PROMESSI SPOSI

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 PROMESSI SPOSI Capitolo XII: l’autore illustra le cause principali della carestia che colpisce Milano: la scarsità del raccolto,dovuta alla contrarietà delle stagioni, e gli approvvigionamenti militari per la guerra di successione di Mantova. L’inevitabile rincaro del pane eccita il malcontento popolare e spinge ognuno a cercare di individuare i colpevoli di una situazione che sembra il frutto di una qualche oscura macchinazione. La pressione popolare induce il cancelliere spagnolo Ferrer a imporre un prezzo del pane che accontenti la ge nt e,ma tro ppo basso ri spetto al la real de l me rcato. Ben pr esto,dunque, il  provvedimento si dimostra inapplicabile:i prezzi aumentano nuovamente e il malcontento cresce fino ai limiti della rivolta. Proprio la sera del 10 novembre 1628,il giorno prima dell’arrivo di Renzo,la gente affolla le vie con vaghi ma bellicosi propositi. La mattina seguente molti cittadini sono in strada fin dalle prime ore,confusamente determinati a compiere qualche gesto. Si passa all’improvviso ai fatti,quando i garzoni dei f orni escono dalle botteghe con il pane fresco per andare a distr ibuir lo nelle case dei ricchi :veng ono assaliti e sacche ggiati . Il bottino non è però sufficie nte ad accontentare la folla,che allora si dirige in massa ad assaltare il forno più vicino,detto delle gr ucce. Qui, nonostante la pr esenza di un magi st rat o e de i soldat i,l a foll a sf onda le port e dell’edificio e fa razzia di pane,farina e di tutto quanto le capiti a tiro. Il saccheggio al forno delle grucce è quasi concluso quando Renzo sopraggiunge,pensand o perplesso sui commenti discordi che sente dalle perso ne intor no sull ’esist enza degli incettatori, sulle respo nsabi lità dei fornai ,sul le spie della polizia,sull’operato di Ferrer. Renzo osserva il forno distrutto e non condivide l’operato della folla,anche se è convinto dell’esistenza degli speculatori. Segue poi la gente che si avvia verso la  piazza del duomo, dove la folla si rit rova,r abbi os a e festan te,i nt or no al faacceso con le soprammobili asportate dal forn o. Mentre il falò si estingue,si diffonde la notizia dell’assalto a un altro forno poco lontano: la folla vi si reca eccitata e Renzo la segue prudentemente. Giunti sul luogo,si trova invece la gente della bottega ben sferragliata e difesa. Il popolino è esitante sul da farsi,quando si alza la voce di qualcuno che istiga all’attacco contro la vicina casa del vicario di  prov visio ne,rit enuto da molti il vero affamatore della città. La proposta viene accolta con violenta eccitazione. COMMENTO: i c apitol i d al XII al XVII costit uisco no un’un ica grand e sequenza narrati va,in centrat a su lle disavventure di Renzo dal suo arrivo a Milano. Qui assistiamo : 1. esp osi zione ogget tiva dei moti vi che hanno dete rmi nat o la cares tia a Mil ano e del le forte tensioni nella popolazione della città 2. i fermen ti di rivol ta fra il popo lo la vigi lia di san martino ,e l’assa lto al forn o delle gru cce la mattina successiva,la stessa in cui Renzo arriva in città 3. entrata in scena di Renzo, che partec ipa con discrezion e,da spe tta tor e cur ios o,a gli ultimi momenti all’attacco del forno,al falò in piazza de duomo e alla tumultuosa corsa verso altri saccheggi Renzo è l’unico personaggio “individuo” del capitolo,il protagonista di tutta questa macrosequenza del romanzo;anche se si tiene in disparte come osservatore di ciò che sta accadendo. Ma vera  protagonista del capitolo è la moltitudine,la folla popolana di Milano. Il Manzoni,pur rendendosi conto che le cond izioni sociali delle class i popo lari sono misere ,tend e comun que a rappre sentar lo come folla e moltitudine irragionevole,violenta. Capitolo XIII: La fola si rovescia minacciosa nella strada del palazzo del vicario di provvisione. Costui,in preda al terrore,si rifugia in soffitta,mentre i servitori cercano di barricare come possono la casa che viene investita dalla furia dei rivoltosi. La folla si accalca inferocita di fronte alla casa del vicario, e i più violenti si accaniscono subito a scardinare porte e finestre per saccheggiare il palazzo,minacciando di morte il magistrato. Renzo,che guadagnato il centro del tumulto,inorridisce alle urla di morte

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PROMESSI SPOSI

Capitolo XII:

l’autore illustra le cause principali della carestia che colpisce Milano: la scarsità del raccolto,dovuta

alla contrarietà delle stagioni, e gli approvvigionamenti militari per la guerra di successione di

Mantova. L’inevitabile rincaro del pane eccita il malcontento popolare e spinge ognuno a cercare diindividuare i colpevoli di una situazione che sembra il frutto di una qualche oscura macchinazione.

La pressione popolare induce il cancelliere spagnolo Ferrer a imporre un prezzo del pane che

accontenti la gente,ma troppo basso rispetto alla realtà del mercato. Ben presto,dunque,il

 provvedimento si dimostra inapplicabile:i prezzi aumentano nuovamente e il malcontento cresce

fino ai limiti della rivolta. Proprio la sera del 10 novembre 1628,il giorno prima dell’arrivo di

Renzo,la gente affolla le vie con vaghi ma bellicosi propositi. La mattina seguente molti cittadini

sono in strada fin dalle prime ore,confusamente determinati a compiere qualche gesto. Si passa

all’improvviso ai fatti,quando i garzoni dei forni escono dalle botteghe con il pane fresco per andare

a distribuirlo nelle case dei ricchi:vengono assaliti e saccheggiati. Il bottino non è però sufficiente

ad accontentare la folla,che allora si dirige in massa ad assaltare il forno più vicino,detto delle

grucce. Qui,nonostante la presenza di un magistrato e dei soldati,la folla sfonda le portedell’edificio e fa razzia di pane,farina e di tutto quanto le capiti a tiro. Il saccheggio al forno delle

grucce è quasi concluso quando Renzo sopraggiunge,pensando perplesso sui commenti discordi che

sente dalle persone intorno sull’esistenza degli incettatori,sulle responsabilità dei fornai,sulle spie

della polizia,sull’operato di Ferrer. Renzo osserva il forno distrutto e non condivide l’operato della

folla,anche se è convinto dell’esistenza degli speculatori. Segue poi la gente che si avvia verso la

  piazza del duomo,dove la folla si ritrova,rabbiosa e festante,intorno al falò acceso con le

soprammobili asportate dal forno. Mentre il falò si estingue,si diffonde la notizia dell’assalto a un

altro forno poco lontano: la folla vi si reca eccitata e Renzo la segue prudentemente. Giunti sul

luogo,si trova invece la gente della bottega ben sferragliata e difesa. Il popolino è esitante sul da

farsi,quando si alza la voce di qualcuno che istiga all’attacco contro la vicina casa del vicario di

 provvisione,ritenuto da molti il vero affamatore della città. La proposta viene accolta con violenta

eccitazione.

COMMENTO:

i capitoli dal XII al XVII costituiscono un’unica grande sequenza narrativa,incentrata sulle

disavventure di Renzo dal suo arrivo a Milano. Qui assistiamo :

1. esposizione oggettiva dei motivi che hanno determinato la carestia a Milano e delle forte

tensioni nella popolazione della città

2. i fermenti di rivolta fra il popolo la vigilia di san martino,e l’assalto al forno delle grucce la

mattina successiva,la stessa in cui Renzo arriva in città

3. entrata in scena di Renzo,che partecipa con discrezione,da spettatore curioso,agli ultimi

momenti all’attacco del forno,al falò in piazza de duomo e alla tumultuosa corsa verso altrisaccheggi

Renzo è l’unico personaggio “individuo” del capitolo,il protagonista di tutta questa macrosequenza

del romanzo;anche se si tiene in disparte come osservatore di ciò che sta accadendo. Ma vera

 protagonista del capitolo è la moltitudine,la folla popolana di Milano. Il Manzoni,pur rendendosi

conto che le condizioni sociali delle classi popolari sono misere,tende comunque a rappresentarlo

come folla e moltitudine irragionevole,violenta.

Capitolo XIII:

La fola si rovescia minacciosa nella strada del palazzo del vicario di provvisione. Costui,in preda al

terrore,si rifugia in soffitta,mentre i servitori cercano di barricare come possono la casa che viene

investita dalla furia dei rivoltosi. La folla si accalca inferocita di fronte alla casa del vicario, e i piùviolenti si accaniscono subito a scardinare porte e finestre per saccheggiare il palazzo,minacciando

di morte il magistrato. Renzo,che guadagnato il centro del tumulto,inorridisce alle urla di morte

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intorno a sé e si propone di fare quanto è in suo potere per impedire il linciaggio che si sta

 profilando. Arriva un distaccamento di soldati,incaricato di ristabilire l’ordine,ma la proposizione di

forze è tale che l’ufficiale preferisce tenersi ai margini degli avvenimenti,per timore di scatenare la

folla. Lo stesso Renzo,indignato dai propositi assassini espressi dai più esagitati,rischia di essere

malmenato per le sue proteste ad alta voce, è salvato da un gruppo di cittadini meno violenti,che gli

fanno scudo,e soprattutto dalla diversione costituita dall’arrivo di una lunga scala che dovrebbeservire per dare l’assalto alle finestre della casa del vicario di provvisione. All’improvviso,si

diffonde tra la folla l’annuncio che sta per arrivare il cancelliere Ferrer,da solo, in carrozza e senza

scorta armata. Il favore popolare è con lui,per il provvedimento che aveva preso di abbassare il

 prezzo del pane e perché circola la voce che venga a prelevare il vicario per portarlo in carcere.

Ferrer riesce ad aprirsi faticosamente la strada promettendo un futuro di giustizia e di pane. Fra

coloro che più si prodigano per aprire un varco alla carrozza si fa notare anche Renzo,che giunge

addirittura a cogliere un sorriso di approvazione dello stesso cancelliere. Il giovane ne rimane

affascinato convinto che non possa che essere un difensore dei deboli. Il cancelliere giunge

finalmente alla porta della casa prima che questa venga abbattuta. Ferrer entra nel palazzo e ne esce

quasi subito con il terrorizzato vicario. I due magistrati riescono a riaprirsi la strada in mezzo alla

turba e ad allontanarsi sani e salvi.COMMENTO:

il capitolo narra un unico avvenimento quello dell’assalto popolare al palazzo del vicario di

 provvisione, La macrosequenza si suddivide in tre momenti:

1. l’assedio al palazzo del vicario di provvisione

2. la dissertazione psicosociologica sui tumulti popolari

3. l’intervento del gran cancelliere Antonio Ferrer e il riscatto del vicario

la partecipazione di Renzo al tumulto si fa sempre più attiva e questo suo coinvolgimento sarà

determinante per il suo destino. Da spettatore interessato passa a protagonista dell’azione e del

racconto. In questo capitolo la figura di Ferrer si presenta sotto una luce ambigua,ma non del tutto

negativa come nel capitolo precedente. Tuttavia l’attenzione dell’autore si rivolge soprattutto sui

comportamenti della massa popolare;da una parte troviamo la massa di gente violenta che quasi

vorrebbe che questa rivolta non abbia fine,dall’altra invece troviamo la massa di gente che vuole

cercare di risolvere la situazione senza conseguenza sanguinose.

Capitolo XIV

La fola che ha partecipato al tumulto si va disperdendo. Renzo si imbatte in un crocchio di persone

e non esita a manifestare la propria opinione,infervorandosi contro gli abusi dei potenti ed

esaltandosi sulla possibilità del popolo di ottenere giustizia con le proprie forze. Si mescolano nel

suo discorso l’ingenuo entusiasmo di aver partecipato alla buona riuscita dell’intervento di

Ferrer,l’esaltazione di aver preso parte a un grande avvenimento pubblico e le allusioni ai propri

fatti privati. Il popolo applaude,e si decide di ritrovarsi il giorno dopo,in piazza del duomo. Essendoormai tardi per recarsi al convento dei cappuccini,Renzo chiede ai presenti indicazioni per 

un’osteria dove mangiare e dormire;un tale si offre di accompagnarlo a una locanda poco distante.

Lungo la strada,lo sconosciuto cerca di ricavare informazioni sul conto di Renzo,ma questi,pur 

dialogando di buon grado,non fornisce dati precisi. Renzo scorge un’osteria con l’insegna di una

luna piena e vi entra,invitando il suo compagno a bere un bicchiere di vino insieme a lui.

L’ambiente dell’osteria è chiassoso e sordido. L’oste,appena vede il compagno di Renzo,lo

riconosce come una spia della polizia e lo maledice fra di sé. Durante la cena,fra la stanchezza e

l’eccitazione della giornata, Renzo incomincia ad arringare bonariamente la gente dell’osteria sui

recenti fatti accaduti. La guida chiede all’oste una stanza per Renzo sperando in questo modo si

ottenere le generalità, ma quando viene presentato al giovane il registro legale per la trascrizione dei

dati anagrafici questi,che ha cominciato a bere un po’ troppo,si rifiuta di dire il proprio nome. Nenasce un’accesa discussione che vede gli avventori dalla parte di Renzo contro le prepotenze della

legge. Ormai ubriaco,Renzo si lancia in una nuova sfuriata contro l’uso che i potenti fanno della

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scrittura per imbrogliare la gente semplice,e a favore della giustizia diretta,raggiunta con l’azione.

Anche in questo caso ottiene l’attenzione e l’approvazione generale,benché molti data la sua

crescente ubriachezza,cessino poi di badare a lui. Approfittando dello stordimento di Renzo,lo

sconosciuto riesce con uno stratagemma a fargli dire nome e cognome. Quindi,ottenuto ciò che

voleva,si alza e si allontana quasi bruscamente,rifiutando un ultimo bicchiere di vino che quegli

insiste a porgergli,con puntiglio di ubriaco. Rimasto solo,Renzo continua a bere e adarringare,sprofondando sempre di più in una sbornia patetica e ridicola,e diventando lo zimbello

della volgare clientela dell’osteria.

COMMENTO:

La vicenda ritorna alle faccende personali del promesso sposo. Il capitolo è costituito da un’unica

sequenza narrativa che segue Renzo dapprima per strada e poi nell’osteria. Fin d’ora l’autore

sembra volerci far comprendere che la maturazione e crescita personale di Renzo deve passare

attraverso l’esperienza dell’errore con i gravi pericoli che ne possono derivare. Il pensiero del

giovane rispecchia quello dell’autore

Capitolo XV

L’oste accompagna di peso Renzo ormai completamente ubriaco,nella sua stanza:l’aiuta asvestirsi,riesce a farsi pagare la pigione,e compie un ultimo,inutile tentativo per farsi dire nome e

cognome per la registrazione di legge. Quindi lo lascia,e subito si avvia borbottando verso il

 palazzo di giustizia per denunciare il fatto, e per evitare le multe che gli verrebbero comminate se

avesse mancato al suo dovere di albergatore. Nel palazzo di giustizia regna particolare

confusione,dovuta alla giornata di rivolta e ai preparativi per i probabili tumulti dell’indomani.

L’oste fa la sua deposizione, ma rimane meravigliato dal fatto che la polizia sia già informata di

tutto sul conto di Renzo grazie all’operato della sconosciuta guida. Costui era appunto uno sbirro

travestito,incaricato di identificare qualcuno degli autori dei tumulti,per poterli catturare e punire il

giorno seguente. La mattina dopo, Renzo viene svegliato da una voce che grida il suo nome,e

appena aperti gli occhi,vede davanti a sé un notaio e due guardie che lo invitano ad alzarsi e a

seguirli a palazzo di giustizia. Renzo si rende subito conto della situazione e prende tempo,mentre il

notaio cerca di convincerlo che si tratta solo di poche formalità da sbrigare. Il suo comportamento

 prudente è determinato dal timore di imbattersi in qualche tumulto,data la tensione che già percorre

nelle strade. Non appena sulle scale,i due sbirri mettono le manette a Renzo e una volta in strada il

notaio continua a suggerire a Renzo,con tono amichevole,di comportarsi bene senza attirare

l’attenzione della gente. Ma Renzo prima a gesti e poi a grida chiede aiuto ai passanti,che

circondano minacciosi il gruppetto. I due gendarmi si danno alla fuga,mentre il notaio cerca

terrorizzato di passare inosservato e di allontanarsi.

COMMENTO:

In questo capitolo si individuano tre momenti:

1. Renzo,ubriaco,viene accompagnato in stanza dall’oste e si addormenta2. l’oste si rea a palazzo di giustizia a denunciare la presenza del forestiero

3. tentativo di arrestare Renzo

e tre sono gli spazi significativi del capitolo:

1. l’osteria,ancora luogo di stravizi e di inganno

2. il palazzo di giustizia

3. la strada il luogo incontrollabile dove può avvenire di tutto

Capitolo XVI:

approfittando della confusione Renzo si allontana di corsa,intenzionato a lasciare la città e a trovare

rifugio dal cugino Bartolo nel Bergamasco,oltre i confini dello stato di Milano,dove non sarebbe

stato ricercato dalla polizia. Con prudenza e paura,riesce a varcare la porta orientale,quellasorvegliata da gabellieri e da soldati armati che però non badano a lui,e subito imbocca una viottola

secondaria che si allontana da Milano. Dopo aver camminato per un buon tratto ripensando agli

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avvenimenti della sera precedente,Renzo si rende conto di non poter procedere senza informazioni

sulla strada da seguire. Non si tratta però di una cosa facile,perché domandare di Bergamo

risulterebbe sospettoso;escogita allora l’espediente di farsi mostrare la via per un paese che si torvi

sulla strada per il confine. Così ottiene indicazioni per arrivare al grosso borgo di Gorgonzola.

Giunto a Gorgonzola si ferma in un’altra osteria per informarsi sulla distanza dall’Adda,fiume che

segna il confine tra i due stati. Renzo si accomoda in un angolo e con estrema prudenza chiedeindicazioni all’oste su dove sia possibile attraversare il fiume,ma il tono sospettoso e curioso di

questo lo mette subito in allarme e lo induce a starsene in silenzio. Intanto alcuni sfaccendati del

 paese discutono sui fatti di Milano e provano ad interrogare il giovane sperando di ricevere notizie

sugli sviluppi di quel giorno. Sopraggiunge all’osteria un mercante proveniente da Milano,e tutti gli

si fanno intorno per sapere le ultime notizie. Questi prende a raccontare dei nuovi tumulti di quella

giornata ed esprime opinioni di aspra condanna degli eventi. Quindi riferisce dell’arresto di molti

ribelli che sarebbero stati presto impiccati. Infine il mercante racconta l’episodio di un forestiero

arrestato in un’osteria con i documenti comprovanti tutto l’intrigo,che era però stato liberato con la

forza dai suoi compagni. Renzo riconosce immediatamente se stesso in questa ricostruzione

deformata della realtà,si spaventa e si indigna allo stesso tempo. Appena può salda il conto e si

allontana dall’osteria.COMMENTO:

il capitolo è organizzato in due parti:

1. fuga di Renzo da Milano e suo arrivo a Gorgonzola

2. sosta di Renzo all’osteria di Gorgonzola

L’azione del capitolo occupa dalla mattina al tramonto del 12 novembre 1628. Nella linearità della

narrazione si inserisce una lunga analessi,quella dei tumulti milanesi da parte del mercante di

Gorgonzola. Inoltre ritroviamo tre spazi:

1. la città di Milano con le sue insidie di luogo sconosciuto

2. gli ambienti infidi e ostili delle osterie

3. la strada come luogo ambiguo perché aperto tanto al pericolo quanto alla salvezza

 Nella seconda parte del capitolo domina la figura del mercante di Milano ,abile oratore.

Capitolo XVII:

Uscito dall’osteria Renzo imbocca una stradina secondaria,mentre si sta facendo sera. Nei pochi

 paesi che attraversa evita di chiedere ospitalità per evitare sospetti e per l’ansia di raggiungere il

confine con l’Adda. Attraversa prima una zona più selvaggia,quindi si addentra in un bosco e piano

 piani si avvicina al fiume. Giunto sulla riva,poiché non ha possibilità di attraversare il fiume,decide

di trovare riparo in un capanno lì vicino. Qui trascorre le ore fino all’alba,coprendosi con della

 paglia. All’alba,Renzo ritorna sulla riva del fiume e chiede a un barcaiolo di essere portato sull’altra

sponda. Questi,lo traghetta senza chiedere nulla. Si avvia poi verso il paese di suo cugino

Bortolo,dove spera di trovare accoglienza e lavoro. Lungo la strada però gli si offre un tristespettacolo di miseria e carestia,che lo induce a offrire in elemosina le poche monete rimastegli dopo

una sosta in un’osteria. Giunto al paese,Bortolo lo accoglie a braccia aperte,e gli promette subito un

impiego come filatore si seta nonostante la scarsità di lavoro. Parlano poi della carestia e Bortolo

spiega che le sagge iniziative del governo di Venezia hanno migliorato la situazione. Infine dice a

Renzo di non offendersi se verrà chiamato baggiano dai bergamaschi,usato comunemente in quella

zona per i milanesi.

COMMENTO:

il capitolo può essere suddiviso in tre parti:

1. la prima notturna con il pellegrinaggio di Renzo fino all’Adda

2. la seconda al mattino con l’attraversamento del fiume e il raggiungimento della salvezza

3. la terza con l’arrivo a Bergamo

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Capitolo XVIII:

Il podestà di lecco riceve l’ordine da Milano di arrestare Renzo. Recatosi a casa del sospettato e non

trovando nessuno gli sbirri la saccheggiano: La notizia dell’irruzione fa il giro del paese a giunge

anche a padre Cristoforo. L’unico a compiacersi è Don Rodrigo:il monastero è persino per lui un

ostacolo difficile da espugnare. Non riesce a ideare una soluzione e sta per abbandonare l’impresa

quando gli viene in mente di chiedere aiuto ad un uomo molto potente;per di più accadono dueavvenimenti che lo convincono ancora di più a chiedere aiuto:la partenza di padre Cristoforo e il

ritorno a casa di Agnese,lontana quindi dalla figlia. Successivamente il narratore prende a esporre

questi ultimi due avvenimenti a partire da Agnese. Lucia e Agnese avevano ricevuto in convento la

notizia dei tumulti di Milano e della fuga di Renzo. Dopo qualche giorno un uomo incaricato da

 padre Cristoforo,le aveva avvertite che Renzo era salvo. Il frate inoltre promette dare loro altre

notizie di Renzo in settimana. Per due settimane così avviene,ma alla terza nessuno viene a dare

notizie di Renzo così le due donne si preoccupano. Agnese decide allora di lasciare il paese

lasciando invece Lucia nel monastero. Giunta poi al convento di Pescarenico Agnese viene

informata da fra Galdino della partenza di Padre Cristoforo a Rimini per predicare. A determinare il

trasferimento di fra Cristoforo erano state le trame del conte Attilio. Questi appena giunto a Milano

si era recato al conte zio del Consiglio segreto,il rappresentante più potente della famiglia. Attilioaveva raccontato allo zio la questione intercorsa fra don Rodrigo e fra Cristoforo,in modo tale da far 

risultare sospetto l’atteggiamento del frate.

Capitolo XIX:

il conte zio decide di rivolgersi al padre provinciale per far allontanare fra Cristoforo da Lecco. Lo

invita perciò a pranzo circondandosi di commensali per lasciar intendere tutto il potere della

famiglia. Invece il padre provinciale risponde ricordando la posizione particolarmente influente dei

cappuccini in quel periodo,grazie all’amicizia del fratello del Papa in carica. Alla fine del pranzo il

conte zio si ritira con il padre provinciale in una stanza appartata;qui si svolge un dialogo durante il

quale il conte zio presenta il contrasto tra il nipote Rodrigo e fra Cristoforo, e ottiene il

trasferimento del frate Rimini. Poche sere dopo giunge al convento di Pescarenico un cappuccino

 proveniente da Milano con l’ordine di trasferimento per fra Cristoforo,subito questo pensa a Renzo

e Lucia per i suoi obblighi è costretto ad andare. Nel frattempo Don Rodrigo decide di rivolgersi ad

un allenato potente e terribile,personaggio di cui non viene detto il nome. Questi dopo un periodo di

esilio si è stabilito da fuorilegge in un suo castellaccio in una valle impervia vicina al confine con il

territorio bergamasco,e ha subito una sorta di predominio su tutti i tiranni della regione. La sua fama

è diffusa in tutto il paese come quella di certi personaggi dei racconti popolari e verrà chiamato

semplicemente l’innominato. Deciso a chiedere aiuto a questo ,una mattina si avvia verso il suo

castello con un piccolo seguito di bravi.

COMMENTO:

il racconto è diviso in due parti nette:1. il colloquio fra il conte zio e il padre provinciale

2. la seconda parte è dedicata alla presentazione dell’innominato

Quasi tutto il capitolo è costruito su una lunga e duplice analessi: quella del colloquio tra il conte

zio e il padre provinciale.

Capitolo XX:

Don Rodrigo giunge all’osteria della Malanotte e riparte poi a piedi verso il castello

dell’innominato. L’innominato lo riceve con fredda cortesia e ascoltata la sua richiesta si impegna

dell’impresa di rapire Lucia. L’innominato decide di mandare il suo bravo più fidato,il Nibbio,da

Egidio il compagno della Monaca di Monza,perché organizzi il rapimento di Lucia. Questo

 pretende e ottiene la complicità di Gertrude per far uscire Lucia dal convento:la monaca è inorriditaal pensiero di far del male alla fanciulla cui ha iniziato ad affezionarsi ma alla fine acconsente. Con

un pretesto Gertrude riesce a convincere Lucia ad uscire dal monastero. Lungo la strada una

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carrozza la attende con dei bravi dell’innominato comandati dal Nibbio che senza difficoltà la

rapiscono. Lucia reagisce terrorizzata ,mentre i bravi tentano inutilmente di tranquillizzarla. Al

castello intanto l’innominato sta attendendo l’arrivo della carrozza. Non appena la scorge di lontano

in fondo alla valla è tentando di rimandarlo immediatamente da Don Rodrigo,ma come trattenuto da

una forza interiore ci ripensa. Fa chiamare una vecchia serva e la manda incontro a Lucia per farle

coraggio. Egli intanto attende la relazione del Nibbio.COMMENTO:

L’azione del capitolo si svolge rapida nel giro di pochi giorni

Capitolo XXI:

La vecchia serva,mandata dall’innominato incontro a Lucia,raggiunge la carrozza all’osteria.

Intanto il Nibbio si avvia verso l’innominato a riferirgli del buon esito dell’impresa ma aggiunge

una nota di compassione per Lucia . Questo decide poi di andarla a trovare. L’innominato raggiunge

la stanza della vecchia dove Lucia è rannicchiata in un cantuccio e le si rivolge con inusuale

gentilezza. La giovane terrorizzata implora pi età. L’innominato stesso si stupisce della propria

esitazione e prima di allontanarsi si lascia sfuggire una mezza promessa per l’indomani mattina. Lo

spavento rende Lucia insensibile al freddo,alla fame e al sonno. Non ascolta le parole diincoraggiamento della vecchia,non tocca cibo e preferisce rannicchiarsi in un angolo. Poi quando la

vecchia si addormenta pensa a tutto quello che le è successo e comincia a pregare. Ed è talmente

disperata che arriva addirittura a fare un voto di castità alla Madonna ,se si salverà da quel pericolo.

Alla fine esausta si addormenta. Intanto la notte passa insonne anche per l’innominato che si rigira

nel letto a causa di vari pensieri che lo angosciano:per esempio la rabbia per l’insolita

inquietudine,gli scrupoli verso Lucia,oppressiva coscienza di tutti gli atti compiuti in passato .

Disperato afferra la pistola pronto al suicidio,ma immediatamente comincia a pensare,a chiedersi se

davvero esista una vita dopo la morte . Continua a pensarci fino all’alba. Al mattino l’innominato

svegliatosi si affaccia alla finestra e vede lungo la strada la gente intenta a festeggiare. Allora

manda un bravo ad informarsi di quello che sta succedendo.

Capitolo XXII:

Il bravo riferisce all’innominato che il motivo dell’allegria della gente per strada è la visita pastorale

del cardinal Federigo Borromeo,arcivescovo di Milano. L’innominato si chiede che cosa possa

avere quell’uomo da rendere felice tanta gente,e decide di recarsi da lui per cercare sollievo ai suoi

turbamenti. Prima di uscire si reca nella stanza di Lucia ancora addormentata e dice alla vecchia di

informarla che al suo ritorno farà qualsiasi cosa lei voglia. Giunto in paese,si reca in casa del curato

dove si trovano il cardinale insieme agli latri ecclesiastici in attesa delle funzioni,e si rivolge al

 padre cappellano chiedendo di essere ricevuto dall’alto prelato. L’autore interrompe il racconto per 

esporre la biografia di Federigo Borromeo. Nato da una facoltosa famiglia lombarda mostrò subito e

mantenne per tutta la vita le virtù naturali della purezza,dell’umiltà,della carità e della giustiziacristiana e fin da fanciullo aveva cominciato a pensare come impiegare i suoi privilegi per rendere

la sua vita utile e santa. A sedici anni aveva preso i voti,conducendo vita povera e frugale. Divenuto

arcivescovo di Milano provvide al mantenimento suo e a quello della sua servitù. Fondò la

 biblioteca Ambrosiana. Si prodigò in azioni virtuose che suscitarono la venerazione di tutti. Oltre ai

diversi titoli attribuitigli ci fu anche quello di uomo dotto. Scrisse infatti

orazioni,dissertazioni,trattati di morale,di letteratura e altre povere di notevole valore.

COMMENTO:

il capitolo si compone di due sequenze distinte:

1. il bravo riferisce all’innominato della visita del cardinale al paese vicino

2. l’innominato decide di recarsi a parlare al cardinale

3. lunga passeggiata dell’innominato fino al paese4. l’innominato chiede di essere ricevuto dal cardinale

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Federigo Borromeo appartiene al gruppo di personaggi storici che manzoni ricava dalla realtà del

tempo per inserirli nella sua trama di fantasia. Ne risulta il ritratto di un santo. Nella figura

dell’arcivescono l’autore propone il proprio ideale di vita,aspirato alle virtù individuali di

 purezza,umiltà,generosità e intelligenza.

Capitolo XXIII:Il cardinale Federigo,ordina che l’innominato venga subito introdotto e lo accoglie a braccia aperte

con un sorriso. Soli i due rimangono a lungo in silenzio. L’innominato è combattuto da due passioni

opposte,il desiderio di trovare pace e l’orgoglio umiliato. Il cardinali si rivolge con toni caritatevoli

al visitatore e quest’ultimo sbalordito da tale accoglienza si lascia andare e da sfogo del suo

dolore,l’innominato piange e alla fine i due si abbracciano. L’innominato accenna alla possibilità di

riparare ai torti commessi e in particolare alla violenza nei confronti di Lucia. Confida quindi la

vicenda al cardinale e subito essi cercano il modo migliore per sollevare dall’angoscia la ragazza.

Federigo quindi si informa se tra i cardinali della zona vi è anche quello del paese di Lucia e lo fa

convocare. Don Abbondio si presenta al cardinale timoroso e diffidente:quando poi viene a sapere

di dover andare al castello dell’innominato per consolare con la sua presenza la povera Lucia,cerca

di resistere. Il cardinale lo rassicura:con l’innominato e Don Abbondio decide di far salire alcastello una brava donna scelta dal curato del paese,con lettiga e lettighieri per riportare subito la

ragazza in paese,mentre un uomo verrà mandato da Agnese per condurla dalla figlia. Mentre nel

 paese comincia a diffondersi la notizia del miracolo,l’innominato e Don Abbondio si avviano verso

il castello. Giunti finalmente al castello l’innominato si avvia subito lungo la scala per salire nella

stanza di Lucia.

Capitolo XXIV:

Lucia si è appena svegliata quando vede entrare nella stanza la buona donna mandata dal cardinale

e Don Abbondio. Capisce quindi di essere davvero libera,dopodichè l’innominato le chiede

umilmente perdono. Quindi tutta la comitiva riprende il cammino per il paese. Lungo la strada la

donna continua a consolare Lucia,spiegandole la miracolosa vicenda che ha portato alla sua

liberazione. Giunta in paese la comitiva si separa:l’innominato va a colloquio con il cardinale,Don

Abbondio si avvia subito verso casa,mentre Lucia viene ospitata in casa della donna,che è la moglie

del sarto del luogo. Solo qui Lucia ricorda del voto di castità fatto la notte precedente. Giunge poi il

curato del paese annunciando la visita del cardinale nel pomeriggio e l’arrivo di Agnese. Giunta a

casa del sarto le due donne si abbracciano commosse e si affannano a raccontarsi gli ultimi

avvenimenti,ma Lucia tace per quanto riguarda il voto. Il cardinale si reca a casa del sarto. Qui

viene a conoscenza della situazione di Lucia e dell’ambigua posizione di Renzo,mentre Agnese

accenna alla responsabilità di don Abbondio rispetto al mancato matrimonio. Si impegna quindi a

chiarire la situazione e a trovare una situazione sicura per Lucia:per ora resterà a casa del sarto fino

alla visita di Federigo al suo paese. Nel frattempo,l’innominato torna al castello. Riuniti i suoiuomini in una grande sala, comunica la sua decisione di cambiare vita:chi vorrà resterà alle nuove

condizioni,gli altri dovranno andarsene. Mentre i bravi si ritirano pensierosi,l’innominato si

addormenta serenamente.