proposta di legge rifiuti zero

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PROPOSTA DI LEGGE presentata dai consiglieri Frattolin, Bianchi, Dal Zovo, Sergo, Ussai «Strategia rifiuti zero – zero waste»

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PROPOSTA DI LEGGE

presentata dai consiglieri Frattolin, Bianchi, Dal Zovo, Sergo, Ussai

«Strategia rifiuti zero – zero waste»

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Signor Presidente, colleghi consiglieri,

la presente proposta di legge si propone fondamentalmente di ridurre l’“impronta ecologica”

che ognuno di noi apporta all’ambiente, iniziando dall’eliminazione degli sprechi e dalla totale

re-immissione dei materiali trattati nei cicli produttivi. Il testo proposto mira a massimizzare

- nell’ordine - la Riduzione dei rifiuti, il Riuso dei beni a fine vita, il Riciclaggio e a minimizzare

fino a tendere a zero lo smaltimento, il recupero di energia e il recupero di materia diverso

dal riciclaggio.

E’ sempre più importante del resto la necessità di proteggere l'ambiente e la salute umana,

in particolare eliminando il ricorso alla combustione ed incenerimento dei rifiuti e le connesse

emissioni, rafforzando quindi la prevenzione primaria delle malattie attribuibili a tali pratiche

nocive. Tutte le correlate iniziative non vanno semplicemente calate dall’alto, ma vanno al

contrario assicurati il coinvolgimento e l'informazione puntuale e trasparente delle comunità

in materia di ambiente e rifiuti, responsabilizzando ogni soggetto della filiera del ciclo dei

rifiuti. Il testo proposto si propone di recepire ed applicare i programmi d’azione e gli indirizzi

della Comunità Europea, nonché le risoluzioni del Parlamento Europeo, sia per quanto

concerne la riduzione della produzione dei rifiuti e l’indicazione della scala delle priorità nella

gestione dei rifiuti, che la necessità di introdurre gradualmente il divieto di smaltimento in

discarica nonché l’abolizione dell’incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili.

Per perseguire tali finalità, il progetto di legge contiene una serie di misure finalizzate a:

1. promuovere e incentivare anche economicamente una corretta filiera di trattamento

dei materiali post-utilizzo, basata sulla riduzione della produzione dei rifiuti, sulla

raccolta differenziata domiciliare spinta, sulla tariffa puntuale che responsabilizzi

l’utente, sul riuso dei beni a fine vita, sul riciclo dei materiali differenziati, sul recupero

massimo di materia anche dai rifiuti residuali, sulla riduzione della loro pericolosità, la

riprogettazione dei materiali in vista di una loro totale ricuperabilità, ribadendo

l'importanza della ricerca e dello sviluppo tecnologico per la prevenzione dei rifiuti oltre

che per l'efficienza delle risorse;

2. spostare risorse dallo smaltimento e dall’incenerimento verso la riduzione, il riuso e il

riciclo sia attraverso meccanismi economici automatici di premiazione dei soggetti che,

applicando le migliori pratiche, ottengono i migliori risultati in termini di riduzione, riuso

e riciclo, e viceversa penalizzando i soggetti che continuano ad applicare pratiche

contrarie, sia finanziando i costi di avvio ai soggetti che decidono di riconvertire la

gestione verso pratiche virtuose, sia sostenendo gli investimenti delle filiere legate al

riuso e riciclo;

3. contrastare il ricorso crescente alle pratiche di smaltimento dei rifiuti distruttive di

materiali preziosi, che smaltiti non in sicurezza o inceneriti determinano il rilascio di

sostanze inquinanti dannose per l'ambiente e per la salute;

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4. ridurre progressivamente il conferimento in discarica e l'incenerimento, perseguendo la

progressiva dismissione degli inceneritori esistenti, a partire da una moratoria sino al

2025 delle autorizzazioni alla costruzione di nuovi impianti;

5. dettare le norme che regolano l'accesso dei cittadini all'informazione e alla

partecipazione in materia di rifiuti e salvaguardia della salute e dell'ambiente.

Passando ad una breve descrizione dei singoli articoli, l’articolo 1 stabilisce le finalità della

legge e definisce gli obiettivi che gli enti locali devono raggiungere in termini di percentuale

di raccolta differenziata, riuso, riciclato e compostato, recupero di materia, riduzione di rifiuti

in termini di peso.

Nell’articolo 2 vengono date le definizioni di rifiuto urbano residuale (RUR), tariffa puntuale,

frazione organica rifiuti solidi urbani (FORSU), principio di responsabilità esteso al produttore

(EPR).

L’articolo 3 ha lo scopo di descrivere la modalità di raccolta differenziata puntuale dei rifiuti

che gli enti locali devono organizzare, i tipi di rifiuti che sono inclusi o esclusi dal calcolo delle

rese di raccolta, l’obbligo per gli enti locali di emanare un regolamento di attuazione e di

renderlo operativo entro due anni, nonché l’obbligo per la Regione di regolamentare

l’omologazione dei materiali e delle attrezzature per la raccolta sul territorio regionale.

L’articolo 4 stabilisce l’applicazione del conseguente metodo di tariffazione puntuale

composto da una quota fissa ed una variabile direttamente proporzionale alla quantità di

rifiuto urbano residuo conferito, nonché gli eventuali sconti per compostaggio domestico e

frazioni differenziate.

L’articolo 5 introduce la moratoria all’incenerimento di rifiuti e la sospensione al rilascio delle

autorizzazioni agli impianti di incenerimento.

All’articolo 6 si disciplina il cosiddetto patto di riconversione impiantistica tra la Regione e i

gestori di impianti di incenerimento che preveda il diritto di ottenere entro tre anni

l’autorizzazione all’esercizio di nuovi impianti di recupero della materia e il riconoscimento di

elementi di premialità nelle gare d’appalto in caso di riconversione.

L’articolo 7 stabilisce che la Giunta regionale ogni anno rediga un programma di

riconversione impiantistica industriale con modalità di partecipazione diretta delle

istituzioni, dei gestori e delle comunità locali mediante l’istituzione di un tavolo permanente.

All’articolo 8 si sancisce il divieto di smaltimento in discarica e di incenerimento di rifiuti

riusabili, riciclabili e non trattati.

Nell’articolo 9 viene stabilito il principio di autosufficienza territoriale regionale nella

gestione dei rifiuti relativamente al dimensionamento degli impianti di trattamento e di

recupero o smaltimento, nonché allo spostamento dei rifiuti non riciclabili sul territorio

regionale.

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L’articolo 10 introduce il divieto di diluizione o riciclo delle scorie/ceneri da

combustione/incenerimento per la produzione di altri materiali (ad esempio cemento).

Con l’articolo 11 si va a modificare l’importo e l’applicazione del tributo speciale allo

smaltimento e al recupero energetico, prevedendo una modulazione a seconda del tipo di

impianto e una scontistica su base comunale o aziendale proporzionalmente alla riduzione

del rifiuto non riciclabile prodotto.

Oltre alla modifica del tributo, con l’articolo 12, andiamo ad impegnare la Regione affinchè

stabilisca anche le tariffe di ingresso agli impianti di smaltimento e di recupero energetico,

differenziandole secondo criteri di premialità sempre rispetto alla diminuzione del non

riciclabile prodotto.

All’articolo 13 viene introdotto il principio della separazione dei ruoli nella gestione delle

diverse fasi del ciclo dei rifiuti al fine di evitare conflitti di interessi: si ribadisce il concetto che

i servizi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti sono un servizio pubblico locale di interesse

generale e per questo motivo devono essere gestiti secondo criteri di efficienza, efficacia,

economicità, senza scopi di lucro e destinando gli utili al miglioramento del servizio (e non a

dividenti tra i soci).

L’articolo 14 definisce e promuove la creazione dei distretti del riciclo, agevolando la nascita,

la crescita e la creazione di reti di piccole e medie imprese, legate alla comunità, che si

occupano di riparazione, riuso, riciclaggio dei diversi materiali della frazione inorganica

nonché del compostaggio di quella organica, con impianti e tecnologie a basso impatto

ambientale, che possano operare in un sistema certificato anche parallelo a quello del

CONAI, attivando punti di raccolta e recupero di materiali specifici.

All’articolo 15 vengono previste procedure autorizzative accelerate e semplificate per gli

impianti di trattamento per il riciclaggio e per il recupero, imponendo la conclusione del

procedimento entro un anno dal deposito del progetto definitivo. Con il comma 3 si

specificano le modalità di produzione di biogas e gli usi consentiti del bio-metano prodotto,

nonché il divieto di modifica dei materiali in ingresso successivamente al rilascio

dell’autorizzazione.

L’articolo 16 introduce la possibilità di istituire ambiti di raccolta ottimale per ottimizzare la

filiera della raccolta, dettagliandone caratteristiche e funzioni.

Con l’articolo 17 si istituisce nella nostra Regione una tassa sul vuoto a perdere che devono

versare le imprese che utilizzano contenitori per bevande in plastica, metallo e vetro nella

misura di 0,10 € per ogni contenitore immesso nel mercato, fatta eccezione per le imprese

che usano la distribuzione con vuoto a rendere.

L’articolo 18 riguarda il trattamento dell’amianto e stabilisce che qualunque rifiuto

contenente amianto (indipendentemente dal contenuto di fibre) è classificato come rifiuto

pericoloso, che tali rifiuti devono essere trattati in appositi nuovi impianti certificati come

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aventi le migliori tecnologie disponibili di trattamento ed inertizzazione; stabilisce inoltre che

fino all’entrata in funzione di detti impianti possono essere smaltiti solo in specifiche

discariche per rifiuti pericolosi già esistenti, sospendendo il rilascio di nuove autorizzazioni.

L’articolo 19 impegna la Giunta regionale alla stesura di un piano di monitoraggio sanitario

e ambientale, secondo modalità partecipative e concertate con le istituzioni scientifiche, per

individuare le aree sensibili, i soggetti responsabili di danni ambientali, le attività di bonifica,

nonché le azioni di prevenzione.

Con l’articolo 20 si stabilisce che la Giunta deve redigere anche un piano regionale di

riduzione della produzione di imballaggi che responsabilizzi imprese e distretti in quanto

produttori di rifiuti, nell’ottica di indirizzarli verso una progettazione industriale che renda i

materiali compositi decostruibili a fine vita e in tal modo completamente riciclabili.

L’articolo 21 conclude le disposizioni riguardanti la pianificazione regionale disponendo la

predisposizione di un piano di razionalizzazione della filiera alimentare al fine di stabilire un

efficiente utilizzo degli alimenti in scadenza, dei sottoprodotti e degli scarti alimentari.

Vengono inoltre stabilite le modalità di gestione ammessa della raccolta della frazione

organica e del verde.

L’articolo 22 impone la realizzazione di almeno un centro di raccolta del rifiuto urbano non

riciclabile, ingombrante e pericoloso ogni 20000 abitanti, mentre l’articolo 23 abbina a tali

centri l’istituzione di centri per il riuso e il riciclo di prodotti e componenti esclusi dalla raccolta

differenziata puntuale, gestiti in via preferenziale da associazioni di volontariato, di

promozione sociale, cooperative sociali senza fine di lucro, il cui ruolo viene poi dettagliato

nel successivo articolo 24.

All’articolo 25 si prevede un programma di interventi per l’utilizzo dei pannolini lavabili per

l’infanzia e per l’incontinenza, con l’istituzione di un incentivo economico sotto forma di

riduzione della tassa sui rifiuti per chi vi aderisca.

Al fine di ridurre e successivamente evitare che ingenti quantità di posate e piatti di plastica

vengano gettate quotidianamente nella spazzatura indifferenziata, l’articolo 26 introduce

una sperimentazione da attuare presso un primo gruppo di istituzioni scolastiche regionale,

per mezzo dell’erogazione di contributi per l’acquisto di «lunch box», kit in materiale

infrangibile e lavabile contenente piatti e posate.

Nell’articolo 27 vengono stabiliti gli obblighi di informazione, aggiornamento dati e di

partecipazione in capo alle pubbliche amministrazioni, gli obblighi con relativa penale in capo

ai gestori dei diversi servizi connessi al ciclo dei rifiuti per quanto riguarda la comunicazione

di tutti i dati tecnici ed economici relativi al servizio, nonché ovviamente i diritti di

informazione di cui i cittadini sono beneficiari.

L’articolo 28 ha lo scopo di istituire un apposito fondo, alimentato dal tributo speciale e

relativa addizionale, dalla tassa sul vuoto a perdere e dalle sanzioni per la violazione della

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presente legge. Il fondo avrà lo scopo di finanziare l’impiantistica di riuso, riciclaggio e

recupero di materia, compostaggio e centri di raccolta e recupero; finanziare il passaggio dei

comuni alla raccolta differenziata puntuale; premiare i comuni che riducono la produzione

pro-capite di rifiuti; promuovere i distretti del rifiuto; sovvenzionare progetti di riduzione e

riuso e finanziare centri di ricerca per il recupero spinto di materia dal rifiuto urbano residuo.

Chiudono il testo gli articoli 29 e 30 sulle abrogazioni e modifiche in merito alla legislazione

sui rifiuti vigente, nonché sull’entrata in vigore della presente proposta di legge.

Considerata l’importanza e l’urgenza di una profonda riforma della materia ambientale in

tema di rifiuti, si confida nell’accoglimento del presente testo.

FRATTOLIN

BIANCHI

DAL ZOVO

SERGO

USSAI

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INDICE

Art. 1 (Obiettivi e finalità – strategia Rifiuti Zero)

Art. 2 (Definizioni)

Art 3 (Raccolta differenziata puntuale)

Art 4 (Tariffa puntuale)

Art 5 (Moratoria per l’incenerimento e la combustione di rifiuti)

Art 6 (Patto di riconversione impiantistica)

Art 7 (Programma di riconversione impiantistica industriale)

Art 8 (Divieto di smaltimento dei rifiuti riusabili, riciclabili e non trattati)

Art 9 (Principio di autosufficienza)

Art 10 (Divieto di diluizione e di riciclo delle scorie da incenerimento)

Art 11 (Tributo speciale allo smaltimento e al recupero energetico)

Art 12 (Tariffa di ingresso agli impianti di smaltimento, di recupero diverso dal riciclaggio e di

materiale post consumo residuale)

Art 13 (Principio di separazione dei ruoli nella gestione del ciclo dei rifiuti)

Art 14 (Distretti del riciclo)

Art 15 (Semplificazione delle procedure per l’impiantistica del riciclo)

Art 16 (Ambiti di raccolta ottimali (ARO))

Art. 17 (Tassa sul vuoto a perdere)

Art 18 (Amianto)

Art 19 (Piano di monitoraggio sanitario)

Art 20 (Piano regionale di riduzione della produzione dei rifiuti e degli imballaggi)

Art 21 (Piani di razionalizzazione della filiera alimentare e dei rifiuti organici)

Art 22 (Centri di raccolta)

Art 23 (Centri per il riuso e per il riciclo e borse recuperi industriali)

Art 24 (Ruolo del volontariato e della cooperazione sociale)

Art 25 (Contributi economici per l’acquisto di pannolini lavabili)

Art 26 (Contributi economici alle scuole regionali per l’acquisto di «lunch box»)

Art 27 (Accesso all’informazione e partecipazione dei cittadini)

Art 28 (Fondo di riconversione del ciclo dei rifiuti e disposizioni finanziarie)

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Art 29 (Abrogazioni e modifiche)

Art 30 (Entrata in vigore)

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Art. 1

(Obiettivi e finalità – strategia Rifiuti Zero)

1. La presente legge persegue i seguenti obiettivi e finalità: a) ricondurre il ciclo produzione-consumo all’interno dei limiti delle risorse del

pianeta, tramite l’eliminazione degli sprechi, e con gli obiettivi di: - massimizzare, nell’ordine, la riduzione dei rifiuti, il riuso dei prodotti e dei

componenti di prodotti e il riciclaggio; - minimizzare il recupero di materia diverso dal riuso e dal riciclaggio, lo smaltimento

e il recupero di energia in modo da tendere a zero nell’anno 2020. Tale percorso, inclusivo della fase di ricerca sul rifiuto residuale secco ai fini della

riprogettazione industriale di beni e di prodotti totalmente decostruibili e riciclabili, è sinteticamente indicato come “Strategia Rifiuti Zero - Zero Waste”;

b) proteggere l’ambiente e la salute prevenendo e riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti;

c) rafforzare la prevenzione primaria delle malattie ascrivibili ai rischi indotti da inadeguate modalità di gestione dei rifiuti;

d) favorire l’accesso all’informazione e la partecipazione dei cittadini in materia di ambiente e di ciclo di trattamento dei rifiuti;

e) favorire l’inserimento nei programmi scolastici curricolari delle tematiche del riciclo dei rifiuti, dell’autoproduzione degli alimenti e dell’acquisto «a chilometro zero»;

f) realizzare un programma di nuova occupazione articolato a livello regionale

attraverso la costituzione di distretti del riutilizzo, del riciclo, del recupero e della

riprogettazione industriale di beni e di prodotti totalmente decostruibili e riciclabili;

g) individuare gli ulteriori ambiti di responsabilità di ogni attore nella filiera del

rifiuto;

h) promuovere una politica di eliminazione degli imballaggi alla fonte tramite la

vendita di beni di consumo sfusi.

2. Ai fini della presente legge e degli obiettivi indicati al comma 3, si applicano i criteri di

priorità nella gestione dei rifiuti di cui all’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

152, nonché le definizioni formulate dall’articolo 183 dello stesso decreto legislativo e

dall’articolo 1 della decisione 2011/753/UE della Commissione in data 18 novembre 2011.

3. Gli enti locali conseguono i seguenti obiettivi minimi per i rifiuti urbani:

a) entro il 2016: 75 per cento di raccolta differenziata, 2 per cento di riuso, 70 per

cento di riciclato e di compostato, 80 per cento di recupero di materia, 10 per cento di

riduzione dei rifiuti rispetto al 2000 in termini di peso;

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b) entro il 2020: 91 per cento di raccolta differenziata, 5 per cento di riuso, 85 per

cento di riciclato e di compostato, 95 per cento di recupero di materia, 20 per cento di

riduzione dei rifiuti rispetto al 2000 in termini di peso;

c) entro il 2050: 50 per cento di riduzione dei rifiuti rispetto al 2000 in termini di

peso.

Gli enti locali conseguono altresì i seguenti obiettivi minimi per i rifiuti speciali:

a) entro il 2020: riduzione del 30 per cento rispetto alla produzione del 2000,

riciclaggio del 90 per cento e recupero complessivo di materia al 95 per cento;

b) entro il 2050: riduzione del 50 per cento rispetto alla produzione del 2000.

Art. 2 (Definizioni)

1. Ai fini della presente legge, ferme restando le definizioni generali di cui alla

vigente legislazione nazionale in tema di rifiuti, si intendono per: a) “rifiuto urbano residuale (RUR)”: il rifiuto che è costituito da: 1. l’insieme dei rifiuti urbani raccolti dal gestore a valle delle frazioni differenziate

raccolte separatamente come mono-materiale o multi-materiale (plastica/metalli) non differenziati;

2. le frazioni di rifiuto differenziato non inviate a riciclaggio, ad eccezione di quelle pericolose;

3. gli scarti della selezione delle frazioni differenziate non destinati a recupero di materia

b) “tariffa puntuale”: sistema tariffario impostato sulla pesatura dei rifiuti urbani conferiti da ogni singola utenza, contemperando quantità e qualità dei rifiuti urbani stessi

c) “frazione organica rifiuti solidi urbani (FORSU)”: materiale raccolto dalla raccolta differenziata dell'organico (altrimenti detto umido). Si tratta di residui di cibo o preparazioni alimentari e frazioni assimilabili, come carta per alimenti sporca di residui alimentari

d) “principio di responsabilità estesa del produttore (o EPR Extended Producer Responsibility)”: strategia di protezione ambientale dove la responsabilità del produttore è estesa anche alla fase post-consumer, ovvero all’intero ciclo di vita del prodotto (OECD, Development of Guidance on Extended Producer Responsibility), rendendo così il produttore responsabile dell’intero ciclo di vita, in particolare per il ritiro, il riciclo e lo smaltimento finale.

Art. 3

(Raccolta differenziata puntuale)

1. Gli enti locali organizzano un sistema di raccolta differenziata puntuale,

comprendente anche il rifiuto residuale, sia per le utenze domestiche sia per le utenze non domestiche. Sono privilegiate le raccolte differenziate puntuali mono-materiale. Per la

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definizione delle modalità di raccolta differenziata vengono utilizzate le modalità partecipative di cui all’articolo 27.

2. Ai fini del calcolo delle rese di raccolta differenziata dei rifiuti urbani sono esclusi: a) i rifiuti provenienti da processi produttivi e i rifiuti provenienti dall’agricoltura

e dalla selvicoltura, in quanto non assimilabili ai rifiuti urbani, anche se compatibili per tipo e per composizione ai rifiuti domestici, gli inerti da costruzione e da demolizione, anche provenienti da piccole manutenzioni eseguite in economia dall’utente e conferite ai centri di raccolta;

b) le frazioni conferite a soggetti terzi rispetto al gestore o ai gestori individuati dai comuni nell’ambito della privativa;

c) gli scarti di selezione delle frazioni differenziate non destinati a riciclaggio. Ai fini del calcolo delle rese di raccolta differenziata dei rifiuti urbani sono incluse: a) le frazioni differenziate di rifiuti raccolte dal gestore o conferite presso i centri

di raccolta purché destinate a riciclaggio; b) le frazioni pericolose raccolte dal gestore o conferite presso i centri di raccolta,

anche non destinate a riciclaggio. 3. Gli enti locali emanano, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente

legge, uno specifico regolamento concernente la pianificazione e le modalità di attuazione degli obiettivi di riduzione della produzione di rifiuti, le modalità di conferimento delle diverse frazioni di rifiuti, l’applicazione del compostaggio domestico e di zona, nonché le sanzioni in caso di mancata osservanza delle predette normative.

4. Allo scopo di facilitare il corretto conferimento, la direzione centrale competente adotta entro il 2016, disposizioni di natura regolamentare per attribuire, su tutto il territorio regionale, la medesima colorazione ai materiali e alle attrezzature utilizzati per la raccolta separata delle diverse frazioni di rifiuti.

5. Gli enti locali rendono operativo il sistema di raccolta differenziata puntuale di cui al comma 1 nel termine di due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso inutilmente il termine indicato, la Regione esercita in via sussidiaria il potere sostitutivo nei confronti dell’ente locale, assicurando il sistema di raccolta differenziata puntuale.

6. Gli enti locali prevedono altresì la presenza dei contenitori per il conferimento dei rifiuti, differenziati per tipologie, anche nei propri parchi urbani, nelle aree verdi e nei luoghi pubblici.

7. L’obbligo di cui al comma 6 è inoltre previsto nei luoghi di raduno quali eventi temporanei, feste paesane, sagre, manifestazioni fieristiche ed eventi simili.

Art. 4 (Tariffa puntuale)

1. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge è attuato il

passaggio al sistema della tariffa puntuale, in cui la quota di tariffa variabile per le utenze domestiche e non domestiche è calcolata in modo direttamente proporzionale alla quantità di rifiuto urbano residuo (RUR) conferito, mediante l’applicazione del criterio di rilevazione e di contabilità riferito a ogni singola utenza. Gli enti locali adottano, con proprio regolamento, gli eventuali sconti commisurati ai quantitativi di frazioni differenziate conferite.

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2. Il compostaggio domestico e di comunità è incentivato con adeguato sconto sulla tariffa, pari ad almeno il 20 per cento dell’importo totale.

Art. 5

(Moratoria per l’incenerimento e la combustione di rifiuti)

1. Le norme relative alle fonti di energia rinnovabile non si applicano agli impianti di

incenerimento e di combustione dei rifiuti. Le linee guida del piano di graduale dismissione di tutte le tipologie impiantistiche che fanno ricorso alle predette procedure sono definite dalla presente legge e riguardano gli impianti di incenerimento, combustione e co-combustione dei rifiuti, dei fanghi essiccati o dei residui biodegradabili, dei sottoprodotti di lavorazione, dei combustibili solidi secondari (CSS), come definiti all’articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dei materiali che hanno cessato la qualifica di rifiuto.

2. In relazione alla potenziale pericolosità per la salute dell’uomo, è sospeso, fino al 2025, il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio degli impianti di trattamento termico e di recupero energetico, che costituiscono attività comprese nelle operazioni di cui agli allegati B e C alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che siano in fase di progettazione, di procedura autorizzativa o, comunque, non ancora entrati in esercizio.

3. Le disposizioni di cui al comma 2 hanno effetto anche rispetto a tutti gli impianti che producono o utilizzano combustibile derivato da rifiuti (CDR) o combustibili solidi secondari (CSS) in sostituzione di carburanti tradizionali.

Art. 6

(Patto di riconversione impiantistica)

1. La Regione attiva un patto di riconversione per l’esercizio degli impianti di

incenerimento/combustione/co-combustione di rifiuti, di combustibili solidi secondari di gas di discarica, di gas residuati dai processi di depurazione, di bioliquidi nonché di impianti a biomasse e digestori anaerobici alimentati da rifiuti urbani e da prodotti o residui biodegradabili, al fine riconoscere al gestore il diritto di ottenere, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’autorizzazione all’esercizio di nuovi impianti per il trattamento a mezzo riciclo/recupero delle frazioni differenziate e della quota residuale di indifferenziato destinato a riciclo/recupero di materie prodotte nello stesso bacino di riferimento.

2. Gli impianti di cui all’articolo 5, comma 1, non riconvertiti entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dismessi.

3. Negli atti delle gara d’appalto per la gestione complessiva dei materiali post-utilizzo, sia in forma diretta che in forma associata, vengono riconosciuti elementi di premialità nell’attribuzione dei punteggi dei soggetti che aderiscono al patto di riconversione impiantistica

Art. 7 (Programma di riconversione impiantistica industriale)

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1. Ogni anno la Giunta regionale approva con propria delibera, su proposta

dell’Assessore competente in materia di Ambiente, previo parere della Commissione consiliare competente, un programma annuale di riconversione degli impianti di cui al comma 1 dell’articolo 6.

2. Il programma di riconversione impiantistica industriale deve comprendere i patti di riconversione impiantistica di cui all’articolo 6 e deve essere gestito con modalità di partecipazione diretta delle istituzioni, dei gestori industriali e delle comunità locali, come previsto dalla Convenzione sull’accesso alle informazioni, sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, sottoscritta ad Aarhus il 25 giugno 1998, ratificata e resa esecutiva dalla legge 16 marzo 2001, n. 108.

3. La Direzione centrale competente, l’ARPA, gli enti locali tramite propri rappresentanti e tecnici svolgono il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del programma di riconversione impiantistica industriale, attraverso un tavolo regionale permanente convocato dalla Regione, i cui lavori sono svolti in collaborazione con il Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) e con i distretti di cui all’articolo 14. La composizione e le funzioni del tavolo sono stabiliti da regolamento della Giunta regionale da adottarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge previo parere della Commissione consiliare competente. Il tavolo è convocato in forma plenaria con cadenza almeno semestrale per il confronto sullo stato di attuazione e sulle azioni intraprese con i soggetti imprenditoriali territoriali.

Art. 8

(Divieto di smaltimento dei rifiuti riusabili, riciclabili e non trattati)

1. Le operazioni di smaltimento dei rifiuti devono essere effettuate in modo da non

arrecare danni alla collettività ed all' ambiente, alle acque, al suolo, all' aria, alla flora ed alla fauna, evitando, in particolare, rischi per la salute e la sicurezza dell'uomo.

2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge decadono le autorizzazioni riguardanti il conferimento in impianti di incenerimento o di discarica, di rifiuti urbani indifferenziati che non siano stati sottoposti a operazioni finalizzate a ricavare ulteriori beni o materiali atti al riuso, al riciclaggio e al recupero di materia, nonché quelle per il conferimento in discarica di rifiuti contenenti sostanze putrescibili non sottoposte a stabilizzazione biologica.

3. È vietato: a) smaltire in discarica o inviare a incenerimento i rifiuti riciclabili, comprese le

biomasse agricole compostabili; b) inviare a incenerimento le frazioni di rifiuti che possono essere recuperate

come materia. 4. La Regione sostiene la realizzazione di centri di riuso dei prodotti e dei

componenti di prodotti di cui all’articolo 23.

Art. 9

(Principio di autosufficienza)

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1. La Regione assicura l’autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani e speciali,

compresi quelli pericolosi, in tutte le fasi di trattamento, attraverso l’introduzione di specifica previsione sul dimensionamento, in fase di approvazione o di aggiornamento del piano regionale di gestione dei rifiuti, relativa agli impianti di trattamento per il riciclaggio e per il recupero di tutte le frazioni differenziate e agli impianti di smaltimento in sicurezza delle frazioni residue e non recuperabili.

2. Gli spostamenti di rifiuti non riciclabili sono consentiti solo in presenza di accordi interregionali e limitatamente al tempo di realizzazione di impianti idonei al loro trattamento nell’ambito regionale, fermo restando il termine massimo di due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. La predetta norma si applica in particolare ai rifiuti speciali non pericolosi ed ai rifiuti urbani non trattati da inviare ad impianti di trattamento meccanico finalizzati al totale recupero di materia, con esclusivo riferimento alle regioni nel cui territorio sia stato deliberato dal Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 5, commi 1 ed 1-bis, della legge 24 febbraio 1992 n. 225, lo stato di emergenza in materia di gestione dei rifiuti.

Art. 10

(Divieto di diluizione e di riciclo delle scorie da incenerimento)

1. Con regolamento da emanarsi previo parere della Commissione consiliare

competente entro centottanta giorni dall’approvazione della presente legge la Giunta regionale è autorizzata a determinare le modalità con cui viene vietato l’utilizzo diretto o la diluizione delle scorie e delle ceneri da combustione/incenerimento con altri materiali ai fini della produzione di beni o di materiali, agli operatori autorizzati ai sensi del comma 11-bis dell’articolo 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ovvero autorizzati a seguito di procedure semplificate ai sensi del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 5 febbraio 1998.

Art.11

(Tributo speciale allo smaltimento e al recupero energetico)

1. Il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, di cui alla legge

regionale 24 gennaio 1997, n. 5, alimenta un fondo con destinazione vincolata alla riconversione del ciclo dei rifiuti di cui all’art. 28, ed è applicato:

a) nella misura massima a tutte le operazioni di smaltimento ai sensi dell’allegato B alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

b) in misura dimezzata rispetto all’importo massimo per i rifiuti urbani e speciali inviati a trattamento termico sia in impianti di incenerimento che rientrano fra quelli per il recupero energetico di cui all’allegato C alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, sia in impianti che utilizzano i rifiuti come combustibile o per la produzione di energia, tutti avviati a spegnimento e a riconversione per effetto dell’entrata in vigore della presente legge;

c) in misura pari al 20 per cento dell’importo massimo alla frazione organica stabilizzata derivante da trattamento meccanico (FOS), maturata, raffinata, con un indice di

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stabilità IRD (indice di respirazione dinamico) < 1000 mgO2 (ossigeno)/ kg SV (solidi volatili in valore assoluto) e una pezzatura massima di 50 millimetri, utilizzata per la copertura giornaliera di discarica in un quantitativo massimo del 10 per cento in volume, trattandosi di recupero di materia diverso dal riciclaggio.

2. Le misure del tributo speciale sono rivalutate annualmente in relazione all’aumento dell’indice medio del costo della vita accertato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale è autorizzata ad emanare apposito regolamento per applicare:

a) per i rifiuti urbani, sconti su base comunale graduati rispetto all’importo massimo e fino all’azzeramento del tributo, calcolati in maniera inversamente proporzionale ai rifiuti pro-capite/equivalente inviati direttamente o indirettamente a smaltimento o a recupero energetico. Il regolamento contiene i criteri di calcolo degli abitanti equivalenti, prendendo in considerazione, per i singoli comuni, sia i flussi turistici sia la presenza di utenze non domestiche;

b) per i rifiuti speciali, uno sconto per le aziende che minimizzano la loro produzione tramite piani di ristrutturazione produttiva.

4. L’ammontare degli importi previsti dal comma 15 dell’articolo 4 della legge

regionale 12/2006 è raddoppiato a partire dal quinto giorno successivo all’approvazione

della presente legge regionale.

Art.12

(Tariffa di ingresso agli impianti di smaltimento, di recupero diverso dal riciclaggio e di

materiale post consumo residuale)

1. Al fine di predisporre un sistema di incentivazione alla riduzione della produzione

dei rifiuti ed al loro recupero, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione provvede a stabilire le tariffe di ingresso agli impianti di smaltimento, di recupero energetico ancora esistenti e di trattamento del rifiuto residuale, in modo da differenziarle, per comune conferente, sulla base del criterio premiale della minimizzazione del rifiuto pro-capite/equivalente da inviare ai predetti impianti.

Art. 13

(Principio di separazione dei ruoli nella gestione del ciclo dei rifiuti)

1. Al fine di favorire un corretto sistema di gestione del trattamento dei rifiuti urbani,

trova applicazione il principio di separazione di ruolo tra i soggetti pubblici gestori delle fasi di raccolta e i soggetti privati gestori della fase di smaltimento in base alla normativa previgente, con espresso divieto per questi ultimi, in quanto proprietari o gestori di discariche o di impianti di incenerimento, di partecipare alla gestione della fase di raccolta anche attraverso forme di collegamento societario con i soggetti pubblici.

2. I servizi di raccolta dei rifiuti urbani e quelli di smaltimento costituiscono servizio pubblico locale (SPL) di interesse generale, sono effettuati secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità, senza scopi di lucro e destinando gli eventuali utili al

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miglioramento del servizio. La loro gestione fa capo alle amministrazioni comunali che assicurano il rispetto del principio di precauzione a tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, garantendo forme di gestione partecipata permanenti delle comunità locali e attuando il principio di prossimità.

3. La proprietà e la gestione di nuovi impianti di smaltimento, attraverso discariche temporanee di rifiuti urbani non pericolosi previsti esclusivamente per il conferimento della frazione residua da trattamenti di recupero, sono pubbliche e corredate da un programma obbligatorio di volumetrie conferite nel rispetto dell’articolo 182 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che fissa il criterio di residualità per la fase dello smaltimento sino al suo azzeramento finale.

4. Presso ogni impianto di smaltimento è costituito un centro di ricerca finalizzato a effettuare analisi merceologiche per individuare la tipologia e l’incidenza degli oggetti e dei materiali costituenti il rifiuto urbano residuo, oggetto di riprogettazione industriale sulla base del principio della responsabilità estesa del produttore introdotto dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205.

Art. 14

(Distretti del riciclo)

1. La filiera del riciclaggio, comprensiva della riparazione, del riuso e del riciclaggio

della frazione inorganica nonché del compostaggio aerobico o anaerobico della frazione organica, agevola la crescita di soggetti industriali e territoriali, pubblici e privati, organizzati in distretti del riutilizzo, del riciclaggio e della riprogettazione, di seguito denominati «distretti». Il distretto è costituito da un’aggregazione di piccole e medie imprese, legate alla comunità e fondate sull’interscambio di esperienze, di conoscenze, di progetti e di buone pratiche, che svolgono la loro attività in un sistema certificato anche parallelo al Consorzio nazionale imballaggi (CONAI), con utilizzo di impianti e di tecnologie a basso impatto ambientale. Le imprese operano all’interno di ambiti di raccolta ottimale (ARO), possono attivare eco-punti per la raccolta e il recupero di materiali specifici in deroga al sistema di privativa comunale, prevedendo che la loro attività sia soggetta a inserimento nel piano di gestione dei rifiuti della Regione di cui all’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nell’ambito di una pianificazione pubblica per la massimizzazione del riciclaggio.

2. La Regione promuove tramite appositi finanziamenti la creazione sul territorio regionale dei distretti di cui al comma 1.

Art. 15

(Semplificazione delle procedure per l’impiantistica del riciclo)

1. In attuazione del principio generale della gerarchia di trattamento, per la

realizzazione di impianti di trattamento per il riciclaggio e per il recupero sia di frazioni secche sia umide, vengono applicate, ove possibile, le procedure di autorizzazione accelerate e, ove previsto, semplificate di cui all’articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Con regolamento da emanarsi entro 180 giorni dall’approvazione della presente legge la Giunta regionale è autorizzata a determinare le modalità con cui attua il procedimento

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amministrativo che, lasciando fermi i termini più brevi vigenti, imponga la conclusione del procedimento e il rilascio del titolo autorizzativo a cura dell’amministrazione competente entro e non oltre dodici mesi dalla data del deposito del progetto definitivo da parte del soggetto richiedente.

2. Sono ammessi al regime di cui al comma 1: a) gli impianti per la selezione dei rifiuti urbani indifferenziati dedicati alla

massimizzazione del recupero di materia al fine del riciclaggio ovvero provvisti di linea di presso-estrusione delle plastiche e di produzione di materia prima secondaria, con esclusione di quelli destinati alla produzione di combustibile derivato da rifiuti (CDR) o di combustibili solidi secondari (CSS);

b) gli impianti di compostaggio aerobico, compresi i cosiddetti impianti di compostaggio aerobico elettromeccanici, e impianti di digestione anaerobica con successivo compostaggio aerobico alimentati con la frazione organica rifiuti solidi urbani (FORSU), con capacità di trattamento inferiore a 36.000 tonnellate annue e con potenza elettrica inferiore a un megawatt;

c) gli impianti di selezione e di riciclo di frazioni secche differenziate, con eventuale linea di presso-estrusione delle plastiche e di produzione di materia prima secondaria con capacità di trattamento inferiore a 36.000 tonnellate annue;

d) i centri per il riuso e centri di raccolta di cui all’articolo 23. 3. L’attività degli impianti di digestione anaerobica, tra cui quelli previsti dal comma

2, lettera b), è autorizzata alla produzione di biogas con espressa finalizzazione alla trasformazione della totalità del biogas in bio-metano, tramite trattamenti di purificazione e di adeguamento alle caratteristiche richieste dai gestori della rete, privilegiando l’immissione nella rete pubblica di distribuzione, fatta salva la quota di bio-metano da biogas impiegato negli impianti di bassa potenza termica ed elettrica per il fabbisogno energetico necessario al funzionamento degli impianti stessi e l’obbligo del trattamento della frazione residua del digestato in impianti di compostaggio aerobico per la produzione di compost di qualità. È altresì previsto l’uso del bio-metano da biogas come carburante per autotrazione da commercializzare nelle reti autorizzate, specialmente in caso di assenza di rete pubblica di distribuzione del gas. Dalla data di entrata in vigore della presente legge è vietato il ricorso alla combustione del biogas non purificato e prodotto con il descritto processo tecnologico, e tale divieto di combustione del biogas è esteso a tutti i nuovi impianti di digestione anaerobica con successivo trattamento aerobico di qualsiasi dimensione e alimentati sia da FORSU e sia da scarti agricoli che producono compostato idoneo all’impiego in agricoltura e nel giardinaggio, nonché agli impianti a biomasse derivate da altre frazioni organiche provenienti da rifiuti in generale.

4. Agli impianti che hanno ottenuto l’autorizzazione all’esercizio delle attività con procedura semplificata non può essere rilasciata autorizzazione a trattare materiali in ingresso diversi da quelli originariamente previsti. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale emana un apposito decreto con cui vengono definite le procedure amministrative e stabilite le caratteristiche tecnologiche e costruttive degli impianti, in ordine alle operazioni di immissione in rete e commercializzazione del bio-metano da biogas di cui all’art. 20 e 21 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.

Art. 16

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(Ambiti di raccolta ottimali (ARO))

1. Le amministrazioni comunali sono titolari di privativa sui rifiuti urbani. Compete ai

comuni, agendo in via autonoma o in associazione fra loro, la decisione finale sulla gestione dei rifiuti urbani nel proprio territorio.

2. Le operazioni di riduzione, di riuso e di raccolta puntuale porta a porta dei rifiuti urbani, per il modello organizzativo adottato, per lo scopo che si prefiggono, per il coinvolgimento attivo dell’intera popolazione, costituiscono servizi pubblici locali ai sensi dell’articolo 13, comma 2.

3. Possono essere istituiti ambiti di raccolta ottimale (ARO), ai sensi dell’articolo 200, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in bacini di utenza omogenei tra più comuni al fine di ottimizzare la filiera della raccolta differenziata, in funzione del riciclaggio e del recupero totale con l’esclusione dell’incenerimento del residuo secco e l’attuazione della relativa impiantistica di servizio. Essi sono titolari di potere di integrazione e di attuazione rispetto alle linee guida previste nel piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e sono riconosciuti come autorità autonoma dalla Regione, assumendo i poteri previsti dall’articolo 201 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

4. Gli ARO sono costituiti secondo una delle forme associative di cui agli articoli da 30 a 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e gli enti associati ne individuano la forma.

5. La regione provvede ad aggiornare il proprio piano rifiuti, inserendo gli ARO costituiti e applicando la procedura prevista dall’articolo 200, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006. In tal caso, ai sensi dell’articolo 200, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006, è esclusa l’istituzione di ambiti territoriali ottimali (ATO).

Art. 17

(Tassa sul vuoto a perdere)

1. Al fine di alimentare il Fondo di cui all’art. 28 per le finalità previste, la Regione

istituisce il tributo di scopo denominato «tassa sul vuoto a perdere», dovuto dalle aziende che utilizzano contenitori per bevande in plastica, in metallo e in vetro, aventi capacità tra 0,1 e 10 litri, nella misura di euro 0,10 per ogni contenitore immesso nel mercato.

2. Le aziende che utilizzano il sistema di distribuzione con vuoto a rendere, incentivano la riconsegna per il riutilizzo ciclico dei contenitori tramite l’applicazione di una cauzione di euro 0,20 per ogni contenitore, rimanendo esenti dal tributo introdotto dal presente articolo.

3. Al fine di garantire la possibilità di diminuire il ricorso a bicchieri di plastica, la Regione, gli enti pubblici dalla stessa vigilati e gli enti locali che mettano a disposizione all’interno dei propri immobili distributori automatici per l’erogazione di bevande sfuse, acquisiscono o noleggiano unicamente dispositivi che prevedano la funzione “senza bicchiere”.

4. Nei propri strumenti di pianificazione la Regione prevede a carico delle superfici commerciali al dettaglio superiori ai quindicimila metri quadri l’obbligo di realizzare dei compattatori per i contenitori in vetro, metallo e plastica.

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5. La Regione promuove l’installazione presso la grande distribuzione organizzata di “eco-point”, da intendersi quali macchinari che a fronte del conferimento di bottiglie e contenitori in pet trasparente, pet colorato, flaconi in HDPE e lattine in alluminio, conferiscono denaro o buoni sconto da utilizzarsi presso gli stessi rivenditori.

Art. 18 (Amianto)

1. Ferma rimanendo la disciplina dettata dalla legge regionale 12 settembre 2001,

n. 22 in materia di sorveglianza, prevenzione e informazione delle situazioni da rischio amianto e interventi regionali ad esso correlati, la gestione dei rifiuti di amianto è svolta adottando misure dirette a promuovere e a sostenere sia la ricerca nell’ambito delle alternative ecocompatibili sia le tecnologie che se ne avvalgono, nonché a garantire procedimenti quali l’inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto, ai fini dell’inattivazione delle fibre di amianto attive e della loro conversione in materiali che non mettano a repentaglio la salute pubblica. Pertanto, ai fini del trattamento di rifiuti di amianto, si applica la seguente disciplina:

a) nel rispetto delle disposizioni in materia di salute di cui alla direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in data 30 novembre 2009, qualsiasi rifiuto contenente amianto, indipendentemente dal contenuto di fibre, è classificato come rifiuto pericoloso, ai sensi della decisione della Commissione delle Comunità europee 2000/532/CE in data 3 maggio 2000;

b) temporaneamente e fino all’entrata in funzione degli impianti di cui alla lettera c), tali rifiuti possono essere smaltiti esclusivamente in specifiche discariche per rifiuti pericolosi, in conformità della direttiva 1999/31/CE del Consiglio dell’Unione europea in data 26 aprile 1999. Considerato che il predetto trattamento non assicura l’eliminazione definitiva del rilascio di fibre di amianto nell’ambiente, in particolare nell’aria e nelle acque di falda, è sospeso, a titolo precauzionale, il rilascio di nuove autorizzazioni per lo smaltimento di rifiuti di amianto in discariche per rifiuti pericolosi;

c) qualsiasi rifiuto contenente amianto deve essere trattato in appositi nuovi impianti, testati secondo un protocollo stabilito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dalla Direzione centrale competente in materia di sanità, avvalendosi dell’Azienda per l’assistenza sanitaria competente e degli enti pubblici di ricerca, che certifichi le migliori tecnologie disponibili di trattamento e di inertizzazione, fermo restando l’obbligo di informazione nei confronti della popolazione interessata.

Art. 19

(Piano di monitoraggio sanitario)

1. La Regione e gli enti locali, in collaborazione l’ARPA, le Aziende per l’assistenza

sanitaria, gli IRCSS regionali, le Università e gli ordini professionali dei medici provvedono alla stesura, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, di un piano di monitoraggio sanitario e ambientale per individuare le aree e i bacini industriali ove la

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presenza di discariche, di impianti di incenerimento/combustione e di attività industriali illegali ha determinato un danno ambientale e l’insorgenza di patologie alla salute pubblica.

2. Il piano identifica i soggetti responsabili del danno ambientale, individua le attività di bonifica sul territorio e definisce le azioni di prevenzione e di cura delle patologie riscontrate, con utilizzazione di opportuni bio-indicatori, includendo la mappatura del latte materno effettuata su un campione significativo di popolazione residente e quella del latte vaccino prelevato in aziende zootecniche e di lavorazione del latte operanti nell’area.

Art. 20

(Piano regionale di riduzione della produzione dei rifiuti e degli imballaggi)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Direzione

centrale competente in attività produttive redige un Piano regionale di riduzione della produzione di imballaggi, mirato alla riprogettazione industriale, che includa criteri di riduzione dei rifiuti e degli imballaggi e che detti linee guida operative e generali ai distretti e alle imprese produttrici per l’attuazione del principio di responsabilità estesa del produttore e del criterio progettuale-industriale della decostruibilità e della riciclabilità totale delle singole parti componenti entro il 2020.

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, ogni produttore di beni materiali indica, per singolo bene e per singolo componente, le modalità e le tecnologie di riciclaggio. Ai fini del finanziamento delle attività di ricerca tecnologica sui materiali, la Regione promuove con apposito canale di finanziamento la ricerca delle università pubbliche, di istituti nazionali di ricerca e di centri di ricerca, in merito alla riprogettazione di prodotti e di componenti di prodotti.

3. Entro centottanta giorni dall’approvazione della presente legge, la Giunta regionale adotta un regolamento con il quale vengono individuate le percentuali minime di materia post consumo che le aziende produttrici sono tenute ad utilizzare per la realizzazione di beni materiali.

4. Gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, garantiscono che i manufatti e i beni utilizzati all’interno degli appalti affidati siano realizzati con almeno il cinquanta per cento di materiale riciclato, in analogia a quanto previsto dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203.

Art. 21

(Piani di razionalizzazione della filiera alimentare e dei rifiuti organici)

1. La direzione centrale competente in materia di ambiente, sentiti i rappresentanti

dell’industria di trasformazione e del commercio, i rappresentanti della grande distribuzione organizzata (GDO), le associazioni ambientaliste, le associazioni degli agricoltori, le associazioni dei consumatori e il Consorzio italiano compostatori, redige, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un piano di tutta la filiera agro-alimentare dalla produzione al consumo, per la razionalizzazione e l’efficiente utilizzo delle risorse agro-alimentari, per l’uso più corretto degli alimenti in scadenza, dei sottoprodotti e degli scarti

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alimentari al fine di ridurre gli sprechi di prodotti e relativi imballaggi, e allo scopo di destinare quanto non più utile ai fini alimentari umani e zootecnici alla ricostituzione della fertilità dei suoli contrastando i processi di desertificazione in atto.

2. Sono istituite le banche alimentari, quali luoghi pubblici gestiti dai comuni in collaborazione con le principali organizzazioni umanitarie, con le associazioni di volontariato e con le organizzazioni non lucrative di utilità sociale del territorio, cui conferire il surplus alimentare proveniente da circuiti distributivi commerciali, da aziende di produzione, da fondazioni e da singoli cittadini. La donazione per scopi di solidarietà civile e di sostegno al disagio sociale di scorte alimentari integre e non scadute è interesse dei singoli comuni al fine di ridurre il conferimento nel sistema di raccolta dei rifiuti urbani e di sottrarle allo smaltimento.

3. La regione svolge un’indagine sul proprio territorio per individuare le zone con scarsa presenza di sostanza organica, con valore percentuale inferiore al 3,5 per cento in peso, ed emanare norme per il suo recupero, mediante l’utilizzo preferenziale di compostato derivante da raccolta selezionata di rifiuti, anche prevedendo allo scopo il riconoscimento di incentivi.

4. La raccolta differenziata della frazione organica umida è effettuata obbligatoriamente presso tutte le utenze che non praticano il compostaggio domestico o collettivo e di zona, che sono le modalità prioritarie ai fini della riduzione a monte dei rifiuti.

5. È consentito e promosso il compostaggio collettivo di caseggiato e di zona, in particolare in aree urbane ad alta densità in cui non è autorizzabile il compostaggio domestico, regolamentato dai comuni per l’utilizzazione di aree verdi pubbliche urbane concesse a comunità cittadine ai fini del deposito di frazioni organiche domestiche compostabili per la realizzazione di orti e di giardini urbani anche a fini didattici e di promozione dell’autocompostaggio e dell’autoproduzione alimentare.

6. In tutte le aree di verde pubblico aventi superficie superiore a un ettaro, è obbligatorio allestire una zona per la trasformazione in compostato della frazione organica derivante dagli sfalci e dalle potature leggere della stessa area nonché delle altre aree verdi del comune, fino a un massimo di 1.000 tonnellate/anno per ogni zona. Queste zone, tramite apposito regolamento comunale, possono essere utilizzate anche per la trasformazione in compostato della frazione vegetale derivante dalle aree verdi private circostanti.

Art. 22 (Centri di raccolta)

1. Entro il 2016 deve essere realizzato almeno un centro di raccolta, di cui all’articolo

183, comma 1, lettera mm), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ogni 20.000 abitanti per il conferimento delle frazioni di rifiuto urbano non riciclabile, ingombrante e pericoloso.

Art. 23

(Centri per il riuso e per il riciclo e borse recuperi industriali)

1. In contiguità ai centri di raccolta di cui all’articolo 22 sono istituiti i centri per il

riuso e per il riciclo al fine del riutilizzo di prodotti e di componenti di prodotti esclusi dal

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circuito per la raccolta differenziata puntuale, di cui è ancora possibile il riuso anche attraverso processo di riparazione. In tale centro i prodotti e i componenti di prodotto suscettibili di possibile riuso sono indirizzati verso aree di deposito per le successive fasi di riparazione e di riuso, senza essere classificati come rifiuti.

2. La gestione delle strutture di cui al comma 1 è affidata, in via preferenziale ma non esclusiva, alle associazioni di volontariato, alle cooperative sociali, alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale del territorio.

3. Ai fini del riutilizzo e della commercializzazione dei materiali recuperati dalle aziende nel corso dei rispettivi cicli produttivi, possono venir promosse delle strutture organizzative tendenti ad agevolare il riciclaggio degli scarti di lavorazione (Borse recuperi), anche attraverso l'intermediazione delle Camere di commercio o dell' Unione regionale delle Camere di commercio.

Art. 24

(Ruolo del volontariato e della cooperazione sociale) 1. Le associazioni di volontariato, le cooperative sociali e le organizzazioni non

lucrative di utilità sociale possono effettuare saltuariamente, con progetti e/o con campagne di sensibilizzazione e di informazione temporalmente limitate, la raccolta di frazioni differenziate di rifiuti urbani non pericolosi per finanziare le proprie attività sociali, previa comunicazione al comune interessato che indichi il soggetto responsabile e il periodo di attività previsto che non può, in ogni caso, eccedere i sei mesi.

2. Tale attività esclude il requisito di iscrizione all’albo dei gestori ambientali e la compilazione del formulario di accompagnamento dei materiali, in deroga alle disposizioni vigenti.

Art 25 (Contributi economici per l’acquisto di pannolini lavabili)

1. Nell’ambito degli interventi di cui alla legge regionale 11/2006 (Interventi regionali a sostegno della famiglia e della genitorialità), al fine di incentivare l’adozione di comportamenti quotidiani virtuosi nell’interesse della salute dei bambini e dell’ambiente, la Regione sostiene interventi per l’utilizzo dei pannolini lavabili per l’infanzia e per l’incontinenza

2. A chi comprovi l’acquisto di una dotazione di pannolini lavabili, viene riconosciuto uno sconto sulla tassa sui rifiuti, pari al trenta per cento della spesa sostenuta, fino ad un massimo di cinquanta euro.

3. Con regolamento regionale, da adottarsi entro centottanta giorni dall’approvazione della presente legge previo parere della Commissione consiliare competente, sono definiti i criteri, le procedure e le modalità di degli incentivi di cui ai commi 1 e 2.

4. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 è autorizzata la spesa di euro per l'anno 2015 a carico dell'unità di bilancio e del capitolo dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2015-2017 e del bilancio per l'anno 2015.

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Art 26

(Contributi economici alle scuole regionali per l’acquisto di «lunch box»)

1. Al fine di ridurre le posate ed i piatti di plastica usa e getta presenti nelle mense scolastiche delle scuole primarie e secondarie di primo grado, l’amministrazione regionale è autorizzata a concedere in via sperimentale ad una scuola per ogni Unione territoriale intercomunale di cui alla legge regionale 26/2014 dei contributi per l’acquisto di «lunch box», kit in materiale infrangibile e lavabile contenente piatti e posate.

2. Con regolamento da emanare entro centottanta giorni dall’approvazione della presente legge, la Giunta regionale fissa i criteri per la selezione delle scuole presso le quali attivare la sperimentazione.

3. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di euro per l'anno 2015 a carico dell'unità di bilancio e del capitolo dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2015-2017 e del bilancio per l’anno 2015.

Art. 27

(Accesso all’informazione e partecipazione dei cittadini)

1. Ferma rimanendo la disciplina dettata dal decreto legislativo in materia di accesso

del pubblico all’informazione ambientale, le pubbliche amministrazioni mantengono aggiornate le informazioni in loro possesso relative alla materia oggetto della presente legge e, allo scopo, detengono elenchi, registri e schedari accessibili al pubblico. Sono rese operative, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, banche dati elettroniche, liberamente accessibili dai cittadini, comprendenti le relazioni sulla situazione dell’ambiente, la legislazione, i piani o le politiche nazionali, le convenzioni internazionali e i contratti di affidamento della gestione del servizio.

2. I cittadini utenti sono informati, fin dalla fase iniziale dei processi decisionali, sui seguenti elementi:

a) l’oggetto sul quale deve essere presa la decisione; b) la natura della decisione da adottare; c) l’autorità competente; d) la procedura prevista, comprese le informazioni di dettaglio sulla procedura di

consultazione; e) la procedura di valutazione dell’impatto ambientale, ove prevista. 3. I tempi del procedimento devono permettere una reale partecipazione del

pubblico anche nel caso di impianti non soggetti a verifica di assoggettabilità ambientale, nella forma di valutazione di impatto ambientale (VIA), di autorizzazione unica ambientale (AUA) o di autorizzazione integrata ambientale (AIA), attraverso la comunicazione tempestiva sui principali organi di stampa locali e attraverso la condivisione sul sito web istituzionale dei contenuti dei progetti presentati, almeno sessanta giorni prima rispetto alla data prevista per la conclusione dell’iter decisionale.

4. La partecipazione dei cittadini deve essere assicurata rendendo note le procedure di autorizzazione delle attività di tipo industriale che prevedano il recupero e/o il trattamento anche chimico di beni o materiali post consumo e di quelle relative alle discariche di materiali

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pericolosi. La decisione finale di autorizzazione delle attività suddette è adottata tenendo conto del risultato della partecipazione dei cittadini.

5. I gestori dei servizi di raccolta, di trasporto, di trattamento, di recupero e di smaltimento dei rifiuti forniscono alle amministrazioni locali servite tutti i dati tecnici ed economici relativi al servizio ed in particolare le percentuali di materiali differenziati raccolti e le percentuali di quelli effettivamente recuperati. Nel contratto di affidamento è espressamente prevista la penale per mancata comunicazione dei dati tecnici ed economici. La penale non può essere inferiore allo 0,5 per cento dell’importo a base di gara su base annua.

6. Le amministrazioni locali sono tenute a rendere pubblici tutti i dati tecnici ed economici della gestione dei rifiuti, svolta in economia o mediante società partecipate, compresi quelli relativi alle percentuali di raccolta e di recupero dei diversi materiali, e a garantire l’accesso alle banche dati con fruizione diretta dai siti web istituzionali anche in caso di esternalizzazione del servizio.

7. Ai fini del rilevamento statistico l'Amministrazione regionale cura la raccolta, l'elaborazione e l'aggiornamento dei dati sulle quantità, sulla composizione merceologica e sulle caratteristiche chimico - fisiche dei rifiuti di qualsiasi tipo prodotti sul territorio regionale, nonché sull' origine e destinazione dei rifiuti ivi prodotti o immessi, sulle destinazioni e effettive quantità di materiali recuperati.

Art. 28

(Fondo di riconversione del ciclo dei rifiuti e disposizioni finanziarie)

1. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Regione

istituisce un fondo con destinazione vincolata, utilizzato per la riconversione della gestione dei rifiuti perseguendo le finalità indicate dall’articolo 1, comma 1, lettera a) e allo scopo di:

a) finanziare l’impiantistica finalizzata al riuso, al riciclaggio, al recupero di materia, al compostaggio aerobico e alla digestione anaerobica con successivo trattamento aerobico, compresi i centri per il riuso e i centri di raccolta di cui all’articolo 23 e gli impianti che recuperano, ai fini del riciclaggio, parte del rifiuto residuale nonché gli scarti delle frazioni differenziate;

b) finanziare i comuni per la riconversione dagli attuali sistemi verso la raccolta differenziata puntuale, più efficace per la riduzione dei rifiuti e per il riciclaggio;

c) premiare i comuni che hanno minimizzato i rifiuti pro-capite/equivalente inviati a smaltimento o a recupero diverso dal riciclaggio;

d) promuovere la nascita dei distretti di cui all’art. 14; e) sovvenzionare progetti di riduzione e di riuso; f) finanziare centri di ricerca e istituti pubblici di ricerca, promossi anche da comunità

locali organizzate in ambiti di raccolta ottimale (ARO), per il recupero spinto di materia dai rifiuti urbani residui (RUR) da raccolte differenziate puntuali.

2. I finanziamenti per l’impiantistica di cui al comma 1, lettera a), sono erogati sulla base del criterio della percentuale di rifiuti non inviati a smaltimento o a recupero energetico rispetto ai rifiuti in entrata.

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3. I finanziamenti di cui al comma 1, lettere b), c) e e), sono attribuiti previa formazione di una graduatoria che tiene conto del criterio unico basato sulla riduzione dei rifiuti inviati a smaltimento o a recupero diverso dal riciclaggio.

4. All’alimentazione del fondo di cui al comma 1 provvedono gli introiti derivanti da: a) l’intero gettito del tributo speciale di cui all’articolo 11; b) l’addizionale del 20 per cento sul tributo speciale di conferimento dei rifiuti in

discarica a carico dell’Autorità d’ambito nei casi di cui all’articolo 205, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

c) la tassa sul vuoto a perdere di cui all’art. 17; d) l’applicazione delle sanzioni previste in caso di violazione della presente legge, da

stabilirsi mediante apposito regolamento approvato dalla Giunta regionale entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

5. La presente legge non comporta nuove o maggiori spese. Alla copertura

finanziaria degli oneri da essa derivanti si provvede mediante il fondo di cui al presente

articolo.

Art. 29

(Abrogazioni e modifiche)

1. Sono abrogate in particolare le seguenti disposizioni:

a) gli articoli da 1 a 4, il comma 1 lettera c), il punto 1) del comma e) ed i punti f)

e g) dell’articolo 5, l’articolo 9, il comma 1 lettera c) ed il comma 4 dell’articolo 10, gli articoli

da 11 a 15, gli articoli 20, 21, il comma 1 lettere d), e) ed n) dell’articolo 23, il comma 1 lettere

b) e d) del comma 1 dell’articolo 24, gli articoli da 30 bis a 36 e gli articoli da 38 a 42 della

legge regionale 7 settembre 1987, n. 30 (Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti).

2. Alla legge regionale 7 settembre 1987, n. 30 (Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti) sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1 dell’articolo 5 la lettera d) è sostituita dalla seguente: «d) promuovere la costituzione di consorzi fra Unioni territoriali intercomunali, con

l’eventuale partecipazione di imprese singole o associate;» b) al comma 1 dell’articolo 5 la lettera n) è sostituita dalla seguente: «n) l'emanazione di norme tecniche, anche igienico - sanitarie, direttive e

regolamenti per la costruzione e la gestione degli impianti di smaltimento, per la raccolta differenziata ed il trasporto dei rifiuti, per la promozione di tecnologie innovative, nonché per stabilire le procedure di controllo e di autorizzazione e per favorire il riciclo e la riutilizzazione dei rifiuti;»

c) al comma 1 dell’articolo 5 la lettera p) è sostituita dalla seguente: «p) assumere i provvedimenti sostitutivi di cui all'articolo 23 bis, commi 8 e 9.» d) il comma 2 dell’articolo 5 è sostituito dal seguente: «2. Le norme tecniche ed i regolamenti sono approvati con decreto del Presidente

della Giunta, previa deliberazione della Giunta stessa.»; e) al comma 3 dell’articolo 6 le parole «economica ottimale» sono sostituite dalla

seguente: «razionale»;

Page 26: proposta di legge rifiuti zero

f) al comma 4 dell’articolo 6 la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) individua in ogni Unione territoriale intercomunale o unione di UTI un bacino di

smaltimento e di riciclo dei rifiuti urbani e assimilabili, al fine di realizzare un sistema organico regionale, flessibile e modulare, tenuto conto della razionalizzazione dei servizi;»

g) alla lettera b) del comma 4 dell’articolo 6 le parole «avendo presente l’esigenza di ottimizzare le potenzialità dei relativi impianti» sono soppresse;

h) al comma 4 dell’articolo 6 la lettera d) è sostituita dalla seguente: «d) indica, per ogni bacino o per più bacini, il numero degli impianti ed i sistemi di

smaltimento e di riciclo ritenuti ottimali in relazione alla tipologia ed alle quantità dei rifiuti considerati, all'ottimizzazione dei costi, alla sicurezza ambientale ed igienico-sanitaria ed alla possibilità di recupero di materie utilizzabili;»

i) al comma 4 dell’articolo 6 la lettera e) è sostituita dalla seguente: «e) detta criteri per l'individuazione delle aree potenzialmente idonee

all'insediamento di impianti di smaltimento dei rifiuti speciali non riciclabili;» j) al comma 4 dell’articolo 6 la lettera f) è soppressa; k) al comma 1 dell’articolo 7 la lettera c) è sostituita dalla seguente: «c) idoneo studio di impatto ambientale per le aree in cui localizzare gli impianti di

smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi privilegiando il recupero di materie utilizzabili;» l) alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 7 le parole «e di produzione di energia»

sono soppresse; m) al comma 2 dell’articolo 8 le parole «provinciali» sono sostituite dalle seguenti:

«delle Unioni territoriali intercomunali»; n) al comma 3 dell’articolo 8 le parole «e previo parere favorevole della Sezione

IV del CTR» sono soppresse; o) al comma 4 dell’articolo 8 la parola «Province» è sostituita dalle seguenti:

«Unioni territoriali intercomunali»; p) al comma 1 dell’articolo 10 la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) studi, ricerche e progettazioni per la razionale organizzazione dei servizi di

raccolta, recupero, riciclo e smaltimento, ivi compresi lo studio e la scelta delle aree, nonché studi connessi all'attività di predisposizione di cui alla lettera a), o tendenti alla generale riduzione di rifiuti.»

q) il comma 3 dell’articolo 10 è sostituito dal seguente: «La Direzione regionale della sanità promuove e cura, d'intesa con la Direzione

regionale dell'ambiente, il coordinamento delle Aziende per i servizi sanitari nei riguardi delle attività di controllo e consultive concernenti il recupero, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti.»

r) al comma 1 dell’articolo 16 dopo la parola «trattamento» è aggiunta la seguente: «riciclo»;

s) al comma 2 dell’articolo 16 sono apportate le seguenti modifiche: 1) la parola «nominato» è sostituita dalla seguente: «sorteggiato»; 2) ogniqualvolta compaia, la parola «provinciale» è sostituita dalle seguenti:

«dell’Unione territoriale intercomunale competente»; 3) le parole «della Provincia» sono sostituite dalle seguenti: «dell’Unione

territoriale intercomunale competente». t) al comma 1 dell’articolo 22 le parole «nei tempi e nei modi da stabilirsi con

decreto dell’Assessore regionale all’ambiente» sono soppresse;

Page 27: proposta di legge rifiuti zero

u) nel titolo del Capo II del titolo II la parola «Province» è sostituita dalla seguente: «UTI»

v) nella rubrica dell’articolo 23 la parola «Province» è sostituita dalla seguente: «UTI»;

w) alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 23 dopo le parole «realizzare gli impianti di» sono aggiunte le seguenti: «trattamento, recupero, riciclo e»;

x) alla lettera c) dell’articolo 23 la parola «l’eventuale» è sostituita dalla seguente: «il»;

y) alla lettera g) dell’articolo 23 la parola «Province» è sostituita dalla seguente: «UTI»;

z) la lettera h dell'articolo 23 è così sostituita: «provvedere al controllo della regolare tenuta dei registri giornalieri di carico e scarico dei rifiuti smaltiti nonché, per i rifiuti tossici e nocivi, dei documenti di identificazione per il trasporto»;

aa) la lettera m dell’articolo 23 è sostituita dalla seguente: «m) predisporre annualmente una relazione sullo stato della rispettiva gestione

delle funzioni spettanti in materia; tali relazioni sono pubblicate all'albo dell’Unione territoriale intercomunale per 20 giorni e sulle stesse sono legittimati a presentare le loro osservazioni le Aziende per i servizi sanitari e le Associazioni per la protezione ambientale di cui al decreto del Ministro dell'ambiente del 20 febbraio 1987 operanti in regione, entro i successivi 20 giorni; ogni relazione è approvata dal competente Consiglio provinciale e trasmessa all'Amministrazione regionale;»

bb) il comma 1 bis dell’articolo 23 è sostituito dal seguente: «1 bis Qualora l’Unione territoriale intercomunale promuova o partecipi ad aziende

o società di cui all'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come modificato dall'articolo 17, comma 58, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che abbiano tra le proprie attività la progettazione, la realizzazione e la gestione di impianti di trattamento, riciclo e smaltimento dei rifiuti e che le esercitino direttamente o tramite partecipazione ad altre società, il provvedimento finale di autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio, come previsto dalle vigenti disposizioni di legge e regolamentari, spettano rispettivamente alla Giunta regionale ed al Direttore regionale all'ambiente.»

cc) la rubrica dell’articolo 23 bis è così sostituita: «(Programmi di attuazione dell’Unione)»

dd) al comma 1 dell’articolo 23 bis la parola «Province» è sostituita dalle seguenti: «Unione territoriale intercomunale»;

ee) al comma 2 dell’articolo 23 bis la parola «provinciali» è abrogata; ff) al comma 3 dell’articolo 23 bis la parola «provinciali» è abrogata; gg) la lettera a) del comma 3 dell’articolo 23 bis è così sostituita: «a) in base all'individuazione della quantità e qualità dei rifiuti residui da smaltire,

tenuto conto dell'impatto ambientale che possono produrre nonché delle possibilità di recupero di materie utilizzabili, determinano, secondo i criteri contenuti nel Piano regionale, gli obiettivi quali-quantitativi da raggiungere nel territorio provinciale, tramite la gestione dei servizi di raccolta differenziata;

hh) la lettera c) del comma 3 dell’articolo 23 bis è così sostituita: «c) individuano le aree idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei

rifiuti residui;»

Page 28: proposta di legge rifiuti zero

ii) al comma 4 dell’articolo 23 bis la parola «Provincia» è sostituita dalla seguente: «Unione territoriale intercomunale»;

jj) al comma 5 dell’articolo 23 bis la parola «Provincia» è sostituita dalla seguente: «Unione territoriale intercomunale», è la parola «provinciale» è sostituita dalla seguente: «dell’Unione»;

kk) il comma 6 dell’articolo 23 bis è sostituito dal seguente: «6. Sul Programma i Comuni e le Aziende per i servizi sanitari territorialmente

interessati, nonché le Associazioni per la protezione ambientale legislativamente riconosciute operanti in regione, possono presentare all'Amministrazione provinciale competente le proprie osservazioni entro i successivi 30 giorni.

ll) il comma 7 dell’articolo 23 bis è sostituito dal seguente: «7. Ciascun Programma di attuazione, eventualmente rielaborato sulla base delle

osservazioni di cui al comma 6, viene adottato con deliberazione del Consiglio e approvato, entro 60 giorni dalla trasmissione dello stesso, con decreto del Presidente della Giunta regionale su conforme deliberazione della Giunta stessa.

ii) al comma 8 dell’articolo 23 bis la parola «Province» è sostituita dalle seguenti: «Unione territoriale intercomunale»;

mm) al comma 9 dell’articolo 23 bis la parola «Province» è sostituita dalle seguenti: «Unione territoriale intercomunale»;

nn) al comma 9 ter dell’articolo 23 bis la parola «Provincia» è sostituita dalle seguenti: « Unione territoriale intercomunale» e la parola «provinciale» è sostituita dalla seguente: «dell’Unione»;

oo) al comma 1 dell’articolo 23 ter la parola «Province» è sostituita dalle seguenti: «Unioni territoriali intercomunali»;

pp) al comma 1 dell’articolo 28 le lettere b) e c) sono soppresse; qq) dopo il comma 1 dell’articolo 30 è aggiunto il seguente: «1 bis. Per la violazione delle norme contenute al comma 1 del presente articolo, si

applica la sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 20.000;»

Art. 30

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua

pubblicazione.

Page 29: proposta di legge rifiuti zero

Avvertenza:

Il testo delle note qui pubblicate è stato redatto ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 13 maggio 1991, n. 18, come da ultimo modificato dall’articolo 85, comma 1, della legge regionale 30/1992, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio.

Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Nota all’articolo 1:

Il testo del comma 1 dell’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) è il seguente: « 1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento.» Il testo dell’articolo 183 del medesimo decreto legislativo, così come sostituito dall'art. 10 del d.lgs. n. 205 del 2010è il seguente: «183. (Definizioni) 1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per: a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi; b) “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della

parte quarta del presente decreto; c) “oli usati”: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici; d) "rifiuto organico" rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato; e) “autocompostaggio”: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto; f) “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore); g): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti; h) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;

Page 30: proposta di legge rifiuti zero

i) "commerciante": qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti; l) "intermediario" qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti; m) “prevenzione”: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono: 1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita; 2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana; 3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti; n) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario. Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati; o) “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera “mm”, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento; p) “raccolta differenziata”: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico; q) “preparazione per il riutilizzo": le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento; r) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti; s) "trattamento": operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento; t) “recupero”: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero; u) “riciclaggio”: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento; v) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;

Page 31: proposta di legge rifiuti zero

z) “smaltimento”: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento; aa) “stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta; bb) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo; cc) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale; dd) “rifiuto biostabilizzato”: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità; ee) “compost di qualità”: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni; ff) “digestato di qualità”: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

Page 32: proposta di legge rifiuti zero

gg) “emissioni”: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, comma 1, lettera b); hh) “scarichi idrici”: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff); ii) “inquinamento atmosferico”: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, comma 1, lettera a); ll) “gestione integrata dei rifiuti”: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti; mm) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; nn) "migliori tecniche disponibili": le migliori tecniche disponibili quali definite all’articolo 5, comma 1, lett. l-ter) del presente decreto; oo) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito ; pp) “circuito organizzato di raccolta”: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione; qq) “sottoprodotto”: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2.» Il testo dell’articolo 1 della decisione della Commissione europea del 18 novembre 2011 che istituisce regole e modalità di calcolo per verificare il rispetto degli obiettivi di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio è il seguente: «Articolo 1 (Definizioni) Oltre alle definizioni di cui all’articolo 3 della direttiva 2008/98/CE, ai fini della presente decisione si applicano le seguenti definizioni: 1) «rifiuti domestici», i rifiuti prodotti dai nuclei domestici; 2) «rifiuti simili», i rifiuti comparabili, per tipo e composizione, ai rifiuti domestici, esclusi i rifiuti

da processi produttivi e i rifiuti provenienti dall’agricoltura e dalla silvicoltura; 3) «rifiuti urbani», i rifiuti domestici e i rifiuti simili;

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4) «rifiuti da costruzioni e demolizioni», i rifiuti corrispondenti ai codici di cui al capitolo 17 dell’allegato della decisione 2000/532/CE della Commissione, esclusi i rifiuti pericolosi e il materiale allo stato naturale di cui alla voce 170504;

5) «recupero di materiale», qualsiasi operazione di recupero, esclusi il recupero di energia e il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili;

6) «riempimento», un’operazione di recupero in cui i rifiuti idonei sono utilizzati a fini di bonifica in aree escavate o per interventi paesaggistici e in cui i rifiuti sostituiscono materiali che non sono rifiuti.»

Nota all’articolo 5:

Il testo dell’articolo 183, comma 1 lettera cc) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) è il seguente: «cc) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale; Nota all’articolo 9:

Il testo dei commi 1 e 1 bis dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 è il seguente: «Art. 5 (Stato di emergenza e potere di ordinanza) 1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, su sua delega, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri segretario del Consiglio, formulata anche su richiesta del Presidente della regione interessata e comunque acquisitane l'intesa, delibera lo stato d'emergenza, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con specifico riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e disponendo in ordine all'esercizio del potere di ordinanza. La delibera individua le risorse finanziarie destinate ai primi interventi di emergenza nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni da parte del Commissario delegato e autorizza la spesa nell'ambito del Fondo per le emergenze nazionali istituito ai sensi del comma 5-quinquies, individuando nell'ambito dello stanziamento complessivo quelle finalizzate alle attività previste dalla lettera a) del comma 2. Ove il Capo del Dipartimento della protezione civile verifichi che le risorse finalizzate alla attività di cui alla lettera a) del comma 2, risultino o siano in procinto di risultare insufficienti rispetto agli interventi da porre in essere, presenta tempestivamente una relazione motivata al Consiglio dei Ministri, per la conseguente determinazione in ordine alla necessità di integrazione delle risorse medesime. La revoca dello stato d'emergenza per venir meno dei relativi presupposti è deliberata nel rispetto della procedura dettata per la delibera dello stato d'emergenza. 1-bis. La durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può superare i 180 giorni prorogabile per non più di ulteriori 180 giorni.» Nota all’articolo 10:

Il testo del comma 11bis dell’articolo 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 come introdotto dall’articolo 22 del decreto legislativo 205/2010 è il seguente:

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«11-bis. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili. Nota all’articolo 11:

Il testo del comma 15 dell’articolo 4 della legge regionale 21 luglio 2006, n. 12 Assestamento del bilancio 2006 e del bilancio pluriennale per gli anni 2006-2008 ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale 16 aprile 1999, n. 7 è il seguente: 15. L'ammontare dell'imposta per chilogrammo di rifiuti conferiti, ai sensi dell'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come modificato dall'articolo 26, comma 1, della legge 62/2005, è fissato nelle seguenti misure: a) 0,001033 euro per chilogrammo di rifiuti non pericolosi e inerti ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti inerti; b) 0,00517 euro per chilogrammo di rifiuti non pericolosi ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi; c) 0,02582 euro per chilogrammo di rifiuti urbani ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi; d) 0,02582 euro per chilogrammo di rifiuti pericolosi ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti pericolosi. Nota all’articolo 13:

Il testo dell’articolo 182 del decreto legislativo n. 152 del 2006 come modificato da ultimo dalla legge 164/2014 è il seguente: «182. (Smaltimento dei rifiuti) 1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli. 2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero. 3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. 3-bis. Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate

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da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico. 5. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE. 6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3. 6-bis. Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10).» Nota all’articolo 14:

Il testo dell’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 come sostituito dall’articolo 20 del decreto legislativo 205/2010 è il seguente: «199. (Piani regionali) 1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate. 2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. 3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre: a) tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’articolo 205;

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b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica; c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati; d) informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario; e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione; f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m); g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti; h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo; i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani; l) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p); m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino; n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani: o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto; p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6; q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36; r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.

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4. Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi: a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti; b) valutazione dell’utilità e dell’idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno; c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori. 5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente. 6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere: a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA); b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti; c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani; d) la stima degli oneri finanziari; e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare. 7. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali. 8. La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti. 9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell’approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale. 10. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell’aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente. 11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea. 12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione dei piani e dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l’inserimento degli stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma. 13. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica

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Nota all’articolo 15:

Il testo dell’articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 come sostituito dall’articolo 20 del decreto legislativo 205/2010 è il seguente: «214. (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate) 1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 177, comma 4. 2. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni. 3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni: a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee; b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133; c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale; d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3. 4. Sino all'adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161. 5. L’adozione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato III del regolamento (CE), n. 1013/2006. 6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 21 luglio 1998, n. 350.All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le

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risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211. 8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia. 9. Le province comunicano al catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3: a) ragione sociale; b) sede legale dell’impresa; c) sede dell’impianto; d) tipologia di rifiuti oggetto dell’attività di gestione; e) relative quantità; f) attività di gestione; g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3. 10. La comunicazione dei dati di cui al comma 9 deve avvenire senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica tra i sistemi informativi regionali esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi. 11. Con uno o più decreti, emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l’utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II, dotati di certificazione di qualità ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel rispetto dell’articolo 177, comma 4, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l’aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate ai sensi del precedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.

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Il testo degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) è il seguente: «Art. 20. Collegamento degli impianti di produzione di biometano alla rete del gas naturale 1. Entro e non oltre il 31 ottobre 2014, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas emana specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti di produzione di biometano alle reti del gas naturale i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi. 2. Le direttive di cui al comma 1, nel rispetto delle esigenze di sicurezza fisica e di funzionamento del sistema: a) stabiliscono le caratteristiche chimiche e fisiche minime del biometano, con particolare riguardo alla qualità, l'odorizzazione e la pressione del gas, necessarie per l'immissione nella rete del gas naturale; b) favoriscono un ampio utilizzo del biometano, nella misura in cui il biometano possa essere iniettato e trasportato nel sistema del gas naturale senza generare problemi tecnici o di sicurezza; a tal fine l'allacciamento non discriminatorio alla rete degli impianti di produzione di biometano dovrà risultare coerente con criteri di fattibilità tecnici ed economici ed essere compatibile con le norme tecniche e le esigenze di sicurezza; c) prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, degli standard tecnici per il collegamento alla rete del gas naturale degli impianti di produzione di biometano; d) fissano le procedure, i tempi e i criteri per la determinazione dei costi per l'espletamento di tutte le fasi istruttorie necessarie per l'individuazione e la realizzazione della soluzione definitiva di allacciamento; e) sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia; f) stabiliscono i casi e le regole per consentire al soggetto che richiede l'allacciamento di realizzare in proprio gli impianti necessari per l'allacciamento, individuando altresì i provvedimenti che il gestore della rete deve adottare al fine di definire i requisiti tecnici di detti impianti; g) prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, delle condizioni tecniche ed economiche necessarie per la realizzazione delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete per l'allacciamento di nuovi impianti; h) prevedono procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dalla stessa Autorità per l'energia elettrica e il gas, vincolanti fra le parti; i) stabiliscono le misure necessarie affinché l'imposizione tariffaria dei corrispettivi posti a carico del soggetto che immette in rete il biometano non penalizzi lo sviluppo degli impianti di produzione di biometano. Art. 21. Incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale 1. Il biometano immesso nella rete del gas naturale alle condizioni e secondo le modalità di cui all'articolo 20 è incentivato, su richiesta del produttore, secondo una delle seguenti modalità: a) mediante il rilascio degli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nel caso in cui sia immesso in rete ed utilizzato, nel rispetto delle regole per il trasporto e lo stoccaggio del gas naturale, in impianti di cogenerazione ad alto rendimento;

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b) mediante il rilascio di certificati di immissione in consumo ai fini dell'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e successive modificazioni, qualora il biometano sia immesso in rete e, nel rispetto delle regole per il trasporto e lo stoccaggio, usato per i trasporti; c) mediante l'erogazione di uno specifico incentivo di durata e valore definiti con il decreto di cui al comma 2, qualora sia immesso nella rete del gas naturale. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas definisce le modalità con le quali le risorse per l'erogazione dell'incentivo di cui alla presente lettera trovano copertura a valere sul gettito delle componenti delle tariffe del gas naturale. 2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono stabilite le direttive per l'attuazione di quanto previsto al comma 1, fatto salvo quanto previsto all'articolo 33, comma 5. Nota all’articolo 16:

Il testo dei commi 2, 7 e 11 dell’articolo 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è il seguente: « 2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. 7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195. 11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea.» Nota all’articolo 22:

Il testo dell’articolo 183, comma 1, lettera mm), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è il seguente: « mm) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;» Nota all’articolo 28:

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Il testo dell’articolo 205, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è il seguente: «3. Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti dal presente articolo, è applicata un'addizionale del venti per cento al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica a carico dell'Autorità d'ambito, istituito dall'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che ne ripartisce l'onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste dal comma 1 sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli comuni.»