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Stato dell’arte e prospettive in materia di contrasto alle patologie asbesto-correlate n. 15, maggio-giugno 2012 15 ISSN 2038-5293

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Stato dell’arte e prospettivein materia di contrasto

alle patologie asbesto-correlate

n. 15, maggio-giugno 2012

15ISSN 2038-5293

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n. 15, maggio-giugno 2012Ministro del la Salute : Renato BalduzziDirettore Scientif ico : Giovanni Simonett iDirettore Responsabi le : Paolo Casolar iDirettore Editor iale: Daniela RodorigoVicedirettore esecutivo: Ennio Di Paolo

Comitato di DirezioneMassimo Aquili (Direttore Ufficio V – Direzione Generale della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali); Francesco Bevere (Direttore Generale dellaProgrammazione Sanitaria); Silvio Borrello (Direttore Generale per l’Igiene, la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione); Massimo Casciello (Direttore Generaledella Ricerca Sanitaria e Biomedica e della Vigilanza sugli Enti); Giuseppe Celotto (Direttore Ufficio Generale delle Risorse, dell’Organizzazione e delBilancio); Gaetana Ferri (Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari); Giovanni Leonardi (Direttore Generale delle Professioni Sanitariee delle Risorse Umane del Servizio Sanitario Nazionale); Romano Marabelli (Capo Dipartimento della Sanità Pubblica Veterinaria, della Sicurezza Alimentaree degli Organi Collegiali per la Tutela della Salute); Marcella Marletta (Direzione Generale dei Dispositivi Medici, del Servizio Farmaceutico e della Sicurezzadelle Cure); Fabrizio Oleari (Capo Dipartimento della Sanità Pubblica e dell’Innovazione); Filippo Palumbo (Capo Dipartimento della Programmazione edell’Ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale); Daniela Rodorigo (Direttore Generale dei Rapporti Europei e Internazionali ) ; Giuseppe Ruocco (DirettoreGenerale della Prevenzione); Francesco Schiavone (Direttore Ufficio III – Direzione Generale della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali); RossanaUgenti (Direttore Generale del Sistema Informativo e Statistico Sanitario); Giuseppe Viggiano (Direttore Generale degli Organi Collegiali per la Tutela dellaSalute)

Comitato Scientif icoGiampaolo Biti (Direttore del Dipartimento di Oncologia e Radioterapia dell'Università di Firenze); Alessandro Boccanelli (Direttore del Dipartimentodell’Apparato Cardiocircolatorio dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata – Roma); Lucio Capurso (Direttore Generale degli Istituti FisioterapiciOspitalieri – Roma); Francesco Cognetti (Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena Irccs – Roma);Alessandro Del Maschio (Direttore del Dipartimento di Radiologia delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano); Vincenzo Denaro (Preside delIa Facoltàdi Medicina e Chirurgia e Responsabile delI’Unità Operativa Ortopedia e Traumatologia del Policlinico Universitario Campus Biomedico – Roma); MassimoFini (Direttore Scientifico delI’Irccs S. Raffaele Pisana – Roma); Enrico Garaci (Presidente delI’Istituto Superiore di Sanità – Roma); Enrico Gherlone(Direttore del Servizio di Odontoiatria delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano); Maria Carla Gilardi (Ordinario di Bioingegneria Elettronica e Informatica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Renato Lauro (Rettore dell’Università Tor Vergata – Roma);Gian Luigi Lenzi (Ordinario di Clinica Neurologica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università la Sapienza – Roma); Francesco AntonioManzoli (Direttore Scientifico delI’Istituto Ortopedico Rizzoli – Bologna); Attilio Maseri (Presidente delIa Fondazione “Per il Tuo cuore - Heart CareFoundation Onlus” per la Lotta alle Malattie Cardiovascolari – Firenze);Maria Cristina Messa (Ordinario del Dipartimento di Scienze Chirurgiche pressola Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Sergio Ortolani (Coordinatore dell’Unità di Malattie del Metabolismo Osseo eReumatologia – Irccs Istituto Auxologico Italiano – Milano); Roberto Passariello (Direttore dell’Istituto di Radiologia – Università La Sapienza – Roma);Antonio Rotondo (Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini – 2a Università di Napoli); Armando Santoro (Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica ed Ematologia – Irccs Istituto Clinico Humanitas – Rozzano, Mi); Antonio Emilio Scala (Preside delIa Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita/Salute San Raffaele – Milano); Giovanni Simonetti (Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Imaging Molecolare, Radioterapia e Radiologia Interventistica del Policlinico Universitario Tor Vergata – Roma); Alberto Zangrillo (Ordinario di Anestesiologia eRianimazione dell’Università Vita/Salute San Raffaele e Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Cardiochirurgica dell’Ospedale SanRaffaele Irccs – Milano)

Comitato di RedazioneSimonetta Antonelli, Massimo Ausanio, Carla Capitani, Amelia Frattali, Francesca Furiozzi, Milena Maccarini, Carmela Paolillo, Alida Pitzulu,Claudia Spicola (Direzione Generale della Comunicazione e Relazioni Istituzionali del Ministero della Salute),Antonietta Pensiero (Direzione GeneralePersonale, Organizzazione e Bilancio del Ministero della Salute)

Quaderni del Ministero della Salute© 2012 - Testata di proprietà del Ministero della Salute A cura della Direzione Generale Comunicazione e Relazioni Istituzionali Viale Ribotta 5 - 00144 Roma - www.salute.gov.itConsulenza editoriale e grafica: Springer Healthcare Italia S.r.l.Registrato dal Tribunale di Roma - Sezione per la Stampa e l'Informazione - al n. 82/2010 del Registro con Decreto del 16 marzo 2010ISSN 2038-5293Pubblicazione fuori commercio, consultabile online sul sito www.quadernidellasalute.itTutti i diritti sono riservati, compresi quelli di traduzione in altre lingue. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essere riprodotta o trasmessa inqualsiasi forma o per mezzo di apparecchiature elettroniche o meccaniche, compresi fotocopiatura, registrazione o sistemi di archiviazione di informazioni,senza il permesso scritto da parte dell’Editore

AggiornamentoIl 31 luglio 2013 (Direttore editoriale Maria Linetti) è stato revisionato il penultimo capoverso del paragrafo sul mesotelioma pleurico di pag. 41 giustadisposizione del Direttore scientifico Giovanni Simonetti approvata dal Consiglio Superiore di Sanità.

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Perché i Quaderni

Uniformare e fissare, nel tempo e nella memoria, i criteri di appropria-tezza del nostro Sistema salute.

È l’ambizioso progetto-obiettivo dei Quaderni del Ministero della Salute, lanuova pubblicazione bimestrale edita dal dicastero e fortemente voluta dalMinistro Ferruccio Fazio per promuovere un processo di armonizzazionenella definizione degli indirizzi guida che nascono, si sviluppano e proce-dono nelle diverse articolazioni del Ministero.I temi trattati, numero per numero, con taglio monografico, affronterannoi campi e le competenze più importanti, ove sia da ricercare e conseguire ladefinizione di standard comuni di lavoro. La novità è nel metodo, inclusivo e olistico, che addensa e unifica i diversicontributi provenienti da organi distinti e consente quindi una verificaunica del criterio, adattabile volta per volta alla communis res. La formadunque diventa sostanza, a beneficio di tutti e ciò che è sciolto ora coagula.Ogni monografia della nuova collana è curata e stilata da un ristretto e iden-tificato Gruppo di Lavoro, responsabile della qualità e dell’efficacia deglistudi. Garante dell’elaborazione complessiva è, insieme al Ministro, il pre-stigio dei Comitati di Direzione e Scientifico.Alla pubblicazione è affiancata anche una versione telematica integrale sfo-gliabile in rete ed edita sul portale internet del Ministero www.salute.gov.it;qui è possibile il costante approfondimento dei temi trattati grazie alla sem-plicità del sistema di ricerca e alla scaricabilità dei prodotti editoriali; traquesti spiccano le risultanze dei pubblici convegni mirati che, volta pervolta, accompagnano l’uscita delle monografie nell’incontro con le artico-lazioni territoriali del nostro qualificato Sistema salute.Non ultimo, il profilo assegnato alla Rivista, riconoscibile dall’assenza dipaternità del singolo elaborato, che testimonia la volontà di privilegiare,sempre e comunque, la sintesi di sistema.

Le ragioni di una scelta e gli obiettivi

Giovanni SimonettiDirettore Scientifico

Paolo CasolariDirettore Responsabile

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Stato dell’arte e prospettivein materia di contrasto

alle patologie asbesto-correlate

GRUPPO DI LAVOROMariano Alessi, Dino Amadori, Gianni Amunni, Valeria Ascoli, Paolo Barbina, Antonio Bergamaschi,

Pietro Comba, Francesco Dammacco, Francesco Facciolo, Alba Fava, Antonio Federici, Silvio Garattini,Maria Donata Giaimo, Marco Giangrasso, Marcello Imbriani, Liliana La Sala, Alessandro Marinaccio,Guido Marinoni, Fabrizio Oleari (Coordinatore), Roberto Passariello, Ugo Pastorino, Cosimo Piccinno,

Gualtiero Walter Ricciardi, Giuseppe Ruocco (Coordinatore), Armando Santoro (Coordinatore), Giovanni Simonetti (Coordinatore), Benedetto Terracini, Alberto Verardo, Paolo Zucali

Hanno collaborato gli esperti:Pier Giacomo Betta, Fulvio Cavariani, Pietro Della Porta, Giampiero Cassina, Carlo La Vecchia, Umberto Moscato,

Federica Paglietti , Stefano Silvestri

Si ringraziano per la collaborazione:Jessica Businaro, Vito Cerabona, Maurizio D’Incalci, Giovenzio Genestreti, Dario Mirabelli, Enzo Merler,

Andrea Poscia, Daniele Savelli

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Indice

Prefazione pag. IX

Foreword pag. XII

Sintesi dei contributi pag. XV

Abstract pag. XX

1. Individuazione dei siti con significativo rischio pag. 1di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

2. Definizione di esposti e utilità di un registro degli esposti pag. 27prima della Legge 257/1992

3. Incidenza delle patologie asbesto-correlate pag. 35e previsioni nei prossimi anni

4. Il problema dello smaltimento pag. 47

5. Quadro normativo, modalità applicative e criticità pag. 63

6. Prevenzione primaria e secondaria del mesotelioma pag. 103e patologie tumorali asbesto-correlate

7. Diagnosi e terapia del mesotelioma pag. 111

Stato dell’arte e prospettive in materia di contrasto alle patologie asbesto-correlate

Stato dell’arte e prospettivein materia di contrasto

alle patologie asbesto-correlate

n. 15, maggio-giugno 2012

15ISSN 2038-5293

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8. Diagnosi e terapia delle malattie asbesto-correlate pag. 131non neoplastiche

9. Il ruolo del medico di medicina generale nella diagnosi, pag. 149nella gestione e nella sorveglianza sanitaria delle malattie asbesto-correlate

10. Ricerca clinica pag. 155

11. Prospettive nella lotta alle patologie asbesto-correlate pag. 175

Bibliografia pag. 189

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Prefazione

L e malattie correlate all’amianto costituiscono una sfida per la sanità pubblicae un chiaro monito sulla rilevanza dei determinanti ambientali della salute

delle popolazioni e sulla necessità di contrastarli con politiche intersettoriali.

Il nostro Paese è stato, dal secondo dopoguerra fino al bando dell’amianto, avvenutonel 1992, uno dei maggiori produttori e utilizzatori di amianto, con un consumo dioltre 3,5 milioni di tonnellate in questo arco di tempo. Le utilizzazioni hanno riguar-dato un amplissimo spettro di attività industriali, dalla cantieristica navale all’edilizia.

Pur essendo la normativa italiana in tema di amianto tra le più avanzate in Eu-ropa e nel mondo, anticipando per alcuni versi le indicazioni della Direttiva2009/148/CE, ancora oggi, a distanza di vent’anni dall’emanazione della Legge27 marzo 1992, n. 257, che stabilisce la cessazione dell’impiego dell’amianto (di-vieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione, produzionedi amianto e di prodotti che lo contengono), sono tuttavia ancora presenti sul ter-ritorio nazionale diversi milioni di tonnellate di materiali compatti contenentitale sostanza e molte tonnellate di amianto friabile in numerosi siti contaminati,di tipo industriale e non, tanto pubblici quanto privati.

Della gravità della situazione relativa all’amianto si è stati finora poco consapevoli;ne sono ben consce le popolazioni dei luoghi più colpiti e le famiglie investite piùdirettamente dal problema.

Le malattie correlate all’asbesto rappresentano, invece, a mio giudizio, un’emer-genza nazionale, che impone un insieme coordinato di interventi, a partire dallabonifica dei siti maggiormente contaminati, dal monitoraggio degli ex-esposti edegli esposti, nonché dalla predisposizione di percorsi diagnostico-terapeutici per ipazienti e di sostegno per le famiglie. Tra gli aspetti che rendono più gravoso il con-trasto a tali malattie vi è il lungo periodo di latenza prima che esse si manifestino,

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fino a 30-40 anni: un arco temporale che fa attendere il picco delle manifestazionidelle patologie tra il 2015 e la fine di questo decennio.

La questione dev’essere adeguatamente affrontata anche a livello europeo e inter-nazionale. L’Italia lo ha ribadito alla recente conferenza di Rio de Janeiro sull’am-biente e ai più elevati rappresentanti della Commissione europea.

Il Ministero della Salute, per parte sua, sta mettendo in atto in alcuni siti inquinatimodelli di intervento per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi precoce e lapresa in carico dei pazienti, con un approccio integrato che sarà successivamenteesteso anche alle altre aree geografiche interessate. C’è bisogno, inoltre, di un fortecoordinamento sul fronte della ricerca, attualmente ancora incompleta in diversiaspetti e con evidenze limitate per poter fornire tutte le risposte appropriate.

Si è dato avvio, nell’ambito dei programmi di sanità pubblica del Centro nazionaleper il controllo delle malattie, a specifiche azioni volte a rafforzare la sorveglianzaepidemiologica e a creare una rete di presa in carico degli esposti, degli ex-esposti edella popolazione in generale. Si è prevista nei prossimi programmi di ricerca sa-nitaria una rinnovata attenzione alle patologie asbesto-correlate.

Il Ministero dell’Ambiente sta ultimando la mappatura dei numerosi luoghi con-taminati oltre ai dodici di interesse nazionale che sono già oggetto di specifico mo-nitoraggio e intervento; lo Stato farà la sua parte, ma il numero dei siti contaminatiè elevato e le risorse necessarie sono ingenti.

Di recente ho proposto all’Unione Europea di considerare il problema delle malattieasbesto-correlate tra le priorità, istituendo, nell’ambito dell’attuazione della Di-rettiva europea sull’assistenza sanitaria transfrontaliera, una rete di Centri di ec-cellenza per la ricerca sull’amianto e delle azioni di sanità pubblica necessarie,mettendo in comune le informazioni e i risultati del lavoro di tanti ricercatori im-pegnati in questo settore: la proposta è stata accettata e l’Italia è stata invitata apresentare, al prossimo Consiglio dei Ministri della Salute previsto a fine anno,una specifica proposta in tale direzione.

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La seconda Conferenza nazionale governativa sull’amianto che si svolgerà a Venezianei giorni 22-24 novembre 2012 (la prima si tenne nel 1999) sarà un importantemomento di riflessione e di programmazione, che vedrà un ampio coinvolgimentodi Centri di ricerca, Regioni ed Enti locali, parti sociali, Associazioni dei familiaridelle vittime. Ci attendiamo molto da questa Conferenza operativa, soprattuttodesideriamo disegnare insieme agli altri Ministeri interessati linee di condotta con-divise riguardo a tale situazione.

Il presente documento dedicato allo “stato dell’arte e prospettive in materia di con-trasto alle patologie asbesto-correlate” analizza in modo interdisciplinare le tema-tiche sanitarie, giuridiche e ambientali connesse alla questione dell’amianto. Essoè stato curato e redatto da alcuni tra i maggiori esperti nazionali sul tema, alla cuidedizione e professionalità siamo grati.

Sono certo che questo Quaderno costituirà un valido punto di riferimento per ope-ratori, cittadini e istituzioni, della cui collaborazione abbiamo più che mai bisognoper affrontare con efficacia i difficili problemi che ci si pongono.

Prof. Renato Balduzzi Ministro della Salute

Prefazione

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Ministero della Salute

Foreword

A sbestos-related illnesses constitute a challenge for public health and are aclear sign as to the importance of the environmental determinants of the

population’s health and the need to manage them through multisector policy.

Between the end of the Second World War and the ban on asbestos introducedin 1992, Italy was one of the largest producers and users of asbestos, consumingover 3.5 million tonnes of the substance during the same period. Asbestos wasused in a very broad range of industrial activities, from shipbuilding to con-struction.

Although Italian legislation concerning asbestos is amongst the most advancedin Europe and the rest of the world, even anticipating in many ways the provi-sions introduced with Directive 2009/148/EC, even today, twenty years after thepassing of Law no. 257 of 27 March 1992, which outlawed the use of asbestos(banning the mining, importation, exportation, sale and production of asbestosand other products containing asbestos), in this country there are still several mil-lion tonnes of compact material containing the substance and many tonnes ofbrittle asbestos in a large number of contaminated public and private, industrialand other sites.

So far little has been said of the severity of the asbestos situation, as the residentsof those areas worst hit and the families affected directly know all too well.

However, I believe that asbestos-related illnesses are a national emergency thatcalls for a structured package of initiatives, starting with the remediation of theworst contaminated sites, the screening of those who were and still are exposed toasbestos and the development of diagnostic and treatment programmes for patientsand counselling for their families. One of the aspects that makes dealing withthese illnesses even more difficult is the very lengthy latency period before they

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appear, which can be as long as 30-40 years: a time span that suggests that thepeak incidence for this kind of illness will occur between 2015 and the end ofthis decade.

The issue must be adequately addressed also on a European and internationallevel. This is something that Italy stressed at the recent environmental conferencein Rio de Janeiro and to high ranking European Commission representatives.

The Ministry of Health, on its part, is implementing in a number of contami-nated site management models for the screening, early diagnosis and managementof patients, with a structured approach that will subsequently be extended to theother geographical areas involved. We also need to dedicate our efforts towards abetter coordination of research, which currently presents a number of shortfallsand generates inadequate data for providing all the answers required.

As part of the National Centre for Disease Control’s public health programmes,we have launched specific campaigns aimed at improving epidemiological screen-ing and creating a network to manage those who are and have been exposed toasbestos, as well as the general public. Upcoming health research projects will alsodedicate renewed attention to the asbestos-related illness issue.

The Ministry of the Environment is in the process of completing a full mappingof contaminated sites, in addition to the twelve sites of national interest that arecurrently undergoing specific monitoring and remediation operations. The Statewill do its part, however there are a great number of contaminated sites and sig-nificant resources will be required.

I recently put a proposal to the European Union asking it to consider the as-bestos-related illnesses issue a priority, by establishing, within the implementa-tion of the European Directive on transnational healthcare, a network of centresof excellence for research on asbestos and the establishment of the necessary publichealth initiatives, thereby pooling information and sharing the results of thework performed by the many researchers involved in this sector: this proposal

Foreword

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was accepted and Italy has been invited to present a specific proposal on thematter at the next Ministers of Health summit to be held at the end of the year.

The second national governmental Conference on asbestos will take place inVenice between 22 and 24 November 2012 (the first was held in 1999). It willprovide an important opportunity to reflect on the current situation and makeplans for the future and will involve a valuable contribution from Research cen-tres, Regional and Local Authorities, the social partners and the Associations rep-resenting victims’ families. We expect a great deal of this Conference and, mostimportantly, we intend to draft, together with the other participating Ministries,important common guidelines for dealing with the current situation.

This document dedicated to the “state of the art and future prospects concerningthe management of asbestos-related illnesses” provides an interdisciplinary analysisof the health-related, legal and environmental aspects of the asbestos issue. It wasauthored and edited by some of Italy’s leading experts on the matter, to whom weare grateful for their dedication and expertise.

I am certain that this Quaderno will provide an important reference point forsector professionals, citizens and the establishment, whose cooperation is moreimportant than ever before if we are to tackle in an effective way the difficultproblems that lie ahead.

Prof. Renato Balduzzi Minister of Health

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2. Definizione di esposti e utilità di un registro degli esposti prima della Legge 257/1992

Per registro si intende un archivio nominativo didati che riguardano tutti i casi di una condizionepertinente alla salute, in una popolazione definita,in modo tale che i casi possano essere riferiti auna base di popolazione. Il presente Capitolo pro-pone i possibili scopi della creazione retrospettivadi elenchi di esposti ad amianto in ambiente la-vorativo prima del bando del 1992 e segnala lepossibili sorgenti di dati, nonché i problemi logi-stici che si incontrano nel tentativo della loroidentificazione. Mentre la registrazione nomina-tiva degli esposti in ambiente lavorativo è previstaper legge, quella degli esposti nell’ambiente ex-tralavorativo – ove si intendesse porla in opera –pone problemi etici derivanti dalla normativa sullaconfidenzialità dei dati personali. Viene racco-mandata la preservazione di documenti di inte-resse storico, anche a scopi di ricerca. Il coinvol-gimento delle Associazioni delle vittime è indi-spensabile per definire tanto gli obiettivi della re-gistrazione quanto le modalità della sua imple-mentazione.

3. Incidenza delle patologie asbesto-correlate e previsioni nei prossimi anni

L’Italia è stata fino al bando del 1992 uno deimaggiori Paesi produttori e importatori diamianto grezzo (oltre 3,5 milioni di tonnellateconsumate dal secondo dopoguerra al bando).L’inalazione di fibre di amianto (sia anfiboli siacrisotilo) è causa di mesotelioma (di tutte le sedi),di tumore del polmone, laringe e ovaio, oltre chedi malattie non neoplastiche (asbestosi, pleuro-patie).

Sintesi dei contributi

1. Individuazione dei siti con significativorischio di patologie asbesto-correlate:metodologie, criticità, indicazioni di sanitàpubblica

Per individuare i siti caratterizzati da elevato rischiodi patologie asbesto-correlate, sono stati analizzatidue flussi informativi indipendenti: la mortalitàper mesotelioma pleurico nei Comuni italiani, difonte Istat, 2003-2009, e l’incidenza del mesote-lioma pleurico a livello comunale, 1993-2008,sulla base dei dati prodotti dal Registro NazionaleMesoteliomi. Entrambe le fonti concordano nel-l’evidenziare un particolare impatto sanitario del-l’amianto a Casale Monferrato, Broni e in unaserie di altri Comuni inclusi fra i Siti di InteresseNazionale per le bonifiche sulla base della presenzadi amianto o, come nel caso di Biancavilla, di fibrefluoro-edenitiche. Entrambe le fonti evidenziano,inoltre, una situazione di rischio in aree in cuioperarono insediamenti industriali nei quali grandiquantità d’amianto erano presenti nei cicli pro-duttivi o come materiali isolanti. È ora necessariointegrare la sorveglianza epidemiologica conl’esame del rischio ambientale tuttora presente,desunto dall’attività di mappatura dei siti conta-minati con amianto, prevista dalla Legge 93/2001e dal DM 101/2003. L’attività svolta dal Ministerodell’Ambiente e dalle Regioni ha sinora individuatocirca 34.000 siti, 373 dei quali inclusi nella Classe1 di Priorità del Rischio. È ora indispensabile chela mappatura sia completata con i dati delle Re-gioni che sinora non li hanno forniti e che l’attivitàdi bonifica possa procedere più speditamente.

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all’estero (prevalentemente in Germania) con tuttii conseguenti oneri. A oggi (ai sensi della Legge93/2001) sono stati rilevati oltre 34.000 siti con-taminati da amianto e il CNR stima in circa 32milioni di tonnellate il cemento-amianto ancorada bonificare. Pertanto, risultano comprensibilile criticità indotte dalla necessità di identificaresiti di conferimento istituzionali del rifiuto con-tenente amianto (anche per evitare il rischio deri-vante da “discariche illegali o non controllate”),valutando per esempio l’utilizzo di cave o miniereesaurite e/o dismesse, e dall’esigenza di adottaretecnologie e metodi innovativi per superare talicriticità.

5. Quadro normativo, modalità applicative e criticità

Nel presente Capitolo gli autori hanno esaminatoil quadro normativo attraverso una ricognizionedelle diverse fonti, sia nella loro evoluzione storicasia nella loro applicazione. L’esame è stato con-dotto dapprima mediante una visione d’insiemedella complessiva normativa, poi attraversoun’analisi dei tre macrosettori in cui essa si svi-luppa: l’ambiente, il lavoro e la tutela sociale. Ciòche è emerso è un quadro normativo per moltiaspetti evoluto e in linea con gli standard impostidalle Direttive comunitarie in materia. Tuttavia,si tratta di un complesso di disposizioni che si èsviluppato nel tempo senza un disegno unitario,poco coordinato e in alcuni casi di difficile inter-pretazione. Per questo la semplificazione del qua-dro normativo, nonché del sistema istituzionale eamministrativo, è stata individuata come la misuranecessaria per riportare a razionalità l’intero settoreordinamentale. In proposito sono state indicatedue possibili linee di intervento: una finalizzata arazionalizzare la normativa esistente, raccoglien-done le disposizioni in un testo unico; l’altra, più

Il tasso di incidenza di mesotelioma è pari, per lasede pleurica, a 3,6 casi per 100.000 abitanti negliuomini e 1,6 per 100.000 abitanti nelle donne.La latenza è particolarmente lunga (oltre i 40anni), non è identificabile un livello (soglia) diesposizione sotto il quale il rischio sia assente e ilrischio è correlato alla dose di amianto inalata.Per circa il 10% dei casi l’esposizione ad amiantoè avvenuta in ambito residenziale o familiare,mentre i settori di attività lavorativa maggiormentecoinvolti sono quelli con uso diretto di amiantoprima del bando, come la cantieristica navale,l’edilizia e l’industria del cemento-amianto.L’epidemiologia del tumore polmonare indottoda esposizione ad amianto è più complessa in ra-gione dell’ampio spettro di altri carcinogeni chepossono essere coinvolti nell’eziologia. Gli studipubblicati, sebbene presentino un’ampia variabi-lità di risultati, in particolare rispetto al tipo diamianto inalato, convergono verso un rapportodi 1:1 con l’incidenza dei casi di mesotelioma everso una più rapida riduzione del numero di casirispetto alla curva attesa del mesotelioma (que-st’ultima in crescita ancora per qualche anno).

4. Il problema dello smaltimento

Al contrario del secolo scorso, in cui l’estrazionee la lavorazione delle fibre di amianto hanno co-stituito un aspetto critico dell’esposizione preva-lentemente professionale, oggi i processi di rimo-zione e di smaltimento rappresentano un elementodi rischio importante, anche per la popolazione,di esposizione sia outdoor sia indoor. In questoCapitolo sono esaminati i diversi aspetti della ri-mozione e della produzione annua del rifiuto con-tenente amianto, disaggregata per Regione. Al2009, la produzione dei rifiuti contenenti amiantoammontava in Italia a 379.000 tonnellate e oltreil 72% di tali rifiuti è stato esportato in discariche

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radicale, diretta ad azzerare tutta la normativa vi-gente e a ri-regolare il settore mediante la fissazionedei principi generali in una Legge-quadro e l’or-dinazione sistematica delle norme operative neidiversi settori di elezione (ambiente, lavoro e si-curezza sociale). Gli autori si sono infine soffer-mati nell’analisi di alcune criticità specifiche rela-tive ad aspetti particolari, evidenziando la lacu-nosità della normativa o le sue contraddizioni,senza mancare di fare alcune osservazioni sullostato di attuazione delle disposizioni vigenti.

6. Prevenzione primaria e secondaria del mesotelioma e patologie tumoraliasbesto-correlate

Il metodo più efficace per prevenire le patologieasbesto-correlate consiste nell’impedire o limitareal minimo l’inalazione delle fibre che possono di-sperdersi dai materiali. È quindi necessario adot-tare misure tecniche organizzative e procedurali,in altri termini, sistemi di prevenzione primaria,sia durante le opere di bonifica, sia nelle attivitàquotidiane che in molti casi ci obbligano a con-vivere con questi materiali. Il rispetto dei conte-nuti della recente normativa nazionale garantisceil raggiungimento di un buon grado di preven-zione primaria dal rischio amianto. Per quantoconcerne la prevenzione secondaria, intesa comeintervento sanitario in grado di modificare la storianaturale delle patologie per le quali viene attuata,è opportuno operare distinzioni proprio sulla pa-tologia a cui è rivolta. Nel caso del mesoteliomanon vi sono a oggi evidenze che giustifichino l’av-vio di campagne di screening, in quanto la dia-gnosi precoce è resa difficoltosa dall’assenza disintomatologia iniziale e dall’assenza di biomar-catori in grado di fornire stime predittive in sog-getti ex-esposti ad amianto. Di conseguenza,l’orientamento attuale della ricerca scientifica è

quello di sviluppare e validare nuovi biomarcatoriin grado di evidenziare l’avvenuta attivazione delprocesso eziopatogenetico in soggetti asintomatici.Diverso è il caso del tumore polmonare, per ilquale si stima che circa 1000 casi l’anno siano at-tribuibili a esposizioni professionali ad amianto,dove recenti acquisizioni sui meccanismi di can-cerogenesi, associate alle nuove possibilità d’analisi,potrebbero permettere la diagnosi precoce dellaneoplasia attraverso l’utilizzo di biomarcatori, an-che se si è tuttavia lontani dalla possibilità delloro utilizzo per campagne di screening rivolte asoggetti asintomatici. L’esame da considerare conmaggiore attenzione nella prospettiva di una pre-venzione secondaria del tumore del polmone èsicuramente la TC spirale. In linea generale, nellearee ad alto rischio di patologie asbesto-correlaterimane fondamentale il ruolo dei medici di fami-glia, al fine del tempestivo dirottamento di casisospetti verso strutture ospedaliere adeguate.

7. Diagnosi e terapia del mesotelioma

La TC multistrato riveste il ruolo principale nelladiagnosi e stadiazione del mesotelioma pleurico,mentre PET e RM rappresentano un utile com-plemento. La diagnosi patologica è essenziale perdefinire l’istotipo (epiteliale, bifasico, sarcoma-toide) e la prognosi e pianificare la terapia. Il cis-platino è il farmaco più attivo in monoterapia ela combinazione con antifolati (pemetrexed o ral-titrexed) ha dimostrato un significativo incre-mento della sopravvivenza. La toracoscopia con-sente di ottenere diagnosi e stadiazione locore-gionale e palliare la dispnea mediante pleurodesi.Il ruolo della chirurgia con finalità curativa rimaneinvece controverso. La pleuropneumonectomiaextrapleurica deve essere riservata a pazienti sele-zionati (età, performance, stadio I, epiteliale) edeseguita in Centri di eccellenza. La pleurecto-

Sintesi dei contributi

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quali attuare tale sorveglianza. Non esistono tera-pie specifiche delle malattie non neoplastiche asbe-sto-correlate. Tuttavia, si utilizzano per lo più glu-cocorticoidi, da soli o in associazione con ciclo-fosfamide oppure azatioprina, il macrolide azi-tromicina, i β-agonisti adrenergici, gli anticoli-nergici e, più recentemente, un inibitore delle fo-sfodiesterasi-4.

9. Il ruolo del medico di medicina generalenella diagnosi, nella gestione e nella sorveglianza sanitaria delle malattie asbesto-correlate

Nel Capitolo vengono illustrate le attività di com-petenza del medico di medicina generale in am-bito di prevenzione e cura delle patologie daamianto e vengono esposte le criticità e le soluzioniproposte, allo scopo di ottimizzare l’interventodella rete delle cure primarie. A partire dalla ca-pillarità della rete dei medici di medicina generalee dal suo radicamento territoriale, si propongonointerventi in ambito di informazione alla popola-zione, di prevenzione primaria, con particolareriguardo alla disassuefazione dal fumo di tabacco,di adempimenti medico-legali, di presa in caricotempestiva dei pazienti affetti da patologia daamianto, di integrazione nella rete della preven-zione e delle cure. Vengono proposti interventidi formazione dei professionisti, mirati alla pato-logia da amianto, e, più in generale, al correttoapproccio alle problematiche ambientali e alla ca-pacità di informarne la popolazione. Tali interventiriguardano sia la formazione specifica post-laureain Medicina Generale, sia la formazione continua(ECM), e prevedono anche l’utilizzo di interventidi formazione a distanza (FAD). Viene, infine, il-lustrata la necessità, nelle fasi avanzate della ma-lattia, di integrare l’attività del medico di medicinagenerale in una rete di domiciliarità che, operando

mia/decorticazione ha mostrato risultati sovrap-ponibili, con minore morbidità e mortalità. I re-centi progressi della radioterapia conformazionale(IMRT) prefigurano nuove strategie multimodali.Rimane una priorità assoluta la promozione distudi randomizzati che mostrino il reale impattodelle terapie locoregionali sulla sopravvivenza esulla qualità di vita.

8. Diagnosi e terapia delle malattie asbesto-correlate non neoplastiche

Le manifestazioni cliniche non neoplastiche con-seguenti all’inalazione delle fibre di asbesto si lo-calizzano pressoché esclusivamente a livello del-l’apparato respiratorio. Esse comprendono l’asbe-stosi, la pleurite essudativa acuta e cronica, le plac-che pleuriche, l’ispessimento pleurico diffuso e labroncopneumopatia cronica ostruttiva. La loroepidemiologia non è ben definita, in quanto leforme clinicamente silenti o negli stadi inizialipossono rimanere a lungo non diagnosticate.L’evoluzione neoplastica si verifica in una mino-ranza dei casi, ma la sua frequenza aumenta conl’allungarsi del tempo di osservazione del paziente.Sono stati proposti nuovi biomarcatori e test noninvasivi per la diagnosi precoce, la stadiazione el’inquadramento prognostico delle patologie asbe-sto-correlate, con ovvi riflessi nei programmi pre-ventivi di medicina occupazionale rivolti alla po-polazione professionalmente esposta all’asbesto ea quella dei lavoratori ex-esposti. Va altresì men-zionato l’utilizzo della TC spirale a bassa doseche, permettendo di riconoscere il tumore in unostadio precoce, può ridurre il rischio di mortalità.Si sottolinea, inoltre, l’importanza dell’attività disorveglianza sanitaria dei lavoratori ex-esposti al-l’asbesto, anche se mancano Linee guida razionalied efficaci. Le Regioni italiane hanno predispostoindirizzi operativi diversi sulle modalità con le

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in una logica di deospedalizzazione, garantisca alpaziente un supporto di vicinanza e di integra-zione con l’ambiente di vita e familiare.

10. Ricerca clinica

Il mesotelioma rappresenta per la ricerca una sfida,dal momento che i miglioramenti nelle varie di-scipline non hanno ancora prodotto risultati sod-disfacenti. La ricerca è impegnata in vari settori,dalla diagnostica, compresa quella di laboratorio,ai trattamenti, alla comunicazione. La ricerca pre-clinica è impegnata nella comprensione del pro-cesso di cancerogenesi da asbesto in modo da ri-conoscere pathways critici candidabili a terapietarget; la diagnostica per immagini verifica il ruolo

della TC/PET e della RM nell’inquadramentodel caso, in modo da ottimizzare la proposta tera-peutica. La chirurgia non è più rappresentata dainterventi demolitivi con importanti comorbidità,ma anche da interventi più conservativi sempreradicali dal punto di vista oncologico. Per miglio-rare i trattamenti sistemici, il profilo molecolaredella malattia risulta fondamentale: la confermadi ciò è rappresentata dalle terapie target oggettodi studi clinici e dall’analisi di fattori predittivi atrattamenti convenzionali. Infine, sta assumendomaggiore rilievo la psico-oncologia con la comu-nicazione che dovrà gestire non solo i pazienti,ma anche i soggetti che vivono con l’ansia dellamalattia in quanto coscienti di essere stati espostiper lungo tempo all’amianto.

Sintesi dei contributi

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completed with the data compiled by those Re-gional Authorities that have thus far not submit-ted the necessary information and for the reme-diation work to proceed more rapidly.

2. Definition of exposed subjects and the purpose of a register listing the individuals exposed prior to Law 257/1992

A register is a list of names and details on all thecases affected by a certain health condition, in aspecific population, so that the cases can be re-ferred to a population basis. This Chapter pro-poses the potential purposes of creating retro-spective lists of subjects exposed to asbestos inthe workplace before it was banned in 1992 andindicates the potential data sources and the lo-gistical problems encountered when attemptingto identify them. Whilst there is a legal obligationto record the names of individuals exposed inthe workplace, registering those exposed in non-occupational conditions – where planned – posesethical problems due to data privacy laws. It isalso recommended that documents of historicalvalue are also preserved, for research purposes.The involvement of victims’ Associations is es-sential for defining both the aims of registrationand the ways in which it is implemented.

3. Incidence of asbestos-related diseasesand forecasts for the future

Until the ban introduced in 1992, Italy was oneof the largest producers and importers of crudeasbestos (with over 3.5 million tonnes consumedbetween the Second World War and the ban).The inhalation of asbestos fibres (both amphiboleand chrysotile) causes mesothelioma (in all sites)and lung, laryngeal and ovarian cancer, in addi-

Abstract

1. Identification of sites with a significantrisk of asbestos-related diseases:methodologies, critical aspects and indications for public health

To identify the sites characterised by a high riskof asbestos-related diseases, two independent in-formation flows have been analysed: mortalityfor pleural mesothelioma in Italian municipalities,using ISTAT (Italian Institute for Statistics) datafor the period 2003-2009 and the incidence ofpleural mesothelioma on a municipal level from1993-2008, based on the data generated by theNational Mesothelioma Register. Both sourcesagree that asbestos has a particularly significantimpact on health in Casale Monferrato, Broniand a series of other Municipalities, includedamongst the sites of national interest for remedi-ation, due to the presence of asbestos or, in thecase of Biancavilla, of fluoroedenite fibres. Bothsources also indicate a risk situation in areas usedfor industrial purposes, in which large amountsof asbestos were present either in the productioncycle or as insulating materials. It is now essentialto combine epidemiological vigilance with ex-amining the environmental risk still present, ashighlighted in the mapping of sites contaminatedwith asbestos, pursuant to law 93/2001 and Min-isterial Decree 101/2003. The work done by theMinistry of the Environment and the RegionalAuthorities has so far identified approximately34,000 sites, 373 of which are in Risk PriorityClass 1. It is now essential for the mapping to be

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tion to non-neoplastic diseases (asbestosis, pleuraldiseases). The pleural mesothelioma incidence rate is 3.6cases per 100,000 inhabitants for men and 1.6per 100,000 inhabitants for women. The diseasehas a particularly long period of latency (over 40years), there is no identifiable exposure limit be-low which there is no risk and risk is related tothe amount of asbestos inhaled. In approximately10% of cases, exposure to asbestos occurs in res-idential or family settings and the occupationalsectors most involved are those that made directuse of asbestos before it was banned, such as ship-building, construction and the fibre-reinforcedcement industry.The epidemiology of asbestos-induced lung can-cer is more complex due to the vast spectrum ofother carcinogens that can be involved in aetiol-ogy. Although the results generated vary greatly,particularly as regards the type of asbestos inhaled,published studies agree on a 1:1 ratio with theincidence of mesothelioma cases and towards amore rapid reduction in the number of cases thanthe expected curve for mesothelioma (which willcontinue to rise for a few more years).

4. The disposal issue

Unlike during the last century, when the miningand use of asbestos fibres constituted the critical,primarily occupational type of exposure, removaland disposal processes now constitute a significantelement of risk, including for the local popula-tion, of both indoor and outdoor exposure. Thischapter examines the various aspects of the re-moval and annual production of asbestos-con-taining waste, broken down by Region. In 2009,Italy had produced 379,000 tonnes of asbestos-containing waste, over 72% of which was ex-ported to landfill sites, some of which abroad

(primarily in Germany), with all the consequentcosts. To date (pursuant to law 93/2001), over34,000 asbestos-contaminated sites have beenidentified and the Italian Research Council(CNR) has estimated that there are approximately32 million tonnes of fibre-reinforced cement stillto be remediated. This explains the criticality in-duced by the need to identify institutional repos-itories for asbestos-containing waste (partly toavoid the risk of “illegal or uncontrolled dump-ing”, by evaluating, for example, the use of ex-hausted and/or disused quarries or mines and bythe need to adopt innovative techniques andmethods to overcome these critical issues.

5. Reference standards, applicative methodsand critical aspects

In this chapter, the Authors examine referencestandards by considering the various sources asregards both their historical evolution and theirapplication. This evaluation was conducted firstby means of a direct overview of the applicableregulations, then by analysing the three main sec-tors in which they develop: the environment,workplace and social protection. What emergedwas a reference framework that is, in many ways,evolved and in line with the standards imposedby EU directives on the topic. However, certainprovisions have developed over time without aconsistent design and are uncoordinated and, insome cases, difficult to interpret. For this reason,the simplification of the regulatory frameworkand the institutional and administrative systemhas been identified as the measures required torationalise the regulatory sector as a whole. Inconnection with this, two potential directions ofintervention have been identified: one aimed atrationalising existing regulations, by gatheringthe various provisions together in a single act

Abstract

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the current direction of scientific research is todevelop and validate new biomarkers able to iden-tify the start of the aetiopathogenetic process inasymptomatic subjects. The same cannot be saidfor lung cancer, for which it has been estimatedthat approximately 1000 cases per year are at-tributable to occupational exposure to asbestos,where recent discoveries concerning carcinogen-esis mechanisms associated with new analysis pos-sibilities could allow the early diagnosis of tu-mours using biomarkers, although we are farfrom being able to use them for screening cam-paigns addressing asymptomatic subjects. Theprocedure that merits the greatest attention asregards the secondary prevention of lung canceris undoubtedly spiral CT. As a general rule, inareas at high risk of asbestos-related diseases, afundamental role is played by general practition-ers, in referring suspected cases to suitable hos-pital facilities as early as possible.

7. Diagnosis and treatment of mesothelioma

Multislice CT plays a forefront role in the diag-nosis and staging of pleural mesothelioma,whereas PET and MRI constitute useful com-plements. Diagnosis of the disease is essential todefining the isotope (epithelial, biphasic, sarco-matoid) and prognosis and planning treatment.Cisplatin is the most active agent when adminis-tered as monotherapy and combination with an-tifolates (pemetrexed or raltitrexed) has been seento lead to a significant increase in survival. Tho-racoscopy makes it possible to formulate diag-noses and perform local staging and symptomati-cally treat dyspnoea by pleurodesis. The role ofcurative surgery remains controversial. Ex-trapleural pleuropneumonectomy must be usedfor selected patients only (age, performance, stageI, epithelial) and performed in centres of excel-

and the other, more radical approach, aimed atresetting applicable regulations and re—regulat-ing the sector by establishing a set of generalprincipals in a framework law and the systemicordering of implementation regulations in thevarious sectors of election (the environment,workplace and social safety). In the Appendicessection, the Authors focus on a number of specificcritical areas concerning particular aspects,thereby highlighting the shortfalls of regulationsor their paradoxes and make a number of obser-vations on the status of the implementation ofapplicable regulations.

6. Primary and secondary prevention of mesothelioma and asbestos-relatedcancer

The most effective method for preventing as-bestos-related diseases consists in preventing orrestricting the inhalation of fibres that can be re-leased from materials. We therefore need to adoptorganisational and procedural techniques, inother terms, systems of primary prevention, bothduring remediation work and in the daily activi-ties that, in many cases, force us to live withthese materials. Compliance with recent nationalregulations guarantees the achievement of a gooddegree of primary prevention as regards asbestosrisk. As regards secondary prevention, intendedas health-related initiatives able to change thenatural history of the diseases for which they areimplemented, it is useful to make distinctionsconcerning the disease in question. In the caseof mesothelioma, there is evidence to justify theintroduction of screening campaigns, since earlydiagnosis is made difficult by the initial absenceof symptoms and the absence of biomarkers mak-ing it possible to formulate forecasts in subjectspreviously exposed to asbestos. Consequently,

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lence. Pleurectomy/decortication has been shownto have similar results, with lower morbidity andmortality. The recent progress made in intensity-modulated radiotherapy (IMRT) has paved theway for new combined-approach strategies. Oneabsolute priority is still the promotion of ran-domised studies to show the real impact of lo-calised treatment on survival and quality of life.

8. Diagnosis and treatment of non-neoplastic asbestos-correlateddiseases

Non-neoplastic clinical presentations secondaryto the inhalation of asbestos fibres almost exclu-sively involve the respiratory system. They includeasbestosis, acute and chronic exudative pleuritis,pleural plaques, diffuse pleural thickening andchronic obstructive lung disease. Their epidemi-ology is not well defined, since the clinically silentforms or initial stages can go undiagnosed forlong periods. In a minority of cases, these condi-tions may evolve into cancer, however their fre-quency increases with the length of time forwhich patients are observed. New biomarkersand non-invasive tests have been put forward forthe early diagnosis, staging and prognostic pro-filing of asbestos-related diseases, with obviousrepercussions in occupational medicine preven-tion programmes aimed at the population pro-fessionally exposed to asbestos and that of workerspreviously exposed to asbestos. A mention shouldalso be made of low-dose spiral CT that, by mak-ing it possible to recognise the tumour at an earlystage, can reduce the risk of mortality. It is alsoimportant to note that, despite the importanceof screening those individuals previously exposedto asbestos in the workplace, there are currentlyno rational, effective guidelines. Italy’s RegionalAuthorities have applied different approaches for

the implementation of this type of screening.There are no specific treatments for non-neo-plastic asbestos-correlated diseases. However,those most commonly used are glucocorticoids,either as monotherapy or in combination withcyclophosphamide or azathioprine, β-adrenergicagonists, anticholinergics and, more recently, aphosphodiesterase-4 inhibitor.

9. The role of general medicine in the diagnosis, management and screening of asbestos-related diseases

The Chapter illustrates the activities performedby general practitioners for the prevention andtreatment of asbestos-related diseases and the crit-ical aspects and solutions proposed are consid-ered, with the purpose of optimising the inter-vention of primary care networks. Starting fromthe uniform presence of primary care networksand their ties to the territory, actions are plannedfor informing the general public, for primaryprevention concerning, in particular, giving upsmoking, medicolegal obligations, the early man-agement of patients with asbestos-related diseasesand inclusion in the prevention and care network.Initiatives are proposed on how to train profes-sionals, both as regards asbestos-related diseasesand, more generally, on the correct approach toenvironmental problems and the ability to informthe general public about them. These initiativesconcern both specific post-graduate training forgeneral practitioners and continuing educationin medicine (CEM) and also include the use ofcorrespondence courses. Lastly, the chapter illus-trates the need, in the advanced stages of the dis-eases, to integrate the work of GPs with a networkof outpatient care that, whilst avoiding hospital-isation, guarantees the patient close-up supportin the family home.

Abstract

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10. Clinical research

Mesothelioma represents a challenge for researchas the improvements made in the various disci-plines have yet to produce satisfactory results. Re-search is committed to various different areas,from diagnostics, including laboratory techniques,to treatment and communication. Pre-clinical re-search is committed to understanding asbestoscarcinogenesis in order to identify the criticalpathways that could be candidates for target ther-apies and radiodiagnostics verifies the role ofCT/PET and MRI in assessing the case in orderto optimise treatment options. Surgery no longer

involves merely destructive procedures with heftycomorbidity, but also more conservative ap-proaches that are nevertheless radical from an on-cological point of view. To improve systemic treat-ments, a fundamental role is played by the disease’smolecular profile: as is confirmed by the targettherapies that form the subject of clinical studiesand the analysis of predictive factors for conven-tional treatments. Lastly, greater space is currentlybeing dedicated to psycho-oncology, with com-munication that should not merely manage pa-tients, but also subjects who, aware that they werepreviously exposed to asbestos for long periods,now live with the anxiety of becoming ill.

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1. Individuazione dei siti con significativorischio di patologie asbesto-correlate:metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

zione delle aree del Paese in cui nei decenni passatil’esposizione ad amianto si è caratterizzata in ter-mini di livelli elevati e di alto numero di soggettiesposti. A questo fine, un’analisi esaustiva dei datidi mortalità e incidenza del mesotelioma, svolta alivello comunale e integrata dalla valutazione distudi mirati svolti in diversi ambiti territoriali, puòfornire elementi di riferimento di sicuro interesse.Contestualmente, un ampio e articolato filone dilavoro svolto dal Ministero dell’Ambiente e Tuteladel Territorio e del Mare di concerto con INAILDIPIA ha consentito di censire e mappare migliaiadi siti presenti su tutto il territorio nazionale, ca-ratterizzati dalla presenza di milioni di tonnellatedi materiali compatti contenenti amianto e damolte tonnellate di amianto friabile; si tratta disiti sia pubblici che privati, in parte industriali.Dodici di questi siti (Tabella 1.1) sono stati definiti“di interesse nazionale per la bonifica” in base allaLegge 426/1998 e al DM 468/2001, pertantosono state già svolte attività di messa in sicurezzad’emergenza, caratterizzazione e bonifica per di-verse decine di milioni di euro. Nell’ambito delloStudio Epidemiologico dei Territori e degli Inse-diamenti Esposti a Rischio da Inquinamento (Pro-getto SENTIERI) con riferimento agli anni 1995-2002, è stata stimata nel complesso dei 12 siti inesame una sovramortalità per cancro polmonare

Obiettivo del presente contributo è esaminare ladistribuzione sul territorio nazionale dei siti ca-ratterizzati da elevato rischio di patologia asbe-sto-correlata, al fine di contribuire all’individua-zione delle priorità degli interventi di risanamentoambientale in un’ottica di tutela della salute.In termini generali, l’individuazione delle prioritàdegli interventi di sanità pubblica deve tenereconto del numero dei soggetti esposti, dei livellidi esposizione e del loro andamento nel tempo edel numero di casi attribuibili all’esposizione inesame; su questi punti da oltre vent’anni vi è am-pio consenso nella comunità scientifica interna-zionale. Concorrono inoltre al processo di defini-zione delle priorità considerazioni sulla fattibilitàdei possibili interventi e sul livello di allarme dellapubblica opinione. Quest’ultimo, tuttavia, è in-fluenzato, oltre che dalla reale portata del pro-blema, anche dal livello di sensibilizzazione dellediverse comunità, quindi da fattori culturali e so-cioeconomici che possono determinare sia allarmeeccessivo sia assuefazione al rischio.In questo quadro, l’analisi della distribuzione spa-ziale dei casi di mesotelioma pleurico, una neo-plasia i cui unici agenti causali a oggi dimostratisono l’amianto e altre fibre minerali anfiboliche,tra cui a titolo di esempio l’erionite e la fluoro-edenite, può offrire un contributo all’identifica-

n. 15, maggio-giugno 2012

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e mesotelioma pleurico pari, rispettivamente, a330 e 416 casi. In aggiunta ai Siti di InteresseNazionale (SIN), il Ministero dell’Ambiente edella Tutela del Territorio e del Mare (MATTM)sta procedendo nell’attività di mappatura e prio-ritizzazione dell’insieme dei siti contaminati.Nei paragrafi che seguono del presente documentovengono forniti i più recenti dati sulla mortalità(2003-2009) e sull’incidenza (1993-2008) del me-sotelioma pleurico in Italia, nonché i risultati sinoraraggiunti della mappatura dei siti contaminati. Se-gue una sezione dedicata allo stato di avanzamentodell’attuazione degli adempimenti normativi relativial tema in esame. Infine, una serie di indicazionisulle azioni da intraprendere alla luce dei dati pre-sentati è riportata nel paragrafo conclusivo.

La mortalità per mesotelioma pleurico in Italia: individuazione delle aree a rischio

Come è stato richiamato nell’introduzione, un’im-portante componente della sorveglianza epide-miologica del mesotelioma pleurico in Italia èstata costituita dall’analisi geografica della morta-lità per questa patologia con copertura complessivadegli anni 1980-2002.Gli studi di mortalità qui citati hanno utilizzato la9a Revisione della Classificazione Internazionale

delle Malattie (International Classification of Disea-ses, ICD) che prevedeva il codice topografico “tu-more maligno della pleura” (163.0-163.9) conte-nente i mesoteliomi pleurici, ma anche altri, an-corché rari, tipi istologici, quali sarcomi e linfomi.Anche con questo limite e nonostante una quotadi casi misclassificati (mesoteliomi pleurici codificatisulle schede di morte come tumori polmonari, ov-vero metastasi pleuriche di tumori primitivi origi-natisi in altre sedi codificati come tumori primitividella pleura), la mortalità per tumore maligno dellapleura risultava, sulla base di studi di validazione,un appropriato stimatore dell’incidenza del meso-telioma pleurico a livello di popolazione. A partiredal 2003, l’Italia ha adottato la 10a Revisione del-l’ICD, che prevede per il mesotelioma pleurico uncodice morfologico ad hoc (C45.0). Con questamodifica della classificazione, il numero annuo deicasi si è ridotto del 20% circa, con un contestualemiglioramento dell’accuratezza del dato.I dati qui presentati si riferiscono agli anni 2003e 2006-2009 (si ricorda che i dati relativi al bien-nio 2004-2005 non sono stati codificati dall’Istat);questo è quindi il periodo temporale più recenteper il quale i dati di mortalità sono disponibili. La fonte dei dati è costituita dall’Istat attraversol’Ufficio di Statistica dell’Istituto Superiore di Sa-nità. L’analisi considera tutti gli 8094 Comuni ita-

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Tabella 1.1 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche caratterizzati dalla presenza di amianto

Miniere, cave e stabilimenti di produzione Aree industriali complesse e siti di smaltimento di manufatti in cemento-amianto di rifiuti industriali

Balangero – Cava Monte S. Vittore (TO) Pitelli (SP)

Casale Monferrato – Eternit (AL) Massa Carrara (MS)

Emarese – Cava di Pietra (AO) Aree Litorale Vesuviano (NA)

Broni – Fibronit (PV) Area Industriale Val Basento (MT)

Bari – Fibronit (BA) Tito-ex Liquichimica (PO)

Biancavilla – Cava Monte Calvario (CT) Priolo – Eternit Siciliana (SR)

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liani. Per ogni Comune sono stati calcolati il tassodi mortalità per mesotelioma pleurico [associatocon l’intervallo di confidenza (IC) al 90%] e ilrapporto standardizzato di mortalità (SMR) co-stituito dal rapporto fra il numero dei decessi os-servati nel Comune in esame e il corrispondentenumero di decessi attesi specifico per età e genere.I tassi di riferimento per il calcolo della mortalitàattesa sono quelli della popolazione residente nellaRegione in cui è ubicato il Comune in esame, conl’eccezione delle cinque Regioni caratterizzate datassi di mortalità superiori a quelli nazionali (Pie-monte, Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giuliaed Emilia Romagna). Per queste ultime, analoga-mente alla procedura seguita nelle precedenti ana-lisi della mortalità per mesotelioma pleurico inItalia, è stata utilizzata come riferimento la popo-lazione nazionale, al fine di evitare una sottostimadel rischio dovuta alla presenza nella Regione stessadi aree a elevata mortalità per mesotelioma pleu-rico. Alle stime dell’SMR così ottenute è stato as-sociato il corrispondente IC 90%. Accanto a que-sto esame complessivo dei dati, è stata effettuataun’analisi di clustering finalizzata a evidenziare ag-gregazioni spaziali di Comuni con accresciuto ri-schio di mortalità per mesotelioma pleurico ri-spetto ai territori circostanti. A questo fine, in con-siderazione del chiaro gradiente Nord-Sud mo-strato dal mesotelioma in Italia (Figura 1.1), l’ana-lisi del clustering è stata effettuata suddividendo ilterritorio nazionale in sei macroaree: Nord-Ovest,Nord-Est, Centro, Sud, Sicilia e Sardegna. I clusterdefiniti come aggregazioni spaziali di Comuni con-tigui che esprimono nel loro insieme un numerodi casi osservati che si scosta significativamentedal corrispondente numero di casi attesi in base aidati della macroarea in esame, massimizzando talescostamento, sono stati individuati all’interno diogni macroarea utilizzando il software Sat Scan-versione 6, basato sulla procedura di Kulldorff.

La Figura 1.1, precedentemente citata, mostra ladistribuzione della mortalità per mesoteliomapleurico nei Comuni italiani. Degli 8094 Comuniitaliani, 263 presentano un valore dell’SMR il cuiintervallo di confidenza ha un limite inferioremaggiore del 100%, il che a fini pratici viene lettocome indicatore della significatività statistica delloscostamento fra numero di casi osservati e attesi.Questi Comuni si trovano principalmente nel-l’Italia settentrionale (si noti che Piemonte, Ligu-ria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia ed EmiliaRomagna sono le Regioni che presentano un tassodi mortalità per mesotelioma pleurico superiorea quello medio nazionale) e mostrano una distri-buzione spaziale caratterizzata da aggregazioni,molte delle quali ubicate nella Pianura Padana enelle aree costiere di quasi tutto il Paese. Per selezionare a livello nazionale le aree che espri-mono il maggiore gettito di casi di mesotelioma,

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

1

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Figura 1.1 Mesotelioma della pleura 2003, 2006-2009(C45.0) nei Comuni italiani. IC, intervallo diconfidenza.

0

≤ 100; limite superiore IC 90% < 100

≤ 100

> 100

> 100; limite inferiore IC 90% > 100

SMR

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è utile fare riferimento ai risultati dell’analisi deicluster riportata nella Tabella 1.2, che consentedi formulare alcune osservazioni.• I cluster di Casale Monferrato, Broni, Trieste,

Carrara, Livorno, Bari, Taranto, Augusta, Sira-

cusa e Biancavilla riguardano Comuni inclusiin SIN per la bonifica. La presenza di amiantoè stata la causa esclusiva del riconoscimento diSIN per Casale Monferrato, Broni, Bari e Bian-cavilla (qui, per la precisione, si tratta della pre-

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Tabella 1.2 Distribuzione geografica dei cluster di Comuni a elevata mortalità per mesotelioma pleurico

Raggio (m) N. Comuni Casi osservati Casi attesi RR p

Nord Ovest - Uomini

Casale Monferrato 9343 14 98 7,73 13,381 0,001

Cavagnolo - 1 74* - - -

Genova 8366 8 259 86,77 3,331 0,001

La Spezia 9639 11 107 23,33 4,820 0,001

Broni 8845 29 13 6,05 4,685 0,001

Nord Ovest - Donne

Casale Monferrato 8677 11 82 3,16 28,743 0,001

Broni 5706 5 28 1,69 17,115 0,001

Grugliasco 1132 2 18 4,17 4,389 0,005

Nord Est - Uomini

Trieste 4796 2 81 19,47 4,799 0,001

Monfalcone 9997 15 51 8,04 6,976 0,001

Nord Est - Donne

Nessun cluster p < 0,10

Centro - Uomini

Livorno - 1 42 8,51 5,141 0,001

Ravenna - 1 26 8,00 3,322 0,002

Bologna 10.593 7 55 27,24 2,089 0,007

Carrara 9916 3 16 4,12 3,943 0,0174

Collesalvetti - 1 7 0,84 8,380 0,050

Centro - Donne

Fidenza 9152,74 4 8 0,86 9,573 0,008

Sala Baganza-Medesano 6711,10 4 6 0,54 11,300 0,035

Sud - Uomini

Taranto 10.667 3 47 6,44 8,222 0,001

Bari - 1 26 10,19 2,670 0,034

Sud - Donne

Bari - 1 17 4,59 4,023 0,009

Taranto 8939 2 13 3,19 4,342 0,030

(continua)

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senza della fluoro-edenite, una fibra asbestiformecapace di indurre il mesotelioma anche in la-boratorio) e ha concorso con altre cause al rico-noscimento dei siti di Carrara e Priolo (checomprende Augusta e Siracusa). Invece Trieste,Livorno e Taranto sono stati riconosciuti SINper presenza di altri agenti inquinanti, anche seuna massiccia presenza di amianto è stata am-piamente dimostrata in tutti e tre i siti.

• I cluster di Genova, La Spezia e Monfalconecorrispondono a importanti poli della cantie-ristica navale, nei quali la presenza di amiantoè ampiamente documentata da alcuni decenni.

• La presenza di amianto nei cicli produttivi diimportanti industrie locali è stata descritta aGrugliasco e Bologna, rispettivamente, per ilsettore tessile e per la costruzione e riparazionedi carrozze ferroviarie.

• Per quanto riguarda infine i cluster di Ravenna,Fidenza e Sala Baganza-Medesano, non si di-spone di specifiche ipotesi interpretative e sisegnala l’opportunità di approfondimenti sulcampo. Il cluster di Collesalvetti potrebbe es-sere spiegato dalla vicinanza di Livorno.

In questo quadro, attenzione particolare merita

l’esame dei Comuni che costituiscono i SIN carat-terizzati dalla presenza di amianto (Tabella 1.3).Incrementi significativi della mortalità per meso-telioma pleurico si riscontrano in 9 siti su 12 nellapopolazione maschile e in 4 su 12 (Bari, Biancavilla,Broni e Casale Monferrato) nella popolazione siamaschile sia femminile. Soltanto a Tito ed Emaresenon si osservano decessi per mesotelioma. Nel pe-riodo in esame, a Balangero si osservano 2 decessiper mesotelioma fra gli uomini e questo dato nonraggiunge la significatività statistica; va tuttaviaconsiderato che nell’area è stata documentata un’ele-vata incidenza di mesotelioma tra i lavoratori dellaminiera, i lavoratori di ditte in appalto, altri lavo-ratori esposti all’amianto e soggetti non espostiprofessionalmente.

Analisi dei Comuni italiani con maggioreincidenza di casi di mesotelioma e delle modalità di esposizione ad amianto

L’Italia è stata, dal secondo dopoguerra al bandodell’amianto del 1992, uno dei maggiori produt-tori e utilizzatori di amianto, con più di 3,5 mi-lioni di tonnellate di amianto grezzo consumato

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Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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Tabella 1.2 Distribuzione geografica dei cluster di Comuni a elevata mortalità per mesotelioma pleurico (continua)

Raggio (m) N. Comuni Casi osservati Casi attesi RR p

Sicilia - Uomini

Augusta 10.513 3 13 2,01 6,909 0,001

Siracusa - 1 15 4,23 3,784 0,008

Sicilia - Donne

Biancavilla - 1 5 0,21 25,894 0,002

Sardegna - Uomini

Non ci sono cluster con p < 0,10

Sardegna - Donne

Non ci sono cluster con p < 0,10

* Aggregato di popolazione maschile e femminile.p = livello di probabilità associato al risultato nell’ipotesi di omogeneità spaziale della distribuzione; raggio, massima distanza fra le coordinate geografiche deipunti corrispondenti ai municipi dei Comuni in esame; RR, rischio relativo.

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in questo periodo. Gli utilizzi hanno riguardatoun amplissimo spettro di attività industriali, dallacantieristica navale all’edilizia. Anche per questaragione è stato istituito nel nostro Paese un arti-colato sistema di registrazione dei casi incidentidi mesotelioma. Il Decreto del Presidente delConsiglio dei Ministri del 10 dicembre 2002, n.308, ha stabilito il regolamento per la determina-zione del modello e delle modalità di tenuta delregistro dei casi di mesotelioma asbesto correlati1

ai sensi dell’art. 36, comma 3 del D.Lgs. 277/1991. Con questo provvedimento è stato com-pletato il quadro normativo per la sorveglianza

epidemiologica dei casi di mesotelioma nel nostroPaese definito dal D.Lgs. 277/19912. Gli obiettivi del registro sono la stima dell’inci-denza del mesotelioma maligno in Italia, la defi-nizione delle modalità di esposizione, l’identifica-zione di sorgenti ancora ignote di contaminazioneambientale da amianto e la promozione di progettidi ricerca. Il registro si struttura come un networkad articolazione regionale: presso le Regioni (at-tualmente a eccezione di Molise e Provincia Au-tonoma di Bolzano) è istituito un Centro Opera-tivo Regionale (COR) con compiti di identifica-zione di tutti i casi di mesotelioma insorti nel pro-

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1 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 dicembre 2002 n. 308. Regolamento per la determinazione del mo-dello e delle modalità di tenuta del registro dei casi di mesotelioma asbesto-correlati ai sensi dell’art. 36, comma 3, del D.Lgs.277/1991. Gazzetta Ufficiale serie generale n. 31 del 7 febbraio 2003.

2 D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. Attuazione delle Direttive 80/1107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologicidurante il lavoro, a norma dell’art. 7 della Legge 30 luglio 1990, n. 212. Suppl. Gazzetta Ufficiale n. 260 del 27 agosto 1991.

Tabella 1.3 Mortalità per mesotelioma pleurico (2003-2009) nei Siti di Interesse Nazionale caratterizzati da presenza diamianto

Popolazione maschile Popolazione femminile

Siti di Interesse Nazionale 2003-2009Mesotelioma pleurico (ICD 10 C45.0)

Casi osservati SMR (IC 90%) Casi osservati SMR (IC 90%)

Area Litorale vesuviano 23 189 (129-268) 4 75 (26-173)

Aree industriali Val Basento 3 430 (117-1111) * –

Balangero 2 265 (47-836) * –

Bari - Fibronit 26 189 (133-262) 17 279 (178-419)

Biancavilla* 5 654 (258-1375) 5 293 (904-4822)

Broni 11 1145 (642-1895) 13 2185 (1293-3475)

Casale Monferrato 110 1015 (861-1189) 85 1324 (1097-1586)

Emarese * – * –

Massa Carrara 19 228 (149-334) 3 127 (35-327)

Pitelli 77 239 (196-289) 12 147 (85-239)

Priolo 28 444 (315-608) 4 226 (77-518)

Tito * – * –

* Presenza di fluoro-edenite.IC, intervallo di confidenza; SMR, rapporto standardizzato di mortalita.

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prio territorio e di analisi della storia professionale,residenziale, familiare e ambientale dei soggettiammalati. Le caratteristiche metodologiche dellarilevazione sono descritte in dettaglio nelle Lineeguida (vedi www.ispesl.it/renam/Lineeguida). Insintesi, l’acquisizione, implementazione e archi-viazione delle informazioni relative ai casi di me-sotelioma viene effettuata dai COR mediante pro-cedure di ricerca attiva presso le strutture sanitarie,presenti sul territorio di loro competenza, che dia-gnosticano e trattano casi di mesotelioma (in par-ticolare i servizi di anatomia patologica, i repartidi chirurgia toracica e di pneumologia). Gli archividelle schede di dimissioni ospedaliere, i dati deiregistri tumori di popolazione, se presenti, e i re-gistri dei certificati di decesso sono utilizzati comestrumenti di controllo della completezza della ca-sistica. La ricostruzione delle modalità di esposi-zione ad amianto viene condotta da personale ap-positamente formato e tramite un questionarioindividuale che consente di analizzare la storia pro-fessionale, residenziale e familiare del soggetto.L’intervista è somministrata al soggetto ammalatoo, in caso di impossibilità, a un suo familiare.Il grande lavoro svolto dai COR, con il sostegnodeterminante degli Assessorati alla Sanità e la col-laborazione dei Dipartimenti di Prevenzione delleASL competenti per territorio, ha costituito il fon-damento a partire dal quale l’attività di rilevazionedei mesoteliomi in Italia ha potuto produrre ri-sultati di interesse scientifico e di sanità pubblica.Per gli scopi di identificazione delle aggregazioniterritoriali di casi di mesotelioma, sono stati asse-gnati al Comune di residenza al momento delladiagnosi tutti i casi registrati e calcolati i tassi grezzicomunali (per 100.000 abitanti), considerandotutte le sedi anatomiche di insorgenza (pleura, pe-ritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo)ed entrambi i sessi (Figura 1.2). Sono stati identi-ficati gli anni per i quali la rilevazione deve consi-

derarsi di incidenza per ciascuna Regione afferenteal circuito del Registro Nazionale dei Mesoteliomi(ReNaM) e, per il calcolo degli anni-persona, si èmoltiplicata la popolazione residente nel 2001 diciascun Comune individuato per il numero di annidi copertura regionale di incidenza. Tale accortezzasi è resa necessaria in quanto la rilevazione dei datidi incidenza non è uniforme in tutte le Regionidurante il periodo 1993-2008. In particolare, nonè ancora attivo il COR nella Regione Molise e nellaProvincia Autonoma di Bolzano, mentre nelle Re-gioni Calabria, Sardegna e Abruzzo non sono regi-strati tutti i casi incidenti e tali Regioni sono stateescluse dall’analisi. Per tutte le altre il periodo diosservazione e registrazione dei casi incidenti è ri-portato nella Tabella 1.4. La rappresentazione ter-ritoriale dei tassi grezzi di incidenza per i 3216 Co-

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Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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Figura 1.2 Tassi grezzi di mesotelioma per Comune diresidenza. Italia, 1993-2008, diversi periodidi osservazione per Regione. Fonte: Regi-stro Nazionale Mesoteliomi (Inail, settorericerca).

18,4-98,3 (122)8-18,4 (341)4-8 (702)0,1-4 (2051)

Tassi grezzi di incidenza (× 100.000 abitanti)[numero di Comuni]

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Tabella 1.4 Casi di mesotelioma osservati per Comune di residenza e tasso grezzo di incidenza (× 100.000 residenti).Solo Comuni con almeno 14 casi e tasso grezzo maggiore di 4. Italia, 1993-2008, diversi periodi di osserva-zione per Regione. Fonte: Registro Nazionale dei Mesoteliomi (Inail, settore ricerca)

Provincia Comune Casi incidenti Popolazione Tasso grezzo PeriodoMM residente (2001) (× 100.000) di osservazione

Pavia Broni 69 9347 82,02 2000-2008

Alessandria Casale Monferrato 459 35.244 81,40 1993-2008

Alessandria San Giorgio Monferrato 14 1279 68,41 1993-2008

Alessandria Rosignano Monferrato 14 1650 53,03 1993-2008

Alessandria Villanova Monferrato 14 1743 50,20 1993-2008

Pavia Stradella 42 10.763 43,36 2000-2008

Bergamo Sarnico 18 5754 34,76 2000-2008

Trieste Muggia 47 13.306 25,23 1995-2008

Gorizia San Canzian d’Isonzo 19 5808 23,37 1995-2008

Gorizia Monfalcone 83 26.393 22,46 1995-2008

Gorizia Ronchi dei Legionari 33 11.121 21,20 1995-2008

La Spezia Lerici 31 10.900 18,96 1994-2008

Gorizia Staranzano 17 6642 18,28 1995-2008

Torino Nole 16 6242 16,02 1993-2008

La Spezia La Spezia 213 91.391 15,54 1994-2008

La Spezia Arcola 22 9914 14,79 1994-2008

La Spezia Vezzano Ligure 15 7424 13,47 1994-2008

Genova Sestri Levante 34 19.084 11,88 1994-2008

Genova Genova 962 610.307 10,51 1994-2008

Torino Collegno 76 46.641 10,18 1993-2008

Trieste Trieste 280 211.184 9,47 1995-2008

Bergamo Dalmine 17 21.459 8,80 2000-2008

La Spezia Sarzana 25 20.059 8,31 1994-2008

Savona Cairo Montenotte 16 13.419 7,95 1994-2008

Torino Grugliasco 47 38.725 7,59 1993-2008

Piacenza Castel San Giovanni 14 11.962 7,31 1993-2008

Genova Chiavari 28 27.476 6,79 1994-2008

Cuneo Savigliano 21 19.884 6,60 1993-2008

Torino Ciriè 19 18.188 6,53 1993-2008

Catania Biancavilla 19 22.477 6,50 1996-2008

Milano Legnano 31 53.797 6,40 2000-2008

Livorno Livorno 152 156.274 6,08 1993-2008

Savona Savona 54 59.907 6,01 1994-2008

(continua)

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muni con almeno un caso segnalato riportata nellaFigura 1.2 è con una graduazione in quattro classidi incidenza. Allo scopo di consentire una letturaper cluster territoriali, sono stati poi selezionati i

Comuni con almeno 14 casi di mesotelioma e untasso grezzo maggiore di 4 casi per 100.000 abitanti.Con questi criteri sono individuati 61 Comuni(vedi Tabella 1.4 e Figura 1.3). Tali Comuni sono

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Tabella 1.4 Casi di mesotelioma osservati per Comune di residenza e tasso grezzo di incidenza (× 100.000 residenti).Solo Comuni con almeno 14 casi e tasso grezzo maggiore di 4. Italia, 1993-2008, diversi periodi di osserva-zione per Regione. Fonte: Registro Nazionale dei Mesoteliomi (Inail, settore ricerca) [continua]

Provincia Comune Casi incidenti Popolazione Tasso grezzo PeriodoMM residente (2001) (× 100.000) di osservazione

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

1

Siracusa Augusta 26 33.820 5,91 1996-2008

Lecco Lecco 24 45.501 5,86 2000-2008

Cuneo Fossano 22 23.865 5,76 1993-2008

Verbano-Cusio-Ossola Verbania 27 30.128 5,60 1993-2008

Genova Rapallo 24 29.159 5,49 1994-2008

Torino Chivasso 20 23.648 5,29 1993-2008

Alessandria Alessandria 71 85.438 5,19 1993-2008

Livorno Rosignano Marittimo 25 30.581 5,11 1993-2008

Milano Limbiate 14 31.551 4,93 2000-2008

Torino Rivoli 39 49.792 4,90 1993-2008

Napoli Castellammare di Stabia 41 66.929 4,71 1996-2008

Taranto Taranto 152 202.033 4,70 1993-2008

Venezia Venezia 199 271.073 4,59 1993-2008

Vercelli Vercelli 33 45.132 4,57 1993-2008

Reggio Emilia Correggio 15 20.604 4,55 1993-2008

Ancona Ancona 59 100.507 4,52 1996-2008

Torino Ivrea 17 23.536 4,51 1993-2008

Venezia Mira 25 35.355 4,42 1993-2008

Torino Settimo Torinese 33 46.982 4,39 1993-2008

Lodi Lodi 16 40.805 4,36 2000-2008

Varese Saronno 14 36.895 4,22 2000-2008

Milano Rho 19 50.246 4,20 2000-2008

Milano Cinisello Balsamo 27 72.050 4,16 2000-2008

Venezia Spinea 16 24.517 4,08 1993-2008

Pavia Voghera 14 38.183 4,07 2000-2008

Ancona Falconara Marittima 15 28.349 4,07 1996-2008

Pavia Vigevano 21 57.450 4,06 2000-2008

Livorno Piombino 22 33.925 4,05 1993-2008

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stati analizzati con un criterio di interpretazioneche tenesse conto della vicinanza geografica e delleconoscenze della storia industriale rilevante per lapresenza di amianto secondo quanto riportato inletteratura e per quanto noto sulla base dei risultatidell’attività di sorveglianza dei COR regionali. Poi-ché la valutazione dei Comuni con una significativaoccorrenza di malattia è stata condotta con riferi-mento alla residenza dei soggetti al momento delladiagnosi, nell’interpretazione dei risultati deve porsicautela per il possibile ruolo dell’esposizione adamianto subita in luoghi di vita e di lavoro diversida quelli di residenza.Il primo insieme di Comuni da discutere è iden-tificato da Casale Monferrato e dai limitrofi San

Giorgio, Rosignano e Villanova Monferrato, chenel periodo considerato presentano, rispetti-vamente, 459, 14, 14 e 14 casi di mesotelioma.I lavoratori dell’azienda Eternit di produzione dimanufatti in cemento-amianto sono i più colpitinell’area, ma è presente un numero molto rilevantedi casi di origine ambientale (soggetti residentinei pressi dell’azienda o comunque entrati in con-tatto con le fibre in occasioni di vita non stretta-mente professionali). Numerosi sono anche i la-voratori dell’edilizia in conseguenza della massicciadisponibilità e utilizzo di materiali contenentiamianto in tutta la zona e quindi con importantirischi di occasione di esposizione.All’esposizione dei lavoratori dell’industria del ce-mento-amianto deve essere attribuito anche il se-condo insieme formato dai Comuni di Broni eStradella (69 e 42 casi, rispettivamente, nel pe-riodo 2000-2008). Per il Comune di Broni, inragione dell’alto numero di casi di mesoteliomain un territorio molto piccolo e per una popola-zione inferiore ai 10.000 abitanti, si registra il piùalto tasso grezzo fra tutti i Comuni d’Italia (82casi anno ogni 100.000 abitanti).Per i Comuni del Friuli Venezia Giulia di Monfal-cone (e la cintura composta da San Canziand’Isonzo, Ronchi dei Legionari e Staranzano) e diTrieste e Muggia, l’attività economica rilevante perl’esposizione è la costruzione, riparazione, demoli-zione nei cantieri navali e la movimentazione por-tuale delle merci. Complessivamente, in questi 6Comuni sono stati osservati, dal 1995 al 2008,199 casi incidenti di mesotelioma. La stessa attivitàeconomica risulta prevalente per i Comuni dellacosta ligure di La Spezia (e i limitrofi Sarzana,Lerici, Arcola e Vezzano Ligure), di Genova (oltrea Sestri Levante, Chiavari e Rapallo della Provincia)e di Savona e Cairo Montenotte (entroterra savo-nese). Nella popolazione dell’insieme di questi Co-muni sono stati registrati 1396 casi di mesotelioma

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Ministero della Salute

Figura 1.3 Tassi grezzi di incidenza di mesotelioma perComune di residenza. Solo Comuni con al-meno 14 casi e tasso grezzo maggiore di 4casi × 100.000 residenti. Italia, 1993-2008,diversi periodi di osservazione per Regione.Sono rappresentati i 61 Comuni della Ta-bella 1.4. Fonte: Registro Nazionale dei Me-soteliomi (Inail, settore ricerca).

19-82,1 (11)7,9-19 (13)5,8-7,9 (11)4,6-5,8 (10)4-4,6 (16)

Tassi grezzi di incidenza (× 100.000 abitanti)[numero di Comuni]

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nel periodo dal 1994 al 2008. Per i Comuni diCiriè e Nole in provincia di Torino, devono esseresegnalate la vicinanza al sito estrattivo di Balangero,la presenza di industrie della carta e di manifatturadi tessili in amianto. L’industria tessile che utilizzaval’amianto come materia prima è anche responsabiledel numero rilevante di mesotelioma nei Comunidi Collegno, Grugliasco e Rivoli (76, 47, 39 casidi mesotelioma diagnosticati nel periodo 1993-2008). Gli utilizzi “a valle” dell’amianto nell’indu-stria siderurgica e metalmeccanica, chimica, dellagomma e dell’energia elettrica, oltre alle esposizioniad amianto dei lavoratori edili, spiegano i casi dimesotelioma di Chivasso, Settimo Torinese e Ivrea,mentre l’interpretazione è univoca per i casi deiComuni di Savigliano e Fossano in provincia diCuneo, essenzialmente dovuti all’attività industrialedi riparazione e demolizione delle carrozze ferro-viarie. Il cluster di mesotelioma a Verbania è attri-buibile alle attività di fabbricazione di fibre sinteti-che artificiali. In Lombardia, nel Comune di Sar-nico, in Val d’Iseo, sono noti la presenza di industrietessili con esposizione ad amianto e un numero ri-levante di casi di mesotelioma ripetutamente se-gnalati in letteratura. A Dalmine le attività di pro-duzione di materiale coibente sono da considerareprevalenti nell’interpretazione dei casi e a Legnanosono state presenti industrie tessili e metalmecca-niche con importanti situazioni di esposizione pro-fessionale ad amianto. A Saronno e Rho devonoessere segnalati i casi di mesotelioma dovuti a espo-sizione nel settore tessile. Inoltre, in tutti i Comunisegnalati è consistente e diffusa trasversalmente lapresenza di esposizioni professionali ad amiantoche hanno determinato la malattia in soggetti la-voratori dell’edilizia. Tali esposizioni risultano pre-valenti nell’interpretazione delle aggregazioni cor-rispondenti a Limbiate e Vigevano. L’esposizionenel settore della riparazione di materiale rotabileferroviario fornisce il più importante elemento di

spiegazione per il polo industriale di Voghera, men-tre per Cinisello Balsamo, Lodi e Lecco sono se-gnalati casi di mesotelioma per esposizione profes-sionale diversificata nei settori del tessile, della me-talmeccanica, della gomma, della carta e della ri-parazione dei rotabili ferroviari. Le attività indu-striali nei cantieri navali (e la movimentazione por-tuale di materiali contenenti amianto) rappresen-tano la più rilevante fonte di esposizione a fibre diamianto per i lavoratori e le popolazioni residentinei pressi dei siti identificati dai Comuni di Venezia(e i limitrofi Mira e Spinea), ma sono non trascu-rabili anche le esposizioni professionali per i lavo-ratori del vicino polo chimico (e industriale di tra-sformazione) di Porto Marghera. Un’analoga si-tuazione di esposizione ad amianto dovuta all’atti-vità della cantieristica navale deve essere segnalataper l’interpretazione dei casi di mesotelioma adAncona (e Falconara Marittima nella Provincia) eCastellamare di Stabia. Per i 3 Comuni della To-scana evidenziati devono essere considerate preva-lenti le esposizioni dovute alla presenza di amiantonella centrale elettrica e dell’industria chimica perRosignano e dell’acciaieria per Piombino e dei can-tieri navali, movimento portuale e dei numerosisiti industriali (chimici, siderurgici, meccanici) perLivorno. Per il Comune di Correggio, in EmiliaRomagna, il cluster di casi di mesotelioma è dovutoalla presenza, fino al 1990, di un’azienda di produ-zione di manufatti in cemento-amianto, mentreper il Comune di Castel San Giovanni devono es-sere segnalate la contiguità con il Comune di Bronie la contaminazione ambientale dell’area dovutaall’attività di lavorazione del cemento-amianto. InSicilia sono evidenziati i Comuni di BiancavillaEtnea (con la riconosciuta presenza di circostanzedi esposizione ambientale a fibre asbestiformi difluoro-edenite) e di Augusta, per la presenza delpolo dell’industria petrolchimica e delle raffinerie.Dovuta a più fonti (impianti siderurgici e cantieri

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Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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navali prevalentemente) è l’esposizione ad amiantoresponsabile dei casi del Comune di Taranto.

Stato di avanzamento delle attività di mappatura e bonifica dei siti contaminatida amianto presenti sul territorio nazionale

La normativa italiana in tema di amianto si collocatra le più avanzate su scala europea e internazio-nale. Per utilizzare un paradosso, sembra che laDirettiva 2009/148/CE (sulla protezione dei la-voratori contro i rischi connessi con un’esposizioneall’amianto durante il lavoro), entrata in vigore il5 gennaio 2010, abbia recepito, in diversi passaggi,la normativa italiana di settore e del Testo Unicosulla Sicurezza (D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008). Tut-tavia, è anche opportuno ricordare che a distanzadi circa vent’anni dall’introduzione della Legge257 del 27 marzo 1992, che stabiliva la “cessazionedell’impiego dell’amianto”, e in particolare il di-vieto di estrazione, importazione, esportazione,commercializzazione e produzione di amianto, diprodotti di amianto e di prodotti contenentiamianto, sono ancora presenti sul territorio na-zionale diversi milioni di tonnellate di materialicompatti contenenti amianto e molte tonnellatedi amianto friabile in numerosi siti contaminati,sia di tipo industriale che non, pubblici e privati.Ciò è dovuto principalmente alla mancata ottem-peranza a quanto previsto dall’art. 10 della sopracitata Legge 257/1992 e del relativo Decreto at-tuativo, DPR 8 agosto 1994, che assegnavano alleRegioni il compito di adottare specifici “Piani diprotezione dell’ambiente, di decontaminazione,di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa daipericoli derivanti dall’amianto” (di seguito deno-minati Piani Regionali Amianto). Essi prevedonoche le Regioni effettuino, tra l’altro, il censimento:• dei siti interessati da attività di estrazione del-

l’amianto;

• delle imprese che utilizzano o abbiano utiliz-zato amianto nelle rispettive attività produttive,nonché delle imprese che operano nelle attivitàdi smaltimento o di bonifica;

• degli edifici nei quali siano presenti materiali oprodotti contenenti amianto libero o in matricefriabile, con priorità per gli edifici pubblici,per i locali aperti al pubblico o di utilizzazionecollettiva e per i blocchi di appartamenti.

Quasi tutte le Regioni hanno adottato il proprioPiano Regionale Amianto ma, nella maggior partedei casi, questo ha mostrato prevalente caratteredi dichiarazione di intenti o di tipo organizzativo. Al fine di contrastare in modo incisivo il progres-sivo degrado dei Materiali Contenenti Amiantocon relativo rischio di incremento del rilascio difibre pericolose nell’ambiente, il MATTM è in-tervenuto finanziando per diverse decine di milionidi euro attività di messa in sicurezza di emergenza,caratterizzazione e bonifica di alcuni siti a maggiorecontaminazione da amianto inseriti, con la Legge426/1998 e il DM 468/2001 e sue successive in-tegrazioni, nei “Siti da bonificare di Interesse Na-zionale” (SIN) elencati nella Tabella 1.1. Nei sitiindicati nella Tabella 1.1 sono state poste in esseresignificative attività di messa in sicurezza, caratte-rizzazione e bonifica. Dopo la caratterizzazioneiniziale eseguita al fine di quantificare la presenzadi amianto e le sue principali caratteristiche, sonostate intraprese azioni urgenti di messa in sicurezzadi emergenza al fine di contenere la contamina-zione per evitare la sua diffusione all’esterno delsito. Ciò ovviamente accompagnato da attività dimonitoraggio dell’aria, al fine di fronteggiare even-tuali picchi di contaminazione dovuti alle attivitàin corso, prevedendo azioni di mitigazione. I prin-cipali interventi sono consistiti nell’asportazionedi materiale contaminato in matrice friabile e in-capsulamento delle strutture contaminate. Succes-sivamente, una volta conseguito il confinamento

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della contaminazione, controllato attraverso i mo-nitoraggi dell’aria, si procede alla demolizione dellestrutture e/o alla loro decontaminazione a fini con-servativi. Non v’è dubbio che i costi maggiori sonoquelli derivanti dallo smaltimento, in particolarmodo della matrice friabile, dei rifiuti pericolosiderivanti dalle operazioni sopra descritte. Tale cir-costanza è dovuta alla drammatica carenza di sitidi smaltimento sul territorio nazionale che ha co-stretto all’utilizzo di siti esteri (appartenenti al-l’Unione Europea). Oltre ai siti sopra citati, in cui le attività di messain sicurezza di emergenza, caratterizzazione e bo-nifica sono attualmente in corso, il MATTM haprevisto, attraverso la Legge 93/2001 e il relativoDM 101/2003, aggiuntivi finanziamenti per larealizzazione di ulteriori interventi di bonifica ur-gente e per la “Mappatura completa della presenzadi amianto sul territorio nazionale”. Sono statipertanto stanziati dal MATTM e spesi dalle Re-gioni circa 9 milioni di euro. La mappatura hacome finalità quella di evidenziare i siti nei qualisi è riscontrata la presenza di amianto, ovvero l’uti-lizzo di materiali che lo contengono, includendonell’analisi i siti nei quali la presenza di amianto èdovuta a cause naturali. In particolare consiste:• in una prima fase di individuazione e delimi-

tazione dei siti caratterizzati dalla presenza diamianto nell’ambiente naturale o costruito;

• in una seconda fase di selezione dei siti neiquali è stata accertata la presenza di amianto,a un livello di rischio tale da rendere necessariinterventi di bonifica urgenti.

Le Regioni, a cui è affidato il compito di realizzaretale mappatura, devono trasmettere annualmenteal MATTM l’aggiornamento dei dati entro il 30giugno (DM 101/2003, art. 1, comma 3). IlMATTM, con la collaborazione scientifica del-l’INAIL-DIPIA: • ha provveduto, di concerto con le Regioni, a

individuare i primi interventi di bonifica diparticolare urgenza, tra cui la bonifica dellebaraccopoli in amianto post-terremoto del Be-lice e quelle post-alluvione di Canolo in Piano(RC), dello stabilimento di produzione di ma-nufatti in cemento-amianto della Materit diFerrandina, dell’Ospedale Careggi di Firenzee dell’area industriale di Messina. Attualmentesi sta procedendo alla verifica dello stato direalizzazione di detti lavori, la maggior partedei quali è stata completata;

• ha finanziato le attività di mappatura del-l’amianto sul territorio nazionale avviando, tral’altro, un continuo dialogo con le Regioni, cheha consentito di poter acquisire allo stato attualeuna situazione aggiornata relativa a 18 Regioni;

• ha coordinato il Gruppo di Lavoro Interregio-nale Sanità e Ambiente, che ha portato all’ela-borazione e approvazione in Conferenza Stato-Regioni di una procedura per la determina-zione delle priorità di intervento, basata sul-l’applicazione di un algoritmo che assegna aisiti un punteggio indicante il grado di rischio;

• ha realizzato un data-base e relativo SistemaInformativo Territoriale (SIT), costituito dastrumenti hardware e software, che consentedi ottenere una corretta catalogazione e ge-stione delle informazioni sulle reali situazionidi rischio amianto presenti su tutto il territorionazionale, mediante un sistema interrogabiledi tipo user-friendly;

• ha organizzato, negli anni 2006 e 2007, la“Scuola di formazione permanente per la lottaall’Amianto”, rivolta a tutti i responsabili efunzionari pubblici afferenti a Regioni, Pro-vince, Città Metropolitane, Comuni, ARPA,AUSL e anche a rappresentanti delle Forzedell’Ordine, dei Sindacati e delle Associazionidi ex-esposti all’amianto;

• ha approvato e trasmesso a tutti i SIN le “Linee

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Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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guida generali da adottare per la corretta ge-stione delle attività di bonifica da amianto neiSIN”, realizzate dall’INAIL DIPIA, la cui ap-plicazione è richiesta altresì in tutti i siti indi-viduati tramite mappatura;

• ha approvato e trasmesso a tutti i SIN le “Lineeguida per la corretta acquisizione delle infor-mazioni relative alla mappatura del territorionazionale interessato dalla presenza di amianto,ai sensi dell’art. 20 della Legge 23 marzo 2001n. 93 e del Decreto del 18 marzo 2003, n.101”, realizzate dall’INAIL DIPIA;

• ha approvato e trasmesso a tutti i SIN le “Lineeguida generali da adottare per la corretta ge-stione delle attività di bonifica da amianto neiSIN”, realizzate dall’INAIL DIPIA, la cui ap-plicazione è richiesta altresì in tutti i siti indi-viduati tramite mappatura.

In ottemperanza a quanto previsto dal DM101/2003 tutti i siti mappati sono stati catalogatisecondo 4 categorie di ricerca:• impianti industriali attivi o dismessi;• edifici pubblici e privati;• presenza naturale;• altra presenza di amianto da attività antropica.La categoria 2 (edifici pubblici e privati) è stataulteriormente suddivisa in sottocategorie atte adefinire più in dettaglio l’esatta tipologia dei luo-ghi (es. impianti di lavorazione amianto, impiantinon di lavorazione amianto, scuole, ospedali).A oggi risultano inserite nell’apposito data-base erelativo SIT informazioni relative a 34.148 sitimappati eterogeneamente distribuiti su tutto ilterritorio nazionale (Figura 1.4). Si sottolinea al-tresì che da detti siti sono escluse le Regioni Siciliae Calabria, da cui non è pervenuto alcun dato.L’attività di mappatura è stata quindi realizzata,

nella sua interezza o in parte, dalle Regioni EmiliaRomagna, Molise, Sardegna, Toscana, Umbria,Abruzzo, Marche, Friuli Venezia Giulia, Lazio,Liguria, Lombardia, Basilicata, Campania e Pie-monte. Di questi si specifica ulteriormente che:• la Basilicata ha fornito dati completi, senza in-

dicare la Priorità del Rischio dei singoli siticome richiesto dall’art. 2, comma 3;

• la Campania ha comunicato dati non con-formi3 all’art. 3;

• il Piemonte ha restituito esclusivamente datirelativi alla categoria 3 “Presenza di amiantonaturale”;

• la Liguria ha fornito dati relativi ai soli siti ca-ratterizzati da maggiore rischio.

Non hanno, di contro, adempiuto alla mappa-tura:

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Figura 1.4 Mappa nazionale dei siti interessati dallapresenza di amianto.

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3 I dati risultano non conformi qualora non rispettino un format appositamente predisposto dal MATTM per la catalogazioneinformatizzata e omogenea dei dati a scala nazionale.

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• la Regione Calabria e la Regione Sicilia, cherisultano non avere ancora iniziato i lavori dimappatura;

• la Provincia Autonoma di Trento, la quale haeffettuato rilevamenti aerei, ma non ha conse-gnato alcun dato;

• la Provincia Autonoma di Bolzano, la qualeha consegnato dati non conformi3 e in linguatedesca;

• la Valle d’Aosta, che ha individuato i siti con“presenza di amianto naturale”, ma ha fornitodati non conformi3 alla mappatura;

• il Veneto ha inviato il censimento delle attività

produttive, realizzato ai sensi della Legge257/1992 e DPR 8 agosto 1994, che com-prende la sola categoria 1 “Attività industriali”,consegnando quindi dati non conformi3 allamappatura;

• la Puglia ha completato il rilevamento aereocon sensore MIVIS delle strutture, ma non haconsegnato dati conformi3.

Di tali siti, 34.098 risultano derivanti da una con-taminazione di tipo antropico e 50 derivanti dauna contaminazione di origine naturale. Si ripor-tano di seguito i dati a scala regionale catalogatiper categoria di ricerca (Tabella 1.5).

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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Tabella 1.5 Siti mappati contaminati da amianto a scala regionale

Regione Totali Categoria 1 Categoria 2 Categoria 3 Categoria 4 NC

Abruzzo 2339 2311 28

Basilicata 461 280 181

Calabria 0

Campania 408 408

Emilia Romagna 630 63 547 20

Friuli Venezia Giulia 578 578

Lazio 803 704 99

Liguria 59 3 54 2

Lombardia 86 86

Marche 14.816 4767 2365 7684

Molise 879 879

Piemonte 13 13

PA Bolzano 1233 1233

PA Trento 3872 3872

Puglia 2722 2722

Sardegna 1913 25 1087 751 50

Sicilia 0

Toscana 1162 15 1095 17 29 6

Umbria 190 2 185 3

Valle d’Aosta 1365 1365

Veneto 619 392 227

Totale 34.148 780 12.882 50 3247 17.189

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Tutti i siti catalogati sono stati oggetto di una va-lutazione mediante l’applicazione della “Proceduraper la determinazione degli interventi di bonificaurgenti dell’amianto”, stabilita dal Gruppo di La-voro Interregionale degli Assessorati Sanità e Am-biente. Detta procedura è volta a distinguere, me-

diante l’applicazione di un algoritmo, cinque Classidi Priorità del Rischio. La Classe di Priorità del Ri-schio 1 è quella che identifica le situazioni più graviper le quali sono richiesti interventi di bonifica ur-genti. Dalla disamina dei dati effettuata dall’INAILDIPIA, si è evidenziato che dei 34.148 siti mappati373 siti appartengono alla Classe di Priorità delRischio 1 e che nella stessa non sono presenti sitiin cui l’amianto è di origine naturale. È da segnalareche oltre 10.000 siti sono stati mappati senza indi-care le Classi di Priorità del Rischio; pertanto, i sitiin Classe di Priorità di Rischio 1 sono destinati a

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Ministero della Salute

Tabella 1.6 Numero dei siti mappati per Classe di Prio-rità del Rischio

Classe di Priorità Siti

1 373

2 5207

3 7794

4 9043

5 1202

NC 10.479

Totale 34.098

Tabella 1.7 Numero dei siti mappati per Classe di Prio-rità del Rischio 1

Regione N. siti

Abruzzo 59

Basilicata 0

Calabria 0

Campania 9

Emilia Romagna 0

Friuli Venezia Giulia 0

Lazio 29

Liguria 57

Lombardia 40

Marche 99

Molise 24

Piemonte 0

PA Bolzano 0

PA Trento 0

Puglia 0

Sardegna 40

Sicilia 0

Toscana 16

Umbria 0

Valle d’Aosta 0

Veneto 0

Totale 373

Figura 1.5 Mappa nazionale dei siti con Classe di Prio-rità 1.

Chilometri2501250

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un significativo incremento avvicinandosi secondoprime stime intorno alle 450-500 unità. Si ripor-tano di seguito i dati a scala nazionale catalogatiper Classe di Priorità del Rischio (Tabella 1.6) e lamappa su scala nazionale dei 373 siti con Classe diPriorità del Rischio 1 (Figura 1.5). Si riporta ancheil quantitativo dei siti in Classe di Priorità del Ri-schio 1 per ogni singola Regione (Tabella 1.7); siritiene inoltre di interesse segnalare, sempre per laClasse di Priorità 1, le sottocategorie di ricerca (Ta-bella 1.8) a cui afferiscono detti 373 siti. Da quanto sopra esposto, numerose e corpose sonostate le iniziative messe in campo dalle Ammini-strazioni centrali per affrontare le problematiche sa-nitarie e ambientali legate all’amianto. Ciò rende ilPaese tra i più avanzati in merito, come si è avuto

modo di verificare nella Conferenza Mondiale sul-l’Amianto, organizzata dall’INAIL DIPIA – ExISPESL, svoltasi a Taormina nel 2009, che ha vistola partecipazione di circa 20 Paesi comunitari e non.

Stato di recepimento della Legge 257/1992

Nel contesto dell’incarico conferito al “GruppoAmianto” della 1a Sezione del Consiglio Superiore diSanità, il Comando Carabinieri per la Tutela della Sa-lute ha approfondito lo stato di attuazione della normarelativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto dicui alla Legge del 27 marzo 1992, n. 257.Sull’argomento, sono stati acquisiti elementi di in-formazione, relativi ai seguenti argomenti, pressoil Ministero della Salute, le Regioni e le Province

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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Tabella 1.8 Sottocategorie di ricerca per i siti mappati nella Classe di Priorità del Rischio 1

Classe di Priorità del Rischio 1Categoria 2

Sottocategorie

• Biblioteche, Edifici a uso ricreativo e culturale

• Cinema, Teatri, Sale convegni, Auditorium, Sale da ballo

• Grande distribuzione commerciale

• Impianti sportivi

• Istituti penitenziari

• Luoghi di culto

• Ospedali, Case di cura, Collegi, Case di riposo

• Scuole di ogni ordine e grado, Istituti di ricerca

• Siti civili o produttivi dismessi non ricompresi nella categoria 1 del DM 101/2003

• Uffici della pubblica amministrazione, Ufficio senza pubblico/con pubblico

• Edifici agricoli e loro pertinenze

• Edifici artigianali e di servizio

• Edifici industriali e loro pertinenze

• Edifici residenziali, Civile abitazione, Autorimesse

• Sistema di adduzione e accumulo acque

• Alberghi/pensioni

• Centrali termiche

• Edilizia cimiteriale

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Autonome di Trento e Bolzano, con riscontri acampione eseguiti dai 38 NAS Carabinieri, dislocatisul territorio nazionale, presso 71 Aziende SanitarieLocali (una/due ASL per ogni Nucleo AS). Per leRegioni e Province Autonome la rilevazione deiNAS ha dunque avuto carattere di esaustività e perle ASL carattere campionario. Questa scelta è dipesasia dall’obiettivo della rilevazione (descrivere le mo-dalità di attuazione della Legge 257/1992 eviden-ziando difficoltà e punti critici con il fine di supe-rarli), sia dai tempi ristrettissimi della rilevazionestessa, che non avrebbero consentito un approccioesaustivo a tutte le ASL italiane.

Commissione per la valutazione dei problemi ambientali e dei rischi sanitariconnessi all’impiego dell’amianto ex art. 4 Legge 257/1992

La Commissione per la valutazione dei problemiambientali e dei rischi sanitari connessi all’impiegodell’amianto è stata soppressa alla scadenza del-l’ultimo mandato (2002-2005 con proroga finoa dicembre 2006), essendo venuto meno il soste-gno delle principali Amministrazioni interessate,anche in considerazione della mancanza di rap-presentatività delle Regioni al suo interno. Con il DM 8 aprile 2008, il Ministero della Saluteha tuttavia istituito, con mandato triennale 2008-2011, un “Gruppo di Studio” che, nel suo documentofinale del 23 febbraio 2012, ha esposto le prioritàd’azione, la stima del loro impatto e alcune proposte.

Relazioni annuali ex art. 9, comma 1, Legge 257/1992

Sull’avvenuto invio delle relazioni annuali allesuddette Amministrazioni a cura delle impreseche utilizzano amianto, direttamente o indiretta-mente, nei processi produttivi, o che svolgono at-

tività di smaltimento o di bonifica, è emersa unasituazione molto eterogenea, relativamente al-l’anno in cui si è ottemperato alla norma e all’Entedelegato a ricevere gli atti. Sul punto (Figura 1.6), dal 1993 al 2012, è statoconstatato l’invio delle relazioni alle Regioni FriuliVenezia Giulia e Toscana (a decorrere dal 1993),Emilia Romagna e Marche (dal 1995), Molise (dal1996, a eccezione del 2010), Veneto e Liguria (dal1998), Abruzzo (dal 1999), Basilicata (dal 2000),Piemonte (dal 2001), Campania (dal 2001, ancorchénon sia stato finora possibile esaminare le relazioniinviate negli anni 2007 e 2008), Sardegna e Calabria(dal 2002, a eccezione del 2004 per la Calabria),Valle d’Aosta (dal 2003), Sicilia (dal 2006), Umbria(dal 2007), Provincia Autonoma di Bolzano (dal1997) e Provincia Autonoma di Trento (dal 1998).Relativamente alle Regioni Lombardia e Puglia, èemerso che relazioni sono asseritamente detenutedalle ASL, mentre la Regione Lazio è in possessodi dati non attendibili.

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Ministero della Salute

Figura 1.6 Relazioni annuali (art. 10, comma 1, Legge257/1992).

Invio dal 2002-2007Inviati all’ASL Mancato invio

Invio dal 1993-1996Invio dal 1997-2001

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Giova precisare, inoltre, che le relazioni inviatealle Regioni Toscana, Sardegna, Sicilia e alla Pro-vincia Autonoma di Bolzano sono risultate infe-riori rispetto al numero di imprese registrate. Perquanto attiene alle Regioni Friuli Venezia Giuliaed Emilia Romagna, è stato osservato che le rela-zioni inviate sono superiori alle imprese del settore,poiché queste ultime hanno inoltrato singole si-tuazioni per ogni cantiere attivo.

Adozione dei piani di protezione ex art. 10,comma 1, Legge 257/1992

Dal 1993 al 2012 (Figura 1.7), si sono dotate deipiani di protezione dell’ambiente, di decontamina-zione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesadai pericoli derivanti dall’amianto le Regioni Umbriae Sicilia (nel 1995), Veneto, Friuli Venezia Giulia,Liguria, Emilia Romagna (nel 1996), Toscana e Mar-che (nel 1997), Lazio (nel 1998), Basilicata (nel1999), Piemonte e Campania (nel 2001), Valle d’Ao-

sta e Lombardia (nel 2003), Sardegna (nel 2008),Puglia (in via di approvazione, presentato nel marzo2012), la Provincia Autonoma di Bolzano (nel 1997)e la Provincia Autonoma di Trento (nel 1998).Le Regioni Abruzzo, Molise e Calabria non hannoadottato i piani in argomento.

Relazioni annuali sui lavoratori esposti ex art. 9, comma 2, Legge 257/1992

Dal 1993 al 2012 (Figura 1.8), è stata constatatala predisposizione delle relazioni annuali sulle con-dizioni dei lavoratori esposti nelle Regioni Valled’Aosta (dal 2003), Lombardia (quattro ASL), Pie-monte (tre ASL), Veneto (una AULLS), Friuli Ve-nezia Giulia (due ASS), Emilia Romagna (quattroAUSL), Toscana (tre ASL), Marche (una ASUR),Abruzzo (due ASL), Lazio (due ASL), Sardegna(tre ASL), Campania (tre ASL), Puglia (tre ASL),Calabria (tre ASP), Sicilia (quattro ASP) e nellaProvincia Autonoma di Trento (una APSS).

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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Figura 1.7 Adozione del piano di protezione dell’am-biente (art. 10, comma 1, Legge 257/1992).

Adozione piano dal 2003-2008Adozione piano dal 2012Mancata adozione del piano

Adozione piano dal 1995-1997Adozione piano dal 1998-2001

Figura 1.8 Relazione sui lavoratori esposti (art. 9,comma 2, Legge 237/1992).

Redazione della relazione

Mancata redazione della relazione

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Non hanno, di contro, predisposto tali relazionile Regioni Piemonte, Toscana, Umbria, Sardegnae la Provincia Autonoma di Bolzano (una ASL),le Regioni Lombardia, Liguria, Campania e Basi-licata (due ASL), la Regione Puglia (tre ASL), laRegione Lazio (quattro ASL), la Regione Veneto(due ASL e una AULLS), la Regione Marche (unaASUR), la Regione Molise (una ASREM) e leRegioni Calabria e Sicilia (tre ASP).

Verifica analisi rivestimento edifici ex art. 12,comma 1, Legge 257/1992

La verifica sull’effettuazione dell’analisi del rive-stimento degli edifici di cui all’art. 10, comma 2,lettera I, della Legge 257/1992 ha evidenziatoche, dal 1992 al 2008 (Figura 1.9), l’incombenzaè stata assolta dalle Regioni Valle d’Aosta, Lom-bardia (sei ASL), Piemonte (quattro ASL), Veneto(due AULLS), Friuli Venezia Giulia (una ASS),

Emilia Romagna (quattro AUSL), Toscana (unaASL), Marche (due ASUR), Abruzzo (due ASL),Lazio (una ASL), Sardegna (tre ASL), Campania(due ASL), Basilicata (due ASL), Puglia (due ASLper i soli edifici pubblici), Calabria (tre ASP),dalla Provincia Autonoma di Bolzano (una AS) edalla Provincia Autonoma di Trento (una APSS).Di segno opposto alla situazione appena enunciata,sono state riscontrate le Regioni Liguria (due ASL),Veneto (una ASL), Friuli Venezia Giulia (una ASS),Toscana (tre ASL), Lazio (cinque ASL), Umbria(una ASL), Sardegna (una ASL), Campania (dueASL), Molise (una ASREM), Puglia (quattro ASL),Calabria (tre ASP) e Sicilia (sei ASP).

Istituzione registro e diffusione informazioniex art. 12, comma 5, Legge 257/1992

Dal 1992 al 2012 (Figura 1.10), è stata constatatal’istituzione del registro nelle Regioni Valle d’Ao-

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Figura 1.9 Analisi del rivestimento degli edifici (art.12, comma 1, Legge 257/1992).

Analisi effettuate

Analisi non effettuate

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Figura 1.10 Istituzione del registro (art. 12, comma 5,Legge 257/1992).

Registro istituito

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sta (dal 2012), Lombardia (riscontrato presso seiASL esaminate), Liguria (due ASL), Piemonte(quattro ASL), Veneto (due AULLS), Friuli Ve-nezia Giulia (due ASS), Emilia Romagna (quattroAUSL), Toscana (tre AUSL), Marche (due ASL),Abruzzo (una ASL), Lazio (due ASL), Sardegna(tre ASL), Basilicata (due ASL), Calabria (cinqueASP), Provincia Autonoma di Bolzano (unaAzienda Sanitaria che ha istituito il registro per isoli edifici pubblici) e Provincia Autonoma diTrento (una APSS).Non hanno istituito il menzionato registro dueASL della Regione Veneto, una ASL della Toscana,una ASL dell’Abruzzo, quattro ASL del Lazio, unaASL della Sardegna, cinque ASL della Campania,una ASREM del Molise, una ASP della Calabria,sei ASL della Puglia e sei ASL della Sicilia.Le imprese (Figura 1.11) hanno ricevuto le in-formazioni necessarie per l’adozione di misurecautelative per gli addetti da parte di una ASL

della Valle d’Aosta, cinque ASL della Lombardia,quattro ASL del Piemonte, tre AULLS del Ve-neto, quattro AULLS dell’Emilia Romagna, dueASL della Toscana, due ASUR delle Marche, dueASL dell’Abruzzo, due ASL del Lazio, tre ASLdella Sardegna, due ASL della Basilicata, una ASLdella Puglia, tre ASP della Calabria, due ASPdella Sicilia, una AS della Provincia Autonomadi Bolzano e una APSS della Provincia Autonomadi Trento.Non sono state fornite le informazioni in argo-mento da una ASL della Lombardia, due ASLdella Liguria, una AULLS del Veneto, due ASLdella Toscana, cinque ASL del Lazio, una ASLdell’Umbria, una ASL della Sardegna, cinque ASLdella Campania, una ASREM del Molise, cinqueASL della Puglia, tre ASP della Calabria e quattroASP della Sicilia.

Inadempimenti connessi all’inoltro dei risultati della mappatura, dei datianalitici relativi agli interventi da effettuaree le relative priorità, nonché dei dati sugli interventi effettuati ex art. 20 Legge 93/2001 e DM 101/2003

Le verifiche condotte dai NAS hanno cercato difar luce sui motivi per i quali le Regioni Veneto,Calabria e Sicilia non hanno provveduto a tra-smettere al MATTM, entro il 30 giugno di ognianno, i risultati della mappatura, i dati analiticirelativi agli interventi da effettuare e le relativepriorità, nonché i dati sugli interventi effettuati.A tale proposito, è stato accertato che: • la Regione Veneto, in data 11 aprile 2006, ha

inviato al MATTM il primo report dell’atti-vità di mappatura di siti con presenza diamianto in cui, tra l’altro, erano indicati an-che i siti dismessi, i siti ove si erano verificatii casi di mesotelioma, i siti ove i dipendenti

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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Figura 1.11 Diffusione delle informazioni (art. 12,comma 5, Legge 257/1992).

Informazioni rilasciate

Informazioni non rilasciate

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avevano presentato domanda di pensiona-mento anticipato, nonché la situazione di ri-schio nell’area di Porto Marghera. La succes-siva attività di aggiornamento delle strutturee dei siti interessati dalla presenza di amiantoe di aree da bonificare e l’individuazione diinterventi prioritari da effettuare non sonostate portate a termine per carenza di bilancio.Tuttavia, nell’ambito del Piano Regionaledella Prevenzione (anni 2010-2012), la Re-gione ha affidato all’ASL 12 Veneziana l’ag-giornamento della mappatura dei siti indu-striali attivi o dismessi con presenza diamianto, che tenesse conto della mutata si-tuazione intervenuta a seguito delle bonifichefinanziate dai privati proprietari dei siti. Ilresponsabile della Direzione Prevenzione –Servizio per la Tutela e la Sicurezza nei Luoghidi Lavoro della Regione Veneto ha assicuratoche in tempi rapidi saranno trasmessi al Mi-nistero competente i dati completi della map-patura aggiornati al 2011;

• la Regione Sicilia, in data 25 novembre 2010 e30 dicembre 2010 ha rispettivamente istituitola Commissione Regionale Amianto (insedia-tasi il 12 gennaio 2011) e l’“Ufficio Speciale –sportello unico – per il Risanamento delle areea elevato rischio di crisi ambientale nel terri-torio regionale – Agenda 21 – Amianto”. Il Dirigente dell’Ufficio Speciale ha avviato:- d’intesa con la menzionata Commissione,

l’individuazione delle aree di competenzaistituzionale,

- un progetto di bonifica dei tre siti industrialidi Milazzo, Priolo e Gela, per il quale è statopredisposto apposito bando.

Le proposte normative di mappatura del-l’amianto non hanno avuto seguito;

• la Regione Calabria, con l’entrata in vigore dellaLegge Regionale n. 14 del 27 aprile 2011, ha

potuto procedere all’effettuazione della map-patura geo-referenziata delle zone del territoriointeressate dalla presenza di amianto, a partiredall’acquisizione dei dati aggregati dell’attivitàdi censimento effettuata dall’ARPACAL.

Inadempimenti connessi all’applicazionedella procedura di attuazione della mappatura dell’amianto, elaborata dal Gruppo di Lavoro interregionale degli Assessorati Sanità e Ambiente e approvata in Conferenza Stato-Regioni ex art. 20 Legge 93/2001 e DM 101/2003

I NAS hanno acquisito, inoltre, i seguenti ele-menti circa la mancata applicazione della proce-dura di attuazione della Mappatura dell’amianto,elaborata dal Gruppo di Lavoro interregionaledegli Assessorati Sanità e Ambiente e approvatain Conferenza Stato-Regioni, riscontrata a caricodelle Regioni Valle d’Aosta e Puglia e delle Pro-vince Autonome di Trento e Bolzano. In parti-colare:• la Regione Valle d’Aosta, prima dell’entrata in

vigore del Piano Regionale Amianto (2003),aveva avviato il censimento della presenza diamianto negli uffici pubblici e nelle scuole,provvedendo alla bonifica e messa in sicurezzadi tutte le situazioni a rischio rilevate. In at-tuazione del Piano Regionale Amianto, conl’obiettivo di realizzare la mappatura del-l’amianto, la Regione:- ha censito i siti interessati da attività di estra-

zione dell’amianto, le imprese che utilizzanoo hanno utilizzato amianto nelle attività pro-duttive, le imprese che svolgono attività dismaltimento e bonifica, la presenza di co-perture in amianto sul territorio,

- ha determinato, d’intesa con l’ARPA, la prio-rità di bonifica dei siti,

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- ha trasmesso i risultati della mappatura alMATTM (note in data 2 luglio 2007, 11maggio 2010, 27 giugno 2011 e 21 febbraio2012) e, recentemente, anche all’INAIL;

• la Regione Puglia, nel marzo 2012, ha predi-sposto il Piano Regionale Amianto. Il pianoprevede le attività di prevenzione e di messain sicurezza dei siti, la mappatura degli edifici(parzialmente realizzata anche sulla base di de-nunce ex D.Lgs. 81/2008 e correlate Lineeguida approvate con delibera n. 1070 del 16maggio 2011) e compiti estesi anche ai pro-prietari degli immobili (sono tenuti a dichia-rare l’eventuale presenza di amianto). Il ritardonella predisposizione del piano è stato attri-buito a problemi politico-amministrativi;

• la Provincia Autonoma di Trento ha delegatola locale Azienda Provinciale per i Servizi Sa-nitari per la realizzazione della mappatura.L’Azienda non ha proceduto ad applicare laprocedura stabilita dal Decreto applicativo 18marzo 2003, n. 101, in quanto la mappaturaè stata avviata nel 2009 e i primi dati dispo-nibili decorrono dal secondo semestre del2011. Il ritardo relativo all’esecuzione degliadempimenti è stato associato a problemi diorganizzazione interna e di reperimento dellerisorse umane;

• la Provincia Autonoma di Bolzano, per il tramitedell’Agenzia Provinciale per l’Ambiente, ha av-viato la mappatura dei siti nel 2010, a causa diproblemi riconducibili al reperimento di risorseeconomiche e di organizzazione interna. I primidati disponibili, che fotografano la situazionea partire dal secondo semestre del 2011, sa-ranno comunicati in tempi rapidi al MATTM.I dati previsti dalla Legge 257/1992, pur es-sendo stati rilevati, pressoché in toto, nel 2000,per mera svista non sono stati inviati alMATTM.

Inadempimenti relativi alla trasmissione dei dati relativi alla presenza naturale e antropica di amianto su formatinformatico predisposto dal MATTMex art. 20 Legge 93/2001 e DM 101/2003

Seppure poco rilevanti ai fini della salute, sonostati oggetto di accertamento anche gli adempi-menti relativi alla presenza naturale e antropicadell’amianto. Il Nucleo AS di Torino, in tale con-testo, è stato interessato per accertare i motivi peri quali la Regione Piemonte non ha provveduto acompilare e trasmettere il format informatico,predisposto dal MATTM, con le informazioniinerenti alla contaminazione naturale.Su tale aspetto, la Regione Piemonte ha chiaritoche le informazioni sulla contaminazione natu-rale di amianto, di cui alla categoria 3 “allegatoA” del DM 101/2003, sono state fornite alMATTM dalla Direzione Ambiente. Con deter-minazione n. 206 del 30 novembre 2005, la Di-rezione di Sanità, competente per materia, haapprovato il progetto per la realizzazione dellamappatura dei siti di categoria 1 (impianti in-dustriali), 2 (edifici pubblici e privati) e 4 (altrapresenza di amianto da attività antropica), indi-viduando nelle ASL 6 – Ciriè (TO) e ASL 21 –Casale Monferrato (AL) gli organi preposti allastesura. A causa della revoca della citata deter-minazione, intervenuta il 28 dicembre 2006, peraver preso atto “dell’indisponibilità temporaneaalla partecipazione al progetto di mappatura mo-tivata dall’ampio sottodimensionamento dell’at-tuale organico e dalla conseguente impossibilitàdi destinare personale tecnico qualificato al pro-getto”, è stata prevista l’adozione di un successivoprovvedimento finalizzato a destinare euro145.788,60 per la realizzazione del progetto dimappatura dei siti con presenza di amianto an-tropico sul territorio regionale.

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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Inadempimenti relativi all’istituzione del COR responsabile della rilevazione dei casi di mesotelioma e della pregressaesposizione ad amianto ex art. 2 DPCM 308/2002

Sulla mancata istituzione del COR responsabiledella rilevazione dei casi di mesotelioma e della pre-gressa esposizione ad amianto, i NAS hanno inter-pellato la Regione Molise e la Provincia Autonomadi Bolzano. In proposito:• la Regione Molise ha riferito che:

- presso la Giunta Regionale è pendente la pro-posta di delibera relativa all’istituzione delCOR del Molise per il Registro NazionaleMesoteliomi (RENAM),

- i flussi informativi sui dati epidemiologicirelativi all’asbesto sono sempre stati trasmessiall’INAIL da parte della competente UnitàOperativa di Medicina dell’ASREM di Cam-pobasso;

• la Provincia Autonoma di Bolzano ha chiaritoche:- attualmente le funzioni attribuite al COR

sono svolte dai reparti di anatomia patologicae di medicina del lavoro dell’AS di Bolzano,

- il Dipartimento alla famiglia, sanità e politi-che ha proceduto alla formale istituzione delCOR e attivato le procedure interne direttea ridefinire le competenze e le responsabilitàlegate al flusso formativo.

Considerazioni conclusive e raccomandazioni

Sulla base di quanto esposto nei precedenti para-grafi, appare ora appropriato formulare alcuneconsiderazioni conclusive.L’esame della distribuzione geografica dei casi dimesotelioma in Italia attraverso due sistemi di os-servazione indipendenti, la mortalità (fonte Istat)

e l’incidenza, monitorata quest’ultima dal RegistroNazionale Mesoteliomi, consente di individuareuna serie di ambiti territoriali nei quali il caricodi malattia è particolarmente concentrato, indi-cando una pregressa esposizione ad amianto diparticolare intensità e durata. Le aree in esame corrispondono ai cluster localiz-zati in base all’analisi della mortalità (vedi Tabella1.2) e nei quali si collocano i Comuni con i piùelevati valori dei tassi di incidenza (vedi Tabella1.4 e Figura 1.3), in particolare: Casale Monfer-rato, Broni, Genova, La Spezia, Grugliasco-Col-legno, Monfalcone, Trieste, Castellamare di Stabia,Taranto, Biancavilla e Augusta.Alcune di queste aree (Casale Monferrato, Broni,Trieste, Taranto, Biancavilla e Augusta) sono giàstate riconosciute SIN per le bonifiche e in essesono già in corso importanti interventi di risana-mento ambientale. Si ricorda che, come prece-dentemente menzionato, la fluoro-edenite pre-sente a Biancavilla è una fibra asbestiforme cheha la stessa azione mesoteliomatogena del-l’amianto, nell’uomo e nell’animale da laboratorio,e si sospetta inoltre una sua azione fibrogena. Lafluoro-edenite è presente nell’espettorato dei bron-chitici cronici residenti a Biancavilla. Dal puntodi vista normativo, per i soggetti esposti a questafibra non sono previste tutele.Per le restanti aree caratterizzate da incrementidei tassi di incidenza e mortalità e da una signi-ficativa tendenza a dare luogo ad aggregazioniterritoriali di Comuni a rischio, è opportunoprocedere con l’individuazione di priorità fon-date sui risultati dell’attività di mappatura de-scritti nel paragrafo “Stato di avanzamento delleattività di mappatura e bonifica dei siti contami-nati da amianto presenti sul territorio nazionale”.Questo percorso richiede l’attivazione di tavolidi lavoro con la partecipazione delle istituzionicentrali e periferiche competenti in materia

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di protezione dell’ambiente e tutela della salute.Nella realizzazione di queste attività, alcuni aspettimeritano particolare attenzione.In primo luogo, occorre sottolineare che la so-stanziale coerenza fra i risultati dell’analisi di mor-talità basata sulla certificazione necroscopica difonte Istat e il monitoraggio dei casi di mesote-lioma effettuato dal Registro Nazionale è un ri-sultato atteso, perché il fenomeno indagato è ilmedesimo e la malattia ha purtroppo una prognosimolto severa, con tempi medi di sopravvivenzageneralmente inferiori a un anno. Le parziali di-screpanze osservate riflettono differenze nelle pro-cedure operative delle due rilevazioni, l’arco tem-porale considerato e gli stimatori epidemiologiciutilizzati.Vi è inoltre una sovrapposizione fra la mappaturadelle patologie e la mappatura dei siti inquinati ascala nazionale, con particolare riferimento ai SINper le bonifiche, mentre questa rispondenza puònon essere sempre verificata a scala locale, inquanto non tutti i siti inquinati da amianto hannodeterminato un impatto sanitario, in relazionealle diverse modalità di esposizione e alle diversefinestre temporali in esame. Più in generale, varilevato che la concordanza fra la mappatura dellepatologie e la mappatura dei siti inquinati è mas-sima nelle situazioni estreme per esposizione adamianto e per impatto sanitario, che sono princi-palmente quelle rappresentate dai SIN.Il lavoro da fare per chiarire il rischio per la salutederivante da esposizioni ambientali tuttora pre-senti e per le quali interventi di bonifica possonorisultare efficaci richiede quindi la piena condivi-sione dei dati ambientali e sanitari e la costruzionedi un approccio realmente interdisciplinare e in-teristituzionale. In particolare, alla sorveglianzaepidemiologica degli effetti, che consente di iden-tificare aree territoriali nelle quali in passato sisono concentrate situazioni di esposizioni intense

e prolungate, deve essere affiancato il monitorag-gio delle attività di smaltimento e bonifica, chepuò consentire di disporre dello stato dell’arte delprocesso di eliminazione dell’amianto. L’art. 9 della Legge 27 marzo 1992 n. 257 prevede,per le imprese che svolgono attività di bonifica,che debbano trasmettere annualmente alle Regionie alle ASL competenti per territorio, una relazioneannuale contenente i dati relativi al tipo e ai quan-titativi di amianto utilizzato, nonché dei rifiuti diamianto che sono oggetto dell’attività di smalti-mento o di bonifica. Devono essere inoltre indicatele attività svolte, i procedimenti applicati, il nu-mero e i dati anagrafici degli addetti, il carattere ela durata della loro attività e le esposizioni al-l’amianto alle quali sono stati sottoposti e le misureadottate ai fini della tutela della salute dei lavoratorie della tutela dell’ambiente. La completa applica-zione di questa disposizione in tutti i contesti re-gionali e un’attività di coordinamento e analisi deidati aggregati è uno degli ambiti di sviluppo piùimportanti per l’effettiva realizzazione di quantoprevisto dalle norme. Le proposte di procedure dilavoro e di flussi informativi contenuti nel LibroBianco del Ministero della Salute possono a questofine risultare particolarmente utili (si veda il Ca-pitolo V del presente Rapporto per una trattazionepiù sistematica di questo tema). È noltre auspica-bile un raccordo con le attuali attività di sorve-glianza epidemiologica degli esposti ad amiantosecondo quanto previsto dagli artt. 243 e 260 delD.Lgs. 81/2008 ai fini dell’analisi congiunta deidati disponibili dai due flussi informativi.Il lavoro connesso alle bonifiche deve infine qua-lificarsi sotto due profili: trasparenza ed equità. Latrasparenza richiede il coinvolgimento, oltre chedelle strutture tecniche, anche della società civile,dell’associazionismo e del mondo dell’informa-zione. L’equità va perseguita definendo una scaladi priorità degli interventi di risanamento ambien-

Individuazione dei siti con significativo rischio di patologie asbesto-correlate: metodologie, criticità, indicazioni di sanità pubblica

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tale che privilegi le situazioni più svantaggiate intermini di livelli di esposizione, impatto sanitario,deprivazione socioeconomica, marginalità e assenzadi tutela, al fine di qualificare il momento dellabonifica come occasione di avvio di un più com-plessivo processo di ripresa di comunità e territoripesantemente penalizzati dalle modalità dello svi-luppo prevalenti nei decenni passati.In questo quadro, si evidenzia la necessità di in-tervenire con urgenza nei 373 siti con Classe diPriorità del Rischio 1 finora mappati che risultanoad alto rischio per la salute negli ambienti di vitae di lavoro e ad alto rischio per l’ambiente. A talfine è fondamentale il reperimento urgente dellenecessarie risorse finanziarie atte a consentire nelbreve termine l’attuazione degli interventi di messain sicurezza e di bonifica. Sarebbe pertanto op-portuna una compartecipazione finanziaria di piùMinisteri (Salute, Ambiente, Lavoro ecc.) per ilreperimento di tali risorse, stimate in decine dimilioni di euro.

Si ritiene altresì di prioritario interesse completarela mappatura con i dati relativi alle Regioni man-canti e continuare ad aggiornare/integrare i datigià disponibili, al fine di una pianificazione neltempo delle risorse e delle tempistiche necessariealla messa in sicurezza del territorio nazionale dadetto agente cancerogeno. Si stima che, qualorail DM 101/2003 relativo alla citata mappaturavedesse assegnati finanziamenti annuali di circa10 milioni di euro per 10 anni, le situazioni amaggiore rischio potrebbero essere rimosse. Unulteriore determinante incentivo alle bonifiche daamianto potrebbe derivare dalla defiscalizzazioneal 55% per gli interventi di rimozione del-l’amianto, nonché dall’individuazione e realizza-zione di nuovi siti di smaltimento sul territorionazionale anche mediante l’impiego di cave e mi-niere dismesse, oltretutto incentivando la riquali-ficazione di dette aree. È anche opportuno predi-sporre un prezziario calmierato delle bonifiche daamianto.

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2. Definizione di esposti e utilità di un registro degli esposti prima della Legge 257/1992

veglianza sanitaria ad hoc. Meno attenzione, fi-nora, è stata data agli aspetti operativi della crea-zione e del funzionamento di registri di ex-esposti. Il Dizionario dell’Associazione Internazionale diEpidemiologia definisce un “registro” come “unarchivio di dati che riguardano tutti i casi di una… condizione pertinente alla salute, in una po-polazione definita in modo tale che i casi possanoessere riferiti a una base di popolazione”. Il rife-rimento a una base di popolazione allude allanecessità di conoscere, per qualsiasi campionedi soggetti, la sua rappresentatività rispetto al-l’universo cui appartiene. L’esistenza di un regi-stro comporta la creazione di “record” individualipermanenti, corredati di dati che consentanol’identificazione del titolare. La nominativitàdella registrazione è essenziale per l’offerta diparticolari prestazioni e/o per riconoscere dupli-cazioni di segnalazioni e/o per eventuale follow-up e/o per specifici progetti di ricerca. Si trattaquindi di un esercizio delicato, che richiede ri-sorse e competenza, non privo di implicazionietiche. Come per qualsiasi altro strumento po-tenzialmente utile alla salute pubblica e/o allaricerca, la decisione di creare un registro nomi-nativo deve accompagnarsi tanto a un protocollooperativo per la sua realizzazione, quanto a pre-cise ipotesi di utilizzo.

Questo capitolo riguarda coloro che hanno ces-sato l’esposizione lavorativa al momento dellamessa al bando dell’amianto del 1992. Per chiha cessato l’esposizione successivamente, lenorme di registrazione sono specificate dagli artt.243 e 260 del D.Lgs. 81/2008 e dal DM155/2007. La legislazione italiana infatti, in at-tuazione delle Direttive Comunitarie emanatein materia, prevede un articolato sistema di sor-veglianza epidemiologica dei soggetti esposti adagenti cancerogeni nei luoghi di lavoro, dispo-nendo l’istituzione del registro da parte del datoredi lavoro (per tramite del medico competente) ela sua trasmissione all’Ispesl (oggi INAIL) e alleASL competenti per territorio. Periodicamentedevono essere valutate e notificate le variazioni(dei livelli o delle modalità di esposizioni) e leeventuali cessazioni.La creazione di liste di ex-esposti ad amianto, ripe-tutamente richiesta dalle organizzazioni delle vit-time, è anche emersa dalla seconda conferenza na-zionale amianto non governativa (http://www.me-dicinademocratica.org) e pone operativamente pro-blemi di ricostruzione di ordine storico, consideratoche le aziende hanno cessato o riconvertito l’attività. La maggior parte delle sollecitazioni è centratasulla tutela degli ex-esposti ad amianto e in parti-colare (ma non solo) su quella relativa a una sor-

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Finalità dei registri degli esposti

Venti anni dopo il bando dell’amianto, registrinominativi di ex-esposti ad amianto possono ser-vire in primo luogo per:• fornire agli operatori del Servizio Sanitario Na-

zionale uno strumento utile per riconoscere casidi malattia attribuibili all’esposizione ad amiantoe avviare la pertinente segnalazione all’AutoritàGiudiziaria e all’Istituto assicuratore;

• valutare il carico assistenziale creato dalle espo-sizioni ad amianto nel nostro Paese;

• identificare nominativamente persone:- cui offrire assistenza sanitaria e riabilitativa,

nonché legale,- da privilegiare per l’inclusione in interventi

di counseling per stili di vita sani,- da rendere oggetto di studi epidemiologici,- da invitare (in un momento futuro non me-

glio determinato) a sottoporsi, in condizioniasintomatiche, a test diagnostici per tumoripolmonari e pleurici, se e quando sarannodimostrati tanto l’efficacia di protocolli discreening oncologico per modificare in po-sitivo la storia naturale di questi tipi di tu-mori, quanto l’applicabilità dei protocollistessi a ex-esposti ad amianto.

La costituzione e il successivo aggiornamento diregistri nominativi di ex-esposti che assicurinoun’esaustività minimamente soddisfacente richie-dono risorse non indifferenti in termini di perso-nale (da addestrare, in molte realtà regionali) estrumenti informatici. La complessità della ge-stione di un registro nominativo rende preferibilela sua centralizzazione (es. regionale). A secondadegli obiettivi che ci si prefigge, sono opportune,di volta in volta, valutazioni costo/beneficio, anchein considerazione di eventuali proposte alternativeo integrative, quali la registrazione delle aziendedove hanno lavorato, con esposizione accertata,

soggetti successivamente affetti da mesotelioma,rilevati dai Registri Mesoteliomi e la costruzionedi una lista delle aziende che dal 1992 in poihanno rimosso amianto friabile (che dovrebberoessere state raccolte ex art. 9 Legge 257/1992).

Modalità di identificazione dei soggetti da registrare

In diverse Regioni italiane sono state avviate o sonopreviste forme di registrazione nominativa di ex-esposti ad amianto. Le modalità di inclusione diuna persona in un registro sono riconducibili a duemodelli (o loro combinazioni): iscrizione su richie-sta degli interessati, oppure identificazione degliex-esposti da parte della struttura che gestisce il re-gistro, attraverso consultazione di documentazionenominativa già esistente in archivi creati per scopiamministrativi (es. archivi INPS). Il Decreto dellaDirezione Generale della Sanità della Regione Lom-bardia n. 4972 del 16 maggio 2007 prevede, daparte delle ASL, la ricerca attiva di ex-esposti chehanno lavorato in determinate condizioni in im-prese con determinate caratteristiche (es. coiben-tatori nel settore dell’industria edilizia). Per contro,la Legge 17 dicembre 2003 della Regione FriuliVenezia Giulia prevede che l’iscrizione al registrosi basi su domande individuali, che vengono valu-tate soggetto per soggetto, sulla base della ricostru-zione della storia lavorativa e della valutazione dellaverosimiglianza di esposizione ad amianto. Peraltro,a integrazione del Registro, un interessante lavoroè stato condotto in Friuli Venezia Giulia, basandosianche sul ricorso ad archivi già esistenti e altre fontidi informazione. In Piemonte è stata condotta nel2003 un’esperienza pilota di costruzione di unelenco di ex-esposti a partire da fonti amministrativeINAIL e INPS. Nel 2009 l’elenco è stato revisio-nato e aggiornato e sono stati redatti protocollistandardizzati per la costruzione di liste di ex-esposti

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attraverso fonti amministrative e per il loro aggior-namento, in adempimento a una convenzioneCCM-Regione Piemonte.

Quali ex-esposti in ambiente lavorativoregistrare

L’identificazione di una soglia di esposizione perregistrare ex-esposti ad amianto è funzionale agliobiettivi che ci si prefigge. Una soglia “bassa” puòarricchire l’ambito di studi epidemiologici, macomporta l’inclusione di “falsi positivi” tra i frui-tori dell’attenzione fornita agli iscritti nelle listedi ex-esposti, mentre una soglia “alta” rischial’esclusione da tale attenzione di soggetti a rischiodi malattia per pregressa esposizione ad amianto(“falsi negativi”). Le Linee guida del Registro Na-zionale dei Mesoteliomi (INAIL, Registro Nazio-nale Mesoteliomi, Terzo rapporto, Roma 2010)considerano esposti coloro che hanno subito du-rante la vita anche una sola esposizione superiorea quella della popolazione generale. Questa in-formazione viene ricavata mediante intervistasomministrata al paziente o in sua vece a convi-venti o compagni di lavoro. Idealmente, la variabile da prendere in considera-zione per una discriminazione tra esposti e nonesposti dovrebbe essere non la concentrazionenell’atmosfera dell’ambiente di lavoro, bensìl’esposizione cumulativa a livello individuale. Lastima di quest’ultima – data la diffusa povertà dimisurazioni negli ambienti di lavoro nel nostroPaese che ha caratterizzato il passato – richiede-rebbe grande complessità organizzativa e strumentistatistici con grande margine di errore. Per unastima retrospettiva possono essere utili criteri deltipo job-exposure matrix, con categorie di esposi-zione molto ampie (es. > 100 fibre/litro, 10-100fibre/litro, 0-10 fibre/litro), considerando lavorosvolto e periodo di calendario (maggiore esposi-

zione nei decenni passati); è importante ancheconsiderare il comparto. La base di dati creatadall’INAIL datamiant (http://www.iascin.it/download/datamiant.html) può essere utile, ma ha illimite di non suddividere le esposizioni per com-parto. La normativa lombarda fornisce un criterioper distinguere tra alta esposizione (soltanto pro-fessionale, esposizione continuativa ad almeno 20fibre/litro per almeno 3 anni per lavorazioni conmanufatti contenenti amianto o almeno 10 anniper esposizioni generiche) e bassa esposizione (tuttigli altri casi, compresa l’esposizione familiare).Pragmaticamente, ove si volesse indicare una sogliadi concentrazione dell’amianto ai fini della costru-zione di registri di ex-esposti, non vi è motivo perdiscostarsi dal riferimento di 10 fibre/litro corri-spondente, indicato anche dal D.Lgs. 81/2008.

Fonti disponibili per l’identificazione di ex-esposti

Prima della Legge n. 257 del 1992 non risultavaoperativo alcun sistema di registrazione degli espo-sti ad amianto. La prima norma che ha infattiprevisto tale sorveglianza è il D.Lgs. 277/1991che nell’ambito delle disposizioni per la protezionedei lavoratori dai rischi di esposizione a piombo,amianto e rumore, istituiva il Registro dei lavora-tori esposti. Successivamente, il D.Lgs. 626/1994,confermato dal D.Lgs. 81/2008, ha reso completoil sistema di sorveglianza per i lavoratori espostiad agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro (equindi per quanto riguarda l’amianto, dei lavora-tori impegnati nelle attività di rimozione, smalti-mento e bonifica). Infine, il DM 155/2007 hadefinito le procedure e i modelli di riferimento,rendendo operativo l’intero quadro legislativo. Ilproblema più rilevante riguarda l’assenza di datirelativamente agli esposti prima del bando. Suquesto argomento sono disponibili dati di stima

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come quelli elaborati nell’ambito del progetto Ca-rex, nel quale si dimensiona in 680.000 soggettiil numero di esposti ad amianto per l’Italia nelperiodo 1990-1993. Un analogo esercizio di stimaha valutato per la Regione Toscana, sulla base diuna matrice comparto, mansione ed esposizione,in circa 30.000 i lavoratori esposti.Vi sono non poche esperienze cui fare riferimento,particolarmente quelle condotte in Friuli VeneziaGiulia, Veneto e Piemonte. Una procedura seguita in diverse tra queste espe-rienze è consistita nel recupero dei nominatividelle aziende che a suo tempo assicuravano i di-pendenti esposti all’assicurazione per il rischioamianto presso l’INAIL e la successiva identifica-zione nell’archivio dell’INPS dei nominativi deidipendenti di tali aziende. È tuttavia da ricostruirel’adeguatezza dei criteri con i quali, lungo i de-cenni, sono state definite le aziende tenute a pagareil premio per i rischi da amianto. L’archivio INPS,a partire dal 1974, registra in modo nominativo irapporti di lavoro nel settore industriale. La pro-cedura è relativamente semplice, anche nei suoiaspetti informatici, ed è da raccomandare comeprimo approccio alla costruzione di un registrodi ex-esposti. Sono tuttavia da tenere presente isuoi limiti e in particolare:• “falsi negativi” a causa dell’esclusione di tutti i

lavoratori esposti ad amianto in circostanze dilavoro diverse da quelle industriali (in parti-colare edilizia, marina militare e altre mansioninelle forze armate e pubblico impiego);

• “falsi negativi” a causa dell’esclusione di lavo-ratori in aziende che non pagavano il premiospeciale di assicurazione amianto (e quindinon identificate attraverso gli archivi INAIL),ma esposti in virtù delle mansioni loro affidate(quali addetti alla manutenzione, ai forni ecc.);

• “falsi negativi” in quanto lavoratori dimessiprima del 1974;

• “falsi positivi” per l’incapacità del sistema adiscriminare, all’interno di un’azienda dove ve-niva utilizzato amianto, tra lavoratori espostie lavoratori non esposti.

Un altro importante strumento disponibile peridentificare i soggetti ex-esposti è l’archivio tenutodall’INAIL dei soggetti a cui sono stati erogati ibenefici previdenziali ai sensi dell’art. 13, comma8, della Legge 257/1992, per i quali l’Istituto assi-curativo ha verificato un’esposizione all’amiantosuperiore alle 100 fibre/litro nella media giornalieraper almeno 10 anni. Per ciascun soggetto che haavanzato domanda è stata archiviata l’informazionesu tutti i periodi di lavoro giudicati con esposizionead amianto, memorizzando inizio, fine, ditta, man-sione e giudizio. Si tratta quindi di una fonte coninformazioni superiori a quelle in genere ricavabilidalle altre fonti citate (es. libri matricola).L’elenco delle richieste e dei riconoscimenti do-vrebbe auspicabilmente entrare a far parte delleinformazioni trasferite regolarmente dall’Istitutoai Servizi territoriali di prevenzione e sicurezzanell’ambito del progetto “flussi” e in prospettivacostituire uno degli elementi di conoscenza dispo-nibili all’interno del Sistema Informativo Nazionaleper la Prevenzione (SINP) previsto dall’art. 8 delD.Lgs. 81/2008. Va ricordata, inoltre, l’utilità dellatrasmissione periodica di tali informazioni ancheai Centri Operativi Regionali del Registro Nazio-nale Mesoteliomi operante ai sensi del DPCM308/2002. La descrizione dei settori di lavoro edelle mansioni dei soggetti che hanno ottenuto ilbeneficio di legge può fornire elementi di cono-scenza che si integrano in maniera costruttiva conle indicazioni che derivano dall’attività di sorve-glianza epidemiologica e ricerca attiva dei soggettiammalati di mesotelioma. È tuttavia da verificareche i criteri per l’inclusione/esclusione dall’eroga-zione dei benefici previdenziali siano stati omoge-nei lungo gli anni e tra le diverse Regioni italiane.

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Ovviamente, il limite di questa sorgente è l’esclu-sione di coloro (e non sono pochi) che sono statiesposti ad amianto inconsapevolmente e quindinon hanno avuto consapevolezza del loro dirittoad avanzare la richiesta dei benefici previdenziali.Altre sorgenti per l’identificazione di ambienti dilavoro che esponevano ad amianto – e di conse-guenza dei lavoratori esposti – utilizzate in espe-rienze regionali sono:• indagini di comparto;• archivi dei Servizi per la Prevenzione nei Luo-

ghi di Lavoro;• libri matricola (reperiti presso aziende, curatori

fallimentari ecc.);• reperimento nel Registro regionale dei meso-

teliomi delle aziende dove si sono verificati casidi mesotelioma, previa verifica dell’esposizioneeffettivamente realizzatasi in dette aziende;

• documentazioni presso tribunali, studi di av-vocati, associazioni di difesa degli esposti, ri-guardanti cause civili per mancato riconosci-mento dei benefici previdenziali;

• documentazione presso ASL e Regioni riguar-danti le aziende dove si è svolta scoibentazioneautorizzata di amianto friabile;

• aziende che hanno acquistato prodotti inamianto dalla Società Italiana Amianto di Gru-gliasco (Torino), che commercializzava inmodo rilevante tali prodotti a livello nazionale(e forse altre aziende che hanno memorizzatole fatture).

Ogni esercizio inteso a identificare ex-esposti adamianto dovrebbe esplorare la disponibilità e lepotenzialità di queste sorgenti. Per quanto riguardai libri matricola, sono auspicabili normative re-gionali (o nazionali) che consentano il reperi-mento, archiviazione e conservazione dei libri ma-tricola di aziende che utilizzavano l’amianto alfine di future ricerche, non soltanto epidemiolo-giche, ma anche storiche, sociologiche ecc.

Il Dipartimento di medicina del lavoro dell’Ispesl(oggi INAIL) ha prodotto qualche anno fa uncensimento nominativo delle aziende appartenentiai codici della lista del DM 8 agosto 1994 incro-ciando varie banche dati (Camere di Commercio,INPS, INAIL, Istat). Il censimento denominatoAReA è raccolto in database suddivisi per singoleRegioni alle quali sono già stati inviati da tempo.Non vi è certezza che nelle aziende indicate nellalista fosse effettivamente utilizzato amianto, mail database rappresenta un buon punto di partenzaper eventuali approfondimenti.Dopo essere stata ottenuta, qualsiasi lista di ex-esposti ha bisogno – in particolare se deriva o se èalimentata da alcune fonti (es. libri matricola) –di verificare quali soggetti sono viventi e residentiin un’area in un dato momento (e a successivi ag-giornamenti), prendendo nota dei soggetti chesono emigrati o sono deceduti. Questa operazioneè facilitata dalla disponibilità delle informazionisugli assistiti e deve essere condotta tenendo contodei vincoli imposti dalla normativa di tutela dellariservatezza (D.Lgs. 196/2003). Si ritiene altresì utile poter giungere a un protocollocondiviso per la valutazione retrospettiva dell’espo-sizione in termini quantitativi, al fine di suddivi-dere gli ex-esposti in almeno tre classi (alta, media,bassa), basandosi su comparti produttivi di appar-tenenza, datazione e durata dell’esposizione e/odel periodo di lavoro, area geografica e stili di vita(e in particolare abitudini al fumo). Tale suddivi-sione potrebbe rivelarsi utile per meglio program-mare protocolli differenziati di sorveglianza sani-taria e in occasione di studi epidemiologici.

Gli esposti ad amianto in circostanze diversedall’ambiente di lavoro

Studi epidemiologici in Italia e in molti altri Paesihanno posto in evidenza i rischi da esposizione

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non lavorative ad amianto, particolarmente in trecircostanze: • presenza di manufatti di amianto nelle abita-

zioni e in altri comparti dell’ambiente generale; • contaminazione dell’ambiente domestico vei-

colata da parte di lavoratori dell’amianto alproprio domicilio, attraverso i capelli e gli in-dumenti di lavoro e conseguente esposizionedei conviventi;

• contaminazione, in modo diretto o indiretto,con amianto dell’ambiente generale dove vivela comunità, da parte di aziende dove si lavo-rava l’amianto (in Italia, questo evento è statomolto ben documentato in alcune realtà, comeCasale Monferrato, Bari e Broni: non è preci-sabile la misura in cui esso si è verificato anchealtrove).

È documentato come tutte e tre queste fonti dirischio, in alcune circostanze, abbiano causatomesoteliomi, mentre l’eventuale associazione diesposizioni extralavorative con i tumori polmonari(e anche con quelli laringei e ovarici) è di più dif-ficile esplorazione, dato il confondimento causatodall’esposizione a fattori di rischio di altra naturae la minore frazione eziologica rappresentata dalleesposizioni professionali. La creazione di registri di ex-esposti comporta lanecessità di definizioni operative in merito a que-ste esposizioni e di una considerazione realisticadei problemi creati dalle scelte operative che nepossono derivare. Censire coloro che in qualchemomento della loro vita sono venuti a contattocon manufatti di amianto è estremamente pro-blematico. Meno problematica può essere la regi-strazione dei conviventi con lavoratori già espostiad amianto. Tuttavia, se si vuole essere operativied evitare discriminazioni, l’esercizio deve esserebasato su un preciso protocollo operativo. Infine,anche per procedere a un censimento (ove lo siritenga opportuno) dei residenti in aree caratte-

rizzate da contaminazione con amianto dell’am-biente generale, è necessario un preciso protocollooperativo, con definizione dei limiti geografici etemporali della presenza del fattore di rischio.Sono state avanzate proposte – per esempio dallaASL di Oristano (http://www.oristano.cgil.it/amianto/doc_amianto/amianto_prot_sett2009_sorveglianza_san.pdf ) – che includono tra i benefi-ciari di monitoraggio sanitario (in quanto consi-derati ex-esposti ad amianto) i cittadini affetti dapatologie amianto-correlate e i loro familiari. C’èda chiedersi quanto sia realistica la proposta dicensire, per esempio, i parenti delle donne affetteda cancro ovarico, dal momento che l’ovaio èstato valutato come sicuro organo bersaglio dellacancerogenicità dell’amianto da parte dell’AgenziaInternazionale per la Ricerca sul Cancro. Oltrealle difficoltà operative di avviare e mantenere unregistro di esposti ad amianto in circostanze di-verse da quelle lavorative, nella decisione se avviareo meno tale registrazione, vanno anche consideratigli aspetti psicologici dell’etichettatura come“esposto a rischio amianto” in conseguenza delfatto di essere stati residenti in un determinatosito o di avere convissuto con un lavoratore del-l’amianto.

Aspetti etici

Di fronte a qualsiasi proposta di creazione di re-gistri nominativi di persone, compreso il caso deiregistri di ex-esposti ad amianto, va verificata laconformità con la normativa sulla tutela della ri-servatezza e vanno definiti i vincoli degli operatorideputati alla manutenzione dei registri. Sono di-versi gli argomenti da affrontare.In primo luogo, è da definire se la nozione di pre-gressa esposizione ad amianto – strettamente legataa rischi per la salute – debba o meno essere consi-derata dato sensibile.

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In secondo luogo, in linea di principio, dovrebbeessere l’interessato a decidere autonomamente segradisce l’inclusione del proprio nome in un regi-stro di ex-esposti ad amianto. Di tale inclusionesono evidenti i benefici, ma non possono essereignorati i rischi (come la paura di essere un “pre-destinato” ad avere un cancro). Il principio del-l’autonomia – a rigore – comporta il rilascio di unconsenso informato e una preliminare nota infor-mativa in cui l’interessato viene reso edotto degliutilizzi (attuali e futuri) che il registro intende faredell’informazione che lo riguarda. La registrazionedegli esposti e delle esposizioni a cancerogeni –amianto compreso – nell’ambiente di lavoro è stataresa obbligatoria in Italia – e in altri Paesi europeie non europei – con il D.Lgs. 626/1994. Succes-sivamente, è stata resa obbligatoria solo se vienesuperata una soglia di esposizione per l’amiantodal D.Lgs. 81/2008 (in contraddizione con il fattoche rimane l’obbligo, per tutti gli altri cancerogeni,senza livelli di soglia). Dall’obbligo previsto dallanormativa ovviamente sono esclusi gli esposti adamianto nell’ambiente esterno a quello lavorativo.Tuttavia, le Linee guida etiche internazionali pergli studi epidemiologici raccomandano che, nelcaso di studi condotti nell’ambito degli obiettividelle autorità sanitarie, “anche quando un consensoindividuale non è richiesto, si applicano i consueticriteri di minimizzazione del rischio, protezionedella confidenzialità e rispetto per gli altri requisitilegali”. Infine, da parte della struttura che tiene ilregistro devono essere resi espliciti i criteri con cuiverranno gestite le richieste, da parte di terzi, diutilizzo di dati nominativi individuali (es. per studiepidemiologici). Realisticamente, è verosimile che l’identificazionenominativa di ex-esposti ad amianto sia più facileper i lavoratori di alcuni comparti (es. ex-addettialla produzione di cemento-amianto) rispetto adaltre categorie (es. esposti ad amianto in edilizia).

Questa discrepanza è inevitabile, ma va affrontatatenendo presente il principio di uguaglianza intesoa evitare discriminazioni tra soggetti con ugualidiritti. È quindi opportuno che vengano enunciatichiari e verificabili i criteri di inclusione nei registridi ex-esposti.

Archivi storici

La conoscenza della presenza in passato nelle sin-gole Regioni dei comparti maggiormente a rischioamianto, individuabili soprattutto negli utilizza-tori diretti della materia prima (cantieri navali dicostruzione e riparazione, industria del cemento-amianto, produzione e riparazione di rotabili fer-roviari, edilizia industriale e in parte minore abi-tativa, aziende di scoibentazione, grandi impiantichimici e petrolchimici, centrali termiche e geo-termiche di produzione di energia elettrica) è diaiuto nella ricerca attiva degli ex-esposti. Risultaaltresì importante fare tesoro delle informazionipresenti negli archivi dei Servizi Territoriali diPrevenzione Igiene e Sicurezza delle ASL suaziende appartenenti ai comparti tra quelli a ri-schio elencati nel DM dell’8 agosto 1994.

Conclusioni

Non è il caso di ricordare in questa sede le moltecontraddizioni, scorrettezze comportamentali eingiustizie che, da molti decenni a questa parte,hanno portato a una diffusione senza precedentinella nostra società di un veleno come l’amianto,compresa l’inconsapevole esposizione da parte dilavoratori e popolazione generale. Di conseguenza,è più che giustificata l’attesa per qualche forma diriparazione da parte di coloro che negli scorsi de-cenni sono stati inconsapevolmente esposti a unrischio per la loro salute e – in parte – si sonoammalati e/o sono deceduti. Soddisfare l’attesa

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significa, preliminarmente, l’identificazione diquesti ex-esposti, di questi malati e di questi de-ceduti. Il presente capitolo ha inteso mettere afuoco i problemi metodologici sottintesi a questoesercizio, senza alcuna pretesa che un problemacomplesso come la definizione di ex-esposti adamianto possa essere affrontato soltanto attraverso

l’accademica definizione di questioni di metodo(comunque imprescindibili). Soltanto da un con-fronto con le associazioni delle vittime del-l’amianto, con le autorità sanitarie nazionali e re-gionali e con il mondo politico, potrà scaturireuna strategia di azione alla quale potranno ade-guarsi iniziative locali.

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3. Incidenza delle patologie asbesto-correlate e previsioni nei prossimi anni

di lunghezza superiore ai 5 micron nel tessutopolmonare e pleurico di soggetti deceduti per me-sotelioma, suggerendo una correlazione tra la pa-tologia e la maggiore lunghezza delle fibre. Altrifattori determinanti nel condizionare l’attività bio-logica delle fibre nell’organismo umano sono lacomposizione chimica, la reattività di superficie ela biodurabilità delle fibre, in grado di determi-narne la persistenza a livello alveolare o pleuricoe di indurre i meccanismi patogenetici di fagoci-tosi macrofagica frustra o la formazione di gra-nulomi. Anche la conformazione delle fibre è rilevante:l’anfibolo, con fibre di morfologia rettilinea, hauna capacità di penetrazione più elevata, che di-minuisce con il crescere del diametro, perché lefibre più sottili e aghiformi attraversano il tessutopolmonare, per effetto dei movimenti respiratori,e facilmente raggiungono la pleura. Tale capacitàdi penetrazione è invece molto minore nel crisotiloper la sua forma ricurva. Tra quelle trattenute neibronchioli e negli alveoli, alcune più corte assor-bite dai macrofagi vengono trasportate fino aigangli linfatici, alla milza e ad altri tessuti. Alcunedi quelle che rimangono nei bronchioli e neglialveoli (in particolare gli anfiboli) vengono rico-perte da un complesso proteine/ferro e si trasfor-mano nei “corpuscoli dell’asbesto”.

La respirazione di fibre di asbesto può determinarepatologie diverse, tutte caratterizzate da un lungointervallo di tempo tra l’inizio dell’esposizione ela comparsa della malattia, che è in genere di de-cenni. La patogenicità delle fibre di amianto ap-pare modulata in modo determinante dalle lorocaratteristiche fisico-chimiche. È stato dimostratoche a seconda del tipo di lavorazione e del tipo diasbesto utilizzato, possono variare le caratteristichedelle fibre aerodisperse, soprattutto nei parametridi lunghezza, diametro e rapporto lunghezza/dia-metro determinanti la respirabilità della fibra.Sono respirabili tutte le fibre, come generalmentequelle di asbesto, con diametro inferiore a 3,5micron. La loro lunghezza è determinante nelcondizionarne il destino intrapolmonare. Le fibrecomprese tra 5 e 10 micron di lunghezza, arri-vando all’interstizio e per via linfatica alle sierose,possono determinare lesioni interstiziali e pleuri-che (fibrosi, ispessimenti e placche pleuriche, neo-plasie); quelle di lunghezza superiore ai 10 micron,arrestandosi a livello alveolare, possono provocarelesioni alveolari (alveolite asbestosica). È stato sta-bilito che sono più importanti dal punto di vistapatogeno le fibre con diametro inferiore a 3 mi-cron, lunghezza superiore a 5 micron e rapportolunghezza/diametro maggiore di 3. Alcuni risultatisperimentali hanno dimostrato la presenza di fibre

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La correlazione fra occorrenza di malattie asbesto-correlate e consumi di amianto è solidissima e sta-tisticamente significativa, con un livello di corre-lazione quasi lineare a livello di dati aggregati dipopolazione. L’analisi della distribuzione nel tempoe nello spazio dei consumi di amianto è quindi digrande rilevanza per l’analisi epidemiologica. Laproduzione complessiva di amianto nel mondofra il 1900 e il 2000 è stata di circa 173 milioni ditonnellate e più dell’80% di tale produzione ri-guarda il periodo a partire dal 1960. L’incrementonei livelli di produzione mondiale è costante dalsecondo dopoguerra alla metà degli anni Settanta,periodo in cui raggiunge il culmine con più di 4,5milioni di tonnellate/anno prodotte. L’Italia èl’unico Paese dell’Unione Europea, insieme allaGrecia, nel quale sono state attive miniere diamianto e non è quindi solo un Paese importatore,ma anche produttore. Dal dopoguerra al bandodel 1992 in Italia sono state prodotte 3.748.550tonnellate di amianto grezzo. L’Italia è stata sinoalla fine degli anni Ottanta il secondo maggioreproduttore europeo di amianto in fibra dopol’Unione Sovietica e il maggiore della ComunitàEuropea. La produzione italiana proviene in ma-niera quasi esclusiva (se si eccettuano quantità mo-deste dai giacimenti della Val Malenco) dalla mi-niera di crisotilo di Balangero (venti km a nord diTorino), il più importante giacimento come di-mensioni e come impianti dell’Europa Occiden-tale. La miniera è stata attiva dagli anni Venti finoa tutto il 1989; su un’area di parecchie decine diettari le operazioni che si svolgevano possono esseredescritte sinteticamente in questa sequenza: per-forazione, escavazione, prima e seconda frantu-mazione, frantumazione secondaria, essiccazione,ciclonatura, selezione e insaccamento. Gli utilizzidell’amianto prodotto a Balangero hanno riguar-dato principalmente l’industria del cemento-amianto, della produzione di materiali da attrito e

di altri manufatti. La fibra qui prodotta per le ca-ratteristiche mineralogiche del sito ha una lun-ghezza piuttosto scarsa e quindi non molto adattaa essere impiegata nelle produzioni tessili. Per que-ste ultime, e soprattutto per la produzione di ma-nufatti e l’utilizzo dell’amianto nella coibentazionea spruzzo, venivano impiegate fibre di importa-zione. L’andamento della produzione nazionale èstato esponenziale fino alla metà degli anni Settantae ha raggiunto il suo picco nel 1976 con 164.788tonnellate prodotte. Fino al 1987 la produzione siè mantenuta superiore alle 100.000 tonnellate/an-no, per poi decrescere rapidamente e azzerarsi apartire dal 1992 (Figura 3.1). Le importazionihanno subito un andamento simile anche se menoregolare. In particolare, il picco nelle importazionidi amianto grezzo è raggiunto nel 1976 e nel 1979con poco più di 77.000 tonnellate. Rilevante ècome nel triennio 1989-1991, in prossimità quindidel bando, le importazioni italiane di amiantogrezzo siano ancora estremamente consistenti (paria circa 60.000 tonnellate annue) e superiori allequantità prodotte. Le esportazioni di amiantogrezzo sono consistenti a partire dal 1965 con circa25.000 tonnellate e raggiungono il picco di 80.000tonnellate annue nel biennio 1975-1976. Fino al1988 si mantengono intorno alle 50.000 tonnel-late, per poi decrescere molto rapidamente. L’amianto grezzo prodotto nel territorio nazionaleo importato è stato utilizzato in un ampio spettrodi attività industriali sfruttando le notevoli pro-prietà di resistenza al calore e di isolante e coibentedel materiale (e anche il costo contenuto). In par-ticolare, per la storia industriale del nostro Paese,l’amianto è stato utilizzato nell’industria di pro-duzione di manufatti in cemento-amianto, nellacantieristica navale, nell’edilizia residenziale e deiluoghi di lavoro e in numerosi ambiti di attività,specie dove venivano raggiunte alte temperaturenei processi produttivi. Per queste ragioni, in Italia

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il numero di lavoratori esposti è molto rilevante.L’esposizione ad amianto può avvenire anche inambito non lavorativo, come ampiamente dimo-strato e recentemente ricordato dall’InternationalAgency for Research on Cancer (IARC). È stato stu-diato il rischio di mesotelioma in conseguenzadell’esposizione ambientale sia antropica (per laresidenza nei pressi di siti con importanti sorgentidi esposizione), sia di origine naturale per la pre-senza sul territorio di affioramenti di rocce conpresenza di amianto o di minerali asbestiformi.Nella casistica del Registro Nazionale Mesoteliomi,circa l’8-11% dei casi per i quali sono state rico-struite le modalità di esposizione è risultato espostoper motivi ambientali (la residenza) o per motivifamiliari (la convivenza con familiari professional-mente esposti). Nelle donne la percentuale di casicon esposizione non occupazionale supera il 20%.Con l’espressione “esposizione familiare” ci si rife-risce, tra l’altro, alle mogli dei lavoratori espostiad amianto, venute a loro volta a contatto con lepolveri per via indiretta. Come per tutti gli agenticancerogeni non esiste una “soglia” di sicurezza al

di sotto della quale il rischio sia nullo. “L’esposi-zione a qualunque tipo di fibra e a qualunquegrado di concentrazione in aria va pertanto evitata”(Organizzazione Mondiale della Sanità, 1986).

Asbestosi

È una pneumopatia fibrotica interstiziale cronicadiffusa che colpisce entrambi i polmoni in manierasimmetrica; l’insorgenza di tale patologia viene ri-condotta a un’esposizione prolungata e intensa; c’èuna chiara relazione dose-risposta tra l’esposizioneall’asbesto e il rischio di sviluppare asbestosi, in ra-gione della differente concentrazione di fibre cui ilavoratori sono esposti. In Italia, a partire dal 1992,vige il divieto per l’impiego lavorativo di asbesto(Legge 257/1992). Pertanto, sulla base della bendocumentata relazione dose-risposta esistente traesposizione ad asbesto e insorgenza di asbestosi etenuto conto del tempo di latenza che intercorretra l’esposizione alle fibre e la manifestazione dellapatologia, si può prevedere, per il prossimo futuro,un decremento dei casi di asbestosi.

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3Incidenza delle patologie asbesto-correlate e previsioni nei prossimi anni

Figura 3.1 Produzione nazionale e importazioni di amianto in fibra. Istogramma a barre sovrapposte. Italia, anni: 1946-1992 (modificata graficamente da Marinaccio et al. Registro Nazionale dei Mesoteliomi. II Rapporto, 2006).

019951990198519801975197019651960195519501945

250.000

200.000

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100.000

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te

Anno

Produzione nazionaleImportazioni

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150.000

200.000

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ImportazioniProduzione nazionaleProduzione nazionale

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50.000

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Tuttavia, l’analisi dell’andamento temporale delfenomeno asbestosi in Italia è piuttosto complessoin considerazione della mancanza di un sistemadi sorveglianza epidemiologica specifico per la pa-tologia. I soli dati cui è possibile fare riferimento,infatti, sono quelli relativi ai casi denunciati e in-dennizzati dall’INAIL e ai dati di mortalità perasbestosi. L’andamento delle denunce di asbestosinel periodo compreso tra il 2000 e il 2009 hapresentato un andamento sostanzialmente co-stante con circa 600 denunce l’anno. I casi in-dennizzati di asbestosi sono passati da circa 210casi mediamente nel periodo 1995-1999 a circa350 nel 2000, a 580 nel 2009, mentre i casi didecesso per asbestosi si sono assestati dal 2000 aoggi costantemente intorno ai 20-30 casi/anno.Tuttavia, l’impiego delle informazioni relative aicasi indennizzati e di mortalità finalizzato all’ana-lisi epidemiologica del fenomeno asbestosi pre-senta una serie di limitazioni. Tra queste le mo-dalità di classificazione dei casi di morte per asbe-stosi e il possibile intervento di cause concorrentie il bias di impiego di dati previdenziali per analisiepidemiologiche.

Pleuropatie asbesto-correlate

Le pleuropatie asbesto-correlate includono: plac-che pleuriche, ispessimento pleurico diffuso, ver-samenti pleurici benigni e atelettasie rotonde.

Placche pleuriche

Per molti anni le placche pleuriche sono stateconsiderate un semplice indicatore di esposizionead asbesto, senza implicazioni per la funzionalitàrespiratoria. Tuttavia, diversi studi dimostrano chela presenza di placche pleuriche può essere asso-ciata ad alterazioni della funzionalità respiratoriadi tipo restrittivo e a una ridotta capacità di dif-

fusione alveolo-capillare, anche in assenza di segniradiologici di fibrosi interstiziale. Studi condottisu larga scala hanno dimostrato una riduzione dicirca il 5% della capacità vitale forzata (CVF) insoggetti con placche pleuriche, in assenza di dia-gnosi radiologica di interstiziopatia. Generalmente vi è un periodo di latenza piuttostolungo tra inizio dell’esposizione e la comparsadelle placche, che può essere anche di 10 anni. La correlazione tra placche pleuriche e il tempotrascorso dalla prima esposizione ad asbesto (re-lazione tempo-risposta) è ben documentata in let-teratura; l’esistenza di una correlazione tra livellidi esposizione e insorgenza di placche pleuricheha costituito un argomento dibattuto, data la dif-ficoltà di definire una precisa relazione dose-risposta. Un recente studio ha dimostrato che siail tempo trascorso dalla prima esposizione sia ladose, espressa come indice di esposizione cumu-lativa o livello di esposizione, sono indipendente-mente e significativamente associati con la pre-senza di placche pleuriche. Tali risultati sono inlinea con quelli precedentemente riportati da Bof-fetta nel 1998. È stato dimostrato che la presenzadi placche pleuriche è un chiaro marcatore di pre-gressa esposizione ad amianto, ma non vi è unacorrelazione in senso evolutivo tra placche pleu-riche e patologia neoplastica.

Ispessimento pleurico diffuso

L’ispessimento pleurico diffuso interessa la pleuraviscerale (con obliterazione del seno costo-frenico),ma può determinare anche aderenze tra i due fo-glietti pleurici. Può avere localizzazione bilateraleo monolaterale e può andare incontro a fenomenidi calcificazione. Confrontando i vari studi di-sponibili risulta una prevalenza tra gli esposti adamianto compresa tra il 2% e il 7%, con un rap-porto tra placche e ispessimenti circa di 6 a 1.

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Versamenti pleurici benigni (pleuriti benigne da asbesto)

Si tratta di pleuriti essudative apparentementeidiopatiche, spesso con versamento ematico, checoinvolgono i foglietti viscerale e parietale dellapleura. I versamenti pleurici benigni possono com-parire negli esposti generalmente dopo non menodi 10 anni di esposizione e spesso rimangonol’unica manifestazione per un altro decennio. Nor-malmente sono di modesta entità e si risolvonospontaneamente nel giro di qualche mese. Tal-volta, invece, si presentano con quadri più acuti(febbre, dolore toracico, leucocitosi) che evolvonoverso l’ispessimento pleurico diffuso e l’oblitera-zione del seno costo-frenico.

Tumore polmonare

Secondo l’International Labour Organization(ILO) ogni anno i tumori asbesto-correlati cau-sano oltre 100.000 decessi: 70.000 carcinomi pol-monari e 44.000 mesoteliomi pleurici. È ormainoto che l’eziologia del cancro del polmone ècomplessa e multifattoriale, coinvolgendo fattorigenetici, ambientali e occupazionali che interagi-scono tra di loro in maniera additiva e sinergica.Diversi studi epidemiologici dimostrano chel’esposizione ad asbesto è associata a un aumentatorischio di carcinoma polmonare. L’entità dell’as-sociazione e la frazione di rischio attribuibile sonostate studiate in numerose coorti di lavoratoriesposti, ma pochi studi hanno valutato tale asso-ciazione nella popolazione generale.In Italia sono disponibili due lavori su base di po-polazione che, con lo stesso disegno metodologico,hanno utilizzato, rispettivamente per il Piemontee per l’Italia, la distribuzione dei tassi di tumoredella pleura per Comune come proxy dell’esposi-zione ad amianto. Con questo strumento e nel-

l’ambito di un disegno dello studio di analisi eco-logica multivariata, è stato stimato che circa il3-4% dei tumori polmonari era attribuibile adasbesto. Altri studi epidemiologici hanno valutatoil rapporto fra casi di mesotelioma (MM) e casi ditumore polmonare indotto da asbesto (asbestos-re-lated lung cancer, ARLC). Un lavoro condotto suuna popolazione scozzese ha stimato che il 5,7%dei casi di tumore polmonare diagnosticati trail 1975 e il 1984 nella Scozia occidentale eraasbesto-correlato, evidenziando un rapportoARLC/MM pari a 2:1. Una percentuale significa-tivamente più elevata, pari al 19%, è stata riportatain uno studio finlandese che ha preso in conside-razione una popolazione di pazienti sottoposti atrattamento chirurgico per carcinoma polmonaretra il 1988 e il 1993. Il rapporto ARLC/MM intale studio risultava di circa 5:1. Un lavoro più re-cente ha invece stimato il numero di ARLC regi-strati in Gran Bretagna nel ventennio 1980-2000(con esclusione dell’anno 1991), in diversi gruppioccupazionali, complessivamente rappresentatividi tutta la popolazione lavorativa britannica. Taleanalisi ha evidenziato che il 2-3% dei decessi percarcinoma polmonare era riconducibile a una pre-gressa esposizione ad asbesto, con un rapportoARLC/MM pari a 0,7. Sono in linea con tali datianche i risultati di uno studio epidemiologico fran-cese che ha stimato una percentuale pari al 5,4%per il tumore polmonare da esposizione professio-nale ad asbesto. Il rapporto ARLC/MM risultavapari a 2,2, ovvero a 2 casi di tumore polmonareper ogni caso di mesotelioma, la cui percentualeattribuibile ad asbesto è stata stimata oltre l’80%. Nel 2006, Eurogip, un organismo creato nel 1991dalla divisione “Infortuni sul lavoro-malattie oc-cupazionali” del sistema francese di previdenzasociale per approfondire i profili assicurativi e diprevenzione degli infortuni sul lavoro e delle ma-lattie occupazionali a livello europeo, ha pubbli-

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3Incidenza delle patologie asbesto-correlate e previsioni nei prossimi anni

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cato un rapporto su “Le malattie professionali le-gate all’amianto in Europa: riconoscimento, cifre,dispositivi specifici”. In tale rapporto era indicatoil numero di casi di tumore polmonare asbesto-correlati ammessi alla tutela assicurativa in diversiPaesi europei e la loro serie storica, relativamenteal periodo 1980-2003. Da tali dati emerge che ilnumero di casi di tumore polmonare riconosciutiin Italia è inferiore a quello di Paesi con numerodi esposti e consumi di amianto analoghi. Nel2003, infatti, i casi riconosciuti in Italia sono stati189, a fronte di 1018 casi riconosciuti in Franciae 739 in Germania.Sebbene non vi sia da parte di tutti gli autori con-cordanza sull’esistenza di un chiaro gradiente dipericolosità fra i vari tipi di amianto per quantoriguarda il tumore polmonare, le conclusioniemergenti dagli studi più rappresentativi sembranoattribuire ai due anfiboli, crocidolite e amosite,un livello di rischio relativo per tumore polmonaremaggiore rispetto al crisotilo. Accanto al tipo di fibra vi sono indicazioni chesottolineano il ruolo delle caratteristiche dimen-sionali delle fibre stesse, messo in evidenza dal ri-schio più elevato riscontrato in alcuni settori ma-nifatturieri quali il tessile dell’amianto, in cui lafibra va incontro, durante la preparazione, a processidi separazione longitudinale che danno origine afibre di minore diametro rispetto, per esempio, alsettore minerario, in cui la fibra tende a mantenerel’integrità originaria. L’entità dell’esposizione risulta,tuttavia, il fattore principale per l’insorgenza di tu-more polmonare. Si stima, infatti, che il rischio disviluppare il cancro polmonare sia correlato linear-mente all’esposizione cumulativa all’asbesto, conun aumento pari all’1% per ogni fibra per millilitroper anno. Tuttavia, non è stato possibile definire seesista un valore soglia al di sotto del quale l’effettocancerogeno non si realizza. La dose cumulativa di25 fibre/ml/anno o un’anamnesi lavorativa equi-

valente permette di concludere che il rischio relativodi carcinoma polmonare nei lavoratori esposti, ri-spetto ai non esposti, è ≥ 2.I casi di tumore polmonare attribuibili all’esposi-zione ad asbesto si manifestano generalmentedopo un intervallo di almeno 15 anni dall’iniziodell’esposizione, ma il periodo di latenza presentaun’ampia variabilità. Gli studi retrospettivi chehanno consentito lunghi periodi di osservazionemostrano un aumento progressivo del rischio re-lativo al 30°‐35° anno di osservazione e una ridu-zione nel periodo successivo; fatto, quest’ultimo,attribuibile in parte all’inattivazione parziale delresiduo di fibre nel polmone (specie per il crisotilo)e in parte al possibile decesso dei forti fumatori edei soggetti più esposti.È ampiamente dimostrato l’effetto sinergico delfumo di sigaretta e dell’esposizione all’asbesto sul-l’incidenza del tumore polmonare nelle popola-zioni esposte. Da numerose indagini epidemiolo-giche è emerso che il rischio di tumore polmonare(11/100.000 persone/anno nella popolazione ge-nerale) è aumentato di 5 volte nei lavoratori del-l’asbesto non fumatori, rispetto ai non espostinon fumatori, mentre negli esposti fumatori il ri-schio è addirittura 50 volte superiore.L’insorgenza di tumore polmonare può avvenirein soggetti asbestosici (che quindi sono stati in-tensamente esposti ad amianto), tuttavia la com-parsa di tale patologia avviene anche in assenza disegni radiologici di asbestosi. Pertanto, la presenzadi asbestosi non è un requisito indispensabile peril tumore polmonare asbesto-correlato e, secondoi criteri diagnostici di Helsinki, non è necessarioil riscontro radiologico o bioptico di asbestosi perattribuire all’asbesto un ruolo causale nell’insor-genza del tumore polmonare.Un altro argomento attualmente molto dibattutoriguarda l’eventuale persistenza, a 20 anni dallamessa al bando dell’amianto, di un eccesso di ri-

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schio di cancro polmonare negli ex-esposti. Sullabase dei dati epidemiologici e scientifici disponibili,non si può affermare che, a oggi, vi sia stato unesaurimento del potenziale cancerogeno dell’asbe-sto per il polmone, sia per le incomplete cono-scenze sulla biologia della cancerogenesi polmonareda asbesto, sia per la possibile persistenza dell’espo-sizione ad asbesto, dopo il 1992, in diversi settoriproduttivi. Tuttavia è lecito supporre, soprattuttoin relazione ai tempi di latenza della malattia, cheil decremento dei tassi per tumore polmonare cor-relato ad amianto avvenga anteriormente rispettoa quanto stimato per il mesotelioma.

Mesotelioma

Il mesotelioma è un tumore delle sierose. Questotumore insorge più frequentemente a livello pleu-rico – mesotelioma della pleura –, ma può mani-festarsi in altre sedi in cui è presente tessuto me-soteliale: in particolare peritoneo, pericardio e tu-nica vaginale del testicolo.

Mesotelioma pleurico

I mesoteliomi pleurici sono per la maggior partedei casi associati all’esposizione all’asbesto. Il pe-riodo di latenza è particolarmente lungo (ancheoltre i 40 anni) ed esposizioni relativamente brevi,di 1-2 anni o meno, possono essere associate al-l’insorgenza di mesoteliomi. Il rischio di questotipo di tumore è massimo intorno ai 40 anni dopola prima esposizione. In fase precoce il tumore simanifesta come noduli generalmente multipli, dipiccole dimensioni sulla pleura parietale o visce-rale, che evolvono verso la coesione a formaredelle ampie masse tumorali. È ormai documentatoun aumento del rischio di mesotelioma anche inconseguenza di esposizione ad amianto di tipoambientale, domestica e familiare.

Sebbene alcune caratteristiche della relazione dose-risposta siano tuttora imperfettamente note, nonvi sono, tuttavia, dubbi sull’esistenza di una pro-porzionalità tra dose cumulativa e occorrenza dimesotelioma. Tale relazione è stata supportata darassegne della letteratura scientifica e da revisionisistematiche e metanalisi. L’aumento dell’incidenzadi mesotelioma dovuto a un periodo di esposizionead asbesto è proporzionale all’ammontare di taleesposizione e a una potenza del tempo trascorsoda quando l’esposizione è avvenuta. L’incidenzacresce con la terza/quarta potenza del tempo dallaprima esposizione. Il tempo trascorso dall’esposi-zione assegna dunque un peso maggiore alle espo-sizioni più remote, a parità di altre condizioni. Atale riguardo, Berry et al., in un recente studio difollow-up effettuato su una popolazione di soggettiesposti ad asbesto in una miniera dell’AustraliaOccidentale, hanno dimostrato come l’incidenzadi mesoteliomi, pleurici e peritoneali, presentasseuna correlazione positiva con il tempo trascorsodalla prima esposizione, raggiungendo un plateaudopo 40-50 anni e con l’entità dell’esposizionecomplessiva all’asbesto. L’aumento dell’incidenzae l’accelerazione del tempo all’evento sono feno-meni inestricabilmente connessi. In ambito stret-tamente scientifico, dopo il contributo metodolo-gico di Berry nel 2007 la discussione in meritoappare definita. È importante ricordare che c’è ac-cordo nella comunità scientifica sulla circostanzache non sia possibile fissare un livello soglia al disotto del quale non vi sia rischio di mesotelioma.

Mesotelioma maligno extrapleurico

Tra le localizzazioni extrapleuriche, la sede piùdiffusa del mesotelioma maligno è quella perito-neale. L’associazione tra l’esposizione all’asbesto eil mesotelioma del peritoneo è stata ampiamentedimostrata, con un rischio maggiore in seguito a

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3Incidenza delle patologie asbesto-correlate e previsioni nei prossimi anni

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esposizione a crocidolite rispetto alle fibre di cri-sotilo. Tale rischio è risultato positivamente cor-relato all’entità e alla durata dell’esposizione. Ilmeccanismo alla base dell’insorgenza dei mesote-liomi peritoneali è ascrivibile a stress ossidativo.

Incidenza del mesotelioma maligno in Italia:i dati del Registro Nazionale Mesoteliomi(ReNaM)

In Italia, che è stata dal secondo dopoguerra albando dell’amianto del 1992 uno dei maggioriproduttori e utilizzatori di amianto in un amplis-simo spettro di attività industriali e manifatturiere,è attivo un articolato sistema di registrazione deicasi incidenti di mesotelioma. Il Decreto del Presi-dente del Consiglio dei Ministri del 10 dicembre2002, n. 308, ha stabilito il regolamento per la de-terminazione del modello e delle modalità di tenutadel registro dei casi di mesotelioma asbesto-correlatiai sensi dell’art. 36, comma 3 del D.Lgs. 277 del1991. Con questo provvedimento è stato comple-tato il quadro normativo per la sorveglianza epide-miologica dei casi di mesotelioma nel nostro Paesedefinito dal D.Lgs. 277 del 1991. Le caratteristichemetodologiche e la copertura territoriale della rile-vazione sono descritte in dettaglio nelle Linee guidae nei Rapporti del ReNaM. L’archivio del RegistroNazionale comprende a dicembre del 2011 infor-mazioni relative a 15.845 casi di mesotelioma ma-ligno della pleura, del peritoneo, del pericardio edella tunica vaginale del testicolo diagnosticati dal1993 al 2008. Il 93% dei casi di mesotelioma regi-strati risulta a carico della pleura; sono presenti,inoltre, 1017 casi peritoneali (6,4%), 41 e 51 casia carico, rispettivamente, del pericardio e della tu-nica vaginale del testicolo. Tale distribuzione persede anatomica di insorgenza della malattia risultastabile nel tempo (nei 16 anni considerati) e nellospazio (le Regioni del circuito ReNaM).

Il tasso standardizzato (casi × 100.000 residenti)per mesotelioma maligno della pleura (certo, pro-babile o possibile secondo le Linee guida del Re-NaM) per i casi diagnosticati nel 2008 risulta paria 3,55 negli uomini e a 1,35 nelle donne (2,94 e1,06 se si considerano i soli casi di mesoteliomapleurico “certo”). Tali valori risultano leggermentesuperiori a quanto rilevato nei 2 anni precedentinegli uomini (3,22 e 3,47, rispettivamente, nel2006 e 2007) e sostanzialmente costanti nelledonne (1,38 e 1,24). L’analisi di trend è resa com-plessa sui dati di incidenza a causa della non omo-genea copertura territoriale nel corso del tempodella rilevazione. I dati disponibili consentono diritenere in corso una riduzione del ritmo di cre-scita della malattia e un prevedibile decrementodel fenomeno a partire dai prossimi anni. L’età media alla diagnosi è di 69,2 anni senza dif-ferenze apprezzabili per genere (70,1 anni nelledonne e 68,8 negli uomini). Il 35,3% dei soggettiammalati ha un’età compresa tra 65 e 74 anni ela mediana è di 70 anni. Fino a 45 anni la malattiaè rarissima (solo il 2,3% del totale dei casi regi-strati). La percentuale di casi con un’età alla dia-gnosi inferiore a 55 anni è pari al 9,4% del totale.Il rapporto di genere (M/F) è pari a 2,5. Il 71,6%dei 15.845 casi archiviati è di sesso maschile. Lapercentuale di donne passa dal 27,6% per i me-soteliomi pleurici al 34,1% e 41,1%, rispettiva-mente, per i casi del pericardio e del peritoneo,con una differenza significativa malgrado la limi-tata consistenza della casistica per i mesoteliomipericardici. Le modalità di esposizione sono stateapprofondite per 12.065 casi (76%), mentre sonoin corso di definizione (oppure le modalità diesposizione non possono più essere indagate percondizioni oggettive) per 3780 casi (24%). Nel-l’insieme dei casi con esposizione definita, il69,3% presenta un’esposizione professionale(certa, probabile, possibile), il 4,4% familiare, il

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4,7% ambientale, l’1,6% per un’attività extrala-vorativa di svago o hobby (Figura 3.2). Per il 20%dei casi l’esposizione è improbabile o ignota.L’anno di inizio dell’esposizione è compreso fra il1945 e il 1969 per la metà dei casi per i quali èdisponibile (8157 soggetti ammalati). L’esposi-zione ad amianto è iniziata nel decennio fra il1950 e il 1959 per il 30,4% dei casi, nel decenniosuccessivo per il 28,1%, mentre solo il 13,9% deicasi ha subito l’esposizione a partire dagli anniSettanta. La latenza è stata misurata per gli 8157casi per i quali è disponibile l’anno di inizio espo-sizione come differenza fra questa data e l’annodi incidenza. La mediana della latenza è di 46anni (range 4-86 anni) con una deviazione stan-dard di 12 anni e una distribuzione normale in-torno al valore medio. Questo valore tende conregolarità ad aumentare nella finestra di osserva-zione, passando da 42 anni nel 1993 a 48 nel2008, soprattutto a causa dell’invecchiamentodelle coorti degli esposti. Le analisi epidemiolo-giche e il dettaglio delle attività economiche edelle mansioni coinvolte nell’esposizione adamianto sono disponibili nel IV Rapporto delRegistro Nazionale Mesoteliomi in corso distampa. Oltre alle analisi descrittive già riportate

nei precedenti 3 Rapporti del ReNaM, specificiapprofondimenti di ricerca sui temi delle previ-sioni dei decessi per mesotelioma per i prossimianni, delle misure di latenza, dei determinantidella sopravvivenza, delle caratteristiche della ma-lattia quando a carico di sedi anatomiche extra-pleuriche, dei casi con esposizione ambientale edei settori industriali coinvolti nell’esposizionesono stati pubblicati nella letteratura scientificainternazionale.

Patologie extrapolmonari da asbesto

Gli effetti avversi dell’esposizione ad asbesto sul-l’apparato respiratorio sono stati ampiamente di-mostrati, meno definiti sono invece i potenzialieffetti sui sistemi extrapolmonari. Una possibilecorrelazione è stata evidenziata tra l’esposizionead asbesto e le patologie autoimmnunitarie. Glieffetti sull’apparato gastrointestinale sono preva-lentemente riconducibili all’insorgenza di tumoredello stomaco. Per quanto riguarda l’apparato ri-produttivo, una possibile correlazione è stata do-cumentata con il tumore ovarico; la IARC defi-nisce come “sufficiente” l’evidenza di insorgenzadi cancro della laringe e dell’ovaio in seguito ad

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3Incidenza delle patologie asbesto-correlate e previsioni nei prossimi anni

Figura 3.2 Distribuzione dei casi di mesotelioma pleurico archiviati dal Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM) permodalità di esposizione ad amianto. A) Totale (N = 6603); B) Uomini (N = 4957); C) Donne (N = 1646). Ita-lia,1993-2004 (da Marinaccio A et al. Int J Cancer 2012).

69,3%

20%

1%

4,4%

4,7%1,6%

3%1%

81%

14%

33%

15%11%4%

37%

Esposizione professionale (certa, probabile, possibile)Esposizione familiareEsposizione ambientale

Esposizione per attività del tempo liberoEsposizione sconosciuta o improbabile

A B C

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esposizione ad asbesto e “limitata” quella per tu-more della faringe, stomaco e colon-retto.

Esposizione ad asbestoe patologie autoimmunitarie

L’esposizione ad asbesto non è stata chiaramenteassociata all’insorgenza di patologie autoimmu-nitarie o del connettivo come il lupus eritematososistemico, la sclerosi sistemica o l’artrite reuma-toide. Solamente un limitato numero di lavori hainfatti dimostrato una possibile correlazione tral’esposizione all’asbesto e l’artrite reumatoide, illupus o la sclerosi sistemica. Una più forte asso-ciazione è stata dimostrata tra l’esposizione adasbesto e la periaortite e la fibrosi retroperitoneale.Tuttavia, la presenza di autoanticorpi è stata di-mostrata anche in assenza di una franca manife-stazione patologica, suggerendo la possibile atti-vazione di meccanismi autoimmunitari. Tale at-tivazione è confermata dalle alterazioni di specificiparametri umorali come gli anticorpi antinucleo(ANA), il fattore reumatoide (FR) e il generaleincremento dei livelli sierici di immunoglobuline(Ig) di tipo G e A. La presenza di ANA risultavaassociata anche a una più severa e rapida progres-sione della patologia polmonare indotta dall’espo-sizione ad asbesto.

Effetti dell’asbesto sull’apparato gastrointestinale

Il possibile effetto dell’esposizione all’asbesto sul-l’apparato gastrointestinale sembra essere dipen-dente da una serie di fattori tra cui la via, la tipo-logia e la durata dell’esposizione. L’esposizionemediante l’acqua potabile contaminata da fibredi crisotilo derivanti dalle tubazioni risulta esserela più ovvia via di esposizione all’asbesto per l’ap-parato gastrointestinale. Tuttavia, un’incidentale

esposizione per via orale sul posto di lavoro e unapossibile traslocazione delle fibre penetrate nel-l’organismo per via inalatoria non possono essereescluse. Il tumore dello stomaco sembra essere lapiù frequente patologia del tratto gastrointestinalecorrelata all’esposizione all’asbesto e un incremen-tato rischio di tumore del colon e dell’esofago èstato riportato in seguito all’esposizione ad asbesto.Allo stato attuale non sono possibili conclusionicerte relative a tale correlazione, che necessita per-tanto di ulteriori approfondimenti.

Effetti dell’asbesto sull’apparato riproduttivo

Gli effetti dell’asbesto sull’apparato riproduttivosono stati solo parzialmente compresi e includonoil tumore dell’ovaio, il possibile incremento dellamortalità fetale e la comparsa di mesotelioma nel-l’infanzia. Studi italiani hanno confermato un in-cremento dei casi di tumore ovarico in donne ita-liane indennizzate per asbestosi e impiegate nelsettore tessile dell’asbesto e nella produzione dimanufatti in cemento-amianto. Fibre di asbestosono state riscontrate nel tessuto ovarico di donneesposte ad asbesto. Tuttavia, molti degli studi con-dotti sul tumore dell’ovaio non hanno dimostratouna correlazione statisticamente significativa conl’esposizione all’asbesto e la diagnosi differenzialecon il mesotelioma peritoneale diffuso spesso èrisultata molto complessa. Inoltre, dati relativiagli effetti dell’asbesto sull’apparato riproduttivosono limitati dal fatto che la maggior parte deglistudi è stata condotta su popolazione di sesso ma-schile. La IARC ha recentemente classificatol’asbesto come cancerogeno per l’ovaio.

Effetti dell’asbesto su faringe e laringe

Una relazione positiva è stata riscontrata tra l’espo-sizione ad asbesto e tumore della faringe sulla base

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dei risultati di una serie di studi di coorte condottisu popolazioni esposte professionalmente al-l’amianto. Un’evidenza di sufficiente relazionecausale è stata invece documentata tra esposizionead asbesto e tumore della laringe sulla base sia distudi di coorte occupazionali sia di studi caso-controllo. Tale conclusione è stata inoltre confer-mata da una metanalisi condotta su 29 studi dicoorte e 15 studi caso-controllo sulla relazionetra l’esposizione all’asbesto e cancro laringeo. Perquanto riguarda il tumore della laringe, il rapportoEurogip (2006) ha documentato il riconoscimentodi 237 casi in Germania (dal 1997 al 2002), 15in Danimarca (dal 1991 al 2003) e 11 casi inFrancia (dal 1994 al 2002).

Previsioni nei prossimi anni per le patologie asbesto-correlate

Da un punto di vista di sanità pubblica vi è inte-resse a prevedere l’evoluzione dell’epidemia di me-sotelioma maligno in seguito alla progressiva ado-zione nei Paesi occidentali di misure di conteni-mento dell’esposizione ad amianto o di vero e pro-prio bando. Negli Stati Uniti e in Svezia, dove iconsumi di amianto sono diminuiti più precoce-mente, si assiste già a una diminuzione dei tassi dimortalità e di incidenza. In Paesi come Olanda oGran Bretagna, invece, la frequenza di mesoteliomaè ancora in crescita, pur con un possibile rallenta-mento. Laddove i consumi sono cresciuti, comenei Paesi in via di sviluppo, le limitate statistichedisponibili suggeriscono che l’epidemia sia attual-mente al suo esordio. Le prime proiezioni pubbli-cate per l’Italia riguardavano la mortalità per tumorimaligni della pleura fra gli uomini. È stato previstoun picco di circa 1000 decessi l’anno tra il 2010 eil 2020, seguito da un declino relativamente rapido.In un successivo lavoro, queste previsioni sonostate confrontate con la mortalità osservata dal

1990 al 1999, che risultava inferiore alla previsione,con differenze più ampie per il periodo 1995-1999e per la classe d’età 40-54 anni. Un gruppo di la-voro del ReNaM ha confrontato i risultati di duediversi modelli di previsione della futura mortalitàper tumore maligno della pleura in Italia negli uo-mini. I dati di mortalità 1970-1999 sono stati ana-lizzati applicando un modello età-periodo-coortee prevedendo un picco di circa 800 decessi l’annodal 2015 al 2019, seguito da un declino relativa-mente rapido. Il secondo modello, del tutto diffe-rente, era basato sul consumo di asbesto pro-capite,definito dal bilancio tra produzione, importazioneed esportazione annuali prevedendo un picco dipoco più di 800 decessi/anno dal 2012 al 2025,seguito da un rapido declino. È da notare che ildeclino del consumo di amianto in Italia è avvenutoin ritardo rispetto ad altri Paesi occidentali e questospiega direttamente le previsioni del secondo mo-dello. Dati di incidenza forniti dalla rete europeadei registri tumori sono stati utilizzati per calcolarela variazione annuale media dei tassi di incidenzaper Paese negli uomini. La variazione annuale me-dia nel periodo 1988-1997 nelle aree servite dalpool dei registri tumori italiani è risultata del 3,2%l’anno, mentre nelle altre popolazioni europee eracompresa tra 0,2% e 6,5%. La variazione annualemedia era inversamente proporzionale all’anno diadozione di misure di bando all’uso dell’amiantonei diversi Paesi. Nella lettura di questi risultati occorre ricordaredue importanti limiti: le stime sono medie nazio-nali e non considerano specificamente gruppi dipopolazione in aree caratterizzate da particolaricondizioni di esposizione; le stime per l’Italia sonolimitate ai dati di mortalità negli uomini e ai casia localizzazione pleurica. Le stime convergonoverso un picco di occorrenza che è stato raggiunto,o sta per esserlo, e un declino marcato a partiredal 2015-2020.

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3Incidenza delle patologie asbesto-correlate e previsioni nei prossimi anni

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Ministero della Saluten. 15, maggio-giugno 2012

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4. Il problema dello smaltimento

o agli addetti alla bonifica dei siti contaminati,che possono risultare potenzialmente esposti, ri-ducendo sensibilmente o eliminando il rischio po-tenziale di esposizione per la popolazione. L’ap-plicazione reale e concreta della vigente legislazione,introdotta a partire dal 1992, e di disciplinari tec-nici sull’amianto, sino a oggi emanati anche sottoforma di atti amministrativi, potrebbe contribuirein modo sostanziale alla realizzazione di una poli-tica sanitaria e ambientale, sempre più volta conimpegno e coerenza a conseguire efficaci obiettividi salute e tutela sanitaria e orientata a promuovereuno sviluppo ecosostenibile. In considerazione diciò, al contrario di quanto si era osservato nel se-colo scorso, in cui l’estrazione e la lavorazione dellefibre di amianto ha rappresentato un aspetto criticodell’esposizione, uno dei nodi cruciali è divenutooggi il processo di rimozione, comprendendo conesso il temporaneo stoccaggio in cantiere e la con-seguente procedura di smaltimento del materialerimosso che costituisce rifiuto contenente fibre diamianto. A tale riguardo, la mancata o carenteformazione o informazione del personale incari-cato, unitamente all’inadeguata (quando non as-sente) informazione al cittadino-utente, l’inosser-vanza o la mancata conoscenza delle vigenti normeo delle linee operative estrapolabili dalle normativeo dalle disposizioni comportamentali allo scopo

Il rifiuto contenente amianto: rischio smaltimento

Per molto tempo il rischio di esposizione alle fibredi amianto è stato correlato esclusivamente ai la-voratori del settore, mentre solo negli ultimi annidello scorso secolo l’interesse si è concentrato anchesulle esposizioni non professionali, ovvero sullapossibilità che l’amianto rappresenti un contami-nante ambientale outdoor e indoor, risultando unimportante problema di Sanità Pubblica, con l’ov-via conseguenza di un impatto sulla salute dell’in-tera collettività esposta. L’emanazione nel nostroPaese di norme che vietano l’estrazione, l’impor-tazione, l’esportazione, la commercializzazione ela produzione di amianto, ha avuto lo scopo digestire il potenziale pericolo derivato dalla presenzadi amianto in ambiente, sia naturale sia in ambientidi vita e di lavoro, attraverso la produzione di in-numerevoli manufatti da parte dell’uomo. L’ap-plicazione di tali divieti sull’utilizzo delle fibre diamianto aveva e ha, quindi, quale fine certamentenon secondario non solo quello di tendere a eli-minare o, quantomeno, di concorrere attivamentealla riduzione della presenza ambientale di conta-minazione da amianto, quanto quello di tenderea circoscrivere il rischio ai soli operatori addettiallo smaltimento dei prodotti contenenti amianto,

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permeabile (polietilene), di spessore adeguato (0,2mm); come secondo confezionamento possonoessere utilizzati ancora fogli/sacchi o fusti rigidi.I sacchi vanno riempiti per non più di due terzi ecomunque in misura tale che il suo peso non su-peri i 30 kg. L’aria in eccesso in essi contenutadeve essere aspirata con un aspiratore a filtri asso-luti (HePa classe 12/14 con arresto minimo del99,997% delle fibre con diametro ≥ 0,5 micron),mentre la chiusura del sacco può essere effettuataa mezzo termosaldatura o doppio legaccio. Tuttele confezioni devono essere etichettate. L’impiegodella doppia confezione è fondamentale, in quantoil primo confezionamento, quello a diretto con-tatto con il rifiuto d’amianto, risulta inevitabil-mente contaminato. L’allontanamento dei rifiutidall’area di lavoro deve essere effettuato in mododa ridurre il più possibile il rischio di dispersionedi fibre. Sino al prelevamento da parte dell’aziendaautorizzata al trasporto, i rifiuti devono essere de-positati in un’area dedicata, opportunamente se-gnalata e controllata e, se si tratta di matrice fria-bile, resa inaccessibile agli estranei. Nella Tabella4.1 è riportata una sintesi delle indicazioni.In attuazione della Legge relativa alla cessazionedell’utilizzo dell’amianto e del D.Lgs. in materiadi gestione dei rifiuti, il Ministero dell’Ambientee della Tutela del Territorio ha adottato, con ilDM 29 luglio 2004, n. 248, il “Regolamento re-lativo alla determinazione e alla disciplina delleattività di recupero dei prodotti e dei beni diamianto e contenenti amianto”.Il provvedimento, frutto di un’approfondita valu-tazione compiuta sulla base della precedente nor-mativa esistente in Italia contemperata con le di-sposizioni comunitarie, è stato successivamenteconfermato e oggetto di riferimento nella legisla-zione successiva che lo ha recepito, stabilendo che:• le operazioni di raccolta, trasporto, stoccaggio,

trattamento e smaltimento finale dei rifiuti

redatte e formalizzate, sia da parte dell’operatoretecnico addetto che da parte della stessa popola-zione, nonché la non sempre vigile e costante at-tenzione al problema da parte dei decisori politici,amministrativi o sociali delle comunità territorialiin cui sussista il rischio potenziale (anche in fun-zione del rischio derivante dalla presenza di “di-scariche illegali o non controllate”), spesso concorrea determinare l’insorgenza di una diffusa e ingiu-stificata esposizione di tutta la collettività, con ef-fetti a oggi ancora difficilmente stimabili. Apparepertanto sempre più necessario, in modo dinamicoe basato sull’evidenza scientifica, conoscere lo statodell’arte sull’argomento e lo stato della situazioneitaliana, al fine di comprendere puntualmente,consolidare e superare la fase di conoscenza e va-lutazione del rischio per procedere decisamenteverso quella della gestione e della comunicazionedel rischio stesso, con efficace valutazione del-l’impatto sulla salute e analisi previsionale e deci-sionale degli interventi da effettuare, anche in ri-ferimento alle “best practices” esistenti sul territorionazionale.

Il rifiuto contenente amianto: dalla rimozione allo smaltimento

Il materiale contenente fibre di amianto, una voltarimosso, diventa automaticamente rifiuto e i rifiuticontenenti amianto, una volta prodotti, devonoessere smaltiti dopo un opportuno, quanto ade-guato, confezionamento atto a contenere il rischiodi spandimento derivante da eventuali ma possibilirotture accidentali della confezione. Tutti i mate-riali rimossi devono essere avviati al trasporto indoppio confezionamento, imballando separata-mente i materiali che potrebbero danneggiare leconfezioni medesime. Il primo confezionamentodeve essere un foglio (per le matrici compatte) oun sacco (per le matrici friabili) di materiale im-

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4Il problema dello smaltimento

in matrici cementizie e resinoidi possono esseresmaltiti in discariche per rifiuti non pericolosi(con aree dedicate) senza essere sottoposti adanalisi di caratterizzazione nei termini e con ilfine del DM Ambiente 3 agosto 2005 e s.m.i.

Analisi dello smaltimento dell’amianto in Italia

Lo smaltimento dei materiali contenenti amianto,dopo la rimozione, rappresenta un momento diparticolare criticità nel processo di bonifica am-bientale. Un corretto approccio al problema do-vrebbe necessariamente fare riferimento all’atten-dibile conoscenza della quantità di amianto pre-sente sul territorio nazionale, almeno limitata-mente all’esistenza del materiale installato a vistao facilmente accessibile, come previsto dalle di-sposizioni normative, nonché alle quantità annueche regionalmente vengono a essere smaltite (ildato è desumibile dalle comunicazioni ex art. 9della Legge 257/1992 da parte delle imprese cheattuano bonifiche e che ogni anno le comunicanoagli organi di vigilanza: Regioni, ASL), ai siti na-zionali (ma anche di altri paesi UE) in grado di

contenenti amianto sono sottoposte alle di-sposizioni del D.Lgs. 152/2006, “Norme inmateria ambientale”, che all’art. 227 fa rinvioal DM 248/2004 e, quindi, alla disciplina spe-cifica relativa all’amianto;

• le modalità tecniche di effettuazione del de-posito temporaneo devono essere disciplinatenell’ambito del piano di lavoro o della notificada redigere, in occasione di ogni intervento dibonifica, in applicazione di quanto previsto alCapo III del Titolo IX del D.Lgs. 81/2008“In materia di tutela della salute e della sicu-rezza nei luoghi di lavoro” come modificato eintegrato dal D.Lgs. 106/2009;

• durante il deposito temporaneo e lo stoccaggio,i rifiuti contenenti amianto devono essere rac-colti e depositati separatamente da altri rifiutidi diversa natura e, nel caso si abbia formazionedi diverse tipologie di rifiuti contenentiamianto nello stesso luogo, queste devono es-sere mantenute separate e adeguatamente se-gnalate e protette;

• i rifiuti contenenti amianto provenienti da ma-teriali da costruzione (codice CER 17 06 05)costituiti da detriti edili contenenti amianto

Tabella 4.1 Rimozione, confezionamento, etichettatura, stoccaggio e trasporto dei materiali di rifiuto contenenti amianto

Materiale Matrice 1° confezionamento 2° confezionamento Etichettatura Stoccaggio Trasportorimosso

Rifiuto Da parte di aziendaautorizzata con mezzi in classe 5

Da parte di aziendaautorizzata con mezzi in classe 5

Telo polietilene spessore 0,2 mm,nastrato e sigillato

Sacco polietilenespessore 0,2 mm,capacità 30 kg, chiusurasaldata o con doppiapiegatura nastrata e aspirazione polveri

Telo polietilene spessore0,2 mm nastrato e sigillato o in fustorigido per detriti e scarti

Sacco polietilenespessore 0,2 mm,capacità 30 kg, chiusurasaldata o con doppiapiegatura nastrata o in fusto rigido per detriti e scarti

“a” di amianto;“R” nera in campogiallo di rifiutopericoloso

“a” di amianto;“R” nera in campogiallo di rifiutopericoloso

In area dedicatacontrollata e segnalata

In area dedicatacontrollata e segnalata e inaccessibile

Compatta (compresidetriti, scarti,da considerarecome matricefriabile)

Friabile (ancheeventualidetriti, scarti,da considerarecome matricefriabile)

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ricevere tali quantità e gestirle in sicurezza, all’in-cidenza dell’eventuale necessità di conferimentodello stesso all’estero, con particolare attenzioneai vantaggi, agli svantaggi e ai costi associati aquesta modalità.

Stima delle necessità attuali di smaltimentoannuale in relazione alla distribuzioneregionale

Per quanto attiene la produzione annua di rifiutocontenente fibre di amianto e le conseguenti ne-cessità di siti di conferimento del medesimo, la ri-cerca su scala nazionale di informazioni omogeneerisulta laboriosa, principalmente in conseguenzadelle diverse tempistiche di redazione e, conse-guentemente, attuazione dei Piani RegionaliAmianto (in esecuzione dell’art. 10 della Legge257/1992). Si rileva, infatti, un’iniziale parzialeadesione delle Regioni alle indicazioni previstedalla Legge 27 marzo 1992, n. 257 (meglio definitee sostanziate dal Decreto del Presidente della Re-pubblica dell’8 agosto 1994, che ha emanato i pre-visti atti di indirizzo e di coordinamento delle at-tività delle Regioni e delle Province Autonome diTrento e di Bolzano, funzionali alla redazione deicitati Piani), cui è seguito il successivo coinvolgi-mento di altre Regioni che hanno dato corso alla“mappatura” nazionale dei siti industriali e naturalia rischio amianto, coinvolgendo nell’azione anchela presenza di matrici contenenti amianto, lavorate,installate, comunque accessibili, sino a quel mo-mento non censite (DM 101 del 18 marzo 2003).Tutti questi provvedimenti, infatti, al fine di ga-rantire un’adeguata conoscenza della presenza diamianto, mirata a una corretta vigilanza sulla stessain attesa della successiva attività di bonifica e smal-timento dell’amianto presente sul territorio nazio-nale (è doveroso citare che l’obbligo della rimo-zione previsto dalla Legge 257/1992 – unico rife-

rimento normativo presente nel coacervo delleleggi in tema di amianto – è da porre in relazioneal caso in cui non si possa ricorrere a tecniche difissaggio e riguardi casi nei quali i risultati del pro-cesso diagnostico la rendano necessaria), richiede-vano alle Regioni e alle Province Autonome diprovvedere, attraverso la predisposizione di pianispecifici, alla definizione della quantità di amiantopresente, così da poter stimare con maggiore pre-cisione i mezzi e le infrastrutture necessarie alladismissione in sicurezza e il successivo colloca-mento a destino dei materiali contenenti amiantorimossi. Attualmente, ancora non tutte le Regionisono state in grado di fornire una rappresentazioneesaustiva dei siti regionali con presenza di materialicontenenti amianto e la relativa disomogeneitànelle tecniche di censimento adottate hanno resodifficoltosa la creazione di un registro omogeneo.Le Linee guida per la redazione della mappatura,ai sensi del DM 101 del 18 marzo 2003, predi-sposte e validate dalle Regioni e successivamenteelaborate dall’INAIL – Dipartimento Installazionidi Produzione e Insediamenti Antropici (DIPIA),di concerto con il Ministero dell’Ambiente e dellaTutela del Territorio e del Mare (MATTM), rap-presentano uno strumento fondamentale per su-perare tale criticità. Al contempo, la non completaosservanza di quanto previsto all’art. 9 della Legge257/1992 dalla maggior parte delle Regioni (chetra l’altro prevede, da parte delle imprese che de-tengono o che intervengono nelle azioni di bonificadi amianto, la notifica annuale delle quantità de-tenute e delle operazioni effettuate sui materialiche lo contengono) costituisce un ulteriore ostacoloalla stima delle necessità attuali di smaltimentoannuale. Attualmente, per esempio, soltanto laToscana, il Lazio e la Liguria sono in grado di for-nire i quantitativi rimossi annualmente nelle ri-spettive Regioni attraverso questo strumento nor-mativo. Per avere un’idea di quanto sia diffuso il

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problema dello smaltimento dell’amianto in Italia,è possibile riferirsi ai dati derivanti dalle attivitàcondotte sulla mappatura, ai sensi della Legge93/2001, dal Ministero dell’Ambiente che, a oggi,ha rilevato, su indicazione delle Regioni, oltre34.000 siti contaminati da amianto, tenendo contoche la Regione Sicilia e la Regione Calabria nonhanno, a oggi, fornito ancora alcun dato (si ri-manda, per maggiori dettagli, al Capitolo 1).Per cercare di quantificare l’entità del problema èsufficiente riflettere sui dati forniti dal CNR, chestima in circa 32 milioni di tonnellate il cemento-amianto ancora da bonificare in relazione ai soli2,5 miliardi di metri quadri di coperture – lastreondulate o piane in cemento-amianto prodotte epresenti sul territorio nazionale. A fronte di questastima, l’ISPRA, nel capitolo sui rifiuti specialidell’Annuario 2011, riporta che i rifiuti contenentiamianto, nel loro complesso, prodotti in Italianell’anno 2009 ammontano a circa 379.000 ton-nellate, in aumento del 18% rispetto all’anno pre-cedente (circa 58.000 tonnellate) [Tabella 4.2].Del totale gestito nel 2009, la quantità più rile-vante, il 91,2% (pari a 345.472 tonnellate), è co-stituita dai rifiuti da materiali da costruzione con-tenenti amianto (classificati secondo l’Elenco Eu-ropeo dei rifiuti con CER 170605), seguiti daimateriali isolanti contenenti amianto (CER170601 –8,6%, pari a 32.429 tonnellate); appa-recchiature fuori uso contenenti amianto in fibrelibere (CER 160212 –0,14%, pari a 563 tonnel-late); imballaggi metallici contenenti amianto(CER 150111 –0,11%, pari a 430 tonnellate);pastiglie per freni contenenti amianto (CER160101 –0,005%, pari a 20 tonnellate). Disag-gregando i dati per macroarea geografica è possibilenotare come la maggiore produzione di rifiuti con-tenenti amianto si registri al Nord (69,2% del to-tale nazionale), mentre Centro e Sud ne produconoquantità simili, intorno al 15% ciascuna. Da un

punto di vista regionale è la Lombardia la maggioreproduttrice di rifiuti contenenti amianto (il 32%,pari a circa 121.000 tonnellate), dato, come per lealtre Regioni, in netto aumento rispetto all’annoprecedente. Le altre Regioni che contribuisconoin modo rilevante alla produzione di rifiuti conte-nenti amianto sono il Veneto, il Piemonte e l’Emi-lia Romagna, nonostante quest’ultima mostri unadiminuzione, rispetto al 2008, del 20,3%. Simil-mente anche Valle d’Aosta e Trentino Alto Adigepresentano un dato in leggera riduzione, mentreCampania e Toscana registrano un aumento su-periore del 50% rispetto al 2008. L’incrementomedio nazionale del 18% registrato negli ultimianni è, con molta probabilità, dovuto agli incentiviprevisti dal DM sul Conto Energia per l’installa-zione di pannelli fotovoltaici. In Toscana, per esem-pio, dove vi erano ulteriori incentivi per l’installa-zione di pannelli fotovoltaici in occasione di sosti-tuzione di coperture, indipendentemente dalla loronatura, ben si giustifica l’aumento delle bonifichedel 50% rispetto agli anni precedenti. Per quanto riguarda la gestione, i rifiuti da mate-riali da costruzione contenenti amianto (CER170605) vengono smaltiti prevalentemente in di-scarica (63.000 tonnellate nel 2009, in calo, ri-spetto al 2008, del 55,6%) ovvero avviati a depo-sito preliminare (oltre 32.000 tonnellate, in calodi solo il 2,7%). Può essere utile ricordare cheper i rifiuti di cemento-amianto (CER 170605),ai sensi del DM 27 settembre 2010, è possibile ilconferimento in discarica per rifiuti non perico-losi, dedicata o dotata di cella mono-dedicata, se-condo specifiche modalità e prescrizioni operative,oppure in discarica per rifiuti pericolosi dedicatao dotata di cella mono-dedicata.Per le altre tipologie (CER: 150101, 160111,160212, 170601), invece, nel 2009 oltre 6000tonnellate vengono avviate a operazioni di smal-timento; 2641 e 2576 tonnellate sono avviate, ri-

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Tabella 4.2 Produzione di rifiuti contenenti amianto per CER (tonnellate), anno 2009

Regione 150111 160111 160212 170601 170605 Totale

Piemonte 49 13 1 1893 41.456 43.412

Valle d’Aosta - - - 44 667 711

Lombardia 152 1 281 8747 111.378 120.559

Trentino Alto Adige 15 - - 38 299 3043

Veneto 88 1 8 700 52.203 53

Friuli Venezia Giulia 1 1 - 129 4768 4899

Liguria 3 1 - 552 2887 3443

Emilia Romagna 26 1 5 2322 30.705 33.059

Nord 334 18 295 14.425 247.054 262.126

Toscana 33 - 1 10.952 18.099 29.085

Umbria 18 - 81 192 6133 6424

Marche 9 2 4 543 11.908 12.466

Lazio 6 - 12 401 9155 9574

Centro 66 2 98 12.088 45.295 57.549

Abruzzo 7 - - 5 4074 4086

Molise 1 - - 1 215 217

Campania 8 - 1 5195 25.151 30.355

Puglia 9 - 156 475 5911 6551

Basilicata 1 - - - 1557 1558

Calabria - - - 18 3006 3024

Sicilia 1 - 13 169 6011 6194

Sardegna 3 - - 53 7198 7254

Sud 30 - 170 5916 53.123 59.239

Totale 430 20 563 32.429 345.472 378.914

Modificata da: ISPRA con dati derivati dalle dichiarazioni MUD 2010, relative all’anno 2009 (schede relative alla produzione dei rifiuti speciali, moduli digestione e di destinazione del rifiuto). Pubblicazione 2012.

spettivamente, a operazione di ricondizionamentopreliminare e al deposito preliminare; 233 ton-nellate vengono sottoposte a trattamento chimico-fisico. Infine, 4509 tonnellate sono avviate in di-scarica, in riduzione del 27,8% rispetto al 2008.Inoltre, come più specificamente analizzato nelparagrafo successivo, è bene porre l’accento sucome il resto dell’amianto o dei prodotti conte-nenti amianto, non smaltiti nelle discariche in

Italia, sia trasportato ed esportato, a oggi, in altriPaesi UE, principalmente in Germania. In con-clusione, dati per assodati i quantitativi stimatidal CNR dell’amianto ancora presente a oggi sulterritorio nazionale (32 milioni di tonnellate) equelli dell’ISPRA sul quantitativo annuale rimosso(380.000 tonnellate), a questo ritmo di rimozioneannuale il processo di dismissione è stimabilepossa durare per altri 85 anni circa.

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Censimento siti di smaltimento in Italia: dati disaggregati a livello nazionale e regionale per distribuzione, tipologia e stima dell’esportazione all’estero dei rifiuti contenenti amianto

Nel 2009 si può stimare che sul territorio nazionalesono state conferite in discarica complessivamentecirca 63.000 tonnellate di amianto, accettate dalle18 discariche attive in Italia: di tali impianti 8sono ubicati al Nord, 4 al Centro e 6 al Sud.Il Piemonte è la Regione che nel 2009 ha smaltitola maggiore quantità di rifiuti contenenti amianto,circa 14.000 tonnellate, seguita dalle Marche concirca 13.000 tonnellate (Tabella 4.3). Tuttavia, è

proprio la discarica di “Maiolati Spontini”, es-sendo l’unica marchigiana, ad accettarne il quan-titativo più grande. La Regione Lombardia, chenel 2008 era risultata la prima per smaltimentoin discarica (circa 46.000 tonnellate), nel 2009smaltisce nell’unica discarica autorizzata, ormaiin saturazione, un quantitativo di poco superiorealle 10.000 tonnellate. Nel Lazio, addirittura,l’inattività della discarica autorizzata a ricevereamianto ha provocato un arresto temporaneo dellosmaltimento, mentre nel 2008 era risultata, concirca 39.000 tonnellate, la seconda Regione persmaltimento in discarica. Anche la discarica di“Ferrandina”, che smaltisce i rifiuti di cemento-amianto (CER 170605) in una cella mono-dedi-

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Tabella 4.3 Quantità di rifiuti in discarica per CER e per Regione (tonnellate), anno 2009

Regione Provincia Comune 150111 160212 170601 170605 Totale

Piemonte AL Casale Monferrato 60 2556 2616

NO Cameri 6252 6252

TO Collegno 8 4163 721 4892

Lombardia MN Cavriana 10.032 10.032

Friuli Venezia Giulia PN Porcia 5725 5725

Liguria SV Vado Ligure 518 518

Emilia Romagna BO Castel Maggio 1293 1293

Toscana MS Montignoso 2352 2352

PI Pontedera 2292 2292

PT Serravalle Pistoiese 101 101

Marche AN Maiolati Spontini 2 12.905 12.907

Puglia TA Taranto 153 120 71 344

Basilicata MT Ferrandina 9704 9704

MT Matera 9 9

PZ Guardia Perticara 217 217

Sardegna CI Carbonia 972 972

NU Bolotana 2876 2876

SS Sassari 336 336

Totale 8 153 4345 58.932 63.438

Modificata da: ISPRA con dati relativi all’anno 2009. Pubblicazione 2012.

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cata classificata per rifiuti non pericolosi, ne haridotto drasticamente le quantità (9000 tonnellate,l’84% in meno rispetto al 2008).Ovviamente, questa ridotta capacità di smalti-mento nelle discariche regionali, dovuta presumi-bilmente a una capacità di ricezione limitata delrifiuto contenente amianto o alla saturazione deivolumi autorizzati di alcune di esse, in assenza del-l’individuazione di nuovi siti idonei, ha comportatoun marcato incremento delle quantità di rifiuticontenenti amianto esportate, che nel 2009 è statomaggiore del 72%. La gran parte dei rifiuti peri-colosi esportati, nel 2009, ha riguardato per il30% “rifiuti delle operazioni di costruzione e de-molizione”, contenenti amianto, con codice CER170605. In particolare, in detto anno, sono stateesportate più di 286.000 tonnellate di rifiuto (ri-feribile al predetto CER 170605). Infatti, il quan-titativo esportato per questa classe è pari a 269.348tonnellate, ovvero il 94% del totale esportato el’82% del totale prodotto (oltre 328.000 tonnel-late, di cui solo 59.000 tonnellate sono state avviatea discariche presenti in Italia). Le quantità esportatesono principalmente smaltite, come già citato, inminiere dismesse in Germania. Sebbene sia difficilestimare il costo dell’esportazione di rifiuto conamianto (poiché il costo effettivo varia, peraltro,in base al periodo, alla quantità di materiale, altempo impiegato per l’operazione nel suo com-plesso ecc.), è possibile, a puro titolo esemplifica-tivo, fare riferimento al dato medio della RegioneLiguria riferito al 2009: il CER 170605 è statosmaltito per il 23% in Liguria e per il 77% fuoriRegione/Italia (circa 1750 tonnellate), mentre ilCER 170601 è stato smaltito per il 100% fuoriRegione/Italia (circa 410 tonnellate). Il costo delmateriale conferito a tonnellata (compresi tra-sporto, notifica di accompagnamento ecc.) è oscil-lato tra € 85 e € 100, considerando minima la dif-ferenza tra friabile e compatto (con costo legger-

mente inferiore per quest’ultimo). Si consideri,peraltro, che tale dato potrebbe non essere omo-geneo per tutte le Regioni, in quanto le già citatevariabili che incidono sui costi potrebbero far lie-vitare il costo di smaltimento sino a circa € 250-300/tonnellata o oltre in alcune Regioni italiane,per esempio dove il trasporto è disagevole. In merito a quanto sopra esposto si segnala chel’INAIL – DIPIA sta conducendo, di concertocon il MATTM, un’approfondita ricognizionedelle discariche e dei siti di stoccaggio attivi sulterritorio nazionale. Tale indagine è stata condottamediante contatti ufficiali con ogni singola Re-gione e sono in corso le opportune verifiche. Tragli obiettivi principali vi è quello di determinarela volumetria disponibile di detti impianti di di-scarica, al fine di suggerire al legislatore opportuniprovvedimenti. Si stima di poter presentare i datidefinitivi aggiornati nell’ambito della program-mata Conferenza Nazionale sull’amianto.Si può, comunque, anticipare e confermare ladrammatica carenza in Italia dei siti di discarica,motivo, tra gli altri, sia del significativo incrementodei costi e dell’“esportazione” dei rifiuti contenentiamianto (RCA) all’estero, sia del fenomeno in au-mento dell’abbandono incontrollato dei medesimirifiuti, da parte anche del singolo privato cittadino,se non del rischio di smaltimento “illegale” dei ri-fiuti contenenti amianto in “discariche abusive enon controllate”, gestite da organizzazioni o Entinon istituzionali. Tra le soluzioni individuate, at-teso il mancato sviluppo industriale e commercialedi diverse tipologie di impianti di smaltimentoquali quelli di inertizzazione, si deve suggerire,prima di tutto, un intervento legislativo volto afavorire l’impiego di siti quali cave e miniere di-smesse, come già sperimentato, sebbene in contestiinternazionali, in letteratura scientifica, o comeipotizzabile in alcuni contesti specifici in Italia, inrisposta ad alcuni eventi di impatto sulla salute

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pubblica, anche al fine di incentivare la riqualifi-cazione di dette aree. Stante la situazione suesposta,inoltre, assume rilievo la costante ricerca di solu-zioni che tendano a ridurre i quantitativi di rifiutoda conferire in discarica a seguito di azioni di bo-nifica dell’amianto. Infatti, onde evitare di conferirein discarica unitamente alle matrici amiantizie an-che materiali di altra natura, potenzialmente re-cuperabili, appare appropriato qui segnalare chesono presenti sul territorio nazionale impianti de-stinati al trattamento e alla bonifica di apparec-chiature impiantistiche di vario genere, interessatedalla contaminazione dovuta alle fibre di amianto,che hanno necessità di interventi in ambiente con-trollato. Detti impianti hanno, quale scopo pri-mario, quello di promuovere il recupero, laddovepossibile, di tutti i materiali contaminati che, abonifica avvenuta, possono tornare a essere valo-rizzati, corrispondendo in questo modo, come pre-visto già a suo tempo dalle normative pregresse,all’indicazione di agire per la riduzione dei quan-titativi di rifiuto da avviare allo smaltimento, at-traverso il recupero di talune tipologie di rifiuto eil loro possibile riutilizzo attraverso opportuni pro-cessi di recupero. In tal senso, l’Italia detiene oltre un centinaio dibrevetti d’inertizzazione dell’amianto, ma nessunimpianto attivo a scala industriale, almeno a livellosperimentale, che consenta di procedere ai “Trat-tamenti che modificano completamente la strut-tura cristallo-chimica dell’amianto e che quindine annullano la pericolosità”, così come previstodal DM 29 luglio 2004, n. 248. D’altronde, men-tre è importante qui rammentare come la destina-zione finale dei materiali, che derivassero da trat-tamenti d’inertizzazione, deve essere di norma il“riutilizzo come materia prima” (es. quale sotto-fondo stradale, riempimenti e altre applicazionisimili ecc.), al fine di disincentivare il ricorso al-l’utilizzo di discariche e conseguire, pertanto, oltre

a possibili significativi risparmi finanziari, ancheun maggiore impulso all’ecosostenibilità del “ciclodel rifiuto amianto”, d’altro canto è bene precisareche il processo d’inertizzazione presenta anche al-cuni limiti, pertanto tutti i pareri degli esperti suquesta modalità di smaltimento sono unanimi. Inparticolare, è da considerare come il cemento-amianto sia costituito in peso da circa l’87% dicemento e il restante 13% da amianto. Gran partedell’energia da impiegarsi per l’inertizzazione ver-rebbe, conseguentemente, spesa per un materiale,il cemento, già di per sé inerte, stante la sua natura.Il processo di trasformazione chimico-fisica è co-stituito da un trattamento termico estremamenteenergivoro e questo in Italia significherebbe con-sumo di combustibili fossili che produrrebberol’inquinamento legato alla loro combustione. Poi-ché un impianto, tra quelli proposti in questi ul-timi anni per la sperimentazione, sarebbe in gradodi trattare circa 60.000 tonnellate/anno, assuntocome realistico il dato di 32 milioni di tonnellateancora da smaltire in Italia, tale impianto dovrebberestare in funzione, al minimo, per circa 533 anni.Ipotizzando la costruzione di 10 impianti per tuttoil territorio nazionale, oltre agli stessi costi di rea-lizzazione, il loro funzionamento dovrebbe esseregarantito per i prossimi 53 anni. Pareri discordisussistono, inoltre, sul mantenimento dell’efficaciadi trasformazione con il passaggio dalla fase speri-mentale di laboratorio al processo industriale esulle capacità analitiche di controllo per garantirenel materiale trattato una concentrazione diamianto in fibra non trattato inferiore allo 0,1%in peso, condizione con la quale il materiale po-trebbe essere riutilizzato come materia prima “se-conda”. Da non sottovalutare poi il fatto che dettiimpianti, dove si realizzerebbe un’importante mo-vimentazione di questi materiali, dovrebbero pre-vedere un rigoroso controllo delle condizioni dirischio degli addetti alla conduzione, al trasporto

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e alla manutenzione. Tali controlli e sorveglianzadi pertinenza del gestore dell’impianto necessite-rebbero, comunque, di frequenti verifiche da partedegli organi di vigilanza (sanitaria e ambientale),con un impegno economico non indifferente daparte degli Enti pubblici preposti. Valgano pertutte, quale esempio di tali problematiche, gli im-pianti che hanno bonificato le carrozze ferroviariedalla seconda metà degli anni Novanta ai primianni del nuovo millennio. Altro aspetto da pren-dere in considerazione sulla continuità di funzio-namento ottimale negli anni riguarderebbe l’an-damento della contaminazione ambientale esterna.Sempre prendendo come esempio gli impianti perla decontaminazione del materiale rotabile chehanno lavorato per più di 5 anni, è stato osservatoe documentato dall’Arpa dell’Emilia Romagna,per l’impianto di Migliaro, che, sebbene l’inqui-namento esterno fosse contenuto, è stato osservatoun trend in crescita delle concentrazioni di fibreaero-disperse nelle aree limitrofe dalla partenza deilavori al termine della commessa. Da sottolineareche il lavoro è stato eseguito sempre in conformitàa quanto stabilito dalle specifiche norme del 1996.Queste criticità non si stanno osservando neglispecifici siti di discarica che ormai funzionano damolti anni. Certamente, l’opzione dell’inertizza-zione termica trova più larghi consensi per il trat-tamento dell’amianto friabile, che in questo modopuò essere smaltito in discarica per rifiuti non pe-ricolosi dotata di cella mono-dedicata.

La corretta gestione delle attività di sorveglianza, controllo e bonifica nei siti contaminati e di smaltimento: le Linee guida

Le Linee guida generali per la corretta gestionedelle attività di bonifica nei Siti di Interesse Na-zionale (SIN) contaminati da amianto sono state

elaborate dall’INAIL – DIPIA di concerto con ilMATTM sulla base delle numerose esperienze ac-quisite con l’avanzamento degli interventi già rea-lizzati nei SIN, dei numerosi pareri tecnici emessie del confronto in riunioni tecniche e Conferenzedi Servizi (nazionali e locali) con le Autorità dicontrollo regionali, sentiti altresì alcuni tra i mas-simi esperti italiani del settore. Dette Linee guida sono attualmente in uso cor-rente in tutti i SIN ove sono in corso attività dibonifica, così come prescritto dalle relative con-ferenze di servizi di competenza MATTM, e ilComitato Interministeriale per la ProgrammazioneEconomica (CIPE) ha già recepito dette Lineeguida per la TAV Torino-Lione. Esse consentono,quale strumento prettamente operativo, di mo-nitorare il rispetto della normativa vigente in temadi sicurezza del lavoro, di tutela della salute deglioperatori e di protezione dell’ambiente. Peraltro,le stesse Linee guida sono in corso di revisione, alfine di tenere conto di situazioni specifiche maripetitive, così come riscontrato in sede di diversicantieri di bonifica. Si stima di poter presentaredetta revisione nell’ambito della succitata Confe-renza Nazionale. Per gli ambienti di vita outdoor, non esiste unanormativa specifica di settore e le uniche indica-zioni di carattere generale emergono all’interno diLinee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizza-zione Mondiale della Sanità (OMS - Air QualityGuidelines, 2000) che riguardano la difesa dellapopolazione nel suo insieme, considerata la diversapeculiarità di ciascuna fascia di individui e la loroesposizione ambientale per l’intera durata dellaloro vita. L’OMS non fissa valori limite, ma osservache anche con 1 fibra/litro, intesa come mediaespositiva dell’intero arco della vita, è ancora mi-surabile un eccesso di mortalità nella popolazionegenerale stimabile pari a 1 caso ogni 100.000 in-dividui. Tale valore rappresenta un riferimento

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utile anche per la costruzione di misure di preven-zione e protezione negli ambienti di lavoro, tantoche, come si vedrà nel successivo Capitolo 5 sullanormativa, il D.Lgs. 81/2008 (e s.m.i.) ricordache l’esposizione deve essere ridotta al minimo econsidera di fatto, come di prassi tecnico-norma-tiva rispetto alla popolazione generale, un fattore10 cautelativo di moltiplicazione, prevedendo chel’aria filtrata all’interno dei Dispositivi di Prote-zione Individuale (DPI) sia non superiore a undecimo del valore limite delle 100 fibre/litro e cioè10 fibre/litro (art. 251 “Misure di prevenzione eprotezione”). Questo valore impone, pertanto, unserrato controllo delle condizioni lavorative am-bientali attraverso specifiche metodiche e tecnicheanalitiche definite da idonee Linee guida, al finedi mantenere, per quanto possibile, le condizionioperative sotto la soglia di 100 fibre/litro, comun-que adottando idonei dispositivi di protezione in-dividuale per un’esposizione massima effettiva chenon superi le 10 fibre/litro.

Cenni di normativa di riferimento nazionalee regionale in materia di smaltimentodell’amianto

La prima Legge italiana che si è occupata siste-maticamente di amianto è la Legge 27 marzo1992, n. 257 “Norme relative alla cessazione del-l’impiego dell’amianto” che, tra l’altro, all’art. 10impegnava le Regioni e le Province Autonome al-l’adozione dei piani relativi alla protezione del-l’ambiente, alla decontaminazione e, in partico-lare, allo smaltimento e alla bonifica ai fini delladifesa dai pericoli derivanti dall’amianto.Secondoil comma 2 (lett. d, g, h), inoltre, detti pianiavrebbero dovuto prevedere:• l’individuazione dei siti che devono essere uti-

lizzati per l’attività di smaltimento dei rifiutidi amianto;

• il controllo delle attività di smaltimento e dibonifica relative all’amianto;

• la predisposizione di specifici corsi di forma-zione professionale e il rilascio di titoli di abi-litazione per gli addetti alle attività di rimo-zione e di smaltimento dell’amianto e di bo-nifica delle aree interessate, che è condizionatoalla frequenza di tali corsi.

La Tabella 4.4 costituisce una sinossi di minima,certamente non esaustiva, in relazione all’art. 10della Legge 257/1992, dei riferimenti normativiregionali per l’adozione dei suddetti piani o dinorme attinenti, aggiornato a giugno 2012 e di-saggregato per Regione.

Situazione legislativa sullo stato di avanzamento dei Piani Regionali di Bonifica

La disciplina dei rifiuti contenenti amianto si rin-viene nel D.Lgs. 152/2006 (art. 177 ss), che,come stabilito dall’art. 227, comma 1 let. d-), fasalve le disposizioni vigenti in materia. È quindiil DM 29 luglio 2004, n. 248 a regolare la deter-minazione e la disciplina delle attività di recuperodei prodotti, dei beni di amianto e/o contenentiamianto recependo, ai sensi dell’art. 6, comma 4,della Legge 257/1992, i disciplinari tecnici sullemodalità per il trasporto e il deposito dei rifiutidi amianto, nonché sul trattamento (assoggettatoalla disciplina dell’Intergovernmental Panel on Cli-mate Change, IPPC), sull’imballaggio e sulla ri-copertura dei rifiuti medesimi nelle discariche. Inquesta si stabiliscono i metodi per il controllodelle attività di trattamento dei rifiuti contenentiamianto, che si suddividono in due categorie: • trattamenti che riducono il rilascio di fibre dei

rifiuti contenenti amianto senza modificarnela struttura cristallo-chimica, o modificandolain modo parziale. La destinazione finale di tali

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Tabella 4.4 Riferimenti normativi regionali per l’adozione dei piani, o norme attinenti, ai sensi dell’art. 10 della Legge257/1992 – aggiornato a giugno 2012

Regioni Legge regionale costitutiva dei Piani Regionali Amianto o Norma Attinente

Abruzzo

Basilicata

Bolzano

Calabria

Campania

Emilia Romagna

Friuli VeneziaGiulia

Lazio

Liguria

Lombardia

Marche

Molise

Piemonte

Puglia

Sardegna

Sicilia

Toscana

Legge n. 11 del 4 agosto 2009, Norme per la protezione dell’ambiente, decontaminazione, smaltimento e bonifica aifini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto. BURA N. 44 del 26 agosto 2009

Legge regionale n. 6 del 2 febbraio 2001 Regione Basilicata Disciplina delle Attività di Gestione dei Rifiuti e Approva-zione del Relativo Piano Fonte: Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 9 del 6 febbraio 2001

Delibera Giunta Provinciale Bolzano 27 gennaio 1997, n. 274, Piano provinciale amianto: adozione di piani di prote-zione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dal-l’amianto - Revoca della deliberazione n. 6449 del 16 dicembre 1996 (Bollettino Ufficiale Regione 4 febbraio 1997)

Legge regionale 27 aprile 2011, n. 14, Interventi urgenti per la salvaguardia della salute dei cittadini: Norme relativeall’eliminazione dei rischi derivanti dalla esposizione a siti e manufatti contenenti amianto. Art 4. Piano RegionaleAmianto per la Calabria. 4-5-2011 - Supplemento straordinario n. 2 al BU della Regione Calabria - Parti I e II - n. 8 del2 maggio 2011

DGRC n. 44 dell’1 settembre 2000 BURC n. 58 del 5 novembre 2001 Deliberazione n. 64/1 – Piano Regionale di pro-tezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dal-l’amianto

DGCR n. 497 dell’11 dicembre 1996, Piano regionale di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimentoe di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto (Proposta della Giunta regionale in data 29 ottobre1996, n. 2580)

Legge regionale 3 settembre 1996 n. 39, Attuazione della normativa statale in materia di cessazione dell’impiego del-l’amianto DPGR 11 ottobre 1996 n. 0376/Pres

Delibera Giunta Regionale Lazio 10 novembre 1998, n. 5892 Piano regionale di protezione dell’ambiente, di decon-taminazione, di smaltimento e di bonifica al fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto (Pubblicato nel Sup-plemento Ordinario n. 4 al Bollettino Ufficiale n. 16 del 10 giugno 1999)

Legge n. 5 del 6 marzo 2009, Norme per la prevenzione dei danni e dei rischi derivanti dalla presenza di amianto, perle bonifiche e per lo smaltimento (di recepimento della DCR n. 105 del 20 dicembre 1996 che approva il PRA)

Regione Lombardia Legge regionale 17/2003, Norme per il risanamento dell’ambiente, bonifica e smaltimento del-l’amianto (BUR Lombardia n. 40 del 3 ottobre 2003 - SO n. 1). Approvato con DGR n. 8/1526 del 22 dicembre 2005

Deliberazione della GR n. 3496 MA/SAN del 30 dicembre 1997. Approvazione del piano regionale amianto. BURMarche n. 13 del 6 febbraio 98

Deliberazione della Giunta Regionale n. 51-2180 del 5 febbraio 2001. Piano Regionale di protezione dell’ambiente,di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto (art. 10 dellaLegge 27 marzo 1992 n. 257)

Legge regionale 30/2008, Norme per la tutela della salute, il risanamento dell’ambiente, la bonifica e lo smaltimentodell’amianto Suppl. al BUR n. 42 del 16 ottobre 2008

Deliberazione della Giunta Regionale 31 maggio 2011, n. 1226 Piano Regionale Amianto Puglia. Avvio della proceduradi Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Integrazione componenti della Commissione DD.GG.RR. n. 2221 del 19ottobre 2010 e n. 3014 del 28 dicembre 2010. Bollettino Ufficiale della Regione Puglia - n. 70 del 16 maggio 2012

Sardegna DGR 4 giugno 2008 n. 32/5 Direttive Regionali per la protezione, decontaminazione, smaltimento e bonificadell’ambiente ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto

DP del 27 dicembre 1995, Piano di protezione dell’amianto, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai finidella difesa dai pericoli derivanti dall’amianto (Gazzetta Ufficiale Regione Siciliana del 2 marzo 96 – Parte I, n. 10)

DCRT n. 102/1997 Piano di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini delladifesa dai pericoli derivanti dall’amianto. Art. 10 Legge 27 marzo 1992, n. 257 e DPR 8 agosto 1994 (Bollettino UfficialeRegione 4 giugno 1997, n. 22, supplemento straordinario)

(continua)

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rifiuti trattati è lo smaltimento in discarica; • trattamenti che modificano completamente la

struttura cristallo-chimica dell’amianto e chequindi ne annullano la pericolosità. La desti-nazione finale dei materiali derivanti da talitrattamenti deve essere di norma il riutilizzocome materia prima.

L’allegato 2 del DM 27 settembre 2010 abroga ilprecedente DM 3 agosto 2005 e detta i criteri diammissibilità dei rifiuti di amianto o contenentiamianto in discarica. Per cui, i rifiuti di amiantoo contenenti amianto possono essere conferitinelle seguenti tipologie di discarica:• discarica per rifiuti pericolosi, dedicata o dotata

di cella dedicata;• discarica per rifiuti non pericolosi, dedicata o

dotata di cella mono-dedicata per i rifiuti in-dividuati dal codice dell’elenco europeo dei ri-fiuti 17 06 05 e per le altre tipologie di rifiuticontenenti amianto, purché sottoposti a pro-cessi di trattamento ai sensi di quanto previstodal DM n. 248 del 29 luglio 2004 e con valoriconformi alla Tabella 4.5, verificati con perio-dicità stabilita dall’autorità competente pressol’impianto di trattamento.

Oltre ai criteri e requisiti generali previsti per lediscariche di rifiuti pericolosi e non pericolosi,per il conferimento di rifiuti di amianto o conte-

nenti amianto nelle discariche individuate alleprecedenti lettere a) e b), devono essere rispettati:• modalità e criteri di smaltimento; • dotazione di attrezzature e personale; • misure di protezione del personale dalla con-

taminazione da fibre di amianto.Le modalità e i criteri di deposito dei rifiuti con-tenenti amianto sono descrivibili come segue:• il deposito dei rifiuti contenenti amianto deve

avvenire direttamente all’interno della discaricain celle appositamente ed esclusivamente de-dicate e deve essere effettuato in modo tale daevitare la frantumazione dei materiali;

• le celle devono essere coltivate ricorrendo a si-stemi che prevedano la realizzazione di settori otrincee. Devono essere spaziate in modo da con-sentire il passaggio degli automezzi senza causarela frantumazione dei rifiuti contenenti amianto;

Il problema dello smaltimento 4

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Tabella 4.4 I riferimenti normativi regionali per l’adozione dei piani, o norme attinenti, ai sensi dell’art. 10 della Legge257/1992 – aggiornato a giugno 2012 (continua)

Regioni Legge regionale costitutiva dei Piani Regionali Amianto o Norma Attinente

ProvinciaAutonoma di Trento

Umbria

Valle d’Aosta

Veneto

Deliberazione della Giunta Regionale 20 novembre 1998, n. 12801, Approvazione del Piano provinciale di protezionedell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto

Deliberazione della Giunta Regionale n. 7485 del 22 ottobre 1996. Piano regionale per l’amianto di cui alla DGR n.9426/1995; direttive sullo smaltimento dei rifiuti e materiali contenenti amianto

-

Delibera della Giunta Regionale Veneto 3 dicembre 1996, n. 5455, Linee di Piano regionale di protezione, di deconta-minazione, di smaltimento e di bonifica dell’ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto. Art. 10della Legge 27 marzo 1992, n. 257. Immediata eseguibilità (Bollettino Ufficiale Regione 21 gennaio 1997, n. 6)

Tabella 4.5 Valori di conformità per altre tipologie dirifiuti contenenti amianto sottoposti a pro-cessi di trattamento, ai sensi di quanto pre-visto dal DM 248 del 29 luglio 2004

Parametro Valori

Contenuto di amianto (% in peso) ≤ 30

Densità apparente (g/cm3) > 2

Densità relativa (%) > 50

Indice di rilascio < 0,6

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• per evitare la dispersione di fibre, la zona dideposito deve essere coperta con materiale ap-propriato;

• i materiali impiegati per copertura giornalieradevono avere consistenza plastica, in modo daadattarsi alla forma e ai volumi dei materialida ricoprire e da costituire un’adeguata prote-zione contro la dispersione di fibre, con unostrato di terreno di almeno 20 cm di spessore;

• nella discarica o nell’area non devono esseresvolte attività, quali le perforazioni, che pos-sono provocare una dispersione di fibre;

• deve essere predisposta e conservata una mappaindicante la collocazione dei rifiuti contenentiamianto all’interno della discarica o dell’area;

• nella destinazione d’uso dell’area dopo la chiu-sura devono essere prese misure adatte a im-pedire il contatto tra rifiuti e persone;

• nella copertura finale dovrà essere operato ilrecupero a verde dell’area di discarica, che nondovrà essere interessata da opere di escavazioneancorché superficiale;

• nella conduzione delle discariche dove possonoessere smaltiti rifiuti contenenti amianto, siapplicano le disposizioni di cui al titolo IX,capo III, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Considerazioni conclusive: analisi delle criticità e raccomandazioni

Da quanto sopra esposto, è possibile esprimerealcune considerazioni e raccomandazioni sugliaspetti critici che lo smaltimento dei rifiuti daamianto presenta oggi in Italia.È necessario, anzitutto, completare l’approfonditaricognizione delle discariche e dei siti di stoccag-gio, attivi sul territorio nazionale, al fine precipuodi determinare la volumetria disponibile, in primisdegli impianti di discarica. È già noto, comunque,come tale volumetria disponibile sia drammati-

camente carente e ciò è il motivo maggiore delnotevole incremento dei costi e dell’“esportazione”degli RCA all’estero, principalmente in Germania.Si dovrebbe, inoltre, considerare come proprio laGermania stia progressivamente diminuendo lequantità di RCA accettati, con gli effetti di indurreun’ulteriore spirale negativa di incremento dei co-sti da sostenere, sino al limite del possibile bloccodell’esportazione dall’Italia verso questo Paese,con le possibili e intuibili conseguenze. Inoltre, l’elevato costo degli interventi di bonifica,con produzione di rifiuto contenente fibre diamianto, al quale concorre anche – a volte inmodo significativo – l’onere del trasporto, è spessocausa dei diffusi fenomeni di abbandono incon-trollato dei medesimi rifiuti, da parte anche delsingolo privato cittadino e del rischio di smalti-mento “illegale” dei rifiuti contenenti amianto in“discariche abusive e non controllate”, gestite daorganizzazioni o enti non istituzionali. A tale ri-guardo è da auspicarsi un intervento legislativovolto a favorire l’autorizzazione di nuovi siti de-dicati allo smaltimento, anche ricorrendo all’uti-lizzo di cave dismesse e miniere esaurite, soluzioneche permetterebbe altresì di incentivare la riqua-lificazione delle stesse.Accanto a dette misure vanno poste in campoadeguate risorse finanziarie per procedere allamessa in sicurezza e bonifica dei 373 siti in Classedi Priorità 1 (a maggiore rischio), classificati talinelle ricordate attività di mappatura. Si stima al-tresì che, completando detta mappatura e le pro-cedure di valutazione del rischio in essa previste,il numero di tali siti a maggiore rischio potrà su-perare le 500 unità.Si ritiene che, in riferimento agli impianti di iner-tizzazione dell’amianto, si debbano creare oppor-tuni gruppi di lavoro multidisciplinare che defi-niscano, basandosi sull’evidenza scientifica e at-traverso opportune analisi costi/benefici e di ap-

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propriatezza, non ultimo considerando gli aspettirelativi all’impatto sulla salute della popolazione,l’efficacia dei “Trattamenti che modificano com-pletamente la struttura cristallo-chimica del-l’amianto e che quindi ne annullano la pericolo-sità”, di cui debbano essere emanati Decreti ap-plicativi o Circolari tecniche relative al DM 29luglio 2004, n. 248, eventualmente finalizzati aincentivare, se vantaggiosa, la realizzazione deisuddetti impianti a scala industriale. In particolare,essi potrebbero servire a definire, più in dettaglio,sia l’iter procedurale autorizzativo di eventuali fu-turi impianti, sia le Autorità competenti in materiadi controlli analitici e le relative modalità di ef-fettuazione. Le modalità di tali controlli dovreb-bero essere precisate per:• i punti di emissione in aria e in acqua degli

impianti di trattamento;• i nuovi materiali prodotti;• l’analisi delle matrici ambientali aria, acqua e

suolo da effettuarsi nelle aree limitrofe agli im-pianti, con relativo studio, anche clinico-epi-demiologico, dell’impatto sulla salute deglioperatori e della popolazione residente.

Altro aspetto non secondario su cui indirizzare laricerca, considerata la limitata volumetria dei sitidi smaltimento, è quello della riduzione dei vo-lumi dei materiali da collocare in discarica. Classiciesempi sono rappresentati dai cassoni per l’acquae dai tubi e condotte. Una riduzione del loro vo-lume effettuata in maniera controllata potrebbeincrementare enormemente il quantitativo in pesonei medesimi volumi di discarica.Al fine di contenere i costi di smaltimento sarebbeauspicabile agire sulla riduzione dei percorsi delrifiuto. A tale proposito, qualora fosse stabilito diridurre la quota di rifiuto esportato all’estero, sa-rebbe opportuno farlo viaggiare entro i confiniregionali. I vantaggi sarebbero misurabili in unminore consumo di carburante, quindi minore

inquinamento da combustibili fossili, e sulla ri-dotta probabilità di accadimento d’incidenti stra-dali, notoriamente proporzionali ai chilometripercorsi. Giova ricordare, oltre all’evento trauma-tico in sé, che un incidente che accade durante iltrasporto di un rifiuto pericoloso comporta con-seguenze notevolmente più impegnative consi-stenti nella bonifica estemporanea per il ripristinodelle normali condizioni di scorrimento stradale. È opportuno tenere presente che il problema dellosmaltimento, ultimo anello della catena del pro-cesso di bonifica, rappresenta oggi quello con mag-giori criticità e il primo a dover essere affrontato erisolto qualora vi fosse la volontà di accelerare ilprocesso di dismissione, che, in base ai dati attuali,proseguirebbe per tutto il ventunesimo secolo. Sarebbe utile, altresì, predisporre un “TariffarioUfficiale” delle opere di “bonifica” da amianto,attualmente mancante e fonte di fenomeni di-storsivi del mercato, nazionale ed europeo. Lostesso dovrebbe essere considerato un termine diriferimento, vista la variegata condizione delle in-stallazioni che contengono fibre di amianto. Perquesto motivo il tariffario dovrebbe essere conce-pito in modo da tenere separati gli oneri di effet-tiva bonifica da quelli connessi alle opere provvi-sionali necessarie e alle condizioni di esercizio delcantiere.Si auspicherebbero, infine, la programmazione, ilfinanziamento e la realizzazione di studi d’inqui-namento outdoor nell’intorno delle discariche, at-tualmente in uso o dismesse, per lo smaltimentodi rifiuti contenenti amianto e dei relativi siti arischio, in modo da poter valutare l’impatto sani-tario per la popolazione residente (Valutazione diImpatto sulla Salute) a seguito dell’attivazione odell’esercizio di una discarica. A oggi esiste insuf-ficiente letteratura epidemiologica al riguardo, inparticolare in Italia, tanto da dover ricorrere a sce-nari previsionali ipotetici e a modelli matematici

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di dispersione per valutare gli effetti e l’impattosulla salute pubblica. Tutto ciò rende naturalmentedifficile gestire una corretta e documentata infor-mazione/formazione sul rischio nei confronti dellepopolazioni residenti, oltre a rendere difficoltosele scelte, anche in un’ottica di riutilizzo di miniere

esaurite o cave dismesse, per i decisori e gli am-ministratori delle aree interessate e a rendere com-plicate e purtroppo spesso soggettive e difficil-mente pianificabili (e quindi inefficaci) le strategiedi prevenzione per la salute della popolazione daattuarsi ai diversi livelli necessari.

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5. Quadro normativo, modalità applicative e criticità

Lo scopo di questa sezione è ricostruire, nei limitidel possibile, il quadro delle principali disposizioniemanate in materia di amianto, individuarne lemodalità applicative e rilevare le conseguenti mag-giori criticità, dovute anche al manifestarsi dinuove consapevolezze e all’evoluzione delle co-noscenze tecniche e scientifiche. La trattazione innanzitutto provvede a una rico-gnizione delle principali fonti, anche nel loro svi-luppo storico, fornendo delle stesse una sinteticalettura ragionata sia mediante la loro contestua-lizzazione nell’ambito ordinamentale di elezione(ambiente, salute, lavoro, produzione ecc.), siaattraverso una succinta ermeneusi del testo nor-mativo.Sempre attraverso l’analisi delle fonti sono staterilevate le modalità applicative, in quanto le stessesi rinvengono nei numerosi provvedimenti emanatiin proposito dall’autorità amministrativa (in alcunicasi si tratta di normazione secondaria, come nelcaso dei regolamenti o delle ordinanze, e in altridi provvedimenti amministrativi generali).Molto più complessa è la rilevazione delle criticità,perché le disposizioni in materia regolano aspettitecnici, procedurali e amministrativi troppo spessoin maniera disorganica, creando non solo diversiproblemi di coordinamento tra loro, ma anchemolte incongruenze, lasciando in più qualche

vuoto normativo per la mancata attuazione di al-cune norme.Di tutti questi aspetti è dato conto nelle pagineseguenti, corredando il ragionamento di un qua-dro di sintesi finale in cui sono indicate alcuneproposte per superare lo stato di incertezza che, alivello legislativo, ancora domina nel settore.Il dato da cui partire nell’analisi della normativa èproprio la constatazione che la materia dell’amiantoè oggi regolata da una mole notevole di disposizionidi grado e tipologia diverse che hanno generatoun’ipertrofia della normativa (si tratta approssima-tivamente di 45 DM e Decreti, 32 Leggi e attiequiparati, 15 Circolari, 13 Delibere, 9 DirettiveCE, 7 DPCM; 6 DPR, 1 Regolamento CE, 1 Or-dinanza, 1 Accordo e 1 Verbale, elenco cui possonoessere aggiunte anche 2 Decisioni CGCE).Il patologico livello che ha raggiunto la legislazionein parte è dovuto alla complessità intrinseca dellamateria per il suo tasso elevato di tecnicità, inparte alla sua trasversalità e in molta parte è ad-debitabile al suo sviluppo disorganico e alla pro-liferazione di fonti normative senza alcuna regola.Sotto il profilo quantitativo il numero delle dispo-sizioni sull’amianto è ormai di gran lunga superiorea quello che si registra in ogni altro settore dell’or-dinamento e ciò ne rende difficile l’applicazione e,per molti aspetti, anche l’effettiva conoscibilità.

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Il fatto che ci si trova innanzi a una regolamenta-zione subsettoriale (ambiente, salute e lavoro)rende difficile la reductio della disciplina a ununico corpo normativo, perché in gran parte l’or-dine sistematico deve fare i conti con disciplinesovrapposte. Senza sottacere che responsabilità intal senso devono essere addebitate anche allenorme comunitarie, anch’esse succedutesi tropporepentinamente, senza un disegno organico e conscarsa sistematicità.L’eccessiva complessità della normativa si riflettepoi sulle funzioni amministrative e sull’organiz-zazione, anch’esse frammentate e disarticolate,così determinando l’ulteriore conseguenza dellacomplessità procedimentale e della destruttura-zione del sistema istituzionale.Di questi problemi ne è dato conto nell’analisiche segue, in cui è anche possibile intravedere al-cune possibili vie d’uscita.

La normativa generale, con particolareriferimento alla tutela dell’ambiente

L’analisi del quadro normativo relativo alle dispo-sizioni sull’amianto parte dalle prime disposizionidell’ordinamento comunitario relative alle restri-zioni in materia di immissione sul mercato e usodi sostanze e preparati pericolosi.Sulla matrice della primigenia Direttiva 27 luglio1976, n. 76/769/CEE del Consiglio, il 19 settembre1983 è stata emanata la Direttiva n. 84/478/CEE,recante quinta modifica alla Direttiva madre, chene ha esteso le prescrizioni limitative all’amianto.La premessa da cui è partito il legislatore comu-nitario è l’evidenza della pericolosità dell’amiantoper la sua particolare nocività per la salute umana(fibre e polveri possono provocare asbestosi e neo-plasie), individuando nella prevenzione primariail metodo migliore per la protezione della saluteumana.

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Riconosciuto che l’interdizione dell’uso di tali fibresarebbe la più efficace misura di protezione, inquesta prima fase le istituzioni comunitarie hannoperò dettato misure minime, disponendo il divietodell’uso limitato a solo talune fibre di amianto,cioè quelle che secondo le evidenze scientifichedell’epoca presentavano un maggiore grado di pe-ricolo (es. la crocidolite o amianto blu), prevedendocomunque diverse e significative deroghe per unapluralità di ragioni (la manipolazione e distruzionedei materiali che contengono detta sostanza, libe-rando le fibre, potrebbe costituire un pericolo perla salute umana; alcuni prodotti non sono facil-mente sostituibili nel breve tempo con altri equi-valenti; l’etichettatura è misura utile a segnalarnela pericolosità ecc.).Il tratto caratteristico di questa Direttiva, in unocon lo scopo istituzionale della CEE (quello diriavvicinamento delle normative nazionali), è laprevisione di un divieto dell’immissione sul mer-cato e dell’uso della crocidolite seguito dalla pre-visione di alcune e significative deroghe e dall’ob-bligo di etichettatura specifica con indicazionedei rischi specifici per prodotti contenenti fibredi amianto.In questa prima fase la normativa comunitaria èstata completata con la Direttiva 85/610/CEE del20 dicembre 1985, la quale ha disposto il divietodi uso assoluto dell’amianto per alcuni prodotti(giocattoli, articoli per fumatori, vernici, prodottiin polvere ecc.).Alle direttive è stata data attuazione con l’ordinanzadel Ministero della Sanità 26 giugno 1986, conte-nenti disposizioni per la restrizione all’immissionesul mercato e all’uso della crocidolite e dei prodottiche la contengono: si tratta di prime disposizionisicuramente importanti in materia, ma altrettantosicuramente poco incisive in quanto le relative re-strizioni non hanno posto un divieto assoluto diimmissione in commercio e uso dell’amianto, sia

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per la limitazione a un solo tipo di asbesto, siaperché sono molte le deroghe per quanto concerneil campo di applicazione e quello di utilizzazione.A tale ordinanza ha fatto seguito il Decreto delMinistro del Commercio, Industria e Artigianatodel 16 ottobre 1986, il quale, seppure limitata-mente al settore di competenza (il controllo del-l’aria e dell’ambiente nelle attività estrattive del-l’amianto), per la prima volta ha fissato dei valorimassimi di concentrazione ai quali è possibile es-sere esposti, così ponendo il criterio della sogliadi pericolosità.Alle due Direttive sopra citate è stata data defini-tiva attuazione con il DPR 24 maggio 1988, n.215, normativa che ha mantenuto nel campo diapplicazione il riferimento non a un divieto, maa restrizioni in materia di immissione sul mercatoe commercializzazione nel territorio nazionaledell’amianto e dei prodotti che lo contengono(art. 2), indicando poi i settori esentati (art. 3) edisponendo tutti gli altri casi in cui vige il divietodi immissione sul mercato (art. 4), nonché l’ob-bligo di etichettatura per tutti i prodotti esclusidal divieto (art. 5).La successiva evoluzione della normativa in ma-teria ha interessato un settore molto sensibile:quello dei rifiuti.In proposito il Ministero dell’Ambiente, nell’isti-tuire il catasto nazionale dei rifiuti speciali, hafornito una specificazione per quelli a base diamianto, dando loro due codici differenziati(H007: amianto in fibre libere; H008: materialicontenenti amianto) e sottoponendoli a specifichemodalità di rilevazione e stoccaggio.Sempre il Ministero dell’Ambiente con proprioDecreto del 12 luglio 1990, nell’ambito delle Li-nee guida per il contenimento delle emissioni in-quinanti e di fissazioni dei limiti di emissione, haincluso l’amianto tra le sostanze più pericolose(cioè quelle di prima classe).

Si può dire che con questo provvedimento cessauna prima fase di produzione normativa in mate-ria, contrassegnata da misure certamente impor-tanti, ma ancora insufficienti.La seconda fase, invece, è connotata da un com-plesso di interventi normativi che si snodano al-l’interno di due diversi ambiti: gli ambienti divita e l’ambiente di lavoro.Conseguentemente la normativa si settorializza ecorre secondo distinti canali: uno relativo alla tu-tela dell’ambiente e della salute della persona el’altro inerente la protezione dei lavoratori espostia rischio.Mentre in relazione a questo secondo aspetto lasituazione appare più semplice in quanto la nor-mativa ormai si può ritenere raccolta, quantomenoper i suoi aspetti fondamentali, nel D.Lgs. n.81/2008, la situazione è più problematica per l’al-tro aspetto, sia per l’eterogeneità delle fattispecieregolate sia per la segmentazione della normativain contesti disciplinari diversi e non facilmentecoordinabili tra loro.La normativa generale in materia di amianto èdettata dalla Legge 27 marzo 1992, n. 257(“Norme relative alla cessazione dell’impiego del-l’amianto”).La Legge ha imposto un generale divieto relativoall’estrazione, importazione, esportazione, com-mercializzazione e produzione dell’amianto; il di-vieto riguarda sia direttamente l’amianto, sia iprodotti che lo contengono.L’obiettivo della Legge non è solo quello di inter-dire l’uso dell’amianto, ma anche di regolare egestire la fase di dismissione ancora presente.Nel capo primo la Legge detta le disposizioni ge-nerali, indicando innanzitutto la sua finalità, cheè quella di vietare l’estrazione, l’esportazione, l’im-portazione, la commercializzazione e la produ-zione dell’amianto e dei prodotti che lo conten-gono.

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5Quadro normativo, modalità applicative e criticità

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zione d’uso possa derivare dispersione di fibre diamianto in concentrazione superiore al limite disoglia di 0,1 fibre/cm3).La Legge poi considera il fatto che, nonostante ildivieto posto dall’art. 1, rimane comunque la pos-sibilità dell’esposizione al rischio nello svolgimentodelle attività che possono ancora comportare, so-prattutto nei luoghi di lavoro, la presenza del-l’amianto (particolarmente nelle attività di boni-fica e di smaltimento).Per tale evenienza l’art. 3 pone il valore limite diesposizione, attualmente fissato indistintamenteper tutte le fibre di amianto dall’art. 254 delD.Lgs. 81/2008 in 0,1 fibre per centimetro cubod’aria (0,1 fibre/cm3) equivalenti a 100 fibre perlitro d’aria (100 fibre/l); precedentemente il limiteera diverso se riferito alla fibra di serpentino, qualeamianto crisotilo (0,6 fibre/cm3), o alle altre va-rietà di anfiboli, quali gli amianti di crocidolite eamosite (0,2 fibre/cm3).Il secondo Capo della Legge 257/1992 riguardail cosiddetto sistema istituzionale, prevedendol’istituzione presso il Ministero della Salute della“Commissione per la valutazione dei problemiambientali e dei rischi sanitari connessi all’impiegodell’amianto”, regolandone la composizione, icompiti e l’attuazione (artt. 4, 5 e 6).La Commissione alla sua scadenza non è stata con-fermata, per cui risulta essere stata soppressa dalDPR 14 maggio 2007, n. 86 (“Regolamento peril riordino degli organismi operanti presso il Mi-nistero della Salute, a norma dell’art. 29 del De-creto Legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, conmodificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248).Il Capo terzo regola gli aspetti relativi alla tuteladella salute e dell’ambiente con una disciplina rac-colta in cinque articoli (dall’art. 8 all’art. 12), relativirispettivamente alla classificazione, etichettatura eimballaggio (art. 8, norma di rinvio alla normativain materia), al controllo sulle dispersioni (art. 9,

Per la realizzazione di tale obiettivo sono stabilitela dismissione dell’amianto in tutte le condizionisopra indicate, la definizione delle misure per ladecontaminazione e la bonifica dei siti inquinati,l’individuazione dei materiali sostitutivi, la ricon-versione produttiva delle aziende e il controllosull’inquinamento (art. 1).Di seguito la Legge correda di una puntuale defi-nizione i tre termini di cui ha ravvisato la necessitàdi fornire una puntuale delimitazione dell’ambitodi applicazione (art. 2).Con il termine amianto si intendono sei silicatifibrosi: l’actinolite, l’amosite, l’antofilite, il criso-tilo, la crocidolite e la tremolite (sostanze ricavabilidal rinvio all’art. 23 D.Lgs. 277/1992, successi-vamente sostituito dall’art. 59-ter D.Lgs.626/1994 e dall’art. 247 D.Lgs. 81/2008, in cuitali fibre sono indicate anche con il rispettivoidentificativo numerico CAS).Dopodiché la norma definisce il significato del-l’espressione “utilizzazione dell’amianto”, che com-prende sia la lavorazione del minerale sia la pro-duzione della fibra e delle polveri, nonché deimateriali lavorati, siano essi definibili come matricifriabili (fibre debolmente legate con leganti scar-samente consistenti: es. gesso) oppure come ma-trici compatte (fibre fortemente legate con leganticonsistenti: es. cementi e resine); la definizione èpoi posta come una clausola generale o aperta inquanto fa rientrare nel concetto di utilizzazionela lavorazione e la produzione di tutti i prodottiche per qualunque ragione hanno potenzialità aimmettere nell’ambiente le fibre di amianto, senzaalcuna necessità di tipizzare ulteriormente le ipo-tesi regolate dalla Legge.Infine, è data la definizione di rifiuti, intendendosiper essi i materiali di scarto, i detriti e le scorieprovenienti dalle diverse operazioni considerate(attività estrattive, lavorazioni e tutte le altre so-stanze o oggetti dai quali al cessare della destina-

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temperanti di cessare l’attività) [art. 15]; la Leggesi chiude con il Capo settimo riguardante gliaspetti finanziari (art. 16).Per quanto concerne specificamente l’inquina-mento ambientale, il D.Lgs. 17 marzo 1995, n.14 (“Attuazione della Direttiva 87/217/CEE inmateria di prevenzione e riduzione dell’inquina-mento dell’ambiente causato dall’amianto”) hafissato il valore limite per le emissioni in atmosferae gli effluenti liquidi.La valutazione del rischio, l’attività di bonifica, ilcontrollo e la manutenzione dell’amianto instal-lato sono azioni specificamente regolate dal DM6 settembre 1994 (“Normative e metodologie tec-niche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e del-l’art. 12, comma 2, della Legge 27 marzo 1992,n. 257, relativa alla cessazione dell’impiego del-l’amianto”), successivamente integrato dal DM20 agosto 1999 (come modificato dal DM 25 lu-glio 2001), che migliora e aggiorna taluni aspettiparticolari riguardanti i DPI e gli incapsulanti esancisce l’obbligatorietà del censimento anche perla presenza di amianto a bordo delle navi.La normativa citata è poi integrata dal DM 6 set-tembre 1994 del Ministero della Sanità (“Nor-mative e metodologie tecniche per gli interventidi bonifica”, ivi compresi quelli per rendere in-nocuo l’amianto, previsti dall’art. 5, comma 1,lettera f, della Legge 27 marzo 1992, n. 257, re-cante “Norme relative alla cessazione dell’impiegodell’amianto”), il quale nei suoi allegati ha definitole “Normative e metodologie tecniche per la va-lutazione del rischio, il controllo e la bonifica disiti industriali dimessi”, i “Criteri per la manu-tenzione e l’uso di unità prefabbricate contenentiamianto”, i “Criteri per la manutenzione e l’usodi tubazioni e cassoni in cemento-amianto desti-nati al trasporto e/o al deposito di acqua potabilee non”, i “Criteri relativi alla classificazione e al-l’utilizzo delle ‘Pietre verdi’ in funzione del loro

che impone alle aziende che nei processi produttiviutilizzano direttamente o indirettamente amiantoo che svolgono attività di bonifica e smaltimentol’invio alle autorità amministrative di una relazioneannuale sulla quantità e qualità di amianto, sulleattività svolte e sui soggetti esposti, sulle caratteri-stiche dei prodotti e sulle misure per la tutela dellasalute e dell’ambiente), alla partecipazione al sistemadi vigilanza delle ASL (sia in sede di controllo deivalori limite di concentrazione, sia in sede di mo-nitoraggio delle condizioni dei lavoratori esposticon la relazione annuale da inviare alla Regione:ved. art. 9, comma 2, anche se manca tuttora unraccordo diretto con il D.Lgs. 81/2008, che affidala sorveglianza sanitaria al medico competente enon alla ASL), alla pianificazione regionale (art.10, concernente i piani di protezione dell’ambiente,di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica),alla rimozione dell’amianto (art. 12 che, tra l’altro,classifica l’amianto tra i rifiuti speciali, tossici e no-civi in base al grado di pericolosità e a cui è statadata esecuzione, quanto a normative e metodologietecniche, con il DM 16 settembre 1994 e prevedeche le imprese che attuano bonifiche da amiantosiano iscritte a un’apposita sezione dell’Albo GestoriAmbientali).Il Capo quarto e il Capo quinto contengono ledisposizioni dirette a individuare le misure di so-stegno ai lavoratori (art. 13: trattamento di inte-grazione salariale, pensionamento anticipato e ab-breviazione anzianità contributiva) e alle imprese(art. 14: agevolazioni incentivanti l’innovazionee la riconversione) per le conseguenze derivantidalla dismissione dell’amianto.Il sistema sanzionatorio è contenuto nel Capo se-sto e concerne la previsione sia di reati contrav-venzionali (puniti con la sola ammenda), sia diilleciti amministrativi (puniti sia con la sanzionepecuniaria sia, in caso di reiterazione dell’infra-zione, con l’obbligo a carico delle imprese inot-

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In verità non è questa l’unica norma del D.Lgs.152/2006 a occuparsi di amianto, in quanto lamateria trova una più complessiva considerazionenella parte IV (“Norme in materia di gestione deirifiuti e di bonifica dei siti inquinati”, il cui campodi applicazione è definito dall’art. 177 anche conriferimento ai rifiuti contenenti amianto) e, spe-cificamente, nell’art. 195, comma 2 let. d-), cherimette alla competenza dello Stato, da esercitarsimediante decreto interministeriale, “la determi-nazione e la disciplina delle attività di recuperodei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotticontenenti amianto”, nell’art. 221, che imponel’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambien-tali come requisito per lo svolgimento delle attivitàdi bonifica dei beni contenenti amianto e l’obbligoper queste imprese di prestare garanzia finanziariain favore della Regione in occasione di ogni in-tervento di bonifica.Il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 (“Disposizionidi attuazione della Direttiva 2008/98/CE del Par-lamento europeo e del Consiglio del 19 novembre2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune Diret-tive”), relativamente al trattamento e gestione deirifiuti comprende l’amianto negli elenchi dei ri-fiuti pericolosi (Decisione Commissione CEE2000/532/CE 3 maggio 2000) [Allegato D], con-siderandolo in relazione a più fattispecie: rifiutidella lavorazione dell’amianto (06.13.04); rifiutidei processi elettrolitici contenenti amianto(06.07.01); rifiuti della fabbricazione di cemento-amianto contenenti amianto (10.13.09) e diversi(10.13.10); imballaggi metallici contenenti matricisolide porose (come l’amianto), compresi i con-tenitori a pressione vuoti (15.10.11); pastiglie perfreni, contenenti amianto (16.01.11); apparec-chiature fuori uso contenenti amianto in fibre li-bere (16.02.12); materiali isolanti e materiali dacostruzione contenenti amianto (17.06).Un accenno meritano il DPCM 10 dicembre

contenuto di amianto” e i “Requisiti minimi deilaboratori pubblici e privati che intendono effet-tuare attività analitiche sull’amianto”.In questo contesto non può essere omesso il rife-rimento al DPR 8 agosto 1994 (“Atto di indirizzoe coordinamento alle Regioni e alle Province Au-tonome di Trento e Bolzano per l’adozione dipiani di protezione, di decontaminazione, di smal-timento e di bonifica dell’ambiente, ai fini delladifesa dai pericoli derivanti dall’amianto”), chenella gestione della dismissione dell’amianto nellevarie realtà territoriali ha rappresentato il puntodi passaggio dal vecchio al nuovo regime, avendofissato i punti cardini per alcuni degli aspetti ope-rativi più importanti e strategici, come la pianifi-cazione regionale e provinciale per la lotta al-l’amianto, l’armonizzazione dei piani regionali eprovinciali di smaltimento dei rifiuti con quellidi organizzazione dello smaltimento già oggettodi normativa nazionale, i censimenti, la predispo-sizione delle attività formative specifiche con ri-lascio di titoli di abilitazione, la comunicazioneda parte delle imprese degli avvenuti smaltimenti.Il DPR 8 agosto 1994 prevede altresì il trasferi-mento di informazioni dalle aziende sanitarie alleRegioni (art. 7 comma 2 e art. 9 comma 4 ), senzaperaltro fornire le necessarie disposizioni per rendereomogenee e uniformi le raccolte di dati necessari arendere utile, leggibile e fruibile l’esito del lavoro.Una disposizione particolare è poi contenuta nel-l’art. 227 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152(“Norme in materia ambientale”), laddove affrontala gestione dei rifiuti contenenti amianto, per ilcui recupero restano valide le norme contenutenel DM 29 luglio 2004 (“Regolamento relativoalla determinazione e disciplina delle attività direcupero dei prodotti e beni di amianto e conte-nenti amianto”), il cui disciplinare tecnico regolaappunto la gestione, destinazione, ricopertura etrattamento dei rifiuti contenenti amianto.

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2002, n. 308, con il quale è stato istituito il regi-stro nazionale dei casi di mesotelioma asbesto-correlati, e il DM 18 marzo 2003, n. 101, con ilquale sono stati fissati i criteri per le mappaturedelle aree nelle zone dei territori nazionali inte-ressate dalla presenza dell’amianto (art. 20 Legge23 marzo 2001, n. 91, che ha finalizzato la map-patura al censimento dell’amianto per gli inter-venti di bonifica).Questa rapida analisi della principale normativain materia, sommariamente diretta a evidenziarneil contenuto, non è esaustiva di tutte le fonti,per le quali, ai fini di un monitoraggio più com-pleto, si fa rinvio all’elencazione allegata e, so-prattutto, agli approfondimenti contenuti neisingoli capitoli.

Gli ambienti di lavoro: le fonti comunitarie e l’evoluzione del quadro normativo

Per quanto concerne gli ambienti di lavoro, gli ef-fetti nocivi dell’amianto sono noti da tempo e aessi il legislatore ha fatto riferimento sin dall’iniziodel XX secolo postulandone la pericolosità nel Re-gio Decreto del 14 giugno 1909, n. 442, in materiadi lavori insalubri cui non potevano essere addettidonne e fanciulli, divieto costantemente tenutofermo nel tempo (RD 1720/1936 e successivi).Facendo riferimento alla più risalente normativain materia di sicurezza sul lavoro, per costante in-terpretazione giurisprudenziale, si ritiene che ilDPR 19 marzo 1956, n. 303 (rimasto vigente finoall’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008, che neha sancito l’abrogazione pressoché totale), pursenza alcun riferimento specifico all’amianto, con-teneva disposizioni che potevano trovare applica-zione, quanto alle misure igieniche previste a tuteladei lavoratori, anche nei confronti di tale fibra.Nello specifico si trattava dell’art. 21, a normadel quale, in relazione alla difesa dalle polveri, il

datore di lavoro era obbligato ad adottare tutte lemisure idonee a impedirne o ridurne lo sviluppoe la diffusione nell’ambiente di lavoro, disponendopoi tutte le prescrizioni per la prevenzione o pro-tezione dei lavoratori.Si tratta comunque di una norma che sovente, pervedersi ampliare la portata applicativa, ha avutonecessità di sorreggersi ad altre norme; particolar-mente l’art. 2087 c.c. come norma di chiusura delsistema prevenzionistico (cfr, ex plurimus, Cass.civ., sez. lav., 23 settembre 2010, n. 20142), ovverogli artt. 377 e 387 DPR 27 aprile 1955, n. 547, inordine ai mezzi di protezione per i lavoratori espostia rischi specifici da inalazioni pericolose.L’art. 21 DPR 303/1956, pur non più vigente,continua a svolgere una funzione regolativa indi-retta per la continuità di tale disposizioni conquelle successivamente adottate dal legislatore, sianel D.Lgs. 277/1991 sia nel D.Lgs. 626/1994che nel D.Lgs. 81/2008 (Cass. pen., sez. III, 10ottobre 2008, n. 41367).Questa normativa nel tempo ha dovuto coesistere,prima, e soccombere, poi, con la graduale evolu-zione della disciplina in conseguenza del recepi-mento progressivo della normativa comunitariacostruita non più sul modello prescrittivo (o pre-cettivo) proprio dei Decreti delegati attuativi dellaLegge 12 febbraio 1955, n. 51, bensì su quellopianificatorio o procedimentalizzato compiuta-mente imposto in via generale dalla Direttiva-quadro 89/391/CEE. In conseguenza di ciò, un primo intervento orga-nico in materia secondo il modello comunitariodi normativa di sicurezza (come detto, quello co-siddetto pianificatorio o procedimentalizzato inluogo di quello cosiddetto precettivo o prescrittivo)è rappresentato dal D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277(“Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE en. 88/642/CEE, in materia di protezione dei la-

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voratori contro i rischi derivanti da esposizione adagenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro,a norma dell’art. 7 della Legge 30 luglio 1990, n.212”).Questa prima normativa nazionale, di recepimentodelle Direttive sopra indicate, fa riferimentoinnanzitutto alla Direttiva del Consiglio80/1107/CEE del 27 novembre 1980 (modificatadalla Direttiva 88/642/CEE del 16 dicembre 1988),che, nel quadro generale della protezione dei lavo-ratori esposti ad agenti nocivi chimici, fisici e bio-logici, pone tra gli agenti cui si riferiscono le suedisposizioni anche l’amianto, imponendo essen-zialmente un principio di cautela, cioè, nel caso incui non sia possibile evitare l’esposizione, quellodell’esposizione al livello ragionevolmente più basso.Gli ambiti di interventi richiamati nella Direttivasono tutti finalizzati alla prevenzione (soprattuttoprimaria) dei rischi derivanti dall’esposizione al-l’amianto e alla protezione dei lavoratori, preve-dendo una serie di misure tutte funzionali a taleobiettivo, tra le quali, a titolo non esaustivo, sipossono menzionare la sorveglianza sanitaria e laconsultazione e l’informazione, disponendo poiuna serie di prescrizioni da recepire nella norma-tiva nazionale dirette a limitare l’esposizione alfattore di rischio (utilizzazione limitata dell’agentee contenimento al minimo del numero dei lavo-ratori esposti), a definire le misure di garanzia(fissazione di valori limite, definizione di proce-dure e metodi di lavoro, previsione di misure diprotezione collettiva e individuale, nonché di mi-sure igieniche), l’informazione sui rischi e sulleprecauzioni, il controllo della salute, la registra-zione dei dati relativi all’esposizione, il sistema diemergenza, il divieto di uso dell’agente nel casoin cui non sia possibile garantire la protezione.Si tratta di prescrizioni che si ritroveranno anchenelle successive Direttive in materia, mancando peròl’elemento essenziale che formerà il perno o lo snodo

del sistema di tutela della salute-sicurezza sul lavoronelle successive Direttive: la valutazione del rischio(o quantomeno la sua autonoma valenza).Questa Direttiva-quadro ha poi rinviato a singoleDirettive particolari il compito di dettare dispo-sizioni specifiche di settore (vedi art. 8). Per quanto concerne l’amianto è stata emanata ladirettiva del Consiglio 83/477/CEE del 19 set-tembre 1983 (seconda Direttiva particolare), che,dopo aver definito la sua finalità e il campo diapplicazione, ha istituito l’obbligo di valutazionedel rischio per stabilire la natura e il grado diesposizione, la soglia limite di concentrazione, ilsistema di notifica, le misure per la riduzione del-l’esposizione al minimo in relazione alla quantitàdi amianto, al numero di lavoratori esposti e aiprocessi lavorativi, ai metodi di misurazione ecampionamento, nonché di valutazione dei dati,all’accertamento delle cause di superamento dellimite di soglia e alle misure di protezione, allapredisposizione del piano prima dell’inizio dei la-vori di demolizione o rimozione dell’amianto, allemisure di protezione individuale e igiene, alla sor-veglianza sanitaria preventiva e periodica e al re-gistro dei mesoteliomi.A questo complesso di Direttive, per quanto con-cerne nello specifico l’amianto, è stata data attua-zione, come detto, con un primo intervento prov-visorio con l’ordinanza del Ministero della Sanità26 giugno 1986, contenente disposizioni per larestrizione all’immissione sul mercato e all’usodella crocidolite e dei prodotti che la contengono:si tratta di prime disposizioni sicuramente im-portanti in materia, ma altrettanto sicuramentepoco incisive, in quanto le relative restrizioni nonpongono un divieto assoluto di immissione incommercio e uso dell’amianto, sia per la limita-zione a un solo tipo di asbesto, sia perché sonomolte le deroghe per quanto concerne il campodi applicazione e quello di utilizzazione.

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Senza soffermarsi su questo e altri interventi prov-visori e parziali, un intervento organico e siste-matico per recepire compiutamente la normativacomunitaria sopraggiunge solo diversi anni dopodal termine ultimo per il loro recepimento (oltre7 anni e dopo una procedura di infrazione, la n.240/89 definita con condanna a carico dello Statoitaliano a seguito della sentenza della Corte diGiustizia del 13 dicembre 1990) e si rinviene nelCapo III del citato D.Lgs. 277/1991, il quale in16 articoli (da art. 22 ad art. 37) ha regolato uncomplesso eterogeneo di aspetti, anche oltre quellistabiliti dalla normativa comunitaria (attività sog-gette, definizioni, valutazione del rischio, notifica,informazione dei lavoratori, misure tecniche, or-ganizzative e procedurali, misure igieniche, con-trollo sanitario, controllo dell’esposizione dei la-voratori, superamento dei valori limite di esposi-zione, operazioni lavorative particolari, lavori didemolizione e di rimozione dell’amianto, registrodei tumori e attività vietate).Il Parlamento e il Consiglio dell’Unione con laDirettiva 2003/18/CE del 27 marzo 2003 hannonuovamente modificato la normativa sulla basedell’evoluzione degli studi in materia, tenendoconto peraltro di diversi altri fattori che nel frat-tempo hanno comportato la modificazione delquadro fattuale su cui intervenire: le ulteriori re-strizioni per l’uso e l’immissione sul mercato dellesostanze pericolose, l’estensione della tutela ai set-tori esclusi, la più chiara definizione delle fibre,l’adattamento del sistema di notifica alle nuovesituazioni di lavoro, il divieto di lavorazioni perle quali il livello di esposizione è elevato e difficileda prevenire, la metodologia di campionamentoe misurazione delle fibre, la riduzione dei valorilimite di esposizione professionale, la qualifica-zione delle imprese che provvedono alla demoli-zione e rimozione dell’amianto, la formazionespecifica dei lavoratori addetti, la revisione del

contenuto delle cartelle sanitarie e dei registri, lasorveglianza clinica dei lavoratori esposti ecc.Alla Direttiva è stata data attuazione con il D.Lgs.27 maggio 2006, n. 257, che ha introdotto le con-seguenti modifiche al D.Lgs. 626/1994, aggiun-gendo il Titolo VI-bis (“Protezione dei lavoratoricontro i rischi connessi all’esposizione ad amianto”)[artt. da 59-bis a 59-septiesdecies], che, per ciascunpunto della Direttiva, ha dettato le relative dispo-sizioni seguendone lo schema: individuazione dellapresenza di amianto, valutazione del rischio, noti-fica, misure di prevenzione e protezione, misureigieniche, controllo dell’esposizione, valore limite,operazioni lavorative particolari, lavori di demoli-zione e rimozione dell’amianto, informazione deilavoratori, formazione dei lavoratori, sorveglianzasanitaria, registro esposizioni e cartelle sanitarie edi rischio, mesoteliomi.Tutta questa normativa è successivamente con-fluita nel Capo III del Titolo IX del D.Lgs. 8aprile 2008, n. 81, le cui disposizioni, successiva-mente aggiornate con il D.Lgs. 106 del 3 agosto2009, tengono anticipatamente conto di quellache a oggi è l’ultima Direttiva in materia amianto(Direttiva 2009/148/CE del 30 novembre 2009),che ha provveduto a codificare la Direttiva83/477/CEE con le sue successive modificazionie la cui finalità è quella di riordinare la disciplinain materia senza apportare modificazioni tali darichiedere un nuovo atto di recepimento.

Sicurezza sul lavoro: rassegna della normativa vigente

La normativa in materia di esposizione professio-nale all’amianto è stata razionalizzata e semplificatamediante la raccolta di tutte le disposizioni nor-mative vigenti in un unico testo normativo: ilD.Lgs. 8 aprile 2008, n. 81, successivamente in-tegrato e modificato dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n.

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106, recante disposizioni per l’“Attuazione dell’art.1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123, in materiadi tutela della salute e della sicurezza nei luoghidi lavoro”.La contestualizzazione della disciplina in un unicotesto normativo ha fornito ordine sistematico auna serie di disposizioni di cui si imponeva ormaiuna pressante esigenza di coordinamento, cui illegislatore ha fatto fronte con la sua raccolta uni-taria in un unico testo, impropriamente detto Te-sto Unico Sicurezza sul Lavoro (TULS).La normativa, pur interagendo con le disposizionicontenute nella parte generale (con le quali ognialtra parte del TULS deve raccordarsi), è inseritanella parte speciale, in particolare nel Titolo IXdedicato alle “Sostanze pericolose”, insieme allaprotezione da agenti chimici (Capo I) e da agenticancerogeni e mutageni (Capo II).Della “protezione dai rischi connessi all’amianto”si occupa il Capo III, negli artt. da 246 a 265, se-guendo sostanzialmente il paradigma della partegenerale (valutazione del rischio e pianificazionedella sicurezza; informazione e formazione; sor-veglianza sanitaria; partecipazione). Le disposizioni che regolano il rischio amiantosono ripartite in due Sezioni: la prima, sulle di-sposizioni generali; la seconda, sugli obblighi deldatore di lavoro.Il Capo IV del Titolo si occupa, invece, delle san-zioni: si tratta di un corpo normativo (da art. 262ad art. 265) comune ai tre Capi.Come detto, la Sezione I è dedicata alle disposi-zioni generali, riguardanti rispettivamente ilcampo di applicazione (art. 246) e le definizioni(art. 247).L’art. 246, nel definire il campo di applicazionedella normativa in esame, definisce chiaramente ilsuo ambito operativo: le disposizioni contenutenel Capo IV, quelle relative appunto alla protezionedal rischio amianto, si pongono nella cornice della

Legge 257/1992, ossia all’interno delle norme re-lative alla cessazione dell’impiego dell’amianto.Pertanto, fermo restando il divieto posto dall’art.1, comma 2, della citata Legge in ordine all’estra-zione, importazione, commercializzazione e pro-duzione di amianto o di prodotti contenenti dettasostanza, la normativa specifica di sicurezza sullavoro, senza legittimare alcuna deroga a tale di-vieto, si applica a tutte le ipotesi in cui il lavora-tore, per effetto delle attività ancora consentite(es. manutenzione, rimozione, smaltimento, bo-nifica ecc. dell’amianto esistente o di prodotticontenenti amianto ancora in circolazione), risultiessere esposto a rischio amianto.La parte dedicata alla normativa generale è com-pletata dall’art. 247, il quale si limita a fornirel’indicazione della tipologia delle fibre di amiantoprese in considerazione dal TU sicurezza (si trattadei seguenti silicati fibrosi: actinolite; amosite;antofilliote; crisotilo; crocidolite).Molto più consistente è la sezione delle norme de-dicate agli obblighi del datore di lavoro (posti asuo carico in aggiunta a quelli generali che già gliincombono per effetto delle disposizioni comuni).Innanzitutto in questo settore opera un concettodi valutazione del rischio più specifico rispetto aquello generale cui fa richiamo l’art. 16 TU, purrimanendo la valutazione del rischio entro loschema stabilito dall’art. 28 TU.La norma che contiene disposizioni speciali inmateria è l’art. 249, a norma del quale il rischioamianto forma oggetto di valutazione all’internodel documento generale (art. 28), in cui sonopresi in considerazione i seguenti elementi: la na-tura del rischio, il grado dell’esposizione e le mi-sure di prevenzione e protezione da attuare.Questa valutazione deve essere ripetuta in caso dimodifiche che possano comportare un mutamentosignificativo dell’esposizione dei lavoratori al-l’amianto.

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L’art. 250 istituisce il sistema della cosiddetta no-tifica, adempimento attraverso cui il datore di la-voro, ogni volta che inizia una lavorazione chepuò comportare esposizione a rischio amianto onel corso delle lavorazioni aumenti tale rischiogià censito e denunciato, provvede a comunicareall’organo di vigilanza competente per territoriouna serie di elementi necessari a consentire la va-lutazione della corretta osservanza delle disposi-zioni in materia e l’attuazione dell’attività di con-trollo (ubicazione del cantiere, tipologia e quantitàdi amianto manipolato, attività e procedimentiapplicati, numero dei lavoratori interessati, datadi inizio e durata dei lavori, misure adottate perlimitare l’esposizione); la denuncia deve essereresa accessibile ai lavoratori e ai loro rappresen-tanti.In presenza del rischio amianto il datore di lavoroè tenuto ad adottare tutte le misure che consen-tono di contenerne al minimo la presenza, for-nendo prevalenza al principio dell’eliminazione oriduzione del rischio alla fonte. Le prescrizioni relative alle misure di prevenzionee protezione sono contenute nell’art. 251 TU esostanzialmente riguardano i seguenti aspetti: ri-duzione al minimo essenziale degli operatori espo-sti; utilizzazione di dispositivi di protezione indi-viduale per le vie respiratorie con un fattore diprotezione operativo adeguato alla concentrazionedi amianto nell’aria; osservanza di adeguati inter-valli di riposo; preventiva e idonea decontamina-zione in caso di accesso alle aree riservate al riposo;organizzazione dei processi produttivi in mododa non creare produzione o dispersione nell’ariadi polvere di amianto; pulizia e manutenzione deilocali interessati direttamente o indirettamentealla lavorazione dell’amianto; stoccaggio e rap-porto di materiali contenenti amianto in imbal-laggi chiusi; raccolta e rimozione immediata deirifiuti contenenti amianto in imballaggi adeguati

con etichettatura indicante il contenuto; tratta-mento dei rifiuti come rifiuti pericolosi.Per quanto riguarda specificamente i dispositividi protezione individuale, la normativa in que-stione deve essere coordinata con il D.Lgs. 4 di-cembre 1992, n. 475 (“Attuazione della Direttiva89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989,in materia di ravvicinamento delle legislazioni de-gli Stati membri relative ai dispositivi di protezioneindividuale”), il quale per il rischio derivante dal-l’esposizione a inalazione di sostanze pericolosestabilisce requisiti supplementari specifici per laprotezione respiratoria (Allegato II.3.10.1).Il TU definisce anche le misure di igiene relativa-mente ai luoghi di lavoro (delimitazione e contras-segno delle aree, accessibilità riservata e divieto difumare), alle aree ricreative e agli impianti sanitari(zone speciali prive di rischio di contaminazioneriservate al ristoro, impianti sanitari con docce),agli indumenti di lavoro e dispositivi di protezione(messa a disposizione di indumenti e dispositivi diprotezione individuale adeguati, che devono restareall’interno dell’azienda e custoditi in luoghi appositi,separati da quelli in cui sono riposti gli abiti civili;lavaggio all’interno o tramite ditte specializzateecc.), ai locali di custodia (appositi per l’equipag-giamento protettivo, da controllare e pulire dopoogni utilizzazione e sostituire prima dell’ulterioreuso in caso di difetto o deterioramento).Per quanto concerne l’esposizione consentita ilcriterio utilizzato è quello della soglia massima,valore, come detto, fissato allo 0,1 fibre per cen-timetro cubo d’aria, concentrazione calcolata sullamedia ponderata del riferimento temporale di 8ore (art. 254).Le modalità di controllo si basano sul campiona-mento dell’aria mediante prelievi eseguiti da per-sonale qualificato e successivamente analizzati dalaboratori autorizzati ai sensi del DM 14 maggio1996; nella fase preliminare al campionamento

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sono coinvolti i lavoratori e i loro rappresentanti,che devono essere consultati.Nell’arco delle 8 ore il campionamento deve con-sentire la raccolta di dati sufficienti a definireun’esposizione rappresentativa (il campione mediodeve essere attendibile).Al superamento del limite, verificandosi un’espo-sizione qualificata all’amianto, scatta per il datoredi lavoro l’obbligo di adottare tempestivamentele misure di contrasto; il lavoro nella zona in cuisi è verificato il superamento della soglia è inter-detto, salvo che non vengano adottate adeguatemisure di protezione per i lavoratori esposti, lacui efficacia è verificata tramite nuova misurazioneda eseguire immediatamente per accertare il nuovolivello di concentrazione di fibre di amianto nel-l’aria.La normativa prende in considerazione anchel’ipotesi in cui il rientro al di sotto della soglia li-mite non sia possibile; in questa evenienza è pre-visto l’obbligo dell’uso del dispositivo di prote-zione individuale delle vie respiratorie, in mododa riportare il valore di fibre inalabili entro il 10%della soglia limite (0,01 fibre/cm3, cioè un decimodel valore limite); l’uso del DPI deve essere inter-vallato da adeguati periodi di riposo e l’accessoalle aree di riposo deve essere proceduto da idoneadecontaminazione.È prevista anche l’ipotesi in cui, per operazionilavorative particolari, la soglia di concentrazionedi amianto venga superata nonostante l’adozionedelle misure tecniche di prevenzione: in questocaso il datore di lavoro deve adottare le misure diprotezione per gli addetti, quantomeno fornendoai lavoratori i dispositivi di protezione individualiprescritti dalla normativa speciale, informandocon apposita cartellonistica la presenza del rischio,adottando le misure necessarie a evitare la disper-sione delle fibre fuori da tale ambito o ambientedi lavoro, consultando in via preventiva i rappre-

sentanti dei lavoratori per la sicurezza per l’indi-viduazione delle misure da adottare (art. 255).Una disciplina specifica è dettata per le operazionidi demolizione e rimozione dell’amianto, opera-zioni che possono essere eseguite solo da aziendeautorizzate ai sensi del D.Lgs. 152/2006.Fondamentale per lo svolgimento di tale attività,la normativa prescrive la predisposizione di unpiano di lavoro, il cui contenuto è prescritto dal-l’art. 256, la cui finalità è definire le misure di si-curezza per i lavoratori esposti e di protezionedell’ambiente esterno.L’idoneità del piano è verificata in via preventivadagli organi di vigilanza con il meccanismo del si-lenzio-assenso: se entro 30 giorni l’organo di veri-fica non formula rilievi (richiesta di modifica ointegrazione, ovvero rilascio di prescrizione ope-rativa) il datore di lavoro può iniziare i lavori; incaso contrario, prima di iniziare i lavori dovrà ade-guare il piano a quanto prescritto dall’autorità.Deve ritenersi che, nell’ipotesi di riscontrata ini-doneità del piano successivamente all’inizio dei la-vori (cosa possibile soprattutto nel caso, molto de-licato, in cui l’organo di vigilanza ometta di esa-minare il piano o non ne definisca la valutazioneprima del termine sospensivo dell’inizio dei lavori),l’autorità (anche operando in sede di autotutelasecondo i dettami della Legge 241/1990) possadisporre in ogni momento (anche con misure con-tingibili e urgenti in caso di urgenza qualificata)tutti i provvedimenti necessari alla regolarizzazione,ovvero alla tutela della salute e dell’ambiente, com-presa la sospensione o cessazione dei lavori e lamessa in sicurezza del cantiere per le finalità chequi interessano (per la sicurezza sul lavoro si ritieneutile fare richiamo del D.Lgs. 758/1994 e del si-stema delle prescrizioni di cui all’art. 20 ss.). Comunque, pur nel silenzio della Legge, si devericordare che il silenzio-assenso, per la sua naturaprovvedimentale, comporta sempre l’obbligo per

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la PA di esaminare il piano e di dare svolgimentoalla relativa fase istruttoria; per dare evidenza pro-cedimentale alla sua attività si ritiene che nel casodi specie sull’amministrazione incomba un ob-bligo qualificato di comunicazione dell’avvio delprocedimento (art. 7 Legge 241/1990), la cui fun-zione dovrebbe essere non solo quella generale af-fidata dal legislatore a tale istituto a tutela dellaposizione dei destinatari di essa (art. 7 Legge241/1990), ma, stante la delicatezza della materiae la natura degli interessi coinvolti, anche quelladi rispondere all’interesse generale della collettivitàche il silenzio-assenso sia la risultante finale di unprocedimento effettivamente avviato e definito.In proposito, qualora la Legge già non possa essereinterpretata nel senso che dalla comunicazione diavvio del procedimento decorre il termine per laformazione del silenzio-assenso, sarebbe oppor-tuno un intervento normativo in tal senso. Il termine di franchigia per l’inizio dei lavori nonsi osserva nel caso in cui ricorrano ragioni d’ur-genza: in questa ipotesi, salvo l’obbligo di denun-cia dell’inizio dei lavori, il datore di lavoro puòoperare immediatamente, essendo nell’evidenzadella contingenza esonerato dall’osservanza delpreventivo obbligo della pianificazione dei lavorie delle misure di sicurezza.La vigente normativa pone particolare attenzioneanche all’informazione dei lavoratori, arricchendoil già corposo sistema generale di cui all’art. 36TU, con ulteriori disposizioni specificamente po-ste per la fattispecie particolare (art. 256).L’informazione riguarda particolarmente la speci-ficità del rischio in relazione all’esposizione allasostanza in questione, alle misure di igiene, all’usoe pulizia degli indumenti protettivi e dei dispositividi protezione individuale, alle misure di precau-zioni per la riduzione al minimo dell’esposizione,in più i lavoratori devono essere informati dellaprescrizione da parte dell’ordinamento di un limite

di soglia di concentrazione e della necessarietà delsuo monitoraggio (art. 257, comma 1).L’informazione dei lavoratori opera non solo insenso statico, ma riguarda anche la fase di svolgi-mento dell’attività, in quanto allo stesso devonoessere fornite informazioni circa lo stato dell’am-biente di lavoro e dei risultati del suo monitoraggio(informazione dinamica); in particolare, è previstoche i lavoratori e i loro rappresentanti siano infor-mati il prima possibile del superamento del limitedi soglia e delle loro cause, nonché delle misureadottate (eventualmente concordate preventiva-mente con i lavoratori e i rappresentanti se a ciònon ostano ragioni di urgenza, favorendone dun-que la compartecipazione) [art. 257, comma 2].Specularità e integrazione rispetto a quanto sta-bilito dalla normativa generale sono previste ancheper la formazione specifica dei lavoratori, che deveessere sufficiente, adeguata e periodica (cioè ripe-tuta a intervalli regolari); la formazione deve ri-guardare: la conoscenza dell’amianto e dei suoieffetti sulla salute, nonché l’interazione con il ta-bagismo; i prodotti che lo contengono o possonocontenerlo; le operazioni che possono comportareesposizione al rischio e la funzione dei controlliper ridurne al minimo l’esposizione; le proceduredi lavoro e l’utilizzo degli strumenti; i dispositividi protezione individuale; le procedure di emer-genza e di decontaminazione; l’eliminazione deirifiuti; la sorveglianza sanitaria (art. 258).Per poter essere addetti alle lavorazioni comportantiesposizioni ad amianto (sia per la rimozione e losmaltimento, sia per la bonifica delle aree) è ne-cessario essere in possesso di apposita abilitazione,che si acquisisce a seguito della frequenza di ap-positi corsi di formazione professionale (art. 10,comma 2 lett. h, Legge 257/1992 e DPR 8 agosto1994, specialmente l’art. 10) [art. 258 ult. comma].La sorveglianza sanitaria si attua sia mediante visitepreventive sia mediante visite periodiche e deve es-

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sere estesa anche al periodo successivo alla cessazionedell’esposizione al fattore di rischio (con l’unico li-mite della cessazione del rapporto di lavoro); l’in-dagine del medico competente deve essere orientataanche a verificare l’idoneità del lavoratore all’usodei dispositivi di protezione respiratoria (se iscrittinel registro degli esposti, anche dopo la cessazionedel rapporto di lavoro) [art. 259].La norma indica anche le modalità attraverso cuiil medico competente deve provvedere agli accer-tamenti sanitari; per quanto concerne, invece, illavoratore non più esposto ad amianto per cessa-zione del rapporto di lavoro, in mancanza di unaspecifica previsione in materia, cessato l’obbligodi sorveglianza sanitaria in capo al datore di lavoro,deve ritenersi che esso è preso in carico dal ServizioSanitario Nazionale (senza specifica copertura fi-nanziaria, che potrebbe essere invece assicurata,per esempio, dal Fondo per le vittime dell’amiantoo nell’ambito della Legge 257/1992).In caso di rilevato superamento del limite di sogliadi concentrazione dell’amianto con esposizione nonprevedibile, i lavoratori esposti sono iscritti nel re-gistro delle esposizioni per gli agenti cancerogeni emutageni previsto dall’art. 243, inviandone copiaall’organo di vigilanza e al competente dipartimentoterritoriale dell’Ispesl presso l’INAIL (Ente cui deveessere inviata dal medico competente la cartella sa-nitaria e di rischio all’atto della cessazione del rap-porto di lavoro, alla cui conservazione l’Ente è te-nuto per 40 anni dalla cessazione dell’esposizione).L’accertamento di mesotelioma è soggetto al si-stema di monitoraggio con annotazione nel regi-stro dei tumori di cui all’art. 242 (art. 261).Un problema specifico riguarda le esposizioni oc-casionali e di debole intensità (ESEDI), cui fa rife-rimento l’art. 249 TULS, che si hanno nelle ipotesiin cui vi è nell’ambiente presenza di amianto inconcentrazione contenuta entro il limite di soglia.La scelta del legislatore è stata quella di estendere

a questa categoria di esposizione il trattamentogiuridico previsto per l’esposizione sopra soglia,adeguandone però la disciplina alla specificità dellasituazione regolata, ossia dichiarando inapplicabilialla fattispecie alcune disposizioni eventualmenteincompatibili o la cui applicazione non sarebbegiustificata dall’irrilevanza del livello di rischio.In particolare, l’esonero riguarda l’obbligo di no-tifica preventiva all’organo di vigilanza dell’iniziodei lavori e il corredo dei relativi adempimenti(art. 250), l’adozione delle misure di prevenzionee di protezione, in quanto la concentrazione sottosoglia è un fatto preesistente tale da non richiedereinterventi ulteriori per la riduzione al minimodell’esposizione (art. 251), nonché la sorveglianzasanitaria (artt. 259 e 260, comma 1).L’inapplicabilità delle dette disposizioni è comun-que limitata ai soli casi espressamente stabilitidall’art. 249: attività brevi non continuative dimanutenzione su materiali non friabili; lavori dirimozione senza deterioramento di materiali nondegradati contenenti fibre di amianto legate a unamatrice; incapsulamento e confinamento di ma-teriale in buono stato contente amianto; sorve-glianza e controllo dell’aria, compreso il prelievodei campioni, ai fini dell’individuazione della pre-senza di amianto in un determinato materiale.In tutte le altri ipotesi, non ricorrendo la causaledell’esonero, la normativa trova integrale appli-cazione, senza alcuna distinzione tra esposizionioccasionali ed esposizioni stabili.Alcune istruzioni in merito sono state fornite dalMinistero del Lavoro e delle Politiche Sociali con laCircolare 25 gennaio 2011, rendendo noti gli orien-tamenti pratici resi in proposito dalla Commissioneconsultiva permanente per la salute e la sicurezzasul lavoro nella seduta del 15 dicembre 2010.Tali orientamenti sono così massimabili: per attivitàESEDI si intende quella che è effettuata per unmassimo di 60 ore nell’arco di un anno per non

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più di 2 volte al mese ed è di durata non superiorea 4 ore (tempi calcolati al lordo di quelli impiegatiper la pulizia, la decontaminazione e messa in sicu-rezza), sempre che l’esposizione sia contenuta neilimiti massimi di 10 fibre/litro; il numero di opera-tori impiegati è al massimo di 3, salvo che l’inter-vento richieda un numero superiore di operatori(però sempre limitato al minimo indispensabile).La Commissione ha anche fornito un primoelenco, evidentemente non esaustivo, delle attivitàESEDI, raccomandando in ogni caso l’osservanzadell’art. 249, comma 2, dell’art. 258 e dell’art.252 TULS. Il quadro normativo è completato dal sistema san-zionatorio, che eleva a reati contravvenzionalipressoché tutte le violazioni in materia (nello spe-cifico si tratta degli artt. 262 e 263).Innanzitutto sono previste sanzioni per il datoredi lavoro con l’arresto (da 3 a 6 mesi) alternativoall’ammenda (da 2500 a 6400 euro) in caso dimancata valutazione del rischio (art. 249); mede-sima sanzione è stabilita a carico del datore di la-voro e del dirigente in caso di omissione degliadempimenti relativi all’individuazione della pre-senza dell’amianto (art. 248), di omessa notifica(art. 250), di mancata adozione delle misure diprevenzione e protezione (art. 251), delle misureigieniche (art. 252) e del controllo dell’esposizionee rispetto del valore limite (253 e 254), mancataosservanza delle disposizioni per le lavorazioniparticolari (art. 255), per inosservanza delle normein materia di demolizione e rimozione del-l’amianto (art. 256), per mancata informazione eformazione dei dipendenti (artt. 257 e 258), perinosservanza delle disposizioni sulla sorveglianzasanitaria (artt. 259 e 260).Per il datore di lavoro e il dirigente sanzioni minori(arresto fino a 3 mesi o ammenda da 800 a 2000euro) sono stabilite in caso di irregolarità nellanotifica (art. 250) e di mancato invio o messa a

disposizione del piano di lavoro rispettivamenteall’organo di vigilanza e dei lavoratori (art. 256).Sono invece puniti con la sola sanzione ammini-strativa pecuniaria (da 500 a 1800 euro) l’omessaconsultazione dei lavoratori in occasione del cam-pionamento per il controllo dell’esposizione (art.253) e il mancato invio all’Ispesl della cartella sa-nitaria e di rischio (art. 260).Le violazioni del preposto assumono rilievo, conl’arresto fino a 2 mesi o l’ammenda da 400 a 1600euro, in soli due casi: mancata individuazionedella presenza di amianto (art. 248) e inosservanzein ordine al rispetto del valore (art. 254).Queste sono le disposizioni sanzionatorie che ri-guardano specificamente la violazione delle di-sposizioni contenute nel Capo relativo alla prote-zione dei rischi connessi all’esposizione al-l’amianto, disposizioni però che devono poi esserecoordinate con quelle del sistema sanzionatoriogenerale (Titolo I – capo IV: sanzioni penali) eparticolare (quello stabilito per l’intero Titolo IXriguardante le sostanza pericolose), rispetto cui lenorme richiamate sono concentriche.

La tutela assistenziale e previdenziale:l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali

È stato visto che la nocività dell’asbesto a seguitodel suo impiego nelle attività lavorative è un datonoto da tempo: il fatto che l’asbestosi sia statacompresa con una specifica disciplina ed evidenzanell’assicurazione contro le malattie professionaliè indice del riconoscimento da parte del legislatoredella sua particolare gravità e rilevanza sociale.La legislazione infortunistica riconduce la tutelacontro l’asbestosi all’interno della tipica assicura-zione sociale differenziandone la posizione nel-l’ambito della categoria generale delle malattieprofessionali.

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Per tale fattispecie, infatti, è stata dettata una di-sciplina particolare, per diversi aspetti distinta daquella generale posta per le tecnopatie, pur muo-vendosi nel rispetto della comune matrice dise-gnata dall’art. 3 DPR 1124/1965 per tutte le ma-lattie professionali.L’inclusione nella tutela contro le malattie profes-sionali dell’asbestosi è relativamente più recente ri-spetto all’istituzione dell’assicurazione sociale nelsettore degli infortuni sul lavoro; infatti, è solo conla Legge 22 aprile 1943, n. 455, che il legislatorecontestualmente ha esteso l’assicurazione contro lemalattie professionali alla silicosi e all’asbestosi, for-nendone anche una definizione (vedi art. 4).Queste norme sono poi confluite nel TU delledisposizioni per l’assicurazione contro gli infortunisul lavoro e le malattie professionali (DPR 30 giu-gno 1965, n. 1124), che, nella sua originaria for-mulazione, si occupava di asbestosi, sempre uni-tamente alla silicosi, nell’art. 142 ss., riconoscen-dola come malattia tabellata.La disciplina è stata successivamente riformulatadalla Legge 27 dicembre 1975, n. 780, che haabrogato gli artt. 142 e 143 del TU (gli articolirelativi alla definizione di asbestosi e silicosi con-siderate ai fini assicurativi), per cui le disposizionivigenti in materia sono quelle contenute nel CapoVIII del Titolo I (artt. da 144 a 177).L’effetto più importante di tale novella normativaè quello di aver abolito la definizione legale diasbestosi e di averne stabilito presupposti di in-dennizzabilità meno restrittivi rispetto a quellistabiliti in generale per tutte le altre malattie pro-fessionali, richiedendo quale presupposto il solofatto che essa sia stata contratta nell’esercizio deilavori morbigeni e non a causa di essi.Attualmente, a norma dell’art. 144 l’asbestosi èinclusa nell’assicurazione obbligatoria per le ma-lattie professionali e le prestazioni assicurativesono dovute sia nei casi in cui la malattia è causa

diretta dell’inabilità al lavoro, sia in quelli in cuiè concausa in quanto associata ad altre formemorbose dell’apparato respiratorio e cardiocirco-latorio (vedi art. 145, che, in più, alle medesimecondizioni, include nella tutela previdenziale an-che le provvidenze in favore dei superstiti nel casodi morte del lavoratore assicurato).Queste allo stato della normativa vigente sono lenorme fondamentali, ma a esse fanno seguito nu-merose altre disposizioni che si occupano di aspettispecifici; si tratta di disposizioni che, seppure conmetodo randomizzato, meritano di essere som-mariamente enunciate nel loro contenuto.In disparte gli aspetti che meno interessano ai finidella presente trattazione (quali, per esempio, larevisione e il calcolo della rendita, la liquidazionedella rendita di passaggio, il premio supplemen-tare, le registrazioni sul libro unico: artt. 146,147, 151, 153, 154, 156), merita di essere segna-lato innanzitutto il profilo degli accertamenti dia-gnostici, riservati alla competenza dell’INAIL.Sul punto si deve evidenziare che la sorveglianzasanitaria, oltre a essere disciplinata dalle disposi-zioni del TU (artt. 157-160), forma oggetto diregolamentazione nel DM 21 gennaio 1987 ri-guardante le visite periodiche per i lavoratori espo-sti a rischio di asbestosi.Quanto al rapporto fra tutela previdenziale eazione civile, l’art. 155 TU, facendo richiamo delmeccanismo di esonero della responsabilità di cuiall’art. 10, limita la responsabilità civile del datoredi lavoro al solo caso in cui la malattia sia sorta inconseguenza della violazione delle norme di sicu-rezza (art. 174).L’art. 157 contempla un complesso sistema di sor-veglianza sanitaria, aggiuntivo rispetto a ogni altroobbligo in materia, costituito dalla visita medica(a cura del medico competente o di Enti autoriz-zati) alla quale il lavoratore deve essere sottopostonel momento in cui viene addetto alla lavorazione

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morbigena (cosiddetta visita preventiva), visita chesuccessivamente deve essere ripetuta periodica-mente (con cadenza infrannuale) in costanza diesposizione al rischio (cosiddetta visita periodica)[sulle modalità dell’accertamento vedi art. 159 ss.].Nel caso in cui il lavoratore venga riscontrato af-fetto da asbestosi è vietato al datore di lavoro as-segnarlo o mantenerlo nelle lavorazioni per lequali vi è giudizio di interdizione; sia l’omissionedel controllo sanitario che la violazione del divietodi adibire i lavoratori a carico dei quali sia statariscontrata l’asbestosi ad attività vietate costitui-scono apposita contravvenzione penale sanzionatacon l’ammenda (vedi art. 175); in ogni caso tuttele norme di cui al Capo VIII sono presidiate dasanzioni penali pecuniarie proprie dei reati con-travvenzionali, salvo che non integrino gli ele-menti di fattispecie di reato più grave (art. 176).La previsione di un sistema di tutela repressivo èindice della scelta del legislatore di configurare leviolazioni in materia come reati di pericolo pre-sunto, così ponendo al centro di esso l’esigenzadi prevenzione.Infatti, pur trovandoci fuori dal contesto di ele-zione della sicurezza sul lavoro, il sistema dellatutela previdenziale privilegia un intervento ditipo prevenzionale (come si evince dalle diversedisposizioni tra quelle citate).La tutela contro l’amianto nell’ambito dell’assi-curazione contro le malattie professionali, se trovauna sua specificazione per quanto concerne l’asbe-stosi, non è limitata a essa in quanto i meccanismidi protezione propri di questo settore dell’ordi-namento previdenziale consentono di estendernei benefici anche ad altre patologie che possonoinsorgere per effetto dell’esposizione dei lavoratoria rischio amianto.Si tratta di quelle altre malattie che insorgono e simanifestano per il concorso e l’incidenza sull’or-ganismo di fattori latenti, malattie tra le quali as-

sumono un ruolo importante le neoplasie asbe-sto-correlate, cioè quelle neoplasie strettamenteconnesse con l’esposizione lavorativa all’amianto(esposizione professionale).Le malattie tumorali sono attualmente inseritenella Tabella 4 delle malattie professionali nell’in-dustria Allegata al TU, in essa inserite dal DPR14 aprile 1994, n. 336 (si tratta del mesoteliomapleurico, pericardico e peritoneale, nonché delcarcinoma polmonare, identificati come malattiaprofessionale n. 56 sottocodice 1 e collegati allelavorazioni che espongono all’azione delle fibredi asbesto con periodo massimo di indennizzabi-lità illimitato).La giurisprudenza in materia (sia quella penalesia quella civile) è ormai prevalentemente orientataa ritenere che le cautele previste per la prevenzionedell’asbestosi siano applicabili anche alle malattietumorali, in particolare il mesotelioma pleurico,contratte a causa di una prolungata esposizione apolveri di amianto, nonostante si possa supporrel’ignoranza in ordine alla possibilità dell’agentedi produrre la malattia tumorale (Cass. 988/2002;Cass. 8204/2003; Cass. 2491/2008).Un accenno merita anche il DM 14 gennaio 2008relativo all’elenco delle malattie per le quali è ob-bligatoria la denuncia contro gli infortuni e lemalattie professionali, che contempla l’asbestonella Lista 1 (malattie la cui origine lavorativa èdi elevata probabilità) – Gruppo 4 (“Malattiedell’apparato respiratorio non comprese in altrevoci esclusi i tumori in quanto riportati nel gruppo6”) per l’asbestosi polmonare e le placche e/oispessimenti della pleura e Gruppo 6 (“Tumoriprofessionali”) per il mesotelioma pleurico, peri-cardico e peritoneale, della tunica vaginale, deltesticolo e per il tumore del polmone.L’asbesto è considerato anche nella Lista II (“Ma-lattie la cui origine lavorativa è di limitata proba-bilità) per quanto riguarda il Gruppo 6 (tumori

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professionali) relativamente al tumore della la-ringe, nonché nella Lista III (“Malattie la cui ori-gine lavorativa è possibile”) per ciò che concerneil Gruppo 6 (tumori professionali) in ordine aitumori gastroenterici.Per completezza di esposizione si deve far presenteche la prima Tabella approvata ai sensi dell’art.139 DPR 1124/1965, si tratta del DM 18 aprile1973 (“Elenco delle malattie per le quali è obbli-gatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoroe le malattie professionali”), per quanto riguardale malattie professionali provocate dall’inalazionedi sostanze nocive, per l’esposizione ad amiantocontemplava la sola asbestosi, mentre è il DM 27aprile 2004 ad associare all’agente “asbesto” lamalattia “mesotelioma pleurico” e “tumore pol-monare”.Questo è la risultante dell’istituzionalizzazione delcosiddetto sistema misto a opera dell’art. 10 D.Lgs.23 febbraio 2000, n. 38, in contrapposizione aquello cosiddetto tabellare, sistemi tra i quali il le-gislatore, a fronte della presunzione di origine la-vorativa delle malattie tabellate e all’onere del la-voratore di provare l’eziologia professionale perquelle non tabellate, ha previsto la compilazione,soggetta a revisione periodica, di liste di malattiedi probabile e di possibile origine professionale.

Segue. I benefici contributivinell’assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti

La dismissione dell’amianto ha comportato la ne-cessità di riconversione delle aziende del settore:per fare fronte alle ricadute occupazionali, l’art.13 della Legge 257/1992 ha previsto diverse mi-sure di sostegno del reddito; mettendo da parte iltradizionale istituto dell’integrazione salariale, fon-damentalmente le altre misure sono riconducibilial pensionamento anticipato degli operatori di

tali imprese, sia come effetto diretto sia come ri-sultante del meccanismo della rivalutazione deiperiodi contributivi.Si tratta di un regime che dal punto di vista praticoallo stato ha una limitata operatività e nel tempo èdestinato a divenire improduttivo di effetti inquanto legato a un meccanismo di applicazione aesaurimento per le limitazioni temporali imposte.Tuttavia, è interessante procedere a una breve ri-costruzione della sua normativa, in quanto l’evo-luzione nel tempo della disciplina ne fa trasparirela mutazione funzionale che ha subito a seguitodei successivi interventi.La norma fondamentale è l’art. 13 della Legge 27marzo 1992, n. 276, che innanzitutto ha previstoin favore dei lavoratori occupati nelle imprese delsettore la concessione del trattamento di integra-zione salariale con “requisiti ridotti” rispetto alnormativa Cigs.Il riferimento è al limite dimensionale: l’accessoal beneficio è previsto anche nel caso in cuil’azienda, per effetto dei prepensionamenti legatial processo di ristrutturazione o riconversione pro-duttiva, non superi le 15 unità.Una seconda misura diretta a contrastare gli effettidella Legge 276/1992 è la facoltà di richiedere ilprepensionamento prevista in favore dei lavoratoriche, entro il limite temporale fissato dalla norma(2 anni dall’entrata in vigore della Legge), vantanoalmeno 30 anni di contribuzione nell’assicurazioneIVS, con il riconoscimento di una maggiorazionedell’anzianità contributiva corrispondente al pe-riodo necessario per la maturazione del diritto apensione di anzianità (35 anni di contribuzione),ovvero in misura non superiore allo scarto tra datadi risoluzione del rapporto di lavoro e l’anzianitàanagrafica di 60 anni (ridotta a 55 per le donne).In entrambi i casi si tratta di misure limitate neltempo: la prima per la fisiologica sovrapposizionetra riconversione aziendale e divieto posto dalla

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normativa richiamata; la seconda perché è statolo stesso legislatore a stabilire un termine finale.La misura che, invece, è stata sorretta da un’inu-suale ultrattività è quella relativa alla rivalutazionedei periodi contributivi, in un primo momentoprevista per accelerare la fuoriuscita dal mondodel lavoro degli operatori esposti a rischio amianto,successivamente riconvertita ad altre finalità tipi-camente previdenziali.La disposizione prende in considerazione innan-zitutto i lavoratori esposti a rischio amianto cheabbiano per tale effetto contratto malattia profes-sionale indennizzata dall’INAIL, per i quali la con-tribuzione utile ai fini del conseguimento dellapensione per tutto il periodo di provata esposizionead amianto è rivalutata per il coefficiente di 1,5.Stessa misura è stabilita in favore dei lavoratori che,pur non titolari della rendita INAIL, siano statiesposti al medesimo rischio per un periodo ultra-decennale nell’arco del periodo lavorativo soggettoa contribuzione supplementare per l’esposizioneall’amianto (per il quale è stato pagato il sovrap-premio asbestosi previsto dal DPR 1124/1965). Successivamente la Legge 271/1993 ha esteso ilbeneficio a tutti i lavoratori esposti all’amiantosoggetti all’assicurazione INAIL, senza alcuna li-mitazione; la Legge 326/2003 a sua volta ha ope-rato un’ulteriore estensione ai periodi di esposi-zione in attività non soggette all’assicurazione ob-bligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le ma-lattie professionali.Un’importante modifica alla normativa, con unasostanziale riduzione delle tutele (fatti salvi i dirittiquesiti e posto il divieto di cumulo dei benefici),è stata apportata dall’art. 47, comma 1, DL 30settembre 2003, n. 269 (convertito con modifi-cazioni in Legge 24 novembre 2003, n. 326), cheha ridotto il coefficiente di moltiplicazione dall’1,5all’1,25 e ha neutralizzato, ai fini del consegui-mento del diritto a pensione, i periodi rivalutati,

ora computabili solo per la determinazione del-l’importo delle prestazioni (ma non per la matu-razione del diritto alla prestazione pensionistica).Con tale modificazione il trattamento in questioneha cessato di essere uno strumento diretto a favo-rire l’esodo dei lavoratori interessati per la difficilericollocabilità nel mercato del lavoro, trasforman-dosi da strumento di tutela assistenziale in stru-mento di tutela tipicamente previdenziale. Il regime di favore sopra descritto ha effetti limitatinel tempo, nel senso che lo sbarramento temporaledel 2 ottobre 2003 per l’esposizione e quello del15 giugno 2005 per la presentazione della do-manda ne hanno determinato l’ulteriore inappli-cabilità, risultando evidentemente conseguito l’ef-fetto della dismissione dell’amianto laddove, in-vece, il detto processo non è ancora completato.Questo assetto normativo è stato confermato dal-l’art. 1, commi 20, 21 e 22, Legge 24 dicembre2007, n. 247, che, per il conseguimento del be-neficio previdenziale, conferma la validità dellecertificazioni INAIL, ponendo il 15 giugno 2005quale termine per la presentazione delle domande,il 2 ottobre 2003 in luogo dell’inizio delle bonifi-che quale data ultima inderogabile per la valuta-zione dell’esposizione, confermando infine l’inap-plicabilità del beneficio a coloro che all’entrata invigore della Legge 257/1992 godevano già deltrattamento pensionistico.In sede di attuazione del disposto normativo conil DM 12 marzo 2008 sono stati riaperti i terminiper la presentazione del curriculum professionalefino al 30 giugno 2010; il detto decreto, annullatoin sede contenziosa dal Tar Lazio (sentenza n.5750/2009) con giudizio ancora pendente in sededi gravame, è stato recepito, nella parte in conte-stazione, dall’art. 6. comma 9-bis, introdotto alDL 30 dicembre 2009, n. 194, dalla Legge diconversione 26 febbraio 2010, n. 26, che, così,salvo impugnative alla Corte costituzionale o ri-

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corsi alla Corte di giustizia, dovrebbe aver chiusodefinitivamente la questione. Non può mancare un accenno alla giurisprudenzadella Corte costituzionale che, anche recente-mente, ha ritenuto legittima l’esclusione dal be-neficio della rivalutazione dei periodi contributividei lavoratori che all’entrata in vigore della Legge257/1990 erano già in pensione (Corte Cost. 8ottobre 2010, n. 290; id. n. 434/2002).

Segue. Ulteriori forme di tutela sociale: il “Fondo per le vittime dell’amianto”

L’istituto appena esaminato non ha istituito alcunanuova prestazione previdenziale, limitandosi aprevedere una modalità più favorevole di calcolodella contribuzione (Corte cost. 376/2008), men-tre una forma di tutela sociale aggiuntiva è garan-tita attraverso il “Fondo per le vittime del-l’amianto”, istituito dall’art. 1, commi 245 e 246,Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanzia-ria per il 2008) a cui è stata data attuazione con ilDecreto del Ministro del Lavoro e delle PoliticheSociali, di concerto con il Ministro dell’Economiae delle Finanze, 12 gennaio 2011, n. 30.Si tratta della disposizione che ha dato attuazionealla Dichiarazione di Bruxelles del 23 settembre2005 assunta dagli Stati membri in seno alla Con-ferenza europea sull’amianto, la quale ha racco-mandato l’istituzione di appositi fondi finalizzatia garantire assistenza alle vittime dell’amianto ealle persone a esso esposte.La prestazione prevista dal Fondo per le vittimedell’amianto è un beneficio aggiuntivo rispettoalle prestazioni godute al medesimo titolo per ef-fetto di altre disposizioni ordinamentali; in parti-colare, la norma istitutiva prevede la cumulabilitàcon le prestazioni erogate dall’INAIL eventual-mente conseguite dall’assicurato per aver contrattomalattie professionali asbesto-correlate.

Questo è un dato importante in quanto, secondole previsioni del DM 30/2011 e in linea conquanto emerge dalla Legge 244/2007, beneficiaridella tutela possono essere solo i titolari di renditaa carico dell’INAIL, così limitando la protezionealla sola ipotesi di rischio professionale (contra-riamente a quanto avviene in altri Paesi europei,come, per esempio, la Francia, il Belgio e l’Olanda,dove le prestazioni sono riconosciute indistinta-mente a tutti coloro che abbiano contratto unamalattia a causa dell’esposizione all’amianto in-dipendentemente dall’eziologia professionale).La scelta di questa limitazione trova il suo motivoin esigenze di ragionevolezza legate al sistema di fi-nanziamento; poiché la consistenza del Fondo (co-stituito per tre quarti da risorse del bilancio delloStato e per un quarto da contribuzione obbligatoria)è limitata e l’onere finanziario è posto (seppureparzialmente) a carico delle imprese che operanonel settore delle attività comportanti esposizionead amianto (con un’addizionale sul premio assicu-rativo), esigenze di economicità e di sostenibilitàfinanziaria del sistema hanno imposto la limitazionedel suo ambito soggettivo di applicazione.Nello specifico il Fondo, per il tramite dell’INAIL,eroga una prestazione economica aggiuntiva soloai titolari di rendita (diretta o ai superstiti) a se-guito del riconoscimento di malattia professionaleda esposizione ad amianto (anche se si tratta ditecnopatia policroma); l’ammontare della presta-zione, liquidata una tantum con due acconti e unconguaglio entro 2 esercizi finanziari successivi, èdeterminato in misura variabile, con indicizza-zione percentuale alla rendita INAIL.Per la sua stretta correlazione con la rendita INAILe per l’identità di presupposti per il suo ricono-scimento, alla prestazione è attribuita natura in-dennitaria in quanto partecipe della medesimafunzione sociale della prestazione previdenzialecui è correlata (art. 38 Cost.).

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Modalità applicative

Passando in rassegna il secondo aspetto da pren-dere in considerazione, le modalità applicativedella normativa finora esaminata trovano esplica-zione in numerosi interventi in materia da partedella normazione secondaria (es. regolamenti) edi provvedimenti amministrativi cui le norme pri-marie hanno fatto rinvio, in genere in funzioneesecutiva o integrativa per l’attuazione degli aspettitecnici della disciplina.Per esse si rinvia all’elenco delle fonti normative.

Criticità generali

Lo sviluppo del processo normativo a livello siaorizzontale (tra fonti dello stesso rango) sia verticale(cioè tra fonti di rango diverso) è avvenuto in ma-niera disarmonica; in maniera altrettanto disordi-nata si è sviluppato il sistema istituzionale, senzauna precisa ripartizione di competenze sia tra gliEnti dell’amministrazione centrale (Ministero dellaSalute, Ministero dell’Ambiente e Ministero delloSviluppo Economico Settore Industria) sia nei rap-porti tra questi e gli Enti dell’amministrazione lo-cale (Regioni, Province e Comuni ed Enti ausiliari)e nazionale (es. l’INAIL-Ispesl).La complessità della normativa che si è stratificatanel tempo senza rispondere a un preciso principioordinatore, ponendo non pochi problemi in sededi applicazione e interpretazione delle norme vi-genti, richiama l’opportunità di un’opera di ra-zionalizzazione e semplificazione del sistema.Una situazione così complessa (quasi una giungladi norme che, secondo taluni, potrebbe essere ri-portata a razionalità solo con un azzeramento to-tale della normativa in materia) richiede necessa-riamente un intervento diretto a realizzare un’ef-ficace e completa ricognizione delle fonti e ad ar-monizzarle tra loro, effetto che di norma è realiz-

zato attraverso la redazione di un Testo Unico,ipotesi che nello specifico ambito merita di essereapprofondita e verificata nella sua fattibilità e uti-lità e che, se praticata, potrebbe andare a comporreuna raccolta organica di normative in materia. In particolare pare opportuno evidenziare l’impor-tanza di un’armonizzazione delle disposizioni nor-mative che derivano spesso da fonti diverse, cherendono molto impegnativa la raccolta e l’elabora-zione uniforme di informazioni alle quali il legisla-tore intendeva dare l’importante ruolo di momentodi verifica complessiva della situazione in atto. Fatta questa premessa, sicuramente sotto il profilopiù strettamente giuridico il tratto di maggiorecriticità si evidenzia in relazione alla tecnica legi-slativa finora utilizzata.L’opera di illustrazione della normativa fin quicondotta pone in chiara luce come, anche a vo-lerne ripercorrere in forma rigorosamente rico-gnitiva il contenuto, sia necessaria un’imponenteopera dell’interprete per dare ordine sistematicoa una disciplina stratificata in fonti diverse edemanata in epoche diverse.Per ciascuna delle norme esistenti si pone il pro-blema di verificarne la ratio e l’utilità per giungerepoi all’abrogazione di tutto ciò che è inutile o co-munque semplificabile nell’ambito di un’armoniz-zazione di diverse norme, avendo cura di ridurre lanormativa a poche disposizioni dirette a disciplinaregli aspetti necessari sul modello di quanto già fattoper la parte sanitaria con il D.Lgs. 81/2008.Questo problema si pone innanzitutto nell’inter-vento di categorizzazione cui è chiamato l’inter-prete e, con egli, l’operatore pratico, per il qualeprima di tutto l’opera di sistemazione della nor-mativa comporta l’onere propedeutico di classifi-cazione della medesima per aree di intervento(ambienti di vita e ambienti di lavoro ecc.) e ti-pologia di norma (protezione dei lavoratori, re-strizioni e divieti all’impiego, controllo dell’in-

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quinamento ambientale, gestione della presenza,delle dismissioni e delle bonifiche ecc.).Come visto, pur sussistendo nel corpo centraledella disciplina normativa una sostanziale omo-geneità nella tipologia delle fonti (in genere sitratta di normativa primaria), la plurima norma-tiva in materia si colloca poi in settori diversi del-l’ordinamento giuridico, sommariamente ricon-ducibili alla tutela dell’ambiente, alla tutela dellasalute, alla produzione e alla tutela sociale.In ciascuno degli ordini settoriali incisi si può rite-nere che le disposizioni primarie (quelle di fonte le-gislativa o atti equiparati alla legge), anche se nonraccolte in un unico contesto o testo normativo,comunque presentano un buon grado di coordina-mento tale da far ritenere che nei singoli ambiti in-tra-ordinamentali non sono monitorabili in gradosignificativo né una sovrapposizione né una con-traddizione tra norme e le esigenze di semplifica-zione nel conferire a esse ordine sistematico possonoessere considerate minime o a basso tasso di utilità.Il problema, invece, si pone quando si passa a co-niugare i sistemi normativi in ambiti ordinamen-tali diversi in una relazione inter-ordinamentale,operazione che fa emergere un grande problemadi coordinamento delle diverse disposizioni.Senza soffermarsi sulle singole norme e su casi sin-goli di anomalie (essendo in rilievo una questionedi metodo più che di regole positive), l’esigenza diordine sistematico, sulla base degli strumenti legi-slativi utilizzabili, può essere soddisfatta racco-gliendo in un testo (un codice o un testo unico)tutte le disposizioni vigenti in materia, in modotale da espungere le duplicazioni, eliminare i con-trasti e regolarne l’applicazione in caso di coesi-stenza, ovvero graduare l’applicabilità di norme chedisciplinano in settori diversi un medesimo aspetto.Tuttavia si esprime l’avviso che una tale tecnicaredazionale nella specie possa trovare scarsa prati-cabilità per diverse ragioni.

Innanzitutto, pur riconoscendo la delicatezza el’importanza della materia, è difficile costruire al-l’interno dell’ordinamento generale un sistema or-ganico di disposizioni confinate in un corpo unicoper settori che costituiscono sub-unità di materiepiù ampie, anche se a valenza trasversale, perchéciò comporterebbe un’eccessiva parcellizzazione odecontestualizzazione delle materie regolate.In buona sostanza, ciò che si vuole dire è che, men-tre si può giustificare un “codice dell’ambiente” oun “testo unico per la sicurezza sul lavoro”, chesono delle macro-aree, non è possibile con altret-tanto facilità estrapolare dal loro ambito la disciplinache concerne taluni aspetti (tale è l’amianto) e ren-derla autonoma, perché la sua decontestualizzazionecomunque comporterebbe l’esigenza di coordina-mento con la normativa dell’area di riferimento.In questo senso può risultare più proficua un’ope-razione di comparazione dei sistemi normativi vi-genti in ciascun ambito ai fini della loro “ripuli-tura”, quanto meno per espungere le disposizioniridondanti e dare corretta collocazione sistematicaalle disposizioni collocate in un ambito spurio oimproprio (es. riportare nel TULS tutte le normeche riguardano la sicurezza dei lavoratori e deglioperatori professionali).O meglio, se proprio si vuole dare consistenza aun corpo normativo a sé, potrebbe risultare utileraccogliere in una normativa-quadro i principifondamentali e le disposizioni di indole generalecui il legislatore deve attenersi legiferando nei sin-goli settori di applicazione.In più si deve tenere conto che le diverse aree diintervento si declinano in maniera diversa all’in-terno dell’art. 117 Cost., per il fatto che la tuteladell’ambiente e la previdenza obbligatoria, da unaparte, e la tutela della salute e la sicurezza sul la-voro, dall’altra, rientrano, rispettivamente, nellapotestà legislativa esclusiva dello Stato e in quellaconcorrente, con un’eterogenea valenza della nor-

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mativa nazionale, in un caso norme applicabili inregime di monopolio legislativo, nell’altro casodisposizioni di principio costituenti la cornicedella legislazione regionale.Un ulteriore rilievo, sempre in ordine alla tecnicalegislativa, riguarda il fatto che taluni aspetti, giàcompiutamente regolati dalla normativa primaria,trovano poi una disciplina anche nella normativasecondaria, non sempre specificativa della prima,ma a volte sostitutiva della stessa, comportando lavigenza contemporanea di disposizioni di livellodiverso che regolano la medesima fattispecie (es. ilDM 6 settembre 1994 e il successivo DM 20 ago-sto 1999 nel definire i disciplinari tecnici hannodettato norme anche sui dispositivi di protezioneindividuale).Questo a volte ha portato al paradosso che, a frontedi un assoluto divieto di utilizzo dell’amianto eobbligo di sua dismissione, nella normativa rego-lamentare se ne prescrive l’uso; un esempio si ri-trova nel DPR 8 novembre 1991, n. 435 (“Ap-provazione regolamento per la sicurezza della na-vigazione e della vita umana in mare”), il cui art.91 dispone che per le navi con stazza superiore a5000 tonnellate abilitate a portare almeno 400persone la stazione antincendio deve essere dotatadi 2 coperte d’amianto (va peraltro obiettivamenteprecisato che il Decreto è precedente all’introdu-zione della Legge 257 che è del marzo 1992 e cheoggi il termine “d’amianto” è da intendersi sosti-tuito da “di idoneo materiale antincendio”).Infine, per quanto concerne la normativa secondaria,la disarticolazione del sistema normativo ne impe-disce la considerazione in un quadro di insieme,cosa molto spesso dovuta, in concorso con altrecause, alla mancanza di chiarezza sulle competenze.Questo è l’altro aspetto delicato, ricadente in par-ticolare sulle modalità applicative, perché un’altraconseguenza dell’ipertrofia normativa è la segmen-tazione delle competenze; la razionalizzazione del

sistema normativo dovrebbe portare anche alla ra-zionalizzazione del sistema istituzionale con unachiara ripartizione dei compiti e delle funzioni trai soggetti istituzionalmente indispensabili a garan-tire la finalità.

Criticità specifiche

Accanto alle criticità che emergono in generaledalla tecnica legislativa e dall’implementazionedel sistema istituzionale, vi sono altre criticità cheriguardano specifici aspetti della normativa.Di alcuni di essi si è già detto ed è stata già indicatal’incongruenza della normativa (es. come nel casodi equipaggiamento del servizio antincendio dellenavi di grande stazza), per altri la brevità dellatrattazione consente solo un accenno a livello diestrema sintesi.Nell’Allegato A, senza pretesa di esaustività e com-pletezza, si indicano e analizzano alcune delle cri-ticità più rilevanti.

Proposte

Al fine di porre rimedio a questo stato di cose lesoluzioni sono molteplici e con diverso grado diefficacia; senza addentrarsi nell’analisi delle singoleipotesi, in questa sede si ritiene utile indicare, piùche soluzioni, linee metodiche che il legislatorepotrebbe seguire per dare attuazione all’imperativodella semplificazione (Tabelle 5.1 e 5.2).Si tratta di due linee estreme: la prima, che con-sente di mantenere in vita gran parte del sistemavigente, può essere definita “soft”; la seconda,quella radicale del riordino complessivo della ma-teria, può essere definita “hard”. Quanto alla prima metodica, per uscire da questasituazione il Gruppo di studio per la verifica dellostato di attuazione, della rispondenza delle normerelative alla cessazione dell’impiego dell’amianto e

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5Quadro normativo, modalità applicative e criticità

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per l’implementazione di azioni atte al loro com-pletamento (istituito con DM 8 aprile 2008) nel“documento conclusivo” del 20 ottobre 2012, pro-dotto quale sintesi del lavoro compiuto nel trienniodi attività, ha ravvisato la necessità di “Realizzareuna ricognizione completa delle normative vigentiin materia di amianto in tutti i campi (sanitario,ambientale, produttivo ecc.) e armonizzarle in unaraccolta organica che ne faciliti l’individuazione,la lettura e l’applicabilità, in particolare per l’aspettoprevenzionistico, e permetta un più agile aggior-namento” (vedi Scheda XVI).

Il riordino ordinamentale della materia può certa-mente passare attraverso la semplificazione del plessonormativo con tecniche già utilizzate dal legislatore(riduzione del numero di disposizioni e riassetto diquelle mantenute in vigore, espunzione dall’ordi-namento delle norme non più attuali o inapplicabili,di quelle implicitamente abrogate, inutili, obsoleteo che hanno esaurito la loro funzione, coordina-mento delle disposizioni, eliminazione di conflittitra norme ecc.), ma questa soluzione, per quantotra quelle possibili e auspicabili (linea soft: manu-tenzione del sistema), proprio per le ragioni indicate

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Tabella 5.1 Semplificazione del sistema regolatorio

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Emanare una Legge-quadro che si limiti a stabilire il sistema assiale, fissando i principi (obiettivi e finalità) o le norme generali re-golatrici della materia e definendo i settori all’interno dei quali le disposizioni specifiche devono essere declinate (sistema deirinvii e criteri di collegamento che consentano di reperire agevolmente le norme sull’amianto nei diversi contesti)

Istituire sezioni apposite nei testi unici già esistenti; in particolare: inglobare nel TULS tutte le norme che concernono la sicurezzasul lavoro e la tutela della salute delle categorie professionali (rischio professionale); inglobare nel Codice dell’ambiente, all’internodi una sezione specifica che dia pari dignità agli aspetti ambientali e sanitari (tutela dell’individuo potenzialmente esposto, nonsolamente lavoratore), tutte le disposizioni che concernono la salvaguardia degli ambienti di vita

Completare il quadro normativo con norme snelle, minime e senza sovraccarichi, utilizzando un linguaggio semplice e privo di tec-nicismi superflui; in più procedere all’emanazione delle nuove norme solo dopo una’accurata analisi dell’impatto regolativo (AIR)

Disporre le misure per regolare la produzione normativa successiva, soprattutto quella applicativa di natura regolamentare inmodo da assicurare coerenza logico-sistematica a tutte le disposizioni ed eliminare incongruenze e antinomie; valutare periodica-mente l’impatto regolativo (VIR)

Verificare la possibilità di intervenire con fonti di produzione normativa atipiche per delegificare la materia (tra le molte: regolarei rapporti con le Regioni con Accordi-quadro; definire disciplinari tecnici, best practices, modelli organizzativi ecc.)

Tabella 5.2 Semplificazione delle modalità applicative

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Utilizzazione degli istituiti e delle potenzialità della Legge 241/1990

Adozione di un modello procedimentale omogeneo

Armonizzazione delle procedure e standardizzazione sulla base di moduli e modelli uniformi

Certezza dei tempi

Riduzione del numero dei procedimenti, all’interno dei procedimenti il numero delle fasi e all’interno delle fasi il numero deisoggetti intervenienti

Istituire un’unica autorità per governare una funzione omogenea e accentrare le competenze in sedi stabili di concertazione

Fare in modo che il procedimento amministrativo coincida il più possibile con un ambito di competenze omogenee (chiarezza sugliambiti di competenza)

Ridurre il carico burocratico e dare effettività ai controlli (i giusti controlli svolti con efficacia)

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nel “documento conclusivo” del citato Gruppo distudio, non tiene conto che la complessità dellanormativa in materia ha poche possibilità di essereportata a livelli di razionalità con una semplice atti-vità di raccolta delle disposizioni in un unico testonormativo, ancorché coordinato.Passando alla seconda metodica, con molta pro-babilità la soluzione più efficace per dare ordinealla materia, lo strumento da utilizzare sarebbel’azzeramento di tutte le norme che non trovanouna loro collocazione ordinamentale all’internodi un settore omogeneo, a partire dalla stessaLegge 257/1992, ancora valida nei principi, mada revisionare in diversi punti.Di questa soluzione, che è quella auspicata, sipossono declinare sul piano operativo gli elementifondanti: 1) emanare una Legge-quadro che si limiti a sta-

bilire il sistema assiale, fissando i principi(obiettivi e finalità) o le norme generali rego-latrici della materia e definendo i settori al-l’interno dei quali le disposizioni specifichedevono essere declinate (sistema dei rinvii ecriteri di collegamento che consentano di re-perire agevolmente le norme sull’amianto neidiversi contesti);

2) istituire sezioni apposite nel testi unici già esi-stenti; in particolare: inglobare nel TULS tuttele norme che concernono la sicurezza sul lavoroe la tutela della salute delle categorie profes-sionali (rischio professionale); inglobare nelCodice dell’ambiente, all’interno di una se-zione specifica che dia pari dignità agli aspettiambientali e sanitari (tutela dell’individuo po-tenzialmente esposto, non solamente lavora-tore), tutte le disposizioni che concernono lasalvaguardia degli ambienti di vita;

3) per il resto completare il quadro normativo connorme snelle, minime e senza sovraccarichi,utilizzando un linguaggio semplice e privo di

tecnicismi superflui; in più procedere all’ema-nazione delle nuove norme solo dopo un’accu-rata analisi dell’impatto regolativo (AIR);

4) disporre le misure per regolare la produzionenormativa successiva, soprattutto quella appli-cativa di natura regolamentare, in modo daassicurare coerenza logico-sistematica a tuttele disposizioni ed eliminare incongruenze eantinomie; valutare periodicamente l’impattoregolativo (VIR);

5) verificare la possibilità di intervenire con fontidi produzione normativa atipiche per delegifi-care la materia (tra le molte: regolare i rapporticon le Regioni con Accordi-quadro; definiredisciplinari tecnici, best practices, modelli orga-nizzativi ecc.)

L’esigenza di coordinamento tra le fonti e di sem-plificazione della normativa pone a cascata unasimmetrica esigenza di razionalizzazione e omo-geneizzazione in altri due campi: quello procedi-mentale e quello istituzionale.Per quanto concerne questo altro livello, le lineedi azione per la semplificazione possono esserecosì elencate:1) utilizzazione degli istituiti e delle potenzialità

della Legge 241/1990;2) adozione di un modello procedimentale omo-

geneo;3) armonizzazione delle procedure e standardizza-

zione sulla base di moduli e modelli uniformi;4) certezza dei tempi; 5) riduzione del numero dei procedimenti, all’in-

terno dei procedimenti il numero delle fasi eall’interno delle fasi il numero dei soggetti in-tervenienti;

6) istituire un’unica autorità per governare unafunzione omogenea e accentrare le competenzein sedi stabili di concertazione;

7) fare in modo che il procedimento ammini-strativo coincida il più possibile con un ambito

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di competenze omogenee (chiarezza sugli am-biti di competenza);

8) ridurre il carico burocratico e dare effettività aicontrolli (i giusti controlli svolti con efficacia).

ALLEGATO A

Criticità specifiche

• Scavo inerti: il D.Lgs. 81/2008 regola la pre-venzione e la protezione dei lavoratori espostia rischio amianto limitatamente solo ad alcuneattività in cui vi è pericolo di esposizione, tutteriferibili ad attività in esaurimento; il D.Lgs.non dedica alcuna specifica disposizione ad al-tre attività nella quali invece il rischio è ubi-quitario, come nello scavo di inerti.

• Microraccolta: la rimozione e lo smaltimentodi piccoli pezzi di amianto da parte dei privati(cosiddetta microraccolta) è fenomeno che, re-golato in alcuni casi a livello locale, manca diun’armonica e uniforme disciplina che, oltre auniformare il trattamento giuridico sull’interoterritorio nazionale, ne semplifichi gli adem-pimenti e consenta al cittadino, che effettuain proprio interventi di bonifica con rimozioneosservando le dovute procedure metodologichee di tutela sanitaria e ambientale, anche il tra-sporto del rifiuto prodotto, rappresentatodai materiali rimossi, per il finale conferimentoin discarica (oggi vietato dal DM 27 settembre2010 per tutti i rifiuti pericolosi, compresodunque l’amianto).

• Esposizioni sporadiche e di debole intensità(ESEDI): l’art. 249 commi 2 e 4 del D.Lgs.81/2008 come modificato e integrato dalD.Lgs. 106/2009, contempla la possibilità, pertaluni lavoratori, di esposizioni sporadiche edi debole intensità, le ESEDI, che sono state

oggetto della Circolare del Ministero del La-voro e delle Politiche Sociali del 25 gennaio2011; anche dopo tale atto interpretativo, chefissa gli orientamenti per la loro determina-zione, emerge in modo significativo e pressantela necessità di una più chiara regolamentazionedegli elementi di garanzia; in particolare si evi-denzia che azioni svolte in regime di ESEDI,non essendo codificate e codificabili, non per-mettono di avere riscontri circa l’eliminazionee il collocamento a destino dei materiali con-tenenti amianto e di conoscere le azioni com-piute nonché le modalità di intervento attuate.

• Analisi delle fibre e dei liquidi: le metodicheanalitiche per il dosaggio del materiale fibrosoin liquidi e tessuti biologici necessitano di stan-dardizzazione in quanto la loro analisi non èprevista dal DM 14 maggio 1996.

• Cave di pietre verdi: il DM 14 maggio 1996,nel definire i criteri di classificazione e utilizzodelle cosiddette pietre verdi in funzione delloro contenuto di amianto, fornisce una no-zione di pericolosità che non sembra collimarecon i principi della Legge 257/1992, secondola quale la pericolosità è una caratteristica in-trinseca dell’amianto (il DM stabilisce, invece,un indice della pericolosità che sembrerebbelegittimare l’uso dell’amianto sotto il valore disoglia; probabilmente si tratta di un errore do-vuto all’errata utilizzazione del termine “peri-colo” in luogo di quello di “rischio”);

• Relazione annuale sulle condizioni dei lavo-ratori esposti (art. 9, Legge 257/1992): leimprese che oggi svolgono attività di bonificasono tenute a trasmettere ai sensi del comma1, annualmente alle Regioni e alle ASL com-petenti per territorio, una relazione annualecon i dati utili a quantificare la progressiva ri-duzione della presenza di materiali contenentiamianto sul territorio nazionale. I dati in que-

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stione erano quelli della Circolare n. 124976del 17 febbraio 1993, mai abrogata, dell’alloraMinistero dell’Industria. Recentemente è statopredisposto a livello centrale uno schema diDecreto Ministeriale (Ministeri della Salute,dell’Ambiente, del Lavoro e dello Sviluppo Eco-nomico, con passaggio in Conferenza Stato-Regioni) che aggiorna e implementa i dati ori-ginariamente chiesti in modo da corrispondereanche ai dettami del D.Lgs. 81/2008. Il com-pletamento dell’iter normativo consentirà l’ap-plicazione omogenea e sistematica in tutte leRegioni, favorendo la confrontabilità dei datisu scala nazionale, la verifica annuale dellequantità dismesse e la conoscenza dei lavoratoripotenzialmente esposti. È necessario conside-rare, inoltre, che lo stesso art. 9 al comma 2 at-tribuisce alle ASL il compito di predisporre re-lazioni annuali sulle condizioni dei lavoratoriesposti, ma nulla dispone in merito alle moda-lità di raccolta dei dati. In mancanza di un ri-scontro normativo diretto che ponga a caricodelle ASL l’onere di rinvenire direttamente talidati, deve ritenersi che la relativa fonte debbaessere individuata nel medico competente, cuispetta la sorveglianza sanitaria sui lavoratoriesposti (oggi artt. 41 e 259 D.Lgs. 81/2008);anche se l’art. 15 Legge 257/1992 non disponealcuna sanzione in merito all’inosservanza delladisposizione di cui all’art. 9, comma 2 (la pre-vede invece per l’inosservanza del comma 1dell’art. 9), emerge l’esigenza di un interventodiretto a individuare chiaramente i soggetticompetenti e a ripartire tra loro obblighi e fun-zioni, anche al fine di fornire certezza al sistemadelle responsabilità.

• Censimento ex art. 12 Legge 257/1992: lenormative nazionali, Legge 257/1992 e DMAmbiente 101/2003, hanno previsto l’ado-zione, da parte di Regioni e Province Auto-

nome, di provvedimenti finalizzati alla cono-scenza, attraverso il censimento della presenza,dell’amianto ancora installato o presente in na-tura; ciò anche al fine di pianificare l’impegnodelle strutture sanitarie di prevenzione, i mezzie le infrastrutture necessarie a intervenire perbonificare e accogliere i materiali contenentiamianto rimossi (per la verifica del dato si sa-rebbe potuto ricorrere ai contenuti della schedaex art. 9, Legge 257/1992). Il dato oggi dispo-nibile non è sufficientemente significativo econfrontabile, perché non riguarda l’intero ter-ritorio nazionale e non sempre è stato rilevatocon omogeneità metodologica; manca inoltreil dato riguardante le quantità occulte presentiall’interno o nell’involucro di strutture, edificio impianti, non avendolo chiesto la norma.Risulta evidente la necessità di un ulteriore pro-cesso di indagine conoscitiva, coinvolgendo di-rettamente le Regioni e Province Autonome,correlandolo ad azioni di controllo ispettivo epromovendo, anche a livello nazionale, unpiano organico di sorveglianza con il vincolodella comunicazione dei dati di monitoraggio.

• Informazione ex art. 12, comma 5, Legge257/1992: il censimento richiamato dall’art.12, comma 5, dovrebbe essere in possesso delleRegioni, come previsto dalla norma, mentre perquanto attiene le informazioni le stesse potreb-bero essere oggi richieste dalle imprese alle ASLdirettamente all’atto della presentazione deipiani di lavoro-notifiche per la bonifica dell’edi-ficio presentate ai sensi del D.Lgs. 81/2008 conprocedure differenti derivanti da norme succes-sive; per questo l’adempimento di cui all’art.12, comma 5, Legge 257/1992 potrebbe esseregià indirettamente compreso nella valutazionedel piano di bonifica presentato alla ASL daparte dell’impresa in possesso degli appositi re-quisiti di cui al D.Lgs. 152/2006.

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5Quadro normativo, modalità applicative e criticità

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• Formazione: la formazione per il consegui-mento del titolo di abilitazione agli operatoridella bonifica da amianto (art. 10, comma 2,lettera h), Legge 257/1992 e art. 10 DPR 8agosto 1994) non risulta adeguata alla progres-sione delle conoscenze tecniche, scientifiche eprofessionali; la normativa non si fa carico dellespecificità della formazione degli operatori stra-nieri (comunitari e non); non è prevista alcunaformazione per i soggetti che non sono diret-tamente interessati alle attività di bonifica, macomunque dalle stesse interessati (quali, peresempio, trasportatori, addetti alle discariche);non viene contemplata alcuna specifica azioneformativa nei confronti dei responsabili dellacorretta conservazione dell’amianto laddove an-cora istallato (figura espressamente prevista alpunto 4 del DM 6 settembre 1994); in parti-colare, essendo inevitabile supporre un periodoancora lungo di permanenza dei materiali con-tenenti amianto installati nelle loro sedi attuali,l’azione formativa è significativa per quest’ul-tima figura, che è necessario sia in grado di as-solvere alla corretta e coerente gestione del pre-visto programma di controllo degli stessi, non-ché alle sistematiche periodiche verifiche peraccertare le effettive condizioni in essere deimateriali installati.

• Tutela sociale: il “Fondo per le vittime del-l’amianto” allo stato opera in favore dei soli as-sicurati INAIL (e loro aventi causa) titolari direndita per malattia professionale asbesto-cor-relata; inquadrandolo invece nel sistema di si-curezza sociale, che trova il suo fondamentonell’art. 3, comma 2 Cost., l’intervento assumenatura e funzione di prestazione di sicurezzasociale estensibile oltre l’ambito ristretto dellacategoria dei soggetti tutelati dal sistema pre-videnziale (i lavoratori assicurati); pertanto, ilradicamento del Fondo all’art. 3 Cost. consente

di conferirgli carattere universalistico, soprat-tutto se coordinato con l’art. 32 Cost.; per que-sto il Fondo, quanto meno per la quota a caricodel bilancio dello Stato, potrebbe essere fun-zionalizzato direttamente al finanziamento delleprestazioni sociosanitarie in favore dei soggettiesposti (o ex-esposti) per sostenerne i bisognibiologici ed esistenziali, sia in caso di malattiacontratta sia per far fronte all’emotional distresso turbamento psicologico derivante dalla con-sapevolezza di essere stati esposti a un rischiolungolatente, cioè dalla paura di ammalarsi edi avere una vita più breve e di scadente qualità.

ALLEGATO B

Elenco delle fonti

Fonti nazionali

• Circolare 25 gennaio 2011 Ministero del La-voro e delle Politiche Sociali (Orientamentipratici resi dalla Commissione consultiva per-manente per la salute e la sicurezza sul lavoronella seduta del 15 dicembre 2010)

• DM Economia 12 gennaio 2011, n. 30(“Fondo vittime dell’amianto”)

• DM Ambiente 29 settembre 2010 (Modifichee integrazioni al Decreto 17 dicembre 2009,recante l’istituzione del sistema di controllodella tracciabilità dei rifiuti - 10A11755)

• D.Lgs. 3 dicembre 2010 n. 205 (Disposizionidi attuazione della Direttiva 2008/98/CE delParlamento Europeo e del Consiglio del 19novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abrogaalcune Direttive)

• DM Ambiente 9 luglio 2010 (Modifiche e in-tegrazioni al Decreto 17 dicembre 2009, re-cante l’istituzione del sistema di controllo della

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tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’art. 189del D.Lgs. 152/2006 e dell’art. 14-bis del De-greto Legge 78/2009, convertito, con modifi-cazioni, dalla Legge 102/2009)

• DM Ambiente 15 febbraio 2010 (Modifichee integrazioni al Decreto 17 dicembre 2009,recante “Istituzione del sistema di controllodella tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’art.189 del D.Lgs. 152/2006 e dell’art. 14-bis delDecreto Legge 78/2009 convertito, con mo-dificazioni, dalla Legge 102/2009)

• DM Ambiente 22 dicembre 2010 (Modifichee integrazioni al Decreto 17 dicembre 2009,recante l’istituzione del sistema di controllodella tracciabilità dei rifiuti)

• DM Ambiente 17 dicembre 2009 [Istituzionedel (SISTRI) - Sistema di controllo della trac-ciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’art. 189 delD.Lgs. 152/2006 e dell’art. 14-bis del DecretoLegge 78/2009 convertito, con modificazioni,dalla Legge 102/2009]

• D.Lgs. 3 agosto 2009 n. 106 (Disposizioni in-tegrative e correttive del D.Lgs. 9 aprile 2008,n. 81, in materia di tutela della salute e dellasicurezza nei luoghi di lavoro)

• D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (Attuazione dell’art.1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123, in materiadi tutela della salute e della sicurezza nei luoghidi lavoro)

• DM 12 marzo 2008 (Modalità attuative deicommi 20 e 21 dell’art. 1 della Legge 24 di-cembre 2007, n. 247, concernente la certifi-cazione di esposizione all’amianto di lavoratorioccupati in aziende interessate agli atti di in-dirizzo ministeriale)

• D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 (“Ulteriori di-sposizioni correttive e integrative del D.Lgs. 3aprile 2006, n. 152, recante norme in materiaambientale”)

• Decreto 12 marzo 2008: Ministero del Lavoro

e della Previdenza Sociale. Modalità attuativedei commi 20 e 21 dell’art. 1 della Legge 24dicembre 2007, n. 247, concernente la certi-ficazione di esposizione all’amianto di lavora-tori occupati in aziende interessate agli atti diindirizzo ministeriale (GU n. 110 del 12 mag-gio 2008)

• Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge fi-nanziaria 2008) art. 1, commi 245 e 246“Fondo per le vittime dell’amianto”

• D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257: Attuazionedella Direttiva 2003/18/CE relativa alla pro-tezione dei lavoratori dai rischi derivanti dal-l’esposizione all’amianto durante il lavoro (GUn. 211 dell’11 settembre 2006)

• Deliberazione 10 luglio 2006: Ministero del-l’Ambiente e della Tutela del Territorio e delMare. Disponibilità attrezzature minime perl’iscrizione nella categoria 9 - bonifica dei siti, enella categoria 10 - bonifica dei beni contenentiamianto (GU n. 211 dell’11 settembre 2006)

• D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152: Norme in mate-ria ambientale (GU n. 88 del 14 aprile 2006 -SO n. 96) - Testo vigente - aggiornato, da ul-timo, al Decreto Legge 28 dicembre 2006 n.300 - cd. “Decreto milleproroghe” (GU n.300 del 28 dicembre 2006) e alla Finanziaria2007 (Legge 296/2006, pubblicata nella GUn. 299 del 27 dicembre 2006 - SO n. 244)

• Legge 23 dicembre 2005, n. 266: Disposizioniper la formazione del bilancio annuale e plu-riennale dello Stato (Legge finanziaria 2006)[GU n. 302 del 29 dicembre 2005 - Suppl. Or-dinario n. 211) comma 567: Esposizione al-l’amianto lavoratori marittimi assicurati pressol’IPSEMA]

• Decreto 14 dicembre 2004: Ministero dellaSalute. Divieto di installazione di materialicontenenti amianto intenzionalmente aggiunto(GU n. 31 dell’8 febbraio 2005)

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• Decreto 27 ottobre 2004: Ministero del Lavoroe delle Politiche Sociali. Attuazione dell’art.47 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n.269, convertito, con modificazioni, nella Legge24 novembre 2003, n. 326. Benefici previden-ziali per i lavoratori esposti all’amianto (GUn. 295 del 17 dicembre 2004)

• Decreto 29 luglio 2004, n. 248: Ministerodell’Ambiente e della Tutela del Territorio. Re-golamento relativo alla determinazione e di-sciplina delle attività di recupero dei prodottie beni di amianto e contenenti amianto (GUn. 234 del 5 ottobre 2004)

• Deliberazione 30 marzo 2004 n. 02/CN/Albo:Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Ter-ritorio. Modulistica per l’iscrizione all’Albonella categoria 10 - Bonifica dei beni conte-nenti amianto (GU n. 88 del 15 aprile 2004)

• Deliberazione 30 marzo 2004 n. 01/CN/Albo:Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Ter-ritorio. Criteri e requisiti per l’iscrizione all’Albonella categoria 10 - Bonifica dei beni contenentiamianto (GU n. 88 del 15 aprile 2004)

• Decreto 5 febbraio 2004: Ministero dell’Am-biente e della Tutela del Territorio. Modalità eimporti delle garanzie finanziarie che devonoessere prestate a favore dello Stato dalle impreseche effettuano le attività di bonifica dei benicontenenti amianto (GU n. 87 del 14 aprile2004)

• Legge 24 novembre 2003, n. 326 - Testo co-ordinato del Decreto Legge 30 settembre 2003,n. 269 (GU n. 229 del 2 ottobre 2003 - Suppl.Ordinario n. 157). Testo del Decreto Legge30 settembre 2003, n. 269, coordinato con laLegge di conversione 24 novembre 2003, n.326, recante “Disposizioni urgenti per favorirelo sviluppo e per la correzione dell’andamentodei conti pubblici” (GU n. 274 del 25 no-vembre 2003 - Suppl. Ordinario n. 181)

• Decreto del Presidente della Repubblica 23maggio 2003: Approvazione del Piano Sanita-rio Nazionale 2003-2005 (GU n. 139 del 18giugno 2003 - Suppl. Ordinario n. 95)

• Decreto 18 marzo 2003, n. 101: Ministerodell’Ambiente e della Tutela del Territorio. Re-golamento per la realizzazione di una mappa-tura delle zone del territorio nazionale inte-ressate dalla presenza di amianto, ai sensi del-l’art. 20 della Legge 23 marzo 2001, n. 93(GU n. 106 del 9 maggio 2003)

• Legge 27 dicembre 2002, n. 289: Disposizioniper la formazione del bilancio annuale e plu-riennale dello Stato. Art. 39 - Spesa assistenzialee benefici previdenziali per i lavoratori espostiall’amianto (Legge finanziaria 2003) [GU n.305 del 31 dicembre 2002 - Suppl. Ordinarion. 240]

• Decreto del Presidente del Consiglio dei Mi-nistri 10 dicembre 2002, n. 308: Regolamentoper la determinazione del modello e delle mo-dalità di tenuta del registro dei casi di mesote-lioma asbesto correlati ai sensi dell’art. 36,comma 3, del D.Lgs. n. 277 del 1991 (GU n.31 del 7 febbraio 2003)

• DM del 6 giugno 2002. Traduzione in linguaitaliana del testo consolidato della versione2001 delle disposizioni degli allegati A e Bdell’Accordo europeo sul trasporto internazio-nale di merci pericolose su strada (ADR), dicui al Decreto del Ministro delle Infrastrutturee dei Trasporti 21 dicembre 2001 in materiadi trasporto di merci pericolose su strada

• Direttiva Interministeriale 9 aprile 2002: In-dicazioni per la corretta e piena applicazionedel regolamento comunitario n. 2557/2001sulle spedizioni di rifiuti e in relazione al nuovoelenco dei rifiuti

• Deliberazione 12 dicembre 2001. Criteri e re-quisiti per l’iscrizione all’albo nazionale delle

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imprese che effettuano la gestione dei rifiuti,nella categoria 9: bonifica dei siti

• DM del 18 settembre 2001 n. 468. Regola-mento recante “Programma nazionale di bo-nifica e ripristino ambientale”

• Decreto Ministero Sanità, 25 luglio 2001. Ret-tifica al Decreto 20 agosto 1999, concernente“Ampliamento delle normative e delle meto-dologie tecniche per gli interventi di bonifica,ivi compresi quelli per rendere innocuol’amianto, previsti dall’art. 5, comma 1, letteraf ), della Legge 27 marzo 1992, n. 257, recantenorme relative alla cessazione dell’impiegodell’amianto”

• Decreto 9 maggio 2001: Standard minimi di-mensionali e qualitativi e Linee guida relativeai parametri tecnici ed economici concernentila realizzazione di alloggi e residenze per stu-denti universitari di cui alla Legge 14 novembre2000 n. 338 - (Decreto n. 118) [GU n. 117del 21 maggio 2002 - Suppl. Ordinario n. 107] 

• Legge 23 marzo 2001, n. 93. Disposizioni incampo ambientale

• Deliberazione 14 marzo 2001. Comitato Na-zionale Albo Imprese esercenti servizi di smal-timento dei rifiuti. Modificazioni alla delibe-razione 1 febbraio 2000, protocollo n.002/CN/Albo, recante “Criteri per l’iscrizioneall’Albo nella categoria 10: bonifica dei benicontenenti amianto”

• Decreto Ministeriale del 26 giugno 2000 n.219. Regolamento recante la disciplina per lagestione dei rifiuti sanitari, ai sensi dell’art. 45del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22

• Circolare del 15 marzo 2000 n. 4. Note espli-cative del DM 1 settembre 1998 recante “Di-sposizioni relative alla classificazione, imbal-laggio ed etichettatura di sostanze pericolose(fibre artificiali vetrose)”

• Deliberazione 1 febbraio 2000. Comitato Na-

zionale Albo Imprese esercenti servizi di smal-timento dei rifiuti. Criteri per l’iscrizione al-l’albo nella categoria 10 - bonifica dei benicontenenti amianto

• D.Lgs. 19 novembre 1999, n. 528. Attuazionedella Direttiva 92/57/CEE concernente le pre-scrizioni minime di sicurezza e di salute da at-tuare nei cantieri temporanei o mobili. Modi-fiche e integrazioni al D.Lgs. 14 agosto 1996,n. 494, recante attuazione della Direttiva92/57/Cee concernente prescrizioni minime disicurezza e di salute da attuare nei cantieri tem-poranei o mobili (TESTO COORDINATO)

• DM 25 ottobre 1999, n. 471. Regolamentorecante criteri, procedure e modalità per lamessa in sicurezza, la bonifica e il ripristinoambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’art.17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e succes-sive modificazioni e integrazioni

• Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Mi-nistri del 21 ottobre 1999 n. 3011. Ulteriori di-sposizioni per fronteggiare l’emergenza nel settoredello smaltimento dei rifiuti nella regione Cam-pania e per il collegato risanamento ambientale,idrogeologico e di regimazione idraulica

• Decreto Ministero Sanità 20 agosto 1999: Am-pliamento delle normative e delle metodologietecniche per gli interventi di bonifica, ivi com-presi quelli per rendere innocuo l’amianto, pre-visti dall’art. 5, comma 1, lettera f ), della Legge27 marzo 1992, n. 257, recante norme relativealla cessazione dell’impiego dell’amianto

• DM 31 maggio 1999. Individuazione delle la-vorazioni vietate per la fornitura di lavoro tem-poraneo, ai sensi dell’art. 1, comma 4, dellaLegge 24 giugno 1997, n. 196

• Ordinanza del Presidente del Consiglio deiMinistri del 31 maggio 1999 n. 2983. Imme-diati interventi per fronteggiare la situazionedi emergenza determinatasi nel settore dello

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smaltimento dei rifiuti urbani nella regione si-ciliana (Ordinanza n. 2983)

• Decreto Ministero Lavoro 19 maggio 1999Individuazione delle attività particolarmenteusuranti (art. 59, comma 11 della Legge449/1997)

• Circolare del 29 aprile 1999 n. 34. Oggetto:Indumenti di lavoro e dispositivi di protezioneindividuale

• D.Lgs. Governo del 13 gennaio 1999 n. 41.Attuazione delle direttive 96/49/CE e96/87/CE relative al trasporto di merci peri-colose per ferrovia

• Legge ordinaria del Parlamento del 31 dicem-bre 1998 n. 485. Delega al Governo in materiadi sicurezza del lavoro nel settore portuale ma-rittimo

• Decreto Ministeriale 29 settembre 1998, n.382: Regolamento recante norme per l’indivi-duazione delle particolari esigenze negli istitutidi istruzione ed educazione di ogni ordine egrado, ai fini delle norme contenute nel D.Lgs.19 settembre 1994, n. 626, e successive mo-difiche e integrazioni

• Decreto Ministero Ambiente 3 settembre 1998,n. 370: Regolamento recante norme concernentile modalità di prestazione della garanzia finan-ziaria per il trasporto transfrontaliero di rifiuti

• DM 4 agosto 1998, n. 372: Regolamento re-cante norme sulla riorganizzazione del catastodei rifiuti

• Decreto Ministero Ambiente 28 aprile 1998,n. 406: Regolamento recante norme di attua-zione di direttive dell’Unione europea, aventea oggetto la disciplina dell’Albo nazionale delleimprese che effettuano la gestione dei rifiuti

• Legge 24 aprile 98, n. 128: Disposizioni perl’adempimento di obblighi derivanti dall’ap-partenenza dell’Italia alla CEE (Legge Com.1995-1997)

• DM 1 aprile 1998, n. 145. Regolamento re-cante la definizione del modello e dei contenutidel formulario di accompagnamento dei rifiutiai sensi degli artt. 15, 18, comma 2, lettera e),e comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22

• Decreto Ministero Industria Commercio Arti-gianato 26 marzo 1998. Elenco contenente inomi delle imprese e dei materiali sostitutividell’amianto che hanno ottenuto l’omologazione

• Decreto Ministero Ambiente 11 marzo 1998,n. 141: Regolamento recante Norme per lo smal-timento in discarica dei rifiuti e per la cataloga-zione dei rifiuti pericolosi smaltiti in discarica

• Circolare Ministero Lavoro e Previdenza So-ciale, 5 marzo 1998, n. 30 Ulteriori chiari-menti interpretativi del D.Lgs. 494/1996 e delD.Lgs. 626/1994

• DM 1 marzo 1998, n. 148. Regolamento re-cante approvazione del modello dei registri dicarico e scarico dei rifiuti ai sensi degli artt.12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4,del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22

• DM 5 febbraio 1998. Individuazione dei rifiutinon pericolosi sottoposti alle procedure sem-plificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22

• Linee guida sull’applicazione del D.Lgs.494/1996. A cura del Coordinamento delleRegioni e delle Province Autonome di Trentoe Bolzano (Versione definitiva approvata il 9ottobre 1997 e modificata nell’ottobre 1998)

• DM 7 luglio 1997: Approvazione della schedadi partecipazione al programma di controllodi qualità per l’idoneità dei laboratori di analisiche operano nel settore “amianto” 

• Decreto Ministero Industria Commercio Ar-tigianato 12 febbraio 1997. Criteri per l’omo-logazione dei prodotti sostitutivi dell’amianto

• Decreto Ministero Ambiente 12 febbraio 1997:Criteri per l’omologazione dei prodotti sostitu-

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Ministero della Salute

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tivi dell’amianto (GU n. 60 del 13 marzo 1997)• D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 “Decreto Ronchi

Ter” Attuazione delle Direttive 91/156/CEE suirifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballag-gio (Testo aggiornato con le modifiche e inte-grazioni apportate dal D.Lgs. 8 novembre 1997,n. 389 e dalla Legge 9 dicembre 1998, n. 426)

• D.Lgs. 3 febbraio 1997, n. 52. Attuazionedella Direttiva 92/32/CEE concernente clas-sificazione, imballaggio ed etichettatura dellesostanze pericolose

• D.Lgs. 242/1996. Disposizioni integrative ecorrelative del Decreto Legislativo 626/1994

• Decreto Legislativo 14 agosto 1996, n. 494. At-tuazione della direttiva 92/57/CEE concernentele prescrizioni minime di sicurezza e di salute daattuare nei cantieri temporanei o mobili.

• Decreto Legislativo 14 agosto 1996, n. 493.Attuazione della direttiva 92158/CEE concer-nente le prescrizioni minime per la segnaleticadi sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro.

• Decreto Presidente Repubblica 4 luglio 1996,n. 459. Regolamento per l’attuazione delle Di-rettive89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEEe 93/68/CEE concernenti il riavvicinamentodelle legislazioni degli Stati membri relativealle macchine.

• Decreto Ministeriale 14 maggio 1996: Nor-mative e metodologie tecniche per gli inter-venti di bonifica, ivi compresi quelli per ren-dere innocuo l’amianto

• Linee guida per l’applicazione del D.Lgs.626/1994 A cura del Coordinamento delle Re-gioni e delle Province autonome con la colla-borazione dell’ISPESL e dell’Istituto Superioredi Sanità. Versione definitiva approvata il22/4/1996 dalle Regioni e Province Autonomedi Trento e Bolzano e dagli Istituti centrali

• Decreto del Presidente del Consiglio dei Mi-

nistri del 16 novembre 1995. Ripartizione dicontributi a carico del bilancio dello Stato erelativi all’annualità 1994 per la realizzazionedei piani di cui all’art. 10 della Legge 27 marzo1992, n. 257 (GU n. 2 del 3 gennaio 1996)

• Decreto Ministero della Sanità 26 ottobre 95:Normative e metodologie tecniche per la va-lutazione del rischio, il controllo, la manuten-zione e la bonifica dei materiali contenentiamianto nei mezzi rotabili

• D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 114. Attuazionedella Direttiva 87/217/CEE in materia di pre-venzione e riduzione dell’inquinamento del-l’ambiente causato dall’amianto

• Circolare Ministero Sanità 12 aprile 1995, n.7. Circolare esplicativa del decreto ministeriale6 settembre 1994

• Decreto Ministero Industria Commercio Ar-tigianato 28 marzo 1995, n. 202. Regolamentorecante modalità e termini per la presentazionedelle domande di finanziamento a valere sulfondo speciale per la riconversione delle pro-duzioni di amianto, previsto dalla Legge 27marzo 1992, n. 257, concernente norme rela-tive alla cessazione dell’impiego dell’amianto

• D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 • Decreto Ministero della Sanità 6 settembre

1994: Normative e metodologie tecniche perla valutazione del rischio, il controllo, la ma-nutenzione e la bonifica dei materiali conte-nenti amianto presenti nelle strutture edilizie(Circolare esplicativa n. 7 del 12 aprile 95)

• Decreto Ministero Sanità 5 settembre 1994Elenco delle industrie insalubri di cui all’art.216 del testo unico delle leggi sanitarie.

• Decreto Presidente Repubblica 8 agosto 1994.Atto di indirizzo e coordinamento alle Regionie alle Province Autonome di Trento e di Bol-zano per l’adozione di piani di protezione, didecontaminazione, di smaltimento e di boni-

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5Quadro normativo, modalità applicative e criticità

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fica dell’ambiente, ai fini della difesa dai peri-coli derivanti dall’amianto

• D.Lgs. 19 marzo 1994, n. 626. Attuazionedelle Direttive 89/391CEE, 89/654/CEE,89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE ri-guardanti il miglioramento della sicurezza edella salute dei lavoratori sul luogo di lavoro

• Circolare Regionale Assessorato alla Sanità 7dicembre 1993 n. 42: Rimozione di coperturein cemento-amianto

• D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 374: I mestieri a ri-schio - Le attività previste dalla tabella A alle-gata al Decreto

• Legge 4 agosto 1993, n. 271. Conversione inLegge, con modificazioni, del Decreto Legge5 giugno 1993, n. 169, recante disposizioniurgenti per i lavoratori del settore dell’amianto

• Circolare Ministero Industria Commercio 17febbraio 1993, n. 124976. Modello unificatodello schema di relazione di cui all’art. 9, commi1 e 3, della Legge 27 marzo 1992, n. 257, con-cernente le imprese che utilizzano amianto neiprocessi produttivi o che svolgono attività dismaltimento o di bonifica dell’amianto

• D.Lgs, 4 dicembre 1992, n. 475. Attuazionedella Direttiva 89/686/CEE del Consiglio del21 dicembre 1989, in materia di ravvicina-mento delle legislazioni degli Stati membri re-lative ai dispositivi di protezione individuale

• Legge 27 marzo 1992 n. 257. Norme relativealla cessazione dell’impiego dell’amianto.

• D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 77. Attuazionedella Direttiva 88/364/CEE in materia di pro-tezione dei lavoratori contro i rischi di esposi-zione ad agenti chimici, fisici e biologici du-rante il lavoro

• DPR 8 novembre 1991, n. 435 (“Approvazioneregolamento per la sicurezza della navigazionee della vita umana in mare”)

• D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277: Attuazione delleDirettive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n.83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE,in materia di protezione dei lavoratori contro irischi derivanti da esposizione ad agenti chimici,fisici e biologici durante il lavoro, a norma del-l’art. 7 della Legge 30 luglio 1990, n. 212

• Decreto Interministeriale 12 luglio 1990. Lineeguida per il contenimento delle emissioni in-quinanti degli impianti industriali e la fissa-zione dei valori minimi di emissione 

• Decreto del Presidente del Consiglio dei Mi-nistri del 21 luglio 1989 (GU n. 171 del 24luglio 1989): Adeguamento emissioni in at-mosfera 

• Decreto Ministero dell’Ambiente 26 aprile1989: Catasto rifiuti speciali 

• Decreto Ministero del Lavoro 20 giugno 1988:Premi assicurativi rischio asbestosi

• Decreto del Presidente della Repubblica del24 maggio 1988 n. 215 (SO alla GU n. 143del 20 giugno 1988): Divieto Crocidolite conderoghe 

• Decreto Ministero della Sanità 2 marzo 1987:Elenco industrie insalubri

• Decreto Ministero del Lavoro 21 gennaio1987: Visite periodiche ai lavoratori a rischioasbestosi 

• Decreto 16 ottobre 1986: Integrazione dellenorme del decreto del Presidente della Repub-blica 9 aprile 1959, n. 128, in materia di con-trollo dell’aria ambiente nelle attività estrattivedell’amianto

• Circolare Ministero Sanità 10 luglio 1986, n.45. Piano di interventi e misure tecniche perl’individuazione ed eliminazione del rischioconnesso all’impiego di materiali contenentiamianto in edifici scolastici e ospedalieri pub-blici e privati

• Circolare Ministero Sanità 1 luglio 1986, n. 42.

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Ministero della Salute

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Indicazioni esplicative per l’applicazione dell’or-dinanza ministeriale 26 giugno 1986 relativaalle restrizioni sul mercato e all’uso della croci-dolite e di taluni prodotti che la contengono

• Ordinanza Ministero Sanità 26 giugno 1986.Restrizioni all’immissione sul mercato ed al-l’uso della crocidolite e dei prodotti che la con-tengono

• Delibera Comitato Interministeriale (pubbli-cata sul SO n. 52 alla GU n. 253 del 13 set-tembre 1984) Smaltimento rifiuti T/N diamianto 

• Decreto Presidente Repubblica 10 settembre1982, n. 915. Attuazione delle Direttive CEEn. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativaallo smaltimento dei policlorodifenili e dei po-liclorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiutitossici e nocivi

• Legge del 27 dicembre 1975, n. 780: Revisionetabelle lavorazioni a rischio di asbestosi 

• Legge 26 aprile 1974, n. 191. Prevenzione de-gli infortuni sul lavoro nei servizi e negli im-pianti gestiti dalla Azienda autonoma delleFerrovie dello Stato

• Decreto Interministeriale 18 aprile 1973: Ob-bligo denuncia dell’asbestosi 

• Decreto Ministeriale del 12 febbraio 1971, ag-giornato dal DM 5 settembre 1994 (GU n.64 del 12 marzo 1971 e GU n. 220 del 20settembre 1994): Elenco industrie insalubri

• Decreto del Presidente della Repubblica del30 giugno 1965 n. 1124 (SO alla GU n. 257del 13 ottobre 1965): Assicurazione control’asbestosi 

• Decreto Presidente Repubblica 20 marzo1956, n. 323. Norme per la prevenzione degliinfortuni sul lavoro negli impianti telefonici.Aggiornamento: art. 51, D.Lgs. 24 giugno1998, n. 213)

• Decreto Presidente Repubblica 20 marzo 1956,

n. 320. Norme per la prevenzione degli infor-tuni e l’igiene del lavoro sotterraneo. Aggiorna-mento: art. 51, D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213

• Decreto Presidente Repubblica 19 marzo1956, n. 303. Norme generali per l’igiene dellavoro. Aggiornamenti: D.Lgs. 4 giugno 1997,n. 143; DPR 13 settembre 1999; art. 51,D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213 e art. 11,D.Lgs. 300/1999, cit.

• Decreto Presidente Repubblica 19 marzo1956, n. 302. Norme di prevenzione degli in-fortuni sul lavoro integrative di quelle generaliemanate con decreto del Presidente della Re-pubblica 27 aprile 1955 n. 547. Aggiorna-menti: art. 51, D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213;art. 11, D.Lgs. 300/1999, cit.

• Decreto Presidente Repubblica 7 gennaio1956, n. 164. Norme per la prevenzione degliinfortuni sul lavoro nelle costruzioni

• Decreto Presidente Repubblica 27 aprile 1955,n. 547. Norme per la prevenzione degli infor-tuni

Abrogazioni

• D.Lgs. 15 agosto 1991 n. 277 (GU n. 200 del27 agosto 1991, SO n. 53) abrogato dal D.Lgs.81/2008

• D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494 (GU n. 223 del23 settembre 1996, SO n. 156) abrogato dalD.Lgs. 81/2008

• D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (GU n. 38 del15 febbraio 1997, SO n. 33) abrogato dalD.Lgs. 152/2006

• DM 11 marzo 1998 n. 141 (GU n. 108 del12 maggio 1998) abrogato dal D.Lgs. 36/2003

• DM 13 marzo 2003 (GU n. 67 del 21 marzo2003) abrogato dal DM 3 agosto 2005

• Legge 24 novembre 2003 n. 326 (GU 25 no-vembre 2003) abrogata dal D.Lgs. 66/2010

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5Quadro normativo, modalità applicative e criticità

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• DM 3 agosto 2005 (GU n. 201 del 30 agosto2005) abrogato dal DM 27 settembre 2010

Fonti comunitarie e dell’UE

• D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (Attuazione dell’art.1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123, in materiadi tutela della salute e della sicurezza nei luoghidi lavoro)

• Regolamento (CE) 14 giugno 2006 n.1013/2006 (Regolamento del Parlamento Eu-ropeo e del Consiglio relativo alle spedizioni dirifiuti)

• Direttiva 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE(Direttiva del parlamento europeo e del consigliorelativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive)

• Direttiva 30 novembre 2009 n. 2009/148/CE(Relativa alla protezione dei lavoratori controi rischi connessi con l’esposizione all’amiantodurante il lavoro)

• Parere 2007/C 97/07 del Comitato economicoe sociale europeo in merito alla Proposta didirettiva del Parlamento europeo e del Consi-glio sulla protezione dei lavoratori contro i ri-schi connessi con un’esposizione all’amiantodurante il lavoro (versione codificata) [GUUEC97 del 28 aprile 2007]

• Dichiarazione di Bruxelles del 23 settembre2005 assunta dagli Stati membri in seno allaConferenza europea sull’amianto (Raccoman-dazione per l’istituzione di appositi fondi na-zionali finalizzati a garantire assistenza alle vit-time dell’amianto e alle persone a esso esposte)

• Direttiva 2003/18/CE del 27 marzo 2003 -Parlamento Europeo e Consiglio - che modi-fica la Direttiva 83/477/CEE del Consigliosulla protezione dei lavoratori contro i rischiconnessi con un’esposizione all’amianto du-rante il lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE)[GUUE L97 del 15 aprile 2003]

• UNI ISO 10397:2002 - Codice ICS:13.040.40 dicembre 2002: Emissioni da sor-gente fissa - Determinazione delle emissionida opere di amianto - Metodo di misurazionemediante conteggio delle fibre

• Risoluzione CE n. 161/01 del 3 giugno 2002.Risoluzione del Consiglio del 3 giugno 2002su una nuova strategia comunitaria per la salutee la sicurezza sul luogo di lavoro (2002-2006)

• Comunicazione CE n. 119/07 del 22 maggio2002. Procedura d’informazione - Regole tec-niche

• Parere CE n. 94/09 del 18 aprile 2002. Pareredel Comitato economico e sociale sul tema“Proposta di Direttiva del Parlamento europeoe del Consiglio recante modifica della Direttivadel Consiglio 83/477/CEE sulla protezionedei lavoratori contro i rischi connessi conun’esposizione all’amianto durante il lavoro”

• Decisione CEE/CEEA/CECA n. 272 del 25marzo 2002. Decisione della Commissione del25 marzo 2002 che stabilisce i criteri ecologiciper l’assegnazione di un marchio comunitariodi qualità ecologica alle coperture dure per pa-vimenti

• Raccomandazione CE n. 680 del 7 settembre2001. 2001/680/CE: Raccomandazione dellaCommissione del 7 settembre 2001 relativaagli orientamenti per l’attuazione del regola-mento (CE) n. 761/2001 del Parlamento eu-ropeo e del Consiglio sull’adesione volontariadelle organizzazioni a un sistema comunitariodi ecogestione e audit (EMAS)

• Decisione CEE/CEEA/CECA n. 573 del 23luglio 2001. 2001/573/CE: Decisione delConsiglio del 23 luglio 2001 che modifical’elenco di rifiuti contenuto nella decisione2000/532/CE della Commissione

• Comunicazione CE del 13 dicembre 2000.Procedura d’informazione - Regole tecniche

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Ministero della Salute

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• Decisione CEE/CEEA/CECA n. 532 del 3maggio 2000. Decisione della Commissionedel 3 maggio 2000 che sostituisce la decisione94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti con-formemente all’articolo 1, lettera a), della Di-rettiva 75/442/CEE del Consiglio relativa airifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglioche istituisce un elenco di rifiuti pericolosi aisensi dell’art. 1, paragrafo 4, della Direttiva91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiutipericolosi

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 77 del 26 luglio1999. Direttiva della Commissione del 26 lu-glio 1999 che adegua per la sesta volta al pro-gresso tecnico l’allegato I della Direttiva76/769/CEE del Consiglio concernente il rav-vicinamento delle disposizioni legislative, re-golamentari e amministrative degli Stati mem-bri relative alle restrizioni in materia di im-missione sul mercato e di uso di talune sostanzee preparati pericolosi (amianto)

• CEE direttiva Consiglio 16 dicembre 1988, n.88/642 (che modifica la Direttiva 80/1107/CEEsulla protezione dei lavoratori contro i rischiderivanti da un’esposizione ad agenti chimici,fisici e biologici durante il lavoro)

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 24 del 7 aprile1998: Direttiva del Consiglio del 7 aprile 1998sulla protezione della salute e della sicurezzadei lavoratori contro i rischi derivanti da agentichimici durante il lavoro (quattordicesima di-rettiva particolare ai sensi dell’arti. 16, para-grafo 1, della Direttiva 89/391/CEE)

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 24 del 17 giugno1997. Direttiva del Parlamento Europeo e delConsiglio del 17 giugno 1997 relativa a talunielementi o caratteristiche dei veicoli a motorea due o a tre ruote

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 49 del 23 luglio1996. Direttiva del Consiglio del 23 luglio

1996 per il ravvicinamento delle legislazionidegli Stati membri relative al trasporto di mercipericolose per ferrovia 

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 33 del 22 giugno1994. Direttiva del Consiglio del 22 giugno1994 relativa alla protezione dei giovani sullavoro

• Regolamento CEE/UE n. 259 dell’1 febbraio1993. Regolamento (CEE) n. 259/93 del Con-siglio dell’1 febbraio 1993 relativo alla sorve-glianza e al controllo delle spedizioni di rifiutiall’interno della Comunità europea, nonchéin entrata e in uscita dal suo territorio

• Regolamento CEE/UE n. 2455 del 23 luglio1992 del Consiglio del 23 luglio 1992 relativoalle esportazioni e importazioni comunitariedi taluni prodotti chimici pericolosi

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 692 del 23 dicem-bre 1991. Direttiva del Consiglio del 23 di-cembre 1991 per la standardizzazione e la ra-zionalizzazione delle relazioni relative all’attua-zione di talune direttive concernenti l’ambiente

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 689 del 12 di-cembre 1991. Direttiva del Consiglio del 12dicembre 1991 relativa ai rifiuti pericolosi

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 659 del 3 dicembre1991. Direttiva della Commissione del 3 di-cembre 1991 che adegua al progresso tecnicol’allegato I della Direttiva 76/769/CEE del Con-siglio concernente il ravvicinamento delle di-sposizioni legislative, regolamentari e ammini-strative degli Stati membri relative alle restrizioniin materia di immissione sul mercato e di uso ditalune sostanze e preparati pericolosi (amianto)

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 382 del 25 giu-gno 1991. Direttiva del Consiglio del 25 giu-gno 1991 che modifica la Direttiva83/477/CEE sulla protezione dei lavoratoricontro i rischi connessi con un’esposizione al-l’amianto durante il lavoro (seconda Direttiva

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5Quadro normativo, modalità applicative e criticità

Page 126: Quaderni del Ministero della Salute - ISSN 2038-5293 15...2009/148/CE, ancora oggi, a distanza di vent’anni dall’emanazione della Legge 27 marzo 1992, n. 257, che stabilisce la

particolare ai sensi dell’art. 8 della Direttiva80/1107/CEE)

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 656 del 4 dicem-bre 1990. Direttiva del Consiglio del 4 dicem-bre 1990, relativa alle misure transitorie ap-plicabili in Germania concernenti talune di-sposizioni comunitarie nel settore della tuteladell’ambiente

• Direttiva CEE/CEEA/CE n. 394 del 28 giu-gno 1990. Direttiva del Consiglio del 28 giu-gno 1990 sulla protezione dei lavoratori controi rischi derivanti da un’esposizione ad agenticancerogeni durante il lavoro (sesta Direttivaparticolare ai sensi dell’art. 16, paragrafo 1della Direttiva 89/391/CEE)

• Raccomandazione CE n. 326 del 22 maggio1990. Raccomandazione della Commissionedel 22 maggio 1990 riguardante l’adozione diun elenco europeo delle malattie professionali

• CEE Direttiva Consiglio 19 marzo 1987, n.87/217 (concernente la prevenzione e la ridu-zione dell’inquinamento dell’ambiente causatodall’amianto)

• CEE Direttiva Consiglio 12 maggio 1986, n.86/188 (in materia di protezione dei lavoratoricontro i rischi derivanti dall’esposizione al ru-more durante il lavoro)

• CEE Direttiva Consiglio 20 dicembre 1985,n. 85/610 (recante settima modifica - amianto- della Direttiva 76/769/CEE concernente ilravvicinamento delle disposizioni legislative,regolamentari e amministrative degli Statimembri relative alle restrizioni in materia diimmissione sul mercato e di uso di talune so-stanze e preparati pericolosi)

• CEE Direttiva Consiglio 19 settembre 1983,n. 83/478 (recante quinta modifica - amianto- della Direttiva 76/769/CEE per il ravvicina-mento delle disposizioni legislative, regolamen-tari e amministrative degli Stati membri rela-

tive alle restrizioni in materia di immissionesul mercato e di uso di talune sostanze e pre-parati pericolosi)

• CEE Direttiva Consiglio 19 settembre 1983,n. 83/477 (sulla protezione dei lavoratori con-tro i rischi connessi con l’esposizione al-l’amianto durante il lavoro - seconda Direttivaparticolare ai sensi dell’art. 8 della Direttiva80/1107/CEE)

• CEE Direttiva Consiglio 28 luglio 1982, n.82/605 (sulla protezione dei lavoratori controi rischi connessi a un’esposizione al piombometallico e ai suoi composti ionici durante illavoro - prima direttiva particolare ai sensidell’art. 8 della Direttiva 80/1107/CEE)

• CEE Direttiva Consiglio 27 novembre 1980,n. 80/1107 (sulla protezione dei lavoratoricontro i rischi derivanti da un’esposizione adagenti chimici, fisici e biologici durante il la-voro)

• CEE Direttiva Consiglio 20 marzo 1978, n.78/319 (relativa ai rifiuti tossici e nocivi)

• CEE Direttiva Consiglio 27 luglio 1976, n.76/769 (concernente il ravvicinamento delledisposizioni legislative, regolamentari ed am-ministrative degli Stati membri relative alle re-strizioni in materia di immissione sul mercatoe di uso di talune sostanze e preparati pericolosi)

• CEE Direttiva Consiglio 15 luglio 1975, n.75/442 (relativa ai rifiuti)

Abrogazioni

• Regolamento (CE) 6 luglio 2007, n. 801/2007(GUUE 7 luglio 2007, n. L.179) abrogato dalRegolamento (CE) 1418/2007

• Direttiva 19 settembre 1983 n. 81/477/CEE(GUCE 24 settembre 1983 n. L.263) abrogatadalla Direttiva n. 2009/148/CEE

• UNI ISO 10397:2002 - Codice ICS:

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Ministero della Salute

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13.040.40 dicembre 2002: Emissioni da sor-gente fissa - Determinazione delle emissionida opere di amianto - Metodo di misurazionemediante conteggio delle fibre

Leggi regionali

• LEGGE REGIONALE CALABRIA n. 14del 27 aprile 2011: Interventi urgenti per lasalvaguardia della salute dei cittadini: normerelative all’eliminazione dei rischi derivantidall’esposizione a siti e manufatti contenentiamianto

• LEGGE REGIONALE ABRUZZO n. 11 del4 agosto 2009: Norme per la protezione del-l’ambiente, decontaminazione, smaltimento ebonifica ai fini della difesa dei pericoli derivantidall’amianto

• LEGGE REGIONALE LIGURIA n. 5 del 6marzo 2009: Norme per la prevenzione deidanni e dei rischi derivanti dalla presenza di

amianto, per le bonifiche e per lo smaltimento• LEGGE REGIONALE PIEMONTE n. 30

del 14 ottobre 2008: Norme per la tutela dellasalute, il risanamento dell’ambiente, la bonificae lo smaltimento dell’amianto

• LEGGE REGIONALE LOMBARDIA n. 17del 29 settembre 2003: Norme per il risana-mento dell’ambiente, bonifica e smaltimentodell’amianto

• LEGGE REGIONALE MOLISE n. 20 del7 maggio 2003: Interventi urgenti per la bo-nifica dell’amianto

• LEGGE REGIONALE FRIULI VENEZIAGIULIA n. 22 del 12 settembre 2001: Di-sposizioni in materia di sorveglianza, preven-zione e informazione delle situazioni da rischioamianto e interventi regionali ad esso correlati(modificata e integrata dalla LR 3/2005)

• LEGGE REGIONALE PUGLIA n. 6 del 4gennaio 2001: Individuazione dei siti per losmaltimento dei rifiuti di amianto

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5Quadro normativo, modalità applicative e criticità

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6. Prevenzione primaria e secondaria del mesotelioma e patologie tumoraliasbesto-correlate

Concetti generali e dimensione del problema

L’amianto, un minerale presente in natura, per lesue straordinarie proprietà di incombustibilità ecapacità di isolante termico, elettrico o acustico èstato utilizzato su larga scala in numerosi contestiindustriali nel nostro Paese e in diverse aree delmondo. Le proprietà oncogene dell’amianto sono ormaiacclarate sin dalla metà degli anni Sessanta. Comesottolineato nel Capitolo 3, l’amianto genera nel-l’uomo patologie non oncologiche come l’asbestosie altre patologie benigne della pleura, e per essovi sono evidenze sufficienti di associazione causalecon il mesotelioma, il tumore del polmone, dellalaringe e dell’ovaio, ed evidenze limitate di asso-ciazione causale con il tumore del faringe, dellostomaco e del colon-retto.Considerando la pericolosità di questo materialeper la salute umana, dal 1992, nel nostro Paese,ogni attività di estrazione, commercio, importa-zione, esportazione e produzione di amianto, pro-dotti di amianto o prodotti contenenti amianto èstata bandita dall’intero territorio nazionale. Con l’aggiornamento dell’allegato 1 della Direttiva76/769/CEE del 26 luglio 1999, l’immissione sulmercato e l’uso di fibre d’amianto e dei prodotti

contenenti tali fibre intenzionalmente aggiuntesono stati vietati nei Paesi dell’Unione Europea.Un bando simile è stato anche adottato da diversiPaesi in tutto il mondo.Tuttavia, in ragione del grande utilizzo passato diamianto nel nostro Paese e in tutta Europa, dellalunga latenza delle malattie asbesto-correlate edella presenza del materiale ancora in elevate quan-tità nei luoghi in cui non si è provveduto alla bo-nifica e allo smaltimento, anche in ambienti divita e di lavoro, il tema della sorveglianza e dellaprevenzione dei rischi di esposizione ad amiantoè attualmente di grande rilevanza a livello sia na-zionale sia internazionale.Molti problemi relativi alla prevenzione delle pa-tologie amianto-correlate sono stati trattati nel re-cente rapporto prodotto dal Ministero della Salute,da parte del Gruppo di Studio istituito in data 8marzo 2008 “per la verifica dello stato di attuazionedella rispondenza delle norme relative alla cessa-zione dell’impiego dell’amianto e per l’implemen-tazione di azioni atte al loro completamento”(http://www.prevenzioneonline.net). Tale rapporto– al quale si rimanda per una visione complessivadei problemi – è costituito da 17 schede relativead approfondimenti di temi relativi alla preven-zione primaria e secondaria delle patologieamianto-correlate.

n. 15, maggio-giugno 2012

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o saranno evitate?) e sul fronte economico (si sonoridotti i costi sociosanitari?). Non è facile rispon-dere alle domande sopra formulate. Per alcune sipuò farlo utilizzando alcuni indicatori diretti oindiretti.Riguardo alle esposizioni, e in particolare quelleavvenute prima della messa al bando, occorre con-siderare non solo le esposizioni nei luoghi di la-voro, ma anche quelle al di fuori, in ambientedomestico per l’uso di manufatti contenentiamianto o per la contaminazione di indumentidi lavoro portati a casa da lavoratori esposti, enell’ambiente di vita più generale da contamina-zione prodotta da aziende dell’amianto. Le esposizioni professionali ad amianto, oggettodi provvedimenti legislativi specifici sin dal 1965,insieme alla Legge di bando dell’amianto (Legge257/1992), si sono ridotte consistentemente: nelperiodo 1990-1993 erano ancora stimati 680.000esposti ad amianto in Italia; nei primi anni dopoil bando i lavoratori esposti si erano ridotti intornoa 70.000. Il numero degli esposti o potenzialmentetali per gli anni successivi è recuperabile mediantel’analisi delle relazioni annuali ex art. 9 Legge257/1992 presentate alle Regioni dalle aziendeche operano nel campo delle bonifiche. Si stimache nei 20 anni trascorsi dal bando abbiano ope-rato nel campo delle bonifiche circa 100.000 la-voratori. Le lavorazioni che oggi sono consentiteriguardano la manutenzione, la messa in sicurezzao la rimozione dell’amianto o dei materiali con-tenenti amianto, il trattamento dei relativi rifiutie lo smaltimento. I lavoratori impiegati nelle ope-razioni di manutenzione e bonifica vengono regi-strati in qualità di addetti, potenzialmente esposti.La registrazione comprende i dati anagrafici, leore di lavoro svolte in condizioni di rischio po-tenziale e il livello di esposizione. I dati sono ri-portati nella relazione annuale ex art. 9 Legge257/1992 e inviati alle ASL competenti per terri-

Prevenzione primaria

La prevenzione primaria rappresenta il primo stepdell’attività preventiva e comprende tutti gli in-terventi utili a eliminare o comunque minimizzarel’esposizione al fattore di rischio responsabile didanno alla salute negli esposti.Importante è tenere presente che per l’amiantonon è definita una dose soglia al di sotto dellaquale non vi è rischio per la salute degli individuiesposti, anche se la normativa italiana specifica inmateria propone una soglia massima di esposizioneconsentita di 0,1 fibre per centimetro cubo d’aria;è perciò fondamentale attuare tutti gli interventidi prevenzione primaria previsti dalla normativaatti a evitare l’esposizione al fattore di rischio.La riduzione dell’esposizione può essere attuatasia con interventi a livello di comunità, mediantel’applicazione di normative atte a limitare l’in-quinamento da amianto e l’esposizione a essonell’ambiente di vita e di lavoro, sia a livello indi-viduale.Il quadro normativo italiano si sviluppa su treprincipali direzioni: restrizioni/divieti di impiego(una serie di decreti e circolari emessi a partiredal 1986 hanno progressivamente limitato e poivietato l’impiego dell’amianto), protezione dei la-voratori esposti, prevenzione/riduzione dell’in-quinamento ambientale (l’aspetto dell’inquina-mento ambientale da amianto è stato prevalente-mente affrontato nell’ambito delle Leggi sulla pro-tezione generale dell’ambiente).Il Capitolo 5 riporta estesamente il quadro nor-mativo italiano. Qui di seguito si riporta sinteti-camente quanto sinora è noto in termini di im-patto attuale o negli anni a venire determinato datale quadro normativo.Gli impatti possono esplicitarsi sulle esposizioni(quanto sono state ridotte?), sul guadagno in ter-mini sanitari (quante malattie sono state evitate

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cepisce la Direttiva comunitaria del 1987, definiscei valori limite per le concentrazioni di amiantonelle emissioni in atmosfera (0,1 mg/m3 di ariaemessa) e in effluenti liquidi (30 g di materia totalein sospensione per m3 di effluente liquido scaricato)ponendo indicazioni a riguardo delle procedure eai metodi di analisi per la verifica del rispetto deilimiti stessi. Anche gli ambienti confinati ove po-trebbe esserci amianto friabile sono stati oggettodi attenzione da parte del legislatore: la Legge257/1992 ha posto particolare attenzione a questoproblema, poi affrontato specificamente dal DPR8 agosto 1994, nel quale viene reso obbligatorio evincolante il censimento per gli edifici pubblici,per i locali aperti al pubblico e di utilizzazionecollettiva e per i blocchi di appartamenti nei qualisono presenti materiali o prodotti contenentiamianto libero o in matrice friabile. Il DM 6 set-tembre 1994 ha fissato i limiti di concentrazioneambientale per la restituibilità all’uso di locali dovesono avvenute opere di bonifica in 2 fibre/litromisurate mediante Microscopia Elettronica inScansione con sonda microanalitica.Indicatori indiretti dell’impatto della normativasulla riduzione delle esposizioni deriva dai dati dellosmaltimento; secondo i dati forniti dal CNR a oggivi sono ancora 32 milioni di tonnellate di cemento-amianto da bonificare in relazione a 2,5 miliardidi metri quadri di coperture in cemento-amiantopresenti sul territorio nazionale. L’ISPRA, nell’An-nuario 2011, riporta che i rifiuti contenentiamianto prodotti in Italia nell’anno 2009 ammon-tano a circa 379.000 tonnellate, con un aumentodel 18% rispetto all’anno precedente, probabil-mente dovuto agli incentivi disponibili per la so-stituzione delle coperture con pannelli fotovoltaici.Avendo la normativa, in primo luogo, messo albando l’uso diretto di amianto (impiego di materiaprima per la produzione di manufatti), ma ancheconsentito di mettere in atto presidi collettivi e

torio e alle Regioni. I lavoratori che subisconoesposizioni superiori al livello indicato nel D.Lgs.81/2008 vengono registrati, per quell’evento, nelRegistro degli esposti. Il processo di progressivamessa in sicurezza o di rimozione dei materialicontenenti amianto viene operato materialmenteda aziende specializzate che devono possedere bendeterminati requisiti, nonché attrezzature idoneeper effettuare i lavori in sicurezza per i propri la-voratori e per l’ambiente. Le aziende devono essereiscritte all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali,categoria 10, e i propri dipendenti, addetti alleopere di bonifica, devono essere in possesso dispecifico patentino rilasciato dalle Regioni, cheviene conseguito dopo aver frequentato i corsispecifici previsti dalla normativa. I lavori di bonifica devono essere preventivamentecomunicati alle ASL competenti per territorio pre-sentando il piano di lavoro, un documento che de-scrive nel dettaglio i tempi e i modi in cui la bonificaverrà effettuata. Entro 30 giorni la ASL deve espri-mere un parere sul piano e se necessario chiedereintegrazioni. I criteri per la vigilanza su questo tipodi lavori possono variare da Regione a Regione,ma generalmente i cantieri per la bonifica del-l’amianto friabile e quelli per l’amianto compattoche interessano quantitativi importanti vengonosupervisionati dalle ASL mediante sopralluoghi. Una quantificazione esatta delle risorse umane di-pendenti dal Servizio Sanitario Nazionale e dalleAgenzie Regionali per la Protezione dell’Ambienteimpiegate giornalmente nella sorveglianza su que-sto fattore di rischio non è al momento disponi-bile. Stime collocano questa cifra intorno alle 600-700 unità. Si stima di poter presentare i dati de-finitivi aggiornati nell’ambito della programmataConferenza Nazionale sull’amianto.Relativamente alle esposizioni in ambienti diversida quello occupazionale, una normativa italianaspecifica, il D.Lgs. 114 del 17 marzo 1995 che re-

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dal livello di contaminazione ambientale che puòprodursi durante il lavoro. I DPI respiratori devonoessere inoltre adeguati alla concentrazione dell’in-quinante e possedere un Fattore di ProtezioneOperativo (FPO) tale da non consentire la realeinalazione di fibre a una concentrazione superiorea un decimo del limite previsto dalla norma (0,1fibre/cm3). L’introduzione del meccanismo di cal-colo dell’esposizione reale computata mediantel’uso dell’FPO dei DPI obbliga le aziende a effet-tuare il monitoraggio ambientale durante le operedi bonifica (sostanzialmente durante la rimozionedi materiali friabili). L’aver stabilito un legame trail tipo di DPI respiratorio e il FPO, peraltro pre-visto nel DM 20 agosto 1999, ha messo in luce ilfatto che una maschera respiratoria non proteggein maniera assoluta dall’inquinante, ma esplica lasua funzione protettiva in base alle sue caratteri-stiche costruttive e al livello di inquinamento pre-sente all’esterno della maschera.Per quanto concerne gli interventi di prevenzioneprimaria a livello individuale, in particolare perquanto riguarda il mesotelioma, importante è si-curamente l’informazione/formazione non solodei lavoratori potenzialmente esposti, ma anchedella popolazione generale a cui è utile, a fini pre-ventivi, spiegare come si possa essere esposti al-l’amianto e che cosa possa comportare questaesposizione, quali siano i comportamenti da adot-tare per minimizzare il rischio, nonché informaresulla presentazione clinica delle patologie asbe-sto-correlate. L’utilizzo dell’informazione/formazione come stru-mento preventivo pone delle criticità, in partico-lare nella tecnica e nei contenuti dell’informa-zione; risulta infatti complesso trovare un equili-brio tra il fornire nozioni precise e di utile impiegonella vita quotidiana e il creare situazioni di al-larme che possano condizionare negativamentein modo scarsamente ragionevole la qualità di vita

individuali di prevenzione, nonché stabilito pro-cedure di lavoro in sicurezza, le esposizioni, ri-spetto a quelle presenti prima del 1992, si sonoconsiderevolmente ridotte. Con tempi di latenzavariabili si ridurranno anche gli effetti sanitari aessi correlati. Solo per le asbestosi, ormai da moltianni oggetto di attenzione, sono evidenziabili glieffetti di tali normative. L’asbestosi è il quadropatologico che per primo è stato associato all’espo-sizione ad amianto ad alti livelli, e che tuttavia informe lievi potrebbe prodursi anche in seguito apiù bassi livelli di esposizione. Applicando le pro-cedure previste dalla normativa vigente in materiadi protezione dal rischio si può ritenere poco pro-babile che tra gli addetti alle opere di bonifica sipresentino nuovi casi di asbestosi.Riguardo ai mesoteliomi, sono indicativi i risultatidel sistema di sorveglianza epidemiologica nazio-nale RENAM di cui è stato riferito estesamentenel Capitolo 3. Attualmente i dati raccolti riguar-dano oltre 15.000 casi diagnosticati dal 1993 al2008 con una copertura pressoché completa delterritorio nazionale (INAIL - 4° Rapporto RE-NAM); la loro analisi nel corso degli anni ha per-messo, tra l’altro, di comprendere situazioni diesposizione che le attività di censimento dei siti arischio non avevano evidenziato e di discutere einterpretare le previsioni sull’andamento del me-sotelioma, effettuate a partire dai dati di mortalitàdel tumore pleurico e dai consumi di amianto nelnostro Paese, che hanno indicato come plausibileuna riduzione dei casi a partire dal 2015 in rela-zione alla lunga latenza della malattia. Il D.Lgs. 81 ha introdotto importanti innovazioninel campo della prevenzione primaria da attuarsidurante i lavori che comportano la manipolazionedi materiali contenenti amianto. Per la prima voltaè stato scritto a chiare note che qualunque tipo dilavoro deve prevedere l’utilizzo di Dispositivi diProtezione Respiratoria (DPI), indipendentemente

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cursori verso l’insorgenza della patologia all’au-mentare la sopravvivenza riducendo la mortalitàper la patologia considerata. Solo quelle tecnichedi diagnosi precoce che portano a un migliora-mento dell’esito della malattia sono pertanto at-tuabili e giustificabili sul piano etico ed econo-mico, come peraltro affermato nella premessa delleRaccomandazioni del Ministero della Salute sugliscreening oncologici e come definito nella Rac-comandazione specifica dell’Unione Europea n.2003/878/CE.In questo processo, importante risulta il ruolo delmedico di medicina generale nel caso di soggettiex-esposti che, una volta in pensione, non sonopiù soggetti a sorveglianza sanitaria del medicocompetente: in questa tipologia di soggetti, il me-dico di medicina generale potrebbe proseguirel’eventuale programma di sorveglianza sanitariaper favorire la diagnosi precoce di patologie asbe-sto-correlate.La forma di mesotelioma prevalente è quella conlocalizzazione pleurica. Questo tipo di tumore ma-ligno si infiltra ampiamente nella pleura, determi-nando un versamento pleurico e un’importantecompromissione, in fase avanzata, della funziona-lità e della meccanica respiratoria. La diagnosi pre-coce sulla base dei sintomi è resa difficoltosa dal-l’assenza di sintomatologia iniziale o dalla presenzadi sintomi sfumati e aspecifici. Non sono dispo-nibili biomarcatori in grado di fornire una stimapredittiva sulla possibile insorgenza di mesoteliomapleurico in soggetti esposti. Di conseguenza, nonvi sono a oggi evidenze che giustifichino l’avvio dicampagne di screening per la diagnosi precoce dimesotelioma pleurico in soggetti asintomatici. Pergiustificare una campagna di screening è ancheindispensabile la dimostrazione che l’eventuale an-ticipo diagnostico incida in maniera significativasulla prognosi della patologia. Nel caso del meso-telioma non c’è alcuna documentazione che

del soggetto destinatario di tali informazioni. Ilmetodo più utilizzato per informazione/forma-zione è quello del counseling.Negli ultimi anni un’intensa attività di ricerca hariguardato la chemioprevenzione soprattutto perquanto concerne le patologie neoplastiche asbe-sto-correlate. In anni passati grandi trials hannotestato l’utilizzo di micronutrienti aventi azioneantiossidante anche in lavoratori esposti adamianto, ma nessuno di essi aveva mostrato dipossedere sufficienti requisiti di efficacia da poteressere utilizzati a fini preventivi. Più recentementealcuni studi sembrano suggerire che la sommini-strazione giornaliera di alcune sostanze quali acidoacetilsalicilico, ibuprofene o anche n-acetil-l-ci-steina possa funzionare come fattore protettivosullo sviluppo di alcuni tumori quali il tumore delpolmone: il loro potere antiossidante ridurrebbe imeccanismi che stanno alla base della canceroge-nesi, come l’over-espressione della Cox-2 e di pro-staglandine.Sono necessari sicuramente altri studiin merito prima di poterli utilizzare su larga scalao di proporli a ex-esposti ad amianto al di fuori diben definiti protocolli di ricerca. È fondamentaledistinguere, per una migliore comprensione delconcetto proposto, tra la ricerca, che massimizzagli sforzi al fine di dimostrare o falsificare un’ipo-tesi, e l’intervento che viene messo in atto al finedi fruire dei risultati consolidati della ricerca stessa;è importante inoltre informare adeguatamente ipartecipanti a un progetto di ricerca a riguardodei benefici, ma anche dei rischi in cui possonoincorrere nella partecipazione al progetto stesso.

Prevenzione secondaria

Si considerano interventi di prevenzione secon-daria quegli interventi sanitari in grado di modi-ficare la storia naturale delle patologie per le qualivengono attuati: dall’evitare l’evoluzione di pre-

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un’eventuale diagnosi precoce in soggetti asinto-matici comporti una riduzione della mortalità. Perquesti motivi, un orientamento attuale della ricercascientifica è sviluppare e validare nuovi biomarca-tori in grado di evidenziare l’avvenuta attivazionedel processo eziopatogenetico caratteristico del me-sotelioma pleurico, in assenza di sintomatologiae/o segni clinici.Un’altra importante neoplasia correlata all’esposi-zione ad asbesto è il tumore del polmone, che con-siderando la sua alta incidenza nella popolazionegenerale (in Italia, 30.000 casi annui negli uominie 10.000 nelle donne, di cui almeno 1000 attri-buibili a esposizioni professionali ad amianto) rap-presenta un importante problema nell’ambito del-l’oncologia professionale. Tuttavia, il tumore delpolmone è associato a livelli di esposizione adamianto più elevati del mesotelioma e il rischio disviluppo della neoplasia decresce al cessare del-l’esposizione; poiché le esposizioni ad alte dosi diasbesto sono fortemente diminuite negli ultimi20-30 anni, si stima che attualmente i rischi di tu-more del polmone asbesto-correlati siano più bassiche in passato. Le recenti acquisizioni sui mecca-nismi di cancerogenesi polmonare, associate allenuove possibilità d’analisi (proteomica, genomica,cromatografica), potrebbero permettere la diagnosiprecoce della neoplasia attraverso l’utilizzo di bio-marcatori, ovvero sostanze misurabili che siano ingrado di segnalare la presenza del tumore, dei qualisi parlerà più estesamente nel Capitolo 8. Si è tut-tavia lontani dalla possibilità di utilizzare tali mar-catori per campagne di screening oncologici rivoltea soggetti asintomatici. In relazione alla loro natura e ai metodi di misu-razione, gli oncomarker vengono classificati in di-versi tipi: genetici (mutazioni, cambiamenti nelnumero di copie di un gene, cambiamenti nel-l’espressione di mRNA), epigenetici (cambiamentinel profilo di metilazione del DNA), proteomici

(cambiamenti in livello e profilo di espressione diproteine), metabolici (modificazione del livello espettro di metaboliti) e micro-RNA correlati (cam-biamenti nel livello e profilo di espressione deimi-RNA). Attualmente gli oncomarker più uti-lizzati per la diagnosi e il follow-up di cancro pol-monare hanno una bassa sensibilità e compren-dono: CEA, NSE e CYFRS21-1, che presentanouna sensibilità, rispettivamente, del 55%, 38% e65% e una specificità del 70%, 97% e 87% per iltumore non a piccole cellule e una sensibilità del43%, 49% e 36% con specificità del 76%, 95%e 96%, rispettivamente, per quanto riguarda ladiagnosi di tumore a piccole cellule. Mutazionidi p53 e K-ras sono state invece osservate nel-l’espettorato dei pazienti affetti da cancro polmo-nare, nel liquido broncoalveolare e nel siero; que-sto potrebbe essere importante al fine di una dia-gnosi precoce non invasiva per questo tipo di pa-tologia. In alcuni studi, inoltre, è stata anche ana-lizzata l’espressione di mi-RNA, alcuni dei qualiappaiono espressi nel siero dei pazienti affetti daquesta neoplasia e che potranno essere in futuroutili come indicatori diagnostici e prognostici. Va comunque segnalato che la capacità predittivadi tali marcatori non è stata ancora chiaramentedimostrata, pertanto il loro eventuale impiego vaconsiderato nell’ambito di eventuali progetti spe-rimentali di ricerca.Le stesse considerazioni valgono per l’analisi del-l’aria esalata, un’altra semplice e non invasiva tec-nica proposta per la diagnosi precoce di processineoplastici che interessano l’apparato respiratorioe in particolare il tumore del polmone.L’aria esalata, oltre a consentire un campionamentonon invasivo dell’esposizione delle vie respiratoriea cancerogeni inalati, può essere utile per valutarnel’effetto. È stato dimostrato che l’aria espirata dapazienti affetti da neoplasia polmonare presentaun particolare profilo di composti organici volatili

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che identifica questi soggetti rispetto a soggetti dicontrollo e a soggetti con condizioni cliniche cheprecedono o sono associate alla comparsa del tu-more, come broncopneumopatia cronica ostruttiva(BPCO) e fumatori asintomatici. Anche le sostanzenon volatili possono essere determinate nell’ariaespirata; analizzando il condensato (CAE) si pos-sono determinare indicatori biologici di esposizione,effetto e suscettibilità. Il CAE può essere ancheutilizzato per quantificare indicatori di infiamma-zione, di stress ossidativo e fattori di crescita, ovverofenomeni che precedono o sono strettamente col-legati allo sviluppo della neoplasia, ma anche so-stanze che derivano direttamente dal tumore comeil DNA di cellule tumorali. Recenti studi hannomostrato come sia possibile identificare mutazionie alterazioni geniche specifiche in soggetti con can-cro polmonare rispetto a controlli. I dati di lettera-tura sembrano suggerire, quindi, come l’analisidell’aria espirata possa avere una forte potenzialitàdiagnostica nei soggetti affetti da tumore polmo-nare; non è da escludere che l’associazione di unapproccio diagnostico molecolare con le tecniched’immagine possa migliorare nel futuro la specificitànella prevenzione secondaria dei soggetti a rischiodi tumore del polmone. Alle indicazioni e ai limitidell’analisi dell’aria esalata è dedicato un ampioparagrafo anche nel Capitolo 8.L’esame da considerare con maggiore attenzionenella prospettiva di una prevenzione secondariadel tumore del polmone è sicuramente la TC spi-rale; numerose pubblicazioni sono comparse negliultimi anni relativamente a questo argomento eun vivace dibattito si è aperto a seguito della pub-blicazione nel 2006, sul New England Journal ofMedicine, dei risultati dell’International Early LungCancer Action Programme, che sembravano evi-denziare un aumento della sopravvivenza dei sog-getti esposti allo screening in cui era stato possibileeffettuare una diagnosi precoce in stadio I. Questo

studio non era però uno studio randomizzato eciò l’ha reso soggetto a numerose critiche meto-dologiche nei mesi successivi alla pubblicazione. Trials randomizzati per valutare l’efficacia della TCspirale nel ridurre la mortalità per tumore del pol-mone nei fumatori sono stati svolti in vari Paesicompresa l’Italia. Nel 2011, negli Stati Uniti il Na-tional Lung Screening Trial (NLST), il più grandestudio sinora avviato sull’argomento, è stato bloc-cato dopo 8 anni di follow-up per avere evidenziatouna riduzione del 20% della mortalità per tumoredel polmone nel braccio di intervento. Nello stessoanno i ricercatori europei nel meeting svoltosi aPisa hanno invece deciso di completare i loro trials,nonostante il risultato favorevole mostrato dall’ana-lisi intermedia dello studio americano, proprio perla necessità di avere risultati più consistenti sull’ef-ficacia della TC sprirale prima di poter utilizzarequesta metodica in v.e p. attività di screening.La TC potrebbe quindi essere, secondo i dati pre-senti in letteratura, una metodica utile per la pre-venzione secondaria del cancro polmonare, mastudi adeguati dovrebbero essere proposti al finedi trovare protocolli appropriati per la sua appli-cazione come esame di screening nei casi asbesto-correlati, cercando di conciliare la sua utilità dia-gnostica con i costi che comporta, nonché con idanni potenziali trattandosi di una tecnica dia-gnostica a base di radiazioni ionizzanti. Questidevono essere considerati in eventuali protocollidi ricerca e sorveglianza sanitaria, compresa lascelta della periodicità dell’esame.

Conclusioni

La prevenzione primaria e secondaria del mesote-lioma e delle patologie asbesto-correlate è un pro-blema di notevole rilevanza attuale in Italia e indiversi Paesi dell’Europa e del mondo. Nonostanteogni attività di estrazione, commercio, importa-

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zione, esportazione e produzione di amianto, pro-dotti di amianto o prodotti contenenti amiantosia stata bandita dall’intero territorio nazionale ita-liano fin dal 1992 e a livello europeo dal 1999, inragione del grande utilizzo passato di amianto,della lunga latenza delle malattie asbesto-correlatee della presenza del materiale ancora in grandiquantità nei luoghi in cui non si è provveduto allabonifica e allo smaltimento, anche in ambienti divita e di lavoro, il tema della sorveglianza e dellaprevenzione dei rischi derivanti dall’esposizionead amianto a livello ambientale e lavorativo è unproblema molto importante e di estrema attualità. Per quanto riguarda la prevenzione primaria, illegislatore ha provveduto all’emanazione di nor-mative atte a limitare l’inquinamento da amiantoe l’esposizione a esso nell’ambiente di vita; l’ap-plicazione di tali normative ha garantito una ri-duzione dell’esposizione e con diversi periodi dilatenza comporterà una riduzione degli effetti in-dotti dal materiale sulla salute. Tuttavia, un pro-blema rilevante in termini di rischio per la saluterisiede ancora nei rifiuti contenenti amianto; se-condo i dati forniti dal CNR, a oggi rimangono32 milioni di tonnellate di cemento-amianto dabonificare in relazione a 2,5 miliardi di metri qua-dri di coperture in cemento-amianto presenti sulterritorio nazionale. La prevenzione primaria dellemalattie asbesto-correlate si avvale principalmentedi interventi sull’ambiente. È anche importante

l’informazione/formazione, sia dei lavoratori espo-sti, sia della popolazione generale; quest’ultimointervento, tuttavia, non è esente da criticità perla sua complessità e perché occorre trovare unequilibrio tra il fornire nozioni precise e di utileimpiego nella vita quotidiana e il creare situazionidi allarme che possano condizionare negativa-mente la qualità di vita del soggetto destinatariodi tali informazioni. La ricerca intesa a identificaremodalità di prevenzione primaria attraverso in-terventi di chemioprevenzione è promettente, manon si basa ancora su studi che ne valutino l’even-tuale validità e applicabilità.Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, ledue più importanti patologie asbesto-correlate chevengono considerate nel testo sono il mesoteliomae il tumore al polmone; di fondamentale impor-tanza risulta l’utilizzo di esami di diagnostica stru-mentale radiologica al fine della diagnosi dellepatologie in soggetti asintomatici. Tuttavia, a ogginon vi è alcun test che da solo o in combinazionecon altri possa essere utilizzato per campagne diprevenzione secondaria che possano essere avviatea livello di popolazione, e solo ulteriori ricerchesono indicate in questo settore.Nelle aree ad alto rischio di patologie asbesto-correlate rimane fondamentale la consapevolezzadei medici di famiglia dell’esistenza del problema,al fine del tempestivo dirottamento di casi sospettiverso strutture ospedaliere adeguate.

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7. Diagnosi e terapia del mesotelioma

In pochi tumori maligni si registrano una cosìelevata discordanza di opinioni anche tra i clinicipiù esperti e una totale mancanza di solide evi-denze scientifiche sulla strategia terapeutica otti-male, come nel mesotelioma pleurico. In partico-lare, il quesito fondamentale sul ruolo della chi-rurgia, della radioterapia e della loro combinazionenel trattamento locoregionale del mesoteliomapleurico rimane del tutto irrisolto. La relativararità della malattia e la mancanza di coordina-mento tra le poche realtà che a livello nazionalesono in grado di offrire un elevato livello di com-petenza in tutti gli aspetti diagnostici e terapeuticihanno fino a oggi reso difficile perseguire e rag-giungere qualsiasi obiettivo di ricerca clinica esperimentale. Tuttavia, è possibile definire dellepriorità di ricerca e un’adeguata organizzazione,che consentano in futuro di soddisfare almenoalcune delle fondamentali e legittime esigenze diprotezione della salute negli esposti ad amianto edi trattamento ottimale nei pazienti affetti da me-sotelioma pleurico.

Diagnosi radiologica

La TC, in particolare con apparecchiature multi-strato di ultima generazione, riveste il ruolo prin-cipale e di maggiore impatto clinico nella diagnosi

e nella successiva stadiazione del mesotelioma,consentendo una scansione dell’intero volume cor-poreo in tempi inferiori ai 15 secondi (Figura 7.1).La TC è solitamente il primo esame effettuatoper il riconoscimento dei pazienti potenzialmentecandidabili a un intervento chirurgico, in quantoè in grado di fornire un quadro globale sull’ana-tomia toracica del paziente e sulla precisa localiz-zazione di malattia e di identificare i casi con evi-denti controindicazioni alla chirurgia (estensionedel tumore alla parete toracica, mediastino, peri-toneo, presenza di metastasi a distanza).Già al momento della diagnosi il mesoteliomapuò presentare, infatti, segni di invasione/infil-trazione locoregionale, con coinvolgimento dellealtre strutture toraciche localizzate in sua imme-diata prossimità: • gli elementi muscoloscheletrici che costitui-

scono la parete toracica, con obliterazione deipiani adiposi extrapleurici, invasione dei mu-scoli intercostali, lisi ed erosione ossea dellecoste;

• il mediastino, con segni di infiltrazione a caricodel pericardio, delle strutture vascolari (prin-cipalmente arterie polmonari, aorta, vene pol-monari) dell’esofago e della trachea; l’invasionea livello pericardico può manifestarsi sottoforma di versamento o di nodulazioni;

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quando presenti, sono localizzate con maggiorefrequenza a livello polmonare, con noduli pol-monari periferici o, più raramente, con distribu-zione miliare; si può osservare anche una diffu-sione lungo le vie linfatiche con aspetti di linfan-gite carcinomatosa, sia per invasione diretta siaper ostruzione al circolo linfatico causato da unalinfoadenopatia ilare; in sede extratoracica le sedipiù frequenti di localizzazione metastatica sono ilfegato e le linfoadenopatie retrocrurali.

• il diaframma, nei casi in cui il tumore sia lo-calizzato nelle regioni basali; in una minimapercentuale dei casi può osservarsi anche in-vasione diretta del fegato.

Le linfoadenopatie ilo-mediastiniche sono di fre-quente riscontro (40-45% dei pazienti). Negli stadi più avanzati di malattia possono os-servarsi localizzazioni metastatiche a distanza; ladiffusione per via ematogena è meno frequenterispetto alla diffusione per contiguità. Le metastasi,

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Figura 7.1 Studio TC con scansioni assiali in finestra polmonare (a) e mediastinica (c, d) e coronali (b) in un pazienteaffetto da mesotelioma a livello dell’emitorace sinistro. In (a) si osserva l’interessamento scissurale con pre-senza di un tessuto a margini bozzoluti lungo tutta la scissura (freccia). Nelle ricostruzioni in finestra media-stinica si osserva il diffuso interessamento del tessuto patologico a livello sia della pleura parietale sia dellapleura mediastinica (frecce), con invasione del tessuto adiposo mediastinico e stretta contiguità con l’aorta(c). Ai piani più bassi di scansione (d) si osservano una minima quota di versamento pleurico e un diffuso in-teressamento del tessuto adiposo dell’angolo cardio-frenico di sinistra. In particolare nella ricostruzione co-ronale (b) si osserva la riduzione di volume dell’emitorace sinistro rispetto al controlaterale.

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La somministrazione di mezzo di contrasto iodatoè fondamentale per un’accurata stadiazione di ma-lattia, permettendo un’adeguata valutazione del-l’estensione lesionale e della presenza di infiltra-zione/invasione delle strutture circostanti, di lin-foadenopatie a localizzazione ilare e mediastinica,oltre che per la ricerca di localizzazioni a distanzain caso di diffusione metastatica di malattia. La RM può fornire informazioni addizionali allostudio TC nei pazienti con malattia potenzial-mente resecabile o in casi di dubbia invasionedelle strutture della parete toracica o del media-stino. Il contributo della RM è quindi fondamen-tale, in casi selezionati, per un’adeguata stadiazionedi malattia. Lo studio RM viene eseguito sia con utilizzo disequenze basali (T1 e T2 pesate) sia dopo som-ministrazione di gadolinio. Rispetto ai piani muscolari della parete toracica,il mesotelioma appare iso-iperintenso nelle se-quenze T1 pesate e lievemente iperintenso nellesequenze T2 pesate; dopo somministrazione dimezzo di contrasto si assiste a un potenziamentosignificativo della lesione. L’eccellente risoluzione di contrasto della RM per-mette una migliore valutazione del grado di inva-sione e della sua estensione, specialmente a livellodella parete toracica e del diaframma, dando unastima più precisa del grado di resecabilità del tu-more.I segni di invasione delle strutture mediastiniche edella parete toracica in RM sono simili a quelli de-scritti per la TC. Studi recenti hanno tuttavia di-mostrato una migliore accuratezza della RM nel-l’identificazione del coinvolgimento del diaframma,della fascia endotoracica e in caso di invasione acarattere focale e localizzato della parete toracica.La RM rappresenta quindi la metodica di sceltain pazienti selezionati in cui sussiste un quadrodubbio di invasione e di resecabilità alla TC o

laddove la somministazione di mezzo di contrastoiodato sia controindicata.La PET (positron emission tomography) con FDG(18F-fluorodesossiglucosio) appare particolar-mente utile nella valutazione di piccoli impiantipleurici a distanza dalla massa principale, nel-l’identificazione di residui di malattia nel postin-tervento e nell’opportuno follow-up e, comple-mentarmente alla TC, nella stadiazione di malat-tia. Tuttavia, l’ancora limitata reperibilità delleapparecchiature, così come la produzione di ra-diocomposti, ne limita l’utilizzo a centri selezio-nati. In uno studio del 2008, Yildirim et al. hannovalutato la validità della TC-PET nella differen-ziazione tra malattie benigne della pleura asbe-sto-correlate e mesotelioma pleurico, ottenendoevidenza dell’accuratezza di questo esame nelladiagnosi di questo tipo di patologie. Nel trial cli-nico, l’utilizzo della PET ha permesso di identifi-care in 15 dei 17 pazienti con mesotelioma pleu-rico la lesione maligna con sensibilità dell’88,2%,specificità del 92,9% e accuratezza del 90,3%,mentre in 13 su 14 casi di malattie pleuriche be-nigne ha identificato le lesioni come tali. Otsuka et al. sostengono, invece, che la TC-PETabbia limitazioni nella valutazione dell’estensionedel tumore primitivo e dell’interessamento linfo-nodale, mentre risulta utile nell’identificazione dimetastasi a distanza e dell’interessamento di lin-fonodi sovraclaveari e addominali.

Diagnosi cito-istologica

Il mesotelioma maligno (MM) origina dalle cellulemesoteliali delle membrane sierose (pleura, peri-toneo, pericardio e tunica vaginale del testicolo)che rivestono le omonime cavità dell’organismo.La pleura è interessata dal mesotelioma più fre-quentemente del peritoneo con un rapporto da3:1 a 11:1 o più, secondo le casistiche e con dif-

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ferenze legate al sesso e dovute all’esposizione pro-fessionale all’amianto favorente la sede pleurica enettamente prevalente in soggetti maschi; menodell’1% dei casi coinvolge pericardio e tunica va-ginale del testicolo. Le descrizioni che seguono siriferiscono principalmente al mesotelioma mali-gno della pleura (MPM), ma sono valide ancheper il MM nelle altre sedi anatomiche.Negli stadi iniziali il MPM si sviluppa in forma diuna fine granulazione lungo la superficie pleuricacausando versamento. Negli stadi più avanzati laneoplasia cresce in maniera diffusa con aspetti dimultifocalità, forma noduli confluenti, più promi-nenti sulla pleura parietale (toracica), che si esten-dono tipicamente lungo le scissure interlobari. Conil progredire della crescita neoplastica, il versamentosi riduce e la cavità pleurica si oblitera progressiva-mente. Il MPM metastatizza per via diretta (allaparete toracica, al diaframma, al pericardio e al-l’opposta cavità pleurica), frequentemente per vialinfatica (linfonodi regionali broncopolmonari, ilarie mediastinici) e più raramente per via ematica(encefalo, fegato, osso, rene e altre sedi).Il MM peritoneale si sviluppa lungo le superficisierose dei visceri addominali, spesso in fase ini-ziale con cospicua produzione di liquido ascitico,ed esita nella fusione completa dei foglietti visce-rale e parietale che produce il “congelamento”della cavità peritoneale.Il MPM è difficile da diagnosticare per l’ampiagamma di patologie che simulano questa neopla-sia: sia altri tumori maligni (metastasi di carcinomio sarcomi), sia condizioni non neoplastiche (pro-liferazione reattiva del mesotelio o fibrosi dellapleura). La diagnosi di certezza di MM è impor-tante (i) per pianificare un corretto regime tera-peutico, (ii) per definire la prognosi e (iii) per leimplicazioni medico-legali/assicurative o di sanitàpubblica in considerazione della frequente asso-ciazione tra MM e precedenti esposizioni ad

amianto. La diagnosi è multidisciplinare. È ne-cessaria l’integrazione del quadro clinico e dei datiradiografici (immagini TC) e delle indagini en-doscopiche e/o chirurgiche con i risultati degliesami anatomopatologici (citologici, istologici,immunoistochimici).

Diagnosi istologica

Il gold standard (Tabella 7.1) della diagnosi diMM è l’esame microscopico di campioni di tes-suto adeguati e rappresentativi della lesione, co-lorati con metodiche standard (ematossilina-eo-sina) e tecniche immunoistochimiche. L’esameistologico richiede tessuto ottenuto mediante ago-biopsia TC guidata o biopsie multiple chirurgiche(nel caso di MPM la metodica di prelievo racco-mandata è la video-toracoscopia con un minimodi 5 campioni in sedi distinte).Il MPM presenta tre principali istotipi secondola classificazione dell’Organizzazione Mondialedella Sanità (OMS) 2004: epiteliale, bifasico (omisto) e sarcomatoide, che include il sottotipodesmoplastico. Ciascun tipo istologico principalecomprende un’ampia varietà di pattern cito-ar-chitetturali, di cui i più frequenti sono il tubulo-papillare, l’adenomatoide (o microghiandolare) eil solido, e la cui conoscenza è rilevante ai finidella diagnosi istopatologica differenziale, sebbenenon abbia un significato particolare dal punto divista clinico. Il tipo epiteliale predomina nelle ca-sistiche (50-67%), seguito per frequenza daquello bifasico (24-35%) e da quello sarcoma-toide (7-21%). L’istologia del mesotelioma peri-toneale è simile a quella del MPM, anche se l’in-cidenza del tipo bifasico è inferiore rispetto allapleura e il tipo sarcomatoide è molto raro. La se-parazione tra forme epiteliali e sarcomatoidi è im-portante in quanto la prognosi dei pazienti conMPM epiteliale è più favorevole rispetto a quelli

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con MPM sarcomatoide, anche se nelle casistichepiù ampie le differenze di sopravvivenza mediasono solo di alcuni mesi. Il sottotipo epiteliale,inoltre, costituisce una delle indicazioni alla pneu-monectomia extrapleurica.La classificazione OMS definisce altresì che: (i)nel MPM bifasico (o misto) la componente quan-titativamente minoritaria dovrebbe rappresentarealmeno il 10% del tumore; (ii) nel MPM sarco-matoide desmoplastico almeno il 50% del tumoredovrebbe consistere di tessuto fibroso denso esclerotico separato da cellule atipiche disposte inun pattern storiforme o senza pattern.La versatilità fenotipica è peculiare del MPM, an-che nell’ambito di un singolo caso, ed è causa diproblematiche di diagnosi differenziale, diverse aseconda dell’istotipo classificativo: carcinomi e al-tre neoplasie epiteliomorfe per il MPM epiteliale,

sarcomi e altre neoplasie a cellule fusate per ilMPM sarcomatoide e neoplasie miste (quali il si-novial sarcoma) per il MPM bifasico. Sono però le tecniche immunoistochimiche quelleattualmente imprescindibili nella diagnosi istopa-tologica routinaria del MPM, anche se finora nonesiste un unico marcatore tissutale assolutamentespecifico e sensibile per MPM. La composizionedel pannello di anticorpi dipende dalle problema-tiche di diagnosi differenziale istomorfologica diogni singolo caso. Quando occorre distinguere ilMPM epitelioide da un adenocarcinoma, l’even-tualità più frequente nella pratica quotidiana, inaccordo con le raccomandazioni dell’InternationalMesothelioma Panel e della II Consensus ConferenceItaliana il pannello anticorpale deve includere al-meno 2 marcatori positivi per mesotelio (calreti-nina e, a scelta, uno tra citocheratina 5/6, podo-

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Diagnosi e terapia del mesotelioma 7

Tabella 7.1 Esame istologico nella diagnosi di mesotelioma maligno pleurico1

Quando si esegue

Con quale frequenza

Con quali rischi

Che cosa si esamina

Validità

Limiti

Precauzioni

1 Le descrizioni si riferiscono principalmente al mesotelioma maligno della pleura, ma sono valide anche per il mesotelioma maligno nelle altre sedi anatomiche.

In pazienti con versamento pleurico recidivante e ispessimento pleurico sospetti per mesotelioma maligno

Una sola volta, se la diagnosi finale è di certezza. Ai fini di documentazione di recidiva o progressione di neo-plasia, l’esame citologico è sufficiente

Metastasi sottocutanee sviluppantisi lungo il percorso dell’accesso strumentale alla cavità

Frammenti multipli di tessuto (almeno 5)

1. Una diagnosi istologica definitiva può essere fatta a condizione che il campione tessutale sia: - rappresentativo della neoplasia- in quantità sufficiente da consentire la caratterizzazione immunoistochimica

2. Il sottotipo istologico (con il performance status) è attualmente il solo fattore prognostico di rilevanza clinicache può essere utilizzato di routine nel trattamento del paziente con mesotelioma maligno (European Re-spiratory Society and the European Society of Thoracic Surgeons, 2009)

1. Nessuna distinzione sulla base del profilo immunoistochimico tra proliferazioni mesoteliali reattive benignee neoplastiche maligne

2. Possibilità di non corretta definizione del sottotipo istologico, particolarmente in caso di varietà sarcomatoide

1. Non porre diagnosi di mesotelioma maligno esclusivamente su sezioni allestite al microtomo congelatore2. Non porre diagnosi di mesotelioma maligno esclusivamente sulla base di una biopsia linfonodale in caso di

adenopatia superficiale associata a versamento (drenaggio per via linfatica di cellule mesoteliali sfaldatenel liquido di versamento)

3. Adeguare il pannello di anticorpi alla problematica di diagnosi differenziale posta dal singolo specifico caso,tenendo in considerazione sede anatomica della neoplasia e sesso del paziente

4. Disporre di un contesto di appropriati e coerenti reperti clinici, radiologici e/o chirurgici5. Non considerare la pregressa esposizione ad amianto del caso in esame un criterio diagnostico

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planina/D2-40 e WT-1) e 2 marcatori epiteliali(CEA monoclonale, CD15, Ber-EP4, MOC31,B72.3, BG8 e TTF1) e ogni marcatore dovrebbeessere possibilmente dotato di specificità e sensi-bilità maggiori dell’80% per la rispettiva lesione.Quando la diagnosi differenziale include istotipidiversi dall’adenocarcinoma polmonare, quali ilcarcinoma squamocellulare, il pannello anticorpaledeve essere ridisegnato di conseguenza (es. cito-cheratina 5/6 e podoplanina/D2-40 sono frequen-temente positive anche nei carcinomi squamocel-lulari e non sono quindi utili per discriminarli daiMPM). In caso di risultati equivoci o discordantiil pannello anticorpale deve essere ampliato nume-ricamente, aggiungendo altri marcatori mesotelialied epiteliali di “seconda linea”. Nell’iniziale valuta-zione di neoplasie sarcomatoidi a sede pleurica ilpannello anticorpale deve includere più anticorpi(o un cocktail di anticorpi) anti-citocheratine(AE1/3, CAM 5.2 e citocheratina 7), in quantol’espressione di citocheratine può essere focale, de-bole e/o variabile, insieme a calretinina e podopla-nina/D2-40. Altri marcatori positivi per MPM epi-telioidi, quali WT-1 e citocheratina 5/6, e marcatoripositivi epiteliali, quali Ber-EP4, CEA e MOC31,non sono di utilità in questo specifico contesto didiagnosi differenziale. La localizzazione carcino-matosa peritoneale, oggetto di diagnosi differenzialerispetto al mesotelioma peritoneale, può essere pri-mitiva o secondaria di origine ovarica, gastrica,pancreatica, intestinale e, più raramente, mamma-ria. Il pannello di colorazioni immuno-istochimichedeve essere modificato di conseguenza e i marcatoriutili nei soggetti femminili includono calretininaed eventualmente D2-40 (che può essere positivoanche in alcuni casi di carcinoma sieroso papillare)come marcatori positivi mesoteliali e MOC31,BG8 e, con meno specificità, BerEP4 come mar-catori positivi di carcinoma sieroso peritoneale oovarico. Nei soggetti maschi WT-1 e D2-40 sono

utili in aggiunta a calretinina e per gli adenocarci-nomi non sierosi B72.3, MOC31, BG8 e BerEP4hanno tutti elevata sensibilità e specificità. L’inter-pretazione del quadro immuno-istochimico devetenere in considerazione la distribuzione subcellu-lare della colorazione (citoplasma, membrana ci-toplasmatica e/o nucleo), mentre non esiste un va-lore percentuale di positività cut-off, anche se vienesuggerito un valore > 10% di cellule reattive permarcatori citoplasmatici e di membrana. Le alte-razioni molecolari nel MPM consistono in un’al-terata espressione e in attivazione o inattivazionedi geni critici nel processo di mesoteliomagenesi,in particolare geni tumore-soppressori nei lociINK4 e NF2. Al momento nessun marcatore mo-lecolare è riconosciuto indispensabile per confer-mare la diagnosi istopatologica di MPM. Studimulticentrici sono necessari per confermare la ri-producibilità interlaboratorio di test, quali l’analisiFISH della delezione 9p21 o la valutazione dellostato di metilazione di p16INK4a e p14ARF o illivello di espressione dei miRNA.

Diagnosi citologica

L’esame citologico (Tabella 7.2) prevede il cam-pionamento di cellule mediante il prelievo di ver-samenti. La diagnosi citologica è molto difficile enon consente un livello di certezza assoluto. Èsempre raccomandabile la conferma istologica. Èaffidabile se formulata da citopatologi esperti. Lavalutazione citologica di versamenti con adeguatacellularità può essere di notevole ausilio diagno-stico in caso di non disponibilità di tessuto o incaso di tessuto insufficiente, nel contesto clinico-strumentale indicativo di MM. Poiché tra i prin-cipali criteri diagnostici del MM è inclusa l’iden-tificazione dell’invasione dei tessuti, i campionicitologici non sono adeguati per questo scopo.Tuttavia, la letteratura ha ampiamente descritto i

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criteri citologici per la diagnosi di MM, ma almomento la validità dell’esame citologico nelladiagnostica del MM è argomento di accesa di-scussione tra gli esperti.L’esame citologico del sedimento cellulare dei ver-samenti rappresenta la prima opportunità per dia-gnosticare un MPM: l’accumulo di liquido nelcavo pleurico è spesso la manifestazione inizialedella neoplasia, provoca dispnea e rende necessariala toracentesi. Il versamento si forma perché lacrescita della neoplasia lungo la pleura occlude glistomi dei capillari linfatici deputati al fisiologicodrenaggio del liquido pleurico. I versamenti sonocostituiti da una parte liquida e da cellule mesote-

liomatose di sfaldamento che crescono in questafase liquida, sono molto abbondanti (spesso oltreun litro) e si riformano rapidamente una voltaevacuati (versamenti recidivanti). Con il passaredel tempo il versamento non è più così abbondantecome all’inizio e le cellule neoplastiche rimangonointrappolate nella fibrina e nel tessuto di granula-zione sulla superficie pleurica. Le aderenze dei fo-glietti pleurici contribuiscono alla formazione diraccolte saccate difficili da evacuare e contenentirare cellule mesoteliali, pertanto i campioni po-tenzialmente diagnostici sono i primi versamenti. La formazione dei versamenti è indipendente dal-l’istotipo di MM. Tuttavia, i versamenti associati

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Diagnosi e terapia del mesotelioma 7

Tabella 7.2 Esame citologico di versamento nella diagnosi di mesotelioma maligno

Quando si esegue

Con quale frequenza

Con quali rischi

Che cosa si esamina

Validità

Limiti

Precauzioni

All’esordio (oltre il 90% dei pazienti sviluppa versamenti recidivanti)

Molto frequentemente

Implica procedure poco invasive per il prelievo dei campioni (toracentesi/paracentesi) senza rischio di diffusioneneoplastica

Cellule esfoliate nel liquido della cavità

1. Primo test diagnostico2. Diagnostico nelle varianti epiteliali (più frequenti)3. Assume valore diagnostico prominente in caso di non disponibilità di tessuto o in caso di tessuto insufficiente

per l’esame istologico

1. Non diagnostico nelle varianti sarcomatose (più rare)2. Poco adeguato per tumore in fase avanzata con versamenti saccati3. Versamenti falsi-negativi per cellule neoplastiche per preparazione tecnica inadeguata, errore del patologo

(bassa sensibilità)

1. Per la diagnosi citologica di mesotelioma maligno sono essenziali un approccio multidisciplinare al paziente(notizie cliniche, immagine TC), un corretto campionamento del materiale, un’eccellente preparazione deicampioni ed esperienza in citopatologia

2. È indispensabile che la diagnosi citomorfologica sia avvalorata da colorazioni immunistochimiche, preferi-bilmente su materiale citoincluso in paraffina utilizzando almeno 2 marcatori positivi per mesotelio (sempreincludente la calretinina) e 2 marcatori epiteliali

3. Quando possible, la diagnosi citologica deve essere confermata su campione di tessuto (esame istologico)4. Versamenti recidivanti senza una causa chiara e definita devono essere considerati sospetti di mesotelioma

maligno fino a prova contraria5. L’esame citologico negativo per cellule neoplastiche non esclude la diagnosi di mesotelioma maligno6. La diagnosi di mesotelioma maligno deve essere presa in considerazione fino a prova contraria qualora risulti

positiva la ricerca di cellule neoplastiche in assenza di una neoplasia primitiva 7. In caso di sospetto clinico/radiologico o di diagnosi citologica non conclusiva è indispensabile procedere alla

toracoscopia con prelievo istologico8. Le cellule mesoteliomatose possono essere confuse con cellule mesoteliali di natura reattiva e considerate

espressione di una “pleurite”, oppure possono essere indistinguibili da cellule di un adenocarcinoma

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a MM epiteliale sono potenzialmente diagnosticiper l’abbondanza di aggregati cellulari che dallasuperficie del tumore si distaccano nella cavitàpleurica, mentre i versamenti nelle forme sarco-matose e bifasiche sono raramente diagnostici,perché queste varianti sfaldano un numero esiguodi cellule neoplastiche. Il liquido evacuato dovrebbe essere inviato in totoal laboratorio di anatomia patologica, perché lavalidità dell’esame è correlata alla quantità del se-dimento cellulare. Dal sedimento si possono alle-stire, oltre agli strisci citologici di routine, ancheinclusioni in paraffina (cell-block o citoincluso)per gli esami immunoistochimici.L’aspetto macroscopico del versamento è variabile(sieroso, ematico, o simil-purulento). Il campionepuò essere molto denso e viscoso; questa tipicacaratteristica è apprezzata dall’operatore che eseguela toracentesi per la difficoltà incontrata nell’eva-cuazione del liquido e dal tecnico di laboratorioche prepara il campione.La diagnosi citologica al microscopio si basa su treaspetti principali: (i) abbondante cellularità meso-teliale (la popolazione neoplastica è uniforme, conmodeste atipie nucleari, mescolata a cellule meso-teliali normali/reattive prive di atipie); (ii) disposi-zione delle cellule in aggregati tridimensionali (mo-rule) oppure isolatamente; (iii) citomegalia. La diagnosi citologica è un processo in cui primasi stabilisce se le cellule sono maligne e poi sequeste sono di origine mesoteliale. La diagnosidifferenziale include quindi, da una parte, condi-zioni benigne e, dall’altra, i carcinomi metastatici(molto più frequenti del MM) o altre neoplasiepiù rare.Nei casi in cui la citomorfologia è caratteristica, èindispensabile che la diagnosi sia avvalorata da co-lorazioni immunoistochimiche, da eseguire prefe-ribilmente su materiale citoincluso in paraffina uti-lizzando almeno 2 marcatori positivi per mesotelio

(sempre includente la calretinina) e 2 marcatoriepiteliali (vedi paragrafo “Diagnosi istologica”).Malattie sistemiche, come artrite reumatoide elupus eritematoso sistemico, processi infettivi pol-monari, infarto polmonare, traumi al torace, ra-dioterapia e chemioterapia provocano versamentirecidivanti con quadri di “pleurite” e iperplasiadel mesotelio, con cellule mesoteliali atipiche.L’immunoistochimica ha una validità limitata neldistinguere tra cellule mesoteliomatose e cellulemesoteliali reattive/normali.Problemi ricorrenti nella citodiagnostica differen-ziale tra MPM e altre patologie sono i versamentiscarsamente cellulati o ematici che limitano lasensibilità diagnostica (falsi negativi), i mesote-liomi ben differenziati (falsi negativi), le iperplasiemesoteliali reattive (rischio di falsi positivi) e icarcinomi metastatici o altra neoplasia malignametastatica (erronea tipizzazione).

Chirurgia

Nella maggior parte dei pazienti affetti da meso-telioma pleurico il ruolo principale della chirurgiaconsiste nell’ottenimento di una diagnosi patolo-gica definitiva, nel contributo alla stadiazione lo-coregionale della malattia e nella palliazione otti-male del sintomo principale rappresentato dalladispnea secondaria a versamento pleurico. Tuttiquesti obiettivi possono essere raggiunti con ununico atto chirurgico, la toracoscopia videoassistitaassociata a pleurodesi con talco, ben tollerato nellaquasi totalità dei casi.Il trattamento chirurgico del MPM con finalitàcurativa è invece argomento di grande discussionenella comunità oncologica internazionale. Il ruolodella chirurgia nel management di questa patologia,sebbene stabilito nella pratica clinica di molti Centridi riferimento, e comunque nel contesto di proto-colli terapeutici multimodali, è tuttora al centro di

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controversie. Ancora molto ampia, infatti, è la dif-formità nei criteri di indicazione chirurgica, nellaselezione dei pazienti, nella scelta delle procedurechirurgiche e anche solo nella definizione che i chi-rurghi danno di tali procedure. Sulla base di questeconsiderazioni e in supporto allo studio interna-zionale per la revisione dello staging del MPM, ilgruppo di lavoro afferente all’International Associa-tion for the Study of Lung Cancer (IASLC) e all’In-ternational Mesothelioma Interest Group (IMIG) haprodotto un sondaggio internazionale finalizzatoal raggiungimento dell’uniformità di definizionedegli interventi chirurgici per MPM eseguiti nellapratica clinica internazionale.Alla luce delle raccomandazioni emerse dallo stu-dio citato, nel descrivere le procedure chirurgicheper MPM ci si deve attenere alle seguenti nomen-clature e definizioni:• pleuropneumonectomia extrapleurica (extra-pleural pneumonectomy, EPP): resezione inblocco della pleura parietale e viscerale con ilpolmone ipsilaterale, il pericardio e il dia-framma. Nei casi in cui il tumore non abbiamacroscopicamente invaso il pericardio e/o ildiaframma, si accetta che queste strutture ven-gano lasciate intatte;

• pleurectomia/decorticazione estesa (extendedP/D): pleurectomia parietale e viscerale fina-lizzata a rimuovere tutto il tumore macrosco-picamente visibile con resezione del diaframmae/o del pericardio;

• pleurectomia/decorticazione (pleurectomy/de-cortication, P/D): pleurectomia parietale e vi-scerale finalizzata a rimuovere tutto il tumoremacroscopicamente visibile senza resezione didiaframma o pericardio;

• pleurectomia parziale (partial pleurectomy): ri-mozione parziale di pleura parietale e/o visce-rale a scopo palliativo o diagnostico, con resi-duo di malattia macroscopico.

Pleuropneumonectomia extrapleurica(extrapleural pneumonectomy, EPP)

La prima descrizione della tecnica chirurgica, sep-pure non finalizzata al trattamento del MPM,bensì dell’empiema pleurico tubercolare, si deve aSarot nel 1949. Le prime serie di pazienti trattaticon EPP per MPM vengono pubblicate a partiredal 1968, ma è il lavoro del 1976 di Butchart etel. che per la prima volta analizza i risultati di que-sto intervento prendendo in considerazione aspettiper l’epoca innovativi, come la relazione tra risultatidella chirurgia e stadio di malattia, età dei pazientie problematiche di gestione peri- e postoperatoria.La tecnica chirurgica prevedeva un accesso tora-cotomico posterolaterale standard con asportazionedella VI costa; veniva quindi eseguita la pleurec-tomia parietale, condotta seguendo il piano di cli-vaggio tra sierosa e fascia endotoracica dapprimacranialmente, poi caudalmente e quindi fino allasuperficie mediastinica posteriormente e anterior-mente verso l’ilo, includendo nella preparazione ilinfonodi ilari e mediastinici; si procedeva quindialla pericardiectomia, condotta senza dissociare ilpericardio dalla pleura mediastinica, alla prepara-zione e sezione dei vasi ilari polmonari come perla pneumonectomia intrapericardica e alla frenec-tomia più o meno estesa, con risparmio, quandopossibile, del peritoneo sottostante. Pericardio ediaframma venivano quindi ricostruiti con protesi,ma solo in alcuni casi.Dall’esperienza di Butchart et al. la tecnica chi-rurgica dell’EPP non è cambiata in modo sostan-ziale; piuttosto si sono standardizzati alcuni step,come l’exeresi completa del diaframma nel rispettodel peritoneo sottostante (in assenza di macro-scopici segni di infiltrazione) e la ricostruzionepericardica e diaframmatica con protesi.I risultati dello studio di Butchart et al. (peraltroin linea con quanto asserito da autori precedenti)

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da un lato denunciarono l’entità dell’impatto chi-rurgico di un simile intervento (morbidità: 44,8%;mortalità perioperatoria: 31,0%), dall’altro, però,costituirono il seme per alcune considerazionioggi più che mai cruciali nella problematica deltrattamento del MPM. Gli autori intuirono, in-fatti, che una più rigida selezione dei pazienti,una più accurata definizione dello stadio di ma-lattia, una più profonda comprensione della bio-logia dei diversi tipi istologici e una migliore ge-stione postoperatoria costituivano i punti chiaveper ottenere risultati ottimali da questo tipo dichirurgia. Sorprendentemente, ancora oggi gliostacoli maggiori alla standardizzazione di un pro-tocollo efficace di trattamento per il MPM ven-gono dall’incompleta definizione di questi para-metri. Alcuni elementi sono apparsi chiari fin daiprimi studi sul trattamento chirurgico del MPM:la resezione radicale senza residui macroscopicidi malattia è l’obiettivo primario della chirurgiacon intento curativo; l’istologia epitelioide è as-sociata a una migliore prognosi, mentre i sottotipisarcomatoide e bifasico sono molto poco influen-zati dal trattamento e costituiscono controindi-cazione a interventi aggressivi come l’EPP; con-dizioni generali non brillanti, la presenza di co-morbidità ed età avanzata costituiscono limiti espesso vere e proprie controindicazioni a questotipo di chirurgia; per pazienti con malattia al Istadio (clinico) dovrebbe essere presa in conside-razione l’opzione di una chirurgia più conservativa(vedi paragrafo “Pleurectomia/Decorticazione”),mentre per gli stadi II e III l’intervento di EPPtrova maggiore giustificazione.Complessivamente, le serie maggiori a partire dal1974 riportano mortalità perioperatorie compresetra 0% e 31%. Nelle esperienze più recenti, mor-bidità e mortalità associate all’EPP sono rispetti-vamente comprese tra il 20% e il 50% e tra il 3%e il 7%. Le serie esclusivamente chirurgiche o co-

munque gli studi in cui siano riportati separata-mente i dati sulla sopravvivenza relativi al solotrattamento con EPP sono pochi e datati: la piùampia casistica chirurgica precedente il lavoro del2008 di Flores et al. (663 pazienti) è quella di332 pazienti descritta da Ruffie et al. nel 1989,in cui viene riportata una sopravvivenza a 2 annidel 17% nei 23 pazienti sottoposti a EPP. Nellaprecedente serie di Butchart et al. la sopravvivenzaa 2 anni era del 10,3%, con 2 lungo-sopravviventiliberi da malattia rispettivamente a 42 mesi e 6anni di distanza dalla chirurgia. Nel 2008 Floreset al. riporteranno una mortalità del 7% per EPP,con una sopravvivenza mediana di 12 mesi.Oggi, i dati sulla sopravvivenza a distanza dopoEPP sono relativi a serie di pazienti trattati conprotocolli multimodali e rappresentano il risultatodi diverse combinazioni di chemioterapia, chirurgia,radioterapia o altri trattamenti complementari. Lasopravvivenza mediana osservata negli studi più ri-levanti a partire dal 1998 a oggi è compresa tra 7 e18 mesi (tra 10 e 29 mesi per pazienti altamenteselezionati e con fattori prognostici positivi).Il razionale alla base dell’EPP è quello del raggiun-gimento di una più completa radicalità chirurgica:la difficoltà del controllo chirurgico in sedi anato-miche come il recesso pericardiofrenico o il pianodi clivaggio tra pleura viscerale e parenchima pol-monare fa sì che la pleurectomia/decorticazioneesponga, almeno in teoria, a maggiori rischi di in-completa resezione (R1 o addirittura R2). Inoltre,il vantaggio dell’EPP nel contesto di protocolli ditrattamento multimodale in cui sia prevista la ra-dioterapia adiuvante è quello di consentire dosaggipieni, grazie all’asportazione del polmone.Attualmente, sulla base dei risultati delle espe-rienze fin qui accumulate, l’indicazione all’inter-vento di EPP dovrebbe essere riservata a pazientidi età inferiore a 75 anni con performance statussecondo Karnofsky maggiore di 70, malattia in

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stadio II-III, istologia epitelioide. Questa chirurgiadeve essere mandatoriamente eseguita da chirurghiesperti, con ampia casistica specifica, in Centriorganizzati e di eccellenza.

Pleurectomia/decorticazione

La pleurectomia/decorticazione è stata descrittanel 1963 da Jensik et al. per il trattamento deiversamenti pleurici metastatici. Nel 1975 Martiniet al. hanno descritto i risultati di 106 pleurecto-mie/decorticazioni eseguite per versamenti pleuricimaligni: tra questi 14 casi di MPM.L’intervento di pleurectomia/decorticazione nascecon intento palliativo, finalizzato al controllo delversamento pleurico recidivante, alla liberazionedel polmone incarcerato, al miglioramento dellameccanica respiratoria e, in misura minore, alcontrollo della sintomatologia dolorosa. La tecnicachirurgica prevede un accesso toracotomico po-sterolaterale standard al quinto spazio intercostale,cui può aggiungersi un secondo accesso al decimospazio per un migliore controllo chirurgico a li-vello del diaframma. Il primo tempo prevede lacreazione di un piano di clivaggio tra pleura vi-scerale e parenchima polmonare, spesso con l’au-silio del bisturi a lama fredda; non è infrequentela necessità di includere nella sezione alcune isoledi parenchima polmonare in corrispondenza deimaggiori ispessimenti pleurici, possibile sede diinfiltrazione. Una volta liberata la pleura visceralefino all’ilo, si procede alla dissezione smussa dellapleura parietale lungo il piano di clivaggio con lafascia endotoracica, proseguendo lungo la super-ficie mediastinica fino all’ilo polmonare, clivandola pleura dal pericardio e dal muscolo diafram-matico (pleurectomia/decorticazione). In presenzadi sospetto o evidenza macroscopica di infiltra-zione del pericardio o del muscolo diaframma,una o entrambe queste strutture devono essere

incluse nell’exeresi (pleurectomia/decorticazioneestesa); nel caso del diaframma si dovrà prestareparticolare cura al rispetto del peritoneo sotto-stante (in assenza di segni di infiltrazione) perevitare disseminazione neoplastica intraperito-neale. I linfonodi ilari e mediastinici vengono in-clusi en bloc nella dissezione pleurica. A scopopuramente diagnostico o in presenza di segni cherendano impossibile o controindichino l’exeresicon intento radicale, può trovare indicazione laresezione di alcune zone di pleura viscerale e/oparietale con l’intento, per esempio, di liberareun polmone incarcerato e prevenire o controllareil versamento pleurico (pleurectomia parziale).Nel corso degli ultimi due decenni, la pleurecto-mia/decorticazione ha guadagnato crescente con-siderazione nell’ambito del trattamento con in-tento radicale del MPM. Questo a causa di alcuneconsiderazioni: sebbene drasticamente ridotte nelcorso degli anni, la morbidità e la mortalità asso-ciate all’intervento di EPP rimangono comunquerilevanti (si veda quanto esposto in precedenza);l’inquadramento di questo tipo di chirurgia nelcontesto dei protocolli multimodali (più promet-tenti rispetto ai singoli trattamenti) ha comportatoun proporzionale aumento delle problematichecliniche, alcune specifiche di ogni singolo tipo ditrattamento, altre frutto della loro combinazione,con numeri elevati di drop-outs a diversi stadi delprotocollo. Sebbene alcuni sottogruppi di pazientiselezionati e con fattori prognostici positivi ab-biano sicuramente beneficiato di un regime tera-peutico più aggressivo, i risultati complessivi amedio e lungo termine rimangono comunque in-terlocutori. In ragione di queste considerazioni,ha guadagnato progressivamente spazio l’inter-vento di pleurectomia/decorticazione, meno de-molitivo e, idealmente, gravato da minori morbi-dità e mortalità (in letteratura 13-40% e 0-5%,rispettivamente). Diversi studi retrospettivi e di

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fase II hanno confrontato l’outcome delle duetecniche, nel tentativo di stabilire uno standard.Il già citato studio del 2008 di Flores et al. su 663pazienti sottoposti a EPP o pleurectomia/decor-ticazione per MPM riporta una migliore soprav-vivenza mediana per i pazienti sottoposti a pleu-rectomia/decorticazione (16 vs 12 mesi); nel 2012,Lang-Lazdunski et al. hanno riportato i risultatidi uno studio prospettico non randomizzato su76 pazienti trattati con EPP (22 pazienti) o conpleurectomia/decorticazione (54 pazienti) nel con-testo di due diversi protocolli multimodali, di-mostrando i migliori risultati in termini di mor-bidità (68% vs 27,7%), mortalità (4,5% vs 0%) esopravvivenza mediana (12,8 vs 23 mesi) delgruppo pleurectomia/decorticazione. La percen-tuale di pazienti che hanno potuto completare ilprotocollo multimodale programmato nel gruppopleurectomia/decorticazione è stata significativa-mente superiore al corrispettivo del gruppo EPP(96,3% vs 68%). Altro elemento interessanteemerso da questo studio è l’outcome dei pazienticon resezione macroscopicamente incompleta(R2) alla pleurectomia/decorticazione, che hannomostrato sopravvivenze sovrapponibili a quelledei pazienti con resezione apparentemente radicalecon EPP. Il vantaggio della pleurectomia/decorti-cazione risiede in una migliore ripresa funzionaledopo chirurgia, con maggiore compliance al trat-tamento successivo. La presenza del polmone, tut-tavia, impedisce il raggiungimento di alti dosaggia un’eventuale radioterapia adiuvante.Al momento attuale, l’intervento di pleurecto-mia/decorticazione (estesa o meno) trova indica-zione nel trattamento del MPM con intento cu-rativo in pazienti con età maggiore di 65 anni,performance status secondo Karnofsky < 70, conmalattia al I stadio (clinico) e istologia epitelioide.Tuttavia, questi criteri sono in rapida evoluzionee al momento hanno confini meno netti rispetto

a quanto si potesse pensare in passato: le esperienzepiù recenti sembrano aprire la porta a una so-stanziale equivalenza delle tecniche chirurgiche,a fronte di minori morbidità e mortalità, quandonon addirittura una superiorità della pleurecto-mia/decorticazione rispetto all’EPP. Questi datidevono comunque essere presi in considerazionecon molta cautela, tenendo conto dell’influenzadi bias di selezione inevitabili e delle difformitànei protocolli multimodali.

Chemioterapia

Per molti anni, un atteggiamento nichilista ha ca-ratterizzato il trattamento medico dei pazienti af-fetti da MPM. Infatti, tutti i dati disponibili dallaletteratura fino a circa 10 anni fa riguardavanopiccoli studi di fase II che utilizzavano agenti che-mioterapici, sia in monoterapia sia in combina-zione, con risultati alquanto deludenti: tassi di ri-sposta inferiori al 20% e nessun impatto sulla so-pravvivenza. In una metanalisi degli studi pub-blicati tra il 1965 e il 2001, il cisplatino è risultatoessere il farmaco più attivo in monoterapia, mentrela polichemioterapia è stata associata a un mag-giore tasso di risposta senza che questo si tradu-cesse in una sopravvivenza più lunga.

Prima linea di trattamento

Ci sono pochi dati che valutano il ruolo dellachemioterapia rispetto alla migliore terapia di sup-porto (best supportive care, BSC) nei pazienti affettida MPM. Uno studio randomizzato di fase III,multicentrico, promosso dalla British Thoracic So-ciety and Cancer Research UK, ha confrontato unoschema di polichemioterapia con metotrexato,vinblastina e cisplatino (braccio MVP) più BSCrispetto a vinorelbina in monochemioterapia piùBSC (braccio VIN) rispetto alla sola BSC (braccio

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BSC) in pazienti affetti da MPM precedentementetrattati al più con chirurgia/radioterapia, ma noncon chemioterapia. Questo studio ha randomiz-zato 409 pazienti (137 MVP, 136 VIN, 136 BSC)e non ha osservato alcun vantaggio significativoin termini di sopravvivenza globale (OS) tra lachemioterapia e la BSC (9,5 mesi vs 7,6 mesi;HR 0,80; p = 0,08). Tuttavia, ha confrontato laBSC con “vecchi” schemi chemioterapici e nonsono al momento disponibili dati di confrontotra la BSC e l’attuale trattamento chemioterapicostandard di prima linea (combinazione cispla-tino/antifolato). O’Brien et al. hanno osservato,però, che nella gestione dei pazienti con sintomistabili dopo il controllo di qualsiasi versamentopleurico l’utilizzo precoce della chemioterapia conschedula MVP, cioè alla diagnosi, rispetto a quelloritardato, cioè al momento della comparsa di sin-tomi correlati alla malattia, ha fornito un periododi controllo dei sintomi più lungo con una ten-denza a una migliore sopravvivenza.Negli ultimi 10 anni, numerosi nuovi agenti cito-tossici sono stati valutati nel trattamento dei pa-zienti affetti da MPM, tra cui gemcitabina e agentiantifolati come pemetrexed e raltitrexed. Riguardoa gemcitabina, uno studio ha riportato un tasso dirisposta del 48% con gemcitabina in combinazionecon cisplatino: tuttavia, ulteriori studi di fase IIhanno documentato livelli di efficacia minori. Duestudi randomizzati hanno confrontato cisplatinoin monochemioterapia rispetto alla sua combina-zione con un antifolato. Il primo studio multi-centrico di fase III condotto negli Stati Uniti haconfrontato il cisplatino con la combinazione dicisplatino e pemetrexed arruolando 448 pazientiaffetti da MPM non pre-trattati con chemiotera-pia. Il gruppo di pazienti trattati con la combina-zione di cisplatino e pemetrexed ha ottenuto un’OS(overall survival) mediana significativamente piùlunga (12,1 mesi) rispetto al gruppo di pazienti

trattati con cisplatino in monochemioterapia (12,1mesi vs 9,3 mesi; HR 0,77; p = 0,020); inoltre, intermini di tasso di risposta, la combinazione hagarantito una remissione parziale di malattia nel41% dei pazienti rispetto al 16,7% della mono-chemioterapia (p < 0,001). Il secondo studio mul-ticentrico di fase III condotto in Europa ha con-frontato il cisplatino in monochemioterapia conla combinazione di cisplatino e raltitrexed in unapopolazione di 250 pazienti affetti da MPM nonpretrattati con chemioterapia. Anche questo studioha osservato che la combinazione cisplatino e ral-titrexed migliora l’OS rispetto al solo cisplatino(11,4 mesi vs 8,8 mesi; HR 0,76; p = 0,048), con-fermando l’efficacia della combinazione di cispla-tino con un antifolato nel trattamento medico dipazienti affetti da MPM. L’entità del beneficio disopravvivenza in entrambi gli studi è risultata si-mile: un incremento della sopravvivenza medianadi 2,8 mesi nello studio con pemetrexed (da 9,3 a12,1 mesi) e di 2,6 mesi nello studio con raltitrexed(da 8,8 a 11,4 mesi). Tuttavia, nello studio ame-ricano (combinazione cisplatino/pemetrexed) que-sta differenza è risultata statisticamente più solida(p = 0,020) rispetto allo studio europeo (combi-nazione cisplatino/raltitrexed) [p = 0,048], pro-babilmente a causa del campione di dimensionilimitate. Pertanto, al momento, la combinazionedi cisplatino e pemetrexed (ma più in generale dicisplatino con un antifolato) rappresenta lo stan-dard terapeutico nel trattamento di prima linea dipazienti affetti da MPM localmente avanzato ometastatico. Considerando che l’incidenza diMPM nei pazienti anziani è in aumento e chemolti pazienti, quindi, a causa dell’età e delle co-morbidità a essa correlata non sono in grado di ri-cevere una chemioterapia a base di cisplatino, al-cuni autori hanno valutato combinazioni conte-nenti carboplatino anziché cisplatino nel tentativodi ridurre la tossicità pur mantenendo la stessa ef-

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ficacia. Pur considerando i limiti di tali studi difase II non randomizzati, le combinazioni conte-nenti carboplatino hanno mostrato indirettamenteun migliore profilo di tossicità rispetto alle combi-nazioni contenenti cisplatino, ottenendo sopravvi-venze sostanzialmente sovrapponibili. Tale dato èstato confermato all’interno di un Programma diAccesso Allargato, in cui i pazienti trattati con lacombinazione carboplatino/pemetrexed hanno ot-tenuto le stesse sopravvivenze dei pazienti trattaticon la combinazione cisplatino/pemetrexed. Per-tanto, in pazienti con controindicazione alla som-ministrazione di cisplatino, un trattamento con lacombinazione carboplatino/pemetrexed rappresentaun’adeguata alternativa terapeutica. Inoltre, un’ana-lisi retrospettiva di dati raccolti da due studi di faseII di pazienti trattati con la combinazione carbo-platino/pemetrexed come terapia di prima lineanon ha osservato alcuna differenza significativa intermini di controllo globale della malattia (60,4%vs 66,9%), di tempo alla progressione (7,2 mesi vs7,5 mesi) e di sopravvivenza (10,7 mesi vs 13,9mesi) tra il gruppo di pazienti con età ≥ 65 anni ri-spetto al gruppo di pazienti con età < 65 anni.

Seconda linea di trattamento

Il ruolo della chemioterapia in seconda linea neipazienti affetti da MPM non è stato ancora defi-

nito e, a oggi, non costituisce ancora uno standardterapeutico. Tuttavia, vi è una crescente evidenzain letteratura che la chemioterapia in secondalinea non solo è ben tollerata, ma anche attiva.Inoltre, la maggior parte dei pazienti che benefi-ciano di una prima linea di trattamento presentaancora un ottimo performance status quando vienedocumentata la progressione radiologica del MPMe comunemente chiedono informazioni sulla te-rapia di seconda linea. Dal punto di vista pratico,è utile distinguere due differenti popolazioni dipazienti: quella dei pazienti non pretrattati conpemetrexed (sempre più esigua) e quella dei pa-zienti pretrattati con pemetrexed (ormai la stra-grande maggioranza) [Tabelle 7.3 e 7.4].

Pazienti non pretrattati con pemetrexed

Diversi studi hanno mostrato l’attività di peme-trexed nel trattamento di seconda linea. Sørensenet al. hanno riportato i risultati di uno studio incui sono state combinate due coorti di pazientitrattate in maniera differente. Dei 39 pazienti in-clusi nello studio (precedentemente trattati conregimi a base di platino senza pemetrexed), 28pazienti sono stati trattati con pemetrexed in mo-noterapia, mentre 11 pazienti hanno ricevuto lacombinazione carboplatino/pemetrexed. I tassi dirisposta sono stati, rispettivamente, del 21% e

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Tabella 7.3 Seconda linea di chemioterapia in pazienti non pretrattati con pemetrexed

Schedula N. pazienti RR mPFS (mesi) mOS (mesi)

Pemetrexed 28 21% 4,9 9,8

Pemetrexed + carboplatino 11 18% 7,4 9,1

Pemetrexed 91 5,5% NR 4,1

Pemetrexed + cisplatino 96 32,5% NR 7,6

Pemetrexed 396 12,1% 4,9 NR

Pemetrexed 123 19,2% 3,8 8,6

mOS, median overall survival ; mPFS, median progression free survival ; NR, non rilevato; RR, rischio relativo.

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18%, il tempo mediano alla progressione, rispet-tivamente, di 21 e 32 settimane e la sopravvivenzamediana, rispettivamente, di 42 e 39 settimane.Jänne et al. hanno riportato i risultati dell’impiegodi pemetrexed in monoterapia (n = 91) o in com-binazione con cisplatino (n = 96) all’interno diun programma di accesso allargato su 187 pazientiche avevano ricevuto precedente chemioterapiasistemica. Il tasso di risposta globale e la soprav-vivenza mediana complessiva sono state del 32,5%e di 7,6 mesi per la combinazione rispetto al 5,5%e a 4,1 mesi per pemetrexed in monoterapia. Tut-tavia, a causa delle limitazioni del disegno dellostudio, non può essere fatto il confronto tra i duegruppi di trattamento. Infatti, i pazienti trattaticon la combinazione erano più giovani, avevanoun migliore performance status prima di iniziare iltrattamento e avevano un tasso di risposta supe-riore al trattamento di prima linea. Questo spiegail maggior numero di cicli di trattamento som-ministrati al gruppo che ha ricevuto la combina-zione. Uno studio randomizzato di fase III, multicen-trico, ha confrontato pemetrexed + BSC versus lasola BSC in pazienti affetti da MPM in secondalinea (cioè dopo una prima linea di trattamentonon contenente pemetrexed). Lo studio ha ran-domizzato 243 pazienti (123 pemetrexed + BSC;120 BSC). La chemioterapia ha mostrato un van-

taggio rispetto alla BSC in termini di sopravvi-venza libera da progressione di malattia (3,6 mesivs 1,5 mesi; HR 0,42; p = 0,015), mentre non èstata osservata alcuna differenza statisticamentesignificativa in termini di OS (8,4 mesi vs 9,7mesi; HR 0,95; p = 0,743), probabilmente a causadell’influenza della terapia effettuata dopo il ter-mine dello studio dai pazienti appartenenti albraccio con sola BSC. Pertanto, per i pazienti nonprerattati con pemetrexed, la seconda linea di che-mioterapia dovrebbe contenere pemetrexed. Tut-tavia, poiché la combinazione cisplatino-peme-trexed attualmente costituisce lo standard tera-peutico nel trattamento di prima linea dei pazienticon MPM, lo studio della chemioterapia di se-conda linea dovrebbe concentrarsi su compostidiversi da pemetrexed.

Pazienti pretrattati con pemetrexed

In un’analisi retrospettiva dei pazienti trattati nellostudio americano di fase III (cisplatino vs cispla-tino/pemetrexed), circa il 42% di tutti i pazientiha ricevuto un trattamento chemioterapico (PSC)dopo il trattamento di prima linea dello studio.Questo gruppo di pazienti ha avuto una soprav-vivenza significativamente migliore (HR 0,56) ri-spetto ai pazienti che non hanno effettuato alcunachemioterapia dopo lo studio. Tuttavia, poiché

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Tabella 7.4 Seconda linea di chemioterapia in pazienti pretrattati con pemetrexed

Schedula N. pazienti RR DCR mPFS (mesi) mOS (mesi)

Ritrattamento con pemetrexed

Pemetrexed/platino 17 NR 65% NR NR

Pemetrexed +/- carboplatino 31 19% 48% 3,8 10,5

Trattamento con altri farmaci

Oxaliplatino +/- gemcitabina 29 7% 45% 2,2 5,6

Gemcitabina + vinorelbina 30 10% 43% 2,8 10,9

DCR, disease control rate; mOS, median overall survival ; mPFS, median progression free survival ; NR, non rilevato; RR, rischio relativo.

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l’esecuzione o meno del PSC non era stata ran-domizzata nell’ambito di uno studio, non è pos-sibile sapere se la riduzione del rischio di mortefosse attribuibile alla PSC o al fatto che i pazientiche avevano una sopravvivenza più lunga eranoanche in grado di ricevere ulteriori PSC. Mancano studi prospettici di chemioterapia diseconda linea nei pazienti pretrattati con peme-trexed. Oxaliplatino in monoterapia o in combinazionecon gemcitabina in seconda linea ha mostrato untasso di controllo della malattia del 45% (7% ri-sposta parziale; 38% stabilità di malattia), untempo alla progressione di malattia di 2,2 mesi euna sopravvivenza mediana di 5,6 mesi in 29 pa-zienti pretrattati con la combinazione platino/pe-metrexed. La combinazione gemcitabina/vinorel-bina, invece, ha mostrato un tasso di controllodella malattia del 43% (10% risposta parziale;33% stabilità di malattia), un tempo alla progres-sione di malattia di 2,8 mesi e una sopravvivenzamediana di 10,9 mesi in 30 pazienti. Il ritrattamento con chemioterapia a base di pe-metrexed è stato proposto in pazienti selezionati.In particolare, questa opzione terapeutica è statavalutata in uno studio osservazionale su una serieconsecutiva di 31 pazienti pretrattati con unaprima linea contenente pemetrexed. Solo i pa-zienti che avevano mantenuto una risposta o unastabilità di malattia per almeno 3 mesi dopo iltrattamento di prima linea erano eleggibili perlo studio. Il tasso di controllo della malattia èstato del 48% (19% risposta parziale; 29% sta-bilità di malattia).La sopravvivenza libera da progressione di malattiae la sopravvivenza globale sono state, rispettiva-mente, 3,5 e 10,5 mesi. Stratificando per la so-pravvivenza libera da progressione di malattia allaprima linea, i pazienti con una sopravvivenza li-bera da progressione di malattia alla prima linea

> 12 mesi hanno ottenuto una sopravvivenza li-bera da progressione di malattia alla seconda lineadi 5,5 mesi rispetto ai 2,5 mesi di coloro chehanno avuto una progressione entro i 12 mesi daltermine della prima linea. Un’ulteriore analisi re-trospettiva su 181 pazienti trattati con una se-conda linea di chemioterapia ha evidenziato cheil ri-trattamento con una combinazione con pla-tino/pemetrexed in pazienti pretrattati con pe-metrexed con beneficio riduceva significativa-mente il rischio di morte rispetto al ri-trattamentocon pemetrexed in monoterapia (HR 0,11; p <0,001). I progressi nella conoscenza della biologia delMPM hanno portato alla valutazione di un certonumero di agenti mirati in studi clinici. Tuttavia,a oggi, la terapia target non ha mostrato alcunareale efficacia nel trattamento dei pazienti affettida MPM.I pazienti dovrebbero essere incoraggiati a parte-cipare a studi clinici. Quando uno studio non èdisponibile o quando i pazienti non sono inclu-dibili in un programma terapeutico sperimentale,la chemioterapia in monoterapia con vinorelbina(o con gemcitabina) resta una soluzione ragione-vole per la palliazione. In casi selezionati, in pa-zienti che hanno beneficiato di una prima lineacontenente pemetrexed e con una sopravvivenzalibera da progressione di malattia a tale tratta-mento di almeno 6 mesi, il ri-trattamento conterapia contenente pemetrexed può considerarsiuna valida opzione terapeutica.

Radioterapia

L’impiego della radioterapia nel trattamento delMPM è tutt’ora oggetto di controversie in quantoè difficile irradiare ampi volumi a dosi elevate (datala discreta radioresistenza) in stretta vicinanza conorgani critici quali il polmone sottostante e il con-

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trolaterale, il cuore, il midollo spinale, la milza, ilfegato e i reni. La radioterapia entra pertanto a farparte di strategie multimodali.

Radioterapia palliativa

La radioterapia in un setting palliativo viene uti-lizzata con lo scopo di ottenere la risoluzione deldolore toracico in pazienti che presentano infil-trazione della parete toracica e/o noduli cutanei.Analisi retrospettive riportano una buona risolu-zione della sintomatologia clinica (in circa il 50%dei pazienti) con un tempo alla progressione sin-tomatologica di circa 2 mesi.Il frazionamento ottimale non sembra ancora es-sere definito, anche se come riportato da numerosecasistiche i migliori risultati si ottengono con trat-tamenti ipofrazionati con dosi quotidiane ≥ 4 Gyper frazione, come recentemente confermato an-che da uno studio presentato all’ESTRO 2012che riporta i risultati dell’impiego di radioterapiaipofrazionata e accelerata (dose totale prescritta:25 Gy in 5 frazioni). La compliance dei pazientiè risultata ottima e non sono state registrate tos-sicità acute di grado 3 o 4. La radioterapia non trova indicazione per il trat-tamento dei pazienti con dispnea conseguente aversamento pleurico o da compressione dei vasimediastinici, verosimilmente a causa della sua ra-dioresistenza e della difficoltà in sede mediastinicadell’uso dell’ipofrazionamento.

Radioterapia precauzionale

La radioterapia precauzionale è stata proposta alfine di ottenere una riduzione dell’incidenza didiffusione di malattia in sede di biopsia eseguitaa fini diagnostici.Nel 1995 Boutin et al. hanno suggerito l’oppor-tunità di irradiare precauzionalmente la sede di

drenaggio toracico o della biopsia con una dosetotale di 21 Gy in 3 frazioni.Più recentemente, una pooled analysis non ha ri-scontrato alcun vantaggio nell’impiego del tratta-mento precauzionale in termini di riduzione dellarecidiva/diffusione lungo il tramite bioptico e nes-sun impatto sulla sopravvivenza e sul decorso na-turale della malattia.Secondo le Linee guida ESMO (European Societyfor Medical Oncology), ERS (European RespiratorySociety) ed ESTS (European Society of ThoracicSurgeons) la sua utilità rimane controversa. È uti-lizzato in Francia, ma è stato abbandonato in Paesicome il Belgio e l’Olanda.I gruppi che ne suggeriscono l’impiego ne racco-mandano l’avvio il più precocemente possibile esoprattutto in quei pazienti in cui si debba posti-cipare il trattamento medico.

Radioterapia radicale

Per la tendenza del MPM a diffondere nel cavopleurico e lungo le scissure interlobari la radiotera-pia deve necessariamente comprendere ampi vo-lumi, prossimi a organi critici (polmone, grossivasi, cuore, midollo, fegato, reni). Questo rappre-senta una limitazione importante nel raggiungi-mento di dosi radicali (≥ 54 Gy). Per questo motivola radioterapia non può essere considerata un’op-zione di trattamento con finalità curativa esclusiva.I recenti progressi tecnologici in radioterapia per-mettono di impiegare una forma evoluta di radio-terapia conformazionale in cui vengono impiegatifasci multipli a fronte d’onda non uniforme: la ra-dioterapia a intensità modulata (intensity-modulatedradiation therapy, IMRT). Tale tecnica permette direalizzare distribuzioni di dose che si conformanostrettamente ai volumi tumorali di forma irregolaree convessa, esponendo alle alte dosi volumi minoridi tessuti sani, con gradienti di dose elevati.

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Questo consente di erogare simultaneamente, nelcorso della stessa seduta di trattamento, livelli dif-ferenziati a diversi bersagli, cioè di somministrareuna dose più elevata alla malattia macroscopica-mente obiettivabile e una dose inferiore alla ma-lattia subclinica o alle regioni trattate a scopo pre-cauzionale (simultaneous integrated boost, SIB) concontrazione del tempo globale di trattamento of-frendo un potenziale vantaggio in termini di effi-cacia biologica.Con queste incoraggianti premesse l’IMRT apparefattibile e non associata a effetti collaterali acutidi grado severo, tuttavia studi retrospettivi noncomparativi riportano un incremento delle tossi-cità tardive quali: polmoniti post-attiniche fatali,fibrosi polmonare e fistole broncopolmonari inassenza di evidenza di un aumento della soprav-vivenza.In considerazione di ciò e dell’assenza di studiclinici prospettici randomizzati, la radioterapianon è attualmente raccomandata come tratta-mento radicale esclusivo, qualunque sia la tecnicaimpiegata.

Radioterapia dopo pleurectomia

Dopo la pleurectomia/decorticazione si rende ne-cessario comunque l’impiego di dosi curative lesiveper il sottostante polmone.L’irradiazione di tutto l’emitorace con tecnica mi-sta fotoni ed elettroni è stata proposta dal Memo-rial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC).Questa pratica, tuttavia, non consente un’adeguataomogeneità nella distribuzione della dose, per-tanto è stata abbandonata.L’associazione di radioterapia intraoperatoria (in-tra-operative radiotherapy, IORT) con elettroni alfine di ottenere una maggiore copertura anchedelle scissure intralobari, del pericardio e del dia-framma riducendo la dose al polmone (dose media

15 Gy) seguita da un trattamento con radioterapiaa fasci esterni 3D o con IMRT (dose media 41,4Gy) è stata riportata con una sopravvivenza me-diana, nei 24 pazienti trattati, di 18 mesi. Il 17%dei pazienti ha sviluppato polmonite, il 4% peri-cardite e il 4% ha avuto stenosi esofagea con ne-cessità di dilatazione.L’IMRT rimane un’opzione tecnicamente vantag-giosa anche se necessita di ulteriori conferme acausa della disomogenea distribuzione della doseall’interno delle scissure e del pericardio.

Radioterapia dopo pneumonectomiaextrapleurica

La radioterapia dopo pneumonectomia extrapleu-rica può essere considerata parte integrante di unastrategia multimodale seppure in assenza di datiche ne dimostrino l’inequivocabile beneficio intermini di sopravvivenza.L’IMRT rappresenta attualmente lo standard ditrattamento e può essere utilizzata con sicurezza. I primi studi sono stati condotti presso l’MD An-derson Cancer Center (MDACC) su un gruppo di63 pazienti. Il controllo locale si è rivelato eccel-lente con il 13% di recidive locali e un rischio ac-cettabile di tossicità acuta (nausea, perdita di peso,transitoria dispnea e decesso come conseguenzadi sindrome da distress respiratorio).Le dosi di radioterapia consigliate per questo tipodi trattamento variano, a seconda delle casistiche,tra 50 e 54 Gy in 25-30 frazioni sull’intero lettochirurgico con una sovradose sulle sedi di mancataradicalità chirurgica.È obbligatorio ottenere una dose media al pol-mone controlaterale inferiore a 8,5 Gy ed è rac-comandato l’avvio di profilassi per l’infezionepneumococcica in caso di irradiazione dell’emi-torace sinistro con importante irraggiamento dellamilza (Tabella 7.5).

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Conclusioni

Negli ultimi anni si è assistito a un miglioramentodel trattamento e della prognosi del mesotelioma.Buona parte di questi risultati è ascrivibile all’in-troduzione di nuovi farmaci chemioterapici, co-stituendo al momento la terapia medica il puntodi riferimento nella terapia di tale patologia.La scelta della procedura chirurgica più idonea èinvece materia complessa, che poggia su algoritmidecisionali lontani dall’essere standardizzati. Leevidenze pubblicate in letteratura riguardanti lapossibile superiorità di uno dei due principali tipidi interventi con intento radicale (EPP e pleurec-tomia/decorticazione, sia essa estesa o meno) for-niscono dati contrastanti. Al momento, si avverte l’urgenza di un sistema distaging specifico e accurato, della definizione diparametri diagnostici che permettano un miglioreinquadramento preoperatorio dei pazienti e del-l’individuazione di fattori prognostici determi-

nanti che possano contribuire alla scelta dell’iterpiù appropriato. In assenza di tali elementi, è opportuno che iltrattamento chirurgico del paziente affetto daMPM venga stabilito da equipe specialistiche mul-tidisciplinari che abbiano esperienza specifica nelcampo, che l’atto operatorio venga condotto daun chirurgo esperto in un Centro di riferimentoe che l’assistenza postoperatoria sia altamente spe-cializzata. È inoltre auspicabile che a livello nazionale e inter-nazionale si possa dare vita a studi prospettici ran-domizzati che abbiano un disegno sperimentale edimensioni del campione adeguate a rispondere adalcuni quesiti fondamentali quali: impatto sulla so-pravvivenza e qualità di vita della pleurectomia/de-corticazione dopo chemioterapia di induzione ri-spetto alla sola terapia medica e della terapia tri-modale (chemioterapia + pleuropneumonectomia+ radioterapia) rispetto alla chemioterapia + chi-rurgia citoriduttiva o alla sola terapia medica.

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Diagnosi e terapia del mesotelioma 7

Tabella 7.5 Limite di dose per organi a rischio

V15 (%) V20 (%) V30 (%) V45 (5) V55 (%) Dmax (Gy) Dmin (Gy)

Polmone < 7-10 ≤ 8,5

Fegato < 30

Rene contr < 20

Cuore < 50

Midollo < 10 < 50

Esofago < 30

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8. Diagnosi e terapia delle malattie asbesto-correlate non neoplastiche

Inquadramento delle patologie non neoplastiche asbesto-correlate

Benché il carcinoma polmonare e soprattutto ilmesotelioma (pleurico o meno spesso peritoneale)rappresentino le più note e temibili complicanzedell’esposizione all’asbesto per la loro evoluzioneinvariabilmente fatale, l’esperienza clinico-pato-logica acquisita negli ultimi 30 anni a livello in-ternazionale ha consentito di individuare alcunicaratteristici quadri morbosi. Poiché la modalitàpiù comune di penetrazione nell’organismo diquesto gruppo eterogeneo di minerali definitocon il termine di asbesto è costituita dall’inalazionedelle sue fibre, appare evidente come le manife-stazioni cliniche conseguenti a tale penetrazionesiano localizzate pressoché esclusivamente a livellodell’apparato respiratorio. I quadri clinici non tumorali comprendono: a)l’asbestosi; b) la pleurite essudativa acuta; c) lapleurite essudativa cronica; d) le placche pleuriche;e) l’ispessimento pleurico diffuso; f ) la bronco-pneumopatia cronica ostruttiva. La dimensioneepidemiologica di tali patologie è ben lungi dal-l’essere definita ed è per lo più sottostimata inquanto la gran parte delle forme clinicamente si-lenti o negli stadi iniziali può rimanere a lungonon diagnosticata, anche quando si faccia ricorso

alla diagnostica per immagini e alle indagini isto-logiche. Con riferimento alle placche pleuriche eagli ispessimenti pleurici diffusi, alcuni studi in-dicano che, a distanza di tempo variabile da 3 a34 anni dall’iniziale esposizione all’asbesto, le plac-che si possono ritrovare in oltre il 50% dei casi,mentre gli ispessimenti sono decisamente più rari,coinvolgendo soltanto il 5% dei pazienti. Anche itempi di latenza tra esposizione e prima diagnosisono decisamente differenti per i diversi quadriclinici asbesto-correlati: infatti, mentre gli ispessi-menti pleurici possono comparire già dopo 1 annodall’esposizione all’asbesto, anche se possono poiintercorrere 15-20 anni perché essi siano corretta-mente diagnosticati, tale latenza è ben più lunga(circa 20-30 anni) perché si manifestino le placchepleuriche e l’asbestosi, ed è ancora più lunga (40anni o più) per l’insorgenza del mesotelioma.Appare quindi evidente come sia essenziale defi-nire criteri ragionevolmente attendibili per stabi-lire che tali patologie non neoplastiche siano asbe-sto-correlate. A questo scopo, in un documentoufficiale pubblicato nel 2004 come aggiornamentodi un precedente “statement” del 1986, l’AmericanThoracic Society ha proposto i seguenti criteri dia-gnostici: 1) dimostrazione istopatologica e/o me-diante diagnostica per immagini di alterazionistrutturali compatibili con patologie asbesto-cor-

n. 15, maggio-giugno 2012

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relate; 2) coinvolgimento dell’asbesto desuntodall’indagine sull’attività lavorativa del pazienteo sui fattori ambientali ai quali egli è stato esposto,dai marcatori di esposizione quali, per esempio,le placche pleuriche o l’isolamento di corpi del-l’asbesto; 3) esclusione di altre possibili cause ingrado di spiegare tali patologie; 4) documenta-zione della compromissione funzionale respiratoria[tale documentazione, benché non strettamentenecessaria ai fini diagnostici, riveste un’indubbiaimportanza e può essere validata, oltre che dallasintomatologia soggettiva e dai rilievi obiettivipolmonari, dalle alterazioni a carattere restrittivo,ostruttivo o misto della funzione ventilatoria edegli scambi gassosi, nonché dai segni della flogosidesumibili dall’esame del liquido di lavaggiobronco-alveolare (BAL)].Attraverso l’inalazione, le fibre dell’asbesto raggiun-gono il polmone profondo dove inducono feno-meni di alveolite destinati a evolvere gradualmentein fibrosi, la cui entità dipende dalla dose di asbestoalla quale il soggetto è stato esposto. Tuttavia, talifibre, trasportate dai macrofagi, possono anche rag-giungere la superficie pleurica attraverso i vasi lin-fatici, provocando una flogosi locale. Oltre a de-positarsi nelle vie respiratorie, in particolare a livellodelle biforcazioni bronchiali, dei bronchioli e deglialveoli, le cellule dell’epitelio alveolare captano lefibre di asbesto e ne favoriscono la migrazione neltessuto interstiziale. Ne consegue un’alveolite ma-crofagica caratterizzata da macrofagi che, avendofagocitato le fibre di asbesto, ne agevolano la rimo-zione. Tuttavia, poiché questo processo è in mag-giore o minor misura incompleto, molte fibre (inparticolare quelle più lunghe) permangono in loco.Alcune di esse si rivestono di uno strato proteicoricco in ferro e formano i ben noti “corpi dell’asbe-sto”, destinati a rimanere a lungo nel tessuto pol-monare, mentre la gran parte delle fibre rimanenon ricoperta e, agevolando la morte programmata

o apoptosi dei macrofagi, stimola la flogosi bron-chiolo-alveolare. Nel corso del processo infiamma-torio, i macrofagi sono stimolati a produrre unaserie di mediatori, tra i quali i radicali dell’ossigenoche richiamano nelle sedi di flogosi granulociti ingran numero, capaci a loro volta di sintetizzare altrimediatori che stimolano la proliferazione dei fi-broblasti, la produzione di fibre collagene e in ul-tima analisi la fibrosi dei tessuti.I meccanismi patogenetici sopra schematizzati in-dicano, quindi, come alla base delle patologie nonneoplastiche asbesto-correlate vi siano processipatologici a carattere infiammatorio che com-prendono alveolite, flogosi interstiziale, bronchio-lite e peri-bronchiolite, cui conseguono fenomenidi fibrosi più o meno estesa. È opportuno altresìsottolineare che, pur essendovi una stretta corre-lazione tra insorgenza di un quadro clinico nontumorale riferibile all’asbesto e rischio neoplastico,questa evoluzione non si verifica nella maggioranzadei casi, ma rimane una concreta e crescente pos-sibilità con l’allungarsi del tempo di osservazionedel paziente.

Manifestazioni cliniche

AsbestosiCome sottolineato a proposito dei criteri diagno-stici, l’anamnesi lavorativa e ambientale assumeun’importanza cruciale non soltanto per indivi-duare epoca, intensità e durata dell’esposizioneoccupazionale o ambientale all’asbesto, ma ancheper calcolare i tempi di latenza che, nonostantesiano ampiamente variabili da caso a caso, in basea quanto sopra ricordato appaiono difficilmenteconvincenti, in termini di connessione causale,se inferiori ai 10-15 anni. La sintomatologia soggettiva riferibile all’asbestosiinsorge in maniera subdola e progressiva con di-spnea per sforzi via via meno intensi, associata per

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lo più a tosse non produttiva. Dal punto di vistaobiettivo, si possono ascoltare ronchi, sibili e fischisu tutto l’ambito polmonare. Le prove funzionalimostrano una compromissione della capacità ven-tilatoria, la cui entità è più spesso attestata tra il10% e il 20%. Il decorso clinico, talora lento ta-l’altra più rapidamente progressivo, si traduce inaccentuazione della dispnea e della sintomatologiabroncospastica associata a tosse produttiva, confi-gurando un quadro di bronchite cronica che, intermini funzionali, si traduce in una progressivaperdita della capacità ventilatoria. Nelle forme piùavanzate, già all’esame obiettivo generale il pazientepuò apparire dispnoico e talora cianotico e si puòosservare un ippocratismo digitale. L’obiettivitàrespiratoria conferma la dispnea con tachipnea econsente di ascoltare, oltre ai ronchi e ai sibili, an-che rantoli crepitanti in sede basale bilaterale. Taliforme severe di asbestosi sono per fortuna diventatedi insolita osservazione in quanto, dopo l’innalza-mento del livello di attenzione già a partire daglianni Settanta-Ottanta, la diagnosi è oggi formulatain stadi meno avanzati. Con il depositarsi delle fibre di asbesto nei pol-moni, si innesca un lento, ancorché progressivo,processo di fibrosi interstiziale di entità variabile:dalle forme iniziali e limitate (grado I) che coin-volgono le pareti alveolari, i bronchioli e i dottialveolari, passando attraverso un graduale impe-gno degli acini polmonari (gradi II e III), fino algrado IV, caratterizzato da estesa fibrosi e da mo-dificazioni “ad alveare” (honeycomb) del paren-chima polmonare. Benché l’entità e la durata dell’eventuale, conco-mitante esposizione al fumo di sigaretta possanoinfluire sul grado e sulla progressione della fibrosi,l’andamento clinico e la prognosi dell’asbestosisono molto variabili: accanto a quadri clinici ten-denzialmente stabili nel tempo e pauci-sintomatici,si registrano altri caratterizzati da una fibrosi di

grado avanzato, fino ai casi in cui si realizza un’evo-luzione neoplastica. Poiché l’asbestosi non è certol’unica forma di fibrosi interstiziale, può talorasorgere il problema della diagnosi differenziale ri-spetto ad altre patologie quali la silicosi, la sarcoi-dosi, la polmonite da ipersensibilità o la fibrosipolmonare cosiddetta idiopatica. In tal caso, il giàrichiamato criterio di esposizione all’asbesto, de-sunto dall’indagine occupazionale e/o da fattoriambientali ai quali si è già accennato, nonché laricerca dei “corpi dell’asbesto” nel BAL o la coesi-stenza di placche pleuriche (delle quali si tratteràoltre) potrà essere di importante ausilio nel diffe-renziare l’asbestosi da altre forme di fibrosi inter-stiziale, senza peraltro dimenticare la possibilitàche l’asbestosi possa, sia pur raramente, associarsia un’altra delle patologie interstiziali del polmonesopra menzionate. Analogamente, può talora sor-gere il dubbio diagnostico tra lesioni polmonari acarattere nodulare, per lo più multiple, di fibrosida asbesto, spesso denominate “asbestomi” per leloro caratteristiche pseudo-tumorali e una vera epropria evoluzione maligna dell’asbestosi. Quasisempre tale dubbio potrà essere chiarito soltantoricorrendo alla biopsia polmonare toracotomica.

Patologie pleuriche non tumoraliPossono essere acute o croniche. Mentre la preva-lenza dell’asbestosi è andata gradualmente ridu-cendosi negli ultimi anni per effetto dell’ormaiacquisita consapevolezza degli effetti nocivi del-l’asbesto e delle conseguenti misure adottate perridurre l’esposizione all’inalazione delle sue fibre,le lesioni della sierosa pleurica e soprattutto gliispessimenti pleurici sono tuttora diagnosticaticon relativa frequenza in ragione del fatto che ilfattore determinante per la loro insorgenza non ètanto l’entità dell’esposizione, quanto il tempointercorso dalla prima esposizione del pazientealle fibre di asbesto.

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Pleurite essudativa acutaPuò comparire a distanza di 10 o più anni dall’ini-ziale contatto con l’asbesto e può insorgere comepatologia a se stante ovvero essere sovrapposta allaformazione di placche pleuriche. Il versamentopleurico può essere mono- o bilaterale e l’essudatoottenuto mediante toracentesi può mostrare carat-tere citrino, torbido o persino emorragico. Nel se-dimento si ritrovano per lo più neutrofili, eosinofili,linfociti, ma anche cellule mesoteliali e globuli rossi.Soggettivamente il paziente può essere asintoma-tico, tanto che la pleurite può essere diagnosticatacasualmente in seguito a un esame radiografico deltorace effettuato per altre cause, ovvero può la-mentare toraco-algie, febbre e malessere generale.L’obiettività respiratoria è sovrapponibile a quelladelle pleuriti essudative da altre cause e può com-portare, in rapporto all’entità del versamento, ipoe-spansibilità dell’emitorace interessato, riduzione oassenza del fremito vocale tattile, ipofonesi ovveroottusità percussoria e sfregamenti pleurici o silenziorespiratorio all’ascoltazione. Il decorso clinico puòprotrarsi per mesi ed esitare in obliterazione delseno costo-frenico corrispondente. Anche in questo caso si pongono non di radoproblemi di diagnosi differenziale con altre formedi pleurite essudativa e, a parte i criteri di orien-tamento diagnostico già menzionati per l’asbestosi,la biopsia pleurica effettuata nel corso di un’inda-gine toracoscopica potrà consentire di formularela diagnosi di certezza. Ma anche quando ne siastata ragionevolmente stabilita la connessione conl’asbesto, un versamento pleurico a lenta evolu-zione o con scarsa tendenza alla regressione puòindurre il sospetto di un’evoluzione in mesote-lioma, ovvero di estensione alla sierosa pleuricadi una neoplasia polmonare. Accanto alle altreindagini del caso, una toracentesi esplorativa conesame citologico dell’essudato pleurico potrà for-nire un importante ausilio diagnostico.

Pleurite essudativa cronicaÈ per lo più preceduta da una forma di pleuriteessudativa acuta o subacuta, ma la sua frequenzaè minore rispetto a quest’ultima. Si manifesta ta-lora con algie toraciche persistenti, ma nella mag-gior parte dei casi con una dolenzia sorda, spessopercepita come senso di peso a prevalente localiz-zazione sottomammaria. Non è raro che, per ilprotrarsi nel tempo della patologia pleurica in-fiammatoria e per l’abituale assenza di febbre o dialtra sintomatologia soggettiva, il paziente impariin qualche modo a “convivere” con il suo versa-mento, soprattutto quando questo sia di modestaentità ancorché sufficiente a tenere i foglietti pleu-rici viscerale e parietale distaccati, evitando che illoro sfregamento stimoli le fibre nervose sensitivedella pleura parietale e provochi dolore.Con il trascorrere dei mesi e in conseguenza delsia pur incompleto riassorbimento del liquidopleurico, si possono creare le condizioni favorevoliall’instaurarsi di aderenze tra i due foglietti pleuricie all’insorgenza delle altre patologie pleuriche asbe-sto-correlate.

Placche pleuricheSi differenziano dagli ispessimenti pleurici più omeno estesi per essere circoscritti ad aree limitatedella pleura. Tali placche sono rilevate, per lo piùbilaterali, asimmetriche, non raramente calcifichee interessano di regola la pleura parietale, preferi-bilmente nelle sedi postero-basali, pur rispar-miando i seni costo-frenici. Istologicamente, sonoformate da fibre collagene intrecciate, ricoperteda cellule mesoteliali. L’esperienza raccolta a livellointernazionale indica che le placche pleuriche sonole alterazioni più frequenti fra quelle connesse al-l’asbesto, essendo la loro comparsa, come sopraricordato, dipendente dal tempo intercorso dallaprima esposizione all’asbesto piuttosto che dal-l’entità dell’esposizione.

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Le placche pleuriche insorgono molto lentamentema, dopo 3 o 4 decenni dall’iniziale esposizioneall’asbesto, possono essere dimostrate in oltre idue terzi dei soggetti. La loro evoluzione è versola lenta progressione a formare ispessimenti pleu-rici più estesi. Possibile, ma di regola modesta, èla compromissione della funzione respiratoria neisoggetti nei quali siano presenti soltanto placchepleuriche.

Ispessimenti pleurici diffusiCoinvolgono per lo più la pleura viscerale e si ad-dentrano talora nel parenchima polmonare me-diante setti fibrosi. Possono coesistere con placchepleuriche localizzate nello stesso emitorace o inquello controlaterale, si ritrovano in non oltre il20% dei pazienti con patologia pleurica asbesto-correlata e possono conseguire a una pleurite es-sudativa acuta. La loro estensione può essere va-riabilmente ampia, interessando un intero lobo,ivi compreso il solco interlobare, ma persino unintero polmone. In queste sedi si crea una cotennafibrosa il cui spessore può oscillare da pochi mil-limetri a oltre un centimetro e può approfondirsi,creando una fibrosi negli strati più periferici delparenchima polmonare. Negli stadi più avanzatisi formano spesso calcificazioni della pleura. Nonè raro che gli ispessimenti pleurici possano in-durre, dal punto di vista sia clinico sia radiologico,problemi di diagnosi differenziale con il mesote-lioma, che è tuttavia molto più rapidamente evo-lutivo. Ove l’ispessimento pleurico coinvolgal’apice polmonare, possono entrare in discussione,fra le diagnosi alternative, il carcinoma dell’apicepolmonare con algie da coinvolgimento del plessobrachiale (sindrome di Pancoast) e la tubercolosi.Come è facilmente intuibile, gli ispessimenti pleu-rici diffusi possono compromettere la funzionepolmonare più frequentemente e in misura piùelevata rispetto a quanto accade quando si formino

placche pleuriche. La spirometria può infatti di-mostrare una riduzione significativa della capacitàvitale forzata (FVC), specialmente quando il pro-cesso morboso porti all’insorgenza di pachipleuritecon formazione di sinechie tra i due foglietti pleu-rici, coalescenza dei solchi interlobari e oblitera-zione del seno costo-frenico, nonché quando ilprocesso sia bilaterale. L’evoluzione clinica di que-sti quadri morbosi è verso l’insufficienza cardio-respiratoria e il cuore polmonare cronico.

Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)Benché le patologie indotte dall’esposizione al-l’asbesto siano prevalentemente a carattere re-strittivo, si discute tuttora se e in quale misuraesse possano comprendere anche alterazioni ditipo ostruttivo. La possibile e concomitante espo-sizione ad altri agenti e gli effetti svolti dal fumodi sigaretta in coloro che siano anche fumatoripossono infatti ingenerare perplessità interpreta-tive. L’associazione tra BPCO ed esposizione al-l’asbesto è stata comunque riportata anche innon fumatori.In termini funzionali, i segni riferibili alla BPCOpossono essere documentati mediante la spiro-metria, che mostrerà la riduzione dell’indice diTiffeneau [rapporto tra volume espiratorio forzatoin un secondo (FEV1) e FVC] conseguente allariduzione del FEV1. La deposizione delle fibre diasbesto sulle pareti dei bronchioli potrebbe infattiindurre flogosi, iperplasia dei muscoli lisci e suc-cessiva fibrosi, in grado di estendersi ai dotti al-veolari. Che queste alterazioni siano da considerareparte del più ampio processo dell’asbestosi o sianoinvece una patologia delle piccole vie aeree indottadall’asbesto è tuttora indefinito. È possibile che iriflessi clinici della componente ostruttiva sianolimitati, ma essi possono sommarsi a quelli re-strittivi, di regola predominanti, accentuando l’en-tità della compromissione funzionale.

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Il ruolo della medicina del lavoro nella diagnosi precoce delle patologieasbesto-correlate

L’associazione tra esposizione all’asbesto e insor-genza di patologie dell’apparato respiratorio edextrapolmonari è stata ampiamente documentatanel panorama della letteratura scientifica. Tuttavia,i dati relativi all’impiego di nuovi biomarcatori oall’utilizzo di differenti tecniche diagnostiche nelladiagnosi precoce delle patologie asbesto-correlate,nella fase di stadiazione e di inquadramento pro-gnostico delle stesse, necessitano di ulteriori con-ferme e di successiva validazione. Lo sviluppo ditali metodiche diagnostico-prognostiche apparedi notevole importanza nell’ottica di una possibileapplicazione in programmi preventivi di medicinaoccupazionale, rivolti in particolar modo alla po-polazione professionalmente esposta all’asbesto ea quella dei lavoratori ex-esposti a tale cancerogenoe, in maniera più ampia, in interventi di tuteladella salute pubblica. L’identificazione e lo sviluppo di test diagnosticiinnovativi potrebbero inoltre fornire un validosupporto alla diagnosi differenziale tra le diversepatologie asbesto-correlate. Attualmente, infatti,persiste un’evidente difficoltà nella diagnosi dif-ferenziale tra il mesotelioma pleurico e l’adeno-carcinoma polmonare, soprattutto quello a insor-genza dalla periferia del parenchima polmonare,che impone il ricorso a numerosi e dispendiositest diagnostici, tra cui le tecniche di immuno-istochimica rappresentano il gold standard. La ricerca scientifica è pertanto orientata all’iden-tificazione di test non invasivi, di semplice realiz-zazione e a basso costo, che consentano la diagnosiin fase precoce o addirittura preclinica delle pa-tologie asbesto-correlate e siano in grado di iden-tificare un adeguato profilo prognostico per i sog-getti ex-esposti.

Biomarcatori diagnostici e prognostici

Marcatori tumoraliMarcatori tumorali presenti nel siero, con valorediagnostico significativo come l’acido ialuronico, gliantigeni carboidratico-specifici 15.3, 125 e 19.9(CA 15.3, CA 125 e CA 19.9), nonché l’antigenecarcinoembrionario (CEA), sono stati studiati peruna possibile applicazione nella diagnosi precoce delmesotelioma maligno e del tumore polmonare, di-mostrando tuttavia una scarsa specificità e sensibilità.Un altro potenziale indicatore biologico utilizzatonella diagnosi di diverse neoplasie polmonari è ilframmento della citocheratina 21-1 (Cyfra 21-1).

Nuovi marcatori siericiNell’ambito delle patologie asbesto-correlate, imarcatori maggiormente studiati per un eventualefuturo impiego come fattori predittivi e di dia-gnosi precoce sono la mesotelina sierica e l’osteo-pontina sierica e plasmatica. La mesotelina (SMRP) è una glicoproteina dellasuperficie cellulare minimamente rappresentatasulle cellule mesoteliali normali di pleura, peri-cardio e peritoneo, ma altamente espressa nel me-sotelioma e in altri tumori, tra i quali il tumoredel pancreas e il carcinoma ovarico. L’utilità dellaSMRP è stata dimostrata in alcune applicazionicliniche quali la diagnosi differenziale tra meso-telioma pleurico maligno e patologie respiratoriebenigne, il monitoraggio della risposta al tratta-mento terapeutico del mesotelioma pleurico ma-ligno, nonché l’utilizzo del marcatore come fattoreprognostico indipendente per la stessa patologia. Diversi studi hanno stimato che la concentrazionedi 1 nM sia il valore di SMRP associato alla mi-gliore combinazione di sensibilità e specificità perdiscriminare tra mesotelioma pleurico maligno epatologie respiratorie benigne, tra soggetti saniesposti e soggetti non esposti, nonché tra tumore

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del polmone e controlli o soggetti affetti da pato-logie respiratorie benigne. Inoltre, la concentra-zione di SMRP è risultata inversamente correlatacon la sopravvivenza dei pazienti affetti da meso-telioma, a sostegno dell’importanza del valore pro-gnostico di tale marcatore.L’osteopontina (OP) è una glicoproteina multi-funzionale secreta in tutti i fluidi corporei, presentenell’osso, ma anche in vari tipi cellulari compresimacrofagi, cellule endoteliali, cellule muscolarilisce e cellule epiteliali. È coinvolta in molti processibiologici, compresi la formazione e il rimodella-mento del tessuto osseo, la stimolazione dei ma-crofagi e dei linfociti, la sopravvivenza e la migra-zione cellulare. Risulta sovraespressa in vari tumori,tra i quali il mesotelioma pleurico, e appare corre-lata con invasività, progressione e metastatizzazionetumorale. L’OP è stata proposta come biomarca-tore per la diagnosi precoce di mesotelioma pleu-rico. Se da un lato l’OP costituisce un promettenteindicatore di rischio per lo sviluppo di mesoteliomapleurico maligno in soggetti esposti o ex-espostiall’asbesto, dall’altro è stato dimostrato che elevatilivelli di OP si possono riscontrare in una molte-plicità di patologie polmonari e in diverse formetumorali, indebolendo la specificità del marcatoreper la diagnosi di mesotelioma pleurico.Altri marcatori diagnostici sono attualmente og-getto di ricerca, ma ulteriori studi sono necessariper confermare il loro possibile impiego nella dia-gnosi precoce e nella prognosi dei soggetti affettida patologie asbesto-correlate. È stato per esempiorecentemente dimostrato che elevati livelli pla-smatici di tropomiosina 4 e perossiredossina 1 e2 correlano con l’esposizione all’asbesto e con ladiagnosi di asbestosi.

MicroRNARecentemente è stata evidenziata l’importanza deimicroRNA (miRNA) come elementi chiave nel-

l’iniziazione e nella progressione dei processi tu-morali e l’utilità della loro analisi per una correttavalutazione diagnostica e prognostica delle stessepatologie. I miRNA sono piccoli RNA non codi-ficanti, costituiti da 19-25 nucleotidi, responsabilidella regolazione post-trascrizionale di circa il 30%dei geni nell’uomo. Tali molecole rivestono unruolo importante nello sviluppo tumorale comeregolatori di meccanismi coinvolti nella prolife-razione cellulare, nell’angiogenesi, nell’induzioneapoptotica e nella resistenza ai chemioterapici an-tiblastici, ma anche nell’attivazione o inattivazionedi oncogeni o oncosoppressori. È stato ipotizzato che meccanismi cellulari comela regolazione trascrizionale e il silenziamento epi-genetico (metilazione del promotore e acetilazionedegli istoni), alterazioni della sintesi stessa o lapresenza di anomalie a livello delle regioni cro-mosomiche sulle quali mappano i geni codificantiper i miRNA siano responsabili dell’alterazionedel profilo di espressione dei miRNA. In partico-lare, i meccanismi epigenetici appaiono coinvoltinella regolazione di miRNA, che risultano per-tanto bersaglio delle modificazioni epigenetiche,pur essendo essi stessi regolatori dei meccanismiepigenetici, come evidenziato anche in studi con-dotti su tessuti di mesotelioma pleurico. La pos-sibilità di misurare quantitativamente mediantereal time-PCR l’espressione di miRNA permette-rebbe, inoltre, una selezione rapida e accuratadelle molecole da utilizzare come biomarcatoridella patologia. I differenti profili di espressione dei miRNA pos-sono essere utilizzati nella diagnosi differenzialetra tessuto sano e patologico per individuare la ti-pologia del tessuto tumorale, qualora sia scarsa-mente differenziato, e/o per identificare diversisottotipi dello stesso tumore. Una differenteespressione di miRNA è infatti stata dimostratanei tessuti di soggetti sani rispetto a quelli prelevati

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da pazienti affetti da mesotelioma e panel dimiRNA differenti sono risultati correlati ai diffe-renti istotipi del tumore. Uno studio recente haevidenziato come la differente espressione deimiRNA permetta anche una diagnosi differenzialetra mesotelioma pleurico e carcinoma polmonare.Infatti, dall’analisi di campioni istologici dei duedifferenti tumori è risultata evidente una down-regolazione di un cluster di 7 miRNA, probabil-mente in seguito a processi di metilazione, neitessuti dei pazienti affetti da mesotelioma rispettoa quelli con carcinoma polmonare. Tale alterazionepoteva essere considerata mesotelioma-specifica.Questi miRNA mostravano valori di predittività,specificità e sensibilità significativi per l’utilizzocome marcatori del mesotelioma.Lo studio del pattern di miRNA, oltre a risultareutile al fine di formulare una diagnosi differenzialetra il mesotelioma pleurico e il tumore del polmone,può assumere un valore di rilievo anche per quantoriguarda la prognosi della malattia, seppure limitatadall’impossibilità di differenziare gli esposti al-l’amianto dai non-esposti. Un notevole contributoalla sorveglianza sanitaria degli ex-esposti potrebbederivare dall’impiego dell’analisi dei miRNA incombinazione con la SMRP utilizzabili come mar-catori diagnostici di mesotelioma pleurico.

Diagnostica per immaginiNelle pagine seguenti si riprenderanno i più tipiciquadri radiologici delle patologie polmonari e pleu-riche non neoplastiche da asbesto. In relazione altumore del polmone, i dati di letteratura parreb-bero indicare un sensibile aumento della soprav-vivenza in relazione alla precocità diagnostica se-gnalando, peraltro, che l’utilizzo dello screeningcon radiografia del torace, in associazione o menocon l’esame citologico dell’escreato, non corri-sponde ai requisiti di sensibilità e specificità ne-cessari per modificare la prognosi del tumore del

polmone. L’utilizzo della TC nei programmi discreening è considerato promettente (The NationalLung Screening Trial Research Team). Infatti, il piùgrande studio randomizzato e controllato sull’uti-lizzo della TC nello screening per la diagnosi pre-coce del carcinoma polmonare, condotto dal Na-tional Lung Screening Trial (NLST), ha esaminatooltre 50.000 fumatori ed ex-fumatori di età com-presa tra 55 e 74 anni. Lo studio ha considerato iforti fumatori con una storia di fumo di più di 30anni a un pacchetto al giorno (30 pack years). Ungruppo è stato esaminato con TC spirale a bassadose, il gruppo di controllo con radiografie deltorace. Un comunicato stampa emesso dal NLSTnel novembre 2010 ha rivelato che la mortalitàglobale nel gruppo esaminato con TC spirale abassa dose, a cadenza annuale, era inferiore del7% rispetto a quella del gruppo di controllo. Nelgruppo esaminato con TC a bassa dose, la morta-lità specifica per cancro polmonare era più bassadel 20%. Lo studio NLST, pubblicato nel 2011sul New England Journal of Medicine, ha dunquedimostrato che la TC spirale è un efficace stru-mento di screening in quanto, per le persone conun rischio di cancro polmonare chiaramente au-mentato, l’utilizzo della TC spirale a bassa dosepuò ridurre il rischio di mortalità permettendo diriconoscere il tumore in uno stadio precoce, conbuone possibilità di cura e di guarigione completa. Sono tuttora disponibili pochi dati relativi all’im-piego della TC a basse dosi nella sorveglianza disoggetti esposti a cancerogeni professionali o conesposizioni multiple (es. fumo di sigaretta-amianto).In quest’ultimo studio, 149 soggetti ex-esposti al-l’amianto sono stati sottoposti a screening medianteTC a basse dosi. Novantuno (61,1%) sono risultatinegativi e sono stati inseriti nel protocollo di con-trollo annuale; a 45 soggetti (30,2%) sono statediagnosticate lesioni benigne (36 placche pleurichebenigne bilaterali, 9 placche pleuriche benigne mo-

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nolaterali) e sono anch’essi stati inseriti nel protocollodi controllo annuale. In 13 casi (8,7%) sono statirilevati noduli sospetti; in 2 soli casi (1,3%) è statonecessario procedere immediatamente all’esecuzionedi TC-PET, mentre i restanti 11 casi (7,4%) sonostati inseriti nel protocollo di controllo a 3 e 12mesi. Non sono state individuate neoplasie polmo-nari o mesoteliomi pleurici maligni. La TC a bassedosi nello screening del cancro polmonare potrebbequindi offrire una possibilità di intervento terapeu-tico in grado di modificare la prognosi della malattia.Tuttavia, tale vantaggio deve confrontarsi con unaserie di problematiche, tra cui: la necessità di unavalutazione costo/beneficio dell’utilizzo della TC abasse dosi per l’alta prevalenza dei noduli benignirilevati alla TC e riportati come risultati falsi positivi;la ritardata diagnosi derivante dalla necessità di ese-guire follow-up a intervalli prestabiliti; la possibilitàdi indurre inappropriate aspettative di risarcimentoed eccessive preoccupazioni sullo stato di salute neisingoli e nelle collettività; il mancato abbandono dicomportamenti a rischio (es. il fumo) motivato dalfatto di essere inseriti in un programma di sorve-glianza sanitaria; l’esposizione al rischio radiologico.

Condensato dell’aria esalata

Da alcuni anni, nell’ambito della ricerca in Me-dicina del Lavoro, si sta valutando l’applicazionedi una metodica non invasiva per il campiona-mento delle vie aeree, il “condensato dell’aria esa-lata” (CAE), una metodica particolarmente indi-cata per il monitoraggio in quanto semplice, fa-cilmente ripetibile e in grado di non alterare lastruttura e lo stato funzionale delle vie aeree. Unaserie di studi recenti ha valutato lo stress ossidativonel CAE di lavoratori esposti all’asbesto. Le speciedi ossigeno radicale (ROS) coinvolte nella pato-genesi delle patologie asbesto-correlate, come an-che l’8-isoprostano marcatore della lipoperossi-

dazione lipidica, sono stati determinati nel CAEe sono risultati significativamente aumentati neisoggetti esposti rispetto ai controlli. Tali parametrideterminati nel CAE potrebbero fornire una validaopportunità di seguire nel tempo, in modo noninvasivo, i soggetti ex-esposti all’asbesto. È statoinoltre dimostrato che i pazienti affetti da asbestosihanno un livello aumentato di 8-isoprostano, diROS e di proteine totali nel CAE, mentre nonpresentano significative alterazioni nei livelli espi-rati di monossido di carbonio, dei livelli totali diossidi nitrici o di 3-nitrotirosina. Numerosi studi condotti su soggetti affetti da tu-more del polmone hanno valutato possibili altera-zioni dei parametri infiammatori, dei fattori an-giogenici, dell’espressione proteica, ed eventualidanni al DNA esaminati nel CAE. Tuttavia, ulte-riori approfondimenti sono necessari per validarel’impiego dei suddetti marcatori sia in un ambitoclinico che di medicina occupazionale. Infatti, talemetodica presenta una serie di limitazioni che neimpediscono un impiego routinario in medicinadel lavoro. Tra queste, la mancanza di una stan-dardizzazione delle metodiche di prelievo dei cam-pioni di aria espirata, la normalizzazione dei datiin relazione a un fattore di diluizione determinatosulla base di quante goccioline sono diluite conacqua pura e la validazione di biomarcatori specificida determinare nel CAE. Inoltre, valori di riferi-mento nel CAE di soggetti sani fumatori e nonfumatori dovrebbero essere determinati al fine diinterpretare correttamente i valori osservati.

La sorveglianza sanitaria negli ex-esposti

Come è noto, l’impiego dell’asbesto è stato ban-dito in Italia nel 1992 (Legge 257); già l’art. 29del D.Lgs. 277/1991 prevedeva il controllo sani-tario degli ex-esposti all’asbesto. Più recentementel’art. 259, comma 2 del D.Lgs. 81/2008 prevede

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che i lavoratori che durante la loro attività sianostati iscritti almeno una volta nel registro degliesposti all’asbesto, all’atto della cessazione del rap-porto di lavoro vengano sottoposti a visita medica.In tale occasione il medico competente deve for-nire al lavoratore le opportune informazioni rela-tive alla necessità di successivi controlli. L’attività di sorveglianza sanitaria dei lavoratoriex-esposti all’asbesto offre dei vantaggi/obiettividi vario tipo, che vanno dalla possibilità di unadiagnosi precoce delle principali patologie corre-late all’asbesto ai risvolti medico-legali in favoredei pazienti attraverso una tempestiva certifica-zione di malattia professionale, all’utilità epide-miologica per una migliore conoscenza dell’esten-sione e del livello di esposizione all’asbesto nelmondo del lavoro, così come a finalità di salutepubblica, che principalmente vengono raggiunteattraverso attività di counseling. È importante stabilire dei criteri per i quali la sor-veglianza sanitaria degli ex-esposti permetta diminimizzare i costi, ridurre il numero di esamiinvasivi ed ottimizzare i possibili risultati raggiun-gibili. Nella Conferenza Nazionale sull’Amianto,tenutasi a Roma nel marzo 1999, il sottosegretariodel Ministero della Sanità affermava che “vi è con-senso sulla necessità di garantire il controllo degliesposti mediante sorveglianza epidemiologica e/osanitaria in forma programmata e gratuita a curadei Servizi di Prevenzione e Sicurezza degli am-bienti di lavoro delle ASL”. Tuttavia, in mancanzadi Linee guida razionali ed efficaci, le Regioni ita-liane hanno predisposto diversi indirizzi operativisulle modalità con cui attuare la sorveglianza sa-nitaria degli ex-esposti all’amianto.Sostanzialmente, quasi tutti i protocolli concordanonel prevedere un’accurata anamnesi lavorativa,esame obiettivo mirato, radiografia del torace darefertare secondo la classificazione ILO del 1980,prove di funzionalità respiratoria con studio della

diffusione alveolo-capillare e, nei casi di sospettapatologia pleuro-parenchimale asbesto-correlata,indagini radiologiche di II livello (TC torace).I sistemi di sorveglianza per ex-esposti program-mati nelle varie Regioni presentano somiglianzee differenze. Le somiglianze riguardano il percorso, che è semprea due stadi: 1) il percorso iniziale, offerto a tutti isoggetti, si basa essenzialmente sul counseling einclude una campagna informativa sui rischi perla salute e la sospensione dell’abitudine al fumo;2) il percorso di approfondimento viene condottonei casi ad alta esposizione e include sempre la ra-diografia del torace (proiezione PA, OAD e OASe lettura secondo ILO) e gli esami di funzionalitàrespiratoria (spirometria e Transfer di CO). Lamalattia da ricercare negli ex-esposti è semprel’asbestosi. Poiché la malattia si produce solo peresposizioni elevate, questa scelta giustifica la di-versità di attenzione e di lavoro diagnostico riser-vata ai soggetti con alta o bassa esposizione.Le maggiori differenze riguardano il medico che“prende in carico” il soggetto ex-esposto. Le alter-native sono: (i) il medico di medicina generale; (ii)il medico dei Servizi di Medicina del Lavoro delleUSL; (iii) il medico dei reparti ospedalieri di Me-dicina del Lavoro. L’approccio può essere passivo(intervento attuato su richiesta di singoli soggettio gruppi di lavoratori) come in Toscana, EmiliaRomagna e Piemonte, oppure attivo (offerta attivageneralizzata di screening) come in Lombardia.

Dati relativi alle patologie asbesto-correlateemersi dalla sorveglianza sanitaria degli ex- esposti

In uno studio italiano è stato sottoposto a sorve-glianza sanitaria, nel periodo compreso tra il 2002e il 2009, un gruppo di 647 soggetti con anzianitàmedia di esposizione all’asbesto di 18,5 anni.

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I soggetti in follow-up appartenevano a vari com-parti lavorativi (principalmente petrolchimico, me-talmeccanico, navalmeccanico, chimico, portuale,ceramiche, vetro, energia), mentre le mansioniprincipalmente rappresentate erano costituite damanutentori, operatori di impianto, saldatori, car-pentieri, tubisti, assemblatori, elettricisti. È statopossibile diagnosticare patologie respiratorie be-nigne nel 39,15% del campione indagato (240patologie respiratorie benigne su 613 pazienti). Al23,16% dei soggetti è stata fatta diagnosi di placchepleuriche e/o ispessimenti (142 su 613 pazienti).Dai risultati dei singoli esami la spirometria è ri-sultata alterata nel 21% dei casi (14% in senso re-strittivo, 6% ostruttivo e 1% misto). Il 20% delleradiografie effettuate ha evidenziato alterazioni,ascrivibili a placche e ispessimenti pleurici, a in-terstiziopatia e ad altre cause (9%, 6%, 5% rispet-tivamente del totale dei soggetti). La TC, effettuatasolo agli ex-esposti con alterazioni all’Rx, è risultataalterata nell’81% dei soggetti. La diffusione al-veolo-capillare del CO è stata considerata patolo-gica nel 26% degli ex-esposti sottoposti all’esame.Ulteriori dati relativi alle patologie asbesto-correlatenegli ex-esposti sono forniti dal progetto sperimen-tale di sorveglianza sanitaria di ex-esposti all’amianto,sviluppato dalla Regione Veneto tra il 2000 e il2003. I soggetti esaminati sono stati 1165, com-prendenti addetti alla manutenzione (412) e co-struzione (388) di rotabili, oppure occupati in in-dustrie che producevano manufatti in cemento-amianto (129), oppure addetti a mansioni di coi-bentazione/decoibentazione in cantieri navali o al-trove (99), o lavoratori che avevano lavorato in piùdi un comparto (137). Nella popolazione esaminatasono stati individuati 375 casi di placche pleuricheasbestosiche (32,2%), 242 casi di noduli polmonari(20,8%), 19 casi di asbestosi, 5 casi di cancro pol-monare (tutti in fumatori o ex-fumatori; in 2 casicoesisteva asbestosi) e 3 casi di mesotelioma pleurico.

È stata inoltre trovata una relazione lineare statisti-camente significativa (p per il trend < 0,000001)dell’esposizione cumulativa all’asbesto con il rischiodi placche pleuriche, ma non con il rischio di nodulipolmonari. Sono entrati in follow-up radiologico338 soggetti (29,0%), che hanno ripetuto la TC a3, 6, 12, o 24 mesi per evidenziare un eventuale in-grandimento dei noduli polmonari o delle placchepleuriche prima di eseguire la biopsia.

Diagnosi radiologica

Alterazioni polmonari non neoplasticheCome è già stato sottolineato nelle pagine prece-denti, l’asbestosi esordisce come una fibrosi polmo-nare interstiziale associata alla presenza di corpi diasbesto o fibre di asbesto intrapolmonari. Le primealterazioni fibrotiche sono tipicamente peribron-chiolari, per l’iniziale deposizione e diffusione dellefibre a livello dei bronchioli respiratori e all’internodei dotti alveolari. Con la progressione della fibrosi,si assiste a un coinvolgimento dei setti intralobularie interlobulari. Nei casi più avanzati si può infineosservare, accompagnato dagli altri segni tipici dellafibrosi, il cosiddetto aspetto del parenchima pol-monare a “favo d’api” (honey combing), caratterizzatoradiologicamente da multiple cavità micro- o ma-crocistiche, non comunicanti con le vie aeree e traloro separate da setti interstiziali ispessiti.Le alterazioni della pleura viscerale (placche, ispes-simenti focali o diffusi, versamento) accompa-gnano spesso le alterazioni fibrotiche polmonari,con vari gradi di estensione. Tali alterazioni, pleu-riche e parenchimali, sono caratteristicamente piùpronunciate a livello dei territori polmonari infe-riori e posteriori, in sede sub-pleurica.La TC, oggi eseguita con acquisizioni volumetrichea basso dosaggio, rappresenta la tecnica diagnosticaradiologica più sensibile nel riconoscimento dellealterazioni parenchimali e pleuriche legate all’espo-

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sizione all’asbesto, relegando l’esame radiologicoconvenzionale del torace (Rx) a un ruolo marginale.Le alterazioni parenchimali legate alla presenza difibrosi interstiziale sono in gran parte sovrapponibilia quelle rilevabili in altri quadri di interessamentofibrotico interstiziale (usual intestitial pneumonia,UIP; non-specific interstitial pneumonia, NSIP).L’associazione con altri reperti, e in particolare conun coinvolgimento della pleura evocativo, rende ladiagnosi di asbestosi molto più probabile.La prima manifestazione TC di patologia pol-monare legata all’asbesto è rappresentata dallapresenza di micronoduli a localizzazione centro-lobulare di aspetto sfumato, associati a opacitàlineari a topografia subpleurica; tali anomaliepossono tra loro confluire e sommarsi, evolvendonel tempo in irregolarità nodulariformi a basepleurica. Queste alterazioni iniziali possono as-sociarsi, con il progredire della malattia, a ispes-simenti lineari ad andamento curvilineo e decorso

parallelo alla pleura e a segni radiologici caratte-ristici anche di altri quadri di interessamento in-terstiziale a evoluzione fibrosante: ispessimentodei setti inter- e intralobulari, bronchiectasie ebronchiolectasie da trazione, consolidazioni pa-renchimali e opacità a “vetro smerigliato”, aspettoa “favo d’api” (per lo più presente nei quadri piùavanzati), distorsione dell’architettura polmonare(Figura 8.1). Le opacità a “vetro smerigliato”(ground-glass per gli anglosassoni) sono definiteda un’aumentata densità del parenchima polmo-nare, senza oscuramento delle strutture vascolarisottostanti. Le alterazioni descritte, che risultano nella maggiorparte dei casi simmetriche e bilaterali, sono mag-giormente evidenti in sede periferica posteriore;per questa ragione, quando sono presenti soloanomalie di grado lieve ed estensione limitata, èspesso necessario ripetere una scansione in decu-bito prono per eliminare la presenza di eventuali

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Figura 8.1 Studio TC con ricostruzioni assiali (a) e sagittali (b) in un paziente con storia di esposizione all’asbesto, BPCOe sviluppo di un quadro di patologia interstiziale a evoluzione fibrotica. In (a) si osservano alcune aree (frecce)di parenchima polmonare con aspetto a “favo d’api” associate ad altre alterazioni tipiche dei quadri fibrotici:bronchiectasie da trazione, opacità a “vetro smerigliato”, ispessimento dei setti interstiziali; in (b) si osserva,soprattutto nelle regioni apicali (freccia), l’associazione con alterazioni enfisematose.

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alterazioni gravito-dipendenti (aree di disventila-zione, atelettasia lineare).Un reperto frequente nei pazienti con asbestosi(ma poco specifico) è rappresentato dalla presenzadi strie parenchimali o opacità lineari di 2-5 cm,spesso estese fino alla superficie pleurica. Esse rap-presentano esiti cicatriziali, zone di disventilazionee atelettasia associate a un coinvolgimento pato-logico della pleura (placche o ispessimenti).Quando raggruppate, queste strie possono assu-mere il cosiddetto aspetto “a zampa di corvo” epossono evolvere successivamente in quadri diatelettasia rotonda. Tale reperto, riscontrabile conrelativa frequenza nei pazienti esposti all’asbesto(fino al 10% dei casi), rappresenta un’area di col-lasso polmonare focale (solitamente del diametromassimo di circa 2-5 cm) ed è tipicamente asso-ciato a un interessamento patologico della pleura.La diagnosi differenziale più importante è natu-ralmente rappresentata dal tumore del polmone,anche se l’individuazione di alcuni segni radiolo-gici caratteristici può indirizzare verso una correttainterpretazione del reperto. Tra questi, i più im-portanti sono rappresentati da: una morfologia

ovoidale o rotondeggiante; l’associazione con ano-malie della pleura; la sede periferica, posteriore,più frequente a livello dei lobi inferiori; il segnodella “coda di cometa” (strutture vascolo-bron-chiali ricurve e “attratte” verso i bordi della le-sione); perdita di volume del lobo affetto.

Alterazioni pleuriche non neoplasticheLa patologia pleurica è la manifestazione toracicapiù caratteristica nell’esposizione all’asbesto e lapresenza di placche pleuriche ne rappresenta per-tanto un segno altamente suggestivo. Esse si svi-luppano a partire da 10-20 anni dall’esposizionee rappresentano aree di fibrosi della pleura parie-tale, con frequenti calcificazioni interne, limitinetti, dello spessore massimo di circa 2-10 mm.All’esame TC si evidenziano spesso lungo il ver-sante interno di un segmento costale. Sono gene-ralmente bilaterali (unilaterali in un terzo dei casi),simmetriche e localizzate nelle regioni polmonariinferiori, più frequentemente tra la VI e la IX-Xcosta e a livello della pleura diaframmatica. Le re-gioni apicali e i seni costo-frenici sono caratteri-sticamente rispettati (Figura 8.2).

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Figura 8.2 Studio TC con ricostruzioni assiali in finestra polmonare (a) e assiali in finestra mediastinica (b) in un pazientecon storia di esposizione all’asbesto. In (a) si osservano multiple placche pleuriche (frecce) disposte a livellodella superficie pleurica parietale; gli angoli costo-frenici sono caratteristicamente rispettati. Lo studio in fi-nestra mediastinica mette in evidenza un nucleo a densità calcifica all’interno di alcune placche localizzate alivello della pleura sovra-diaframmatica (frecce).

Diagnosi e terapia delle malattie asbesto-correlate non neoplastiche 8

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Il versamento pleurico essudativo benigno puòrappresentare una delle prime manifestazioni dellapatologia, comparendo nei primi 10 anni dopol’esposizione. Alla TC, il versamento presenta unadensità caratteristica dei fluidi, può essere bilateraleo unilaterale, persistente o ricorrente, di entitàsolitamente inferiore ai 500 cc. In alcuni casi puòavere carattere siero-ematico. L’ispessimento pleurico, focale o diffuso, derivageneralmente da un primario coinvolgimentodella pleura viscerale, con una successiva fusionecon la pleura parietale. L’ispessimento a caratterediffuso in TC è dato dalla presenza di un ispessi-mento pleurico continuo di circa 8 cm in sensolongitudinale e 5 cm in senso trasversale. Le cal-cificazioni, a differenza di quanto detto per leplacche, sono poco frequenti.

Altre patologie maligne legate all’asbestoIl mesotelioma, del quale si parla estesamente inaltra sede, rappresenta la patologia neoplasticaclassicamente più legata all’esposizione alle fibredi asbesto e il rischio di insorgenza è significati-vamente aumentato negli esposti rispetto alla po-polazione generale. Nel corso del tempo è statatuttavia dimostrata un’associazione con l’insor-genza di altre forme di tumore a prognosi infausta,tra cui principalmente il tumore del polmone, ilmesotelioma peritoneale, tumori del laringe, delpericardio, dell’ovaio e della tonaca vaginale deltesticolo. La valutazione diagnostica o di screening di cia-scuno di questi tumori necessita di un’attentascelta dello strumento di imaging più idoneo esensibile. Per lo studio del tumore del polmone,come per il mesotelioma pleurico, le tecniche ra-diologiche principali sono rappresentate dall’Rx,dalla TC del torace e dalla PET in fase di stadia-zione di malattia. In casi selezionati, come nei tu-mori dell’apice polmonare (tumore di Pancoast),

può essere effettuato uno studio RM per valutarela resecabilità del tumore e l’estensione dell’inva-sione locale, se presente.Il periodo di latenza prima dell’insorgenza dellamalattia è variabile da caso a caso (dai 10 ai 50anni). Il meccanismo patogenetico che lega l’espo-sizione all’asbesto con l’aumentata incidenza ditumore del polmone non è ancora noto e non èstata chiaramente dimostrata una predilezione lo-bare o l’associazione con un particolare tipo isto-logico. La prognosi del tumore del polmone neipazienti esposti all’asbesto è sovrapponibile aquella dei non esposti. Tuttavia, l’associazione conquadri di asbestosi o di patologia pleurica (placche,ispessimento diffuso) potrebbe compromettere lafunzione respiratoria del paziente e così condi-zionare il ricorso a eventuali interventi terapeuticipiù invasivi (es. chirurgia).Per i tumori a origine dal peritoneo, dall’ovaio edalla tonaca vaginale del testicolo, l’ecografia rap-presenta il primo strumento di indagine nel so-spetto di patologia neoplastica. Altre tecniche ra-diologiche di secondo livello, come TC e RM, ri-vestono un ruolo secondario in fase di caratteriz-zazione e stadiazione di malattia nella ricerca dieventuali localizzazioni a distanza.

Terapia delle malattie non-neoplasticheasbesto-correlate

Occorre premettere che si tratta di un’area dellamedicina che non ha ricevuto grande attenzionedal punto di vista terapeutico. Si può infatti af-fermare che per questo settore non esistono terapiespecifiche, anche per la relativa carenza di modellianimali adatti a studiare farmaci o interventi ade-guati. Seguendo la classificazione proposta all’ini-zio del capitolo, si inizia con l’asbestosi, notaanche con la denominazione di “fibrosi polmonareidiopatica”.

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I preparati glucocorticoidi (es. prednisone), dasoli o in associazione con ciclofosfamide oppureazatioprina, rappresentano il trattamento corren-temente utilizzato.La Tabella 8.1 riassume le dosi più frequente-mente utilizzate, secondo le Linee guida dell’Ame-rican Thoracic Society e della European RespiratorySociety.Una risposta obiettiva si può osservare solo dopo 6mesi, tempo in cui la terapia va sospesa se il pazienteè peggiorato. Se il paziente è migliorato o stabile, iltrattamento va continuato. Per risultato favorevolesi intende una diminuzione del sintomo “mancanzadi respiro”, una riduzione delle anormalità paren-chimali osservata con Rx del torace, un aumentodi almeno il 10% nella TLC o nella VC e un mi-glioramento della saturazione d’ossigeno. La con-tinuazione della terapia va effettuata su base perso-nale, tenendo conto anche degli effetti collateraliche, come è noto, sono molteplici e includono ul-cera peptica, cataratta, ipertensione, osteoporosi,leucopenia e trombocitopenia.Sulla base della capacità della colchicina di inibirela formazione di collagene negli animali e nel-l’uomo, alcuni studi clinici suggeriscono un effettopositivo sull’andamento della malattia con un ri-sultato analogo al prednisone, anche se si trattadi piccoli studi preliminari.Altri farmaci per cui esistono solo rapporti aned-dotici includono la ciclosporina A e la D-penicil-lamina. Una componente delle terapie è rappre-sentata dall’esercizio fisico supportato dalla som-ministrazione di ossigeno, che mira a migliorare

la qualità di vita dei pazienti. Per i pazienti incondizioni più gravi è possibile ricorrere al tra-pianto di polmone. Un recente studio randomiz-zato ha stabilito che la combinazione di N-acetil-cisteina con prednisone e azatioprina risulta ne-gativa perché aumenta la mortalità e l’ospedaliz-zazione rispetto al placebo.Per quanto riguarda pleurite essudativa, placche eispessimento pleurico, non esistono terapie speci-fiche, salvo l’impiego di corticosteroidi e, nel casodi infezioni sovrapposte, di antibiotici adeguati.La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO),pur non essendo solitamente associata all’esposi-zione di asbesto, dispone di trattamenti terapeuticiche verranno brevemente riassunti. Le finalità deltrattamento sono la riduzione delle esacerbazioniacute e il miglioramento della qualità di vita, dalmomento che non esistono rimedi causali. L’im-piego di corticosteroidi sistemici aumenta il vo-lume espiratorio e riduce i ricoveri ospedalieri, an-che nei pazienti che richiedono una valutazionemeccanica di supporto. Più discusso è l’utilizzo dicorticosteroidi per inalazione, perché non si sonoosservati rallentamenti nella progressione della ma-lattia. In generale, i corticosteroidi sono spesso as-sociati ad antibiotici per prevenire o curare le fre-quenti infezioni che caratterizzano questi pazienti.Uno studio recente riporta i risultati di un tratta-mento aggiuntivo alla terapia corrente per un annocon azitromicina, un antibiotico macrolide, di-mostrando una diminuzione delle esacerbazioni eun miglioramento della qualità di vita. Nella tera-pia corrente ha un posto importante anche l’im-

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Tabella 8.1 Dosi dei farmaci impiegati per il trattamento dell’asbestosi

• Terapia corticosteroidea (prednisone o equivalente): 0,5 mg/kg/die per via orale per 4 settimane, seguiti da 0,25 mg/kg/die per 8settimane e infine 0,125 mg/kg a giorni alterni

• Ciclofosfamide: 2 mg/kg/die per via orale, fino a un massimo di 150 mg/kg/die. Il trattamento dovrebbe iniziare alla dose di 25-50mg/kg/die e aumentare di circa 25 mg/kg ogni 7-14 giorni fino a raggiungere la dose massima

• Azatioprina: 2-3 mg/kg/die per via orale fino a un massimo di 150 mg/kg/die. Si segue lo stesso schema di ciclofosfamide

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piego dei broncodilatatori a lunga durata d’azionecome i β-agonisti adrenergici e gli anticolinergici.Salmeterolo e tiotropium in associazione con icorticosteroidi hanno dimostrato la capacità di ri-durre la sintomatologia, le esacerbazioni e di mi-gliorare la funzione polmonare e la qualità dellavita. Un confronto diretto tra i due farmaci, per 1anno, in uno studio randomizzato su oltre 7000pazienti, ha dimostrato che tiotropium è più effi-cace di salmeterolo nel prevenire le esacerbazioni,a parità di mortalità e di effetti collaterali. Non vatuttavia ignorato che lo studio era stato sponso-rizzato dai produttori di tiotropium e che tiotro-pium ha un costo superiore a salmeterolo. Inoltre,una revisione sistematica dell’impiego di tiotro-pium rispetto al placebo mostra un aumento si-gnificativo della mortalità. L’impiego di questofarmaco per via inalatoria richiede quindi cautela.Un altro studio suggerisce che, rispetto al tratta-mento con corticosteroidi e β-agonisti adrenergici,un triplice trattamento che includa tiotropium de-termini una riduzione della mortalità, delle ospe-dalizzazioni e dell’impiego dei corticosteroidi. Sitratta tuttavia di uno studio preliminare che richiedela realizzazione di uno studio clinico randomizzato.Nuovi tipi di trattamento si affacciano all’oriz-zonte, anche se si stratta ancora di ricerche in viadi sviluppo. Roflumilast, un inibitore delle fo-sfodiesterasi-4, è stato recentemente approvatodalla Food and Drug Administration (FDA) perla riduzione delle esacerbazioni e il miglioramentodella funzione polmonare. Si utilizza in associa-zione ai corticosteroidi, non è un broncodilata-tore, ma un antinfiammatorio. Due studi clinicicontrollati hanno dimostrato l’utilità di una com-binazione del nuovo farmaco con tiotropium osalmeterolo.È ancora in discussione il ruolo della teofillina,particolarmente a basse dosi, in combinazionecon corticosteroidi per via inalatoria. Nonostante

i molti anni passati, mancano ancora studi clinicicapaci di dare una risposta definitiva. Numerosealtre ricerche sono in corso per valutare nuovi tar-get, come per esempio l’ossido d’azoto (NO).Altri suggerimenti deriveranno dalla valutazionedelle modificazioni delle citochine e di altri mo-dulatori dell’infiammazione e dell’immunità. In conclusione, a proposito di terapia della BPCO,le informazioni controverse sono ancora oggi piùnumerose delle certezze. Pertanto, il trattamentodell’asbestosi è ancora tutto da sviluppare perché,per ora, si limita a modificare i sintomi, piuttostoche agire sulla storia naturale delle varie manife-stazioni patologiche. Lo sviluppo di adeguati mo-delli animali e la disponibilità di nuove conoscenzefisiopatologiche e di biologia molecolare rappre-sentano la base di un possibile migliore interventoterapeutico in futuro.

Conclusioni

Accanto al mesotelioma e al carcinoma polmonare,sono stati individuati alcuni caratteristici quadrimorbosi, conseguenti all’esposizione all’asbesto,ma di natura non neoplastica. Essi comprendono:asbestosi, pleurite essudativa acuta e cronica, plac-che pleuriche e ispessimento pleurico diffuso eBPCO. Poiché la dimensione epidemiologica ditali patologie, che possono rimanere a lungo silenti,è spesso sottostimata, è necessario che i criteri dia-gnostici siano ulteriormente affinati e standardiz-zati a livello internazionale. È necessario altresì ap-profondire la comprensione dei meccanismi pato-genetici attraverso i quali si instaurano fenomenidi fibrosi polmonare, con l’ovvio intento di pre-venirne l’insorgenza o attenuarne l’estensione.Nell’ambito della medicina del lavoro, i nuovibiomarcatori diagnostici e prognostici, nonché losviluppo di tecniche diagnostiche in grado di fa-vorire la diagnosi precoce delle patologie asbesto-

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correlate, dovranno non soltanto essere ulterior-mente validati in studi clinici controllati su casi-stiche numericamente congrue, ma anche resi di-sponibili in tutti i centri di medicina del lavoro,prescindendo dalla loro natura ospedaliera o uni-versitaria. Ciò avrebbe infatti importanti riflessipositivi in termini di prevenzione e di tutela dellasalute pubblica.Benché la TC a basse dosi abbia già dimostratoun’indubbia utilità rispetto alle indagini radiolo-giche convenzionali, per la diagnosi delle patologiepleuriche e polmonari sia neoplastiche che nontumorali, il suo ruolo nei programmi di sorve-glianza dei soggetti esposti singolarmente all’asbe-sto o con esposizioni multiple (es. al fumo di si-garetta e all’asbesto) dovrà essere meglio definitoper migliorare la prognosi dei pazienti e ottimiz-zare il rapporto costi/benefici per la collettività.

Un’altra esigenza acutamente avvertita nei pro-grammi di sorveglianza sanitaria degli ex-espostiè evitare disparità e incongruenze nei programmielaborati dalle singole Regioni, favorendo l’ado-zione di sistemi di sorveglianza omogenei e pos-sibilmente univoci.È importante infine sottolineare la necessità disviluppare protocolli terapeutici di accertata effi-cacia, basati sulla migliore combinazione dei far-maci da tempo disponibili quali corticosteroidi,immunosoppressori e broncodilatatori, ma anchesull’introduzione di nuove molecole e nuovi ber-sagli, tra i quali in particolare i modulatori dellaflogosi e della risposta immunitaria. Tali innova-zioni terapeutiche potranno verosimilmente esseretanto più rapide e affidabili quanto prima saràpossibile mettere a punto idonei modelli speri-mentali di asbestosi.

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9. Il ruolo del medico di medicina generale nella diagnosi, nella gestionee nella sorveglianza sanitaria delle malattie asbesto-correlate

Il ruolo centrale del MMG nella rete assistenziale nazionale

La rete dei medici di medicina generale (MMG)rappresenta la più capillare modalità assistenzialeesistente sul territorio nazionale. Secondo l’ultimarilevazione del Ministero della Salute effettuatanel 2010, i MMG sono 45.878, con una mediadi 1147 assistiti in carico a ciascun medico.Il rapporto fiduciario, la funzione di riferimentoper la comunità locale, l’elevato numero di con-tatti con gli assistiti e la disponibilità di aggrega-zioni territoriali (il 67% di tali professionisti lavorain forma associata) collocano il MMG nella posi-zione più idonea per garantire, anche in ambitodi patologia asbesto-correlata, l’informazione dellapopolazione e la tempestiva presa in carico dellepatologie. È peculiarità della Medicina Generale assumereuna responsabilità specifica della salute della co-munità e occuparsi dei relativi problemi nella lorodimensione fisica, psicologica, sociale, culturaleed esistenziale.L’obbligatorietà di tenere una scheda sanitaria in-dividuale per ciascun paziente da parte del MMG,come previsto sin dall’Accordo Collettivo Nazio-nale del 2005, rappresenta un’opportunità formi-dabile, anche per la valutazione dei rischi lavora-

tivi. In tale scheda non è però prevista una valu-tazione del genere, né i software più utilizzati inmedicina generale prevedono la raccolta di infor-mazioni sul lavoro, se non in maniera generica.L’ormai molto discussa questione, relativa allo sco-stamento tra dato assicurativo e dato epidemiolo-gico sulle malattie oncologiche di origine profes-sionale, tra cui i tumori asbesto-correlati, ricon-ducibile alla multifattorialità di tali malattie e allaloro media-lunga latenza, tanto che spesso si ma-nifestano quando il lavoratore ha già interrottol’attività lavorativa, fa porre l’attenzione sul ruoloche il MMG potrebbe svolgere per la loro identi-ficazione e per l’avvio dell’iter medico-assicurativoe medico-legale. Il MMG è infatti in una posizionechiave non solo per fornire il supporto assistenzialenecessario, ma anche per identificare tali casi. IlMMG si occupa di persone inserite nel loro am-biente di vita (familiare, socioculturale, lavorativo),se ne prende cura, ascolta le loro storie e fornisceinformazioni e spunti di riflessione utili per scelteconsapevoli di salute. A volte però non conoscebene le mansioni svolte dai propri assistiti, non sabene approfondire le relazioni esistenti tra rischilavorativi ed eventuali disturbi/malattie e taloranon ha elementi sufficienti per formulare un re-ferto, una denuncia o un certificato di sospetta oaccertata malattia professionale.

n. 15, maggio-giugno 2012

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Inoltre, i nuovi contesti lavorativi legati anchealla crisi economica, con aumento delle piccoleimprese e delle microattività, dei lavori autonomi,interinali e temporanei, hanno prodotto una mag-giore difficoltà nella gestione della prevenzionein ambito lavorativo e verosimilmente una mag-giore interazione tra i lavoratori e i propri medicicuranti anche in relazione agli aspetti legati al ri-schio di malattia professionale.Sin dalla Legge n. 833 del 1978 il MMG è statoescluso da attività di sorveglianza sanitaria legataall’ambiente di lavoro, che è stata attribuita a medicicon specifica competenza sui rischi professionali.Anche il D.Lgs. 626/1994 ha previsto che fosse ilmedico competente a occuparsi degli interventi diprevenzione e sorveglianza sanitaria sul lavoratore arischio. Il MMG, come tutti gli esercenti una pro-fessione sanitaria, è comunque tenuto in caso di in-fortunio o malattia professionale a inviare un refertoall’Autorità Giudiziaria  (direttamente al PubblicoMinistero o attraverso Ufficiali di Polizia Giudiziaria,come quelli operanti nei servizi di prevenzione neiluoghi di lavoro delle Aziende USL), come preve-dono gli artt. 365 e 334, rispettivamente, del CodicePenale (CP) e del Codice di Procedura Penale(CPP). Come recita l’art. 365 del CP, “chiunque,avendo nell’esercizio di una professione sanitaria pre-stato la propria assistenza o opera in casi che possonopresentare i caratteri di un delitto per quale si debbaprocedere d’ufficio, ometta o ritarda di riferirne al-l’Autorità indicata…è punito…”. I MMG, pertanto,come tutti i medici, quando diagnosticano malattieprofessionali, anche solo sospette, come quelle ri-conducibili a pregresse esposizioni ad amianto (ve-dere il Capitolo 3 sulle patologie asbesto-correlate),tra cui vari tumori a diversa sede topografica (IARC,2012), prospettandosi per l’interessato un dannograve possibilmente causato da terzi, hanno l’obbligodi referto all’Autorità Giudiziaria, la cui omissioneè sanzionata.

Il MMG e le patologie asbesto-correlate

In considerazione del lungo periodo di latenzache precede la patologia neoplastica asbesto-cor-relata, è evidente come non pochi casi, connessiall’attività lavorativa, possano sfuggire alla rete disorveglianza, garantita dai medici competenti edalla rete specialistica di medicina del lavoro. Sipensi, per esempio, alle fasce di popolazione piùanziana, e, talvolta, a quelle con periodi di lavoroa rischio amianto all’estero e a quelle che lavoranoin proprio. Nel 2000 il progetto CAREX ha evi-denziato che solo nel periodo 1990-1993 i lavo-ratori italiani esposti ad amianto erano circa680.000 (Tabella 9.1).Per quanto attiene agli esposti a rischio non lavo-rativo, il MMG rappresenta, al momento dellaprima diagnosi, il principale riferimento sul terri-torio, in grado di disporre della conoscenza longi-tudinale della storia dell’assistito, anche grazie alladisponibilità della scheda sanitaria informatizzata,che potrebbe permettere di registrare informazioniutili alla rilevazione del rischio amianto. In talsenso va valutata l’opportunità di migliorare i soft-ware in uso. Il MMG svolge, inoltre, un ruolo diriferimento rispetto alle conoscenze sanitarie dellefamiglie e deve essere in condizione, in relazione a

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Tabella 9.1 Stime dello studio CAREX sugli esposti acancerogeni in ambito lavorativo nel pe-riodo 1990-1993 in Italia. Fonte: Kauppi-nen, 2000

4,2 milioni gli esposti (24% degli occupati) agli agenti inclusi inCAREX (139 agenti classificati nel gruppo 1, 2A o 2B dalla IARC),di cui:

• Fumo di tabacco ambientale 770.000

• Asbesto 680.000

• Radiazione solare 560.000

• Fumi di scarico diesel 550.000

• Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) 350.000

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tematiche delicate anche sotto il profilo dell’iden-tificazione del rischio, delle prospettive di cura edelle aspettative di indennizzo, di fornire un’in-formazione di base corretta e omogenea.Gli studi professionali dei MMG, singoli e, inparticolare, associati, rappresentano luoghi di ac-cesso costante della popolazione, con particolareriguardo alle fasce più anziane, nelle quali è attesauna maggiore incidenza della patologia neoplasticada asbesto. Essi rappresentano, pertanto, un luogoimportante per la diffusione di materiale o dieventi di informazione sanitaria diretti al pubblico.Gli stessi potrebbero quindi costituire i luoghi didiffusione di campagne informative di preven-zione primaria. Considerato l’accertato sinergismotra fumo e amianto nell’induzione del cancro delpolmone, assume particolare importanza l’infor-mazione sui benefici della cessazione dell’abitudineal fumo, mirata per gli ex-esposti all’amianto.

Criticità

La formazione specialistica post-laurea del MMG(corso di formazione specifica in medicina gene-rale) ha attualmente un’impostazione prevalente-mente clinica e anche gli interventi di formazionecontinua (Educazione Continua in Medicina,ECM) appaiono in prevalenza mirati al contrastodelle patologie croniche e, in ambito preventivo,soprattutto agli interventi vaccinali e al rischiocardio-cerebro-vascolare. Minore rilievo è statodato alla formazione continua in ambito di rischioambientale e lavorativo.Il tema specifico della patologia asbesto-correlatanon risulta essere diffusamente oggetto di inizia-tive specifiche di formazione per i MMG e, perquanto gli elementi conoscitivi necessari da tra-smettere al MMG possano essere riassunti inmodo sufficientemente sintetico, tale trasmissionedi conoscenze è a tutt’oggi carente. Un Corso Na-

zionale per Animatori di Formazione Medici diMedicina Generale su “I tumori professionali.Strumenti e interventi in medicina generale” si èsvolto nel 2004 a Firenze, organizzato dall’alloraCSPO (oggi ISPO) in collaborazione con Ispesl(Ente oggi confluito in INAIL), usufruendo diun finanziamento del Ministero della Salute. Quelprogetto, che ha sviluppato strumenti prototipali,sicuramente migliorabili, interessanti ed esporta-bili nella pratica corrente dei MMG, ha rappre-sentato sinora un’esperienza sporadica. Succes-sivamente a quella esperienza in Ispesl è stata at-tivata la piattaforma web SERICO sulla “Pre-venzione dei tumori nei luoghi di lavoro”, inconseguenza di un accordo siglato dal Ministerodella Salute e dall’ex-Ispesl, nell’ambito dei Pro-grammi di ricerca finalizzata CCM. La piatta-forma SERICO consente a tutti gli operatori sa-nitari, compresi i MMG, di capire se un tumorepossa essere di natura professionale, dato che mettea loro disposizione sia informazioni sulla proba-bilità dell’associazione tra specifici tumori e rischioccupazionali, sulla base dei risultati della lette-ratura scientifica, sia informazioni sugli agenticancerogeni e sui comparti produttivi a rischio[http://tumoriprofessionali.ispesl.it/].Attualmente le conoscenze del MMG sulla pato-logia asbesto-correlata sono il prodotto della for-mazione e degli interessi individuali e non possono,con certezza, essere ricondotti a sistema. È invecenecessaria un’informazione e formazione omoge-nea, concertata a livello regionale e nazionale, fi-nalizzata a utilizzare al meglio la prossimità e l’au-torevolezza del MMG nei confronti dei cittadini.Sotto il profilo assistenziale e con specifico riferi-mento alla patologia neoplastica, è necessario for-nire ai MMG un’informazione univoca sulle at-tuali evidenze relative a diagnosi precoce e possi-bilità terapeutiche, per garantire una corretta in-formazione alla popolazione.

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Nelle fasi avanzate della malattia, e soprattuttonella fase di palliazione, è necessario garantire inmodo omogeneo nelle diverse realtà regionali l’in-tegrazione del MMG in un concreto supporto diassistenza domiciliare.

La sorveglianza sanitaria

La normativa vigente affida al medico competentela sorveglianza sanitaria dei soggetti professional-mente esposti ad amianto. È tuttavia evidentecome molti degli ex-esposti e la generalità degliesposti per cause extraprofessionali abbiano comeprincipale riferimento il MMG, che, nell’ambitodella tutela generale della salute della popolazioneda lui assistita, deve farsi carico anche della sorve-glianza sanitaria relativa alle patologie da amianto.Attualmente non sembra dimostrata l’efficacia diinterventi di diagnosi precoce in grado di influen-zare la prognosi delle patologie neoplastiche e nonneoplastiche da amianto. Il riconoscimento tempestivo dell’eziologia di talipatologie, tuttavia, ha importanza sotto il profiloepidemiologico, di tutela assicurativa e, più in ge-nerale, di adeguata presa in carico dell’assistito.Di conseguenza, gli interventi di formazione e in-formazione dei professionisti, nonché l’adegua-mento delle schede sanitarie alle esigenze di unamigliore valutazione del rischio professionale eambientale, come esposto nei paragrafi precedenti,sono funzionali a evitare ritardi ed errori diagno-stici, favorendo efficacia ed essenzialità dei percorsidel malato. In tal senso, fermi restando gli obblighiformali del medico relativamente alla denuncia eal referto per i casi di malattia professionale, è ne-cessario che le Regioni definiscano la piena inte-grazione del MMG nella rete socioassistenziale,anche facilitando i flussi informativi, in modo chegli studi dei MMG e, in particolare, le loro strut-ture organizzate, possano rappresentare un luogo

efficace di primo accesso al supporto sociosanitariointegrato. L’organizzazione della rete socioassisten-ziale per la presa in carico delle patologie daamianto andrebbe condivisa, in modo coerentecon le esigenze delle comunità locali, anche con leassociazioni delle vittime e le rappresentanze dellasocietà civile interessate alle azioni di tutela.L’importanza del ruolo del MMG che, consapevoledella condizione di ex-esposto all’amianto di qual-cuno dei suoi assistiti, in caso di sintomatologiapleurica o polmonare anche aspecifica è in grado diindirizzarli su percorsi diagnostico-terapeutici diqualità elevata e, con i soggetti aspecifici, intervienefornendo informazioni sui rischi futuri, consiglisulla cessazione del fumo, indicazioni, se opportune,sulle vaccinazioni antinfluenzali, è stata riconosciutae valorizzata dall’Istituto Superiore di Sanità. È infatti di fondamentale importanza per la pre-venzione primaria la disassuefazione dal fumo ditabacco, da attuare con tutti gli strumenti a di-sposizione, a partire dal minimal advice sino altrattamento con tecniche di gruppo, considerandoanche l’opportunità, ove necessario, del supportofarmacologico.La sorveglianza delle patologie conclamate, lad-dove si realizzi una condizione di cronicità, an-drebbe garantita anche formalizzando un pianodi cura individuale, condiviso con la rete dei ser-vizi, in analogia con esperienze di gestione dellacronicità quali, a titolo d’esempio, quella in esserenella Regione Lombardia relativamente alla spe-rimentazione dei CreG.

Conclusioni

L’attività dei MMG prevede, a livello regionale econ ovvie ricadute a livello di ASL, la definizionedi specifici obiettivi, tra i quali dovrebbero essereintrodotte la formazione in merito al rischio ealle patologie asbesto-correlati e la gestione di spe-

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cifiche iniziative di informazione alla popolazione.Per quanto riguarda la formazione, andrebberoimplementati programmi e procedure che per-mettano al MMG di:• lavorare in rete con quegli operatori di secondo

livello che hanno competenze specifiche inmedicina del lavoro, al fine di definire con ap-propriatezza il rischio per quei pazienti affettida patologie oggi acclarate essere associabili apregresse esposizioni ad amianto;

• acquisire le più recenti conoscenze in meritoall’appropriatezza e ai limiti delle metodichedi diagnosi precoce, alle prospettive terapeuti-che delle patologie neoplastiche, con partico-lare riguardo al mesotelioma, agli aspetti me-dico-legali di denuncia obbligatoria e del rela-tivo indennizzo.

Tale percorso formativo, oltre a essere coerentecon le esigenze dell’“emergenza amianto”, po-trebbe contenere elementi di metodo, utili a im-plementare in modo efficace la cultura del pro-fessionista sul rischio lavorativo e ambientale.

In considerazione degli elevati livelli di informa-tizzazione dei MMG, forse unici in tutto il Servi-zio Sanitario Nazionale, tale formazione potrebbeessere fruita anche in modalità FAD (Formazionea Distanza), magari per il tramite della piattaformaFadInMed, realizzata in collaborazione tra Mini-stero della Salute, FNOMCeO e IPASVI. Talepiattaforma ha dimostrato di poter coinvolgere, afronte di costi modesti, un numero elevato diprofessionisti, come è avvenuto, per esempio, peri corsi sul rischio clinico.Le Regioni dovrebbero introdurre analoghi con-tenuti formativi nella programmazione dei corsidi formazione specifica in Medicina Generale.Dal punto di vista assistenziale, inoltre, andrebbeprevista in tutte le realtà regionali una rete di do-miciliarità e di supporto alla cronicità, che con-senta al MMG di gestire le patologie neoplastichee non neoplastiche da amianto, anche in fase avan-zata, in una strategia di deospedalizzazione, ga-rantendo un reale supporto di vicinanza e di in-tegrazione con l’ambiente di vita e familiare.

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10. Ricerca clinica

Fattori predittivi e prognostici del mesoteliomaLa mesotelina e l’osteopontina, due glicoproteinegià esaustivamente presentate nei Capitoli 6 e 8,sono marcatori da utilizzare nell’inquadramentodiagnostico dei pazienti affetti da mesotelioma oda malattie asbesto-correlate. Interessanti risultano anche le esperienze prelimi-nari di alcuni gruppi di lavoro che stanno esplo-rando l’utilizzo della mesotelina come target dellarisposta immunologica. Il razionale di tale ipotesisi basa sul fatto che le cellule tumorali mesotelialisecernendo mesotelina potrebbero essere ricono-sciute dai componenti della risposta immunolo-gica, in modo da ottenere una risposta immuno-logica contro le cellule tumorali, e in particolaretale processo potrebbe essere innescato in queipazienti “vaccinati” con antigeni immunostimo-lanti simili appunto alla mesotelina.Un altro versante su cui è impegnata la ricercascientifica è il riconoscimento di fattori prognosticie predittivi che possano aiutare i clinici nella ge-stione dei pazienti affetti da MPM.In merito ai fattori prognostici, particolare atten-zione è rivolta verso il vascular endothelial growthfactor (VEGF) coinvolto nel processo di neo-an-giogenesi e quindi nella progressione della neo-plasia. In uno studio di fase II randomizzato di

confronto è stato testato bevacizumab, un anti-corpo anti-VEGF, associato o meno alla chemio-terapia. Lo studio, sebbene non sia riuscito a rag-giungere gli endpoint che si era posto, ha eviden-ziato come pazienti con elevati livelli di VEGFavessero tempi di progressione e sopravvivenzapiù limitati rispetto a quei pazienti nei quali i va-lori del suddetto marcatore erano più contenuti.Inoltre, tali valori erano maggiormente diminuitinei pazienti randomizzati nel braccio sperimentale,rispetto a quelli del braccio di controllo. Risultatianaloghi sono stati riportati da Kao et al. in pa-zienti affetti da MPM sottoposti a terapia conte-nente talidomide, altro farmaco che ha come mec-canismo d’azione l’inibizione dell’angiogenesi. Gliautori hanno dimostrato come i pazienti in cui siera registrata una diminuzione del dosaggio delVEGF avessero una prognosi migliore rispetto aquelli in cui, nonostante il trattamento, tale mo-difica non veniva documentata.In merito ai fattori predittivi, vale a dire fattoriche possano predire una sensibilità o resistenzadella malattia a determinati agenti, sono stati pub-blicati recentemente alcuni lavori nei quali siesplorava il valore predittivo dell’enzima excisionrepair cross complementing group 1 (ERCC1) inpazienti affetti da MPM e trattati con chemiote-rapia contenente cisplatino.

n. 15, maggio-giugno 2012

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inquadrato non solo attraverso le metodiche dia-gnostiche previste da Linee guida internazionali,ma anche attraverso metodiche di laboratorioaventi la funzione di diagnosticare in fase precocela malattia, riconoscere i pazienti a prognosi mi-gliore e peggiore oltre ai farmaci ai quali la malattiapuò essere sensibile.Uno sforzo dovrà essere compiuto nel cercare dicatalizzare gli intenti e le metodiche in modo daottenere dati omogenei che permettano di ottenereconclusioni definitive.In riferimento agli esami strumentali, da segnalarecome la FDG-PET, oltre ad avere un ruolo rico-nosciuto nella diagnosi e nella prognosi del meso-telioma maligno, sembri avere anche un ruolo nellavalutazione della risposta alla chemioterapia. Neltrattamento del mesotelioma, l’evidenza di una ri-sposta misurabile alla TC, o la sua mancanza, puònon essere facilmente rilevabile anche dopo molticicli di chemioterapia. Infatti, la particolare mor-fologia di tale patologia e la sua modalità di crescitaasimmetrica rendono particolarmente complessauna valutazione oggettiva del suo andamento. Al fine di superare il problema determinato dallamorfologia non-sferica del MPM, nel 2004 è stataproposta una versione modificata dei criteri divalutazione della risposta con la TC per tumorisolidi (criteri RECIST modificati), applicabilespecificamente al mesotelioma. Se da un lato icriteri RECIST modificati hanno comportato unmiglioramento dell’accuratezza nella valutazionedella risposta, rimangono tuttavia ancora moltilimiti. Dai primi dati disponibili in letteratura,sembra che la FDG-PET possa dare un contributoimportante nella valutazione della risposta alla te-rapia, essendo in grado di rilevare la risposta inanticipo e con maggiore accuratezza rispetto allaTC. In uno studio pubblicato nel 2006, 20 pa-zienti affetti da MPM sono stati valutati primae dopo 2 cicli di chemioterapia sia con la TC sia

L’ERCC1 è coinvolto nel mantenimento dell’in-tegrità del patrimonio genetico della cellula i cuilivelli di espressione possono essere alterati nellacellula neoplastica con conseguente accumulodelle aberrazioni genetiche e aumento dell’aggres-sività biologica della neoplasia. I platinoidi (ci-splatino, carboplatino) sono agenti chemioterapiciche esercitano il loro effetto antitumorale intera-gendo con il filamento di DNA con conseguenteattivazione del programma di apoptosi cellulare.Tale categoria di farmaci costituisce il corner-stone del trattamento del MPM. RecentementeZimling et al. hanno pubblicato un’esperienzanella quale si esplorava la correlazione tra l’espres-sione di ERCC1 e la prognosi di pazienti affettida MPM e trattati con chemioterapia contenentecisplatino. Gli autori hanno dimostrato come unaridotta o assente espressione di tale gene fosse cor-relata a una progressione di malattia più precoce.Questo è spiegabile con l’ipotesi secondo la qualenelle cellule neoplastiche in cui tale enzima è as-sente i danni provocati nel DNA dai coordinatidel platino non siano riconosciuti con conseguentesopravvivenza della cellula neoplastica stessa.Analoga ipotesi è stata esplorata per la timidilatosintetasi (TS), un enzima coinvolto nel metaboli-smo dei folati, e pemetrexed, un agente chemio-terapico in grado di inibire tale enzima con con-seguente morte cellulare.Pemetrexed rappresenta a oggi il gold standardnel trattamento del MPM in associazione al ci-splatino.Sono stati pubblicati recentemente due lavori didue gruppi italiani in cui gli autori hanno dimo-strato che una bassa espressione di TS rende lecellule sensibili a trattamenti chemioterapici con-tenenti pemetrexed con conseguente aumento del-l’efficacia del trattamento stesso nel controllare lamalattia.In conclusione, oggi sempre di più il MPM viene

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con la FDG-PET. La diminuzione del SUVmax≥ 25%, a differenza delle modificazioni evidenziatealla TC, è risultata significativamente correlatacon un migliore tempo alla progressione (14 mesirispetto a 7 mesi; p = 0,02). In uno altro studiocon 41 pazienti affetti da MPM, la diminuzionedopo chemioterapia della captazione metabolicain termini di volume glicolitico totale (TGV) èrisultata significativamente associata a una soprav-vivenza migliore (p < 0,015). Questi dati pro-mettenti dovranno essere confermati in studi pro-spettici più ampi per poter validare il ruolo dellaFDG-PET nella valutazione della risposta allachemioterapia nei pazienti affetti da mesotelioma.

La ricerca preclinica

Modelli sperimentali in vitro e in vivodi mesotelioma

Il mesotelioma è un tumore maligno associato al-l’esposizione all’asbesto, che origina dalle cellulemesoteliali della cavità pleurica o più raramentedella cavità peritoneale o della cavità pericardica.Le terapie standard che includono chirurgia, radio-terapia e chemioterapia sono scarsamente efficaci,come dimostrato dal fatto che la mediana di so-pravvivenza dopo la diagnosi è minore di un anno. Per identificare nuovi target farmacologici e svi-luppare nuove terapie attive per il trattamentodel mesotelioma è necessario disporre di modellisperimentali, che mimino le caratteristiche bio-logiche e cliniche di questa neoplasia.In questo Capitolo ci si propone di valutare i prin-cipali modelli sperimentali disponibili per la ricercapreclinica, in particolare in riferimento allo svi-luppo di nuovi farmaci e nuove combinazioni. Moltissime linee cellulari di mesotelioma sonostate descritte nella letteratura scientifica specia-lizzata degli ultimi 20 anni. In questo Capitolo

non ci si propone di fare un catalogo completo,ma piuttosto di illustrare quelle linee cellulari dimesotelioma di particolare interesse, in base siaalle loro caratteristiche biologiche, sia alla loro rap-presentatività rispetto ai diversi tipi di mesoteliomaumano e quindi di maggiore potenziale utilitàcome strumenti per lo studio dei meccanismi dicancerogenesi e per l’identificazione di nuovi far-maci attivi contro questo tipo di tumore umano.Usami et al. hanno descritto quattro linee di meso-telioma umano denominate ACC-MESO-1, ACC-MESO-4, Y-MESO-8A e Y-MESO-8D, di cui leultime due derivate dallo stesso paziente affetto daun mesotelioma bifasico e rispettivamente rappre-sentative del fenotipo epiteliale e di quello sarco-matoso. Il gene soppressore Nf2, noto per esserefrequentemente mutato nel mesotelioma umano,era mutato nella linea ACC-MESO-1. Tutte e quat-tro le linee cellulari avevano delezione del gene on-cosoppressore p16INK4a/p14ARF. In nessuna diqueste linee cellulari si osservavano mutazioni dialtri geni soppressori, come p53, né di proto-onco-geni come KRAS, NRAS, BRAF, EGFR e HER2.Per comprendere le differenze biologiche tra il fe-notipo epiteliale e quello sarcomatoso gli autori dellavoro hanno comparato il profilo di espressionegenica. L’analisi completa dei dati non viene ripor-tata, ma 43 geni mostravano un’espressione diffe-rente di almeno 5 volte nelle due linee e per 15geni le differenze erano di più di 10 volte. Fra i genidifferenzialmente espressi ve ne erano alcuni checodificano per proteine che sono importanti per lamorfologia e per le interazioni biologiche con lamatrice e il microambiente tumorale, come micro-fibrillar-associated glycoprotein-2 (MAGP2), vascularcell adhesion molecule-1 (VCAM1), interleuchina 8(IL-8) e interleuchina 1 alfa (IL-1A), mentre altriper proteine coinvolte nei canali del K e del Na.Queste linee cellulari mantenevano le loro prin-cipali caratteristiche nei diversi passaggi, nelle

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condizioni di coltura in vitro e quindi sono unostrumento utile per comprendere le basi biologichedella totale resistenza delle forme sarcomatose dimesotelioma ai farmaci antitumorali disponibilifino a oggi.Un altro lavoro in cui si paragonano le caratteristi-che biologiche di linee cellulari di mesoteliomaepitelioide e sarcomatoso è quello pubblicato daSun et al., che riporta la caratterizzazione di due li-nee cellulari, STAV-AB (di morfologia epiteliale) eSTAV-FCS (di morfologia fibroblastoide) con undistinto fenotipo, entrambe derivate dall’effusionepleurica di un paziente e quindi con lo stesso back-ground genetico. Lo studio comparativo delle duelinee cellulari ha portato a identificare moltissimigeni differentemente espressi nelle due linee cellu-lari. Fra questi vi erano geni che codificano perfattori di crescita e loro recettori come per esempioPDGF-β, FGFR1, TGF-β, per fattori trascrizionaliimportanti nella regolazione della proliferazione,del ciclo cellulare e dell’apoptosi, per proteine coin-volte nel metabolismo cellulare e nel proteasoma einterleuchine e fattori che giocano un ruolo nelmicroambiente tumorale e nell’angiogenesi.Questi dati portano a pensare che vi sia una so-stanziale eterogeneità biologica tra diversi fenotipidelle cellule di mesotelioma e che probabilmenteoltre a un gran numero di mutazioni geniche visiano anche dei meccanismi epigenetici che por-tano a una differente espressione di geni coinvoltiin tutte le vie metaboliche rilevanti.Sempre con l’obiettivo di comprendere meglio imeccanismi genetici alla base del differenziamentobifasico del mesotelioma, Schulten et al. hannoisolato due linee cellulari dall’effusione pleurica diun paziente, una di tipo epitelioide denominataMM-Z03E e un’altra denominata MM03S conmorfologia sarcomatoide. Entrambe le linee cellu-lari mostravano un profilo immunologico tipicodel mesotelioma, con espressione di citocheratina

CK18, calretinina e vimentina. Gli autori hannocomparato la citogenetica nelle due linee cellularie hanno osservato che alcune aberrazioni erano co-muni a entrambe le linee, con perdite cromosomalidel 1q34, 4, 9p, 10p, 13, 14, 16q, 18 e 22 e di unacomplessa aberrazione strutturale del cromosoma17; altre aberrazioni erano esclusivamente presentinella linea epitelioide o in quella sarcomatoide epotrebbero portare all’identificazione di geni coin-volti nei due diversi istotipi. Queste due linee cel-lulari trapiantate sottocute in topi immunodefi-cienti crescevano, producendo tumori solidi chemantenevano le stesse caratteristiche biologichedelle due linee cellulari coltivate in vitro e quindipossono essere considerate un modello in vitro e invivo di mesotelioma epitelioide e sarcomatoide.Zanazzi et al. hanno riportato una dettagliata ca-ratterizzazione molecolare di linee di mesoteliomaumano coltivate in vitro. Gli autori focalizzano illoro studio sull’instabilità genetica associata a mu-tazioni di p53 e dimostrano come vi sia un accu-mulo di alterazioni genetiche che coinvolgonogeni che regolano l’adesione cellulare, la prolife-razione e il metabolismo. Evidentemente l’insta-bilità genomica potrebbe essere una delle ragionialla base della resistenza ai farmaci antitumorali.Per quanto concerne i modelli in vivo, sono statidescritti diversi modelli sperimentali di mesote-lioma che crescono nel topo.Si può schematicamente divederli in modelli otte-nuti trapiantando cellule di mesotelioma umani intopi immunodeficienti (xenotrapianti) e in modelliottenuti attraverso l’esposizione ad asbesto. Ancheper modelli in vivo non ci si propone una revisionesistematica della letteratura, ma piuttosto di sele-zionare alcuni modelli che sembrano di interesseper uno sviluppo di nuovi approcci terapeutici. In merito agli xenotrapianti, Yamaoka et al. hannosviluppato modelli in vivo trapiantando in topiimmunodeficienti cellule di mesotelioma umano

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MSTO ingegnerizzate per esprimere proteine fluo-rescenti P, mRFP, mCherry e mPlum attraversoinfezione con lentivirus. L’espressione di mCherrynelle cellule tumorali transdotte era stabile in vitroe in vivo e consentiva un monitoraggio sensibiledella crescita tumorale sia dopo trapianto intra-peritoneale che dopo trapianto ortotopico nellacavità pleurica. Dati simili erano stati riportati daSaito et al., che hanno anche riportato come latecnica basata sulla fluorescenza fosse sovrappo-nibile alla PET per valutare l’evoluzione della cre-scita del mesotelioma. Martarelli et al. hanno riportato la crescita ripro-ducibile di mesoteliomi dopo trapianto di duelinee cellulari derivate da pazienti con tumore bi-fasico nella cavità pleurica. Una di queste lineenon era cresciuta dopo trapianto sottocutaneo, in-dicando la superiorità del trapianto ortotopico chepermetteva una crescita del tumore in un ambientemolto più simile a quello della condizione clinica.Yanagihara et al. hanno caratterizzato tre lineecellulari di mesoteliomi TCC-MESO-1, TCC-MESO-2 e TCC-MESO-3 da pazienti giapponesi,le prime due da mesoteliomi epitelioidi e la terzada un mesotelioma bifasico. Le tre linee cellularimostravano caratteristiche morfologiche e biolo-giche simili a quelle dei mesoteliomi da cui deri-vano con perdita di espressione dell’oncosoppres-sore p16 e mutazioni di p53. Queste linee cresce-vano nel 100% dei topi SCID in modo riprodu-cibile e quindi sembravano adatte per saggiarel’attività di potenziali nuovi farmaci.Nakataki et al. hanno riportato che una linea dimesotelioma umano EHMES-10 inoculato orto-topicamente nella cavità toracica in topi SCIDproduceva tumori molto vascolarizzati con disse-minazione pleurica e formazione di effusione pleu-rica, riproducendo la patologia che si era osservatanel paziente da cui derivava. Le linee cellulari EH-MES-10 esprimevano alti livelli di VEGF e del

suo recettore VEGFR. Trattamenti con chemio-terapici convenzionali come il cisplatino riduce-vano l’effusione pleurica, ma non riducevano lemasse tumorali, che sembravano resistenti. Il mo-dello sembra avere quindi non solo un andamentoclinico, ma anche una refrattarietà ai trattamentiantitumorali che è simile a quella che si riscontrain clinica e quindi potrebbe essere un buon mo-dello per lo studio di nuovi farmaci con attivitànel mesotelioma.Recentemente sono state riportate esperienze dimodelli in vivo indotti da esposizione ad asbesto.Questo perché l’esposizione alle fibre d’asbesto co-stituisce la causa primaria del mesotelioma maligno.Tuttavia, meno del 10% degli individui espostifortemente ad asbesto sviluppa un mesoteliomamaligno e questo indica verosimilmente un ruolodella predisposizione genetica nell’eziopatogenesidella malattia. È stato proposto che vi sia una pro-gressione multistep e questo si basa sull’osservazioneche alcune perdite cromosomiali ricorrono in tuttii casi di mesotelioma con la contemporanea pre-senza di diverse aberrazioni. In molti casi di meso-telioma si osserva l’inattivazione dell’oncosoppres-sore Nf2. Inoltre, si osserva la delezione omozigoticadel locus CDKN2A/ARF, che codificano per glioncosoppressori p16 e p14. Anche l’attivazione diAKT è comune in molti mesoteliomi umani e pro-babilmente la sua attivazione coopera con l’inatti-vazione degli oncosoppressori sopra descritti. Conquesto background è di interesse lo studio di mo-delli sperimentali in cui si induce mesotelioma me-diante esposizione all’asbesto in topi che abbianogià delle aberrazioni molecolari predisponenti. Al-tomare et al. hanno trattato con asbesto topi knock-out Nf2 (+/-) osservando un’accelerata insorgenzadi mesoteliomi rispetto a topi wild-type. Inoltre,mentre nei knock-out Nf2 (+/-) tutti gli animalitrattati presentavano mesotelioma, soltanto nel50% dei topi wild-type si osservava l’insorgenza del

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tumore. Come si osserva nei mesoteliomi umani imesoteliomi che insorgevano in topi knock-outNf2(+/-) presentavano frequentemente anche delezioneomologa dei geni che codificano per gli oncosop-pressori p16 e p14 o in casi in cui p16 era espressosi osservava mutazione di p53. Inoltre, in topiknock-out Nf2 (+/-) vi era frequentemente attiva-zione di Akt, come nei mesoteliomi umani, e cer-tamente l’attivazione di questo pathway può essereanche correlata alla resistenza ai farmaci antitumo-rali essendo coinvolto nel meccanismo anti-apop-totico.Le somiglianze molecolari osservate tra questo mo-dello e i mesoteliomi umani lo fanno ritenere unpotenziale strumento utile per studiare i meccanismidi carcinogenesi in seguito all’esposizione all’asbestoe anche per identificare potenziali nuovi farmaci.Robinson et al. hanno sviluppato topi transgeniciMexTag che esprimono l’antigene T di SV40 sol-tanto in cellule mesoteliali utilizzando il promotercellula-specifico della mesotelina.Sono state ottenute 4 linee di topi MexTag cheavevano rispettivamente un numero di copie deltransgene di 100, 32, 15 e una copia. Gli animalinon esposti ad asbesto non sviluppavano sponta-neamente mesoteliomi. L’esposizione intraperi-toneale ad asbesto produceva mesoteliomi nel20-30% dei tipo wild-type e nel 100% dei topiMexTag indipendentemente dal numero di copiedel transgene. Topi transgenici MexTag esposti athioglicollato, che agiva come agente infiamma-torio, non sviluppavano mesotelioma, dimostrandoche l’infiammazione acuta non è sufficiente per losviluppo del tumore. Il trattamento dei topi tran-sgenici MexTag con mesoteliomi con gencitabinaproduceva un aumento modesto della sopravvi-venza. Questo modello sembra sufficientementeriproducibile per essere utilizzato in studi che ri-guardano la cancerogenesi di potenziali agenti che-miopreventivi e di nuove terapie antitumorali.

In conclusione, in questo breve Capitolo sonostati riassunti alcuni dei modelli sperimentali dimesotelioma in vitro e in vivo descritti in lettera-tura. Moltissime linee cellulari di mesoteliomasono state ottenute e alcune di queste sono carat-terizzate dal punto di vista genetico e biologico.Occorre osservare che le caratterizzazioni mole-colari non portano a identificare facilmente deitarget farmacologici, nel senso che nella maggio-ranza dei casi si osserva un’inattivazione di genioncosoppressori, e non a un’attivazione di onco-geni che sono più facilmente inibiti attraverso ap-procci farmacologici. L’approfondimento biolo-gico dettagliato delle conseguenze biologiche del-l’inattivazione dei geni oncosoppressori potrà por-tare a idee per nuovi farmaci, ma c’è certamentebisogno di maggiori conoscenze a questo riguardo.Diversi modelli in vivo di mesoteliomi sono statisviluppati nei laboratori di tutto il mondo e moltidi questi sono di grande interesse biologico e dipotenziale utilità non solo per lo studio dei mecca-nismi di cancerogenesi del mesotelioma, ma persviluppare sia nuovi approcci di chemioprevenzioneper soggetti esposti ad asbesto sia nuovi farmaci enuove terapie più efficaci per questa malattia.Recentemente è stata descritta una nuova sin-drome caratterizzata dallo sviluppo simultaneo dimelanoma uveale, mesotelioma e a volte altri tu-mori in soggetti esposti ad asbesto. Alla base diquesta sindrome c’è la mutazione germinale delgene BAP1. Sulla base di questi studi sembra pos-sibile identificare alterazioni genetiche che confe-riscono una maggiore suscettibilità all’effetto can-cerogeno dell’asbesto. Nuovi modelli sperimentaliche tengano conto di queste nuove conoscenzerelative alle mutazioni di BAP1 sono necessari.Un aspetto che è strettamente associato all’insor-genza del mesotelioma è l’infiammazione cronica,che è un elemento essenziale che si accompagnaalla cancerogenesi e probabilmente alla progres-

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sione della malattia e alla resistenza ai farmaci.Molte recenti evidenze sostengono come l’infiam-mazione giochi un ruolo centrale in questa malattiae in molte altre malattie neoplastiche. Recente-mente si sta facendo strada l’idea che per moltitumori, tra cui i mesoteliomi, alcune cellule nor-mali presenti nel tumore, come i macrofagi, gio-chino un ruolo molto importante nella produzionedi fattori di crescita e angiogenici che facilitano lacrescita e la metastatizzazione dei tumori. Questidati sono alla base di possibili nuove strategie te-rapeutiche che si prefiggono di modificare in sensoantitumorale il microambiente tumorale attraversouna strategia “antinfiammatoria” mirata.Mentre si approfondiscono questi meccanismi sistanno generando potenziali farmaci o anticorpiche agiscono inibendo specifiche citochine e fat-tori proinfiammatori. A questo riguardo è parti-colarmente interessante l’osservazione recente cheil mesotelioma produca una grande quantità diHigh Mobility Group Box 1 (HMGB1), un me-diatore dell’infiammazione che sembra giocare unruolo nella carcinogenesi da fibre di asbesto e po-trebbe essere un target terapeutico di interesse inquesta patologia.Queste recenti acquisizioni rendono sempre piùchiaro che per l’identificazione e lo sviluppo diterapie attive nel mesotelioma sia di scarsa utilitàl’impiego di sistemi cellulari in vitro, che non ri-specchiano la complessità del tumore e del suomicroambiente, ma sia necessario utilizzare mo-delli in vivo.L’eterogeneità e la complessità dei mesoteliomirichiedono lo sviluppo di modelli sperimentalinuovi, che uniti a quelli già esistenti possano essereuno strumento scientifico importante per l’attua-zione di programmi di ricerca translazionale in-dirizzati alla sviluppo clinico di nuovi farmaci in-novativi e nuove combinazioni in pazienti conmesotelioma.

Diagnostica per immagini

I progressi tecnologici nel campo dell’imagingdiagnostico delle malattie asbesto-correlate pos-sono riassumersi in tre ordini di innovazioni: unimaging morfologico ad alta definizione; un ima-ging di contrasto; un imaging funzionale.Le apparecchiature TC di ultima generazione con-sentono allo stato attuale di ottenere immagini conuna risoluzione spaziale estremamente elevata, gra-zie agli spessori submillimetrici; queste garantisconoquindi un imaging sempre più indirizzato alla pre-venzione, consentendo diagnosi eseguite spesso infase subclinica. Inoltre, il netto abbattimento delladose di radiazioni erogata rende le apparecchiatureTC multistrato particolarmente adatte all’effettua-zione di programmi di screening. Oggi è infattipossibile ottenere immagini TC dell’intero distrettotoracico in tempi inferiori ai 3-4 secondi, con spes-sore di strato submillimetrico e con dosi di radia-zione (mSv: 0,3, utilizzando 10 mAs e 80 Kvp) dipoco superiori a quelli di una semplice radiografiain duplice proiezione (circa 0,1 mSv). L’imaging funzionale è stato da sempre appannag-gio della medicina nucleare, che tuttavia presentavail limite di una bassa risoluzione spaziale. Da pochianni i progressi tecnologici hanno invece permessodi integrare le informazioni funzionali a quellemorfologiche, grazie a macchine ibride e ad appa-recchiature integrate in grado di associare alla va-lutazione di immagini TC e RM anche immaginidi medicina nucleare e in particolare PET. Sonocosì già disponibili apparecchiature TC-PET estanno entrando nell’uso clinico prototipi RM-PET, in grado di integrare le duplici informazioni.In particolare, è noto da tempo come la PET siain grado di caratterizzare gli ispessimenti pleuricisospetti per essere di natura maligna, grazie al-l’aumentata avidità del tessuto neoplastico perl’FDG. Numerosi studi stanno inoltre affrontando

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anche la valutazione delle patologie asbesto-cor-relate e in particolare le modalità di evoluzionedelle interstiziopatie fibrotiche mediante utilizzodi traccianti specifici di infiammazione. Un re-cente studio italiano ha infatti evidenziato comeil gallio 68, un analogo della somatostatina, ge-neralmente utilizzato nella valutazione dei tumoriendocrini, trovi particolare applicazione proprionell’identificazione delle IPF (idiopatic pulmono-nary fibrosis), in quanto esiste un’iperespressionerecettoriale fibroblastica polmonare in questa pa-tologia. Se i risultati saranno confermati, sarà pos-sibile eseguire follow-up di questi pazienti con laTC-PET e approntare quindi farmaci di inibizionedell’iperespressione recettoriale. Ulteriori studipotranno poi essere trasferiti anche all’applicazionedi nuovi traccianti, eventualmente specifici ancheper la pleura e per le patologie asbesto-correlate.Infine, un piccolo cenno merita la recente appli-cazione, ancora in fase sperimentale preclinica,delle nano sonde RM-SPECT correlate. Si trattadi marcare isotopi in grado di legarsi selettiva-mente a specifici recettori e di rilevarne la presenzamediante utilizzo di apparecchiature di RM.

Screening

Un versante su cui la comunità scientifica è chia-mata a una sfida impegnativa è lo screening perla diagnosi precoce del carcinoma polmonare neisoggetti ad alto rischio di sviluppare questo tu-more, come coloro che sono esposti a entrambi ifattori di rischio (fumo di sigaretta ed esposizioneall’asbesto).L’efficacia della TC spirale nei forti fumatori è infase di valutazione in diversi studi clinici rando-mizzati in corso in Europa e negli Stati Uniti inqualità di esame di screening. I risultati preliminariappaiono conflittuali, con tre studi europei chenon dimostrano alcun beneficio e uno studio più

grande, ma privo di un vero braccio di controlloosservazionale, condotto negli Stati Uniti che mo-stra una riduzione limitata (–7%) della mortalità.In attesa dei risultati a medio termine di tutti glistudi randomizzati in corso, appare giustificato pro-seguire la ricerca nel campo della diagnosi precocedel cancro polmonare negli individui ad alto rischio,anche con metodiche innovative su base biologica. In questi studi, oltre la TC spirale che è a oggi lametodica di riferimento, nuovi e più specifici bio-marcatori potrebbero essere inclusi in aggiuntaalla diagnostica per immagini.A supporto di questa proposta, recenti studi hannodimostrato che profili di espressione dei miRNAnel tessuto tumorale e nel polmone sano sono ingrado di identificare i tumori polmonari più ag-gressivi e che specifiche combinazioni di miRNAnel plasma possono predire lo sviluppo del cancropolmonare fino a 2 anni prima della diagnosi conTC spirale, separando anche nei soggetti senzaevidenti lesioni alla TC le forme più aggressive ditumore polmonare da quelle più indolenti.

Chirurgia del mesotelioma pleurico

La prognosi del mesotelioma pleurico non è si-gnificativamente migliorata nel corso degli ultimi20 anni, con una sopravvivenza a 5 anni pari al7%. L’introduzione di nuovi farmaci, come gliantifolati (pemetrexed e raltitrexed), in associa-zione agli analoghi del platino ha ottenuto mi-glioramenti molto modesti della sopravvivenza,anche nell’ambito neoadiuvante.Il ruolo della chirurgia nel mesotelioma pleuricorimane il più controverso fra tutti i tumori solidi,non solo negli stadi avanzati di malattia, ma anchein quelli più iniziali.La chirurgia radicale con intento curativo, rap-presentata dalla pneumonectomia extrapleurica(PPE), abbandonata negli anni Settanta per l’ec-

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cessiva mortalità e gli scarsi risultati a distanza, èstata riproposta nel contesto di una strategia mul-timodale comprendente la chemioterapia di in-duzione e la radioterapia postoperatoria con tec-niche di IMRT (intensity-modulated radiation the-rapy). I risultati apparentemente incoraggianti diquesto approccio radicale sono fortemente limitatidal processo di selezione dei pazienti e dall’elevatafrequenza di recidive locali, anche nei lungo-so-pravviventi.La recente pubblicazione dei risultati del primostudio randomizzato che ha confrontato la chi-rurgia radicale dopo terapia d’induzione con lasola chemioterapia non ha fornito una rispostaadeguata, per i limiti nel disegno dello studio, ilcampione di pazienti troppo esiguo e l’eccesso dimortalità nel braccio chirurgico. Tuttavia, la mi-nore sopravvivenza e qualità di vita osservata nelbraccio chirurgico ha posto nuovi interrogativisulla reale efficacia di questa strategia.D’altra parte l’approccio più conservativo, rap-presentato dalla pleurectomia/decorticazione, ap-pare in grado di ottenere risultati analoghi, se nonsuperiori, a quelli della PPE, sia pure nell’ambitodi studi non randomizzati.A oggi, i dati di evidenza clinica sull’utilità dellachirurgia nel mesotelioma pleurico sono così scarsiche non è possibile definire per il singolo pazientela migliore strategia terapeutica disponibile, néproporne l’inclusione in studi clinici controllatiche possano in futuro produrre tale evidenza.Questa incertezza è ancora più penosa se si consi-dera il livello di aspettativa e di ansia che si deter-mina, nei soggetti ad alto rischio per esposizioneprofessionale o ambientale all’amianto, al mo-mento della diagnosi di mesotelioma.Appare quindi indispensabile promuovere una se-rie di studi prospettici controllati che forniscanorisposte chiare e inequivocabili ad alcune delledomande più pressanti.

Per esempio, i pazienti con limitata estensione dimalattia (stadio I-II) e buon performance status,ma non candidabili a PPE per motivi funzionali,dopo chemioterapia di induzione per 3-4 cicli,potrebbero essere randomizzati verso pleurecto-mia/decorticazione o follow-up senza ulteriore te-rapia, per stabilire se la chirurgia citoriduttiva siarealmente in grado di migliorare la sopravvivenzae/o la qualità della vita.Il gruppo più favorevole ma ridotto dei pazienticon ottime condizioni generali, istotipo epiteliale,comorbilità assente e funzionalità cardiopolmo-nare adeguata (FEV1 postoperatoria > 1,0 L,DLCO > 40%, PCO2 < 45 mmHg, PO2 > 65mmHg, frazione di eiezione > 45%, non corona-ropatia) potrebbe invece prevedere una rando-mizzazione tra le due opzioni chirurgiche: PPEverso pleurectomia/decorticazione, per valutarel’efficacia relativa della chirurgia radicale rispettoa quella citoriduttiva.Nell’ambito di tali studi prospettici controllati po-trebbero essere avviate altre sperimentazioni sullapersonalizzazione del trattamento mediante fattoripredittivi della terapia medica come la timidilatosintetasi, o su fattori predittivi dell’outcome chi-rurgico come il volume della malattia iniziale va-lutato con ricostruzioni tridimensionali delle TCo con il valore di attività metabolica (PET/SUV).Infine, un programma multicentrico di studi cli-nici con un essenziale quesito chirurgico rappre-senta una formidabile opportunità per costruireuna banca di tessuti che per qualità e quantità siain grado di soddisfare le fondamentali esigenzedella ricerca biologica innovativa e sia realmentea disposizione di tutti i ricercatori che operano alivello nazionale e internazionale.In considerazione della rarità della malattia e dellacomplessità delle cure, è necessario che i pazientiaffetti da mesotelioma pleurico siano trattati in po-chi Centri specializzati, che siano in grado di col-

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laborare tra loro stabilendo dei programmi coordi-nati di ricerca e di assistenza clinica. Solo un net-work di Centri specializzati può garantire su tuttoil territorio nazionale strutture adeguate, numerosufficiente di pazienti e competenza per valutare ifattori prognostici rilevanti per le decisioni clinichee portare a termine studi clinici randomizzati.

La terapia sistemica

Il mesotelioma pleurico maligno (MPM) è un tu-more con prognosi sfavorevole. La sua incidenza èin aumento nella maggior parte del mondo e siprevede un picco nei prossimi 10-15 anni. La mag-gior parte dei pazienti riceve un trattamento che-mioterapico durante il decorso della malattia. L’an-tifolato pemetrexed ha dimostrato di essere attivonel trattamento di pazienti affetti da MPM sia inmonochemioterapia sia in associazione a derivatidel platino. Uno studio randomizzato di fase IIIha dimostrato un vantaggio statisticamente signi-ficativo in termini di sopravvivenza globale [12,1mesi versus 9,3 mesi; hazard ratio (HR) 0,77; p =0,020], tempo alla progressione (5,7 mesi versus3,9 mesi; p = 0,001) e tasso di risposta (41% versus16,7%; p < 0,001) per la combinazione di peme-trexed e cisplatino rispetto al cisplatino in mono-chemioterapia in 448 pazienti affetti da MPMnon pretrattati. In seguito ai risultati di questostudio, la combinazione di cisplatino e pemetrexedè diventata lo standard terapeutico per il tratta-mento di prima linea dei pazienti affetti da MPM.Purtroppo, tutti i pazienti affetti da MPM sonodestinati ad andare incontro a progressione di ma-lattia dopo trattamento di prima linea. Nella pra-tica clinica, la chemioterapia di seconda linea vienesempre più utilizzata, perché i pazienti sono spessoancora in buona salute al momento della progres-sione della malattia. Tuttavia, non costituisce an-cora uno standard terapeutico. La ricerca di un

prolungamento dell’efficacia della prima linea ditrattamento con una terapia di mantenimento, laricerca di un ruolo per la seconda linea di tratta-mento e la valutazione delle possibili opportunitàterapeutiche per i pazienti con età superiore ai 70anni, considerando l’età mediana dei pazienti af-fetti da MPM, sono tra le sfide più importantiche gli sperimentatori clinici che si occupano ditale patologia stanno affrontando.

Terapia di mantenimento

Alcuni gruppi hanno valutato e stanno tuttorasperimentando il ruolo della chemioterapia dimantenimento nei pazienti affetti da MPM stabileo in risposta dopo trattamento chemioterapico diprima linea. Dalla letteratura i dati disponibilisono pochi e le molecole finora analizzate o incorso di valutazione come terapia di manteni-mento sono: pemetrexed, talidomide, bevacizu-mab e NGR-hTNF. Il gruppo olandese di van den Bogaert et al. hasperimentato l’utilizzo di pemetrexed come terapiadi mantenimento. Su 27 pazienti stabili o in ri-sposta a trattamento chemioterapico di prima li-nea, 13 sono stati trattati con pemetrexed 500mg/m2 con schedula trisettimanale fino a pro-gressione di malattia, eccessiva tossicità o interessedel paziente. Il numero mediano di cicli di terapiadi mantenimento somministrato è stato 4 (range2-14). Non è stata osservata alcuna tossicità digrado 4, mentre si sono verificate una neutropeniae un’anemia di grado 3 rispettivamente nel 15%e nell’8% dei pazienti. L’astenia è stata l’unicatossicità non ematologica di grado 3 registratadurante la terapia di mantenimento (15% dei pa-zienti). Il 69% dei pazienti ha interrotto il tratta-mento di mantenimento per progressione dellamalattia, il 23% per tossicità e l’8% nel miglioreinteresse del paziente. Durante la terapia di man-

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tenimento, il 23% dei pazienti con malattia stabiledopo terapia di induzione ha raggiunto una ri-sposta parziale. Rispetto ai pazienti non trattati,il tempo alla progressione e la sopravvivenza glo-bale sono stati, rispettivamente, di 3,4 e 6,0 mesiversus 8,5 e 17,9 mesi (p < 0,0001). Tali dati, sep-pure promettenti, richiedono un’ulteriore valida-zione in studi prospettici randomizzati con unampio campione di pazienti. Attualmente, è incorso uno studio randomizzato di fase II che con-fronta pemetrexed 500 mg/m2 somministrato ogni3 settimane rispetto all’osservazione clinica.L’obiettivo primario dello studio è rappresentatodal tempo libero da progressione di malattia va-lutato in 96 pazienti stabili o in risposta dopotrattamento chemioterapico di prima linea.Talidomide, agente antiangiogenico orale, non hafornito alcuna risposta obiettiva in pazienti nonpretrattati, anche se il 27,5% dei pazienti ha mo-strato una stazionarietà di malattia maggiore di 6mesi. In 22 pazienti pretrattati, talidomide ha for-nito una risposta parziale in 1 paziente (6%) estazionarietà di malattia in 11 (50%) pazienti,con un tempo alla progressione di malattia di 2mesi e una sopravvivenza mediana di 11 mesi.Sulla scorta dei risultati di tali studi, talidomide èstata valutata come terapia di mantenimento in222 pazienti non in progressione dopo un minimodi 4 cicli di chemioterapia con platino/pemetrexedin uno studio multicentrico randomizzato di faseIII (talidomide 100-200 mg/die versus nessun trat-tamento). Nessuna evidenza di beneficio è stataosservata sia in termini di sopravvivenza libera daprogressione di malattia, con valori mediani di16 settimane nel gruppo di pazienti trattato contalidomide rispetto a 15 settimane nel gruppo diosservazione (p = 0,83; HR 1,0), sia in termini disopravvivenza globale, con valori mediani di 11contro 13 mesi (p = 0,09; HR 0,78). Inoltre, nelgruppo trattato con talidomide è stata osservata

una maggiore tossicità (stipsi, affaticamento, neu-ropatia periferica e tromboembolismo), con untasso totale di eventi avversi di grado 3-4 del 28%rispetto al 15% osservato nel braccio di controllo.Sulla base di questi risultati, gli autori hanno con-cluso che talidomide non è un farmaco indicatonel trattamento di mantenimento dei pazienti af-fetti da MPM e che non necessita di ulterioristudi di approfondimento.Attualmente bevacizumab è la molecola ad attivitàanti-angiogenetica più studiata nel trattamentodel MPM e numerosi studi clinici sono tutt’ora incorso. In tali studi, bevacizumab viene associatoalla chemioterapia di prima linea con la combina-zione pemetrexed e derivati del platino e successi-vamente somministrato come terapia di manteni-mento. Nello studio di Kindler et al., multicen-trico, di fase II, randomizzato, in doppio cieco,controllato con placebo, l’aggiunta di bevacizumaballa chemioterapia con cisplatino e gemcitabinanon ha dato differenze statisticamente significativein termini di sopravvivenza libera da progressionedi malattia (6,9 vs 6,0 mesi; HR 0,93; p = 0,88),di sopravvivenza globale (15,6 vs 14,7 mesi; HR1,13; p = 0,91) e di tasso di sopravvivenza a 1anno (59% vs 57%). Inoltre, non sono state os-servate differenze significative in termini di tassidi risposta (25% vs 22%) e di tassi di stabilità dimalattia (51% vs 60%). Elevati valori plasmaticibasali di VEGF sono stati associati a una minoresopravvivenza libera da progressione di malattia eglobale. Recentemente sono stati riportati i risultatipreliminari di altri studi con bevacizumab in com-binazione con la chemioterapia (platino/pemetre-xed) nel trattamento di prima linea di pazienti af-fetti da MPM non operabili. Nel complesso, i ri-sultati di questi due studi sembrano simili. I tassidi risposta e di controllo della malattia sono stati,rispettivamente, del 40% e 80%. Le mediane disopravvivenza libera da progressione di malattia e

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globale sono state nel range di 6,9-7,9 e 14,3-14,8mesi. Inoltre, è in corso uno studio randomizzatodi fase II-III (platino/pemetrexed +/- bevacizu-mab). Al termine della fase II, il tasso di controllodella malattia è risultato maggiore nel braccio conbevacizumab (57,4% vs 45,7%) ed è pertanto par-tita la fase III dello studio.NGR-hTNF è un nuovo farmaco ad attività anti-angiogenetica e la sua efficacia è stata valutata su43 pazienti con MPM avanzato in progressionedopo chemioterapia a base di platino/pemetrexed.Secondo un’analisi “intent-to-treat”, 19 pazienti(44%) hanno ottenuto un controllo della malattiacome migliore risposta complessiva (1 risposta par-ziale e 18 stazionarietà di malattia). Il tempo me-diano alla progressione è stato di 2,8 mesi (4,4mesi nei pazienti con controllo della malattia).Sulla base di questi risultati, è stato avviato unostudio randomizzato di fase II che valuta NGR-hTNF come terapia di mantenimento rispetto alplacebo in pazienti che non sono in progressionedopo 6 cicli di chemioterapia a base di pemetrexed.La terapia di mantenimento viene avviata entro 7settimane dall’ultimo ciclo di chemioterapia, dicui 3 settimane di wash-out post-terapia e 4 setti-mane per gli esami di screening. NGR-hTNF/pla-cebo viene somministrato per via endovenosa comeinfusione di 1 ora a 0,8 μg/m2 settimanale fino aprogressione di malattia. L’obiettivo primario dellostudio è confrontare il tempo libero dalla progres-sione di malattia nei due gruppi di pazienti (previsti50 pazienti per gruppo). Gli obiettivi secondariincludono la sopravvivenza globale, la risposta tu-morale, la sicurezza e la qualità della vita.In conclusione, al momento non vi sono dati suf-ficienti per sostenere l’utilità della terapia di man-tenimento nei pazienti affetti da MPM. Tuttavia,alcuni dati promettenti, come quelli ottenuti dapemetrexed, inducono gli sperimentatori a nonabbandonare questo filone di ricerca.

Terapia di seconda linea

Il ruolo della chemioterapia in seconda linea neipazienti affetti da MPM non è stato ancora defi-nito e, a oggi, non costituisce ancora uno standardterapeutico. Tuttavia, la maggior parte dei pazientiche beneficiano di una prima linea di trattamentopresenta ancora un ottimo performance statusquando viene documentata la progressione radio-logica del MPM, e vi è una crescente evidenza inletteratura che la chemioterapia in seconda lineanon solo è ben tollerata, ma anche attiva. I progressi nella conoscenza della biologia delMPM hanno portato alla valutazione di un certonumero di agenti mirati in studi clinici. Tuttavia,a oggi, la terapia target non ha mostrato alcunareale efficacia nel trattamento dei pazienti affettida MPM (Tabelle 10.1 e 10.2).L’EGFR (epidermal growth factor receptor) è espressonella maggior parte dei campioni di MPM, conuna maggiore incidenza nel sottotipo epiteliale.L’utilizzo di inibitori di EGFR (erlotinib, gefitinib)su linee cellulari di MPM ha dimostrato un’inibi-zione dose-dipendente dell’espressione di EGFRe della crescita cellulare. Tuttavia, i dati preclinicinon sono stati confermati in clinica. La mancanzadi attività di inibitori di EGFR nel MPM è statainfatti osservata in due studi clinici in monoterapiacon gefitinib ed erlotinib nei pazienti non pretrat-tati. Questa mancanza di attività è probabilmentelegata alla mancanza di mutazioni attivanti EGFRin MPM. Un ulteriore studio clinico multicentricodi fase II ha valutato l’efficacia della doppia inibi-zione di VEGF e di EGFR in pazienti pretrattati.In particolare, i pazienti che avevano precedente-mente ricevuto un regime chemioterapico sonostati trattati con erlotinib 150 mg/die per via oralee bevacizumab 15 mg/kg per via endovenosa ogni21 giorni. Lo studio ha fallito l’obiettivo principaledi osservare almeno 2 risposte nei primi 25 pazienti

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arruolati (disegno di Simon a doppio stadio) nonosservando alcuna risposta completa o parziale el’arruolamento è stato interrotto dopo l’inclusionedei primi 26 pazienti. Dati preclinici hanno suggerito un ruolo autocrinodi PDGF su linee cellulari di MPM. Questo dato,associato al riscontro di un’elevata espressione dic-kit in una rilevante percentuale di tessuti diMPM, ha indotto alcuni autori a valutare l’attività

di imatinib in monoterapia. Anche in questo caso,purtroppo, gli incoraggianti dati preclinici nonsono stati confermati in clinica, dove non è stataosservata alcuna evidenza di risposte obiettive sianei pazienti pretrattati sia nei pazienti non pre-trattati. Nello studio più ampio (25 pazienti) èstata osservata solamente una prolungata stabilitàdi malattia in 3 pazienti. Il VEGF e i suoi recettori (VEGFR-1, VEGFR-2

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Tabella 10.1 Farmaci target in prima linea

Farmaco N. pazienti RR DCR mPFS (mesi) mOS (mesi)

Cisplatino/gemcitabina +/- bevacizumab 53 25% 76% 6,9 15,6

Carboplatino/pemetrexed/bevacizumab 77 40% 88% 7,9 14,3

Cisplatino/pemetrexed/bevacizumab 43 43% 81% 6,9 14,8

Cisplatino/pemetrexed +/- bevacizumab 47 38% 57% NR NR

Carboplatino/pemetrexed/bevacizumab 13 33% NR 7,8 NR

Vatalanib 47 6% 78% 4,1 10,0

Gefitinib 43 4% 53% 2,6 6,8

Erlotinib 63 0% 47% 12% a 12 mesi 39% a 12 mesi

Imatininb 25 0% 12% 63 giorni 398 giorni

Talidomide 40 0% 27.5% NR 230 giorni

Sorafenib 20 10% 60% 2,9 5,0

Sunitinib 18 5% 55% 2,7 6,7

DCR, disease control rate; mOS, median overall survival; mPFS, median progression free survival; NR, non riportato; RR, response rate.

Tabella 10.2 Farmaci target in seconda linea

Farmaco N. pazienti RR DCR mPFS (mesi) mOS (mesi)

Erlotinib + Bevacizumab 24 0% 50% 2,2 5,8

Talidomide 22 6% 54% 2,0 11,0

Sorafenib 30 3% NR 3,7 13,2

Sorafenib 16 6% 87% NR NR

Sunitinib 53 12% 77% 3,5 7,0

Sunitinib 17 0% 65% 2,8 8,3

Cediranib 47 9% 43% 2,6 9,5

NGRhTNF 43 0% 44% 2,8 12,1

Belinostat 13 0% 15% 1,0 5,0

DCR, disease control rate; mOS, median overall survival; mPFS, median progression free survival; NR, non riportato; RR, response rate.

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e VEGFR-3) sono altamente espressi nel MPM erappresentano potenziali bersagli terapeutici nellacura di questa malattia. In vitro il VEGF stimola lacrescita delle cellule di MPM in maniera dose-di-pendente e tale crescita viene inibita da anticorpianti-VEGF. Inoltre, i pazienti affetti da MPM pre-sentano valori di VEGF tra i più elevati rispetto aqualsiasi altro tumore solido e valori elevati diVEGF rappresentano, in tale patologia, un fattoreprognostico negativo. Diversi inibitori dell’angio-genesi sono stati valutati o sono in corso di valuta-zione nel trattamento di MPM soprattutto in primalinea in combinazione con la chemioterapia. Bevacizumab è la molecola più studiata e diversistudi clinici sono ancora in corso, come già di-scusso nel paragrafo della terapia di mantenimento. Semaxanib (SU5416), un inibitore selettivo delVEGFR-2, è stato valutato in uno studio di faseII su 22 pazienti, dimostrando una certa attivitàper il MPM, ostacolata, però, da un eccessivo ri-schio di trombosi. Talidomide, come già descritto nel paragrafo dellaterapia di mantenimento, non ha fornito dati dirilievo in termini di attività.L’efficacia di sorafenib è stata valutata in 2 studidi fase II. Nel primo sono stati trattati 51 pazienticon MPM sia pretrattati (31 pazienti) sia nonpretrattati (20 pazienti). Il tasso di risposta è statodel 6% (stabilità di malattia nel 54% dei pazienti),con una sopravvivenza mediana libera da progres-sione di malattia di 3,6 mesi e una sopravvivenzamediana globale di 9,6 mesi (13,2 mesi nei pa-zienti pretrattati). Nel secondo studio sono statiarruolati 19 pazienti pretrattati: nei 16 pazientivalutabili per la risposta, sono state osservate 1 ri-sposta parziale e 13 stazionarietà di malattia, conun tasso di sopravvivenza libera da progressionedi malattia a 24 settimane del 31%.Nowak et al. hanno riportato i risultati finali diuno studio di fase II con sunitinib come terapia di

seconda linea in 53 pazienti con MPM in progres-sione durante o dopo chemioterapia di prima lineacon la combinazione platino/antimetabolita (pe-metrexed e gemcitabina). Il tasso di risposta è statodel 12% (stabilità di malattia nel 65% dei pazienti),con un tempo alla progressione di 3,5 mesi e unasopravvivenza mediana globale di 7 mesi. Un altrostudio, condotto presso il National Cancer Instituteof Canada, ha arruolato 35 pazienti in 2 differenticoorti (pazienti pretrattati e pazienti non pretrat-tati). Costruito con un disegno di Simon a duestadi e con obiettivo principale il tasso di risposta,tale studio non ha superato, in nessuna delle duecoorti, il primo stadio: solo 1 risposta parziale èstata osservata in un paziente non pretrattato. Lasopravvivenza mediana libera da progressione e glo-bale sono state, rispettivamente, di 2,8 e 8,3 mesinel gruppo di pazienti pretrattati e di 2,7 e 6,7mesi nei pazienti non pretrattati. NGR-hTNF è un nuovo farmaco ad attività anti-angiogenetica e la sua efficacia è stata valutata su43 pazienti con MPM avanzato in progressionedopo chemioterapia a base di platino/pemetrexed.Secondo un’analisi “intent-to-treat”, 19 pazienti(44%) hanno ottennuto un controllo della malattiacome migliore risposta complessiva (1 risposta par-ziale e 18 stazionarietà di malattia). Il tempo me-diano alla progressione è stato di 2,8 mesi (4,4mesi nei pazienti con controllo della malattia).Sulla base di questi risultati, sono stati avviati duenuovo studi: il primo è uno studio randomizzatodi fase III nella seconda linea in pazienti pretrattaticon un regime a base di pemetrexed e il secondo èuno studio randomizzato di fase II che valutaNGR-hTNF come terapia di mantenimento inpazienti non in progressione dopo 6 cicli di che-mioterapia a base di pemetrexed.Vatalanib, un inibitore del PDGF-Rβ e di VEGF-R,è stato valutato in uno studio multicentrico di faseII in pazienti non pretrattati con MPM. Sono stati

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arruolati 47 pazienti in 19 Centri. Sono stati os-servati un tasso di risposta del 6%, una staziona-rietà di malattia nel 72% dei pazienti, una soprav-vivenza mediana libera da progressione di malattiadi 4,1 mesi e una sopravvivenza mediana globaledi 10,0 mesi. Cediranib (AZD2171) è un potente inibitore diVEGFR-1 a 3, nonché di c-KIT e PDGF-R. Gar-land et al. hanno recentemente valutato questoagente in uno studio di fase II su 54 pazienti pre-trattati con chemioterapia a base di platino. Dei47 pazienti valutabili, 4 (9%) hanno avuto risposteobiettive e 16 (34%) hanno ottenuto una stazio-narietà di malattia, con una sopravvivenza medianalibera da progressione di malattia di 2,6 mesi euna sopravvivenza mediana globale di 9,5 mesi.Anche se l’attività di cediranib in monoterapia èrisultata modesta, un piccolo sottogruppo di pa-zienti ha mostrato al farmaco un’elevata sensibilità.Pertanto, il Southwest Oncology Group ha avviatouno studio di fase I/II randomizzato con cediranibversus placebo in combinazione con pemetrexed/ci-splatino per il trattamento di prima linea. Vandetanib (ZD6474), che è un inibitore selettivodi VEGFR-2, VEGFR-3, RET ed EGFR, ha mo-strato di avere un effetto sia inibitorio della crescitasia pro-apoptotico sulle linee cellulari di mesote-lioma e un effetto anti-angiogenico in un modellomurino. Inoltre, sempre in vitro, è stato osservatoun notevole sinergismo tra vandetanib e la combi-nazione di pemetrexed e carboplatino. È stato atti-vato uno studio randomizzato di fase II che con-fronta vandetanib con vinorelbina in pazienti pre-trattati con MPM. Tuttavia, il reclutamento di talestudio è stato bloccato e nessun dato risulta ancoradisponibile. Pazopanib è in fase di studio in seconda linea,mentre axitinib è in fase di studio in prima lineain associazione con cisplatino e pemetrexed. Gli inibitori delle istone-deacetilasi (HDAC) sono

una classe di farmaci che hanno mostrato di avereun’attività antitumorale in diverse neoplasie mali-gne, tra cui il MPM. Con la loro azione, questifarmaci inducono ad apoptosi le cellule neoplastichee bloccano la neoangiogenesi mediata da VEGF. Belinostat è stato valutato in seconda linea in unostudio di fase II. In 13 pazienti arruolati è stataosservata una sola stabilizzazione di malattia enessuna risposta (arruolamento sospeso). La so-pravvivenza mediana libera da progressione dimalattia mediana e la sopravvivenza mediana glo-bale sono state, rispettivamente, di 1 mese e 5mesi. Gli autori hanno concluso che belinostatnon è attivo come monoterapia nel trattamentodi seconda linea di pazienti affetti da MPM.In uno studio di fase I, vorinostat ha dimostratodi essere attivo in pazienti affetti da MPM pre-trattati. Sulla scorta di tali dati, è stato attivatouno studio randomizzato di fase III, in doppiocieco, controllato con placebo. Gli endpoint pri-mari dello studio sono la sopravvivenza globale,la sicurezza e la tollerabilità di vorinostat. Lo stu-dio è ancora in corso ed è previsto l’arruolamentodi 660 pazienti per realizzare 540 eventi per l’ana-lisi di sopravvivenza. Questo è il più grande studiomai condotto in pazienti con MPM precedente-mente trattati.Bortezomib è un inibitore del proteasoma: in vitroha dimostrato di inibire l’angiogenesi e il fattoredi trascrizione nucleare κB (NF-κB), riportatocome fattore cellulare cruciale per la chemioresi-stenza nelle cellule di MPM. È in corso uno studioclinico di fase II, multicentrico, che valuta l’attivitàdi questo farmaco in termini di tasso di rispostasia in prima (57 pazienti) sia in seconda linea (54pazienti) in pazienti con MPM. L’attività di dasatinib, un inibitore della tirosin-chinasi di SRC, è in corso di valutazione in unostudio di fase II in pazienti pretrattati. La soprav-vivenza libera da progressione di malattia a 24

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settimane (o 5,5 mesi) costituisce l’obiettivo prin-cipale dello studio. Infine, in seguito ai risultati di uno studio di faseI, SS1P, un’immunotossina ricombinante anti-mesotelina somministrata per via endovenosa, èin corso di valutazione in uno studio di fase II inpazienti pretrattati affetti da MPM.

Chemioterapia nel paziente anziano

A causa del lungo periodo di latenza tra l’esposi-zione all’amianto e l’insorgenza della malattia (circa20-40 anni), il MPM è spesso diagnosticato in etàavanzata. L’età mediana di insorgenza della malattianegli Stati Uniti è di 74 anni. Una tendenza simileè stata riscontrata anche nei Paesi dell’Europa oc-cidentale. Tuttavia, la popolazione anziana è pocorappresentata negli studi clinici, in particolare perquanto riguarda i pazienti di età superiore ai 70anni. Questo porta a incertezza circa l’applicabilitàdei risultati degli studi per pazienti anziani in ter-mini sia di efficacia sia di tossicità dei trattamenti.Nei pazienti affetti da MPM, l’età avanzata è statageneralmente considerata un fattore prognosticonegativo. Oltre che per differenze biologiche legateall’età, questo fattore può anche essere stato in-fluenzato da un atteggiamento nichilista al tratta-mento di questa malattia. Di conseguenza, man-cano completamente studi specifici per pazientianziani affetti da MPM, risultando difficile per iclinici prendere decisioni terapeutiche in merito.Infatti, se la combinazione di cisplatino e peme-trexed è diventata lo standard terapeutico per iltrattamento di prima linea dei pazienti affetti daMPM, il profilo di tossicità non ematologica ti-pico del cisplatino risulta tuttavia discutibile nelcontesto di un trattamento palliativo, specie se ilpaziente è anziano. Pertanto, diversi gruppi di ri-cerca hanno valutato l’attività della combinazionepemetrexed e carboplatino nel tentativo di ridurre

la tossicità, pur mantenendo lo stesso vantaggiodi sopravvivenza della combinazione di pemetre-xed e cisplatino. In particolare, nello studio difase I nel quale sono stati arruolati 25 pazienticon MPM, la combinazione con pemetrexed 500mg/m2 e carboplatino AUC5 ha dimostrato diessere attiva e ben tollerata, con un tasso di rispostadel 32%. Uno studio di fase II, che ha arruolato102 pazienti trattati con la combinazione di pe-metrexed e carboplatino in prima linea, ha osser-vato che il tempo alla progressione della malattia(6,5 mesi) e la sopravvivenza globale (12,5 mesi)erano simili ai risultati ottenuti con il regime stan-dard di pemetrexed e cisplatino nello studio regi-strativo, pur con un profilo di tossicità migliore(neutropenia e anemia di grado 3-4 rispettiva-mente nel 9,5% e 3,5% dei pazienti; tossicità nonematologica di grado 3-4 sostanzialmente nulla),suggerendo che la combinazione con carboplatinopossa costituire una valida alternativa per questipazienti. Tali risultati sono stati confermati, inmodo indipendente, da un altro studio che hautilizzato la stessa schedula in 76 pazienti nonpretrattati. Inoltre, uno studio non randomizzatoin aperto per la valutazione della sicurezza di pe-metrexed, in monochemioterapia o in combina-zione con i derivati del platino su più di 1700 pa-zienti chemo-naïve affetti da MPM trattati nel-l’ambito del “Programma Internazionale di accessoallargato”, ha mostrato che la combinazione dipemetrexed con carboplatino o con cisplatino nonpresenta alcuna differenza in termini di efficacia.Nei pazienti più anziani, cioè con età ≥ 70 anni, lacombinazione pemetrexed e carboplatino è risultatacaratterizzata da un profilo di tossicità favorevole,nonostante le alterazioni della funzionalità renalecon l’età debbano essere prese in considerazioneprima della loro somministrazione. Un’analisi re-trospettiva su 178 pazienti affetti da MPM, trat-tati con pemetrexed 500 mg/m2 e carboplatino

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AUC5 come trattamento di prima linea, ha di-mostrato che i pazienti con età ≥ 70 anni traevanobeneficio dal trattamento tanto quanto i pazienticon età < 70 anni, senza costi aggiuntivi in terminidi tossicità. In particolare, nessuna differenza si-gnificativa è stata osservata in termini di controlloglobale della malattia (60,4% vs 66,9%; p = 0,47),di tempo libero da progressione di malattia (7,2 vs7,5 mesi; p = 0,42) e di sopravvivenza globale (10,7vs 13,9 mesi; p = 0,12). In termini di tossicità ema-tologica di grado 3-4, nessuna differenza statistica-mente significativa è stata osservata riguardo l’in-cidenza di neutropenia (25,0% vs 13,8%; p = 0,11)e di trombocitopenia (14,6% vs 8,5%; p = 0,26),mentre l’incidenza di anemia è risultata peggiorenei pazienti con età ≥ 70 anni (20,8% vs 6,9%;p = 0,01). La tossicità non ematologica, invece, èstata lieve e simile come incidenza nei due gruppi.In conclusione, i pochi dati disponibili, ancorada confermare prospetticamente, suggeriscono chela chemioterapia con pemetrexed e carboplatinorisulti efficace e sicura nei pazienti anziani affettida MPM con un buon performance status. Restamandatorio prestare la massima attenzione neipazienti con età > 75 anni per la mancanza didati riguardo il trattamento di questo particolaresottogruppo.

Psico-oncologia

La malattia oncologica è un evento altamente trau-matico che assume il significato di minaccia allapropria esistenza, integrità, identità e ruolo e chefa inevitabilmente da spartiacque della propria vita,alterando l’equilibrio individuale e interpersonaleed evocando un clima di incertezza e indetermina-tezza. La persona che si ammala vive una crisi glo-bale che investe ogni dimensione dell’essere umano:quella fisica, psicologica, socio-relazionale e, inoltre,quella spirituale ed esistenziale. È un evento dolo-

roso e sconvolgente che riguarda diversi aspetti disé: il rapporto con il proprio corpo, il significatodato alla sofferenza, alla malattia, alla morte, cosìcome la vita familiare, sociale, professionale. Cam-biano le prospettive, il senso del tempo, delle rela-zioni e dei valori esistenziali. Tali vissuti apparten-gono non solo al paziente, ma colpiscono e condi-zionano il sistema familiare cui appartiene: i fami-liari sono infatti coinvolti nella malattia e nellacura da un punto di vista anche emozionale. Ricevere una diagnosi di cancro ed essere infor-mati della prognosi infausta può avere un forteimpatto emotivo e rappresenta uno dei momentipiù stressanti per il malato e per chi vive con luitale esperienza, ossia familiari e curanti.Oggi non ci si pone più il quesito “dire o nondire” la verità, poiché sotto un profilo etico-legaleè pienamente legittimato il diritto del pazienteall’informazione e alla scelta: il problema che deveessere affrontato nella relazione tra curante e pa-ziente è oggi diventato “come dire” tale verità.Negli ultimi anni il tema della comunicazione di“cattive notizie” in ambito oncologico è divenutooggetto di numerosi studi e ricerche ed è diventatoun’area specifica di formazione a cui la psico-on-cologia dà un fondamentale contributo speciali-stico. Una notizia può essere definita “cattiva”quando altera radicalmente in senso negativo lapercezione del paziente del suo futuro e l’entitàdel suo impatto dipende principalmente dal di-vario tra le sue aspettative e la reale condizioneclinica. Dal punto di vista emotivo una “cattivanotizia”, per il paziente e i suoi cari, determinaun perturbamento in cui irrompono le sensazionidi minaccia e di imprevisto: ansia, paura, incer-tezza e angoscia determinano una maggiore vul-nerabilità personale minando il senso di controlloe il senso di continuità esistenziale.In virtù di tali considerazioni si può comprenderecome il comunicare una diagnosi di tumore, una

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progressione di malattia o una prognosi infaustapossano essere compiti complessi e impegnativiper ogni medico.La comunicazione in ambito oncologico, per lasua peculiarità, implica quindi riflessioni, appro-fondimenti e formazione specifica su moltepliciaspetti che appartengono sia al paziente (la suamalattia, il suo contesto socio-familiare, la suapersonalità), sia al medico stesso, il quale si trova,in questo settore specifico, coinvolto in una si-gnificativa relazione foriera di forti risonanze emo-tive (es. le paure personali circa la sofferenza e lamorte, il timore di fallimenti terapeutici, la soli-darietà nella sofferenza).La comunicazione con il paziente oncologico, sianella dimensione informativa sia in quella rela-zionale, è parte integrante della cura: “la relazionemedico-paziente deve esercitare implicitamenteuna funzione terapeutica”.Alcuni studi hanno dimostrato che l’efficacia co-municativa e la qualità della relazione tra equipee utenza hanno effetti benefici su tutto il processodi cura e sulla qualità di vita del paziente. Fornireinformazioni è un atto medico avente una vera epropria valenza terapeutica: oltre a ridurre l’ansiae l’incertezza, restituisce al paziente la libertà chela malattia gli ha sottratto, l’autonomia e la ca-pacità di fare delle scelte, la consapevolezza dellarealtà che sta vivendo e l’adattamento alla nuovasituazione di vita.La psico-oncologia offre un contributo scientificodeterminante poiché integrando l’oncologia allapsicologia e alla psichiatria analizza in un’otticamultidisciplinare due dimensioni centrali dellamalattia oncologica: da un lato, il ruolo dei fattoripsicologici e comportamentali nella diagnosi pre-coce e nella cura dei tumori e, dall’altro, le impli-cazioni psicologiche e sociali di tale patologia nelpaziente, nella sua famiglia e nell’equipe curante.La necessità di considerare, conoscere e valutare i

correlati psicologici del malato in base alle speci-fiche neoplasie e alle specifiche sedi di insorgenzadiventa uno “step” imprescindibile per una buonacomunicazione che consente al medico di coglieremeglio i bisogni e i problemi dei pazienti.Se per alcune patologie oncologiche la letteraturain merito è più ricca, per altre è ancora da appro-fondire, come nel caso del mesotelioma pleurico,patologia a evoluzione infausta. Il decorso parti-colarmente invalidante e doloroso del mesoteliomae la difficoltà nella sua diagnosi precoce determi-nano nei pazienti, e nei suoi cari, un vero e propriotrauma con vissuto di catastrofe. Una recente ricerca svolta su una popolazione diuna località italiana colpita da una forte incidenzadi casi di mesotelioma ha rilevato sintomi comeumore depresso, stati ansiosi, pensieri fissi e intru-sivi, disturbi del sonno e una sensazione ricorrentedi essere incompresi, proprio in seguito all’espe-rienza di aver vissuto un evento catastrofico. I sog-getti interessati presentavano inoltre alcune dimen-sioni psicopatologiche associate a un disturbo post-traumatico da stress, che si caratterizza per l’inca-pacità, in differenti gradi e a seconda della gravità,di identificare o verbalizzare gli stati affettivi.Il gruppo dei pazienti e il gruppo dei familiarianalizzati hanno riportato livelli più elevati disconforto emotivo, insoddisfazione e sensazionedi infelicità, oltre che una maggiore sensazione discoraggiamento e paura. Si è inoltre registrato inquesti due gruppi un grado più elevato di pessi-mismo: la sensazione di aver fallito in passato el’idea di poter fallire in futuro. Parallelamente,nei medesimi gruppi è stata riscontrata la sensa-zione di non avere sufficienti risorse per fronteg-giare le circostanze della vita e talvolta di essernetravolti.La scarsa rispondenza del mesotelioma ai diversitipi di terapie fino a oggi sperimentate e la conse-guente altissima mortalità rendono quindi il me-

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sotelioma pleurico una patologia particolarmentedelicata a livello psicologico individuale e familiare:una maggiore comprensione del carico emotivodei pazienti e dei loro cari costituisce quindi unpresupposto fondamentale per fondare un’efficacecomunicazione tra curante, paziente e famiglia,che consenta anche di attivare adeguati interventispecialistici di supporto psicologico indirizzati allapresa in carico globale della persona ammalata.La comunicazione medico-paziente non può per-tanto essere considerata una semplice trasmissioned’informazione, ma lo stabilirsi di una relazione,di una storia, di un processo in cui tutti i parteci-panti concorrono alla costruzione di un progettoterapeutico e dove contenuti e tempi devono ri-spettare ciò che il paziente è in grado di soppor-tare, comprendere, affrontare ed elaborare.

Conclusioni

Il mesotelioma pleurico è una malattia la cui pro-gnosi rimane ancora oggi infausta nonostante imiglioramenti nelle varie discipline coinvolte nel-l’iter diagnostico-terapeutico. È per tale ragione che la comunità scientifica èparticolarmente coinvolta nel cercare di migliorare

i risultati in tutti i settori coinvolti nella gestionedi tale malattia.In campo sanitario e sociale, ricerca e innovazioneoccupano un ruolo fondamentale. In particolare,i programmi in questo ambito devono essereorientati a:• verificare la misura in cui allo stato attuale, in

Italia, i pazienti affetti da mesoteliomi abbianoaccesso ai migliori (o meno peggiori) protocolliclinici al fine di ottenere una standardizzazioneterapeutica a livello nazionale;

• approfondire i motivi per cui, nonostante lacomplessivamente pessima prognosi del me-sotelioma, circa il 10% dei pazienti affetti so-pravvive almeno 5 anni;

• approfondire il tema degli aspetti psicologicidella condizione di rischio tipica degli ex-espo-sti ad amianto in ambiente lavorativo e dei re-sidenti in zone ad alto inquinamento extrala-vorativo con amianto (percezione del rischio);

• utilizzare una vera e propria metodologia scien-tifica nel settore della comunicazione in temadi amianto tra “esperti” e vittime;

• potenziare la ricerca preclinica e clinica conl’obiettivo di migliorare la pratica clinica e,possibilmente, gli outcome della malattia.

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11. Prospettive nella lotta alle patologieasbesto-correlate

La dimensione del problema

L’Italia è stata, dal secondo dopoguerra fino al1992, anno della Legge sul bando dell’amianto,uno dei maggiori produttori e utilizzatori diamianto con più di 3,5 milioni di tonnellate diamianto grezzo consumato durante tale periodo.Gli utilizzi hanno riguardato un amplissimo spet-tro di attività industriali, dalla cantieristica navaleall’edilizia e all’industria della produzione dei ma-nufatti in cemento-amianto. Il rapporto fra occorrenza di malattie asbesto-cor-relate e consumi di amianto è solidissima e stati-sticamente significativa con un grado di correla-zione quasi lineare a livello di dati aggregati dipopolazione. L’analisi della distribuzione neltempo e nello spazio dei consumi di amianto èquindi di grande rilevanza per l’analisi epidemio-logica. La produzione complessiva di amianto nelmondo fra il 1900 e il 2000 è stata di circa 173milioni di tonnellate e più dell’80% di tale pro-duzione riguarda il periodo a partire dal 1960.L’incremento nei livelli di produzione mondialeè costante dal secondo dopoguerra alla metà deglianni Settanta, periodo in cui raggiunge il culminecon più di 4,5 milioni di tonnellate/anno pro-dotte. L’Italia è l’unico Paese dell’Unione Europea,insieme alla Grecia, nel quale sono state attive

miniere di amianto e non è quindi solo un Paeseimportatore, ma anche produttore. L’Italia è statafino alla fine degli anni Ottanta il secondo mag-giore produttore europeo di amianto in fibra dopol’Unione Sovietica e il maggiore della ComunitàEuropea. La produzione italiana proviene in ma-niera quasi esclusiva (se si eccettuano quantitàmodeste dai giacimenti della Val Malenco) dallaminiera di crisotilo di Balangero (20 km a norddi Torino), il più importante giacimento comedimensioni e come impianti dell’Europa Occi-dentale. La miniera è stata attiva dagli anni Ventifino a tutto il 1989 su un’area di parecchie decinedi ettari e le operazioni che si svolgevano possonoessere descritte sinteticamente in questa sequenza:perforazione, escavazione, prima e seconda fran-tumazione, essiccazione, ciclonatura, selezione einsaccamento. La Legge 257 del 27 marzo 1992 ha decretato la“cessazione dell’impiego dell’amianto”, e in par-ticolare il divieto di estrazione, importazione,esportazione, commercializzazione e produzionedi prodotti di amianto e di prodotti contenentiamianto. La Legge non ha però vietato l’utilizza-zione indiretta e pertanto sono ancora presentisul territorio nazionale diversi milioni di tonnellatedi materiali compatti contenenti amianto e moltetonnellate di amianto friabile in numerosi siti

n. 15, maggio-giugno 2012

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contaminati, sia di tipo industriale che non, pub-blici e privati, su tutto il territorio italiano. Se si cerca di quantificare l’entità attuale del pro-blema è sufficiente analizzare i dati forniti dalCNR, che valutano in circa 32 milioni di tonnel-late il cemento-amianto ancora da bonificare sol-tanto in relazione ai 2,5 miliardi di metri quadridi coperture – lastre ondulate o piane in cemento-amianto prodotte e presenti sul territorio nazio-nale. A fronte di questa stima, l’ISPRA (IstitutoSuperiore per la Protezione e la Ricerca Ambien-tale), nel capitolo sui rifiuti speciali dell’Annuario2011, riporta che i rifiuti contenenti amianto pro-dotti in Italia nell’anno 2009, nel loro complesso,ammontano a circa 379.000 tonnellate, in au-mento del 18% rispetto all’anno precedente. Deltotale gestito nel 2009, la quantità più rilevante,il 91,2% (pari a 345.472 tonnellate), è costituitadai rifiuti da materiali da costruzione contenentiamianto, seguiti dai materiali isolanti contenentiamianto (8,6%, pari a 32.429 tonnellate), appa-recchiature fuori uso contenenti amianto in fibrelibere (0,14%, pari a 563 tonnellate), imballaggimetallici contenenti amianto (0,11%, pari a 430tonnellate), pastiglie per freni contenenti amianto(0,005%, pari a 20 tonnellate). Disaggregando idati per macroarea geografica è possibile notarecome la maggiore produzione di rifiuti contenentiamianto si registri al Nord (69,2% del totale na-zionale), mentre Centro e Sud ne produconoquantità simili, intorno al 15% ciascuna. Da unpunto di vista regionale è la Lombardia la mag-giore produttrice di rifiuti contenenti amianto (il32% pari a circa 121.000 tonnellate), dato, comeper le altre Regioni, in netto aumento rispetto al-l’anno precedente. Le altre Regioni che contri-buiscono in modo rilevante alla produzione di ri-fiuti contenenti amianto sono il Veneto, il Pie-monte e l’Emilia Romagna, nonostante quest’ul-tima mostri una diminuzione, rispetto al 2008,

del 20,3%. Similmente, anche Valle d’Aosta eTrentino Alto Adige presentano un dato in leggerariduzione, mentre Campania e Toscana registranoun aumento superiore del 50% rispetto al 2008.In sintesi, dati per assodati i quantitativi stimatidal CNR dell’amianto ancora presente a oggi sulterritorio nazionale (32 milioni di tonnellate) equelli dell’ISPRA sul quantitativo annuale rimosso(380.000 tonnellate), a questo ritmo di rimozioneannuale il processo di dismissione è stimabilepossa durare per altri 85 anni circa. Ovviamente se, a distanza di oltre 20 anni dallapromulgazione della Legge 257/1992, il problemaamianto è tutt’altro che risolto nel nostro Paese,diviene indispensabile analizzarne le motivazioni,soprattutto se si considera che la Legge, di per sé,sembra più che valida, tanto che la Direttiva co-munitaria 2009/148/CE (sulla protezione dei la-voratori contro i rischi connessi con un’esposizioneall’amianto durante il lavoro), entrata in vigore il5 gennaio 2010, sembra avere recepito, in diversipassaggi, la normativa italiana di settore e delD.Lgs. 81/2008.Il motivo per il quale nei 20 anni dalla Legge dimessa al bando è stato bonificato circa 1/5 del-l’amianto presente nel 1992 risiede nel fatto chela Legge ha vietato l’impiego, ma non l’uso, deimateriali contenenti amianto. La Legge 257 nonpone una scadenza temporale sull’utilizzazione,lasciando libertà ai singoli proprietari di sceglierese rimuovere o meno i materiali in uso. La Leggee i Decreti attuativi prescrivono comunque chedetti materiali devono essere tenuti in buono statodi manutenzione fino a che si trovano in opera.Imposizioni di rimozione di materiali compatticontenenti amianto sono possibili soltanto conmotivate Ordinanze dei Sindaci competenti perterritorio. Le bonifiche hanno un costo e il pro-prietario, privato o pubblico che sia, procede intal senso soltanto quando la sostituzione non è

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più procrastinabile per motivi di vetustà. Le uni-che due Regioni che hanno inserito nei loro pianil’obiettivo temporale della rimozione totale deimateriali contenenti amianto sono la Lombardianel 2016 e la Sardegna nel 2023.

Eliminazione dei siti di amianto

L’eliminazione e il relativo smaltimento delle sor-genti di amianto, presenti nei siti inquinati di-stribuiti nel Paese, che abbiano la potenzialità dideterminare esposizioni significative in termini disalute costituirebbero, teoricamente, l’azione piùincisiva al fine di eliminare le patologie asbesto-correlate.Le azioni da attivare al fine di ridurre/eliminarel’amianto possono essere indirizzate su vari obiet-tivi che verranno singolarmente analizzati.

Identificazione dei siti

L’esame della distribuzione geografica dei casi dimesotelioma in Italia attraverso due sistemi di os-servazione indipendenti, la mortalità (di fonteIstat) e l’incidenza, monitorata quest’ultima dalRegistro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM), con-sente di individuare una serie di ambiti territorialinei quali il carico di malattia è particolarmenteconcentrato, indicando una pregressa esposizionead amianto di particolare intensità e durata. Le aree in esame corrispondono ai cluster localiz-zati in base all’analisi della mortalità e nei quali sicollocano i Comuni con i più elevati valori deitassi di incidenza, in particolare Casale Monfer-rato, Broni, Genova, La Spezia, Grugliasco-Col-legno, Monfalcone, Trieste, Castellamare di Stabia,Taranto, Biancavilla e Augusta.Alcune di queste aree (Casale Monferrato, Broni,Trieste, Taranto, Biancavilla e Augusta) sono giàstate riconosciute Siti di Interesse Nazionale (SIN)

per le bonifiche e in esse sono già in corso impor-tanti interventi di risanamento ambientale. D’altrocanto, l’individuazione dei siti a rischio non puòessere delegata soltanto al dato epidemiologico,in quanto l’amianto che sta causando oggi ricadutenegative sulla salute di chi è stato esposto nonnecessariamente è ancora presente in quel sito.Possono configurarsi due tipi di situazioni:• aziende che hanno utilizzato amianto in pe-

riodi temporali ben definiti, per esempio lacantieristica navale di costruzione o le aziendedi produzione del materiale rotabile coibentatostanno producendo cluster di mesoteliomi neiComuni dove erano ubicati. In questo casoall’interruzione dell’utilizzo si è interrotta an-che l’esposizione e di conseguenza quelle sedidi lavoro non possono essere annoverate oggitra i siti a rischio attuale;

• aziende che hanno utilizzato amianto semprein periodi definiti e in alcuni casi fino allamessa al bando, ma che con la loro attivitàhanno inquinato le aree circostanti. Si trattaprincipalmente dei luoghi di produzione delcemento amianto, dove ancora oggi si possonotrovare tracce importanti di inquinamento equindi da annoverare tra i siti a rischio attuale.

Discorso a parte merita Biancavilla sulle pendicidell’Etna, dove la fluoro-edenite, una fibra asbe-stiforme naturalmente presente nel territorio cir-costante, ha la stessa azione mesoteliomatogenadell’amianto, nell’uomo e nell’animale da labora-torio, e si sospetta inoltre una sua azione fibrogena.Dal punto di vista normativo, non essendo clas-sificabile come amianto da un punto di vista mi-neralogico, per i soggetti esposti a questa fibranon sono previste tutele.Per le restanti aree caratterizzate da incrementidei tassi di incidenza e mortalità e da una signifi-cativa tendenza a dare luogo ad aggregazioni ter-ritoriali di Comuni a rischio, è opportuno proce-

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dere con l’individuazione di priorità fondate suirisultati dell’attività di mappatura che si auspicavenga completata in tempi brevi. Questo percorsorichiede l’attivazione di tavoli di lavoro con lapartecipazione delle istituzioni centrali e periferi-che competenti in materia di protezione dell’am-biente e tutela della salute. In questo contesto, diventa indispensabile inter-venire con urgenza nei 373 siti con Classe di Prio-rità del Rischio 1 finora mappati, che risultanoad alto rischio sia per la salute negli ambienti divita e di lavoro sia per l’ambiente. A tal fine èfondamentale il reperimento urgente delle neces-sarie risorse finanziarie atte a consentire nel brevetermine l’attuazione degli interventi di messa insicurezza e di bonifica. Ma sarebbe anche auspi-cabile una compartecipazione finanziaria di piùMinisteri (Salute, Ambiente, Lavoro ecc.) per ilreperimento di tali risorse, stimate in decine dimilioni di euro. Si ritiene inoltre di prioritario interesse completarela mappatura con i dati relativi alle Regioni man-canti e continuare ad aggiornare/integrare i datigià disponibili, al fine di una pianificazione neltempo delle risorse e delle tempistiche necessariealla messa in sicurezza del territorio nazionale dadetto agente cancerogeno. Si stima altresì che,completando detta mappatura e le procedure divalutazione del rischio in essa previste, il numerodi tali siti a maggiore rischio potrà aumentare da373 a oltre 500 unità. Comunque, qualora il DM101/2003 relativo alla citata mappatura vedesseassegnati finanziamenti annuali di circa 10 milionidi euro per 10 anni, si ritiene che tutte le situazionia maggiore rischio potrebbero essere rimosse.Parallelamente si ritiene opportuno che la raccoltadati mediante autonotifica, metodo finora piùutilizzato dalle Regioni, che non ha ancora fornitouna fotografia dettagliata del problema e sicura-mente non proporzionata all’impegno economico

che ha richiesto, debba essere ripensata studiandoforme che possano incentivare il cittadino alla co-municazione dei materiali contenenti amianto inproprio possesso.

Bonifica e smaltimento

Un’incisiva azione di bonifica e smaltimento nonpuò prescindere da un’approfondita ricognizionedelle discariche e dei siti di stoccaggio, attivi sulterritorio nazionale, al fine precipuo di determi-nare la volumetria disponibile di impianti di di-scarica. È già noto, comunque, come la volumetriadisponibile sia drammaticamente carente e ciò èil maggiore motivo del notevole incremento deicosti e dell’“esportazione” dei Rifiuti ContenentiAmianto (RCA) all’estero, principalmente in Ger-mania. Si dovrebbe inoltre considerare come pro-prio la Germania stia progressivamente dimi-nuendo le quantità di RCA accettati, con gli effettidi indurre un’ulteriore spirale negativa di incre-mento dei costi da sostenere, sino al limite delpossibile blocco dell’esportazione dall’Italia versoquesto Paese, con intuibili conseguenze. Inoltre, l’elevato costo degli interventi di bonifica,con produzione di rifiuti contenenti fibre diamianto, al quale concorre anche – a volte inmodo significativo – l’onere del trasporto, è spessocausa dei diffusi fenomeni di abbandono incon-trollato dei medesimi rifiuti, da parte anche delsingolo privato cittadino, e del rischio di smalti-mento “illegale” dei rifiuti contenenti amianto in“discariche abusive e non controllate”, gestite daorganizzazioni o Enti non istituzionali. Al fine di contenere i costi di smaltimento sarebbeauspicabile agire sulla riduzione dei percorsi delrifiuto. A tale proposito, qualora fosse stabilito diridurre la quota di rifiuto esportato all’estero, sa-rebbe opportuno farlo viaggiare entro i confiniregionali. Andrebbero inoltre individuati e realiz-

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zati nuovi siti di smaltimento sul territorio nazio-nale anche mediante l’impiego di cave dismesse eminiere esaurite, oltre tutto incentivando la ri-qualificazione di dette aree. In tal senso andrebbe valutata la possibilità diun’azione di concerto Stato-Regioni tendente aprivilegiare lo smaltimento dei rifiuti all’internodel territorio regionale che li produce. Gli incentiviprevisti dal Decreto Ministeriale sul Conto Energiaper l’installazione di pannelli fotovoltaici si sonodimostrati efficaci nel processo di accelerazionedelle bonifiche negli anni 2009, 2010 e 2011. InToscana, per esempio, dove erano previsti incentiviaggiuntivi per la sostituzione delle coperture, nonnecessariamente in cemento-amianto, le bonifichenel 2011 sono quasi raddoppiate rispetto agli anniprecedenti.Un ulteriore determinante incentivo alle bonificheda amianto potrebbe derivare dalla defiscalizzazioneal 55% per gli interventi di rimozione dell’amianto,così come la definizione di un prezziario calmieratodelle bonifiche da amianto. Tale “Tariffario Uffi-ciale” delle opere di “bonifica” da amianto, attual-mente mancante e fonte di fenomeni distorsivi delmercato, nazionale ed europeo, dovrebbe essereconsiderato un termine di riferimento, vista la va-riegata condizione delle installazioni che conten-gono fibre di amianto. Per questo motivo il tariffariodovrebbe essere concepito in modo da tenere sepa-rati gli oneri di effettiva bonifica da quelli connessialle opere provvisionali necessarie e alle condizionidi esercizio del cantiere.Va anche ricordato come l’Italia detenga oltre 100brevetti d’inertizzazione dell’amianto, ma nessunimpianto attivo a scala industriale. Certamente inriferimento ai “Trattamenti che modificano com-pletamente la struttura cristallo-chimica del-l’amianto e che quindi ne annullano la pericolo-sità”, andrebbero emanati Decreti applicativi oCircolari tecniche relative al DM 29 luglio 2004,

n. 248, al fine di incentivare la realizzazione deisuddetti impianti a scala industriale. Sussistonocomunque dei limiti nel processo di inertizzazionee i pareri degli esperti su questa modalità di smal-timento non sono unanimi. Altro aspetto non secondario su cui indirizzare laricerca, considerata la limitata volumetria dei sitidi smaltimento, è quello della riduzione dei vo-lumi dei materiali da collocare in discarica; classiciesempi sono rappresentati dai cassoni per l’acquae dai tubi e condotte, che hanno un peso limitatorispetto al volume che occupano.Risulta altresì estremamente importante il rece-pimento delle Linee guida per la bonifica dei siticontaminati da amianto in una specifica normache ne estenda l’applicazione dai SIN a scala na-zionale. Ciò al fine sia di tutelare la salute dei la-voratori addetti alle bonifiche e quella degli am-bienti di vita circostanti, sia di stabilire criteriomogenei a scala nazionale per la realizzazionedegli stessi. Si ricorda in proposito che il ComitatoInterministeriale per la Programmazione Econo-mica (CIPE) ha già recepito dette Linee guidaper la TAV Torino-Lione, che pertanto risultanogià avere una rilevanza nazionale. Si auspicherebbero, infine, la programmazione, ilfinanziamento e la realizzazione di studi d’inqui-namento outdoor nell’intorno delle discariche, at-tualmente in uso o dismesse, per lo smaltimentodi rifiuti contenenti amianto e dei relativi siti arischio, in modo da poter valutare l’impatto sani-tario per la popolazione residente (Valutazione diImpatto sulla Salute) a seguito dell’attivazione odell’esercizio di una discarica. A oggi esiste insuf-ficiente letteratura epidemiologica al riguardo, inparticolare in Italia, tanto da dover ricorrere a sce-nari previsionali ipotetici e a modelli matematicidi dispersione per valutare gli effetti e l’impattosulla salute pubblica. Tutto ciò rende naturalmentedifficile gestire una corretta e documentata infor-

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mazione/formazione sul rischio nei confronti dellepopolazioni residenti. Inoltre, comporta scelte dif-ficoltose, anche in un’ottica di riutilizzo di miniereesaurite o cave dismesse, per i decisori e gli am-ministratori delle aree interessate, e rende com-plicate e purtroppo spesso soggettive e difficil-mente pianificabili (e quindi inefficaci) le strategiedi prevenzione per la salute della popolazione daattuarsi ai diversi livelli necessari.

Leggi e Normative

Lo sviluppo del processo normativo a livello siaorizzontale (tra fonti dello stesso rango) sia verticale(tra fonti di rango diverso) è avvenuto in manieradisarmonica. In maniera altrettanto disordinata siè sviluppato il sistema istituzionale, senza una pre-cisa ripartizione di competenze sia tra gli Enti del-l’amministrazione centrale (Ministero della Salute,Ministero dell’Ambiente e Ministero dello Svi-luppo Economico Settore Industria), sia nei rap-porti tra questi e gli Enti dell’amministrazione lo-cale (Regioni, Province, Comuni ed Enti ausiliari)e nazionale (es. l’INAIL, che dal maggio 2010 haassunto le competenze di ricerca dell’ex Ispesl).La complessità della normativa che si è stratificatanel tempo senza rispondere a un preciso principioordinatore, ponendo non pochi problemi in sededi applicazione e interpretazione delle norme vi-genti, richiama l’opportunità di un’opera di ra-zionalizzazione e semplificazione del sistema, chedi norma è realizzato attraverso la redazione diun Testo Unico, ipotesi che nello specifico ambitomerita di essere approfondita e verificata nella suafattibilità e utilità e che, se praticata, potrebbeandare a comporre una raccolta organica di nor-mative in materia. Al fine di porre rimedio a questo stato di cose lesoluzioni sono molteplici e con diverso grado diefficacia. A scopo esemplificativo si analizzano

due linee metodiche che il legislatore potrebbeseguire per dare attuazione all’imperativo dellasemplificazione.Si tratta di due linee estreme: la prima, che con-sente di mantenere in vita gran parte del sistemavigente, può essere definita “soft”; la seconda,quella radicale del riordino complessivo della ma-teria, può essere definita “hard”. Quanto alla prima metodica (soft), per uscire daquesta situazione il Gruppo di studio per la verificadello stato di attuazione, della rispondenza dellenorme relative alla cessazione dell’impiego del-l’amianto e per l’implementazione di azioni atteal loro completamento (istituito con DM 8 aprile2008) nel “documento conclusivo” del 20 ottobre2011 prodotto quale sintesi del lavoro compiutonel triennio di attività, ha ravvisato la necessità di“Realizzare una ricognizione completa delle nor-mative vigenti in materia di amianto in tutti icampi (sanitario, ambientale, produttivo ecc.) earmonizzarle in una raccolta organica che ne fa-ciliti l’individuazione, la lettura e l’applicabilità,in particolare per l’aspetto prevenzionistico, e per-metta un più agile aggiornamento”. Tuttavia, que-sta soluzione, per quanto tra quelle possibili e au-spicabili, proprio per le ragioni indicate nel “do-cumento conclusivo” del citato Gruppo di studio,non tiene conto che la complessità della normativain materia, ha poche possibilità di essere portataa livelli di razionalità con una semplice attività diraccolta delle disposizioni in un unico testo nor-mativo, ancorché coordinato.La seconda metodica (hard) è, con molta proba-bilità, la soluzione più efficace per dare ordinealla materia; lo strumento da utilizzare sarebbel’azzeramento di tutte le norme che non trovanouna loro collocazione ordinamentale all’internodi un settore omogeneo, a partire dalla stessaLegge 257/1992, ancora valida nei principi, mada revisionare in diversi punti.

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Di questa soluzione, che è quella auspicata, sipossono declinare, sul piano operativo, le lineefondamentali:• emanare una Legge-quadro che si limiti a sta-

bilire il sistema assiale, fissando i principi(obiettivi e finalità) o le norme generali rego-latrici della materia e definendo i settori al-l’interno dei quali le disposizioni specifichedevono essere declinate (sistema dei rinvii ecriteri di collegamento che consentano di re-perire agevolmente le norme sull’amianto neidiversi contesti);

• istituire sezioni apposite nei Testi Unici già esi-stenti, in particolare: inglobare nel D.Lgs.81/2008 tutte le norme che concernono la si-curezza sul lavoro e la tutela della salute dellecategorie professionali (rischio professionale);inglobare nel Codice dell’ambiente, all’internodi una sezione specifica che dia pari dignitàagli aspetti ambientali e sanitari (tutela dell’in-dividuo potenzialmente esposto, non solamentelavoratore), tutte le disposizioni che concernonola salvaguardia degli ambienti di vita;

• completare, per il resto, il quadro normativocon norme snelle, minime e senza sovraccarichi,utilizzando un linguaggio semplice e privo ditecnicismi superflui; in più procedere all’ema-nazione delle nuove norme solo dopo un’accu-rata analisi dell’impatto regolativo (AIR);

• disporre le misure per regolare la produzionenormativa successiva, soprattutto quella appli-cativa di natura regolamentare, in modo daassicurare coerenza logico-sistematica a tuttele disposizioni ed eliminare incongruenze eantinomie; valutare periodicamente l’impattoregolativo (VIR);

• verificare la possibilità di intervenire con fontidi produzione normativa atipiche per delegi-ficare la materia (tra le molte: regolare i rap-porti con le Regioni con Accordi-quadro; de-

finire disciplinari tecnici, best practices, modelliorganizzativi ecc.).

L’esigenza di coordinamento tra le fonti e di sem-plificazione della normativa pone a cascata unasimmetrica esigenza di razionalizzazione e omo-geneizzazione in altri due campi: quello procedi-mentale e quello istituzionale.

Identificazione degli esposti

Registri ex-esposti

Questa definizione riguarda coloro che hanno ces-sato l’esposizione lavorativa al momento dellamessa al bando dell’amianto con la Legge257/1992. L’identificazione nominativa dei lavo-ratori che appartengono a questa categoria puòessere operata mediante varie fonti non esisten-done un’omnicomprensiva per tutte le situazioni.L’INAIL possiede la lista dei soggetti per i qualiveniva pagato il sovrappremio asbestosi (ex DPR1124/165). INAIL e INPS possiedono la lista dicoloro ai quali sono stati erogati i benefici previ-denziali amianto ex art. 13 Legge 257/1992. Oltrea ciò esiste la possibilità di creare liste di ex-espostisu diretta richiesta degli interessati. Un esempioin tal senso è costituito dal sistema messo in attonella Regione Friuli. Venti anni dopo il bando dell’amianto, registrinominativi di ex-esposti ad amianto possono ser-vire in primo luogo per:• fornire agli operatori del Servizio Sanitario Na-

zionale uno strumento utile per riconoscere casidi malattia attribuibili all’esposizione ad amiantoe avviare la pertinente segnalazione all’AutoritàGiudiziaria e all’Istituto assicuratore;

• valutare il carico assistenziale creato dalle espo-sizioni ad amianto nel nostro Paese;

• identificare nominativamente persone asinto-matiche a test diagnostici per tumori polmonari

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e pleurici, se e quando saranno dimostrate tantol’efficacia di protocolli di screening oncologicoper modificare in positivo la storia naturale diquesti tipi di tumori quanto l’applicabilità deiprotocolli stessi a ex-esposti ad amianto.

Esistono poi delle stime del numero di espostiprima del bando; nell’ambito del progetto Carexsi dimensiona in 680.000 soggetti il numero diesposti ad amianto per l’Italia nell’ultimo periododi utilizzo del materiale. Un analogo esercizio distima ha valutato per la Regione Toscana, sullabase di una matrice comparto, mansione ed espo-sizione, in circa 30.000 i lavoratori esposti daldopoguerra fino al bando dell’amianto con esclu-sione del settore edile.Sarebbe poi opportuno giungere a un protocollocondiviso per la valutazione retrospettiva dell’espo-sizione in termini quantitativi, al fine di suddivi-dere gli ex-esposti in almeno tre classi (alta, media,bassa), basandosi su comparti produttivi di ap-partenenza, datazione e durata dell’esposizionee/o del periodo di lavoro, area geografica e stili divita (e in particolare abitudini al fumo). Tale sud-

divisione potrebbe rivelarsi utile per meglio pro-grammare protocolli differenziati di sorveglianzasanitaria e in occasione di studi epidemiologici. Nella Tabella 11.1 sono riportate l’identificazionedegli ex-esposti e le azioni per popolazione conpatologia asbesto-correlata.

Liste di esposti attuali

La normativa di recente emanazione include tuttii lavoratori impegnati nelle opere di bonifica inuna lista di potenzialmente esposti ad amianto.Questa lista nominativa è ricavabile dai dati inviatiannualmente alle Regioni dalle aziende di bonificain rispetto dell’art. 9 Legge 257/1992. La completaattuazione della norma in tutti i contesti regionalipotrà consentire l’analisi aggregata dei dati relativiagli attuali esposti. È attivo, inoltre, il sistema disorveglianza epidemiologica degli esposti tramiteun registro previsto dal D.Lgs. 81/2008 che il da-tore di lavoro è tenuto a istituire, compilare e tra-smettere ad ASL e INAIL e conservare per almeno40 anni. Il lavoratore che si trova nelle condizioni

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Tabella 11.1 Identificazione ex-esposti e azioni per popolazione con patologia asbesto-correlata

• Creazione di liste di ex-esposti ricavandole da banche dati esistenti (INAIL, INPS)

• Creazione di una rete di laboratori analisi fibre in liquidi e tessuti biologici

• Iscrizione nel registro ex-esposti su richiesta individuale

• Definizione di almeno 3 categorie di rischio per esposti (alto, intermedio, basso)

• Monitoraggio dell’incidenza delle patologie asbesto-correlate

• Attivazione di procedure di prevenzione primaria

• Disassuefazione al fumo e miglioramento dello stile di vita degli esposti

• Monitoraggio di eventuali campagne di screening, laddove indicate

• Coinvolgimento e formazione dei medici di medicina generale nella gestione degli esposti

• Supporto psicologico per gli ex-esposti, loro familiari e pazienti con patologie correlate

• Sviluppo di progetti di ricerca clinica e di base supportati da organi istituzionali

• Identificazione di Centri di eccellenza per il trattamento e la gestione delle patologie correlate

• Revisione dei criteri per la definizione del fondo per le vittime

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di esposizione a un livello superiore a 1/10 del va-lore limite deve essere incluso nel registro.

Previsioni nei prossimi anni per le patologie asbesto-correlate

Da un punto di vista di sanità pubblica vi è inte-resse a prevedere l’evoluzione dell’incidenza dimesotelioma al fine di instaurare adeguate misuredi contenimento dell’esposizione ad amianto o divero e proprio bando. Negli Stati Uniti e in Svezia,dove i consumi di amianto sono diminuiti piùprecocemente, si assiste già a una diminuzionedei tassi di mortalità e di incidenza. In Paesi comeOlanda o Gran Bretagna, invece, la frequenza delmesotelioma è ancora in crescita, pur con un pos-sibile rallentamento. Laddove i consumi sono cre-sciuti, come nei Paesi in via di sviluppo, le limitatestatistiche disponibili suggeriscono che l’epidemiasia attualmente al suo esordio. Dalle prime proiezioni pubblicate per l’Italia ri-guardanti la mortalità per tumori maligni dellapleura fra gli uomini, è stato previsto un picco dicirca 1000 decessi l’anno tra il 2010 e il 2020, se-guito da un declino relativamente rapido. Ungruppo di lavoro del ReNaM ha confrontato i ri-sultati di due diversi modelli di previsione dellafutura mortalità per tumore maligno della pleurain Italia negli uomini, prevedendo un picco dicirca 800 decessi l’anno dal 2015 al 2019, seguitoda un declino relativamente rapido. Il secondomodello, del tutto differente, era basato sul con-sumo di asbesto pro-capite, definito dal bilanciotra produzione, importazione ed esportazione an-nuali, prevedendo un picco di poco più di 800decessi l’anno dal 2012 al 2025, seguito da un ra-pido declino. Dati di incidenza forniti dalla reteeuropea dei registri tumori sono stati utilizzatiper calcolare la variazione annuale media dei tassidi incidenza per Paese negli uomini. La variazione

annuale media nel periodo 1988-1997 nelle areeservite dal pool dei registri tumori italiani è risul-tata del 3,2% l’anno, mentre nelle altre popola-zioni europee era compresa tra 0,2% e 6,5%. Lavariazione annuale media era inversamente pro-porzionale all’anno di adozione di misure di bandoall’uso dell’amianto nei diversi Paesi. Nella lettura di questi risultati occorre comunquericordare due importanti limiti: le stime sono me-die nazionali e non considerano specificamentegruppi di popolazione in aree caratterizzate daparticolari condizioni di esposizione; inoltre, lestime per l’Italia sono limitate ai dati di mortalitànegli uomini e ai casi a localizzazione pleurica.Le stime convergono verso un picco di occorrenzache è stato raggiunto, o sta per esserlo, e un de-clino marcato a partire dal 2015-2020.

Gestione delle patologie asbesto-correlate

Prevenzione primaria e secondaria

La prevenzione primaria e secondaria del mesote-lioma e delle patologie asbesto-correlate è un pro-blema di notevole rilevanza attuale in Italia e indiversi Paesi dell’Europa e del mondo. A causadel grande utilizzo passato di amianto, della lungalatenza delle malattie asbesto-correlate e della pre-senza del materiale ancora in grandi quantità neiluoghi in cui non si è provveduto alla bonifica eallo smaltimento, anche in ambienti di vita e dilavoro, il tema della sorveglianza e della preven-zione dei rischi derivanti dall’esposizione adamianto a livello ambientale e lavorativo è unproblema molto importante e di estrema attualità. Per quanto riguarda la prevenzione primaria, illegislatore ha provveduto all’emanazione di nor-mative atte a limitare l’inquinamento da amiantoe l’esposizione a esso nell’ambiente di vita; l’ap-plicazione di tali normative ha garantito una ri-

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duzione dell’esposizione e con diversi periodi dilatenza comporterà una riduzione degli effetti in-dotti dal materiale sulla salute. Tuttavia, un pro-blema rilevante in termini di rischio per la saluterisiede ancora nella diffusa presenza di materialicontenenti amianto; secondo i dati forniti dalCNR, a oggi rimangono 32 milioni di tonnellatedi cemento-amianto da bonificare.La prevenzione primaria si può avvalere, oltre chedi interventi sull’ambiente, anche di interventi alivello individuale, quali l’informazione/formazionedei lavoratori esposti, ma anche della popolazionegenerale; quest’ultimo intervento preventivo nonè tuttavia esente da criticità per la sua complessitàe perché occorre trovare un equilibrio tra il fornirenozioni precise e di utile impiego nella vita quoti-diana e il creare situazioni di allarme che possanocondizionare negativamente la qualità di vita delsoggetto destinatario di tali informazioni.

Recentemente si è sviluppata un’intensa attivitàdi ricerca riguardante una prevenzione primariarivolta a interventi di chemioprevenzione, tuttaviasono necessari ulteriori studi in merito che ne va-lutino l’eventuale validità e applicabilità.Va comunque ricordato che a causa dell’aumen-tato rischio di sviluppare tumori polmonari neifumatori esposti ad amianto, un’importante cam-pagna di disassuefazione al fumo andrebbe forte-mente supportata, possibilmente con un coinvol-gimento attivo dei medici di medicina generale.Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, ledue più importanti patologie asbesto-correlatesono il mesotelioma e il tumore al polmone. Tut-tavia, a oggi non vi è nessun test, che da solo o incombinazione con altri, possa essere utilizzato percampagne di prevenzione secondaria che possanoessere avviate a livello di popolazione, e solo ulte-riori ricerche sono indicate in questo settore.

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Ministero della Salute

Tabella 11.2 Proposte operative per la lotta all’amianto in Italia

• Semplificare le Leggi e le Normative sull’amianto

• Proseguire l’attività di vigilanza nei cantieri di bonifica e sull’ambiente

• Favorire la comunicazione telematica tra bonificatori – ASL e ARPA (Piani di lavoro e Art. 9)

• Istituire il fascicolo di fabbricato per la presenza di amianto negli edifici nelle operazioni di compravendita

• Verificare le priorità per la bonifica dei 373 siti a rischio 1 ex DM 101/2003

• Controllare la qualità delle analisi dei laboratori

• Introdurre il Divieto Utilizzazione indiretta, definendo date differenziate per tipologia di materiale

• Incentivare l'eliminazione delle coperture (es. fotovoltaico in Toscana)

• Standardizzare a livello nazionale l’organizzazione della microraccolta nei singoli Comuni

• Completare la mappatura per la stima delle volumetrie necessarie per lo smaltimento

• Attivare lo smaltimento dei rifiuti nel territorio della Regione che li origina

• Identificare cave dismesse e miniere esaurite da riqualificare a discarica

• Defiscalizzare al 55% le procedure di bonifica e smaltimento

• Definire il Tariffario ufficiale per procedure di bonifica e smaltimento

• Incentivare la ricerca su procedure di inertizzazione

• Favorire la ricerca su metodi di riduzione dei volumi dei rifiuti da collocare in discarica

• Attuare la revisione dei disciplinari tecnici per la bonifica e lo smaltimento dei rifiuti

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Negli esposti ad amianto e fumatori, una campa-gna di screening con TC spirale annuale potrebbeassumere una certa rilevanza, anche se forse unaconferma dei dati sarebbe auspicabile prima del-l’utilizzo su scala generale.Nella Tabella 11.2 sono riportate le proposte ope-rative per la lotta all’amianto in Italia.

Malattie oncologiche asbesto-correlate

Negli ultimi anni si è assistito a un miglioramentodel trattamento e della prognosi del mesotelioma.Buona parte di questi risultati è ascrivibile all’in-troduzione di nuovi farmaci chemioterapici, co-stituendo al momento la terapia medica il puntodi riferimento nel trattamento di tale patologia. La scelta della procedura chirurgica più idonea èinvece materia complessa, che poggia su algoritmidecisionali lontani dall’essere standardizzati. Leevidenze pubblicate in letteratura riguardanti lapossibile superiorità di uno dei due principali tipidi interventi con intento radicale (EPP e pleurec-tomia/decorticazione, sia essa estesa o meno) for-niscono dati contrastanti. In particolare, il quesito fondamentale sul ruolodella chirurgia, della radioterapia e della loro com-binazione nel trattamento locoregionale del me-sotelioma pleurico rimane del tutto irrisolto. Larelativa rarità della malattia e la mancanza di co-ordinamento tra le poche realtà che a livello na-zionale sono in grado di offrire un elevato livellodi competenza in tutti gli aspetti diagnostici e te-rapeutici hanno finora reso difficile perseguire eraggiungere qualsiasi obiettivo di ricerca clinica esperimentale.Al momento, si avverte l’urgenza di un sistema distaging specifico e accurato, della definizione diparametri diagnostici che permettano un miglioreinquadramento preoperatorio dei pazienti e del-l’individuazione di fattori prognostici determi-

nanti che possano contribuire alla scelta dell’iterpiù appropriato. In assenza di tali elementi, è opportuno che iltrattamento chirurgico del paziente affetto daMPM venga stabilito da equipe specialistiche mul-tidisciplinari che abbiano esperienza specifica nelcampo, che l’atto operatorio venga condotto daun chirurgo esperto in un Centro di riferimentoe che l’assistenza postoperatoria sia altamente spe-cializzata.Tuttavia, vanno definite delle priorità di ricerca eun’adeguata organizzazione, che consentano in fu-turo di soddisfare almeno alcune delle fondamen-tali e legittime esigenze di protezione della salutenegli esposti ad amianto e di trattamento ottimalenei pazienti affetti da mesotelioma pleurico.

Malattie non oncologiche asbesto-correlate

Accanto al mesotelioma e al carcinoma polmonare,sono stati individuati alcuni caratteristici quadrimorbosi, conseguenti all’esposizione all’asbesto,ma di natura non neoplastica. Essi comprendono:asbestosi, pleurite essudativa acuta e cronica, plac-che pleuriche e ispessimento pleurico diffuso ebroncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).Poiché la dimensione epidemiologica di tali pato-logie, che possono rimanere a lungo silenti, è spessosottostimata, è necessario che i criteri diagnosticisiano ulteriormente affinati e standardizzati.Benché la TC a basse dosi abbia già dimostratoun’indubbia utilità rispetto alle indagini radiologi-che convenzionali, per la diagnosi delle patologiepleuriche e polmonari sia neoplastiche sia non tu-morali il suo ruolo nei programmi di sorveglianzadei soggetti esposti singolarmente all’asbesto o conesposizioni multiple (come per esempio al fumo disigaretta e all’asbesto) dovrà essere meglio definitoper migliorare la prognosi dei pazienti e ottimizzareil rapporto costi/benefici per la collettività.

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Un’altra esigenza acutamente avvertita nei pro-grammi di sorveglianza sanitaria degli ex-espostiè quella di evitare disparità e incongruenze neiprogrammi elaborati dalle singole Regioni, favo-rendo l’adozione di sistemi di sorveglianza omo-genei e possibilmente univoci.È importante infine sottolineare la necessità disviluppare protocolli terapeutici di accertata effi-cacia, basati sulla migliore combinazione dei far-maci da tempo disponibili quali corticosteroidi,immunosoppressori e broncodilatatori, ma anchesull’introduzione di nuove molecole e nuovi ber-sagli, tra i quali, in particolare, i modulatori dellaflogosi e della risposta immunitaria. Tali innova-zioni terapeutiche potranno verosimilmente esseretanto più rapide e affidabili quanto prima saràpossibile mettere a punto idonei modelli speri-mentali di asbestosi.

Ruolo del medico di medicina generale

L’attività dei medici di medicina generale (MMG)prevede, a livello regionale e con ovvie ricadute alivello di ASL, la definizione di specifici obiettivi,tra i quali dovrebbero essere introdotte la forma-zione in merito al rischio e alle patologie asbesto-correlate e la gestione di specifiche iniziative diinformazione alla popolazione.Per quanto riguarda la formazione, andrebberoimplementati programmi e procedure che per-mettano al MMG di:• lavorare in rete con quegli operatori di 2° livello

che hanno competenze specifiche in medicinadel lavoro al fine di definire con appropriatezza,nel caso di sospetta esposizione, il rischio disviluppare quelle patologie la cui dipendenzadall’amianto è oggi riconosciuta;

• acquisire le più recenti conoscenze in meritoall’appropriatezza e ai limiti delle metodichedi diagnosi precoce, alle prospettive terapeuti-

che delle patologie neoplastiche, con partico-lare riguardo al mesotelioma, agli aspetti me-dico-legali di denuncia obbligatoria e del rela-tivo indennizzo.

Tale percorso formativo, oltre a essere coerentecon le esigenze dell’“emergenza amianto”, po-trebbe contenere elementi di metodo, utili a im-plementare in modo efficace la cultura del pro-fessionista sul rischio lavorativo e ambientale.In considerazione degli elevati livelli di informa-tizzazione dei MMG, forse unici in tutto il Servi-zio Sanitario Nazionale, tale formazione potrebbeessere fruita anche in modalità FAD (Formazionea Distanza), magari per il tramite della piattaformaFadInMed, realizzata in collaborazione tra Mini-stero della Salute, FNOMCeO e IPASVI. Talepiattaforma ha dimostrato di poter coinvolgere, afronte di costi modesti, un numero elevato diprofessionisti, come è avvenuto, per esempio, peri corsi sul rischio clinico.Le Regioni dovrebbero introdurre analoghi con-tenuti formativi nella programmazione dei corsidi formazione specifica in Medicina Generale.Dal punto di vista assistenziale, inoltre, andrebbeprevista in tutte le realtà regionali una rete di do-miciliarità e di supporto alla cronicità che consentaal MMG di gestire le patologie neoplastiche enon neoplastiche da amianto, anche in fase avan-zata, in una strategia di deospedalizzazione, ga-rantendo un reale supporto di vicinanza e di in-tegrazione con l’ambiente di vita e familiare.Infine, non va trascurato il ruolo che il MMG po-trebbe avere nello stimolare stili di vita adeguati,con particolare riguardo alla disassuefazione al fumo.

Ricerca clinica

Il mesotelioma pleurico è una malattia la cui pro-gnosi rimane ancora oggi infausta nonostante imiglioramenti ottenuti negli ultimi anni e rap-

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Ministero della Salute

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presenta un campo di crescente interesse per lacomunità scientifica.I ricercatori italiani hanno attivamente contribuitoallo sviluppo di nuove molecole, così come alladefinizione di parametri prognostici e predittividi risposta ai trattamenti medici.Restano comunque da implementare protocollidi ricerca preclinica che possano fornire un ade-guato background allo sviluppo di nuove modalitàdiagnostiche e terapeutiche.Il campo di maggiore interesse scientifico rimanecertamente quello della definizione dell’approcciochirurgico ottimale, più o meno demolitivo, masoprattutto dell’integrazione della chirurgia conle altre specialità, quali radioterapia e terapia me-dica, in una gestione multimodale del pazientecon malattia in fase locoregionale. In tal senso sarebbe fortemente auspicabile unimpegno comune collaborativo dei Centri di ec-

cellenza con maggiore esperienza e casistica sulmesotelioma, per “costruire” protocolli innovativicon quesiti scientificamente interessanti, ma so-prattutto con un rapido ritorno nella pratica cli-nica comune.Inoltre, lo sviluppo di nuove tecniche chirurgiche,la disponibilità di apparecchiature radioterapichesempre più sofisticate e l’immissione in commer-cio di sempre più farmaci sia chemioterapici sia abersaglio molecolare rappresentano un presuppo-sto estremamente interessante per sperare in unsignificativo miglioramento della prognosi di talipazienti.Un intervento a sostegno di una ricerca coopera-tiva, supportata dal Ministero della Salute, diret-tamente o tramite l’Agenzia Italiana del Farmaco(AIFA), e dal Ministero dell’Istruzione dell’Uni-versità e della Ricerca potrebbe rappresentare ilvolano per facilitare l’avvio di tale collaborazione.

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