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Publius Per un’ Alternativa Europea Universitari per la Federazione Europea- Numero 5 - Settembre 2010 distribuzione gratuita Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani Il quinto numero di Publius, il primo del 2010, esce a set‐ tembre dopo una pausa di nove mesi dovuta alle dif;icol‐ tà che abbiamo incontrato nel procurarci i fondi per la stampa del giornale. L'anno scorso abbiamo potuto pub‐ blicare Publius grazie al con‐ tributo dell'A.C.E.R.S.A.T., l'en‐ te universitario che ha il com‐ pito di ;inanziare iniziative promosse da gruppi di stu‐ denti col ;ine di facilitarne la socializzazione. L'esistenza di Publius, come quella degli altri giornali uni‐ versitari, non dipende quindi soltanto dall'interesse che riesce a suscitare tra i suoi lettori e dalla volontà del gruppo di studenti che lo tie‐ ne in vita, ma anche dagli in‐ dirizzi della Commissione A.C.E.R.S.A.T. che si traducono nei bandi che che la Commis‐ sione pubblica a gennaio e a maggio di ogni anno. Questi mesi in cui ci siamo impegnati per garantire la sopravvivenza di Publius sono stati per noi l'occasione per una ri;lessione sull'obiettivo che ci siamo posti iniziando a scrivere un giornale di proposta politica europea, quale è Publius. Siamo infatti convinti che l'importanza di un dibattito politico libero e privo di faziosità sia innegabile, e per questo ci siamo proposti di contribuire a tale dibattito con il nostro punto di vista. Politica signi;ica innanzitutto perseguire il bene comune, nel senso più ampio del termine. Ma il quadro in cui si può perseguire tale ;ine è dato dalle istituzioni esistenti, e innanzitutto dallo Stato: per noi si tratta dello Stato italiano e delle sue istituzioni sovrane. Og‐ gi, però, noi viviamo la profonda contraddizione legata al fatto che i con;ini statuali sono delle mura permeabili rispetto ai processi globali e alla pressione esercitata dagli equilibri di potere e dalle forze che dominano a livello in‐ ternazionale; ma sono invece delle mura impermeabili per quanto riguarda la possibilità di fare politica, e quindi di scegliere il bene comune in modo demo‐ cratico, libero da in;luenze e condizionamenti. E’ questo il nodo istituzionale che vorremmo mettere in luce in queste pagine: la forza della politica, e quindi la sua capacità di risolvere i bisogni e di andare incontro alle aspetta‐ tive dei cittadini, dipende innan‐ zitutto dalla solidità e dall'ade‐ guatezza delle istituzioni tramite le quali si opera e si agisce come collettività. Il mondo di oggi è una gigantesca arena in cui ai piccoli Stati non rimane che su‐ bire il vassallaggio, prima eco‐ nomico poi politico, degli Stati più grandi e più forti. E in parti‐ colare, per noi europei, c’è solo una possibilità per non soccom‐ bere: unirci in un vincolo federa‐ le. Solo recuperando a livello europeo, all'interno di un quadro statuale federale, la capacità di agire e di rilanciare un progetto di sviluppo economico, politico e sociale potremo far fronte alle s;ide del XXI secolo, che altri‐ menti rischiano di schiacciarci. Indice pag.1 Editoriale Publius pag.2 Ma@ia e Stato Davide Negri pag.4 I rapporti tra Europa e Stati Uniti Laura Filippi pag.6 L’Europa e il gigante cinese Giulia Spiaggi pag.7 L’Ucraina cambia orizzonti Nelson Belloni

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Publius - per un'alternativa europea. Numero 5, settembre 2010. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.

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pag.1  EditorialePublius

pag.2 Nobel a Obama?Giulia Spiaggi

pag.4 Compendio del    politico europeo (part II)

Davide Negri

pag.5 Il nuovo governo tedesco e il “nodo di Gordio”

Luca Lionello

pag.6 Storiche elezioni in Giappone

Gabriele Felice Mascherpa 

PubliusPer un’ Alternativa Europea

Universitari per la Federazione Europea-Numero 5 - Settembre 2010

distribuzione gratuita

Giornale degli studentidell’Università di Pavia.

Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi

e di domani

Il quinto numero di Publius, il primo  del  2010,  esce  a  set‐tembre  dopo  una  pausa  di nove mesi dovuta alle dif;icol‐tà che abbiamo  incontrato nel procurarci  i  fondi  per  la stampa  del  giornale.  L'anno scorso  abbiamo  potuto  pub‐blicare  Publius  grazie  al  con‐tributo dell'A.C.E.R.S.A.T.,  l'en‐te universitario che ha il com‐pito  di  ;inanziare  iniziative promosse  da  gruppi  di  stu‐denti  col  ;ine di  facilitarne  la socializzazione.L'esistenza  di  Publius,  come quella  degli altri giornali uni‐versitari,  non dipende  quindi soltanto  dall'interesse  che riesce  a  suscitare  tra  i  suoi lettori  e  dalla  volontà  del gruppo di studenti che  lo  tie‐ne in vita, ma anche dagli  in‐dirizzi  della  Commissione A.C.E.R.S.A.T. che si traducono nei  bandi che che  la Commis‐sione  pubblica  a  gennaio  e  a maggio di ogni anno. Questi  mesi  in  cui  ci  siamo impegnati  per  garantire  la 

sopravvivenza  di  Publius  sono stati per noi l'occasione per  una ri;lessione  sull'obiettivo  che  ci siamo  posti  iniziando  a  scrivere un giornale  di  proposta  politica europea,  quale  è  Publius.  Siamo infatti  convinti  che  l'importanza di  un  dibattito  politico  libero  e privo di faziosità sia innegabile, e per  questo  ci  siamo  proposti  di contribuire a  tale dibattito con il nostro  punto  di  vista.  Politica signi;ica  innanzitutto  perseguire il  bene  comune,  nel  senso  più ampio del termine. Ma  il quadro in cui si può perseguire tale ;ine è dato dalle istituzioni esistenti, e innanzitutto  dallo  Stato:  per  noi si  tratta  dello  Stato  italiano  e delle sue istituzioni sovrane. Og‐gi, però, noi viviamo la profonda contraddizione legata al fatto che i con;ini statuali sono delle mura permeabili  rispetto  ai  processi globali e alla pressione esercitata dagli  equilibri  di  potere  e  dalle forze  che dominano  a  livello  in‐ternazionale;  ma  sono  invece delle  mura  impermeabili  per quanto  riguarda  la  possibilità  di 

fare politica, e quindi di scegliere il  bene  comune  in modo  demo‐cratico,  libero  da  in;luenze  e condizionamenti.  E’  questo  il nodo  istituzionale che vorremmo mettere in luce  in queste pagine: la forza della politica, e quindi la sua capacità di risolvere i bisogni e di andare incontro alle aspetta‐tive dei  cittadini, dipende  innan‐zitutto  dalla  solidità  e  dall'ade‐guatezza delle  istituzioni tramite le quali si opera e si agisce come collettività.  Il  mondo  di  oggi  è una  gigantesca  arena  in  cui  ai piccoli  Stati non  rimane  che  su‐bire  il  vassallaggio,  prima  eco‐nomico  poi  politico,  degli  Stati più grandi e più forti. E  in parti‐colare,  per  noi  europei,  c’è  solo una  possibilità  per  non  soccom‐bere: unirci in un vincolo  federa‐le.  Solo  recuperando  a  livello europeo, all'interno di un quadro statuale  federale,  la  capacità  di agire e  di  rilanciare un progetto di sviluppo economico, politico e sociale  potremo  far  fronte  alle s;ide  del  XXI  secolo,  che  altri‐menti  rischiano  di  schiacciarci. 

Indice

pag.1 EditorialePublius

pag.2 Ma@ia e StatoDavide Negri

pag.4 I rapporti tra Europa e Stati Uniti

Laura Filippi

pag.6 L’Europa e il gigante cinese 

Giulia Spiaggi

pag.7 L’Ucraina cambia orizzonti 

Nelson Belloni

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Quali sono  le  origini di un simile  cancro del vivere civile? Quali sono i rapporti trastato e ma;ia?

Lo  Stato moderno nasce quando  la  forza coattiva  viene  prima  accentrata  nelle istituzioni  statali  e  poi  accettata  e  rico‐nosciuta dai soggetti alle quali si impone;quando  l'autorità  detentrice  del  potere viene  ritenuta  legittima  il  rapporto  tra Stato  e  cittadini  è  diretto,  senza  media‐zioni.  Invece  quando  il  monopolio  della forza legittima è percepito come inef;ica‐ce  e  incapace di realizzare le aspirazioni di giustizia sociale, possono sorgere nuo‐vi  soggetti  che,  fungendo  da  mediatori tra istituzioni e cittadini, si fanno implici‐tamente garanti dell'ordine sociale e po‐litico  in determinate aree.  Il fallimento e il  ritardo  dello  Stato  e  della  politica  nel 

promuovere uguaglianza e  libertà,  gene‐ra  nella  società  una  cultura  della  dif;i‐denza nelle istituzioni che spinge i singo‐li cittadini a  ritenere  più  vicina  e giusta un'altra "autorità". Questo è il terreno  di coltura  di  tutte  le ma;ie. È così che entra in scena un  nuovo  soggetto  de‐tentore  della  violenza organizzata  caratteriz‐zata  dal  fatto  di  essere illegittima,  iniqua  e  arbitraria.  Le  classi dirigenti  locali  dove  le  ma;ie  sorgono non si oppongono alla loro ascesa perché essa – la ma;ia – appare in una posizione servente, non sostitutiva alla  classe diri‐gente  locale.  Tale  scelta  è  strategica:  la violenza organizzata della ma;ia non de‐ve  suscitare  di  tipo  repressivo  una  rea‐zione politica delle  istituzioni di  tipo  re‐

pressivo  e pertanto s  rivolge solo contro gli individui o gruppi di individui che non accettano  l'ordine  sociale‐economico stabilito dalle classi dirigenti (che si ser‐vono  della  ma;ia)  o  che  la  stessa  ma;ia 

stabilisce  in  quei  settori economici  in  suo  con‐trollo  (mercati  legali  di basso  livello  economico e  mercati  illegali,  quali commercio  di  armi,  stu‐

pefacenti,  usura, prostituzione ed essere umani).  Per  comprendere  pienamente  il fenomeno  ma;ioso,  esso  va  pertanto  in‐quadrato  come  un  problema  politico  e non  più  solo  come  un  problema  di  re‐pressione  criminale.  Ciò  che  viene  per‐cepito  dai mass  media  e ampli;icato  nel pensiero  collettivo  è  solo  la  ma;ia  nella sua  versione militare  (fenomeni ad  alto tasso  di  violenza),  ovvero  il  braccio  ar‐mato  di una  forma di governo  criminale del  territorio  gestito  da  persone  appar‐tenenti alla classe imprenditoriale e poli‐tica della  società,  capaci di esercitare un forte controllo sociale.Il  problema  della  strategia  di  contrasto alla ma;ia ha proprio questo di particola‐re: essa colpisce un veicolo  di  consenso alla politica. E la politica, secondo  il noto principio machiavellico,  è  un potere  ca‐pace  di  autoconservarsi.  Quindi  diventa assolutamente  necessario  prima  isolare politicamente il consenso originato dalla ma;ia,  per  poi  attaccarlo  con  azioni  re‐pressive legislative e giudiziarie. Come in un'operazione  chirurgica  di  amputazio‐ne, così anche il contrasto alla ma;ia par‐te  dall'amputazione  di  una  fetta  di  con‐senso dagli  equilibri politici di un paese. Due esempi aiuteranno a comprendere.In  Italia,  la  politica  anti‐ma;ia degli anni Ottanta  e  Novanta,  in una  situazione  di 

Mafia e Stato

Per questo motivo i nostri articoli,  frutto di un lavoro di ri;lessione di gruppo, trat‐tano  temi di politica,  economia, attualità in un'ottica  sopranazionale,  perché  rite‐niamo  necessario  ampliare  il  nostro campo di informazione per capire i limiti e le contraddizioni della politica naziona‐le nostrana ed estera di  fronte ai proble‐mi  che  la  globalizzazione e  l’interdipen‐denza economica hanno creato.E' giusto che un simile dibattito si svolga in  Università?  L’Università  ha  il  dovere morale  e  istituzionale  di  promuovere  il sapere e la conoscenza ai massimi livelli possibili in tutti i campi. Se così è, a mag‐gior  ragione  essa  dovrebbe  contribuire 

alla  formazione di una coscienza politica matura, capace di indicare alle istituzioni l'obiettivo  ultimo  della  politica  stessa, cioè  il cammino verso la pace e la libertà di tutta l’umanità. Proprio la creazione di uno Stato federale europeo  costituirebbe un enorme  passo  avanti  in  questa dire‐zione,  contribuendo  alla  creazione di un mondo più equilibrato e meno anarchico. La  città  di  Pavia,  e  in  particolare  la sua Università, sono da decenni un centro  di elaborazione  e  diffusione  del  pensiero federalista,  ed  è  conosciuta  per  questo non solo  in Italia,  ma anche in Europa e in altri continenti. Ed è per continuare il lungo  e  dif;icile  cammino  che  ci  hanno 

lasciato  i  nostri  predecessori,  tra  i  quali desideriamo  ricordare  innanzitutto  Ma‐rio  Albertini,  che  per  tanti  anni  è  stato docente presso  la  nostra  Università, che abbiamo costituito il gruppo "Universita‐ri  per  la  federazione  europea"  e,  con  la pubblicazione  di  Publius,  con  le  confe‐renze e  le  altre iniziative  che  stiamo  or‐ganizzando, intendiamo  impegnarci per‐ché  sempre più  studenti  pavesi  condivi‐dano  le nostre motivazioni e  collaborino con noi per creare un gruppo d'interesse solido e vivace all'interno del nostro  ate‐neo.

Publius

Il fenomeno mafioso va inquadrato come un

problema politico

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normalità, avrebbe signi;icato  far saltare equilibri e dichiarare una sorta di guerra civile a quella parte del paese che aveva vissuto grazie ad attività illecite e illegali,sostitutive  di  un  lavoro  dignitoso  e  re‐munerato  inesistente.  Per  tal  motivo  la reazione  dello  Stato  italiano  avvenne solo  in un clima di emergenza nazionale attraverso una (disorganica) legislazione anti‐ma;ia  e  la  coraggiosa  attività  della magistratura.  Il  caso  italiano  ha  dimo‐strato che la formazione della volontà di 

contrastare la ma;ia sia stata condiziona‐ta  dalla  debolezza  dello  Stato  e  dall'in‐;luenza  dell'equilibrio  bipolare  USA‐URSS  che,  rendendo  impossibile  l'alter‐nanza  al  governo  tra  gli  attori  politici, aveva indotto parte della classe politica a compromettersi con la ma;ia.Invece,  la storia del contrasto  alle ma;ie negli USA ha dimostrato proprio  come il livello  di  governo  federale  sia  stato  un potere  sostitutivo  e  sussidiario  alla  cor‐ruzione e all'inerzia dei singoli Stati con‐

dizionati  dalla  presenza  della  ma;ia. Quando la reazione dei governi locali alla ma;ia  venne  meno,  essa  fu  recuperata dalle  autorità  federali,  nel  momento  in cui ebbe suf;iciente coscienza politica delproblema. Per  di  più  l'azione  della  Federazione  fu necessaria  in quanto  il progresso tecno‐logico e la libera circolazione di persone, merci  e  capitali  all'interno  dei  territori della  Federazione,  aveva  reso  enorme‐mente  dif;icile  l'azione  repressiva  delle 

60° Anniversario della

dichiarazione SchumanLa  pace  mondiale  non  potrà  essere  salvaguardata  se  non  con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il con‐tributo  che un'Europa  organizzata  e  vitale  può  apportare  alla civiltà è  indispensabile per  il mantenimento di  relazioni paci;i‐che.  La  Francia,  facendosi  da  oltre  vent'anni  antesignana  di un'Europa  unita,  ha  sempre  avuto  per  obiettivo  essenziale  di servire  la  pace.  L'Europa  non  è  stata  fatta:  abbiamo  avuto  la guerra. L'Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino  anzi‐tutto una solidarietà di fatto. L'unione delle nazioni esige l'elimi‐nazione  del  contrasto  secolare  tra  la  Francia  e  la  Germania: l'azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania. A  tal ;ine, il  governo  francese propone di concentrare  immedia‐tamente l'azione su un punto limitato ma decisivo. Il governo francese propone di mettere l'insieme della produzio‐ne franco‐tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità,  nel  quadro  di  un'organizzazione  alla  quale  possono aderire  gli  altri paesi  europei.    La  fusione  della  produzioni  di carbone e di acciaio assicurerà subito  la costituzione di basi co‐muni per lo  sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea,  e cambierà  il  destino  di queste regioni che  per  lungo tempo si sono dedicate alla  fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime.  La  solidarietà  di  produzione  in tal  modo  realizzata  farà  si che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile,  ma  materialmente  impossibile.  La  creazione  di questa  potente  unità  di  produzione,  aperta  a  tutti  i  paesi  che vorranno  aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli  elementi  di  base  della  produzione  industriale  a  condizioni uguali,  getterà  le  fondamenta  reali della  loro  uni;icazione  eco‐nomica.  Questa produzione sarà offerta al mondo intero  senza distinzio‐ne né  esclusione per  contribuire al rialzo  del  livello di vita e  al progresso  delle opere di pace.  Se  potrà contare su un rafforza‐mento dei mezzi,  l'Europa sarà  in grado di proseguire nella rea‐lizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del con‐tinente  africano.  Sarà  così  effettuata,  rapidamente e  con mezzi semplici, la fusione di interessi necessari all'instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più profonda tra  paesi lungamente  contrapposti da  sanguinose scissioni.  Questa proposta, mettendo  in comune  le  produzioni di  base  e istituendo una nuova Alta Autorità, le cui decisioni saranno vin‐colanti  per  la Francia,  la Germania  e  i  paesi  che vi  aderiranno, costituirà il primo nucleo  concreto di una Federazione europea 

indispensabile  al  mantenimento  della  pace.  Per  giungere  alla realizzazione  degli  obiettivi  così  de;initi,  il  governo  francese  è pronto ad iniziare dei negoziati sulle basi seguenti. Il  compito  af;idato  alla comune  Alta Autorità sarà di assicurare entro i termini più brevi: l'ammodernamento della produzione e il  miglioramento  della  sua  qualità:  la  fornitura,  a  condizioni uguali, del carbone e dell'acciaio sul mercato  francese e sul mer‐cato  tedesco  nonché  su  quelli  dei  paese aderenti:  lo  sviluppo dell'esportazione  comune verso  gli  altri  paesi;  l'uguagliamento verso  l'alto delle  condizioni di vita della manodopera di queste industrie.  Per  conseguire  tali  obiettivi,  partendo  dalle  condizioni  molto dissimili  in  cui  attualmente  si  trovano  le  produzioni  dei  paesi aderenti, occorrerà mettere in vigore, a titolo  transitorio, alcune disposizioni che  comportano  l'applicazione  di  un piano  di  pro‐duzione  e  di  investimento,  l'istituzione  di meccanismi di pere‐quazione dei prezzi e  la creazione di un fondo  di  riconversione che faciliti la razionalizzazione della produzione. La circolazione del  carbone  e dell'acciaio  tra  i  paesi  aderenti  sarà  immediata‐mente  esentata da qualsiasi dazio  doganale  e non potrà  essere colpita da  tariffe  di  trasporto  differenziali. Ne  risulteranno  gra‐dualmente le condizioni che  assicureranno automaticamente  la ripartizione più  razionale della produzione al più alto  livello  di produttività.  Contrariamente ad un cartello  internazionale,  che tende alla ri‐partizione  e  allo  sfruttamento  dei  mercati  nazionali mediante pratiche  restrittive e  il mantenimento  di  pro;itti  elevati,  l'orga‐nizzazione progettata assicurerà la fusione dei mercati e l'espan‐sione della produzione.  I principi e gli impegni essenziali sopra de;initi saranno oggetto di un trattato  ;irmato  tra  gli  stati  e  sottoposto  alla  rati;ica  dei parlamenti.  I  negoziati  indispensabili  per  precisare  le  misure d'applicazione si svolgeranno con l'assistenza di un arbitro desi‐gnato di comune accordo : costui sarà incaricato di veri;icare che gli accordi siano conformi ai principi e, in caso di contrasto irri‐ducibile,;isserà la soluzione che sarà adottata.  L'Alta Autorità comune,  incaricata del funzionamento dell'intero regime, sarà composta di personalità indipendenti designate su base paritaria dai governi; un presidente sarà scelto di comune accordo dai governi; le sue decisioni saranno  esecutive in Fran‐cia, Germania e negli altri paesi aderenti. Disposizioni appropria‐te assicureranno  i necessari mezzi di ricorso contro le decisioni dell'Alta Autorità. Un rappresentante delle Nazioni Unite presso detta autorità sarà incaricato  di  preparare due volte  l'anno  una relazione pubblica per l'ONU, nelle quale renderà conto del funzionamento del nuo‐vo organismo, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia dei suoi ;ini paci;ici.  L'istituzione dell'Alta Autorità non pregiudica  in nulla  il  regime di proprietà delle  imprese. Nell'esercizio  del  suo  compito,  l'Alta Autorità comune  terrà conto dei poteri  conferiti all'autorità  in‐ternazionale della Ruhr  e degli  obblighi di  qualsiasi natura  im‐posti alla Germania, ;inché tali obblighi sussisteranno. 

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L’European Council  on Foreign Relations ha  redatto  lo  scorso  novembre  un  inte‐ressante  rapporto  che  analizza  le  rela‐zioni  politiche  ed  economiche  tra  Stati Uniti  ed  Unione  europea  e  che  mostra come  siano  diverse  le  aspettative,  per quanto  riguarda  gli  USA  da un lato  e gli Stati europei dall’altro, nei confronti dei rapporti transoceanici.Come fanno notare gli autori del rappor‐to,  lo  statunitense  Jeremy Shapiro  e  l’in‐glese Nick Witney, il mondo  è entrato  in una nuova era post‐americana; la guerra fredda è  terminata ormai da vent’anni  e la  crescente  globalizzazione  ha  ridistri‐buito  il potere  dall’Occidente  verso  l’Est ed il Sud del mondo.Di  fronte a  questo  cambiamento  storico gli  Stati  Uniti,  pur  rendendosi  conto  di non poter  più  esercitare  un dominio  in‐contrastato,  sono  tuttavia  determinati  a sfruttare  lo  status  di  unica  potenza  glo‐bale che ancora detengono, per  realizza‐re una  rete di  alleanze (network of part­nership)  che  li  renda  decisivi  in  tutte  le aree  del  mondo  (quella  che  Madeleine Albright  de;iniva  ”indispensable nation”). L’amministrazione  di  Obama,  nel  perse‐guire  questo  obiettivo,  ha  ripetutamente dichiarato di voler lavorare con chiunque possa aiutarla.Questo  nuovo  approccio nel  de;inire  le  priorità, allocare le risorse e indi‐rizzare le azioni da parte degli  Stati  Uniti  ha  delle conseguenze importanti sull’Europa e sui rapporti tra le due sponde dell’Atlantico. 

Nella sua prima visita in Europa  il Presi‐dente  Obama ha  infatti  incitato  l’Europa ad assumersi maggiori responsabilità sia verso se stessa che nei confronti dei pro‐blemi  globali,  e  ha  dichiarato:  “Noi  vo‐gliamo forti alleati. Non stiamo cercando 

di  essere  padroni  del‐l’Europa.  Stiamo  cercan‐do di essere partner del‐l’Europa”.  Di  fatto,  però, gli  Stati  europei,  non sembrano  voler  tener 

conto del fatto  che dopo il crollo del Mu‐ro di Berlino l’orientamento americano è cambiato,  ed è  in ulteriore evoluzione, e 

continuano  ad  impostare  i  loro  rapporti con gli Stati Uniti sulla base di convinzio‐ni che risultano totalmente illusorie.Gli  europei  sono  convinti  che  Europa  e Stati Uniti condividano gli stessi interessi fondamentali  e,  in  particolare,  che  gli Stati Uniti abbiano  un  interesse  vitale  a garantire  la  sicurezza  dell’Europa.  Man‐tenere rapporti politici armoniosi con gli USA  assume  perciò,  per  gli  europei, un’importanza  strategica.  Dal  loro  lega‐me con gli USA i governi degli Stati euro‐pei  si  aspettano  un  trattamento  prefe‐renziale da far valere non solo nel conte‐sto  internazionale, ma  anche  nella  com‐

I rapporti tra Europa e Stati Uniti

forze dell'ordine dei singoli Stati e molto facile  la  possibilità  dei  singoli  criminali di sfuggirle  grazie  l'attraversamento  dei con;ini.  Infatti le polizie statali dovevano chiedere  l'autorizzazione  governativa  o, se questa non era necessaria,  la collabo‐razione delle altre polizie per poter per‐seguire  il  singolo  sospettato  una  volta che questi  avesse  varcato  il  con;ine  con notevole  inef;icienza  nell'azione  repres‐siva contro il crimine. È facile immagina‐re  le  conseguenze  perniciose  se  la  lotta contro  le  organizzazioni  ma;iose  fosse stata  lasciata  esclusivamente  ai  singoli stati.  Ma  ciò  che  ha  protetto  la  salute della politica americana federale dall'in‐;luenza ma;iosa è  stata proprio  la  forza complessiva  delle  istituzioni  americane che  hanno  reso  irrilevante  l'in;luenza 

ma;iosa sulla politica locale (concentrata in  pochi  grandi  centri  urbani)  poiché incideva solo  minimamente negli  equili‐bri politici del paese.  Quindi,  l'in;luenza delle ma;ie nei processi decisionali poli‐tici  è  in  una  relazione  biunivoca  con  la forza e  l'autonomia delle  istituzioni sta‐tali. La forza delle istituzioni dipende poi sia  dai  condizionamenti  esterni  (come nel caso  italiano dove l'equilibrio bipola‐re  faceva  sì  che parte  della  politica  do‐vesse  scendere  a  patti con la ma;ia), sia dai  condizionamenti  interni  (dovuto  al livello di accettazione delle istituzioni da parte  della  società  in  generale).  L'in‐;luenza  delle  ma;ie  negli  Stati  dove  è scarsa sia la forza delle istituzioni e forte l'in;luenza dall'esterno, oggi è ampli;ica‐ta  dalla  globalizzazione  e  dall'interdi‐

pendenza  economica  per  via  della  pro‐gressiva erosione di poteri  di  stabilizza‐zione  e  di  controllo  sull'economia  da parte  dello  Stato.  La  mancanza  di  con‐trollo della politica statale sull'economia globale  sta  procurando  il  ritorno preoc‐cupante  in  molti  paesi  di  con;littualità sociali,  dove  la  forza  della  violenza  (e non quella del diritto) è un ammortizza‐tore del disordine sociale nella moderna economia globalizzata. Solo  la  formazio‐ne di  una Federazione tra  Stati  può  for‐nire  lo  strumento  istituzionale  d'azione necessario a quelle aree ad alta intensità ma;iosa per isolare prima il loro consen‐so politico, per poi agire contro di loro.

Davide Negri

Obama ha incitato l’Europa ad assumersi maggiori responsabilità

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Scheda personaggio - Mario AlbertiniMario Albertini nacque a Pavia nel 1919. Convin‐tosi della necessità storica dell'unità europea, si iscrisse  al  Movimento  federalista  europeo  nel 1945.  Laureatosi  in  ;iloso;ia  nel  1951,  si  avviò alla  carriera  accademica  insegnando,  presso l'Università  di  Pavia,  Storia  contemporanea, Scienza della politica, Dottrina dello Stato e Filo‐so;ia della politica. A partire dal 1953 il suo  im‐pegno  federalista diventò  prioritario,  prima co‐me  stretto  collaboratore e poi  come  successore di Altiero  Spinelli.  Nel  1959  fondò  la  rivista  di politica  "Il  Federalista",  che  viene  tuttora  pub‐blicata in italiano e in inglese. Alla guida del Mfe italiano  dal 1966,  fu Presidente dell'Unione eu‐ropea dei federalisti dal 1975 al 1984.  Il suo im‐pegno politico e intellettuale ha continuato ad indi‐rizzare la politica del Mfe ;ino alla morte, avvenuta nel 1997.“La distinzione tra unità o divisione non sta dunque nell'assenza 

o nella presenza di un'associazione qualunque, ma nel carattere federale o non  federale dell'associa­zione.... Se l'unità  è la federazione, ... la  costruzio­ne dell'unità europea riguarda la lotta per la  fon­dazione dello Stato federale europeo.; (Mario  Albertini,  Il  signi;icato  dell'espressione "Costruzione dell'unità europea", 1961)“Quando una giovane donna ­ o un giovane uomo ­ comincia a chiedersi se deve impegnarsi politi­camente, e come deve impegnarsi, ciò che può indurre all'impegno non è l'idea di qualche van­taggio personale, ma l'idea della società nella quale sarebbe giusto vivere. ...  col federalismo militante, si può pensare la via per un nuovo im­pegno politico diverso da quello ormai fallimenta­

re del passato." (Mario Albertini, Il federalismo e la crisi dell'impegno politico giovanile, 1981).

petizione  con  i  vicini.  Ne  segue  che  cia‐scun Stato europeo ricerca una “relazione speciale”  con gli Stati Uniti, almeno nelle aree più importanti per i propri  interessi nazionali,  convinto  di  ottenere  maggiori vantaggi  rispetto  ad un approccio  collet‐tivo.Negli  ultimi  tempi,  però,  le  occasioni  di incomprensione  non sono mancate,  e  tra queste  la  guerra  in  Iraq  ha  costituito  il caso  più grave.  In generale,  dal  punto  di vista  di  Washington,  gli  europei  si  com‐portano  in  modo  infantile,  cercando  at‐tenzioni  e  sottraendosi  alle  proprie  re‐sponsabilità.  Inoltre  l’Europa  ha  perso ormai  il  valore  strategico  di  un  tempo  e quindi gli americani tendono a rapportar‐si  con gli europei  sulla  base  dei risultati immediati che pensano di poter ottenere.Secondo  l’analisi  dell’European  Council on  Foreign  Relations,  gli  USA  utilizzano quattro  diverse  tattiche  per  trattare  con l’Europa.  Nei  rapporti con  la  Cina,  in cui l’Europa  non  ha  un  ruolo  importante, quest’ultima  viene  generalmente  ignora‐ta. Nelle questioni che riguardano l’Iraq e il Medio  Oriente,  in cui potrebbe  giocare un ruolo  importante, ma esiste una  forte opposizione  interna,  l’Europa  viene mar‐ginalizzata.  Per  quanto  attiene  all’Afgha‐nistan e all’Iran, rispetto ai quali l’America trova facile consenso tra gli europei, l’Eu‐ropa  viene  coinvolta  attraverso  il  canale più  utile  –  la  NATO,  l’UE  o  associazioni create ad hoc – con l’obiettivo di ottenere il miglior  risultato  per  l’America. Nei rap‐porti  con  la  Russia,  invece,  rispetto  ai quali  l’Europa  è  cruciale,  ma  su  cui  non riesce  a  trovare  un  consenso  unanime, l’approccio usuale dell’America è quello di giocare  sulle divisioni degli Stati europei, e accrescerle, per far prevalere le proprie politiche.Il  caso  dell’Afghanistan è  riportato  come una  dimostrazione  esemplare  del  falli‐

mento  dei  governi  europei  rispetto  al fatto  di assumersi  la responsabilità di un con;litto  che è vitale per la loro sicurezza. Fino al 2008, gli europei hanno  speso nel loro  insieme in Afghanistan praticamente quanto gli Stati Uniti (4.7 miliardi di dol‐lari contro 5 miliardi di dollari). In quello stesso  anno  gli  europei  hanno  anche  in‐viato più truppe degli americani, arrivan‐do a costituire il 37% delle forze estere in Afghanistan  (contro  il  54%  degli  Stati Uniti).  Tuttavia  gli  Stati europei  hanno  avuto un’in;luenza  minima sull’evoluzione  delle strategie  in  Afghani‐stan.  I  governi  europei hanno di fatto giudicato più  importante  il  loro rapporto  bilaterale  con  Washington  ed hanno  continuato  a  considerare  la  cam‐pagna  militare  una  responsabilità  degli USA. Il risultato di questo comportamento è  stata  la  perdita  dell’appoggio  dell’opi‐nione pubblica e la dimostrazione dell’in‐capacità  dell’Europa  di  essere  il  partner responsabile  di  cui  gli  USA  hanno  biso‐gno.L’European  Council  on  Foreign Relations prende  anche  in  esame  le  relazioni  tra l’Europa  e gli USA nell’ambito  delle  que‐stioni russa e mediorientale, giungendo a conclusioni simili.Eppure,  in  altri  contesti,  le  relazioni  tra l’Europa e gli Stati Uniti sono molto diver‐se.  Il  rapporto  fa  notare  che  “gli  Stati membri  dell’Unione  europea,  abituati  a mettere insieme i loro  interessi economi‐ci,  non  hanno  dif;icoltà  a  trattare  con l’America  sulle  questioni  commerciali,  i regolamenti e  le pratiche competitive,  da quel gigante economico  che rappresenta‐no collettivamente. In queste aree le rela‐zioni  transatlantiche sono  robuste, persi‐no  combattive,  e  procurano  in  generale 

un mutuo vantaggio … Tuttavia nella poli‐tica  estera  e  di  difesa,  gli  Stati  membri mantengono  un  forte  senso  di  sovranità nazionale,  partecipando  alla  NATO  come alleati  individuali e,  nell’Unione  europea, concedendo  raramente  al  loro  Alto  Rap‐presentante,  Javier  Solana,  la  possibilità di agire”.  Il  risultato  è  “il  fallimento  del‐l’Europa  nel  rappresentare  un  effettivo attore della sicurezza internazionale”. Sempre  secondo  il  rapporto  dell’Euro‐

pean  Council  on  Fo‐reign Relations,  “men‐tre  esiste  una crescen‐te  consapevolezza  che trattare  con  successo con la Russia o  la Cina richiede  che  gli  Stati europei  assumano  una 

posizione  comune,  essi  non  riconoscono ancora che è necessario un approccio co‐mune verso gli USA, anche fuori dalla sfe‐ra  economica”.  Sembra  che  tra  gli  Stati europei  il  tabù  dell’autonomia  nazionale si manifesti con più forza proprio nei con‐fronti della potenza americana, dalla qua‐le  nel  passato  è  dipesa  la  loro  sopravvi‐venza e nei confronti della quale non rie‐scono a cambiare mentalità. Il  rapporto  dell’European Council  on Fo‐reign  Relations,  pur  criticando  questo atteggiamento e sostenendo che va contro gli interessi dell’America oltre che a quelli dell’Europa,  tuttavia  non  è  in  grado  di indicare una  soluzione ef;icace per  supe‐rarlo. Aggiungendo una voce al coro di chi chiede  che  l’Europa  “parli  con  una  sola voce”,  propone  che  gli  europei  “isolino due  o  tre  argomenti  su  cui  l’UE  possa mettersi d’accordo” e che possa presenta‐re  agli  USA  come  posizione  comune.  Il rapporto si spinge a suggerire le questio‐ni  dell’Afghanistan,  della  Russia,  del Me‐dio  Oriente,  dei  cambiamenti  climatici, della  riforma della  governance  globale  e 

Nella politica estera e di difesa, gli Stati membri

mantengono un forte senso di sovranità nazio-

nale

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In  uno  scenario  internazionale  avviato verso  il consolidamento di nuovi  equili‐bri multipolari,  la  Cina  è  uno  dei  paesi che  si  va  imponendo  grazie  al  fatto  di saper  elaborare,  e  attuare,  piani econo‐mici  e  strategici  a  lungo  termine.  Ad esempio,  per  superare la crisi economi‐ca,  il  governo  ha  stanziato  miliardi  di dollari per  sostenere la crescita del pae‐se,  che  infatti  si  mantiene  intorno  al 10%, grazie  anche alla politica di  svalu‐tazione dello yuan rispetto al dollaro che favorisce le esportazioni. Inoltre il paese ha accumulato  ingenti  riserve  in dollari che ora  investe gradualmente per  evita‐re  che  sul  lungo  periodo  diventino  un peso insostenibile, vista la crisi america‐na e i dubbi sulla tenuta del dollaro. 

Per  cambiare lo  status  di paese produt‐tore di merci a basso costo di scarsa qua‐lità  e  acquisire  credibilità  in  campo  in‐ternazionale,  la  Cina  ha  provveduto  da tempo  a diversi;icare  la  sua produzione e ad investire in settori ad alto contenu‐to  tecnologico.  Ad  esempio,  il  Piano 

Energetico Nazionale prevede  la  produ‐zione  di  pannelli  fotovoltaici  e  turbine eoliche destinate sia all'esportazione sia all'uso interno, con l’obiettivo di incenti‐vare l'uso delle fonti rinnovabili. Il Piano prevede  una  mag‐giore indipendenza del  paese  dalle importazioni  di petrolio,  ed  è  un segnale  di  come  a Cina  sia  attenta a l l e  impl i caz ion i geopolitiche del problema energetico. 

All'estero  la Cina punta ad aumentare la propria  in;luenza  con  progetti  come  la costruzione  entro  il  2020  di  una  linea ferroviaria che  colleghi  Londra  e  Pechi‐no  in due  giorni  e Singapore in tre,  con tre  linee,  la prima che passa per India e Pakistan, la seconda per Russia ed Euro‐pa  e  la  terza  per  Vietnam  e  Tailandia. Con  questo  sistema  sarà  possibile  tra‐sportare anche carichi di materie prime in modo  più  ef;iciente  e  veloce.  Questo 

progetto  si  aggiunge  a  quello,  da  quasi 530  miliardi  di  euro,  che  punta  a  co‐struire  oltre  30mila  chilometri  di  rete nei  prossimi  cinque  anni  collegando  le maggiori città della Cina con un sistema 

ad alta velocità. 

Un'altra  strategia  del  governo  ri‐guarda  la  penetra‐zione  nel Mediter‐raneo  tramite  i principali  porti 

europei e nordafricani con la costituzio‐ne di joint  venture e alleanze o con l’ac‐quisizione  di  quote  dei  terminal.  Pechi‐no, infatti, esporta per mare il 90% delle sue merci. Già la cinese Cosco ha conclu‐so  nel 2008 un accordo  per  controllare due moli nel porto del Pireo per 35 anni al costo di 4.3 miliardi di dollari. Il Pireo presenta  infatti  costi  più  contenuti  ri‐spetto  ai  porti  del Nord  Europa,  che  ri‐chiedono  otto  giorni  di  navigazione  in più; è vero  che questi utimi offrono ser‐vizi  e reti di trasporto migliori, ma pre‐sto  anche  la Grecia  dovrebbe godere  di un migliore collegamento alla rete ferro‐viaria europea attraverso i Balcani. 

Un'altra  zona  europea  che  interessa  la Cina è quella balcanica, in particolare  la Serbia, il paese chiave della regione, con cui sono stati raggiunti accordi sul piano politico  e  soprattutto  economico.  La compagnia elettrica nazionale serba e la Cmec  (China  national  machinery  & equipment import & export corporation) hanno  ;irmato    un contratto  in  base al quale  quest'ultima  investirà  oltre  un miliardo  di  dollari  nel  potenziamento della  centrale  termoelettrica  serba  di Kostolac.  L'accordo  prevede,  inoltre,  il potenziamento  della  capacità della  vici‐na miniera di Drmo attraverso la realiz‐zazione  di  un  terzo  impianto.  I  cinesi hanno  anche  espresso  interesse  per  la costruzione  del  secondo  ponte  sul  Da‐nubio  a  Belgrado,  opera  fondamentale per  i piani di  sviluppo della  città.  I  Bal‐cani sono diventati per la Cina la base di partenza per  penetrare il mercato  euro‐

L’Europa e il gigante cinese

della  regolamentazione  della  ;inanza  in‐ternazionale come i temi in cui gli europei possono  avere una posizione autonoma e carte da giocare, e che quindi gli america‐ni sarebbero interessati a discutere.Sappiamo come è andata a ;inire: il  primo febbraio  Obama  ha  annullato  il  vertice 

euro‐americano, per non ripetere le espe‐rienze  deludenti  degli  scorsi  incontri.  Il problema,  dunque,  è  che,  ;inché  non  si avvierà  la fondazione di una vera Federa‐zione  europea,  dotata  di  poteri  e  risorse tali  da  permetterle di  sostituire  le politi‐che  estere  nazionali,  non  c’è  rappresen‐

tanza  unica  che  tenga:  gli  Stati  europei continueranno  a procedere divisi e impo‐tenti,  e gli Stato  Uniti si  rassegneranno  a trattare  il  nostro  continente  come  uno strumento  a disposizione delle loro  scelte strategiche.

Laura Filippi 

La Cina non trova nell’attua-le Unione un interlocutore cre-dibile né un freno alle sue mire

espansionistiche

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Per  comprendere  gli  effetti  dei  cambia‐menti in atto in Ucraina a seguito dell’ele‐zione  del  ;ilo‐russo  Viktor  Yanukovich  è necessario  analizzare  il  quadro  dei  rap‐porti Ue‐Russia‐Usa negli ultimi anni. Se il tentativo  di  modernizzare  l’Ucraina  da parte di Viktor Juščenko, sia in senso eco‐nomico  di apertura  al mercato mondiale, sia  in  senso  democratico  di  riorganizza‐zione  dello  Stato  –  tentativo  avviato  al tempo  della  rivoluzione  arancione  dal 2004,  appoggiata  uf;iciosamente  dagli Stati Uniti –, non ha avuto  successo,  lo  si deve in gran parte al fatto che i il paese si è  ritrovato  invischiato  nei  giochi  politici della Russia e degli Usa. 

La  politica  estera  russa  è  orientata  dal‐l’obiettivo  di  espandere  la  propria  in‐;luenza,  innanzitutto  per  riacquisire  il controllo  delle  repubbliche ex‐sovietiche, e sfrutta in questo senso il proprio potere nel  settore  delle  forniture  energetiche. Dopo  l’intervento  in  Georgia,  Mosca  ha rafforzato  ulteriormente  la  propria  posi‐

zione  nella  regione,  e,  mentre  boicotta  il progetto  del gasdotto White Stream  aze‐ro‐turkmeno – che dovrebbe attraversare il  territorio  ucraino  senza  toccare  suolo russo  –    prosegue  nella  realizzazione  di North Stream  e South Stream. Si tratta di due  progetti  mastodon‐tici che mirano a  raffor‐zare  ulteriormente  la dipendenza europea dal gas  russo,  dato  che  la Russia  già  alimenta  il 65%  dell'Austria,  circa  il  40%  della  Ro‐mania,  il 36% della Germania, il 27% del‐l'Italia  e  il  25%  della  Francia.  Mosca  ha sempre ragionato  come vera potenza e  il principio  della  ragion  di  stato  viene  ben applicato all’economia, che poggia soprat‐tutto  sulle  forniture  energetiche  all’este‐ro,  che  costituiscono  l’80%  dell’export  e che permettono,  di fatto, di dividere poli‐ticamente  l’Europa.  Gazprom,  una  delle maggiori società mondiali nel settore del‐la produzione di gas naturale, rappresen‐ta un vero e proprio strumento di politica 

estera;  la  partecipazione  azionaria  dai paesi esteri è stata contenuta entro quote limitate  e  a tutt’oggi una  percentuale del 38% circa, maggioranza schiacciante, è in mano  al  governo  russo.  Per  i  paesi  del‐l’Europa orientale  le conseguenze di que‐

sta  situazione  sono  evi‐denti:  Minsk  ha  dovuto accettare  un  raddoppio del  prezzo  del  gas  nel 2006  senza  poter  batter ciglio  e  i  politici  ucraini 

non  possono  dimenticare  l’anno  in  cui Mosca ha raddoppiato  i prezzi. In questo quadro, la valutazione che viene fatta del‐la politica europea è  sprezzante: Sarkozy e la Merkel vengono additati come burat‐tini nelle mani della grande Russia. 

Perché questa perdita di ;iducia nella Na‐to e nell’Ue? Basta, ad esempio, osservare la distribuzione dei  futuri  gasdotti  russi. North Stream  attraverserà  il Mar  Baltico per  alimentare  il  nord Europa,  e  soprat‐tutto  la  cara  amica  Germania,  senza  che 

Il paese si è ritrovato invischiato nei giochi politici della Russia e

degli Usa

L’Ucraina cambia orizzonti

peo  dell'energia  e  delle  infrastrutture mentre  la  Serbia  ha  trovato  nella Cina un investitore  e un alleato  politico per la difesa della sua sovranità sul Kosovo. 

Un altro  obiettivo  che la Cina si pre;ig‐ge  è quello  di  acquisire  posizioni van‐taggiose nei negoziati con la Russia per le  forniture  energeti‐che;  a  questo  scopo, sta  cercando  di  in‐staurare  legami  eco‐nomici  con  i  suoi  vi‐cini.  Ad  esempio  ha investito  un  miliardo di dollari per la costruzione di strade in Tajikistan e ha accordato un prestito di quasi  tre  miliardi  alla  Bielorussia.  Un altro paese verso  cui rivolge le proprie attenzioni  è  la Moldavia,  a  cui  la  Cina intende  concedere  un  prestito  di  un miliardo di dollari per la costruzione di infrastrutture e  per  la  creazione di  in‐dustrie ad alta  tecnologia. Il paese sof‐fre  per  la  crisi  economica,  dato  che  il reddito  derivante  dai  guadagni  dei  la‐voratori all'estero  ‐  che rappresenta un terzo  del  prodotto  interno  lordo  ‐  è diminuito del 30% . La Moldavia, a cau‐

sa della mancanza di materie prime, di un'amministrazione debole e della pre‐senza  di  un  regime  separatista  in Transnistria, non ha mai attirato grandi capitali  esteri.  La  Cina  invece  intende sfruttare le potenzialità del paese che è dotato  di  un'industria  tessile  competi‐

tiva, di un esteso  setto‐re  agricolo  e  di  un buon  sistema  scola‐stico  ereditato  dal‐l'ex Unione Sovietica. Inoltre  il  passaggio di  merci  destinate all'Unione  europea 

attraverso  il paese diminuirebbe  i costi di trasporto per  la Cina. Ma anche l'Ita‐lia  è parte dei piani cinesi: la Cosco  ha stipulato un accordo di partnership con l'italiana Msc  per  la  gestione del porto di Napoli;  inoltre, ci sono stati  incontri con  le maggiori compagnie telefoniche italiane in merito  alla creazione di una rete  a  banda  larga  uni;icata.  I  cinesi avrebbero comunicato di disporre linee di  credito  per  102  miliardi  di  dollari per  l’acquisto  di  apparati  di  loro  pro‐duzione.  L’Italia riveste da questo  pun‐to  di  vista  una  posizione  signi;icativa 

poiché  dall’anno  scorso  è  diventata  il principale  hub  dei  dati  internet  che interessano  l’Africa  e  il Medio  Oriente. Già il Portogallo che è corridoio di pas‐saggio per i dati provenienti dall'Atlan‐tico ha scelto l'azienda Huawei Techno‐logies per un progetto di sviluppo della rete nazionale. 

Nell'attuare  i  suoi  piani,  la  Cina  non trova  nell'attuale  Unione  un interlocu‐tore credibile   né un freno alle sue mire espansionistiche.  La  sua  politica  di rapporti  bilaterali  con  i  singoli  Stati, inclusa  la  Germania,  le  permette  di sfruttare le dif;icoltà di ciascuno di essi. Ma in questo modo,  rimanendo divisi,  i paesi  europei si  condannano  all'impo‐tenza di fronte al gigante cinese. Anche questa è una delle ragioni che dovrebbe spingere  gli  europei  a  portare  a  com‐pimento  il  processo  di  uni;icazione, creando  uno  Stato  federale  che  possa trattare alla pari con la Cina e avere un peso negli  equilibri mondiali  in forma‐zione.

Giulia Spiaggi

La Cina si va imponendo grazie al fatto di saper

elaborare piani economici e strategici a lungo termine

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alcuna  diramazione  passi  per  le  repub‐bliche  baltiche  o  la  Finlandia.  South Stream  eviterà  territorialmente l’Ucraina e alimenterà l’Europa dal sud. Ciò  signi;i‐ca che la Federazione russa potrà decide‐re di tagliar  fuori quei paesi su cui tenta di ristabilire la propria egemonia  (Ucrai‐na,  Russia  Bianca,  Repubbliche  Baltiche, ecc.)  senza  causare  allo  stesso  tempo problemi alla preziosissima e ricchissima Europa  occidentale,  che,  priva  di  potere politico,  si lascia prendere nella morsa e non è più palesemente in grado di essere concretamente di aiuto nei confronti dei paesi dell’ex‐Urss. 

In  questo  quadro,  gli  Stati Uniti  si  sono mossi  in  ritardo:  il  progetto  Nabucco, ossia  il  gasdotto  che dall’Iran e dall’Iraq dovrebbe  raggiungere  l’Austria  senza attraversare la Russia – progetto che essi per primi hanno voluto e sponsorizzato – è  in dif;icoltà,  grazie  all’abile  politica  di accaparramento delle fonti di gas da par‐te dei russi. Dal punto  di vista del rendi‐mento economico sembra un investimen‐to sempre meno promettente, e per primi 

gli  europei,  sensibili  alle  pressioni  di Mosca,  sono  titubanti a  ;inanziarlo; que‐sto però signi;ica che, in futuro,  l’Unione europea  sarà  sempre  meno  capace  di affrontare il grave problema politico  del‐l’approvvigionamento  energetico.  Gli europei si illudono che gli Stati Uniti ven‐gano  come sempre  in loro aiuto,  ma  questa  volta non  sarà  così.  Come  di‐mostra  il caso  ucraino,  il legame  Ue‐Nato‐Usa  sta saltando.  La  Russia  riac‐quista man mano il controllo dell’area ex‐sovietica, e gli Usa non hanno le risorse e l’interesse  per  intervenire ulteriormente nella  disputa  europea.  Da  parte  sua, l’Unione  europea,  senza  una  politica energetica unica, non ha nessun progetto serio per diminuire  la propria dipenden‐za  dal  gas  russo.  Basti  pensare  che  la Germania ha iniziato subito a collaborare con la Russia sin dalla caduta del muro e che  oggi  in  Russia  lavorano  cinquemila imprese tedesche; le esportazioni di pro‐dotti  industriali  ad  alto  valore  aggiunto verso  Mosca  rappresentano  una  fetta 

signi;icativa  dell’economia  tedesca.  Fin‐ché  ragionerà  e  agirà  come  Stato  indi‐pendente (come dimostra  la posizione di Angela  Merkel  e  di  Guido  Westerwelle), la  Germania  non  permetterà  nessun cambiamento  del  legame  Berlino‐Mosca, per paura di cedere ai concorrenti il pro‐prio  vantaggio  economico.  A  breve  ter‐mine,  la  Germania  ha molto  interesse  a collaborare con la  Russia:  questa ultima, tramite North Stream,  potrà  garantire ai tedeschi il controllo dei gasdotti che dalla Germania  si  rami;icano  poi  nel  resto d’Europa,  rafforzando  il  potere  tedesco sul continente. 

Ancora una volta l’incapacità dell’Unione di avere una politica di lungo periodo nei rapporti con la Russia dimostra tutta l’in‐suf;icienza  dei  Trattati  in  vigore  e  delle attuali istituzioni europee. Jay nel Federa­list  ricorda  la  necessità  di  unirsi  in un'unica  sovranità federale  per non farsi dividere  da  chi  è  più  potente  e  vuole esercitare  la  propria  egemonia,  e  cita  il caso delle poleis greche ai tempi di Filip‐

po il macedone. La veri‐tà  è infatti che gli euro‐pei  avrebbero  a  loro volta armi di  ricatto  nei confronti  di  Mosca,  per‐

ché  se  essi  vivono  del  gas  russo,  a  loro volta  i  russi  vivono  del  denaro  che  gli europei pagano per le forniture, come si è dimostrato  anche  nel  2006  quando l’Unione  ha  in  parte  smorzato  il  ricatto della  Russia  nei  confronti  dell’Ucraina riguardo al prezzo del gas. Che la grande potenza  sia  la Macedonia  di  Filippo  o  la Russia di Putin non fa molta differenza: il punto è capire che, per non lasciare spa‐zio  ai  miopi  interessi  nazionali,  come quelli  tedeschi, che vanno  a scapito della libertà di tutti gli europei, bisogna creare in Europa una vera federazione.

Publius - Per un’alternativa europeaNumero 5 - Settembre 2010

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Direttore responsabile: Laura FilippiRedazione: Giovanna Albonico, Nelson Belloni, Federico Butti, Martina Cattaneo, Laura Filippi, Giacomo Ganzu, Luca Lionello, Ga-briele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Matilde Oppizzi, Carlo Maria Palermo, Giulia Spiaggi, Maria Vittoria Lochi.Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l

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Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009

Iniziativa realizzata con il contributo della Commissione A.C.E.R.S.A.T dell’Universi-tà di Pavia nell’ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studenti.Distribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

L’Europa non è più in grado di essere di aiuto

ai paesi dell’ex-Urss