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Proprietà r iservata .

Prato, Tip. d i Amerigo L ic i .

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AL PADRE MIO

GUGLIELMO DE’

CLARICINI

ALLA MIA AVA MATERNA

ANGEL INA PASOLO-PODRECCA

CHE SOLI RIMASTI AL MIO AMORE

TUTTO L’

AMOR MIO COMPRENDONO

QUE STO LAVORETTO

SUL MASSIMO DE’

NOSTRI SCRITTORI

CHE A S ! RITORCE TUTTA LA MIA CURA

DEDICO E RACCOMANDO

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protezione delle scienze, delle e dellelettere è cosa sommamente lodevole

,e ben

augurabile ad una nazione : attesoche,per suo

mezzo , meglio si svolge e più agevolmente giunge alsuo apogeo la civiltà dei vari popoli . Quell

aiutare persone fornite di intelletto singolare, quello stimolare conla protezione le doti del loro ingegno

,quel sovvenire ai

loro bisogni,perché nella serenità dello spirito possano

intendere alle rag ioni del bello e del buono,tutto ciò dà

vita ed incremento a quelle opere , che mentre manifestanogli effetti fecondi della largita protezione, dischiudonopiù largo campo alla civiltà , e sono come il punto dalquale i posteri pigliano le mosse ad altre opere durature .

La Grecia ebbe il suo secolo d’oro sotto Pericle, insi

gne capitano , valente politico , eccellente oratore ; il qualetrattava con sovrana munificenza gli artisti e i letterati .E avremmo noi forse l

Eneide di Virgilio, le Odi ele Satire di Orazio , e altri scritti eccell enti, se un Augustonon avesse onorato e protetto questi ed altri nobili in

gegni del suo tempo ? In Mecenate, segretario di quel

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Cesare,era tanta la voglia d’ aiutare i valent’uomin i

,e

tanti prodigò tesori per loro , da meritarsi che il suo

nome fosse come appellativo d’ogni persona, che sov

venga chi contende alle discipline liberali I ) .

Vero è che talvolta il mecenatismo non è che un or

pello,sotto cui si nascondon le mire più basse, le più

abbiette operazioni . Si vuol dare, come comunemente sidice

,la polvere negli occhi ai più degli uomini

,per po

terli spadroneggiare con più agio,per far loro sentire men

pesante il tirannico giogo , che gli Opprime . La storia letteraria dell

Italia, della Francia e della Spagna ed ancod’altre nazioni

,ne può rendere chiarissima testimonianza .

Dante ardentemente desiderava che i principi italianifossero mecenati ; e nel De Vulgarz

'

E logueutia (I, 1 2) (2)porta a cielo Federico II buon logico e cherico grande (Cono .

,IV

,I ), ed il bennato suo figlio Manfredi

,

perchè ambidue seguirono le cose umane e le bestiali sde

guarano. Propter quod corde uobz'

les,atquegratiarum dotati,

inbaerere tantorumPrz'

ncz'

pumnza/estati conati sunt; ita quodeorum tempore quidquid excellentes Latz

'

uorum euitebautw,

pr imi tus in tautorum Coronatiorunì aula pmd ibat E

(I ) Que l l ’ il lustre letterato, che fu B . S orio,in una sua lettera a l Profes

sore Massalongo, deplorando che opere egregie non possano venire al la luceperchè gli auton non hanno i mezzi

,in quanto a l mecenatismo scriveva

Mecenate ègia morto che sono degli ann i più che mi l lanta, ed i suoi successori non s i conoscono pm.

(a) Per tutte le citazioni del le Opere di Dante mi valgo esclusivamentedelle accuratissime edizioni del Giuliani . Mentre stavo correggendo le bozzedel presente lavoretto fu annunziata la morte dell ’ illustre uomo . L a èta lperdita che ogni buon italiano, specialmente gli amatori di Dante, devono sentire con grande dolore .

(3) Quanto l ’Al l ighieri si compiace d l lodare la generosità e la magni

ficenza di Casa S veva, al trettanto in piu occasioni rimprovera l ’avarizia della

Casa d ’Angiò, specialmente di Carlo II e di Roberto . Belle, a tal proposito

le digressioni e le frecciate del Canto settimo del Purgatorio,dell ’ ottavo e

decimonono del Parad iso . Però il Poeta non solo fa eccezione d i Car lo Martello, figliuolo d i Carlo II e fratello d i Rob erto, ma gl i pone in b occa parole,

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perchè la nostra trattazione riesca con la possibile chiarezza e a maggior profitto

,ci sarà duopo di seguire at

tentamente la storia .

Nel I 302 Dante Al lighieri, in un con molti altri fiorentini

,fu mandato a confine da quella terra, che tanto

amava ; e poiche',come dice egli, fu piacere de

’ cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma Fiorenza, di gettarmi fuori del suo dolcissimo seno (nelquale nato e nudrito fui fino al colmo della mia vita,e nel quale, con buona pace di quelli, desidero contutto il cuore di riposare l’ animo stanco, e terminareil tempo che mièdato), per le parti quasi tutte, allequali questa lingua si stende, peregrino, quasi mendicando

,sono andato, mostrando contro a mia voglia

la piaga della fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata ( I ) . E quindi continua : ! Veramente io sono stato legno senza vela e senzagoverno

,portato a diversi porti e foci e liti dal vento

secco,che vapora la dolorosa povertà ; e sono vile ap

parito a molti, che forse per alcuna fama, in altra forma,mi aveano immaginato nel cospetto de’ quali non sola

le quali, oltrechè mostrare l ’ indole generosa di quel Principe , fan credere che

l ’ All igh ier i si sarebbe atteso da lui larga protezione e ospitale rifugio . Danteaveva conosciuto Carlo Martel lo nel Maggio del 1 289 , quando quel Principe,dal la Francia recandosi a Napoli, fermossi alcuni giorni a Firenze . Dalle af

fe ttuose espressioni, onde ne l Paradiso favella a Dante , b en si scorge che trai due dovette essersi stretta una sincera amiciz ia, alla quale

,nelle strettezze

e nel l ’ abbandono dell ’ esil io, il Poeta avrà ripensato con ardor di desiderio ;perchè, se Carlo Martello fosse vissuto, si sarebbe risolta in effi cace sussidioe in mecenatismo b en degno . Non altro che questo senso hanno per noi iversi seguenti (P ar ., VIII, 55)

Assai m’amasti, ed avesti b en onde ;

Chè, s ’ io fossi giù stato, io t i mostravaDi mio amor più oltre che le fronde .

(I ) Cf . P ar .,XVII, 52 e segg.

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mente mia persona invilio,ma di minor pregio si fece

ogni Opera già fatta, come quella che fosse a fare

(Conv., I ,

Quando ebbe sentore di questa ingiusta condanna era

egli a Roma ambasciadore de’Bianchi presso papa Bonifazio VIII . Abbandonando Roma, cominciava così, trasperanze e sconforti

,quella vita raminga, la quale, se

doveva essere per il suo cuore perenne argomento ditanta amarezza , doveva pure costituire la base fondamentale della sua morale e letteraria grandezza : e questonon èpensier nostro

,sibbene stabile credenza dello

Stesso Ailighieri (Cf . Par ., XVII, 97 Lungo la via,

e soprattutto come si fu a Siena,riseppe i particolari dei

lugubri fatti, che aveano rattristato la sua Firenze .

Come navigante, che lieto delle sue vagheggiate speranze discerne il porto , se da una improvvisa procella siveda ricacciato in alto , e tra l

’ impeto dei venti e loscrosciar della tempesta senta sfasciarsi la nave e andarea picco l ’oggetto delle sue fatiche e de

suoi lunghi desiderii , cosi l

’anima di Dante sentissi sbattuta dall ’inattesasciagura . Che fare ? E proprio degli spiriti deboli venirmeno nelle sventure

,e degli spiriti forti esser tetragonz

ai colpi di ventura . Tale era Dante,e se ne pregiava

(Inf ., XV, 93 ; Par ., XVII, il perché,anziche' lasciarsi

andare a vane querimonie,o ad abbattimenti

, che accasciano senza frutto, si diede a tutt

uomo a trovare amicie proseliti alla propria causa e a quella de’ suoi compa

gni di parte, vedendo che non v’ era alcun modo di ridurre a miti sensi i suoi avversari .A Gargonza prima fecero capo i collegati fuorusciti, e

quindi ad Ar ezzo, ove nominarono a loro capitano ilconte Alessandro da Romena, al cui fianco doveano

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stare dodici consiglieri,l ’un de’

quali fu lo Stesso Dante ( I ) . Nella sua dimora in Arezzo (anno I 302) il nostroPoeta s’uni in grande amicizia con Uguccione della Fag

giuola podestà di quella terra . Intanto , vedendo i rifuggitiin Uguccione una certa qual freddezza , andavano formando in Forli ai danni di Firenze una lega sotto ilcomando di Scarpetta degli Ordelafiì . Questi S

’uni agliImolesi

,ai Faentini

,ai Bolognesi

,a Federigo da Monte

feltro , a Bernardino da Polenta e forse ad Uguccione . Inquesto tempo Dante dai fuorusciti vien mandato peraiuti a Verona da Bartolommeo della Scala : e lasciandoagli storici ed ai critici discutere e raflermare il tempodella dimora presso gli Scaligeri

,e le speciali ragioni di

essa,da parte nostra continuiamo a raccogliere l

elementomorale del nostro soggetto . Innanzitutto giova tener benfisso nell ’ intelletto l ’ elogio , che Dante mette in bocca aCacciaguida intorno agli Scaligeri (Par .

,XVII, 70 e segg.)

Lo primo tuo rifugio e ’l primo ostelloSarà la cortesia del gran Lombardo

,

Che in su la scala porta ’l santo uccelloCh’

evra in te si benigno riguardo,Che d el fare e d el chieder tra voi dueF ia primo quel

,che tra gli altri èpiù tardo.

(I ) Alessandro d i Romena dovette essere senza dubbio una di quelle animegenerose , che non furono sorde ai patimenti e al le sventure del nostro A l ligh ier i . In fatti, nella lettera, che Dante scrisse ai nipoti del celebre S ignore,condolendosi del la morte di lui, leggiamo : Memoria eius, usqueq no subtempore vivam,

dominab itur m ihi , quando magnificent ia sua,quae super

astra nunc affluenter d ignis praemns muneratur , m ih i sibi ab annosis tem

por ib us sponte sua fecit esse Doleat ergo,d oleat progenies

maxima Tuscorum, quae tanto viro fulgeb at et doleant omnes amici eius

et sub d it i, quorum spew mors crudel iter verb eravit . Inter quos ultimosme miserum dolere oportet , qui a patria pulsus et exul immeritus infortunia mea rependens, continuo cara spe memet consolab ar in illo.Perduta cosi la speranza di protezione ulteriore

,confida che essa gli sarà

largita dai nepoti ered i ; e le parole, che loro indirizza, pur in atto di con

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Checchene dicano i chiosatori, noi teniamo per indub itato che le allegate parole , per la stessa ragione di tempo ,non possano riferirsi che a Bartolomeo . Ma non era conlui che doveva finire la generosa protezione

,che quella

casa illustre concesse all ’Allighieri, ma sarebbe statacontinuata ed anco cresciuta dal giovane Can Grande .

La seconda volta,cheDante ritornò presso gli Scaligeri ,

fu nel I 308 . Allora sedeva signore di Verona Alboino ,

il quale s’

avea associato al comando il minor fratelloCan Grande

,che per la sua ancor fresca età nulla potea

fare di bene all’

esule. Ma poco dimorò Dante pressoAlboino

,forse perché questi non era nobil uomo . E che

ciò fosse eccovene la prova .

Parlando l ’Allighieri nel Convito (IV,I 6)del vocabolo

nobile,dice che alcuni lo credono derivato dal verbo

latino noseo, e questo è falsissimo . Chèse ciò fosse,quelle cose che più fossero nominate e conosciute inloro genere

,più sarebbero in loro genere nobili : e cosi

la Guglia di San Pietro sarebbe la più nobile pietradel mondo ; e Asdente, il calzolaio di Parma, sarebbepiù nobile che alcuno suo cittadino , e Albuino dellaScala sarebbe più nobile che Guido da Castello diReggio ; che ciascuna di queste cose è falsissima. Eperò è falsissimo che Nobi le venga da conoscere, maviene da non vi le.

Il 3 Aprile 1 3 1 6 Lucca e P isa insorsero contro ilproprio signore Uguccione della Faggiuola

,il quale con

pochi fidi dovette darsi alla fuga . Così i fiorentini insieme

siglio, son notabili rispetto al nostro argomento : Quapropter , carissim iDomini me i, supplici exhortatione vos d eprec or , quatenus mod ice dolerevel it is, et sensua l ia postergare , n isi prout vobis exemplaria esse possun tet quemadmodum ipse iust issimus honorum sibi vos inst ituit in haerede s ,sic ipsi vos, tamquam proximiores ad illum, mores eius egregios induatis.

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alla fazione guelfa, rimasero liberi d’ogni timore . Intanto

nel dicembre di quell ’ anno il conte Guido di Battifollepodestà di Firenze fece uno stanziamento

,per il quale si

permetteva a presso che tutti i forusciti di poter a certecondizioni rientrare in patria . Doveano questi pagare unacerta somma di danaro

,e quindi andarsene con in mano

un cero alla chiesa di S . Giovanni ; e quivi far l’offerta .

MaDante non era pusi llamz'

me (I ), nè si p iegò a similepretensione ; che anzi ad un frate suo amico

,che gli dava

l’

annunzio dell ’ avvenuto stanziamento,e lo esortava ad

accettare quell’

indulto,rispose con una lettera

,la quale

,

per la sua rilevanza storica,e perchè fa palese tutta la

potenza e la fermezza del carattere di Dante,credo Op

portuno di qui riportare in tutta la sua integritàIn litteris vestris et reverentia debita et affectione

receptis, quam repatriatio mea curac sit vobis ex animo,grata mente ac diligenti animadversione concepì ; etinde tanto me districtius ob b ligastis, quanto rarius

exules invenire amicos contingit . Ad illarum vero si

gnificata respondeo ; et si responsio non erit qualiterforsan pusillanimitas appeteret aliquorum,

ut sub examine vestri consilii antea !udicium ventiletur

,aflectuose

deposco .

Ecce igitur quod per litteras vestri'

meique nepotis,nec non aliorum quamplurium amicorum

, significatum

est mihi per ordinamentum nuper factum Florentiae

super absolutione bannitorum : quod si solvere vellemcertam pecuniae quantitatem, vellemque pati notamob lationis, et absolvi possem et redire ad praesens . Inquo quidem duo ridenda et male praeconsiliata sunt,

(I ) A buon proposito, sarà bene che si vegga nel Convi to (I, I I ) quantoi l nostro Autore ragiona del la pusi l lanimi tà in opposizione alla magnanimità .

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Pater ; dico male praeconsiliata per illos qui talia expresserunt , nam vestrae litterae discretius et consult lus

clausulatae nihil de talibus continebant .

E stne ista revocatio gloriosa, qua DantesAl lagherinsrevocatur ad patriam,

per trilustrium fere perpessusexilium? Hoc ne meruit innocentia manifesta quibuslibet ? Hoc sudor et labor continuatus in studio ? Absita viro Phi losophiae domestico temeraria terreni cord ishumilitas, ut more cuiusdam Gioli et aliorum infa

mium,quasi vinctus, ipse se patiatur offerri ! Absit a

viro praedicante ]ustitiam,ut perpessus in!urias, in!u

riam inferentibus, velut b enemerentibus, pecuniamsuam solvat !

Non est haec via redeundi ad patriam,Pater mi ; sed

si alia per vos aut deinde per alios invenietur, quaefamae Bantis atque honori non deroget , illam non lentispassibus acceptabo . Quod si per nullam talem Florentiam introitur, nunquam Florentiam introibo . Quidni ?

nonne Solis astrorumque specula ubique conspiciam?

Nonne dulcissimas veritates potero speculari ubiquesub Goelo , ni prius inglorium,

immo ignominiosum,

populo Florentinaeque civitati me reddam?Quippe necpanis deficiet .

Magnanima risposta ; nella quale, come in tersissima etranquilla onda S l rispecchia la nobile figura di quel

oG rande .

Arso dal desiderio di rivedere la cara Firenze,piu cara

ancora per avervi lasciato, come credono alcuni , la mogliee sette figliuoli

,non s’ induce a ricondurvisi per timore

che la sua fama ed il suo onore potessero venirne macchiati . Allora più che mai gli cadde ogni speranza dirimpatriare . Continuò sua vita raminga

,simile al buon

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Romeo,del quale

,povero e vetusto, si compiace di tessere

le lodi con vivace parola (Par ., VI, I

E se il mondo sapesse il cuor ch’ egli ebbe,Mendicando sua vita a frusto frusto,Assai lo loda, e più lo loderebbe.

Povero Dante, ben S’ apponeva quel tuo antenato ,

Cacciaguida, quando di sse (Par ., XVII, 55 e segg.)

Tu lascerai ogni cosa dilettaPiù caramente ; e questo èquello strale,Che l’arco dell’ esilio pria saetta.

Tu proverai si come sa di saleLo pane altrui e com’ è duro calleLO scendere e l salir per l’altrui scale.

Can Grande della Scala,nel I 3 I I , essendo morto il

fratello Alboino,divenne solo signore di Verona ; e a

conseguire maggiore nominanza e decoro , ottenne inquello stesso anno da Arrigo VII il titolo di Vicario Im

periale . Era allora in sui vent ’ anni ; avvenente della persona

,di spiriti ardenti

,di magnanimi pensari . Le ricchezze

da’

suoi maggiori ammassate dispensava con liberalità(1) .

Essendosi dato a tutt ’

uomo a favorire e proteggere laparte ghibellina

,aiutò l

altoArrigo all ’ assedio di Brescia ,e lo seguì insino a Genova . Morto che si fu quell

impe

radore, parossi dai colpi dei Padovani , dei Trivigiani,

del Marchese d ’

E sre e del Vescovo di Feltre,i quali tutti

s’

erano a’

suoi danni collegati : ed il 1 7 settembre 1 3 14

loro diede una memorabile sconfitta in quel di Vicenza,

(1) Il Boccaccio attesta : S i come ch iarissima fama quasi per tut to ilmondo suona

,Messer Cane della S cala fu uno de ’ p1u notabili

,e de ’

più

magnifici S ignori, che dal lo Imperadore Federigo S econdo in q ua si sapessein Italia . (D ecam.

,Giorn. I, N ov.

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rimanendovi prigioniero lo stesso Iacopo da Carrara ; edaltra, e più sanguinosa ne diede loro , pur presso 3. Vi

cenza, ne] 1 3 1 8 ; de’

quali fatti, appunto perché rilevant i,ci serbò memoria anco nel Poema :

Ma tosto fia che Padova al paludeCangierà l’ acqua che Vicenza bagna,Per essere al dover le genti crude.

(Par ., IX,

Omai tutta Italia era ripiena del nome e delle geste delSignore di Verona .

Abbiamo più Sopra veduto qual fu il guiderdone chelo ingrato popolo di Pisa rende a Uguccione, che gliaveva vendicati di tante vergogne

,e racquistate tutte

loro castella e dignità ; e rimisigli nel maggiore statoe più temuti da’

loro vicini , che città d ’

Italia. COSIGiovanni Villani . Or bene ; gli storici narrano, che il Faggiolano riparasse con alquanti fidi in Lunigiana pressol

amico Spinetta Malaspina . Di là ricorse Uguccione a

Cane della Scala,il quale di buon grado lo accolse, no

minandolo capitano della sua gente d ’

arme,e poi podestà

di Vicenza . Ed ecco che in questo tempo , cioè alla fine

del 1 3 1 6 , o al principio del 1 3 1 7, noi troviamo il nostroAllighieri accolto in corte a Cane Grande della Scala inmodo rispondente e all

animo generoso del Signore ealla fama del Poeta.

Bisogna pur dire che la generosità, con che il Poetafu trattato da Can Grande

,fosse veramente regale . In

fatti, in tutte le opere di Dante non troviamo a qualsiasialtro personaggio elogi tanto profusi e tanto schietticome quelli

,che il povero esule rivolge al Signor di Ve

rona : alle parole cordiali aggiunge valore la stessa forma

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— 1 5

profetica, e l’

averle poste in bocca ad un suo gloriosoantenato . Accennati i pregi di Bartolomeo , e la primaOSpitalità che Dante n

’ ebbe, Cacciaguida prosegue (Paradisa, XVII, 76 e segg.)

Con lui vedrai colui che impresso fueNascendo

,si da questa stella forte,

Che notabili fien 1’opere sue.Non se ne sono ancor le genti accorte,Per la novella età, chè pur nove anniSon queste ruote intorno di lui torte.

Ma pria che ’l Guasco l’alto Arrigo inganni,

Parran faville della sua virtuteIn non curar d’argento, nè d’ affanni (I ).

Le sue magnificenze conosciuteSaranno ancora si

,che i suoi nemici

Non ne potran tener le lingue mute.A lui t’aspetta ed a

’suoi benefici

Per lui fia trasmutata molta gente ,Cambiando cond iz ion ricchi e mendici .

E portera’ ne scritto nella menteD i lui

,ma nol dirai ; e disse cose

Incredibili quei che fia presente .

Oltre alla lode,in queste parole manifestissima, chi è

che non s’

accorga che lode ancor maggiore è racchiusanella reticenza

,onde il Poeta bellamente riferisce il di

scorso di Cacciaguida ?

1) Perchè queste parole sulla generosa indole di Can Grande hanno moltaaffinità con quelle

,che il Poeta mette in bocca a V irgilio sul profetato Ve l tro,

che non avrebbe c iba to ter ra nèp e l tro, molt1 chiosatori vollero nel Ve l tro

vederci Can Grande , come altri c i aveano g1a veduto Uguccione . Vero èchech i abbia attentamente studiato il D e M ona rchia

,e quel la parte del Convi to,

d ove Dante discorre dei diritt i e dell ’ officio d ell ’ Imp era tore, ne l Veltro, M esso

d i D io (P urg .

,XXXIII), non solo non può ravvisarc i Can Grande od Uguc

cione , ma neppure un Papa,come vorrebbero altri scrittori d ’

altra parted ott issimi . Ogni chiosa

,che ne l Ve l tro non conch iud a per un Impera tore,

a no i sembra disforme d a l genuino pensiero e d al manifesto intento polit icomorale del nostro Autore .

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Quanto a Can Grande, per porgere il necessario com

mento all’allegato passo del Paradiso , viene per no i in

pronto la Epistola dedicatoria , che il Poeta gli scrisseintitolandogli i primi canti del suo Paradiso . Ma per nondirompere di soverchio il nostro discorso

,riferiremo da

essa epistola i tratti, che fanno al caso nostro , lasciandoal lettore il soggiungere le legitt ime considerazioni , che

da essi scaturiscono .

Inclyta vestrae magnificentiae laus, quam fama vigilvolitando disseminat , sic distrah it in diversa diversos,ut hos in spem suae prosperitatis attollat , hos exterminii deiiciat in terrorem . Hoc quidem praeconium,

facta modernorum exsuperans, tanquam veri existentialatins

,arb itrab ar aliquando superfluum. Verum ne diu

turna me nimis incertitudo suspenderet , velut Austriregina Hierusalem petiit , velut Pallas petiit Helicona,Veronam petii fidis oculis discursurus audita . Ib ique

magnalia vestra vidi , vidi beneficia simul et tetigi ; etquemadmodum prius dictorum suspicabar excessum,

sic posterius ipsa facta excessiva cognovi . Quo factum ,

ut ex auditu solo,cum quadam animi sub iectione b e

nevolus prius exstiterim ; sed ex Visu postmodum et

devotissimus et amicus (S I) .

Se tanta era la stima,che a Dante infondevano le pre

clarissime doti,onde Can Grande era fornito

,e la gratitu

dine della quale si sentiva ripieno per i benefici che n’

ebbeda lui

,è naturale che si studiasse nel miglior modo di

far pubblicamente palesi i sensi del suo cuore affezionato .

Prosegue infatti : Praeferens ergo amicitiam vestram

quasi thesaurum carissimum, providentia diligenti etaccurata sollicitudine illam servare desidero . Itaque ,quam in dogmatibus moralis Negotn amicitiam adae

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sofferse fami, freddi e vigilia. Ed ora nella lettera a CanGrande lascia vedere

,che ha in non cale la vita pur d i

arrivare a glorioso porto . A che tante privazioni, tantefatiche? Per poter compiere la D ivina Commedia, per lafama della quale Sperava di poter rendere benevoli i suo iconcittadini, in guisa, che ritornar potesse nella sua patrianon con ignominia sibbene con onorevole atto . M a lastoria ci ammaestra

, che perdonano i re, anco tiranni ,non mai le genti faziose .

Tale era la povertà dell ’Allighieri, che accintosi a snodare i sensi allegorici del principio del suo Poema, quasismettendo l ’ incominciata impresa soggiunge : in speciali vero non exponam ad praesens : urget enim merei familiaris angustia, ut haec et alia utilia reipub licaederd inquere oporteat XXXII) Quindi è chela generosità di Can Grande gli si dovea affacciare comesola àncora di salvezza ; e questa Opinione non solo èraffermata dall

esplicita parola di Dante, ma ben anco daquel certo spirito malinconico

,e in un confidente

,con che

la esprime : Sed spero de magnificentia Vestra, ut aliashabeatur procedendi ad utilem expositionem facultas .

Che Dante fosse largamente sovvenuto dalla munificenza di questo Signore, ce ne dà motivo l

’ aver egli chi amato presso di sé i figliuoli P ietro ed Iacopo

,il primo

de’

quali prese laurea nell’

Università di Bologna . Sappiamo poi che lo Scaligero teneva

,come si suol dire

,

1) Sempre povero, sempre angustiato i l sommo Poeta ! Anche nella citataE pistola ai Conti Oberto e Guido di Romena , scrive in atto di scusa , questecompassione ! oli parole : E go autem me vehementer vestrae d isc ret ioni excusode absentia lacrymosis exequ iis quia nec negligentia

,neve ingrat itudo me

tenuit , sed inopina paupertas quam fecit exil ium . Haec etiam, velut e l‘fer apersecutrix, equis armisque vacantem, iam suae captivitat is me d etrusit in

antrum,et nitentem cunc tis exsurgere V iribus

,huc usque praevalens, impia

retinere mol itur .

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corte bandita ; e guerrieri, scrittori, chi erici, artisti, cortigiani e giullari splendidamente vi si trattavano . E làera Guido da Castello e Sagacio Muzzio Gazzata . I Ghibellini cacciativi trovavano accoglienze oneste e liete

,e

persino i Guelfi, che si sottomettevano a Can Grande,vi

erano benevisi . Vi troviamo in fatto Giacomo da Carrara, Vanni Scornazzano, Albertino Mussato . Ed il Gazzata, storico Veronese, ci ammaestra, che tutti questiavevano nel palazzo del signore nobile stanza e mensa .Or gli uni or gli altri poi erano invitati al desco diCan Grande, e fra questi più sovente Guido da Castelloe Dante .Nel 1 320 Dante ritornò a Verona, dove il 20 Gennaio,

nella Cappella di Sant ’

Elena, alla presenza di quasi tuttoil clero di quella città, trattò la famosa questione DeAqua et Terra I ) . Determinata est haec Philosophia

,

dice l ’Allighieri, dominante invicto Domino, dominoCane Grandi de Scala pro Imperio sacrosancto Ro

mano,per DantemAlagherium Ed anche qui chiama

lo Scaligero con l’ appellativo di invitto .

(1) Dante stesso, nell esordire la trattazione del suo argomento, ci dichiarache tale questione era g1a stata accampata poco prima a Mantova

,dove egl i

si trovava . L a trattò di bel nuovo a Verona, per corroborarla di più validiargomenti ; e la volle poi anche scrivere di suo pugno ne l ivor mul torum

,

q ui absentibus vi r is invid iosa mend ac ia confingere solent, post tergum bene

d ieta trasmutet (S I).A ricordo di questo fatto, festeggiandosi ne l 1865 il sesto centenario della

nascita del nostro Poeta, il Capitolo della Cattedrale di Verona volle porrenella Cappella di S anta E lena la seguente epigrafe

,dettata dal Professore

Leopoldo S tegagnini :QUA IN AE DE DANTES AL IGHE R I US CANONICORUM CONL E GIO E T ! LE RO TANT1

E LOQU I I DESIDERIO CAP T I S COHOR TANT IBU S ANNO MCCCXX DE T ER RA ET AQUAS AP I E NT E R D I SCE P TABAT FIDE I ET SCI ENT IAE V INCUL UM E CCL ESIASTICI OR01NIS ETC IV IL IS EXPRESSAM INDE CONCORDIAM ADM IR AT I CANONICORUM CONL E GI UM ET ! LERUSnum ILL I ITALORUM MAXIMO C IVITAS QUOQUE STAT UAM PONE BAT IMAGINE M S UMM IVATIS SAXO INSCUL PTAM R E I MNE MOSYNON E XTARE VOLUE RUNT ANNO MDCCCLXV .

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Non v ’

ha luogo a dubitare, che la fama di D ante

non dovesse essersi diffusa per molta parte d ’

Italia s inodai primi anni del suo esilio : e ciò non so lo per esseregli già illustre come letterato, non solo per aver ap

partenuto al numero de’ reggitori di Firenze, ma anco per

la fermezza del suo carattere, e per l’ amicizia ond ’

era

legato ai più illustri tra i forusciti fiorentini sparsi quie là per le corti dei signori d

Italia. Non fa quindi maraviglia se le porte dei principi gli si schiudevanobenevolmente, e se anzi i principi stessi facevano a garaper offrirgli la propria protezione : tra cotali vannoannoverati i Marchesi Malaspina .

Erano costoro Signori di quasi tutta la Lunigiana,terra resa illustre per i grandi forusc iti fiorentini

,che

accolse,quali un Guido Cavalcanti, Uguccione della Fag

giuola, il Nostro ed altri molti . Franceschino Malaspinaera particolar padrone di Mulazzo, e Moroello,

suo nipote

,di Villafranca . Da Padova nel I 306 (1 ) Dante

passò probabilmente in Lunigiana,siccome ne dice il

Troya, per le città ghibelline di Mantova e Parma . Nellaprima di queste città era principale Francesco de’

Buo

naccossi, cognato a Giberto da Correggio, signore della

(1) Che l ’Al l ighier i il 27 Agosto di quest ’

anno fosse a Padova, e com

provato d a un documento, riferito d al Gloria (S ul la d imora d i D ante in P a

d ova,nel volume D ante e P a d ova

,S tud i stor ico— c r i t ic i

,Padova

,sul la

cui autenticità gli storici non dubitarono mai (Cf. BAL BO , Vi ta d i D ante,P . II

,

cap . 4 ; BARTOL I , S tor ia d e l la L ett . I ta l ., vol . V ,

cap . XI). A tener v ivala ricordanza di tale dimora l ’ il lustre epigi afista Carlo Leoni

,nella parete

esterna della casa abitata allora d a Dante, vi fece porre a proprie spese ques tasua iscrizione

FA ! IONI E VENDETTEQU I TRASSERODANTE1 306

DAI CARRARA DA GIOTTOEBBE M EN DURO ESIL IO .

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seconda,e questi era cognato a Franceschino . ! giusto il

ritenere,come quasi tutti i dantisti ritengono , che dall

’unoall ’ altro congiunto fosse Dante raccomandato . Fatto stache il 6 ottobre di detto anno troviamo l ’Allighieri inLunigiana, ove fu accolto da que

Marchesi con ogni dimostrazione d’affetto e d

onore . Ardeva da lungo tempoinimicizia fra i Marchesi Malaspina ed il vescovo di Luni,Antonio . Già parecchie volte le Spade si erano incrociate,con grave danno de

rispettivi soggetti popo li . Derideroseadunque ambe le parti di por fine agli odi

,i Malaspina

nominavano per loro paciere l’ illustre ospite,dandogli

così solenne prova di quanto lo stimassero e di quantafiducia gli avea ripieni .Fede di questa ambasceria ce ne fanno l ’ atto di pro

cura dato da Franceschino a Dante,e l ’ atto di pace

,che

fu da lui conchiusa con comune soddisfazione Ai MalaSpina e specialmente a Moroello Dante dovette e aiutoe conforto . Costui per tanti favori avuti mostra la sua

gratitudine eternando nella sua Commedia la fama ditanto Casato . Portò più a cielo

,è vero

,Bartolomeo

e Can Grande della Scala, ma dei Malaspina onora l’ in

tiera stirpe senza disti nzione di persone ( I ) .

(I ) Intorno agli S caligeri, oltre a quanto notammo discorrendo di Alboino,

giova pur rilevare il severo giudicio che Dante fa di A lberto, padre di Bartolomeo, di Alboi no e di Cane, morto ne l 1 30 1 : nel Canto XVIII del Purgator io induce un

’anima parlar cosi

I ’ fui Abate in S an ! eno a Verona,

S otto I ’imper io del buon Barbarossa,

D i cui dolente ancor Milan ragiona.

E tale ha già l ’un piè dentro la fossa,

Che tosto piangerà quel monistero,

E tristo fia d ’avervi avuto possa ,

Perchè suo figlio,mal del corpo intero

,

E della mente peggio, e che mal nacque,Ha posto in luogo di suo Pastor vero.

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Mette Dante nel Purgatorio Corrado Malaspina, il giovane

,Marchese di Villafranca, e ve lo mette perché di

stratto dalle faccende della signoria differi a pentirsi .Il gentil giudice di Gallura Nino Visconti chiama Cor

rado, che, guardato Dante, dopo un lungo silenzio , gli si

fa a dire (Purg., VIII, 1 1 2 e segg.)

Se la lucerna, che t i guida in alto,Trovi nel tuo arbitrio tanta cera,Quant’è mestiere infino al sommo Smalto,Cominciò ella

,se novella vera

D i Vald imagra, o di parte vicinaSai

,dilla a me, che già grande là era .

Chiamato fui Currado M alaspina :Non son l’ antico

,ma di lui discesi

A’mic i portai l’ amor che qui raffina.

O I diss i lui, per li vostri paesiGiammai non fui ; ma dove s i dimoraPer tutta E uropa, ch’ ei non sien palesi ?

La fama che la vostra Casa onora,

Grida i s ignori, e grida la contradaSi che ne sa chi non vi fu ancora.

E d io vi giuro, s’ io di sopra vada,

Che vostra gente onrata non s i sfregiaDel pregio della borsa e della spada.

USO e natura si la privilegia,

Che, perchè il capo reo lo mondo torca

,

Sola va dritta e il mal cammin dispregia.E d egli : Or va, che il Sol non si ricorcaSette volte nel letto che il MontoneCon tutti e quattro i piè c0pre ed inforca,

Che cotesta cortese opinioneT i fia chiavata in mezzo della testaCon maggior chiovi che d’ altrui sermone

,

Se corso di Giudicio non s’arresta (I ).

I ) Certo non poteva ma1 p1u Dante aggiunger nulla a così vive e tenerel odi ; ma egli fece forse p1u al trove, trattenendosi dal l ’ ira. Oltre ai tre

Malaspina che abbiamo veduti più o meno ospiti ed amici di Dante, Franceschino, Corrad i no e Moroel lo, ed oltre ad altri numerosi di tal famiglia

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Quanto Dante si trattenesse presso questi Signori, anoi non è dato di sapere . Dalle rive d’Arno indirizzal

Allighieri una lettera a Moroello Malaspina e si gli dice :Ne lateant dominum vincula servi sui, quem affectus

gratitudinis ad conspectum Magnificen

tiae praesentis oratiunculae seriem placuit destinare .

In questa lettera gli scrive : quum primum pedes

!uxta Sami fluenta securus et incautus defigerem ; subito heu ! mulier, ceu fulgur descendens, apparuit nescio quomodo

,meis auspitiis undique, moribus et

fortunae conformis. Oh quam in eius admiratione

ob stupui ! E s’

innamorò per siffatto modo di questadonna, si come vide il lampo della di lei bellezza, che in

a noi non importanti, era,e per vero dire più famoso al lora che non tutti

questi,un a ltro Moroel lo

,n ipote ancor egli di Corrado l ’ antico

,e cosi

cugino germano del Francesch ino,e zio al la moda di Bretagna del Corrado

e del Moroel lo di Dante . E ra guerriero illustre , ma tra’Gue1fi ; a differenza

del resto di sua casa, che sembra ab antico ed a llora essere stata per lamaggior parte gh ibellina . T anto che questo Moroe l lo lo zio dopo parecchiefaz ion i guelfe in Lunigiana ed un capitanato in Milano, fu nel 1 30 1 fattocapitano de ’

Luc chesi,e di tutta la lega d e ’

Ner i a capo della quale eglifu che

,nella state del 1 30 2, che a

’Bianch i presso a Pistoia una gran rotta

,

precedente di poco,ed agevolante la mala impresa di messer Corso Donati

e Carlo di Valois in Firenze . Nè bastò ciò , ma ultimamente nel 1 306 era

stato egli di nuovo questo Moroe l lo lo zio,che aveva ricondotta la lega Nera

(compresavi ora Firenze) contro la nemica P istoia ; egli che l ’ aves presape

’Lucchesi, egli che ne era rimasto primo podestà dato dagli alleati . Ve

desi quindi, che se n iuno mai fece danno a Dante, e dovea ch iamar a sèl ’ ira di lui, e massime in un luogo dove rammenta la rotta de ’ suoi ne ’ campiP iceni, certo era questo Moroe l lo . E tuttavia, con parole moderate, e quasiammiratrici , trovasi rammentato nella feroce predizione di que l fatto gettata a Dante in Inferno d a l ladro Vanni Fucci . (BAL BO, Vi ta d i D ante,P . II, capo IV). Non sarà sfuggito al lettore il grave sbaglio, che quicommette il Balbo ; se per la ma la imp resa d i messer Corso D ona ti e Ca r lod i Va lois s

’ ha a intendere , come pare , l ’ entrata del principe fr ancese in Firenze favoreggiata e promossa d a Corso

,questa, anzichè dopo, avvenne b en

pr ima della rotta dei Bianchi presso Pistoia,tale entrata essendosi effettuata

il d i 4 Nov . 1 30 1 , come avverte Dino Compagni, e come avea g1a notato lostesso Balb o in altra parte della sua opera (Cf. P . I, capo VI).

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lui si spense quel lodevole proposito, onde si teneva lontanodalle donne e dai canti amorosi . E in lui regnando amorescrisse la Canzone che si incomincia

Amor,dacchè convien pur ch’ io mi doglia

Perchè la gente m’oda,ecc .

Simili confidenze,a parer mio

,non si fanno se non ad

esperimentato amico . Quanto fosse stato beneviso daMoroello,

lo possiamo ricavare dalle parole della precitata epistola, dove chiaramente dimostra e la cara memoria e il desiderio, che lo legava tuttavia alla Cortedel Malaspina, e rammenta la cortese ammirazione con

che da que’Signori era stato accolto

Era di nuovo Dante in Lunigiana nella primaveradel I 309, ma solo di passaggio ospite dei Malaspina, ché

gire ei dovea a Parigi . Celebre in quel tempo era quellacittà per l

Ateneo che vi fioriva . In fatto, d’

ogni parted’Europa traevano i giovani a quell

Università. E nelvico degli Strami (Par ., X,

1 36 e segg.

_fu Dante ad ap

parar la teologia . Che fosse Dante a Parigi,ce ne fa fede

frate Ilario nella lettera ad Uguccione colla quale accom

pagnava la prima cantica della D ivina Commedia, là dovedice : Quam iste homo ad partes ultramontanas ire intenderet, etper Lunensem dioeeesim transitamfaeeret. LO diceGiovanni Boccaccio nella sua Vita di Dante; e nel carmelatino con cui inviò al Petrarca una copia della D ivinaCommedia da sé trascritta, oltre di dirgli che Dante fu aParigi, soggiunge che fu anco in Inghi lterra .

In quanto a Parigi, dei moderni critici la più partenon ebbero difficoltà veruna per accettare un tale asserto .

I ) Igitur mihi, a l imine suspiratae postea Cur iae separato, in qua, velutsaepe sub admiratione vidistis, fas fuit sequi l ib ertatis offic ia, etc .

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'n'— 26

E Dante mostrò al frate l’

opera sua, anzi gliela regalò ,

affinchè di lui conservasse più ferma memoria .

Desideroso l’

Allighieri di voler contraccambiare per

q ualche modo i buoni uffici avuti da Uguccione dellaFaggiuola

,non sa far di meglio

,che dedicargli la pr ima

Cantica del suo Poema .

Ma v’

ha di più , e ce lo rivela la parola del monacoscrivendo : quae cum dixisset, multum affectuose sub iunx it,ut, si talibus varare lieeret, opus i llud cum quibusdam glos

sulis proseguerer, et, meis deinde glossulis sociatum, vobis

transmitterem. Onde e chiaro, che frate Ilario senza ac

corgersi s’

acquistò la gloria di primo chiosatore dellacantica dell ’ inferno .

Erano allora i frati,come avverte il Fraticelli nella

sua Vita di Dante (Cap . VI), i messi, gli ambasciatori,gl ’ intermediarii

,insomma i mezzi d’ogni faccenda di

pace ; e già vedemmo che frati furono quelli , che Farinata inviò ai Fiorentini ; frati quelli, che il reggimentodi Firenze chiamò a ricompor la città ; frate quello cheil cardinale Albertini mandò ai fuorusciti in Ar ezzo .

Forse Dante avrebbe consegnato egli stesso il manoscritto nelle mani del Faggiolano ,

se troppa non

fosse stata la distanza fra la Magra e la Conca, e quelche più monta

,se non avesse dovuto passare per molte

terre de’Guelfi .

Che l’

Allighieri offrisse il Purgatorio al Marchese Mo

roello Malaspina, non v’

ha dubbio alcuno . Frate Ilarioscrive ad Uguccione : Si vero de aliis duabus partibushuius Operis aliquando magnificentia vestra perquireret (velut qui ex collectione partium adintegrare

proponit) ab egregio viro domino Moroello Marchionesecundam partem , quae ad istam sequitur, requiratis.

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A chi dapprima avesse intenzione Dante di offrire laterza cantica del suo Poema, ce lo dice lo stesso Fratenella succitata lettera :

Et apud illustrissimum Fridericum regem Ciciliae

poterit ultima inveniriE qui ci s’

affaccia innanzi un argomento degno d’

at

tenta ricerca . Perchè Dante si mutò di proposito intitolando il Paradiso a Can Grande della Scala ? Non disseforse egli a Frate Ilario , che, dopo aver considerato tuttaItalia

,prescelse a tutti

,per offrire la sua tripartita opera

,

Uguccione della Faggiuola,Moroello Malaspina

,Fede

rico re di Sicilia ? (1 )Buon per noi che abbiamo bastevoli documenti per

dimostrare, che, in questo fatto , non fu Dante volubile ,

ma al sommo grado giusto .

Federico II °

re di Sicilia,nato di Costanza (figlia dello

Svevo Manfredi) e di P ietro d’

Aragona,aveva sempre

tenuto testa agli Angioini,ai Papi Bonifazio VIII e Cle

mente V . A Dante,cui pareva vedere in questo principe

un difensore degli ingiustamente oppressi,sorrise il pen

s iero di eternare la fama dell ’Aragonese col dedi carglila terza sua Cantica della Commedia . E vieppiù in luic rebbe tal desiderio

,e tanto meglio convenevole cosa con

(I ) Nam ,sicut ille

,qui auctor est

,mih i asseruit se in suo propos ito

destinasse, postq uam totam consid eravit I ta l iam,vos tres omnibus praee legit

ad ob lat ionem ist ius operis tripartiti .Il Boccaccio nella sua Vi ta d i D ante raccontaQuesto libro della Commed ia secondo il ragionare d ’

alcuni intitolò eglia tre solennissimi uomin i ital iani , secondo la sua triplice divisione , a c ia

senno la sua, in questa guisa . L a prima parte , cioè l ’Inferno

,intitolò ad

Uguccione della Faggiuol'a ; la seconda parte , cioè il Purgatorio, al Mar

chese Moroe l lo Malaspina : la terza parte , cioè il Paradiso, a Federigo terzore di S icil ia . Altri vogliono dire , lui averlo int itolato tutto a messer Canedella S cala .

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- 28

ciò credette di fare,come riseppe che

,nella discesa d ’

Ar

rigo VII di Lussemburgo , il re Federico avessei continuamente prestato un valido aiuto con la sua flotta .

Morto Arrigo,l

Aragonese abbandonò la parte imperiale,in modo poco dicevole a un re, come avverte il Fraticelli .

Richi esto d’ aiuto dai Pisani,che si vedevano minac

ciati dai Guelfi,anzi da loro pregato che prender volesse

in sua signoria la città, si rispose : Fate, 0 fratelli , comepotete : fate secondo accennano le condizioni de’

tempi, el ’impeto della fortuna . (Nic . Spec . ap .Murat .

,X

, 1 0 5E 1

Allighieri, uomo di fermo carattere, molto s’

accorò

per tal cosa , e vituperò questo re . In fatto nel Convito

(Tratt . IV,

dopo aver a lungo ragi onato intornoall’ altezza dell ’ Imperiale Autorità e della Filosofica

,cosi

si esprime : Si scrive in quello di Sapienza : Amate illume della Sapienza . voi tutti che siete dinanzi a

’ popoli

,vale a dire : Congiungasi lafilosofica Autorità colla

imper iale a bene e perfettamente reggere . Oh miseri,

che retti siete ! che nulla filosofica Autorità si congiugne colli vostri reggimenti ; nè per proprio studionè consiglio ; sicchè a tutti si può dire quella paroladello E cclesiaste : Guai a te, terra, 10 cui Re è fanciullo ,e li cui Principi da mane mangiano ; e a nulla terra sipuò dire quello che seguita : Beata la terra

,lo cui Re

è nobile,e li cui Principi cibano in suo tempo a bisogno

e non a lussuria . Ponetevi mente, nemici di Dio ,a

fian

chi,voi che le verghe de’ reggimenti d

’ Italia preseavete . E dico a voi

,Carlo e Federigo regi

,e a voi altri

Principi e tiranni ; e guardate chi a lato vi siede perconsiglio ; e annumerate quante volte il di questo fine

dell’umana vita per li vostri consiglieri v’èadditato .

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Meglio sarebbe voi , come rondine, volare basso, che,come nibbio, altissime rote fare s0pra cose vilissime.

E nel De Vulgari Bloquentia, Raelaa, Raeba l gridaQuid nunc personat tuba novissimi Federici ? quidtintinnabulum H Caroli ? quid cornua ! ohannis et Azzonis Marchionum potentum? Quid aliorium Magnatum tubae? nisi, Venite, carnifices ; Venite, altriplices ;Venite, avaritiae sectatores?A tal personaggio l

Allighieri dovea intitolare la sub lime cantica del Paradiso ? Mai no : con simile mutamento di opinione Dante, si, lo ripeto, accrebbe centotanti la sua fama

,la sua gloria .

E , già che sono su tal argomento, molto in acconcio

qui mi cade di notare in qual modo nel Purgatorio

(VII, I 1 2 e segg.) il Nostro , per bocca di Sordello, ram

poga1 questo re

Quel che par si membruto, e che s’accorda

Cantando con colui dal maschio naso,

D’ogni valor portò cinta la corda.E se Re dopo lui fosse rimasoLO giovinetto che retro a lui s iede,Bene andava il valor di vaso in vaso ;Che non si puote dir dell’ altre rede.Iacopo e F ederigo hanno i reami :Del retaggio miglior nessun possiede.

Rade volte risurge per li ramiL’ umana prob itate : e questo vuoleQuei che la dà, perchè da lui si chiami.

Ma ancor più lo vien stigmatizzando nel Paradiso

(XIX,

Vedrassi l’avarizia e la viltateD i quel che guarda l ’ Isola del fuoco,Dove Anchise fini la lunga etate ;

E , a dare ad intender quanto èpoco,La sua scrittura fien lettere mozze,Che noteranno molto in parvo loco.

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L ’ultima sferzata che dà a Federico , si è nello stessoParadiso (XX, 6 1 — 6 là dove dice :

E quel che vedi nell’ arco declivoGuigl ielmo fu

,cui quella terra plora

Che piange Carlo e F ederigo vivo.

Non è del mio proposito seguire il nostro esule in tuttii suoi passi

,e presso tutte le case signorili, che lo ospi

tarono,ma soltanto accennare ai mecenati principali . Me

ne passo adunque dei Conti Guidi,dei Conti Salvati

co di Guido Roberti da Castello (appellato nel Poemacol nome di semplice Lombardo) ; taccio dei Rafaelli e diBosone di Gubbio

,del Monastero di Fonte Avellana, e

di Pagano della Torre Patriarca d ’

Aquileia ; e lascio ancheai biografi

,e ai criticiDanteschi

,disputare e decidere sulla

verità di tali viaggi e di siffatto mecenatismo ; avvertosolo che l ’Allighieri, perché nè Guelfo nè Ghibellino, ma

solo desideroso del trionfo della giustizia e della pace, daGuelfi e da Ghibellini accettò ospitalità e protezione .

Checchene sia,vengo a Guido da Polenta

,signor di Ra

venna, altro ed ultimo de’

suoi mecenati .Il Boccaccio ci dice che questo Guido ne’ liberali studiammaestrato

,sommamente i valorosi uomini onorava

,

e massime quelli che per iscienza gli altri avanzavano .

Alle cui orecchie venuto,Dante fuori d’ogni speranza

essere in Romagna,avendo egli lungo tempo avanti

(1) Dal fatto accennato da parecch i storici,che i l Poeta fosse ospite de i

Conti S alvat ico, derivò, a parer mio, altro fatto rispetto alle ediz ioni modernede l l ’

E p istola r io di Dante . Il benemerito T orri , in un Cod ice Vaticano, contenente la M ona rchia e cinque lettere del l ’

Al l ighier i, ne trovò altre tre dellaContessa Caterina di Battifolle

,moglie del Conte Guido S alvatico

,a Margherita

di Bramante, moglie di E nrico VI I : il T orri le credette d a Dante dettate al laContessa, o scritte in suo nome come segretar io di lei, e le pubblicò nel lasua edizione di Livorno Però il Fraticelli nella sua ediz ione le espunseIl Giuliani le d ichiara non autentiche, nond imeno

, dopo le autentiche, leriporta.

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—3 1

per fama conosciuto il suo valore, in tanta disperazionesi dispose di riceverlo e d’ onorarlo ; nèaspettò da luidi ciò essere richiesto . Avendogliene fatto invito,

Dante accettò e venne a Ravenna, dove onorevolmentedal signor di quella ricevuto, e con piacevoli confortirisuscitata la caduta speranza

,copiosamente le cose

opportune donandoli, in quella seco per più anni iltenne, anzi sino all

’ ultimo della vita sua .

Ab itò adunque Dante, più giù prosegue il Boccaccio,in Ravenna

,tolta via ogni speranza del ritornar mai in

Firenze (comechetolto non fosse il disio) più anni sottola protezione del grazioso signore ; e quivi colle dimostrazioni sue fece più scolari in poesia, e massime nellavulgare, la quale secondo

’l mio giudicio, egli primonon altrimenti tra noi Italici esaltoe recò in pregio, chela sua Omero tra’ Greci e Virgilio tra LatiniGuido da Polenta era nipote di quella Francesca

,il cui

triste caso diede occasione a Dante di regalarci quel

gioiello, in un pietoso e drammatico, che si trova nel

canto V dell ’ Inferno . Essendo in corte di questo nobilecavaliere ricevette l’ invito dal celebre Giovanni

,sopran

nominato del Virgilio, già da lui conosciuto in Bolognanel 1 305-1 306 di recarsi in quella città per esservi incoronato d’ alloro ; onore che la sua grand’

Opera dellaCommedia gli aveva meritato . E l ’Allighieri gli risponde :

Nonne triumphales melius pexare capillos,E t

,patrio redeam si quando

,ab scondere canos

F ronde sub inserta sol itum flavescere,Sarno ?

Quum mundi circumfiua corpora cantuAstricolaeque meo, velut Infera regna, pateb unt,D evincire caput hedera, lauroque iuvab it.

(E cl . I, 4 1 e

(I ) Boccmcro, Vi ta d i D ante.

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Dalle quali parole manifestamente appare, che ilD ivinoPoeta sdegnava d

’ essere coronato d’ alloro , se tale onore

non gli fosse stato concesso

Sovra il bel fiume d ’Arno alla gran Villa

(I nf .XXIII.

e nel suo

bel San Giovanni(In/ î, XIX,

La medesima idea manifestata in quest’

egloga rinvenirpuò al principio del Canto XXV del Paradiso

Se mai continga che ’l Poema Sacro,Al quale ha posto mano e cielo e terraSi che m’ha fatto per più anni macro,

Vinca la crudeltà, che fuor mi serraDel bello ovile, ov’ io dormi’ agnelloN imico a’ lupi

,che gli danno guerra ;

Con altra voce omai , con altro velloR itornerò poeta ; ed in sul fonteDel mio battesmo prenderò ’l cappello.

Molto piacevano al Nostro le rugiadose campagne diRavenna ; e siccome il Del Virgilio con un

’altra Eglogalo invitava di nuovo

,ad andare a Bologna

, Dante glirisponde pure con un

Egloga, ove fra altro dice, che èda preferirsi per soggiorno il piùfertilemonte della S icil iaal Lido E tneo, volendo col primo significare Ravenna ecol secondo Bologna .

In questo frattempo un esercito potente de’

Venezianisi muove a portar guerra al Polentano .

Ragioni di commercio e di navigazione (citiamo laStor ia di Venezia del Romanin) mantenevano in questitempi viva vertenza col Conte Guido Novello da Po

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adornare ; e quello fatto portare sopra gli omeri de’

suoi

cittadini più solenni,insino al luogo de’

frati minori diRavenna, con quell

onore che a siffatto corpo degnoestimava, insino quivi quasi con pubblico pianto il se

guitò : e in un arca lapidea il fece per allora riporre . Etornato nella casa

,nella quale Dante era prima abitato

(secondo il ravignano costume) esso medesimo si acommendazione dell

’ alta scienza e della virtù del defunto, e si a consolazione de

suoi amici, li quali egliavea in amarissima pena lasciati

,fece un ornato e lungo

sermone, disposto se lo stato e la vita gli fossero durati, di egregia sepoltura onorarlo, che se mai alcunaltro suo merito non lo avesse memorevolmente renduto a

futuri,quella lo avrebbe fatto .

Questo laudevole proponimento infra breve spaziofu manifestato ad alquanti

,li quali in quel tempo erano

in poesia solennissimi in R omagna : sicchè ciascuno si

per mostrare la sua sufficienza, si per rendere testimonianza della portata b enevoglienza al morto poeta,si per accattare la grazia del Signore

,il quale sape

vano ciò desiderare,ciascuno per sè fece versi, li

quali posti per epitaffio alla futura sepoltura, e con

debite lodi facessino la posterità certa, chi dentro adessa giacesse .

Tra coloro,che presentarano al Polentano le proprie

iscrizioni,il Boccaccio

,che avea esaminato tutti codesti

componimenti,dichi ara : per arte e per intendimento più

degni estimai chefossero i quattord ici versi fatti dal M ae

stro Giovanni del Virgilio da Bologna, allora famosissimoe gran poeta, e di Dante singolar issimo amico. I versi sonquesti

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Theologus Dantes, nullius dogmatis expers,

Quod foveat claro philosophia sinu ;Gloria Musarum

,vulgo gratissimus auctor,

H ic iacet, et fama pulsat utrumque polumQui loca defunc tis gel id is, regnumque gemel lumD istribuit loycis rhetor icisque modis .

Pascua Pierns demum resonab at avenis

Atropos heu l lectum livida rupit opus .

Huic ingrata tulit tristem F lorentia fructum,

E xi l ium nato patria cruda suo.

Quem pia Guidonis gremio Ravenna NovelliGaudet honorati conticuisse Ducis .

M ille trecentenis ter septem Numinis annis ,Ad sua Septemb r is idib us astra redit.

Ma rea volse la fortuna per Guido Novello, perchépoco appresso fu cacciato dalla signoria di Ravenna ; e latomba monumentale

,che questo gentile signore aveva in

animo di innalzare alle ceneri di Dante, non poté avereffetto . Nondimeno i versi succitati di Giovanni del Vir

gilio furono posti sovra la tomba primitiva, la quale, nellamente del generoso Guido

,doveva esser provvisoria

Nel 1483 nella stessa Ravenna fu eretto a Dante undegno monumento

,secondo il disegno del celebre archi

tetto e scultore P ietro Lombardo,essendo podestà in

Ravenna per la Repubblica di Venezia Bernardo Bembo ,

(I ) Il ch . letterato Corrado Ricci , frugando dottamente nelle antiche Memorie, per illustrare la dominaz ione in Ravenna dei S ignori di Polenta, af

ferma d ’avere rinvenuto documenti bastevoli a provare fino al l ’ ev idenza che

D ante non f u a R avenna c or t ig iana ne l le sa le d i Guid o N ove l lo,ma p ro

! essore d i retor ica volga re a l lo S tud io . Il ! allis tra gli Inglesi, lo S chefferBoichorst e lo S car tazz ini tra i T edeschi a l la notiz ia del Ricc i fecero buonv iso ; però il Bartoli tra noi la ritiene un

ipotes i ingegnosa . A me duole diaver solo di questi d i avuto sentore delle indagini del Ricci

,che

,se serie

,

come credo, devono far mutare in buona parte le conclusion i che a Dantes i riferiscono circa la ragione del suo soggiorno in Ravenna . (V . L

I l lustra

zione I ta l iana , N . 5 2, 30 Dic .

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padre dell’ illustre Cardinale . Volle sventura che que

st’

Opera fosse malamente restaurata nel 1 692 ,d’ ord ine

del fiorentino cardinale Domenico Maria Corsi, Legatoper la Romagna ; e, per colmo di sciagura, come dicel

’Ampère nel suo Viaggio Dantesca, fosse interamente ricostrutta nel 1 780 da un altro Legato , il Cardinale Valenti—Gonzaga di Mantova .

Tolta dalla parete l’ iscrizione già posta dal Corsi, ilMorcelli vi dettò la seguente

DANTI ALIGHIEROPOETAE SUI TEMPORIS PRIMO

RESTITUTORI POL ITIORIS HUMANITATIS

GUIDO ET HOSTAS IUS POLENTANI

CLIENTI ET HOSPITI PEREGRE DEFUNCTO

MONUMENTUM FE CERUNT .

BERNARDUS BEMBUS PRAETOR VENET . RAVENN .

PRO MERITI S E ! US ORNATU EXCOLUIT .

ALOYSIUS VALENTIUS GON! AGA CARD .

LEG . PROV . AEM IL .

SUPERIORUM TEMPORUM NEGLIGENTIA CORRUPTUM

OPER IBUS AMPLIATIS

MUN IFI CIENTIA SUA RE STITUENDUM

CURAV IT

ANNO MDCCLXXX .

Padova ne l Gennaio del 1884 .

N . D . C .

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che si pubb lica In F irenze ai pr im i d’ogni mese, a fascicol i di sq

100 pagine. Prezzo del l’ ! annuo l ire ! e. Dirigedal Sig. Cas/I RE Baru zz i ! ralo, Pian a de l Dua ne, F in !