Punto di vendita e prodotto: progettare una nuova simbiosi negli spazi retail

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Il prodotto e il punto di vendita Estratto da Largo Consumo n. 6/2015 © Editoriale Largo Consumo srl Come cambiano gli store concept alla luce della rivoluzione in atto? E di conseguenza, come cambia il rapporto tra prodotto e ambiente commerciale? ASSORTIMENTI E PDV I FORUM DI LARGO CONSUMO

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Come cambiano gli store concept alla luce della rivoluzione in atto?E di conseguenza, come cambia il rapporto

tra prodotto e ambiente commerciale?

ASSORTIMENTI E PDV

I FORUMDI LARGO CONSUMO

nalità è richiesta oggi agli addetti vendita?Su questi temi Largo Consumo, in collaborazione con SDA

Bocconi, ha organizzato a Milano il gruppo di discussione“Punto di vendita e prodotto: progettare una nuova simbiosinegli spazi retail”, moderato dal nostro giornalista ArmandoGarosci, al quale ha partecipato un panel di grandi aziende delmondo retail e dell’industria.

SDA BOCCONI: IL PDV COME LUOGO ESPERIENZIALEAprendo il dibattito, Karin Zaghi, docente dell’area marke-

ting della SDA Bocconi School of Management, ha invitato ariflettere sul ruolo del punto di vendita, dicendosi sempre piùconvinta del fatto che “ormai si entra in negozio non tanto peracquistare, quanto per fare un’esperienza. Il pdv da macchinaper vendere si sta trasformando sempre più in luogo relaziona-le, dove il consumatore deve innanzitutto sentirsi a proprio agioper poi interagire con l’offerta e con il personale”.Dalla cultura del prodotto si sta passando alla cultura del-

l’esperienza: i retailer devono concentrarsi non più solo sul pro-dotto, ma sul punto di vendita e sul cliente, che non è chi acqui-sta tout court, ma chi entra in negozio. Senza dimenticare che “ilpdv parla anche all’esterno, attraverso le vetrine, che rappresen-tano un elemento decisamente importante”. Il pdv assume quin-di un ruolo centrale nell’interazione con il cliente, che il retailpuò conoscere meglio anche avvalendosi degli strumenti che latecnologia gli mette a disposizione.Un altro tema di fondo è quello dell’assortimento, che secon-

do Zaghi “va assolutamente razionalizzato. Oggi, sugli scaffalinon è più importante esserci, bensì essere visibili: ecco perchéval la pena ridurre il numero di prodotti e valorizzare quelli sucui si punta. Non a caso, le industrie diminuiscono gli investi-

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Il prodotto e il punto di venditaASSORTIMENTI E PDV

Come cambiano gli store concept alla luce della rivoluzione in atto?E di conseguenza, come cambia il rapporto tra prodotto e ambiente commerciale?

di Ida Ciccone e Armando Garosci

I FORUM

DI LARGO CONSU

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�Approfondimenti: http://tinyurl.com/LayouteFormat

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Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti allatavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo

n consumatore entra in un negozio di elettronica, guar-da un prodotto ed estrae il suo smartphone. Cerca lascheda del prodotto on-line, e trova che il modello è di-sponibile altrove a un prezzo più basso. Oppure, che

esiste sul mercato un modello più adatto alle sue necessità, manon nello store in cui si trova. Un altro consumatore entra in li-breria o in un negozio di mobili, vede che è quasi ora di pran-zo e decide di sedersi nell’area ristorazione. Un ristoratore de-ve approvvigionarsi dal proprio grossista alimentare, ma ha po-co tempo. Così prende appuntamento con il caporeparto viaapp, va al cash&carry e visita il banco servito. Non carica lamerce, ma se la fa consegnare al proprio ristorante. Un iper-mercato tenta di rilanciare il proprio assortimento di abbiglia-mento, adottando i linguaggi delle insegne pronto moda, i qua-li sono il benchmark nelle aspettative dei clienti.Quale ruolo riveste il punto di vendita fisico nella pro-

spettiva multicanale? Come stanno cambiando i format, edi conseguenza gli assortimenti? Quando il consumatorevuole esperienza in store? E quando, al contrario, vuolefunzionalità e convenience? Come la tecnologia può libera-re il potere della scelta del consumatore? Quale professio-

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• La concezione dei moderni spazi retail tra funzionalità ed espe-rienzialità;

• Le sfide di performance nel merchandising: dal sell in al sell out; • L’integrazione delle tecnologie digitali nell'interazione con i prodotti; • Pick up store, showrooming e altre dinamiche omnicanali: comeevolve il punto di vendita;

• Il ruolo delle risorse umane nella mediazione tra cliente e prodotto.

I temi della tavola rotonda

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menti in comunicazione istituzionale, a favore delle attivitàdi in-store marketing”. I valori della marca si devono perce-pire chiaramente sul punto di vendita, mentre spesso vengo-no sviliti.“Se il pdv deve diventare un luogo relazionale – ha concluso

Zaghi – allora la relazione industria/distribuzione si deve basaresu quello che è il vissuto del cliente: oggi sell out vuol dire ra-gionare su come far vivere i prodotti, le marche e il pdv nel suocomplesso. Una partnership che non può più prescindere dallacondivisione dei dati sulle performance”.

FELTRINELLI RED: DIVERSIFICARE CON IL FOODDa anni il mercato dei libri è in contrazione, complici so-

prattutto la crisi economica, le vendite online e la demateria-lizzazione del libro. Claudio Baitelli, responsabile RED Fel-trinelli, confermando che la mission del Gruppo resta ovvia-mente quella di produrre e divulgare contenuti editoriali tran-smediali (dal libro alla TV) per un pubblico molto fidelizzato,ha illustrato la strategia di diversificazione della società e, inparticolare, la filosofia del format RED, che propone libreria eristorazione in un unico spazio.“Siamo partiti dall’idea di fornire al nostro pubblico (50 mi-

lioni di ingressi all’anno, di cui 6 milioni di clienti unici, ndr)una nuova piacevole esperienza che potesse essere affiancata aquella di acquisto dei libri, senza intaccarla. Abbiamo indivi-duato nella ristorazione una possibile fonte di traffico all’in-terno dei punti di vendita. La prima decisione è stata quella dinon cercare un partner specializzato, fenomeno diffuso inAmerica, ma di internalizzare la parte food: non volevamocorrere il rischio di racchiudere nello stesso luogo due animedifferenti, puntando a integrare al meglio le due attività, tra-smettendo così anche l’idea di una proposta taylor-made ge-stita direttamente”. Al momento il format RED è attivo a Mi-lano, Firenze e Parma: il cammino è ancora agli inizi, ma i pri-mi risultati si vedono e sono incoraggianti. “E’ giusto studiaresempre nuove categorie merceologiche da aggiungere, senza

dimenticare la nostra vocazione ‘librocentrica’. Mentre la car-ta fedeltà – ha spiegato Baitelli – porta le persone in libreriapoche volte l’anno, la possibilità di mangiare nello stesso luo-go, da solo o con la famiglia, lo spinge a frequentare i puntivendita un numero maggiore di volte”.Nel frattempo, Feltrinelli opera su altri fronti: resta viva la

necessità di rivalutare il ruolo del libraio, che fa la differenza edà senso al recarsi in libreria, come importante momento di in-contro con la cultura.

UNIEURO: IL DIGITAL AL CENTRO DELLA STRATEGIALuigi Fusco, chief operating officer di Unieuro, storico

brand che conta 172 pdv diretti, 8 “travel” negli aeroporti e250 tra affiliati e partner, ha esordito ammettendo che “in Ita-lia abbiamo una scarsa cultura del retail e siamo molto piùorientati al prodotto. Le catene di distribuzione parlano di cu-stomer centri city, ma alla fine si concentrano sulla vendita deiprodotti. Per quanto ci riguarda, abbiamo appena rilanciato ilmarchio: adesso dobbiamo ripensare l’azienda. I clienti stannoapprezzando i nostri sforzi recenti, ma i nostri negozi sono an-cora un grande patchwork e dobbiamo lavorare affinchè di-ventino innanzitutto luoghi dove i consumatori possano passa-re piacevolmente del tempo, accolti e assistiti da personale benaddestrato, competente e gentile. Il compito del retailer è in-centivare gli addetti di pdv anche attraverso incentivi, econo-mici e non”.Se il canale fisico per Unieuro ricopre ancora un ruolo im-

portante e una potenzialità di sviluppo – con superfici medieideali tra i 1000 e i 1500 mq – al centro della strategia dev’es-serci il digital: “Non esiste più differenza tra consumatore on li-ne e off line: dobbiamo considerare che il cliente elabora la pro-pria decisione di acquisto raccogliendo informazioni in un’areasia fisica che virtuale e il retailer deve essere in entrambi i luo-ghi. Essere multicanale vuol dire prima di tutto esserci, farsivedere dal consumatore in cerca di opportunità, intese non sol-tanto come offerte economiche, ma anche in termini di gratifi-cazione, comodità ed efficienza”. Un tema non secondario peruna catena come Unieuro, infine, è lo shop in shop. Come vie-ne vissuto dai retail e dai clienti? “Lo shop in shop non condi-ziona – ha sottolineato Fusco – il customer journey e non in-tacca la cultura del retail, ma se ben gestito può essere un valo-re aggiunto perché rappresenta una congiunzione tra marca eretail dalla quale ne escono entrambe rafforzate. L’importanteè non realizzarlo solo per questioni istituzionali e poi trascura-re e abbandonare lo spazio”.

METRO PUNTA SULL’EFFICIENZA Le nuove esigenze dei consumatori vanno soddisfatte e i

distributori per ottenere performance positive devono adat-tarsi alle richieste del mercato. Ne è consapevole Alessan-dro Urbani, head of business development di Metro, attivoin Italia con 48 pdv. “La catena che ha fondato il proprio suc-cesso sul formato del cash and carry, per avvicinarsi ai clien-ti propone oggi nuovi servizi, per esempio offrendo loro lapossibilità di formulare un ordine di acquisto on line oltreche tramite venditore e farsi recapitare la merce”. Metro vuo-le quindi fornire un’esperienza di acquisto “veloce, efficien-te ed efficace, in grado di rispondere alle esigenze del canalehoreca, dove operano anche piccoli imprenditori che hannosempre meno tempo per spostarsi dalla loro attività per an-dare a fare la spesa”.Per far fronte a questo tipo di esigenze, il grossista punta

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I partecipanti alla tavola rotondaazienda funzione nome

SDA Bocconi Docente Area Marketing Karin Zaghi Auchan Responsabile Progettazione Serge Sala

CommercialeAutogrill Visual Merchandising e Domenico Cirillo

Space Allocation ManagerCarrefour Visual Merchandising Manager Tessile Domenico DascanioCrai Direttore Marketing e Format Mario La ViolaDanone Head of Trade Marketing e Fabrizio Sforza

Shopper ActivationThe Walt Disney Head of Shop in Shop Development Sabina CorossacsCompanyAccenture Responsabile Sviluppo Prodotto e Operation Ariano ArbolettiDassault Systèmes Sales Director Marcello FerreroFeltrinelli Responsabile RED Claudio Baitelliillycaffè Manager Development e Walter Tamaro

New TechnologiesLavazza Head of Marketing Retailing Gloria BagdadliLimoni La Gardenia Sales and Merchandising Director Pascal BrochoireMetro Italia Head of Business Development Alessandro UrbaniUnieuro Chief Operating Officier Luigi FuscoFHP Vileda Country Manager Italia Fiorello Bianchi

Servizio fotografico: Diana Lapin - Servizio video: Koiama

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sempre più su spaziespositivi di dimensio-ni minori rispetto alpassato e sulla razio-nalizzazione dell’of-ferta. “Stiamo studian-do la riorganizzazionedelle superfici - spiegaUrbani - in modo daoffrire un servizio piùfocalizzato sulle esi-genze dei clienti. In ta-le ottica, all’internodei punti di venditastiamo dando maggio-re spazio al serviziodelivery e investendosu soluzioni verticali in cui i prodotti sono esposti in base allafinalità d’uso, divisi per specifiche esigenze: per esempio, tut-to il necessario per la pizzeria o l’aperitivo che riscuote note-vole favore in questo periodo”. Tale riorganizzazione consen-te ai clienti non soltanto di risparmiare tempo, ma anche di tro-vare nel negozio una fonte di ispirazione per la loro attività.Cambiano la logistica e l’organizzazione dello store e si crea-no aree di formazione in cui tenere corsi a pagamento per i pro-fessionisti, realizzati da Metro con partner accreditati. Il grup-po distributivo rispetta così la logica di “puntare non solo suiprodotti, ma prestare maggiore attenzione a tutti gli aspetti chepossono essere affiancati alla merce. “Tutto questo – concludeUrbani – implica anche una forte attenzione alla crescita pro-fessionale del personale, che deve essere in grado di forniretutte le informazioni utili sui prodotti offerti”.

CARREFOUR RIPENSA IL TESSILE-ABBIGLIAMENTOSull’importanza di cambiare a livello strutturale i pdv alla

luce delle esigenze dei clienti si sofferma anche DomenicoDascanio, visual merchandising manager tessile di Carre-four: «Oggi i consumatori a differenza di alcuni anni fa nonsono più disposti a fare la fila in macchina per entrare in unipermercato e spendere una certa cifra per riempire un car-rello». Alla luce di tale constatazione, è evidente che l’espe-rienza dello shopping va resa più fruibile e piacevole, cer-cando di stupire il cliente in modo inaspettato con iniziativeche cambiano di volta in volta «facilitando l’ingresso neipunti di vendita, a cominciare dall’accoglienza al parcheggioe dalla realizzazione di ingressi diversi per differenti areemerceologiche, fino all’abolizione dei percorsi obbligati ealla costruzione di aree tematiche». Considerato che i consumatori sono sempre più attenti ai

suggerimenti della moda e che il motore di attrazione all’in-terno delle gallerie commerciali è rappresentato dall’abbi-gliamento, «Carrefour ha posto maggiore attenzione a que-sto comparto – ha spiegato Dascanio – creando mondi in cuiil consumatore possa ritrovare le stesse attenzioni e atmosfe-re del negozio specialistico, come il mondo jeans, il mondocasual-urban e inserendo nell’offerta della divisione lingerieprodotti più modaioli e colorati». Innovare lo spazio, render-lo più leggibile, inserire prodotti più trendy e comunicare inmodo semplice e chiaro l’offerta rappresentano per Dascanioi fattori di successo del cambiamento in atto per i retailer chesi pongono in competizione con i negozi specializzati. Suquesto tema, il manager di Carrefour ha puntualizzato che,«a differenza dei negozi monomarca, in cui i commessi spes-

so sono presenti e af-fiancano il cliente, ne-gli ipermercati si trovaun’assistenza di tipopiù discreto perchétutte le informazionisui prodotti utili alconsumatore per effet-tuare una scelta ven-gono comunicate tra-mite una cartellonisti-ca semplice ed effica-ce, il che dà più auto-nomia al cliente». E irisultati positivi si ve-dono: i consumatorimostrano di apprezza-

re questo nuovo approccio al visual merchandising e all’as-sortimento.

ACCENTURE: CONIUGARE INNOVAZIONE E BUSINESSIn una fase di profonda evoluzione dello scenario, retail e in-

dustria spesso si avvalgono di partner come Accenture – glo-bal player specializzato in consulenza direzionale, servizi tec-nologici e outsourcing – per disegnare le loro strategie. Lamultinazionale supporta con le proprie competenze le aziendedi oggi nel sempre più indispensabile processo di trasforma-zione digitale del business.“Oggi i clienti – ha spiegato Ariano Arboletti, responsabi-

le sviluppo prodotto e operation Accenture Italia – ci chiedononon tanto di fornire loro tecnologia innovativa in sè, quanto dicalarla in un processo di business, al fine di migliorare le per-formance e ridurre i costi. Per questo abbiamo creato una retedi centri in tutto il mondo, di cui uno a Milano, l’AccentureCustomer Innovation Network, un laboratorio a supporto del-l’innovazione digitale, dove le aziende possono non solo spe-rimentare soluzioni innovative, ma soprattutto apprendere itrend di consumo più attuali ed individuare le opportunità chesi possono poi tradurre in servizi a valore aggiunto per i loroconsumatori. Le aziende, insomma, sono ansiose di progetta-re, ma non sempre l’esecuzione è all’altezza degli obiettivi.“Da una nostra indagine condotta a livello globale tra circa100 grandi aziende è emerso che solo il 16% dei progetti diimplementazione abilitati da tecnologie avanzate è stato disuccesso. La principale area per garantire la riuscita di un pro-getto sono le persone: i cambiamenti coinvolgono la maggiorparte delle funzioni aziendali, ragion per la possibilità di con-tare su persone preparate, in grado di muoversi in modalitàcross funzionale è determinante. Arboletti ha concluso ammo-nendo sull’importanza strategica di un altro elemento “Neiprogetti di sviluppo una fase che molto spesso manca è quelladel monitoraggio dei risultati di business. Soltanto quest’ulti-ma consente di osservare le risposte ai cambiamenti e ritarareil percorso in modo opportuno qualora ve ne fosse necessità”.

DASSAULT SYSTÈMES SIMULA L’ESPERIENZA IN 3DDassault Systèmes è un partner tecnologico di Accenture:

il gruppo francese da 30 anni è attivo nel mondo delle solu-zioni software e 3D. Proprio grazie alla 3D Experience Plat-form, Dassault Systèmes aiuta le aziende non solo a proget-tare il prodotto, ma anche l’esperienza da proporre al clienteall’interno del pdv. “I nostri servizi tecnologici – ha esordito

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Da sinistra, Claudio Baitelli (Feltrinelli), Luigi Fusco e Paolo Botticelli (Unieu-ro),Alessandro Urbani (Metro), Domenico Dascanio (Carrefour), Ariano Arboletti(Accenture) e Marcello Ferrero (Dassault Systèmes).

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il sales director Marcello Ferrero – permettono di simularein tre dimensioni lo store, lo spazio, lo scaffale e quindi diimmaginare il prodotto già virtualmente inserito nel pdv.Questo consente al produttore di ideare e realizzare il pro-dotto proprio in funzione del concept in cui sarà esposto”.Grazie al 3D, in sostanza, si possono abbattere le barriere tracreatività del prodotto e creatività del pdv. Dassault Systè-mes crede nell’importanza dell’esperienzialità: basti pensaread alcune acquisizioni: dall’azienda specializzata in giochi3D e riconvertita alla produzione di software di realtà virtua-le molto immersiva per stimolare il retailer a disegnare puntivendita più evoluti, alla tecnologia di rendering utilizzata peresempio da Adidas per gli interactive wall dei suoi negozi. La tecnologia mette le aziende anche in condizione di inte-

grare l’effetto scenico dell’anteprima 3D con i dati di sell-out reali. “Possiamo connettere tutti i sistemi aziendali e ve-dere in tempo reale l’andamento delle vendite, osservandol’effetto di una modifica virtuale all’assortimento o una rial-locazione dello spazio”. Il 3D aiuta anche in tema di localizzazione e quindi di in-

terazione più diretta con i consumatori: una problematica ti-pica delle multinazionali e legata anche a esigenze culturali esociali locali. “Un esempio di successo riguarda un granderetailer francese, che studia i format standard e li rende di-sponibili, con una soluzione cloud based, alle realtà locali,che li possono personalizzare, con ottimi risultati in terminidi efficienza e di business”.

ILLY INNOVA GUSTO E PRODOTTO Walter Tamaro, manager development and new technolo-

gies di illycaffè, ha introdotto il tema dell’innovazione, illu-strando come l’azienda triestina la sviluppa dal punto di vi-sta sia del prodotto che del processo industriale. illy ha mes-so a punto un processo per canalizzare al meglio le informa-zioni provenienti da clienti e consumatori ed essere così ingrado di elaborare richieste, idee e proposte rispondendoprontamente.“illy ha sviluppato tre delle sette più importanti innovazio-

ni nel mondo del caffè del secolo scorso: la prima macchinada caffè espresso come lo intendiamo oggi, la conservazionedel caffè e del suo aroma con la pressurizzazione, l’indu-strializzazione della cialda. Recentemente abbiamo svilup-pato il sistema Iperespresso, che permette di avere una qua-lità in tazza superlativa e paragonabile a quella del bar”. Equali sono le direttrici di innovazione per il futuro? “Dalpunto di vista del gusto e degli aromi ci stiamo muovendoverso caffè altamente ricercati per provenienza e caratteriz-zati da particolari qualità organo-lettiche. Per quanto concerne ilpackaging, “ci muoviamo nel-l’ambito del processo produttivoe del prodotto. Per esempio, ab-biamo creato un refill dell’iconi-co barattolo metallico che per-mette di mantenere freschezza earomi aiutando anche l’ambiente.In questo caso la richiesta è venu-ta proprio da consumatori attentialla salvaguardia dell’ambiente edesiderosi di riutilizzare un otti-mo contenitore evitando la sensa-zione di spreco che si ha nel but-tarlo. Sempre ponendo attenzione

all’eco-sostenibilità, stiamo studiando il monoporzionato,composto da elementi bio, compostabili o facilmente smal-tibili”. Ma sempre nell’ottica di deliziare il consumatorecon un caffè perfetto.

LAVAZZA FA BRAND BUILDING ALL’ESTERODell’innovazione nel mondo del caffè ha parlato anche

Gloria Bagdadli, head of marketing retailing di Lavazza, af-fermando che è un aspetto molto sentito nell’azienda torine-se. L’intuizione di creare un blend di caffè diversi e quella diideare un pacchetto confezionato sono esempi storici delleinnovazioni adottate da Lavazza. Confermato che l’azienda torinese guarda sempre al futuro

ed è già nello spazio con la macchina ISSpresso realizzata incollaborazione con Argotec, Bagdadli si è soffermata suun’altra importante area di attenzione: lo sviluppo del cana-le retailing, che conta oggi circa 130 punti vendita nel mon-do. «In Italia ce ne sono pochissimi perché da noi la culturadel caffè è ben radicata e Lavazza è leader con una notorietàsuperiore al 90%. La missione di Lavazza in questo canale èfare brand building nel resto del mondo: diffondere la veracultura del caffè italiano» ed esprimere l’unicità di Lavazza. Si ritorna al concetto di esperienzialità: il pdv Lavazza è

considerato luogo di riferimento per assaporare il caffè e re-spirare l’italianità nel mondo. Immergendo una realtà local inun contesto global, che non è quello in cui è nata, emerge iltema della convivenza tra gli elementi distintivi del brand e levarie specificità locali. «La discordanza dallo standard – haaffermato Bagdadli – crea un danno al brand e ciò avviene so-prattutto quando l’aroma, che è la fonte principale di espe-rienza nel caso del caffè, viene coperto dall’odore di altri pro-dotti tipici del luogo in cui si trova il concept store». Grande dibattito sul tema della complementarietà del food:

un menù salato, anche con pochi prodotti italiani, come puògarantire e preservare l’essenza del concept? «Da un lato – haspiegato Bagdadli - dobbiamo scegliere attentamente i par-tner e offrire un valore aggiunto a quelli prescelti in un rap-porto di scambio reciproco. In tal senso è importante far cre-scere la riconoscibilità e distintività del nostro brand anchenel Retailing e occorre sviluppare il concept al meglio, of-frendo prodotti complementari al core business che non snatu-rino la mission dell’azienda».

DISNEY: GLI SHOP IN SHOP FUNZIONANOVarata solo due anni fa con un primo accordo con Asda, la

strategia degli shop in shop sta riservando notevoli soddisfa-zioni a Disney. Ne ha parlatoSabina Corossacz , head ofshop in shop development dellasocietà. «Si tratta di soddisfareuna duplice esigenza: da un lato,creare un’ambientazione che,attraverso lo storytelling, creiemozioni intorno all’immagineDisney; dall’altro, rappresentareefficacemente una vastissimaofferta di merchandising, che ri-flette ben quattro grandi realtà:Disney, Pixar, Marvel e LucasFilm con Star Wars. In Italia nel2011 abbiamo stretto una par-tnership con Finiper e aperto ��

Da sinistra, Walter Tamaro (illycaffè) e Gloria Bagdadli(Lavazza).

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due shop in shop negli iper di Seriate e Lonato. Aree crosscategoria di 170 mq, per le quali abbiamo coinvolto 45 li-cenziatari, raccogliendo qualcosa come un migliaio di refe-renze». Il format è flessibile: difatti l’accordo con Toys Center pre-

vede ad esempio shop in shop di 50 mq focalizzati sul brandDisney Baby e sul target prima infanzia. Il segreto del suc-cesso qui sta nella forte partnership con l’impresa retail: nonsono superfici che si limitano al ruolo di area di vendita, maoffrono un’esperienza più ricca, che comprende tra l’altropunti per l’intrattenimento, iniziative per creare traffico, mo-nitor che proiettano immagini dei contenuti Disney. «Gli ad-detti rivestono un ruolo molto importante: si tratta di perso-nale del pdv – almeno uno full time e due part-time – che ri-cevono una formazione ad hoc e indossano uniformi con ildoppio logo». Un altro format adottato da Disney è quello dei temporary

store: ha chiuso lo scorso 15 aprile quello di Corso BuenosAires a Milano, dedicato a Violetta in concomitanza con iltour italiano. «Su una superficie di soli 35 mq – ha spiegatoCorossacz – abbiamo proposto oltre 140 referenze tra food enon food, riscuotendo in poche settimane risultati davveromolto positivi». Merito anche del piano di comunicazione asostegno dell’iniziativa, che comprendeva un concorso apremi e un forte utilizzo dei canali digitali.

LIMONI–LA GARDENIA: RIQUALIFICAZIONE VINCENTESull’orlo del crac solo tre anni fa, Limoni ha saputo reagi-

re implementando una ristrutturazione che ne sta ridisegnan-do la dimensione e il profilo. «Siamo l’insegna leader in Ita-lia – ha affermato Pascal Brochoire, sales and merchandi-sing director di LLG (Limoni – La Gardenia) – forte so-prattutto nelle città medie, da Bologna a Udine, in regioniquali Abruzzo e Umbria. Nel 2012, approfittando di una ne-cessità scaturita proprio a Udine, dove abbiamo dovuto ri-nunciare a uno di due negozi molto importanti, abbiamopuntato su una profonda ristrutturazione basata su risorse li-mitate e su un forte ricorso al personale interno. È stata l’occasione per introdurre alcuni valori di fondo: un

layout più pulito ed essenziale, più spazio al servizio, razio-nalizzazione dell’assortimento e il gusto equilibrio tra ele-ganza e familiarità. In tre settimane il negozio era pronto». Da allora sono stati riqualificati 140 negozi in due anni,

sempre con budget molto limitati ma idee molto chiare: me-no spazio al mass market, più attenzione al selettivo, con pro-dotti di fascia alta ma comunque accessibili, stop alla politicadelle promozioni continue.«È stato un processo mol-to faticoso e impegnativo,per il quale abbiamo avutoil grande supporto del no-stro personale e il soste-gno dei fornitori: un esem-pio in questo senso è il fo-cus sui prodotti skin care,che l’industria ci ha consi-gliato di valorizzare attra-verso una speciale illumi-nazione: operazione co-stosa ma efficace». Intantola società prosegue nelpercorso di snellimentoanche della rete: i negozi,

che due anni fa erano circa 500, sono scesi a 350: l’obietti-vo è attestarsi su quota 300.

AUTOGRILL TRA REDDITIVITÀ ED ESPERIENZIALITÀIl giusto rapporto tra prodotto e punto di vendita, tra red-

ditività ed esperienzialità: due aspetti, questi ultimi, che nonsono antitetici, ma al contrario devono essere gestiti nellastessa direzione: su questi temi si è dipanato l’intervento diDomenico Cirillo, visual merchandising e space allocationmanager di Autogrill. «Per noi avere una redditività supe-riore a quella media media della gdo è un motivo di soddi-sfazione. Questi valori devono essere mantenuti e crescerein completa sinergia con il comparto ristorazione. Per ga-rantire ciò utilizziamo alcune leve: un corretto mix tra fun-zionalità ed emozionalità (prodotti in offerta convivono conproposte esclusive come a esempio quelle inerenti la campa-gna di Pasqua, che ci avvicina ormai a una pasticceria classi-ca), la continua innovazione di prodotto, una gestione deglispazi che valorizza la location. Dobbiamo offrire semprequalcosa di nuovo al consumatore, elevando la sua esperien-za complessiva all'interno dei nostri punti vendita».Naturalmente, non si può non parlare di Villoresi Est,

punta di diamante della rete Autogrill. «È vero: in quellastruttura abbiamo concentrato molte innovazioni in terminidi format, presidio delle aree commerciali, category mana-gement e visual merchandising tipici del duty free. Unesempio su tutti è quello della gastronomia, integrata al-l'area somministrazione, dove il personale è stato formatoper offrire assistenza alla clientela durante l'acquisto e illu-strare le caratteristiche e le qualità dei prodotti in assorti-mento». Anche il comparto elettronica è un punto di forzadell'offerta: qui Autogrill si sta orientando verso la formuladei corner/shop in shop.

CRAI: ANCHE IL SERVIZIO È INNOVAZIONEMario La Viola, direttore marketing e format di Crai, sto-

rico retailer specializzato nel commercio di prossimità ali-mentare che riunisce oltre 2000 pdv molto eterogenei per di-mensione (dagli 80 ai 3500 mq), ha raccontato che «uno deicompiti più importanti della centrale è quello di uniformarel’esperienza di shopping. A tal fine abbiamo lanciato un pro-getto - chiamato Format - che coinvolge una trentina di pdvtest, di cui abbiamo studiato il layout, come devono apparirei vari mondi merceologici, quante referenze deve contenereogni singolo scaffale, etc... In questa fase pilota analizziamo

i fatturati, la spesa media,il numero degli scontrini, ilmargine per negozio e perreparto, per capire doveeventualmente correggerele misure adottate e verifi-care le perfomance del ne-gozio». Molto importante è an-

che lavorare sul margine:Crai si sta concentrandosulla riduzione di alcunicosti, come quello energe-tico, attraverso un accordoad hoc con Enel per ottene-re tariffe agevolate, ma an-che grazie a operazioni co-

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Da sinistra, Sabina Corossacz (Disney), Pascal Brochoire (LLG), DomenicoCirillo (Autogrill) e Mario La Viola (Crai).

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me la chiusura dei banchifrigo ed altre iniziative vol-te sempre a concentrare eridurre i costi. «È importante fare inno-

vazione sulla tecnologia –ha aggiunto La Viola – an-che in chiave di differenzia-zione rispetto ai competi-tor, ma senza dubbio occor-re innovare nel servizio.Questo significa porre lamassima attenzione ai ‘ba-sics’ come la pulizia del ne-gozio e soprattutto tornarea fare ‘commercio’, azioniqueste che si danno per scontate ma alla quali non si dedica-no sempre le premure necessarie. Le nostre recenti ricerchequali-quantitative sui nostri clienti sottolineano proprio questiaspetti – ambiente pulito e relazione, ovvero cordialità e di-sponibilità del personale – al di là della ovvia richiesta di qua-lità e convenienza».

AUCHAN PUNTA SU ACCOGLIENZA E PASSIONE Qual è il futuro dell’ipermercato? A questa domanda così

centrale per un retailer come Auchan, Serge Sala, responsabi-le della progettazione commerciale del big player francese, harisposto sottolineando che «il prezzo da solo non è più suffi-ciente: conta sempre più l’accoglienza, che significa parcheg-gi, viabilità, accessibilità, velocità nei pagamenti, servizi igie-nici, confort, servizi, a cominciare dalla professionalità e dallacortesia del personale. Certamente in futuro dovremo lavorareinnanzitutto su queste aree: vorrei sottolineare che l’essereumano è davvero la chiave di lettura di un punto di vendita enoi dovremo andare sempre più alla ricerca di persone compe-tenti e appassionate». Inutile dire che sul servizio al cliente sigioca molto del successo di un ipermercato, per esempio ri-spondendo alle esigenze di chi ha poco tempo: a Vimodrone(Mi) Auchan ha introdotto un’area di parcheggio dedicata allaspesa veloce: il tempo di acquisto medio stimato è di circa 30minuti, con il supporto delle casse automatizzate. «Un altro esempio interessante – ha affermato Sala – riguar-

da l’ipermercato Auchan di Merate (Lecco) dove, per enfatiz-zare l’aspetto visivo, olfattivo e quindi emozionale, abbiamocreato per i prodotti di gastronomia isole prive di barriere peravvicinare il cliente al prodotto. Un’innovazione non da poco,se pensiamo che in media la distanza tra il cliente e i prodotti inquel comparto è di circa tre metri. Siamo stati anche molto se-lettivi nella creazione di un assortimento di alta qualità. Natu-ralmente questo vale anche per gli altri reparti».

DANONE: UN PROGETTO PER RILANCIARE LO YOGURTFabrizio Sforza, head of trade marketing e shopper activa-

tion di Danone, ha esordito parlando delle dimensioni del mer-cato dello yogurt, che in Italia vale 1,4 miliardi di euro per unconsumo annuo pro capite di 6,5 kg a dispetto di una penetra-zione del 95%, contro i 30-35 kg di altri importanti paesi euro-pei. «Il fatto è che il processo di acquisto è complesso: solo il20% dei consumatori che entrano in un ipermercato si reca nel-la corsia dedicata allo yogurt e la metà di questi abbandonanol’acquisto perché non trovano il prodotto, complice un’offertainflazionata e disorientante e la chiusura dei banchi frigo che

non agevolano una chiara lettu-ra della categoria da parte delloshopper». Nella sua veste diazienda leader, in questi anniDanone ha prodotto molti pro-getti di category, condivisi a li-vello strategico con il retail, maspesso con pochissimi risultaticoncreti in sede di implementa-zione operativa nei punti divendita. Da qui la decisione diinvestire in una iniziativa che,partendo da una forte esigenzadi semplificazione della cate-goria e di cambiamento delmodello relazionale industria-

trade, aumenti da un lato l’attrattività della categoria yogurt neipunti vendita e dall’altro la conversione in effettivi atti d’ac-quisto. «Quest’anno Danone ha aperto a febbraio un tempora-ry shop nel cuore di Milano, invitandovi ovviamente i consu-matori, ma soprattutto i retailer per condividere in incontri‘one-to-one’ questo progetto di categoria, declinato il più pos-sibile sulle specificità di ciascuna insegna. La leva fondamen-tale è stata quella di coinvolgere le funzioni che, nelle impresedistributive, gestiscono i progetti di category, a cominciare damarketing e vendite. L’obiettivo di fondo è ottenere la più am-pia implementazione possibile». Un percorso non facile, cheavrà bisogno di energie, condivisione e tempo, ma che sta giàdando risultati concreti con alcuni retailer.

VILEDA: OCCORRE RAZIONALIZZARE LO SCAFFALEPerVileda, multinazionale tedesca dell’home care, l’Italia

rappresenta il mercato più importante in Europa ed è secon-do solo agli Usa nel mondo: ciò nondimeno, anche nel no-stro paese molto si può e si deve ancora fare per razionaliz-zare e ottimizzare la gestione dei prodotti di questa categoriasugli scaffali dei pdv. Fiorello Bianchi, country managerItalia, ha rimarcato che «Vileda lavora molto sullo shopper,indagandone le esigenze, il comportamento d’acquisto e ilprocesso decisonale nei diversi store format per quanto ri-guarda la nostra categoria. Lavoriamo molto sul banco e sulfuori banco, suggerendo al trade nel primo caso una fortesegmentazione finalizzata a rendere più leggibili, accessibilie decodificabili gli assortimenti, anche attraverso l’uso dicrowner, ganci, ecc; nel secondo caso attraverso diversi stru-menti come isole promozionali “shop in shop” e totem conpos video, anche interattivi. Occorrerebbe dare più visibilitàallo scaffale e affiancare, per esempio, la nostra categoria aquella della detergenza. Cosa che si vede assai raramente,soprattutto negli ipermercati». All’interno della stessa categoria le logiche possono cam-

biare a seconda del prodotto. «Nel caso dei guanti è diffusa laprassi di avere in assortimento soltanto le due marche leader epoi la private label. In quello dei panni multiuso, pavimenti espugnette abrasive, lo scaffale si affolla dei prodotti di unaquantità di produttori, con buona pace della razionalizzazione.E dire che quando siamo riusciti a implementare progetti dicategory adeguati, abbiamo dimostrato che la marca premiumfa crescere anche la categoria in toto, private label compresa.In termini di innovazione, un’area per noi molto interessante èquello dell’elettrico: quest’anno lanciamo tre nuovi prodottiproprio nell’area elettrica, proponendoli anche nei canali spe-cializzati e online». �

53LARGO CONSUMO n. 6/2015

DISTRIBUZIONE

Da sinistra, Serge Sala (Auchan), Fabrizio Sforza (Danone) e FiorelloBianchi (FHP Vileda).

48a53 CIC_6Dis_Forum PDVac.qxp:Articolo 10-06-2015 12:18 Pagina 53