PROMESSI SPOSI
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PROMESSI SPOSI
Capitolo XII:
l’autore illustra le cause principali della carestia che colpisce Milano: la scarsità del raccolto,dovuta
alla contrarietà delle stagioni, e gli approvvigionamenti militari per la guerra di successione di
Mantova. L’inevitabile rincaro del pane eccita il malcontento popolare e spinge ognuno a cercare diindividuare i colpevoli di una situazione che sembra il frutto di una qualche oscura macchinazione.
La pressione popolare induce il cancelliere spagnolo Ferrer a imporre un prezzo del pane che
accontenti la gente,ma troppo basso rispetto alla realtà del mercato. Ben presto,dunque,il
provvedimento si dimostra inapplicabile:i prezzi aumentano nuovamente e il malcontento cresce
fino ai limiti della rivolta. Proprio la sera del 10 novembre 1628,il giorno prima dell’arrivo di
Renzo,la gente affolla le vie con vaghi ma bellicosi propositi. La mattina seguente molti cittadini
sono in strada fin dalle prime ore,confusamente determinati a compiere qualche gesto. Si passa
all’improvviso ai fatti,quando i garzoni dei forni escono dalle botteghe con il pane fresco per andare
a distribuirlo nelle case dei ricchi:vengono assaliti e saccheggiati. Il bottino non è però sufficiente
ad accontentare la folla,che allora si dirige in massa ad assaltare il forno più vicino,detto delle
grucce. Qui,nonostante la presenza di un magistrato e dei soldati,la folla sfonda le portedell’edificio e fa razzia di pane,farina e di tutto quanto le capiti a tiro. Il saccheggio al forno delle
grucce è quasi concluso quando Renzo sopraggiunge,pensando perplesso sui commenti discordi che
sente dalle persone intorno sull’esistenza degli incettatori,sulle responsabilità dei fornai,sulle spie
della polizia,sull’operato di Ferrer. Renzo osserva il forno distrutto e non condivide l’operato della
folla,anche se è convinto dell’esistenza degli speculatori. Segue poi la gente che si avvia verso la
piazza del duomo,dove la folla si ritrova,rabbiosa e festante,intorno al falò acceso con le
soprammobili asportate dal forno. Mentre il falò si estingue,si diffonde la notizia dell’assalto a un
altro forno poco lontano: la folla vi si reca eccitata e Renzo la segue prudentemente. Giunti sul
luogo,si trova invece la gente della bottega ben sferragliata e difesa. Il popolino è esitante sul da
farsi,quando si alza la voce di qualcuno che istiga all’attacco contro la vicina casa del vicario di
provvisione,ritenuto da molti il vero affamatore della città. La proposta viene accolta con violenta
eccitazione.
COMMENTO:
i capitoli dal XII al XVII costituiscono un’unica grande sequenza narrativa,incentrata sulle
disavventure di Renzo dal suo arrivo a Milano. Qui assistiamo :
1. esposizione oggettiva dei motivi che hanno determinato la carestia a Milano e delle forte
tensioni nella popolazione della città
2. i fermenti di rivolta fra il popolo la vigilia di san martino,e l’assalto al forno delle grucce la
mattina successiva,la stessa in cui Renzo arriva in città
3. entrata in scena di Renzo,che partecipa con discrezione,da spettatore curioso,agli ultimi
momenti all’attacco del forno,al falò in piazza de duomo e alla tumultuosa corsa verso altrisaccheggi
Renzo è l’unico personaggio “individuo” del capitolo,il protagonista di tutta questa macrosequenza
del romanzo;anche se si tiene in disparte come osservatore di ciò che sta accadendo. Ma vera
protagonista del capitolo è la moltitudine,la folla popolana di Milano. Il Manzoni,pur rendendosi
conto che le condizioni sociali delle classi popolari sono misere,tende comunque a rappresentarlo
come folla e moltitudine irragionevole,violenta.
Capitolo XIII:
La fola si rovescia minacciosa nella strada del palazzo del vicario di provvisione. Costui,in preda al
terrore,si rifugia in soffitta,mentre i servitori cercano di barricare come possono la casa che viene
investita dalla furia dei rivoltosi. La folla si accalca inferocita di fronte alla casa del vicario, e i piùviolenti si accaniscono subito a scardinare porte e finestre per saccheggiare il palazzo,minacciando
di morte il magistrato. Renzo,che guadagnato il centro del tumulto,inorridisce alle urla di morte
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intorno a sé e si propone di fare quanto è in suo potere per impedire il linciaggio che si sta
profilando. Arriva un distaccamento di soldati,incaricato di ristabilire l’ordine,ma la proposizione di
forze è tale che l’ufficiale preferisce tenersi ai margini degli avvenimenti,per timore di scatenare la
folla. Lo stesso Renzo,indignato dai propositi assassini espressi dai più esagitati,rischia di essere
malmenato per le sue proteste ad alta voce, è salvato da un gruppo di cittadini meno violenti,che gli
fanno scudo,e soprattutto dalla diversione costituita dall’arrivo di una lunga scala che dovrebbeservire per dare l’assalto alle finestre della casa del vicario di provvisione. All’improvviso,si
diffonde tra la folla l’annuncio che sta per arrivare il cancelliere Ferrer,da solo, in carrozza e senza
scorta armata. Il favore popolare è con lui,per il provvedimento che aveva preso di abbassare il
prezzo del pane e perché circola la voce che venga a prelevare il vicario per portarlo in carcere.
Ferrer riesce ad aprirsi faticosamente la strada promettendo un futuro di giustizia e di pane. Fra
coloro che più si prodigano per aprire un varco alla carrozza si fa notare anche Renzo,che giunge
addirittura a cogliere un sorriso di approvazione dello stesso cancelliere. Il giovane ne rimane
affascinato convinto che non possa che essere un difensore dei deboli. Il cancelliere giunge
finalmente alla porta della casa prima che questa venga abbattuta. Ferrer entra nel palazzo e ne esce
quasi subito con il terrorizzato vicario. I due magistrati riescono a riaprirsi la strada in mezzo alla
turba e ad allontanarsi sani e salvi.COMMENTO:
il capitolo narra un unico avvenimento quello dell’assalto popolare al palazzo del vicario di
provvisione, La macrosequenza si suddivide in tre momenti:
1. l’assedio al palazzo del vicario di provvisione
2. la dissertazione psicosociologica sui tumulti popolari
3. l’intervento del gran cancelliere Antonio Ferrer e il riscatto del vicario
la partecipazione di Renzo al tumulto si fa sempre più attiva e questo suo coinvolgimento sarà
determinante per il suo destino. Da spettatore interessato passa a protagonista dell’azione e del
racconto. In questo capitolo la figura di Ferrer si presenta sotto una luce ambigua,ma non del tutto
negativa come nel capitolo precedente. Tuttavia l’attenzione dell’autore si rivolge soprattutto sui
comportamenti della massa popolare;da una parte troviamo la massa di gente violenta che quasi
vorrebbe che questa rivolta non abbia fine,dall’altra invece troviamo la massa di gente che vuole
cercare di risolvere la situazione senza conseguenza sanguinose.
Capitolo XIV
La fola che ha partecipato al tumulto si va disperdendo. Renzo si imbatte in un crocchio di persone
e non esita a manifestare la propria opinione,infervorandosi contro gli abusi dei potenti ed
esaltandosi sulla possibilità del popolo di ottenere giustizia con le proprie forze. Si mescolano nel
suo discorso l’ingenuo entusiasmo di aver partecipato alla buona riuscita dell’intervento di
Ferrer,l’esaltazione di aver preso parte a un grande avvenimento pubblico e le allusioni ai propri
fatti privati. Il popolo applaude,e si decide di ritrovarsi il giorno dopo,in piazza del duomo. Essendoormai tardi per recarsi al convento dei cappuccini,Renzo chiede ai presenti indicazioni per
un’osteria dove mangiare e dormire;un tale si offre di accompagnarlo a una locanda poco distante.
Lungo la strada,lo sconosciuto cerca di ricavare informazioni sul conto di Renzo,ma questi,pur
dialogando di buon grado,non fornisce dati precisi. Renzo scorge un’osteria con l’insegna di una
luna piena e vi entra,invitando il suo compagno a bere un bicchiere di vino insieme a lui.
L’ambiente dell’osteria è chiassoso e sordido. L’oste,appena vede il compagno di Renzo,lo
riconosce come una spia della polizia e lo maledice fra di sé. Durante la cena,fra la stanchezza e
l’eccitazione della giornata, Renzo incomincia ad arringare bonariamente la gente dell’osteria sui
recenti fatti accaduti. La guida chiede all’oste una stanza per Renzo sperando in questo modo si
ottenere le generalità, ma quando viene presentato al giovane il registro legale per la trascrizione dei
dati anagrafici questi,che ha cominciato a bere un po’ troppo,si rifiuta di dire il proprio nome. Nenasce un’accesa discussione che vede gli avventori dalla parte di Renzo contro le prepotenze della
legge. Ormai ubriaco,Renzo si lancia in una nuova sfuriata contro l’uso che i potenti fanno della
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scrittura per imbrogliare la gente semplice,e a favore della giustizia diretta,raggiunta con l’azione.
Anche in questo caso ottiene l’attenzione e l’approvazione generale,benché molti data la sua
crescente ubriachezza,cessino poi di badare a lui. Approfittando dello stordimento di Renzo,lo
sconosciuto riesce con uno stratagemma a fargli dire nome e cognome. Quindi,ottenuto ciò che
voleva,si alza e si allontana quasi bruscamente,rifiutando un ultimo bicchiere di vino che quegli
insiste a porgergli,con puntiglio di ubriaco. Rimasto solo,Renzo continua a bere e adarringare,sprofondando sempre di più in una sbornia patetica e ridicola,e diventando lo zimbello
della volgare clientela dell’osteria.
COMMENTO:
La vicenda ritorna alle faccende personali del promesso sposo. Il capitolo è costituito da un’unica
sequenza narrativa che segue Renzo dapprima per strada e poi nell’osteria. Fin d’ora l’autore
sembra volerci far comprendere che la maturazione e crescita personale di Renzo deve passare
attraverso l’esperienza dell’errore con i gravi pericoli che ne possono derivare. Il pensiero del
giovane rispecchia quello dell’autore
Capitolo XV
L’oste accompagna di peso Renzo ormai completamente ubriaco,nella sua stanza:l’aiuta asvestirsi,riesce a farsi pagare la pigione,e compie un ultimo,inutile tentativo per farsi dire nome e
cognome per la registrazione di legge. Quindi lo lascia,e subito si avvia borbottando verso il
palazzo di giustizia per denunciare il fatto, e per evitare le multe che gli verrebbero comminate se
avesse mancato al suo dovere di albergatore. Nel palazzo di giustizia regna particolare
confusione,dovuta alla giornata di rivolta e ai preparativi per i probabili tumulti dell’indomani.
L’oste fa la sua deposizione, ma rimane meravigliato dal fatto che la polizia sia già informata di
tutto sul conto di Renzo grazie all’operato della sconosciuta guida. Costui era appunto uno sbirro
travestito,incaricato di identificare qualcuno degli autori dei tumulti,per poterli catturare e punire il
giorno seguente. La mattina dopo, Renzo viene svegliato da una voce che grida il suo nome,e
appena aperti gli occhi,vede davanti a sé un notaio e due guardie che lo invitano ad alzarsi e a
seguirli a palazzo di giustizia. Renzo si rende subito conto della situazione e prende tempo,mentre il
notaio cerca di convincerlo che si tratta solo di poche formalità da sbrigare. Il suo comportamento
prudente è determinato dal timore di imbattersi in qualche tumulto,data la tensione che già percorre
nelle strade. Non appena sulle scale,i due sbirri mettono le manette a Renzo e una volta in strada il
notaio continua a suggerire a Renzo,con tono amichevole,di comportarsi bene senza attirare
l’attenzione della gente. Ma Renzo prima a gesti e poi a grida chiede aiuto ai passanti,che
circondano minacciosi il gruppetto. I due gendarmi si danno alla fuga,mentre il notaio cerca
terrorizzato di passare inosservato e di allontanarsi.
COMMENTO:
In questo capitolo si individuano tre momenti:
1. Renzo,ubriaco,viene accompagnato in stanza dall’oste e si addormenta2. l’oste si rea a palazzo di giustizia a denunciare la presenza del forestiero
3. tentativo di arrestare Renzo
e tre sono gli spazi significativi del capitolo:
1. l’osteria,ancora luogo di stravizi e di inganno
2. il palazzo di giustizia
3. la strada il luogo incontrollabile dove può avvenire di tutto
Capitolo XVI:
approfittando della confusione Renzo si allontana di corsa,intenzionato a lasciare la città e a trovare
rifugio dal cugino Bartolo nel Bergamasco,oltre i confini dello stato di Milano,dove non sarebbe
stato ricercato dalla polizia. Con prudenza e paura,riesce a varcare la porta orientale,quellasorvegliata da gabellieri e da soldati armati che però non badano a lui,e subito imbocca una viottola
secondaria che si allontana da Milano. Dopo aver camminato per un buon tratto ripensando agli
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avvenimenti della sera precedente,Renzo si rende conto di non poter procedere senza informazioni
sulla strada da seguire. Non si tratta però di una cosa facile,perché domandare di Bergamo
risulterebbe sospettoso;escogita allora l’espediente di farsi mostrare la via per un paese che si torvi
sulla strada per il confine. Così ottiene indicazioni per arrivare al grosso borgo di Gorgonzola.
Giunto a Gorgonzola si ferma in un’altra osteria per informarsi sulla distanza dall’Adda,fiume che
segna il confine tra i due stati. Renzo si accomoda in un angolo e con estrema prudenza chiedeindicazioni all’oste su dove sia possibile attraversare il fiume,ma il tono sospettoso e curioso di
questo lo mette subito in allarme e lo induce a starsene in silenzio. Intanto alcuni sfaccendati del
paese discutono sui fatti di Milano e provano ad interrogare il giovane sperando di ricevere notizie
sugli sviluppi di quel giorno. Sopraggiunge all’osteria un mercante proveniente da Milano,e tutti gli
si fanno intorno per sapere le ultime notizie. Questi prende a raccontare dei nuovi tumulti di quella
giornata ed esprime opinioni di aspra condanna degli eventi. Quindi riferisce dell’arresto di molti
ribelli che sarebbero stati presto impiccati. Infine il mercante racconta l’episodio di un forestiero
arrestato in un’osteria con i documenti comprovanti tutto l’intrigo,che era però stato liberato con la
forza dai suoi compagni. Renzo riconosce immediatamente se stesso in questa ricostruzione
deformata della realtà,si spaventa e si indigna allo stesso tempo. Appena può salda il conto e si
allontana dall’osteria.COMMENTO:
il capitolo è organizzato in due parti:
1. fuga di Renzo da Milano e suo arrivo a Gorgonzola
2. sosta di Renzo all’osteria di Gorgonzola
L’azione del capitolo occupa dalla mattina al tramonto del 12 novembre 1628. Nella linearità della
narrazione si inserisce una lunga analessi,quella dei tumulti milanesi da parte del mercante di
Gorgonzola. Inoltre ritroviamo tre spazi:
1. la città di Milano con le sue insidie di luogo sconosciuto
2. gli ambienti infidi e ostili delle osterie
3. la strada come luogo ambiguo perché aperto tanto al pericolo quanto alla salvezza
Nella seconda parte del capitolo domina la figura del mercante di Milano ,abile oratore.
Capitolo XVII:
Uscito dall’osteria Renzo imbocca una stradina secondaria,mentre si sta facendo sera. Nei pochi
paesi che attraversa evita di chiedere ospitalità per evitare sospetti e per l’ansia di raggiungere il
confine con l’Adda. Attraversa prima una zona più selvaggia,quindi si addentra in un bosco e piano
piani si avvicina al fiume. Giunto sulla riva,poiché non ha possibilità di attraversare il fiume,decide
di trovare riparo in un capanno lì vicino. Qui trascorre le ore fino all’alba,coprendosi con della
paglia. All’alba,Renzo ritorna sulla riva del fiume e chiede a un barcaiolo di essere portato sull’altra
sponda. Questi,lo traghetta senza chiedere nulla. Si avvia poi verso il paese di suo cugino
Bortolo,dove spera di trovare accoglienza e lavoro. Lungo la strada però gli si offre un tristespettacolo di miseria e carestia,che lo induce a offrire in elemosina le poche monete rimastegli dopo
una sosta in un’osteria. Giunto al paese,Bortolo lo accoglie a braccia aperte,e gli promette subito un
impiego come filatore si seta nonostante la scarsità di lavoro. Parlano poi della carestia e Bortolo
spiega che le sagge iniziative del governo di Venezia hanno migliorato la situazione. Infine dice a
Renzo di non offendersi se verrà chiamato baggiano dai bergamaschi,usato comunemente in quella
zona per i milanesi.
COMMENTO:
il capitolo può essere suddiviso in tre parti:
1. la prima notturna con il pellegrinaggio di Renzo fino all’Adda
2. la seconda al mattino con l’attraversamento del fiume e il raggiungimento della salvezza
3. la terza con l’arrivo a Bergamo
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Capitolo XVIII:
Il podestà di lecco riceve l’ordine da Milano di arrestare Renzo. Recatosi a casa del sospettato e non
trovando nessuno gli sbirri la saccheggiano: La notizia dell’irruzione fa il giro del paese a giunge
anche a padre Cristoforo. L’unico a compiacersi è Don Rodrigo:il monastero è persino per lui un
ostacolo difficile da espugnare. Non riesce a ideare una soluzione e sta per abbandonare l’impresa
quando gli viene in mente di chiedere aiuto ad un uomo molto potente;per di più accadono dueavvenimenti che lo convincono ancora di più a chiedere aiuto:la partenza di padre Cristoforo e il
ritorno a casa di Agnese,lontana quindi dalla figlia. Successivamente il narratore prende a esporre
questi ultimi due avvenimenti a partire da Agnese. Lucia e Agnese avevano ricevuto in convento la
notizia dei tumulti di Milano e della fuga di Renzo. Dopo qualche giorno un uomo incaricato da
padre Cristoforo,le aveva avvertite che Renzo era salvo. Il frate inoltre promette dare loro altre
notizie di Renzo in settimana. Per due settimane così avviene,ma alla terza nessuno viene a dare
notizie di Renzo così le due donne si preoccupano. Agnese decide allora di lasciare il paese
lasciando invece Lucia nel monastero. Giunta poi al convento di Pescarenico Agnese viene
informata da fra Galdino della partenza di Padre Cristoforo a Rimini per predicare. A determinare il
trasferimento di fra Cristoforo erano state le trame del conte Attilio. Questi appena giunto a Milano
si era recato al conte zio del Consiglio segreto,il rappresentante più potente della famiglia. Attilioaveva raccontato allo zio la questione intercorsa fra don Rodrigo e fra Cristoforo,in modo tale da far
risultare sospetto l’atteggiamento del frate.
Capitolo XIX:
il conte zio decide di rivolgersi al padre provinciale per far allontanare fra Cristoforo da Lecco. Lo
invita perciò a pranzo circondandosi di commensali per lasciar intendere tutto il potere della
famiglia. Invece il padre provinciale risponde ricordando la posizione particolarmente influente dei
cappuccini in quel periodo,grazie all’amicizia del fratello del Papa in carica. Alla fine del pranzo il
conte zio si ritira con il padre provinciale in una stanza appartata;qui si svolge un dialogo durante il
quale il conte zio presenta il contrasto tra il nipote Rodrigo e fra Cristoforo, e ottiene il
trasferimento del frate Rimini. Poche sere dopo giunge al convento di Pescarenico un cappuccino
proveniente da Milano con l’ordine di trasferimento per fra Cristoforo,subito questo pensa a Renzo
e Lucia per i suoi obblighi è costretto ad andare. Nel frattempo Don Rodrigo decide di rivolgersi ad
un allenato potente e terribile,personaggio di cui non viene detto il nome. Questi dopo un periodo di
esilio si è stabilito da fuorilegge in un suo castellaccio in una valle impervia vicina al confine con il
territorio bergamasco,e ha subito una sorta di predominio su tutti i tiranni della regione. La sua fama
è diffusa in tutto il paese come quella di certi personaggi dei racconti popolari e verrà chiamato
semplicemente l’innominato. Deciso a chiedere aiuto a questo ,una mattina si avvia verso il suo
castello con un piccolo seguito di bravi.
COMMENTO:
il racconto è diviso in due parti nette:1. il colloquio fra il conte zio e il padre provinciale
2. la seconda parte è dedicata alla presentazione dell’innominato
Quasi tutto il capitolo è costruito su una lunga e duplice analessi: quella del colloquio tra il conte
zio e il padre provinciale.
Capitolo XX:
Don Rodrigo giunge all’osteria della Malanotte e riparte poi a piedi verso il castello
dell’innominato. L’innominato lo riceve con fredda cortesia e ascoltata la sua richiesta si impegna
dell’impresa di rapire Lucia. L’innominato decide di mandare il suo bravo più fidato,il Nibbio,da
Egidio il compagno della Monaca di Monza,perché organizzi il rapimento di Lucia. Questo
pretende e ottiene la complicità di Gertrude per far uscire Lucia dal convento:la monaca è inorriditaal pensiero di far del male alla fanciulla cui ha iniziato ad affezionarsi ma alla fine acconsente. Con
un pretesto Gertrude riesce a convincere Lucia ad uscire dal monastero. Lungo la strada una
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carrozza la attende con dei bravi dell’innominato comandati dal Nibbio che senza difficoltà la
rapiscono. Lucia reagisce terrorizzata ,mentre i bravi tentano inutilmente di tranquillizzarla. Al
castello intanto l’innominato sta attendendo l’arrivo della carrozza. Non appena la scorge di lontano
in fondo alla valla è tentando di rimandarlo immediatamente da Don Rodrigo,ma come trattenuto da
una forza interiore ci ripensa. Fa chiamare una vecchia serva e la manda incontro a Lucia per farle
coraggio. Egli intanto attende la relazione del Nibbio.COMMENTO:
L’azione del capitolo si svolge rapida nel giro di pochi giorni
Capitolo XXI:
La vecchia serva,mandata dall’innominato incontro a Lucia,raggiunge la carrozza all’osteria.
Intanto il Nibbio si avvia verso l’innominato a riferirgli del buon esito dell’impresa ma aggiunge
una nota di compassione per Lucia . Questo decide poi di andarla a trovare. L’innominato raggiunge
la stanza della vecchia dove Lucia è rannicchiata in un cantuccio e le si rivolge con inusuale
gentilezza. La giovane terrorizzata implora pi età. L’innominato stesso si stupisce della propria
esitazione e prima di allontanarsi si lascia sfuggire una mezza promessa per l’indomani mattina. Lo
spavento rende Lucia insensibile al freddo,alla fame e al sonno. Non ascolta le parole diincoraggiamento della vecchia,non tocca cibo e preferisce rannicchiarsi in un angolo. Poi quando la
vecchia si addormenta pensa a tutto quello che le è successo e comincia a pregare. Ed è talmente
disperata che arriva addirittura a fare un voto di castità alla Madonna ,se si salverà da quel pericolo.
Alla fine esausta si addormenta. Intanto la notte passa insonne anche per l’innominato che si rigira
nel letto a causa di vari pensieri che lo angosciano:per esempio la rabbia per l’insolita
inquietudine,gli scrupoli verso Lucia,oppressiva coscienza di tutti gli atti compiuti in passato .
Disperato afferra la pistola pronto al suicidio,ma immediatamente comincia a pensare,a chiedersi se
davvero esista una vita dopo la morte . Continua a pensarci fino all’alba. Al mattino l’innominato
svegliatosi si affaccia alla finestra e vede lungo la strada la gente intenta a festeggiare. Allora
manda un bravo ad informarsi di quello che sta succedendo.
Capitolo XXII:
Il bravo riferisce all’innominato che il motivo dell’allegria della gente per strada è la visita pastorale
del cardinal Federigo Borromeo,arcivescovo di Milano. L’innominato si chiede che cosa possa
avere quell’uomo da rendere felice tanta gente,e decide di recarsi da lui per cercare sollievo ai suoi
turbamenti. Prima di uscire si reca nella stanza di Lucia ancora addormentata e dice alla vecchia di
informarla che al suo ritorno farà qualsiasi cosa lei voglia. Giunto in paese,si reca in casa del curato
dove si trovano il cardinale insieme agli latri ecclesiastici in attesa delle funzioni,e si rivolge al
padre cappellano chiedendo di essere ricevuto dall’alto prelato. L’autore interrompe il racconto per
esporre la biografia di Federigo Borromeo. Nato da una facoltosa famiglia lombarda mostrò subito e
mantenne per tutta la vita le virtù naturali della purezza,dell’umiltà,della carità e della giustiziacristiana e fin da fanciullo aveva cominciato a pensare come impiegare i suoi privilegi per rendere
la sua vita utile e santa. A sedici anni aveva preso i voti,conducendo vita povera e frugale. Divenuto
arcivescovo di Milano provvide al mantenimento suo e a quello della sua servitù. Fondò la
biblioteca Ambrosiana. Si prodigò in azioni virtuose che suscitarono la venerazione di tutti. Oltre ai
diversi titoli attribuitigli ci fu anche quello di uomo dotto. Scrisse infatti
orazioni,dissertazioni,trattati di morale,di letteratura e altre povere di notevole valore.
COMMENTO:
il capitolo si compone di due sequenze distinte:
1. il bravo riferisce all’innominato della visita del cardinale al paese vicino
2. l’innominato decide di recarsi a parlare al cardinale
3. lunga passeggiata dell’innominato fino al paese4. l’innominato chiede di essere ricevuto dal cardinale
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Federigo Borromeo appartiene al gruppo di personaggi storici che manzoni ricava dalla realtà del
tempo per inserirli nella sua trama di fantasia. Ne risulta il ritratto di un santo. Nella figura
dell’arcivescono l’autore propone il proprio ideale di vita,aspirato alle virtù individuali di
purezza,umiltà,generosità e intelligenza.
Capitolo XXIII:Il cardinale Federigo,ordina che l’innominato venga subito introdotto e lo accoglie a braccia aperte
con un sorriso. Soli i due rimangono a lungo in silenzio. L’innominato è combattuto da due passioni
opposte,il desiderio di trovare pace e l’orgoglio umiliato. Il cardinali si rivolge con toni caritatevoli
al visitatore e quest’ultimo sbalordito da tale accoglienza si lascia andare e da sfogo del suo
dolore,l’innominato piange e alla fine i due si abbracciano. L’innominato accenna alla possibilità di
riparare ai torti commessi e in particolare alla violenza nei confronti di Lucia. Confida quindi la
vicenda al cardinale e subito essi cercano il modo migliore per sollevare dall’angoscia la ragazza.
Federigo quindi si informa se tra i cardinali della zona vi è anche quello del paese di Lucia e lo fa
convocare. Don Abbondio si presenta al cardinale timoroso e diffidente:quando poi viene a sapere
di dover andare al castello dell’innominato per consolare con la sua presenza la povera Lucia,cerca
di resistere. Il cardinale lo rassicura:con l’innominato e Don Abbondio decide di far salire alcastello una brava donna scelta dal curato del paese,con lettiga e lettighieri per riportare subito la
ragazza in paese,mentre un uomo verrà mandato da Agnese per condurla dalla figlia. Mentre nel
paese comincia a diffondersi la notizia del miracolo,l’innominato e Don Abbondio si avviano verso
il castello. Giunti finalmente al castello l’innominato si avvia subito lungo la scala per salire nella
stanza di Lucia.
Capitolo XXIV:
Lucia si è appena svegliata quando vede entrare nella stanza la buona donna mandata dal cardinale
e Don Abbondio. Capisce quindi di essere davvero libera,dopodichè l’innominato le chiede
umilmente perdono. Quindi tutta la comitiva riprende il cammino per il paese. Lungo la strada la
donna continua a consolare Lucia,spiegandole la miracolosa vicenda che ha portato alla sua
liberazione. Giunta in paese la comitiva si separa:l’innominato va a colloquio con il cardinale,Don
Abbondio si avvia subito verso casa,mentre Lucia viene ospitata in casa della donna,che è la moglie
del sarto del luogo. Solo qui Lucia ricorda del voto di castità fatto la notte precedente. Giunge poi il
curato del paese annunciando la visita del cardinale nel pomeriggio e l’arrivo di Agnese. Giunta a
casa del sarto le due donne si abbracciano commosse e si affannano a raccontarsi gli ultimi
avvenimenti,ma Lucia tace per quanto riguarda il voto. Il cardinale si reca a casa del sarto. Qui
viene a conoscenza della situazione di Lucia e dell’ambigua posizione di Renzo,mentre Agnese
accenna alla responsabilità di don Abbondio rispetto al mancato matrimonio. Si impegna quindi a
chiarire la situazione e a trovare una situazione sicura per Lucia:per ora resterà a casa del sarto fino
alla visita di Federigo al suo paese. Nel frattempo,l’innominato torna al castello. Riuniti i suoiuomini in una grande sala, comunica la sua decisione di cambiare vita:chi vorrà resterà alle nuove
condizioni,gli altri dovranno andarsene. Mentre i bravi si ritirano pensierosi,l’innominato si
addormenta serenamente.