Proteggere cervello e cuore

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Novembre 2011 Box Media Distribuito con Il Sole 24 Ore In collaborazione con: A.L.I.Ce Onlus, SIC, SIPREC, SIIA QUESTO SUPPLEMENTO E STATO REALIZZATO DA BOX MEDIA ITALIA. IL SOLE 24 ORE NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL SUO CONTENUTO / WWW.BOXMEDIAITALIA.COM Proteggere cervello e cuore RISCHIO ICTUS Prevenzione Cardiovascolare: una priorità Fibrillazione atriale: quando il cuore perde ritmo Stroke Unit, un investimento salvavita Robotica: presente e futuro della riabilitazione

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RISCHIO ICTUS - Prevenzione cardiovascolare: una priorità - Fibrillazione atriale: quando il cuore perde ritmo - Stroke unit, un investimento salvavita - Robotica: presente e futuro della riabilitazione

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Novembre 2011 Box Media Distribuito con Il Sole 24 OreIn collaborazione con: A.L.I.Ce Onlus, SIC, SIPREC, SIIA

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Proteggere cervello e cuoreRISCHIO ICTUS

PrevenzioneCardiovascolare: una priorità

Fibrillazione atriale:quando il cuore perde ritmo

Stroke Unit, un investimento salvavita

Robotica: presente e futuro della riabilitazione

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Rischio Ictus Novembre 2011Pag. 2

DistribuzioneIl Sole 24 Ore

Copie265.000

TiraturaNazionale

StampaGrafotitoli

A.L.I.Ce ItaliaL’Associazione per la lotta all’ictuscerebrale è una federazione formatada persone colpite da ictus, familiari,medici, personale addettoall’assistenza, riabilitazione e volontari

SIPRECLa Società Italiana PrevenzioneCardiovascolare è una societàscientifica multidisciplinare incentratasullo studio, la diagnosi e la terapiadella prevenzione cardiovascolare.

SIIALa Società Italiana IpertensioneArteriosa promuove la diffusionedelle conoscenze nel campodell’Ipertensione Arteriosa e dei rischicardio-cerebro-nefrovascolari edismetabolici ad essa connessi

SICLa Società Italiana di Cardiologiasvolge attività di promozione,diffusione, ricerca e formazione inmateria cardiologica

Paola ArosioGiornalistaspecializzata nei settorisanità e salute.Direttore responsabiledi Frammenti, rivistadei farmacisti emanager del Serviziosanitario nazionale, e di Health Community,periodico per iprofessionisti delsettore sanitario

Ictus sotto la lente pag. 3

Prevenzione primaria pag. 4

Alla scoperta dei fattori di rischio pag. 5

Fibrillazione Atriale pag. 6

Prevenzione in emodinamica pag. 7

Il monitoraggio dei dispositivicardiologici impiantabili pag. 8

Stroke Unit pag. 9

La neuroriabilitazione pag. 11

Direttore Stampa e RedazioneBox Media

Responsabile EdizioneLuca Galli

LayoutGiandomenico Pozzi

Progetto graficoEM & Partners

Collaboratori

EditorialeSommario

Paola Arosio

Uno ogni sei secondi. È il nu-mero di ictus che si registranonel mondo, per un totale di15 milioni di persone colpite.Di queste quasi 6 milioni muo-iono. In Italia l’ictus colpiscecirca 200mila persone ognianno, costituendo la primacausa di invalidità e la secondadi demenza. La sua frequenzaè alta e l’evento provoca piùmorti di quelli attribuiti adAids, tubercolosi e malariamessi insieme. Dati allarmanti,questi, a cui aggiungere unpaio di considerazioni. La pri-ma: occorre sfatare il mito se-condo cui l’ictus colpirebbesolo gli anziani. Anche i gio-vani possono essere a rischio,soprattutto se fumano e abu-sano di alcol e droghe. Del re-sto, anche recenti eventi dicronaca lo dimostrano: perso-naggi di giovane età, sportivi,allenati possono andare incon-tro a malattie cardiovascolariche interessano anche il cer-vello. La seconda: l’importanzadell’informazione. Corretta,precisa, validata. Veicolata at-traverso i medici, ma anchetramite i media. Seppur fon-damentale, è ancora scarsa,se è vero che, secondo quantoemerge dal sondaggio DoxaPharma, commissionato dallaSocietà italiana ipertensionearteriosa (Siia), il 33% degliintervistati non sa cosa sial’ipertensione e il 15% non l’-ha mai misurata. Ancora: soloil 35% sa che la pressione altapuò generare l’infarto, mentresolamente il 30% sa che puòprovocare l’ictus. Una verificacostante della pressione arte-riosa, uno stile di vita salutare,

il controllo dell’alimentazione,l’attività fisica sono fattori diriduzione del rischio di pato-logie cardiovascolari. Abitudiniquotidiane a cui accostare unmonitoraggio di fattori, a co-minciare dalla fibrillazioneatriale, un’aritmia che da solacausa un quinto del totale de-gli attacchi di ictus. Anche inquesto caso la ricerca in am-bito preventivo, farmacologi-co, di monitoraggio e chirur-gico permette possibilità di cu-ra sempre più specifiche eavanzate. Ma la prevenzionedel rischio ictus passa ancheattraverso la rapidità d’inter-vento in presenza dei primi se-gnali di un attacco. Le strokeunit sono oggi strutture at-trezzate per mettere in attoun intervento rapido e spessodecisivo nel contrastare l’even-to. La loro diffusione e capil-larità sul territorio rappresen-tano un investimento che sitraduce in un guadagno in sa-lute pubblica. Ictus oggi signi-fica anche un processo di ria-bilitazione sempre più efficace:da una parte un rapporto trapazienti, famiglie e personalemedico sempre più stretto ein equilibrata interazione,dall’altra lo sviluppo di strut-ture d’avanguardia, di attivitàdi riabilitazione focalizzate el’apporto della ricerca in am-bito tecnologico a sostegnodei concreti fabbisogni delmalato. Occorre quindi mobi-litarsi per diffondere le cono-scenze in ampi strati della po-polazione, in modo che tutti,donne e uomini, giovani e an-ziani, possano avere accessoai più moderni strumenti diprevenzione e cura. Perché vi-vere di ictus si può. n

DI ICTUS SI VIVE

Agire Responsabilmente Creare Opportunità

Science For A Better Life

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Distribuito con Il Sole 24 Ore

Una pubblicazione Box Media

In collaborazione conA.L.I.Ce Onlus, SIC, SIPREC, SIIA

Corrado Vassanellidirettore dell'Unità operativa complessa Divisione clinicizzata di CardiologiaAzienda ospedalierauniversitaria di Verona

L’ictus (stroke) è definito dall’Or-ganizzazione mondiale della sa-nità come «l’improvvisa compar-sa di segni e/o sintomi riferibilia deficit focale e/o globale (co-ma) delle funzioni cerebrali, didurata superiore alle 24 ore o aesito infausto, non attribuibilead altra causa apparente, se nona vasculopatia cerebrale». Si di-stinguono l’ictus ischemico, l’ic-tus ischemico secondariamenteemorragizzato, l’emorragia in-tracerebrale primaria e l’emor-ragia subaracnoidea.Per transient ischaemic attack,attacco ischemico transitorio(TIA), si intende «l’improvvisacomparsa di segni e/o sintomiriferibili a deficit cerebrale focaleo visivo attribuibile a insufficien-te apporto di sangue, di duratainferiore alle 24 ore». Secondol’ultima revisione della lettera-tura, si parla di attacco ischemi-co transitorio quando la duratadei sintomi è inferiore a un’oracon imaging negativo.In questo tipo di attacco, la dia-gnosi è spesso solo anamnesti-ca, con una discreta variabilitàtra gli osservatori e una globalesovrastima. Transient ischaemicattack e ictus ischemico ricono-scono gli stessi meccanismi fi-siopatologici, ma distinguerel'attacco ischemico transitorio èimportante per i problemi didiagnosi differenziale che essopone.

EPIDEMIOLOGIAL’ictus è la patologia neurologicapiù frequente e va considerataun’emergenza medica al paridell’infarto al miocardio. Nelmondo è la seconda causa dimorte e nei Paesi industrializzatiè la terza, causando il 10% deidecessi annui. È la prima causadi disabilità e la seconda di de-menza. In Italia, la prevalenzadell’ictus è di circa 900mila, conun tasso del 6,5% nella fasciadi età compresa tra i 65 e gli 84anni. L’incidenza è invece di cir-ca 210mila all'anno, di cui

l’80% primi ictus e il 20% reci-dive, con un tasso che aumentaprogressivamente ed esponen-zialmente con l’età, raggiungen-do il valore massimo negli ultra-ottantacinquenni; pertanto il75% degli ictus colpisce l’etàgeriatrica. L’infarto ischemico è il più fre-quente (80%), le emorragie in-traparenchimali si attestano in-torno al 15-20%, mentre leemorragie subaracnoidee sonocirca il 3%.

CLASSIFICAZIONE ICTUS ISCHEMICOUna classificazione eziologicadell’ictus ischemico basata sulprofilo di rischio vascolare, sullapresentazione clinica e sul risul-tato delle indagini strumentali èutile perché il sottotipo di ictusinfluenza sia il trattamento chela prognosi. La classificazioneToast (1994) prevede le seguenticategorie: aterosclerosi, cardio-embolia (probabile, possibile),sindrome lacunare, causa diver-sa, causa indeterminata.I sintomi dell’ictus variano in re-lazione al territorio cerebralecoinvolto. Di solito sono di tipodeficitario, con la riduzione o laperdita di una funzione, che puòriguardare il movimento, i sensi,la psiche, la coscienza. Per la va-lutazione del deficit neurologicoin fase di screening diagnosticoprima del ricovero si usa la scalaCpss (Cincinnati prehospital stro-

ke scale), che valuta tre funzioni(paresi facciale, deficit motorioagli arti superiori e anomalie dellinguaggio) ed è quindi di facilee rapida esecuzione.

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OCCHI

CERVELLO

VOLTO, BRACCIA E GAMBE

CORPO

STOMACO

deambulazione

GAMBE

segue a pag. 10

DATI EPIDEMIOLOGICI, ETÀ E SESSO

Anna Vittoria Mattioli, Università di Modena

Le malattie cardiovascolari sono la più frequente causa dimorte nei Paesi industrializzati; lo stroke è la causa più fre-quente di invalidità e disabilità neurologica nei soggetti anziani. La comparsa di stroke determina frequentemente la mortedel soggetto e nei restanti casi disabilità neurologica. Con ilprogressivo invecchiamento della popolazione i problemi cau-sati degli eventi ischemici cerebrali e l’impatto di questi ultimisulla qualità della vita del paziente sono un problema in cre-scita che coinvolge non solo i diretti interessati e le famigliema si estende al sistema sociale per l’impatto economico edi assistenza.Gli studi longitudinali portati avanti negli ultimi tempi hannoevidenziato l’importanza della prevenzione primaria e dellostile di vita nel prevenire gli eventi ischemici cerebrali.Clinicamente lo stroke viene definito come la comparsa rapidadi segni di disturbi neurologici focali di presumibile originevascolare che persistono per più di 24 ore. Il rischio aumenta con l’età: L’incidenza raddoppia ogni decadesuccessiva ai 45 anni e il 70% degli stroke si verifica in soggettidi età superiore a 65 anni. Dei 795.000 episodi di stroke re-gistrati annualmente negli USA, circa 145.000 determina lamorte del soggetto. Dei 6.5 milioni di individui che soprav-vivono ad uno stroke e sono attualmente viventi, la metà hadeficit neurologici moderati-severi, il 30% non è in grado dicamminare in maniera autonoma e oltre il 25% ha necessitàdi aiuto per svolgere le funzioni quotidiane. Il rischio di svi-luppare uno stroke nell’arco della vita è calcolato di 1 a 6nell’uomo e 1 a 5 nella donna, inoltre gli uomini sviluppanol’evento in età più giovanile rispetto alle donne. In terminiassoluti poiché l’aspettativa di vita nelle donne è più lungarispetto a quella dell’uomo ogni anno 55.000 donne in piùrispetto agli uomini sviluppano stroke. [i dati sono riferiti acasistiche raccolte negli USA]Nello Studio Framingham, le donne erano significativamentepiù anziane al momento del primo evento ischemico cerebrale(75 anni verso 71 anni degli uomini) e presentavano a mag-giore disabilità (valutata come la capacità di svolgere le normaliattività domestiche e la motilità) e a seguito dell’evento eranoospiti di strutture di assistenza o strutture protette 4 voltepiù degli uomini.In conclusione: le devastanti disabilità conseguenza dello strokein presenza di concomitanti malattie croniche rendono lo strokeuna delle più temibili conseguenze dell’invecchiamento. n

Dossier

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Rischio Ictus Novembre 2011Pag. 4

no, abitualmente consumatocon il cibo. E’ possibile che glieffetti antiossidanti del vino(specialmente rosso) in com-binazione con gli antiossidantialimentari della dieta abbianoun’azione sinergica che riduceil rischio di malattia cardiova-scolare. Gli effetti benefici po-trebbero essere legati ad unospecifico polifenolo chimico,con azione protettiva trovatonel vino rosso ma soprattuttoalla sinergia tra i diversi ali-

menti introdotti.

NUTRACEUTICACollegata all’alimentazione, ne-gli ultimi anni è cresciuta l’at-tenzione alla nutraceutica chevaluta gli effetti benefici relativia determinati alimenti e alla si-nergia tra questi. Esistono di-verse pubblicazioni su invec-chiamento e prevenzione dellemalattie attraverso un alimen-tazione corretta e con l’intro-duzione di specifici alimenti. n

Primo piano

Anna Vittoria Mattioliprofessore associato di CardiologiaUniversità di Modena e Reggio Emilia

Lo stile di vita è l’insieme di quel-le abitudini alimentari e di com-portamento (attività fisica, abi-tudine al fumo, abuso di alcol ealtre sostanze tossiche) che in-fluenza la comparsa dei fattoridi rischio relativi ad una malattia.Gli studi longitudinali hanno di-mostrato che importanti modi-ficazioni dello stile portano aduna riduzione del rischio di stro-ke, in primis: riduzione dei valoripressori (ipertensione), abolizio-ne del fumo, attività fisica co-stante e controllo del peso cor-poreo. Una diminuzione già evi-dente nell’applicazione di pic-cole correzioni. Il rischio è legato ad ogni singolosoggetto e si basa su basa sufattori genetici, stile di vita e lapresenza di condizioni sub-clini-che. Nel nostro caso, lo stile divita definito “occidentale” (so-vrappeso e obesità, dieta iper-calorica, iperlipidica, ricca digrassi saturi e di sale, scarsa at-tività fisica) risulta particolarmen-te nocivo e favorente lo sviluppodello stroke sia mediato dall’aterosclerosi che dall’ipertensio-ne. L’alimentazione diventa unfattore determinante e si eviden-za la necessità di effettuare unaprevenzione primaria insegnan-do alla popolazione una correttaalimentazione e il mantenimen-to del peso corporeo entro pa-rametri di normalità. Quest’ul-timo punto è di primaria impor-tanza. Negli Stati Uniti come inmolti paesi Europei sono indrammatico aumento l’obesitàe il sovrappeso, in particolare neigiovani e negli adolescenti. Lo stroke ischemico è stretta-mente correlato con i problemidi peso, come con ipertensionee diabete. In particolare, un in-dice di massa corporea (BMI)>30 negli uomini è legato ad unrischio doppio di stroke. Le linee guida raccomandanoquindi un controllo costante delpeso e la sua diminuzione, unfattore in grado di apportare varibenefici come un migliore qua-dro dislipidemico, calo del rischio

di sviluppare diabete, la riduzio-ne della pressione.Una partico-lare attenzione deve essere ri-volta all’ipertensione, una pato-logia che già presa singolarmen-te rappresenta un temibile fat-tore di rischio per gli eventi ce-rebrali. In questa ottica, è im-portante rilevare che la dietamediterranea è l’abitudine ali-mentare che determina la mi-gliore prevenzione delle malattiecardio-vascolari, come è statolungamente osservato. A partire dal consumo costantedi frutta e verdura – almeno 5porzioni al giorno- quindi di so-stanze contenenti vitamine edantiossidanti. Lo studio Atticasottolinea che la capacità antios-sidante totale è fortemente le-gata al consumo di frutta, ver-dura e olio d’oliva ed è inversa-mente associata con il consumodi carne rossa. Un possibile mec-canismo è legato all’effetto pro-tettivo dei componenti bioattivi

presenti in questi alimenti cheriducono lo stress ossidativo,una condizione che si verificaquando si formano specie reat-tive dell’ossigeno e danno ossi-dativo. Nei pazienti con fibrilla-zione atriale abbiamo recente-mente pubblicato uno studioche evidenza lo sviluppo di arit-mia persistente in rapporto auna bassa adesione alla dietamediterranea. Un ulteriore aspet-to positivo di questa abitudinealimentare è il rapporto con il vi-

Alberto Morganti, presidente della Società italiana di ipertensionearteriosa (Siia) e ordinario di Medicina interna all'Università di Milano

L'ipertensione arteriosa consiste in un aumentoeccessivo della pressione circolatoria. Valori pres-sori compresi tra 140/90 e 160/100 mm Hg de-finiscono l'ipertensione di grado 1, tra 160/100e 180/110 mm Hg l'ipertensione di grado 2,mentre oltre i valori di 180/110 mm Hg si trattadi ipertensione di grado 3. L'ipertensione favorisce la formazione di placcheaterosclerotiche che, nel lungo periodo, possonocausare la chiusura dei vasi, soprattutto all'in-terno degli organi più irrorati, come cervello oreni. L'ipertensione giustifica quasi il 50% dellecardiopatie ed è la causa di gran lunga più co-mune degli ictus emorragici. L'ipertensione è unvero nemico della salute e tenerla sotto controlloè importante anche in termini di economia sa-nitaria, giacché curarla bene rappresenta un'ec-cellente forma di investimento.

I NUMERI IN ITALIAIn Italia gli ipertesi sono circa 15 milioni. Se-condo i dati del Progetto Cuore dell’Istituto su-periore di sanità, l’ipertensione arteriosa colpiscein media il 33% degli uomini e il 31% delle

donne, mentre il 19% degli uomini e il 14%delle donne sono in una condizione di rischio.Due le forme di ipertensione: quelle secondarie,in cui la causa è organica, come ad esempiouna malattia del rene, affezioni delle ghiandolesurrenali, restringimenti localizzati delle arterie,alcune patologie della tiroide, assunzione im-propria di farmaci, come estroprogestinici o an-tinfiammatori, o di alcune sostanze, come laliquirizia; quelle primarie, definite anche essen-ziali o idiopatiche, che non hanno una causaspecifica e riguardano la grande maggioranzadei pazienti.

FATTORI GENETICI E AMBIENTALIIn quest'ultimo caso, l’ipertensione arteriosa ori-gina dall’effetto combinato di fattori geneticiereditari e di fattori ambientali, come stress, ec-cessiva assunzione di sale, sovrappeso. Per pre-venire l’ipertensione, è quindi fondamentale cor-reggere i fattori esterni modificabili. La riduzionedelle pressione può infatti essere ottenuta conopportuni provvedimenti igienico-dietetici, cheincludono aumento dell’attività fisica, riduzionedel peso corporeo, diminuzione del consumo disale. Queste buone abitudini hanno effetti van-taggiosi a lungo termine anche su altri fattoridi rischio spesso associati all’ipertensione, comeobesità, ipercolesterolemia e diabete.

LE TERAPIE FARMACOLOGICHEI farmaci antiipertensivi sono molto numerosi.Le categorie più importanti sono: diuretici, bloc-canti del sistema renina-angiotensina (ace inibi-tori e sartani), calcioantagonisti, betabloccanti,alfabloccanti e antiadrenergici centrali. Questimedicinali sono di norma efficaci e ben tollerati.Non sempre però è sufficiente un solo farmacoper ottenere un buon controllo pressorio, paria 130/80 mm Hg; spesso si deve ricorrere a unaterapia di associazione, che prevede l’assunzionedi due o più molecole. In ogni caso, l'importanteè che il paziente assuma con continuità la tera-pia, seguendo con attenzione la prescrizione delmedico. Con una terapia appropriata è oggi pos-sibile scongiurare i principali eventi correlati al-l'ipertensione, come infarto miocardico, ictuscerebrale, demenza vascolare.

IL RISCHIO DEMENZAL'ipertensione gioca un ruolo importante nellosviluppo della demenza da vasculopatia cere-brale, attraverso l'accelerazione dei processi diinvecchiamento che conducono a un calo dellecapacità cognitive. Questa vasculopatia, checolpisce le persone di età più avanzata, può es-sere evitata attraverso un regolare controllopressorio nelle età precedenti allo sviluppo dellapatologia. n

IPERTENSIONE: IL PERICOLO DIMENTICATO

PREVENZIONE PRIMARIASTILE DI VITA E ALIMENTAZIONE

Fattori di rischio collegati allo stile di vita

DIETA SBAGLIATACOLESTEROLO IN ECCESSO

FUMO VITA SEDENTARIA ABUSO DI ALCOOLUn indice di massa corporea (BMI) >30 negli uomini è legato ad un rischio doppio di stroke.

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ALLA SCOPERTA DEI FATTORI DI RISCHIOMODIFICABILI, NON MODIFICABILI,CLASSICI ED EMERGENTISalvatore Novo con la collaborazione di Antonino MignanoCattedra e Scuola dispecializzazione di Malattiedell’apparato cardiovascolaredell’Università di PalermoUnità operativa complessa di Cardiologia dell’Azienda

ospedaliera universitariaPoliclinico “Paolo Giaccone” di Palermo

Nel caso dell’ictus cerebraleischemico, la prevenzione è unodei principali obiettivi del me-dico, che deve intervenire primadell’instaurarsi della malattia(prevenzione primaria) o evitarel’evenienza di un nuovo evento

quando questo si è già verifica-to (prevenzione secondaria).A seconda delle possibilità d’in-tervento, i fattori di rischio perquesta patologia si distinguonoin modificabili e non modifica-bili. Tra questi ultimi, si anno-verano l’età, il sesso, la predi-sposizione familiare e razziale e

un precedente attacco ischemi-co transitorio: il rischio di ictuscresce esponenzialmente dopoi trent’anni per arrivare al suopicco intorno ai 75-80; il sessomaschile risulta più colpito diquello femminile, anche se do-po la menopausa il trend si in-verte, con una prevalenza net-tamente maggiore nelle donne;le persone di razza nera, infine,

appaiono più colpite di quelledi razza bianca. Di maggior im-patto risultano i fattori di rischiomodificabili, che si possono sud-dividere in classici ed emergenti.I primi sono rappresentati daipertensione, fumo, diabete, di-slipidemia, obesità, sedentarie-tà; i secondi da sindrome me-

tabolica, abuso di droghe, usodi contraccettivi orali, processiinfiammatori cronici (helicobac-ter pylori, paradontopatie) o damalattie cardiovascolari comefibrillazione atriale, alterazionicongenite della struttura di val-vole cardiache (prolasso valvo-lare mitralico), presenza di co-municazioni anomale (forameovale pervio) o di protesi valvo-

lari meccaniche, infarto miocar-dico recente. Il rischio di ictusaumenta inoltre in alcune pa-tologie, come ad esempio l’ane-mia falciforme.L’obiettivo da prefiggersi deveessere la riduzione di tutti i fat-tori di rischio di aterosclerosi.Va eliminato il fumo e la pres-sione arteriosa deve esseremantenuta sotto i valori di140/90 mmHg. Impegnarsi nell’esercizio fisicoe sottostare a una dieta equili-brata, che con l’apporto di aci-do folico e vitamina B riduceanche i valori di omocisteina, ri-sulta importante; ciò deve es-sere ancor più incentivato in pa-zienti con sindrome metabolicaod obesi. Nelle persone diabe-tiche, inoltre, l’emoglobina gli-cata deve essere mantenuta sot-to il 7%. I giovani, oltre alle norme rela-tive all’alimentazione e allo stiledi vita, dovranno porre l’atten-zione anche su altri aspetti, co-me il consumo di droghe, inquanto l’uso di sostanze stupe-facenti iniettate per via endo-venosa aumenta notevolmenteil rischio anche in soggetti gio-vanissimi. n

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Primo piano

Pag. 5

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OBESITÀ

SEDENTARIETÀ

SINDROME METABOLICA

ABUSO DI DROGHE

CONTRACCETTIVI ORALI

PROCESSI INFIAMMATORI CRONICI

MALATTIE CARDIOVASCOLARI

PROTESI VALVOLARI MECCANICHE

INFARTO MIOCARDICO RECENTE

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Bruno TrimarcoPresidente di Siprec, vicepresidente e past president di Siia

La fibrillazione atriale è una for-ma di aritmia cardiaca, che simanifesta tramite piccole con-trazioni che si susseguono. Sipuò verificare così velocementeda non avere effetti sullo spo-stamento del sangue all’internodel cuore. Il sangue può formaredei coaguli da cui si possonostaccare dei frammenti che ven-gono immessi in circolo creandodelle embolie, ovvero l’occlusio-ne dei vasi. È una patologia ab-bastanza frequente soprattuttoin età avanzata o in personeipertese.

LE CONSEGUENZELe conseguenze sono di due tipi:compromissione parziale dellafunzione cardiaca; aumentatorischio di embolie. È quest’ulti-mo il fenomeno più grave, so-prattutto se a carico del circolocerebrale. Il rischio più grave del-la fibrillazione atriale è dunquel’ictus che può generare, comeconseguenze, il decesso oppure

alterazioni funzionali che com-promettono fortemente l’auto-nomia personale, lavorativa, so-ciale.

I CARDINI DELLA PREVENZIONELe armi preventive a disposizioneoggi sono varie. La terapia del-l’ipertensione arteriosa è fonda-mentale per ridurre la probabilitàdi andare incontro a fibrillazioneatriale. Alcuni specifici farmaciantiipertensivi, a parità di ridu-zione della pressione arteriosa,presentano una maggiore capa-cità di prevenire l’insorgenza difibrillazione atriale. Vi è inoltre

la terapia elettrica, la cosiddettaablazione, ovvero l’interruzionedel circuito elettrico attraversocui l’aritmia si realizza, che riescea riportare a ritmo sinusale an-che pazienti in cui la fibrillazioneatriale si è già instaurata, in mo-do parossistico o persistente. In-fine, quando non si riesce a cor-reggere la fibrillazione atriale, sene possono prevenire le conse-guenze, instaurando un tratta-mento antiaggregante o piùspesso anticoagulante. Fino agli ultimi anni era dispo-nibile una sola classe di farmaciper ridurre la coagulazione delsangue: i dicumarolici, che han-no il limite di possedere un’ef-ficacia molto variabile, influen-zata anche dagli alimenti assunticon la dieta quotidiana. Nonostante i controlli periodici,è possibile che i pazienti che as-sumono questo farmaco vadanoincontro a un sottodosaggio oa un sovradosaggio. Da circa un anno sono disponi-bili altre classi di farmaci, comead esempio gli inibitori dellatrombina, che presentano il me-desimo effetto con un minor ri-schio di emorragie. n

La fibrillazione atriale è una pa-tologia abbastanza frequente so-prattutto in età avanzata o inpersone ipertese. É una forma diaritmia cardiaca che si manifestatramite piccole contrazioni

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Rischio Ictus Novembre 2011Pag. 6

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Il trattamento antitromboticotradizionale è costituito dawarfarin sodico (Coumadin),un farmaco di sicura efficacia,ma soggetto alla necessità dicontinui controlli dell’INR(tempo di coagulazione delsangue) in quanto provvistodi un range terapeutico estre-mamente ridotto. L’imminente

disponibilità di nuove moleco-le (dabigatran e rivaroxaban,già in commercio con al mo-mento indicazione solo in chi-rurgia ortopedica, e apixaban)con meccanismi d’azione di-versi dal warfarin e senza piùnecessità di controlli dell’INR,

cambierà radicalmente la qua-lità di vita dei pazienti. Ampistudi sono stati messi in cam-po per valutare il profilo di si-curezza di queste nuove mo-lecole, che si annunciano co-me una vera rivoluzione inambito terapeutico. Nel loroinsieme i risultati degli studiRe-ly (dabigatran), Aristotle(apixaban) e Rocket Af (riva-roxaban) dimostrano che que-sti farmaci sono efficaci alme-no quanto il warfarin nellaprevenzione dell'ictus cardio-embolico associato alla fibril-lazione atriale. Inoltre, tutti etre sono gravati da una mino-re incidenza di emorragie in-tracraniche rispetto al warfa-rin. In particolare, da un’analisisecondaria dello studio RocketAf presentata alla ventesimaEuropean Stroke Conference,è emerso che pazienti con fi-brillazione atriale e con pre-cedenti di ictus o attaccoischemico transitorio sono ef-ficacemente protetti dall’im-piego di rivaroxaban. Quest’ul-tima molecola, che si assume

una sola volta al giorno e inunico dosaggio, ha dimostratoun profilo di sicurezza sovrap-ponibile al warfarin, ma conuna tollerabilità migliore neiconfronti dell’evento più te-muto: l’emorragia cerebrale.Questi risultati consolidano leprevisioni secondo cui rivaro-xaban, apixaban e dabigatransarebbero efficaci alternativeterapeutiche al warfarin,aprendo nuovi scenari nellepossibilità di cura. n

ANTICOAGULANTI INNOVATIVI

Focus

FIBRILLAZIONE ATRIALEAUMENTA 5 VOLTE IL RISCHIO DI ICUTS

Page 7: Proteggere cervello e cuore

Antonio Bartorelli, professore associato di Cardiologia all’Università di Milano e responsabile della Cardiologiainterventistica del Centro CardiologicoMonzino

CHIUSURA AURICOLA SINISTRAL’auricola sinistra è una piccola struttura diderivazione dall’atrio sinistro, una sorta diappendice. Numerosi studi chirurgici, eco-cardiografici e autoptici hanno evidenziato,in più del 90% dei casi di fibrillazione atrialedi origine non reumatica, la presenza ditrombi al suo interno. Pertanto, l’occlusionedell’auricola sinistra appare un approccioterapeutico razionale per ostacolare la for-mazione di trombi, prevenendo così eventicardioembolici, soprattutto in corrispon-denza del circolo cerebrale. Da alcuni anniè stata sviluppata una procedura percuta-nea che permette l’obliterazione dell’auri-cola mediante l’impianto di un occlusoreautoespandibile inserito per via venosa fe-morale con un approccio transettale. I van-taggi di questa tecnica includono un’inva-sività significativamente minore e un recu-pero funzionale più rapido rispetto all’ap-proccio chirurgico.

CHIUSURA FORAME OVALE PERVIOIl forame ovale pervio è una variante ana-tomica di frequente riscontro, residuo dellosviluppo embriologico, a cui è attribuitauna rilevanza clinica nell’ambito degli eventiischemici cerebrali. La disponibilità e la ra-pida evoluzione tecnologica di dispositividi chiusura hanno incrementato significa-tivamente il ricorso all’approccio percuta-neo. La procedura viene eseguita in ane-stesia generale o locale attraverso la venafemorale. Un dispositivo di chiusura vienefatto avanzare fino al livello del forame ova-le pervio all’interno di un catetere guida eviene quindi rilasciato ottenendo la chiusuradel difetto. In mani esperte, la proceduraha un successo molto elevato e presentaun basso rischio di complicanze (tra l’1 e il2%). Tra queste ultime si annoverano l’em-bolia d’aria, la perforazione cardiaca conconseguente tamponamento, le lesioni va-scolari al sito d’accesso, la formazione ditrombi sul dispositivo, l’erosione delle strut-ture cardiache adiacenti, le fratture o l’em-bolizzazione del dispositivo stesso. n

Focus

PREVENZIONE IN EMODINAMICA

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Stroke in Patients with

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Redazione Box Media

Le malattie cardiovascolari sonoconsiderate la maggiore causa dimortalità, malattia e disabilità neipaesi occidentali. Fattori di rischioquali l’ipercolesterolemia, l’iper-tensione, il diabete ed il fumo,non rendono tuttavia ragione ditutti i casi di queste patologie.Emerge quindi la necessità diidentificare altri marcatori di ri-schio cardiovascolari che accre-scano le nostre conoscenze suimeccanismi fisiopatologici dellamalattia e che permettano lo svi-luppo di nuove misure preventivee terapeutiche.

Negli ultimi vent’anni, molto in-teresse ha destato il possibile ruo-lo dell’aumento dell’omocisteinanel plasma nella patogenesi dellamalattia cardiovascolare e trom-boembolica. Numerosi dati clinicisupportano l’iperomocisteinemiacome fattore di rischio per infartomiocardico, ictus cerebrale, va-sculopatia periferica e trombosi. L’iperomocisteinemia è causatada diversi fattori ma, mentre moltidi questi possono essere difficil-mente modificati (stati patologici,fattori genetici e fisiologici, l’as-sunzione di alcuni farmaci) altripossono essere invece cambiati eportare cosi ad una riduzionedell’omocisteina plasmatica. Questi fattori sono: il cambiamen-to di determinati stili di vita qualiil tabagismo, l’eccessivo consumodi caffè e di bevande alcoliche,l’attività fisica, una corretta ali-mentazione e la supplementazio-ne vitaminica (soprattutto di acidofolico e vitamine B2, B6, B12). n

Paola Arosio

L’ablazione trans-catetere ha un ruolo sem-pre più importante nel trattamento di al-cuni casi di fibrillazione atriale. Questa tec-nica, sviluppata negli anni Ottanta, vieneeseguita solo dopo lo studio elettrofisio-logico, necessario per identificare il tipo diaritmia. Vari i vantaggi di questa opzioneterapeutica: è altamente efficace; in molticasi è risolutiva; non necessita di lunghi

periodi di ospedalizzazione; comporta unbasso rischio di complicanze. Le forme dienergia che vengono utilizzate per questotipo di ablazione sono: la radiofrequenza,che provoca una circoscritta cicatrice perbruciatura (55-65°C) all’interno del mu-scolo cardiaco; la criotermia, che provocauna cicatrice per congelamento (-70°); illaser, le microonde o gli ultrasuoni. Ma co-me funziona la tecnica? Durante la proce-dura vengono introdotti all’interno delle

camere cardiache dei cateteri in grado diregistrare i segnali elettrici, di stimolare ilcuore e di liberare energia. Il numero deicateteri varia, a seconda delle necessità,tra due e sei. Per l’accesso al cuore, di solitosi utilizzano le vene femorali, giugulari osucclavie. I cateteri vengono guidati dairaggi x e posizionati nella zona di originedell’aritmia o dove è più facile interrompereil circuito elettrico responsabile dall’aritmiastessa. Al termine dell’ablazione viene ri-

Ablazione

IPEROMOCISTEINEMIA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE

Pag. 7

L’iperomo-cisteinemia ècausata da diversi

fattori, alcuni modificabiliin modo da portare a unariduzione dell’omocisteinaplasmatica

LIVELLI DI OMOCISTEINA CONSIDERATI NORMALI

< 11,3µmoli/litro

< 13,0µmoli/litro

< 11,3µmoli/litro

fino a14 anni

uomini donne

petuto lo studio elettrofisiologico e ven-gono rimossi i sondini. La procedura durain media 45-90 minuti, ma in alcuni casipuò prolungarsi per molte ore. Le compli-canze che si possono verificare con mag-giore frequenza sono il danneggiamentodei vasi o del polmone. Versamento peri-cardico, bradicardia, aritmie ventricolarimaligne, embolie periferiche sono le pos-sibili complicanze cardiache, che si verifi-cano però molto raramente.

Page 8: Proteggere cervello e cuore

Gaetano Senatore, Direttore della Struttura complessa di Cardiologia,ospedale di Cirié e di Ivrea, provincia di Torino

La fibrillazione atriale rappresentala causa più frequente di ictus. Ilriconoscimento precoce e l’iniziodella terapia anticoagulante rap-presentano i cardini della preven-zione dell’ictus cerebrale stesso.Un terzo dei pazienti con scom-

penso cardiaco presenta que-st’aritmia: di solito sono trattatiattraverso l’impianto di defibril-latori, dispositivi che hanno loscopo di prevenire la morte im-provvisa e di migliorare la funzio-ne cardiaca.

Questi dispositivi sono in gradodi diagnosticare le recidive di fi-brillazione atriale sia sintomaticheche asintomatiche. Fino ad alcunimesi fa, il paziente era costrettoa recarsi periodicamente in ospe-dale per eseguire un controllo tec-

nico, con uno strumento chiama-to programmatore; con questo si-stema, eventuali disfunzioni tec-niche o la presenza di aritmie asin-tomatiche venivano evidenziatesolo durante il monitoraggio, conla possibilità di ritardi critici nelladiagnosi e nell’inizio del tratta-mento. Ora, dopo una lunga fasedi sperimentazione, prima negliStati Uniti e poi in Europa, sonodisponibili sistemi di controllo adistanza di questi apparecchi. Ilpiù semplice da usare è costituitoda un Gsm che viene consegnatoal paziente. Questo strumento, simile a un te-lefono cellulare, interrogherà il di-spositivo impiantato in manieraautomatica o verrà attivato dal di-spositivo stesso in caso di eventiaritmici; i dati verranno poi residisponibili ai medici responsabilidel controllo clinico del pazienteattraverso un sito internet dedi-cato, con password riservate. Di-rettamente dal computer, il me-dico o un’infermiera analizzeran-no i dati trasmessi per valutare lapresenza di aritmie e il buon fun-zionamento del dispositivo, in mo-

do da iniziare la miglior terapianel più breve tempo possibile, ri-ducendo quindi il rischio di ictus.Uno strumento, questo, che ren-de possibile un più attento con-trollo dei pazienti che, in un pro-getto più ampio, può anche coin-volgere il medico di medicina ge-nerale. Per la prima volta in Piemonte nel2008 questo servizio è stato atti-vato per la totalità degli apparec-chi impiantati nella Cardiologiadell’ospedale di Cirié, dove il Ser-vizio di Cardioaritmologia è dasempre impegnato nello sviluppodelle più moderne tecniche per ladiagnosi e la terapia delle aritmie.Qui sono attualmente 415 i pa-zienti che vengono seguiti dai car-diologi con questi sistemi. Unostudio ha evidenziato la semplicitàd’uso del metodo e il gradimentoda parte dei malati. n

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Rischio Ictus Novembre 2011Pag. 8

Focus

IL MONITORAGGIO DEI DISPOSITIVICARDIOLOGICI IMPIANTABILI

Pag ist Biotronik OK.ai 1 24/10/11 17.18

Il controllo a distanzapermette unpiù attentomonitoraggiodel paziente

e in futuropotràcoinvolgere il medico di medicinagenerale

Per la prima volta in Piemontenel 2008 questo servizio è statoattivato per la totalità degli ap-parecchi impiantati nella Cardio-logia dell’ospedale di Cirié.

415

415 pazienti vengono monitoratidai cardiologi con questi sistemi.

Page 9: Proteggere cervello e cuore

concentrate al centro-nord:per contrastare l’emergenza,occorrerebbero almeno 180unità (una ogni 200mila abi-tanti). Per questo, bisognaconvincere le autorità sanitarieregionali e le direzioni aziendali

ad affrontare la spesa per lacreazione e l’organizzazionedi una Stroke Unit: un investi-mento che si traduce in unguadagno in salute pubblicae in un risparmio per il siste-ma. n

Pag. 9

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Da sapere

Maria Luisa Sacchetti

L’ostruzione completa di unadelle due carotidi, i grossi vasiche dal cuore salgono a irrorarei due emisferi cerebrali, produceun ictus molto grave, spessomortale. Più il vaso ostruito èpiccolo e minore è l’area cere-brale colpita, più lievi sono gliesiti. In alcuni casi, sopravviverea un ictus può significare doverconvivere con invalidità gravis-sime, depressioni o demenza.Anche le funzioni cerebrali emotorie possono risultare seria-mente compromesse. L’ictus col-pisce quasi sempre solo uno deidue emisferi cerebrali e ciò spie-ga perché le conseguenze ri-guardano un solo lato del corpo.In particolare, un danno al latosinistro del cervello può causare:paralisi del lato destro o perditadi sensibilità; difficoltà nel lin-

Maria Luisa Sacchetti,presidente onorario della Federazione Alice(Associazione per la lottaall’ictus cerebrale) Italia onlus e neurologa vascolareall’Azienda ospedaliera delPoliclinico Umberto I di Roma

Una delle terapie fino a oggi piùefficaci nel trattamento dell’ictusacuto è il ricovero nelle StrokeUnit, unità specifiche dove il pa-ziente viene gestito da personaleinfermieristico e medico dedica-to ed esperto. Numerosi studihanno evidenziato che il ricoveroin queste strutture riduce signi-ficativamente la mortalità e l’in-validità residua, indipendente-mente dal sesso, dall’età e dallagravità del deficit neurologico.Disturbi cardio-respiratori, squi-libri pressori, alterazioni del-l’equilibrio idro-elettrolitico, al-terazioni del metabolismo glu-cidico, febbre, disturbi della de-glutizione e della nutrizione,edema cerebrale sono condizio-ni che possono influire sull’esitoclinico del paziente con ictus; laloro gestione, secondo quantocodificato dalle linee guida in-ternazionali e nazionali, consen-te di migliorare la prognosi. LeStroke Unit sono, inoltre, l’am-

bito nel quale ricorrere alle te-rapie più aggressive, da riservarea una minoranza di pazienti, co-me la trombolisi, ovvero la ria-pertura farmacologica dell’arte-ria ostruita. Questa terapia sipuò effettuare solo entro tre ore

dall’esordio deisintomi e i criteri diesclusione sono molto ri-gidi. Purtroppo, malgrado que-ste evidenze, ancora oggi in Ita-lia le Stroke Unit sono troppopoche (solo 86) e quasi tutte

guaggio e nella deglutizione;tendenza alla disorganizzazio-ne e lentezza nelle reazioni;perdita della visione nel latodestro di entrambi gli occhi.Un danno al lato destro delcervello può invece causare:paralisi del lato sinistro o per-dita di sensibilità; perdita del-l’abilità di giudicare la distanzae le dimensioni (percezionespaziale); tendenza all’impul-sività ed errata valutazione

delle proprie capacità; perditadella visione nel lato sinistrodi entrambi gli occhi. Comeconseguenza di questi gravidanni, più della metà dellepersone colpite da ictus perdel’autosufficienza. Per recupe-rare le funzioni perdute, oc-corre fare riabilitazione e te-nersi in esercizio attraverso lafisioterapia, la terapia del lin-guaggio e la terapia occupa-zionale. n

L’ictus colpisce quasi sempresolo uno dei due emisferi cere-brali e ciò spiega perchè le

conseguenze riguar-dano un solo lato delcorpo

STROKE UNIT:

LE CONSEGUENZE DELL’ICUTS

per contrastare l’emergenzaoccorrerebbero almeno

180unità / unità totali teoriche

5.500 unità

unità esistenti

86 unità

200mila abitanti

media unità esistenti in Italia

0,28unità / 200mila abitanti

27

2

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22

6

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3

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Stroke Unit fonte aliceitalia.org

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4

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RAPIDITÀ D’INTERVENTO

Page 10: Proteggere cervello e cuore

Invece la scala Nihss (Nationalinstitute of health stroke scale)è più accurata ed è utilizzatain ospedale da parte di perso-nale esperto. Infine, per l’ictus

ischemico c'è anche la classi-ficazione Ocsp che prevedequattro sindromi ed è appli-cabile anche all’ictus emorra-gico.

ICTUS EMORRAGICO In questo caso si distingue trauna forma spontanea (con osenza malformazione) e unapost-traumatica. I principali

fattori di rischio sono nell’or-dine: sesso maschile, iperten-sione cronica, abuso di alcooled età; meno rilevanti sonodiabete e fumo di sigaretta.

Pertanto fumo, diabete e iper-colesterolemia sono più rile-vanti nell’ischemia che nel-l'emorragia, riflettendo il di-verso meccanismo di genesidelle due forme di ictus, dovel’aterosclerosi appare preva-lente nella prima, mentrel’ipertensione, con la conse-guente maggior fragilità deivasi, nella seconda.

ATTACCO ISCHEMICOTRANSITORIOL'attacco ischemico transitorioidentifica persone ad alto ri-schio non solo di ictus, ma an-che di arteriopatia periferica esoprattutto di coronaropatia emorte improvvisa; infatti se so-lo il 10% degli ictus è prece-duto da un attacco ischemicotransitorio, ben il 30% dei pa-zienti con questo tipo di attac-chi ha una storia di coronaro-patia. Per identificare l'attaccoischemico transitorio a mag-gior rischio di stroke, con con-seguente ricovero in ospedale,si usa l’ABCD2 score.

GLI STRUMENTI DELLA DIAGNOSI La diagnostica per immaginidel cervello è fondamentaleper valutare un paziente consospetto ictus. La Tac (tomo-grafia assiale computerizzata)è l’indagine di prima scelta, es-sendo ampiamente disponibi-le, poco invasiva, di rapida ese-cuzione, facilmente ripetibile,abbastanza economica e rela-tivamente facile da interpreta-re; permette di escludere cau-se extra-vascolari e discriminatra ischemia ed emorragia. Illimite della Tac è che la suasensibilità nell’ischemia è bassanelle prime ore dopo l’ictus.Le nuove apparecchiature Tacmultistrato permettono di ac-quisire in tempi rapidi infor-mazioni strutturali (angio Tac)e funzionali (Tac perfusion) sul-la vascolarizzazione cerebrale.La risonanza magnetica èl’esame di seconda scelta per-ché è meno disponibile, ha untempo di esecuzione più lun-go, richiede una maggiore col-laborazione da parte del pa-ziente e l’acquisizione dei datiè più sofisticata; ma ha il van-taggio di evidenziare l’ische-mia in tempi precocissimi. Laneurosonologia, in mani esper-te, valuta in modo efficace erapido sia il distretto vascolareextracranico che quello intra-cranico; è utile, oltre che nelloscreening della vasculopatiaostruttiva, anche nella faseacuta dell’ictus ischemico.L’angiografia cerebrale è lametodica più accurata per lavalutazione della vascolarizza-zione cervico-craniale, ma èinvasiva e praticabile solo incentri selezionati. n

Rischio Ictus Novembre 2011Pag. 10

ICTUS SOTTO LA LENTE segue da pag. 3

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ICTUS CEREBRALE: INTERVENIRE NELLE PRIME QUATTRO ORE SALVA LA VITA

L’ictus cerebri è una patologia che consegue, nell’80% dei casi, alla chiusura (ictus ischemico) o alla rottura (ictus emorragico)

di un’arteria cerebrale. Nel primo caso, conseguente all’ostruzione di un vaso a causa di un coagulo o di un embolo, una

zona del cervello viene privata dell’apporto di sostanze nutritive, indispensabili per mantenere in vita le cellule cerebrali;

nel secondo, il tessuto viene danneggiato dallo stravaso di sangue. In Italia l’ictus è la seconda causa di morte e la prima

di invalidità, con un elevatissimo costo sociale: si stima infatti che, dei soggetti che sopravvivono a un ictus, il 48% soffre

di emiparesi, il 32% di depressione clinica, il 12% di afasia, il 22% non può camminare e il 24% dipende da altri nelle

attività quotidiane. Oltre alla prevenzione, principale strumento per limitare l’incidenza di questa malattia, oggi esistono

mezzi straordinari per limitare i danni causati da un ictus o, addirittura, per guarire completamente. Presso l’IRCCS Neuromed,

Istituto Neurologico Mediterraneo di Pozzilli (IS), è attiva una Stroke Unit, un’unità di trattamento neuro vascolare acuto

altamente specializzata e dedicata esclusivamente al trattamento dell’ictus cerebrale mediante appropriati programmi as-

sistenziali che prevedono una forte integrazione di diverse competenze mediche. In particolare, la Stroke Unit si avvale

della collaborazione di diversi specialisti quali cardiologi, neurologi, fisiatri, nonché di anestesisti, neuroradiologi, neurochirurghi,

chirurghi vascolari e, ovviamente, del supporto continuo e costante del laboratorio di analisi e del personale addetto al-

l’assistenza ed alla riabilitazione del paziente. L’impegno congiunto dei diversi specialisti consente di seguire il paziente in

tutte le fasi della malattia, da quella acuta fino alla stabilizzazione dei sintomi, in una sorta di continuum diagnostico-tera-

peutico.

Importante, la Stroke Unit dell’Istituto Neuromed è abilitata ad effettuare il Trattamento Trombolitico dell’ictus ischemico,

una terapia che, se applicata entro le prime 4.5 ore dall’insorgenza della sintomatologia, può salvare il cervello da un

evento catastrofico.

Pertanto, alla comparsa dei primi sintomi quali debolezza muscolare, perdita di sensibilità, cefalea mai avuta prima, perdita

di coscienza, disturbi della vista, difficoltà di parola, disturbi dell’equilibrio, della deglutizione, è importante rivolgersi im-

mediatamente alle unità di emergenza. Il tempo non è denaro ma è VITA.

Page 11: Proteggere cervello e cuore

Claudio Ceresi

Il settore della riabilitazione ha subito profondicambiamenti a partire dalla fine degli anni Ottanta.Al tempo si lavorava solo con la riabilitazione pub-blica e questa si è modificata tanto velocementequanto il sistema sanitario nazionale. Questi avve-nimenti hanno portato molte persone attive nelsettore a scegliere strade diverse mentre la riabili-tazione necessitava nuove proposte e soluzioni perfare un deciso salto di qualità. Il primo passo im-portante è stato nel settore della fisioterapia conprodotti innovativi come il Compex. Qualcuno loricorderà per tutti gli elettrodi che venivano collocatisopra i muscoli degli atleti. Erano i primi approccidel laser di potenza, apparecchiature di derivazionechirurgica che erano state defocalizzate e avevanodato ottimi risultati su gran parte delle patologiemuscolari. Attualmente questi laser continuano adessere utilizzati, sono stati computerizzati e hannouno spettro d’applicazione molto più ampio. Sem-pre con elettrodi, ma attraverso onde radio a bassafrequenza, è stato sviluppato un nuovo sistemachiamato Tecar®. Nato grazie all’applicazione neglisport agonistici, ha cambiato il modo di fare terapiaanche nella riabilitazione ortopedica e nel benesserecon risultati sorprendenti. Quello che considero ilvero passaggio per la neuro riabilitazione è statoil rapporto con la robotica. Non vorrei considerarlosemplicemente un mercato ma un settore capacedi supportare i fabbisogni dei pazienti affetti dapatologie neurologiche. In Italia la crescita dell’ in-teresse per la robotica nel settore medico è abba-stanza recente mentre alcune strutture di ricercahanno approfondito le metodiche e l’applicazionein questo settore. Negli anni era necessario girarei congressi internazionali per entrare in contattocon le nuove metodiche e tecnologie, anche se al-cune realtà molto importanti sono proprio in casanostra, come il sistema GEO sviluppato dai fratelliWaldner a Bolzano nel 2009. Chi opera quotidia-namente nei centri di neuroriabilitazione ha subitocolto le possibilità di questi supporti tecnologici. Personalmente ho approfondito la conoscenza degli“esoscheletri” – di cui non avevo preparazione –

durante un viaggio a Tel Aviv qualche anno fa. Ap-pena mi hanno suggerito di interessarmi a questosettore ho prenotato immediatamente un bigliettoaereo. Devo dire che è meraviglioso vedere unapersona paraplegica che grazie ad un ausilio com-puterizzato si alza dalla sua carrozzina e deambulacon il solo supporto delle stampelle. Purtroppoquesto non va bene per tutte le paraplegie e tantealtre patologie.Oggi esistono una serie di tecnologie d’avanguardiache possono coprire tutte le fasi neuro riabilitative.Esistono apparecchi per gli arti inferiori con unatecnologia che facilita la ripresa del cammino inmaniera molto naturale. In Austria è stato creatouno strumento per la riabilitazione della mano.

Inoltre sono stati creati dei letti robotizzati e delleapparecchiature che servono per la riabilitazioneimmediatamente dopo l’evento traumatico, comeun a lesione midollare o uno stroke. Tutte questefasi oggi è possibile monitorarle grazie ad elettro-miografi di superficie o analisi del movimento. Que-sti sistemi permettono di comprendere se c’è unoggettivo miglioramento e dove intervenire.In Italia stiamo parlando di poche realtà: circa 350centri di riabilitazione e alcune aziende molto attive.Oggi è cambiato anche l’approccio dei pazienti.Alcuni hanno un ancora quale timore alla terapiacon i robot ma dopo poche sedute comprendonola qualità del lavoro. La robotica può anticipare itempi di recupero ad una vita attiva e lavorativa,con un importante ritorno sotto il profilo emotivoe sociale, oltre a una riduzione dei costi assistenzialie per il SSN. n

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Monitor

LA ROBOTICA E RIABILITAZIONE Da quando ha avuto l'ictus, un

paio di anni fa, la vita di Marionon è più stata la stessa. È ter-ribile, non riuscire a cammina-re. Anche le cose più semplici,come spostarsi in casa o farela spesa, diventano ostacoli

Prof. Marco FranceschiniResponsabile dellaneuroriabilitazione dell’IRCSSSan Raffaele Pisana

“L'uso dei robot nel recuperofunzionale dell’arto inferiore esuperiore nei pazienti con dannial sistema nervoso ha avuto ne-gli ultimi anni uno sviluppo taleda essere un valido strumentonell'attuale scenario della me-dicina riabilitativa. L’IRCSS SanRaffaele Pisana specializzato indisabilità neuromotorie del-l'adulto e del bambino, ha in-trodotto sotto la mia guida ne-gli ultimi tre anni nella praticaclinica l'utilizzo dei robot perl'arto superiore e inferiore peril raggiungimento dell’eccellen-za nel recupero della disabilità,senza nulla da invidiare a centristranieri dove spesso si recanopazienti affetti da queste pa-tologie. Il San Raffaele Pisanaè, infatti, dotato di numerosetecnologie innovative per il re-cupero funzionale dei pazienticon ictus. Negli ultimi mesi èstato acquistato un nuovo ro-bot all'avanguardia per il trat-tamento dell'arto inferiore in-teramente progettato in Italiae basato tecnologia end-effec-tor che insieme a un sistemaprogrammabile di sospensionedi peso e vincolando il piede,consente l’esecuzione del mo-vimento dell’arto inferiore equindi del cammino e, unico almondo, anche la simulazionedelle scale. Recentissime pub-blicazioni hanno dimostratosempre più che pazienti conesiti di ictus trattati con terapiarobotica in associazione all’al-levio del peso possano ottenerebenefici nella rieducazione delcammino e nella simulazionedelle attività di vita quotidianacome il salire e scendere le sca-le. Sono state, infatti, proprioqueste le caratteristiche inno-vative che rendono unico que-sto robot nello scenario mon-diale e hanno fatto si che la no-stra scelta cadesse su questostrumento.Nell'ambito della ricerca scien-tifica il San Raffaele vanta nu-merose pubblicazioni su nuoviapprocci in neuroriabilitazionead opera mia e del dr PatrizioSale e, sfruttando le capacitàinnovative di questo robot, stia-mo avviando uno studio in col-laborazione con il Prof FabrizioStocchi sull'utilizzo anche neltrattamento del Parkinson.Nell'ambito della ricerca clinica

La ricerca a misura di paziente

enormi. Ma ora Mario sta me-glio. Riesce a muovere i primipassi, ancora incerti. Proprioquando ormai aveva perso lesperanze, le sue gambe gli so-no sembrate più forti, in gradodi sorreggerlo. La neuroriabilitazione, in molticasi, funziona. Soprattutto seviene eseguita con strumentirobotici di ultima generazione,efficaci e sicuri. L'idea di creareuno strumento in grado di fa-vorire la mobilità degli arti in-feriori grazie a una terapia va-ria è stata dei tre fratelli Wal-dner: Andreas, Rupert e Franz,rispettivamente neurologo, in-ternista e amministratore dellaclinica di neuroriabilitazioneVilla Melitta di Bolzano. Conloro ha collaborato Stefan Hes-se, professore del Dipartimen-to di riabilitazione neurologicadell'Università di Berlino. Il loroprogetto ha preso avvio pro-prio a partire dalle esigenzedei pazienti in corsia, da ciòche sarebbe potuto servire loroper migliorare il processo ria-bilitativo. I tre, coadiuvati daun esperto staff di tecnici, han-no lavorato a lungo alla pro-gettazione, curando tutti i det-tagli. Ne è nato un macchina-rio basato sul principio dell'endeffector, che consente di cam-minare e di simulare le scale eche può essere usato anche incombinazione con un appa-recchio per elettrostimolazio-ne. Consente di svolgere tera-pie personalizzate ed è utiliz-zabile anche dai bambini.«L’uso dei robot nel recuperofunzionale degli arti inferioree superiore nei pazienti condanno al sistema nervoso è unvalidissimo strumento nell’am-bito della medicina riabilitativaper il raggiungimento dell’ec-cellenza nel recupero della di-sabilità - sostiene Marco Fran-ceschini, coordinatore dell'Uni-tà operativa di Riabilitazioneneuromotoria e sensoriale del-l'Ircss San Raffaele Pisana -. Re-centi pubblicazioni hanno di-mostrato che i pazienti con esi-ti di ictus trattati con terapiarobotica in associazione all’al-levio del peso possono otte-nere rilevanti benefici. Ora l'in-tento è quello di riuscire asfruttare le innovative poten-zialità del macchinario ideatodai fratelli Waldner anche peril trattamento del Parkinson».La sfida dei prossimi anni?«Quella di creare una piatta-forma integrata di trattamentipersonalizzati, attraverso unutilizzo sinergico di sistemi ro-botici con realtà virtuale». n

TECNOLOGIE E PROSPETTIVE IN CAMPO RIABILITATIVO

Il vero passaggio per laneuro riabilitazione è ilrapporto con la robotica.

Oggi esistono una serie di tecnologie d’avanguardia che possono coprire tutte le fasi della riabilitazione.

inoltre abbiamo iniziato uno stu-dio sull'utilizzo di un robot chia-mato Amadeo, unico (a quelloche ci risulta) per la rieducazionemotoria della mano che permet-te un approccio innovativo ba-sato su esercizi attivi e passivi diuna o più dita della mano conun’ampia scelta di scenari e si-tuazioni reali. La possibilità di numerose per-sonalizzazioni dell’esercizio e lapossibilità di adattamento dellostrumento per gli adulti e per ibambini rende il robot uno stru-mento utile e di valido supportoal lavoro dei terapisti per il re-cupero funzionale della mano e

il raggiungimento dell’autono-mia dei pazienti con deficit neu-rologici.”La nostra sfida dei prossimi an-ni? “Attuare un approccio altrattamento delle disabilità delpaziente in terapia riabilitativacon una piattaforma integratadi trattamenti personalizzati. Loscenario del futuro sarà quindiun utilizzo sinergico di sistemirobotici con realtà virtuale chepermetta una terapia finalizzatacon attività di vita quotidianache possa fortemente attivare imeccanismi di neuroplasticitàfunzionalmente legata al recu-pero.” n re

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