PROVA DI ITALIANO TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO...

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    PROVA DI ITALIANO (per tutti gli indirizzi: di ordinamento e sperimentali)

    Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte.

    TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO Giuseppe Ungaretti, Lisola (da Sentimento del tempo, 1919-1935, e in Vita dun uomo, Mondadori, 1992)

    1 A una proda ove sera era perenne Lombra negli occhi saddensava Di anziane selve assorte, scese, 15 Delle vergini3 come E sinoltr Sera appi degli ulivi; E lo richiam rumore di penne Distillavano i rami 5 Cherasi sciolto1 dallo stridulo Una pioggia pigra di dardi, Batticuore dellacqua torrida, Qua pecore serano appisolate E una larva (languiva 20 Sotto il liscio tepore, E rifioriva) vide; Altre brucavano Ritornato a salire vide La coltre luminosa; 10 Chera una ninfa e dormiva Le mani del pastore erano un vetro Ritta abbracciata ad un olmo. Levigato da fioca febbre. In s da simulacro a fiamma vera Errando2, giunse a un prato ove

    1 - erasi sciolto: si era staccato, sollevato 2 - In sErrando: vagando col pensiero da una visione larvata ad una sensazione pi forte 3 - Lombradelle vergini: negli occhi delle ninfe si addensava lombra (del sonno, ma anche della zona boscosa). Giuseppe Ungaretti (Alessandria dEgitto, 1888 Milano, 1970) di famiglia lucchese, dallEgitto si trasfer in Europa, desideroso di fare nuove esperienze di vita e di cultura. Ebbe contatti a Parigi con la poesia simbolista e postsimbolista e con la filosofia di Bergson. Nella Prima Guerra Mondiale combatt in Italia, sul Carso. Visse a lungo a Roma. Sue principali raccolte poetiche: LAllegria, 1919; Sentimento del tempo, 1933; Il Dolore, 1947; Terra promessa, 1950 (tutte con successive edizioni ampliate). La lirica Lisola (del 1925, poi rielaborata) rievoca, come un sogno, una visita che Ungaretti, da Roma, aveva compiuto nella campagna intorno a Tivoli: non si tratta di una vera isola, ma di un paesaggio campestre, arcadico, in cui il poeta si era isolato e immerso, trasfigurando presenze reali in immagini mitiche. 1. Comprensione del testo Partendo dalla presentazione che trovi nelle righe precedenti, dopo aver riletto alcune volte lintera lirica, riassumine il contenuto informativo (movimenti del poeta nei luoghi; altre presenze reali; figure immaginarie). Il poeta sublima nellimmaginario mitologico-tradizionale e si trasfigura nelle immagini e nei movimenti del pastore di arcadica memoria la sua esperienza nelle campagne di Tivoli (gi paesaggio, locus amoenus, della poesia classica latina e della poesia italiana classicista ma anche europea). Ungaretti segue per analogia i movimenti del pastore che maschera di se stesso

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    attraverso i topoi di un tempo trasfigurato, il tempo del mito (nota linsistenza sui verbi al passato remoto e a notazioni paesaggistiche seguita da aggettivi che ne indicano latemporalit). In particolare, dopo la iniziale descrizione della campagna attraverso uno sguardo emotivo ed umanizzante, il pastore-poeta scende (nella poesia, ricordando la vicinanza di Ungaretti con le innovazioni delle avanguardie storiche, seguiamo lo sguardo del soggetto attraverso i suoi movienti espliciti quasi attraverso un montaggio filmico) e sinoltra nel paesaggio (del sogno, dellilluminazione visionaria, della memoria, pi che nel concreto della campagna tivolese), richiamato dai suoni degli uccelli e dallo scrosciare di un torrente. Abbracciata ad un olmo (albero della tradizione lirica, nessuna concretezza di rappresentazione nonostante il forte dato sensoriale), la prima visione del poeta-pastore: una larva (sorta di fantasma) che procedendo nella visione si chiarifica essere una ninfa, figura mitologica dei boschi e delle fonti. Aumentando la sensazione ed il concentramento onirico il soggetto prosegue verso un prato, dove le visioni si moltiplicano: le vergini che si godono lombra ai piedi degli ulivi, mentre una tenue pioggia (di dardi, metafora guerresca tipicamente arcadica) conforta lambiente. Infine la visione si allarga al mondo animale, le pecore che sappisolano e continuano ciclicamente, senza tempo, il loro vivere nelle azioni consuete. La clausola del componimento si stacca dai precedenti versi per la forte analogia che, sottolineata dalluso dellimperfetto verbale, riporta lattenzione al corpo e allesistenza del pastore-poeta, con dati questa volta meno onirici e pi tattili pur nellevocativit dellanalogia tra animato (le mani e lo stesso pastore) e inanimato (vetro levigato, da, si noti bene, fioca febbre, che rimanda alla condizione esistenziale del soggetto). 2. Analisi del testo

    2.1. A quale personaggio si riferiscono i verbi scese, sinoltr, vide (due volte), giunse (nei versi 2, 3, 8 ,9 e 13)? Che tempi del verbo sono?

    I verbi sono riferiti al soggetto senziente protagonista del componimento: il pastore che sublima lesperienza del poeta. I tempi sono al passato remoto.

    2.2. Cerca le forme dei verbi allimperfetto. A quali elementi e aspetti della scena si riferiscono? Quale contrasto creano questi verbi allimperfetto con quelli indicati nella domanda precedente?

    I verbi allimperfetto si riferiscono, fino alla clausola finale, sempre agli elementi esterni al soggetto: visioni e presenze, elementi paesaggistici e fenomeni atmosferici, animali. Fino alle stesse mani del pastore (esplicitamente: erano) descritte come altro rispetto allo scorrere analogico di memoria e visione della poesia.

    Il contrasto proprio con le azioni finite al passato remoto del soggetto e alle azioni durative nella memoria di presenze e fenomeni incontrati, rese appunto con limperfetto indicativo.

    2.3. Molte parole indicano lombra, la sera, il sonno: davvero sera o si tratta di un contrasto tra zone del paesaggio? Nota e commenta le espressioni ove sera era perenne (v. 1), acqua torrida (v. 6), la coltre luminosa (v. 22).

    E evidentemente un chiaroscuro del paesaggio, che accompagna il viaggio del pastore-poeta, la sera perenne dellombra delle selve (slittamento da concreto ad astratto, da condizione visiva a condizione temporale tipica della poesia simbolista) alla luminosit

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    data dalla calura del torrente (anche qui da concreto ad astratto: da torrente al pi evocativo e generico acqua), allombra degli ulivi (riferito per agli occhi delle vergini) al prato luminoso dove brucano le pecore sotto i raggi del sole.

    2.4. Spiega, anche con laiuto del dizionario, le parole proda (v. 1), larva (v. 7) e simulacro (v. 12).

    Sono tutte parole del lessico aulico e classicheggiante della tradizione lirica italiana. Pi che di derivazione dantesca, della tradizione lirica da Petrarca allArcadia, passando ovviamente per il barocco secentesco, caro ad Ungaretti. Proda significa riva, sponda, striscia di terreno in pendio che delimita un campo, parola usata nella sua evocativit lirica pi che nella precisione paesaggistica. Larva significa fantasma, spettro, usata dal poeta per determinare liniziale irriconoscibilit della presenza alla vista e alla comprensione, che poi diventa figura mitologica nella ninfa del verso 10. Simulacro significa originariamente in latino statua, ma passato nellitaliano come parvenza, immagine fallace di una cosa: anche qui usato per determinare la progressiva focalizzazione dellesperienza (diventa infatti fiamma viva) verso unimmagine compiuta nellimmaginario, pi che nel paesaggio, descritto dal pastore-poeta

    2.5. Quale scena descrivono i versi 4-6? Metti insieme le sensazioni che ricavi dalle espressioni rumore di penne, stridulo batticuore, acqua torrida e dal verbo erasi sciolto.

    I versi 4-6 descrivono una situazione tipicamente uditiva: nel suo scendere, questi suoni distolgono lattenzione del poeta che ricostruisce le immagini di uccelli che sinvolano e di un limpido torrente che scorre impetuoso sotto un sole estivo. I suoni si sciolgono luno nellaltro a formare questimmagine nella mente e nel ricordo del poeta, immagine determinata proprio dal ricordo uditivo.

    2.6. Al v. 18 i dardi sono i raggi del sole che scendono attraverso i rami. Commenta lespressione pioggia pigra di dardi, in cui un carattere umano, la pigrizia, attribuito ad un elemento naturale.

    I dardi, metafora arcadica per i raggi del sole, diventano pioggia pigra perch il paesaggio completamente umanizzato, un paesaggio dellanima, del ricordo e del sentimento pi che un luogo geografico. Il poeta associa dunque attributi del comportamento umano al paesaggio emotivo che descrive per caratterizzare una specifica condizione dellanima.

    2.7. Commenta i due versi finali, rendendo con parole tue laspetto delle mani del pastore. (Ricorda che non lontano da Tivoli, nella campagna romana, a quel tempo era ancora diffusa la febbre malarica).

    Tutte le presenze mitologiche della poesia possono avere la valenza di rimandare a precise figure prostrate dalla febbre malarica della campagna romana. La febbre diventa anchessa prostrazione dellanima pi che patologia, in particolare nella descrizione delle mani del pastore: la condizione dellanima (fioca febbre) riga, leviga la durezza e la trasparenza delle mani, viste analogicamente come vetro. E una condizione onirica in cui realt e apparenza si intersecano inseparabilmente.

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    3. Interpretazione complessiva e approfondimenti Riflettendo su questa lirica, e utilizzando le tue conoscenze di altre poesie di Ungaretti, commenta nellinsieme questo testo, per metterne in evidenza la libert metrica e lintreccio di richiami simbolici, che sfuggono a una ricostruzione logica ordinaria. Riferisciti anche al quadro generale delle tendenze poetiche, artistiche e culturali del primo Novecento in Italia e in Europa. Memore della grande stagione delle avanguardie storiche in Europa ed in particolare della poesia francese di inizio secolo, Ungaretti si inserisce in pieno con questo testo, Lisola, tratta dalla sua seconda raccolta Sentimento del tempo, pubblicata nel 1933, nel generale ritorno allordine della cultura e nello specifico della poesia europea dopo la fine della Grande Guerra. Un ritorno a tematiche e figure classicistiche, a modalit sicuramente meno di rottura che non leversiva prima raccolta LAllegria, punto pi alto della poesia davanguardia italiana del Novecento. Un ritorno a modalit pi tradizionali che per non dimenticano, anzi rielaborano attraverso un occhio pi attento alla profondit storica del componimento le conquiste della stagione avanguardistica. Possiamo infatti ritrovare nella poesia le novit formali dellUngaretti prima maniera, riviste con occhi evocativi ed uno strenuo lavoro sulla lingua che anzich sondarne la fondamentale abissalit della parola stagliata nel suo espandersi di significato attraverso il bianco del foglio e la testimonianza dell uomo di pena, come nella prima raccolta, ricercano il canto, la purezza, la compiutezza formale nel confronto con il linguaggio della tradizione letteraria italiana. Un linguaggio che dimentica dunque gli espressionismi pi tipici di LAllegria per farsi sfumato, evocativo, onirico. Ritorna il linguaggio aulico e mitologico della tradizione (vedi le stesse parole che lanalisi del testo ha evidenziato in 1), ma la ricerca della parola pura, poetica costante nelle diverse stagioni dello scrittore, si sintonizza sulla generale stagione europea di ritorno alla forma e alla figurativit (vedi non solo la poesia francese, ma anche larte di artisti come Picasso o il surrealismo di Breton, per non parlare poi, restando in Italia, della poetica del realismo magico di Bontempelli). Una figurativit che si pu ben cogliere nella poesia attraverso i luoghi e le figure mitologiche incontrate e ad unattenzione costante per il dato sensibile, trasfigurato, anzi, sublimato, nella pi recente poetica dellanalogia che la grande innovazione novecentesca della poesia postsimbolista. Ungaretti riprende non solo Apollinaire ma lo supera riaccogliendo Mallarm e Valry per accostarsi ai modelli europei (Jimenez, per esempio) e formare, soprattutto con la raccolta Sentimento del tempo, il modello formale per il successivo ermetismo italiano che si svilupper proprio negli anni trenta. Se abbiamo constatato sul piano storico limportanza della seconda stagione di Ungaretti, di cui Lisola uno dei componimenti pi celebri, manca da sondarne le particolarit interne e la continuit con lopera precedente. Come ha scritto il critico Gianfranco Contini, in Ungaretti la parola precede il discorso. Non potrebbe esserci pi esplicita esemplificazione della poetica dellanalogia, dove la poesia si fa onirica, visionaria, proprio nel contatto analogico tra campi semantici distantissimi (vedi ad esempio i versi finali), che arricchiscono il dettato di un alone quasi magico, irrazionale, su cui si inserisce, arricchendolo, proprio il richiamo alla tradizione arcadica. Una tradizione, qui il pi profondo significato del ritorno allordine degli anni venti, coscientemente professato da Ungaretti, non pi sentita come modello etico (come in Leopardi o, diversamente, in Carducci) o come repertorio di temi e figure (come nel neoclassicismo), ma come stanze della memoria, quasi in consonanza con le allucinanti visioni di un De Chirico in pittura. La riflessione sul tempo e sulla memoria, esplicitamente ripresa dal

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    poeta gi nel titolo della raccolta, continuano nel riproporre sulla pagina la durativit nella coscienza dellistante, trasfigurando le figure in emblemi eterni, perch presenze costanti nel ricordo del poeta. Ungaretti non a caso stato a Parigi studioso proprio del filosofo francese Bergson e del suo pensiero riguardo al tempo interiore, individuale, incommensurabile col tempo cronologico: tempo che ha cercato di rendere nei passaggi analogici e simbolici della sua poesia, in continuit con le poesie di LAllegria, che non a caso presentavano la data per ogni componimento. Riprendendo la tradizione, Ungaretti non tradisce, anzi, continua la prima stagione. Tale assunto si pu notare anche nelluso del verso libero. Se si possono trovare endecasillabi e novenari, pi in generale il ritmo della poesia non dato dai versi liberi, ma dal susseguirsi di immagini analogiche, con una precisa attenzione anche alla teatralit del componimento. Quella di Ungaretti una poesia che cerca la lettura e linterpretazione a voce: i critici ricordano come la lettura del poeta, fatta di forti pause riflessive ed evocative, non muti sostanzialmente dalla prima raccolta a quelle successive.