere loroparticolare che li distingue per la problematica, per ilmetodo, per le esigenze di ricerca che rivelano nella tema-tica stessa, da gran parte degli studi stranieri che pure hannouna storia molto piú antica».

393

Page 394: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’eredità tardo-antica e la cultura degli Arabi

CRISTINA D’ANCONA COSTA

Università di Padova

Nel X secolo Abu-‘l-H. a san Muh. ammad Ibn Yu- sufal-‘A-miri, un filosofo originario del Khurasan, ma che ha vis-suto anche a Bag.da-d – la capitale ‘abba-side da cui si sonoirradiate le traduzioni greco-arabe durante l’intero IXsecolo – critica, nella sua Esposizione dei meriti dell’Isla-m (al-I‘la-

m bi-mana-qib al-Isla-m), quei teologi che attaccano la filosofiaritenendola in contrasto con la rivelazione coranica e con lescienze religiose germinate da essa. Secondo a1- ‘A-miri, l’er-rore e la partigianeria di questa posizione consistono nelnegare l’accordo fra la vera religione e le dimostrazioni filo-sofiche, e nel misconoscere i grandi vantaggi insiti nell’usodel ragionamento filosofico. Chi pratica la filosofia si avvi-cina, innanzitutto, al culmine della perfezione umana, inquanto si rende familiare la verità delle cose. In secondoluogo, costui può cogliere la regola di sapienza secondo laquale Dio ha creato il mondo, precisamente in quanto con-sidera le cause che operano in esso e il loro ordine. Infine,grazie alla pratica costante del ragionamento, egli nonrischia di perdersi nelle vane sottigliezze di una teologia cheha l’autorità come suo unico criterio.

Questa posizione di al-‘A-miri non è altro che la ripresa diuna piú antica perorazione in favore della filosofia e controi teologi suoi detrattori, formulata dal principale promo-

394

Page 395: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tore dell’assimilazione del pensiero greco da parte dellacultura araba, durante l’apogeo del califfato ‘abba-side: Abu-

Yu-suf Ya‘qu-b ibn Ish.a-q al-Kindi. In un passo ben noto delsuo trattato Sulla filosofia prima (fi- ‘l-falsafa ‘l-u-la-), al-Kindi-

trova accenti di indignazione contro «coloro che oggi sonofamosi per le loro elucubrazioni, ma sono estranei allaverità», e che accusano Aristotele di sostenere dottrine con-trarie alla fede, in parte per colpevole ignoranza delle sue i-dee, ma soprattutto perché diffidenza e spirito settariohanno offuscato in loro un’autentica religiosità.

L’attitudine di al-Kindi- e dei suoi collaboratori è oggi con-siderata come un fattore determinante della diffusione dellametafisica greca nei circoli musulmani colti. Ma l’idea stessadi propagare e approfondire la conoscenza delle dottrine diAristotele e degli altri filosofi, che costituisce l’asse dell’ope-rato di al-Kindi-, presuppone una già acquisita familiarità conla cultura e la filosofia dei Greci; con esse i musulmani sonoinfatti entrati molto presto in contatto, grazie alla lororapida espansione al di fuori della penisola arabica.

Nel 635-636 d.C. l’esercito musulmano si impadroniscedi Damasco e della Siria; negli anni dal 639 al 642 cadonol’Egitto e la Persia: Alessandria, conquistata una prima voltanel 642, è definitivamente sottratta ai Bizantini nel 645-646.Nel Fihrist («Catalogo») del bio-bibliografo del X secolo al-Nadi-m incontriamo, articolata in due resoconti in certamisura complementari, una descrizione degli eventi chehanno determinato il primo contatto degli Arabi con la filo-sofia greca. Il primo resoconto fa risalire tale contatto addi-rittura alle vicende della spedizione di Giuliano 1’Apostatain Persia e alla restaurazione del cristianesimo che seguí lasua morte (363 d.C.). Secondo al-Nadi-m, il divieto della

395

Page 396: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

circolazione delle opere filosofiche determinò l’accumulodi questi testi nelle biblioteche della Persia; alcune opere dimedicina e di logica furono cosí tradotte dapprima in per-siano, poi in arabo.

Il secondo resoconto è ambientato tre secoli dopo, eattribuisce un ruolo attivo agli Arabi. Durante il suo calif-fato (680-683), l’omayyade Kha-lid ibn Yazi-d ibn Mu‘a-wiyaavrebbe ordinato a un gruppo di filosofi greci provenientida Alessandria e padroni anche della lingua araba di tra-durre per lui opere di alchimia dal greco e dal copto. Al-Nadi-m precisa che questo sarebbe stato il primo esempio ditraduzione in arabo di opere scritte in altre lingue.

In seguito al-Nadi-m riporta l’episodio famoso dell’ap-parizione in sogno di Aristotele al califfo ‘abba-side al-Ma’mun, il fondatore della «casa della sapienza» (bayt al-h. ikma) in Bag.da-d, nell’830. È noto che l’arabo sostituídefinitivamente come lingua amministrativa le altre lingue– greco e persiano – verso la fine del califfato omayyade,cioè attorno alla metà dell’VIII secolo. Ebbene, al-Nadi-m in-serisce il racconto dell’apparizione di Aristotele ad al-Ma’mu-n dormiente proprio dopo aver ricordato questoprocesso di “arabizzazione” dello Stato, al quale la tradu-zione in arabo delle opere scientifiche e filosofiche scrittein lingue straniere avrebbe impresso un impulso decisivo.Aristotele avrebbe risposto ad alcune domande circa il beneesortando infine al-Ma’mu-n ad affermare il tawh. id, la dot-trina dell’unicità di Dio che rappresenta uno dei “pilastri”dell’Isla-m. Il califfo ne avrebbe tratto motivo di un ripetutoscambio epistolare con l’imperatore di Bisanzio, dal qualeavrebbe infine ottenuto il permesso di inviare una delega-zione in terra bizantina, per riportarne testi scientifici e filo-

396

Page 397: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sofici da tradurre in arabo. In un secondo momento alcuniesperti avrebbero selezionato e poi tradotto queste opere.

Una ricostruzione almeno in parte diversa si trae dalmedico e storico della medicina Ibn Abi- Us.aibi‘a (XIIIsecolo), che nelle Fonti d’informazione sulle classi dei medici(‘Uyu-n al-anba-’ fi- tabaqa-t al-at.ibba-) la presenta sotto forma diun resoconto tratto dallo scritto (perduto) di al-Fa-ra-bi- Sullacomparsa della filosofia. Secondo al-Fa-ra-bi-, l’insegnamentodella filosofia greca ad Alessandria si era perpetuato senzainterruzione, dopo la morte di Aristotele. La diffusione delcristianesimo aveva determinato una suddivisione del patri-monio filosofico circolante ad Alessandria in testi permessi– i libri aristotelici di logica – e testi vietati all’insegnamentopubblico, cioè tutte le restanti opere di filosofia. Questeultime sarebbero rimaste nascoste sino all’avvento del-l’Isla-m. Ibn Abi- Us.aibi‘a riporta poi, sempre da al-Fa-ra-bi-,che l’insegnamento della filosofia greca si sarebbe trasferitoda Alessandria ad Antiochia, dove sarebbe perdurato alungo; infine i due discepoli dell’unico professore rimastovi– provenienti l’uno da H. arra-n, l’altro da Marw – si sarebberotrasferiti a Bag.da-d, portando con sé i testi necessari al loroinsegnamento. Questa testimonianza si accorda con quelladello storico e geografo al-Ma‘su-di- († 957), dalla quale MaxMeyerhof, in un famoso studio, aveva tratto la propria rico-struzione della translatio studii «da Atene ad Alessandria», poi«da Alessandria ad Antiochia» e «da Antiochia a H.arra-n», lacittà della Mesopotamia famosa soprattutto per essere stataal centro dell’«enigma dei S.a--bei». Da H.arra-n, infine, lascienza e la filosofia greca si sarebbero trasferite a Bag.da-d.

L’attendibilità di questa ricostruzione è stata revocata indubbio. Rimane tuttavia saldo l’elemento comune alle varie

397

Page 398: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

presentazioni ora riassunte, ossia il collegamento fra l’in-gresso del pensiero greco nel mondo arabo e la fine del-l’insegnamento istituzionale della filosofia pagana nellescuole dell’impero bizantino. Su ciò si accordano infatti lefonti sia orientali sia occidentali.

In un importante libro dedicato ai caratteri dottrinalidella scuola neoplatonica di Alessandria, Ilsetraut Hadotha esaminato la testimonianza dello storico Agazia, a cui sideve la relazione del soggiorno alla corte del re persianoCosroe di sette filosofi neoplatonici – Damascio,Simplicio, Eulamio, Prisciano Lido, Ermia, Diogene e I-sidoro di Gaza – esuli dal territorio bizantino dopo il de-creto di chiusura della Scuola di Atene, nel 529. Agaziariporta che il trattato di pace del 532 fra Cosroe eGiustiniano consentí a questi filosofi di rientrare in patria.Le ricerche di Michel Tardieu hanno precisato che illuogo nel quale gli ultimi neoplatonici si installaronodopo aver lasciato la corte di Cosroe fu con ogni probabi-lità appunto H.arra-n, ove al-Ma‘su-di- aveva visitato, ancoranel 943 d.C., l’accademia «platonica» dalla quale provenivaT-a

-bit ibn Qurra († 901), il matematico e traduttore cheverso la metà del IX secolo diresse a Bag.da-d una scuola dimatematici e astronomi. Alla ricerca dei caratteri che distin-guono la comunità filosofica insediata a H.arra-n dal cultopagano ivi praticato, Tardieu ha richiamato l’attenzione suuna notizia significativa, riportata da al-Nadi-m all’iniziodella sezione che egli consacra alle dottrine degli ‘h.arra-

niani’. Fondandosi sulla testimonianza di al-Kindi-, al-Nadi-mriporta una formulazione della dottrina neoplatonica sullacausalità universale dell’Uno, che presenta come la tesi cen-trale della comunità filosofica di H.arra-n. Un altro elemento

398

Page 399: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

significativo per la ricostruzione dei caratteri dottrinali diquesta comunità, come ha mostrato ancora Tardieu, è lapresenza di un’interpretazione tipicamente neoplatonica diun passo dell’Alcibiade Primo di Platone. Sappiamo cosí chel’inizio e il punto culminante dell’itinerario neoplatonico –che conduce dalla scienza dell’anima alla contemplazionedell’Uno – erano noti a H.arra-n, e possiamo supporre che ilcorso di studi implicato da questo itinerario fosse, almenoin una certa misura, accessibile anche agli intellettuali del-l’epoca di al-Kindi-.

Per valutare meglio le implicazioni che tale continuitàcomporta, dal punto di vista del modello generale che lanascente cultura filosofica islamica ha adottato nel processodi trasmissione del pensiero greco, è utile riassumere il cur-riculum degli studi seguito nelle scuole neo-platonichetarde. Queste ultime infatti, dagli indizi ora riassunti, sem-brano avere svolto un ruolo di primo piano nel periodoformativo della filosofia arabo-musulmana.

A differenza di ciò che accade per altre scuole filosofichedell’antichità post-classica, siamo abbastanza bene infor-mati sul corso degli studi nelle istituzioni che perpetuavanol’insegnamento «platonico» nel V e VI secolo d.C. Gli autorineoplatonici tardi hanno infatti commentato molte operefilosofiche greche, di epoca sia classica (Platone eAristotele) che ellenistica (Epitteto) e imperiale (l’Isagoge diPorfirio). Le introduzioni alle diverse opere commentatepermettono di ricostruire l’itinerario formativo da essi pra-ticato. Studiando il commento di Simplicio al Manuale diEpitteto, Ilsetraut Hadot ha dimostrato che esso era conce-pito come una sorta di introduzione generale al bios philoso-phikós. Ancora alle sue ricerche dobbiamo il chiarimento

399

Page 400: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

del ruolo propedeutico tenuto dall’insegnamento dellalogica aristotelica nel corso di studi neoplatonico.

La biografia di Proclo stesa dal suo discepolo Marino diNeapoli e gli anonimi Prolegomeni a Platone, che raccolgono lenote di corso di un professore certamente posteriore aProclo, permettono di seguire le tappe successive a taleprima iniziazione alla filosofia nel curriculum in uso sia adAtene – dove insegnarono Siriano e Proclo – che adAlessandria – dove con tutta probabilità insegnò l’autore deiProlegomeni. Da Marino apprendiamo infatti che Siriano – ilmaestro di Proclo nella scuola di Atene – consacrò con i suoiallievi due anni alla lettura di tutte le opere di Aristotele.Naturalmente l’abitudine di insegnare le dottrine diAristotele non era affatto un’innovazione di Siriano: sap-piamo da Porfirio che Plotino stesso nei suoi corsi si servivadi Aristotele e dei suoi commentatori. Ciò che caratterizza ilneoplatonismo tardo è piuttosto la tendenza a codificare il«posto» tenuto da Aristotele nel corso dell’educazione filoso-fica. Ad Aristotele viene attribuito un ruolo preparatoriorispetto all’iniziazione alle dottrine platoniche. Dai com-menti dei filosofi neoplatonici tardi alle Categorie è possibilericostruire l’itinerario di lettura delle opere di Aristotele cheveniva praticato nelle scuole: la logica era insegnata perprima; seguivano l’etica e la politica; la Metafisica rappresen-tava il culmine degli studi aristotelici. L’insegnamento diAristotele non era una prerogativa della sola scuola ateniese,ma veniva impartito anche – e soprattutto – ad Alessandria.

Le dottrine di Platone, a loro volta, non venivano certoinsegnate in modo asistematico; si seguiva nella loro esposi-zione un ordinamento tematico preciso. I Prolegomeni aPlatone – che rispecchiano una classificazione risalente sino

400

Page 401: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

a Giamblico – consentono di precisare la successionesecondo la quale venivano collocati i dialoghi platonici, edanno per ciò stesso un’idea di ciò che era considerato pre-liminare, poi centrale e infine culminante nel pensiero pla-tonico. Giamblico aveva diviso i dodici dialoghi che consi-derava principali in due gruppi: quelli di argomento“fisico”, riguardanti il mondo della nostra esperienza siaceleste che sublunare, e quelli di argomento “teologico”,riguardanti le realtà divine. Ciascun gruppo, come affermal’autore dei Prolegomeni, culminava secondo Giamblico inun dialogo “perfetto”: il Timeo rappresentava il culmine ditutti i dialoghi «fisici»; il Parmenide, di tutti quelli “teolo-gici”. Per molti dei dialoghi di Platone che formano il“canone di Gamblico” esiste un commento neoplatonico, ovi sono tracce di un’esegesi scolare. Ma Platone nonrappresentava per questi autori il compimento ultimo delcammino intellettuale e spirituale del filosofo. Talecompimento fu affidato, nella fase piú tarda della scuolaplatonica, all’«accordo reciproco delle tradizioni teologi-che», tema nel quale Henri-Dominique Saffrey ha indivi-duato il carattere precipuo del neoplatonismo post-ploti-niano. La teologia che si pensava di poter desumere daidialoghi di Platone — e soprattutto dal Parmenide, nel qualesi leggeva una vera e propria teogonia – era considerata per-fettamente coerente con le dottrine teologiche desuntedagli scritti neo-pitagorici e “orfici”. Questa “concordia”delle piú elevate forme del sapere teologico umano venivaulteriormente armonizzata con la rivelazione divina stessa,proferita attraverso gli Oracoli Caldaici.

Non è facile stabilire in quale misura il programma chesi è ora riassunto venisse attuato praticamente nelle varie

401

Page 402: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

fasi storiche e nei diversi insediamenti delle scuole tardo-neoplatoniche. Tuttavia le testimonianze di Ma‘su-di- e di al-Kindi-, messe in connessione ed esaminate da MichelTardieu, lasciano pensare che il percorso formativo dellascuola neoplatonica di H.arra-n seguisse – almeno per ciòche riguarda il suo segmento “platonico” – la tradizioneormai secolare praticata ad Atene da Plutarco, Siriano eProclo.

Come si è accennato, chi avesse voluto intraprendere ilcorso di studi e il genere di vita filosofico in una scuolatardo-neoplatonica avrebbe incontrato – secondo unoschema idealmente completo – dapprima un protretticoalla vita filosofica (come, ad esempio, il Manuale di Epittetocommentato da Simplicio); avrebbe in seguito conosciutogli scritti logici di Aristotele e proseguito i suoi studi aristo-telici attraverso le opere di etica e politica; avrebbe poi stu-diato la Metafisica, e solo a questo punto avrebbe affrontatolo studio di Platone, sotto forma di esposizione sistematicadi una selezione di dialoghi ordinati in modo da culminarenella teologia dell’Uno del Parmenide. Infine costui avrebbeavuto accesso all’insegnamento teologico supremo, quellodella “sinfonia” delle tradizioni relative agli dei. Natural-mente un bagaglio piú o meno ricco di commenti adAristotele e a Platone avrebbe accompagnato questo corsodi studi.

Molte delle opere menzionate sin qui sono state tradottein arabo e hanno perciò influenzato in modo decisivo leidee dei filosofi islamici di epoca classica su Dio, sul mondoe sull’uomo. Ma l’influenza del pensiero neo-platonico sullaformazione della filosofia islamica non si rivela solo in que-sto pur importante aspetto strutturale: com’è noto, le parti

402

Page 403: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

piú specificamente metafisiche delle Enneadi di Plotino e gliElementi di Teologia di Proclo sono stati precocemente tra-dotti in arabo e utilizzati dai principali filosofi islamici “elle-nizzanti”. Infine, nel periodo formativo della falsafa vi ètraccia dell’influenza di due pensatori che hanno adattatotemi tipici della filosofia greca a problematiche teologiche:Giovanni Filopono e l’autore del corpus pseudo-areopagi-tico. Anche se ricerche recenti hanno sottolineato il fattoche la coerenza reciproca delle opinioni filosofiche e reli-giose di Filopono è problematica, alcune sue opere utiliz-zano indiscutibilmente argomenti filosofici per dimostrarela verità di dottrine teologiche, come la creazione del mon-do. Il corpus pseudo-areopagitico, poi, fonde le tesi piúimportanti della metafisica neoplatonica sul primo prin-cipio e sui gradi ipostatici a esso subordinati con la dottrinadell’unico Dio creatore e provvidente.

Dal volume: Cristina D’Ancona Costa, La Casa della sapienza. La tra-smissione della metafisica greca e la formazione della filosofia araba, pubblicatonella collana «Socrates» dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici(Guerini e Associati, Milano, 1996).

403

Page 404: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La civiltà islamica e le scienze

CLELIA SARNELLI CERQUA

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

È necessario chiarire che, quando si parla dell’anticoIsla-m, si può usare il termine Arabi, in senso estensivo, perindicare tutti coloro che, pur appartenendo a etnie diverse,contribuirono a diffondere la nuova fede e usarono la lin-gua araba classica quale veicolo universale di cultura,soprattutto nel campo delle scienze.

Gli Arabi dunque riuscirono ad amalgamare popoli assaidiversi per origine, tradizione, lingua, civiltà e ciò grazie allareligione, che regola anche molti aspetti della vita quoti-diana che per noi sarebbero estranei al campo religioso,religione che rappresenta un forte vincolo di unione e haconferito stabilità alle conquiste musulmane.

Artefice di questo fatto nuovo che doveva dare diversocorso alla storia del popolo arabo è, come ben noto, il pro-feta Muhammad, nato alla Mecca verso il 570 dalla famigliadei Banu- Ha-shim, uno dei rami minori della tribú dei qurai-sciti che detenevano il primato in città.

A lui fu rivelata la nuova religione monoteistica, l’Isla-m,ed egli dedicò l’intera sua vita allo scopo di farla accettarequale sistema a un tempo religioso e politico a carattereuniversale. Sempre a lui spetta il merito di aver istituito laumma e cioè la comunità dei credenti, basata su una forteistanza di solidarietà reciproca, concepita come unaenorme tribú che ha il Corano quale sola Legge, sola guidaper il retto comportamento religioso, morale e civile. Il

404

Page 405: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

capo della umma è Alla-h davanti al quale tutti i credenti sipongono su un piano di uguaglianza totale.

Si tratta quindi di una comunità innovativa rispetto aquelle preesistenti nella zona, aperta in senso etnico esociale, una comunità che si impone l’obbligo diuniversalizzare il messaggio rivelato a Muhammad e quindiporta in sé il seme del jiha-d (lotta contro gli infedeli, imiscredenti), termine da non intendere nel senso restrit-tivo suggerito dalla consueta traduzione “guerra santa”.

Grazie all’Isla-m, gli Arabi passarono dal periodo di mar-ginalità della Ja-hiliyya (epoca preislamica) a un impegno suscala mondiale e alla fondazione di un nuovo tipo di“impero”, destinato a sopravvivere per secoli e a rappresen-tare un eccezionale problema storico per la rapidità dellasua formazione, per la lunga durata e gli straordinari risul-tati conseguiti.

L’espansione arabo-islamica, definita dal Gabrieli lagrande “avventura internazionale” dell’arabismo, iniziò nel633 e, in poco piú di un secolo, si estese a macchia d’olio,raggiungendo ad oriente la Transoxiana, la Ferghana, laSogdiana e il Sind (corrispondenti grosso modo agliodierni territori dell’Uzbekistan, Kazakhstan, Afghanistan ePakistan) e a occidente la Spagna, con successive incursionianche in Gallia. Lí, nel 732, gli Arabi furono fermati daCarlo Martello fra Tours e Poitiers, estremo limite della loroespansione in occidente.

Affacciatisi sulle sponde del Mediterraneo e occupatel’Africa settentrionale e la Spagna, anche la Sicilia divennefacile preda per gli invasori che l’occuparono in mezzosecolo circa (827-878).

405

Page 406: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La Spagna, o meglio l’Andalus, e cioè la parte della peni-sola iberica passata a far parte del territorio islamico, e cosíla Sicilia, che pure conobbe due secoli e mezzo circa (827-1091) di dominio musulmano, furono perciò testimoni diuna lenta trasformazione culturale attuatasi grazie ai con-tatti e agli scambi reciproci tra vincitori e vinti, attraverso unprocesso di osmosi, destinato ad avere grande influenzasullo stile di vita, sul comportamento e sul pensiero diimportanti nuclei delle popolazioni locali, tanto da far con-siderare queste zone quali ponti tra l’Oriente e l’Occidente.

Senza dubbio desta meraviglia il fatto che gli Arabi, purcostituendo una minoranza che – lontana dalla terra di ori-gine – avrebbe potuto anche finire con l’essere assimilatadalla cultura e dalle tradizioni dei paesi conquistati, riusci-rono invece a realizzare un profondo processo di arabizza-zione e islamizzazione; ma va tenuto altresí presente che intutti i territori conquistati essi furono attenti a recepire eadottare costumi ed elementi, per loro nuovi, delle supe-riori culture con le quali vennero a contatto, dando cosí ori-gine a una cultura composita, erede e continuatrice diquelle preesistenti, destinata ad avere notevoli influssi sia inOriente sia nell’Occidente cristiano.

Tale evoluzione culturale si affiancò all’opera di organiz-zazione dei territori conquistati secondo i princípi dell’Isla-m,organizzazione che comportò un graduale e profondo cam-biamento del precedente assetto non solo politico maanche religioso, sociale ed economico facendo registrareun vero terremoto, una grande e profonda rivoluzione.Teatro di questo mutamento della situazione generale,forse piú difficile da realizzare della stessa conquista,furono principalmente i centri urbani nei quali gli Arabi si

406

Page 407: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

andarono gradualmente assestando. Essi dettero grandeimportanza e favorirono la diffusione delle città, che rima-sero sempre integrate nel tessuto circostante divenendo ifocolari della nuova cultura.

Molti centri urbani divennero le grandi metropoli dell’a-rabismo e città, piccole e grandi, formarono l’ossaturamateriale del mondo islamico (Da-r al-Isla-m). Città definite ipiú bei gioielli del medioevo islamico, ricche di monumentie di opere d’arte, popolate da una folla eterogenea che viaffluiva attratta dalla grande libertà di movimento e discambi esistente nella Da-r al-Isla-m.

Il progressivo aumento dei centri urbani e lo straordina-rio sviluppo delle vie di comunicazione favorirono il forteincremento delle attività commerciali, determinando, gra-zie all’unione di territori tanto diversi, un dominio econo-mico unitario, un immenso mercato caratterizzato dallavarietà, dalla molteplicità e dal pregio dei prodotti e dellemerci.

Gli scambi avvenivano senza difficoltà via terra e soprat-tutto via mare. Con le merci viaggiavano anche le idee e conesse la nuova composita cultura: l’arabo ne fu la lingua vei-colare. Questa si impose sia perché era la lingua del Coranoe quindi il medium della nuova fede e, come tale, usata perdivulgare la dottrina dell’Isla-m; sia perché era la lingua deiconquistatori rapidamente costituitisi in classe dirigente;funzionari, magistrati, soldati e grossi commercianti parla-vano arabo e, per necessità sociali ed economiche, era ine-vitabile usare la loro lingua.

L’arabo, come lingua del Corano, nella sua forma scrittanota come classica o letteraria (al-carabiyya. ’l-fusha-), è rima-sto legato al testo sacro e pertanto la sua evoluzione sintat-

407

Page 408: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tica e semantica si è fermata nel tempo. È per questo che,dopo ben XIII secoli, l’arabo classico, con alcune modifi-che, continua a essere usato quale lingua di cultura in tuttii Paesi arabi e rappresenta una notevole forza di coesione.

L’arabizzazione dunque, intesa come adozione dellanuova lingua, aiutò la diffusione e lo sviluppo della culturaarabo-islamica. Questa, fin dal VII secolo, si era avvalsa delcontributo di uomini appartenenti a religioni ed etniediverse, aveva assimilato apporti eterogenei dall’Iran,dall’India ma soprattutto da Bisanzio. Affascinati dalle vesti-gia della cultura delle zone sottomesse, gli Arabi ne fecerooggetto di studio e ne ricercarono le fonti, fedeli all’inse-gnamento del Profeta che, come riportato da famosi Hadi-th(tradizioni canoniche musulmane), avrebbe detto: «Cercala scienza, sia pure in Cina»; «Ricerca il sapere dalla cullaalla tomba» e «La ricerca del sapere è un dovere per ognimusulmano, uomo o donna che sia».

Venuti in possesso di testi antichi scritti in greco, siriaco,persiano o sanscrito, essi li fecero tradurre in arabo – a par-tire dalla metà dell’ottavo secolo – grazie a traduttori chelavoravano in gruppo con l’aiuto di esperti e copisti.

Per quanto riguarda la scienza greca va qui ricordato chele prime traduzioni furono fatte soprattutto dal siriaco, lalingua colta del tempo in Siria e in Iraq, in arabo perchénumerose opere greche erano state già tradotte in quellalingua dai cristiani nestoriani di lingua siriaca. D’altra partela conoscenza del greco in quel periodo era ancora pocodiffusa; solo in un secondo momento fu possibile passare alnuovo metodo di tradurre direttamente dal greco all’arabo,innovazione questa che viene generalmente attribuita al piú

408

Page 409: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

famoso di tutti i traduttori, un cristiano nestoriano di al-Hira, Hunayn ibn Lsha-q (809-873) che aveva imparato ilgreco e aveva visitato varie zone dell’impero bizantino, rac-cogliendo manoscritti di opere famose.

Ma i dotti musulmani non si limitarono solo a fungere damediatori del pensiero di chi li aveva preceduti, essi nefurono autentici continuatori in nuove, originali elabora-zioni, apportando notevoli contributi e applicando metodisperimentali in vari campi della scienza.

Per quanto riguarda la matematica spetta loro il merito,tra l’altro, di aver rivalutato e generalizzato l’uso dei cosid-detti numeri arabi che, in realtà, erano di origine indiana.E va qui ricordato che fu un italiano, Leonardo Fibonaccida Pisa che, dopo aver a lungo viaggiato in terra d’Isla-m, nel1202 scrisse l’opera Liber Abbaci con la quale fece conoscerein Europa la natura e l’uso delle cifre arabe fra le quali lozero, dando cosí un sostanziale contributo allo sviluppodella matematica, in quanto rendeva possibile la semplifica-zione e l’estensione delle operazioni aritmetiche.

L’apporto dei matematici musulmani fu notevole anchenel campo della trigonometria: ad esempio, la nozione di“seno”, di origine indiana e che i Greci non conoscevano (ènoto infatti che operavano con le “corde”), fu divulgata inoccidente dagli Arabi. E fu proprio grazie all’altisssimogrado di sviluppo raggiunto nella trigonometria che essiriuscirono a conseguire risultati considerevoli anche nelcampo dell’astronomia.

L’astronomia, con l’astrologia che le era quasi sempreassociata (in arabo c’è una sola parola per indicare le duediscipline), fu molto coltivata dai musulmani. Era per loro

409

Page 410: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

indispensabile riuscire a determinare l’inizio e la fine delmese del digiuno (Ramada-n) entrambi legati all’appariredella luna nuova (hila- l); come pure stabilire per ogni giornodell’anno l’ora esatta delle cinque preghiere obbligatorie, ilche si poteva fare solo mettendo a punto sofisticate tavoleastronomiche (le prime tavole apparvero a Bag·dad tra il IXe il X secolo), tavole da usare con l’aiuto di astrolabi, qua-dranti solari e meridiane, strumenti che gli Arabi perfezio-narono e arricchirono di nuovi particolari grazie allaestrema precisione dei loro calcoli.

Contribuí allo sviluppo degli studi astronomici anche lanecessità di determinare per ogni località l’esatta direzionedella Mecca (qibla) verso la quale, come è noto, ogni musul-mano deve rivolgere il viso quando prega o in occasione dialtri riti. Da qui la grande importanza per ogni credente diconoscere la qibla e il difficile compito per gli scienziati diprogettare degli “indicatori” di qibla sempre piú perfezionati.

L’approfondimento degli studi e delle ricerche nelcampo dell’astronomia portò presto alla costruzione diosservatori che dovevano in seguito divenire anche centri diinsegnamento di discipline scientifiche affini e luoghi diincontro dei piú famosi studiosi del tempo. Il primo osser-vatorio islamico fu la Shamma-siyya costruito a Bagdad altempo del Califfo abbaside al-Ma’mu-n (813-833), noto pro-tettore di letterati, artisti e scienziati. A questo primo osser-vatorio ne seguirono altri e, sul loro modello, sarebbero poisorti quelli dell’Andalus destinati ad avere enormeinfluenza sull’Occidente cristiano.

A questo proposito ricordo quanto affermato da CarloAlfonso Nallino e cioè che: «in Europa bisogna arrivare al

410

Page 411: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tempo di Tycho Brahe (l’astronomo svedese vissuto tra il1546 e il 1601) per trovare osservatori e osservazioni parago-nabili a quelle del Medioevo musulmano. D’altra parte, fon-dando la trigonometria nel senso moderno e portandola aun altissimo grado di sviluppo, i musulmani fornirono lascienza astronomica di un eccellente strumento di lavoro».

L’astrologia, che nel Medio Evo fu considerata unascienza tipicamente araba, fu coltivata anche per soddisfarele numerose richieste di oroscopi da parte di sovrani e prin-cipi ma anche di gente comune e cosí pure per conoscere ilmomento appropriato per dare inizio a un’azione o a un’at-tività in relazione alla configurazione degli astri.

E ricordo qui l’astronomo e astrologo Abu- Ma‘shar al-Balkhi-, noto in occidente come Albumasar (m. 886), dive-nuto famoso soprattutto per i suoi studi di astrologia. Egliscrisse, fra l’altro, il Kita-b al-mudkhal al-kabi-r cala- cilmal-nuju-m (La grande introduzione all’astrologia), che fu tra-dotto due volte in latino – nel 1130 da Giovanni di Sivigliae nel 1150 da Ermanno di Carinzia. Quest’ultima tradu-zione, pubblicata già nel 1489, ebbe un enorme impattosulla scienza astronomica occidentale e ora l’IstitutoUniversitario Orientale di Napoli si è addossato il pesanteonere dell’edizione critica sia del testo arabo (fin’ora maipubblicato), sia delle due versioni latine, curate dal Prof.Richard Lemay, della City University of New York, in consi-derazione della grande rilevanza scientifica dell’Opera edel suo sicuro prestigio culturale.

Matematici e astronomi si dedicarono anche a studi difisica e, in particolare, all’ottica con ricerche innovative sullanatura della luce e sulle leggi della riflessione e della rifra-zione, e cosí pure sulla retina e su problemi relativi alla vista.

411

Page 412: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Altrettanto significativo fu l’apporto degli Arabi nelcampo della medicina. Essi avevano coltivato, fin dalperiodo preislamico, una loro tradizione medica che vennead incrementarsi, con 1’avvento dell’ Isla-m, attraverso spe-cifici versetti coranici relativi ai principi piú generali diigiene e a varie questioni mediche. Inoltre molte tradizionirisalenti al Profeta trattavano di malattie varie, di igiene edella salute in genere, tradizioni che furono raccolte inun’opera nota come “Medicina del Profeta” (Tibb al-Nabi-)destinata ad evere grande influenza sulle abitudini dieteti-che e igieniche dei Musulmani.

Con questo bagaglio di conoscenze gli Arabi, dopo averconquistato l’Egitto e l’Iraq, vennero a contatto con i mag-giori centri di scienza medica del tempo: Alessandria,famosa per la medicina greca, e Gondeshapur, nei pressi diAhwa-z in Iran, attivo centro di insegnamento medico e sededi un ospedale, nonché punto di confluenza di studiosigreci, persiani, siriaci, ebrei e indiani. Il centro diGondeshapur fu in seguito trasferito a Bagdad dai primiCaliffi abbasidi, nella seconda metà dell’VIII secolo, e lí siformarono i primi famosi medici musulmani. Piú tardi fuistituito a Bag·dad anche un ospedale sul modello di quellodi Gondeshapur, ospedale che divenne il prototipo di moltialtri sorti in seguito in territorio islamico. In questi ospe-dali, il cui nome, bimarista-n, denuncia chiaramente l’originepersiana, lavoravano molti medici e chirurgi, vi erano saleseparate per le diverse categorie di malati, vi era annessauna farmacia e, a volte, anche una biblioteca.

Questo fervore di attività e di ricerche stimolò il deside-rio di apprendere sempre di piú dalla scienza del passatoed ebbe cosí inizio la traduzione sistematica di opere,

412

Page 413: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

soprattutto greche, a Bagdad, nella famosa “Casa dellaScienza” (Bayt ai-Hikma), appositamente istituita dal Califfoal-Ma’mu-n (813-833). Queste traduzioni implicarono il supe-ramento di gravi difficoltà in quanto si rese spesso necessarioconiare nuovi vocaboli arabi atti a rendere, nella maniera piúappropriata, termini tecnici fino ad allora sconosciuti.

La medicina araba va quindi considerata quale originalerielaborazione risultante dalla fusione della medicina greca(soprattutto di Ippocrate e Galeno) con le teorie e l’attivitàpratica dei Persiani e degli Indiani.

La traduzione di numerosi testi di medicina, l’istituzionedi centri di scienza medica e di ospedali, serví alla prepara-zione di specialisti le cui opere divennero famose ed eserci-tarono in seguito un notevole influsso sulla scienza euro-pea; basti pensare al contributo musulmano e, inparticolare, a quello di Costantino Africano allo sviluppodella Scuola medica salernitana.

Gli studi di medicina ebbero grande importanza ancheper gli stretti legami che avevano con altre scienze affini,soprattutto con la filosofia. È noto che molti filosofi e scien-ziati, come Avicenna (980-1037) e Averroè (1126-1198),furono anche medici.

Molto ci sarebbe da dire sulla filosofia che nel mondoislamico ebbe inizio verso il IX secolo con la traduzione inarabo di testi filosofici greci. Gli Arabi la consideraronoallora una delle “scienze degli antichi” (culu-m al-awa-’il), inantitesi alle scienze religiose della tradizione islamica e vi siaccostarono con un interesse misto a sospetto dovuto a scru-poli religiosi verso quanto poteva apparire contrario aidogmi della loro fede.

413

Page 414: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La vita dei filosofi nella comunità musulmana non fusempre facile; essendo piuttosto malvisti dagli intransigentiteologi e cultori di scienze religiose islamiche (fuqaha-’,‘ulama-’), essi furono a piú riprese tacciati di eresia e costrettia pagare a duro prezzo l’attaccamento ai loro studi. Inrealtà filosofi e scienziati furono per lo piú uomini di fedeche si sforzavano di conciliare il pensiero greco con la reli-gione, intendendo lo studio delle scienze come un’attivitànon piú fine a se stessa, ma votata a penetrare il mistero delmondo nell’approfondimento della verità teologica. Laloro opera va considerata di recupero del pensiero classico,pensiero del quale l’occidente nel Medioevo aveva conser-vato una limitata conoscenza e che poté essere progressi-vamente riscoperto grazie alle traduzioni e alle relativerielaborazioni ad opera degli Arabi. A questo proposito vaqui ricordato che, proprio attraverso traduzioni integrali inarabo a noi pervenute, ci è stato possibile ricostruire il testooriginale greco di molte opere che altrimenti avremmoconosciuto soltanto in maniera lacunosa o di cui addiritturaavremmo continuato a ignorare l’esistenza.

E se è stato merito degli Arabi aver trasmesso all’Oc-cidente le conoscenze scientifiche del mondo classico e diquello orientale, è anche merito loro, come sostiene ilBausani, l’aver allargato il campo di dette conoscenze a piúampi strati della popolazione, quasi una “democratizza-zione” del sapere resa possibile da vari fattori fra i quali: lagrande diffusione di un’unica lingua, l’arabo, dall’Indiaall’Andalus con relativo alfabeto; il proliferare delle scuolee delle istituzioni di cultura superiore in tutta la Da-ral-Isla-m con docenti che vi affluivano da piú parti, contri-

414

Page 415: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

buendo a una locale produzione scientifica; la particolarerelazione esistente tra docenti e studenti per cui questiultimi erano legati anche “spiritualmente” ai loro maestri,fattore molto importante per la trasmissione delle idee; ilgran numero di mercati (su-q) di libri ove non solo si vende-vano i codici ma, a richiesta, si trovava chi ricopiava i mano-scritti e provvedeva a rilegarli, il tutto reso possibile anchedall’uso della carta che, importata dall’oriente propriodagli Arabi, sostituí via via il papiro e la pergamena.

Nei su-q, che divennero anche attivi mercati del libro ser-vendo a svolgere una notevole opera di trasmissione cultu-rale, giungevano studiosi già affermati e studenti, prove-nienti a volte da remote località, in cerca di operescientifiche rare e di libri difficilmente reperibili altrove.

Le vie principali per la trasmissione di questa compositacultura in Occidente, come s’è già detto, furono principal-mente la Sicilia dei secoli X e XI e l’Andalus dal IX al XV.

Posta al centro degli itinerari che, attraverso il Me-diterraneo, mettevano in relazione l’Oriente con l’Occi-dente, la Sicilia recepí correnti culturali di cui si feceromediatori i numerosi eruditi provenienti da piú parti, dipassaggio per l’isola o destinati a fermarvisi per periodi piúo meno lunghi.

Lí la cultura islamica si incrociò con quella sicula, a suavolta impregnata dagli influssi dei precedenti strati dellapopolazione: indigeno, punico, greco, latino, bizantino,ebraico.

Quale risultato di questo incontro, a parte quantorimane delle stupende opere d’arte, basti pensare, nelcampo della cultura e della scienza, al piú grande geografo

415

Page 416: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

del Medioevo, al-Idri-si-, che compose per Ruggero II ilNormanno (1130-1154) il suo famoso trattato di Geografiaintitolato Nuzhat al-mushta-q ila- ikhtira-q al-a-fa-q (ossia Svago perchi è appassionato di girare il mondo) e piú noto appunto comeIl Libro di Ruggero. Esso è diviso in sette “climi” o fasce,secondo la partizione tolemaica; contiene una descrizionedel mondo estremamente particolareggiata, se si tieneconto dello stato delle conoscenze nel periodo in cui furedatto, ed è arricchito anche da settanta mappe (dieci perognuno dei sette climi), corredate di note descrittive.L’edizione integrale del testo arabo di quest’opera è statapubblicata tra il 1970 e il 1984 dall’Istituto UniversitarioOrientale di Napoli e dall’Istituto per il Medio ed EstremoOriente di Roma.

Ma la terra ove la civiltà islamica si sviluppò nellamaniera piú originale e raggiunse uno straordinario svi-luppo fu l’Andalus. Durante i cinque secoli di dominiomusulmano, sette se ci si riferisce al regno di Granada,l’Andalus fu il crogiuolo ove l’internazionale cultura arabo-islamica si fuse con una civiltà che affondava le radici anchenell’eredità romana. Una pluralità di elementi etnicamentedistinti: arabi, berberi, ibero-romani, visigoti, ebrei, serví adarricchire tale cultura e a imprimerle un carattere partico-lare, quasi di mosaico armonicamente composto.

Quando poi l’Andalus, alla caduta del CaliffatoUmayyade di Cordova (1031), si frantumò in tanti staterelli,il decentramento politico determinò un decentramentoculturale che permise la meravigliosa fioritura scientifica eartistica che caratterizzò l’XI secolo. Tale straordinario svi-luppo, frutto della coesistenza e della collaborazione

416

Page 417: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dell’Isla-m iberico, della Cristianità medioevale e dell’ebrai-smo, era destinato a irradiarsi nei paesi dell’Occidente,allora ancora in pieno Medioevo.

Cordova, Siviglia, Granada, Huesca, Segovia, Toledo,Barcellona, divennero centri di intensa vita intellettuale eartistica ove il pensiero, godendo di una notevole libertà,poté svilupparsi in vari rami del sapere.

Il contributo dell’Andalus alla storia della civiltà fuimmenso. Soprattutto importante fu il lavoro di revisionedelle traduzioni fatte in Oriente tra l’VIII e il IX secolo, dicui si è già detto. Dotti andalusi, grazie anche allo sviluppodi un vocabolario tecnico, furono i principali artefici di talerevisione, condotta con grande precisione. Essi però non silimitarono, ripeto, a trasmettere il pensiero greco e orien-tale, ma ne furono anche autentici continuatori in nuove,originali elaborazioni. La Spagna musulmana fu quindi lacatena di trasmissione della scienza del tempo dall’Orienteall’ Occidente.

Basti qui ricordare, fra le tante, la famosa scuola di tradut-tori di Toledo ove, soprattutto nel XII secolo, sotto l’egidadell’Arcivescovo Raimondo (1124-1151), furono tradotte inlatino le piú importanti opere della cultura arabo-islamicache vennero poi diffuse nell’Occidente medioevale. Tra i piúimportanti traduttori mi limito qui a fare i nomi di Giovannidi Siviglia, Gerardo da Cremona, Domingo Gonzàlez(Gundisalvi), Ermanno di Carinzia e cosí pure di Mosè haCohen, Abraham Alfaquin, Garci Perez.

Nella Spagna musulmana si svilupparono in modo parti-colare gli studi di medicina, astronomia, matematica, filo-sofia. Fra i medici ebrei che, oltre a esercitare la profes-

417

Page 418: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sione, si dedicarono, grazie alle loro notevoli e plurime com-petenze linguistiche (ebraico, arabo e ibero-romanzo),all’arte del tradurre, ricorderò il celebre Hasday ibn Shapru-tche si fece molto apprezzare per la sua vasta cultura aCordova, alla corte del Califfo ‘Abd al-Rahma-n III (X sec.).Sotto la sua guida, medici cordovani, con l’aiuto delmonaco bizantino Nicolas, decifrarono e tradussero inarabo la copia del manoscritto dell’opera Materia medica diDioscoride, copia inviata in dono al Califfo dall’imperatorebizantino Costantino VII Porfirogénito.

Altre mediazioni culturali si devono al matematico eastrologo di Barcellona, Abraham bar-Hiyya ha-Nazi, spessomenzionato come Savasorda (inizio XII sec.) e al famosomedico e teologo Ibn Maymu-n di Cordova (1136-1204),noto in Europa come Moise Maimonide.

E come non ricordare fra i musulmani i chirurgiAbulcasis (Abu- ’l-Qa-sim al-Zaha-wi-, XI sec.) e Ibn Zuhr(Avenzoar, XII sec.); i filosofi Ibn Bajja (Avenpace m. 1204),IbnTufayl (m. 1185), Ibn Rushd (Averroé, 1126-1198), imatematici e astronomi al-Majri-ti- (m. 1007) e al-Bitru- ji-

(Alpetragius m. 1204) e infine Ibn al-Bayta-r (m. 1248) e alGha-fiqi- (XII sec.), noti per i lavori di farmacologia, bota-nica, ecc.

Tutti costoro e moltissimi altri ebbero il merito di farconoscere all’Occidente cristiano la civiltà arabo-islamica etrasmettere parte del patrimonio intellettuale classico eorientale alla cultura europea.

Gli intensi rapporti culturali tra ebrei, cristiani e musul-mani in terra di Spagna ci inducono a riflettere sul carattereinsieme composito e unitario della tradizione nata dall’esi-

418

Page 419: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

genza di incontro e mediazione fra civiltà diverse, ma pursempre curiose del confronto e dell’arricchimento reci-proco, grazie a un’apertura mentale che, contrariamente aquello che si è sempre detto, esisteva nel Medioevo e sispera non vada smarrita oggi.

Dal volume: La civiltà islamica e le scienze, a cura di Clelia SarnelliCerqua, Ornella Marra, Pier Giovanni Pelfer, Atti del Simposio interna-zionale svoltosi a Firenze il 23 novembre 1991 per iniziativa dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici, dell’Istituto Universitario Orientale,della Fondazione IDIS e del Tuscany Science Forum (CUEN, Napoli,1995).

419

Page 420: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’architettura islamicalungo le vie carovaniere

MARIA VITTORIA FONTANA

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

Dopo la conquista musulmana veniva considerato ira-nico un territorio piú esteso di quello politicamente circo-scritto negli attuali confini, comprendente a settentrioneun’ampia fascia centroasiatica – fra cui, di fondamentaleimportanza, la Transoxiana. Già due secoli dopo l’arrivodell’Islam le province iraniche orientali avevano dato vita auna serie di dinastie locali che si resero di fatto indipen-denti dal potere centrale retto ufficialmente dal califfato‘abbaside (750-1258) di Baghdad – una di queste fu la dina-stia samanide (819-1005) che regnò su Transoxiana eKhurasan, l’attuale Iran nordorientale – e che diederoluogo a una sorta di islamizzazione della memoria collettivadel passato iranico. Il fondatore della dinastia samanide fuSa-ma-n-Khuda- , un proprietario terriero dell’Afghanistan set-tentrionale, anche se in seguito i Samanidi si proclama-rono discendenti degli antichi re dei re sasanidi. Ufficial-mente governatori per conto del califfato, essi regnaronodi fatto e il centro del loro potere fu in Transoxiana. Ilsovrano artefice delle piú importanti imprese belliche– nell’893 il saccheggio di Talas, la capitale della popola-zione turca dei Qarluq; nel 900 la vittoria sui S.affafldi (867-ca. 1495) – fu Isma-’i-1 I b. Ah.mad (892-907). Il suo mauso-leo è a Bukhara.

420

Page 421: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La pianta centrale con copertura a cupola che caratte-rizza il mausoleo di Isma-’i-1 rappresenta il prototipo nonsolo di quello che sarà il mausoleo-tipo iranico e centroa-siatico delle epoche successive – di quella timuride pure –ma anche delle cosiddette “moschee-chiosco” che avrannoin seguito, a partire dall’XI secolo, amplissima diffusione intutto l’Iran. Il particolare uso del mattone cotto quale ele-mento costruttivo e, nello stesso tempo, decorativo costitui-sce, inoltre, una delle piú grandi innovazioni dell’architet-tura samanide e islamica in generale.

Dopo i Samanidi altre dinastie di origine turca (iSelgiuchidi, 1038-1194) e mongola (gli Ilkhanidi, 1256-1353) si succedettero nell’ampio territorio iranico; nelQuattrocento quest’ultimo era sotto il dominio della dina-stia timuride (1370-1506). Essa derivò il nome dal suo capo-stipite, Ti-mu-r (nato nel 1336 e regnante dal 1370 al 1405),noto in Occidente come Tamerlano, da Ti-mu-r lang: il suoclaudicare, infatti, lo aveva fatto soprannominare lang(zoppo). Egli sosteneva che la sua famiglia discendessedal condottiero mongolo Chinggis Khan: come questo,Ti-mu-r decise una conquista sistematica di ampi territori siaad Oriente sia ad Occidente. Da Samarcanda, città di là dalfiume Oxus (A-mu- Darya-), i Timuridi si mossero per conqui-stare l’Iran nordorientale prima e poi l’Iran tutto e l’Iraq;Ti-mu-r prese anche l’Astrakhan e giunse in India dove sac-cheggiò Delhi negli anni 1398-99; nei primi anni delQuattrocento conquistò Damasco e Ankara. Tornò aSamarcanda, la capitale, dove morí e fu sepolto in quellosplendido mausoleo che è il Gu-r-i Ami-r, edificio che con-tiene anche le spoglie dei familiari di Ti-mu-r, completato nel1405. Essendo già stati eliminati i rivali, cioè i Gialairidi da

421

Page 422: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Tabriz e Baghdad, e i Muz.affaridi da Shiraz, suo figlio Sha-hRukh (1405-1447) considerò Samarcanda troppo decen-trata come capitale e decise allora (1407) di spostare que-st’ultima a Herat, nell’odierno Afghanistan. Durante illungo regno di Sha-h Rukh suo figlio Ulugh Beg (poi suosuccessore, 1447-1449) fu governatore, assieme agli altri fra-telli, delle regioni che costituivano l’immenso impero:Ulugh Beg fu a Samarcanda, Ibra-hlm Sult.a-n a Shiraz,Baysunqur prima a Tabriz e poi a Herat. Numerose lotte disuccessione in seguito alla morte di Sha-h Rukh segnaronoun periodo molto travagliato per l’impero timuride che siriprese soltanto con Abu- Sa’i-d (1451-1469) il quale tuttaviadovette subire le prime aggressioni dei Turcomanni.L’ultima grande figura di sovrano timuride fu quella di lju-sayn Bayqara (1470-1506) che da Herat governò sull’Irannordorientale.

L’architettura timuride, pur non essendo particolar-mente innovativa rispetto a quella dell’epoca precedente,cioè ilkhanide, elaborò variazioni tematiche di cui furonocompartecipi elementi centroasiatici, lasciandoci eccezio-nali testimonianze di sé, soprattutto in Asia centrale – aSamarcanda e a Bukhara – ma anche nell’Iran nordorien-tale (Khurasan) – a Herat, Mashhad, Balkh e Maza-r-iShari-f. Innovativa è senza dubbio la volontà di una partico-lare sistemazione urbanistica che prevedeva moduli archi-tettonici disposti in gruppi: di questi ci resta un esempioeclatante, sebbene cosí sistemato in epoca shaybanide(1500-1598) e successiva, nel Rigista-n di Samarcanda,composto dalle madrase di Ulugh Beg (costruita fra il 1417e il 1420) e Shi-r Da-r (edificata in età post-timuride, fra il1619 e il 1636 per volere di Yalangtu-sh Bi-, noto anche come

422

Page 423: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

il “piccolo Ti-mu-r”, un personaggio di spicco all’epoca delladinastia ashtarkanide, 1540-1599; 1598-1711), dalla mo-schea madrasa T.ila- Ka-ri- (1646-47, anch’essa costruita daYalangtu-sh Bi-) e, annesso al complesso di questi tre edificiche si affacciano su uno spiazzo comune, anche il chaha-rsu-

(quadrivio, cioè il nucleo del bazar).La pianta tipica della moschea timuride segue quella d’e-

poca selgiuchide, con cortile (s.ah.n) rettangolare al centro,quattro i-va-n che si affacciano su di esso e una sala cupolatache segue l’i-va-n posto sul lato qibli- (cioè quello in direzionedella Mecca alla quale il fedele si rivolge per la preghiera);è inoltre frequente l’uso di piú minareti. Uno dei piú notiesempi che impiegano una pianta siffatta è la moschea di Bi-

bi- Kha-num, eretta fra il 1398 e il 1405. Elementi tipici del-l’architettura timuride sono la cupola bulbosa, spesso costo-lata, su alto tamburo e il portale che assume dimensionisempre piú imponenti.

La pianta del mausoleo, cosí come si sviluppa aSamarcanda, è di tipo semplice: una stanza quadrata su cui siinnesta la cupola, ma la testimonianza piú importante lascia-taci dai Timuridi nell’ambito dell’architettura funeraria èche per lo piú i mausolei non sorgono isolati ma fanno partedi un complesso di edifici: assieme, per esempio, a fonda-zioni religiose; oppure sono riuniti in gruppi, seguendo unvero e proprio “sentiero cimiteriale”. L’esempio per eccel-lenza di quest’ultimo caso è quello dello Sha-h-i Zinda (cioèdel “re vivente”, definizione comune per Qa-sim ibn ‘Abba-s,colui che avrebbe fatto arrivare l’Islam a Samarcanda), unavera e propria necropoli costituita da sedici edifici – l’ultimodei quali costruito nel 1405 – il cui ingresso è segnalato da unportale edificato da Ulugh Beg.

423

Page 424: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Ma il linguaggio piú importante di quest’architettura –precisa manifestazione di un’arte espressione di un impero– consiste nell’ostentazione della sua ricchezza, obiettivoraggiunto mediante una decorazione architettonica ese-guita rigorosamente in ceramica policroma. Quest’ultimapuò essere costituita dal semplice inserto ceramico, ovvero-sia da mattoncini rivestiti di invetriatura colorata inseritinell’apparato edificatorio in cotto distribuiti secondo formegeometriche o epigrafiche, oppure da un vero e propriomosaico ceramico con ornati vegetali ed epigrafici; que-st’ultima tecnica, molto dispendiosa, sarà sostituita, a par-tire già dalla metà del XV secolo, da mattonelle quadratecaratterizzate da una decorazione resa con la cuerda seca, ilcui corrispettivo termine persiano è haft aurang, o sette“pitture”.

È stato pubblicato negli anni Novanta (1992; rist. 1996)un volume dal titolo Caught in Time: Great PhotographicArchives, Samarkand, Garnet Publishing, Reading (curatoredella serie, che comprende monografie anche su Bukhara[1993] e Khiva, è Vitaly Naumkin) che illustra una splen-dida sequenza di immagini della città vista con l’occhio diotto fotografi (sei russi e due francesi) vissuti e operanti acavallo fra il XIX e il XX secolo; queste foto sono conservatein piú archivi russi, la maggior parte dei quali aSan Pietroburgo. Ancora piú recente è il volume diGorshenina Svetlava, La route de Samarcande. L’Asie centraledans l’objectif des voyageurs d’autrefois, Editions Olizane,Genève, 2000, ove è presentata l’opera fotografica dei viag-giatori che visitarono l’Asia Centrale sino alla chiusura dellefrontiere russe nel 1930.

424

Page 425: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Fotografie degli anni Settanta del XX secolo come quelleesposte in mostra (sono all’incirca della stessa epoca – pub-blicate nel 1969 – le belle foto in bianco e nero di A.Aleksandrov che costituiscono il consistente apparato illu-strativo del testo di V. Voronina, Arkhitekturnye pamjatnikiSrednej Azii: Bukhara, Samarkand./ Architectural Monuments ofMiddle Asia: Bukhara, Samarkand, “Aurora” Publishers,Leningrad) non hanno, senza dubbio, il medesimo valore ditestimonianza storico-documentaria di quelle, ben piú anti-che, pubblicate nei succitati volumi della Garnet Publishinge delle Editions Olizane, ma costituiscono anch’esse, rispettoallo stato di conservazione dei monumenti ai nostri giorni,l’interessante attestazione di una situazione conservativaintercorsa fra fine Ottocento/inizio Novecento ed oggi.

Molti degli studiosi di storia dell’arte centroasiatica pre-islamica tendono a considerare la battaglia di Talas nel 751d.C. (quando l’esercito cinese dei Tang – duramente scon-fitto da una coalizione sogdiano-musulmana – dovette defi-nitivamente rinunciare alle mire espansionistiche nelTurkestan occidentantale), un evento fatidico che pose fineall’autonomia della Sogdiana e segnò l’inizio di un pesantedominio musulmano, determinando il crollo culturale edeconomico della regione.

In realtà la Transoxiana, essendo attraversata dalle viecarovaniere, costituiva da sempre un importante nodo com-merciale tra oriente ed occidente attirando inevitabilmentel’attenzione e l’interesse di diversi popoli che, nel corso deisecoli, si avvicendarono su queste terre. Tali invasioni, purdeterminando sconvolgimenti politici e a volte inizialiperiodi di regresso, non decretarono mai il definitivodeclino economico e culturale di questa zona, la quale

425

Page 426: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

invece seppe appropriarsi dei suggerimenti “stranieri” (chearrivassero per contatti pacifici o meno) per attuare conti-nui rinnovamenti, nei quali si fondono tradizioni diverse:partico-sasanidi, centroasiatiche, turco-mongole.

Gli sconvolgimenti iniziali portati da truppe musulmanefurono la premessa per la ricomposizione di nuove strut-ture sociali; le classi emergenti compresero perfettamentel’importanza fondamentale del commercio “internazio-nale”: prova ne siano i grandi caravanserragli costruitilungo le vie carovaniere proprio in periodo islamico.Inoltre, come nel caso delle precedenti occupazioni, anchequesto “contatto” produsse ulteriori arricchimenti culturaliforieri di profondi rinnovamenti, attestati nella produzioneartistica di dinastie locali come i Samanidi (819-1005), o didinastie di origine turca come i Ghaznavidi (977-1186) e iSelgiuchidi (1038-1194), che attinsero dal patrimonio cul-turale iranico persiano come da quello centroasiatico.

Vi è dunque tra il periodo pre-islamico e quello succes-sivo un processo evolutivo, sul quale l’impatto con l’Islampuò aver causato, forse, una breve e momentanea battutad’arresto ampiamente colmata e ricompensata poi dalleenormi spinte innovative introdotte.

Nel mausoleo samanide di Bukhara si può riscontrarequesto sincretismo artistico che conduce poi a soluzioni deltutto nuove. L’edificio a pianta centrale, coperto da cupolae con aperture sui quattro lati, ripropone una tipologiaarchitettonica ben nota nel mondo persiano: il chaha-r t.a-q.

L’edificio è in mattoni cotti; mentre nell’Asia centralepredominava ancora l’uso del mattone crudo, in Iran enella Mesopotamia era già largamente diffuso il mattonecotto, impiegato anche nella decorazione. Dalla semplice

426

Page 427: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

disposizione dei mattoni sono create le nicchie, gli archiciechi, le nervature che abbelliscono il paramento murariodel palazzo di Ukhaydir (788) in Iraq, a 200 km. a sud diSamarra, o della porta di Raqqa (772), in Siria, per i quali icostruttori musulmani si ispirarono quasi certamente alpalazzo sasanide di Ctesifonte. Non si può dunque dire cheil ricorso al mattone cotto come materiale costruttivo edecorativo sia una novità assoluta, ma la tecnica usata perquesto mausoleo è decisamente originale. I costruttorihanno saputo sfruttare, sia all’esterno sia all’interno dell’e-dificio, tutte le potenzialità strutturali e decorative del late-rizio. La decorazione è ottenuta mediante una sapiente efantasiosa disposizione dei mattoni che, all’alternanza dimattoni verticali, orizzontali e obliqui, abbina anche il con-trasto tra mattoni aggettanti e arretrati.

Mentre lo schema architettonico dell’edificio rimandadunque ad una tradizione iranica, la tecnica costruttiva e ilparticolare uso del mattone cotto è un’innovazione del-l’arte centroasiatica.

Questa tecnica di decorazione a base laterizia continuaanche sotto i Qarakhanidi (992-1211), una dinastia di stirpeturca, che nel 999 sconfisse i Samanidi e occupò l’interaTransoxiana e Bukhara (XI-XII secolo). All’attività ediliziadei Qarakhanidi è da attribuire il minareto della moscheadi Kala-n (1127) a Bukhara. Sul corpo cilindrico del mina-reto la decorazione in mattoni è disposta su registri sovrap-posti ciascuno dei quali presenta un motivo ornamentalediverso costituito comunque sempre da composizioni geo-metriche. Tali motivi sono ottenuti tramite la disposizionelineare o in aggetto dei mattoni, ma non mancano inserti dimattoni intagliati o scolpiti come si può vedere nelle cornici

427

Page 428: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

a muqarnas, anch’esse realizzate in mattoni, che sostengonoil tetto e il balcone posti all’apice del minareto.

Il termine persiano haza-r-ba-f, usato per tale tecnica, signi-fica letteralmente “mille tessiture”; la scelta di questa defi-nizione non è casuale in quanto, come è stato spesso osser-vato, visivamente i motivi decorativi di queste strutturearchitettoniche evocano le trame e gli orditi di broccati estoffe damascate, che potrebbero essere state una fonte diispirazione.

I Qarakhanidi e le varie popolazioni di origine turca, chea ondate successive si riversarono su questi territori (come iSelgiuchidi), apportano comunque un elemento di novitàin questa decorazione a base laterizia: sui paramenti muraridi mattoni monocromi compaiono frammenti di terracottao mattonelle con la faccia a vista rivestita di invetriatura tur-chese. L’inserimento di tale elemento policromo durantel’XI-XII secolo è ancora molto moderato: un fregio in cera-mica turchese e blu circonda la cornice inferiore del giàmenzionato minareto Kala-n (grande minareto), ma occupauno spazio decisamente limitato rispetto al resto della deco-razione in mattoni. Altrettanto discrete sono le inserzioni dimattoncini invetriati di colore turchese sulla facciata meri-dionale della moschea Magök ‘At.t.ari- (XII secolo) aBukhara (l’unica parte di periodo qarakhanide conserva-tosi: il resto della costruzione esterna è stato ricostruito inepoche successive). La decorazione ad haza-r-ba-f, utilizzataper le doppie colonne incassate nei pilastri prospicienti ilati del portale e per la superficie muraria intorno allaporta, è abbinata ad una ricca ornamentazione in terracottascolpita che propone motivi geometrici e ad arabesco.L’arco d’entrata, sostenuto da colonnine, è incorniciato da

428

Page 429: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mattonelle invetriate turchesi che formano eleganti e leg-geri arabeschi in rilievo.

Quasi contemporanei alle costruzioni di Bukhara sonodue mausolei di Kunya Urgenc risalenti alla fine del XIIsecolo, quando la regione era governata dalla dinastia sel-giuchide dei Khwa-rezm Sha-h (1077-1231), che creò ungrande impero il quale si estendeva dalle regioni setten-trionali del Si-r Darya- fino alle attuali regioni settentrionalidell’Iran e dell’Afghanistan. Il mausoleo di Arsla-n, costruitotra il 1156 e il 1172, è un significativo esempio di come lepopolazioni di origine turca abbiano saputo appropriarsidella tecnica decorativa in laterizio propria dell’AsiaCentrale, enfatizzando però il ruolo ornamentale del mat-tone scolpito che nel mausoleo di Arsla-n adorna la facciata.Sia in questo edificio sia nel mausoleo piú tardo di Sult.a-nTakish (1193-1200) la tecnica decorativa a haza-r-ba-f è utiliz-zata anche per gli inserti di mattoncini invetriati turchesiche formano motivi geometrici e romboidali sull’alta coper-tura conica. Se le tecniche decorative ripropongono la tra-dizione centroasiatica, l’impianto di tali costruzioni funera-rie – edifici a torre circolari o poligonali con copertureconiche o piramidali – non sembra trovare riscontri nelmondo centroasiatico o iranico preislamico. La possibilecorrelazione tra la forma delle tende in uso presso i popolinomadi dell’Asia Centrale e questo tipo di coperture è unaquestione tuttora molto controversa; in ogni caso proprionel sistema di coperture tali mausolei apportano un’inte-ressante innovazione: il ricorso ad una doppia copertura.All’interno la stanza ha infatti una bassa cupola nascostaall’esterno da un alto tamburo – conico o poliedrico – sulquale è impostata la elevata copertura esterna, essa pure

429

Page 430: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

conica o piramidale. Probabilmente questi mausolei sonofra i primi edifici a presentare tale metodo costruttivo cheverrà poi ripreso dagli Ilkha-nidi (1256-1353), nei cui edificispesso si riscontra la cupola a doppio scafo. Saranno però iTimuridi che, avvantaggiati dalle esperienze tecniche deiloro predecessori, sapranno elaborare in tutta la sua poten-zialità questo sistema architettonico.

Il colore, che grazie a Qarakhanidi e Selgiuchidi avevafatto un timido ingresso nell’architettura islamica centroa-siatica con i primi tocchi di azzurro, diventò progressiva-mente un elemento decorativo sempre piú ricco ed esteso.

La moschea funeraria della dinastia s.u- fi- di Kunya Urgencrisalente al XIV secolo – dove sarebbe stata sepolta TurabegKha-num (moglie del governatore del Khwarezm) – costitui-sce, per la bellezza delle sue decorazioni, uno dei miglioriesempi di questo sviluppo della policromia applicataall’architettura pre-timuride. L’edificio, per la complessitàdelle sue forme, è stato visto come la trasposizione in chiavearchitettonica di un “calendario” in cui ogni elemento haun suo preciso riferimento temporale: le 365 sezioni delpavimento a mosaico rappresenterebbero i giorni del-l’anno, mentre i 24 archi a sesto acuto le ore del giorno e i12 archi sottostanti alluderebbero ai mesi dell’anno. Questasuggestiva interpretazione potrebbe avere un certo fonda-mento e non essere solo un’affascinante ipotesi, in quantoera usuale fra i s.u- fi- (confraternita religiosa a cui aderivaquesta dinastia) far ricorso a metafore (in campo letterariocome in quello artistico-visivo) per alludere a realtà metafi-siche, come alla contrapposizione tra “l’attimo” della vitaumana e l’infinito trascorrere del tempo e all’eternità, con-cetto strettamente pertinente ad un mausoleo.

430

Page 431: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

È però nella decorazione che questo edificio raggiungela sua massima espressione artistica: la calotta interna dellacupola è completamente rivestita da mosaico ceramico cheforma un intreccio basato sulla intersezione e lo sviluppo difigure geometriche – che sembrano rincorrersi all’infinito –abbinate ad arabeschi floreali. Il risultato visivo finale sem-bra evocare la volta stellata.

In questa evoluzione artistica si possono rintracciare lepremesse della fioritura dell’arte timuride, che saprà armo-nizzare le varie tradizioni di cui si è detto.

L’architettura timuride si conforma, nelle sue lineeessenziali, ai modelli elaborati nell’epoca precedente dagliIlkhanidi, che per gli impianti di moschee e madrase ave-vano comunque rielaborato, adattandole alle loro esigenze,tipologie architettoniche note dal periodo partico-sasanide.

La doppia copertura, caratteristica dei mausolei diKunya Urgenc, o la cupola a doppio scafo, tipica degliIlkhanidi (e sconosciuta tra Parti e Sasanidi), è una solu-zione architettonica particolarmente apprezzata daiTimuridi i quali riescono ad innalzare notevolmente lacupola esterna grazie ad un complesso sistema di archi tra-sversali – raccordati da nervature – che si intersecano. Inquesto modo elaborano un sistema portante su cui possonoimpostare alti tamburi e cupole bulbose e a volte costolate.Tale impianto si può riscontrare nel mausoleo di Gu-r-i A-mi-re in diversi mausolei di Sha-h-i Zinda.

È comunque nell’ampio uso della ceramica policromanei paramenti murari che l’arte timuride si distingue: senelle fasi precedenti l’inserzione di mattoncini invetriatiera comunque circoscritta e quindi la si poteva considerareun ricorso decorativo (per quanto sempre piú esteso), nel

431

Page 432: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

periodo timuride la ceramica policroma riveste completa-mente le superfici parietali esterne e spesso anche internedegli edifici diventando cosí parte integrante della stessaarchitettura, le cui linee e strutture portanti sono comple-tamente mascherate. Solo risalendo al periodo assiro-babi-lonese e achemenide si può ritrovare, in una zona medioorientale, un analogo sfoggio nell’uso del mattone cera-mico dipinto e invetriato, caduto poi completamente in dis-uso fra Parti e Sasanidi.

Questa sfarzosa decorazione e questa architettura cosíimponente dalle proporzioni straordinariamente monu-mentali, a volte – come ha osservato giustamente Komec –voleva essere l’affermazione del potere e del prestigio di unimpero che aspirava evidentemente “all’immortalità”.Oseremo dire che lo scopo è stato in un certo senso “cultu-ralmente” raggiunto: l’arte timuride è sopravvissuta aldeclino politico della dinastia e ad essa sono debitrici l’artemoghul in India come l’arte s.afavide in Iran.

In Asia centrale le dinastie locali come gli Shaybanidi siatterranno agli schemi architettonici codificati nel periodotimuride, senza portare sostanziali innovazioni; in qualcheraro caso manifesteranno una maggiore libertà espressivarispetto alle regole islamiche che escludevano la possibilitàdi rappresentazioni figurative: sulle vele del timpano dellamadrasa di Na-dir Di-va-n a Bukhara sono rappresentati due si-

murgh (animale alato fantastico appartenete alla tradizionepersiana), che stringono fra gli artigli un agnello e sonorivolti verso un sole dal volto umano posto alla cuspide del-l’i-va-n. Questa raffigurazione ha quasi certamente unavalenza metaforica in quanto il si-murgh è presso i mistici ilsimbolo dell’accesso alla conoscenza suprema personificata

432

Page 433: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in questo caso dal sole. Un valore analogo, dove si combi-nano iconografie astrologiche e mistiche, potrebbe averel’immagine che appare sulla madrasa Shi-r-Da-r a Sa-marcanda: dalle spalle di due animali fantastici (per metàleoni e per metà tigri), che inseguono una gazzella, sorgeun sole dal volto umano.

La tradizione timuride esercitò evidentemente un forteascendente anche a distanza di tempo visto che il khanatodi Khiva nel XIX e XX secolo continuò ad edificaremoschee e madrase secondo la classica tipologia: impianto aquattro i-va-n, con s.ah.n centrale e alti pi-sht.a-q; un ritorno aduna tradizione piú centroasiatica è riscontrabile negli alti ta-

la-r e nelle colonne lignee intagliate.Il territorio dei bacini dei due fiumi principali dell’Asia

centrale, il Si-r-Darya- e l’A-mu- -Darya-, considerati nell’anti-chità i confini nord orientali del mondo classico, furonosede di antiche civiltà. L’espansione ellenistica, iniziatacon la conquista di Alessandro il Macedone, pose fineall’impero achemenide ereditato, dopo la morte diAlessandro Magno, dalla dinastia seleucide, ma laBactriana, la Sogdiana, il Khwa-rezm – noto nelle fonti gre-che e latine con il nome di Chorasmia – e la Parthia siresero ben presto indipendenti dai Seleucidi. Il potenteimpero kushana dominò in queste zone fino al IV secolod.C. Dopo il suo declino, all’inizio del periodo feudale, leantiche città fortificate e i palazzi, molti dei quali si sonoconservati fino ai nostri giorni, divennero un modello diinsediamento.

Nel 712 questi territori vennero conquistati dall’Islamed entrarono a far parte del califfato ‘abbaside. Intorno alIX secolo si costituí lo stato dei Samanidi, con capitale

433

Page 434: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Bukhara, solo formalmente sottomessa agli ‘abbasidi.Anche la vita di altre città cominciò a rifiorire; Sa-marcanda divenne alla fine del X secolo la capitale delKhwa-rezm.

Lo sviluppo continuò anche durante le dinastie deiSelgiuchidi e dei Qarakhanidi, che dominarono dall’XIsecolo.

L’invasione mongola del 1220-1221, portando distru-zione e morte, determinò la catastrofe della regione.Soltanto nel XIV secolo, con l’avvento della dinastia timu-ride, si spostò qui il centro di un nuovo impero di cuidivenne capitale Samarcanda. A questo periodo risalgono imeravigliosi monumenti architettonici che costituisconol’orgoglio dell’Asia centrale.

Con il trasferimento della capitale dell’impero timuridea Herat (XVI secolo), il ruolo di prima città dellaTransoxiana passò da Samarcanda a Bukhara, che dal 1530divenne il centro dello stato degli Shaybanidi. Il Khwa-rezme la sua capitale, Urgenc, dopo la sconfitta inflitta da Ti-murnel 1388 ebbero un progressivo calo demografico. Urgencsi trasformò in un grande villaggio, devastato da una guerrafratricida, e dal XVI secolo iniziò quello spopolamento chetrasformò infine la zona in un luogo deserto e abbando-nato.

Nel XVII secolo a Samarcanda riprese un’intensa attivitàedilizia, in quanto la città fu scelta come capitale delgoverno feudale della stirpe uzbeka di Alcun; ma nel XVIIIsecolo incominciò sia per Samarcanda sia per Bukhara unperiodo di decadenza: lo splendore dei secoli passati non fupiú eguagliato. Dalla fine del XVIII secolo si formarono lecorti di Bukhara, Kokand e Khiva, la quale nel XIX secolo

434

Page 435: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mutò radicalmente fisionomia grazie alla vivace attività edi-lizia voluta dai suoi Khan.

Dal volume: L’architettura islamica. Lungo le vie carovaniere, a cura diNicoletta Misler, M. Vittoria Fontana e Franca Filipponi, con fotografiedi Aleksej Komec, catalogo della mostra allestita in Palazzo Serra diCassano a cura di Giulia Calabrese e Adele Di Ruocco per iniziativadell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, del Dipartimento di Studidell’Europa Orientale e del Dipartimento di Studi Asiatici dell’IstitutoUniversitario Orientale (M. D’Auria Editore, Napoli, 2000).

435

Page 436: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Gli Armeni in Italia

BOGHOS LEVON ZEKIYAN

Università di Venezia «Ca Foscari»

Le prime vestigia sicure di un’attendibile presenza diarmeni nell’Italia medievale si riscontrano nell’Esarcatobizantino di Ravenna. Alcuni degli esarchi erano di originearmena, come il famoso patrizio Narsete (Nerses) l’Eunuco(541-568) e Isaccio (Sahak) (625-644). Di quest’ultimo sitrova nella chiesa di San Vitale a Ravenna uno splendidomonumento con sculture ed epigrafi che lo proclamano«gloria dell’Armenia». In un mosaico della stessa chiesa èforse lo stesso Narsete che si vede al fianco dell’imperatoreGiustiniano. Inoltre si trovava a Ravenna, per la difesa dellacittà, una milizia composta per la maggior parte di armeni,detta perciò «armena» o numerus Armeniorum. Per la stessaragione anche il quartiere dove dimoravano i militari, laClassis, nella zona litorale della città, fu pure chiamato “Ar-menia”. Questo nucleo di Ravenna può essere consideratogiustamente come la prima colonia armena dell’Italiamedievale. È da rilevare però che quegli armeni erano nelmedesimo tempo cittadini bizantini, erano cioè bizantino-armeni.

Nello stesso periodo, oltre a quelli summenzionati, ven-gono ricordati pure altri nomi di capi armeni in Italia, sottoil comando dei quali combatterono anche numerose solda-tesche armene.

Contemporaneamente a questi nuclei di militari e fun-zionari, non mancarono anche gli uomini di commercio

436

Page 437: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che si sparsero lungo le coste settentrionali dell’Africa, perla Sicilia, fino in fondo all’Adriatico e a Ravenna.

Secondo una tradizione, due reliquie di San Gregoriol’Illuminatore sono custodite in Italia: a Nardò le ossa di unbraccio e a Napoli il cranio, trasferito qui da Nardò ai tempidi Ferdinando II d’Aragona, nel XV secolo. La tradizionelocale, riportata anche da Baronio, afferma che le reliquie delSanto furono trasferite in Italia da monache e fedeli armeni,fuggiti dall’Oriente. Secondo Baronio, ciò dovrebbe essereaccaduto ai tempi di Costantino Copronimo (741-775),imperatore iconoclasta. Quale che sia l’autenticità di questatradizione, è sommamente probabile l’esistenza a Napoli diuna non trascurabile colonia armena, poiché in un calenda-rio lapidare di quella città risalente alla prima metà del IXsecolo, trovato nel 1742 durante i lavori di restauro della chie-sa di San Giovanni Maggiore, sono indicate le feste di SanGregorio l’Illuminatore e di due vergini martiri armene,Hrip’sime e Gayiane. Inoltre, quando l’imperatore CostanzoII venne ucciso a Siracusa, nel 668, il reparto militare che vi sitrovava proclamò un antiimperatore nella persona di Misisio(Mjej), di origine armena; anche questo fatto suggerisce chetra i militari doveva avere un peso determinante l’elementoarmeno. Difatti fin dal VI secolo i militari armeni reclutati nel-l’esercito bizantino arrivavano numerosi, non solo nell’Italiasettentrionale, ma anche nel Sud. Fu celebre tra i governato-ri di Sicilia Alessio Mussele (Mushegh), della casata Ma-mikonian, venuto in Italia nell’832. In Sicilia viene ricordatoanche un castello degli armeni, Qal’at’ al ’Armanîn (la roccadegli armeni), che venne espugnato nell’861.

Verso la fine del IX secolo e nel X, con il riaffermarsidella potenza bizantina in Italia, vediamo di nuovo con fre-

437

Page 438: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

quenza, sulla scena della vita politica della Penisola, batta-glioni e capi armeni. Già nei primi decenni del IX secolo, sitrova in Italia Arsace (Arshak), ambasciatore di Niceforo Ialla corte di Carlo Magno, il quale arrivò a Venezia per giu-dicare il doge Obelerio.

Gli armeni combattevano in Italia, ai tempi di Basilio I,sotto il comando di Niceforo Foca il Vecchio, nonno del-l’imperatore dallo stesso nome. Anzi, Niceforo il Vecchioimpiantò una moltitudine di armeni in Calabria, forse pau-liciani, come suggerisce H. Grégoire. Numerosi erano gliarmeni in Italia anche sotto il comando del patrizio Cosma,nel 934.

Fu un capo armeno, Symbathicius (Smbatik), protospa-tario di Leone VI il Saggio, che nell’891 riguadagnò aBisanzio, anche se per breve tempo, il Ducato di Benevento.I suoi successori, i patrizi Giorgio e Barsaces o Varsak, sonoforse anch’essi di origine armena, come sembra indicare ilnome Varsak. In un documento dell’892, rilasciato a Be-nevento, in cui s’intitola «imperialis protospatharius etstratjgo Macedoniae, Tracie, Cephalonie atque Longi-bardie», Symbathicius conferma i possedimenti del mona-stero di Montecassino e li garantisce contro le intrusioni deirappresentanti armeni, greci e lombardi dell’ammi-nistrazione. Non lontano da Benevento, a Gaeta, troviamomenzionata, nel 906, la casata di un certo Artavazd. Inpieno X secolo, il protospatario e stratega del tema diLombardia è pure un armeno, Paschalios, della famiglia deiKrenites, il quale, nel 943, per ordine di RomanoLecapeno, chiese la mano della figlia di Hugues deProvence per il figlio di Costantino Porfirogenito. Nel 982un certo Sympathikios firmò un documento, in Calabria,

438

Page 439: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

come «Stratega di Macedonia, Tracia e Lombardia». Lamolteplicità dei titoli indica ancora una personalità diprimo piano, come nel caso del conquistatore diBenevento.

All’inizio dell’XI secolo (1008-1010), è un armeno,Giovanni, della famosa casata dei Curcuas (Gurgen), il cate-pano di Bari. Fu un altro armeno, lo stratega Leone Tornikos(T’ornik, T’ornikian), soprannominato Kontoleon per la suaalta statura, che nel 1011 riconquistò Bari a Bisanzio, insie-me al catepano Vasil Argyros, detto il Mesardonites. Verso il1041, Messina è l’unica, tra le numerose città siciliane ripre-se nel 1040 dal comandante Giorgio Maniakes, che sfuggealla riconquista araba, difesa dal protospatario Katakalon,capo dei reparti armeni.

Il fatto che nel surriferito documento del protospatario diBenevento, Synibathicius, gli armeni sono menzionati espres-samente e per primi, anche se dovuto forse in parte ai senti-menti nazionali del firmatario, sembra essere un indizio diuna non trascurabile presenza di armeni nell’amministrazio-ne beneventana. Vi sono inoltre notizie di numerose famigliearmene e di matrimoni misti a Bari e nei dintorni, par-ticolarmente a Ceglie, sulla via Traiana, già nel X secolo. ABari essi avevano pure una chiesa, che ancora nel XIII secoloveniva ricordata come Sanctus Georgius de Armenis; un’altrachiesa, Sanctus Andrea de Harmenis, era ricordata a Taranto.Gli armeni si erano installati anche nelle parti interne dellaprovincia, come a Matera, dove una chiesa rupestre, forse uncentro monastico, portava già nell’XI secolo il titolo di SanctaMaria de Armeniis. Secondo il Guillou, queste notizietenderebbero «a dimostrare anzitutto che gli armeni poteva-no essere abbastanza numerosi nell’Italia del Sud, e poi che

439

Page 440: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

essi non erano immigrati di recente in questo paese per lenecessità del loro commercio».

A questi vari indizi dal nord e dal sud attestanti comuni-tà piú o meno consistenti di armeni, si aggiunge un altrodato molto significativo di un’epoca anteriore. Infatti, negliatti del Concilio lateranense, del 646, viene menzionato aRoma un monastero armeno detto «Renati» e intitolato allaVergine e a Sant’Andrea. L’abate di questo monastero,Talassio, partecipò al Concilio insieme ad altri abati orienta-li dell’Urbe, quali rappresentanti della Chiesa orientale. Ilmonastero era chiamato anche Sanctorum Andreae et Luciae.Non siamo in possesso di notizie chiare sul sito, pare peròche sorgesse sull’Esquilino, non lontano dai famosi trofei diMario. È questa la prima testimonianza di una tradizionericca di monachesimo armeno in Italia, la quale continueràanche nei secoli successivi, arrivando fino ai giorni nostricon l’ordine dei monaci mechitaristi di Venezia e la con-gregazione delle suore armene dell’Immacolata Concezio-ne con sede a Roma.

Negli anni anteriori al Mille, un’altra presenza di religio-si armeni è attestata a Firenze. Il Richa, parlando di mona-ci basiliani che da tempi remoti vi si erano stabiliti, dice: «Epremettere ancora si dee, che nelle vetuste carte troviamoquesti monaci appellati generalmente i Frati Greci, e confrequenza i Frati Ermini, comecché venuti dall’Armenia».Difatti con l’appellativo greco si era soliti indicare nel Me-dioevo gli orientali in genere. Il Richa prosegue cosí: «Orfacendomi dai Conventi loro, che parecchi ne accenna lasuddetta Cronica [di Fra’ Giuliano della Cavallina], tra’quali indubitatamente si debbono annoverare i tre seguen-ti, la Badia di S. Miniato al Monte, il Bosco a’ Frati [S.

440

Page 441: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Michele in Mugello] e S. Basilio in Firenze, e che prima delmille fossero i Basiliani a S. Miniato, oltre l’autorità delVasari e del Sig. Manni, chiaramente lo scrisse il Brocchinella sopraccennata sua opera [Vita de’ Beati e SantiFiorentini], dicendo a pag. 17 come appresso, supponen-dosi dai piú savi inventata una tale istoria [cioè cheS. Miniato fosse re d’Armenia] da quegli Monaci Basilianiche abitavano nel monastero».

Un fatto storico che crediamo debba mettersi in rappor-to con questo ampio quadro della presenza armena in Italiaè la devozione a certi santi armeni. Difatti, anche quandoessa è basata su dati leggendari, trova una spiegazione piúconnaturale in tale contesto, mentre a sua volta l’esistenzadi queste devozioni sembra essere un indizio di una certapresenza armena.

Tra questi santi, una delle figure che sembra godere dimaggior autenticità storica è San Davino armeno, veneratoa Lucca, dove morí di malattia il 3 giugno 1050; vennesepolto nel cimitero di San Michele in Fora, del quale, inseguito ai miracoli, venne trasferito nella chiesa omonima,in un’urna presso l’altare di San Luca.

Un altro santo, di cui la tradizione fece un armeno, èSimeone, eremita del monastero di Polirone, intitolato aSan Benedetto, nel territorio di Mantova, dove dimoròdopo aver visitato Roma, l’Italia, la Britannia (?), Com-postela, Tours e altri santuari del Medioevo, e morí il 26luglio 1016. Nella sua Vita, scritta da un monaco di Polironedi età posteriore, viene menzionato a Roma un vescovoarmeno il quale serve da interprete nel processo apertocontro il Santo, che veniva accusato di eresia, ai tempi diBenedetto VII (975-983).

441

Page 442: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Tralasciando le figure piú o meno leggendarie dei SantiEmiliano di Trevi, Liberio (Liverio, Oliviero) di Ancona,Miniato di Firenze e Arsacio di Milano, ricordiamo ancoraalcuni santi dell’Armenia Minore, per la loro relazione conl’Italia, benché non esista alcuna prova che vi siano venuti.Cosí i Santi martiri Eustrazio e compagni, ai tempi diDiocleziano, le cui reliquie sarebbero state trasferite aRoma sotto il pontificato di Adriano I (772-795). Qui sonostati venerati nella chiesa di Sant’Apollinare in Archipresby-teratu. La loro festa figura nel calendario marmoreo napo-letano del IX secolo, già menzionato.

Ricordiamo infine San Biagio, vescovo di Sebaste. Il suoculto era diffusissimo, non solo in Italia, ma in tutto ilmondo cristiano, tanto in Oriente quanto in Occidente.

Vicino a questo contesto storico di santi e pellegrini chebattono le vie dell’Occidente si colloca la leggenda del tra-sferimento in Armenia di una reliquia del dito di SanPietro. La narrazione, che si trova in un colophon del 965, sidice tradotta dal greco. Il trasferimento avvenne per mezzodi un principe armeno il quale, venuto a Roma, chiese la re-liquia al papa. Essa sarebbe stata deposta nel villaggio diBzrayri Gom, nella provincia dl Kogovit, a sud del monteArarat.

Con il XII secolo si aprí un nuovo periodo nelle relazio-ni armeno-italiane. I fattori decisivi che concorsero a crearela nuova situazione sono il Regno armeno di Cilicia e leCrociate. Grazie a questi nuovi fattori si creò tra gli armenie l’Occidente in genere un contatto immediato, che nonpassava piú attraverso il canale dell’Impero e della culturabizantina. Questa nuova situazione storica contribuí affin-ché gli armeni, già familiari all’Italia, si spargessero mag-

442

Page 443: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

giormente e si stabilissero in modo piú radicale in quasitutti gli importanti centri civici della Penisola costituendocolonie fiorenti.

I contatti di cui si ha menzione nel XII secolo si svolge-vano principalmente sul piano ecclesiastico. Difatti in que-sto periodo venne a trovarsi in una nuova situazione anchela Chiesa armena: essa, per la prima volta nella sua storia, sesi eccettua l’antica, benché controversa tradizione del viag-gio di San Gregorio Illuminatore a Roma, cominciò a entra-re in contatto diretto e immediato con la Chiesa romana.

Mentre si sviluppavano in Cilicia rapporti immediati efrequenti con la cristianità occidentale, era intanto prose-guita la tradizione dei pellegrinaggi a Roma e ai diversi san-tuari occidentali, preludendo agli sviluppi dei secoli succes-sivi. Inoltre, nel corso del XII secolo, in Italia assistiamoall’affermazione di un fenomeno molto significativo: il mol-tiplicarsi in modo rapido di chiese appartenenti agli arme-ni, che spesso sono da essi costruite o ricostruite. Nellaseconda metà del secolo, il padre Alishan, dei mechitaristidi Venezia, può contare, in nove città italiane, dieci chiesearmene. Ciò significa che la prima metà del secolo è ilperiodo decisivo in cui si configurarono in Italia le coloniearmene dell’epoca posteriore.

Nel giro di due secoli gli insediamenti armeni nellaPenisola, storicamente accertati, raddoppiarono. Le notiziein merito mettono in evidenza che l’emigrazione armena inItalia nel XIII e nei XIV secolo era concentrata nelleseguenti regioni: a) nella pianura del Po su entrambe le rivedel fiume, a Padova, Parma, Ferrara e Bologna; b) sullecoste dell’Adriatico, a Venezia, Rimini, Ancona, Man-fredonia; c) nelle principali città dell’Italia centrale come

443

Page 444: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Firenze, Siena, Perugia, Lucca, Orvieto, Viterbo; d) sullecoste del Tirreno o nelle città vicine come Genova, Pisa,Roma, Napoli. Questi nuclei comunitari dimostrano che ladispersione degli immigranti armeni in Italia ha seguito tredirezioni principali: le coste del Tirreno, dell’Adriatico e ilbacino del Po. A queste tre direzioni principali ne vaaggiunta una quarta, secondaria, quella dell’Italia centraleche ha interessato in special modo le città della Toscana.

Secondo i dati forniti da padre Alishan, fra il 1240 e il1350 le città italiane che avevano una chiesa armena erano22, e in alcune, come Roma, Bologna e Venezia, viene con-fermato il funzionamento di piú di una chiesa. Molte di esseavevano, accanto al tempio, speciali locande, chiamateanche «ospizi», dove sostavano gli armeni di passaggio nellacittà. Vi sono altri borghi per i quali, sebbene si sappia del-l’esistenza di chiese armene, non si hanno notizie della datadella loro fondazione, né del loro numero. È il caso, adesempio, di Civitavecchia, Forlí, Imola e Pesaro.

Dall’esame di tutta questa documentazione si arriva a con-cludere che nel XIII e nel XIV secolo le colonie armene inItalia erano floride e prospere. Ritenendo fondamentali certilasciti e lapidi funerarie, padre Alishan prende in considera-zione la possibilità che gli armeni abbiano avuto un propriovescovo. Questa congettura si basa sul fatto che si parla di unvescovo armeno, chiamato T’omas, a cui si diede il titolo divescovo d’Italia. Si capisce che tale dignità ecclesiastica pote-va ben spettare al primate dei fedeli armeni d’Italia. Il vesco-vo T’omas morí a Perugia nel 1380. Alle comunità citate siaggiunge nel XVI secolo quella di Livorno.

Il Settecento segna l’epoca del declino di queste coloniearmene, a eccezione di quelle di Roma, Venezia, Trieste e

444

Page 445: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Livorno. La comunità di Livorno sopravvisse fino allaSeconda Guerra Mondiale; aveva anche un proprio sacer-dote. A Roma, dal 1883, funziona il Pontificio Collegioarmeno, che prosegue una tradizione risalente al XVII seco-lo. Dal 1922 vi è pure la casa generalizia delle suore armenedell’Immacolata Concezione.

Gli armeni sfuggiti al genocidio del 1915 che arrivaronoin Italia si stabilirono in prevalenza intorno a Milano e Bari.La comunità di quest’ultima città si è quasi completamentedispersa; a Milano vi è attualmente un nucleo armeno dicirca settecento persone. È d’obbligo far notare a questopunto che il numero degli armeni in Italia in assoluto nonè mai stato considerevole. All’inizio del XVIII secolo, nelperiodo piú florido per la colonia di Livorno, vivevano nellacittà appena centotrenta armeni. Non ci si deve sorprende-re in quanto, nella poco numerosa popolazione urbana diquelle epoche e in seno a una società piuttosto chiusa, lapresenza di una componente straniera, per esigua chefosse, era un fenomeno che richiamava l’attenzione. D’altraparte, rispetto al numero di coloro che si erano domiciliatistabilmente, era molto maggiore quello dei viaggiatori che,in molte occasioni, sostavano per soggiorni piú o meno pro-lungati in dette città. Erano inoltre frequenti i matrimonimisti italo-armeni. Nel XVI e nel XVIII secolo Alishan ne hascoperti piú di duecento negli archivi delle chiese diVenezia.

Il quadro ora delineato delle comunità armene rispec-chia nelle sue linee generali il periodo della massima espan-sione armena in Italia durante il secondo millennio, cheraggiunse il suo punto di culmine verso la metà delTrecento. Periodo che fu anche l’epoca della piú grande

445

Page 446: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

fioritura nel campo comunitario-etnico-religioso. I numero-sissimi ospizi, che sono i segni di un animato traffico di pel-legrini e mercanti, gli altrettanti conventi, con la loro note-vole attività culturale e letteraria, attestano un’organizzazio-ne comunitaria evoluta e consapevole.

Dal Duecento fino al Settecento tre periodi possono esse-re distinti approssimativamente nelle relazioni commercialiitalo-armene. Questa distinzione viene fatta soprattutto inconsiderazione dei vari centri di gravità del commercioitalo-armeno in Oriente. Il primo periodo è quello delRegno di Cilicia, poiché era la Cilicia a tenere le redini diquesto commercio.

Nel secondo periodo i piú attivi rappresentanti del com-mercio armeno con l’Italia erano gli armeni della comuni-tà di Caffa in Crimea. Essi entrarono in scena già nel XIVsecolo e predominarono nei due secoli successivi. Il lorocommercio è centrato piuttosto verso Genova. Essi ebberoanche la loro parte nella partecipazione degli armeni alConcilio di Firenze, che coincide con i tempi della massimafioritura del loro commercio.

Nel terzo periodo, cioè nel XVII e nel XVIII secolo e inseguito, si distinguono soprattutto gli armeni della giovanecomunità di Nuova Giulfa, fondata dallo Shah Abbas.Accanto a essi appaiono, nel Settecento, gli armenidell’India e delle principali città marittime dell’Imperoottomano, quali Costantinopoli e Smirne.

Come avviene spesso nel commercio, gli interessi eranoreciproci anche nel caso degli armeni in Italia. Questi afflui-rono in una terra remota in cerca di fortuna; però anche ilPaese che li ospitò si avvantaggiò della loro presenza. Anzi,in questo reciproco rapporto entrarono in gioco anche fat-

446

Page 447: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tori che superano i termini degli interessi puramente eco-nomici: i sentimenti di mutua stima, riconoscenza, comepure interessi di ordine culturale e spirituale. Un esempiosignificativo di quanto stiamo dicendo lo troviamo nella sto-ria della comunità armena di Venezia.

Dal volume di Boghos Levon Zekiyan, L’Armenia e gli armeni. Polislacerata e patria spirituale: la sfida di una sopravvivenza, “Istituto Italianoper gli Studi Filosofici”, Guerini e Associati, Milano, 2000.

447

Page 448: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La condizione ebraicae il suo posto nella storia

IMRE TOTH

Università di Regensburg

«Gli Ebrei, il popolo piú strano della storia universale»– scriveva Nietzsche nel 1888 nel suo Anticristo. – Fattotanto unico quanto permanente, gli Ebrei costituiscono unhapaxlegomenon nel contesto della storia dell’Occidente. Lastoriografia classica non dispone di alcuna categoriasociale o politica che possa permettere di classificarli e diassegnar loro uno statuto nell’insieme della comunitàumana. Ed essi sono, in effetti, inclassificabili: non v’èalcuna classe umana, che contenga come membri moltesottoclassi di collettività umane, di cui una sarebbe quelladegli Ebrei. Ogni paragone della traiettoria diacronicadella condizione ebraica attraverso la storia con quella dialtri gruppi umani perseguitati, esclusi, disprezzati, umi-liati, massacrati deve fallire per la semplice ragione che illimitato non ammette alcun raffronto con l’illimitato.

A mio avviso, gli Ebrei non sono né una nazione cheabita un territorio, né un’etnia o un popolo che parlauna lingua unica, né una classe sociale – ancor meno unarazza – e mi sembra che perfino la loro appartenenza allaconfessione mosaica sia insufficiente a definirli. Tuttavia,essi sono sempre stati e sono ancora una collettivitàumana chiaramente delineata, la cui unità palpabile è ilveicolo dell’unità nell’immensa molteplicità degli spazi

448

Page 449: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

umani ove sono stati e sono ospitati, lungi dall’esserle op-posta.

In effetti, lo statuto sociale e storico loro proprio è sin-golare e unico, non è condiviso da alcun’altra comunitàumana che la Storia abbia conosciuto. Tuttavia, la nostralingua dispone di un’espressione adeguata per designareil loro statuto: quella di mediatore.

Tre parole latine, di cui ciascuna ha un duplice signifi-cato, mi sembrano esprimere in maniera piú precisa ciòche conferisce alla mediazione ebraica il suo carattereparticolare commercium, negotium, speculatio.

Commercium: commercio, scambio di beni materiali,ma anche di valori spirituali; commercium, dunque, ugual-mente in quanto sociabilità, commercio spirituale, attitu-dine ad allacciare rapporti di reciprocità con gli esseriumani, trasportare e trasferire prodotti spirituali da unambiente ad un ambiente altro e straniero, di beni spiri-tuali ignorati, ma la cui offerta suscita un bisogno cui nonsi potrebbe piú rinunciare.

Negotium: negozio, negoziare per concludere un affaree per dirimere un conflitto, ma anche negazione dell’o-tium, della quiete, della tranquillità dell’animo – l’in-quietudine tormentata, l’angoscia che emana dalla scrit-tura di Kafka, il pensiero parlato di due millenni di storiaebraica, agitazione ansiosa d’una sensibilità eccessiva –manifestazione di questa macchia gialla che gli Ebrei sonostati costretti a portare: «macchia gialla» – leggo nel PetitRobert – «parte della retina in cui la visione raggiunge ilmassimo di precisione».

Infine: speculatio – speculazione finanziaria, ma anchespeculazione teologica, metafisica o matematica.

449

Page 450: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La mediazione ha certamente il suo genio particolare.Suo fondamento è la capacità d’intelligere, la facoltà di com-prendere simultaneamente le due parti in presenza, l’a-mico e il nemico; la capacità d’identificare lo Stesso el’Altro.

Non mi sembra esagerato dire che in questo lavoro gliEbrei sono stati guidati da un genio specifico della media-zione.

Mi accontento di ricordare il ruolo che gli Ebreihanno svolto a partire dall’antichità come mediatori tral’Oriente asiatico e l’Occidente greco-romano, il ruoloche hanno svolto nel trasmettere all’Occidente la filoso-fia platonica e soprattutto neo-platonica e piú tardi la cul-tura della Spagna islamica, il loro ruolo nell’opera di tra-sposizione bilaterale della cultura francese in Germania edella cultura tedesca in Francia.

La Russia ha accolto una popolazione tedesca nume-rosa. Nell’Unione Sovietica essa abitava il territorio diuna Regione Autonoma Tedesca sul Volga. Ma sono gliEbrei di Russia che hanno rappresentato e propagato lacultura tedesca. Lo stesso fenomeno si è prodotto ugual-mente in Ungheria, in Romania e parzialmente perfinoin Polonia. Una parte importante della Cecoslovacchia fuabitata da una popolazione tedesca. Tuttavia l’immensaletteratura tedesca di Praga è stata in gran parte opera diEbrei – cosa che, del resto, non sempre è loro valsa la sim-patia dei Cechi.

In qualità di primi cristiani essi sono stati mediatori fraRoma e i barbari. Con la loro scelta di essere il «popoloeletto», si sono impegnati soprattutto a fungere da inter-mediari fra l’umanità e il suo Dio unico, a trasmettere la

450

Page 451: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

parola e le leggi divine della morale universale alle gene-razioni future.

È la loro vita doppia di anfibi che li aveva predestinatia ciò o al contrario è la coscienza di essere i veicoli di uncomandamento divino che ha imposto loro la vocazionedella mediazione? Mi è impossibile rispondere a questadomanda. Quel che mi sembra certo, è che lo statutoontico di mediatore ha imposto loro di rinunciare a unapatria. La loro patria non era in nessun luogo, perché eraovunque. Internazionali, cosmopoliti, poliglotti, gli Ebreimi ricordano queste parole di Valéry: «L’Io libero abitaCosmopolis e pensa in tutte le lingue». La loro patriaeterna, la portano ovunque con sé. Era un libro in cui erascritto: «Non uccidere!».

Gli Ebrei furono i primi a disporre di una nazionalitàstrana, di un’appartenenza nazionale la cui esistenza èsempre stata negata in passato e la cui realtà futura èaffermata solo dall’atto cognitivo del suo sapere: la presadi coscienza dell’idea d’una Europa Unita.

Citerò ancora un’espressione di Nietzsche: «Almomento, gli Ebrei sono la piú grande forza di resistenzanella nostra Europa tanto minacciata». Se essere europeidoveva essere un giorno uno statuto di cittadinanza giu-ridico e politico – e non solamente uno statuto spirituale– se si parla un giorno di una Nazione Europea, essi, gliEbrei, sono stati Europei da sempre e furono i soli adesserlo. Sono secoli che le famiglie ebree hanno membriin tutti i paesi. Lo zio paterno di Karl Marx era rabbino-capo a Treviri, il suo zio materno, «lo zio Philips», venutodal nord del Regno d’Ungheria, fondò nei Paesi Bassi laprima società Philips di apparecchi elettrici, ancora molto

451

Page 452: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

modesta a quell’epoca. Egli accumulava il suo capitale aEindhoven, mentre il nipote, ch’egli amava ed aiutava,scriveva Il Capitale a Londra e fondava la prima Inter-nazionale Socialista.

La condizione ebraica è lo stato ontico della Diremtion,ed è precisamente la scissione degli emisferi cerebrali del-l’intelletto ebreo che lega il suo spirito in una indissolubileunità-polarità che ci è stata ricordata da George Vajda: latensione incessante tra particolarismo e universalismo.

In ogni caso, mi sembra che bisogna accordare allamediazione un’importanza di primissimo piano nellaStoria. Perché è il lavoro storico della mediazione che èper l’Umanità l’unica speranza di ottenere l’assoluzionedal peccato originale d’incomprensione reciprocach’essa ha commesso costruendo la Torre di Babele.Senza questo lavoro l’umanità resterà eternamente con-dannata ad essere nient’altro che un ammasso informe dicollettività indissolubili e perfino opposte le une allealtre. L’adempimento di questo lavoro è stato sempreuna necessità, benché la presa di coscienza ed il ricono-scimento universale di tale necessità siano recenti.

Questo lavoro contro la scissione, contro la frammenta-zione e la dissociazione rappresenta una delle forze mate-riali silenziose, ma piú grandi, dell’Umanità impegnata nelmovimento storico del lungo processo di ominizzazione.Non solo gli Ebrei hanno partecipato a questo lavoro. Mala partecipazione degli altri è sempre stata frammentaria elimitata nel tempo e nello spazio. Gli Ebrei rappresenta-rono sempre e ovunque il tessuto connettivo dell’Umanità.

È a mio avviso la ragione per cui, nel corso della storia,sono precisamente i partigiani dell’isolazionismo nazio-

452

Page 453: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nale che li hanno perseguitati o scacciati. Ed è per questastessa ragione che gli uomini di Stato che si proponevanocome fine politico l’apertura e l’universalismo – comeAlessandro, Giulio Cesare, l’Imperatore Federico II, Ha-roun al Rashid, Cromwell, l’Imperatore Giuseppe II d’Au-stria, Napoleone Bonaparte – furono quelli che protesseroe sostennero gli Ebrei. Essi li hanno protetti, non per mise-ricordia, li hanno sostenuti non per umanità, ma perchéhanno avuto bisogno degli Ebrei, hanno riconosciutonegli Ebrei uno dei veicoli efficaci di una politica ispirataall’universalismo.

La permanenza degli Ebrei nella Storia dell’Occidentenon è dovuta al miracolo della fede, ma a questa forzamateriale che – lentamente ma anche con ineluttabileperseveranza – si trova alla base di questo movimentoincessante verso la realizzazione dell’Universale, versol’unità dell’Umanità.

Ma oltre a questa forza materiale vi è anche un’altraforza, forza spirituale ma non meno potente, che ha pro-tetto e preservato gli Ebrei dalla sparizione. Questa volta,si tratta di una forza negativa, o piuttosto di quella stessaforza della negatività, quella terrificante potenza della nega-tività, l’energia dell’io puro – di cui parlava Hegel nella Feno-menologia dello Spirito come della manifestazione dellaLibertà –. La dimensione dominante, che conferisce allospirito dell’Occidente il suo carattere distintivo, la forzache ha dato slancio al dispiegarsi dell’Occidente, è lapresa di coscienza che senza l’esistenza dell’opposizionela sua via sarebbe sbarrata, ch’esso sarebbe condannatoalla stagnazione, alla sterilità, alla senilità.

Gli Ebrei hanno rappresentato l’opposizione politica

453

Page 454: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

permanente nella storia dell’Occidente – e ciò in un’e-poca in cui questa parola non disponeva ancora di alcunalegittimità. Non esiste alcuna autorità che possa rappre-sentare in terra l’autorità unica e assoluta di Dio, l’Impe-ratore di Roma non può in nessun caso essere ricono-sciuto come un dio; nessun essere umano può essere redi diritto divino. La vita umana è sacra – ecco il coman-damento supremo che ha sempre opposto gli Ebrei allaguerra; negli anni tra le due guerre, «Ebreo» fu nei paesid’Europa sinonimo del peggiorativo «pacifista». Tutti gliuomini sono figli di Adamo ed Eva. La relazione tra l’in-dividuo umano e Dio è diretta e nessuna autorità terre-stre dispone del privilegio, e ancor meno del monopoliodella mediazione; l’interpretazione della scrittura, dellaparola di Dio, è libera. Sarebbe difficile oggi non ricono-scere la sostanza eminentemente politica di questi prin-cipi religiosi – che si opponevano in modo manifesto aiprincipi politico-religiosi dominanti.

Ad onta di un discorso anti-ebraico ricorrente, la Chie-sa non ha mai voluto l’eliminazione degli Ebrei, si è sem-pre opposta a tale idea, tenendo fermo alla necessitàdella loro presenza – in qualità di «testimoni». In effetti,gli Ebrei sono i testimoni della Chiesa: non soltanto dellasua misericordia, e della sua incontestabile saggezza poli-tica, ma, innanzitutto, della sua coscienza d’essere il vei-colo dell’Occidente, inconcepibile senza la presenza diun’opposizione politica permanente.

E a far tempo dalla secolarizzazione della vita politica,gli Ebrei perseverano nella loro opposizione militante,soprattutto nei ranghi dei movimenti di emancipazione edi giustizia sociale, in tutte le sfumature.

454

Page 455: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Ecco dunque la forza che preserva gli Ebrei dalla distru-zione. Sono stati preservati perché c’era bisogno di loroquali mediatori fra nazioni, religioni, culture e mondi.

Unici fossili viventi dell’era precristiana, gli Ebreifurono ugualmente mediatori diacronici fra l’Antichitàgreco-romana ed i paesi e i popoli che le succedettero.Con la loro presenza hanno assicurato la continuità storicadell’Occidente. Ne rimangono i testimoni oculari viventiunici.

Anello che unisce l’Occidente presente al suo passatoantico, il bellum inexorabile, post hominum memoriam crude-lissimum et maximum – per designare con le parole di TitoLivio un evento che non ammette alcun paragone sto-rico – la guerra totale che il Terzo Reich ha impegnatoper annichilire gli Ebrei d’Europa, fu – al di là di un attocondannato dalle leggi come «crimine contro l’uma-nità» – un crimine metafisico, un attentato contro l’Oc-cidente, in quanto successore ed erede spirituale del-l’universalismo di Roma, attentato nel disegno didistruggere proprio l’attore del collegamento fra l’anti-chità romana e il presente europeo. Leggendo un bril-lante lavoro di Peter Landau, professore alla Facoltà discienze giuridiche di Monaco, ho appreso di recente chesotto il Terzo Reich fu abolito lo studio del dirittoromano: una gran parte dei giuristi specialisti di dirittoromano erano ebrei ed erano stati gli Ebrei ad imporlo inGermania.

L’espressione amara «Dio è morto ad Auschwitz»ricorre sovente nel dibattito intorno all’Olocausto. NellaFenomenologia dello spirito di Hegel trovo il commento –per quanto ne so piú antico – di questo adagio che ci

455

Page 456: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

viene dall’antichità: «È la coscienza della perdita d’ogniessenzialità della certezza di sé, il sapere della perditadella sostanza del Sé – il dolore, che parla nella durezzadi queste parole: Dio è morto». Sí, questa è non soltantoun’espressione ispirata dal dolore sconvolgente, maanche l’espressione della perdita del Sé.

Di fronte al dolore che, durante il mezzo secolo tra-scorso da allora, non mi ha risparmiato né di giorno, nésoprattutto di notte, oso affermare che Dio non è morto.

E l’antisemitismo che è morto ad Auschwitz.È ad Auschwitz che l’antisemitismo dell’Occidente ha

raggiunto il suo punto culminante, è ad Auschwitz chel’antisemitismo ha trovato la sua inesorabile caduta. Ap-pena compiuta la sua opera, ha compiuto i suoi giorni.Con tutto il rigore dell’inferenza logica, ha tratto dallesue premesse le ultime conseguenze e le ha ridotte all’as-surdo.

Tutto ciò che è avvenuto davanti ai nostri occhi, tuttociò di cui siamo stati testimoni nel corso dell’ultimomezzo secolo, soprattutto nei paesi del «socialismoreale», rappresenta soltanto le ultime convulsioni di uncadavere le cui unghie continuano a crescere. Antisemiti,sí, non mi cullo nell’illusione, vivono e vivranno ancora alungo sulla faccia della Terra. Ma come piattaforma poli-tica o ideologica, l’antisemitismo è finito, finito irre-versibilmente. Il tempo storico d’ogni antisemitismo,d’ogni razzismo, è compiuto. «Die Weltgeschichte ist dasWeltgericht» (La storia universale è il giudizio universale). Lasua sentenza è definitiva ed irrevocabile. Ad Auschwitz,l’antisemitismo si è suicidato. E questo, gli antisemiti veri,incupiti nella nostalgia, lo sanno bene, meglio di me!

456

Page 457: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Essere ebreo dopo l’Olocausto: vivere la presenza delpassato. Perché, come esclamava vent’anni fa una gio-vane tedesca, all’epoca studentessa alla Facoltà di Fran-coforte, parlando del nostro passato comune e del nostroavvenire oramai inseparabile: «Niente è piú presente delpassato!».

Essere ebreo – dopo l’Olocausto: un verme si leva dallapolvere, dalla cenere. Dinanzi ai suoi occhi si apre unospettacolo nuovo: calato il sipario sullo spettacolo dellatragedia, la cui realtà sarebbe stata inconcepibile perl’immaginazione poetica degli autori greci e non, il suosguardo è captato dall’avvento di un’era nuova, che suc-cede alla tragedia: l’era della catharsis messa in moto nelpensiero dell’Occidente da questa tragedia unica che fue resterà per l’eternità l’evento incomparabile che sichiama la Sho’ah – la catharsis, questo lungo lavoro chereca sconvolgimento e purificazione, mediante la pietà el’orrore, mediante la compassione e il dolore dell’animafutura dell’Occidente.

Traduzione di Bianca Maria d’Ippolito.

Dal volume La Sho’ah tra interpretazione e memoria, a cura di P. Amo-dio, R. De Maio e G. Lissa, contenente gli Atti del Convegno sul temaOlocausto. La Sho’ah tra interpretazione e memoria, Napoli, 5-9 maggio 1997,organizzato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dal Diparti-mento di Filosofia «A. Aliotta» dell’Università di Napoli Federico II»,dall’Alliance Israélite Universelle e dal Dipartimento di Filosofia del-l’Università di Milano (Vivarium, Napoli, 1998).

457

Page 458: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

458

Page 459: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

INDIA

459

Page 460: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

460

Page 461: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Con un seminario dedicato al tema Buddhismo e Vedânta aconfronto: due stagioni della gnosi, organizzato in collabora-zione con l’Istituto Universitario Orientale e al quale presero parteeminenti studiosi tra cui A. Bareau, P. Filippani Ronconi, S. M.Pandey, C. Pensa, A. Pezzali, M. Piantelli, K. H. Potter ebbe ini-zio nel giugno 1983 una serie di attività dell’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici rivolte alla cultura indiana. Al seminario svol-to nella prima sede dell’Istituto, al viale Calascione in Napoli, feceseguito la partecipazione dell’Istituto alla memorabile “7thConference of the International Association of Buddhist Studies”che si svolse a Bologna dell’8 al 13 luglio 1985. Serie di seminarifurono dedicate specificamente alle filosofie dell’India nel 1990, condocenti quali Charles Malamoud, André Padau, Michel Hulin.

Varie testimonianze dell’attuale vita spirituale indiana sonostate rese in Palazzo Serra di Cassano. Tra queste ricordiamo laconferenza di Cjnana Jagat, Presidente del Comitato del TempioMahabodhi di Bodhgaya sul tema: Il Buddismo Theravada e iprecetti della vita spirituale.

L’attenzione dell’Istituto per la cultura indiana ha toccato anchela musica e l’antropologia con alcune pubblicazioni tra cui spicca illibro di Pia Srinivasan Buonomo, Il Raga che porta la pioggia.

Una eccezionale dimostrazione delle capacità espressive delladanza classica dell’India meridionale fu data da Anurahda

461

Page 462: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Naimpally nel corso di una manifestazione organizzata dal-l’Istituto presso il Teatro Nuovo in Napoli nel luglio 1990. Unaanaloga iniziativa, dal titolo “Bharata Nâtyam. Una musica eduna danza per gli dei” con Alarmel Valli è stata organizzatadall’Istituto nel Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli il 14ottobre 2005.

I contributi della scienza indiana contemporanea, soprattuttonei campi della fisica e della matematica, sono stati piú volte pre-sentati nel corso di seminari all’Istituto dai professori N. Mukundadell’Università di Bangalore ed E.C.G. Sudarshan, membro delComitato scientifico dell’Istituto, studioso particolarmente attentoai legami tra la grande tradizione del pensiero indiano e gli attua-li sviluppi della fisica.

462

Page 463: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Scienza e tradizioneLa ricchezza della diversità

E.C.G. SUDARSHAN

Università di Bangalore

Ci sono società rivolte verso l’esteriorità, tese cioèall’assoggettamento della natura, delle cose, degli individui,e questa direzione esteriore di tutto l’assetto sociale investeanche la scienza. Ci sono, invece, società volte verso l’interio-rità, che hanno al centro valori di carattere estetico, di pro-mozione di armonia e di attenzione allo sviluppo degli indi-vidui. È chiaro che in questo tipo di società la funzione delleconoscenze è tutt’altra.

La connessione tra scienza e società è sempre molto stret-ta. La scienza moderna – la fisica, ma anche la biologia – haavuto il suo momento di forte impulso in concomitanza conla rivoluzione industriale europea. Ma la rivoluzione indu-striale riguardava, sostanzialmente, la produzione di oggetti,di beni, di merci, e quindi ha dato luogo alla nascita di unascienza fortemente fondata sull’esperienza sensibile, che ra-giona in termini di oggetti, e questi oggetti li vuole esternirispetto agli individui, visibili, leggibili e tangibili. La menta-lità dell’opificio, della produzione industriale, si è ri-verberata, in qualche modo, sull’atteggiamento scientifico,implicando che la scienza avesse a che fare con oggetti con-creti e tangibili.

Se si compara la scienza qual era fino a qualche decenniofa, nata dalla rivoluzione industriale e fondata quindi sullamentalità propria del mondo industriale, si nota oggi un

463

Page 464: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

enorme cambiamento. Viviamo cioè in un’epoca in cui quel-lo che si è sviluppato fortemente è l’informazione, e le scien-ze del nostro tempo iniziano ad avere una struttura mentalee diversa, fondata proprio sull’informazione. Gli oggetti concui hanno a che fare i fisici non sono piú oggetti tangibili,visibili, leggibili: si tratta di forze, di onde elettromagnetiche,si tratta di elementi che sono al di fuori del campo dell’e-sperienza e su cui si può solo indirettamente aver informa-zione. Questa svolta si è fortemente accentuata con la nascitadella teoria quantistica, perché questa concerne, appunto,oggetti che si possono raggiungere solo con una forte astra-zione e con mezzi molto indiretti. Il cambiamento introdot-to dalla rivoluzione informatica del ventesimo secolo haanche avuto influenza sulla biologia, che opera, oggi,sostanzialmente con i sistemi di duplicazione del vivente,sistemi che sono basati, appunto, sull’informazione e sullatrasmissione di informazioni. Sta quindi crollando il model-lo meccanicistico del mondo e ne sta nascendo uno, artico-lato nelle varie scienze, fondato sull’informazione.

C’è da aspettarsi un’ulteriore rivoluzione. Le rivoluzionidella conoscenza stanno avvenendo sempre piú velocemen-te, siamo passati da una scienza guidata dalla matematica efondata sugli oggetti esteriori, ad una scienza basata sull’in-formazione, ma un ampio settore del mondo umano restaesterno alla scienza: il mondo dei sentimenti, degli atteggia-menti, dei pensieri propri dell’uomo, che sfuggono alla con-siderazione scientifica. Finora le scienze hanno sempreavuto a che fare con esteriorità, con oggetti esteriori e sepa-rati, ora abbiamo bisogno di una scienza che rifletta questadimensione piú specificamente umana, e c’è il bisogno diuna scienza che tenga da conto le esigenze di armonia, di

464

Page 465: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

felicità, di gioia. Forse durante il corso della nostra esistenzariusciremo a vedere un allargamento degli orizzonti dellescienze che superino definitivamente l’atteggiamento diosservazione solo esteriore, e riescano a cogliere le esigenzeinterne di armonia.

Se però la società influenza la scienza, è pur vero che que-sta sviluppa una sua reazione sulla società. La scienza reagi-sce sugli assetti sociali a mano a mano che cresce. Reagisce,per esempio, sui sistemi delle credenze che sono diffuse.Oggi quello che ci muove è esterno rispetto alla scienza: nonha rapporto né con un atteggiamento di accettazione, nécon un atteggiamento di negazione della scienza. Ci sonoperò determinati settori in cui i nostri atteggiamenti finisco-no con l’essere fortemente influenzati dalla scienza. Oggi,per esempio, nessuno può sostenere la superiorità di unarazza sull’altra su basi scientifiche, perché non c’è nessunfondamento genetico per sostenere la superiorità; e questa,che è una conquista scientifica, si riflette anche sulle menta-lità correnti.

La scienza quindi sta facendo breccia in sistemi di cre-denze; e quando, col tempo, questa breccia si aprirà ulte-riormente, ci sarà una sempre maggiore influenza dellascienza sulla mentalità dell’uomo comune e sulla vita quoti-diana.

Il peso della scienza sulla società non si fa sentire tantocome insinuazione in apparati di credenze, bensí comepotenza della tecnologia, che assume un ruolo sempre mag-giore, per esempio, nella distribuzione dei beni o nella rimo-zione di restrizioni o di gerarchie che la società imponeva; inquesto modo la scienza contribuisce a formare la società.Basti pensare alla mobilità sociale e geografica.

465

Page 466: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Un meccanismo ancora piú importante di cambiamentoindotto sulla società è quello riguardante le relazioni traindividuo e natura. Se gli scienziati osserveranno sempre piúi costumi, le abitudini ideologiche, religiose o anche sponta-nee degli individui con lo stesso rigore con cui osservano ifenomeni fisici, ne deriveranno nuove vie di apertura, diliberazione per l’umanità.

La legge fondamentale che deve guidare la vita socialenon è il bene comune e neppure la libertà, ma qualcosa dipiú profondo, che è il significato della vita in comune. Oggile tradizioni perdono spesso significato e, per un paese, laperdita di senso della propria tradizione culturale è peggio-re della stessa perdita della libertà. L’impressione che lanostra tradizione, la tradizione di coloro che ci hanno prece-duto nel passato, abbia perso di significato ci impedisce diavere prospettive, di vedere una proiezione in avanti nellacomunità. Uno dei piú grandi contributi che la scienza potràdare alla vita sociale, sarà quella di far riscoprire i significatidella tradizione.

Si ha, oggi, troppo spesso una visione ristretta della fun-zione della scienza, che sembra debba servire solamente asostituire il passato con il nuovo. Bisogna invece avere unatteggiamento selettivo verso il passato, non respingerlo inblocco, ma capire fino a che punto il retaggio che si è rice-vuto è riutilizzabile, eliminando solo gli elementi realmenteinutili. Non bisogna vedere la scienza come qualcosa chepermette una sostituzione meccanica di tutto un nuovo atutto un vecchio.

La responsabilità dello scienziato deve essere una respon-sabilità critica, egli deve sempre sapere perché sta agendo inun determinato modo. L’abbandono di tradizioni del passa-

466

Page 467: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

to non può essere fatto in modo acritico: lo scienziato deveessere consapevole di quello che lascia, e deve spiegare checosa di nuovo propone, altrimenti finisce con il divenire eglistesso lo schiavo di un sistema impersonale, con l’inserirsicome una rotella in un ingranaggio. Ogni epoca ha svilup-pato un suo sistema di conoscenze non a caso, ma per ragio-ni profonde, si è forgiata la scienza che si meritava, che leera congeniale; di conseguenza le tradizioni non possonoessere abbandonate in maniera meccanica, perché è solo sulpassato che si può costruire un nuovo futuro. C’è un rap-porto di simbiosi tra la scienza e la società: il periodo attua-le è caratterizzato dall’esistenza di differenti società e quindidi differenti culture, ed ognuna di queste ha una sua men-talità, quindi può dar luogo ad un diverso tipo di approccioalla conoscenza: questa ricchezza è qualcosa da rispettare.Porre l’enfasi su una scienza unificante è sbagliato: il ricon-dursi a proprie tradizioni di pensiero è una forza. IlGiappone, per esempio, si trova all’avanguardia nello svi-luppo dei calcolatori della quinta generazione, ma tutto ciònon per il fatto di avere un forte sviluppo industriale allespalle, bensí perché ha una mentalità diversa, un approccio,un modo di pensare diversi da quelli, per esempio, degliamericani. E su questa ricchezza culturale è basata la grandepossibilità di sviluppo dell’informatica.

Non bisogna intendere tutto ciò nel senso di crearenuove barriere tra culture, ma bisogna capire che la diffe-renza fra culture è una grande ricchezza: anche in campispecifici, differenti approcci portano a grandi frutti.

È importante sottolineare tutto questo proprio in Italia,dove si trova una delle culle della scienza moderna, proprioperché c’è stata una grande varietà di tradizioni e di culture.

467

Page 468: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’Italia mostra la fecondità della varietà e anche delle dis-sonanze, e dimostra come l’apporto alle scienze di unahumus culturale fervida e differenziata sia altrettanto impor-tante quanto l’informatica o i finanziamenti.

468

Page 469: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Gandhi, la globalizzazionee una cultura della pace

JOSEF PRABHU

California State University, Los Angeles

È opportuno indicare con tre osservazioni preliminari ilnucleo centrale e il senso di questo contributo.

Primo: con “cultura della pace” intendo un modo oli-stico di vivere che include la nostra politica, il nostrosistema economico, lo sviluppo tecnologico e le scelte eti-che. Essa non comporta la sola assenza della guerra e di unconflitto violento; si tratta di una cultura in cui non sussi-stono affatto le condizioni per una tale guerra e un tale con-flitto, dal momento che è l’armonia individuale e sociale adessere perseguita insieme ad una visione equa e pacificadella vita. Giustamente Gandhi viene molto apprezzato oggiper il suo altissimo contributo al raggiungimento dellapace, della libertà e dell’indipendenza politica (Swaraj), uncontributo che ha influenzato la lotta alla libertà promossain tutti gli angoli del mondo: dai movimenti per i diritticivili negli Stati Uniti a quelli per l’indipendenza inPolonia, nella Repubblica Cecoslovacca, nelle Filippine, inSudafrica e nell’ex Unione Sovietica. Osservando il corsodella vita di Gandhi e le priorità da lui stabilite nella suariflessione, si resta colpiti dall’importanza da lui accordataalla ricostruzione sociale ed economica, come pure allanascita di comunità armoniose. A tali quesiti egli dedicò lamaggior parte delle sue energie e del suo tempo.

469

Page 470: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Secondo: il titolo del mio testo rimanda ad un’inten-zione ermeneutica che mi vede artefice di un collegamentotra le idee di Gandhi ed un determinato contesto socioeco-nomico. Sottolineando l’importanza della filosofia econo-mica di Gandhi – aspetto molto trascurato se non addirit-tura poco apprezzato del suo pensiero - metto in evidenzaun punto centrale della sua riflessione, ovvero la sua giova-nile critica alla modernità e alla civiltà industriale, espostanell’opera Hind Swarai del 1909. Anthony Parel, nell’edi-zione di questo libro da lui curata, ha sostenuto in modoconvincente che Hind Swarai per molti aspetti rappresentail testo fondamentale per la comprensione del pensiero diGandhi. Anch’io ho proposto di considerare Hind Swarai,insieme all’opera piú tarda Constructive programme (pubbli-cata nel 1941), in cui è illustrata la sua programmazionesocioeconomica, come le due colonne portanti che incor-niciano e tengono insieme tutta la sua vasta produzioneintellettuale.

Questi scritti erano una reazione all’industrialismo delXIX e del XX secolo. Il contesto socioeconomico del tardoXX secolo è quello della globalizzazione e di un’economiaglobale in rapido sviluppo grazie alle nuove forze tecnolo-giche ed economiche. La globalizzazione sta al tardo XX eal futuro XXI secolo come l’industrializzazione stava al XIXsecolo. E come quest’ultimo, anche la globalizzazione è unsistema mondiale molto piú complesso di quanto si possaqui dimostrare analiticamente, non ultimo per il fatto che èancora in fase di formazione. Per quanto essa nel tempopossa cambiare, considerata nel breve tempo, la globalizza-zione rappresenta a mio avviso una forma di imperialismosotto due punti di vista:

470

Page 471: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

1. in quanto connubio di estrema concentrazione di ric-chezza e forza nelle mani di pochi monopoli multinazionalie dei loro alleati locali, da una parte, e dall’altra di un impo-verimento crescente di molti paesi e popoli, soprattutto nel-l’emisfero meridionale;

2. in quanto colonialismo socioculturale da parte degliUSA, sostenuto dall’Europa occidentale e dal Canada; ciòimplica infatti il tentativo – finora riuscito – di sostituire lefondamentali istituzioni socioeconomiche dei paesi nonoccidentali con una monocultura globale sostenutadall’Occidente o quantomeno di costringere questi paesi adun cambiamento in questa direzione. Tale monoculturafavorisce il colonialismo economico di cui si è parlato.

L’oppressione, l’impoverimento e l’instabilità causati datali forze e la loro carica di potenziale violenza strutturaledefiniscono il nuovo contesto all’interno del quale va giu-dicata la concezione pacifista di Gandhi. Questo interventointende sottolineare l’apporto di Gandhi tanto di unaWeltanschauung alternativa alla globalizzazione economica,quanto di un modello alternativo di sviluppo, entrambi piúequi, democratici e durevoli.

La mia terza considerazione concerne il modo in cui hocercato di integrare le idee di Gandhi in una coerentevisione d’insieme. Devo qui citare due aspetti.

Dapprima ho cercato di interpretare l’importanza delpensiero di Gandhi per la nostra epoca e la sfida che essopuò rappresentare. Non si tratta per questo di un’ esegesipuntigliosa dell’autore né di ciò che Paul Ricoeur ha defi-nito “ermeneutica archeologica”; è piuttosto il tentativo diun’ermeneutica creativa, di una attenta ma semplice rifles-

471

Page 472: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sione sui problemi del presente, considerati nell’ottica delpensiero gandhiano.

In secondo luogo, queste osservazioni possono offrire almassimo un insieme di idee che tuttavia non si articolano inargomentazioni, ma si limitano ad essere pure affermazioni.Desidero esercitare una vasta ermeneutica ricostruttiva eridefinire il pensiero di Gandhi come una concezionesocioeconomica che si contrapponga all’ ideologia econo-mica predominante e allo stesso tempo offra a questa un’al-ternativa. Tutto ciò non significa affatto che io voglia sotto-valutare le idee etico-spirituali che solitamente rappresen-tano il contributo piú apprezzato di Gandhi.

La risposta scherzosa che Gandhi forní allorché gli vennerichiesta un’opinione sulla civiltà occidentale è a tutti nota:«Credo che non sarebbe una cattiva idea». Letta dalla pro-spettiva della sua radicale critica alla modernità occiden-tale, quest’ironia nasconde le fondamentali obiezioni diGandhi alla moderna civiltà occidentale. Nel libro HindSwarai, per esempio, Gandhi elenca i diversi mali delmoderno sistema industriale. La sua critica al mondo indu-striale è rafforzata da quella alla tecnologia e in particolareal grande problema dell’industrialismo, ovvero l’automa-zione, che conduce ad una crescita rapida ed incontrollatadell’industria per soddisfare l’inesauribile domanda di benidi consumo a basso prezzo e di facili guadagni.

Poiché l’industrialismo si muove seguendo una proprialogica che rende gli uomini passivi e impotenti, esso con-duce ad una forma moderna e maliziosa di schiavitú, moltopericolosa per il suo potere seduttivo. L’industrialismoscambia il comfort materiale per progresso, il movimento

472

Page 473: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

continuo per apertura, l’inquietudine e l’irrequietezza pervitalità e dinamismo, la velocità per abilità, il consumo peruna migliore qualità della vita.

La critica di Gandhi mira prevalentemente ad un con-cetto civilizzatore per principio: può una cultura essenzial-mente materialistica, costruita sulla base dell’umana aviditàingannatrice, non dimostrarsi violenta nei confronti dellanatura, del resto dell’umanità e di se stessa? La risposta alquesito risiede nella definizione moralistica di civiltà pro-posta da Gandhi: «La civiltà risiede in quel comportamentoche indica all’uomo la strada verso il dovere. Compiere ilproprio dovere e comportarsi moralmente sono concettinon intercambiabili. Comportarsi moralmente significadominare le nostre passioni e il nostro spirito. Cosí impa-riamo a conoscerci. Essere civile significa in fondo compor-tarsi bene». La concezione gandhiana di civiltà è essenzial-mente “dharmiana”, dove “dharma” equivale ad una precisarappresentazione di diritto e dovere, concezione in gradodi trasmettere un’energia coerente e avvolgente e di tenereinsieme tutte le forme di vita (lokasamgraha). Da questa rap-presentazione deduciamo l’idea della responsabilità e reci-procità collettiva. L’uomo rientra in un ordine di vita natu-rale e umano; egli si occupa del sostentamento e si prendecura della vita (in due sensi: fisico e culturale); a questopunto è anche obbligato a prendersi cura e a sostenere lestesse forme d’esistenza in senso economico. Allo stessomodo, l’antropologia filosofica di Gandhi considera l’uomosostanzialmente come essere spirituale e morale. Sulla basedi questa concezione gandhiana di civiltà e della sua antro-pologia filosofica si costruisce il suo pensiero economico ela sua critica alla scienza economica moderna.

473

Page 474: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La filosofia economica di Gandhi presenta in primoluogo un carattere spiccatamente materiale in quanto equi-para il soddisfacimento dei bisogni materiali all’assistenzasociale. Il moderno sistema economico considera l’uomoprincipalmente come consumatore; esso fonda il suo fun-zionamento sulla moltiplicazione infinita dei desideri chesuperano abbondantemente i bisogni reali.

Inevitabilmente si sviluppano l’avidità e l’invidia, che aloro volta incentivano la competizione, la disonestà e la vio-lenza.

Le ricette economiche suggerite da Gandhi vanno nelladirezione opposta: «al mondo c’è abbastanza per soddisfarei bisogni di tutti, ma non per appagare la loro brama». Conla sua concezione dharmiana della responsabilità collettivaGandhi non incoraggia la moltiplicazione dei bisogni, mauna volontaria limitazione degli stessi, una sobrietà nellostile di vita e una parsimonia nell’impiego delle risorse.Certamente il comfort materiale fino ad un certo punto pro-cura anche un benessere spirituale, ma tutto ciò deve essereconsiderato come mezzo per il raggiungimento di un fine enon come fine in sé.

In secondo luogo, la critica di Gandhi alla scienza eco-nomica individua nel tornaconto personale la causa e l’ef-fetto dell’individualismo economico, del capitalismo dimercato. Alla base delle idee di profitto, di scelta e di mas-simizzazione proprie di tutte le concezioni economichemoderne risiede l’assunto, posto senza alcuna indagineaccurata, secondo cui ciò che deve essere massimizzato por-terebbe profitti e cioè vantaggi al soggetto economico. Se ilmaterialismo si occupa della dimensione antropologica delsistema economico, allora emerge chiaramente che il tor-

474

Page 475: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

naconto personale è strettamente legato all’aspetto etico.La concezione gandhiana del dharma e della sua forza spiri-tuale rimanda ad una direzione completamente opposta,ovvero alla cura reciproca e alla compassione. Per Gandhi èassiomatico che noi siamo i guardiani dei nostri fratelli edelle nostre sorelle. Se tale assioma è giusto, allora si dovràmassimizzare non il soddisfacimento individuale quantopiuttosto il benessere collettivo dal quale gli individuifaranno dipendere la propria prosperità. Gandhi ha sosti-tuito all’idea del singolo in quanto atomo che esiste primaed indipendentemente dai legami sociali, una concezioneorganica del singolo come parte imprescindibile di untutto.

In terzo luogo, per quanto riguarda l’organizzazionesociale della produzione, Gandhi si pone in maniera criticasia nei confronti del disordinato capitalismo di mercato siadel socialismo burocratizzato. Sostiene che il primo sistemaconduce inevitabilmente, da un canto, ad una forma di dar-winismo sociale caratterizzata dalla competizione spietatanella sfera economica e, dall’altro, ad una guerra hobbe-siana di tutti contro tutti. I “piú forti” o i “piú adatti” chesopravvivono mirano non sempre ad una produzione social-mente utile o alla promozione del bene comune. Il risultatoinevitabile di un tale capitalismo liberista (laissez-faire) sonoinoltre le grandi differenze nei redditi, nella ricchezza e nelpotere, una totale assenza della responsabilità democratica,una diffusa presenza di abusi. Il socialismo burocraticocomporta altri tipi di danni, ovvero la concentrazione dipotere nelle mani di pochi funzionari di Stato. La pianifi-cazione centralizzata è a tutti nota per la sua totale indiffe-renza nei confronti dei bisogni e delle condizioni umane e

475

Page 476: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in particolare dei residenti nelle campagne. Gandhi pro-pone una decentralizzazione secondo cui ogni villaggiodeve tentare di diventare possibilmente autarchico perpoter poi organizzare mercati e cooperative locali.

Il famoso piano di Gandhi di impiego di milioni di di-soccupati indiani con un lavoro che assicurasse loro unsostegno autonomo, prevedeva la lavorazione domiciliare altelaio di una stoffa (khadi); poneva questa produzione tes-sile alla base dell’economia del villaggio e, per estensione,dell’intero sistema economico nazionale. Descrisse questastoffa come simbolo dell’autonomia, della libertà dallasopraffazione e da ultimo come opportunità di indipen-denza economica dalla violenza. Era certamente consape-vole dell’inefficienza di un tale sistema produttivo se misu-rato con parametri puramente economici. Certamente telaimeccanici avrebbero potuto eseguire il lavoro in minortempo e in maniera piú veloce di quanto la massa di forzalavoro richiesta da una lavorazione manuale senza alcunimpiego di macchine avrebbe potuto mai realizzare.Tuttavia a questa critica Gandhi replicava parlando del suo“socialismo del filatoio”e dicendo: «Khadi serve alle masse,l’industria tessile alle classi sociali. Khadi serve alla forzalavoro, l’industria sfrutta la forza lavoro». Lo scopo princi-pale del Khadi sarebbe quello di «impiegare ogni frazionedi minuto libero dei milioni di disoccupati per il lavoro col-lettivo di produzione». Una tecnologia appropriata e unadottrina economica pretenderebbero di prendere in consi-derazione le risorse in esubero e quelle mancanti per mas-simizzare il bene sociale all’interno di questi parametri. Se,da una prospettiva puramente economica, una fabbrica tes-sile certamente potrebbe essere piú efficiente, Gandhi rite-

476

Page 477: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

neva che, all’interno di un discorso piú ampio e sociale, icosti collettivi della disoccupazione avrebbero dovuto con-quistare una maggiore attenzione per contrastare la dis-umanizzazione, la perdita dell’autocoscienza e del rispettopersonale.

In sintesi, la politica industriale ed economica di Gandhirifiuta completamente la riproposizione dei modelli occi-dentali tanto amati non solo dagli “esperti” dei paesi occi-dentali quanto anche dall’élite intellettuale indiana. Questimodelli favoriscono uno “sviluppo dall’alto”, una rapidaurbanizzazione, un’industrializzazione pesante ad alto inve-stimento di capitali, una produzione di massa, una pianifi-cazione centralizzata dello sviluppo e infine una tecnologiaaltamente qualificata. Di contro Gandhi pensava ad unmodello di strategia di sviluppo “dal basso” legata al popolo,all’autarchia economica nelle campagne, alla stabilizza-zione e al miglioramento della vita contadina tradizionale,ovvero alla produzione intensiva e all’aumento del lavorodomestico, ad istituzioni decisionali decentrate – anche setutto ciò avrebbe comportato di conseguenza un drasticorallentamento della crescita urbana ed economica.

Oggi in nessuna delle sue diverse forme il socialismosembra piú avere una rilevanza economica. Al contrario ilcapitalismo è diventato un potere globale. Si è liberato daogni tipo di limitazioni imposte sia da Stati o governi nazio-nali, sia da parte di possibili controlli sull’opinione pub-blica.

Esistono oggi convenzioni internazionali come il GATT eil NAFTA e potenti istituzioni come la Banca mondiale e ilWTO che sostengono gli interessi del capitalismo globale. Di

477

Page 478: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

conseguenza, è chiaro che precipitiamo velocemente in unacondizione in cui crescono drastiche disuguaglianze econo-miche e sociali. Nell’era del libero mercato non è richiestala competenza d’esperti economisti per comprendere che ipaesi economicamente sviluppati e le corporazioni conun’economia sana e una tecnologia avanzata sono enorme-mente avvantaggiati rispetto ai produttori di un paesepovero, che hanno un mercato interno relativamente sotto-sviluppato e infrastrutture “primitive”. Riportiamo qui l’opi-nione del filosofo-economista tedesco Wolfgang Sachs, ilquale sostiene che il fallimento di questo gigantesco esperi-mento di sviluppo globale sarebbe piú auspicabile che nonil suo successo. Anche supponendo un livello di rendimentopositivo, i profitti a lungo termine del mercato libero globalepotrebbero avvantaggiare una piccola minoranza, mentre ilresto dell’umanità sarebbe destinato alla lotta per la soprav-vivenza, alla difesa di posti in costante diminuzione, in unasocietà molestata dalla violenza su un pianeta devastato.

Se la filosofia economica di Gandhi si schierava contro iprincípi e la pratica di un capitalismo industriale sottopostoquanto meno ancora al controllo da parte dello Stato,quanto sarebbe netto oggi il suo rifiuto del capitalismo glo-bale? Gli effetti dannosi di quest’ultimo si estendono –come già detto – non solo alla sfera economica, ma anche aquella politico-culturale. Se dovessimo qui limitarci soloall’ambito politico, è evidente che anche nei paesi econo-micamente sviluppati la globalizzazione, cosí come è stataimpostata finora, non solo ha causato lo smantellamentodello Stato sociale, ma ha anche portato con sé un gigante-sco “downsizing”, cioè riduzione dell’organico, disoccupa-zione e alienazione diffusa. Stati e governi sono ora subor-

478

Page 479: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dinati agli interessi della globalizzazione che prevede unpassaggio dell’erogazione dei servizi di base, quali l’assi-stenza sanitaria, la difesa, l’energia, la formazione e l’infor-mazione pubblica – tutti settori finora riservati allo Stato –nelle mani di altri. Uno dei fenomeni politici piú sorpren-denti dall’epoca di Gandhi è la decadenza dello Stato nazio-nale che risulta essere troppo piccolo per fronteggiare lasfida economica del capitalismo globale e troppo grande ecentralizzato per dominare le tensioni provocate dai diversiproblemi d’identità linguistiche, religiose ed etniche. Inrealtà la globalizzazione attuale è caratterizzata da duemovimenti opposti, quello centripeto che sotto l’azione diforze economiche e tecnologiche mira alla conciliazione diuniversalismo e centralizzazione, e un movimento centri-fugo che promuove il particolarismo etico e culturale, la dif-ferenza e la diversità. Lo Stato nazionale moderno nel Nordcome al Sud sembra in qualche modo restare schiacciatonel mezzo di queste due forze.

Per la sua posizione radicalmente favorevole alla decen-tralizzazione, Gandhi non è mai stato un fautore del poterestatale. Appena ventiquattro ore prima dell’attentato checausò la sua morte, Gandhi aveva proposto lo scioglimentodel Congresso nazionale indiano, protagonista centraledella lotta per la liberazione, e la sua nuova costituzione inun’organizzazione assistenziale. Lok sevak Sangh (Comunitàdi servizio al popolo) era il nome dato a quest’organizza-zione che avrebbe dovuto basarsi su una struttura organiz-zativa costruita dal basso e articolata in consigli di villaggioe altre organizzazioni assistenziali da lui stesso fondate.Come è stato osservato da Susanne Rudolf, la risoluzioneavanzata da Gandhi rappresenta un manifesto che riflette la

479

Page 480: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sua visione di società civile come entità completamenteseparata dallo Stato e collocata in uno spazio tutto proprio.La società civile viene considerata un’istanza critica e dicontrollo nei confronti dello Stato, essa sarebbe in grado diapportare un significativo contributo alla società, piú validodi quello offerto dallo Stato stesso. Gandhi era dell’avvisoche il potere statale fosse vulnerabile, dipendente dallacooperazione della gente per poter esercitare il suo man-dato. Poiché, a suo avviso, il potere viene esercitato indiverse parti della società, allora Gandhi compie il passosuccessivo e propone di permettere alla società stessa l’e-sercizio di quel potere che essa già implicitamente possiedee di farglielo esercitare direttamente.

È chiaro che nel pensiero sociale di Gandhi la societàcivile rappresenta lo spazio in cui agiscono molteplici orga-nizzazioni popolari che si uniscono per intraprendere ini-ziative in diversi campi (dai diritti dei lavoratori alla pace,dalle questioni ecologiche fino a quelle dei diritti civili). Sipotrebbe a questo punto analizzare naturalmente l’estremoscetticismo di Gandhi nei confronti del potere statale.Condivido in parte tale critica. È inequivocabile che lo Statoè esposto a diversi problemi quali la centralizzazione, l’in-differenza e la corruzione; tuttavia ci sono funzioni comequella della razionalizzazione, dell’organizzazione tributa-ria e del coordinamento che possono essere svolte solodallo Stato e non dalla società civile. L’atteggiamento gene-rale di Gandhi nei confronti di una democrazia radical-mente determinante che viene gestita da cittadini accorti,responsabili, impegnati e vigili sulle forze del mercato edello Stato, acquista un significato maggiore all’interno diun capitalismo globale.

480

Page 481: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Infine è necessario rilevare che il pensiero economico diGandhi, cosí come il suo programma politico per la societàcivile, hanno un fondamento spirituale senza il quale per-derebbero la loro forza e la loro coerenza: «Coloro i qualiintendono separare la religione dalla politica, non capi-scono nulla di entrambe». Questa affermazione gandhianapotrebbe giustamente dare da pensare soprattutto a quantisostengono la separazione liberale di Stato e Chiesa. Difatto anche la storia piú recente del fondamentalismo reli-gioso non ha dato prove incoraggianti. Gandhi era certa-mente perfettamente consapevole dell’abuso ideologicodella religione e della politica e, mettendo a repentaglio lasua vita, si occupò delle diverse interpretazioni di questetradizioni. La sua religione non era né confessionale, né set-taria, quanto piuttosto una ricerca dell’amore e della verità,considerate da lui stesso come sfide assolute.

Allo stesso modo la politica era non solo l’ambizione alpotere e al controllo per puri fini egoistici, ma un tentativodi impegnarsi in misura massiccia per il bene comune.Secondo la sua nuova definizione di “religione” e “politica”è forse piú semplice comprenderle come integrazione dientrambe. Dal momento che la politica ha a che fare con ilservizio per gli altri ed in particolar modo per i poveri, gliemarginati e gli oppressi, potrebbe essere intesa come unapreghiera nelle parole e nelle azioni. Al contrario, poiché lareligione è intesa come ricerca della verità e trascende ilnostro controllo, potrebbe allora svolgere un ruolo purifi-catore nella politica.

La politica libera la religione da una prospettiva privata,individualista ed eventualmente apocalittica, mentre dal-l’altro canto la religione libera la politica dalla sua tenta-

481

Page 482: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

zione manipolatrice. In ogni caso Gandhi era pienamenteconvinto che ogni cambiamento significativo delle condi-zioni umane si sarebbe dovuto generare da un profondorinnovamento interiore. Naturalmente si può replicare chela sua nuova definizione di religione e politica fa sbiadire oaddirittura scomparire i confini tra “interiore” ed “este-riore”. Amorevole servizio agli altri e ricerca della veritàmorale e spirituale sono due lati della stessa medaglia.

Possiamo considerare la concezione gandhiana di pacecome un ideale olistico di cultura e di formazione. Essaprende in considerazione l’intera gamma di esperienzeumane ed ha le sue radici negli ideali di verità (satya), pace(ahimsa) e servizio amorevole (savodoya). La portata di taleideale dipende dalla volontà degli uomini benevoli. E la suaesistenza si pone come l’indispensabile stella polare cheindica a uno dei secoli piú sanguinari della storia umana,corrotto dal cinismo e ferito dalla disperazione crescente, lavia della speranza e dell’ispirazione spirituale.

Traduzione dal tedesco di Marina De Honestis

Versione italiana dell’articolo pubblicato sul fascicolo 1999/2 dellarivista «Dialektik. Enzyklopädische Zeitschrift für Philosophie undWissenschaft»› pubblicata dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici edallo Zentrum für Höhere Studien der Universität Leipzig (FelixMeiner Verlag, Hamburg).

482

Page 483: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ESTREMO ORIENTE

483

Page 484: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

484

Page 485: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Grazie agli eccellenti rapporti di collaborazione con Istituto diFilosofia dell’Accademia di Scienze Sociali della RepubblicaPopolare Cinese, gli studenti dell’Istituto hanno potuto ascoltare damembri dell’Accademia di Pechino varie lezioni sulle grandi tradi-zioni filosofiche cinesi ed è stato possibile mettere a punto un pro-gramma di traduzioni di cinque opere storiche di Benedetto Croce inlingua cinese, che sono state stampate nel corso del 2005, mentre ilprof. Tian Shigang prepara l’edizione in cinese dell’Estetica cro-ciana. Questo programma fa seguito a quello della traduzione inlingua cinese delle opere di Giordano Bruno, già felicementeavviata con la pubblicazione del Candelaio, tradotto in cinese acura dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici sulla base dell’edi-zione critica di Giovanni Aquilecchia. Per iniziativa dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici in collaborazione con l’AccademiaCinese delle Scienze Sociali e con l’Università Bei Da di Pechino,l’Università di Hangzhou, l’Università Fudan di Shanghai,l’Istituto per l’Educazione di Shanghai, l’Università di HongKong, il professor Bruno Forte della Pontificia Facoltà Teologicadell’Italia Meridionale ha tenuto in Cina nel 1997 vari seminari econferenze sul tema: Cristianesimo e culture dell’Occidente.

Anche i rapporti con il Giappone sono stati improntatidall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a una prospettiva moltoampia, che va dai tentativi di intensificare la conoscenza reciproca

485

Page 486: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

delle rispettive grandi tradizioni di pensiero alla circolazione delleesperienze scientifiche d’avanguardia. Cosí il grande fisico HiroomiUmezawa, grazie alla mediazione del prof. Eduardo Caianiello,fondatore del Laboratorio Internazionale di Cibernetica, tenneseminari di fisica all’Istituto e svolse relazioni in vari convegni.Alla memoria di Umezawa l’Istituto dedicava un volume.

Nel 2003 l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha cooperatocon l’Università di Napoli “Federico II” nell’accogliere il premioMasatoshi Koshiba, che ha tenuto una lezione magistrale sul tema:I superconduttori oggi.

L’economista Michio Morishima, dopo aver tenuto in PalazzoSerra di Cassano serie di seminari sulla “Ricardian economics” nel1990 e sulla struttura economica giapponese nel 1991 e nel 1992,è entrato a far parte del Comitato scientifico dell’Istituto, dirigen-done la collana editoriale “Classics in the History and Developmentof Economics”.

Studiosi giapponesi hanno mostrato vivo interesse per la nascitadell’economia civile nell’Italia meridionale e in particolare per l’e-dizione critica delle opere di Antonio Genovesi promossadall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, sulla cui base il prof.Takashi Okuda della Konan University ha tenuto nell’autunno del1994 in Palazzo Serra di Cassano una serie di seminari sul tema:“L’economia civile tra Napoli e l’Europa”.

A cura dell’Istituto sono già state pubblicate in lingua giappo-nese due opere di Giordano Bruno: Il Candelaio e De la causa,principio et uno, rispettivamente a cura di Kazuak Ura e diMorimichi Kato, mentre sono in corso le traduzioni in giapponesedi tutti gli altri Dialoghi italiani del Nolano.

486

Page 487: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Cristianesimo e Cina:una sfida culturale reciproca

BRUNO FORTE

Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale

“Cristianesimo e culture dell’Occidente” è stato il temadelle lezioni che ho tenuto in Cina nel marzo 1997 su ini-ziativa dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici in colla-borazione con l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali econ diverse Università della Repubblica Popolare Cinese(oltre la stessa Accademia delle Scienze sociali, la prestigio-sa Bei Da di Pechino, l’Università delle Minoranze,l’Università di Hangzhou e la Fudan di Shanghai, l’Istitutoper l’Educazione nella stessa città, e, ad Hong Kong, varieFacoltà di Teologia e l’Università Cinese). Un seminario siè svolto anche presso il Centro Studi dell’Ufficio per gliAffari Religiosi del Consiglio di Stato, che è il Governo delPaese. Dovunque ho potuto parlare con assoluta libertà,nulla tacendo riguardo alla crisi delle ideologie e al falli-mento delle loro realizzazioni storiche, di destra e di sini-stra, in cui la pretesa di totalità della ragione si è risolta intotalitarismo e violenza. Parimenti ho potuto sottolinearecon chiarezza gli elementi dottrinali irrinunciabili dellafede cristiana, ed in particolare riguardo all’ecclesiologial’esigenza imprescindibile per i cattolici della piena comu-nione di fede e di vita ecclesiale col Papa.

L’accoglienza ricevuta dappertutto è stata estremamentepositiva: lí dove l’invito al pubblico era stato fatto, la parte-

487

Page 488: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cipazione degli studenti universitari è stata impressionanteper numero e per interesse, dimostrato anche da domandenumerose e pertinenti. Segnale, questo, dell’enorme risve-glio di interesse per le questioni ultime, e quindi anche reli-giose, che c’è in Cina, specialmente fra i giovani, dopo glianni di oscurantismo legati alla pretesa ateistica dell’ideo-logia e specialmente dopo la barbarie della “rivoluzione cul-turale”, denunciata ormai anche dagli attuali governanti.Peraltro, non ci vuol molto a costatare come i templi e lechiese siano pieni, e come abbondino fra le presenze quel-le dei giovani. Questo risveglio religioso si situa nel proces-so di cambiamento che il paese sta vivendo con l’aperturaeconomica al sistema occidentale e con la molteplicità degliscambi commerciali. Il pragmatismo economico e politicodi Deng Xiaoping, a cui si richiama in un’assoluta conti-nuità anche l’attuale dirigenza, ha prodotto notevoli miglio-ramenti delle condizioni medie di vita, insieme a vistosesperequazioni e a una crisi d’identità spirituale di vasteproporzioni. Nessuno piú sembra credere al dogmatismoideologico, nonostante esso sia professato dai rappresen-tanti ufficiali del Partito: cresce il disagio sociale, anche conpreoccupanti segnali di insofferenza, mentre il fascino deimodelli occidentali, caratterizzati dal consumismo e dalvuoto morale, sembra diffondersi contemporaneamente auna vasta rete di corruzione. La situazione appare chiaraanche al regime, che si sta mobilitando per la cosiddetta“civilizzazione spirituale”, peraltro ancora molto legata aglischemi dell’ideologia.

In questo quadro il risveglio religioso appare come il sin-tomo di un bisogno vasto e profondo di senso e di valori:esso investe perciò gli strati piú diversi della realtà cinese. Se

488

Page 489: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

a livello popolare si esprime perfino in forme che sembra-no un ritorno a tradizioni pagane e a superstizioni, interes-sante è nel mondo della cultura il fenomeno dei cosiddetti“cultural Christians”, di quegli studiosi, cioè, che motivatida semplice interesse storico-culturale o anche da esigenzespirituali, fanno del cristianesimo l’oggetto centrale delleloro ricerche. È un dato di fatto che in questi ultimissimianni sono sorti centri di studi religiosi specificamente atten-ti al cristianesimo presso tutte le istituzioni universitarie cheho visitato: ed anche il mio ciclo di lezioni è uno dei primi,significativi segnali di questa nuova attenzione. In partico-lare mi sembra che la Chiesa cattolica debba prepararsi arispondere a questa sfida straordinariamente positiva: laCina è un paese dalla cultura plurimillenaria e non potràessere evangelizzata ulteriormente senza una profondainculturazione della fede. Occorrerebbe, forse, che il catto-licesimo investisse piú energie sul mondo della cultura inCina, che presenta queste attese significative e urgenti.Questo compito peraltro non potrà essere assolto senzaun’adeguata attenzione al pluralismo confessionale e reli-gioso, oltre che culturale ed etnico proprio dell’universocinese: il dialogo ecumenico e quello interreligioso sono inCina condizioni indispensabili dell’evangelizzazione dellacultura. Scambi culturali come quello che ho potuto viverein prima persona, senza mai in nulla abdicare alla mia iden-tità di teologo cattolico fedele al Magistero della Chiesa, misembrano una via da percorrere e promuovere sempre dipiú.

Qual è l’atteggiamento del potere politico cinese su que-sti vari processi in atto? Certo non è facile descrivere inmodo univoco una realtà complessa e ricca di contraddi-

489

Page 490: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

zioni: ad esempio, sul piano dei diritti umani e della libertàreligiosa la situazione presenta aspetti di gravi violazioni danon poter ignorare. Tuttavia, si deve riconoscere che è inatto un qualche cambiamento: significativo in tal senso èstato soprattutto il seminario che ho tenuto presso il Centrodi Studi Religiosi dell’Ufficio per gli Affari Religiosi delGoverno. Ad esso hanno presenziato una quindicina di per-sone, alcune delle quali di notevole rango nell’ambito delpotere, ad esempio il Direttore del Centro, Zhao KuangWei. Questi ha introdotto la mia conferenza – dedicata ai“Modelli storico-teologici della missione cristiana” – affer-mando che la permanenza delle religioni è ormai non soloriconosciuta dal socialismo cinese come un dato di fatto, maanche come un elemento positivo, che può contribuire allacostruzione di una società migliore, anche se permangonole differenze soprattutto riguardo alla concezione dell’esca-tologia. Ciò che il Governo chiede è che ogni comunità reli-giosa – libera al suo interno – converga sul piano sociale epolitico con la linea d’azione del Governo stesso. In parti-colare, riguardo al rapporto con la Chiesa cattolica e laSanta Sede, Zhao ha affermato che ci sono ragioni storicheche rendono complesso questo rapporto, specialmentel’opposizione del Vaticano al comunismo nel 1949 e la suacollocazione favorevole a Taiwan. Nell’ambito della mialezione ho potuto chiarire che la Chiesa è la prima a rico-noscere eventuali errori storici della missione, soprattuttoquando questa è stata identificata con l’azione delle poten-ze coloniali, ma che ci sono comportamenti come quellodell’opposizione al comunismo sovietico che oggi tutti rico-noscono giusti e perfino provvidenziali: e questo puòammetterlo anche l’attuale socialismo cinese, che insiste

490

Page 491: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sulla sua radicale differenza dalle realizzazioni del modellosovietico. Ho inoltre ribadito che la comunione col Papa èper i cattolici un elemento irrinunciabile della loro fede,ma che essa non interferisce con la vita politica e sociale diun paese, come dimostra il fatto che dovunque nel mondotanti cattolici si comportano da cittadini leali e responsabi-li: quello che lo Stato non può e non deve chiedere ai cat-tolici è di andare contro coscienza in tema di diritti umanie di fondamentali principi morali. In un accordo generale,che garantisse con questi punti inalienabili la libertà di azio-ne pastorale alla Chiesa, anche gli altri problemi potrebbe-ro trovare una giusta soluzione.

L’impressione che resta è che, mentre da parte dei gio-vani e degli uomini di cultura l’interesse alle religioni e alcristianesimo in particolare è reale e positivamente orienta-to, fra gli uomini del Partito persistano concezioni che sem-brano legate anche a una conoscenza non sufficientementeapprofondita del Concilio Vaticano II e delle sue indicazio-ni teologico-pastorali: cosí, ad esempio, il valore dell’incul-turazione della fede è una delle conseguenze del messaggiodel Concilio, che potrebbe avere in Cina enormi conse-guenze. Anche per questo c’è solo da augurarsi che iniziati-ve di scambi culturali come quella da me vissuta possanoripetersi e approfondirsi: il primo passo per costruire unfuturo comune sta nel conoscersi e nel rispettarsi, senzanascondere le differenze, ma anche senza restare bloccatida pregiudizi e paure.

Articolo pubblicato nel fascicolo 11-12 di «Scheria», rivista delCircolo G. Sadoul di Ischia e dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici.

491

Page 492: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il pensiero dell’Asia Orientale

ADOLFO TAMBURELLO

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

Fra l’11 ed il 15 novembre 1996, presso l’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici, Paolo Villani ha intrattenuto un pub-blico colto su temi relativi al pensiero dell’Asia estremo-rientale. Da molto tempo, paesi come la Cina e il Giapponesembra attraggano piuttosto per la loro attualità che nonper il loro retaggio culturale. Ci congratuliamo, dunque,per la felice iniziativa. Che poi essa sia stata realizzata daun’istituzione come l’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficisottende indubbiamente che è viva l’istanza di avvicinare unmondo intellettuale ancora per gran parte sconosciuto oignorato e di accreditarlo di valenze filosofiche, non mera-mente politiche o economiche.

Ora, molto a lungo si è disputato se la Cina abbia pro-dotto una filosofia. Ancora piú severo è stato tradizional-mente il giudizio espresso sul Giappone, la cui articolazionedel pensiero e la cui speculazione intellettuale sono statecon tenace acribia ricollegate alla Cina nelle loro matrici enei loro sviluppi tanto da ritenerle un mero ricalco diquelle cinesi.

A Napoli, Giambattista Vico intendeva implicito chealmeno per il pensiero confuciano potesse parlarsi di filo-sofia, ma con tutti i limiti che esso aveva ai suoi occhi: «[... ]la filosofia confuciana, conforme a’ libri sacerdotali egi-ziaci, nelle poche cose naturali ella è rozza e goffa, e quasitutta si rivolge ad una volgar morale, o sia moral coman-

492

Page 493: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

data a que’ popoli con le leggi» (Scienza Nuova, 1744, 50).L’etica è stata in effetti, con pareri e giudizi divisi fra il

denigratorio e l’apprezzativo, uno dei pochi scibili dellaCina (e poi del restante Estremo Oriente) a suggerire con-sonanze con la filosofia quale l’Europa sviluppava (e peral-tro essa stessa, con l’Illuminismo, sotto l’influenza del pen-siero cinese). Piú contrastata è stata ed in parte rimanel’attribuzione di una dimensione o veste filosofica alla meta-fisica, all’epistemologia, alla logica cinesi.

È vero che la Cina non coniò mai un termine omologo osinonimo di “filosofia”; tale termine mutuò dal Giappone,ove locali pensatori, nel secondo Ottocento, ricorrevano adun neologismo per trapiantare nel paese la disciplina chel’Occidente chiamava filosofia. Il termine tetsugaku, che nenasceva, suonava in cinese zhexue e significava qualcosacome “studio della saggezza, del sapere”. I Cinesi avrebberoperò continuato a nutrire forti dubbi che la “saggezza”, il“sapere”, potessero essere rinchiusi o “sistematizzati” in unabranca di studi. Potremmo convenire con Herrlee GlessnerCreel, che ormai molti anni fa scriveva: «[...] se in Cina èmancato il concetto di filosofia come disciplina a sé, ciò èdovuto solo forse al fatto che la filosofia stessa era talmenteimportante e cosí strettamente connessa con la politica, l’e-conomia, la religione e con quasi tutti gli altri aspetti dellavita, da non poter essere concepita come un’entità da essiseparabile. Ciò è efficacemente dimostrabile da un solofatto: per molti secoli, fino a quello attuale, i candidati allepiú elevate gerarchie statali cinesi dovevano dimostrare lapropria capacità sottoponendosi ad esaurienti esami sullaletteratura filosofica» (H.G. Creel, Filosofia cinese. Le civiltàdell’Oriente, III, Roma 1958, p. 975).

493

Page 494: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’insigne studioso cinese Feng Youlan, autore di unafamosa Storia della filosofia cinese tradotta e pubblicata anchein Italia, giungeva addirittura ad affermare: «Il posto occu-pato dalla filosofia nella civiltà cinese è paragonabile aquello tenuto dalla religione in altre civiltà». In verità, oggicominciamo a cogliere anche quanto di “religioso” espri-messe l’antica e lunga tradizione materialistica, naturali-stica e scettica del pensiero cinese, come pure quella prag-matica ed assolutistica del pensiero giapponese.

Presentazione del volume: Paolo Villani, Introduzione alla storia delpensiero dell’Asia Orientale, pubblicato nella collana «Testimonianze»dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (La città del Sole, Napoli,1998).

494

Page 495: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il confucianesimo

PAOLO VILLANI

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

Il termine confucianesimo designa in Occidente il com-plesso di speculazioni filosofiche e di risvolti sociali, politicie quant’altro il cui inizio si fa risalire appunto a Confucio,latinizzazione del nome cinese, Kongfuzi, di un pensatoreche si crede possa essere vissuto fra la seconda metà delsesto e gli inizi del quinto secolo prima dell’era volgare. Sitratta di un sistema di pensiero che avrà da allora enormeinfluenza non solo in Cina, ma in tutta l’area geograficadell’Asia orientale sinocentrica, nelle civiltà improntatecioè ai modelli di sviluppo cinesi. Per definire quello chenoi chiamiamo confucianesimo in cinese si usa il terminerujia, ovvero “scuola dei letterati”. Questo dice molto sulpredominio che il pensiero attribuito a Confucio si sforzòdi esercitare sulla civiltà letteraria cinese e riuscí, nel tenta-tivo di egemonizzare l’intero orizzonte scientifico, ad otte-nere almeno sulla cultura ufficiale e burocratica del paese.L’importanza del fenomeno giunge fino ai giorni nostri;tant’è vero che numerosi studiosi non possono evitare dichiamare in causa il confucianesimo nelle analisi e nei ten-tativi di spiegazione del crescente successo delle società edelle economie estasiatiche. La questione dell’attualità delconfucianesimo è dibattuta e discutibile. Ad esempio, inuna pubblicazione recente dedicata a Singapore ci sidomanda se la città-stato ex colonia britannica sia da consi-derare una società confuciana.

495

Page 496: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Le norme che incoraggiano la solidarietà intergenera-zionale in famiglia e il fatto che piú di tre quarti della popo-lazione sia cinese lo lascerebbe supporre. Ma «[…] aSingapore il confucianesimo non è un tratto culturale radi-cato e diffuso che legittima «dal basso» le istituzioni, comeaccade per l’Islam nei paesi arabi. Il confucianesimo è l’og-getto di un discorso politico da parte del partito di governo,il rivestimento ideologico di un gigantesco progetto di inge-gneria sociale. [...] a Singapore fin verso la fine degli annisettanta non esisteva una tradizione confuciana. [...] Sulfinire degli anni settanta si scoprí d’improvviso l’impor-tanza del ritorno alle origini e il confucianesimo divenne ilsimbolo di un’identità collettiva. [...] la pietà filiale (xiao)vista come dovere di solidarietà verso gli anziani [...] è unpunto di particolare interesse. Nei primi quindici anni disviluppo economico il governo aveva insistito sulla merito-crazia e sulla competitività come chiavi del successo. Ma poiera stato costretto a fare i conti con una conseguenza nonvoluta di quella insistenza, la comparsa nella gioventú dicrescenti spinte individualistiche, [...] l’affievolirsi della soli-darietà familiare avrebbe provocato un aggravio delle spesestatali di assistenza agli anziani, quindi una scelta “welfari-stica” che il governo per motivi ideali e pratici aveva sempreavversato» (Giuseppe Bonazzi, Lettera da Singapore, IlMulino, 1996, pp. 155-158).

Di Confucio si narra che, costretto all’esilio per dissensicoi governanti della sua terra natale, peregrinasse, seguitoda un certo numero di discepoli, di Stato in Stato dell’an-cora non unificato territorio cinese nella speranza di potereapplicare i propri insegnamenti a concrete riforme politi-che e sociali. Il suo pensiero è per convenzione desunto da

496

Page 497: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

opere di varia natura e diversa compilazione, nessuna vero-similmente di suo pugno. Sembra che neanche fosse suaintenzione scrivere in forma privata, cosa che del resto all’e-poca non si usava fare, e che preferisse dedicarsi piuttostoall’insegnamento diretto. A tali opere per convenzione asse-gniamo il nome di classici confuciani, in cinese jing, ‘libricanonici’. Questi classici, come oggi li conosciamo, nac-quero in pratica, in seguito alla unificazione del territoriocinese in impero centralizzato, dalla necessità di ricreare ocreare un corpus canonico di scritti cui il sistema dei letteratiburocrati potesse fare riferimento per svolgere le propriemansioni. I classici confuciani hanno esercitato enormeinfluenza sulla Cina e sulla sua letteratura ed hanno estesoil loro pesante retaggio su tutta l’area di egemonia grafica eculturale cinese. Gli esemplari di questi testi, che avevanoforse alle spalle già una storia di qualche secolo e di normalidispersioni, erano stati (a quanto afferma la tradizione sto-riografica) proibiti e distrutti, salvo eccezioni, sotto i Qin sulfinire del terzo secolo prima dell’era volgare. Se una tra-smissione costante dei testi classici v’era fin allora stata, essafu di sicuro disturbata o interrotta. Durante i primi annidella dinastia degli Han anteriori si concertarono gli sforziper riassemblare e trasmettere testi ed insegnamenti deiclassici. Il primo stadio di tale processo determinò il tenta-tivo di stabilire e formalizzare il canone confuciano attra-verso il lavoro di eruditi, incaricati nel 136 prima dell’eravolgare dal sovrano Wu degli Han di decidere l’edizione dicinque classici. L’imperatore Wu legittimò una tradizionetestuale che discendeva dalle edizioni nello stile graficodetto “degli scribi”, la scrittura adottata già dall’ammini-strazione Qin per unificare le varie grafie dei caratteri

497

Page 498: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cinesi, ed inoltre, attraverso la selezione stessa degli accade-mici di corte incaricati dell’opera, ratificò ufficialmenteparticolari interpretazioni dei classici. Tale coinvolgimentodei sovrani Han nelle decisioni concernenti la composi-zione del corpus confuciano fu una conseguenza della sceltadel confucianesimo come ideologia di Stato. Ma nonostantel’istituzione del collegio di eruditi e di un’accademia impe-riale in cui si insegnavano e tramandavano le interpreta-zioni ufficiali, durante tutti gli Han infuriarono controver-sie circa la legittimità di vari testi ed edizioni dei classici.Almeno in un paio di occasioni ebbero luogo speciali con-vegni per tentare conciliazioni. Gli specialisti filologiaumentarono gradualmente e non perché aumentasse ilmateriale documentario, ma piuttosto per l’aumentaredelle divergenze fra scuole interpretative. I commentarîdelle varie tendenze esegetiche venivano pubblicati. LiuXiang (79-8 prima dell’era volgare) ed il figlio Liu Xindiressero una copiosa bibliografia pubblicata negli Annalidegli Han anteriori, Hanshu. Lo storiografo che si dedicòalla stesura di questi annali, Ban Gu, scrive che i miglioristudiosi del tempo avevano da far fronte alle divergenze econtraddittorietà di classici e commentarî piegando il sensodei brani alle esigenze interpretative, cavandosi d’impacciocon giri di parole e teorie campate in aria, dispiegando ven-timila o trentamila parole per ogni cinque caratteri di testooriginale. Certo, grande fu l’impegno accademico dei lette-rati Han nel sistematizzare il canone confuciano ponendorimedio al rogo dei libri voluto dai Qin e alle altre distru-zioni causate dal passaggio alla nuova dinastia. Gli scrittidell’epoca erano stilati in lacca su listarelle di bambú legateassieme, tecnica che favoriva evidentemente la dispersione

498

Page 499: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

con l’usura del tempo. Quando saltarono fuori copie super-stiti, il loro stato di conservazione non dové facilitare illavoro degli specialisti, che rimasero sempre divisi in scuolecon sempre leggermente differenziate versioni delle opere,ogni scuola con le sue proprie tradizioni, maestri e disce-poli. La situazione peggiorò con la apparizione di versioniancora divergenti di alcuni classici, che la leggenda rac-conta essere state trovate nascoste, sempre in epoca Han,nelle mura dell’abitazione di Confucio. Esse però, a causadi numerose omissioni ed aggiunte, non sarebbero statepienamente affidabili e costituirono le versioni dette del“vecchio testo”, chiamate cosí perché stilate in una grafiaarcaica. In periodo Han la disputa fra divergenti edizionidei testi confuciani si estendeva comprensibilmente adistanze storiografiche, filosofiche, politiche e religiose fon-damentali. In generale la scuola del nuovo testo proponevauna sistematizzazione dottrinaria che faceva libero uso delleteorie cosmologiche dello yin-yang, enfatizzava le interpre-tazioni di eventi considerati sovrannaturali, tentava di ele-vare Confucio ad un rango quasi divino, ed adottava partedella letteratura profetica cresciuta in seno alla scuola con-fuciana. La scuola del vecchio testo invece, guidata dauomini provenienti dalla terra di Confucio, ebbe a cuoresoprattutto l’eliminazione dal confucianesimo delle super-stizioni, la restituzione a Confucio della funzione propria diinsegnante, l’opposizione all’invadenza delle dottrine yin-yang ed il ritorno alle origini della dottrina. Primo impor-tante patrono ufficiale della scuola del vecchio testo fu LiuXin (46 a.C.-23 d.C.) illustre studioso la cui reputazioneebbe a soffrire dalla contiguità con l’usurpatore del tronoWang Mang. L’imperatore Guang Wu, che riportò in auge

499

Page 500: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

la casata degli Han dopo l’esecuzione di Wang, era estre-mamente superstizioso e quindi incline al misticismo dellascuola del nuovo testo, cui forní pieno appoggio abolendolo studio dei vecchi testi che aveva goduto di qualche favorealla fine degli Han anteriori. La forma finale dell’interpre-tazione ortodossa dei classici confuciani fu ridefinita in unnuovo concilio ai primi anni della nostra èra. Il bambú eradel resto stato sostituito ampiamente dai rotoli di seta primache l’invenzione della carta, documentata per l’anno 105,facesse ulteriormente progredire la tecnologia editorialecinese. Per sicurezza però i testi sacri dell’ideologia statale,i cinque classici e gli analecta confuciani, vennero scolpiti sutavolette di pietra prima del definitivo tramonto della dina-stia Han. La scuola del vecchio testo non ebbe successo isti-tuzionale durante gli Han, tuttavia fra i suoi seguaci tro-viamo nomi di pensatori rilevanti nel panorama degli Hanposteriori e studiosi fautori di quell’approccio razionalisticoalla dottrina confuciana che col tempo finirà per prevalere.

Nel corso della storia cinese il canone confuciano uffi-ciale è stato variamente definito. Durante gli Han lo siintendeva composto di cinque classici, o meno comune-mente di sette classici. In epoca Tang si parla di nove clas-sici. La dinastia Song arriva a enumerarne tredici. I letteraticonfuciani hanno nel tempo scelto libri particolari delcanone come riferimento principe.

Molti classici esistevano già prima di Confucio e costitui-vano il patrimonio culturale del passato; erano stati allabase dell’educazione degli aristocratici durante i primisecoli feudali della dinastia Zhou. Il pensatore, o megliol’insegnante, conosciuto col nome di Confucio fu fra i moltiletterati educatori che, a partire dal settimo secolo prima

500

Page 501: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dell’era volgare circa, in concomitanza con i primi segni dicedimento del feudalesimo e col formarsi di Stati autonomiche in un succedersi di lotte ed alleanze miravano al pre-dominio su tutta la Cina, vagarono diffondendo la tradi-zione filosofica, commentandola e tentando di adattarlaalle esigenze pratiche della nuova situazione storica.Confucio stesso avrebbe affermato di non essere un crea-tore, ma un “trasmettitore”. Ma nel trasmettere istituzionied idee le si interpreta sempre attraverso una lente perso-nale e Confucio diede effettivamente inizio a qualcosa dinuovo nell’insegnare la tradizione. Parte delle opere cono-sciute in seguito col nome di “tredici classici” sono com-mentarî di testi.

Fra le nuove idee che Confucio propugnava sono fonda-mentali quelle concernenti i rapporti fra individuo esocietà, e fra il cielo (ossia le leggi di natura o divine) el’uomo. Per prima cosa, al fine di ottenere una società beneordinata, sarebbe stato necessario operare un “raddrizza-mento dei nomi”, ossia si sarebbe dovuto far corrispondereogni soggetto sociale al ruolo ed alle qualità ad esso asse-gnato dai nomi. In breve: che il governante sia governante,il ministro ministro, il padre padre, il figlio figlio. Poichéogni nome conterrebbe alcune note caratteristiche costitu-tive dell’essenza delle cose che i nomi indicano, bisogne-rebbe rispettare questo presupposto e far sí che vi siaaccordo fra nome e realtà effettuale. Ogni nome implicaalcune funzioni, responsabilità e doveri ben precisi.Governante, ministro, padre e figlio sono nomi di relazionisociali, e gli individui cui spettano tali nomi devono adem-piere alle responsabilità ed ai doveri dei loro nomi affinchéquesti ultimi non restino svuotati di significato reale.

501

Page 502: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Per quanto riguarda le virtú dell’individuo si ascrive aConfucio l’enfasi particolare assegnata ai valori di rettitu-dine e di umanità.

La Rettitudine (yi) è una sorta di imperativo categoricoche dovrebbe spingere ogni persona a determinati doveri indeterminate situazioni al di là del proprio personale torna-conto. Essa va messa in pratica nei rapporti sociali per purodovere, senza nessuna considerazione di altri fini. Ognunoha precisi doveri da compiere.

L’Umanità (ren) è piú semplicemente definita come un“amore per gli altri” ed è considerata presupposto indi-spensabile della convivenza sociale. Alla richiesta di eluci-dazioni circa il significato di “Umanità”, Confucio avrebberisposto di non fare agli altri quello che non desideriamosia fatto a noi; e che l’uomo dotato di Umanità è colui ilquale, desiderando aiutare se stesso, aiuta gli altri e, deside-rando sviluppare se stesso, sviluppa gli altri. Chi è capace discorgere, trattando con gli altri, l’uguale al proprio ego,saprà mettere in pratica l’Umanità. L’unità di misura dellaUmanità si troverebbe dunque in noi stessi, ognuno ha in séil metro di giudizio di una giusta condotta sociale e puòusarlo se solo vuole.

Ma a questa esortazione a compiere ognuno il propriodovere perché esso costituisce un valore di per sé a prescin-dere dal risultato, in Confucio si accompagna la coscienzache le intenzioni dell’uomo non sono tutto nelle vicendestoriche, buona parte della riuscita o del fallimento di ognisingola intenzione dipendendo da ming, termine varia-mente tradotto e traducibile: fato, destino, volontà celeste,mandato naturale, decreto sovrumano, forza superiorefuori del nostro controllo, diretta ad un fine che talvolta

502

Page 503: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cozza con i nostri intendimenti. Per essere davvero saggibisogna sempre tenere a mente l’esistenza di questo poterenon umano e tuttavia compiere il proprio dovere senzapreoccuparsi dell’eventualità di insuccessi non dipendentidalla nostra volontà. Saremmo cosí alleggeriti da eccessividubbi, ansietà e paure.

Una certa preminenza dei valori morali nella visioneconfuciana dello sviluppo della personalità dell’individuo èinnegabile. Ma, se i confuciani per questa loro ristrettezzadi interessi venivano abitualmente messi in ridicolo dai taoi-sti, essi condividevano con questi ultimi lo studio, il deside-rio di ricercare una verità piú alta della comune compren-sione umana, ed anche dai confuciani questo principioassoluto era chiamato Tao: volgiti con dedizione al Tao; unavolta afferrato il Tao puoi morire soddisfatto. E, sebbene laperfetta conoscenza del proprio posto, del proprio ruolonella società, ossia la conoscenza dell’etichetta, del galateosociale, dei riti e delle cerimonie della retta condotta (li),occupasse nel filosofare confuciano il primo posto,Confucio non rifuggiva dal considerare (ma senza illudersidi potervi intervenire) fattori meta-morali: il Cielo e laFortuna che il Cielo, piú o meno arbitrariamente, accorda.Secondo alcune testimonianze testuali, inoltre, Confucioavrebbe creduto in una sorta di missione divina assegnata-gli dal Cielo al fine di porre finalmente ordine nel mondosottostante. Ed in effetti nel primo secolo prima dell’era vol-gare il maestro finí per essere considerato, da taluni lette-rati-burocrati confuciani di regime della dinastia Han,come una sorta di essere divino che era stato consapevoledella futura realizzazione dei suoi ideali politici da partedegli Han stessi; e con l’apoteosi di Confucio la sua dottrina

503

Page 504: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

divenne una vera e propria religione. Questo tipo di glori-ficazione però non durò in quanto la mentalità sostanzial-mente razionalistica del confucianesimo riprese presto ilsopravvento ed il maestro della ideologia di Stato fu resti-tuito alla sua dignità umana.

Dopo Confucio i pensatori che continuarono la suaopera, essenzialmente rivolta a fondare nella maniera etica-mente migliore la società, furono numerosissimi. Nel corsodella storia cinese in effetti il confucianesimo da un certopunto in poi si impose come ortodossia filosofica al cuiquasi esclusivo interno era dato svolgere il dibattito politico,rielaborando, rielaborando e rielaborando ancora le inter-pretazioni dei dogmi originali lasciati fondamentalmenteinvariati. La dottrina filosofico-politica inaugurata daConfucio riuscí in questa conquista della egemonia intellet-tuale anche mediante l’assorbimento di molte delle cor-renti di pensiero che presentavano qualche affinità o qual-che complementarietà rispetto ad essa (la scuola legalistaad esempio). Alcuni pensatori confuciani e neoconfucianis’imposero nondimeno nel panorama della scuola.

Innanzitutto Mencio (Mengzi), forse vissuto fra il 370 edil 290 circa prima dell’era volgare, famoso per la sua teoriasulla bontà della natura umana che inaugura la correnteidealistica del confucianesimo. L’uomo per Mencio sarebbeoriginariamente buono, non nel senso che nasce saggio, manel senso che possiede in sé latenti i semi suscettibili natu-ralmente di maturare fino a renderlo saggio. Bisogna solofare sí che i semi della bontà umana trovino l’ambienteadatto ad un sano e completo sviluppo. Ognuno può diven-tare saggio se dà pieno sviluppo alla propria natura origi-naria attraverso l’educazione, e l’educazione (dettame que-

504

Page 505: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sto che tutti i confuciani accoglieranno come fondamen-tale) deve costituire uno dei compiti primari del buongoverno. Che l’uomo sia buono si desumerebbe dal fattoche non può tollerare di vedere soffrire gli altri. Se ad esem-pio vedono un bambino in pericolo, tutti gli uomini pro-vano ansia e spavento. E quelli che non provano i vari sen-timenti che dimostrano la bontà dell’uomo vannosemplicemente considerati disumani. Confucio non avevamai spiegato perché ci si dovesse comportare seguendo iprincipî di Rettitudine e di Umanità. Mencio tenta con lasua teoria della originaria bontà dell’uomo di fornire unsupporto ai doveri sociali. Certo, Mencio sa che ognunoama piú se stesso che gli altri, piú i propri parenti degliestranei, piú i propri conterranei degli stranieri, maafferma che si può tuttavia estendere la sfera dell’amoreverso gli altri identificandosi negli altri e nei rapporti altrui.Un’altra e forse piú importante teoria menciana, gravida diconseguenze per l’intera storia politica della Cina, è quelladel diritto morale del popolo – che è l’elemento piú impor-tante di uno Stato – alla rivoluzione, qualora un sovrano,elemento secondario rispetto al popolo, si dimostri privodelle qualità etiche che ne farebbero un buon governante.Se un sovrano non agisce come dovrebbe non è piú unsovrano ed in tal caso la sua messa a morte non sarà regici-dio. E le regole principali cui un buon monarca deve atte-nersi sono: governare mediante istruzione ed educazionemorale piuttosto che con la forza, altrimenti i sudditi si pie-gheranno ma interiormente non vedranno l’ora di poter-glisi opporre; fare tutto il possibile per il benessere popo-lare badando soprattutto che l’economia del paese poggi susolide basi, cominciando con una equa distribuzione della

505

Page 506: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

terra ed un suo sfruttamento razionale, coltivando bachi daseta per vestire i vecchi, allevando pollame e maiali permeglio nutrirsi, e cosí via.

A questa corrente idealista, inaugurata da Mencio, sioppose, in seno al perenne dibattito confuciano sullanatura umana, la cosiddetta corrente realistica, di cui si feceprincipale interprete Xünzi, filosofo vissuto presumibil-mente nel terzo secolo prima dell’era volgare. Xünzi è notoinfatti in particolare per la teoria secondo cui la naturaumana è originariamente cattiva, nel senso che al fine difarla sviluppare verso il bene sociale non sono sufficientialcune generiche buone condizioni ambientali, bensí ènecessaria una forte iniezione di cultura. La filosofia diXünzi si potrebbe anche chiamare filosofia della cultura: ilcielo (la natura) ha le sue stagioni, la terra le sue ricchezze,l’uomo ha la sua cultura. Solo un grosso sforzo culturalepuò redimere l’uomo dalla sua natura, originariamente tut-t’altro che sufficiente alla vita comunitaria ed al manteni-mento del bene comune perché inquinata da una social-mente insana bramosia di guadagno e di piacere sensualeche la accomuna agli altri animali. La natura umana è cat-tiva, la bontà è frutto dell’educazione; la natura è materiagrezza, valore e perfezione sono acquisiti per opera di cul-tura. Senza natura non ci sarebbe ciò a cui aggiungere cul-tura, ma senza acquisizioni culturali la natura non potrebbedivenire bella. Anche secondo Xünzi, come secondoMencio, ogni uomo può divenire un perfetto saggio purchélo voglia. Con la sostanziale differenza che la saggezza nonè lo sviluppo naturale dei semi di bontà innati nell’uomodella teoria menciana, bensí frutto di una ferrea disciplinaculturale che sappia piuttosto mettere un freno al perico-

506

Page 507: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

loso sviluppo dei semi di malvagità latenti nell’animoumano. Bisogna comprendere con l’intelligenza (cheall’uomo non manca già in origine) quanto questi germisocialmente patogeni siano deleteri e obbedire quindi alleleggi. Per fortuna l’uomo, originariamente come gli altrianimali tutt’altro che buono, è originariamente intelli-gente. Gli uomini comprendono di non potere fare a menodi un’organizzazione sociale; la cooperazione e l’aiuto reci-proci sono necessari per avere maggiori prodotti ed una vitamigliore, ogni singolo individuo ha bisogno del lavoro dicentinaia di altri uomini, nessuno sa fare bene ogni lavoroe neanche spesso piú di un solo lavoro, se ognuno vivessesolo e non si rendesse utile agli altri ci sarebbe un generalestato di estrema povertà. Bisogna essere uniti anche permeglio governare le forze altrimenti superiori della natura.La forza dell’uomo è inferiore a quella del bue, la sua velo-cità inferiore a quella del cavallo, eppure bue e cavallo sonoal servizio dell’uomo perché l’uomo è capace di organiz-zarsi in società a differenza delle altre creature. Per mante-nere l’organizzazione sociale indispensabile al progrediredell’umanità ci vogliono regole di condotta, norme consue-tudinarie di vita cui attenersi, i cosiddetti li.

I li sono anche i riti cerimoniali attraverso cui purificarele emozioni umane, ad esempio la musica, la poesia, e non-dimeno (e forse addirittura in primo luogo) la religione,tutte espressioni che liberano la fantasia, mescolano inven-zione e realtà e possono, se si sta attenti a non ingannarrese stessi nel praticarle, appagare in qualche modo i nostriaffetti senza ostacolare i progressi dell’intelletto. Quandocompiamo riti funebri e sacrifici per gli antenati, secondo iconfuciani, oltre a svolgere una funzione di coesione

507

Page 508: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sociale, stiamo ingannando noi stessi senza nel contempovenire ingannati. Trovo questa accettazione di una “razio-nale schizofrenia” della natura umana molto moderna esempre attuale, ed anche utile a definire il rapporto, ancoraoggi assai poco chiaro e spesso improntato alla malafede,fra religione e scienza. Xünzi si chiede come mai piovadopo che il popolo ha offerto sacrifici per la pioggia erisponde che non c’è un rapporto di causa ed effetto.Sarebbe piovuto anche senza preghiere. Le preghiere le fac-ciamo non per ottenere quanto desideriamo ma per con-venzione rituale. L’uomo superiore considera riti e cerimo-nie religiose un atto formale, mentre il popolo li crededotati di forza soprannaturale. Preghiamo per la pioggia,ricorriamo all’arte divinatoria prima di prendere decisioniimportanti per esprimere e lenire la nostra ansietà, cosícome componiamo poesia o musica per dare libero sfogo ainostri stati d’animo in maniera conveniente e non compro-missoria per l’ordine sociale, ecco tutto. I li sono infattianche la buona etichetta, il piú o meno rigido galateosociale che tutto il confucianesimo pone a fondamento dellasua filosofia e del buon funzionamento di una società che sirispetti. La funzione delle norme di condotta è quella diporre limiti ai desideri umani che, se perseguiti ad libitum,creerebbero contese e discordia sociale a causa della limita-tezza delle risorse. Il mondo non è un luogo ideale e l’uomoha da fare i conti, usando l’intelligenza che gli è propria, conle condizioni naturali che ne limitano la libertà. Xünzi è unesemplare interprete degli umori del suo tempo e dell’aspi-razione vivissima di molti ideologi a “fare il mondo uno”,cioè all’unificazione dell’intero territorio cinese in un unicoorganismo politico, in un impero centralizzato.

508

Page 509: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’evento “uniformatore” si sarebbe realizzato di lí a pocoper opera della breve dinastia Qin seguita dal ben piú dura-turo dominio degli Han (III secolo prima dell’era volgare -III secolo dell’era volgare). Si pose allora termine ai torbidied ai disordini della fine del feudalesimo Zhou (epoca degli“Stati combattenti”), periodo politicamente instabile, maassai fecondo dal punto di vista filosofico. Il confucianesimocostituirà, guardando naturalmente alla storia della Cina dauna prospettiva assai larga e non certo con una potentelente di ingrandimento, la grande giustificazione dell’“impero che è al centro” come ancora oggi i cinesi chia-mano il loro paese, un sistema che legittima un esercizio delpotere accentrato ed autoritario ma, almeno in teoria,benevolente verso la popolazione ed illuminato. Un credosostanzialmente mondano e non-religioso che non rivelaverità trascendenti, né offre un sentiero per incamminarsiverso la salvezza eterna. Una filosofia etica e politica rivoltain origine alla classe dei “letterati-burocrati” ed intesa adinsegnare loro l’arte del buon governo attraverso la messain pratica di virtú quali rettitudine ed umanità. Alla bene-volenza del sovrano dovrebbero corrispondere la lealtà el’obbedienza da parte dei sudditi. In tal modo si potrà rea-lizzare uno dei massimi valori confuciani, l’armonia, ovverola responsabilità reciproca fra diseguali. Un’armoniosa di-seguaglianza deve regnare all’interno della famiglia, nellerelazioni fra padre e figlio, tra marito e moglie, fra giovanied anziani. L’armonia familiare genera a sua volta, e necostituisce il modello archetipico, la disciplina sociale, lasolidarietà ed il senso di responsabilità dell’individuo neiconfronti della comunità nel suo complesso.

Ovviamente le novità di pensiero, giunte alla cultura

509

Page 510: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cinese nel corso della sua plurimillenaria evoluzione,costrinsero anche il confucianesimo a molteplici rielabora-zioni, che non avremo qui agio di trattare come meritereb-bero. Non possiamo che, fin troppo schematicamente, pro-porre il seguente, piú che discutibile, accomodamentostorico-filosofico: le rielaborazioni confuciane nel corso deisecoli furono tendenzialmente volte a fornire interpreta-zioni della dottrina dei padri fondatori aggiornate alla lucedelle nuove teorie gnoseologiche, prime fra tutte quelle diderivazione indiana veicolate dal buddhismo, per giustap-porle al sistema etico delineato dagli iniziatori della scuola,i cui dettami etico-politici rimasero sostanzialmente inva-riati.

Il presente brano e i due che seguono sul taoismo e sul buddhismosono tratti dal volume: Paolo Villani, Introduzione al pensiero dell’AsiaOrientale, pubblicato nella collana «Testimonianze» dell’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici (La Città del Sole, Napoli, 1998).

510

Page 511: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il taoismodalla Cina al Giappone

PAOLO VILLANI

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

In Cina fu il taoismo il sistema di pensiero rivale pereccellenza della visione confuciana del mondo. InGiappone il taoismo non fece parte in maniera dottrinaria-mente sistematica del panorama filosofico e religioso, marientrò verosimilmente assieme a numerose altre compo-nenti prebuddhiste in quel complesso di credenze, di mito-logie, di rituali cui per convenzione si assegna il nome dishintoismo. Il cosiddetto shintoismo fu poi, in seguito all’in-troduzione del buddhismo, un culto sostanzialmente sin-cretico in cui gli assunti dottrinari del credo di origineindiana facevano da struttura alla compartecipazione, nellavita religiosa dei giapponesi, della religione preesistente.Anche il confucianesimo venne amalgamato nel corso deisecoli in Giappone alle altre credenze, e numerose scuoledi pensiero shintoista “medievali” trovarono nella filosofiadi Confucio e dei suoi epigoni materiale suscettibile divenire forgiato in piú o meno originali nuove forme. Fusolo a partire dal diciottesimo secolo che, in quella scintilladel futuro impeto nazionalista che fu tanto importante perla modernizzazione del Giappone, alcuni liberi pensatoried alcuni teologi iniziarono a differenziare le componentidel sincretismo giapponese per tentare di isolare gli ele-menti primordiali della religiosità e della filosofia nippo-

511

Page 512: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nica. Cosí gradualmente essi “inventarono” in qualchemodo uno shint o – termine che ancora usiamo nell’acce-zione allora riformulata – e mistificarono il contesto anticoal punto da fare credere che in realtà l’indistinto ed assaidisomogeneo complesso religioso giapponese prebuddhistaavesse nel passato remoto costituito un molto meglio preci-sato, puro, ed autenticamente giapponese “shintoismo”. Daallora una qualche polemica maggiore scosse i rapporti fraconfuciani e shintoisti giapponesi ed è molto interessantenotare come questa polemica, e non mi sembra potereessere un caso, ripeta molte caratteristiche della polemicasviluppatasi nella filosofia cinese fra “confucianesimo” e“taoismo”.

Degno di nota in proposito il battibecco fra MotooriNorinaga (1730-1801), famoso esponente di quel movi-mento filologico e filosofico che rivalutò, assai meritoria-mente peraltro, il patrimonio letterario antico del suopaese, ed un neoconfuciano suo contemporaneo.

Motoori Norinaga, che pure, come tutti i letteratidell’Asia orientale del suo tempo, aveva ricevuto un’educa-zione basata anche sui classici del confucianesimo ed avevapienamente assorbito l’etica confuciana, base dell’ordina-mento sociale vigente, finiva con l’elaborare i principî delconvincimento che le antiche poesia e prosa giapponesi sca-turissero da una specie di etica metafisica, un naturale statodi grazia, un divino ordinamento della natura del tutto par-ticolare e riscontrabile unicamente in quelle opere. Se dap-principio egli inquadra il problema etico in termini di“spontaneità” nell’idealizzare la presunta morale primor-diale, l’ordine naturale esistente in Giappone dalla crea-zione e grazie al quale il mondo automaticamente si reg-

512

Page 513: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

geva, in seguito egli andrà sempre piú accentuando l’a-scendenza “divina” piuttosto che quella “naturale” dell’an-tico stato di cose. Motoori intendeva rettificare il camminospirituale dell’umanità. E, accorto filologo qual era, nontrascurava il versante linguistico della questione. Egli affer-mava infatti che in Giappone nel tempo antico la purminima profusione verbale a proposito della “via” (ossiadottrina) era assente, e che l’arcipelago godeva nell’anti-chità di uno stato di grazia non esprimibile a parole; la “via”era intesa solo come sentiero che conduce a qualcosa e nonesisteva un’accezione dottrinaria del termine.

Ma anche in Cina la parola Tao (dao), nell’arcipelagotradotta michi, in principio indicava solo il sentiero versoqualcosa. Del resto lo stesso vocabolo cinese shendao (giap-ponese shinto) nelle fonti continentali si riferisce talorasemplicemente ad un sentiero che è sacro in quanto direttoverso le sepolture dei morti o verso un santuario.

All’ipotesi linguistica Motoori fa seguire quella storico-filosofica. L’antichità giapponese priva di insegnamenti dot-trinali era una condizione di ordine sovrumano nella qualeanche l’attività di governo procedeva sulla base di una qual-che autoregolazione e pervadeva la società intiera senzaavvalersi di codici teorici. Proprio in ciò, anzi, consistevauna eccelsa realizzazione della “via”, per quanto, precisaMotoori, già mettere la faccenda in questi termini significaaccettare le convenzioni verbali di “quel paese straniero”,ossia la Cina. Comunque, egli prosegue, non vi era la parola“via”, eppure la “via” era in essere. Forse anche un lettoreprovvisto di una minima conoscenza del pensiero taoistasarebbe propenso a tacciare Motoori di plagio. Incuranteperò, o magari solo inconsapevole, Norinaga aggiunge altre

513

Page 514: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

osservazioni, ad ogni modo di piacevole tenore: consideratela differenza fra lo spiegare pretenziosamente la “via” e l’a-stenersi dal farlo. Il non proferire verbo significa libertàdalle pedanti, noiose disquisizioni proprie dei paesi stra-nieri. Come l’uomo di ben coltivato talento non si dà dafare per mostrarlo a parole, mentre il mediocre ignorantemena vanto di un poco di tutto con continui discorsi pom-posi, cosí in Cina ed altrove, causa la carenza di “via”, nonsi fa che discutere in proposito in maniera macchinosa.

Alcune affermazioni motooriane a proposito dell’anticostato di cose in Giappone sembrano quasi un commentoall’adagio del Laozi (o Daodejing) secondo cui colui che sanon parla, colui che parla non sa. Ma è tutto il sapore deldiscorso di Motoori a richiamare alla mente l’opera primadel taoismo: dall’incipit, sempre restio a lasciarsi tradurrenello stesso spazio dell’originale, secondo cui la “via”, il Tao,se può venire espresso, conosciuto, non è il vero Tao, non èl’eterna, l’immutabile “via”, ed il nome, la norma, il princi-pio che può essere nominato non è il vero principio, adaltre dichiarazioni dell’àrreton taoista, quali: non ne cono-sco il nome, è per designarlo che lo chiamo Tao. O ancorasull’autoregolazione della “via” suprema, sul Tao che sigoverna in maniera naturale, spontanea. Con tutte le con-seguenze sul piano della filosofia politica, improntata alsublime ideale quietistico del wuwei. Per Laozi il meravi-glioso meccanismo cosmico, con le sue implicazioni politi-che, non è cosa che si possa agire, operare attivamente.Motoori Norinaga ammonisce il lettore con opinioni analo-ghe. L’universo è straordinariamente complesso, al puntodi essere incomprensibile alla ragione umana. Tentare,attraverso la trattazione razionale, di comprenderlo ingar-

514

Page 515: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

buglia le cose tanto che governare diventa impossibile.Cosí, egli dice, la “via” dei saggi confuciani, escogitata peramministrare il paese, si dimostra al contrario un seme didiscordia e di rivolta politica. Ed afferma che in ogni fac-cenda, quando le cose siano soddisfacentemente quiete,andranno bene nello stato in cui sono. La “via” confuciana,l’arte di governo dei cosiddetti saggi della tradizione cinese,è ingannevole. Quella giapponese – per Motoori, col pas-sare del tempo, sempre piú l’etica rivelata nel testo sacro, lamorale di ascendenza “divina” è nipponica piuttosto chesoltanto “naturale” – è la sola veritiera. Non una “via” daseguire su indicazione di comuni mortali, bensí una realtàpraticata da esseri dotati di virtú superiori.

Il violento attacco mosso da Motoori contro la dottrinaconfuciana non poté non urtare l’orgoglio di quanti siriconoscevano in essa, e la loro reazione non tardò. Adaprire il fuoco fu Ichikawa no Tazumaro Tamon, letteratoneoconfuciano, al quale non sfuggí che Motoori potesseavere aspramente criticato i saggi confuciani in virtú di unaqualche simpatia verso la naturalezza di cui parlano i taoi-sti. Ed accusò Motoori di sincretismo taoisteggiante sottoli-neando, ad esempio, la manifesta filiazione del concetto di“via” priva di teoria della “via” dalla tesi fondante del Laozi,ugualmente falsa e tortuosa secondo il confuciano. MotooriNorinaga rispose alle accuse sostenendo che un letteratoconfuciano, altro non avendo tenuto in seria considera-zione nel corso dei suoi anni se non “la dottrina dei saggicinesi”, è forzatamente dell’idea che pure l’antichità delGiappone vada stabilita in base a criteri cinesi, tanto da nonriuscire neanche ad immaginare che venga mossa critica alconfucianesimo da parte di qualcuno che non sia un

515

Page 516: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

seguace del taoismo. Poi affronta la questione delle sue frasiconcernenti la “via” che sembrano ricalcare le orme diLaozi. Tale imputazione di plagio costituirebbe un segno diristrettezza mentale dell’accusatore. Forse perché inGiappone, argomenta Norinaga, ci sono specie animali evegetali simili a quelle cinesi o indiane si può pensare chele si è create su quel modello? Mentre le creazioni della cul-tura umana variano molto di paese in paese, quelle di ori-gine naturale non possono variare nella stessa misura. Cosíle dottrine indiane e cinesi, frutto della cultura intellettualeumana, non somigliano, nel complesso, alla divina moralegiapponese. Ciò nondimeno sarebbe strano se non avesseroalcunché in comune. E ciò è particolarmente vero per iltaoismo, che rassomiglia tanto alla sacra etica nipponicaproprio in ragione del favore accordato alla natura e delrigetto della cultura intellettualistica. I taoisti esaltano lanatura; e le cose naturali, si è detto, sono grosso modouguali ovunque. Eppure il Tao, la “via” del taoismo, hacome fondamento, come spunto di partenza la negazionedella cultura, sarebbe cioè qualcosa che costruisce la natu-ralezza attraverso un forzoso artificio e non costituisce,quindi, una vera spontaneità. Abbandonarsi allo stato natu-rale delle cose in un mondo che celebra la cultura intellet-tualistica implica l’accettazione anche di tale cultura, laquale fa parte dello stato naturale; rifiutare tale culturasignifica, al contrario, voltare alla natura le spalle, violare lostato naturale delle cose. La morale giapponese di divineascendenze, invece, lungi dall’essere dottrina che fondauna natura in opposizione alla cultura, sarebbe, sin dall’ini-zio, un complesso etico posto in essere da soggetti sovru-mani. L’equivoco, per concludere, nascerebbe dall’esporre

516

Page 517: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in termini di naturalezza qualcosa che le somiglia, ma èun’etica “divina”, rivelata non da uomini, bensí dagli anti-chi testi, frutto, in Giappone, sempre secondo Motoori, del-l’operato delle divinità. Il pensatore non scansava certo laquestione, e sottolineava come la richiesta di un tale tipo di“via” non la esaudisca: né una “via” spontaneistica dellanatura, sulla falsariga delle opinioni espresse in Cina daivari Laozi e Zhuangzi, né una “via” costruita dall’uomo. Edancora, a chi sospettasse che la “via” sancita dalle divinitàgiapponesi collimi con le idee avanzate in Cina da Laozi eZhuangzi, ribatteva che, nel loro disprezzo verso la traco-tanza intellettualistica dei letterati confuciani e nell’esalta-zione della spontaneità naturale, i taoisti riecheggiano incerto modo la natura; ma che essi taoisti, nati come sono inun paese empio e non nel sublime regno di divine ascen-denze, nulla hanno abitudine a ascoltare, da sempre, fuor-ché le sentenze di stampo confuciano dei sapienti. Ancheciò che reputano natura, per conseguenza, ha un senso dinaturalezza solo nel contesto teorico confuciano. Neanchepassa loro per la mente che ogni cosa sia intento ed operadelle divinità. Si tratterebbe, insomma, di ben altro affare.

Motoori verosimilmente rispondeva e puntualizzava a sestesso piú che alle critiche neoconfuciane. O per megliodire a quei suoi stessi convincimenti che aveva ereditato daaltri; in primo luogo, nella fattispecie, da un altro granderivalutatore dell’antica cultura giapponese, Kamo noMabuchi (1697-1769). È noto che in Norinaga sono chiara-mente riconoscibili motivi presenti in Mabuchi. SpessoMotoori li copia, li imita, li fa suoi nascondendo, addiritturaa se stesso, gli intimi meccanismi attraverso cui compie taleoperazione. E laddove non convince non significa che sia in

517

Page 518: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

malafede. Egli infatti, rispetto a questioni assimilate nellaprofondità del processo conoscitivo, assumeva sovente unatteggiamento che gli impediva di spiegarle al lettore inmaniera facile e comprensibile. E ciò anche nel caso dell’e-nunciazione dell’inconfondibilità del taoismo con la meta-fisica nipponica. Per Mabuchi lo spirito delle due sfere filo-sofiche è uguale. Motoori, nel sostenere il contrario,risponde anche a Mabuchi: le due sfere si somigliano, masono ben diverse. Motoori Norinaga ripete questo concettoad ogni buona occasione, ma non sempre coglie nel segno;anzi nel suo periodare si scorge una sorta di impazienzadovuta all’improprietà argomentativa. Motoori non voleva,o non poteva, essere d’accordo con la chiamata in causa,sovente esplicita, di Laozi, con cui Kamo Mabuchi illustraval’antica “via”. Ed allora fu quasi costretto a recidere conforza gli evidenti legami col pensiero taoisteggiante diMabuchi. La polemica con i neoconfuciani serví probabil-mente solo a rimettere ancor meglio a fuoco la questione.

Se ammettiamo che Motoori debba al “taoismo”, diretta-mente o attraverso Kamo no Mabuchi, le sue idee sullanaturalezza, potremmo supporre che solo in seguito egliprenda in qualche modo atto di ripetere qualcosa di giàdetto e ridetto nella storia del pensiero, e cambi rotta. Piúsemplicemente, potremmo, invece, concordare conMotoori. Non so quanto egli ignorasse che il taoismo è unfenomeno talmente complesso da inglobare probabilmenteanche fideismi assai simili a quello da lui abbracciato. Né soquanto indispensabile al momento storico fosse la cecitàcampanilistica. Alla versione dei fatti prospettata daNorinaga danno comunque credito, chi piú chi meno, inmolti.

518

Page 519: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il buddhismoL’arrivo in Cina e in Giapponedi una religione universalista

PAOLO VILLANI

Università degli Studi di Napoli «L’Orientale»

L’introduzione del buddhismo in Asia orientale fu unevento storico di vasta portata, che costituí uno dei mag-giori fattori di civiltà e si rivelò fecondo in campo non soloreligioso, ma anche filosofico, artistico e letterario. Il credodi origine indiana, introdotto in Cina in anni non precisa-mente identificabili dell’inizio dell’era volgare (con “infil-trazioni” sicuramente assai precedenti), sarebbe stato desti-nato a perpetuarsi nelle terre di nuova conquista piú alungo che nel suo stesso paese di origine, assumendo ovvia-mente forme alquanto discoste da quelle originali, in certomodo analogamente a quanto avvenne al cristianesimo vei-colato sulla cultura dell’antichità ellenistica. Il processoattraverso cui il buddhismo si innestò sull’impianto filoso-fico cinese preesistente, i fenomeni di selezione e di defor-mazione che ne seguirono, l’assorbimento e l’assimilazioneche lo avrebbero a poco a poco amalgamato nel fondo dellacoscienza collettiva cinese forniscono interessanti elementidi analisi, ed alcuni studiosi considerano tale processo unaprefigurazione dell’odierno rapporto della Cina con altreimportazioni culturali, quali, ad esempio, il marxismo.

Come avviene per altre religioni, nelle origini del bud-dhismo si mescolano storia a leggenda. Si tende a collocare

519

Page 520: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nella seconda metà del sesto secolo prima dell’era volgarel’epoca in cui un asceta indiano appartenente all’illustrecasato dei Gautama si sarebbe “svegliato”, “risvegliato” (taleè infatti il senso letterale del participio passato sanscritobuddha), avrebbe cioè compreso la realtà profonda celatasotto l’apparenza molteplice ed ingannevole dei fenomeni.Questo Buddha cosiddetto storico, Gautama soprannomi-nato Shakyamuni (asceta silenzioso dell’etnia shakya), trovòdopo lunghe vicende ed intense meditazioni la soluzione alproblema che tormentava lui ed i suoi contemporaneidell’India gangetica: il fardello ideologico della trasmigra-zione delle anime in una catena continua, inarrestabile edimprevedibile di rinascite non solo come uomini dal vario espesso misero destino di sofferenza, ma anche come ani-mali, spiriti dannati; fardello appena blandito dalla vagasperanza di potere raggiungere anche un luogo celeste difelicità divina. Il Buddha sostiene che gli esseri rinasconodopo la morte a seconda delle azioni compiute, ricevendofelicità per il bene fatto e castighi per il male. Inoltre eraanche possibile, mediante un processo sfociante nella “illu-minazione”, sgombrare il proprio pensiero dalle passioni eda qualunque altro legame a tal punto da liberarsi per sem-pre del mondo fenomenico, emanciparsi dal ciclo di mortie rinascite ed estinguersi completamente in quello statoindefinibile e, almeno agli esordi del buddhismo, scevro daincrostazioni metafisiche, detto nirvana. Già in India il bud-dhismo, nonostante propugnasse una “via di mezzo”(soprattutto per quanto riguarda l’astensione dagli eccessi,sia degli esercizi ascetici al limite della tortura, sia delle mol-lezze e degli ozî degli amanti del lusso), dovette costituireuna riforma, se non una rivoluzione, filosofico-religiosa tale

520

Page 521: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

da fare scandalo per gli aspetti di innovazione in sensoegualitario che tentò di imporre, almeno in linea di princi-pio, alle precise discriminazioni sociali tanto forti e radicateancora oggi nel paese. E vari aggiustamenti dové subire nelcorso del suo progredire geograficamente verso oriente.

Il buddhismo è, come il cristianesimo ed altri credi, unareligione universalista, nel senso che il suo messaggio “disalvezza” è rivolto ed aperto a chiunque lo voglia ascoltaresenza preclusioni di etnia o di altro tipo. In Cina non si puòdire che esistesse una religione precisamente etnica,essendo il confucianesimo sostanzialmente una scienzapolitica ed una dottrina morale e costituendo il taoismo uncomplesso filosofico per sua natura alquanto sfuggente all’i-stituzionalizzazione e che, anche quando si evolse in dot-trina religiosa e costituí una propria “chiesa”, sistematizzò ilproprio canone scritto solo in risposta al sopraggiungeredel buddhismo e senza comunque porre enfasi particolarisull’appartenenza alla “etnia Han”. Ma se i sistemi di pen-siero cinesi presi uno per uno forse mancavano di vistosecomponenti xenofobe, la cultura cinese nel suo insieme èspesso stata tendenzialmente “autarchica”; e dell’indiscuti-bilità del sinocentrismo, ben reso anche oggi dal nomedella nazione, zhongguo (regno del centro), essa non ha maifatto mistero, neanche mentre soccombeva variamente,durante i trascorsi cento e piú anni, agli assalti tutt’altro cheesclusivamente filosofici di culture ormai di troppo “supe-riori” alla sua. Accettare la superiorità, obiettivamente lam-pante ma lí ed allora di sicuro anche difficile da compren-dere appieno, della ricchissima speculazione filosoficaindiana, fu fatto, se mai fu fatto, non di buon grado. Bastipensare che nacque e si tramandò la leggenda che Buddha

521

Page 522: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

altro non sarebbe stato se non un discepolo indiano diLaozi, importante padre fondatore del taoismo. Il saggiotaoista, che la tradizione storiografica cinese affermavafosse a un certo punto scomparso senza che nessunosapesse dove si fosse ritirato sul finire della sua vita, avrebbeviaggiato verso occidente raggiungendo l’India e dispen-sando insegnamenti al Buddha e a molti altri discepoli con-terranei del Buddha. I su tra, i testi sacri buddhisti, secondogli ardenti taoisti che, in quanto a fantasia, bisogna ammet-terlo, non la davano vinta a nessuno nel bene e nel male,sarebbero dunque stati piú o meno varianti straniere delDaodejing, frutti della conversione dei barbari ad opera diLaozi. Comprensibilmente tale leggenda, che fra l’altro civolle un millennio a sfatare, non favorí certo il clima gene-rale dei rapporti fra buddhisti e taoisti in Cina. Ma quelloche divenne pomo di discordia verosimilmente in originenon era un argomento rivolto dai cinesi contro il buddhi-smo, piuttosto al contrario un tentativo di facilitare ai cinesistessi l’adozione della dottrina indiana addolcendone l’e-straneità al corpo nazionale che si considerava centro delmondo.

Dal punto di vista storico va infatti detto che il taoismoebbe un ruolo di mediazione importante almeno nel primoimpatto del buddhismo con la cultura cinese. Per contenutied aspirazioni il taoismo costituiva in effetti quanto dimeglio la civiltà cinese possedeva come strumenti di com-prensione e di digestione analogica delle sovente assai com-plesse elucubrazioni filosofiche indiane. Il problema fonda-mentale, ma potenzialmente immobilizzante, dellatraduzione dei testi, ad esempio, fu in un primo tempoaffrontato mediante la cosiddetta “interpretazione per ana-

522

Page 523: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

logia”, ossia rendendo la terminologia degli scritti buddhi-sti attraverso quella del taoismo filosofico. Sotto gli Han arigor di logica non si può cosí parlare di vere e proprie tra-duzioni di testi buddhisti e solo con l’arrivo nel secondosecolo (o poco prima) di esperti indiani si apre in Cina l’eradi traduzioni gradatamente liberate dalle negligenze e dallealterazioni perpetrate dal metodo dell’analogia. Ci vor-ranno secoli prima che i cinesi colti possano penetrare lesottigliezze della dottrina buddhista con la maggiore ade-renza possibile al pensiero originale che una traduzionepossa assicurare. Ma ormai l’impronta fornita dalle volga-rizzazioni per analogia ed altre scorciatoie linguistiche econcettuali assieme allo sviluppo endogeno del pensierobuddhista stavano contribuendo a dare vita ad una forma dibuddhismo che si può definire cinese, sebbene alcunescuole si chiudessero in una ligia osservanza purista dellatradizione filosofica e religiosa dell’India.

Delle due principali diramazioni scolastiche del buddhi-smo indiano in Cina prese piede e si sviluppò soprattuttoquella detta “grande veicolo” (mahayana). Già in India essoaveva conquistato i favori dei fedeli per essere piú facile daseguire rispetto a quello “piccolo”, piú antico, essenzial-mente monastico, piú severo ed in parte ispiratore di fughedal mondo, causa di comprensibili disagi per la continuitàfamiliare e sociale essenziale alla tenuta della culturacinese. Dottrinariamente, infatti, grosso modo nel “grandeveicolo” viene dedicata una particolare dedizione ai bodhi-sattva, gli “esseri destinati al risveglio”, ossia ad un passodallo stato di buddha, ma che a quest’ultimo stadio di eman-cipazione dalle illusioni del mondo fenomenico altruistica-mente rinunciano per essere d’aiuto ai bisognosi. Questi

523

Page 524: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

esseri possono essere anche laici (nella formulazione teore-tica anche dèi, animali ecc.) e piuttosto che mirare esclusi-vamente alla salvezza personale – il che al cinese tradizio-nale piú ancora forse che ad altri sarebbe apparsoscandalosamente egoistico – preferiscono dunque conti-nuare la propria vita sociale dispensando però generosità ecurandosi della salvezza altrui in un buon compromesso fraesigenze terrene e soteriologiche.

Secondo il buddhismo tutti gli accadimenti che regolanol’esistenza degli individui senzienti sono regolati secondoun rapporto causa-effetto. Tutto ciò che un individuo “agi-sce” ossia fa, dice, pensa, e quant’altro, ossia ciò che si dicekarma, costituisce una causa che avrà prima o poi un qual-che effetto. Ora, se l’individuo non sa liberarsi dall’attacca-mento alle cose della vita, che essendo illusorie ed imper-manenti generano sofferenza, un circolo vizioso di cause edeffetti lo incatenerà all’infinito, poiché il nesso causa-effettonon si esaurisce con la morte, anch’essa illusoria, ma si per-petua in vite future. La sofferenza deriva in ultima analisiall’individuo dalla ignoranza della realtà. La perennebrama con cui l’uomo si aggrappa alla vita, in particolare,causa un legame insolubile col ciclo delle nascite e dellemorti (samsara). Per sfuggire a tutto ciò bisognerebbe sosti-tuire l’illuminazione (bodhi) all’ignoranza; tutte le scuolebuddhiste tentano di contribuire a questa sostituzione salvi-fica. Possono occorrere molte vite per accumulare karmasufficiente a produrre la capacità di rinunciare a brame edattaccamenti, ma questo, secondo il buddhismo, è possibilee l’effetto sarebbe l’emancipazione dal circolo vizioso dicause ed effetti del samsara. Tale emancipazione è chiamatanirvana, ossia l’identificazione dell’individuo con lo “spirito

524

Page 525: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

universale”, che è anche chiamato “natura del buddha”. La“natura del buddha” in realtà, per molte scuole di pensierobuddhista, è sempre presente in ognuno di noi senza chene siamo consapevoli; dobbiamo solo risvegliarla. Per altrescuole meno filosofiche e piú religiose la salvezza conterràperò anche allusioni ad una sorta di godimento paradi-siaco.

Diamo ora un rapidissimo sguardo ad alcune delle primescuole di pensiero buddhista affermatesi in Cina (e succes-sivamente in Giappone):

– Sanlunzong (Sanron), “scuola dei tre trattati” resi incinese da Kumarajiva (344-413), il grande traduttore diopere buddhiste giunto in Cina nel 401. Idea fondante:conviene attenersi ad una posizione intermedia (in India lascuola era detta “di mezzo”) nel considerare l’esistenza népienamente reale, né assolutamente irreale.

– Chengshizong (Jojitsu), “scuola del raggiungimentodella verità”, fondata in Cina nel quinto secolo daKumarajiva. Idea fondante: esiste appena un attimo direaltà evanescente.

– Faxiangzong (Hosso), “scuola dei caratteri specificidelle cose”, anche conosciuta come “scuola del null’altro-che-coscienza”, nata dall’idealismo di Asanga portato inCina dal famoso pellegrino Xuanzang (600-664). Idee fon-danti: il mondo è illusione, ma esiste nel pensiero, doveimmaginiamo i fenomeni ed i loro rapporti; in tutti gliesseri esiste una “natura di buddha”, che bisogna solo riac-cendere per raggiungere la fine delle trasmigrazioni.

– Jushezong (Kusha), “scuola del tesoro della scolastica”,introdotta in Cina nel sesto secolo; rimane patrimonio filo-sofico di pochi monaci studiosi. Idea fondante: l’io è costi-

525

Page 526: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tuito da numerosi elementi reali, ma non esiste in quantorealtà indipendente.

– Huayanzong (Kegon), “scuola della ghirlanda di fiori”,istituita in Cina nel settimo secolo sulla base del “testo sacrodella ghirlanda di fiori”. Idee fondanti: condivisione con lealtre scuole della idea di quiddità, l’assoluto presente intutte le cose; immagine dell’universo con un Buddhasupremo, Mahavairocana, assiso su di un loto dai millepetali ognuno dei quali costituisce di per sé un universo asua volta composto di una miriade di mondi e cosí via.Favore da parte del potere centrale, in Cina ed ancora piúin Giappone, a causa di alcune analogie con la visionecosmologica e con l’organizzazione gerarchica vigenti.

– Lüzong (Ritsu), “scuola della disciplina”, vinaya, nor-mativa per gli ordini buddhisti. Idea fondante: assegnarepeso maggiore alle regole monastiche anziché alla dottrinafilosofica.

Il buddhismo giapponese risente comprensibilmentedell’esperienza fatta dal credo indiano in Cina e giunge nel-l’arcipelago in una forma predigerita dalla cultura cinese.Ciò ne rendeva in certa misura piú facile l’assimilazione fos-s’anche solo dal punto di vista formale e linguistico, poichéil Giappone adottava nello stesso arco cronologico ilsistema di scrittura cinese. Di fatto molte scuole e denomi-nazioni religiose buddhiste vennero importate in Giapponedalla Cina nell’impianto terminologico e dottrinario tro-vato sul continente dai monaci che vi si recavano a studiaree ad aggiornarsi, non solo in campo religioso, ma anche suiprogressi della civiltà piú in generale. Si stima che anchemolti dei dettami culturali di stampo confuciano, che die-dero una forte impronta all’allora nascente Stato nippo-

526

Page 527: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nico, siano giunti in Giappone sull’onda della marea bud-dhista. L’importanza dell’introduzione del buddhismo inGiappone (ufficialmente databile ai primi del VI secolo)giustifica secondo alcuni studiosi una suddivisione della sto-ria del paese in due periodi: prima e dopo l’evento. La dif-fusione della novità culturale avviene dapprima quasi esclu-sivamente nei ristretti circoli dell’aristocrazia della cortedinastica, grazie soprattutto al fascino delle solenni cerimo-nie, nonché dei poteri magici attribuiti al nuovo credo, piúche ai suoi intricati aspetti metafisici. Ne derivò un grandesuccesso delle manifestazioni divine buddhiste di piú imme-diata, come dire, fruibilità: Yakushi (Buddha della medi-cina), Shitenno (i sovrani celesti protettori delle quattrodirezioni cardinali), Kannon (Buddha della misericordia)furono fra i primi aspetti del pensiero di origine indiana adivenire oggetto di culto. Furono destinati fondi alla manu-tenzione dei templi di famiglie nobiliari, in analogia con isantuari prebuddhisti dedicati agli antenati, chiaro indiziodella tendenza immediata alla fusione fra le due tipologiereligiose. Ciò non toglie che in principio l’opposizione alladiffusione della nuova religione fu forte, specie, comeovvio, fra le famiglie sacerdotali del complesso religiosopreesistente, comunemente definito shinto. Esso è uncoacervo mitico e rituale assai disomogeneo, ma si tende adefinirlo come religione etnica del Giappone. Lo scontrocon il buddhismo, religione universalista, certo avvenne,ma lo “shintoismo” era tutt’altro che quella tradizione reli-giosa dell’etnia giapponese che si è cercato di inventarepoco piú di cent’anni orsono. E ciò semplicemente perchénon esisteva, quando in Giappone venne introdotto il bud-dhismo (semmai esista ora), una etnia giapponese, bensí

527

Page 528: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

una moltitudine di clan, varie estesissime famiglie denomi-nate uji, ognuna con una propria divinità tutelare e quindiquasi una propria religione, con a capo la gens dinastica coipropri numi da coltivare, i propri riti da celebrare. Lo scon-tro fu dunque principalmente con gli interessi delle fami-glie piú vicine al sovrano, segnatamente i Nakatomi, addettipresso la Corte alla liturgia prebuddhista, ed i Mononobe,addetti a funzioni militari. Questi oppositori si scontraronocon un’altra potente famiglia, quella dei Soga, che invecesosteneva il nuovo credo e finí col trionfare nel 587 pro-muovendo il culto di recente importazione.

L’adozione di pari passo in Giappone del confuciane-simo in campo amministrativo e del buddhismo in campocultuale è bene esemplificata dalla figura di Sho¯tokuTaishi, un Soga per parte di madre, nipote e reggente dellaregina Suiko. Nel periodo in cui dominò la scena politicaegli favorí il radicamento del buddhismo negli ambientinobiliari e cercò nel contempo di adottare l’etica confu-ciana con la promulgazione nell’anno 604 di quella “costi-tuzione in diciassette articoli”, che diede l’avvio all’emula-zione consapevole della Cina ed alla riorganizzazione totaledell’ordinamento politico sul modello cinese. Degli articolidella sua “costituzione” il secondo incoraggia il culto delBuddha. Il principe reggente fece costruire templi ancoraoggi famosi e ricchi di tesori artistici. Fra i sutra da lui favo-riti va ricordato quello “del loto”, Ho(k)kekyo (traduzionedel sanscrito Saddharmapundarikasutra, “sutra del loto dellavera dottrina”), la piú celebre delle scritture mahayana, cheavrebbe influenzato il buddhismo giapponese per moltisecoli. I monaci, sotto l’impulso allo studio del buddhismodato da Shotoku, imparano a districarsi nei complessi parti-

528

Page 529: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

colari dottrinali delle varie scuole che troveranno la loroistituzionalizzazione in Giappone in epoca di Nara (VIIIsecolo). Le scuole e le istituzioni buddhiste dell’epoca con-vivevano e ospitavano l’un l’altra i propri adepti senza ani-mosità; e lentamente ebbe inizio una convivenza pacificaanche con le credenze prebuddhiste che preludeva al sin-cretismo caratteristico dei futuri sviluppi della religiositànipponica.

Tre funzioni principali gli specialisti generalmente ascri-vono alla presenza del buddhismo in Giappone. Prima edovvia quella religiosa di fornire un sistema di credenze eforme di devozione. Poi quella di costituire un rilevante vei-colo d’importazione della civiltà cinese, essendo il buddhi-smo un’istituzione religiosa internazionale con salde radicisul continente. Tutte le informazioni sulla grande civiltàdella dinastia Tang (VII-X secolo), ad esempio, giungono inGiappone filtrate attraverso occhi e mente del clero bud-dhista. Infine quella di rivelarsi forza, seppure modesta inconfronto alla situazione europea, attiva negli affari politicidella nazione, in quanto organizzazione religiosa dotata diinfluenza sociale e potere economico.

In epoca di Nara le scuole di pensiero buddhista, scarsa-mente istituzionalizzate, si riducevano essenzialmente agruppi di sacerdoti consacrati allo studio di certi testi sacri.La loro presenza era considerata necessaria alla protezionedello Stato, ma ancora scarsa era l’influenza del buddhismosulla vita dell’uomo comune. La politica ufficiale di chie-dere agli ordini buddhisti di celebrare liturgie in favoredello Stato, iniziò subito, ma divenne sistematica (in datestabilite o in casi di emergenza nazionale) con l’introdu-zione nel 736 della scuola Kegon (cin. Huayan), che anche

529

Page 530: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in Cina aveva risposto nel modo migliore alle necessità sta-tali. Il Todaiji diviene il monastero provinciale maschile piúimportante e nel 747 il sovrano Sho¯mu ordina di costruirviuna gigantesca statua del Buddha Rushana (Vairocana),figura centrale del pantheon Kegon, terminata ed inauguratanel 752, ponendo il Giappone all’attenzione del mondobuddhista dell’Asia orientale, dai cui paesi per l’occasionegiunsero monaci e delegati ufficiali. Un significato impor-tante di questa statua del “grande Buddha”, stava nel rap-presentare il cosiddetto Buddha universale, simbolo dell’u-nità spirituale dell’universo. Il dinasta Shomu se nedichiarava “servitore”, ma poteva nondimeno affermare dicostituirne il vicario in terra: come Rushana guidava l’uni-verso in tutte le sue manifestazioni, cosí il dinasta assicuraval’armonia del suo regno.

I rapporti fra potere temporale e buddhismo istituziona-lizzato ricalcarono quelli già sperimentati con le credenzeprebuddhiste. Il clero buddhista non introdusse, comeavvenne in Europa con il papato, una autorità spiritualesuperiore ai poteri del dinasta e quindi i problemi nei rap-porti fra Stato e Chiesa, per cosí dire, si limitarono allaintromissione di sacerdoti negli affari governativi, a favoriti-smi e ad infiltrazioni in alte cariche. Un problema nacquedall’abitudine di assegnare ai monasteri terre, esenti daimposte, dove gli agenti del governo non potevano entrare.Questa pratica (di cui del resto beneficiavano anche moltinobili) finí per indebolire l’autorità centrale politicamenteoltre che finanziariamente; il che, talora anche nel corsodei secoli successivi, provocò dure reazioni contro il bud-dhismo. A differenza però dalla soluzione cinese per il pro-blema analogo, ossia persecuzioni e confische dei beni, in

530

Page 531: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Giappone, almeno nell’antichità, si preferí una soluzionepiú moderata e diplomatica. Ad esempio si scansarono ipericolosi influssi delle intromissioni religiose abbando-nando la capitale Nara per una nuova sede dinastica.

Nell’epoca di Nara l’influenza maggiore da parte delbuddhismo sulla cultura giapponese venne esercitata dallesei scuole di pensiero che abbiamo già enumerato.

In epoca Heian (794-1185) si ebbe in Giappone l’intro-duzione di due movimenti di pensiero buddhista che rap-presentano una rielaborazione originale di due scuolecinesi, la Tendai e la Shingon.

La Tendai (cin. Tiantai) è una scuola, poi tesa all’esote-rismo, basata sull’interpretazione del “sutra del loto dellavera dottrina”. Fu introdotta in Giappone dalla Cina dalmonaco Saicho che vi si recò nell’anno 804. Saicho visitòmolti templi ed in primo luogo quello costruito sul monteTiantai, nel sud del paese. Lí approfondí la dottrina elabo-rata da Zhiyi (538-597), ricevette un’ordinazione di carat-tere nuovo, si istruí riguardo all’esoterismo e forse si fami-liarizzò anche con l’insegnamento del dhyana che si sarebbediffuso in Giappone secoli dopo come zen. Nonostante lascuola Tendai si basi essenzialmente sul “sutra del loto”,accoglie e si rifà anche ad altre scritture e pratiche, ed haquindi un carattere eminentemente eclettico e sincretico. Èad esempio importante al suo interno la fusione fra inse-gnamenti Huayan (ossia Kegon), con il loro accento sullaonnipresenza della quiddità (l’assoluto, la natura di bud-dha), e la dottrina (già portata in Giappone dalla scuolaHosso) conosciuta come “null’altro-che-coscienza”,secondo la quale il mondo è illusione, ma esiste nel pen-siero, che immagina i fenomeni ed i loro rapporti. La

531

Page 532: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Tendai affermò che il Buddha storico Shakyamuni apparsosulla terra altro non è se non una manifestazione di unsupremo Buddha eterno ed universale. Poiché la “natura dibuddha” esiste in tutte le cose, ogni essere, animato o ina-nimato, potrà un giorno realizzarla pienamente svinco-lando quella natura perfetta dagli intralci di ignoranza epassioni terrene. Tale visione soteriologica favorí il radica-mento della scuola, aprendo fra l’altro la strada all’acco-glienza nella sistemazione dottrinaria del buddhismo giap-ponese delle divinità prebuddhiste, secondo uno schemagia adoperato con successo dal buddhismo mahayana inIndia, in Tibet ed in Cina. Saicho considerava i kami, i numitutelari del complesso mitico e rituale prebuddhista, ema-nazioni della coscienza cosmica primordiale e come tali liidentificava con le funzioni del Buddha supremo.

La Shingon (cin. Zhenyan) ossia scuola delle “parole effi-caci”, “formule”, mantra, ha una dottrina interamente eso-terica, e per il contenuto arcano delle sue dottrine e per ilfascino della sua liturgia godette di molto favore presso l’a-ristocrazia e gli ambienti di corte. Fu introdotta inGiappone da Kukai tornato dalla Cina nell’anno 807. Ladottrina Shingon concepisce l’intero universo, animato enon, come se altro non fosse che emanazione di un Buddhacentrale, Mahavairocana. Ne consegue che la natura del-l’uomo e quella del Buddha sono identiche, senonchél’uomo ottenebrato da una visione erronea delle cose perdedi vista questa verità ed ha bisogno di ritrovare la propria“natura di buddha”, cosa che può fare durante la vita stessain cui si trova. La pratica dello Shingon condurrebbequindi ad ogni sorta di felicità già durante la vita. Secondoil buddhismo Shingon gli uomini possono ritrovare l’iden-

532

Page 533: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tità con la “natura del buddha” mediante alcune pratiche:mudra, “sigilli” che consistono nel collocare mani e dita indeterminate posizioni; mantra, “formule” che rappresen-tano, o evocano, esseri venerati; samadhi, “concentrazione”che mira a raggiungere varie tappe di addestramento al“risveglio”. Quest’ultima pratica è favorita da rappresenta-zioni concentriche (mandala) che raggruppano gli enti aseconda delle loro affinità e del loro ruolo. Nel buddhismoShingon sono importantissimi due mandala: uno simboleg-gia il processo di manifestazione dalla coscienza cosmicaalla molteplicità degli esseri, l’altro il processo inversoovvero il riassorbimento dell’essere individuato (effetto)nella coscienza cosmica (causa). La dottrina Shingon era didifficile accesso per la gente comune (anche aristocratica)ed esigeva, per essere compresa pienamente, praticheapprofondite e riti di iniziazione, ma ebbe egualmente suc-cesso per il potere magico attribuito alle formule, la pompadelle cerimonie, la bellezza delle immagini dipinte o scol-pite, lo splendore dei paramenti sacerdotali, le illumina-zioni, gli incensi.

Nel Giappone del periodo di Kamakura (1185-1333),epoca che vide salire al potere la classe dei guerrieri (bushi)e fallire le invasioni dei mongoli, si assistette ad un risvegliodel fervore religioso; ed in reazione all’esoterismo Tendai eShingon, favorito dalla Corte nobiliare, presero vigoreforme di buddhismo adatte alle esigenze popolari (amidi-smo) e aristocratico-guerriere (zen).

Nelle scritture buddhiste si trova profezia d’un’era didecadenza caratterizzata da numerose calamità. Piuttostovarie erano le interpretazioni al riguardo, ed in Giapponeprevalse l’idea che questo spaventoso periodo finale

533

Page 534: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sarebbe stato inaugurato dall’anno 1069. Non solo il cam-biamento della classe dominante, da cortigiana a guerriera,ma anche il senso di instabilità provocato dalle guerre fra iTaira ed i Minamoto e lo spostamento effettuato, da partedei vincitori Minamoto, del potere effettivo da Kyoto allapiana del Kanto diedero a molti l’impressione di esserepiombati nel caos, alimentando pensieri pessimistici speciein chi osservava il Giappone dalla Kyoto in declino. Ivi ilgoverno dinastico senza mezzi ed autorità non poteva porreun freno all’anarchia dilagante. Nel dodicesimo secolotutto il Giappone fu colpito, probabilmente in misura stati-sticamente normale, da incendi, guerre civili, carestie, epi-demie che sembravano annunciare una fine del mondo. Lostesso movimento buddhista sembrava testimoniare – coldecadimento morale in cui era incorso per le lotte armatefra i monasteri e per la vita, poco edificante secondo la dot-trina, che pure si conduceva nei conventi – la veridicitàdella credenza “millenaristica”, e faceva maturare a vistad’occhio l’esigenza di una qualche riforma religiosa. Lariforma si manifestò in tre correnti principali di pensiero:l’amidismo, lo zen ed il buddhismo di Nichiren. Parteimportante nell’urgenza riformistica ebbero pure l’astrusitàdelle dottrine esoteriche e la rigida gerarchia allora domi-nanti, che allontanavano la gente semplice, se cosí si puòdire, dalla comprensione partecipante degli articoli di fede.Ma il risveglio religioso ed il desiderio di riforma del bud-dhismo giapponese, propri del periodo Kamakura, risponde-vano anche alle necessità della nuova società. I bushi, sebbenerozzi, si sentivano attratti dal buddhismo, e molti di loro pre-sero gli ordini negli ultimi anni di vita. Il clero adempiva inol-tre, con una moltitudine di uomini istruiti ormai presenti isti-

534

Page 535: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tuzionalmente, grazie alla vasta diffusione della fede, su tuttoil territorio, a compiti impagabili per l’allora ignorante ari-stocrazia militare, nelle funzioni ad esempio di amanuensi odi consiglieri amministrativi. Le idee religiose alla base dellenuove scuole di pensiero erano, come sempre accade, giàpresenti nel panorama del pensiero; sia il culto di Amida, adesempio, sia le tecniche della meditazione zen erano cono-sciutissimi nei monasteri dell’epoca Heian. Ma queste idee,in un primo tempo considerate secondarie dagli ordinimonastici, assursero, nelle mani di nuove guide religiose, alrango di principî di emancipazione, di “salvezza” buddhista,indipendenti e di straordinario successo.

Perno del culto amidista è la devozione verso il BuddhaAmita¯bha (giapp. Amida), personaggio favoloso esaltato inun certo numero di sutra di origine oscura, la cui venera-zione è rimasta marginale in India, ma è stata fervida nonsolo in Giappone ma in tutto l’estremo oriente. Fon-damentale nella fede amidista la credenza che Amida avessepronunciato il voto di rinunciare a divenire buddha qualoranon si realizzasse il desiderio, espresso anche al terminedella vita, di coloro che volevano rinascere nel suo paese. Ilpaese di cui si parla lo si immagina situato assai lontano,verso ovest; è chiamato “terra pura” e costituisce una sortadi paradiso buddhista dove tutto è perfetto. Chi rinasce inquesto paradiso esce per sempre dal ciclo delle tras-migra-zioni e fruisce di tutte le gioie pure, in attesa di divenire eglistesso buddha. E per riuscire è sufficiente, in conformità alvoto di Amida, pensare a lui fervidamente ed esprimere lapropria devozione attraverso la formula “gloria al BuddhaAmitabha” (giap. namu amida butsu), ossia la formula dettanenbutsu, “invocazione del Buddha”.

535

Page 536: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La dottrina amidista era stata conosciuta in Giappone findall’inizio del percorso buddhista nell’arcipelago.Verso lafine del decimo secolo però l’amidismo conobbe uno svi-luppo senza precedenti, forse favorito dall’ansietà per lapresunta prossima entrata nel periodo di decadenzacosmica. Un monaco di scuola Tendai, chiamato Genshin(942-1017) studiò approfonditamente l’amidismo alla lucedi testi e commentarî di maestri cinesi, e poté cosí com-porre un trattato in cui esponeva l’essenziale per andare arinascere nella terra pura, ossia il grande vantaggio dirinunciare ad acquisire i meriti richiesti con le proprieforze, quando era cosí semplice ed efficace rimettersi cieca-mente, ma con tutto il cuore alla forza di un altro, cioèAmida dalla onnipotente compassione.

Non tratteremo qui del buddhismo zen. Quanto al bud-dhismo di Nichiren, ci si accontenti qui di qualche breverilievo. Nichiren è personaggio interessante nel panoramadel pensiero giapponese perché in uno scritto del 1260 pre-dicava l’assoluta verità delle dottrine ricavabili dal “sutra delloto” contro ogni altra tendenza religiosa, ed avanzava pro-poste politiche al governo dell’epoca. Il fanatismo religiosoda lui invocato rappresenta in gran parte una novità dottri-naria per il buddhismo, che genericamente si può definireuna religione incline alla tolleranza. Nichiren inoltre, nelporre forti accenti sul ruolo della nazione giapponese nellarealizzazione in terra della vera religione, rompe anche lacaratteristica tendenzialmente universalista del buddhismo.

Il governo militare (shogunato) di Kamakura, dopo uncentinaio di anni di stabilità politica, mostrava ai primi delsecolo decimoquarto segni di decadenza e irrequietezzasociale. Mentre Kamakura era divisa dalle fazioni in lotta,

536

Page 537: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

fuori Kamakura emergevano nuove casate, e gli Ashikagapresero il potere ritrasferendo la capitale a Kyoto. Il cleroed i grandi monasteri zen che circondavano Kyoto eranoindispensabili alla cultura degli Ashikaga, tanto che lascuola buddhista zen divenne quasi un organo ufficiale delloro shogunato. Nel 1386 si adottò un sistema di organizza-zione ufficiale per l’ordine zen, assegnando alle sedi mona-stiche una precisa gerarchia protetta e controllata dalgoverno militare. Lo zen farà da guida nei rapporti con laCina e da avanguardia artistica.

D’altro canto il nascere delle nuove ed attivissime deno-minazioni religiose buddhiste creò le premesse per episodi,quando non proprio di guerra, di rivolte di religione, epi-sodi in cui i seguaci delle vecchie scuole di pensiero si scon-travano spesso con i sostenitori delle novità dottrinarie perimporre la propria interpretazione del verbo buddhista.Alcuni di questi conflitti armati ebbero il carattere di ribel-lione popolare. Particolarmente importanti furono le ikkoikki, ossia le rivolte di quelli che si dirigono nell’unica dire-zione (di Amida), i moti innescati dai seguaci della “verasetta della terra pura”. L’intransigenza dottrinaria delladenominazione rifiutava ogni compromesso con le pratichetradizionali e tendeva ad organizzarsi in comunità autosuf-ficienti, pericolose per l’ordine costituito. I governi militaricercavano di annientare tali comunità, esse reagivano coninsurrezioni per preservare la propria autonomia. Nonmancavano del resto neanche guerre all’interno della stessasetta che venivano strumentalizzate dal potere politico.

I gruppi amidisti si erano organizzati politicamente, assu-mendo funzioni di autodifesa e autogoverno contro le auto-rità superiori. Nel corso del quindicesimo secolo loro comu-

537

Page 538: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nità, dirette da sacerdoti, riuscirono ad imporre il propriocontrollo a due province amministrandole per quasi centoanni. Le comunità amidiste presero anche parte a quasitutte le lotte che devastarono il Giappone fino al terminedel sedicesimo secolo. Oda Nobunaga, il primo arteficedella riunificazione nipponica, iniziò a distruggere nel 1564tutti i templi della “vera setta”; ma ci vollero quindici anniper terminare l’annientamento ed il grande tempio fortifi-cato di Osaka Honganji sostenne per oltre un decennio gliattacchi capitolando solo nel 1580. Tutto ciò in Giapponesegnò l’inizio di un grosso declino dell’intero movimentobuddhista, che non è piú stato capace, per la comprensibileavversione da parte del potere politico, di riassurgere al pre-stigio di cui aveva in precedenza goduto nell’arcipelago.

538

Page 539: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Ripensare la modernità in Giappone

STEFFI RICHTER

Università di Lipsia

Nel giro di soli pochi anni sono apparse quattro ampiepubblicazioni in lingua tedesca riguardanti la storia dellafilosofia e il Giappone: 1989 di Lydia Brüll,La filosofia giap-ponese. Introduzione (dall’epoca Nara al 1945); 1993 di GregorPaul, Filosofia in Giappone. Dalle origini fino all’epoca Heian;1994 di Junko Amada, Filosofia giapponese in Giappone dopo il1868 e, in ultimo, 1995 di Peter Pörtener e Jens Heise, Lafilosofia del Giappone. Dalle origini al presente. Il primo studioevita le profonde riflessioni metodologico-concettuali, inquanto considera la filosofia occidentale semplicementecome «vasto oggetto di una disciplina scientifica», oggettoche deve essere ancora ampliato fino a divenire una«ricerca pensante» che permetta di considerare anche l’a-spetto filosofico del sistema di pensiero tipicamente giap-ponese. Il semplice ampliamento di questo apparato con-cettuale consente anche di “tradurre” i contenuti di questosistema (nonché della moderna filosofia giapponese) e direnderceli familiari. A Brüll interessa – e questo è assoluta-mente legittimo – piú l’assimilazione dell’altro da sé chenon la messa in discussione di ciò che è proprio attraverso l’e-lemento estraneo. Hamada, invece, evita sin dall’inizioqualsiasi problematizzazione di culture diverse per lingua econcetti e si sofferma su cento anni di storia moderna dellafilosofia, letta attraverso cinquanta autori presentati inordine cronologico attraverso le loro opere principali.

539

Page 540: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Al contrario, gli studi di Paul e di Pörtener/Heise si pre-sentano come una riflessione filosofica sul confronto dellediverse culture, una riflessione intrinseca all’esposizionestessa. In altre parole, la loro storia della filosofia esponecontemporaneamente la loro idea di filosofia e la produ-zione di un discorso filosofico giapponese.

Nella sua indagine critica – questo il sottotitolo dell’operache allude in modo esplicito al razionalismo critico diPopper – Paul si impegna a dimostrare (cfr. Paul 1993,p.207) che nell’ambito della filosofia influenzata dal confu-cianesimo e dal buddhismo si ritrovano riflessioni, orien-tate alla prassi ma caratterizzate da un rigore logico, noninferiori all’evoluzione del pensiero occidentale che pro-cede dal Mytos al Logos. Riflessioni critiche, argomentazionifondate, ricerca razionale, osservazione del principio dinon contraddizione, questi ed altri aspetti che differen-ziano il pensiero filosofico dalla religione e dal mito, sonofacilmente rintracciabili nel pensiero sistematico dell’e-stremo oriente. E viceversa: anche in Europa alcuni pensa-tori avrebbero intrecciato la riflessione filosofica alla narra-zione mitica producendo trattati religiosi e analisi logicheche consentono di equiparare preti e dotti buddhisti comeGenshin (942-1017) e Kûkai (774-835) a filosofi quali Pascale Tommaso d’Aquino (cfr. ibid., p. 343). I filosofi giapponesisi sarebbero posti gli stessi quesiti di quelli europei e avreb-bero ricercato poi le relative risposte procedendo nellastessa direzione in cui ci si è mossi in Europa (ibid., p. 14).Paul traccia un parallelo tra «l’etica e la filosofia politicadella Costituzione in 17 articoli redatta agli inizi del VIIsecolo e la concezione occidentale di filosofia pratica: «essa[la Costituzione] non ha caratteri mitologici... ed è illu-

540

Page 541: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

minista, razionale, critica e solida» (ibid., p. 206). Allo stessomodo, la raccolta di poesie Kokinshû, compilata nel 905, el’opera in prosa Genji-monogatari, scritta agli inizi dell’XIsecolo dalla dama di corte Murasaki Shikibu rimandereb-bero all’estetica di Platone e Aristotele (ibid., p. 341).

L’elenco delle numerose analogie potrebbe allungarsi apiacere. Ma è piú interessante rilevare che Paul, con argo-mentazioni a volte polemiche, procede in due direzionidiverse, da considerarsi però come le due facce di una stessamedaglia: da una parte – per motivi ideologici – egli rifiutal’accezione di filosofia giapponese in quanto questa, come lealtre definizioni di spirito giapponese/essenza giapponese, impli-cherebbe tendenze nazionaliste, scioviniste e xenofobe.Non si dovrebbe parlare neanche di filosofia tedesca (accettainvece filosofia greca, ellenistica, romana, cristiana). Dall’altraparte, invece, si dovrebbe parlare di Filosofia in Giappone,una filosofia che, malgrado tutte le differenze, sarebbe peròfamiliare al mondo occidentale. Dietro questa impostazionesi nasconde una concezione universalistica della filosofiasecondo cui alla base di ogni cultura ci sarebbe un pensierofilosofico. Se però il minimo comune denominatore ditutto ciò è rappresentato da una postulata unità del genereumano, da una logica universale (con i tre principi fonda-mentali della logica formale di identità, di non contraddi-zione e del terzo escluso), logica innata in tutti gli esseriumani e indipendente dal linguaggio, allora questa ammis-sione resta vuota di significato, come senza senso appariva l’e-spressione su riportata «malgrado tutte le differenze sarebbeperò familiare». Per quanto possa risultare simpatico il desi-derio di Gregor Paul di promuovere la comprensione inter-culturale e di combattere i pregiudizi attuando un’analisi

541

Page 542: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

comparata, tuttavia il modo migliore di farlo non è «elabo-rando semplicemente gli aspetti comuni alle diverse culture»(ibid., p. 18). E non lo è soprattutto quando le affinità si esau-riscono nella costatazione che: «il “pensiero giapponese” ètanto poco “irrazionale”, quanto poco “logico” e “razionale èil “pensiero occidentale”» (ibid., p. 189).

Certamente anche Paul riconosce differenze nellediverse tradizioni filosofiche e cerca di spiegare anche leragioni per cui «tra le righe delle trattazioni storiche, neitesti di legge, negli atti governativi, nei codici legali e nelleopere di letteratura sono rintracciabili filosofie diverse, odel perché esse sono espresse attraverso linguaggi poetici osemipoetici, o ancora perché sono definite in modo pocoesplicito» (ibid., p. 19). Tuttavia l’autore non prende vera-mente sul serio queste differenze e le considera aspettiaccessori, restando cosí prigioniero di una tradizione appa-rentemente ingenua di universalismo, secondo cui solo l’o-mogeneità è rilevante, mentre l’eterogeneità non ha nessunvalore. Si corre cosí il rischio di assimilare e fagocitare oall’opposto di discriminare il diverso. A mio avviso tale posi-zione dipende molto da una sottovalutazione del problemadel linguaggio. Ovvero da una concezione ristretta e puri-stica del linguaggio, la quale astrae la riflessione dai conte-sti concreti e definisce razionale solo la conoscenza discor-siva che mira alla costruzione di categorie universali.Certamente il linguaggio determina la conoscenza, tuttaviaè inconfutabile che ci sia una conoscenza che non vienedefinita dal linguaggio attraverso cui essa è espressa. «Ciòvale per esempio per la conoscenza delle fondamentaliregole logiche, il cui riconoscimento e il cui impiego tutta-via strutturano ogni analisi dei contenuti. La conoscenza

542

Page 543: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che si esplica attraverso questa forma non è determinata dallinguaggio» (ibid., p. 16).

Con questa riduzione del linguaggio a puro strumentointellettivo per rappresentare il mondo a se stessi, una sortadi “oblio del linguaggio”, Paul fa un salto all’indietro, tor-nando ai tempi anteriori alla svolta determinata dalla filo-sofia del linguaggio di Herder, precludendosi cosí la possi-bilità di riconoscere le diverse culture filosofiche, le diverseforme di intelletto e razionalità. Solo collegando questeultime invece alle diverse lingue è possibile riconoscere, peresempio, non solo la rilevanza estetico-letteraria delle asso-ciazioni e delle connotazioni determinate dallo specificocarattere iconico e simbolico della cultura grafica cinese,ma anche la loro rilevanza in quanto strumenti di cono-scenza della realtà. Una conoscenza della realtà intesa nonsolo come rappresentazione e costruzione di significati alivello verbale e discorsivo – dunque come lineare succes-sione di parole e pensieri – ma anche come espressione sim-bolica, che, nel presentare il tutto, contemporaneamenteespone altri elementi.

Per un approccio alle culture straniere è assolutamenteirrilevante e ovvio premettere che i membri della comunitàsono in grado di pensare logicamente e affermare che, delresto, lo fanno anche; cosí come è ovvio riconoscere che lacreatività è dappertutto, affermazione incontrata all’iniziodel nostro discorso. A me sembra piuttosto che il problemasia nel linguaggio che esclude (e contemporaneamenteinclude) e che si presenta familiare malgrado ogni alterità,un linguaggio che considera le differenze solo come acci-dentali all’interno di una logica della sostanza e dell’iden-tità e che, in ultimo, ripiega su se stesso in una sorta di

543

Page 544: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

monologo. Non basta oggi costatare che «malgrado tutte ledifferenze linguistiche e testuali, vengono poste le stessedomande». Serve molto di piú chiedersi: come avvicinarsi aqueste differenze esistenziali senza costringere al silenzio sestessi e l’altro? Come comprendere queste differenze cer-cando piuttosto uno scambio, un terreno comune, unacompatibilità comunicativa?

Sulla scorta del pensiero di Gadamer, Pörtener e Heisesono favorevoli ad una comprensione della filosofia giap-ponese (dalla prospettiva della coscienza storica) intesacome approccio all’altro/diverso e contemporaneamente(da una prospettiva centrata sulla recezione) a coglierenelle diverse culture filosofiche l’elemento comune. Ilcampo della filosofia in Giappone, profondamente radicatanel “pensiero orientale”, deve essere definito con il sup-porto del pensiero topico, un pensiero che non intendefondare il mondo, ma vuole solo interpretarlo e renderloaccessibile (Pörtener/Heise 1995, p. 13). Il discorso topico(retorico) viene differenziato e contrapposto in modo radi-cale a quello razionale (critico, deduttivo). La prima formadi discorso è sempre correlata a presupposti concreti, a par-tire dai quali si agisce e si parla; essa disvela solo i luoghi«dove si annidano i segni che vanno interpretati per capireil mondo che ci circonda» (ibid., p. 23); trova e raccoglie ciòche poi il discorso razionale suddivide e ordina. Si ottienecosí la contrapposizione di due insiemi di categorie: piúricco, meno vero/probabile, affettivo da una parte versusanonimo, vero, sobrio, a-storico dall’altra.

Il Giappone e la filosofia orientale, secondo i due autori,sono sostanzialmente diversi dalla cultura occidentale inquanto non hanno conosciuto un equivalente della cultura

544

Page 545: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

giuridica romana e del suo razionalismo e inoltre perché nonhanno fatto esperienza di una rottura radicale – paragona-bile a quella operata dalla filosofia cartesiana del dubbiosistematico – con la tradizione. In un’accezione positiva, ilpensiero topico non è da leggersi in contrapposizione al pro-cesso critico-razionale, ma è sin dagli inizi una possibilità a séstante e determinata – fin in epoca moderna – dal suo mododi rapportarsi al mito. Da questo punto di vista, ci troviamodi fronte ad un aspetto comune alle varie culture filosofichee questo aspetto comune è centrale per il concetto di plura-lità delle culture filosofiche: senza dover ricorrere al modellointerpretativo europeo – quello adottato da Paul, del passag-gio dal Mythos al Logos (esso stesso un “mito”?) per spiegare lanascita del pensiero filosofico – anche per le culturedell’Estremo Oriente è possibile parlare di superamento delpensiero mitico (inteso come indifferenza tra essere e signi-ficato, di cosa e parola) e di formazione di un tipo di razio-nalità che va oltre il mito e si colloca contemporaneamenteal di là della razionalità discorsiva, intesa come moderno pen-siero scientifico che tende alla verità e alla rappresentazionedella stessa. Si tratta di una logica delle corrispondenze chesi basa sulle similitudini, si serve del potenziale cognitivodelle analogie e che unisce le forme e i simboli mitici a con-testi e contesti concreti (anziché relegarli nel regno dell’irra-zionale come fa il discorso storico che ricerca solo la fatti-vità). Attraverso questo lavoro di contestualizzazione, leforme simboliche ricavano il loro significato e allo stessotempo danno significato (“presentano”). Si tratta dunque diuna logica che Heise definisce Logica della presentazioneoppure Simbolismo presentativo, richiamandosi a SusanneLanger: «Proiezione di una singola cosa in uno spazio sim-

545

Page 546: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

bolico […] dove i simboli possono essere compresi solo attra-verso le relazioni che creano all’interno di una struttura uni-taria» (Heise 1989, p. 94); simboli e segni che possono fun-zionare in quanto tali perché appartenenti a presentazioniintegrali e che propongono costellazioni e prospettive disenso per gli oggetti (anziché rappresentarli).

Pörtener e Heise eseguono dunque un triplice passaggiometodologico:

1. dapprima pongono le basi di una filosofia diversa,topica, che non conosce e non fonda il mondo sulla base diprincipi logici, ma lo mostra in modo concreto e conte-stualizzato; non frammenta l’essere in elementi discreti,indivisibili (atomo, individuo, soggetto), ma concepisce larealtà come ciò che continuamente si configura, continua-mente si progetta e si relaziona (creando relazioni, inter-soggetti, dividui);

2. partendo da ciò analizzano poi alcuni topoi della filo-sofia giapponese, ereditati da Confucianesimo, Neoconfu-cianesimo, Buddhismo e Correlazionismo come: onozukara(ciò che sorge spontaneo da sé), honta sayô, eki (il muta-mento, come ciò che solo non cambia), seijin (come toposdella libertà nell’ordine, che ad esso si sottopone per domi-narlo), chû (come topos della misura e dell’inclusione reci-proca dell’uno nell’altro), soku’ (come topos dell’identitàparadossale “dell’essere uguali nella differenza)” (cfr.Pörtener/Heise 1995, p. 36, 44/45);

3. questi topoi vengono poi di nuovo correlati al contestogiapponese, per cui una particolarità della cultura filosoficagiapponese risulta essere la consapevolezza della propriarelazione con la Cina (e dopo con l’Occidente), dalla cuicultura essa ha anche tratto elementi importanti del lin-

546

Page 547: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

guaggio filosofico. Con questo elemento straniero hadovuto elaborare ciò che le è piú proprio, cosa che ha poicomportato il seguente dilemma: «ogni tentativo di avvici-narsi alla parte piú propria di se stessi rimanda a strumentistranieri e importati. In questo senso il pensiero giapponeseè ed era cosí radicalmente consegnato all’elemento stra-niero, che avrebbe dovuto rinunciare all’identità piú pro-pria se avesse dovuto rinunciare all’elemento straniero. Etuttavia la sua piú grande forza ha consistito, e consiste tut-tora, appunto in questo tentativo paradossale e impossibile,di sanare questo dilemma» (ibid., p. 122).

Questo triplice passaggio metodologico – filosofia comediscorso topico, “filosofia orientale” come discorso topico,filosofia giapponese come discorso topico – è presentatoanche dal punto di vista storico in tre momenti: etàantica/medioevo, prima era moderna, modernità. Il per-corso termina con Nakamura Yûjirô come rappresentantedella moderna filosofia topica nel Giappone attuale, filoso-fia iniziata con la Logica del luogo di Nishida Kitarô, operache segna la continuità del pre-moderno col moderno.

A questo punto vorrei soffermarmi su due problemi fon-damentali che emergono dall’analisi esposta dagli autori eche sono in stretta relazione con la polarizzazione di “tradi-zione e modernità”. Nella filosofia del topico gli autori indi-viduano un possibile ponte tra tradizione e modernità nellafilosofia giapponese, ma questa postulata continuità pre-suppone, senza esplicitarla, un’equiparazione di principiotra Giapponese e tradizione. Per mezzo di quest’identifica-zione si perde di vista l’ambivalenza, oramai assodata (a par-tire dai lavori di E. Hobsbawn/T. Rangers, The Invention ofTradition e di B. Andersons, Imagined Communities), del ter-

547

Page 548: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mine tradizione. Si definiscono tradizionali le immagini, lecose, i comportamenti e le azioni allo scopo di descriverli inmodo oggettivo e storico. Ma in realtà essi, una volta eti-chettati come tradizionali, sono oggetto di un’interpreta-zione e di un’attribuzione di ulteriori significati. (cfr.Robertson 1996, p. 173). Procedendo alla ricerca dell’iden-tità, si crea e si fonda una tradizione su nuovi e moderni pre-supposti. Una volta trovata, l’atto e la dinamica dell’auto-interpretazione tendono ad essere rimossi e si proietta nelproprio passato il risultato sotto forma di descrizione sto-rica. Il tradizionale viene allora contrapposto al moderno eviene cosí definito, in relazione al luogo geografico(dun-que anche destoricizzato e reso a-temporale), come ciò cheè piú proprio, come Japanesness.

Questa localizzazione della tradizione è un fenomenoche si incontra in tutti i momenti di confronto tra moder-nizzazioni “secondarie”, “periferiche” e modernizzazioni“occidentali”. Essa comporta però problemi qualora la filo-sofia critica e riflessiva è collocata nell’altro, negli “occiden-tali” e viene cosí identificata con la modernità in sé. Questoè quanto fanno i due autori in modo non esplicito. Tuttavialimitando la loro esposizione alle forme topiche, NishidaKitarô (1870-1945), Miki Kiyoshi (1897-1945), TanabeHajime (1885-1962), Watsuji Tetsuroô (1889-1960), KukiShûzô (1888-1941), Mori Arimasa (1911-1976), NakamuraYûjirô (1925) creano una continuità all’interno della tradi-zione, rendono quest’ultima tanto omogenea dal punto divista quantitativo e qualitativo da stilizzarla sul modellodell’“altro”, della filosofia occidentale (Bierich 1996, p.1033). Ai pochi pensatori “autenticamente giapponesi” sicontrappone un esercito di accademici ignoti che non

548

Page 549: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

fanno altro che quello che fanno i loro colleghi inOccidente: insegnano e fanno ricerche di filosofia alle uni-versità, scrivono e pubblicano testi filosofici, organizzanocongressi, ecc.

Tutto ciò appare ovvio e irrilevante(«conosciamo da solila situazione!»), ma non lo è se si comincia a considerare ledue culture filosofiche al di là della contrapposizione inter-culturale dicotomica Est versus Ovest, ma attraverso un dia-logo attivo come quello che ha cominciato a svilupparsipresso alcune istituzioni nelle società in via di rimoderniz-zazione e che, creando una relazione intraculturale, svolgediverse funzioni in differenti luoghi. Sarebbe per esempioopportuno analizzare, all’interno del contesto giapponesedella metà del secolo scorso, anche le categorie di Est,topico, ecc... considerandole a partire da una visione scet-tica sul tipo di ricezione della filosofia moderna occidentalein Giappone (ma tutto questo non è possibile dal momentoche richiederebbe un intenso studio del materiale d’archi-vio, cosí come ha fatto Foucault per la sua analisi del dis-corso). Questa ricezione presso le nuove università, orga-nizzate – soprattutto quelle umanistiche – secondo ilmodello tedesco, è da considerarsi come una disciplina aparte, essenzialmente distaccata dalla pratica e dal contesto,suddivisa per dipartimenti e insegnata sul modello scola-stico. Essa si presenta semplicemente sul modello occidentaleinteso come universale e come sapere critico tout court.

Considerata dal punto di vista strutturale e funzionale, lareazione scettica di alcuni moderni pensatori in Giappone– quelli che si rifacevano alla propria tradizione – era similea quella che da tempo si avvertiva nel campo della filosofia,soprattutto in Germania. Una critica “antimoderna” ad un

549

Page 550: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tipo di pensiero che, dall’inizio del XVIII secolo e durantetutto il XIX secolo all’interno del mondo istituzionale dellaricerca e dell’insegnamento accademico, unificava tutte levarie storie della filosofia in un’unica storia progressiva.Mentre Schopenhauer e Nietzsche, in quanto importantis-simi rappresentanti di tale atteggiamento critico antiacca-demico, potevano però essere ancora considerati come vociammonitrici che affiancavano questo processo stesso – ecioè il processo di stilizzazione dei fenomeni accademicicome espressioni della filosofia in sé – la ricezione dei testifilosofici occidentali nelle istituzioni accademiche inGiappone ( e altrove, soprattutto presso generazioni piúrecenti) si è dovuta confrontare sin dall’inizio con la leg-genda, già radicata, di una philosophia perennis che attraversai secoli (cfr. Schneider, 1998, p. 391), intesa come il sistemanel quale lo Spirito è apparso a se stesso.

Se non si ha coscienza della stretta dipendenza di questavariante filosofica giapponese anche dalle molteplici prassiistituzionali (dalle specifiche forme d’insegnamento, dallespecifiche forme di testo) e relative costrizioni, in sintesidalle forme organizzative nelle quali essa è concepita, senzaquesta auto-percezione e riflessione su se stessa, allorarisulta ancora piú semplice cadere nell’errore di identifi-care la filosofia con le etichette Occidente = moderno = univer-sale. Le altre modalità di pensiero che sono state trascurateda una classificazione storicistica, ovvero quelle forme ete-rogenee presenti nella realtà e sviluppatesi all’interno di unpensiero critico al di fuori del mondo universitario, pote-vano essere collocate sui gradini inferiori «della scala evo-lutiva del pensiero umano» e/o potevano essere utilizzatein modo parcellizzato e simbolico dalla storia nazionale.

550

Page 551: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nel mondo accademico giapponese, per esempio, la disci-plina filosofica piú vicina a quella canonizzata dal pensierostoricista occidentale era definita tetsugaku, mentre l’agget-tivo giapponese difficilmente affiancava il termine di filosofia:serviva piuttosto a designare (in senso molto ampio) altriambiti estetici (arte, letteratura, religione).

Prima di passare alla riflessione sulle possibilità metodo-logiche di una contestualizzazione ed eventualmente di unimpiego dinamico della valenza identitaria del simbologiapponese, intendo ora esporre brevemente il lavoro diSchneider, il quale tende a confrontare questa autorappre-sentazione della filosofia occidentale con il dato di fatto cheessa non riconosce la sua relazione con la realtà.

Storicizzazione della filosofia significa per lui l’addome-sticamento della filosofia ridotta a “storia della filosofia”,come avvenne all’interno delle università (tedesche) a par-tire dagli inizi del XIX secolo. Era l’epoca di una freneticamodernizzazione che, rompendo con l’eredità, spingevageneralmente a “raccogliere” ciò che apparteneva al pas-sato e contemporaneamente cercava di legittimarsi, dandoun nuovo ordine al “vecchio”, inserendolo in una visionestorica lineare e progressiva. Anche l’università, la cuiriforma nel XIX secolo in fondo mirava a renderla un entedi formazione e ricerca, cominciò a produrre sempre piúfilosofia scavando e cercando nel suo passato. Fare filosofiasignificava creare insieme «un archivio, un museo, unoscavo archeologico, un circolo letterario, una specie di saladi lettura vivente oppure un archivio parlante di un pen-siero superiore» (ibid., p. 381).

Verso la fine del secolo, secondo Schneider, i corsi diimpostazione storico-lineare avrebbero sostituito tutte le altre

551

Page 552: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tipologie di insegnamento, con una percentuale del 50%,tanto che il tradizionale curriculum di studi filosofici com-plessivamente si impoverí (cfr. ibid., p. 103). L’analisi diSchneider sullo sviluppo della filosofia accademica inGermania presenta tre punti che aiuterebbero a compren-dere le ragioni per cui, nel nuovo sistema universitario giap-ponese, si impose questa determinata variante di culturafilosofica e perché poi quella è stata identificata con la filo-sofia occidentale. Questo fatto finora è stato semplicementespiegato ricorrendo alle affinità storiche di una “moderniz-zazione ritardata” sia in Germania sia in Giappone oppurericercando contatti personali tra i filosofi di entrambi ipaesi.

La storicizzazione è avvenuta, da un canto, in seguito adun aumento dei corsi universitari impostati sulla ricostru-zione storica, impostazione favorita dai filosofi (e dal cre-scente numero di studenti) divenuti prestigiosi professoriuniversitari, i quali ne constatarono l’efficacia pedagogica ela ritennero la forma piú adatta di introduzione agli studi difilosofia (cfr. ibid., p. 106) L’esposizione del sapere in unchiaro ordine storico è divenuto cosí un processo immuta-bile di standardizzazione dell’insegnamento. A ciò vaaggiunto che «muovendosi nello spazio del passato filoso-fico» è piú semplice mantenere la distanza rispetto alle «esi-genze del presente» e «conservare l’obiettività» (cfr. ibid., p.107/108).

Dall’altra parte, con il seminario si è affermata una formadi insegnamento in cui professori e studenti si confrontanocon singoli autori e singole opere. Soprattutto per mezzodella forma seminariale si è ultimato il passaggio all’approc-cio storicistico, e allo stesso tempo letterario ed ermeneu-

552

Page 553: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tico, abbandonando il metodo sistematico-enciclopedicopredominante: «I corsi e i seminari di filosofia consideranola storia della filosofia come un insieme di testi attraversocui, con un lavoro di attualizzazione delle singole epoche, diinterpretazione e critica dei singoli autori fanno rivivere ildiscorso filosofico» (ibid., p. 119).

Ritengo questo punto di fondamentale importanza per-ché, attraverso questo difficile processo di assimilazione dinuovi contenuti della filosofia occidentale, si è creata con-temporaneamente un’attività di ricerca e di esegesi dei clas-sici della cultura cinese e orientale. La lettura dei filosoficitati (e di altri) e le loro interpretazioni, traduzioni, classi-ficazioni e valutazioni storiche potevano allora avvicinarealle pratiche discorsive della propria tradizione, però –come hanno dimostrato anche Pörtner e Heise – non eranoanimate dalla ricerca dei principi ultimi, né orientate allametafisica o all’originalità del pensiero, ma solo alla com-prensione e alla trasmissione degli scritti dei vecchi maestri.Ciò ha comportato due conseguenze: in primo luogo, finoa poco tempo fa, la forma seminariale (come lettura collet-tiva) era una, se non addirittura “la” colonna portante dellaformazione filosofica presso le università giapponesi; insecondo luogo, si è avuta una forte inclinazione alla forma-zione scolastica, ovvero all’istaurarsi di una stretta relazionemaestro-allievo, chiusa verso l’esterno e strutturata interna-mente in modo gerarchico. Questo tipo di pratica filosoficarendeva difficile una presa di distanza dai testi dei maestri infavore di un’apertura ai contesti reali. Anche questa chiusuraall’interno delle università moderne, paradossalmente,aveva a che fare con il “modello occidentale” a cui ci si rifa-ceva, in quanto a partire dalla seconda metà del secolo XIX

553

Page 554: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

all’interno delle facoltà filosofiche si è assistito ad una spe-cializzazione sempre crescente delle discipline scientifichee ad una professionalizzazione della ricerca e dell’insegna-mento accademico (cfr. ibid., p. 37).

Si è avuta pertanto una frantumazione della filosofia inmolteplici materie e discipline con proprie metodologie eoggetti di ricerca, in seguito alla quale la matematica e lescienze naturali si sono separate dalla filosofia e dallescienze dello spirito. In ultimo si sono separate la storiogra-fia e la sociologia. La filosofia ha ristretto il suo campo d’a-zione all’interno delle facoltà di filosofia. In Giappone, leuniversità si sono confrontate sin dall’inizio con questafrantumazione, circostanza che si conciliava bene con la tra-dizionale separazione di scuole e comunità di maestri-allievianche nel campo filosofico. Questo problema è stato benanalizzato dal punto di vista scientifico da Maruyama Masaonel suo saggio Gli intellettuali giapponesi (Nihon no chishikijin)soprattutto quando rileva che la precoce comparsa di intel-lettuali specializzati in Giappone può essere fatta risalireall’importazione isolata di singoli settori della scienza euro-pea occidentale (Mayama 1988, p. 109).

È stato già detto che la storicizzazione della filosofia puòessere definita anche come la sua trasformazione in analisiletteraria ed ermeneutica. Inoltre Schneider ha puntualiz-zato che il lavoro di interpretazione comporta un avvicina-mento al singolo autore, al singolo testo e che il confrontofilosofico si è trasformato in un lavoro filologico. (cfr.Schneider 1998, p. 119 e seg.). Questa re-impostazione filo-logica non è però solo di fondamentale importanza per ilprocesso di avvicinamento del pensiero occidentale aquello orientale. Essa ha caratterizzato anche quegli ambiti

554

Page 555: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

di ricerca che alla fine del XIX secolo, presso le universitàtedesche, si erano trasformati in discipline autonome e cheavevano come oggetto di studi le culture straniere: la sino-logia, l’indologia, l’arabistica e naturalmente la yamatolo-gia. Quest’ultima veniva affrontata, nella fase antecedentealla nascita delle università, da parte per esempio dei duemedici in servizio presso l’agenzia commerciale olandese,Kagasaki Engelbert Kaempfer (1651-1716) e Philipp Franzvon Siebold (1796-1866), da un punto di vista enciclope-dico e naturalistico, con abbondanti osservazioni di viaggioe comparazioni con elementi della propria cultura. Ma lostudio della cultura giapponese si trasformò poi in unadisciplina accademica basata sull’analisi filologica. Vieneconsiderato appartenente al “Giappone” tutto ciò che siincontra in testi, tradotti e commentati. E quali siano poi itesti da prendere in considerazione per formare un curricu-lum di studi, questo viene stabilito ancora una volta in basea criteri accademici che sono moderni e che non sonomolto diversi in Oriente dall’Occidente.

Cosí si chiude il cerchio della mia argomentazione: lestorie della filosofia sul Giappone descrivono l’evoluzionedell’auto-consapevolezza di questa cultura e allo stessotempo offrono interpretazioni ed esegesi e dunque creanoidee sul Giappone. Tali tentativi di dare all’altro una iden-tità (“giapponese”) su una base storicistica e retrospettivasono contemporaneamente una ricerca di sé, un’autodeter-minazione che, in questo caso, avviene su due assi: sull’assetemporale attraverso un’attualizzazione del passato (testi,problematiche) e sull’asse spaziale per mezzo della proie-zione geografica/geografizzazione dello straniero, delle diffe-renze collocate negli altri paesi. In sintesi attraverso un pro-

555

Page 556: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cesso di assimilazione e allontanamento. L‘idea dell’altroda sé serve a illustrare l’idea di sé e viceversa. Cosicché daentrambe le proiezioni si evincono le diverse intenzioni deirispettivi ideatori e dalla loro reciproca interazione si col-gono “le condizioni di salute” delle discipline filosoficheche a queste costruzioni hanno preso parte. Ai tempi diMax Weber lo scetticismo sulla propria identità era ancoramolto ridotto, tanto che gli studi sulla Cina e sul Giappone,intesi come base per la moderna concezione occidentale dirazionalità, non comportavano alcuna contraddizione.

Traduzione dal tedesco di Marina De Honestis

Dal saggio pubblicato sul fascicolo 1999/2 della rivista «Dialektik.Enzyklopädische Zeitschrift für Philosophie und Wissenschaft» pubbli-cata dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dallo Zentrum fürHöhere Studien der Universität Leipzig (Felix Meiner Verlag,Hamburg).

556

Page 557: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

OCEANIA

557

Page 558: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

558

Page 559: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La letteratura australianacontemporanea

GAETANO RANDO

Università di Wollongong

Esiste una certa tendenza, e non solo nell’immagina-zione popolare, a confondere l’Australia con l’America. Senella cultura contemporanea italiana esiste una forte e bensalda immagine dell’America – basti pensare a Vittorini ePavese per la letteratura – l’Australia risulta continenteancora misterioso sul piano culturale quanto lo era sulpiano geografico per Emilio Salgari che pur vi ambientò unsuo romanzo.

Eppure non sono mancati i libri sull’Australia e le tradu-zioni del meglio della sua letteratura, come la narrativa diMorris West e Patrick White (quest’ ultimo spesso percepitocome scrittore canadese o americano). Nella cultura di que-sti tre paesi (Australia, Canada, Stati Uniti), che pur hannoradici comuni, esistono tuttavia notevoli differenze dovuteal loro diverso sviluppo sul piano storico e sociale.L’Australia è il paese piú lontano, ma è anche quello che, inparte a causa dell’isolamento in cui si è trovato per i primicentocinquant’anni di vita, è rimasto politicamente e cultu-ralmente piú vicino alla Gran Bretagna, non avendo avutoesperienza né di un subitaneo distacco politico, come èaccaduto nel caso degli Stati Uniti, né di una lunga tradi-zione di pluralismo culturale, come è avvenuto nel Canada.Sono questi, in breve, i parametri che condizionano la vita

559

Page 560: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

culturale dell’Australia e quindi anche la sua culturaletteraria.

L’espressività letteraria del quinto continente assumetratti caratterizzanti e distintivi solo dopo un lungo periododi incubazione contraddistinto da una forte influenza dimodelli e contenuti derivanti dalla letteratura inglese delSettecento e dell’Ottocento e da uno spiccato senso di alie-nazione e di esilio tra i pochi coloni britannici che aspira-vano ad attività letterarie. Tale fenomeno del resto procededi pari passo con le altre attività culturali che a poco a pococominciano a manifestarsi nelle colonie australiane. Difatti,in una delle prime poesie pubblicate in terra australe Onreading the controversy between Lord Byron and Mr Bowles diBarron Field – giudice della Corte Suprema – viene enun-ciato il concetto dell’Australia come terra senza antichità, ilcui solo povero monumento storico è quel pezzetto di terradove pose piede per la prima volta il Capitano Cook. Unicoelemento di poesia in questa terra priva di cultura è la naveperché tra breve forse riporterà il poeta in patria. Il Fieldignora del tutto la cultura millenaria degli aborigeni.

Partendo da questi inizi di stampo prettamente britan-nico, si afferma in modo molto lento e graduale la ten-denza, soprattutto fra gli scrittori nati in Australia nelsecondo Ottocento, all’adozione di temi e contenuti spicca-tamente australiani e, in un secondo tempo, di un linguag-gio di tipo caratteristico. Tale “australianizzazione” della let-teratura e della cultura in generale avviene in modocoerente e articolato nell’ultimo decennio dell’Ottocento,periodo contraddistinto da un forte senso di emergentenazionalismo, e segue ad una progressiva “australianizza-zione” sul piano sociale e politico già in atto dagli anni

560

Page 561: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Quaranta del secolo. In tutta la seconda metà del secolo siincontrano comunque scrittori che presentano temi e con-tenuti tipicamente australiani: Henry Kendall (Poems andSongs, Poesie e canti, 1862) e Adam Lindsay Gordon (BushBallads and Galloping Rhymes, Ballate campestri e rime algaloppo, 1870) per la poesia; per la narrativa, Marcus Clarkche nel racconto His Natural Life (Vita natural durante,1870-72) racconta le vicissitudini, le sofferenze e il trionfofinale di un forzato condannato ingiustamente all’esilioaustraliano e Rolf Boldrewood (nome d’arte di ThomasAlexander Browne) che in Robbery Under Arms (Rapina amano armata, 1882-83) narra in tono di romantico eroismole avventure di una piccola banda di bushrangers (banditi)durante il periodo della corsa all’oro. Unitamente alle suecaratteristiche prettamente australiane, questa nuova lette-ratura presenta uno spiccato e ben evidente salto di qualità.I suoi maggiori esponenti, oltre a poeti come Harry Morante Will Ogilvie e prosatori come Edward Dyson e BarbaraBaynton, sono Henry Lawson per la prosa, Banjo Patersone ancora Lawson per la poesia. Poeta piú fine e raffinato diLawson, il quale si occupa prevalentemente di temi relativialla classe operaia delle città e delle campagne, Patersonraggiunge un successo spettacolare con il suo volume TheMan from Snowy Mountain and Other Verses (L’uomo delleMontagne Nevose e altre poesie, 1895). La poesia da cuiprende il titolo la raccolta racconta l’epopea di Clancy,l’uomo misterioso e autosufficiente della steppa la cui mae-stria di cavaliere provetto lo porta a superare tutti i suoicompagni in una gara attraverso le impossibili pendici delleMontagne Nevose. Alcuni anni fa l’opera è stata tradotta inversione cinematografica e ha suscitato qualche polemica

561

Page 562: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

per la scelta dell’attore americano Kirk Douglas nel ruolo diuno dei personaggi principali.

Il Lawson narratore (in particolare i due volumi di rac-conti While he Billy Boils (In attesa di prendere il tè, 1896) eJoe Wilson and his Mates (Joe Wilson ed i suoi compari, 1901)esamina in modo subdolamente laconico e senza sentimen-talismo quei valori collettivi che la società australiana stavaassumendo: l’epopea dell’australiano delle campagne chevale per quello che è e non per la posizione sociale; l’auto-sufficienza, la solidarietà con il suo simile (mateship) e la suadignità umana, l’eroismo di chi deve affrontare le intempe-rie, gli incendi e la siccità in una terra poco ospitale, di chinon si arrende anche quando viene travolto da grandiavversità, i mali del sistema capitalista, tutto raccontatoattraverso la tecnica dello yarning (la “narrazione-chiac-chiere” che deriva dalla tradizione celtica orale), di tonoelevato anche se redatto in un linguaggio australiano moltorealistico. Servirà da esempio la novella The Drover’s Wife (Lamoglie del mandriano) che narra in modo sdrammatizzatol’isolamento, i pericoli, le difficoltà materiali e spiritualidella moglie e dei figli lasciati nella capanna in mezzo allasteppa mentre il marito aiuta a portare la mandria nella lon-tana città.

Si inizia cosí un complesso di miti e di temi che predo-minano fino alla fine della seconda guerra mondiale – ilbush nonostante la progressiva urbanizzazione della popola-zione, il digger dopo l’esperienza della guerra del ’14-’18, ilrecupero del passato storico (forzati, bushrangers e man-driani) – anche se nel frattempo altri scrittori propongonofiloni diversi nei quali si avverte l’avvicinamento alla culturadegli altri paesi europei (anziché a quella dell’Inghilterra)

562

Page 563: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

come nel poeta Christopher Brennan (Poems 1913, Poesie1913) e nella scrittrice “Henry Handel” (Ethel) Richardsonautrice della trilogia The Fortunes of Richard Mahoney (Levicende di Richard Mahoney, 1917-1929), oppure nella nar-rativa del noto pittore australiano Norman Lindsay (iromanzi autobiografici Redheap, 1930 e Saturdee, 1933) chediffonde un filone di pretto stampo nietzschiano. Inoltreuna certa apertura verso il modernismo nelle poesie diKenneth Slossor, il tema dell’urbanizzazione dell’Australia,l’apertura verso la cultura aborigena (il Jindyworobak Clubdella fíne degli anni ’30) sono tutti elementi che appaiononella letteratura degli anni ’20 e ’30.

La seconda guerra mondiale ed i suoi esiti sul pianosociale e politico portano grandi fermenti e cambiamentiradicali nella vita intellettuale australiana, un rinnovamentoculturale che scaturisce in parte dall’inizio della ricerca diun’identità nazionale diversa da quella britannica. La lette-ratura raggiunge progressivamente una propria autonomiae maturità, distaccandosi del tutto dalla dipendenza bri-tannica, aprendosi verso le culture di altri paesi e ponendocosí le premesse per una “nuova” letteratura nazionale.Difatti, mentre in Australia inizia un periodo di immigra-zione di massa – importazione di braccia per lo sviluppodella base industriale del paese, per “popolare” (con euro-pei) o “perire”, in seguito alla minaccia bellica da parte delGiappone – non pochi sono gli intellettuali che lasciano ilpaese per periodi piú o meno lunghi, e la cui meta preferitaresta l’Inghilterra, ma può anche comprendere la Francia,la Germania, l’Italia, la Spagna e la Grecia.

A partire dalla fine degli anni ’50 vanno segnalati trefiloni. Quello principale, costituito dalla letteratura “anglo-

563

Page 564: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

australiana” in lingua inglese, prodotta soprattutto daautori nati in Australia, anche se hanno soggiornato perperiodi piú o meno lunghi all’estero, è affiancato dalla pro-duzione letteraria degli scrittori aborigeni (soprattutto inlingua inglese e in minima parte in alcuni dialetti abori-geni) e da quella degli immigrati (provenienti da paesi bal-tici, ma successivamente dall’Italia, dalla Grecia, dal-l’America Latina e dal Vietnam) scritta nelle lingue deirispettivi paesi d’origine e/o in lingua inglese.

Secondo lo storico Manning Clark, la fine degli anni ’50segna l’inizio di una grande prosperità economica delpaese, con un tenore di vita che raggiunge quasi quellodegli Stati Uniti d’America, una specie di raggiungimentodella maggiore età. Ma l’aria di ottimismo che pervade lavita economica e sociale australiana non viene condivisa daipoeti, dai prosatori e dai pittori i quali propongono undibattito sui mali spirituali di una civiltà imborghesita, sul-l’origine dei mali e delle sofferenze umane, sull’impossibi-lità di comunicazione tra gli esseri umani.

All’interno del primo filone, quello “anglo-australiano”la poesia si libera sostanzialmente dal formalismo conven-zionale del passato, come pure da temi strettamente legatial paesaggio e all’ambiente naturale australiano (anche separte della poesia li continua) e fa propri temi e sentimentistrettamente legati all’esperienza personale dei singolipoeti. Tra le figure di primo piano va segnalata la scrittriceJudith Wright che sin dal primo volume di poesie (TheMoving Image, 1946) dimostra grande intensità espressiva econcettuale. Nei temi ricorrenti della sua produzione poe-tica prevale quello dell’amore dal punto di vista delladonna e del rapporto che esso assume nella sua piena matu-

564

Page 565: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rità sia con la società umana sia con il mondo della natura.Un altro poeta di particolare rilievo è A.D. Hoe la cui primaopera è The Wandering Islands (Le isole vaganti, 1953) gene-ralmente riconosciuto come poeta di incisiva perspicaciache esprime grande compassione per la condizione umana.Precisione tecnica e ironia emotiva sono invece caratteristi-che di altri poeti degli anni ’50 e ’60, come Chris Wallace-Crabe, Vincent Buckely e Vivian Smith.

L’ironia e una raffinata urbanità sono difatti i tratti piúcaratteristici della poesia di questo periodo che non silibera del tutto da un certo conservatorismo. Mancano peròin gran parte l’impegno politico e l’idealismo sociale. Unasvolta significativa in questo senso avviene tra il 1967 ed il1972 quando c’è una vera esplosione di energie e di talenti,come pure di nuovi temi. Viene respinta una tradizionepoetica ritenuta troppo provinciale e si può avvertireun’ampia apertura verso le correnti internazionali, in parti-colare quelle americane, verso un modernismo che giungein Australia piuttosto a rilento. Sono gli anni della protestacontro la guerra del Vietnam, quando sul piano politicoemerge la figura di Gough Whitlam con le sue promesse diriforme innovative, radicali e progressiste nella politica enella cultura. Anche lo scrittore si trova preso da questo fer-vore di rinnovamento, quantunque quell’impegno politicosia di durata relativamente breve e si affievolisca in modoconsiderevole, una volta che il governo Whitlam assume ilpotere politico. Tra i poeti dell’ultimo ventennio vannosegnalati tra i maggiori esempi: John Forbes (Stalin’sHoliday, Le vacanze di Stalin, 1980) con il suo senso com-plesso del comico che è analitico, populista e di derivazioneamericana; Les Murray (The vernacular Republic, La repub-

565

Page 566: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

blica vernacolare, 1982), con le riflessioni (umoristiche eserie insieme) sulle tensioni scaturite dal contrasto tra i mititradizionali dell’Australia rurale e l’assordante modernitàdelle grandi metropoli; John Tranter, che prende comepunto di partenza autori francesi come Rimbaud eBaudelaire per arrivare al recupero degli elementi narrativie referenziali nella poesia.

Nella narrativa si affermano scrittori come Morris West –molti dei cui romanzi sono ambientati in Italia (The Devil’sAdvocate, L’avvocato del diavolo, The Shoes of the Fisherman,Sulla scia del pescatore, The salamander, La salamandra) –con temi orientati sull’esistenzialismo cattolico e la crisidella vita religiosa. Anche Thomas Keneally prende inesame questioni religiose legate al cattolicesimo austra-liano, che nel suo secondo romanzo (Three Cheers forParaclate, Tre Urrà per il Paracleto, 1968) mostrano unacerta analogia con quelle presenti nelle opere di GrahamGreen. Va anche segnalato qualche romanzo generalmentetrascurato dalla critica “seria”, ma che comunque ha rag-giunto notevole successo di pubblico. They’re a Weird Mob,(Che strana gente, 1957) di Nino Culotta – pseudonimousato da John Patrick O’Grady – è il racconto umoristicoche continua un filone umoristico popolare degli anni ’30,scritto in un australiano molto idiomatico, delle vicende diun giornalista italiano raffinato che dopo il suo arrivo inAustralia diventa aiuto muratore australianizzato e molto“alla buona”, assumendo le maniere e i valori della classeoperaia. Il romanzo presenta tutta una serie di luoghicomuni sull’Australia e gli australiani ed i protagonisti sonoin un certo senso precursori del personaggio ocker tantocomune nel teatro australiano degli anni ’70. My brother Jack,

566

Page 567: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

(Jack mio fratello, 1964) di George Johnston presenta unanuova immagine dell’“uomo australiano”, non piú il lavora-tore – pioniere fisicamente forte che affronta con coraggiosemplice e lineare le avversità della vita materiale quali gliincendi, la siccità, le alluvioni, la disoccupazione, la crisieconomica e la guerra, quanto lo scrittore – intellettuale,rappresentato nella figura del protagonista David Meredith,personaggio equivoco e non certo coraggioso, alla ricercadella risoluzione della propria angoscia esistenziale.

Ma la figura che domina la narrativa australiana deldopoguerra è Patrick White (premio Nobel 1973) che, conil suo quadro romanzato, The Tree of Man (L’albero del-l’uomo, 1953), esplorazione altamente poetica di vite ordi-narie, comincia ad acquisire una fama di livello internazio-nale. Nei 1957 pubblica Voss, opera particolarmentesignificativa, caratterizzata da elementi surreali (è per la let-teratura australiana quel che Moby Dick era stato per la let-teratura americana), che è l’esame non tanto del fallimentodi un viaggio di esplorazione nel deserto australiano in unmomento storico, 1840, che coincide con l’attività dell’e-sploratore tedesco Ludwig Leichhardit, quanto l’esplora-zione metafisica interiore dell’uomo moderno alla scopertadi se stesso che trascende l’orgoglio dello spirito(atteggiamento da “superuomo”) per raggiungere lo statodi umiltà necessaria per aprire le porte dell’arcano, pre-messa essenziale per scoprire la fede nell’umiltà. Un misti-cismo laico che va messo in relazione con il giudizio dellostorico australiano Manning Cark quando descrive gli au-straliani come «a people of morality without faith».

Corrente molto diffusa dell’ultimo ventennio è quelladel “faction”, il romanzo-cronaca, come The Year of living

567

Page 568: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Dangerously, Un anno vissuto pericolosamente, 1978) di C.J.Koch e Monkeys in the Dark, (Scimmie al buio, 1980),entrambi ambientati in un momento di crisi nella storiadell’Indonesia, segnata dalla caduta di Sukarno nel 1965,vicenda che stravolge i protagonisti australiani nella loroimpossibilità di riuscire a capire la complessa situazionepostcoloniale che va formandosi. Questi romanzi trattanotemi derivati dalla politica transculturale e dall’aperturadell’Australia verso una svolta sociale e politica significativaper il paese, non piú concepito dalla classe dirigente comeun’estensione della Gran Bretagna, una situazione in cui “ilpersonaggio” australiano si trova in una posizione contrad-dittoria in quanto fa parte di questo contesto culturale, mane è allo stesso tempo distaccato.

Altri “topoi” narrativi ricorrenti sono: (a) l’emargi-nazione di coloro che non si conformano alla norma socialee culturale del paese, in un contesto caratterizzato da unestremo conformismo, per cui emarginati sono gli abo-rigeni, gli immigrati, gli artisti, i provinciali, gli anziani. Iltema dell’emigrazione viene ripreso da Patrick White nelromanzo The Eye of Storm, 1973 (traduzione italiana: L’occhiodell’uragano, Bompiani 1974) che è lo studio della senilitàdella figura della protagonista Elizabeth Hunter, ormaicostretta a restarsene immobile a casa e che trova l’unicalibertà di movimento nella memoria del passato; (b) la ses-sualità, sopratutto negli anni ’70, come Puberty Blues (1979)di Gabrielle Carey e Kathy Lette, che esamina la sessualitàfemminile nel contesto della sottocultura dell’ambiente sur-fing dei quartieri balneari della città di Sidney, ambientecaratterizzato dal “machismo” e dallo sfruttamento delladonna; (c) le saghe di famiglia come The Thorn Birds (1977)

568

Page 569: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

(Uccelli di rovo, Bompiani 1977) di Colleen McCullough. Ilromanzo racconta la storia di una famiglia cattolica del-l’outback (la steppa) seguendo le vicende e gli esiti di unamore illecito attraverso gli stereotipi piú positivi dell’im-maginario popolare australiano: il soldato leale, lo spiritopionieristico, la dimensione sociale del cattolicesimo austra-liano privo di valori spirituali; (d) l’outback, rappresentatonel suo aspetto convenzionale come minaccia arcana.L’esempio piú significativo è Picnic at Hanging Rock (1967)di Joan Lindsay, meglio conosciuto nella versione cinema-tografica di Peter Weir, che è il racconto della scomparsa ditre studentesse e un’insegnante del Miss Appleyard’sCollege for Young Ladies nella località di Hanging Rock aMount Macedon nel Victoria il 14 febbraio (San Valentino)1900. Il mistero dell’outback viene collegato al mistero dellavita nei suoi aspetti romantici e sessuali, esperienza che leragazze, in procinto di lasciare la scuola, incontreranno nelprossimo futuro. Difatti, l’ultimo capitolo del romanzo,pubblicato postumo, nel 1988, per volontà dell’autrice, pro-pone la tesi che le scomparse siano passate attraverso unaspecie di finestra del tempo, che è la caratteristica peculiaredell’arcanità di Hanging Rock, ritenuto dagli aborigeni unluogo sacro, in una realtà diversa da quella della vita edestino attuali; (e) temi legati a questioni e problemi eco-logici come quelli che si trovano in Hook’s Mountain (Lamontagna di Hook, 1982) di James McQueen, in cui il pro-tagonista diventa una specie di terrorista ecologico che sirintana su una delle ultime cime inviolate della forestatasmaniana e fa la guerriglia contro le imprese del legname;(f) la classe operaia australiana, con tutte le sue contraddi-zioni e tutte le sue divisioni, è il tema del romanzo di David

569

Page 570: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

lreland The Unknown Industrial Prisoner (Lo sconosciuto pri-gioniero industriale, 1971). Ireland si colloca tra i narratoriaustraliani piú propensi allo sperimentalismo e i suoiromanzi tendono ad allontanarsi da un’impostazione legataad un trasparente realismo sociale per assumere la veste delrealismo magico, anche per l’influenza di uno scrittorecome Gabriel Garcia Marquez. Altri temi ancora vengonoforniti (g) dal passato coloniale, dal periodo dei forzati e(h) dalla partecipazione dell’Australia alle vicende bellichedalla prima guerra mondiale (Gallipoli, 1981 di Jack Ben-nett, che traduce in romanzo il noto film di Peter Weir Glianni spezzati) a quella del Vietnam (The Odd Angry Shot, Unosparo casuale e arrabbiato, 1975, di William Nagle, romanzoche ha riscontrato un buon successo di pubblico).

Nel secondo dopoguerra tarda ad affermarsi un teatroaustraliano, in parte per le difficoltà di tipo pratico e finan-ziario che tale attività comporta, nonostante il successo dipubblico di qualche opera come Summer of the SeventeenthDoll (L’estate della diciassettesima bambola, 1955) di RayLawier (vi è il tema della donna vista come il riposo del pio-niere che torna ai centri urbani per riprendersi dalle fati-che del taglio della canna da zucchero) o The One day in theYear (Quell’unico giorno dell’anno, 1960) di Alan Seymorche propone il tema dell’Anzac day, festa nazionale austra-liana che celebra lo sbarco delle truppe australiane inTurchia il 25 aprile 1916 e la loro successiva sconfitta daparte dell’esercito turco. I difficili rapporti familiari scatu-riti dall’incontro tra australiani ed emigrati italiani vengonoesaminati in The Shifting Heart (Il cuore mobile, 1958) diJohn Benyon. Comunque, con la fine degli anni Sessantagiunge una nuova ondata di teatro umoristico-satirico carat-

570

Page 571: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

terizzato da un forte elemento di autoparodia. Tale teatropresenta il tipo australiano soprattutto attraverso il perso-naggio dominante dello ocker – maschio, giovane, ge-neralmente di estrazione borghese, poco decoroso, gra-dasso, bevitore, che si crede un grande dongiovanni,esageratamente australiano – in tutti i suoi aspetti crudi erealistici: parolacce, comportamenti ed atteggiamenti pocoraffinati, antisentimentalismo, birra, teppismo intellettuale.

Il drammaturgo di maggior successo è forse DavidWilliamson, grande scrittore comico e satirico che analizzacon rara maestria le immagini ed i miti della vita contem-poranea urbana della borghesia australiana (la quale, tral’altro, costituisce il pubblico della produzione teatrale) erealizza una specie di consacrazione delle curiosità cultu-rali, delle bizzarrie e delle brutture di tale classe. In ThePerfectionist (Il perfezionista, 1982) Williamson prende inesame la crisi della coppia australiana borghese, vista nelmaldestro tentativo di cercare un equilibrio tra i doveridella vita familiare e le aspirazioni alla realizzazione delleproprie ambizioni, tensioni che portano a conclusionigioiose e dolorose insieme, in quanto ci si rende conto del-l’impossibilità di giungere ad una soluzione che possa sod-disfare le esigenze di tutti e del fatto che i veri contrasti edisaccordi restano irrisolti.

Il teatro degli ultimi anni presenta un certo rinnova-mento, anche se il rifiuto di atteggiamenti ed impostazionitroppo provinciali è solo apparente. Le opere teatraliambientate in altri paesi, dalla Russia degli Zar (LouisNowra, Inner Voices, Le voci di dentro, 1976) alle piantagionidi zucchero delle isole Figi (Alexander Buzo, The MarginalFarm, La piantagione marginale, 1984) costituiscono in

571

Page 572: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

fondo un nuovo modo di esaminare la società australiana.Laddove il teatro precedente si può dire caratterizzato dallecreazioni di miti relativi al modo di percepire la culturaaustraliana, quello degli anni recenti si occupa della ricercadei miti che potrebbero aiutare a capire i fattori e le causeche hanno avuto un peso determinante nella formazionedei valori culturali australiani.

Gli altri due filoni, quello della letteratura aborigena equello della letteratura di emigrazione, sono in gran parteesclusi dalla storia letteraria “ufficiale”. A partire dalla metàdegli anni ’60 la componente aborigena della popolazionesupera quello stato di emarginazione e di estremo abbatti-mento in cui era caduta dopo l’arrivo dell’uomo bianco, persferrare in modo coerente la propria protesta contestatrice.Dopo l’arrivo dei bianchi (1788) essa aveva subito un pau-roso calo demografico (da almeno 500.000 a circa 70.000agli inizi di questo secolo). Scacciati dalle loro terre, minac-ciati dal genocidio, esclusi da qualsiasi diritto civile e politico(solo nel 1976 venivano riconosciuti dallo statuto del paesecome cittadini con diritto al voto e anche ai servizi di assi-stenza sociale), negli anni ’70 gli aborigeni hanno comin-ciato a rivendicare il riconoscimento della propria identitàculturale e umana che comprendeva anche la richiesta direstituzione di alcune parti degli antichi territori tribali. Gliesiti psicologici di tale situazione e la protesta che ne scatu-risce assumono anche veste letteraria. Non è una manifesta-zione assolutamente nuova – ci sono stati scrittori aborigenianche prima – ma c’è di nuovo, oltre ad un numero mag-giore di scrittori, una voce globale e coerente, un forte sensodi identità razziale (aboriginality) interpretrato in modo posi-tivo, il rifiuto di molti aspetti della civiltà dei bianchi.

572

Page 573: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La poesia, come del resto anche la narrativa ed il teatro,tratta i temi del nuovo orgoglio delle proprie origini, il rim-pianto e l’amarezza per la scomparsa delle vecchie tradi-zioni e la profanazione della sacralità aborigena, il senso diessere trattati come stranieri nella propria terra, l’esclu-sione dalle strutture culturali e sociali dominanti, la prote-sta per i soprusi subiti e, in certi casi, il rifiuto della civiltàdei bianchi. Uno dei maggiori esponenti ne è la scrittriceKath Walker (alcuni anni fa ha assunto il nome tribaleOodgeroo Noonuccal) che scrive ormai da piú di tren-t’anni. Elementi salienti della sua poesia sono la tradizionemillenaria della letteratura orale aborigena, il linguaggiobasato sulla varietà “aborigena” dell’inglese d’Australia for-temente influenzato dai dialetti aborigeni e l’adattamentodi certe forme e strutture della letteratura anglo-australianaadoperate come opposizione ideologica. In una delle suepoesie piú significative We are going (Ce ne stiamo andando)tratta il tema della tribú indigena costretta a disgregarsi e ascomparire perché è stato distrutto tutto ciò che ha unsignificato, come i luoghi sacri che sono diventati depositiper immondizia. Benalla the Hunter (Il cacciatore Benalla) èuna triste riflessione sul vecchio cacciatore la cui lancia èspezzata perché la scomparsa della selvaggina provocatadall’uomo bianco gli impedisce di esercitare un suo dirittomillenario.

Per la narrativa, il primo romanzo significativo è WildCat falling (La caduta del gatto selvaggio, 1965) di ColinJohnson (nome tribale Mudooroo Narogin). Il protagoni-sta, Dugan, personaggio senza radici, edonistico, cinico epermaloso, è nato e cresciuto ai margini della societàurbana australiana che non gli consente né di ritrovare se

573

Page 574: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

stesso, né di scoprire alcun valore o alcuna direzione allapropria vita, lasciandolo spaesato e sperduto e spingendoload una specie di nichilismo esistenziale. Uno spiraglio disperanza gli viene fornito dal viaggio – fuga nella boscagliadopo l’atto di rivolta contro le leggi dei bianchi che, con-trariamente a quanto accade nel The Chant of JimmieBlacksmith (Il canto di Jimmie Blacksmith, 1972) di ThomasKeneally, non termina con la distruzione del personaggio,ma con la scoperta dei vecchi valori pre-europei e la rivela-zione che questa antica terra abitata dai suoi antenati loriconosce e lo accoglie dandogli cosí la speranza di poteriniziare la ricerca della propria aboriginality e di riconciliarlacon la sua esistenza nel mondo dei bianchi poiché talemondo non può essere del tutto ripudiato.

Il rapporto dell’aborigeno con la terra, che costituisceaspetto fondamentale della sua cultura, viene proposto nelracconto Land Deal (Atto di compravendita, 1987) diGerald Murnane, dove l’acquisto della terra da parte deibianchi non ha alcun significato perché i bianchi non sonoche fantasmi destinati ad andarsene fra breve e non capi-scono il vero significato mistico della terra, che comunquenon si può possedere. Racconto di alto valore poetico chericorda certi scritti di Calvino, presenta con rara efficaciafilosofie e credenze ben lontane dall’esperienza occiden-tale, per cui la realtà va collocata nel dreaming del mistici-smo aborigeno.

Altrettanta forza si riscontra nelle poche rappresenta-zioni teatrali allestite; si tende a produrre di piú per la tele-visione e il cinema con lavori anche significativi, come TheFringe Dwellers (Residenti emarginati, 1985) di Peter Weir.Le piú significative sono le commedie di Jack Davis, Kulark

574

Page 575: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

(1979) e The Dreamers, (I sognatori, 1982). La prima è la sto-ria del tentativo di resistenza all’invasione bianca intorno al1820 da parte di un capo tribú dell’Australia occidentale ilquale viene decapitato. Non è semplicemente un drammastorico, in quanto il fatto del passato – l’invasione e l’esclu-sione delle terre – va di pari passo con la situazione del pre-sente: l’emarginazione ed il senso di essere stranieri nellapropria terra.

The Dreamers è il dramma dell’emarginazione e dellamiseria, dell’abbattimento morale e materiale, della disoc-cupazione endemica degli aborigeni che vivono ai marginidella società urbana dove la perdita dei valori tradizionaliporta all’alcolismo nel tentativo di colmare un vuoto esi-stenziale. I soldi e il lavoro che costituiscono la base princi-pale e fondamentale della società industriale moderna nonfanno parte della cultura degli aborigeni e perciò non liinteressano, in quanto considerati strumenti dei bianchi e,come tali, usati anche come strumento di oppressione.

Se la letteratura degli aborigeni è quella di un gruppoche si trova in Australia da sempre, la letteratura degliimmigrati di provenienza dai paesi anglosassoni è quella digruppi appena arrivati e si manifesta in modo sistematicosolo nel secondo dopoguerra, anche se esiste qualcheesempio anteriore, come No Escape (Senza uscita, 1932) diVelia Ercole – resoconto romanzato basato sulla figura delpadre, il medico Quinto Ercole – in cui il protagonista, LeoGherardi, è costretto a fuggire da Clampi (nella provinciadi Teramo) a causa delle sue attività politiche, in quantomilitante socialista e, attraverso gli anni, viene lentamentead accettare e ad essere accettato dalla sua patria di ado-zione attraverso una serie di esperienze che comprendono

575

Page 576: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

il matrimonio con Olwen Ferrer, vedova di un contadino, ela partecipazione alla guerra del ‘15 -‘18 come ufficiale del-l’esercito australiano, cosicchè anche quando gli è possibileil ritorno in Italia decide di restare nella nuova terra.Comunque, è solo con il romanzo Alien Son (Figlio alieno,1952) di Judah Waten e con l’opera di scrittori come DavidMartin e David Malouf che tale produzione letteraria siafferma come vero e proprio filone. La poetessa MargaretLesendorf Light (Luce, 1981) esamina l’ambiente austra-liano che può essere attraente per certi aspetti, alienanteper altri, dal punto di vista dell’intellettualismo e dell’este-tismo europei. Il romanzo di Antigone Kefala The Island(L’isola, 1984) esamina il travaglio spirituale dell’immigratoche ha perso i legami con la propria cultura di origine,anche se non gli è consentito un inserimento in quellaaustraliana e si trova cosí sospeso tra i due mondi.

Rosa Cappiello, nata a Caivano nel 1942 ed emigrata inAustralia nel 1971, tratta nel suo romanzo Paese fortunato,1981, dell’emarginazione della donna immigrata e operaiain un doppio ghetto costituito da razza e sesso. Unica tra gliscrittori di origine italiana ad essersi conquistata un postofisso e regolare negli studi sulla letteratura australiana con-temporaneaa, Rosa Cappiello produce narrativa e poesia dinotevole complessità. Il suo è un panorama dell’ Australiavista dall’esterno, non solo a livello descrittivo, comeavviene in gran parte della letteratura australiana, quanto esoprattutto a livello metafisico. Attraverso il suo linguaggioviolento e sconcertante la Cappiello ci presenta una visioneassai critica della società australiana, con la sua protestacontestatrice che è la protesta di donna emigrata, emargi-nata e destinata all’immutabile condizione di sottoproleta-

576

Page 577: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ria. Ma l’opera della Cappiello, a differenza di quantoavviene in gran parte della produzione letteraria italo-australiana, trascende gli aspetti limitanti dell’ambiente,degli stati d’animo e dei sentimenti da esso provocati, eabbraccia anche questioni esistenziali e psicologiche di piúampio raggio. Anche per quanto riguarda la tecnica narra-tiva, la Cappiello presenta elementi innovatori che si con-trappongono al conservatorismo di gran parte della produ-zione narrativa italo-australiana.

Partita dall’Italia con una delle ultime ondate migratorieche portavano aspiranti pionieri in Australia, Rosa, la pro-tagonista di Paese fortunato, si trova rinchiusa in un ghetto“plurietnico e turbolento”, nonostante la vitalità ed il corag-gio con cui affronta la sua difficile situazione esistenziale. IlPaese fortunato, presenta, fin dal primo impatto, unasocietà retta dalle leggi del materialismo e della sopravvi-venza, senza solidarietà né di classe né di razza, dove impe-ra lo sfruttamento, non solo in senso economico, e dove ilmiraggio della “fortuna”, inseguito senza successo, è mute-vole come l’immagine dell’ Australia, miserabile e spettraleper quanto riguarda la condizione umana, opulenta e invi-tante per quanto riguarda il paesaggio, il cielo, il mare,unico aspetto che ispira un certo ottimismo.

Il romanzo è ambientato nella città di Sidney agli inizidegli anni ’70, città bella per la sua ubicazione e la suaatmosfera cosmopolita, squallida e tetra per gli agglomeratiche si trovano nelle zone piú popolari. Quando Rosa nonne può piú del lavoro di fabbrica e si licenzia in uno slanciodi isterismo delirante, uscire dall’ambiente chiuso della fab-brica e passeggiare all’aria aperta è come una liberazione.Difatti, fin dalle prime pagine del romanzo, il cielo, le

577

Page 578: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

spiagge meravigliose, i parchi immensi sono una rivalsacontro la solitudine, una natura grandiosa in pieno contra-sto con l’ambiente costruito dagli australiani – «casine dimattoni rossi, asimmeriche, squadrate, asciutte e spersona-lizzate come l’anima del popolo» (p. 7) – e con gli austra-liani stessi «grotteschi e stracchi da bevuti» (p. 9). Questacontrapposizione natura/uomo si presenta come elementocostante ed integrale del romanzo ed assume una funzionesimbolica. Viene presentata in modo impressionistico, sog-gettivo ed è talvolta il risultato di una reazione viscerale edincisiva all’ambiente, come l’osservazione «non ammirareun pisciatoio in pietra grigia, corrosa dal tempo, negliangoli della piazza» (p. 7), che diventa simbolo delladelusione nei confronti di una paese senza storia o civiltà.

Se la natura costituisce un elemento positivo ed attraentedel nuovo paese, gli australiani vengono giudicati comearretrati, maleducati e privi di cultura. Non vi è solo il bec-chino Jack, che preferisce la birra al Rosso antico e porta«pantaloni a saltafosso, giacchetta lustra e corta di unagenerazione sorpassata» (p. 60) o l’ubriaco di Hyde Park lecui capacità discorsive si limitano all’articolazione insensatae continua delle parole “fuck”, “wog” e “bloody”, ma questisono caratteristici di tutte le classi sociali australiane, dalricco signore distinto che cerca di sedurre Sofia e Rosa conmodi bruschi e rudi, alla sceneggiatrice televisiva cheassume un’aria di superiorità ironizzante nei confrontidelle aspirazioni di Rosa ad esordire come scrittrice e sullaquale poi Rosa si vendica in un monologo interiore selvag-gio ed incalzante: «Te lo do io lo strabiliante, fottuta d’unabig-nosed, fottuta dai climi torridi. Io contribuisco assiemealla massa emigrata a civilizzarti, ad aprirti la visuale che

578

Page 579: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

non va piú in là della punta del nasone. Ti strappo la gra-migna dalle orecchie. Ti do un tono. Ti insegno a man-giare, a vestire, a comportarti e soprattutto a non ruttare neiristoranti, nei treni, nei bus, nei cinema, nelle scuole. A teforse è ignoto, ma te lo dico in confidenza, sappi che ilpaese tuo, e adesso anche mio, si basa su un enorme rutto.Il pennone garrisce al vento spinto dai gas tossici dei vostristomaci intasati come fogne. Il mito dell’happy and lucky sibasa sulle bevute. E bevi. Ci offendi. Non ti piace il vino?Preferisci la birra? Cameriere, un bottiglione di birra allasignora» (p. 183).

Cosí la protagonista Rosa vive la sua vicenda in modo sog-gettivo e viscerale in una continua tensione tra partecipa-zione e non partecipazione. Secondo l’autrice, Paese fortu-nato racconta la “verità”, non tanto quella autobiografica etrasparente, quanto quella che si trova a monte della realtàdell’esperienza di immigrazione. Nel romanzo, pertantotale esperienza viene tramutata nelle sue dimensioni meta-fisiche ed esistenziali che vanno a loro volta collegate agliaspetti universali della condizione umana, sí che questi mol-teplici livelli ed interpretazioni costituiscono una delle sueforze maggiori.

Per concludere, una definizione della letteratura austra-liana contemporanea deve ormai tener conto di questevarie correnti. La società australiana contemporanea è cam-biata radicalmente con l’emigrazione, almeno in sensodemografico. Le sue strutture però sono rimaste sostanzial-mente anglocentriche, come pure le sue istituzioni cultu-rali. Eppure esiste anche dell’altro. Oltre a narrare levicende dei rispettivi gruppi, questi nuovi filoni presentanouna visione della società australiana dalla periferia di tale

579

Page 580: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

società. Forniscono quindi alcuni elementi per la formula-zione di una risposta al complesso e tuttora irrisolto quesitorelativo all’identità culturale australiana.

Testo del saggio presentato in Palazzo Serra di Cassano il 7 febbraio1991, pubblicato nel fascicolo n. 1 (1992) di «Scheria», rivista delCircolo G. Sadoul di Ischia e dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici.

580

Page 581: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La filosofia in Nuova Zelanda

VALENTINA RASTELLI

In Nuova Zelanda la riflessione filosofica si sta attual-mente sviluppando in direzione dello studio di problemigenerali come quelli che riguardano la conoscenza, l’esi-stenza ed il valore. La cultura neozelandese nel suo com-plesso viene in realtà affermandosi per la diversità, varietàe ricchezza degli argomenti considerati. Infatti, se il pas-sato coloniale della Nuova Zelanda condiziona ancora lasua cultura, è vero però che i fenomeni di trasformazionee rigetto dell’eredità culturale sono prevalenti.

La filosofia professionale è per ora interamente dipen-dente dalle Università, dove forti sono i legami con la tradi-zione angloamericana. Negli anni passati molti accademicineozelandesi venivano richiesti in Inghilterra ed i “gra-duati” venivano mandati in questa nazione per completarela loro formazione, rimanendovi poi stabilmente. Ora peròla situazione sta cambiando: in ambito accademico studiosicome Max Cresswell e George Hughes insegnano allaVictoria University, interessandosi di modelli logici; PavelTicky a Otago ha sviluppato un approccio originale allalogica dei rapporti internazionali; Krister Segeberg aAuckland ha prodotto studi sulla logica dinamica. Inoltre aOtago si può riscontrare un forte interesse per la filosofiadella scienza popperiana ed anche un interessante livello diricerca nel campo della filosofia estetica.

Per sviluppare programmi e ricerche che si differenzinoda quelli euro-americani, la Nuova Zelanda dovrebbe impa-

581

Page 582: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rare a considerarsi come una comunità filosofica indi-pendente del Sud Pacifico, capace di sfruttare la sua ereditàeuropea senza però che l’autorità di questa soffochi lanascita di una cultura differenziata, che liberamente fondiun proprio approccio culturale. Gli sviluppi filosoficiesterni alle Università illustrano meglio questo tipo di pos-sibilità, forse perché le loro origini si trovano decisamenteall’interno della cultura neozelandese. Le tendenze intel-lettuali europee, americane ed australiane sono statetrasformate ed applicate in maniera differente. Due sono learee in cui principalmente le idee filosofiche hanno svoltoun ruolo importante: innanzitutto quella delle tematicheambientali, dato che la storia delle modificazioni umaneapportate al territorio neozelandese è purtroppo unargomento centrale del dibattito culturale. Circa il 70%delle foreste sono state distrutte brutalmente dai pionieri edai loro discendenti; essendo distrutto il loro habitat natu-rale, molti uccelli sono ora in via di estinzione; l’erosionedel suolo è in Nuova Zelanda una delle piú drammatichedel mondo. Fortunatamente la coscienza nazionale ne èrimasta colpita e si è modificata ampiamente e rapida-mente. Il dibattito filosofico che ne è sorto ha visto di fronteda una parte quelli che dicono che l’ecosistema deve esserevalutato in virtú del suo valore per l’intera umanità, dall’al-tra quei pensatori che invece affermano che esso sia inveceda valutarsi intrinsecamente, per se stesso. In secondoluogo, la minaccia del nucleare e del suo abuso nelleregioni dell’area del Pacifico da parte di altre nazioni.Interessante è che questo dibattito, sia a livello popolare,che politico, è stato condotto sostenendo soprattutto lemotivazioni etiche della denuclearizzazione.

582

Page 583: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Questi sviluppi dimostrano la capacità del popolo neoze-landese di assorbire idee dalla scena internazionale, maanche di saper tracciare una propria strada ed un propriospazio.

Dal n. 1, 1990 di «Informazione filosofica», rivista dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici e dell’Istituto Lombardo per gli StudiFilosofici e Giuridici.

583

Page 584: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

584

Page 585: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

AMERICA SETTENTRIONALE

585

Page 586: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

586

Page 587: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

CANADA

587

Page 588: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

588

Page 589: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nella tradizione di Vico e di Croce

HENRY S. HARRIS

York University

Ben noto è l’antico e illustre scambio filosofico fraNapoli e il resto d’Europa. Giambattista Vico fu il piúgrande tra i filosofi napoletani, ma non il solo: operava inquesta città un circolo d’intellettuali meno noti, per i qualila scuola di Cartesio, il lavoro di Newton e le piú importanticorrenti di pensiero europeo erano oggetto di riflessione evivace discussione. Si spiega cosí come, ai tempi nostri,Napoli abbia espresso una personalità come quella diBenedetto Croce che, innestata nella tradizione europea,giunse a superarla.

Bertrando Spaventa, durante il Risorgimento, introdu-cendo il concetto di una “circolazione del pensiero euro-peo” constatava un dato di fatto. Dal 1975, l’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici è impegnato in una doverosa rivalu-tazione della teoria di Spaventa, alla ricerca della vera iden-tità dell’Europa nelle sue grandi tradizioni culturali e civili.

Negli ultimi anni, soprattutto grazie al mio amicoThéodore Geraets dell’Università di Ottawa, ho cominciatoa contribuire alla vita dell’Istituto e ho meglio potuto com-prenderne lo spirito, in rapporto anche alla dottrina diSpaventa. Ritengo che Spaventa, piú dello stesso Croce edei seguaci di Hegel in Germania o in Inghilterra, sia statoil vero erede di Hegel. Poiché scopo della mia vita è statoquello di rivalutare e chiarire l’eredità filosofica di Hegel,quest’aspetto della vita dell’Istituto di Napoli mi ha grande-

589

Page 590: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mente interessato. Cosí ho focalizzato l’attenzione sull’o-pera, influenzata da Hegel, di Royce e di Peirce: attual-mente Royce è trascurato e l’influenza hegeliana su Peircenon è adeguatamente riconosciuta. Negli ultimi anni i mieicontributi si sono concentrati sull’interpretazione dellaFenomenologia dello spirito di Hegel, col commento di alcunespecifiche parti del testo in un reale spirito storico checredo avrebbe fatto piacere a Croce. Il pubblico italiano piúvasto potrà presto salutare queste mie scelte, che ho espostoin una serie di seminari a Napoli, in quanto l’Istituto si èassunto l’onere di far tradurre e pubblicare le mie lezioni. Imiei scritti saranno soltanto una piccola voce nell’elencogià notevole delle pubblicazioni dell’Istituto, le quali sono ilrisultato dei seminari che vi si tengono nel corso di un annoaccademico che è tra i piú lunghi e intensi di qualsiasi isti-tuzione culturale contemporanea. Negli ultimi anni, Hans-Georg Gadamer ha trattato di filosofia antica, Kristeller diUmanesimo e Rinascimento, Gombrich di storia dell’este-tica, Cohen di storia della scienza: ma l’elenco dei nomi digran rilievo scientifico potrebbe proseguire all’infinito. Visono stati, con cadenza regolare, incontri internazionali suitemi piú decisivi del pensiero e della cultura contempora-nea e molti pensatori come Apel, Gadamer, Levinas oRicoeur hanno illustrato le loro posizioni all’Istituto e lehanno discusse con borsisti provenienti da ogni parted’Italia e d’Europa.

L’attività dell’Istituto si è spesso trasferita all’estero perpromuovere seminari, corsi di lezioni, convegni: a Tubingasi è discusso di Hegel in rapporto alle scienze della natura,a Poitiers di Hegel e Marx, a Wolfenbüttel dell’Illuminismotedesco, a Parigi di quello francese, di Bacone e Newton, e

590

Page 591: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dei loro dimenticati avversari a Londra. La storia dell’eticadai suoi inizi è stata dibattuta a Francoforte, e a Rotterdamil programma del colloquio, di cui sono usciti gli atti(L’autre et la pensée de la différence), mi ha riportato alla mentei trattati rinascimentali De omnibus rebus et quibusdam aliis.

È per me una gioia vedere lo spirito di Vico rivivere inquest’Istituto, in quella stessa città di Napoli che torna adessere centro di un mondo culturale. È, infatti, lo spirito diVico che vive nel fondatore dell’Istituto, l’avv. GerardoMarotta, e nell’istituzione cui egli ha dedicato la vita, l’in-gegno, la sua personale fortuna. Non è dunque un demonepartigiano o culturale che mi possiede, quando affermo cheNapoli e l’Italia devono essere orgogliose di ciò che que-st’avvocato-filosofo, degno continuatore del suo concitta-dino Giuseppe Valletta, ha creato per la cultura europea emondiale. Ciò che, con tanti sforzi, è stato raggiunto – e chetanti frutti ha già dato – dev’essere assolutamente tenuto invita, perché le nuove generazioni di studiosi possano pro-durre nuove opere d’ingegno. Penso alla bibliotecadell’Istituto, che non esito a mettere in rapporto con la sei-centesca biblioteca di Valletta, “salvata” da GiambattistaVico. È auspicio della cultura internazionale che questostrumento di lavoro per la ricerca storico-filosofica ricevaun’adeguata collocazione con il concorso delle istituzionipubbliche, che cosí facendo renderanno un servigio allacultura italiana – e non solo italiana – alimentando in noi lasperanza in un futuro che possa degnamente confrontarsicon il passato.

591

Page 592: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La filosofia nel Canada

RITA MELILLO

Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa

Le differenze sono il perno dell’esistenza stessa delCanada come nazione, in un duplice senso: in primo luogo,sono proprio le diversità di costumi, di cultura, di religioneche spinsero i Padri della Confederazione a unire nel 1867le varie province per impedire che potessero ad una ad unacadere vittime dell’allora nascente imperialismo ameri-cano; in secondo luogo, esse costituiscono l’unicità di que-sto Paese, che ha compreso l’enorme portata delle diffe-renze, tanto che queste sono ampiamente apprezzate e pro-tette. Ogni comunità, infatti, non è costretta ad abbando-nare gli usi e costumi del suo popolo, bensí è messa in con-dizione di coltivarli liberamente. Certamente, questo signi-fica che, come Sir John A. Macdonald (uno dei fondatoridella Costituzione canadese) ha detto, «il Canada è unpaese difficile da governare», ma è secondo noi un altissimoesempio di democrazia, con la quale intendiamo non lapossibilità per ognuno di esercitare un diritto illimitato,perché naturalmente non è questo il significato di demo-crazia, ma il rispetto delle libertà proprie e delle altrui. È undare ed avere che ci permette di prendere ciò di cuiabbiamo bisogno, ma di dare alle altre province ciò di cuimancano: il Canada è come una grande famiglia, la qualeper continuare ad esistere ha bisogno della collaborazionedi tutti i suoi membri, che sono pertanto uniti nel superarei contrasti che pur vi sono. Il principio che regola i rapporti

592

Page 593: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tra le varie province è proprio quello che regna in ognifamiglia che si rispetti: quello, cioè, della cooperazione edella sensibilità verso i bisogni degli altri gruppi etnici; «ilcompromesso e la sensibilità verso i bisogni delle altre pro-vincie è stato il genio della Confederazione». Le provincepiú ricche economicamente e piú avanzate tecnologica-mente devolvono una parte del loro benessere a quelle piúpovere per provvedere ai bisogni dei loro connazionali. Èuna grande famiglia nella quale, come succede appuntonelle migliori famiglie, vi sono anche scontri ed opposizionidi non facile soluzione tra i suoi membri, ma è fondamen-talmente sentita l’esigenza dell’unità: è necessario rimanereinsieme fianco a fianco se si intende permettere al Canadadi sopravvivere. In caso contrario, vi sarà una qualsiasi altrarealtà socio-culturale nonché politica, ma non piú laConfederazione attuale che rende questo Paese tantodiverso da tutti gli altri. Scrive J. Folster: «Amo teneramentequesta terra di libertà, nella quale trovo pace e dolce appa-gamento interiore tanto da avere la piena coscienza che quisarò sempre a casa mia. È un luogo dove tutti noi abbiamola libertà di scelta di religione, di dialetto e di lingua. È illuogo dove altre persone meno fortunate di noi sonovenute per iniziare una nuova vita. Tocca nell’intimità delproprio cuore il fatto che noi Canadesi viviamo in armoniacon persone di altri paesi come se fossimo fratelli e sorelle».

La differenza sostanziale con gli altri Stati o confedera-zioni che siano è proprio il profondo rispetto che su questeterre si nutre verso il prossimo da qualsiasi parte egli pro-venga e nonostante la sua cultura e le sue credenze reli-giose: ogni comunità è lasciata libera di continuare a par-lare la propria lingua d’origine e di venerare il proprio Dio.

593

Page 594: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

È chiaro che è necessario imparare ad usare un’altra lingua,che può essere l’inglese o il francese a seconda dellaregione del Canada in cui si sceglie di vivere, per permet-tere l’integrazione tra i vari gruppi etnici; ma all’interno delproprio gruppo si è liberi di continuare la tradizione cultu-rale e religiosa del paese di provenienza. Non è inutile aquesto proposito ricordare che in Canada fu fondata all’i-nizio del Novecento la prima Chiesa Unita (da J. Watson),la quale accoglie in sé persone di varia provenienza reli-giosa, che lavorano insieme per un futuro di armonia e dipace per tutte le genti. Siamo convinti fortemente che talicaratteristiche di profonda apertura all’altro siano da attri-buire al fatto che tutti coloro che approdarono su questeterre, almeno inizialmente, avevano patito le sofferenze piúdure nella loro patria a causa della oppressione delle libertàfondamentali dell’essere umano e pertanto hanno accura-tamente evitato di ripetere essi stessi quegli orrori che liavevano costretti a fuggire. Per queste genti il Canada harappresentato ed ancora rappresenta il paese della libertà,il paese in cui esse hanno potuto conservare le loro tradi-zioni, la loro identità di gruppo acquisendo la forte convin-zione che «siamo tutti uguali sotto la pelle», come affermaDon McIvor (Presidente della Federazione dei Meticci delManitoba), il cui ideale politico è di portare gli Indiani adun migliore standard di vita, nel rispetto dell’uguale dirittodegli altri gruppi. Egli sottolinea l’importanza della coope-razione tra tutte le razze. Le differenze, anche profonde,non costituiscono un pericolo alla stabilità di una famigliacome di una nazione, anzi la minaccia alla sopravvivenzadell’una e dell’altra è rappresentata proprio dalla volontà direndere tutti, gruppi e individui singoli, uguali per modo di

594

Page 595: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

pensare e di agire. Questa è la lezione che i Padri dellaConfederazione canadese e i gruppi etnici di appartenenzaavevano imparato con enorme dolore e sacrificio; essi siimpegnarono con tutte le loro forze a non ripetere queglierrori di cattiva convivenza nelle nuove terre. Un’altra no-stra convinzione fortemente radicata è che queste genticonoscevano bene il significato del detto: «Là dove tuttipensano le stesse cose, nessuno pensa veramente». Avevanoimparato sulla loro pelle quanto fosse penosa l’impossibilitàdi possedere ed esprimere opinioni diverse dagli altri: ave-vano imparato che la vera essenza della democrazia consisteesattamente nel permettere la sussistenza delle differenzeproprie e nel garantire l’eguale diritto agli altri, come sot-tolinea T. Douglas, leader del Partito Democratico Federaledal 1961 al 1971.

Tale intreccio di culture profondamente diverse e per-fino contrastanti non solo ha caratterizzato il Canada nellasua costituzione politica, fornendo il materiale esplosivoche ha dato vita ad una realtà del tutto speciale ed unica almondo, ma costituisce anche uno stimolo insostituibile dicrescita culturale, la cross-fertilization, fertilizzazione-incro-ciata o promozione della cultura che si verifica solo dove viè il contatto quotidiano con le altre Weltanschauungen. C’èchi sostiene che un simile avanzamento rapido della pro-pria visione del mondo si è verificata anche in GranBretagna proprio perché il popolo britannico è costituitoda Inglesi, Scozzesi, Irlandesi, e Gallesi, e non bisognadimenticare che nelle loro vene scorre anche sangue scan-dinavo.

Può essere un semplice punto di vista personale questo,ma sta di fatto che il Canada si nutre delle differenze delle

595

Page 596: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

popolazioni che lo abitano, le quali hanno maturato l’espe-rienza che per andare d’accordo non è necessario dire ecredere nelle stesse cose: hanno capito che unità non signi-fica unanimità. Questo Paese è la realizzazione concreta epolitica del principio teoretico dell’unità nelle e attraversole differenze, che ha da sempre animato le migliori filoso-fie. Già Platone nel Sofista pone l’accento sul ‘diverso’, cheviene ad assumere un ruolo centrale tra tutti i generisommi, in quanto ci permette di qualificare il reale.L’Essere è proprio perché è diverso da...: affermare che «que-sto è un libro», significa esattamente affermare che «non èun tavolo, una persona, un quadro», bensí è qualcos’altro.La differenza, quindi, è la molla che dà inizio a tutto ilmovimento dialettico, che, sia pure presente fin dalle ori-gini della filosofia, viene portato alla realizzazione piena daHegel, il quale quando parla dell’universale concreto nonfa altro che affermare l’unità nella diversità. Il richiamo aHegel, non è casuale. È nostra convinzione, infatti, che l’in-teresse che il filosofo tedesco ha suscitato in queste nuoveterre non sia soltanto una questione di semplice ereditàricevuta dai colonizzatori britannici: la filosofia di Hegelrisponde alle problematiche geografiche e politiche di tuttequelle popolazioni che, pur provenendo dai luoghi piú lon-tani e disparati tra loro, qui si ritrovano e qui devono impa-rare a convivere. Il Canada è molto simile per situazionegeografica e politica alla Germania del tempo di Hegel:entrambi i paesi sono una federazione di Stati diversi;entrambi hanno problemi di Costituzione e di scontri tra fe-deralismo e provincialismo; entrambi hanno una dipen-denza politica, la Germania si sentiva ed era inferiore allaGran Bretagna, mentre il Canada nutre lo stesso stato d’a-

596

Page 597: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nimo nei confronti degli U.S.A. Gli stessi Scozzesi, che sonostati i primi a portare l’idealismo nelle terre conquistate,erano in una profonda dipendenza dall’Inghilterra nonsolo, ma avevano anche il problema delle divisioni internetra il nord ed il sud. Questo spiegherebbe come mai pro-prio essi furono i pionieri di questa filosofia in GranBretagna. Il Canada ha gli stessi problemi di convivenza, diCostituzione, di separatismo, e altri ancora derivanti dallapresenza attiva di due lingue che si lottano (l’inglese ed ilfrancese): è un Paese dalla doppia faccia, è il Paese dei con-trasti, delle lotte per la rivendicazione dei diritti umani, deidiritti delle minoranze. V’è un magma incandescente chedà luogo ad una realtà palpitante, spumeggiante ed irrefre-nabile, la quale trova congeniale il principio dell’unità degliopposti. «Semplicemente, il nocciolo della dialettica hege-liana – la famosa unità degli opposti – rivela un messaggiospeciale per il Canada, diviso com’è dalle due identità delfrancese e dell’inglese; dal contrasto tra le Prime Province ela cultura metropolitana del Canada inglese e del Québec;e dal conflitto tra il governo federale e quello provinciale.[...]. Sia per la sua situazione geografica e climatica, sia perla sua condizione demografica, il Canada è la terra degliopposti». Cosí D. MacGregor.

Sicuramente per tali affinità di vita vissuta, di esperienzapratica, di modo di sentire che si traduce poi in modo dipensare, in visione ideale, gli studiosi canadesi hanno con-tinuato fino ad oggi ad occuparsi di Hegel, contrariamentea quanto è, invece, avvenuto sia in Gran Bretagna sia negliU.S.A. È tipico del Canada non aver abbandonato la filoso-fia hegeliana dagli anni ’60 ad oggi, e lo ha fatto attraversol’opera e l’ingegno di studiosi conosciuti al livello interna-

597

Page 598: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

zionale, come ad esempio E.L. Fackenheim, Ch. Taylor,H.S. Harris, Th. Geraets. Ma anche molti di coloro che nonsono interessati in primo piano a Hegel, in effetti sono dalui in qualche modo influenzati o per le sue vedute sullaproprietà, o per il suo modo di concepire l’individuo e laclasse. Pertanto, è possibile avvicinare agli interessi deglistudi hegeliani anche nomi come ad esempio C.B.Macpherson, per le sue teorie sulla proprietà e la democra-zia; G. Grant, H.A. Innis, M. McLuhan, che si possono con-siderare i fondatori di una filosofia canadese; e vi è dell’i-dealismo nelle opere del canadese J.K. Galbraith, cheattualmente vive negli U.S.A. Ci corre l’obbligo di sottoline-are, però, che è soprattutto sul piano della filosofia politicache sono maggiormente avvertite le analogie. Come lostesso Geraets afferma, sono i problemi collegati allaConfederazione ed alla Costituzione canadese che lo hannosollecitato, insieme ad altri studiosi anche giovani, ad avvi-cinarsi a Hegel approfondendo soprattutto i rapporti tral’individuo e la comunità: per Geraets l’individuo singolonon ha alcuna sussistenza al di fuori della comunità cuiappartiene, in quanto l’uomo è nella sua concezione unnodo di rapporti interpersonali: è figlio di..., è padre di..., èmarito di..., è fratello di..., e al di là di tali rapporti nullarimane che possa spiegare un diverso rapporto, dell’uomocon se stesso. Ugualmente, per Hegel la situazione politicadella Germania costituisce una grande sollecitazione ariflettere sullo Stato, a preferire la Prussia del tempo comerealizzazione concreta del suo ideale e ad avere un forteinteresse per l’Inghilterra, che senza dubbio con quanto siverifica nella sua società moderna esercita una notevoleinfluenza sul modo di pensare la realtà da parte del filosofo

598

Page 599: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

di Stoccarda. Probabilmente, i moralisti scozzesi con la lorofilosofia del senso comune esercitano su di lui un’influenzapiú profonda e duratura di quanto di solito si sia portati apensare: ne costituisce testimonianza il suo modo di conce-pire l’individuo come un essere profondamente sociale.

Come abbiamo fatto rilevare sin dalle battute iniziali,anche per i Canadesi l’individuo è considerato innanzituttocome appartenente ad una comunità ed il Canada è consi-derato soprattutto come una “comunità di comunità”. LoStato e i problemi ad esso collegati costituiscono senz’altrol’assillo principale dei filosofi canadesi, al contrario diquanto avviene in Gran Bretagna e negli U.S.A.: in ciò con-siste una delle differenze notevoli tra il Canada e gli altripaesi di lingua inglese.

«[...] il capo del mio dipartimento presso l’Università diWaterloo aveva risposto alle richieste espresse da RobinMathews e Jim Steele circa la “ricanadianizzazione” delleuniversità canadesi con un memorandum che annunciava che«non esiste alcuna filosofia canadese» (aggiungeva «nelsenso in cui esiste una filosofia americana»). Quel direttoreera un americano in un dipartimento dove insegnavanomolti americani – il prodotto di un sistema educativo per ilquale, in massima parte, «il Canada è uno spazio vuoto sullacartina geografica popolato soprattutto da giocatori di hoc-key senza denti». Nelle sue note introduttive a quello chepuò senz’altro essere considerato uno dei maggiori lavorisulla storia della filosofia canadese (anche se si occupa solodei filosofi di lingua inglese), L. Armour continua affer-mando che è piú che naturale, quando si è in un’altranazione, fare comunella con i propri compaesani snob-bando la cultura e le tradizioni del Paese ospite, come suc-

599

Page 600: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

cede, stando alla sua esperienza, sia agli Inglesi in Francia,sia ai Francesi in Inghilterra, per esempio. L’episodio nar-rato risale piú o meno agli anni ’70, quando Armour tornadall’Inghilterra, dove ha avuto modo di rendersi conto chel’opera di Watson non è per nulla dimenticata, sebbenequesti abbia insegnato e prodotto i suoi lavori durante lasua permanenza in Canada. E appena al ritorno senteannullare tutti gli sforzi dei primi filosofi canadesi, tra cui J.Watson, J. Seth, J. Beaven, W. Lyall, G. Paxton Young, J.C.Murray, G.J. Blewett, G.S. Brett, J.A. Irving, H.A. Innis. Ècertamente difficile trovare caratteristiche comuni, che pos-sano autorizzare a parlare di una scuola di pensiero, maquesta non è una difficoltà che riguarda soltanto gli inizidella filosofia in questo Paese: ancora oggi sotto tale aspettola situazione non è per nulla mutata; intendiamo affermareche è impossibile ridurre le varie e multiformi manifesta-zioni dell’attività di ricerca di pensatori dalle origini etni-che piú diverse in un unico leitmotiv. Abbiamo, invece, unoscenario variopinto, che sebbene sia circondato da unamedesima cornice spazio-temporale è costituito da imma-gini persino contrastanti tra loro in quanto dipinte concolori differenti, a volte piú luminosi, a volte piú tetri, mache sono ostinatamente tenuti insieme dalla volontà di darecontributi personali alla soluzione di quelli che sono rite-nuti gli eterni ed immutabili problemi dell’uomo. Talevolontà mette in rilievo la pronta sollecitudine che questistudiosi avvertono per le sorti della comunità nella qualevivono, e ciò aiuta a rinvenire quasi come un filo d’Ariannache percorre in massima parte la produzione delle opere:«Sarebbe fuorviante indurre a pensare che tutte le maggioriproduzioni letterarie scritte nei primi cento anni in Canada

600

Page 601: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

abbiano identiche radici concettuali. Tuttavia, è stato dimo-strato che le indagini filosofiche spesso condividono unaanaloga visione etica [...]». Numerosi sono gli studiosi iquali sottolineano che un tratto comune dell’indagine filo-sofica in questo Paese sia sempre stata la “dimensione etica”(McKillop). Anche Th. Mathien pone in rilievo che sin daiprimi decenni del secolo gli studi filosofici sono stati orien-tati verso campi particolari, come quello costituito dallescienze sociali, dalla politica, dalla giurisprudenza, dallafilosofia del diritto, dalla difesa dei diritti umani (si pensi ailavori di E. Ponton), dalla difesa degli Indiani (si vedano gliscritti di C. Gray), dalle riflessioni sulla Costituzione, dallostudio della violenza nel mondo (si pensi al Congressomondiale organizzato da V. Cauchy a Montréal nel luglio1992). Per non parlare della grande mole di lavoro dedi-cato alla soluzione dei problemi posti dall’ingegneria gene-tica, dalla bioetica, dagli ammalati terminali, dall’eutanasia,dalla donazione degli organi, dal concetto di persona (sivedano i lavori di S.G. French), dall’inquinamento (si parladi filosofia dell’ambiente), dallo sport quale strumento edu-cativo (si parla di filosofia dello sport), dai problemi postidall’intelligenza artificiale e dalle scienze dell’informatizza-zione. Senza dubbio coloro che si occupano di filosofia inCanada si sentono profondamente coinvolti al livellosociale, tanto da poter affermare che è piú giusto parlare difilosofia applicata. Con ciò non è nelle nostre intenzioni divoler negare l’esistenza di studi teoretici di alta qualità (sivedano le opere di E. Armour, di Th. Geraets, di H.S.Harris, di O. Nicholson, di O. Di Giovanni), ma di voler sot-tolineare che nella quasi totalità dei casi gli studiosi cana-desi sentono molto il legame con la comunità nella quale

601

Page 602: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

vivono. Date queste premesse, non condividiamo il puntodi vista di alcuni (G. Leroux), i quali sostengono che la filo-sofia canadese sia una filosofia marginale. Tale afferma-zione, per quanto ci è dato capire, è da collegare al fattoche l’insegnamento di questa disciplina non è ancoraesteso alla scuola media superiore, come avviene inEuropa, bensí è specifico degli studi universitari, né i pro-grammi nazionali di ricerca sono incrementati e sollecitaticon concessioni di fondi, i quali invece sono impegnati lar-gamente per la ricerca scientifica e tecnologica. Nellaregione del Québec, però, l’insegnamento della filosofiaviene impartito anche nei colleges, che costituiscono il gra-dino di istruzione preuniversitario, mentre nelle altreregioni solo da qualche anno si sta portando avanti unalotta per far sí che la filosofia sia inserita come materia distudio nei programmi delle scuole superiori (F.Cunningham a Toronto s’è dato molto da fare a tal propo-sito). Stando ai dati raccolti nel corso delle nostre intervi-ste, possiamo affermare che tutti gli studiosi incontratihanno lamentato tale deficienza del sistema scolasticoauspicando per il futuro un maggiore coinvolgimento deigiovani in età scolare. E tale situazione non può esserenegata né sottovalutata. Non ci sentiamo di dare il nostroconsenso, però, se con l’affermazione di marginalità sivolesse intendere uno scarso impegno, poca professiona-lità, risultati miseri, poca serietà e nessuna originalità.

E dunque, è la filosofia canadese originale? Oppure: v’èuna filosofia canadese? Dopo quanto abbiamo sostenuto finqui, la nostra risposta non può che essere affermativa, senzacon questo voler rinchiudere la filosofia negli stretti confinidi uno sterile nazionalismo. Quando affermiamo che esiste

602

Page 603: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

una filosofia canadese non intendiamo ridurre un feno-meno culturale ad un movimento politico, che in quantotale è legato ad un tempo particolare e ad uno spazio benpreciso, per cui è difficilmente trasferibile ed adattabile adaltro tempo e ad altro luogo. È proprio per tale ragione cheVico, nell’enunciare la sua regola dei corsi e dei ricorsi sto-rici, sostiene che il ricorso non è mai la pura e sempliceripetizione di quanto già avvenuto in altre coordinate spa-zio-temporali, bensí nel ritorno di determinati elementi v’èpur sempre un elemento di novità: periodicamenteabbiamo un certo grado di rimbarbarimento (come so-stiene Collingwood), ma non esattamente nei modi e nelleforme del passato. Pertanto, l’andamento del processo sto-rico può essere definito non circolare, bensí a spirale, nelsenso che in ogni ritorno v’è sempre una minore o mag-giore dose di novità: e come potrebbe essere altrimenti vistoche mutano i luoghi, le situazioni, i tempi, e soprattutto gliuomini? Ed è questa variabilità della condizione umana chevogliamo sottolineare quando affermiamo la nazionalitàdella filosofia. Intendiamo sottolineare che, sia pure nellaloro comune umanità, gli uomini sono condizionati dal-l’ambiente socio-economico nel quale vivono ed operano,in modo da non poter essere uguali se non per la loronatura e non, invece, per i prodotti della loro attività siateoretica sia pratica. Certamente, non risponde alla nostraformazione culturale il voler sostenere il predominio del-l’elemento economico, ma è indubbio che l’uomo, cometutti gli altri animali, si deve adattare all’ambiente naturale,al quale sono legate una particolare attività lavorativa edun’attività commerciale a seconda della zona climatica,della ricchezza del sottosuolo, e cosí via. E siccome l’intelli-

603

Page 604: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

genza è innanzitutto saper trovare una soluzione alle diffi-coltà della vita ordinaria, è evidente che da come eglirisolve i problemi di sopravvivenza e di sussistenza, i pro-blemi di convivenza e di organizzazione politica dipendonola sua organizzazione mentale e culturale, ma anche vice-versa. Il nostro modo di pensare, cioè, a sua volta prepara lanostra azione nella sfera pratica: l’uomo è un binomio dinatura e spirito, nel quale è impossibile separare un ele-mento se non a scapito dell’altro. E in questo senso chel’uomo è un essere storico par excellence, è in questo sensoche la storia è sempre opera dell’individuale, in quantol’uomo si trova sempre ad operare in situazioni particolari,che richiedono azioni particolari.

Tali premesse portano alla conclusione che, dunque, ilcaso della filosofia canadese è una esemplificazione dellalegge delle circostanze: in un determinato contesto l’uomosi comporta in un particolare modo. Ciò significa che inCanada gli studiosi di filosofia non per questo smettono diessere uomini venuti qui da tutte le parti del mondo, dinutrire varie ed opposte tradizioni e convinzioni culturali epolitiche, di lottare per il rispetto delle libertà individuali,di credere nella e lottare per la salvaguardia dellaConfederazione. Naturalmente, come abbiamo messo inevidenza, tutta la loro attività culturale risente del fatto chequesto Paese è un crogiuolo di multiculturalismo e se dauna parte ciò significa che non si può delineare una scuoladi pensiero univoca, d’altro canto ne costituisce la partico-lare peculiarità. «In gran parte nella filosofia anglo-cana-dese – si legge in L. Armour-E.A. Trott, The Faces of Reason –la ragione è usata come un mezzo per esplorare le alterna-tive, per suggerire in che modo passare da un’idea all’altra.

604

Page 605: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Solo raramente essa è usata come un sostituto intellettivo alposto della forza [...]. In breve, c’è una specie di federali-smo filosofico in atto, una inclinazione naturale a capireperché il proprio vicino la pensa differentemente piuttostoche sforzarsi di trovare il modo di farlo apparire un idiota».Tuttavia, l’apertura verso l’altro non ha impedito attraversogli anni il sorgere e lo svilupparsi di un sentimento di comu-nione che ha portato i vari studiosi a condividere schemi emetodologie di lavoro: «Ciò significa che a mano a manoche la nostra cultura s’è sviluppata, v’è stato l’avvio ad unavisione comune o ad una comune metafisica, ad unacomune struttura e metodologia di pensiero – sono stategettate le fondamenta filosofiche della cultura canadese»,scrive E.A. Trott. Il primo territorio comune che ha costi-tuito un punto d’incontro di studiosi di varia provenienza èstata, come abbiamo sottolineato, la filosofia di Hegel. Sipotrà facilmente osservare, tuttavia, che la tradizione dell’i-dealismo non rappresenta affatto una novità, che è una tra-dizione filosofica che il Canada riprende in prestito dalVecchio Continente attraverso la mediazione dei primicolonizzatori scozzesi, e non basta. Si può anche aggiun-gere, infatti, che quasi tutti gli studiosi canadesi andavano acompletare la loro formazione filosofica in Gran Bretagna,o in Francia, o in Germania: come possiamo allora affer-mare una originalità da parte loro? Secondo la definizionedata piú sopra di che cosa sia da intendersi per genialità etalento, dobbiamo dedurre che gli studiosi canadesi sonobravissimi imitatori della tradizione di provenienza, manulla piú, perché non hanno in effetti aggiunto alcunché diveramente nuovo, che non esistesse in precedenza, al corpodi dottrine filosofiche prese in esame. Certo, anche nel sem-

605

Page 606: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

plificato linguaggio quotidiano, per originalità o genialitàintendiamo il produrre cose nuove e grandi, pensiamo adun Leonardo da Vinci, ad un Michelangelo, ad un Socrate.Ma ecco, per l’appunto: in campo filosofico se vogliamointendere il significato di originalità in tali termini, dob-biamo allora tener presente che solo un Socrate o unAristotele sono stati veramente originali, mentre tutticoloro che li hanno seguiti, anche se spesso di grande capa-cità e bravura, pensatori che hanno costruito sistemi divalore insostituibile, non sono stati originali.

F. H. Bradley parlando del suo capolavoro afferma: «Nonha in nessun modo pretesa di originalità; se il lettore tro-verà che su qualche punto è costretto a riflettere di piú, ionon avrò mancato, per quanto ho potuto, di essere origi-nale». In quest’ultimo significato di originalità, che franca-mente ci sembra piú condivisibile, la filosofia canadese nonsolo rientra nella categoria in quanto affronta gli eterniinterrogativi dell’uomo in maniera nuova, ma raggiungeanche risultati di grande rilievo. Il modo nuovo si ricon-nette proprio al diverso modo di porsi da parte di questi stu-diosi di fronte ai problemi che la vita di relazione ci ponedinanzi, e la cui soluzione non può essere delegata: non c’ènessuno che possa sostituirci in questo arduo compito, e glistudiosi canadesi lo sanno bene, probabilmente proprio perquell’impegno nel campo della filosofia applicata, che li hasempre visti profondamente coinvolti nella sfera sociale.

Abbiamo fatto notare che il contatto con la varia e mul-tiforme umanità, con la quale essi hanno da sempre convis-suto, li ha resi avvezzi alle differenze di tutti i tipi, nonché aquelle culturali: siamo convinti, anzi, che il contatto (sta-vamo per scrivere “contagio”, che abbiamo scartato soltanto

606

Page 607: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

per la connotazione poco rassicurante connessa con l’uso ditale termine nel campo medico) con la cultura europea,con la cultura ebraica, con la cultura indiana, con la culturacinese e quella giapponese, con quella russa, con quellaispanica, ed altre ancora, unite con le culture autoctone, haformato una ricca humus che ha dato vita alla varia produ-zione di opere scritte e di progetti di ricerca. L’umanità,secondo quanto Kant afferma, consiste nel sentimento disimpatia che ci accomuna agli altri rendendoci capaci dicomunicare con essi: «[...] umanità significa da un lato ilsentimento universale della simpatia e dall’altro la facoltà dipoter comunicare intimamente ed universalmente; dueproprietà che, prese insieme, costituiscono la socievolezzapropria dell’umanità per cui essa si differenzia dalla limita-tezza propria della vita animale». Kant non poteva saperedella comunicazione come fenomeno che appartieneanche alla vita animale, che è pur essa socievole, in quantobasata su determinate regole da rispettare da parte dell’in-dividuo e di un certo tipo di linguaggio. Tuttavia, l’essereumano è cosciente e riflessivo su tali fenomeni, che rego-lano la sua vita associata, la quale non potrebbe essere senzaquest’apertura verso l’altro. Fichte, quando parla del com-pito dell’uomo, sostiene ad un certo punto che l’uomo hail dovere di realizzare in se stesso l’armonia della ragionecon gli impulsi per mirare ad un altro e piú alto suo dovereche è di un continuo perfezionamento della società nellaquale vive: infatti, secondo lui, l’uomo ha “l’istinto sociale”;non vive per sé, bensí in relazione con gli altri. In tale con-cezione dell’uomo basata sull’impegno morale, proprio inquanto egli ha il compito di dispiegare liberamente la suarazionalità, la sua attività principale non è il conoscere, ma

607

Page 608: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

il fare. È indispensabile la conoscenza, ma questa non deveessere fine a se stessa: non l’attività teoretica, bensí il fare hala priorità in questa Weltanschauung.

Si potrà agevolmente affermare che questa è una ten-denza che appartiene agli studiosi di molti paesi, come gliU.S.A. e l’Australia, e persino da noi in Italia si sta divul-gando tale atteggiamento mentale: siamo nell’era della tec-nologia, la quale se da una parte ci rende la vita piú agevolee sicura, dall’altra ci pone di fronte a problemi di ordineetico sollevati dall’ingegneria genetica, o dall’eutanasia, odall’inquinamento dell’ambiente. Non possiamo negareche in parte ciò risponda a verità, perché di fatto v’è unacerta facciata esterna che sembra proprio identica tra que-sti paesi anglosassoni e bisogna anche tener presente chesia gli Stati Uniti sia il Canada furono originariamente rite-nuti una colonia britannica, persino culturalmente. Nelcorso degli anni, però, i due Paesi hanno sviluppato duemodi ben distinti di vedere il mondo, tanto che possiamoaffermare senz’altro che gli Stati Uniti hanno ereditato inpieno dalla Gran Bretagna l’imperialismo, per cui ognivolta che ne hanno la possibilità tentano di estendere il lorodominio con ogni mezzo. Il Canada, invece, pur avendofatto in passato qualche tentativo di ampliare i propri con-fini verso il Pacifico, tutto sommato ha successivamentepreferito adottare una politica di pacifica convivenza: è ilPaese che ha assunto sempre di piú il ruolo di mediatore trainteressi conflittuali tanto da essere ritenuto il paese sim-bolo della pace.

Al di là della facciata esterna, dunque, vi sono differenzesostanziali tra i due Paesi, differenze tali da giustificare l’am-missione da parte di numerosi studiosi conoscitori profondi

608

Page 609: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

delle due realtà di una American way of life e di contro di unaCanadian way of life. Il Canada, ad esempio, è stato sempreinfluenzato dalla cultura europea oltre che attraverso ilfilone della filosofia anglosassone, anche da quella francesee tedesca, ed inoltre dalla filosofia tomista, le quali tuttehanno contribuito a conferire alla cultura canadese trattipeculiari che l’hanno distinta in passato e, che ancora oggine percorrono i vari rivoli facendone un mondo a sé purnel panorama dell’America del Nord. A volte predomi-nante a volte meno, questo legame è stato un continuumdalle origini fino ai nostri giorni, mentre negli U.S.A. soloda qualche anno gli studiosi si sono aperti alla filosofiaeuropea organizzando scambi culturali, congressi (tra iquali ricordiamo il congresso dell’Associazione Americanadi fenomenologia, che si tiene ogni estate a Perugia),estendendo inviti a studiosi europei di rilievo (comeDerrida che è stato invitato alla Cornell University), stu-diando il pensiero di Heidegger, o di Habermas, o diFoucault. Ma noi siamo fortemente convinti che in taleatteggiamento essi siano stati influenzati dagli studiosicanadesi, che hanno queste frequentazioni da tempo, e chehanno sempre avuto scambi culturali con le università ame-ricane: vi sono continui spostamenti da parte di questiultimi, i quali si recano negli U.S.A. per compiere determi-nati studi di scienza della computerizzazione, o di filosofiadel linguaggio, o di semiotica, o per portare a termine pro-getti di ricerca con i loro colleghi americani, o come VisitingProfessors. Avviene anche il contrario, naturalmente, per cuistudiosi americani si recano in Canada per un certoperiodo di insegnamento o di ricerca per poi tornare nellerispettive università di provenienza: ciò dimostra che i con-

609

Page 610: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tatti sono intensi tra queste immense estensioni territorialidell’America del Nord e che non sono solamente degliultimi anni, in quanto risalgono alla fine del secolo scorso.

La questione dell’esistenza della filosofia canadese chestiamo cercando di chiarire non è connessa con uno sterilenazionalismo, che come tutti gli “ismi” è sempre qualcosa dideleterio: non è questione di comunanza di territorio, o dilingua, o di cultura, o di storia nazionale; è, invece, condi-visione degli stessi interessi comunitari, degli stessi ideali diumanità, degli stessi ideali di libertà, che hanno spintouomini in questi luoghi remoti e che ora li fanno viverel’uno a fianco dell’altro come “fratelli e sorelle” pur se pro-venienti da popolazioni che nei paesi d’origine combattonoguerre fratricide. Ed è questa, a nostro avviso, l’originalitàvera e strabiliante del Canada, che piuttosto che essere terradi nessuno, come succede da varie parti, è terra di tutticoloro che hanno il desiderio e la volontà effettiva dicostruire un domani migliore.

Dal volume a cura dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: RitaMelillo, Indagine su Ka-Kanata. Pluralismo filosofico. II, Pro Press Editrice,Monteforte Irpino, 1993.

610

Page 611: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

STATI UNITI

611

Page 612: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

612

Page 613: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

È significativo il fatto che le prime presenze di docenti americaniai seminari dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici siano statequelle di studiosi ben radicati in prestigiose università statunitensi,ma europei di nascita e di formazione: Paul Oskar Kristeller dellaColumbia University, René Wellek della Yale University, GustavoCosta dell’Università della California a Berkeley. Con la loro pre-senza nelle sale di Viale Calascione si è iniziato un lungo camminodi scambi nel segno dell’umanesimo, cammino che è stato puntual-mente ricostruito nel saggio L’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici - patrimonio dell’umanità dal professor Dante dellaTerza della Harvard University, che ogni anno contribuisce alladidattica di alta formazione dell’Istituto in letteratura italiana.

A John A. Davis, detentore della Noether-Pasca Chair allaUniversity of Connecticut, si deve una costante opera di diffusionedei risultati della storiografia italiana negli U.S.A. attraverso il«Journal of Modern Italian Studies» patrocinato dall’Istituto, chepubblica tre fascicoli ogni anno. Un importante momento di incon-tro tra la storiografia americana e quella italiana sulla Secondaguerra mondiale fu il convegno «Italy and America 1943-44»promosso dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e svoltosiall’Università del Connecticut nell’aprile 1995, i cui atti sono statipubblicati a cura di John Davis nella collana editoriale dell’Istituto“Il pensiero e la storia”.

613

Page 614: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Irving Lavin dell’Istitute for Advanced Study di Princeton con-tribuisce con costanza da molti anni ai seminari di storia dell’artenel corso dei quali ha presentato ai borsisti dell’Istituto i risultatidelle sue ricerche su Caravaggio e Georges de La Tour, sull’artedella commemorazione nel Rinascimento, su Erwin Panofsky.

Sull’Istituto il professor Lavin ha scritto: «Forte di un’esperienzaaccademica che ormai data circa quarant’anni, posso affermare chel’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, per quanto io sappia, ècosa unica, non paragonabile a nessun’altra iniziativa apparente-mente analoga nel mondo. Andando a Oxford, a Londra, a Parigi,negli Stati Uniti, difficilmente si avrà la possibilità di incontrare,in un solo anno accademico,un insieme di docenti delle varie disci-pline – filosofiche, artistiche, storiche, scientifiche – di pari livello.L’Istituto è come un’università, ma non esiste in alcun luogo unasola università che possa vantare un tale corpo docenti. L’Institutefor Advanced Study, in cui lavoro, è famoso per aver accoltoEinstein al suo arrivo in America negli anni Trenta: fu voluto inun certo senso per lui, intorno a lui crebbe. L’Istituto di Princeton èun centro di ricerca interdisciplinare (altri istituti, simili al nostro,sono poi stati fondati in varie parti del mondo); come l’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici di Napoli, siamo indipendenti e irapporti, pur intensi, con l’Università non sono ufficiali. Abbiamoun certo numero di professori fissi e un buon contingente di borsistiche si trattengono presso di noi (da una settimana ad un anno) persvolgere attività di ricerca. A Princeton non ha luogo però alcunaattività didattica, il che ci differenzia dall’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici che, unico nel suo genere, offre numerosi e regolaricorsi tenuti da docenti di fama internazionale, che vi si recano adesporre i risultati delle loro ricerche».

614

Page 615: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Pragmatismo americanoe metafisica hegeliana

ROBERT B. BRANDOM

Università di Pittsburgh

Ciascuno dei membri del grande triumvirato del prag-matismo americano classico è stato influenzato profonda-mente da Hegel. L’attento studio della Logica di Hegel daparte di Charles Peirce è ad esempio manifesto nella suametafisica matura della «Primità», «Secondità» e «Terzità»;la lettura della Fenomenologia è manifesta invece nella suadottrina dell’amore evolutivo. William James, sebbene nonfosse egli stesso lettore di Hegel, diede forma al suo pen-siero in non piccola parte attraverso il confronto continuocon l’hegelismo del suo collega e amico Josiah Royce. JohnDewey cominciò la sua carriera filosofica come un hege-liano dichiarato e, pur rompendo con ciò che egli individuòcome l’intellettualismo di Hegel, mantenne e adattò diversielementi del pensiero di Hegel durante tutta la sua carriera.

Il pragmatismo classico prende da Hegel diversi dei suoiprincípi centrali e orientanti. Fondamentale tra di essi è ilprimato della dimensione pratica, il primato dell’agire sulgiudicare nella comprensione delle nostre capacità razio-nali. «La Ragione», come Hegel sostiene nella Prefazionealla Fenomenologia dello Spirito, «è l’operare conforme a unfine». I pragmatisti seguono Hegel nel trarre la conclusioneche i dualismi intellettuali consolidati – paradigmatica-mente l’opposizione cartesiana di soggetto e oggetto e l’op-

615

Page 616: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

posizione kantiana di descrizione e prescrizione – debbanoessere superati mettendo a fuoco i processi dinamici con-creti attraverso cui creature sociali e corporee trasformanol’ambiente e ne sono trasformate. Di conseguenza, i prag-matisti seguono Hegel nell’intendere i concetti a partire dalmodo in cui si sviluppano attraverso la loro applicazionenella pratica, piuttosto che nei termini del loro contenutorappresentazionale. Con Hegel, i pragmatisti traggono con-clusioni olistiche da questo modo di pensare: le diversecapacità che costituiscono la nostra vita pratica e cognitivasono intelligibili solo assieme alle altre capacità con cuicooperano, quindi in rapporto al ruolo che svolgono e alcontributo che apportano all’interno del nostro funziona-mento complessivo.

I pragmatisti ritennero anche di operare una rottura conHegel sotto aspetti caratteristici. Essi erano risolutamentenaturalisti: erano profondamente influenzati dalla teoria diDarwin dell’evoluzione biologica e dai progressi nella teoriastatistica, ed erano determinati ad applicare questi modi dipensiero alla comprensione dello sviluppo delle abilità pra-tiche individuali, seguendo vie che avrebbero trovato il loroculmine all’inizio del ventesimo secolo negli approcci dipsicologia dell’apprendimento. Essi misero a punto unacomprensione strumentalista della razionalità, trattando ilragionamento mezzi-fini come il modello stesso del pen-siero, in un modo che sarebbe culminato alla fine del ven-tesimo secolo nei modelli della scelta razionale nella teoriadelle decisioni e nell’economia. Essi si fecero sostenitori diuno spirito sperimentale, fallibilista, che enfatizza la naturatemporale, parziale e contestuale della padronanza cheogni particolare concetto o metodo fornisce.

616

Page 617: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Di conseguenza i pragmatisti rigettarono il razionalismodi Hegel, il ruolo centrale che egli accordava alla razionalitàespressiva, consistente nel rendere esplicito come principiociò che è implicito nella pratica; rifiutarono l’aspirazione diHegel a una teoria filosofica sistematica, comprensiva emetafisica, e respinsero la finalità che quest’ultimo attri-buiva alla sua Logica. Per ragioni solo parzialmente coinci-denti, ma in modo non meno veemente di quanto Moore eRussell stavano facendo in Inghilterra, i pragmatisti ameri-cani si distanziarono e definirono se stessi per opposizionealla tradizione hegeliana che ereditavano.

Dal mio punto di vista questa risposta, sebbene storica-mente intelligibile, comportava significativi elementi diincomprensione e rappresentava una reazione spropositata.Penso che oggi l’aspetto piú vivo e utile del pragmatismo siail modo in cui esso conferisce una priorità esplicativa alknow how sul know that; la sua insistenza su come la nostraattribuzione di contenuto a enunciati e credenze possa essereresa intelligibile soltanto dal nostro uso degli enunciati e dalruolo che le nostre credenze svolgono nell’organizzazionedelle nostre attività pratiche – affermazioni che Hegel con-dividerebbe, per come la vedo io. Nelle circostanze storichemutate in cui ci troviamo a vivere non penso che sia invecepiú percorribile la strategia pragmatista di comprendere sulmodello del ragionamento mezzi-fini le norme che ar-ticolano questi ruoli funzionali. I pragmatisti, al pari diNietzsche e del tardo Wittgenstein, si preoccupavano dienfatizzare la continuità tra noi e i nostri antenati mammi-feri e ominidi, e di conseguenza rigettavano ciò che a mepare essere l’intuizione fondamentale del razionalismo diHegel, e cioè il modo peculiare con cui pratiche sociali dis-

617

Page 618: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

corsive – perché sono articolate da relazioni di giustifica-zione e di evidenza e prendono la forma del dare e delchiedere ragioni – trasformano creature meramente naturaliin creature specificamente culturali, esseri la cui storia svolgeora il ruolo che la natura svolge per gli esseri non-discorsivi.

I pragmatisti, con la loro attenzione per il problem-solvingprospettico, tendevano a perdere di vista l’idea di Hegel percui è attraverso la ricostruzione retrospettiva e razionaledella tradizione che ereditiamo – una ricostruzione chedistingue alcuni elementi come progressivi – che noi ci met-tiamo nella posizione di trasformare quella tradizione. Lalogica di Hegel doveva appunto fornirci gli strumenti percomprendere quel processo, cosicché fossimo capaci diprendervi parte in modo autoconsapevole. Il rigetto daparte dei pragmatisti di questa idea del ruolo espressivodella logica prese la forma di un rifiuto di una teoria filoso-fica sistematica e ambiziosa. Penso che si sia trattato di unerrore.

Da Wittgenstein abbiamo appreso che la comprensionedi noi stessi richiede la comprensione del tipo di normativitàpropria delle pratiche discorsive. Questa è una riscoperta diuna problematica kantiana centrale anche per il pensiero diHegel. Una delle idee principali di Kant è che ciò chedistingue i nostri giudizi e le nostre azioni dalle risposte dicreature meramente naturali è il fatto che essi sono coseper cui noi siamo, in un senso caratteristico, responsabili. Taligiudizi ed azioni esprimono impegni, soggetti a valutazionecome corretti o scorretti, riusciti o falliti. Quando decidoche ciò che sto guardando è una volpe, o che insegnerò aun bambino un gioco, io vincolo me stesso per mezzo diregole, implicite nei concetti di volpe e di gioco. Sono queste

618

Page 619: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

regole a determinare ciò di cui sono responsabile e ciò neicui confronti mi sono reso responsabile, ciò che quindi sta-bilisce se le cose stanno come io intendo o affermo chestiano. La questione posta da Kant, allora, è che cosa signi-fica per noi vincolarci in questo modo, renderci responsa-bili, assumere impegni. Hegel non è rimasto soddisfatto dalmodo in cui Kant ha spostato la risposta a questa domandadal mondo fenomenico dell’esperienza al regno noume-nico che vi sta dietro o oltre. Per Hegel gli stati normativi,quali l’impegno e la responsabilità, sono sempre statisociali, istituiti dalle nostre pratiche, allo stesso modo dimatrimoni e mutui. Per una molteplicità di ragioni storichecontingenti il problema della comprensione della normati-vità concettuale non si è piú trovato sul radar dei filosofifino a che il tardo Wittgenstein, continuando una linea dipensiero che si trova già in Frege, lo fece rivivere come unaquestione di importanza centrale per noi. Forse noiabbiamo ora orecchie per intendere ciò che Hegel ci stavadicendo a questo proposito.

Le correnti naturaliste e storiciste del pensiero filosoficoche culminarono nel pragmatismo classico vennero turbatee deviate quando Russell e Husserl, ciascuno in un suomodo caratteristico, descrissero temi – rispettivamente lestrutture della logica e della coscienza – che i filosofipotevano immaginare di studiare a priori, scoprendo veritànecessarie intorno ad essi. Entrambe le tradizioni impiega-rono gran parte del secolo per potersi liberare dalla sorta diatomismo fondazionalista che ne risultò. In filosofia anali-tica, gli argomenti pragmatisti di Quine, Sellars e Davidsoncondussero a un tipo di olismo concettuale, e il lavoro diKuhn in filosofia della scienza condusse all’apprezzamento

619

Page 620: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

del carattere essenzialmente storico dei concetti. Nella tra-dizione continentale, la seminale invocazione della di-mensione sociale da parte dello Heidegger di Sein und Zeitsvolse un ruolo corrispondente a quello degli scritti diDewey della stessa decade. Per entrambe le tradizioni, dinuovo in base alle loro proprie ragioni e in un modo carat-teristico, il linguaggio si impose come lo spazio distintivo en-tro il quale gli esseri umani vivono e si muovono e hanno laloro esistenza. Anche questa enfasi costituiva un recuperodella visione hegeliana per cui «il linguaggio è l’essercidello spirito (Geist)» – laddove «Geist» è il termine hege-liano per la dimensione normativa della nostra attività, quel-la dimensione che ci solleva al di sopra del meramentenaturale.

In tal modo, con grandi difficoltà e molti passi falsi lungoil cammino, ma anche con molti apporti nuovi e promet-tenti da parte di entrambe le tradizioni, abbiamo tracciatola nostra via di ritorno alle preoccupazioni filosofiche cen-trali del pensiero di Hegel.

La storia della filosofia avrebbe un volto molto diverso segià alla metà del diciannovesimo secolo avessimo iniziato adelaborare le conseguenze di queste idee: ma, come Leibnizdisse e come Hegel pensava della filosofia, «niente si dàsenza ragione» e non è mai troppo tardi per avanzarefacendo qualcosa di nuovo con una vecchia idea.

Dall’intervista a cura di Italo Testa pubblicata nel fascicolo n. 34(2001) di «Iride. Filosofia e discussione pubblica», rivista promossadall’Istituto Gramsci Toscano e dall’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici.

620

Page 621: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficigrande centro culturale europeo

JOHN A. DAVIS

Università del Connecticut

In un periodo in cui gli sforzi per promuovere e svilup-pare nuove forme di collaborazione culturale e scientifica sisono moltiplicati in tutt’Europa, il contributo dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici e del suo Presidente, l’avv.Gerardo Marotta, presenta un rilievo del tutto particolare.Com’è stato di frequente sottolineato da chi conosce beneNapoli e la sua storia, il ruolo dell’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici come disseminatore d’innovazione e pro-motore di scambi culturali ha radici profonde in un’anticatradizione di pensiero filosofico. Durante il diciottesimosecolo – ma questo è soltanto uno dei tanti momenti dellacreatività intellettuale napoletana – l’interesse etico emorale della ricerca filosofica napoletana si focalizzò suiproblemi pratici di una riforma dello Stato e di unamigliore organizzazione della società civile. Fu questo chediede all’Illuminismo napoletano la sua connotazione prag-matica nell’ambito della piú ampia “Repubblica delleLettere” europea della seconda metà del diciottesimosecolo, rendendo possibile quel collegamento tra i nuovicampi della ricerca economica e storica con le piú antichetradizioni – filosofica e giuridica – grazie al quale sarebbestato possibile conseguire ciò che stava a cuore agli uominidel tempo: plasmare e dirigere la cosa pubblica.

621

Page 622: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nel diciannovesimo secolo, animata da tale duplice inte-resse per il pensiero filosofico e per l’azione, l’intellighen-zia meridionale si applicò ad una riflessione critica sullanatura e il ruolo del nuovo Stato che stava per emergerecon il Risorgimento. In nessun’altra parte d’Italia la con-vergenza degli antichi Stati nello Stato unitario («l’Italiamoderna, la nostra Italia» per ricordare le parole diBenedetto Croce) fu salutata in maniera cosí calorosa.L’impegno degli intellettuali meridionali (fortificati dall’in-contro con le idee di Hegel) per dare una fisionomia eticae morale allo Stato fece sí che essi svolgessero un ruolo ditutto rilievo nella formazione culturale del nuovo Stato,come riconoscono anche i loro critici piú severi. Dopo laseconda guerra mondiale, quando Benedetto Croce fondòa Napoli l’Istituto Italiano per gli Studi Storici, egli si rifecedel tutto naturalmente a quella tradizione, con lo scopo –tutt’altro che facile – di rinnovare il clima culturaledell’Italia postbellica.

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, fondato a metàdegli anni ’70 dall’avv. Gerardo Marotta, s’innesta in quellatradizione, essendo ispirato allo stesso senso d’impegnomorale e civico. L’Istituto rispecchia, inoltre, un’altra tradi-zione culturale da tempo operante a Napoli: quella delleassociazioni e delle iniziative culturali informali e indipen-denti, promosse da singoli cittadini. Una tradizione che hapochi riscontri altrove in Europa. Infatti, anche se esistononell’Europa d’oggi numerose istituzioni e fondazioni cultu-rali private, esse – quasi senza eccezione – sono indirizzatea promuovere e sviluppare specifici e singoli aspetti setto-riali della ricerca scientifica o dell’attività culturale. Ciò cheha fatto e che continua a fare dell’Istituto Italiano per gli

622

Page 623: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Studi Filosofici di Napoli un’istituzione unica e insostitui-bile non è soltanto la sua tendenza ad abbracciare pratica-mente ogni campo di ricerca – dalle scienze naturali allediscipline umanistiche, alle scienze sociali – ma, specifica-mente, la sua interpretazione ecumenica e pragmatica dellafilosofia. La quale è anch’essa un’eredità della tradizionefilosofica e storica napoletana, per cui filosofia, educazionee formazione del costume sono il necessario alimento dellarazionalità degli Stati.

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha deciso dispezzare le barriere che rischiano di confinare studiosi eallievi in recinti separati di ricerca specialistica e tecnica,senza possibilità di comunicazione reciproca. La promo-zione della comunicazione fra campi differenti della ricercae del sapere, tra studiosi e studenti di differenti settori e condifferenti retroterra culturali – come pure quella tra stu-diosi, ricercatori, insegnanti e studenti – è sempre stato unodei princípi-guida dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici, la cui sorprendente e forse ineguagliata varietàd’iniziative e attività è fondata sulla convinzione che ricercae insegnamento sono inseparabili.

Come risultato, l’Istituto offre qualcosa che nessun’altraistituzione europea ha mai realmente tentato di offrire: unluogo in cui studiosi europei e non europei con differentiretroterra culturali possano incontrarsi per scambiare ideee progetti, dove gli europei riscoprono il loro patrimonioculturale comune, ma anche le loro differenze, dove i con-fini tra le scienze naturali e quelle umane possono essereindagati e ridisegnati, dove le aree di rispetto che separanogli specialisti dal pubblico generico possono essere ridotte,e dove studenti di ogni parte del mondo possono frequen-

623

Page 624: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tare brevi corsi specialistici o partecipare a programmi arti-colati di ricerca e di formazione.

Le attività e le iniziative dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici devono essere perciò considerate un comple-mento di valore incalcolabile a ciò che le diverse universitàeuropee offrono a studenti, docenti e ricercatori. Piuttostoche duplicare ciò che è già disponibile all’interno delsistema universitario, l’Istituto offre la possibilità di esplo-rare nuove idee e settori, favorendo una riflessione critica euno scambio in un contesto libero da costrizioni istituzio-nali e pratiche, come quelle che necessariamente condizio-nano la formazione e la ricerca all’interno delle università.

La relazione è complementare anche nel senso chel’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è in grado di soddi-sfare esigenze che difficilmente trovano riscontro nei pianidi studio dell’università contemporanea. La struttura e l’au-tonomia dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici fanno síche esso risponda con rapidità ed efficienza a nuove pro-poste, offrendo valide opportunità per l’attivazione di nuoviprogetti di ricerca, senza i ritardi che nelle università, inevi-tabilmente, accompagnano la distribuzione dei fondi diricerca e l’assegnazione delle risorse. Nello stesso tempo,l’Istituto si caratterizza per la sua capacità di raggiungereagilmente sia un pubblico vasto ed eterogeneo, sia il mondodella scuola: il che, ancora una volta, è estremamente diffi-cile per le università, gravate da mille problemi di ordinepratico. Nel far questo, l’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici trasmette con forza un importante messaggio, chealtrimenti nessuno udrebbe piú, soffocato nel frastuono delmondo contemporaneo: la formazione e la ricerca hannoun valore che trascende la pura e semplice acquisizione di

624

Page 625: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

qualifiche e titoli, i quali sono ben poca cosa, se chi se nefregia non è guidato dal senso di un forte impegno e da unprogetto di crescita civile.

L’impegno può essere interpretato e sviluppato varia-mente, ma ciò che distingue quello dell’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici è l’idea che solo attraverso la riscopertacritica e il ripensamento delle molte e varie eredità culturalieuropee (anche in relazione con il mondo non europeo,oltre che entro i confini dell’Europa) è possibile gettare lebasi per la costruzione di una cultura nuova e dinamica,senza la quale il progetto europeo rischia di essere poco piúche un involucro burocratico. Tale impegno è testimoniatoanche dal sostegno dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici alle iniziative per lo sviluppo di una miglioreconoscenza della storia europea contemporanea presso glistudenti italiani, europei e – negli ultimi tempi, in misuracrescente – anche fra quelli non europei.

I miei contatti con l’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici risalgono alla metà degli anni Ottanta, quandol’Istituto promosse una serie di seminari di storia econo-mica per giovani laureati, che con cadenza annuale si tene-vano presso l’Università di Warwick. Questo progetto s’in-seriva logicamente nella tradizione napoletana del pensieroeconomico che risale ad Antonio Genovesi, e fu fortementevoluto da Luigi De Rosa, il quale, insieme con Peter Mathias(che a quel tempo ricopriva la Chichele Chair di storia eco-nomica all’Università di Oxford), svolse un ruolo attivo neiseminari di storia economica di Warwick.

L’iniziativa è esemplificativa, per molti aspetti, dellacapacità unica dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici disvolgere un ruolo come di catalizzatore di scambi culturali,

625

Page 626: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

il cui valore si estende nel tempo ben oltre l’occasioneimmediata. Ciascun seminario faceva perno su un tema spe-cifico o su un nucleo di argomenti di attualità in merito allastoria economica ed europea. Vi presero parte specialistiprovenienti da molti paesi europei, che, facendo vita incomune, ebbero modo d’incontrarsi e scambiare le lorovedute. In particolare, questo modello di vita comunitariaforniva ogni anno, a circa trenta giovani laureati in storiaeconomica, l’opportunità d’incontrarsi con esperti di puntadel loro ambito di studi e – fatto forse di non minore impor-tanza – di conoscersi l’uno con l’altro. Molti di coloro che,tra il 1986 e il 1991, parteciparono ai seminari di storia eco-nomica di Warwick ricoprono oggi posti d’insegnamento ericerca in importanti università italiane. Le relazioni tenuteai seminari annuali sono state raccolte in un collana in cin-que volumi intitolata “The Nature of Industrialization”(Oxford, Basil Blackwell, 1989 e ss.), pubblicata per inizia-tiva dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Il modellodi scuola residenziale estiva di alta formazione – sperimen-tato per la prima volta a Warwick – è stato poi replicato innumerose altre università europee, con il sostegnodell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

Di recente l’Istituto di Napoli ha cominciato a sostenere– in misura crescente, e con un contributo critico di pri-m’ordine – una serie di progetti editoriali e di ricerca, inter-nazionale e comparativa, per la promozione di una migliorecomprensione della storia europea negli Stati Uniti. Nel1995, in collaborazione con l’University of Connecticut econ il National Endowment for the Humanities, l’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici è stato co-organizzatoredell’importante convegno internazionale svoltosi alla

626

Page 627: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

University of Connecticut sulle relazioni fra America e Italiameridionale dopo la caduta del fascismo e ha generosa-mente reso possibile la pubblicazione delle relazioni pre-sentate al Convegno (Italy and America 1943-44, Napoli,Città del Sole, 1997). In seguito, l’Istituto ha offerto il pro-prio sostegno ad un altro importante progetto di ricercaeuropeo-americano sulle “Identità mediterranee”, direttodal prof. Tony Molho della Brown University e dal prof.Aldo Schiavone dell’Università di Venezia. Il suo sostegno al«Journal of Modern Italian Studies», la prima rivista specia-listica di lingua inglese dedicata alla promozione, a livellointernazionale, della conoscenza e dello studio della storia,della politica e della cultura italiane, costituisce un’ulte-riore testimonianza dell’impegno dell’Istituto di Napoli nelpromuovere studi comparati e nell’incoraggiare una piústretta interazione fra i membri della comunità scientificainternazionale.

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è anche coorga-nizzatore di un convegno internazionale dedicato al tema“The Neapolitan Revolution of 1799 and Europe” pressol’Università di Oxford. Questo convegno di tre giorni (orga-nizzato da prof. John Robertson e dal sottoscritto) è la conti-nuazione di quello tenuto in occasione del Bicentenariodella Rivoluzione Napoletana del 1799 (“La RivoluzioneNapoletana del 1799 tra storia e memoria”) svoltosi a Napolidal 21 al 24 gennaio 1999, che l’Istituto ha affidato alla curascientifica di Anna Maria Rao dell’Università di Napoli«Federico II». Il nuovo convegno costituisce un’importanteoccasione per dare un significato agli eventi che ebberoluogo a Napoli alla fine del “triennio giacobino italiano” inrelazione al piú ampio contesto delle vicende europee.

627

Page 628: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La grande varietà delle iniziative culturali dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici corrisponde a un impegnotutt’altro che modesto. Non è un paradosso che la sua mis-sione abbia messo radici nel terreno fertile di una città chepuò a giusto titolo vantarsi di esser stata uno dei grandi cen-tri culturali d’Europa: l’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici, non a caso, è un’istituzione culturale essenzial-mente europea, le cui porte sono aperte a chiunque vogliavarcarne la soglia. Questa sua caratteristica è stata ampia-mente riconosciuta nelle principali sedi della formazione edella ricerca, in Europa e altrove. Ma se l’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici s’innesta nel tronco di una tradizionespecificamente napoletana, quella della filosofia applicata,la sua realizzazione non sarebbe stata possibile senza l’e-nergia, il sacrificio e la determinazione personali dell’avv.Gerardo Marotta e del piccolo gruppo di leali volontari chehanno lavorato con lui.

Durante il convegno svoltosi a Napoli in occasione delBicentenario della Rivoluzione Napoletana del 1799 – i cuifini e i cui valori compendiano quelli dell’Istituto – l’avv.Marotta definí se stesso l’«ultimo giacobino». Questo ter-mine coglie indubbiamente l’inflessibile impegno moraleche ispira il Presidente e fondatore dell’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici, ma non dev’essere frainteso. La perso-nalità e l’umanità di questo giacobino ricordano, infatti,quelle dei patrioti napoletani del 1799 che egli tantoammira: uomini e donne che, dediti all’idea di progresso,condividevano un profondo rispetto per l’umanità, crede-vano soprattutto nel potere della ragione, della compren-sione e del dibattito, piuttosto che in quello della forza, eche preferirono morire come vittime piuttosto che farsi

628

Page 629: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

promotori di violenza. Questi sono i valori che ispirano ilfondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici diNapoli e che costituiscono un riferimento esemplare perquelli fra noi che condividono l’impegno a costruirel’Europa del futuro.

629

Page 630: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Problemi epistemologicidella psicoanalisi

ADOLF GRÜNBAUM

Università della Pennsylvania

Come è ben noto, nella sua teoria dalla rimozione (delconflitto psichico) Freud affermò l’esistenza di un mecca-nismo repressivo che bandisce i pensieri dalla coscienza, onega ad essi l’ingresso nella consapevolezza. Ma è ancorapiú importante il fatto che la sua teoria asserisce che larimozione svolge un ruolo cruciale nella genesi della psico-patologia, nella produzione di sogni e nel generare lapsus,atti mancati. Come ci ha detto Freud, queste tre ipotesi sullapsicopatologia, sulla formazione dei sogni e sulla genesi diatti mancati sono le “pietre angolari” della sua intera costru-zione teorica.

Anche se gli psicoanalisti postfreudiani e neo-freudianihanno modificato i particolari di queste pietre angolari, edanche della terapia che Freud fondava su di esse, tutte que-ste versioni piú tarde della psicoanalisi, come la formula-zione originaria di Freud, sono in ugual modo affrontate dame per dimostrare che non c’è uno stringente supporto diprove per esse.

Quest’approccio è esposto nel mio libro The Foundation ofPsychoanalysis: A Philological Critique. Ho inoltre ulterior-mente sviluppato queste posizioni nelle Risposte dell’Autorepubblicate nella rivista «Behavioral and Brain Sciences» acirca quaranta commenti al libro presentati da un gruppo

630

Page 631: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

internazionale di critici, inclusi psicoanalisti, oppositoridella psicoanalisi e studiosi piú neutrali.

Basandomi su queste pubblicazioni, nel corso delseminario da me svolto all’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici sull’epistemologia della psicoanalisi, ho trattoargomenti che portano alle seguenti conclusioni: fino adoggi, né le prove cliniche, ottenute dall’interazione framedico e paziente durante il trattamento psicoanalitico, néle prove extracliniche, ottenute da esperimenti e altri studi,hanno fornito un supporto significativo alle tre pietre ango-lari dell’edificio freudiano. E, come ho sottolineato, si giun-gerebbe a questa conclusione anche se le risposte clinichedel paziente all’analista potessero essere prese per buone,come se non fossero contaminate dalla suggestiva influenzadel medico sul paziente, un’influenza che dispone ilpaziente ad accondiscendere alle aspettative teoriche delsuo psicoanalista.

Nella mia dimostrazione della povertà del supporto extraclinico alla teoria psicoanalitica, ho focalizzato osservazioniriferite alla teoria freudiana della paranoia e della teoria deisogni. Ma nel mio esame delle prove cliniche, a cui gli psi-coanalisti si riferiscono per sostenere le loro ipotesi sullanatura umana e sulla terapia, ho analizzato con attenzionecriticamente il fondamentale metodo psicoanalitico d’inda-gine mediante le libere associazioni.

A partire da Freud, i principali psicoanalisti hanno man-tenuto fermo che questo metodo ha la capacità di stabilirele pretese cause inconsce dei disordini del paziente e deisuoi problemi emotivi, e inoltre che esso può servire gliscopi terapeutici del trattamento mettendo il paziente ingrado di “elaborare” queste pretese cause inconsce.

631

Page 632: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Ho argomentato nei particolari che gli psicoanalisti nonhanno addotto prove stringenti per attribuire queste grandicapacità al loro metodo di libera associazione. Inoltre homostrato perché una tale sfavorevole conclusione si applicaalla pretesa freudiana che la libera associazione può stabi-lire i desideri infantili repressi come causa della produzionedei sogni e fondare gli inconsci motivi di “dispiacere” comegeneratori di atti mancati.

Le mie conclusioni non affermano la falsità di tutte leipotesi fondamentali di Freud, ma lasciano aperto che laricerca futura, molto meglio di quella passata, potrà forserivendicare qualcuna di esse o portare a loro utili modifica-zioni.

Nonostante l’attacco di Popper alla psicoanalisi comemetafisica non provabile (“infalsificabile”) sia ampiamentenota, solo nel 1983 egli ha pubblicato la sua prima criticaparticolareggiata del «metodo con cui Freud affrontòistanze falsificanti e suggestioni critiche». Pertanto, nelleulteriori sedute del seminario, ho esaminato le affermazionidi Popper nel Postscriptum del 1983 a Realismo e scopo dellascienza. In opposizione a Popper, ho adottato numerosiesempi di importanti ipotesi psicoanalitiche che sono veri-ficabili empiricamente e che sono “falsificabili” nel sensoche tali test potrebbero fornire risultati incompatibili conparticolari ipotesi psicoanalitiche. Contro Popper e i suoiseguaci ho mostrato che questa falsificabilità empiri-camente dimostrata non risente del fatto che Freud o altripsicoanalisti ammettono che le loro ipotesi sono confutate seconfrontate con prove contrarie. Difendendo cosí la psi-coanalisi dalle accuse popperiane di non falsificabilità, hodimostrato che Popper in fondo ha diagnosticato male i

632

Page 633: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

veri difetti epistemologici presenti nella teoria freudiana.Questi difetti sono troppo sottili per essere identificati sullabase dei requisiti di falsificabilità di Popper. Di contro, la va-lutazione delle prove da me addotte mi sembra abbia messoin evidenza le serie debolezze del metodo psicoanaliticodella libera associazione come metodo per stabilire le causedelle neurosi, dei sogni e degli atti mancati.

633

Page 634: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

634

Page 635: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

AMERICA LATINA

635

Page 636: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

636

Page 637: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’occultamento dell’ “Altro”

ENRIQUE DUSSEL

Università di Città del Messico

Per il 1492 si usa a volte l’eufemismo dell’“incontro” didue mondi, di due culture – quello che le classi dominanticreole e meticce latinoamericane oggi sono le prime a pro-porre. Questa figura cerca di elaborare un mito: quello delnuovo mondo come cultura costruita dall’armoniosaunione di due mondi e di due culture, europea e indigena.Sono i figli “bianchi” o “creoli” (o dell’“anima bianca”) diCortés (della sposa spagnola), o i figli di Malinche (imeticci) che sono ancora oggi al potere, a mantenere invita questo mito. Parlare di “incontro” è un eufemismo– “Grande Parola” direbbe Rorty – perché occulta laviolenza e la distruzione del mondo dell’Altro e dell’altracultura. Fu uno schock, ed uno schock devastante, genocida,distruttore in senso assoluto del mondo indigeno.Nascerà, nonostante tutto, una nuova cultura, sincreticaed ibrida, il cui protagonista sarà di razza meticcia; lungidall’essere frutto di un’alleanza o di un processo culturaledi sintesi, essa sarà l’effetto di una dominazione o di untrauma originario (che, come espressione della stessa vitacomporterà un’ambigua creazione). È necessario conser-vare la memoria della vittima innocente (la donna india,l’uomo dominato, la cultura autoctona) per poter riscat-tare in modo liberatorio il meticcio e la nuova culturalatino-americana.

637

Page 638: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il concetto di “incontro” è una copertura perché si defi-nisce nascondendo il dominio dell” “io” europeo, del suo“mondo”, sul “mondo dell’Altro”, dell’indio.

Non poteva dunque trattarsi di un “incontro” tra dueculture – di una “comunità in dialogo” i cui membri fosserorispettati come persone uguali –, ma si trattava di una rela-zione asimmetrica, dove il “mondo dell’Altro” restavaescluso da ogni possibile razionalità e valore religioso. Ineffetti tale esclusione viene giustificata attraverso un’argo-mentazione che vuol essere teologica: si tratta della supe-riorità – cosciente o incoscia – della “Cristianità” sulle reli-gioni indigene.

Quindi, nessun “incontro” si poté realizzare proprio peril totale disprezzo dei riti, degli dèi, dei miti e delle cre-denze indigene; tutto fu cancellato per raggiungere unasituazione di tabula rasa. Nel chiaroscuro delle pratichequotidiane, si dava inizio ad una religione sincretica, che lapiú pura Inquisizione (quando apparve) non poté evitare;ma questa non fu certo l’intenzione dei missionari, né deglieuropei, bensí il prodotto della creatività popolare.

Non possiamo quindi permettere che le élites dominantiin America Latina e in Spagna continuino a parlare di“incontro” di due mondi o culture. Un’espressione contra-ria a questa posizione si trova nel grande scrittore colom-biano Germán Arciniegas, di cui ricordo ancora con pia-cere l’incontro nel 1964 a Parigi. Egli scrive: «L’America èl’unico continente del quale sappiamo la data esatta di ini-zio, l’unico formatosi con la partecipazione universale.Nacque per essere altra cosa. L’hanno creata migliaia,milioni di europei immigrati, venuti a costruire la propriacasa su una terra che offriva possibilità mai prima cono-

638

Page 639: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sciute. Essi hanno unito il loro sforzo creatore a quello degliindios, illusi dalla Repubblica, e degli africani, che venneroa conquistare qui l’emancipazione che non avevano otte-nuto nella propria terra d’origine, sottomessi a quelli delloro stesso sangue». Il 1492, dunque, in primo luogo, segnal’“inizio” dell’America Latina: agli indigeni, con le lorosplendide culture, non viene riconosciuto alcun significatostorico.

Fra tanti altri, sembra sia stato Miguel León Portilla,responsabile in Messico dei festeggiamenti del V Cen-tenario, a rilanciare l’idea dell’ “incontro delle due cul-ture”. Nel 1988 si ebbe, cosí, un dibattito in Messico sulsignificato del 1492, dove si dimostrò la necessità di chiarireil significato del concetto di “incontro”. In realtà le diffe-renti interpretazioni del 1492, dipendono da posizioniideologiche che, coscientemente o inconsciamente, glistessi sostenitori, o le istituzioni, hanno oggi in riferimentoal passato; è per questo che in Spagna alcuni cercano di par-lare ancora di “incontro”. Già nel 1982, nel discorso in occa-sione del suo insediamento come primo ministro dellasocialdemocrazia spagnola, Felipe Gonzales ricordava chedopo dieci anni si sarebbe celebrato l’avvenimento della“scoperta”. La Spagna, che in quel periodo cercava dientrare nella CEE, proponeva il 1492 come una delle sue“glorie” a cui riferirsi di fronte a tutte le altre nazioni euro-pee. È evidente che questa “gloria” oggi è manipolata dallaSpagna in modo ben maggiore di dieci anni fa, e proprio infunzione della sua politica di integrazione europea e nonper una maggiore comprensione o appoggio all’AmericaLatina. Il fatto che il 1992 sia stato fissato dall’Europa comel’anno del progresso della sua unità economica e politica,

639

Page 640: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

indica, senza dubbio, che i 500 anni rivestono un significatoparticolare: cinque secoli fa l’Europa saltava il muro che ilmondo islamico le aveva costruito intorno per otto secoli. Il1992 ricorda, dunque, un ciclo nella Storia Mondiale alquale diedero inizio Spagna e Portogallo. Non è però pos-sibile festeggiare solo la “conquista”; bisogna presentarel’avvenimento in un modo piú positivo: l’ “ideologia del-l’incontro” è adattissima al caso e funzionale rispetto allavisione politica di integrazione europea e di “apertura”della Spagna all’America Latina.

Da parte nostra, nel 1984, durante un seminario orga-nizzato in Messico su La Idea del Descubrimiento, comincia-vamo questo dibattito negando la validità del concetto di“incontro”, esponendo, da una parte, l’idea di “occulta-mento” e, dall’altra, la necessità della “riparazione” versol’indio; idee che furono poi riprese da altri autori.

Dal volume: Enrique Dussel, L’occultamento dell’“altro”. All’origine delmito della modernità. Conferenza tenuta a Francoforte e all’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici di Napoli. Traduzione di Ubaldo Gervasoni rivista daArmando Savignano (La Piccola Editrice, Cellano, 1993).

640

Page 641: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La protesta umanistica in Las Casas

CARL HERMANN MIDDELANIS

Università di Bielefeld

Contrariamente a quanto vorrebbe un’opinione larga-mente diffusa, la corsa verso il Nuovo Mondo non fu moti-vata tanto dalla curiosità per popolazioni sconosciute,quanto piuttosto dal bisogno di ciò che nel VecchioContinente mancava. Ai sovrani occorreva denaro perfinanziare le loro guerre; i conquistatori speravano di com-prarsi, con l’oro di cui avrebbero fatto bottino, la posizioneche nella gerarchia sociale era loro negata; e i coloni siripromettevano piú terre, mano d’opera piú a buon mer-cato e guadagni piú facili. Tutto ciò doveva assumere unaparvenza di idealità con l’ideologia giustificatoria delladivulgazione del cristianesimo. Molti dei missionari cheseguirono i conquistatori, dividendone le fatiche ma nonnecessariamente gli interessi, erano mossi dalla speranza inun cristianesimo nuovo, dal momento che in Europa essoera minacciato all’esterno dai Turchi e all’interno dal-l’eresia (protestantesimo) e dalla conversione coatta diMori ed Ebrei. Chi partiva per il Nuovo Mondo, già primadi approdarvi aveva un’opinione predeterminata dallemotivazioni che l’avevano spinto, e dall’immaginetramandata dall’esegesi biblica (modelli interpretativi). Findall’inizio, e in conformità con le speranze di guadagni, lostraniero venne ridotto in una condizione quasi animaleche giustificava il delitto e la violenza nei suoi confronti; fuconsiderato un barbaro che poteva essere reso schiavo, e un

641

Page 642: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

pacifico selvaggio al quale mancava ancora soltanto labenedizione dei missionari. Questo straniero non aveva maiil diritto a un’esistenza diversa, degna di un essere umano;né mai gli sarebbe stato riconosciuto in seguito. Fu questodiritto alla diversità a mettere in difficoltà anche i criticistessi dell’atrocità delle conquiste e del colonialismo. I pro-blemi connessi con l’acquisizione del diverso diventanoparadigmaticamente chiari nelle opere del primo e forsepiú celebre critico della Conquista, Bartolomé de Las Casas.

Come ha scritto Hans Magnus Enzensberger nella suapost-fazione del 1966 alla traduzione tedesca dellaBrevissima relazione della distruzione delle Indie – e con speci-fico riferimento al genocidio nazista e alla guerra nelVietnam –, questa Relazione è uno scandalo sempre attuale.Dal momento della sua pubblicazione nel 1552, essa venneripetutamente utilizzata come scritto propagandistico dainemici della Spagna, prima da Olanda e Inghilterra, poi daVenezia e Francia, e infine nelle lotte d’indipendenzalatino-americane. Sul fronte opposto, molti spagnolipatriottici, ultimo in ordine di tempo Menéndez Pidal,attaccarono Las Casas accusandolo di essere l’autore dellacosiddetta Leyenda Negra. Ma nessuno dei due partiti consi-derò le circostanze che avevano dato origine allo scritto, néil suo destinatario.

Era stato Carlo V a pretendere un rapporto sulle conse-guenze della Conquista nel Nuovo Mondo, un documentoa cui la corona intendeva appellarsi per favorire le nuovespinte legislative (Nuevas Leyes) in difesa degli indiani. LaBrevissima relazione di Las Casas è dunque redatta con il pre-ciso intento politico di dare man forte al potere centrale, edè indirizzata al suo committente. Il missionario Las Casas

642

Page 643: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

crede nella possibilità di un’alleanza di interessi tra i propriprogetti di evangelizzazione pacifica e quelli della coronaincentrati sul profitto e la tutela del lavoro, contro i con-quistadores che hanno di mira rapidi e facili guadagni. Lostile del testo rispecchia l’intenzione dell’autore.

Ne scaturiscono una storia e una geografia degli orroricompiuti dagli Spagnoli, in cui il desiderio di completezzadell’autore si esprime nelle notizie particolareggiate fornitesia sulla cronologia, sia sulle conquiste già compiute.Altrettanto precisa è la descrizione delle atrocità perpetratedagli Spagnoli. Effetto e autenticità ancora maggiori, l’au-tore li ottiene associando ad ogni regione uno o due esempispecifici di mostruosità, suffragati da testimonianze oculari.Smentendo gli sforzi compiuti dai conquistadores per presen-tare il Nuovo Mondo come un’inesauribile miniera d’oro,Las Casas delinea un universo dell’orrore che va a scovarenegli angoli piú riposti del continente, cosí come gli autoridi questi orrori vi scovano l’oro. È l’avidità d’oro che pro-voca il sovvertimento di tutti i valori. Polemicamente, LasCasas chiama «cristianos» e «españoles» i conquistadores e,con allusione al legittimo re spagnolo, «tiranos» i loro capiche risultano peggiori del piú grande nemico della cristia-nità, il sultano turco. Infine, lascia parlare gli indios diSanta Marta che chiamano «yares», demòni, i conquistatori.Qui, fin dall’inizio della Conquista, prese l’avvio quel dop-pio processo di demonizzazione, seguito sempre con suc-cesso dai critici della Conquista stessa, di quelli che, aquanto dicono, si mettono in viaggio per combattere controchi è stato da loro demonizzato. Il mezzo si rivela efficacecontro i colpevoli, ma resta problematico il modo in cuivengono presentate le vittime. Solo di rado la realtà india

643

Page 644: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

affiora alla superficie del testo come nell’episodio degli«yares». È singolare che le vittime rimangano esseridifferenziati, pacifici, sempre pronti ad accogliere il cristia-nesimo. Soltanto i loro re e cacicchi hanno diritto ad esserecitati per nome; i nomi dei «tiranos» furono invece cancel-lati da Las Casas al momento della pubblicazione. La con-flittualità potenziale dei regni indios, strutturati secondorigide gerarchie, non viene affatto problematizzata, né maisi accenna ai loro riti inumani.

Di fronte a un quadro tanto semplificato, per gli apolo-geti della Conquista fu facile ribattere e ricordare a LasCasas quale fosse l’effettiva realtà india, e soprattutto l’orri-bile prassi dei sacrifici umani. Popolazioni con divinitàtanto sanguinarie giustificano l’uso della categoria «bar-baro» che, con un richiamo scolastico alla Politica diAristotele, legittimava una guerra e l’asservimento deinemici. Las Casas dovette allora prevenire l’accusa di bar-barie nei confronti degli indios, cosa che, al tempo stesso,lo costrinse a motivare la diversità di quelle popolazioni.Certamente, su questo punto egli riuscí convincente, per ilpubblico e per i posteri, in quella celebre disputa fra dottiche ebbe luogo a Valladolid nel 1552 e in cui si scagliò conestrema durezza contro il suo avversario Sepúlveda. Negliscritti che videro la luce nel contesto di tale disputa(Apología, epilogo della Apologetica Historia, Aquí se contieneuna disputa...) è riconoscibile lo sforzo compiuto da LasCasas per indebolire l’avversario con le armi di cui dispo-neva, con dovizia di argomenti tra i piú disparati, di autoridell’antichità, della Bibbia, dei padri della Chiesa e degliesegeti medievali: anche in questo caso si manifesta l’in-tento di attingere validità universale. La novità centrale del-

644

Page 645: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

l’argomentazione di Las Casas è la tesi della «relatività del-le culture». Essa trova la sua formulazione piú concisa nel-l’epilogo della Apologetica Historia, dove l’autore affronta laquestione delle diverse lingue, uno dei criteri classici inbase al quale viene giudicato barbaro chi ne parla una sco-nosciuta: «pero en ésta tan bàrbaros como ellos nos son,somos nosotros a ellos» («ma in questa, come essi sono bar-bari per noi, cosí lo siamo noi per loro»). Viene qui postu-lata l’uguaglianza di due società l’una all’altra straniere. Peracquisire criteri di confronto realmente omogenei, LasCasas procede nel modo piú radicale quando affronta ilproblema dei sacrifici umani. Egli li giustifica ar-gomentando che sono espressione della profonda religio-sità degli indiani, un grado di religiosità che non mostranodi possedere i conquistadores. Altrove sottolinea che gliindiani, nello spirito del primo comandamento, non pos-sono non difendere gli dèi da loro riconosciuti come veri.Di fronte alle atrocità compiute, egli attribuisce piú valorealla vita che alla salvezza eterna, difende la coesistenza diculture religiose differenti.

Soltanto a questo punto il missionario si trasforma in unmoderno combattente per i diritti umani. Le conclusionipolitiche deducibili da una posizione come questa non pos-sono che essere utopiche. Las Casas le illustra privatamente,in una lettera all’arcivescovo Carranza, dove scrive che, perquanto riguarda lo sfruttamento delle ricchezze naturali, ilre di Spagna deve trattare con quegli indiani su un piano diparità, e cacciare i conquistadores dal Nuovo Mondo. Se èvero che non poteva esprimere pubblicamente il propriopunto di vista, è anche probabile che Las Casas avesse die-tro di sé sostenitori tanto potenti da riuscire a pubblicare,

645

Page 646: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

senza l’imprimatur dell’Inquisizione, nel 1552 (insieme conla Brevissima relazione, nell’opera Aquí se contiene una dis-puta...), le tesi sulla relatività delle culture, sostenutedurante la disputa. Come afferma Todorov, ricordando lasorte toccata a Giordano Bruno, il contenuto dello scrittolascasiano sarebbe stato sufficiente a mandare al rogo il suoautore.

Traduzione di Consolina Vigliero.

646

Page 647: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Contraddizioni latino-americane:moderno senza modernizzazione?

NÉSTOR GARCÍA CANCLINI

Università di Città del Messico

L’ipotesi piú reiterata nella letteratura sulla modernitàlatinoamericana si può riassumere cosí: abbiamo avuto unmoderno esuberante con una modernizzazione deficiente.Questa posizione è presente in Paz e Cabrujas. Circola anchein altri saggi, in ricerche storiche e sociologiche. Posto chesiamo stati colonizzati dalle nazioni europee piú arretrate,sottomessi alla Controriforma e ad altri movimenti antimo-derni, solo con l’indipendenza i nostri paesi hanno potutocominciare ad aggiornarsi.

Da allora ci sono state diverse ondate di modernizzazione.Alla fine del XIX e al principio del XX secolo, furono pro-mosse dall’oligarchia progressista, dall’alfabetizzazione edagli intellettuali europeizzati; tra gli anni Venti e gli anniTrenta del Novecento, dall’espansione del capitalismo, dall’a-scesa democratizzatrice dei ceti medi e liberali, dal contributodegli emigranti e dalla scolarizzazione di massa, dalla stampae dalla radio. Dagli anni Quaranta in poi, dall’industrializ-zazione, dalla crescita urbana, dal maggior accesso all’istru-zione media e superiore, dalle nuove industrie culturali.

Ma questi movimenti non hanno potuto realizzare le ope-razioni che sono state possibili per la modernità europea.Non hanno creato mercati autonomi per ogni campo, nésono potuti arrivare a una professionalizzazione estensiva diartisti e scrittori, e nemmeno a uno sviluppo economico

647

Page 648: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

capace di sostenere gli sforzi di rinnovamento sperimentale edi democratizzazione culturale.

Bastano alcuni confronti. In Francia l’indice di alfabetiz-zazione, che era del 30% nell’Antico Regime, aumenta al90% nel 1890. I cinquecento giornali pubblicati a Parigi nel1860 diventano duemila nel 1890. L’Inghilterra, al principiodel secolo, aveva già il 97% di popolazione alfabetizzata.

Il «Daily Telegraph» duplicò la tiratura fra 1860 e 1890, earrivò a trecentomila copie; Alice nel paese delle meraviglie ven-dette centocinquantamila copie fra il 1865 e il 1898. Si creacosí un doppio spazio culturale. Da un lato quello a circola-zione ristretta, con occasionalmente grandi numeri di ven-dita, come nel caso del racconto di Lewis Carroll, in cui si svi-luppano la letteratura e le arti; dall’altro il circuito di ampiadiffusione, i cui protagonisti nei primi decenni del secolosono i giornali, che cominciano a creare un pubblico dimassa per il consumo di libri.

Il caso del Brasile, come segnala Renato Ortiz, è moltodiverso. Come sarebbe potuto esistere un pubblico specificoper gli scrittori e gli artisti di questo paese, se nel 1890 l’a-nalfabetismo era dell’84%, nel 1920 del 75%, e nel 1940ancora del 57%? La tiratura media di un romanzo era dimille copie fino al 1930. Per diversi altri decenni gli scrittorinon potranno vivere di letteratura, e dovranno lavorarecome insegnanti, funzionari pubblici o giornalisti. Si creanocosí, nello sviluppo letterario, relazioni di dipendenzarispetto alla burocrazia statale e al mercato informativo dimassa. Per ciò, conclude, in Brasile non si è prodotta unadistinzione chiara, come nelle società europee, fra la culturaartistica e il mercato di massa, e le loro contraddizioni nonsono cosí antagoniste.

648

Page 649: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

I lavori che si riferiscono ad altri paesi latinoamericanimostrano un quadro simile o peggiore. Giacché la moder-nizzazione e la democratizzazione includono solo un’esiguaminoranza, non è possibile creare mercati simbolici dovepossano crescere campi culturali autonomi. Se essere coltonel senso moderno vuol dire prima di tutto essere letterato,nel 1920 nel nostro continente ciò era impossibile per oltrela metà della popolazione. Questa restrizione si accentua ailivelli superiori del sistema educativo, quelli che veramentedanno accesso alla cultura moderna. Negli anni Trenta nonarrivavano al 10% gli alunni della scuola secondaria ammessiall’università. Una «costellazione tradizionale di élite», diceBrunner riferendosi al Cile di quest’epoca, esige di apparte-nere alla classe dirigente per partecipare ai salotti letterari escrivere sulle riviste culturali e sui giornali. L’egemonia oli-garchica si basa su divisioni sociali che limitano l’espansionemoderna della società, e «oppone allo sviluppo organicodello Stato le sue proprie limitazioni costitutive (la ristret-tezza del mercato simbolico e il frazionamento hobbesianodella classe dirigente)».

Modernizzazione con un’espansione ristretta del mercato,democratizzazione, e, per le minoranze, rinnovamento delleidee, ma con scarsa efficacia nei processi sociali. Gli scarti framoderno e modernizzazione sono utili alle classi dominantiper conservare l’egemonia e per non doversi preoccupare digiustificarla, per il fatto di essere semplicemente classi domi-nanti. Nella cultura scritta ci riuscirono limitando la scolariz-zazione e il consumo di libri e riviste. Nella cultura visuale,mediante tre operazioni che resero possibile alle élite rista-bilire ogni volta, di fronte a qualsiasi cambiamento moder-nizzatore, la loro concezione aristocratica: a) spiritualizzare

649

Page 650: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

la produzione culturale in quanto creazione artistica, con laconseguente divisione fra arte e artigianato; b) congelare lacircolazione dei beni simbolici nelle collezioni, concentran-doli in musei, palazzi e altri centri esclusivi; c) proporre comeunica forma legittima di consumo di questi beni quellamodalità di ricezione, anch’essa spiritualizzata e ieratica, checonsiste nel contemplarli.

Se questa era la cultura visuale che riproducevano lescuole e i musei, che potevano fare le avanguardie? Comerappresentare in altro modo – nel senso di convertire larealtà in immagini che la rappresentino – società eterogenee,con tradizioni culturali che convivono e si contraddiconocontinuamente, con razionalità diverse, assunte in mododisuguale da parte di diversi settori sociali? È possibile dareimpulso alla modernità culturale quando la modernizzazionesocioeconomica è tanto disuguale? Alcuni storici dell’arteconcludono che i movimenti innovatori furono «trapianti» o«innesti», scollegati rispetto alla realtà latinoamericana. InEuropa «[...] il cubismo, il futurismo corrispondono all’en-tusiasmo ammirato della prima avanguardia di fronte alle tra-sformazioni fisiche e mentali provocate dal primo trionfomacchinista; il surrealismo è una ribellione contro l’aliena-zione dell’era tecnologica; il movimento concreto sorgeinsieme con l’architettura funzionale e il disegno industriale,con l’intenzione programmatica di creare integralmente unnuovo habitat, il movimento informale è un’altra reazionecontro il rigore razionalista, l’ascetismo e la produzione inserie dell’era funzionale, esso corrisponde a una acuta crisi divalori, al vuoto esistenziale provocato dalla seconda guerramondiale [...]». Noi abbiamo praticato tutte queste tendenzenella stessa successione che in Europa, senza essere quasi

650

Page 651: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

entrati nel “regno meccanico” dei futuristi, senza essere arri-vati a nessun apogeo industriale, senza essere entrati piena-mente nella società dei consumi, senza essere stati invasi dallaproduzione in serie né coartati da un eccesso di funzionali-smo; abbiamo avuto l’angoscia esistenziale senza Varsavia eHiroshima.

Prima di mettere in discussione questa tesi mi premedichiarare che anch’io l’ho citata e sviluppata in un libro del1977. Fra gli altri punti di disaccordo che ho ora con quellibro, ragion per cui oggi non si ripubblica piú, vi sono quelliscaturiti da una visione piú complessa della modernità lati-noamericana.

Perché i paesi latinoamericani realizzano male e tardi ilmodello occidentale di modernizzazione? Solo per la dipen-denza strutturale cui li condanna il deterioramento dei ter-mini dello scambio economico, per i meschini interessi delleclassi dirigenti che si oppongono alla modernizzazionesociale, e che si vestono di moderno per dare eleganza ai loroprivilegi? In parte l’errore di queste interpretazioni nasce dalfatto di misurare la nostra modernizzazione sulle immaginiottimizzate di questo processo nei paesi europei. Bisognarivedere, innanzitutto, se vi sono cosí tante differenze fra lamodernizzazione europea e quella latinoamericana. Insecondo luogo, dobbiamo verificare se la visione di unamodernità repressa e differita, meccanicamente dipendentedall’Europa, è cosí vera e cosí disfunzionale come sono solitidichiarare gli studi sull’arretratezza latinoamericana.

Un buon itinerario per riflettere su tali questioni passa peril saggio di Perry Anderson che tuttavia, nel parlaredell’America Latina, ripete la tendenza a vedere nella mo-dernità latinoamericana un’eco differita e deficitaria

651

Page 652: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dell’Europa. Egli sostiene che il moderno letterario e arti-stico europeo ebbe il suo momento piú alto nei primi tre de-cenni del secolo XX, e che poi rimase come “culto” di quel-l’ideologia estetica, senza piú opere o artisti dello stessovigore. Il trasferimento posteriore della vitalità creativa alcontinente latinoamericano si spiegherebbe perché «[...] nelterzo mondo, in termini generali, esiste oggi una specie diconfigurazione che come un’ombra riproduce qualcosa diciò che anteriormente prevaleva nel primo mondo.Oligarchie precapitaliste dei tipi piú vari, soprattutto quellefondiarie, abbondano in quei paesi; in quelle regioni, lad-dove esiste uno sviluppo capitalista, è tipicamente molto piúrapido e dinamico che nelle zone occidentali (metropolita-ne), ma per altro verso è infinitamente meno stabile e con-solidato; la rivoluzione socialista percorre queste societàcome possibilità permanente, già realizzata in paesi vicini –Cuba, il Nicaragua, Angola o il Vietnam. Furono queste con-dizioni che produssero i veri capolavori degli anni recentiche si adeguano alle categorie di Berman: romanzi comeCent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Màrquez o I figli dellamezzanotte di Salman Rushdie, in Colombia come in India, oun film come Yol di Yilmaz Güney in Turchia».

Questa lunga citazione serve a mostrare il miscuglio diosservazioni pertinenti e distorsioni meccaniche e affrettatecon cui spesso veniamo interpretati in Europa, e che troppevolte ripetiamo pedissequamente. Ciò nonostante, l’analisi diAnderson sulle relazioni fra moderno e modernità è cosí sti-molante che quel che meno ci interessa è proprio criticarlo.

Bisogna mettere in questione prima di tutto un’abitudineormai quasi in disuso nei paesi del terzo mondo. Quella cioèdi parlare del terzo mondo facendo un sol fascio di

652

Page 653: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Colombia, India e Turchia. Il secondo elemento consiste nelconsiderare Cent’anni di solitudine – gioco ammirevole con ilpresunto realismo magico – come sintomatico del modernolatinoamericano. Il terzo motivo di critica viene dal ritrovarenel testo di Anderson, che è uno dei piú intelligenti prodot-ti dal dibattito sulla modernità, il determinismo volgare percui certe condizioni socioeconomiche «produssero» i capola-vori dell’arte e della letteratura.

Sebbene questi residui inquinino diverse parti del testo diAnderson, in esso è contenuta l’esegesi piú sottile. Tanto percominciare egli sostiene che il moderno culturale nonesprime la modernizzazione economica, come dimostra lastessa Inghilterra, che pur essendo stata all’avanguardia del-l’industrializzazione capitalista che dominò il mercato mon-diale durante cento anni, «non produsse nessun movimentoautoctono di tipo modernista virtualmente significativo neiprimi decenni di questo secolo». I movimenti modernisti sor-gono nell’Europa continentale, non dove avvengono cam-biamenti modernizzatori strutturali, dice Anderson, ma doveesistono congiunture complesse, «l’intersezione di differentitemporalità storiche». Questo tipo di congiuntura si presentòin Europa «come un campo di forze» orientato da tre coor-dinate decisive: a) la codificazione di un accademismo alta-mente formalizzato nelle arti visuali e non, istituzionalizzatoda Stati e società in cui dominavano classi aristocratiche o la-tifondiste, che sebbene fossero già superate dallo sviluppoeconomico, determinavano ancora il tono politico e cultu-rale fino alla prima guerra mondiale; b) l’emergere in questestesse società di tecnologie generate dalla seconda rivolu-zione industriale (telefono, radio, automobile, ecc.); c) lavicinanza immaginaria della rivoluzione sociale, che comin-

653

Page 654: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ciava a manifestarsi nella rivoluzione russa e in altri movi-menti sociali dell’Europa occidentale.

La persistenza degli anciens régimes e dell’accademismo cheli accompagnava forní un insieme critico di valori culturalicontro cui si misuravano le forze insorgenti dell’arte, marispetto ai quali esse potevano anche, in parte, articolarsifra loro.

L’antico ordine, proprio con ciò che ancora aveva di ari-stocratico, offriva un insieme di codici e risorse a partire dallequali gli intellettuali e gli artisti, anche innovatori, vedevanopossibile resistere alle devastazioni del mercato come princi-pio organizzatore della cultura e della società.

Sebbene le energie del macchinismo fossero un potentestimolo all’immaginazione del cubismo parigino e del futuri-smo italiano, queste correnti neutralizzarono il senso mate-riale della modernizzazione tecnologica astraendo le tecni-che e gli artefatti dai rapporti sociali di produzione. Quandosi osserva l’insieme del moderno europeo, sostieneAnderson, si vede che esso fiorí nei primi decenni del secoloin uno spazio dove si combinavano «un passato classicoancora utilizzabile, un presente tecnico ancora indetermi-nato e un futuro politico ancora imprevedibile [...]. Sorseall’intersezione fra un ordine dominante aristocratico, unaeconomia capitalista semiindustrializzata e un movimentooperaio semiemergente o semi insorgente».

Se il moderno non è l’espressione della modernizzazionesocioeconomica, bensí del modo in cui le élite si fanno caricodell’intersezione fra differenti temporalità storiche e cercanoda qui di elaborare un progetto globale, quali sono questetemporalità in America Latina, e quali contraddizioni generail loro incrociarsi? In che senso queste contraddizioni rallen-

654

Page 655: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tarono la realizzazione dei progetti di emancipazione, espan-sione, rinnovamento e democratizzazione della modernità?

I paesi latinoamericani sono attualmente il risultato dellasedimentazione, giustapposizione o mescolanza delle tradi-zioni indigene (specie nell’area mesoamericana e andina),dell’ispanismo coloniale cattolico e delle azioni politiche,educative e comunicative moderne. Nonostante i tentativi didare alla cultura delle élite un profilo moderno, relegandol’indigeno o il coloniale nei settori sociali popolari, un metic-ciato interclassista ha generato formazioni ibride in tutti glistrati sociali. Gli impulsi alla secolarizzazione e al rinnova-mento propri della modernità sono stati piú efficaci neigruppi «colti», ma certe élite preservano il proprio radica-mento nelle tradizioni ispano-cattoliche, e nelle zone ruralianche in quelle indigene, come mezzo per giustificare privi-legi dell’antico ordine messi in causa dall’espansione dellacultura di massa.

Nelle case della borghesia e dei ceti medi con alto livellodi istruzione di Santiago del Cile, Lima, Bogotà, Messico emolte altre città coesistono biblioteche plurilingue e oggettidell’artigianato indigeno, televisione via cavo, antenne para-boliche e mobilio coloniale, riviste che illustrano le miglioriforme di investimento della settimana e riti familiari e reli-giosi centenari. L’essere colti, e anche il moderno esserecolti, implica non tanto vincolarsi con un repertorio dioggetti e messaggi esclusivamente moderni, ma sapere incor-porare l’arte e la letteratura d’avanguardia e i progressi tec-nologici nelle matrici tradizionali di privilegio sociale edistinzione simbolica.

Questa eterogeneità multitemporale della cultura mo-derna è la conseguenza di una storia in cui la modernizza-

655

Page 656: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

zione ha operato poche volte mediante la sostituzione del tra-dizionale e dell’antico. Vi sono state rotture provocate dallosviluppo industriale e dall’urbanizzazione che, pur essendosuccessive a quelle europee, furono piú rapide. Si è creato unmercato artistico e letterario mediante l’espansione dell’edu-cazione, che ha permesso la professionalizzazione di alcuniartisti e scrittori. Le lotte dei liberali della fine del secolo XIXe dei positivisti del principio del XX – che culminarono nellariforma universitaria del 1918, iniziata in Argentina e subitoestesasi ad altri paesi – hanno portato alla creazione di unauniversità laica e organizzata democraticamente prima che inmolte società europee. Ma il costituirsi di questi campi scien-tifici e umanistici autonomi si scontrava con l’analfabetismodi metà della popolazione, e con strutture economiche ehabitus politici premoderni.

Queste contraddizioni fra la cultura colta e quella popo-lare hanno rivestito maggiore importanza nelle opere chenelle storie dell’arte o della letteratura, che quasi sempre silimitano a registrare quello che tali opere significano per leélite. La spiegazione dello scarto fra moderno culturale emodernizzazione sociale, considerando solo la dipendenzadegli intellettuali dall’Europa, trascura le forti preoccu-pazioni di scrittori e artisti per i conflitti interni delle lorosocietà e per i canali di comunicazione con il loro popolo.

Da Sarmiento a Sábato e Piglia, da Vasconcelos a Fuentesa Monsiváis, le domande intorno a quello che significa fareletteratura in società dove non c’è un mercato sufficiente-mente sviluppato da permettere l’esistenza di un campo cul-turale autonomo, condizionano le pratiche letterarie. Neidialoghi di molte opere, o in modo piú indiretto nella preoc-cupazione per come narrare, si indaga sul senso del lavoro

656

Page 657: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

letterario in paesi con un precario sviluppo della democrazialiberale, con scarsi investimenti statali nella produzione cul-turale e scientifica, dove la formazione di nazioni modernenon supera le divisioni etniche, né la disuguale appropria-zione del patrimonio apparentemente comune. Tali que-stioni non appaiono solo nei saggi, nelle polemiche tra for-malisti e populisti; e se vi appaiono è perché sono costitutivedelle opere che rendono differente Borges da Arlt, Paz daGarcía Marquez. È un’ipotesi plausibile per la sociologiadella lettura che in un domani si farà in America Latina, pen-sare che queste domande contribuiscano a organizzare i rap-porti di questi scrittori con il loro pubblico.

Per analizzare come queste contraddizioni fra moderno emodernizzazione condizionino le opere e la funzione socio-culturale degli artisti, è necessaria una teoria liberata dall’i-deologia del riflesso e da qualsiasi supposizione circa corri-spondenze meccaniche dirette tra base materiale erappresentazioni simboliche. Testo inaugurale di questa rot-tura è quello che Roberto Schwarz scrisse come introduzioneal suo libro su Machado de Assis, Ao Vencedor as Batatas, losplendido articolo «Idee fuori posto».

Come è stato possibile che la Dichiarazione dei Dirittidell’Uomo venisse trascritta in una parte della Co-stituzione brasiliana del 1824, mentre c’era ancora loschiavismo? La dipendenza dell’economia latifondistarispetto al mercato esterno fece arrivare in Brasile la razio-nalità economica borghese con la sua esigenza di realiz-zare il lavoro nel minor tempo possibile, ma la classe diri-gente, che basava la sua dominazione sul controllointegrale della vita degli schiavi, preferiva estendere illavoro nel maggior tempo possibile, e cosí poter control-

657

Page 658: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

lare tutto il giorno i suoi subordinati. Se vogliamo capireperché queste contraddizioni erano «inessenziali» e pote-vano convivere con la fortunata diffusione del liberalismofra gli intellettuali, dice Schwarz, dobbiamo tenere contodell’istituzionalizzazione del favore.

La colonizzazione produsse tre figure sociali: il latifondi-sta, lo schiavo e l’«uomo libero». Fra i primi due il rapportoera chiaro. Ma la moltitudine degli altri, né proprietari néproletari, dipendeva materialmente dal favore di un potente.Mediante questo meccanismo si riproduce un ampio settoredi uomini liberi; oltretutto il favore si estende ad altre sferedella vita sociale e coinvolge altri gruppi nell’amministra-zione e nella politica, nel commercio e nell’industria. Persinole professioni liberali come la medicina, che nell’accezioneeuropea non dovevano nulla a nessuno, in Brasile eranogovernate da questo procedimento che si costituisce in«nostra mediazione quasi universale».

Il favore è tanto antimoderno quanto la schiavitú, però è«piú simpatico» e suscettibile di unirsi al liberalismo per ilsuo carattere arbitrario, per il gioco fluido di stima e auto-stima cui sottomette l’interesse materiale. È vero che, mentrela modernizzazione europea si basa sull’autonomia della per-sona, l’universalità della legge, la cultura disinteressata, laremunerazione oggettiva e l’etica del lavoro, il favore implicala dipendenza della persona, l’eccezione alla regola, la cul-tura interessata e la remunerazione a servizi personali. Madate le difficoltà a sopravvivere «nessuno in Brasile avrebbeavuto l’idea o soprattutto la forza di essere, diciamo, un Kantdel favore», mettendosi a combattere contro le contraddi-zioni che esso implicava.

Succedeva lo stesso, aggiunge Schwarz, quando si voleva

658

Page 659: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

creare uno Stato borghese moderno senza rompere con lerelazioni clientelari, quando si appiccicavano carte decora-tive europee o si dipingevano motivi architettonici grecoro-mani su pareti di fango; e perfino nel testo dell’inno nazio-nale repubblicano, scritto nel 1890, pieno di emozioniprogressiste ma incurante della propria rispondenza con larealtà: «Noi non crediamo che schiavi un tempo, vi siano statiin cosí nobile paese» (un tempo era due anni prima, giacchél’abolizione era avvenuta nel 1888).

Non facciamo molti passi avanti accusando le idee liberalidi essere false. Forse che le si poteva rifiutare? È piú interes-sante seguire il gioco simultaneo della verità e della falsità. Aiprincípi liberali non si chiede che descrivano la realtà, masolo che diano giustificazioni prestigiose all’arbitrio eserci-tato negli scambi di favori e alla «coesistenza stabilizzata» checiò permette. Può apparire dissonante che si chiami «indi-pendenza la dipendenza, utilità il capriccio, universalità leeccezioni, merito il parentado, uguaglianza il privilegio», perchi crede che l’ideologia liberale abbia un valore conoscitivo,ma non per coloro che vivono costantemente momenti di«prestazioni e controprestazioni – specie nell’istante chiavedel riconoscimento reciproco», perché nessuna delle dueparti è disposta a denunciare l’altra, sebbene possegga tuttigli elementi per farlo, in nome di principi astratti.

Questa maniera di adottare idee estranee con un signifi-cato improprio è alla base della gran parte della letteratura edell’arte latinoamericana, nel Machado de Assis analizzato daSchwarz, in Arlt e Borges, secondo quanto rivela Piglia; nelteatro di Cabrujas, per esempio in Il giorno in cui mi vorraibene, dove fa dialogare, in una casa di Caracas degli anniTrenta, una coppia di fanatici che vogliono andare a vivere in

659

Page 660: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

un kolchoz sovietico di fronte a un visitatore che essi ammi-rano tanto quanto la rivoluzione russa: Carlos Gardel.

Queste relazioni contraddittorie della cultura d’élite conla propria società, sono un semplice risultato della dipen-denza dall’Europa? A rigore, dice Schwarz, questo liberali-smo traballante è «un elemento interno e attivo della cul-tura» nazionale, una modalità dell’esperienza intellettualedestinata ad assumere allo stesso tempo la struttura conflit-tuale della società, la sua dipendenza da modelli stranieri ei progetti per cambiarla. Ciò che le opere d’arte fanno conquesto triplice condizionamento, – conflitti interni, dipen-denza esterna e utopie trasformatrici – utilizzando procedi-menti materiali e simbolici specifici, non si lascia spiegaremediante le interpretazioni irrazionaliste dell’arte e dellaletteratura. Lungi da qualsiasi «realismo magico» cheimmagina alla base della produzione simbolica una materiainforme e sconcertante, lo studio socio-antropologicomostra che le opere possono essere comprese se prendiamoin considerazione nello stesso tempo la spiegazione dei pro-cessi sociali di cui si nutrono, e dei procedimenti con cui gliartisti li rielaborano.

Se passiamo alle arti figurative, troviamo prove del fattoche l’incongruenza fra princípi concepiti nei paesi europei erealtà locale non è sempre una risorsa ornamentale dellosfruttamento. La prima fase del moderno latinoamenicanovenne promossa da artisti e scrittori che ritornavano ai loropaesi dopo aver trascorso un periodo in Europa. Non futanto l’influenza diretta, trapiantata, delle avanguardie euro-pee ciò che suscitò la corrente modernizzante nelle arti figu-rative. Furono le domande degli stessi latinoamericani sulcome rendere compatibile la loro esperienza internazionale

660

Page 661: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

con i compiti che si presentavano in società in via di sviluppo,e, nel caso messicano, in piena rivoluzione.

Aracy Amaral fa notare che il pittore russo Lazar Segallnon trova eco nel mondo artistico troppo provinciale di SanPaolo quando vi arriva nel 1913, ma Oswald de Andradesuscitò importanti ripercussioni al suo ritorno dall’Europanello stesso anno, con il Manifesto futurista di Marinetti e ilconfronto col decollo dell’industrializzazione, e con gliimmigranti italiani che arrivano a San Paolo. Mario deAndrade, Anita Malfatti, che ritorna fauvista dopo un sog-giorno a Berlino, e altri scrittori e artisti organizzano nel 1922la Settimana dell’arte moderna, lo stesso anno in cui si cele-bra il centenario dell’Indipendenza.

Concidenza suggestiva: per essere colti non è piú indi-spensabile imitare, come nel secolo XIX, i comportamentieuropei e rifiutare, «da complessati, le nostre proprie carat-teristiche» dice Amaral; il moderno si coniuga con l’interessedi conoscere e definire ciò che è brasiliano. I modernisti siabbeverarono a fonti opposte: da un lato l’informazioneinternazionale, specie quella francese; dall’altro un «nativi-smo che si sarebbe evidenziato nell’ispirazione e nella ricercadelle nostre radici (negli anni Venti cominciano pure le ricer-che sul nostro folklore)». Questa confluenza la si osservanelle Ragazze di Guarantinguetà di De Cavalcanti, dove il cubi-smo fornisce il vocabolario per dipingere giovani mulatte; eanche nelle opere di Tarsila, che modifica ciò che avevaappreso da Lhote e da Léger, marcando l’estetica costruttivi-sta con un colore e un’atmosfera rappresentative del Brasile.

In Perú la rottura con l’accademismo la realizzano nel1929 alcuni artisti giovani preoccupati della libertà formale,ansiosi di commentare figurativamente le questioni nazio-

661

Page 662: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nali del momento e di dipingere tipi umani che «corri-spondano all’uomo andino». Perciò vengono chiamati«indigenisti», sebbene andassero oltre l’identificazione colfolklore. Volevano instaurare un’arte nuova, rappresentareciò che era nazionale collocandolo nello sviluppo esteticomoderno.

È significativo che gli storici sociali dell’arte concordinonel ricostruire la nascita della modernizzazione culturale indiversi paesi latinoamericani. Non si tratta di un trapianto,soprattutto nel caso dei principali scrittori e artisti plastici,ma di rielaborazioni desiderose di contribuire al cambia-mento sociale. I loro sforzi, tesi a costruire campi artisticiautonomi, a secolarizzare l’immagine e a professionalizzare illoro lavoro, non implicavano rinchiudersi in un mondoestetizzante, come fecero alcune avanguardie europee nemi-che della modernizzazione sociale. Ma i progetti creativi indi-viduali si infrangono contro una borghesia anchilosata, lamancanza di un mercato artistico indipendente, il provincia-lismo (perfino in città importanti, come Buenos Aires, SanPaolo, Lima, Messico), la difficile competizione con gli acca-demici, le brutte abitudini coloniali, l’indianismo e il re-gionalismo ingenui. Di fronte alla difficoltà di assumere tuttein una volta le tradizioni indigene, quelle coloniali e le nuovetendenze, molti avvertono ciò che Mario de Andrade sinte-tizza sul finire degli anni Venti, dicendo che i modernistierano «un gruppo isolato e arroccato nelle sue convinzioni»,«l’unico settore sociale della nazione che fa del problemaartistico nazionale una preoccupazione quasi esclusiva. Ciònonostante, non rappresenta nulla della realtà brasiliana. Stafuori del nostro ritmo sociale, fuori della nostra incostanzaeconomica, fuori delle preoccupazioni brasiliane. Se questa

662

Page 663: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

minoranza vive intimamente la realtà brasiliana, quest’ul-tima, invece, non si è abituata a vivere in sintonia con quellaminoranza».

Altre informazioni ci permettono oggi di essere menoduri nel valutare queste avanguardie. Anche in paesi dove lastoria etnica e gran parte delle tradizioni furono sradicate,come in Argentina, gli artisti «dipendenti» dal modello euro-peo non sono semplici imitatori di estetiche importate, népossono essere accusati di snazionalizzare la propria cultura.E alla lunga si rivelano non essere minoranze insignificantiquali si ritenevano. Un movimento cosmopolita come quellodella rivista Martin Fierro a Buenos Aires, nutritosi dell’ultrai-smo spagnolo e delle avanguardie francesi e italiane, ridefi-nisce queste influenze dentro i conflitti sociali e culturali delproprio paese: l’emigrazione e l’urbanizzazione (cosí pre-senti nel primo Borges), la polemica con le autorità lettera-rie precedenti (Lugones e la tradizione criollista), il realismosociale del gruppo Boedo. Se si pretende di continuare a usare«[...] la metafora della traduzione come immagine dell’ope-razione intellettuale tipica delle élite letterarie dei paesi capi-talisti periferici rispetto ai loro centri culturali – diconoAltamirano e Sarlo –, è necessario considerare che tutto ilcampo suole operare come matrice di traduzione».

Per precaria che sia la sua esistenza, questo campo fun-ziona come terreno di rielaborazione e struttura ordinatricedei modelli esterni. In diversi casi il moderno culturale,invece di essere snazionalizzante, ha dato impulso e ha for-nito un repertorio di simboli per la costruzione dell’identitànazionale. La preoccupazione piú forte per la «brasilianità»comincia con le avanguardie degli anni Venti. «Saremomoderni solo se saremo nazionali», sembra essere il loro

663

Page 664: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

motto, dice Renato Ortiz. Da Oswald de Andrade alla costru-zione di Brasilia, la lotta per la modernizzazione fu un movi-mento teso a sostenere criticamente una nazione oppostarispetto a quella che volevano le forze oligarchiche o conser-vatrici e i dominatori stranieri. «Il moderno è un’idea fuoriluogo che si manifesta come progetto».

Dal volume: Néstor García Canclini, Culture ibride. Strategie per entrare euscire dalla modernità (Città del Messico, 1990) pubblicato in edizione ita-liana per iniziativa dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a cura diAngela Giglio, con prefazione di Amalia Signorelli (Guerini e Associati,Milano, 1998).

664

Page 665: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

GuatemalaStoria e prospettive del popolo maya

MARCO MAGRASSI

Ricercatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Non si impressioni il lettore per l’adozione disinvolta daparte di chi scrive dell’aggettivo ‘indigeno’ per riferirsi aiMaya ed al loro mondo: cosí si autodefiniscono oggi lepopolazioni che hanno nell’ultimo ventennio riconquistatol’orgoglio della discendenza diretta dall’antica civiltà pre-colombiana. A dispetto di questa nuova connotazione, iltermine indigeno, cosí come gli altri, indio e nativo, furonoconiati in passato da chi indio non era per indicare e stig-matizzare le persone che non parlavano spagnolo, linguatuttora non completamente assorbita (né accettata) nellezone maya, dove ancora prevale l’antico idioma mesoame-ricano, articolato in Guatemala in ben ventidue dialetti.

Se l’uso e la storia della parola ‘indigeno’ già mettono inrilievo contraddizioni non limitate al campo semantico,speculare ed altrettanto controverso è il termine che defi-nisce l’altra metà della popolazione guatemalteca, ovveroquella ladina: se in passato l’aggettivo descriveva la classecreola, oggi significa tout court non-indigeno. Include dun-que la ridotta élite bianca, una vasto settore creolo e metic-cio, ma anche gli indigeni che hanno smesso di portare iltraje, la veste tradizionale, di parlare la lingua nativa e diidentificarsi coscientemente con il mondo maya.

In termini demografici, le statistiche variano notevol-mente: la percentuale della popolazione maya oscilla tra il

665

Page 666: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

45% ed il 70% del totale, a seconda delle propensioni dichi si serva del dato. Generalmente si assume che i Mayarappresentino almeno la maggioranza assoluta della popo-lazione. L’incertezza nella definizione di questa percen-tuale non dipende solo dall’uso strumentale che se nevoglia fare o dalle difficoltà tecniche di censimento, masoprattutto dal fatto che la divisione etnica non corri-sponde ad una rigida discriminante razziale, bensí cultu-rale, linguistica e sociale.

Mondo indigeno e mondo ladino, realtà rurale e urbana,società formale ed informale: dicotomie flessibili ed in con-tinua evoluzione.

La foresta subtropicale, la selva, si estende in ogni dire-zione agli occhi di chi si arrampichi sino all’ultima piatta-forma del Tempio IV di Tikal, la piú alta costruzione preco-lombiana delle Americhe. Tikal è la città perduta nelledistese del Dipartimento del Petén, nel nord-est delGuatemala. Oggi il Petén è un immensa giungla disabitata,controllata per intero dall’esercito, che voci diffuse vorreb-bero tragga profitti dalla coltivazione di marijuana e, soprat-tutto, di eroina, di cui il Guatemala è oggi uno dei maggioriproduttori dell’America Latina.

In passato queste terre furono invece la culla della civiltàmaya classica, collassata su se stessa per oscuri motivi nel900 d.C. Ciò che gli spagnoli trovarono all’inizio del 1500era un insieme di città-stato in guerra tra di loro, chemostravano soltanto la cruenta decadenza di una civiltàricca di scienza, di arte e di cultura, nonché dotata di unacomplessa organizzazione socioeconomica.

Troncando a malincuore la breve digressione sulle mera-viglie ed i misteri della civiltà maya precolombiana, defi-

666

Page 667: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

niamo alcuni tratti del suo sistema sociale ed economico,dal momento che le dinamiche organizzative che ne rego-lavano il funzionamento interno conservano un importanterilievo attuale.

Il Popol Vuj, manoscritto ritrovato a Cichicastenango – cit-tadina dell’altopiano dove ancora oggi si tiene il piú vario ecolorato mercato dell’intera America Centrale – è la piúpregevole testimonianza originaria tra la mezza dozzina ditesti che, sopravvissuti ai roghi dell’inquisizione spagnola,illustrano il Mesoamerica precolombiano. Attraverso ladecifrazione di questa fonte gli antropologi hanno raccon-tato una società articolata ed armoniosa.

La visione cosmogonica dei Maya consta di un animismomolto radicato secondo cui tutto il creato è vita. Lo sono lestelle, lo è l’acqua che rende fertile la terra ed il sole che lariscalda. La terra è a sua volta essenza: la traduzione letteraledi una forma di saluto comune ancora oggi a molti ceppi lin-guistici maya suona come “Non cadere!”, riflettendo la spe-ranza che non si offenda la Madre Terra cascandovi sopra.

La terra è sacra in quanto genera il maíz, alimento basedella dieta maya. Il maíz è dunque parte del ciclo vitale,nonché materia primigenia: il Popol Vuj racconta che Dio,ritenendo troppo morbido il fango e troppo duro il legno,abbia voluto il primo uomo creato dal maíz. Nei suoi quat-tro colori, bianco, giallo, rosso ed nero, il maíz simboleggiaoggi l’umanità intera.

La struttura socioeconomica della civiltà maya antica si èevoluta in epoca precolombiana secondo un percorsoindotto dalla conoscenza scientifica: le scoperte sul movi-mento degli astri, sui cicli delle piogge e sulla dipendenza daqueste dei prodotti agricoli, portarono ad un calendario di

667

Page 668: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

250 giorni, con 12 mesi di 21 giorni ciascuno, che permettevadi controllare con precisione il ciclo produttivo. Ne derivò unsistema di divisione del lavoro in cui le donne, a differenza diquanto avveniva nello stesso periodo storico in altre culture,conquistarono subito una posizione centrale come responsa-bili della selezione e del miglioramento delle sementi, attivitàda cui dipendeva la sicurezza alimentare della comunità.

Dai documenti disponibili, non risulta che esistesse laproprietà privata: il concetto di individuo era inscindibiledall’insieme di relazioni che lo legava al resto della comu-nità. Il che non implica però un’organizzazione politicaorizzontale e democratica. Malgrado le idilliache rappresen-tazioni che fioriscono oggi per opera di associazioni mayapiú o meno oltranziste, la struttura del potere politico erarigida e verticale, con le caste dei sacerdoti e dei guerrierialternantisi ai vertici di una piramide che dagli schiavi salivasino all’Hulac-Uinic, “il vero uomo”, il sovrano che faceva damediatore tra il mondo degli uomini e le forze del cosmo eaveva quindi le prerogative del potere militare e religioso.

L’armonia cosmogonica trovava invece una piú coerentecorrispondenza in forme di organizzazione socioeconomicabasate sulla divisione del lavoro, sulla cooperazione e sulmutuo soccorso.

Tali secolari dinamiche interne hanno garantito almondo maya la propria sopravvivenza fisica e culturale. IlGuatemala è ancora oggi l’unico paese dell’America Latinain cui i discendenti diretti della civiltà precolombiana sianopiú della metà della popolazione. Nell’intero continente,soltanto in altri tre paesi si incontra un’incidenza demogra-fica indigena cosí significativa, seppur non maggioritaria: leterre incas di Bolivia, Perú e Paraguay.

668

Page 669: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

I Maya del Guatemala si dividono in ventidue diversigruppi etnico-linguistici. La cellula familiare è monogamicae patriarcale, e la discendenza è patrilineare: sono i figlimaschi che ereditano la terra. Gli incarichi pubblici nellacomunità sono affidati secondo criteri di esperienza, meritoe status. Al vertice della gerarchia civile vi sono due alcaldes(sindaci), ma il vero cuore della struttura sociale comunita-ria è nelle cofradias, confraternite composte da sei-ottouomini di religione dotati di un influenza decisiva sulle cosedel villaggio.

La struttura comunitaria, sin quando ha resistito, è stataparallela alle istituzioni municipali, espressioni dello Statocentralizzato. Non di rado il singolo che già occupa unaposizione nella gerarchia dei cofrades, nel momento in cuiaccetta un incarico di pubblico ufficiale, tende a perdere ilproprio potere in ambito comunitario.

Impermeabile alle influenze esterne, la sviluppata orga-nizzazione sociale maya è altresí un sistema chiuso, anche seconsapevole di essere parte di un mercato piú ampio.Semplicemente, quando l’individuo entra in relazione conl’esterno adotta un modello comportamentale differente daquello che normalmente guida lo scambio nella comunità.

Le differenti attitudini ed attività della vita comunitariaruotano intorno all’elemento che unifica slancio religioso enecessità primarie: la terra, con cui il popolo maya conservaun legame ancestrale.

L’Anciano Alejandro Cirillo Perez, il sommo sacerdote,blandisce il fuoco acceso sotto il grande albero della PlazaMayor, nel cuore di Tikal. I corpi debolmente illuminati didonne avvolte nel consueto turbinio di colori e di uomini

669

Page 670: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

vestiti di bianco circondano il maestro; brillanti fiammellevolteggiano nella notte descrivendo traiettorie di improba-bili cerchi ed alte spirali, come a seguirne la mano e la vocebassa e profonda. Nella mattina del medesimo giorno, il 14novembre 1995, la stessa voce ha tuonato dalla cima dellapiramide del Templo del Gran Jaguar rivolgendosi ad una pla-tea eccezionale: a parte pochi operatori internazionali eguatemaltechi ‘urbani’ coinvolti nell’organizzazione dell’e-vento, la Reunion de Ancianos y Sacerdotes Indígenas de America– in lingua maya Kichomaal ri, Ajpopi’ Ajq’ijaab’ aj Kaqa’ulew –ha chiamato a raccolta rappresentanti religiosi delle cultureindigene delle tre Americhe. L’anno zero del calendariomaya combacia infatti con una profezia Hopi: «Los pueblosdel Centro deberán unir al Águila del Norte con el Condordel Sur». Oltre ad i numerosi religiosi Maya, erano dunquepresenti i Navajo e gli Hopi dell’Arizona, Incas di Perú eBolivia, indios amazzonici, Aztechi del Messico, indianid’Alaska e del Venezuela. Secondo le profezie maya nell’a-gosto del 1987 è terminato il periodo dell’oscurità e deinove inferni, durato cinquecento anni, nel corso dei qualigli indigeni hanno sofferto le invasioni, i massacri e le mar-ginalizzazioni che costellavano il ciclo secolare del sentierodelle lacrime. Questa espressione, che descrive il percorsofisico e figurato compiuto dai Cherokee del Nord Americanella deportazione del 1830, è stata fatta propria da tutti ipopoli indigeni dell’America Latina.

Altre due congiunture cosmologiche – l’eclissi solare del1991 e l’anno zero del loro calendario – hanno spinto i Mayaa promuovere quest’evento che, con un viaggio di diecigiorni per i luoghi sacri di Guatemala e Honduras, ha tentatodi riallacciarsi alla confederazione delle nazioni indigene del

670

Page 671: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

continente che esisteva prima della Conquista: ci sono testi-monianze che una simile riunione ebbe luogo a Xochicalconel X° secolo. Il messaggio mandato al mondo è che la storianon ha cancellato le culture indigene delle Americhe cheanzi rivendicano, piú che un ruolo politico, una funzioneinsostituibile per il recupero dell’armonia universale delleforme viventi, oggi in grave pericolo per la gestione sconsi-derata delle risorse naturali da parte del mondo occidentale.

Non è facile per noi occidentali concedere un ruolo sto-rico a tale voce di rivendicazione; in ogni caso è innegabilel’importanza che questa riunione ed altri segnali rivestonoaffinché il mondo indigeno, con le sue istanze per i vivi e lesue lacrime per i morti, venga di nuovo alla luce. Certo, inGuatemala esso è una maggioranza cui è appena ricono-sciuto un ruolo di minoranza ‘protetta’, ma lo spazio con-quistato rappresenta pur sempre un progresso rispettoall’ultimo secolo di silenzio intorno al genocidio tentato eper fortuna mancato.

Dal volume: Guatemala. Storia e prospettive di un paese diviso (La Cittàdel Sole, Napoli, 1997), scritto da Marco Magrassi a conclusione di unaricerca promossa dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e direttadal prof. Luca Meldolesi dell’Università di Napoli «Federico II».

671

Page 672: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

L’università latinoamericana

ERNESTO MAYZ VALLENILLA

Università di Caracas

Sarebbe un grave errore di valutazione storica affermareche il movimento di Córdoba nacque dal nulla, o che sem-plicemente obbedí all’esplosione emotiva di un gruppo digiovani di fronte alla corrotta situazione morale ed accade-mica che presentava l’università in cui studiavano. Oltre afare propri i fermenti ideologici ed i profondi cambia-menti provocati dalla prima guerra mondiale in ambitointernazionale – cosí come a rispondere all’atmosferasociale, politica ed economica che si respirava in Argentina–, alcuni tra i suoi piú significativi postulati riformisti ave-vano come immediati antecedenti dottrinari altre rivoltestudentesche che – dieci anni prima – si erano verificatenel nostro continente. In effetti, nel 1908 venne celebratoin Uruguay il «Primo Congresso Internazionale degliStudenti d’America», tra le cui principali risoluzioni vi fuquella di proporre «la rappresentanza degli studenti neiConsigli Direttivi dell’insegnamento universitario, attra-verso delegati da essi direttamente nominati e rinnovaticon la maggior frequenza possibile». Questa petizionevenne accolta e promulgata nella «Legge diRiorganizzazione Universitaria» che – nello stesso anno –venne approvata in quello Stato.

Senza alcun dubbio, il movimento di Córdoba fu, per lesue caratteristiche e ripercussioni, quello che raccolse e rap-presentò con maggiore vitalità ciò che sarebbe diventato un

672

Page 673: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

nuovo manifesto – o, se si vuole, un vero e proprio modello –per l’istituzione universitaria latinoamericana.

Rispetto all’ordinata e sistematica discussione filosoficache aveva preceduto la riforma delle università tedesche,la citata Riforma di Córdoba rappresentò una sorta diimpetuoso turbinio di idee ed avvenimenti da cui emer-sero i piú diversi e insperati effetti. Sebbene gli albori for-malmente procedano da motivazioni esclusivamente acca-demiche – ad esempio, dal malessere e dalle protesteinnescate dagli studenti di quella città per il ritardo, il fer-reo autoritarismo e la corruzione che pesavano sulla stessauniversità –, rapidamente le direttive e gli echi di quelmovimento interessarono altre istituzioni universitarieargentine, varcando le frontiere del paese, fino a trasfor-marsi in una vera causa latinoamericana, le cui manifesta-zioni scoppiarono successivamente in Perú (1919), in Cile(1920), in Colombia (1922), a Cuba (1923), in Paraguay(1927), in Messico (1931)... e cosí ininterrottamente, finoquasi ai nostri giorni, alle piú diverse latitudini del conti-nente.

Quanto accaduto ci ricorda che, oltre a motivazioni pura-mente accademiche e ad aspetti esclusivamente locali, quelmovimento racchiudeva in sé alcuni princípi e moventi che– senza alcun dubbio – suscitavano simpatia e fervore edincontravano l’adesione di consistenti ed eterogenei settoridel tessuto sociale e politico latinoamericano. È quantosospettavano – o sapevano con certezza sin dall’inizio –anche gli stessi autori. Lo stesso titolo del celebre«Manifesto di Córdoba» mostra che si rivolge non esclusi-vamente agli studenti di quell’università, bensí «agli uominiliberi del Sud-America»; e nelle sue righe di apertura –

673

Page 674: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

senza la benché minima esitazione – le parole introduttivesi dirigono ad un auditorio e ad alcuni temi che, invece diessere di natura accademica e locale, pretendono di con-quistare una dimensione continentale ed un contenutoaltamente politico: «Uomini di una repubblica libera – siafferma all’inizio –, abbiamo appena finito di rompere l’ul-tima catena che, in pieno XX secolo, ci legava all’anticadominazione monarchica e monastica». «I dolori che ci af-fliggono sono le libertà che mancano. Crediamo di non sba-gliarci, i palpiti del cuore lo provano: stiamo attraversandouna rivoluzione, stiamo vivendo un’ora americana». Ed allafine, ricordando gli obiettivi, le sue affermazioni sonougualmente inequivocabili: «La gioventú universitaria diCórdoba, attraverso la sua Federazione, saluta i compagnidell’America tutta e li incita a collaborare all’opera di libe-razione che è iniziata».

Questo proposito americanista – o, piú precisamente,ispanoamericanista – non è del tutto accidentale nellariforma di Córdoba. Come ha documentato Gabriel delMazo – uno dei suoi piú lucidi mentori e, senza dubbio, ilsuo piú scrupoloso storico – quel movimento «aveva unsenso di unità ed uno stesso respiro americano nella sua ori-gine ed originalità; americanista nei suoi piú immediatiobiettivi, lasciò un’impronta a tutta un’epoca, stimolandoavvenimenti, come una forza della storia, come unacoscienza di emancipazione in sviluppo».

Questa «forza della storia» – questa «necessità storica»,come l’avrebbe chiamata Alejandro Korn (il primo deidecani eletti con l’appoggio studentesco nell’università diBuenos Aires) – era l’espressione del variegato e complessoinsieme di fattori che, nel suo sfondo storico-sociale, ani-

674

Page 675: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mava e trasformava la riforma di Córdoba nella rivendica-zione di un’intera epoca che lottava per rompere i modelliche la imprigionavano. «Non dobbiamo considerare questimovimenti, che turbano il tranquillo ambiente universitario– affermava Korn nel suo discorso di insediamento – comefatti isolati e fortuiti. Dopo una lenta incubazione, si sonomanifestati, sono esplosi in altri ed hanno provocato riper-cussioni in tutti, fino ad imporsi con l’implacabile coerci-zione delle forze che vengono alla luce in un precisomomento storico. Dobbiamo metterli in relazione non acause occasionali od accidentali, ma al principio fonda-mentale che li informa. Non dobbiamo valutarli, secondo leloro caratteristiche umane, talora eccessivamente umane,bensí tenendo presente la finalità che li regge. Sonol’espressione ancora scomposta, vaga, forse informe, dellaprofonda inquietudine che scuote l’esistenza delle nuovegenerazioni. Qualche tumulto doveva causare lo scricchio-lío dei vecchi modelli».

I «vecchi modelli» si sgretolavano perché irrompevano –come fermenti creatori della storia – molteplici drammaticiavvenimenti che modificavano radicalmente le prospettivedel tempo, falsavano «le vecchie forme della convivenzasociale» e sconvolgevano, di conseguenza, il modo di «tra-smettere i tradizionali valori».

Insomma, si trattava di una crisi che minava i pilastri fon-damentali che sostenevano l’imperante concezione delmondo, allora messa in discussione e giunta al punto di dis-solversi in seguito allo scoppio della prima guerra mon-diale, al trionfo della rivoluzione bolscevica ed al ruolo pre-dominante che cominciavano a svolgere gli Stati Uniti nelloscenario mondiale. L’Europa, fino ad allora egemone sotto

675

Page 676: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tutti gli aspetti, sembrava spossata e stremata. La sua vecchiacultura aveva perso la solidità e lo smalto che aveva mostratiun tempo. «Di fronte alla civiltà europea in crisi – ha scrittoGabriel del Mazo – veniva meno la continuità del suo magi-stero intellettuale ed alla nuova generazione s’imponeval’esigenza vitale di salvare i nostri paesi dal destino dei po-poli europei».

In questo contesto – e, senza dubbio, con l’appoggio delgoverno di Hipólito Irigoyen – l’emergente classe mediaargentina riteneva le università una sorta di fortificazionicontrollate dalla vecchia oligarchia, dal clero e dalla forzaemergente del capitalismo, il che contrastava con qualsiasiproposito di instaurare un ordine piú aperto e democra-tico in grado di preservare l’America Latina dai pericoliche avevano fatto precipitare l’Europa nell’ecatombebellica.

Oltre alla classe media, del resto, agiva anche, pre-standogli aiuto e sostegno ideologico, un movimento piúampio e di maggiori proporzioni. Come ha oppor-tunamente segnalato Hanns-Albert Steger, molte dellerivendicazioni e disposizioni avanzate dagli studenti ar-gentini – ad esempio, la libera assistenza e la libera docenza,la divulgazione culturale o la creazione di università popo-lari – furono inspirate direttamente dalla FederazioneOperaia Regionale Argentina, un movimento anarchico-sindacalista, con evidenti analogie con l’anarchismo ita-liano e l’Università Popolare di Luigi Fabbri. «Non dob-biamo scordare – aggiunge Steger – che i lavoratoridell’industria argentina erano in numero considerevole diorigine italiana». Non è quindi strano, anzi è nella logicadei fatti, che gli iniziali propositi accademici s’innestassero

676

Page 677: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

in un contesto di chiare ed espresse motivazioni politiche,dando alla fine luogo a disposizioni ed a manifestazioniantimilitariste ed antimperialiste, che invocavano una mag-giore democratizzazione, non soltanto nell’università manella stessa società in cui essa operava.

In questo clima era naturale che l’asse strutturale delmovimento di Córdoba (che si estese, come si ricordava,rapidamente alle altre università argentine e, in pocotempo, anche ad altri paesi latinoamericani) avesse comeobiettivo prioritario un’evidente e ben precisa preoccupa-zione sociale (civile, politica e morale) che, oltre a trasmet-terle un profondo entusiasmo, le forniva un supporto di ori-ginalità ed un’indubbia progettualità in ogni ambito delnostro continente. Gli spiriti piú illuminati di quell’epocaintravedevano in quei segnali la speranza dell’autenticaemancipazione, la quale – malgrado una formale indipen-denza politica – da sempre è stata invocata da tutti i nostripopoli. Gabriel del Mazo è giunto ad affermare non senzaopportune argomentazioni – nonostante oggi l’espressionepossa apparire esagerata o quantomeno retorica – che lariforma universitaria «è uno dei nomi della nostra indipen-denza», «di quella vecchia indipendenza, sempre castigata ocontraffatta, ma sempre combattiva nell’opera di rinnova-mento e purificazione».

Questa preponderanza dei problemi sociali – cosí comela corrispondente formazione che l’università doveva for-nire ai suoi studenti – viene espressa in modo assai traspa-rente da Alfredo L. Palacios nel Prologo della sua opera.Quasi si trattasse di tracciare un modello opposto a quellodell’università tedesca – incentrata sul culto della scienza edella formazione selettiva che essa richiede –, Palacios ci

677

Page 678: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dice: «Sia che la ricerca scientifica venga considerata il fineprincipale dell’università e la scienza sia il fondamento ditutte le professioni oppure che la ricerca sia ritenuta ilmezzo per elevare il livello etico ed ideale della vita, c’èsempre – se viene instaurato un vincolo spirituale tra pro-fessori ed alunni – un’azione educativa che non rimane cir-coscritta all’ambito dell’intervento scientifico, ma crea unambiente sociale che coinvolge il discepolo, trasforman-dolo in un autentico uomo. Noi, che abbiamo proposto, asuo tempo, la riforma, volevamo che l’università fornisse unideale di cultura per vigilare sul progresso della società esulla sua salute morale».

L’università, in tal modo, veniva reputata un mezzo ouno strumento del cambiamento sociale. La sua primariafunzione, anche se era quella di formare lo studente, esi-geva che in tale formazione fossero immessi i princípi e lemotivazioni che lo trasformassero in un attore che avrebbeagito in modo dinamico sulla società per modificarla. Nel1923, assolutamente sicuro di interpretare il piú genuinoideale della riforma, cosí si esprimeva Carlos Cossio nellasua opera intitolata La reforma universitaria : «La riforma uni-versitaria è parte della riforma sociale che deve realizzarsinell’università».

Tuttavia, per assolvere a tale finalità sociale – e, in fin deiconti, rivoluzionaria –, l’università abbisognava, senza alcunindugio, di godere di una piena autonomia che le permet-tesse di esercitare senza restrizioni le sue fondamentale fun-zioni. Perciò, nell’equivoca e talora imprecisa formula-zione, quell’autonomia implicava una variegata molteplicitàdi significati, vagamente identificati con la nozione di un’as-soluta libertà. Tale libertà corrispondeva o si conformava al

678

Page 679: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

diritto di cui doveva godere l’università nell’elezione dellesue autorità per poter governare l’istituzione al di fuori diogni ingerenza da parte dello Stato; per nominare i suoiprofessori e perché questi potessero formulare i piani distudio ed esercitare la docenza senza nessun impedimento;per amministrare i fondi che il governo concedeva all’uni-versità o che essa poteva ottenere autonomamente; e, daultimo, per godere entro il proprio recinto territoriale diun’assoluta privatezza – o, se si vuole, di un’inviolabilità – difronte a qualunque azione di controllo o di vigilanza chepretendesse effettuare qualunque istanza ad essa estranea,compreso naturalmente lo Stato.

L’autonomia era, in fondo, una forma di sovranità.L’università veniva, di fatto, trasformata in uno Stato nelloStato. In quanto sovrana, rappresentava una sorta direpubblica democratica in cui i componenti – in quantosuoi cittadini – dovevano designare i governanti medianteun’elezione popolare e diretta. «La sovranità del-l’università riformata – scrive Gabriel del Mazo nella suaopera Estudiantes y gobierno universitario – trae la propriaorigine dall’organizzazione del chiostro. Lí si trova lafonte del suo diritto; lí la ragione della sua autonomia. Inuno Stato democratico l’autonomia universitaria è legitti-mata soltanto dall’integrazione nell’università di tutte lesue componenti e dal carattere democratico del suogoverno, basato sull’universalità della sua interna cittadi-nanza».

Sarebbe ingiusto non riconoscere alla riforma universi-taria latinoamericana, nonostante i suoi aspetti criticabili,tangibili ed indiscutibli meriti. Oltre a quelli già menzio-nati – tra cui, senza dubbio, emerge la valenza storica ed

679

Page 680: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

integratrice che essa ha avuto per i nostri popoli –, è oppor-tuno, a titolo di semplice e schematico inventario, anno-tare i seguenti: la libertà accademica che la riforma haimposto nell’insegnamento e nella ricerca scientificarispetto al dogmatismo e all’oscurantismo imperanti; il rin-novamento dei metodi di insegnamento – compreso quelloattivo e sperimentale – rispetto a quello libresco, sterile,nozionistico e mnemonico, allora esistente; la libera fre-quenza degli studenti – intesa come opportunità perquanti, per ragioni economiche o di lavoro, non potevanoassistere regolarmente alle lezioni – e che, di fatto, prean-nunciava in qualche modo l’attuale «università aperta»; ed,infine, almeno per ciò che riguarda i princípi ed i criteri diselezione dei professori, i concorsi ed i ruoli a termine.Contemporaneamente – vista in una prospettiva di meragiustizia sociale – la gratuità dell’insegnamento a livellouniversitario è un postulato che tiene presente una dram-matica realtà socio-economica ed i cui vantaggi non pos-sono né devono essere negati ai numerosi e poveri studentiche provengono dalle classi piú disagiate e piú bisognosedei nostri paesi.

Se questi obiettivi giustificano, di per sè, la riforma diCórdoba, sarebbe eccessivo ed ingiusto sostenere che essaed il modello universitario che ha cercato di coniare rap-presentino una sorta di panacea o un ideale da imitare cie-camente come un auspicabile archetipo. Oltre al fatto cheuna tale idea di università è sostenuta da un’infondata ana-logia – il che la rende debole e falsata alla luce di qualsiasisua analisi filosofica e sociale – bisogna notare, comunque,che la sua struttura accademica ripete e rilancia, senzaimportanti o significative variazioni, le basi e le forme

680

Page 681: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sostanzialistiche che servivano da sostegno e da schemaall’università medievale. In questo senso, la riforma diCórdoba, cosí come il modello universitario che in seguitosi è imposto in ambito latinoamenicano, è profondamentetradizionalista e scarsamente innovativa.

Dal volume: Ernesto Mayz Vallenilla, Il tramonto delle università, pub-blicato in italiano, a cura di Felice Gambin, nella collana dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici «Il pensiero e la storia» (La Città delSole, Napoli, 1996).

681

Page 682: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Le migrazioni italiane in Argentina

FERNANDO J. DEVOTO

Università di Buenos Aires

Gli studi sull’emigrazione italiana in Argentina, ma piúin generale gli studi sull’emigrazione sia in Italia sia inArgentina, hanno registrato un prolungato disinteresse daparte degli storici professionali. I ritardi e le carenze eranogià osservati ironicamente da Giorgio Spini in un breve sag-gio del 1966, in cui sottolineava (e nella sottolineatura davaun’implicita indicazione delle cause del problema), come,mentre si sapeva quasi tutto della storia del movimento ope-raio e socialista nel piú piccolo comune d’Italia, non sisapeva invece quasi nulla sulla storia di milioni di personeche erano emigrate dall’Italia e che appartenevano aglistessi ceti subalterni. Un’osservazione simile fu fatta daRenzo De Felice, collegando il disinteresse degli storici ita-liani verso gli emigranti non già alla predilezione per alcuniattori sociali, quale emergeva nella nuova storiografiasociale, ma al predominio di una storia etico-politica cheaveva allontanato per tanti anni (soprattutto nel periodo trale due guerre) gli studiosi dagli argomenti di storia socialeed economica.

L’osservazione di De Felice, al di là dei suoi meriti, nonsottolineava che una constatazione simile era possibile farlaper altri contesti europei e che gli storici italiani non pote-vano vantare alcuna originalità di approccio. Lo aveva giàaccennato Frank Thistlethwaite, in un polemico rapporto alconvegno degli storici di Stoccolma del 1960, ricordando

682

Page 683: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

come la storiografia europea aveva fino ad allora studiatosolo marginalmente i grandi movimenti transoceanici. Equesta osservazione poteva applicarsi a una grande storio-grafia, come quella francese legata alle «Annales», anche sei suoi direttori avevano suggerito, già nel primo numero del1929, il tema delle migrazioni internazionali tra le ricercheda condurre. Anzi, come è stato sottolineato di recente,buona parte di quella storiografia fece molto, soprattuttonegli anni braudeliani, per imporre la visione di societàimmobili d’ancien régime, nelle quali non soltanto gli sposta-menti erano ridottissimi, ma coinvolgevano strati socialimarginali. L’osservazione poteva applicarsi anche a storio-grafie meno innovatrici, come quella spagnola, della quale,ancora di recente, Nicohis Sanchez Albornoz poteva lamen-tare di quanto poco avevano progredito le ricerche sull’e-migrazione.

In un polemico saggio, che calcolava le tesi di PhD diargomento migratorio realizzate negli Stati Uniti tra il 1893e il 1965 (appena 127), Rudolph Vecoli constatava cheanche nella storiografia statunitense – peraltro consideratapioniere negli studi sulle migrazioni – potevano registrarsigli stessi limiti. Lo storico dell’Università del Minnesota eraportato ad affermare che quella etnica era stata una dimen-sione trascurata nella storiografia nordamericana. Ecomunque, anche se si poteva avere un’immagine piúottimistica sugli studi migratori ivi prodotti, rimaneva appli-cabile l’osservazione di Thistlethwaite sui caratteri deglistudi sulle immigrazioni negli Stati Uniti da parte degli sto-rici americani: essi trascuravano completamente la situa-zione premigratoria, come se la storia degli immigrati inco-minciasse con il loro arrivo a Ellis Island.

683

Page 684: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

In questo contesto generale, non è sorprendente cheanche tra gli storici argentini, per i quali la storia erudita diargomento istituzionale o politico era ancora largamentedominante negli anni Cinquanta, l’interesse per gli immi-granti fosse molto ridotto. Inesistente era anche in quellacosiddetta “Nuova Scuola” che faceva passare come grandenovità, ancora nel periodo tra le due guerre, gli schemimetodologici alla Bernheim o alla Langlois-Seignobos, enella quale l’esistenza di cognomi italiani sembra argomen-tare in favore della tesi di Marcus Lee Hansen sugli atteg-giamenti della seconda generazione. Non sorprende, dun-que, che quando questi storici decisero di realizzare unagrande opera collettiva sulla Historia de la Naciòn Argentinaquesta terminasse col 1862, quasi a voler sottolineare che lanazione, anzi l’identità nazionale, era già costruita, unavolta e per sempre, prima che incominciasse la grandeondata migratoria che avrebbe portato la popolazione dal1.500.000 del 1869 ai 7.000.000 del 1914.

Certamente, un quadro cosí netto dei ritardi storiograficipuò rischiare di portare a sottovalutare i molti lavori chefurono prodotti sulle migrazioni soprattutto dai contempo-ranei della grande emigrazione di massa di fine Ottocentoed inizio del Novecento, e a trascurare pregevoli ricerche,in maggioranza italiane, che analizzavano il caso argentinoin se stesso (Einaudi) o che affrontavano comparativamentediverse realtà d’insediamento (Coletti, Prato). Ancor piú ingenerale, si potrebbe aggiungere che si trascurano anchetutte quelle ricerche che consideravano l’emigrazione (equesta sarà una caratteristica largamente presente neglistudi prodotti dalla storiografia italiana) come un problemapercepito esclusivamente in rapporto ai risvolti interni della

684

Page 685: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

storia postunitaria, come la questione meridionale o i pro-blemi della vitalità demografica italiana. Da parte argen-tina, oltre alle numerosissime tesi – in buona parte trascu-rabili – su argomento migratorio, discusse soprattutto nelleFacoltà di Giurisprudenza, o alle preoccupazioni generalidi carattere economico e demografico nelle opere diAlejandro Bunge o Juan Alsina, si fece probabilmenteancora meno, nella misura in cui l’immigrazione non fuvista, per un lungo periodo, come un «problema». D’altraparte, la storia dei diversi gruppi migratori nel paese suda-mericano rimaneva nelle mani degli studiosi di ciascungruppo etnico e le loro opere, non sempre trascurabili – sipensi ad esempio a uno Zuccanini – rimanevano comunquefuori dalla cerchia aulica della storiografia accademica o diprestigio.

Ma tutti questi esempi, piú che smentire, confermano,nella loro singolarità o nella loro marginalità accademica, ilquadro sopraccennato. Perciò è lecito domandarsi se visiano elementi comuni che contribuiscano a spiegare loscarso interesse sulle due sponde dell’Atlantico verso unfenomeno che oggi appare cosí centrale nella storia degliultimi due secoli. La diversità delle storiografie nazionalicoinvolte rende difficile una risposta globale che possa pog-giare su una base verificabile. Comunque, e in linea di ipo-tesi, si può argomentare che i movimenti migratori, inquanto coinvolgevano esperienze sociali che si sviluppa-vano in spazi sopranazionali, dovevano essere considerati dilimitata utilità per gli studiosi europei che dalla fine delsecolo XIX analizzavano i processi storici nell’ambito con-cettuale dello Stato-nazione. Stato-nazione che era la pro-spettiva privilegiata per dare senso non solo al processo sto-

685

Page 686: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rico ma anche al lavoro stesso degli storici, a loro voltacostruttori e garanti dell’identità nazionale. In effetti, qualepoteva essere il ruolo da attribuire a persone che avevanoabbandonato la patria e la cui storia sembrava non apparte-nere piú alla memoria della propria collettività nazionale?Certamente, oggi, quest’immagine appare straordinaria-mente riduttiva e non conseguente con i propri fini. Ancheuna storia strettamente nazionale poteva trovare nell’emi-grazione una chiave di lettura rinnovatrice; basti pensare adaspetti oggi cosí evidenti come la funzionalità delle rimessedegli emigranti al modello di sviluppo economico italiano,sottolineata da un Bonelli, da un Cafagna o da un De Rosa,o ai mutamenti – dall’alimentazione (si pensi alla ricerca diBevilacqua) all’immaginario politico – che comportò l’e-sperienza di andata e ritorno di tanti emigranti.

Si potrebbe aggiungere però che l’ideologia nazionalenon operava sui nuovi storici sociali, meno impegnati (manon sempre) nel ruolo civico e pedagogico assegnato allastoria. Ma in questi il problema del disinteresse verso l’emi-grazione acquisiva una nuova formulazione: sembrava adessi superfluo scegliere come oggetto di studio un aggre-gato sociale (i migranti) percepito come troppo eterogeneoper essere pensato come un attore sociale a cui attribuireun ruolo preciso nell’esplicazione del processo storico; nonerano una classe o gruppo sociale definibile e, per lo piú,non avevano domicilio conosciuto e fisso. Nei casi in cuil’emigrazione emergeva in modo rilevante, come ad esem-pio nell’opera di un Emilio Sereni, non appariva come pro-blema in sé ma come segno per giudicare delle storturedello sviluppo economico italiano. L’ostilità o almeno latrascuratezza verso i movimenti migratori permarrà a lungo

686

Page 687: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tra i nuovi storici. Si pensi allo scarso rilievo che l’argo-mento assume nei volumi dedicati al periodo postunitarionella einaudiana Storia d’Italia, diluito com’è entro una«Italia fuori d’Italia», che certamente non aveva comescopo principale (per lo storico scelto e l’impostazioneassunta) lo studio dell’esperienza degli emigrati italiani al-l’estero.

Se risultava difficile la percezione dell’utilità esplicativa odelle possibilità di ricerca nei paesi d’origine dell’emigra-zione, nel caso dei paesi d’accoglimento si sovrapponeva lapercezione della minore utilità nell’occuparsi di un sog-getto sociale che diventava ben presto altro, per la suppostaveloce dissoluzione della sua identità originaria. Inoltre, ladispersione geografica delle fonti e i limiti delle stesse(soprattutto di quelle quantitative) per studiare gruppi incontinuo movimento costituivano ostacoli aggiuntivi.

Gli studi sull’emigrazione italiana all’estero e sul-l’immigrazione europea in Argentina hanno conosciutocomunque negli ultimi trent’anni, dopo un lungo ritardo,un notevole sviluppo: quasi in coincidenza con la fine delfenomeno sorse un forte interesse verso lo stesso. Neglianni Settanta soprattutto è stato prodotto un insieme distudi, sia in Italia sia in Argentina, sui problemi dell’emi-grazione, che hanno fornito un primo quadro interpreta-tivo del fenomeno; tra essi, al di là delle diversità tematiche,è possibile trovare tracce di uno stesso clima storiografico.Una prima caratteristica comune è la divisione di fatto dellavoro (comune anche a studi coevi su altri movimentimigratori europei) tra gli argomenti d’interesse per gli sto-rici del paese d’origine e quelli che invece preoccupavanogli studiosi dei paesi d’adozione. Gli emigranti italiani

687

Page 688: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

erano dunque «spartiti» dagli studiosi: mentre gli italiani sioccupavano dell’emigrato prima della partenza, discutendole ragioni che motivavano l’esodo, gli americani inveceguardavano al percorso tra lo sbarco e l’integrazione. Maquesti due approcci si legittimavano entrambi, nel sensoche ambedue partivano da una immagine simile dell’emi-grazione come esperienza lineare e irreversibile e presup-ponevano che la decisione di emigrare stabilisse una rotturadecisiva nell’esperienza dei soggetti coinvolti tra un«prima» e un «dopo» la scelta migratoria. Rottura cheimplicava sia una frammentazione del soggetto sociale indue (con tutte le implicazioni che questo comporta in rap-porto all’immagine che si costruisce dello stesso), sia la tra-sformazione di un’indagine su un movimento in un’altra susingole fasi fotografate nelle componenti statiche.

Per fare un quadro molto schematico, e fondato su unparziale ricorso alla bibliografia prodotta in quegli anni, sipuò affermare che gli studiosi italiani che si occuparono inquel periodo dei movimenti migratori lo fecero lungo duelinee d’indagine principali. Una fu l’analisi economico-demografica che cercava di descrivere le dimensioni quan-titative del fenomeno e di stabilire correlazioni tra questeed altre macrovariabili economiche alla ricerca del primomotore immobile che metteva in movimento il processo (lacosiddetta discussione sulle cause). L’altra invece cercò distudiare le dimensioni politiche del movimento migratorio,sia in rapporto al dibattito attorno al ruolo dell’emigra-zione di massa che investí con forza l’Italia contemporanea,sia in relazione ad aspetti piú specifici come le politichemigratorie postunitarie o il funzionamento delle struttureistituzionali create dallo Stato attorno al fenomeno. Due

688

Page 689: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ottime ricerche possono servire di esempio: la raccoltacurata nel 1978 da Gianfausto Rosoli e il volume coevo diErcole Sori, ma tratti comuni hanno anche libri comequello curato da Franca Assante o la raccolta di testi fatta daCiuffoletti e Degl’Innocenti o anche un’opera come quelladi Mazzotti. Pur con tutte le differenze, queste opere stabi-lirono un valido quadro cui si appoggiarono i nuovi studidegli anni Ottanta. Cercando gli elementi comuni a que-st’insieme si potrebbero sottolineare due aspetti. Da unpunto di vista tematico, i tratti comuni sono il pensare ilmovimento migratorio entro un quadro nazionale e il per-cepire i migranti come un tema che riguarda soltanto ilproblema della partenza e a volte anche del ritorno, ma chenon riguarda l’esperienza dei soggetti all’estero. In realtàquest’ultimo aspetto è collegabile a un piú generico disinte-resse verso le diverse fasi dell’esperienza dei soggetti nel qua-dro di approcci macrostrutturali.

Da un punto di vista metodologico, quello che li acco-muna è l’utilizzazione prevalente di fonti pubbliche, sia sta-tistiche sia parlamentari, e la limitata attenzione rivolta allastoriografia prodotta all’estero. Questa caratteristica rimaneanche oggi un tratto di alcuni studi prodotti in Italia; perconvincersene basta guardare una recente rassegna storio-grafica sulle migrazioni.

Ma un altro clima generale, anche se a volte di originediversa, segnava il tono generale di molti di quei lavori. Essierano dominati dall’idea che l’emigrazione fosse parte delprocesso piú generale di proletarizzazione prodotto dalcapitalismo, con l’espulsione dalle aree rurali di forzalavoro che non trovava sbocco nelle nuove aree urbano-industriali – e in questo senso, non si trattava solo dello svi-

689

Page 690: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

luppo del capitalismo, ma dei suoi ritardi nei paesi del suddell’Europa. L’immagine di masse affamate espulse dalcapitalismo trovava mezzi narrativi molto efficaci; bastaricordare un poema cosí ampiamente utilizzato come fuquello di Barbarani. Questa interpretazione trovava i suoipunti d’incontro con quell’altra che recuperava i toni ro-mantico-populisti che pervasero le immagini letterarie egiornalistiche dell’Ottocento, secondo cui gli immigrantiapparivano come bambini sfruttati da forze ora perso-nalizzate (gli agenti di emigrazione) ora impersonali (leforze del capitalismo: l’ampliamento del mercato o l’inno-vazione tecnologica), ma che vedeva anche nel-l’emigrazione tutti i mali che comportava la dissoluzionedel mondo rurale tradizionale. In tutto questo trovavanospazio le altre immagini cosí efficaci sulla «tonnellataumana», le condizioni sanitarie nelle navi, le truffe nei portid’imbarco. Ma anche uno dei pochi lavori specificisull’Argentina, lo studio cosí intelligente di Grazia Dore,era pervaso da quelle convinzioni: l’immagine risultantedell’emigrazione era di un processo gestito solo da queigrandi interessi che giravano attorno al lucrativo commer-cio dell’emigrazione. Inutile dire che in un tale quadro icosiddetti fattori push o di espulsione, e dentro questi imotivi economici a preferenza di quelli demografici, ave-vano il sopravvento con poche eccezioni (come Galasso, o,sul caso argentino e in modo parziale, Lauricella).

Da parte italiana l’insieme d’indagini che fiorirono tra lametà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta portòuno storico cosí autorevole come De Felice ad affermareottimisticamente, in un nuovo bilancio storiografico, chegià nel 1978 si poteva considerare definitivamente acquisita

690

Page 691: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

la conoscenza del fenomeno migratorio italiano e che l’in-dagine doveva spostarsi verso la storia delle comunità ita-liane all’estero. Suggerimento che se, da un lato, rivelaval’illusione tradizionale della conoscenza definitiva di unpassato, come se questo fosse indipendente dalla diversitàdi domande che in ogni epoca pongono gli storici, dall’al-tra aveva il merito di sottolineare come questi studi con-tinuavano ad ignorare quello che succedeva oltre oceano.

Se si dovesse scegliere un punto di partenza per gli studisull’immigrazione italiana condotti da ricercatori argentini,questo potrebbe essere il progetto sull’impatto dell’immi-grazione di massa nel Rio de la Plata che Gino Germani eJosé Luis Romero diressero nella Facoltà di Lettere eFilosofia dell’Università di Buenos Aires. Scelta che puòsembrare, a prima vista, paradossale, giacché l’oggetto distudio non erano gli italiani ma gli europei. Ma era caratte-ristica comune degli studi accademici negli anni Sessanta ildisinteresse per le specificità dei singoli gruppi nazionali.

Il progetto presentava inoltre un quadro d’influssi moltoeterogenei, in cui i motivi forniti dalla sociologia nordame-ricana erano forse meno egemonici di quanto supposto.Tale eterogeneità era inevitabile, dal momento che i forticontrasti ideologici della vita universitaria di quegli anniproiettavano le loro ombre sul progetto diretto da Germanie Romero. La Problematica General rivela diversità tematichee ambiguità metodologiche, collegabili alla cooperazionetra professioni differenti (con l’inevitabile mediazione tracodici diversi) e per lo piú afferenti a matrici culturali nonomogenee. In modo, al di là delle differenze che sono oggirintracciabili nei numerosi articoli prodotti dai ricercatoriche prendevano parte al programma, emergono elementi

691

Page 692: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

comuni che riguardano la forma di approssimazione allostudio dell’immigrazione europea in Argentina. Innanzi-tutto, tutti coloro che procedevano nelle loro analisisecondo un approccio demografico o economico lo face-vano partendo da una dualità concettuale, nativo-immi-grante europeo, che era la conseguenza del tipo di classifi-cazione stabilita dalle fonti utilizzate. Classificazione cheera adoperata però senza discutere eccessivamente sull’im-magine della realtà sociale in essa contenuta né sull’ipotecache quella percezione poteva imporre sui risultati da otte-nere. L’interesse principale per quella bipolarità nativo-immigrante europeo derivava dal fatto che serviva persostenere un’altra bipolarità piú significativa: societàtradizionale-società moderna.

In secondo luogo, quasi tutti i lavori (come anche quellicontemporanei fatti dagli storici e demografi italiani) pog-giavano sostanzialmente sulle fonti pubbliche, qualitative equantitative. Dell’interesse verso le prime si può ricordarel’enfasi sulla microfilmatura negli archivi diplomatici euro-pei delle fonti riguardanti le ambasciate e i consolati inArgentina. L’interesse per le seconde è evidente nella supe-rutilizzazione dei dati dei censimenti nazionali nelle ricer-che demografiche o economiche. Tendenza quest’ultimache riposava a sua volta sulla certezza dell’utilità di adope-rare dati molto aggregati per l’analisi di problemi riguar-danti l’inserimento economico degli immigranti, cosí comealtri correlati all’assimilazione sociale. Ma questa certezzasulla validità dei grandi aggregati censuari poggiava su al-cune presunzioni non sufficientemente discusse. Una era lacredenza nella validità degli ambiti nazionali (in un sensogiuridico-politico e dunque anche statistico), che era il

692

Page 693: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

taglio proposto dalle fonti pubbliche per studiare i processistorici di mobilità. Un’altra era, in campo metodologico,l’affermazione della legittimità di una procedura che utiliz-zava questi dati per verificare teorie macrosociali disegnatea priori.

Tutti questi lavori si basavano su un insieme di ipotesiinterpretative sul ruolo dell’immigrazione di massa e sullecaratteristiche della società argentina postmigratoria. Tuttal’impalcatura interpretativa riposava su due ipotesi forti. Laprima – nel quadro di un modo di pensare il cambiamentosociale come risultato degli atteggiamenti culturali e nor-mativi degli attori sociali – era il ruolo di agente moderniz-zatore che avrebbero svolto gli immigrati europei nellasocietà tradizionale argentina. La seconda era il successo ela velocità dell’assimilazione o, come preferiva direGermani, della fusione degli immigrati europei nella o conla società argentina. In realtà, le due ipotesi erano interre-late e la seconda era un presupposto della prima, poichédifficilmente gli emigranti sarebbero riusciti a cambiare ilvolto della società se non si fossero integrati in essa.

Ma non tutti gli studiosi di quegli anni Sessanta ed inizioSettanta potevano rientrare nel quadro di una interpreta-zione cosí ottimista del ruolo degli immigrati nella moder-nizzazione argentina. Anzi, molti erano piú attenti a vederenegativamente il processo di formazione dell’Argentinamoderna, soprattutto per la ferrea convinzione dei limiti diun modello di sviluppo economico aperto basato sulleesportazioni d’alimenti e materie prime. Dal punto di vistasociale, studiosi come Gastón Gori o James Scobie conside-ravano complessivamente fallimentare l’esperienza dell’in-serimento degli immigrati europei nelle aree rurali, poiché

693

Page 694: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

solo pochi erano riusciti a diventare proprietari. La soprav-vivenza della grande proprietà, la prevalenza degli affittiagrari e l’insediamento degli immigrati nelle grandi città(nonostante la loro origine rurale) erano ritenute proveirrefutabili di un’esperienza globalmente fallimentare. Lasituazione nel contesto urbano era vista attraverso i tonioscuri forniti dalle fonti contemporanee, sulla presuntamarginalità dell’emigrante o sulla degradazione della vitaurbana, in specie per le condizioni malsane delle abitazioni(i conventillos) e dei luoghi di lavoro. Immagini che pare-vano trovare una conferma non soltanto in ricerche di sto-ria sociale, come quelle di Bourdé, Yujnovsky o Scobie, maanche in quelle che utilizzavano l’altra fonte privilegiatanegli anni Sessanta: la letteratura. In questo senso, unalinea comune univa lavori come quelli di Onega o Viñas: ilfallimento della speranza di fare l’America che gli immi-granti avevano portato con sé.

Ma in molti di questi studi, al di là dell’ottimismo o pes-simismo che li guidava, comparivano alcuni presupposti dibase. Innanzitutto che qualunque fosse stata la sorte indivi-duale degli immigranti, la società argentina risultante dal-l’emigrazione di massa aveva subíto un positivo processo diomogeneizzazione. Inoltre, che per giudicare del successocomplessivo degli immigrati non c’era bisogno di alcunaindagine sulle motivazioni o le aspettative degli stessi, e chequeste potevano benissimo essere presupposte. Se nonerano diventati proprietari era perché non ce l’avevanofatta, se avevano dovuto ritornare era perché avevano fal-lito. In questo senso le ricerche in Argentina, che avevanotanto in comune con quelle fatte in Italia (si pensi alla

694

Page 695: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

predilezione per gli approcci macrostrutturali, per lo studiodel fenomeno nella dimensione nazionale o per la valo-rizzazione prevalente delle fonti pubbliche), trovavano unaltro punto d’incontro: l’immagine di un immigrante tra-scinato da forze ignote e impersonali da un estremo all’al-tro dell’Atlantico (e ritorno), inconsapevole e impotente difronte all’onnipotenza del capitalismo mondiale.

Negli anni Ottanta si produssero mutamenti significativinegli studi sui movimenti migratori. Innanzitutto il campod’indagine trovò un suo spazio specifico e una sua legitti-mità istituzionale, che fu il risultato di un processo piúgenerale di dilatazione e simultanea frammentazione del-l’orizzonte della storiografia europea. Nacquero cosí rivistespecializzate che si aggiunsero alle pionieristiche «StudiEmigrazione» e «International Migration Review», nonchéassociazioni di storici interessati alle migrazioni e ai gruppietnici, convegni, finanziamenti, ecc., che crearono una retedi scambi fra studiosi specializzati sui movimenti migratori.Tutto questo fu conseguenza di necessità pratiche, riguar-danti la crescita geometrica degli studi e delle pubblica-zioni, ma anche il risultato di mutamenti nei paradigmiinterpretativi. In questo senso, fu la crisi dei modelli macro-sociali a legittimare una pluralità di approcci al passato,entro cui trovarono spazio i nuovi soggetti sociali, come igruppi etnici, la famiglia o il genere.

Nel caso argentino le novità inizialmente vennero da sto-rici nordamericani che si occupavano di storia la-tinoamericana, i quali indicarono nuove vie di ricerca. Ipunti innovativi di lavori come quelli di Sam Baily e MarkSzuchman venivano dai modelli emergenti della nuova sto-

695

Page 696: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ria etnica nordamericana per il primo, e dalle suggestionidell’opera di Thernstrom per il secondo.

In loro ed in altri studiosi emergeva una tendenza a con-siderare i diversi casi nazionali e non quelli europei in gene-rale, e anche a concentrarsi su tipologie regionali o addirit-tura locali, cosí come a valorizzare gli aspetti culturali esoggettivi del processo migratorio sui fattori cosiddetti«strutturali» che avevano primeggiato nel decennio prece-dente. I nuovi lavori, d’altronde, misero in circolazione unpiú spiccato interesse per gli approcci microstorici, comeparte di una concezione fortemente induttiva delle scienzesociali e promossero la valorizzazione di nuovi tipi di fonti.In questo senso, le limitate fonti pubbliche argentine (sipensi soltanto ai censimenti nazionali che nel Novecentopresentavano un gap di 33 anni tra il 1914 e il 1947!) –soprattutto se messe a confronto con quelle disponibili nelcaso nordamericano – potevano essere sostituite ocompletate dalla straordinaria ricchezza degli archivi delleassociazioni etniche o dei tanti giornali della comunità ita-liana a Buenos Aires. Dal punto di vista interpretativo, lenuove ricerche tesero a discutere le interpretazioni del «cro-giolo delle razze» proposte da Germani e dai suoi allievi.

Le sfide proposte dagli storici stranieri furono raccolteda una nuova generazione di storici argentini, nei qualiemerse un forte interesse per ripensare la storia argentinavalorizzando pienamente le continuità delle esperienzemigratorie, cosí come le diversità culturali che l’impattomigratorio aveva avviato nella storia del paese sudameri-cano e che i miti nazionali avevano impedito di percepirecon chiarezza.

696

Page 697: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Parallelamente a queste nuove ricerche sul problemadell’interazione tra italiani e società locale, sorse, in storiciche s’interessavano a problemi piú generali, una nuova let-tura del processo sociale ed economico argentino traOttocento e Novecento. Le nuove interpretazioni, presentiin opere come quelle di Roberto Cortés Conde ed EzequielGallo, rivalutarono il successo del modello di crescita versol’esterno e di integrazione al mercato mondiale dell’econo-mia argentina. Un risultato di questi nuovi approcci fu, adesempio, quello di giudicare piú positivamente l’inseri-mento degli italiani nelle aree rurali, o di valorizzare ilruolo svolto dai fattori pull nell’emigrazione europea ed ita-liana in Argentina. In quest’ultimo senso fu soprattuttoCortés Conde colui che enfatizzò il ruolo del differenzialedei salari come motivo di attrazione degli immigranti.L’analisi dello storico argentino rendeva evidente un fatto,difficile da misurare quantitativamente, ma sul quale eranoconcordi quasi tutti i contemporanei: i salari erano moltopiú alti nel paese sudamericano. Evidenza però forse menoconclusiva di quanto credesse l’autore. Non tutti i po-tenziali emigranti erano attratti da un salario piú alto; permolti il motivo trainante poteva essere il tipo di lavoro dis-ponibile nella nuova società, le immagini che avevano dellecaratteristiche di essa o la presenza di amici e parenti.

Da parte italiana, le novità storiografiche non furonominori; riguardarono le forme di approccio all’argomento,le dimensioni spaziali e temporali dalle quali studiano – sipensi solo alla distanza riscontrabile tra le ricerche a scalanazionale, prima elencate, e i nuovi studi su casi specifici,come ad esempio la notevole ricerca sui biellesi. Si rivaluta-rono anche pienamente le strategie sociali e la soggettività

697

Page 698: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

dei migranti, facendo emergere anche qui una dimensionepiú «privata» dell’esperienza migratoria e una rivalutazionedi nuove fonti, come le lettere o le storie di vita. Sotto il pro-filo interpretativo, invece, sorgeva una prospettiva piú otti-mistica del processo migratorio, con una minore enfasisugli aspetti piú oscuri e con una maggiore attenzione alruolo delle strategie di mobilità sociale nelle decisioni diemigrare a scapito dei rigidi fattori strutturali, come la pres-sione demografica o le congiunture economiche.

I nuovi studi rivelarono un ampio ventaglio d’interessi inbase ai quali era possibile ripensare (sia in Italia sia inArgentina) processi sociali piú generali a partire dallo stu-dio delle migrazioni. Non tutti i problemi sono stati peròrisolti. Innanzitutto rimane ancora uno scarso dialogo tragli studiosi che lavorano sul paese d’origine con quelli chelavorano sul paese d’arrivo, cosí come una eccessiva «spe-cializzazione» territoriale degli stessi. Rimangono anchealcuni problemi circa la delimitazione dell’oggetto d’inda-gine, la validità o meno dei diversi approcci territoriali espaziali e le tipologie da costruire nella straordinaria diver-sità di esperienze che coinvolsero la vita di milioni di per-sone.

Dal volume: Le migrazioni italiane in Argentina. Un saggio interpretativo,che raccoglie il testo delle lezioni tenute dal prof. Fernando J. Devotodell’Università di Buenos Aires all’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici dal 2 al 6 aprile 1990 (L’officina tipografica, Roma, 1994).

698

Page 699: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

II Brasile

ERNESTO GRASSI

Fondazione Studia Humanitatis, Zurigo

Negli Stromata (libro II, cap. XIII) Clemente di Alessan-dria chiamò la rivelazione a cui l’uomo perviene attraversoi sensi, epíbathron epistémes. Epíbathron è il prezzo che si pagaquando si oltrepassa la soglia (báthron). Di conseguenza l’e-píbathron era il riscatto simbolico che si versava quando,mediante i misteri, si intraprendeva il viaggio nella nuovavita. Se nell’uomo la percezione è già l’inizio di un mondoche si differenzia essenzialmente dal ritmo del vegetativo epuramente sensibile, allora tra il mondo dei sensi – nel lorosignificato biologico – e quello del puramente umano nonesiste alcun passaggio, ma solo un mutamento improvviso,una trasformazione: si oltrepassa una soglia e l’empiria (cioèil guadare i dati sensibili improvvisamente attivatisi) è ilriscatto da pagare.

La vita “spirituale” e le esperienze che essa comporta nonforniscono affatto, come troppo spesso si pensa, un nuovoordine che esisterebbe accanto o al di sopra dei mondi ordi-nati degli animali e delle piante. Come abbiamo visto, la vitaspirituale coincide piuttosto con l’esperienza originariasecondo cui all’uomo è affidato l’ordine che egli ha erettoin base ai suoi progetti. La scelta di tale ordine non è affattoinsignificante, perché esso gli si prospetta come compito,un fardello del quale l’uomo non potrà mai liberarsi.Poiché egli, a differenza dell’animale, non esperisce le pas-sioni come criterio direttamente vincolante, ogni passione

699

Page 700: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

umana è fin dall’inizio “spirituale” nel senso qui inteso: essapuò portare a mete diverse a seconda del modo in cuil’uomo si pone nei suoi confronti.

Pico della Mirandola esprime molto chiaramente questopensiero quando nella sua famosa opera De hominis dignitatescrive: «Accolse perciò l’uomo come opera di natura inde-finita e postolo nel cuore del mondo cosí gli parlò: “Non tiho dato Adamo, né un posto determinato, né un aspettotuo proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto,quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tuttoappunto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga econservi. La natura determinata degli altri è contenutaentro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nes-suna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui pote-stà ti consegnai [...]. Non ti ho fatto né celeste né terreno,né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero esovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tuavessi prescelto [...]”».

La vita spirituale presenta quindi due aspetti: unorimanda alle molteplici possibilità, posto di fronte alle qualil’uomo esperisce la propria assenza di mondo; l’altroaspetto gli fa patire la costrizione di costruire il mondo.Qual è il fondamento della necessità che determina lanostra vita e che ci induce a porre sempre l’esistenza in unnuovo ordine, quella necessità da cui scaturisce il diveniredella storia e a cui appartengono anche i momenti dellanostra personale affermazione?

Attorno all’altopiano la desolazione della solitudine siestende come un mare: in essa si cristallizza la città del fu-turo, Brasilia. Ai suoi confini si alzano nella tempesta rossivortici di sabbia; durante i temporali si librano lontane cor-

700

Page 701: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tine di rovesci tropicali. Questa città realizza l’ultimo sognoin cui tutti i moti vitali vengono regolati e tracciati secondogli schemi dell’architettura astratta. L’accresciuta raziona-lità sbarra la strada alla fantasia, sterilizza la vita, rimuovecon cura ciò che è casuale, sorprendente, straordinario:ognuno può recarsi soltanto nella propria tana numerata;ogni quartiere della città è destinato a una determinataclasse sociale. Se di notte, ai margini della città, si entra inun prato dove si può udire il frinire di un grillo, improvvi-samente sembra, anche se per poco, che questo rumorearrivi sulla terra da un altro pianeta.

Funzionale, calcolata, preventivata, la città toglie il respiro:sorta dal nulla nel giro di pochi anni, è un irreale cristallo geo-metrico in un mare di sabbia, di foresta vergine che non pro-gredisce (cerrado). Questa finzione razionale viene sostenutadalle basse onde del mare, di modo che non c’è continuità trala natura e questa realtà inquietante: è questa discontinuità,questo stacco, che esorcizza una paura fredda e spietata.

Ma c’è anche il contrario; cala il sipario su questa cittàdel futuro: sotto la pioggia tropicale, in cui alberi, capannee animali si allontanano a nuoto in modo spettrale, si arrivanella vecchia capitale coloniale del territorio di Minas Ge-rais, Ouro Preto, “Oro nero”. Le case e i palazzi portoghesidel XVII e XVIII secolo, ormai morti, respirano nella nottecalda. La vecchia città vive ormai solo attraverso lo sfondomobile delle case, dei vestiboli, delle ombre delle pesanti emanieristiche chiese barocche. Nella luce cangiante dei vec-chi lampioni ci si rende conto che la città è costruita su col-line; austeri e stretti vicoli salgono e scendono; dietro lemura c’è la grande malinconia del passato, di una storiagiunta alla fine: vita pietrificata!

701

Page 702: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nella sacrestia di una chiesa francescana un Cristoinchiodato alla croce abbraccia san Francesco con il bracciolibero: pieno di stupore lo sguardo vitreo del morente feb-bricitante si meraviglia dell’umanità dell’altro. Storia pas-sata che recita un dramma spettrale e impietrito nel vellutodella notte.

Il miracolo di questa città è nato dalla corsa all’oro e aglismeraldi che qui furono scoperti e dissotterrati; la natura ei suoi abitanti originari furono annientati dal fuoco, dagliomicidi e dalla schiavitú. Lo stretto rapporto tra la ciecavolontà di potenza e la creazione spirituale che conferiscealle opere conservate uno sfondo di sangue e la freddezzadella morte, viene qui offerto su una pàtera d’argento. Ibanani e i manghi si alzano dietro le corti dei piccoli giar-dini: odore di marcio e profumi di fiori aderiscono al muroinvisibile della notte; il frinire dei grilli conferisce ai vicolisilenziosi un’atmosfera tesa e sonora che risplende sull’ac-ciottolato delle scale e che, nella durezza dei passi solitari,trasforma i suoni sommessi in acciaio. Ci si trova qui, inoccasione di questo unico funerale, per spargere fiori sullabara spietata della città.

La struttura della pesante chiesa barocca: il suolo freddoe ondulato è composto da enormi lastre di pietra; l’altare ècome una grotta in cui la fantasia di Aleijadinho hamoltiplicato i santi, gli angeli e gli uomini come nel deliriodella febbre: nero, blu, verde, giallo e il color oro chedomina, nubi stilizzate in cui sono nascosti gli altari a nic-chia. Sulle porte della sacrestia pittura a guazzo, cineserie,reminiscenze dei francescani che andarono in Cina, il tuttosenza avere il carattere del museo, dato che ogni cosa stanella paura della morte, nel segno del destino umano:

702

Page 703: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

domina il palissandro scuro, ebano nero che i Brasilianichiamano coraçon de negro, “cuore di negro”.

Fuori, le colline nel velo della luce notturna e su di esseil velenoso verde pressato: sopra, il cielo tormentato dallenuvole. Il carattere teatrale dell’illuminazione naturaleavvicina, allontana e divide ciò che la nebbia dissolve.

Alcune notizie storiche che mettono in relazione il qua-dro delineato con le nostre domande sul corso degli avveni-menti storici: il microcosmo della volontà di potenza! Allafine del XVII secolo il territorio che poi sarebbe diventatolo stato di Minas Gerais era ancora foresta vergine (sertão)abitata dagli Indiani. Il paese conquistato forniva alPortogallo solo prodotti agricoli e forestali, in particolarelegno pregiato. Per questo motivo il Portogallo si sentivafrustrato nei confronti della Spagna, dato che la coloniafino ad allora non aveva ancora fruttato oro, mentre gliSpagnoli si erano già impossessati, come bottino, dei tesoridei templi aztechi e incaici. Ma circolavano racconti fanta-stici e mitici su tesori che dovevano trovarsi nei territori sco-nosciuti a nord di San Paolo.

Il territorio della stessa San Paolo è povero di ricchezzedel sottosuolo: i suoi abitanti però organizzano con il lorospirito di conquistatori le prime spedizioni (resgate). Per ap-propriarsi delle ricchezze leggendarie già ricordate, AlfonsoVI ordina la costituzione di una prima spedizione che devescoprire le fonti dei tesori nascosti. A questa spedizione, labandeira, prendono parte donne, bambini, Indios, meticci ePortoghesi; capi condannati a morte sono i mediatori tra iPortoghesi e gli Indios. Il re conferisce in anticipo al capodella spedizione, il capitano Ferñao Dias Pais Leme, il titolodi “capitano delle miniere e degli smeraldi”.

703

Page 704: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il 21 luglio 1674 i bandeirantes di Ferñao Dias lasciano lacittà di San Paolo, ma ben presto si vengono a trovare instato di estrema necessità. Il capo deve condannare a morteil proprio figlio per tradimento; a causa delle malattie, dellefatiche, dello sfinimento, a poco a poco la truppa della spe-dizione si riduce a pochi elementi che non trovano né oroné argento, solo alcune pietre verdi che vengono erronea-mente scambiate per smeraldi, ma che in realtà sono acque-marine.

In ogni caso Ferñao Dias ha aperto la strada alle bandei-ras successive nonché il collegamento tra San Paolo, Rio eBahia. Il rientro trionfale a San Paolo diventa un corteofunebre: il capo della spedizione soccombe alla febbre. Lapiccola truppa che porta le sue ossa si imbatte in una nuovaspedizione, molto piú numerosa, guidata da Don Rodriguezde Castelo Branco, che sempre in nome del re ha già otte-nuto il titolo di amministratore generale.

Nel 1681 Borbo Gato, il genero del primo eroe, si uniscealle truppe di Don Rodrigo pur considerandolo unusurpatore: piú tardi lo uccide. Per sottrarsi alla condannascompare. Solo vent’anni piú tardi (1700) indica, per sal-varsi la vita, il luogo delle miniere che egli stesso avevacasualmente scoperto e tenuto segreto. Dure lotte, assassi-nio e tradimento caratterizzano l’inizio della storia di MinasGerais.

A poco a poco trapelano le notizie sui tesori trovati. I“paolisti” organizzano altre spedizioni: scoppia una pazziafuriosa. Soldati e funzionari disertano; gli equipaggi dellenavi che arrivano a Rio e a Bahia abbandonano le lorounità; i monaci fuggono dai monasteri; gli schiavi dellepiantagioni di zucchero si uniscono in gruppi piú grandi,

704

Page 705: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

saccheggiano, violentano e massacrano, cosicché contro diessi si organizzano truppe armate.

L’ondata migratoria dal Portogallo al Brasile cresce a talpunto che il Portogallo corre il pericolo di spopolarsi. Perquesto, tra il 1709 e il 1711 viene negato qualsiasi espatrioin America senza particolare autorizzazione. Fioriscono ilmercato clandestino dei passaporti e l’organizzazione di tra-sporti segreti. Negli stessi anni il fiorentino Padre Antonilpubblica una relazione dal titolo Cultura e opulencia do Brasilpor suas Drogas e Minas. Questa descrizione della ricchezzadel Brasile accresce nuovamente l’avidità generale. Il reordina di distruggere la pubblicazione e proibisce qualsiasialtra opera al riguardo. L’accesso al territorio delle miniereviene severamente vietato e riaperto solo all’inizio del XIXsecolo. Francesi, Inglesi e Tedeschi si affrettarono a visitarei territori avvolti da favole, ma in un’epoca in cui la loro ric-chezza era ormai diventata un ricordo.

L’emigrazione dal Portogallo al Brasile raggiunsecomunque proporzioni tali che in meno di cento anni lapopolazione portoghese, che ammontava allora a circa duemilioni di abitanti, perse 800.000 emigranti. Essi fondarononel nuovo continente piccole colonie chiamate arraiais, ter-mine con cui si designavano in Portogallo le raccolte di pel-legrini nelle vicinanze dei santuari. Questi pionieri dove-vano però con le armi difendere dai briganti l’oro estratto.

Per arginare tali conflitti, il governo regio istituisce unasevera amministrazione. Il territorio in cui sono stati trovatii diamanti (Diamantina) viene chiuso in via eccezionale e leminiere vengono dichiarate proprietà del Re. Qualsiasicommercio privato di diamanti viene punito come alto tra-dimento. I centri dell’amministrazione principale vengono

705

Page 706: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

trasferiti da San Paolo; come sede del governo si fondanonuove città tra cui Sabarà e Ouro Preto. Poiché qualsiasialtra attività – fatta eccezione per l’estrazione di oro innome del Re – è severamente vietata, la provincia deveimportare i generi alimentari e il Portogallo si riserva l’e-sclusiva. La ricchezza inizia a diffondersi intorno al 1720 eraggiunge il suo apice intorno al 1730. Questo splendore èdi breve durata perché il metodo empirico per l’estrazionedell’oro, e cioè la distruzione dei boschi per raggiungerepiú facilmente le rocce, porta all’esaurimento dell’acquache era necessaria per il lavaggio del metallo. L’equilibrioecologico distrutto influenza di nuovo in modo negativo lasituazione economica che a sua volta ha conseguenze poli-tiche. Nel 1770 il governatore di Minas Gerais riferisce al Redel decadimento delle miniere d’oro. Come conseguenzadell’aumento di imposte da lui ordinato viene ordita, nel1788, la cosiddetta congiura dell’Inconfidencia composta daufficiali, intellettuali e preti: tutti aspirano all’indipendenzadel Brasile.

La struttura sociale è dominata dall’aristocrazia chediscende soprattutto da militari o funzionari portoghesi.Rispetto alla vita del paese essa si comporta in modo per lopiú estraneo. L’altra classe dominante consta di “senhores delavra”, di coloro che dispongono delle concessioni minera-rie e rappresentano gli esponenti della ricchezza locale;seguono gli imprenditori del commercio e infine i lavora-tori, bianchi e di colore. È ai bianchi che deve essere attri-buita la diffusione di uno spirito di liberazione intellettuale;gli uomini di colore che pervengono alla libertà sono, dalcanto loro, orgogliosi e consapevoli dei loro diritti.Spinsero la loro passionalità e sensualità fino a un rozzo

706

Page 707: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

misticismo pieno di superstizioni che caratterizza l’at-mosfera barocca delle miniere nel XVIII secolo.

La febbre dell’oro colpisce nella prima metà del XVIIIsecolo anche la chiesa: gli episcopati di Bahia, Rio ePernambuco rivendicano il diritto sui territori ricchi, cosic-ché nel 1743 il Papa si vede costretto a insediare nella cittàdi Mariana un vescovo che controlla le diverse e contra-stanti rivendicazioni. Per arginare la fuga dei monaci daimonasteri, scatenata dalla febbre dell’oro, la chiesa vietaseveramente la fondazione di altri monasteri a Minas Geraiscosí come il soggiorno di preti e gesuiti: solo i parroci pos-sono soggiornare nelle parrocchie loro destinate.All’interno delle comunità cristiane, la popolazione si rac-coglie in confraternite; sorgono veri e propri circoli pertutte le classi: quella militare e religiosa, quella degli arti-giani e degli uomini di colore; si costituiscono cerchie tracui nascono rivalità artistiche. Le corporazioni si organiz-zano secondo regole medievali, fissate a Lisbona nel 1373.

In quest’epoca prospera l’arte, e tale fioritura presuppo-ne mezzi finanziari considerevoli. Arte come espressione ar-tistica nata dal popolo: è il periodo aureo del colonialerococò portoghese che trova la sua massima espressionenell’artista Aleijadinho.

Con la loro passione per il ballo, per il ritmo, per lamusica, a Ouro Preto i negri contribuirono in modo deci-sivo allo sviluppo delle feste. I negri della comunità dellacorona di rose di Ouro Preto allestiscono famose proces-sioni di cui abbiamo un’idea precisa grazie a una relazionedel 1734. I fuochi d’artificio, le danze, i cortei carnevaleschicon le diverse rappresentazioni tratte dalla storia e dallamitologia durano sei giorni: quattro cavalieri simboleg-

707

Page 708: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

giano la rosa dei venti; sono vestidos a tragica, i loro abiti sonoricamati di oro e argento, decorati con diamanti e pennecolorate; sono seguiti da altri cavalieri che rappresentano ledue colline principali su cui sorge Ouro Preto; poi fanno laloro comparsa i rappresentanti del sistema planetario:Marte, Mercurio, Sole, Giove, tutti in costumi scintillanti. Ifuochi d’artificio illuminano le colline; durante gli ultimi tregiorni hanno luogo i tornei equestri e le corridas (touro datarde), mentre di notte si rappresentano commedie.

Prosperano i miti come quello del re africano, chiamatoFrancisco, che viene deportato a Ouro Preto e vendutocome schiavo con tutto il suo seguito. Lavora per la libertàdei suoi figli. Una volta raggiunto il suo fine, costruisce conla sua stirpe una piccola corte, di cui egli stesso è re, lamoglie regina, il figlio principe e la zia principessa. La leg-genda racconta che la chiesa di Santa Efigenia fu costruitacon l’oro lasciato dalle negre delle miniere nelle acquesan-tiere in cui si lavavano i capelli. Secondo questa leggenda, ilgiorno dell’Epifania, il “piccolo re”, il chico rey, si recò con lasua famiglia al seguito nella chiesa di Santa Efigenia, men-tre il popolo sciamava con strumenti africani nelle viuzzebuie di Ouro Preto.

Perché questo microcosmo storico-culturale ci incantacosí tanto? Perché in esso si rispecchia l’eterno ritorno dellastoria: la correlazione tra fattori economici e istituzioni poli-tiche che a loro volta stanno sempre in un rapporto dialet-tico con le condizioni ecologiche; lavoro, sfruttamento, ric-chezza, fantasia e nostalgia di mondi perduti, sviluppostorico, rivoluzione; motivi, che si ripetono sotto altri segninell’attuale sfruttamento industriale e capitalistico di que-sto paese: l’alienazione di un mondo.

708

Page 709: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

A tale proposito vorremmo rimandare alle teorie del na-poletano Carlo Pisacane che ci sembrano molto attuali; eglifu contemporaneo di Marx che però non conobbe. Pisacaneafferma che la storia è mossa e dominata non da idee o dafilosofie, ma dai bisogni umani, da condizioni economiche esociali. Questo napoletano – prima ufficiale borbonico, poirivoluzionario, che morí combattendo a Sapri come soldatoirregolare contro i Borbone – riconosce il primato dellaprassi, sebbene l’Italia della metà del XIX secolo non fosseancora stata violata da alcuna forma di industrializzazione:«L’idea, il concetto dominano, è vero, il destino de’ popoli:ma esse son conseguenze de’ fatti, e non si traducono infatti che dalle rivoluzioni compite per forza d’armi; ed ilpopolo non trascorre mai alla violenza perché animato daun concetto, ma perché stimolato da’ dolori. Cosa sono leidee senza le rivoluzioni, senza la guerra che le faccia trion-fare? un nulla [...]». Tutti i cambiamenti che hanno avutoluogo e che ancora avverranno in futuro hanno come causala stessa forza trainante: i bisogni materiali del popolo.

La filosofia viene dopo la prassi: la prima deve distillaree rendere visibile ciò che si manifesta nella seconda.Pisacane allude al fatto che tutti i filosofi, da Platone aHegel, mettono in risalto l’idea, la logica, come regola eradice dei rapporti umani. Essi sviluppano le loro deduzionidalle idee; ma il difetto fondamentale di una tale conce-zione sta nel fatto che quelle idee vengono sviluppate soloattraverso il pensiero, in modo del tutto astratto e indipen-dente dagli accadimenti concreti. Simili astrazioni sonosolo di breve durata, perché la realtà concreta acquisteràpotere molto presto, e la ragione con i suoi concetti si insi-nuerà solo successivamente nei dati di fatto. Le conclusioni

709

Page 710: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

che risultano da processi razionali devono adeguarsi allecondizioni dei popoli ai quali vengono applicate.

«Ciò basta per dimostrare ad evidenza, quanto sia assurdoil concetto che le rivoluzioni, i mutamenti negli ordinisociali si facciano prima nel pensiero e poi nella realtà; essisono conseguenza delle condizioni e relazioni degli uomini;e cominciano a manifestarsi con l’idea quando già sonolatenti nella società; [...] nella guisa stessa che nell’uomo simanifesta un bisogno, poi un’idea, poi l’azione». Contro l’i-dealismo tedesco e il suo apriorismo, Pisacane osserva chepersino la Germania pacifica, «un paese in cui l’azione hapochissimo imperio sul pensiero» e in cui predominano leforme astratte del razionalismo, è costretta dalla realtà a rive-dere le sue forme politiche e sociali.

Fonte della storia sono i bisogni, i quali implicano azioni;queste comportano, d’altro canto, l’istituzione e il cambia-mento delle società. La fonte della storia non sta in teorie eastrazioni, ma nella natura umana. Ecco quindi il primatodell’economia sulla politica: Pisacane allude al fatto che gliEuropei vengono spinti a frotte nel nuovo mondo, inAmerica, dalla tempesta economica che li sorprende.Pisacane non considera affatto il progresso industrialecome un processo sociale necessario: nel 1850 si lamenta delfatto che tutti i partiti e tutti i ceti hanno in bocca la parola“progresso”, ma solo pochissimi ne comprendono il verosignificato. Lo sviluppo della tecnica nella società indu-striale comporta una trasformazione di questa stessasocietà: nuovi popoli verranno introdotti nel fiume vivodella storia e ciò comporterà la distruzione di innumerevoliusi e tradizioni; il potere e la ricchezza si concentrerannocosí soltanto nelle mani di pochi.

710

Page 711: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Pisacane polemizza contro il liberalismo: il libero scam-bio stimola la concorrenza, i paesi che sono poveri nondiventano certo piú ricchi, finiscono invece nella sfera d’in-fluenza delle società capitalistiche. I sostenitori della liberaconcorrenza la pensano diversamente: «Allorché il denaropasserà da A in B è segno che A ne abbonda, appena nemancherà, il danaro vi tornerà, per la ragione medesimache da A è passato in B. Sí, vi tornerà [...] ma vi ritornerànelle mani dei capitalisti stranieri, i quali acquisterannoterre, stabiliranno fabbriche, ed A diverrà una nazione chevive dei salari che percepisce dai stranieri [...]. In unaparola, se le condizioni e le relazioni sociali non mutano, illibero commercio facilita la concorrenza, e questa il mono-polio di sua natura oligarchico».

È questo il destino del Brasile di oggi e di allora e di tuttii paesi sottosviluppati? È questo il significato dell’ “aiuto”che il Nordamerica fa loro pervenire? La dialettica dellarivoluzione sta per Pisacane nel fatto che la classe abbiente,per difendersi e rimanere al potere, si vede costretta a ricor-rere al dispotismo di un governo militare, ma poi andrà inrovina a causa della dittatura: «Il popolo non può ottenereil trionfo che sbarbicando ed abbattendo tutto l’edifiziosociale, ed in tal caso voi perirete sotto le ruine; se poi ilpopolo è vinto, il dispotismo militare v’aspetta; la vostramorte sarà piú lenta».

Allo stesso modo e per gli stessi motivi per cui nel XVIsecolo si spegne la vita politica in Italia, come sostienePisacane, i filosofi si rivolgono per necessità all’astrazionedel razionalismo, alla metafisica di un Bruno. In Italia lafilosofia verrà riportata alla realtà politica e sociale solo daCampanella e Vico.

711

Page 712: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Secondo la tesi di Pisacane l’uomo cambia la natura eviene egli stesso modificato da questo processo. Di conse-guenza la società e i rapporti tra gli uomini subiranno unatrasformazione; la storia ha le sue radici «nella natura del-l’uomo». Dalla dialettica tra prassi e natura, tra realtà sog-gettiva e oggettiva, scaturiscono quei problemi ricorrenti equelle esigenze che, attraverso la rivoluzione, voglionoessere riconosciuti sul piano della filosofia.

I pensieri di Pisacane e l’odierna situazione del Brasileportano a un rinnovato confronto con il Sudamerica?

Sono di nuovo seduto sulla veranda della casa da cuicominciò il mio viaggio: ora è la casa della morte. Un tem-porale tropicale riga di pioggia la bianca parete del cielo.L’acqua scivola dalle grandi foglie di fico e ogni cosa, glialberi, la terra, il tetto di paglia, svapora nell’umidità e nellenuvole di nebbia. Il dolore di una separazione incomprensi-bile, il dolore insostenibile di una morte paralizza le paroledi consolazione. La figura della morta compare ancora neisogni. Sogni in cui le azioni non hanno piú alcun senso:domina l’irrevocabile.

Dietro di me, dalle porte aperte, i vecchi mobili nelleloro pesanti forme coloniali fanno divampare le fiammedell’inferno, fiamme della disperazione per tutto ciò chenon potrà mai piú essere realizzato. La vecchia meticcia diBahia vorrebbe gettare i ponti nell’invisibile con pratichespiritistiche, con la magia. I suoi lamenti cercano di pene-trare l’invisibile; un che di sinistro serpeggia nelle figurevaganti dello sconforto. Gli oggetti che appartenevano auna vita giacciono tutt’intorno; i fili che li legavano ai pro-positi della donna in vita sono stati strappati e rimangononella contrazione dell’inutile finché un giorno un’altra

712

Page 713: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

mano non li riannoderà. Questi fili sono diventati indisso-lubili gomitoli di perplessità e Rara, il pappagallo sull’al-bero, continua a urlare le sue parole senza senso.

Da dove viene l’oscillare delle speranze, dei timori, deidubbi? Dietro la collina la città disumana nella luce latteadei tristes tropiques, spettrale, cattiva nell’impenetrabile gro-viglio di grattacieli e capanne d’argilla, nel chiasso delleradio, nel sibilo trascinato delle auto, in quel frastuono chenon si placa mai, né di giorno né di notte: si odono segniche risuonano nella notte, mentre io, nel sonno, seguo nelrespiro della malata la sua vita e la sua lotta.

Inquietante Sudamerica, che riesce ad accettare qualsiasimisura, qualsiasi peso, qualsiasi sentimento nei confronti dipossibilità inattese: trasmutazione di tutti i valori che confe-risce contenuti inaspettati al fascino della vita che sto suben-do. La potenza della vita succhia dalle ossa il midollo dellospirito, disidrata il corpo, rende floscia la pelle attorno alloscheletro.

I moderni mezzi di comunicazione risvegliano, nellalocale vita primitiva, pretese che provengono dall’Europa,importate dal mondo occidentale borghese, ma che qui,con la loro comparsa improvvisa, in un mondo del tuttodiverso, con premesse del tutto diverse, sembrano astori-che; a conseguenza di queste pretese si moltiplicano atten-tati, omicidi, aggressioni, complotti. E dove porta il fattoche vengano saltati i livelli storici dello sviluppo? In unacasa dove si riunivano i tupamaros – furono tutti uccisi dallapolizia – è rimasta solo l’ombra di una donna che respingeora ogni stimolo culturale del luogo considerandolo“espressione subculturale”; ormai crede solo nella distru-zione come unica azione conforme alla realtà sociale e poli-

713

Page 714: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tica dominante. Una nuova inconfidencia nel segno del XXsecolo?

Su questa atmosfera dominante e su questa crudeltà re-gna la febbre dell’oro che qui prende ancora tutti, propriocome due secoli fa a Minas Gerais, e che spinge a qualsiasiiniziativa in ambito economico e industriale; è una febbredell’oro che porta con sé la crescente proletarizzazione. Manel tempo della Klondike economica e industriale si puòpensare alla rivolta dei lavoratori quando questi ringrazianoancora di essere sfruttati perché lo sfruttamento offre lorol’unica possibilità di vita tangibile? Si ripete forse una situa-zione simile a quella descritta da Engels, quando inInghilterra sorse la società industriale?

Questo testo sul Brasile e quello che segue sul Cile sono tratti dalvolume di Ernesto Grassi: Viaggiare ed errare. Un confronto con ilSudamerica, a cura e con un’introduzione di Massimo Marassi, pubbli-cato nella collana «Studia Humanitatis», dell’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici e della Stiftung Studia Humanitatis di Zurigo (La Cittàdel Sole, Napoli, 1999).

714

Page 715: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Il Cile

ERNESTO GRASSI

Fondazione Studia Humanitatis, Zurigo

Ci troviamo in mezzo al Cile. È una radiosa giornata disole, autunnale, e noi torniamo da una cavalcata. Nel suo ca-rattere il paesaggio ricorda stranamente la Lombardia, leproporzioni sono tuttavia diverse. Attraversiamo un’ampiavallata percorsa da vigneti e filari di pioppi. In lontananza lecolline e dietro le Ande coperte di neve. Si potrebbe imma-ginare che ai piedi dell’Appennino il paesaggio, alla finedell’Impero Romano, prima delle invasioni, avesse caratterisimili. L’enorme solitudine in cui ci si perde è interrotta quae là da grandi fundos con cortili e mandrie di bestiame. Lasolitudine si stende su tutto il paesaggio. Grandi acquitriniriflettono il cielo e, nel silenzio dei campi, creano misteriosecesure. Dico misteriose perché in questa distesa non c’è néun inizio né una fine. L’orientamento non ha piú alcunpunto di riferimento perché come tale si potrebbe prenderetutto o niente.

Si cavalca per ore, ma l’avanzare è pura illusione perchédi fatto né ti allontani né ti avvicini a nulla. Si crede di muo-versi in un paesaggio immaginario: lo stare e il muoversi sidissolvono nella contraddizione propria dell’irrealtà. Ledistanze diventano variazioni di odori, colori o suoni chedigradano reciprocamente, quasi come in diversi strati d’ac-qua in cui la temperatura è ogni volta diversa: differenzeimpercettibili, confini del silenzio che si oltrepassano senzavederli. Rapiti dal gioco della luce, dei colori e dei suoni

715

Page 716: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sembriamo giungere sulla soglia di mondi, ordini e orien-tamenti che potremmo scoprire; ma subito essi si sottrag-gono nuovamente a noi scoppiando come scintillanti bolledi sapone perse nel tutto.

Si passa davanti a muri bassi protetti da tegole che deli-mitano una proprietà. Assomigliano a quelli che si trovanoin Lombardia e che probabilmente sono di origine spa-gnola. Dietro sporgono alberi alti che gettano un’ombrabuia. Si crede di potersi rallegrare, là ci sono uomini, c’èuna casa, qualcosa verso cui dirigersi. Tuttavia si restadelusi. Il podere è morto, è un opera dell’uomo ricopertadalla natura, un relitto lambito dalle onde.

Cosí si va alla ricerca di altre cose su cui potersi orientare.Si scoprono le stagioni e il loro dominio assoluto. Ma in con-siderazione di che cosa esse dovrebbero significare una dif-ferenza, una svolta? In questo continente le stagioni restanosolo una realtà racchiusa in sé: anche nel movimento circo-lare di una ruota, stabilire un qualsiasi punto di riferimentocome inizio o fine sarebbe solo un atto arbitrario.

Si avanza cavalcando e si incontra un gruppo di Indios,taciturni, tragici nei loro cenci, persi nella natura;assomigliano a una manciata di foglie secche sospinte da unvento leggero. La loro muta tristezza deriva forse dal fattoche gli Spagnoli hanno frantumato il loro mondo in modospietato e senza lasciare la possibilità di passare a unonuovo, o forse dal fatto che questa natura non tolleraparole, né ammette un’attribuzione di senso, né permetteun dialogo in cui ci si potrebbe affermare.

Ci si rende conto che quelle pozzanghere luminose chesi illuminano di sole e che si estendono lungo le vigne sonosolo la cesura della nostra malinconia, unico punto di rife-

716

Page 717: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

rimento di un’atmosfera in cui le stagioni passate e quelle avenire si perdono in un abisso.

Tutto questo non si può esperimentare nel nostromondo, in Toscana, ad esempio, o in Lombardia, là tutto ècosí umanizzato, poiché ogni zolla di terra ricorda le operedell’uomo.

Attraversando il paesaggio, già dopo pochi chilometri, sipassa da una creazione umana all’altra. Ma forse, proprioperché non viviamo piú nella natura originaria, anche lanostra lingua in Europa non ha piú la forza di aprire deimondi; non conosciamo piú la sua potenza evocatrice. Inun mondo sovraccarico di storia patiamo la perdita di ognioriginarietà. Nel nuovo continente, invece, si corre il peri-colo della follia perché non esiste alcun asse di orienta-mento e si precipita nell’abisso delle possibilità infinite.

Ritorno sempre a parlare del fenomeno della natura per-ché sono convinto che essa sia il grande sfondo a noi scono-sciuto che rende possibili tutti i fenomeni di cui parlo.Persino un terremoto che qui non ha niente di straordina-rio si presenta come qualcosa di grandioso a noi scono-sciuto. Quando si annuncia il rimbombo profondo e lon-tano ci si rende conto che le proporzioni del fenomenosono cosí imponenti che vengono in mente le parole diLongino quando commenta un verso di Omero: «Quantospazio un uomo abbraccia con lo sguardo dall’alto di unarupe scrutando il cupo mare, tanto d’un balzo superano idivini destrieri dall’alto nitrito».

Tali fenomeni producono uno stato di panico ed euforia,si vive una strana realtà cosmica. Sono onde roboanti chevengono da lontano, frangenti di un movimento che tra-sforma la solidità della superficie terrestre in un fremito

717

Page 718: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

quasi animale. L’esperienza di una tale realtà cosmica portaa comprendere il tragico gesto di Empedocle. Di conse-guenza la natura non è piú un oggetto posto di fronte a noiche dobbiamo e possiamo dominare, ma è solo oggetto diun theorein, di una contemplazione.

Un giorno mi trovavo sulla costa dell’Oceano Pacifico.Una giornata nuvolosa volgeva alla fine, il cielo era carico ditemporali che si avvicinavano, sul suolo strisciava una neb-bia umida. Il mare era sordo, irraggiungibile, nella sua lucefioca non era né lontano né vicino: un mare terribile, durocome una lastra d’acciaio, malefico. La costa abbandonatasembrava sbriciolarsi in un abisso in cui l’occhio si rifiutavadi guardare. Le piccole insenature erano macchie scuredove il ghiaccio cominciava a sciogliersi e la superficie delmare – un mago perfido, pronto a metterci fuori strada e atrascinarci nell’abisso – si spezzava. All’orizzonte il sole siaccingeva a tramontare dietro le cortine di pioggia e lenuvole basse.

A fatica mi arrampicai su una parete rocciosa; di fattonon sono pietre, ma superfici rocciose lisce su cui il piedecerca di sfruttare ogni fessura come punto d’appoggio.Come un insetto sulla pancia di un animale fossilizzato,l’uomo si trascina su queste superfici lisce, luccicanti eumide. La quiete si diffonde: non è silenzio, ma un’immo-bilità sonora. Piú si sale, piú chiaramente si nota che questaroccia presenta segni strani, tipo geroglifici, finché, in cima,ci si imbatte in blocchi isolati che sembrano sculture diMoore o di Arp.

Ma allora la natura crea veramente opere d’arteumane? Ci tornano in mente le parole di Aristotelequando sostiene che possono esistere opere tecnico-poie-

718

Page 719: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

tiche isolate dalle azioni umane, ma che lo stesso non puòavvenire con le opere etiche. Su quella costa si incontranoopere che cerchiamo nell’arte moderna, come sogni pie-trificati, come resti di una notte di Valpurga anticlassica:una notte romantica non avrebbe la forza di esprimeretutto questo.

Giunti in vetta, improvvisamente il mare scompare, si ècome imprigionati tra le pareti di una camera del tesoro, diuna camera blindata di rocce, da cui, sul far della notte,appaiono fantasmi di divinità incaiche. Gli abissi che si apro-no in queste superfici sembrano interiora di un animale an-tidiluviano. Di nuovo si percepisce che la parola logica nonha qui alcun senso. La costa si oscura lentamente come unsolco sempre piú profondo. Nessun albero, nessun arbusto:la vegetazione fornirebbe già forme autonome, organica-mente cresciute, e permetterebbe la consapevolezza di un“alto”, un “basso”, un “centro”. Ma cosí? Sulla base di checosa si potrebbe qui distinguere qualcosa? Dobbiamo forsedefinire il “basso” come ciò che ci attrae e 1’“alto” come ciòche costa piú fatica raggiungere? Questo significa forse cheun orientamento è legato semplicemente alla facilità o allafatica dei nostri movimenti? Sarebbe proprio un’irruzionedella follia. No, è l’inizio di una realtà che in Europaabbiamo dimenticato, che però si nasconde dietro i nostriprogetti di mondo europei come una terra proibita dietro amura che fissano e delimitano la nostra realtà. È la realtà ori-ginaria da cui abbiamo estrapolato superfici, colori per respi-rare e riposarci brevemente nei nostri progetti di spazio. Maquesto provvedimento non ha qui alcun senso.

Resterebbe la fuga; ma anch’essa non implicherebbe unadirezione? E noi non avevamo appunto esperito che di fatto

719

Page 720: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

non esiste alcuna direzione? Si è già prigionieri e immobili.Proprio qui esiste un’altra possibilità di esistenza, senza con-tinuità, senza accesso alla parola logica, un’esistenzaumana, per cui l’ordine della natura diventa in senso asso-luto lo spettro dell’indifferenza. Se poi ci si rivolge di nuovoai ricordi europei, essi sembrano un incantesimo magico.

Il continuo riferimento alla natura dovrebbe andareoltre il significato delle esperienze psicologiche dell’uomoeuropeo, perché questa natura è un fenomeno di cui biso-gna acquistare consapevolezza. Di fatto noi non la cono-sciamo, eppure in Europa l’abbiamo da tempo intessuta deinostri obiettivi e delle nostre intenzioni. Qui domina incon-trastata nella sua diversità. Non c’è neppure bisogno divederla. Anche nel silenzio della stanza, nell’oscurità dellanotte la si sente presente, fuori, stesa davanti alla portacome il respiro di un mostro che non ha alcuna fretta per-ché sa che non gli sfuggiremo. Già al mattino, prima diaprire gli occhi, si percepisce la sua presenza come unamalattia che consuma: la consapevolezza – il passaggio dalsonno alla veglia – diventa sinonimo di esperienza di unalenta malattia. Mi chiedo se è questo che sentiva l’uomomediterraneo all’inizio della nostra civiltà. Le divinitàdell’Olimpo si sono affermate al posto delle divinitàoriginarie, terribili e ctonie.

Vorrei descrivere ancora un’ultima immagine. Dopo set-timane di pioggia torrenziale un’alba spettrale, come neiquadri di Dalí. Si immagini un cielo cristallino, luminoso,che annuncia il sole ancora invisibile. Per la prima volta hovisto l’etere di cui parlavano i Greci, la sostanza preziosa einsostituibile in cui fluttuano i mondi, corpi splendenti inspazi siderei. Mi venne in mente la descrizione del Somnium

720

Page 721: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Scipionis. Le stelle e la luna ancora luminosa sembravanooggetti, che erano caduti, diffondendo una strana fosfore-scenza, in un’acqua rappresa dal gelo. Il cielo come unvetro trasparente che, non so come, sembrava vibrare di unsuono stridente, proprio al limite dell’udibilità. Solitamentechiamiamo “reali” case, fiumi, colline. Qui tutto cambia:“reale” è il cielo, materiale, visibile come ciò che risplendedi purezza. Sembra una contraddizione definire la lucecome qualcosa che risuona in modo stridulo. Aristoteleparla però dell’ousía phtharté, della sostanza corruttibile, edell’ousía aídios, della sostanza eterna (come siamo soliti tra-durre). Aídios significa però letteralmente ciò che non èproprio di nessuno. È ciò da cui l’uomo non ha ancoraestrapolato i propri mondi e quindi ciò in cui il tempo nonesiste; non avrebbe infatti senso parlare di un prima e di undopo, se la nostra vita non avesse posto punti di riferimentonell’originario.

Sotto questa realtà si estendono, morti, piatti, avvolti nelsilenzio, il mondo animale e quello vegetale.

Gli uccelli non si erano ancora svegliati e la cinerea valledei torvi sogni, come la definisce Poliziano, soffocava nellaluce che, come una nebbia luminosa, si riversava su ognicosa. Il nostro mondo sembrava un frammento dell’infinitàche emerge e affonda in un fiume, un fiore reciso, strap-pato all’acqua impetuosa.

La luce del cielo non permette ancora alla neve sullevette di risplendere: la neve è ancora avvolta dal mantodella notte. La realtà cosmica ammanta le valli, le gole, l’al-topiano e sopprime le distanze. A poco a poco cresce unatensione che non nasce dalle cose, ma viene dalla realtàcosmica, eco di un’altra imperscrutabile realtà. Dove ci si

721

Page 722: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

può ancora nascondere per essere risparmiati dai raggi visi-bili e invisibili del mondo superiore?

E lentamente il giorno compare sulla scena del mondo.Il sipario viene alzato da una mano invisibile: appare unpaesaggio idilliaco, ma si sa che dietro ad esso si nascon-dono la spaventosa notte appena passata e l’alba. La luce siè diffusa, riempie ogni cavità, si riflette sugli oggetti, e tuttosembra aver dimenticato la realtà che si nasconde dietroquesti fenomeni. Le mucche giacciono immobili sui praticome onice lucidato. Giovani pioppi, scuri alla base deltronco, ardono sulla punta delle tenere foglie, stanno làcome fiaccole snelle e biforcute. I contorni delle collinesembrano onde solidificate e la vita serpeggia ovunquecome un alito caldo.

722

Page 723: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

O.N.U.

723

Page 724: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

724

Page 725: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Appello alle Nazioni Unite

PAUL OSKAR KRISTELLER

Columbia University

Desidero esprimere la mia piena approvazione per l’ap-pello a favore dell’insegnamento della filosofia e della suastoria cosí come della ricerca umanistica nelle maggioriscuole superiori, licei e università, di tutti i paesi, lanciatodall’avvocato Gerardo Marotta, Presidente dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici di Napoli, anche a nome dinumerosi altri istituti e studiosi, alle piú importanti autoritàdell’istruzione di tutti i paesi e alle Nazioni Unite.

Oggi, sia la filosofia sia la seria ricerca umanistica, che siesplica nei campi della storia, della letteratura, delle lingueclassiche e moderne, sono trascurate praticamente in tutti ipaesi, a favore di problematiche contemporanee di storia,di letteratura, di politica e di ideologia; lo studio serio dellamatematica e delle scienze naturali è subordinato a una tec-nologia riconosciuta generalmente utile; e grande impor-tanza viene data a teorie educative di dubbio valore e allecosiddette scienze sociali, che sono di validità discutibile,ma derivano la loro forza dalla pretesa di poter prevedere ilfuturo, pretesa che si dimostra errata e che può essere para-gonata a quella avanzata nel passato dall’astrologia, dall’al-chimia e dalle altre scienze occulte.

Queste teorie correnti, sebbene completamente discuti-bili per i loro fini, i loro metodi e i loro risultati, sonoampiamente difese, mentre numerose discipline piú solide

725

Page 726: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

sono respinte sulla base di argomenti ampiamente accettati,sebbene del tutto erronei.

La ricerca “tradizionale” è respinta a causa della impor-tanza che essa annette alla tradizione occidentale, dall’an-tica Grecia all’Europa e all’America moderna, e a causa delsuo supposto disinteresse per altre culture dell’Asia edell’Africa, nonché per i contributi delle donne e per quellidi appartenenti a popolazioni non occidentali, special-mente africani, indiani d’America e asiatici che vivonoall’interno dei paesi occidentali.

Concordo pienamente nell’opinione che in tema diopportunità d’istruzione, come in tutti gli altri settori dellanostra società, non ci deve essere alcuna discriminazionenei confronti di alcun settore della nostra popolazione, chesia nera, o asiatica, indiana d’America o femminile, né neiconfronti di settori quali l’ebraico, l’irlandese, l’italiano o ilpolacco (che nel non lontano passato erano soggetti a seriediscriminazioni e sono ora arbitrariamente etichettati comebianchi e perciò come oppressori dei loro vicini africani,asiatici e indiani d’America). Anche la classificazione ditutti gli ispanici come una minoranza è arbitraria, perchémolti di loro sono bianchi o misti.

La risposta alle passate ingiustizie del sistema educativonon deve consistere in un rovesciamento della discrimina-zione, né tantomeno in un abbassamento del livello deglistudi, favorito oggi dall’incompetenza degli africani o degliasiatici, non meno che da quella degli studenti bianchi.

È ampiamente provato che ci sono studenti africani easiatici molto preparati e che il solo criterio valido per l’am-missione ai licei e alle università deve essere il merito indi-viduale di ogni studente che sia bianco, africano o indiano

726

Page 727: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

d’America, uomo o donna. A questa politica sono favorevolianche la maggior parte degli studenti piú competenti disesso femminile e i neri africani.

L’insegnamento a tutti i livelli sulle civiltà asiatiche, afri-cane e non occidentali in genere dovrebbe essere riservatosolo a quegli insegnanti che abbiano ricevuto nel loro campola stessa preparazione rigida e specialistica (o avanzata), lin-guistica, storica e letteraria, che hanno ricevuto gli insegnantitradizionali della civiltà occidentale, della sua storia, della sualetteratura e della sua filosofia.

Per quanto riguarda la filosofia, ogni studente di qual-siasi istituto dovrebbe ricevere una preparazione adeguatain discipline filosofiche quali la storia della filosofia, lalogica, l’etica, la teoria politica e forse anche la retorica ela metafisica. I corsi in queste materie dovrebbero renderecapace qualsiasi studente serio (quali che siano il sesso, larazza, la classe sociale, la provenienza religiosa o etnica) dipensare, di discutere e di sostenere qualsiasi idea che eglisia arrivato a riconoscere come valida, e di argomentarecontro qualsiasi idea che egli riconosca come non valida.La tendenza attuale a sostituire le solide argomentazionicon proteste chiassose e dimostrazioni violente deve esserecriticata, abolita e perfino punita. L’argomento usatospesso dagli studenti impreparati e ignoranti consiste neldire che essi non hanno bisogno di conoscere alcuno deglieventi che occorsero prima della loro nascita. Tale atteggia-mento deve essere fermamente respinto e gli studentidovrebbero essere portati a imparare e a riconoscere che ilmondo in cui viviamo è determinato da molti eventi e pen-sieri del passato e che è un nostro dovere, ed anzi un nostroprivilegio, conoscere quanto piú possiamo del passato.

727

Page 728: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Essi devono anche imparare a capire che molti eventi delpassato, del presente e del futuro non sono influenzati odeterminati da desideri individuali o collettivi, ma da poterisuperiori e divini, che siano attribuiti alle divinità personalidelle varie religioni o a piú impersonali poteri riconosciutianche da quelli tra noi che non seguano alcuna particolaretradizione religiosa.

New York, 24 settembre 1993

728

Page 729: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

EDIZIONI DI CLASSICI ITALIANI

IN LINGUE STRANIERE

A CURA DELL’ISTITUTO ITALIANO

PER GLI STUDI FILOSOFICI

729

Page 730: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

730

Page 731: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

IN LINGUA SPAGNOLA

Giordano Bruno, Expulsión de la bestia triunfante.Traducción, introducción y notas de Miguel A. Granada.

Giordano Bruno, Cábala del caballo Pegaso. Traducción,introducción y notas de Miguel A. Granada.

Giordano Bruno, Del infinito: el universo y los mundos.Traducción, introducción y notas de Miguel A. Granada.

Tommaso Campanella, La Politica. Edición de MoisésGonzales García.

Giambattista Vico, Principios de Ciencia Nueva. Traducciónde J. M. Bermudo y Asumpta Camps.

IN LINGUA FRANCESE

Giordano Bruno, Chandelier. Introduction philologique deGiovanni Aquilecchia. Texte établi par GiovanniAquilecchia. Préface et notes de Giorgio BarberiSquarotti. Traduction de Yves Hersant.

Giordano Bruno, Le souper des Cendres. Texte établi parGiovanni Aquilecchia. Notes de Giovanni Aquilecchia.Préface de Adi Ophir. Traduction de Yves Hersant.

731

Page 732: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Giordano Bruno, De la cause, du principe et de l’un. Texteétabli par Giovanni Aquilecchia. Notes de GiovanniAquilecchia. Introduction de Michele Ciliberto.Traduction de Luc Hersant.

Giordano Bruno, De l’infini, de l’univers et des mondes.Texte établi par Giovanni Aquilecchia. Notes de JeanSeidengart. Introduction de Miguel Angel Granada.Traduction de Jean-Pierre Cavaillé.

Giordano Bruno, Expulsion de la bête triomphante. Texteétabli par Giovanni Aquilecchia. Notes de Maria PiaEllero. Introduction de Nuccio Ordine. Traduction deJean Balsamo.

Giordano Bruno, Cabale du cheval pégaséen. Texte établi parGiovanni Aquilecchia. Préface et notes de NicolaBadaloni. Traduction de Tristan Dragon.

Giordano Bruno, Des fureurs héroïques. Texte établi parGiovanni Aquilecchia. Introduction et notes de Miguel A.Granada. Traduction de Paul-Henri Michel, revue parYves Hersant.

Documents sur G. Bruno: Le procès, introduction et texte parL. Firpo, traduction et notes par A. Ph. Segonds.

L’Arétin (L’Aretino), Ragionamenti, Tomes I-II, Introduction,traduction et notes de Paul Larivaille. Texte établi parGiovanni Aquilecchia.

L’Arioste (Ludovico Ariosto), Roland Furieux, Tomes I-II-III-IV. Introduction, traduction et notes de André Rochon.

Enea Silvio Piccolomini, Histoire de deux amants.Traduction, introduction et notes de Isabelle Hersant.Note philologique de Alain-Philippe Segonds.

Sperone Speroni, Dialogue des langues. Traduction deGérard Genot et Paul Larivaille. Introduction et notes deMario Pozzi. Texte établi par Mario Pozzi.

732

Page 733: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Vincenzo Cuoco, Essai historique sur la révolution napoli-taine de 1799. Présentation par Michel Vovelle.Introduction, traduction et notes de Alain Pons.

Giacomo Leopardi, Discours sur l’état actuel des mœurs desItaliens. Édition critique et notes de Marco Dondero.Traduction de Yves Hersant. Introduction de NovellaBellucci.

Giambattista Vico, Vie de Giambattista Vico écrite par lui-même. Édition par Alain Pons.

Giambattista Vico, La méthode des études de notre temps.Édition par Alain Pons.

Boccace (Boccaccio), La généalogie des dieux païens. LivreXIV et XV. Introduction et notes de Pierre Maréchaux,traduction par Marie-Cécile Dorier et Pierre Maréchaux.

Bernardino Telesio, De la nature. Édition par GiorgioStabile.

Léon L’Hebreux, Dialogue d’amour. Édition critique, intro-duction et notes de Barbara Garvin. Introduction deAnne Godard.

Jérôme Fracastor, Syphilis ou le Mal Français. Édition parJackie Pigeaud.

Marino, Galerie. Édition par Françoise Coarelli.

Le Pogge (Poggio Bracciolini), Facéties. Texte établi parStefano Pittaluga. Introduction et traduction par ÉtienneWolff, notes par Stefano Pittaluga.

Teofilo Folengo, Baldus. Texte établi par Mario Chiesa.Traduction de Gérad Genot et Paul Larivaille, introduc-tion et notes de Mario Chiesa.

733

Page 734: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

IN LINGUA TEDESCA

Giambattista Vico, Prinzipien einer neuen Wissenschaft überdie gemeinsame Natur der Völker. Übersetzt von VittorioHösle und Christoph Jermann und mit Textverweisen vonChristoph Jermann. Mit einer Einleitung “Vico und dieIdee der Kulturwissenschaft” von Vittorio Hösle.

IN LINGUA DANESE

Niccolò Machiavelli, Dro/ftleser af de fo/rste ti bo/ger hos TitusLivius (Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio).Traduzione di Fritz Wolder.

Giambattista Vico, Den nye videnskab (Principi di scienzanuova d’intorno alla comune natura delle nazioni). Tra-duzione di Fritz Wolder.

Giordano Bruno, Om årsagen, princippet og enheden (De lacausa, principio et uno), Oversættelse ved Ole Jorn. Medindledning af Aksel Haaning.

IN LINGUA ROMENA

Giordano Bruno, Lumânararul (Candelaio). Traducere dinlimbaitaliana, note si adaptare pentru scena de SmarandaBratu Elian, prefata de Nuccio Ordine.

Giordano Bruno, Cina din miercurea cenusii. Editie îngrijitade Smaranda Bratu Elian, dupa editia critica bilingua a luiGiovanni Aquilecchia. Studiu introductiv de Edgar Papu.

734

Page 735: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Giordano Bruno, Despre cauza principiu si unu. Editie îngri-jita de Smaranda Bratu Elian, dupa editia critica bilinguaa lui Giovanni Aquilecchia. Traducere si note deSmaranda Bratu Elian. Traducerea poemelor din italianade C.D. Zeletin.

In preparazione:

Niccolò Machiavelli, Discurs asupra primei decade a lui TitusLivius. Traduzione di Gheorghe L. Stoica.

IN LINGUA BULGARA

Niccolò Machiavelli, Vladeteliat. (Il Principe). Redaktor:Antonio G. Balistreri. Traduzione di S. Slavchev.

IN LINGUA ARMENA

Giacomo Leopardi, Pensieri, a cura di Anahit Sirunian (inpreparazione).

IN LINGUA CINESE

Giordano Bruno, Il Candelaio. Traduzione di Liang He genju.

Giordano Bruno, Cabala del cavallo pegaseo. Traduzione di HeLea Liang.

Benedetto Croce, Storia d’Europa nel secolo decimonono.Traduzione di Tian Shigang.

735

Page 736: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Benedetto Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915. Traduzionedi Wang Tianaing.

Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli. Traduzione diWang Tianaing.

Benedetto Croce, La storia come pensiero e come azione.Traduzione di Tian Shigang.

Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia. Tra-duzione di Tian Shigang.

IN LINGUA GIAPPONESE

Giordano Bruno, Gen’in genri issha ni tsuite (De la causa,principio et uno). Traduzione, introduzione e note diMorimichi Kato.

Giordano Bruno, Kanderaio (Candelaio), a cura di KazuakiUra.

In programma:

Giordano Bruno, Seihaibino bansan (La cena de le ceneri), acura di Kazuyuki Ito.

Giordano Bruno, Mugen, uchuu, sekal nituite (De l’infinito,universo e mondi), a cura di Kazuyuki Ito.

Giordano Bruno, Saishousha nituite, Saidaisha nituite,Monado nituite (De minimo, De immenso, De monade), acura di Morimichi Kato e Hiroaki Ito.

Giordano Bruno, Majuturon, Kizunaron (De magia, De vin-culis), a cura di Kazuyuki Ito.

736

Page 737: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

SEMINARI, CORSI DI LEZIONI

E CONVEGNI ALL’ESTERO

737

Page 738: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

738

Page 739: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

REGNO UNITO

Cambridge

Hegel and Newtonianism. Relazioni di: A. Moore, M. Wolff,M. Guicciardini, I. Toth, I. Grattan-Guinnes, L. Fleisch-hacker, H.H. Kubbinga, P. M. Kluit, A. Moretto, S.Büttner, A. Sarlemijn, M. Gies, F. van Lunteren, K. N.Ihmig, W. Neuser, R. Lambrecht, J. B. Brackenridge, M.Nasti de Vincentis, A. Ziggeler, B. Falkenburg, M. J.Duck, L. Illetterati, M. J. Petry, W. Bonsiepen, J.W.Burbidge, H. C. Schneider, M. A. M. Snelders, D.Gjertsen, M. Feingold, G. Buchdahl, S. Priest, R.Wahsner, J. W. Garrison, R. Pozzo, M. Dress, B. Gower,R. Wolf-Gazo, D. Wandschneider, R. Weinstock, A.Drago.

Colchester

Popular Culture in Question. Lezioni di: Eric Hobsbawm,David Sabean, Lisa Jardine, Roger Charter, CatrionaKelly, Bob Scribner, Peter Burke, Carlo Poni, TerenceRanger, Polly O’ Hanlon, Alan Knight, Stuart Woolf.

739

Page 740: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Popular Culture. Lezioni di: Peter Burke, Luisa Passerini,Peter Hulme, Ludmilla Jordanova, Helen Weinstein,Steve Smith, Keith Wrightson, Mirian Rubin, OliviaHarris.

Gender in Question. Lezioni di: Leonore Davidoff, PenelopeHarvey, Jordan Goodman, Alison Scots, Frances Lannon,Steve Smith, Mike Roger, Anthony Fletcher.

Coventry-Warwick

Innovation and Technology from the 18th Century to thePresent. Lezioni di: John A. Davis, Peter Mathias, MaxineBerg, Patrick O’Brien, Gwynne Lewis, Derek Aldroft,Volker R. Berghan, Richard Whipp, Paul Stoneman,Frank Hahn.

Managers, Workers and Productivity from the 18th to the 20th

Century. Lezioni di: Peter Mathias, Patrick Joyce, PatThane, Takao Matsamura, John A. Davis, JonathanZeitlin, Richard Hyman.

International Trade and British Economic Growth from the18th Century to the Present. Lezioni di: Peter Mathias,Sidney Pollard, Charles Feinstein, Kenneth Morgan,Peter Davis, Rory Miller, B.R. Tomlinson, Forrest Capie,Annwen Jones.

Agriculture and Economic Growth from the 18th Century tothe Present. Lezioni di: John A. Davis, Peter Mathias,Mark Overton, Roger Price, C. Heywood, Ian Farr,F.M.L. Thompson, David Washbrook, Kaoru Sugihara,Mark Harrison, B.A. Holderness, M. Tracy.

740

Page 741: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Science and Economic Growth from the 18th Century to thePresent. Lezioni di: Peter Mathias, J.B. Morrel, LouisBergeron, S.J. Schaffer, C. Trebilcock, Robert Fox, AnnaGuagnini, J. Liebenau, R.J. Overy, Marion Bartlett, DavidEdgerton.

The State and Economic Growth (18th-20th Centuries).Lezioni di: Peter Mathias, Patrick O’Brien, John Harris,François Crouzet, John A. Davis, A. Gomez-Mendoza,Wolfram Fischer, Richard Overy, Kaoru Sugihara,Michael Kaiser, N.F.R. Crafts, Frances Lynch, B. Alford.

Essex

Ethnicity and Race in Europe and the non-european World.Relazioni di: Serena Luzzi, Stuart Woolf, Pietro Vereni,Bratto Hronec, Martine Winkler, Imke Sturm, EvaRiecanska, Steve Smith, Michael Müller, Klaus Lindgren,Kai Struve.

New Perspectives in History: environmental History. Lezionidi: Dick Richardson, Peter Coates, Peter Beck, J.P.Dickenson, Fiona Venn, Bill Luckin, Ted Brenton, IanRowlands, John Walter.

Childhood in Question. Lezioni di: Anna Davin, Hugh Cun-ningham, Geoffrey Crossick, Bengt Sandin, RudolphDekker, Patricia Skinner, Michael Clanchy, NicholasOrme, John Walter, Julie Gammon, Lynn Abrams, HelenMacDonald, Louise Jackson, Nick Stargardt, PaulThompson.

741

Page 742: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

LondraThe Warburg Institute

Themes in the History of Science from Antiquity to theSeventeenth Century. Lezioni di: Charles B. Schmitt,Charles Webstern, Joseph B. Trapp, William F. Ryan,Letizia Panizza, Quentin Skinner.

Philosophy and Science in Seventeeth-Century England.Lezioni di: Joseph B. Trapp, Michael Hunter, SarahHutton, Graham Rees, Stephen Pumfrey, Penelope Gouk,Michael Ayers, James Force, Richard H. Popkin, CharlesB. Schmitt.

Late Medieval and Early Modern Corpuscular Matter Theory.Relazioni di: John Murdoch, William Newman, DanielleJacquart, George Molland, Charles Lohr, Hilary Gatti,John Henry, Stephen Clucas, Alessandro Manzo, RogerAriew, Cristoph Lüthy, Ugo Baldini, Emily Michael,Dennis Des Cenne, Fred Micheal, Alan Gabbey, SaulFisher, Margaret Osler, Carla Rita Palmerino, AntonioClericuzio, Peter Anstey, Guido Giglioni, Lisa Dowing,Lawrence Principe.

History, Anthropology and the Renaissance Text. Lezioni di:Joseph B. Trapp, Ernst Gombrich, Paul M. Gouk,M.C.W. Hunter, K. Jensen, Ann Jones, David Norbrook,Dyndal Roper.

Seminars on Giordano Bruno, I. Lezioni di: Miguel AngelGranada, Nuccio Ordine.

Seminars on Giordano Bruno, II. Lezioni di: Nicholas Mann,Giovanni Aquilecchia, Yves Hersant, Gilberto Sacerdoti.

Seminars on Giordano Bruno, III. Lezioni di: Nicholas Mann,Giovanni Aquilecchia, Angelika Bönker-Vallon, JeanSeidengart.

742

Page 743: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Giordano Bruno: Renaissance Philosopher. Relazioni diMario Fortunato, Sarah Hutton, Hilary Gatti, StuartBrown, Robert Fox, Mordechai Feingold, MauriceFinocchiaro, John Roger, Paul Colilli, Ramon Mendoza,Constance Blackwell, Joseph B. Trapp, Piyo Rattansi,Dylwyn Knox, Stephen Clucas, Brian Balmer, ErnestoSchettino, Andrew Gregory, Dilwyn Knox, NuccioOrdine, Ingrid Rowland, David Forgacs, Lina Bolzoni,Letizia Panizza, Lia Buono Hodgart, Jill Kraye, MichaelWyatt, Karen De Léon-Jones, Lars Berggren, ElisabettaTarantino, Sandra Plastina, Tiziana Provvidera, LeoCatana, Leen Spruit, Eliot Albert.

Charles Schmitt (1933-1986). In memoriam. Relazioni di: C.H. Lohr, P. Grendler, N. Siraisi, V. Nutton, J. W. Binnis,D. R. Kelley, T. B. Settle, D. Knox, R. Sorabji, J. E.Murdoch, E. Kessler, S. Pumfrey, M. J. B. Allen, L.Panizza, I. Maclean, R. H. Popkin.

Bruno in Inghilterra. Relazioni di: Giovanni Aquilecchia,Yves Hersant, Nuccio Ordine, Joseph B. Trapp, HughTrevor Roper.

Libertines and Libertinism in Early Modern Europe: theOrigin of Civil and Religious Liberty. Relazioni di: TullioGregory, Jean-Robert Armogathe, Letizia Panizza, SilvanaSeidel Menchi, Germana Ernst, Philiph Ford, SylvieTaussing, Desmond Clarke, Hilary Gatti.

Studi filosofici, studi storici, “cultural studies” in Europa.Curricula e aree disciplinari nelle facoltà umanistiche.Relazioni di: Silja Freudenberger, Fabrizio Maci,Emanuele Hager, Eloy Fernandez Porta, LoredanaPolezzi, Katia Marano, Federico Siniscalco, IvanSgandurra, David Sassoon, Rocco Lacorte, Sandro

743

Page 744: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nannini, Leonardo Pica Ciamarra, Fabrizio Scanzio,Guido Frongia, Roberto Pujia.

Renaissance Learning and Letters: in memoriam GiovanniAquilecchia. Relazioni di: Peter Brand, Lina Bolzoni,Carlo Ginzburg, Conor Fahy, Hilary Gatti, GermanaErnst, Dilwyn Knox, Miguel A. Granada, Nuccio Ordine,Angelo Romano, Letizia Panizza.

The Italian Dialogues of Giordano Bruno. Relazioni di: LinaBolzoni, Conor Fahy, Jill Kraye, Alain Segonds.

Tavistock Clinic

Working with Disruptive Adolescents. Seminari annuali a par-tire dal 1990, in collaborazione con la Tavistock Clinic.Relazioni di: Gianna Polacco Williams, SimonettaAdamo, Roberto Bertolini, Jonathan Bradley, OrnellaCaccia, Domenico Di Ceglie, Paul Upson, MarkWaddington, Luisa Carbone, Debbie Hindle, ThorneyWood, Deirdre Moylan.

Hanno tenuto corsi di lezioni nella sede dell’Istituto inNapoli i seguenti docenti del Warburg Institute: ErnstGombrich, Jennifer Montagu, Charles B. Schmitt, RobertShackleton, Daniel P. Walker, Joseph B. Trapp.

OxfordNapoli 1799. Enlightenment, Revolution and Social Change.

Relazioni di: John A. Davis, Anna Maria Rao, JohnRobertson, Giuseppe Galasso, Melissa Calaresu,Vincenzo Ferrone, Carlo Capra, Colin Lucas, Robert

744

Page 745: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Oresko, Hamish Scott, Michael Duffy, GirolamoImbruglia, Paolo Viola, Marta Petrusewicz, PeterDickson, Carlo Knight, Adrian Lyttelton, Stuart Woolf.

PORTOGALLO

Braga

Abstrakt und Konkret. Relazioni di: Manfred Buhr, JoaquimCerqueira Gonçalves, Francisco Mesquita Machado,Vítor de Aguiar, Alfredo Dinis, Alberto Burgio, LauraFerreira Alves, Tom Rockmore, András Gedö, GiovanniBonacina, Adriana Veríssimo Serrão, Roberto Finelli,Juha Manninen, Eduardo Chitas, Manuel Sumares, JuanManuel Navarro Cordón, José Barata-Moura.

Lisbona

Bicentenário da morte de Leonor da Fonseca Pimentel “a por-tuguesa de Nápoles” (1799-1999). Relazioni di: SaraMarques Pereira, Gerardo Marotta, Clementina GilyReda, Vittorio De Cesare, Fernando Marques da Costa,Anne Cova, Helena Araújo, Maria Antónia Fiadeiro,Antonio Tabucchi, Zilia Osório de Castro, Elena Urgnani,Teresa Almeida, João Flor, Eunice Cabral, ManuelFerriera Patrício, Anna Maria Rao, Lucília Valente, Joséde Oliveira Barata, Rita dos Santos, Cristine Zurbach.

International Right Lisbon Seminar. Relazioni di: Antònio deSousa Franco, Mauro Rubino-Sammartano, Rui Machete,Xavier Magnee, Nicholas Stewart, Júlio de Castro Caldas.

745

Page 746: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

SPAGNA

BarcellonaCosmologia, teologia y religion en la obra y en el proceso de

Giordano Bruno. Relazioni di: Giovanni Aquilecchia, PaulR. Blum, Angelika Bönker-Vallon, Eugenio Canone,Miguel Angel Granada, J. Jiménez Heffernan, MorimichiKato, Michel Pierre Lerner, P. Magnard, Nuccio Ordine,Gilberto Sacerdoti, Jean Seidengart, Leen Spruit.

Giacomo da Lentini e la cultura filosofico-scientifica nellaSicilia del suo tempo. Relazioni di: Salvatore Fodale, LauraSciascia, David Abulabia, Francisco Rico, Raffaele Pinto,Luigi Milone, Danielle Jacquart, Francesco Zambon,Massimo Ciavolella, Costanzo Di Girolamo, FranciscoAmella, Eduard Vilella, Monserrat Casas.

Economia e territorio nel Medioevo. Saluti di Bruno Bellone,Salvador Claramunt, Raniero Vanni D’Archirafi.Relazioni di: David Abulafia, Cosimo D. Fonseca, NoëlConlet, José Enrique Ruiz Domènec, Maria Teresa FerrerMallol, Bruno Dini, Marco Tangheroni, Paulino Jradiel,Francesco Artizzu, Antonio Collantes de Terán.

International Walter Benjamin Conference. Relazioni di:Ingrid Scheurmann, Idith Zental, Mauro Ponzi, DonatellaDi Cesare, Adam Michnik, Claudia Gianotti, EduardoArroyo, Stéphane Moses.

GeronaLa idea de la sociedad civil en Hegel. Relazioni di: Felix

Duque, Bernard Bourgeois, Domenico Losurdo, AndréTosel, Gabriel Amengual, Mario Cingoli, Stefano Azzarà,Hans-Heinz Holz.

746

Page 747: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Madrid

La filosofia italiana oggi. Relazioni di: Rafael Arguillon, RemoBodei, Massimo Cacciari, Aldo G. Gargani, FranciscoJarauta, José Jimenez, Giacomo Marramao, JavierMuguerza, Gianni Vattimo, Fernando Savater.

I dialoghi italiani di Giordano Bruno. Relazioni di: GiorgioBarberi Squarotti, Miguel Angel Granada, FernandoSavater, Enrico Bispuri, Emilio Lledó, Joan Tugores.

San Sebastián/Donostia

Hegel und die Geschichte der Philosophie. Internationaler Hegel-kongreß unter der Schirmherrschaft der UNESCO. Relazionidi: Ramón Valls Plana, Christine Wekwerth, Zbigniew Kude-rowicz, Catherine Malabou, Wolfang Lefèvre, Marek J.Siemek, Yolanda Espiña Campos, Bertrand Ogilvie, RosenMenahem, Jiang Yongfu, Ryszard Panasiuk, Timothy C.Huson, Michael Stadtler, Ronald Böhling, Ernst-OttoOnnasch, Ruy Fausto, Andreas Knahl, Cristiana Senigaglia,José Luis Molinuevo, Mariano Alvarez Gómez, MartinBondeli, Tom Rockmore, Julio de Zan, Horst-Heino v.Borzeszkowski, Félix Duque, Edgardo Albizu, Hans-Christian Lucas, Stephan Otto, Jacques D’Hondt, AndreasRoser, Endre Kiss, Gentscho Dontschev, Annette Sell, JuliánPacho, Paolo Giuspoli, Georgi Donev, Ezra Heyman, RainerAdolphi, Daniel O. Dahistrom, Maciej Potepa, BoleslawAndrzejewski, Jean-Christophe Goddard, Jean-ChristopheMerle, Axel Hutter, Gerhard Kuebart, Goran Gretic, PaulCobben, Herman van Erp, Marcel Rozemblum, Lutz Ellich,Heike Hartmann, Karen Gloy, Pierre Osmo, RainerAdolphi, Ruggero Morresi, Michael Polemis, Davor Rodin,Montserrat Galceran, Christian Ruby, Ramón Hilario,

747

Page 748: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Undine Eberlein, Angel Gabilondo, Willem van Reijen, M.del Carmen Paredes, Christian Schall, Franck Fischbach,Pierre Penisson, Bertrand Binoche, Ante Pazanin, XabierApaolaza, Franco Chiereghin, Renate Wahsner, EmmanuelRenault, Adriaan T. Peperzak, Heinz Krumpel, DragoRucnov, Valentina Rucnov Krtinic, Solange Mèrcier-Josa,Laszio Molnar, Yu-Suk Suh, Wilhelm Lütterfelds, LucienCàlvie, Jean-Claude Bourdin, Rudolf J. Siebert, BrunoKarsentz, Stefan Dornuf, Francisco Fernàndez, AndrzejPrzylebski, Christian Iber, Myriam Gerhard, Orrin F.Summerell, Henning Ottmann, Erzsébet Rózsa, AndrewBuchwalter, J. Murray Murdoch, José Maria Ripalda, PacoVidarte, Mireille Delbraccio, Juliette Simont, Isabel Balza,Peter-Ulrich Philipsen, Simone Mahrenholz, DraganSimeunovic, Jan Such, Hans-Georg Bensch, Alicia NoemiFarinati, Sonia Arribas, Etienne Balibar, Oward Ferrari, HouCai, Wolfgang Sünkel, Mihajlo Nikolic, Conrad Gründer,Andrew Williams, Vicenzo Vitiello, Rolf-Peter Horstmann.

Santiago de Compostela

Hermeneútica y acción. Homenaje a Paul Ricoeur. Relazionidi: Domenico Jervolino, Manuel Maceiras Fafián, MariaLuisa Portocarrello, Ferreira da Silva, Andrej Wiercinski,Francesca Brezzi, Paula Ponce De Leâo, Fabio Ciaramelli,Quintín Racionero, Andreas Breitling, Angel Gabilondo,Giuseppe Martini, Antonio Pieretti, Lorenzo Altieri,Marcelino Agís Villaverde, Armando Rigobello, PaulRicoeur.

Siviglia

Pensar para el nuevo siglo. Giambattista Vico y la cultura europea.Relazioni di: Eugenio Coseriu, Leonardo Amoroso, Manuel

748

Page 749: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Barrios Casares, Andrea Battistini, Jürgen Trabant, MarioAgrimi, Gianfranco Cantelli, Donatella Di Cesare, DonaldPhillip Verene, Enrico Nuzzo, Humberto Aparecido DeOliveira Guido, Monserrat Negre Rigol, Rita Verdirame,Stephan Otto, Mario Papini, Francesco Botturi, GustavoCosta, Alain Pons, Fulvio Tessitore, Enrico Nuzzo, JürgenTrabant, Giuseppe Cacciatore, Massimo Marassi, MaurizioTorrini, Eduardo Bello, Fabrizio Lomonaco, Gustavo Costa,Franco Ratto, Sanja Roic, Maurizio Martirano, Leon Pompa,Bruce Haddock, Pablo Badillo O’Farrell, Giuseppe Modica,Maria José Rebollo Espinosa, Antonio Scocozza, EnriqueBocardo Crespo, Alberto M. Damiani, Pierre Girard, MiguelA. Pastor Pérez, Pablo Badillo, José Faur, Emlio Hidalgo-Serna, Jose M. Sevilla, Benjamín García-Hernández, JosepMartínez Bisbal, Francisco Navarro Gómez, Vincenzo Vitiello,Amparo Zacarés Pamblanco, Moisés González García,Giuseppe Patella, José Villalobos, José Luis López López,Alfonso García Marqués, Amadeu Viana, Giorgio G. Pinton,Alain Pons, José Villalobos Domínguez.

Valencia

Seminario internacional de historia de los conceptos y filosofíapolítica. Relazioni di: José L.Villacañas Berlanga, José MaríaBeneyto, Maximiliano Hernández Marco, Faustino OncinaCoves, Román García Pastor, Olivier Béaud, Carlos MiguelHerrera, Antonio Rivera García, M. Elena CantarinoSuñer, Roberto Rodríguez Aramayo, Giuseppe Duso,Massimo La Torre, Maurizio Merlo, Antonio Lastra Meliá,Sandro Chignola, José María González García, Manuel E.Vázquez García, Jean-François Kervégan.

749

Page 750: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Valladolid

La Iglesia española en el siglo XVIII. Lezioni di: Luis RibotGarcia, José Manuel Cuenda Tonho, Maximiliano BarrioGonzalo, Alberto de la Hera Perez Cuesta, José AntonioEscudero, Luis Miguel Enciso Recio, Agustín GonzalesEnciso, Téofanes Egido, Alberto Marcos Perez, PedroCarasa.

La burguesia española en el siglo XVIII. Lezioni di: LuisRibot Garcia, Luis Miguel Enciso Recio, PedroMolas Ribalta, Germán Rueda Hernández, TeófanesEgido López, Antonio Morales Moya, AgustínGonzales Enciso, Rosa Pérez Estévez, Rosa GonzálezMartínez, Maximiliano Barrio Garcia, Pedro CarasaSoto, Alberto Marcos Martin, Juan HelgueraQuijada, Celso Almuiña Fernández.

La monarquia hispanica (siglos XVI-XVIII). Lezioni di:Feliciano Barrios, Luis Ribot Garcia, Ernesto Belenguer,Attilio Marzio Romani, Luigi De Rosa, Jose Alcala-Zamora, Eufemio Lorenzo, Angel Garcia Sanz,Maximiliano Barrio, Augustin Gonzales Enciso, PedroCarasa, Fernando Bouza.

Los reyes catolicos y los origines del imperio. Lezioni di: M.A.Ladero, J. Valdeon, E. Belenguer, L. Adao Fonseca, J.M.Nieto Soria, J.M. Carretero Zamorra, L. Suárez, M.Tangheroni, P. Corrao, M. Del Treppo.

Industria y epoca moderna. Lezioni di: Luis Ribot Garcia,Augustín Gonzales Enciso, Juan Helguera Quijada, LuisMiguel Enciso Recio, Ricardo Franch Benavent, OrazioCancila, Manuel Matìn Galan, Pere Molas Ribalta,Rafael Torres Sánchez, Luigi De Rosa, Giovanni Zalin,Palma Martínez Burgos, Ilaria Zilli.

750

Page 751: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Naves, puertos e itinerarios marítimos en la edad moderna.Lezioni di: Luis Ribot Garcia, Hugo O’Donnell Duque deEstrada, Ignacio Gonzáles Tascón, Giuseppe Felloni, PabloEmilio Pérez Mallaína, Ugo Tucci, José Luis Casado Soto,Orazio Cancila, Fernando Serrano Manges, Aingeru TabaleUriarte, Luigi De Rosa, José Miguel Delgado Barrado,Augustín Guimera Ravire.

Las finanzas estatales en España e Italia en la epoca moderna.Lezioni di: Luigi De Rosa, Luis Ribot Garcia, AlbertoMarcos Martin, Maximo García Fernández, SergioZaninelli, Emilia Salvador Esteban, Luciano Pezzolo,Miguel Angel Echevarría Bacigalupe, Giuseppe Felloni,Bernardo Hernández, Agustín Gonzalez Enciso, AntonioMiguel Bernal.

FRANCIA

Aix-en-Provence

Aristote. L’enjeu métaphysique. Lezioni di: PierreAubenque, Jean Louis Vieillard-Baron, Yves Lequin.

Cerisy-la-Salle

Les mathèmatiques et l’art. Relazioni di: Pierre Cartier,Maurice Caveig, Roger Laurent, Maurice Loi, MicheleEmmer, François Longy, René Passeron, Jean-ClaudePont, Jacques Roubaud, René Taton, René Thom.

Chantilly

Was heisst europäisch Denken? Relazioni di: Xavier Tilliette,Manfred Buhr, Domenico Losurdo, André Tosel.

751

Page 752: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Clermont-FerrandLa legende de la Révolution (1770-1914). Lezioni di:

Christian Croiselle, Jean Erhard, Daniel Martin.

LillaSemaine européenne de la philosophie. Relazioni di: Gianni

Vattimo, Yves Hersant, Gerardo Marotta, ChristianeMenasseyre, Alain Pons, Roberto Esposito, DomenicoLosurdo, Giulia Belgioioso, Aldo Masullo, PierreAubergne, Biagio de Giovanni, Sergio Givone.

LioneGiordano Bruno. Lezioni di: Nuccio Ordine, Jean

Seidengart, Robert Dumas.

MarsigliaLa République Napolitaine de 1799. Relazioni di: Maria

Antonietta Macciocchi, Michel Vovelle, Luigi MascilliMigliorini, Christian Digne, Oscar Carchidi.

Order in Algebra and Logic, with Applications. Relazioni di:Roberto Cignoli, Mario Curzio, Françoise Delon, MaxDickmann, Antonio Di Nola, George Elliott, GiorgioFaina, Rafel Farre, George Georgescu, Michele Giraudet,Daniele Gondard, Revaz Grigolia, Jorge Guier, PeterHajek, Klaus Keimel, Franz Viktor Kuhlmann, SalmaKuhlmann, Ada Lettieri, Patrizia Longobardi, FrançoisLucas, Angus Macintyre, Chris Mulvey, Daniele Mundici,Giovanni Panti, Niels Schwartz, Maria Tallini, FredWehrung.

752

Page 753: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Nantes

Les intellectuels européennes face à la campagne d’Italie(1796-1798). Relazioni di Jean Dhombres, NicoleDhombres, Ingrid Rademacher, Florence Pellaè-Bougnol,Luigi Mascilli Migliorini, Jean-Paul Barbe, GillesBertrand, Anna Maria Rao, Roland Bernecker, Jean-Clement Martin.

Nizza

I progressi degli studi sulla Biblioteca ercolanese di Filodemo.Lezione di Marcello Gigante.

L’idée d’époque historique. Relazioni di: Bernard Bourgeois,Hans-Heinz Holz, Domenico Losurdo, Nicola Panichi,Manfred Buhr, Roberto Bordoli, Solange Mèrcier-Josa,Ferdinando Vidoni, Berbard Freydberg, Vesa Oittinen,Domenico Jervolino, Alessandro Mazzone, SchlomoAvineri, Angelica Nuzzo, Marek Siemek, FrancescoSaverio Trincia, Fortunato Cacciatore, Emanuela Susca,Alberto Burgio.

Parigi

École Pratique des Hautes Études

Aspects de la Philosophie européenne dans l’âge moderne.Lezioni di: Henri Gouhier, Paul Dibon, Jacques Roger,Henri-Jean Martin, Pierre Costabel.

Perspective sur l’âge des Lumières. Lezioni di : HenryGouhier, Michel Fleury, Olivier Réné Bloch, JacquesRoger, Paul Dibon.

753

Page 754: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Aspetti e problemi dell’Illuminismo francese. Lezioni di:Henri Gouhier, Pierre Costabel, Geneviève Rodis Lewis,Marc Fumaroli, Paul Dibon.

Problèmes d’histoire du cartésianisme. Lezioni di : HenriGouhier, Michel Fleury, Bruno Neveu, Pierre Vernière,Jean Deprun, Olivier Réne Bloch, Jean Ehrard, YvonBelaval.

Naples et la culture européenne du XVIIe siècle. Lezioni di:Paul Dibon, Romeo De Maio, Giovanni PuglieseCarratelli.

Traduzione-tradizione: Bruno in Asia e in Europa. Lezioni di:P. Corsi, L. Bolzoni, M. A. Granada, Y. Hersant, M. Kato,H. L. Liang.

La Révolution française: science et philosophie. Relazioni di:Jacques D’Hondt, Hans Michael Baumgartner, OlivierBloch, Jochen Schlobach, Manfred Buhr, Pierre-JeanLabarrière, Konrad Cramer, Hermann Schüttler, NorbertHinske, Karl Acham, S. F. Odujew, Alessandro Mazzone,Herta Nagl-Docekal, Guy Besse, Volker Bialas, AugusteBayonas, Burkhard Tuschling, Michèle Crampe-Casnabet,Henri Deneys, Vladimir Daskalov, Claude Mazauric, Karl-Heinz Schöneburg, Marian Skrzypek, Dejan Pawlow,Bernard Michaux, Thomas Metscher, Milan Damnjanovic,Pertti Karkama, Miodrag Cekic, Jeroen Bartels, KatalinHavas, Rolf-Peter Horstmann, Hagen Pleger, J. Rogozinski,Frank Benseller, Marek Siemek, Detlev Pätzold, Walter E.Ehrardt, Klaus Hammacher, Paolo Becchi, Jeffrey Barrash,Dietrich v. Engelhardt, Angèle Kremer-Marietti, RogerHahn, Michael Otte, Oliver Tenzer, Werner Bahner,Georges Labica, Bernard Bourgeois, Hans-Heinz Holz,

754

Page 755: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Valerio Verra, Michel Vovelle, Hans Jörg Sandkühler,Lucien Sève, Alexis Philonenko, Reinhard Lauth, KioshiroYajima, V. A. Lektorskij, Shlomo Avineri, Claudio Cesa,Domenico Losurdo, Kurt Bayertz, Francesco Moiso,Stefano Poggi, Enrico L. Rambaldi, Martin Dress, RaymondSwing, Peter Brokmeier-Lohfing, Raffaello Franchini, PetkoGanchev, Elisabeth Guibert, Stefan Angelov, WinfriedMarotzkj, Hartwig Zander, Joachim Forsche, TomRockmore, Mitrju Jankov, Reinhold Oberlercher, JosLensink, Manfred Baum, Bernard D. Freydberg,Menachem Rosen, Milan Sobotka, M. A. Kissen, MichelVadée, Dragutin Lekovic, Andràs Gedö, Abraham Yassour,Jakub Netopilìk, Rolf Zimmermann, Teodor I. Oiserman,André Robinet, Jendrich Zeleny.

La Révolution hors de France: le Royaume de Naples.Relazioni di: Giuseppe Giarrizzo, Domenico Losurdo,Lucio Villari, Joost Rosendal, Pasquale Villani, Angelo A.Spagnoletti, Gerard Delille, Angelo Massafra, John A.Davis, Anna Maria Rao, Christian-Marc Bosséno.

Spécialistes et administration en Urss, 1880-1945. Lezioni di:Jutta Scherrer, Alessandro Stanziani, Alberto Masoero,Ettore Cinnella, Marco Buttino, Andrea Graziosi, JacquesSapir, Giannarita Mele, E.A. Rees, Alessandro deMagistris, John Barner, Alexis Berelowitch.

Les savoirs sur les vivants dans les académies scientifiques ita-liennes aux XVIIe et XVIIIe siècles. Relazioni di: GiorgioSalvini, Vincenzo Ferrone, Maurizio Torrini, MartaCavazza, Maria Franca Spallanzani, Yvette Conry,François Dagognet, Saverio Ricci, Marie-DominiqueCouzinet.

755

Page 756: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Appello per la cultura e la ricerca in Europa. Relazioni di:Giovanni Aquilecchia, Gerardo Marotta, Alain PhilippeSegonds, Nuccio Ordine, Domenico Losurdo, PaoloMarotta, Wolfgang Kaltenbacher, Francesco Petruccione,Alain de Libera, Yves Hersant.

Le nouveau système du monde. Relazioni di: AlexandreAdler, Jean-Yves Calvez, Rossana Rossanda, GeorgesLabica, Paco Fernandez Buey, Jean Robelin, RogerMartelli, Michael Löwy, Domenico Losurdo, YvesLacoste, Claude Meillassoux, Etienne Balibar, RobinBlackburn, Domenico Jervolino, Stefano Petrucciani,Samir Amin.

Cents ans de marxisme. Bilan et perspectives. Relazioni di:Jacques Texier, Jacques Bidet, Wolfgang Hang, GérardDumenil, Domenico Jervolino, Nicolas Tertulian, CarloVercellone, Eustache Kouvelakis, Etienne Balibar,Enrique Dussel.

Œuvres complètes de Giordano Bruno. Relazioni di: MichèleGendreau-Massaloux, Michel Desgranges, NuccioOrdine, Yves Hersant, Marc Fumaroli.

Science et philosophie en France et en Italie. Relazioni di:Silvano Tagliagambe, Paolo Parrini, Roberto Maiocchi,Ornella Pompeo Faracovi, Jean Petitot.

Journées d’études sur Bernard Groethuysen. Relazioni di:Michèle Gendreau-Massaloux, Dominique Desanti, JeanToussaint, Remo Bodei, Philippe Delpuech, Maurice deGandillac, Fernando Savater, Pascal Michon, GiuseppeCacciatore, Tatiana Mailliard Parain.

Montesquieu du nord au sud. Relazioni di: J. Ehrard, A.Postigliola, E. Ring, J.T. Lukowski, N. Plevinskaïa, D.Apostopoulos, S. Björkman.

756

Page 757: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

La question du socialisme aujourd’hui. Relazioni di: G.Duménil, S. Amin, G. de Bernis, M. Angenot, M. Riot-Sarcey, V. Seroussi, J. Kergoat, G. Moschonas, G.Chavance, R. Matamed-Nejard, G. Bensimon, R. Lew, G.Fabre, E. Kouvelakis, J. Sapir, D. Losurdo, P. Bauby, B.Marx, Cl. Leneveu, M. Housson, K. Vergopoulos, Y. LeBot, M. Najam, Chr. Barrère, Chr. Aguiton, M. Revelli, D.Lévy, Th. Coutrot, D. Linhard, JP. Durand, M. Vakaloulis,T. Andréani, L. Sève, A. Tortorella, C. Samary, R.Antunes, St. Petrucciani.

Les pensées de l’histoire entre modernité et postmodernité.Relazioni di: Jean-Marie Goulemot, Hélène Desbrousses,Bertrand Binoche, Jean François Kervegan, SilviaCaianiello, Giampiero Moretti, Denis Thouard, MichaelLowy, Annie Petit, Therry Martin, Maria Donzelli,Alfonso M. Iacono, Giuseppe Cacciatore, DomenicoJervolino, André Tosel, Jean-Marie Vincent, JacquesBidet, Luigi Cortesi.

The Role of the Political Police in the Soviet Union, 1918-1956.Relazioni di: A. Graziosi, J. Scherrer, N. Werth, V. N.Khaustov, A. M. Pshennikov, V. F. Semystjaha, F.-X.Nérard, Iu. Shapoval, V. Vasyl’jev, A. Blum, M. Mespoulet,G.Kessler, D.Shearer, P. Hagenloh, J. Burds, M. Junge,R. Binner, N. Baron, D. Nordlander, G. Moulecc, T. Martin.

Le dialogue philosophique à Rome au Ier siècle avant J.C.:Cicéron et Philodème. Relazioni di: Marcello Gigante,Alain Michel, Carlos Lévy, Jean-Louis Ferrari, MiriamGriffin, Elizabeth Asmis, Bernard Besnier, MarioCapasso, Daniel Delattre, Jakob Wisse, David Armstrong,Jürgen Hammerstaedt, Gioia M. Rispoli, Andrew Barker.

Lucien Labertonnière: raison philosophique et foi chrétienne.Relazioni di: M. Meslin, P. Colin, J. Prevotet, G. Losito, F.

757

Page 758: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Finoti, L. Pazzaglia, A. Douchevskij, P. Beillevert, R.Virgoulay, J. Greisch, P. Beillvert, J. M. Mayeur.

Autour de l’œuvre de Frances A. Yates (1899-1981): du reveilde la tradition hermétique à la naissance de la sciencemoderne. Relazioni di: Roland Edighoffer, Allison P.Cubert, Stéphane Toussaint, Jean-Pierre Brach, HilaryGatti, Paola Zambelli, Hélène Védrine, Wonter J.Hanegree.

Les Œuvres italiennes de Giordano Bruno. Relazioni di:Guido Davico Bonino, Marc Fumaroli, MichèleGendreau-Massaloux, Nuccio Ordine, Alain Segonds.

UNESCO

30 ans d’activité de l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.Relazioni di: Paul Ricoeur, Michèle Gendreaux-Massaloux, Maurice Aymard, Jérôme Bindé, YvesHersant, Jacques D’Hondt, Paulin J. Hountondji, IoannaKuçuradi, Nuccio Ordine, Jean Petitot, Marcello SáncezSorondo, Luca M. Scarantino, Alain Segonds, NicolasTertulian, Imre Toth, Michel Vovelle.

Hanno tenuto corsi di lezioni nella sede dell’Istituto inNapoli i seguenti studiosi dell’École Pratique des HautesÉtudes: Jean Robert Armogathe, Pierre Costabel, PaulDibon, Henri-Jean Martin, Bruno Neveu, René Roques,François Secret, Paul Vignaux.

Poitiers

Droit et liberté de la personne dans la philosophie politique deHegel. Lezioni di : Leo Lugarini, René Maspetiol, GerhartSchmidt, Bernard Bourgeois, Jacques D’Hondt, GuyPlanty-Bonjour.

758

Page 759: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Rousseauismus und Revolution beim jungen Hegel. Lezionidi: Hans Friedrich Fulda, Alexis Philonenko, RobertLegros, Vincent A. McCarty, Hubertus Busche, BernardBourgeois, Giuseppe Duso, Jean-François Kervegan,Domenico Losurdo, Roger Barny, Jacques D’Hondt.

Signification de la Phénoménologie de l’Esprit de Hegel.Lezioni di : Guy Planty-Bonjour, Jacques D’Hondt.

La pensée de Marx. Lezioni di Jacques D’Hondt.

Colloque Schelling. Relazioni di: Jean-Louis Vieillard-Baron,Klaus Düsing, Alexis Philonenko, Jean-FrançoisCourtine, Alexandre Roux, Pascal David, IgnacioFalgueras, Michael Veter, Birgit Sandkaulen, Miklos Vetö,Marc Richir, Tonino Griffero, Jean-François Marquet,Enrico Guglielminetti, Marie-Christine Challol-Gillet,Xavier Tilliette.

Strasburgo

Conseil de l’Europe

La recherche fondamentale. Une priorité européenne.Relazioni di: W. Kaltenbacher, A. Schmitt, W. Shea, F.Becker, R. Doré, A. Pompidou, G. Ourisson, A. Burgen,J. Marescaux, Y. Lavoinne, J. Jurt, E. Trocmé, N. Olszak,B.B. von Maydell, R. Dorandeu, F. Petruccione, G.Darmon, M.J. Rycroft, E. Clementi, G. D’Agostino.

Presentazione al Presidente del Parlamento Europeodell’Appello per la filosofia e dell’Appello per la ricercaumanistica. Relazioni di: Egon Alfred Klepsch, AntonioLa Pergola, Biagio de Giovanni, Mario Forte, Francesco

759

Page 760: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Tagliamonte, Reinhard Brandt, Vincenzo Cappelletti,John A. Davis, Romeo De Maio, Marc Fumaroli, YvesHersant, Reinhard Lauth, Emilio Lledó, Vittorio Mathieu,Gerardo Marotta, Nunzia Marrone, Giuseppe Orsi.

Tours

La Renaissance en France. Lezioni di: Pierre Aquilon, JeanCeard, André Chastel, Jean Guillaume, Jean-ClaudeMargolin, Alain Michel, Jean-Pierre Ouvrard, MichelSimonin, Jean-Michel Vaccaro.

BELGIO

Bruxelles

Oeuvres complètes de Giordano Bruno. Saluti di: LucianaCastellina, Ilya Prigogine, Enrique Baron Crespo, Biagiode Giovanni, Gerardo Marotta, Giovanni PuglieseCarratelli. Relazioni di: Giovanni Aquilecchia, RitaSturlese, Yves Hersant, Nuccio Ordine, Miguel AngelGranada, Alain Segonds.

Le Rayonnement de la philosophie européenne. La philoso-phie à Naples à travers les âges. Relazioni di: L.Couloubaritsis, R. Mortier, B. de Giovanni, M. Gigante,R. P. J. McEvoj, L. Gualdo Rosa, F. Tessitore, S. Ricci, A.Postigliola, M. Agrimi, A. Robinet, A. Pons, G. F.Cantelli, G. Cacciatore, K. E. Lönne, M. Torrini, I.Prigogine.

760

Page 761: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

OLANDA

Leeuwarden

Frans Hemsterhuis: riscoperta di un filosofo europeista.Relazioni di: G. J. Scheurwater, G. D’Acunto, J. A. Ruler,L. Spruit, H. J. M. Bos, A. Moretto, C. de Peter, C.Melica, G. van der Meer, L. Illetterati, M. Cometa, E.Tavani, M. Vegelin van Claerbergen, I. Nijenhuis, P. C.Sonderen, E. Matassi, L. E. Hoffman, M. Mazzant-Mis,H. Kroj, R. Bordoli, J. van Sluis, L. Piccioni.

Leida

Scepticism and Irreligion in the XVII and XVIII Centuries.Relazioni di: Susanna Akerman, Silvia Berti, ConstanceBlackwell, Olivier Bloch, Harry Bracken, James Force,Amos Funkenstein, Alan Gabbay, Sarah Hutton, DavidKatz, Alan Kors, Lothar Kreimendahl, Sylvia Murr,Ezequiel de Olazo, Jan van der Berg, Ernestine van derWall, Theo Werbeek, Manfred Walther, Richard Watson,Ruth Wahlen.

Rotterdam

Das Andere und das Denken der Verschiedenheit. Lezioni di:H. Kimmerle, S. Ijsseling, F.T. van Peperstraten, A.J.M.van Weers, G. Gamm, W. van Reijen, M. Bilolo, U.Guzzoni, M. Griesebach, G. Böhme, S. Agacinski, A.V.Bormann, J. Brockmeier, L. Siep, L. Irigaray, H. Schmitz,R.W. Müller, K. Axelos, E.A. Bolle, D. Tiemersma, Th. DeBoer, G. Groot, H. Oosterling, M. Damnjanovic.

761

Page 762: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Utrecht

Hegels Aesthetik: die Kunst der Politik, die Politik der Kunst.Relazioni di: Domenico Losurdo, Guido Oldrini, KlausDüsing, Heinz Kimmerle, Bernard Bourgeois, AndrásGedö, Eduardo Chitas.

SVIZZERA

Basilea, Neuchâtel, Zurigo

I progressi degli studi sulla Biblioteca ercolanese di Filodemo.Lezioni di Marcello Gigante.

Ginevra

Unity and Internationalism of the Sciences and theHumanities. Relazioni di Giovanni Pugliese Carratelli,Robert R. Wilson, Lèon Van Hove, Giuseppe Montalenti,Olivier Reverdin, Remo Bodei, René Thom, ManfredEigen, Ugo Amaldi.

Locarno

Nel crepuscolo della probabilità. Relazioni di: NorbertoBobbio, Enrico Berti, Remo Bodei, Pierre Bourdieu, PaulK. Feyerabend, Amy Gutman, Hans Jonas, Horst E.Richter, Vittorio D. Segre, Margaret A. Somerville,Bartolomeo Sorge, Dennis Thompson, Gianni Vattimo,Salvatore Veca, Maurizio Viroli, Michael Walzer.

762

Page 763: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Losanna

Machiavelli storico, politico, letterato. Relazioni di: MarioMartelli, Giulio Ferroni, Paul Larivaille, Jean-JacquesMarchands, Giorgio Inglese, Emanuele Cutinelli, FilippoGrazzini, Francesco Busi, Nino Borsellino, Gian MarioAnselmi, Denis Fachard, Andrea Matucci, Hugo Jaeckel,Giorgio Barberi Squarotti, Anthony J. Parel, EnricoMalato, Anna Maria Cabrini, Christian Bec.

GERMANIA

Amburgo

Hegels Rechtsphilosophie: Moralität und Sittlichkeit. Lezionidi: Karl-Heinz Nusser, Wolfgang Bartüschat, KurtSeelmann, Michael Köhler, Vittorio Hösle, WolfgangSchild, Henning Hottmann, Stefan Smid.

Junghegelianismus als Antifaschistisches Forschungsthema.Relazioni di: H. J. Sandkühler, L. Hajen, Z. Rosen, L.Lambrecht, F. Tomberg, H. Hirsch, U. Püschel, A.Herzig, W. Grab, O. Briese, H. Bock, W. Meiser, M.Hundt, K. Feilchenfeldt.

Aquisgrana

Das Problem der Dialektik. Lezioni di: Klaus Düsing, HansFriedrich Fulda, Thomas Kesselring, Angelica Nuzzo, L.Bruno Puntel, Klaus J. Schmidt, Dieter Wandschneider.

763

Page 764: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Bad Homburg

Kants Opus Postumum. Lezioni di: Reinhard Brandt, VittorioMathieu, Gerhard Buchdahl, Rudolf Kötter, Hans-Joachim Waschkies, Martin Carrier, Eckart Förster, Hans-Georg Hoppe, Burkhard Tuschling.

BerlinoVico und die Zeichen. Vico e i segni. Saluti di: Johann W.

Gerlach, Umberto Vattani. Relazioni di: Jens Lüdtke,Giorgio Tagliacozzo, Wilhelm Schmidt - Biggemann, SanjaRoic, Tullio De Mauro, Donald Phillip Verene, DonatellaDi Cesare, Eugenio Coseriu, Giuseppe Cacciatore, GunterGebauer, Gianfranco Cantelli, Stephan Otto, MarioAgrimi, Paolo Cristofolini, Ferdinand Fellmann, LiaFormigari, Manuela Sanna, Antonino Pennisi, GiulianoCrifò, Klaus W. Hempfer, Aldo Di Luzio, Paola Zambelli,Stefano Gensini, Jürgen Trabant.

Violenza della storia - storie della violenza. Relazioni di:Pierangelo Schiera, Gian Enrico Rusconi, GabrieleHuber, Carolin Fischer, Nanni Balestrini, Kurt Lanthaler,Peter Brockmeier, Franco Sepe, Michèle Mattusch, MarcFöcking, Remo Ceserani, Alberto Granese, CarolinFischer, Dieter Kattenbusch, Alberto Abruzzese, HeleneHart.

Ein Kapitel der italienischen Kulturgeschichte: BenedettoCroce. Lezioni di: N. Sombart, R. Finelli.

Neapolis. Philosophie in Italien und Deutschland. Relazionidi: Michael Theunissen, Pierangelo Schiera, WolfgangKaltenbacher, Gerardo Marotta, Remo Bodei, UmbertoCuri, Domenico Losurdo, Giacomo Marramao, GianniVattimo.

764

Page 765: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Verfassungswandel um 1848 im europäischen Vergleich.Relazioni di: Heinrich Best, Arthur Schlegelmich, MartinKirsch, Walter Lukan, Ditlev Tamm, Gerald Stourzh, JeanStengers, András Gergely, Antonino De Francesco, CarlosPetit, Marco Meriggi, Francesca Sofia, Anna Maria Rao,Pierangelo Schiera.

Paul Ricoeur: Hermeneutik und Phänomenologie. Relazionidi: Marcelino Agis Villaverde, Udo Tietz, Martin W.Schnell, Stephen Urth, Norbert Meuter, AndreasBreitling, Jacques Dewitte, Rita Messori, Dieter Teichert,Mergit Eckholt.

Gedächtnis - Geschichte - Vergessen. Relazioni di: LásloTengelyi, Domenico Jervolino, Dieter Teichert, SpyridionKontroufinis, Andreas Breitling, Reiner Adelphi,Friedrich von Petersdorff.

Le opere italiane di Giordano Bruno. Relazioni di: WernerBeierwaltes, Klaus W. Henyfer, Thomas Leinkauf, NuccioOrdine, Wilhelm Schmidt-Biggermann.

Bielefeld

Ludwig Feuerbach und die Philosophie der Zukunft. Relazionidi: Hans-Jürg Braun, Hans-Martin Sass, Heinz Nusser,Theodor Münz, Karol Bal, Francesco Tomasoni, Xiao-BinLi, Walter Jaeschke, Ryszard Panasiuk, Arve Brunvoll,Maciej Potepa.

Center for Interdisciplinary Research: a Model for Insti-tutional Innovation in Science? Relazioni di: Stuart S.Blume, Hans Uwe Erichsen, Patricia Graham, MauriceAymard, John R. Grace, Rogers J. Hollingsworth,Eberhardt Lämmert, Gerardo Marotta, Rolf Möller,

765

Page 766: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Johann Mouton, Heinz-Rudi Spiegel, Wilhelm Krull,Sabine Maasen, Marc De Mey.

Napoli viceregno spagnolo. Una capitale della cultura alle ori-gini dell’Europa moderna (sec. XVI-XVII). Relazioni di:Monika Bosse, André Stoll, Giuseppe Galasso, GiovanniMuto, Mireille Peytavin, Cesare Vasoli, Luca D’Ascia,Saverio Ricci, Germana Ernst, José Maria López Piñero,José Pardo Tomás, Annamaria Ciarallo, Amalia Perfetti,Oreste Trabucco, Victor Navarro Brotons, Raffaella DeVito, Karl Maurer, Luis F. Bernabé Pons, BegoñaSouviron López, Carl Hermann Middelanis, RaffaeleSirri, Teresa Cirillo, August Buck, Edgar Radtke, MicheleRak, Felice Gambin, Fernando Díaz Esteban, AndreasBeyer, Jutta Held, Sebastian Schütze, Nicola Spinosa,Dinko Fabris.

Die Republik Neapel 1799. Lezioni di: Giuseppe Orsi eAndré Stoll.

Brema

Geschichtlichkeit der Philosophie. Theorie, Methodologie undMethode der Historiographie der Philosophie. Relazioni di:Jürgen Mittelstrass, José M. Ripalda, Hans Krämer,Martina Thom, Gerhard Pasternack, Kurt Rötgers, HansFriederich Fulda, Hans Jörg Sandkühler, FrancescoMoiso, Domenico Losurdo, Manfred Buhr, Hans-HeinzHolz.

Philosophie und Wissenschaft. Interagierende Perspektivenspekulativer und transzendentaler Philosophie und experi-menteller Wissenschaften. Relazioni di: Michael JohnPetry, Wolfgang Krohn, Detlev Pätzold, Rolf P.Horstmann, Reinhard Lauth, Francesco Moiso, Hans-Heinz Holz, Ferdinando Vidoni, Ernst Florey, José

766

Page 767: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Barata-Moura, Werner Goldschmidt, DomenicoLosurdo, Helmuth Holzhey, Kurt Bayertz, JuhaManninen, Hans Jörg Sandkühler.

Colonia

Phänomenologie und Psychologie in Hegels Enzyklopädie.Lezioni di: Lothar Eley, Hans Friederich Fulda, KlausDüsing, Gerhard Schmidt, Burkhard Tuschling, UgoRameil, Michael John Petry, Adriaan Peperzak, WolfgangSchild, Ludwig Siep, Bernhard Merker.

La responsabilità etica dello scienziato. Relazioni di: WernerBuckel, Vittorio Mathieu, Klaus Heinloth, GiorgioBernardi, Peter Starlinger, Manfred Wolff, Jeanne-PierreVigier, Kurt Bayertz, Matthias Gatzemeier, Paolo Cerletti,Klaus Traube, Hanz Lenk, Giorgio Penzo, VincenzoCappelletti, Enrico Berti, Vittorio Hösle, EdoardoCaianiello, Dieter Wandschneider, Paolo Bisogno, WernerLuck, Alfonso Maria Liquori, Hubert Kneser, HansSachsse, Gaetano Calabrò.

Costanza

I progressi degli studi sulla Biblioteca ercolanese di Filodemo.Lezione di Marcello Gigante.

Darmstadt

Performativität und Praxis. Relazioni di Gerhard Gamm,Georg W. Bertram, Erika Fisher-Lichte, Simon Critchley,Andreas Heteel, Dietmar Köveker, Werner Hamacher,Sybille Krämer, Jens Kertscher, Markus Lilienthal, AlexDemirovich, Matthias Kross, Dieter Mersch.

767

Page 768: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Erlangen-Norimberga

Hegel und die antike Dialektik. Lezioni di: Manfred Riedel,Otto Pöggeler, Enrico Berti, Rüdiger Bubner, HeribertBöder, Gerhard Schmid, Klaus Düsing, Stanley Rosen,Manfred Baum, Rudolf Meyer, Pierre Aubenque, ReinerWiehl, Wolfgang Künne, Klaus Held, Hartmut Buchner.

Francoforte

Moralität und Sittlichkeit. Lezioni di: Jürgen Habermas,Rüdiger Bubner, Wolfgang Kuhlmann, HerbertSchnädelbach, Friederich Kambartel, Vittorio Hösle,Albrecht Wellmer, Bernhard Waldenfels, Dietrich Böhler,Axel Honneth, Charles Taylor, Karl-Otto Apel, MichaBrumlik.

Fichtes Rechtsphilosophie: die ersten drei Lehrsätze derGrundlagen des Naturrechts. Lezioni di: J. Zaczyk, V.Hösle, L. Siep, W. Kröhler, A. Wildt, A. Bartuschat, E. A.Wolff.

Friburgo

Geschichtliche Erfahrung und symbolische Repräsentation:ein Symposium. Relazioni di: Alain Pons, SabineMödersheim, Holger Schmid, Nel Rodriguez Rial,Giovanni Moretto, Georges Navet, Gerd Krumeich, Jean-Michel Rey, Urias Arantes, Giuseppe Cacciatore, PatriceLoraux, Giuseppe Cantillo, Antonello Giugliano,Reinhold N. Smid, Marc Richir, Silvio Senn, WolfhartHenckmann, Ashraf Noor, Javier San Martin, HansRainer Sepp, Petr Rezek, Daniel Payot.

768

Page 769: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Theoretische Physik: Einblicke in die moderne Forschung.Relazioni di: J. Honerkamp, F. Petruccione, D. Giulini, K.Pohlmeyer, S. Waldmann, H. P. Breuer, T. Filk.

Einblicke in die moderne Forschung. Relazioni di: F.Petruccione, D. Giulini, H. P. Brever, W. Dobler, H.Peter, K. E. Kunze, S. Waldmann, T. Filk.

Halle/Saale

Fremdheit und Vertrautheit. Hermeneutik im europäischenKontext. Relazioni di: Paul Ricoeur, Vittorio Mathieu, GünterAbel, Lutz Danneberg, Jean Grondin, Maciej Potepa,Manfred Riedel, Jean-François Courtine, FerdinandFellmann, José M. Mardones, Gianni Vattimo, Rainer Enskat,Werner G. Jeanround, Reinhard Herzog, AnselmHaverkamp, Hent de Vries, Maria Christina Bartolomei,Bratislav Horyna, Fritz Stolz, Pier-Cesare Bori, Sergio Givone,Maria Villela Petit, Jaques de Visscher, Ada Neschke-Hentschke, Hans-Martin Gauger, Jochen Hörisch, Han J.Adriaanse, Oswald Schwemmer, Janos Petöfi, JuliaKristeva, Michel Meslin, Stewart Sutherland, Detlev vonUslar, Giuliano Crifò, Volker Gerhardt, Hans GeorgSöffner, Dietrich Krusche, Klaas Huizing, Giuseppe Galli,Paul Moyaert, Jean Greisch, Ugo Perone.

Hannover

Internationaler Leibniz Kongreß. Relazioni di: AndréRobinet, Michel Fichant, Heinrich Schepers, EberhardKnobloch, Massimo Mugnai, Noa Zauderer-Naaman,Emily Grosholz, Bianca M. Cuomo D’Ippolito, Klaus E.Kaehler, Helmut Schnelle, Horst Matthai, Robert C.

769

Page 770: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Sleigh, Jr., Wilhelm Totok, Miguel Beltrán, DominiqueBerlioz, Maria Rosa Antognazza, Mark A. Kustald,Erhard Holze, Renato Cristin, Alexandru Boboc, PaulSchuster-Stein, Gerda Utermöhlen, Vladimir Katasonov,Vladimir Kirsanov, Marina Serbanescu, Fritz Hartmann,Wenchao Li, Kiyoschi Sakai, Zhu Yanbing, Claudia vonCollani, Rita Widmaier, Hans-Peter Schneider, PhilipBeeley, George G. Constandache, Günter Scheel, PeterNitschke, Patrick Riley, James G. O’Hara, Joseph Gross,Hartmut Hecht, Ruth Hagengruber, Henk H. Kubbinga,Rainer E. Zimmermann, Randall R. Dipert, Hans-JoachimWaschkies, Ulrich Majer, Stefano Di Bella, UlrichWodarzik, Jan A. Cover, Wilhelm Totok, AntonellaBalestra, Augustin Andreu Rodrigo, Ana-MarinaFernández Pérez, Hubert Horstmann, Dennis Rohatyn,Ursula Goldenbaum, Stefan Lorenz, Tadeusz Giec, Klaus-Rüdiger Wöhrmann, Luigi Cataldi Madonna, HiroakiYamada, María Jesús Vásquez Lobeiras, Goffredo IommiAmunátegui, Helmut Pape, Manfred Buhr, Jürgen Herbst,Leonard H. Ehrlich, Christoph Kann, Jaime de SalasOrtueta, Begoña Ilarregui, Jaime Nubiola, WolfgangLenzen, Frédéric Nef, Hans Burkhardt, AlexanderSubbotin, Jesús Padilla Gálvez, Ezequiel de Olaso, GideonFreudenthal, Robert Merrihew Adams, Tilman Ramelow,Sven K. Knebel, Enrico Pasini, Michel J. Murray, JensHäseler, Fritz Nagel, Pasqualino Masciarelli, GiovannaVarani, Alexandru Giuculescu, Friedrich Gaede, AntonioLamarra, Gerhard Kuebart, Augusto Serrano, Mark A.Kulstad, Alexander A. Pechenkin, Naoum Daher, AndreasGoppold, Gerd-Günter Grau, Erika C. Mann, HervéBarreau, Yves Charles Zarka, Karl Hahn, András Gedö,Wolgang Dittrich, Malte-Ludolf Babin, Miguel SánchezMazas, Walter H. O’ Briant, Witold Marciszewski, Walter

770

Page 771: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

E. Ehrhardt, Frédéric de Buzon, Teodor Oiserman, PeterShalimov, Anselm Model, Waldemar Voisé, FriedrichWilhelm Korff, Konrad Moll, Heinz-Jürgen Heß, ThomasGil, Janusz Czerny, François Duchesneau, Volker Bialas,Peeter Mürsepp, Hans Poser, Wilhelm Schmidt-Biggemann, Quintín Racionero Carmona, Konrad Cramer.

Heidelberg

Scuola Europea di Filosofia

Die Universalität des hermeneutischen Denkens. Lezioni diHans-Georg Gadamer.

Hermann Cohen e Franz Rosenzweig. Un contributo del pen-siero ebraico alla filosofia del XX secolo. Lezioni di ReinerWiehl.

Ragione e comprensione: un concetto comunicativo di raziona-lità. Lezioni di Joseph Simon.

Über den Sinn der praktischen Frage - Zwischen ethischerGrundlegungsfrage und moralischem Orientierungsan-spruch. Relazioni di: Martin Sattler, Suzanne Kirkbright,Michael Hauskeller, Victor Schubert, Brigitta-Sophie vonWolff-Metternich, Carsten Dutt, Anja Stukenbrock.

Estetica, ermeneutica e neuroscienze. Convegno in occasionedel 102° compleanno di Hans-Georg Gadamer. Relazionidi: Giuseppe Orsi, Jean Grondin, Olaf Breidbach,Wolfram Hogrebe, Barbara Stafford, Wolf Singer,Wolfgang Neuser, Gianni Vattimo, Reiner Wiehl.

Wahrheit und Verstehen: Davidson, Gadamer und dasDesiderat einer objektiv-idealistischen Hermeneutik.Lezioni di Vittorio Hösle.

771

Page 772: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Europa denken: die Prinzipien der antiken politischenPhilosophie heute. Lezioni di Volker Gerhardt.

Die Frankfurter Schriften Giordano Brunos und ihreVoraussetzungen. Relazioni di: W. D. Müller-Jancke, H.Brinckmann, W. Schmied-Kowarzik, K. Heipcke, F.Fellmann, S. Ricci, R. Heinrich, M. Cambi, M. A.Granada, R. Sturlese, P. R. Blum, S. Otto, G. Aquilecchia,A. Bönker-Vallon, E. von Samsonow, M. L. Heuser, C.Monti, M. Ciliberto, M. Stalder, W. Neuser.

Jena

200 Jahre Wissenschaftslehre: die Philosophie Johann GottliebFichtes. Relazioni di: K.M. Kodalle, T. Rockmore, J.Schreiter, J.C. Merle, G. Duso, K. Okada, H.D. Klein, M.Fukuyoshy, A. Perrinjaquet, W.E. Ehrhardt, J.L. VieillardBaron, M. Buhr, W. Schmied Kowarzik, M. Potepa, T.Pentzopoulou Valalas, C. Strube, A. Denker, D. Köhler, C.Iber, L. Hühn, B. Wanning, P. Oesterreich, T.S. Hoffmann,A. Mues, H. Jergius, D. Braezaele, H.G. von Manz, K.Hann, M. Vetö, U. Richll, J. Stolzenberg, H.P. Falk, H.Girndt, O. Dann, C. Amadio, D. Wildenburg, H.J. Gawoll,K. Stein, C. Bickmann, A.G. Wildfeuer, K. Lindner, J.L.Villacañas, A. Przylebski, J. Stahl, A. Engstler, F. Krämer, K.Hammacher, V. Lopez Dominguez, Th. Buchheim, M.Stamm, M. Bondeli, E. Düsing, J. Heinrichs, C.Kumamoto, T. Borodaj, G. Meckenstock, H. Traub, M.Ivaldo, M. Zagorskova, F.L. Lendval, F. Wittekind, M.Hölscher, E. Ruhnau, A. Lazzari, F. Aschoff, N. Gromyko,D. Vasiljev, A. Hutter, B. Sandkaulen, E. Kiss, S. Jürgensen,A. Iacovacci, P. Gaidenko, R. Loock.

772

Page 773: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Glauben und Wissen. Relazioni di: Klaus-Michael Kodalle,Andreas Arndt, Birgit Sandkaulen, Angelica Nuzzo, Jean-Louis Vieillard-Baron, Silvia Rodeschini, WolfdietrichSchmid-Kowarzik, Henning Ottmann, Christiana Seni-gaglia, Pierluigi Valenza, Rolf Ahlers, Marco De Angelis,Klaus Wrehde, Josef Simon, Renate Wahsner, VittorioMorfino, Horst-Heino von Borszeszkowski, AlessandroMazzone, Karol Bal, Felix Duque, Rüdiger Bubner.

Kassel

Die Republik Neapel 1799. Lezioni di Hartmut Ullrich eGiuseppe Orsi.

Internationales Richard-Höningswalds-Symposion. Relazionidi: Wolfdietrich Schmied-Kowarzik, Henry Hönigswald,Kurt Walter Zeidler, Michael Benedikt, Massimo Ferrari,Jean Grondin, Tom Rockmore, Ernst Wolfgang Orth,Roswitha Grassl, Norbert Meder, Irene Kajon, WolfgangK. Schulz, Wolfgang Marx.

Mannheim

Die praktische Philosophie Schellings und die gegenwärtigeRechtsphilosophie. Lezioni di: Heinz Folkers, ClaudioCesa, W. Ch. Zimmerli, Hans Jörg Sandkühler, DomenicoLosurdo, W. E. Ehrhardt, Wolfgang Schild.

MarburgoHegels Philosophie des subjektiven Geistes und ihre

Darstellung in Hegels Vorlesungen. Relazioni di: BurkhardTuschling, Franco Chiereghin, Reinhard Brandt, KlausDüsing, Ludwig Siep, Rohlf Peter Horstmann, MichaelJohn Petry, Hans Christian Lucas, Adriaan Peperzak, Ugo

773

Page 774: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Rameil, Lothar Eley, M. Bienenstock, Iring Fetscher,Dieter Henrich.

MonacoProbleme des deutschen Idealismus in der Geschichts-

forschung und im philosophischen Denken der Gegenwart.Lezioni di: Klaus Düsing, Reinhard Brandt, DieterHenrich, Reinhard Lauth, Hermann Krings, HansFriedrich Fulda, Wolfhart Pannenberg.

TreviriDie Republik Neapel 1799. Lezioni di Hartmut Ullrich e

Giuseppe Orsi.

TubingaHauptaspekte der platonischen Philosophie. Lezioni di:

Konrad Gaiser, Jürgen Mittelstrass, Günther Bien,Thomas Szlezak, Hans-Joachim Krämer, Rüdiger Bubner.

Hegel und die Naturwissenschaften. Lezioni di: KonradGaiser, Dieter Wandschneider, Vittorio Hösle, MichaelJohn Petry, Karl-Heinz Ilting, Manfred Gies, LuukFleischhacker, Imre Toth, Dietrich von Engelhardt.

I progressi degli studi sulla Biblioteca ercolanese di Filodemo.Lezione di Marcello Gigante.

WeimarLa strumentalizzazione della cultura e dei classici: il caso

Weimar. Lezioni di Lothar Ehrlich.

774

Page 775: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Die europäische Bedeutung des Falles Weimar. Lezioni di:Justus H. Ulbricht, Giovanni Leghissa, Olaf Breidbach,Michael Siebenbrodt, Lothar Ehrlich, Christiane Wolf,Volkhard Knigge, Martin Sattler.

Die europäische République des Lettres in der Zeit der weima-rer Klassik. Relazioni di: Lea Ritter - Santini, HellmutSeemann, Paul Raabe, Marc Fumaroli, Klaus Menger,Michael Knoche, Christa Lichtenstern, Norbert Miller,Stéphane Michaud, Pierre Marechaux, Francisco Jarauta,Carlo Ossola.

Die europäische Bildung zwischen Weimar und Brüssel.Lezioni di: Giuseppe Orsi, Giovanni Leghissa, Justus H.Ulbricht.

WittenbergGiordano Bruno und Wittenberg, 1586-1588. Aristoteles,

Raimundus Lullus, Astronomie. Relazioni di: Th.Leinkauf, P.-R.Blum, J. Seidengart, T. Dragon, M.Ciliberto, S. Clucas, M. Mulsow, M.A. Granada, E.Canone, A. Bönker-Vallon, G. Aquilecchia, N. Ordine.

WolfenbüttelAspekte der deutschen Aufklärung: Forschungsprobleme im

europäischen Kontext. Lezioni di: Paul Raabe, WaltherKilly, Walter Sparn, Gotthardt Frühsorge, ErdmannWeyrauch, Martin Bogardt, Rudolf Vierhaus, FranklinKopitzsch, Gunther Gawlick, Albrecht Schöne, GünterPatzig, Ingrid Strohschneider-Kohrs, Werner Schneiders.

Eine Reise der Aufklärung: Lessing in Italien. Relazioni di:Helwig Schmidt-Glintzer, Helmut Pehle, Wolf Lepenies, LeaRitter Santini.

775

Page 776: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Wuppertal

Edmund Husserl: die Phänomenologie 50 Jahre nach seinem Tod.Relazioni di: Klaus Held, Ludwig Landgrebe, Jean FrançoisCourtine, Bernhard Waldenfels, Donn Welton, Renato Cristin,Ernst Wolfgang Orth, Pier Aldo Rovatti, Tadashi Ogawa, AldoMasullo, Karl Schuhmann, Rudolf Boehm, Carlo Sini,Bernhard Rang.

AUSTRIA

Vienna

Die Bedeutung des Philosophischen Systemgedankens in derGegenwart. Lezioni di: Konrad Cramer, Klaus Düsing,Geert Edel, Karen Gloy, Harald Holz, Hans-Dieter Klein,Peter Reisinger, Josef Simon, Wolfgang Schild, DieterWandschneider.

Research in Europe. Relazioni di: G. Aquilecchia, A. Barone,M. Capaccioli, U. Curi, M. Dürkop, A. Ebenbauer, U.Felt, M. Gendreau-Massaloux, A. Guidi, J. Lange, B.Maresca, G. Marotta, S. J. Noorda, H. Nowotny, N.Ordine, F. Petruccione, G. Pittella, C. Rizzuto, W. R.Shea, E. A. van Trotsenburg, W. Zwanenburg.

Parthenope für die Zukunft Europas. Relazioni di: H. Marte,A. Masullo, R. Bodei, G. Marotta.

Vereintes Europa oder Europa der Nationen? Relazioni di: A.Ebenbauer, G. Marotta, W. Streitenberger, Y. Hersant, C.Einem, U. Stenzel, H. Hawlicek, H. Kronberger, J.Voggenhuber, F. Frischenschlager, W. Kaltenbacher.

776

Page 777: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Europäische Integration und Erweiterung: eine Heraus-forderung für die Wissenschaft. Relazioni di: R. Schjerve-Rindler, W. Greisenegger, H.C. Ehalt, G. Marotta, W.Schmidt-Dengler, M. Benedikt, O. Rathkolb, Th. Angerer,M. Gehler, H. Haselsteiner, C. Horel, W. Schmale, K.Stuhlpfarrer, A. Somek, R. Levy, V. Mathieu, G. Reichelt,H. Tretter, P. Verschraegen, R. Buchegger, G. Goetz, W.Kohler, K. Raffer, K. Rothschild, G. Winckler, S.Puntscher-Riekmann, K.A. Fröschl, M. Ley, H. Kramer,Ch. Reinprecht, B. Seidlhofer, R. Faistauer, G. Fischer, D.Larcher, H. Rabenstein-Moser, D. Newby, U. Smit, H.Widdowson, P. Kirsch, M. Cullin, E. Hager, W.Kaltenbacher, Ch. Lutter, I. Toth, P. Nelde, R. Möhring, A.Ebenbauer, W. Welzig, A. Schmidt, R. Kneucker, G.Wunberg, H. Schneider, U. Felt.

Minorities in European Linguistic and Cultural Policies.Relazioni di: Gerhard Baumgartner, Klaus Bochmann,Rudolf de Cillia, Jeroen Darquennes, John Edwards,Jürgen Erfurt, Durk Gorter, Dieter W. Halwachs,Normand Labrie, Kenneth D. McRae, Peter H. Nelde,Elke Novak, Els Oksaar, Pádraig O’Riagàin, GüntherRautz, Ilse Reiter, Rosita Rindler-Schjerve, MiquelStrubell, Peter Trudgill, Peter J. Weber, Glyn Williams,Sue Wright.

Die Zukunft der europäischen Mehrsprachigkeit in einererweiterten Europäischen Union. Relazioni di: L.Papadima, L. Tibeská, A. Necak-Lük, J. Nekvapil, M.Fischer, N. Labrie, S. Gustavsson, D. Bakossová, W.Wölck, A. Dobart, R. Kneucker, M. Pittioni, P. Nelde, W.Kaltenbacher, D. Heindler.

System und Architektonik in der Philosophie Kants. Relazionidi: Karl Schlögl, Hans-Dieter Klein, Henry E. Allison,

777

Page 778: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Peter König, Reinhard Brandt, Hans-Michael Baum-gartner, Karl Ameriks, Béatrice Longuenesse, MichaelWolff, Volker Gerhardt, Georg Siegmann, KonradCramer, Hans Friedrich Fulda, Brigitta von Wolff-Metternich, Michael Friedman, Jürgen Stolzenberg,Eckart Förster, Burkhard Tuschling.

Dimensionen der Anerkennung. Relazioni di: Traugott Koch,Hans-Dieter Klein, Peter Reisinger, Edith Düsing,Wolfgang Schild, Ludwig Siep, Matthias Kettner, PeterWarsitz, Gerhard Luf, Adriaan T. Peperzak, TraugottKoch.

La crisi dell’Università. Relazioni di: Alfred Ebenbauer,Michèle Gendreau-Massaloux, Federico Rossi, GerardoMarotta, Carlo Rizzuto, Marlis Dürkop, Ulrike Felt,Roland Fisher, J.A. van Ginkel, Jozef Janssens, JosefLange, Josef Melchior, S.J. Noorda, Alain-PhilippeSegonds, Edmund A. van Trotsenburg, GiovanniAquilecchia, Antonio Barone, Monica Bosse, MariaBurani Procaccini, Massimo Capaccioli, Edro Colombini,Umberto Curi, Guido D’Agostino, Natale Gaspare DeSanto, Giacomo Garra, Angelo Giorgianni, WolfgangGreisenegger, Antonio Guidi, Arturo Iannaccone,Wolfgang Kaltenbacher, Domenico Losurdo, BrunoMaresca, Giuseppe Martini, Helga Nowotny, NuccioOrdine, Francesco Petruccione, Giovanni Pittella, PeterRona, Achille Serra, William Shea, Andreas Stoll,Armando Veneto, Vincenzo Maria Vita, Moritz Csáky,Willibald Dörfler, Adolf Haslinger, JohannesHengstschläger, Sigurd Höllinger, Helmut Konrad, RaoulKneucker, Heinrich Otruba, Arnold Schmidt, PeterSkalicky, Christian Smekal, Miklós Szabó, Josef Wohinz.

778

Page 779: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Humanismus und Naturwissenschaften. Relazioni di:Christian Noe, Wolfgang Greisenegger, Peter Kampits,Giuseppe Orsi, Herbert Pietschmann, Olaf Breidbach,Friedrich G. Barth, Peter Schuster, Arthur Mettinger,Franz Römer, Rosita Schjerve-Rindler, MariangelaIsacchini, Reiahrd Brandt, Gerardo Marotta.

Vienna-Otterthal

Die philosophische und politische Dimension der Rhetorik.Relazioni di: Rudolf Bernet, Vladimir Bryushinkin, LucaCrescenzi, Günther Figal, Volker Gerhardt, AlexanderHaardt, Géza Kállay, Gonsalv Mainberger, MiroslavMarcelli, Rastko Mocnik, Miroslav Petricek, WolfgangPreisendanz, N.P. Ragosin, Gérard Raulet, LászlóTengelyi, Helmuth Vetter

SVEZIA

Stoccolma

Giordano Bruno e la cultura europea. Lezioni di: G. Aqui-lecchia, L. Berggren, N. Ordine, R. Risi.

POLONIA

Breslavia

Hegel im Lichte der Wirkungsgeschichte. Relazioni di: G.Amengual, D. Aleksandrowicz, G. Apostolopoulou, Sh.Avineri, T. Bautz, W. R. Beyer, A. von Bogdandy, H.Borowski, M. Buchwarow, V. Caysa, Dae-Suk Kung, V.

779

Page 780: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Gransow, H.-H. Holz, K. Hahn, M. N. Jakubowski, H. P.Kainz, J. Kuczynski, W. Kersting, P. Keiler, H. Kimmerle, R.Kozlowski, E. Klin, D. Lübke, W. Lorenz, M. Löbig, K.Lukasiewicz, B. Markiewicz, M. Meaney, M. Moser, E.Müller, A. Nedel, M. Nikolic, H. Ottomann, J. E. Pleines, R.Panasiuk, M. Potepa, R. Pozzo, A. Przylebski, F. Reinhardt,D. Saschew, R. Sonnenschmidt, W. Sunkel, W. Schmidt-Kowarzik, Th. E. Wartenberg, E. Wohlrapp, L. de Vos, R.E. Zimmerman.

Varsavia

Classical and Quantum Integrability. Relazioni di: FiorellaBarone, Fred Bloore, José F. Cariñena, Janusz Grabowski,Manuel De Leon, Paulette Libermann, Giuseppe Marmo,Krysztof Maurin, Zbigniew Pradzynski, Manuel F.Rañede, Alberto Simoni, Gaetano Vilasi, Pawel Urbenski.

REPUBBLICA CECA

Olomouc

The Future of Phenomenology. Relazioni di: Jan Tesar, IvanBlecha, Jan Sokol, Hans Reiner Sepp, Natalie Depraz,Dean Kornel, Ion Coporen, Demir Barbaric, KarelNovotny, Renato Cristin, Ichiro Tamaguchi, Dan Zuhavi,Ivan Chvatík, Pavel Konba, David Mik, Onay Sözer,Juris Rozenwalds, Helmuth Vetter.

780

Page 781: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Praga

Letztbegründung als System?. Relazioni di: Karen Gloy,Milan Sobotka, Edith Düsing, Milos Havelka, WolfgangKuhlmann, Dieter Wandschneider, Harald Holz, CarlosCirne-Lima, Vittorio Hösle, Hans-Dieter Klein.

RUSSIA

Mosca

Secondary Calculus and Cohomological Physics. Relazioni di:Batalin, L. Bonora, R. Bryant, M. Fliess, P. Griffiths, M.Henneaux, V. Kozlov, I. Krasil’shchik, G. Marmo, B.Sadovnikov, J. Stasheff, M. Talon, I. Tyutin, C. Viallet, A.Vinogradov, B. Voronov.

L’Europa al 19° congresso mondiale di filosofia. Relazioni di:Evandro Agazzi, Vittorio Hösle, Domenico Jervolino,Paul Ricoeur.

UNGHERIA

Budapest

La ricerca in Europa. Relazioni di: Bruno Maresca, LeszloVigh, Wolfgang Kaltenbacher, János Kelemen, GerardoMarotta, Paolo Marotta.

L’insegnamento della filosofia nelle scuole d’Europa. Relazionidi János Kelemen e Gerardo Marotta.

781

Page 782: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Gödöllö

Aufklärung philosophischer Empirismus, Nihilismus und des-sen Dechiffrierung. Relazioni di: H. Poser, J. Rathmann,M. Benedikt, G. Tamassy, A. Farkas, T. Staller, L. Moinar,E. Kiss, C. Zehetner, F. Schwediauer, V. Heiszler, R.Knoll, H. Kohlenberger, R. Perrotta, W. Cernoch, R.Sepp.

ROMANIA

Bucarest

Limba, cultura si hegemonie în opera lui Antonio Gramsci.Relazioni di: Giorgio Baratta, Domenico Losurdo,Isabella Amaduzzi, Luigi Manias, Andrea Catone, CiroMigliacci, Tibor Szabo, Gheorghe Stoica, GeorgeLazarescu, Ion Zara, Florin Druta, Sergiu Tofan, IonGoian, Victor Voicu, Ivan Ivlampie, Elisabetta Gallo,Alexandru Florian.

Machiavelli e la cultura politica moderna. Relazioni di:Giuliano Procacci, Alexandru Balaci, Giovanni Muto,George Lazarescu, Eugenio Guccione, Gheorghe Stoica,Nunzio Dell’Erba, Cristian Preda, Ion Goian, IsabellaAmaduzzi, Nicolae Luca, Salvatore Cingari, AlexandruBoboe, Giovanna Cavallari, Adrian Iliescu, MicheleProspero, Sergiu Tofan, Vasile Boari, Minodora Bueur,Ionut Stanomir, Bella Kopeszi.

Il pensiero politico di ispirazione cristiana nei secoli XIX-XX.Relazioni di: Gheorghe Stoica, Eugenio Guccione,Giuseppe Buttà, Gianfranco Morra, Stefan Delureanu,Giovanni Palladino, Sergiu Tofan, Ion Goian.

782

Page 783: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

GRECIA

Salonicco

La Repubblica napoletana del 1799 e i patrioti greci. Lezionedi Filippo d’Oria.

TURCHIA

Istanbul

La tradizione dell’umanesimo europeo e l’opera dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici. Relazioni di: IoannaKuçuradi, Peter Kemp, Onay Sozer, Domenico Jervolino,Gabriella Baptist Enrique Dussel, Bernard Bourgois.

EGITTO

Dahab

High Energy, Condensed Matter and EnviromentalPhysics. Convegno internazionale sotto gli auspicidell’UNESCO, del CERN di Ginevra, del MinisteroAffari Esteri della Repubblica Italiana, del Ministero egi-ziano per la ricerca scientifica e dell’Accademia delleScienze di Israele. Relazioni di: M. Jacob, G. Veneziano,A. Barone, F. Bonaudi, R. Jackiw E. Rabinovici, G.Furlan, L. Alvarez-Gaumé, M. Assad Abdel-Rauf, M.Berry, E. Brézin, M. B. Ghassib, R. B. Laughlin, E.Rabinovici.

783

Page 784: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

GIAPPONE

Tokio, Urawa, Kioto

Europa - Giappone: giornate di studio su Giordano Bruno e ilpensiero del Rinascimento. Lezioni a Tokio di: SilvioMarchetti, Mitsuo Sato, Giovanni Aquilecchia, RemoBodei, Nuccio Ordine. Lezioni a Urawa di: GiovanniAquilecchia, Hiroaki Ito, Nuccio Ordine, Kazuyuki Ito,Nicholas Mann, Morimichi Kato, Remo Bodei. Lezioni aKioto di: Miguel Angel Granada, Tan Sonoda, AngelikaBonker-Vallon, Emiko Enomoto, Jean Seidengart, AkihitoInoue.

REPUBBLICA POPOLARE CINESE

Hangzhou, Hong Kong, Pechino, Shanghai

Cristianesimo e culture dell’Occidente. Lezioni di BrunoForte.

CANADA

Edmonton

Benedetto Croce: Fifty Years Later. His Historical, Aestheticand Philosophical Legacy. Relazioni di Donald Bruce,Robert Burch, Emanuele Cutinelli-Rendina, Paolod’Angelo, Edward Mozejko, Pino Patella, Fabio Rizi,David D. Roberts, Massimo Verdicchio, Daniel Woolf.

784

Page 785: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Toronto

Vico and Postmodernity. Relazioni di: Donald Ph. Verene,Gustavo Costa, John Schaeffer, John O’ Neill, EricMcLuhan, Hugh Silverman, Edmund Jacobitti, MassimoVerdicchio, Peter Carravetta, Hayden C. White.

U.S.A

Austin (Texas)

Particles and Geometry. Lezioni di: Steven Weinberg, BryceDe Witt, Joseph Polcninski, Philip Candela, RichardMatzner, Will Fischler, Marc Henneaux, Cecil M.H. DeWitt, John Archibald Wheeler.

Berkeley

Physics in the U.S.A.. Relazioni di: Bud Bridges, Pat Burchat,Rino Castaldi, Luca Cavalli Sforza, Roger Falcone, FredGilman, Clemens Heusch, W. Kozanecki, Marta Krebs,Robert Mortimer, Richard Muller, Pier Odone, SherwoodParker, Martin Perl, M. Peskin, Paolo Pianetta, CharlesPrescotto, Joel Primack, Buford Price, Chris Quigg,Emilio Segrè, L. Scotto, R, Taylor, Walter Toki, KennethH. Westmacott, Alex Zeitti, Bruno Zumino.

Chicago

Giordano Bruno. On the Edge of Modernity. Relazioni: TedAnton, Giovanni Aquilecchia, Angelica Nuzzo, JeanSeidengart, Maria Pia Ellero, Armando Maggi, Arielle

785

Page 786: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Saiber, Paul Dietrich, Nuccio Ordine, Tamara Albertini,Paul R. Blum, Edward Gosselin, Graham Harman,Niklaus Largier.

New Haven

Assessing the new Soviet Archival Sources. Relazioni di:Andrea Graziosi, Oleg Khlevniuk, Julie Hessler, PeterHolquist, Terry Martin, Silvio Pons, GennadyBourdiugov, David Shearer, Paul Bushkovitch.

New York

History and Culture of the University of Salerno. Relazioni di:Maristella de Panizza Lorch, Paul Oskar Kristeller,Margherita Platania, Roberto Racinaro, GiovanniPugliese Carratelli, Joselita Raspi Serra, Aldo Trione.

The 200th Anniversary of Kant’s Critique of Practical Reason.Relazioni di: A. Gulyga, A. Heller, F. Feher, D.Lactermann, W. Kuhlmann, V. Hösle, R. Bernstein, A.Wellmer, R. Schürmann.

Between Hermeneutics and Neopositivism. Relazioni di:Richard Brilliant, Riccardo Dottori, Aldo Gargani,Alexander Nehamas, Amedeo Conte, David Sidorsky,Vincenzo Vitiello, Giuseppe Zaccaria, Taylor Carman,Arthur Danto, Stefano Zecchi, Sergio Givone, LydiaGoehr, David Rosand, Maurizio Ferraris, GiovannaBorradori, Michael Kelly, Diego Marconi, Eva Picardi,Paolo Leonardi, Achille Varzi, Marco Santambrogio,Alessandro Zucchi, Isaac Levi, Carlo Penco, Johan Collins,Carlo Cellucci, Giuliano Toraldo Di Francia, David Albert,Giovanni Boniolo, Luigi Lombardi Vallauri, Frances

786

Page 787: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

Kamm, Warren Thomas Reich, Remo Bodei, GiacomoMarramao, Thomas W. Pogge, Jeremy Waldron, GabriellaBonacchi, Giancarlo Bosetti, Sebastiano Maffettone, PhilipPettit, Nadia Urbinati, David Rasmussen.

Teoria del comico e conoscenza. Lezioni di Nuccio Ordine.

I dialoghi italiani di Giordano Bruno. Relazioni di: NuccioOrdine, Giuseppe Mazzotta, Dante Della Terza, YvesHersant, Maristella Lorch, Paul Oskar Kristeller.

Washington

Monarca della Pittura: Piero and his Legacy. Relazioni di:Marilyn Aronberg Lavin, Stephen Nichols, MichaelCurschmann, Serafin Moralejo, Jack Freiberg, MarcFumaroli, Martin Kemp, Maurizio Calvesi, Colin Eisler,Bert Meijer, Daniel Arasse, Paul Grendler, JohnShearman, Christine Smith, Albert Boime, MichaelZimmerman, Rosalind Krauss.

The Neapolitan Republic of 1799: a Bicentennial Analysis.Relazioni di: Tommaso Astarita, John A. Davis, AnnaMaria Rao, Thomas Villette, Alexander Grab.

MESSICO

Città del Messico

Ermeneutica e nihilismo. La metafisica e il suo oltrepassa-mento. Lezioni di Gianni Vattimo.

787

Page 788: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

ARGENTINA

Buenos Aires

Croce e Gramsci: etica e politica. Lezioni di Remo Bodei eUmberto Curi.

Cordoba

Filosofia e cristianesimo a confronto sull’uomo, fra modernoe post-moderno. Lezioni di Bruno Forte.

BRASILE

Rio de Janeiro

Krisis. Fórum de filosofia contemporânea. Relazioni di:Fernanda Bernardo, Simon Critchley, Deborah Da-nowski, Rosa Dias, Theotonio dos Santos, José Luiz Fiori,Eduardo Jardim, Luiz Henriquel Lopes dos Santos, MariaChiara Lucchetti Bingemer, Jean-François Mattéi, ScarlettMarton, Nuno Nabais, Peter Palpelbart, Fernando Sá,Muniz Sodré, Davide Tarizzo, Gianni Vattimo.

São Paulo

Infiniti universi e mondi: Giordano Bruno e Galileo Galilei.Relazioni di: Leonardo Boff, Luiz Carlos Bombassaro,Giulio Giorello, Luiz Alberto Oliveira, Nuccio Ordine,Alessandra Vannucci.

788

Page 789: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

I

Hans-Georg Gadamer e Gerardo Marotta

Page 790: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO F. MAGURNO

II

Ivon Belaval (Università della Sorbona)

Page 791: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

III

Jacques Derrida (École des Hautes Études en Sciences Sociales)

Page 792: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

IV

Imre Toth (Università di Regensburg)

Page 793: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

V

Sir Karl Popper e Gerardo Marotta

Page 794: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

VI

Ernst Gombrich (The Warburg Institute)

Page 795: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

VII

Lea Ritter Santini (Università di Münster)

Page 796: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

VIII

Konrad Gaiser (Università di Tubinga)

Page 797: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

IX

Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica

Page 798: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

X

Gian-Carlo Rota (Massachusetts Institute of Technology)

Page 799: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XI

Muhsin S. Mahdi (Università di Harvard)

Page 800: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XII

Khaled Fouad Allam (Università di Urbino)

Page 801: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XIII

Anurahda Naimpally

Page 802: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XIV

Anurahda Naimpally

Page 803: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XV

Anurahda Naimpally

Page 804: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XVI

Anurahda Naimpally

Page 805: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

XVII

Adolf Grünbaum (Università della Pennsylvania)

Page 806: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XVIII

Hiroomi Umezawa (University of Alberta)

Page 807: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO F. MAGURNO

XIX

René Wellek (Yale University)

Page 808: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XX

Ernesto Grassi (Fondazione Studia Humanitatis, Zurigo)

Page 809: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XXI

Steven Weinberg , premio Nobel per la fisica

Page 810: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XXII

E.C.G. Sudarshan (Università di Bangalore e University of Texas at Austin)

Page 811: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XXIII

John A. Davis (University of Connecticut)

Page 812: QUADERNI DEL TRENTENNALE 1975-2005 8 - CNReprints.bice.rm.cnr.it/3255/1/Trentennale_8.pdfEnrique Dussel, L’occultamento dell’“Altro” 637 Carl Hermann Middelanis, La protesta

FOTO E. BARBIERI

XXIV

Irving Lavin (Institute of Advanced Study, Princeton)