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Promozione alute S Notiziario del CIPES Piemonte Confederazione Italiana per la Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria - Federazione del Piemonte IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE ALL’UFF. C.M.P. TO NORD PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNAA CORRISPONDERE LA RELATIVATASSA anno 10 / n. 1 gennaio/febbraio 2004 TAXE PERCUE TASSA RISCOSSA TORINO CMP Sped. in Abb. Post. Art. 2 Comma 20/C - Legge 662/96 NR. 5/97 Torino - Conto N° 323/A Con il 2004 inizia il 15° anno di attività di CIPES Pie- monte. Il gruppo dei soci fondatori aveva chiaramente in mente che non si intendeva insegnare ai medici e opera- tori sanitari e sociali come curare i malati e quanti altri meno fortunati sin dalla nascita. L’esperienza ci aveva insegnato quotidianamente che sanità e salute erano cose connesse ma profondamente diverse. E condividevamo l’indicazione della OMS da Ot- tawa che la “promozione della salute”, che interessa ogni campo della vita sociale e produttiva, avrebbe ridotto mol- te sofferenze ed anche creato condizioni più favorevoli al- la sanità per fare meglio il proprio mestiere. Eravamo consapevoli che la salute è il risultato dei nostri comporta- menti individuali e collettivi. Le soluzioni a singoli problemi o necessità sociali (tra- sporti, scuola, abitazione,…) possono essere rispettose del bisogno di salute oppure nò. Questa è la discriminan- te da individuare e rispettare. La cosa non è semplice e non è risolvibile all’interno del singolo settore. La interset- torialità, ossia competenze diverse, può trovare equilibra- te risposte a problemi di settore. Sono profondamente convinto della esistenza di una scala di valori e che il riferimento va ad alcuni principi eti- ci: uguaglianza, equità, solidarietà,…; che vi sono delle concrete priorità: il lavoro, il salario, la pensione e che queste sono largamente condizionate dalla istruzione e dalla cultura. D’altro canto il disoccupato, il sottopagato, l’anziano con la pensione al minimo hanno il diritto di sorridere quando entriamo nel merito di tutti gli altri problemi: gli stili di vita, le politiche di settore. Questi i nodi prioritari e poi viene il resto. Ed a fianco di queste che chiamo le “grandi ingiustizie” ci sono le tante altre minori ingiustizie, inefficienze, incom- petenze che pesano su tutti. E so bene che la ricaduta negativa sarà sempre più pesante su chi ha meno risorse materiali e culturali, ma lo sarà anche su tutti gli altri. Ed è a questo punto che la politica deve fare il suo me- stiere nel senso più alto. L’alleanza per la salute non ha alternativa, è la strada che valuta i risultati delle decisioni con l’unico metro accettabile: quello della coerenza con il bisogno di salute individuale e collettivo. Attorno a questo obiettivo l’alleanza per la salute è necessaria ma anche possibile, l’alleanza delle categorie sociali, della cultura, delle istituzioni, delle forze politiche, di tutti quanti sono consapevoli che la salute, sebbene non sia il fine della vi- ta, è uno strumento, una premessa indispensabile di es- sa. Questa è l’ottica principale della verifica delle varie atti- vità che avvieremo nei prossimi giorni e che approderà in autunno anche al rinnovo delle cariche sociali. Possiamo essere fieri dei risultati ottenuti nel rilancio della Rete HPH Piemonte, delle prime esperienze della Rete Città Sane, dell’impegno sulla incidentalità stradale e domestica ed in molti altri campi. Ma dobbiamo e pos- siamo fare di più e meglio, organizzando meglio la nostra attività interna in gruppi dotati della più ampia autonomia, realizzando la “Federazione” piemontese di CIPES: ossia la sede in cui cittadini, associazioni, enti e istituzioni pos- sano insieme operare proficuamente per la promozione della salute nel rispetto delle reciproche autonomie. Anche con nuovi Soci che ci portino nuove competen- ze. Ossia con quanti sono disponibili a divenire dei “Be- nemeriti della Promozione della Salute” in ogni angolo del nostro Piemonte. Sante Bajardi Si avvia la fase congressuale per il 2004 della Federazione del Piemonte della CIPES Alleanza per la salute! Non c’è alternativa! Prom. Salute n.1/2004 10-02-2004 14:37 Pagina 1

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Promozione aluteSNotiziario del CIPES PiemonteConfederazione Italiana per la Promozione della Salute e

l’Educazione Sanitaria - Federazione del Piemonte

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anno 10 / n. 1gennaio/febbraio

2004

TAXE PERCUETASSA RISCOSSA

TORINO CMP

Sped. in Abb. Post.Art. 2 Comma 20/C - Legge 662/96NR. 5/97 Torino - Conto N° 323/A

Con il 2004 inizia il 15° anno di attività di CIPES Pie-monte. Il gruppo dei soci fondatori aveva chiaramente inmente che non si intendeva insegnare ai medici e opera-tori sanitari e sociali come curare i malati e quanti altrimeno fortunati sin dalla nascita.

L’esperienza ci aveva insegnato quotidianamente chesanità e salute erano cose connesse ma profondamentediverse. E condividevamo l’indicazione della OMS da Ot-tawa che la “promozione della salute”, che interessa ognicampo della vita sociale e produttiva, avrebbe ridotto mol-te sofferenze ed anche creato condizioni più favorevoli al-la sanità per fare meglio il proprio mestiere. Eravamoconsapevoli che la salute è il risultato dei nostri comporta-menti individuali e collettivi.

Le soluzioni a singoli problemi o necessità sociali (tra-sporti, scuola, abitazione,…) possono essere rispettosedel bisogno di salute oppure nò. Questa è la discriminan-te da individuare e rispettare. La cosa non è semplice enon è risolvibile all’interno del singolo settore. La interset-torialità, ossia competenze diverse, può trovare equilibra-te risposte a problemi di settore.

Sono profondamente convinto della esistenza di unascala di valori e che il riferimento va ad alcuni principi eti-ci: uguaglianza, equità, solidarietà,…; che vi sono delleconcrete priorità: il lavoro, il salario, la pensione e chequeste sono largamente condizionate dalla istruzione edalla cultura.

D’altro canto il disoccupato, il sottopagato, l’anzianocon la pensione al minimo hanno il diritto di sorriderequando entriamo nel merito di tutti gli altri problemi: gli stilidi vita, le politiche di settore. Questi i nodi prioritari e poiviene il resto.

Ed a fianco di queste che chiamo le “grandi ingiustizie”ci sono le tante altre minori ingiustizie, inefficienze, incom-petenze che pesano su tutti. E so bene che la ricadutanegativa sarà sempre più pesante su chi ha meno risorsemateriali e culturali, ma lo sarà anche su tutti gli altri.

Ed è a questo punto che la politica deve fare il suo me-stiere nel senso più alto. L’alleanza per la salute non haalternativa, è la strada che valuta i risultati delle decisionicon l’unico metro accettabile: quello della coerenza con il

bisogno di salute individuale e collettivo. Attorno a questoobiettivo l’alleanza per la salute è necessaria ma anchepossibile, l’alleanza delle categorie sociali, della cultura,delle istituzioni, delle forze politiche, di tutti quanti sonoconsapevoli che la salute, sebbene non sia il fine della vi-ta, è uno strumento, una premessa indispensabile di es-sa.

Questa è l’ottica principale della verifica delle varie atti-vità che avvieremo nei prossimi giorni e che approderà inautunno anche al rinnovo delle cariche sociali.

Possiamo essere fieri dei risultati ottenuti nel rilanciodella Rete HPH Piemonte, delle prime esperienze dellaRete Città Sane, dell’impegno sulla incidentalità stradalee domestica ed in molti altri campi. Ma dobbiamo e pos-siamo fare di più e meglio, organizzando meglio la nostraattività interna in gruppi dotati della più ampia autonomia,realizzando la “Federazione” piemontese di CIPES: ossiala sede in cui cittadini, associazioni, enti e istituzioni pos-sano insieme operare proficuamente per la promozionedella salute nel rispetto delle reciproche autonomie.

Anche con nuovi Soci che ci portino nuove competen-ze. Ossia con quanti sono disponibili a divenire dei “Be-nemeriti della Promozione della Salute” in ogni angolo delnostro Piemonte.

Sante Bajardi

Si avvia la fase congressuale per il 2004 della Federazione del Piemonte della CIPES

Alleanza per la salute!Non c’è alternativa!

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SOMMARIO

Sala Celli colma il 16 gennaio per la presentazione dellamostra di vignette “ALLEGRI E LONGEVI” realizzata per ilCIPES da un manipolo di umoristi della matita.Testimonial, accattivante e ben compreso nella parte di pro-motore della salute, Bruno Gambarotta che ha regalato agliinterventi istituzionali della Presidente della Provincia, Mer-cedes Bresso, e dell’Assessorato ai Servizi Sociali del Co-mune di Torino, Stefano Lepri, più di un argomento lepido,ma non per questo meno rigoroso, per evidenziare la vo-lontà e l’impegno degli Enti Locali a tutela della salute deicittadini.

Tra il dire e il fare si sa cosa ci sta di mezzo ma in questocaso l’impegno della Provincia e del Comune, dopo averespresso apprezzamento sia per lo strumento scelto cheper la qualità della mostra. è stato chiaro e concreto.

2Promozione Salute

Promozione SaluteAnno 10, n°1 gennaio - febbraio 2004

Notiziario bimestrale della CIPES Piemonte - Confederazione Italiana per laPromozione della Salute e l’Educazione Sanitaria - Federazione del Piemonte. Registrazione del Tribunale di Torino N°4686 del 3/9/1994

Sede: CIPES Piemonte, Via S. Agostino 20, 10122 TORINO, tel. 011/4310.762 -fax 4310.768 - E-mail [email protected], www.cipespiemonte.itVersamenti quote adesione: C/C Postale n.22635106; CC. n. 1692993 UniCredtBanca, Agenzia 08009, (CIN W, ABI 02008, CAB 01109); Codice Fiscale97545040012

Redazione: Mirella CALVANO Direttore Responsabile, Sante BAJARDI Direttore, Enrico CHIARA, Elena COFFANO, Michelangelo PETROLO,Mariella CONTINISIO, Anna Rita MERLI, Domenico MINGRONE Segreteria

Rubriche:Rete HPH: Piero ZAINA, Luigi RESEGOTTI;Città Sane: Michelangelo PETROLO, Enrico CHIARA;Scuola e salute: Guido PIRACCINI;ASL e GOES: Mauro BRUSAAssociazioni: Michelangelo PETROLOCentro Documentazione: Tommaso CRAVERO;DoRS: Claudio TORTONE, Elena COFFANONEWS: Renata SIMONOTTI;Vita CIPES: Giuseppe CERVETTO;Sala Celli: Giovannella ANTONIOLI;CIPES Cuneo: Maria Grazia TOMACIELLO;CIPES Campania: Fiorella COPPOLA;CIPES Sicilia: Salvatore CACCIOLAVignette: Claudio Mellana

Hanno inoltre collaborato a questo numero:ASL 19, ASO S.CROCE, Maria Rita BARBERIS, Maria Vittoria BOSSOLASCO, Daniela CANTU’, Renato CELESTE, Amalia CHIRICO,Elena COMETTI, Mario CORRADO, Carmelo DEL GIUDICE, EdgardoFILIPPI, Rocco GRAZIADEI, KJ onlus, Domenico INAUDI, Luciano JOLLY, Giuseppe MARESCOTTI, Eugenia MONZEGLIO, Ugo PALOMBA,Silvana PATRITO, Gianfranco PORCILE, Grace RABACCHI, Franco RIPA, Maria SIGNORELLO, Mario SILVESTRO, Marisa TOSO, Elena VALLANA, Giuseppina VIOLA, Maria Grazia ZAINA

Fotografie: Archivio CIPES Piemonte

Stampa: Tipografia Sarnub Srl Via De Gubernatis 21/A Torino, Tel 011.2297900

INVITO AI COLLABORATORILe notizie, gli articoli per il prossimo numero devono pervenire entro il 20 marzo2004, anche via FAX: 011.4310768, via E-Mail: [email protected](possibilmente in formato Word 6 o 7) su cartelle da 30 righe per 60 battute.SONO GRADITI FOTO, DISEGNI, GRAFICI.

“Allegri e longevi” mostra itinerante

Pag. 1 Alleanza per la salute! Non c’è alternativapag. 2 Allegri e longevi: mostra itinerantepag. 3-4 L’incidente stradale non è una fatalita. Un morto un milione di euro: riflessio-

ni sul costo della sicurezza stradalepag. 5-6 Le Reti HPH: Anno nuovo: cresce la rete piemontese; Ospedale senza dolo-

re. Umanizzazione dei Servizi Sanitari. Progetto fasce debolipag. 7-9 Progetto Città Sane: Costituito il Comitato Regionale; 6° Circoscrizione;

Città Sane a Cuneo; Profili di salute in Provincia di Alessandria; Progettareper tutti

pag. 10 Rete di Medici Sentinella con ARPA Piemontepag. 11 Opinioni a confronto:”Saper essere” un capo idealepag. 12-14 ASL 2ASL4, ASL9, ASL13, ASL19, ASL 20, ASL21 ASO S.Crocepag. 15-16 Scuola e salute: un’esperienza di peer education a scuola. Disabilità e salu-

te: un nuovo modello OMS; Anche la Regione Piemonte si è dotata dei LEApag. 17 Centro Documentazione: la Banca dati bibliografica; CeDo. Schede libri. Atti

della Regione Piemontepag. 18 Sala Celli: L’amico ritrovato. Allegri e longevipag. 19 Vita Cipes: asterischi di vitapag. 20 Ipab per anziani: una politica di corto respiro. KJ onluspag. 21 L’azione volontaria nella comunità solidale. NEWSpag. 22-23 Dire, fare, donare! Attori di solidarietà. Assoc. Magaupag. 24 Città Sane: Convegno a Bologna 9-10 marzo 2004. Potenza a Potenza 22-

23 aprile 2004

La mostra diventerà itinerante, sia in città che inProvincia e sarà così uno degli strumenti a dispo-sizione, nei prossimi mesi, per catturare l’atten-zione, in particolare dei giovani che sono senzadubbio più sensibili al tipo di linguaggio propo-sto, su temi che di volta in volta potranno esserescelti come maggiormente significativi per un ri-passo sui temi della educazione sanitaria e dellaprevenzione dall’handicap, agli stili di vita indivi-duali, alla sicurezza stradale e via inventando.

Agli artisti che gratuitamente hanno offerto le loroopere va il grazie della CIPES e l’attestato di “Be-nemeriti Promotori della Salute” che è un titolopiù sicuro di molte obbligazioni.

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La sicurezza stradale sta, faticosamente, diventando un pro-blema riconosciuto a tutti i livelli sociali; la preoccupazioneper il numero degli incidenti, la consapevolezza del rischio,e l’attivazione delle misure preventive sono oggetto di dibat-tito e di interventi mirati. La “negazione del rischio” quel sot-tile ed inconscio fenomeno che ci porta a non valutare conla dovuta rilevanza un fenomeno tragico è stato in parte su-perato. Tuttavia se andiamo ad approfondire le analisi ci tro-viamo di fronte a situazioni che faticano ad emergere, comepossiamo infatti spiegare la generale reticenza a parlare di“costo” dell’incidentalità, al di là di una giustificabile ritrosiaverso la delicatezza e l’emotività del tema trattato.Questo atteggiamento ha però portato ad una generale sotto-valutazione del fenomeno, anche sotto il profilo economico, eprodotto un approccio verso il contenimento degli incidentipiù dettato dalla emotività che da una seria analisi del rischio.Un approccio più pragmatico è stato seguito da altri Paesi,soprattutto quelli di origine Anglosassone, che grazie ad unaconsolidata tradizione nel settore della pianificazione ed aduna concomitante organizzazione statistica, ha prodotto datempo accurate analisi quantitative e stime qualitative deicosti degli incidenti. Queste elaborazioni stanno alla base didue necessità importanti: individuare il costo sociale degliincidenti quindi, in base a questa valutazione ed alla effica-cia delle diverse misure di intervento, valutare gli interventi(infrastrutturali o regolatori) da eseguire in modo da massi-mizzarne il benefico ricavato. In questo modo gli interventiseguono un percorso economico che, in presenza di risorselimitate, privilegia gli interventi a maggiore efficacia.La valutazione quantitativa parte dalla definizione dell’inci-dente e si basa sul livello di dettaglio dei dati rilevati e si arti-cola in diverse voci di costo. Prendendo come riferimento lametodologia adottata dal National Highway Administrationdegli Stati Uniti abbiamo i seguenti elementi di valutazione:

7 aprile: Giornata mondiale della sanità 2004

L’incidente stradale non è una fatalità!La giornata mondiale della salute 2004, dedicata alla sicu-rezza stradale, segna il lancio di una campagna globale perprevenire le lesioni da incidenti stradali. Ogni anno gli inci-denti stradali nella regione Europea dell’OMS :• uccidono circa 120.000 persone• feriscono circa 2,4 milioni di persone, e• uccidono più persone di età fra 15 e 44 anni di qualsiasi

altra causa di morte(Fonte: Database di Salute per tutti in Europa, OMS Euro-pa)

Il settore sanitario può giocare un ruolo importante nell’af-frontare tale grave problema di salute pubblica: non solo lacura e la riabilitazione delle vittime degli incidenti, ma anchela sorveglianza del problema e la promozione di strategiepreventive basate sulle prove

Azioni nella regione EuropaIn Europa, la giornata mondiale della salute 2004 si cen-trerà sulla prevenzione delle lesioni da incidenti stradali co-me componente chiave di una strategia sanitaria integrataper trasporti sostenibili. Misure preventive efficaci compren-dono misure per gestire e controllare la velocità sulla stra-da, lo sviluppo di infrastrutture più sicure e l’impiego di at-trezzature di sicurezza quali le cinture di sicurezza, il cascoe i segggiolini per i bambini.Aiutare a prevenire le lesioni da incidenti stradali contribui-sce ad entrambi gli aspetti della strategia sanitaria integratadell’OMS per trasporti sostenibili:• riducendo gli effetti negativi sulla salute dei trasporti: lesio-

ni e malattie causate da polluzione acustica e atmosfericae inattività fisica, e

• aumentando i benefici sulla salute di mezzi di trasportoquali la bicicletta, il camminare e i trasporti pubblici: ridu-zione della polluzione e aumentata attività fisica.

In parallelo col lancio del primo rapporto mondiale sulla pre-venzione delle lesioni da incidenti stradali, l’OMS Europalancerà un rapporto che fornirà una visione Europea ap-profondita. Il rapporto mondiale dimostrerà che le lesioni daincidenti del traffico sono un problema importante, ma tra-scurato di salute pubblica che richiede un lavoro concertatomultisettoriale per una prevenzione efficace e sostenibileI Governi, le organizzazioni, la società civile e altri gruppisono stati invitati a contribuire a organizzare eventi a livellonazionale e locale.

Un morto un milione di euro:riflessioni sul costo della sicurezza stradale

➯ Segue a pag. 4

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- l’“incidente” viene definito in modo più ampio rispetto alcontesto italiano, tiene infatti in conto anche gli eventi cheproducono solo danni materiali; questo aspetto è importan-te sotto il profilo della prevenzione perché molto spessol’incidente “grave” è preceduto da diversi incidenti “lievi”che fungono da segnali di avvertimento;

- il “livello di dettaglio” della rilevazione delle lesioni degli in-cidentati è molto elevato poiché attraverso l’impiego dellaclassificazione A.I.S. (Abbreviated Injury Scale) vengonoprodotti sei raggruppamenti;

- le “voci di costo” utilizzate appartengono a due classi: laprima è legata ai feriti e comprende: i costi sanitari, i servizidi emergenza, la perdita di produttività legata sia al merca-to che al lavoro svolto in casa, le assicurazioni, gli effettiprodotti sul posto di lavoro, le spese legali; la seconda è le-gata a componenti esterne e comprende: i ritardi nei tra-sporti prodotti dagli incidenti e i danni prodotti ai beni mobilied immobili.

Negli Stai Uniti, che riporta 5.5 milioni di incidenti nel 2000con 41.800 morti, il costo complessivo dell’incidentalità è sta-to valutato pari a 230.000 milioni di dollari. Questo importo sisuddivide in tre parti che fanno riferimento alla gravità dell’in-cidente: 40 milioni sono imputati agli incidenti con personedecedute, 130 a quelli con feriti ed infine 60 a quelli con solidanni materiali; la figura che segue riporta invece l’articola-zione di questo importo in termini di quote delle diverse vocidi costo. La componente preponderante è la perdita di pro-duttività seguita dai danni alle cose, le spese sanitarie costi-tuiscono la terza componente con un peso pari al 14% circa.

➯ Segue da pag. 3

I valori complessivi sono sempre numeri enormi che sfuggo-no alla comune capacità di analisi, allora riportiamo questivalori a livello dei singoli individui per meglio apprezzare lequantità in gioco. Il dato di costo di una persona deceduta èpari a 977.000 dollari, mentre i valori che si riferiscono ai fe-riti variano tra i 1.960 dollari per un ferito con lesioni leggere(MAIS 0) ad 1.096.000 dollari per una lesione invalidante(MAIS 5). La figura 2 riporta le quote percentuali delle vocidi costo di un deceduto.

Dalla figura emerge che la componente principale del costova imputata alla mancata produttività dell’individuo sia sullavoro che a casa (81%). Per i feriti la ripartizione è signifi-cativamente diversa la perdita di produttività pesa il 29%mentre le spese sanitarie salgono al 25%.

Questi calcoli non tengono conto degli elementi intangibiliche sono la parte più rilevante delle conseguenze degli inci-denti, gli affetti, le emozioni, la vita non hanno costo. Tutta-via esistono tecniche quantitative (e.g. la Quality AdjustedLife Years) che stimano questi fattori e che, applicate nel ca-so americano hanno portato la stima di una persona dece-duta da 977.000 dollari a 3.400.000 dollari!Le valutazioni fatte in Italia (fonte ISTAT 2002) forniscono uncosto dell’incidentalità complessiva annuale pari a 34.108milioni di euro (circa 2.7% del PIL), il valore per una personadeceduta è pari a 1,1 milioni di EURO, dato che comprendeanche il risarcimento dei “danni morali”.Queste valutazioni, pur effettuate in ambiti diversi e compa-rate anche con quelle effettuate in altri Paesi portano ad im-porti tutto sommato simili tanto che in ambito Ue si è diffusoun messaggio semplice e lapidario: un morto un milione dieuro.Le analisi sopra descritte hanno fornito dati ingenti, general-mente poco noti, che al primo impatto generano diverse rea-zioni: la prima è una domanda esplicita: chi sostiene questicosti? La risposta dipende ovviamente dall’ordinamento so-ciale in vigore nel Paese. Negli USA i costi sono ripartiti nel-le seguenti quote: 9% l’Amministrazione Pubblica, il 50% leassicurazioni, il 27% le vittime degli incidenti, il 14% le altrepersone coinvolte negli incidenti. Questa ripartizione non ènota per il caso italiano, ma sicuramente la quota a caricodell’Amministrazione è quella più rilevante.La seconda reazione riguarda la necessità urgente di gene-rare consapevolezza e sensibilità sulla sicurezza stradalequindi attivare piani efficaci. Diverse iniziative sono state re-centemente avviate: in Europa è stato individuato l’obiettivoambizioso della riduzione del 50% del numero degli incidentientro il 2010; nel contempo sono state avviate diverse ini-ziative “zero incidenti” e l’OMS ha indetto il 7 aprile 2004 lagiornata mondiale della sicurezza stradale. In Italia è statovarato il Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale ed atti-vati i primi interventi distribuiti sul territorio con particolareattenzione alla generazione degli “osservatori” della sicurez-za considerati come primo mattone conoscitivo sul qualepoggiare i successivi interventi. Nel complesso, dopo anniin cui il problema è stato rimosso, si inizia ad intervenire adampio raggio, la speranza e l’augurio è che i flussi finanziarisiano coerenti con le necessità, anche alla luce di una cer-tezza economica: questi investimenti produrranno beneficidi gran lunga superiori ai costi.L’ultima considerazione, che conclude questa breve rifles-sione, riguarda l’atteggiamento di stupore e quasi incredulitàdi fronte alla dimensione del costo individuale di una perso-na deceduta, forse perché, inconsciamente, si continua apensare che gli incidenti riguardino gli “altri” e la vita degli“altri” ha un valore diverso dalla nostra.

Domenico Inaudi, Centro Studi sui Sistemi di Trasporto

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Le reti HPHLe reti HPHPromozione Salute

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Innanzitutto mi sento in dovere di porgere, con mio sommopiacere unitamente agli amici del Cipes, le più sentite con-gratulazioni al Dr.Clemente Ponzetti, nominato direttore Sa-nitario presso l ASL della regione autonoma della Valle d’Ao-sta. Responsabilità ampiamente meritata per le sue qualitàdi organizzatore, proiettato oltre la burocratica gestione del-l’esistente,sensibile alle necessarie innovazioni nel camposanitario, come ha dimostrato nel coordinare nel corso di 5anni il Progetto regionale HPH “Ospedale e Territorio”, fa-cendo propria, con razionale determinazione, la filosofia del-la “Promozione della Salute”.Mi ha confermato di voler continuare nel lavoro di organiz-zazione del Progetto regionale “Integrazione tra Ospedale eTerritorio”, in ciò facilitato dalla Convenzione di collaborazio-ne stipulata tra la Rete HPH piemontese e l’ASL Valle d’Ao-sta e dall’attivo contributo, sempre generosamente prestato,del Dr. Massimo Leporati (ASL 21 Casale M.)Nella recente 7° Conferenza Nazionale HPH abbiamo pre-sentato l’attività quinquennale di 4 progetti regionali (“Ospe-dale e Territorio”,”Ospedale liberi dal fumo”, “Umanizzazionedei Servizi Sanitari”, “Abuso e violenza sulle donne e minori”)a cui abbiamo aggiunto 2 progetti iniziati a livello aziendale,ma che hanno assunto attualmente rilevanza di Rete regio-nale (“Alimentazione e Salute”, “Sicurezza dei Lavoratori”)Le linee di sviluppo dei 6 progetti regionali per i prossimi 5anni (2003-2007) vengono illustrate qui di seguito dai refe-renti responsabili di ciascun Progetto.Per il 2004 è in fase di avvio un nuovo progetto in rete regio-nale,”l’Ospedale senza dolore”: nell’adesione ormai plebisci-taria di tutte le aziende sanitarie piemontesi alla rete HPHper il 2003-2007, sono gia 7 le aziende(compresa l’ASL Val-le d’Aosta) che hanno scelto come progetto locale “l’Ospe-dale senza Dolore”- Su questo tema, indicato dall’OMS, èstato creato un coordinamento interregionale (responsabileil Dr. Predonzani - Rete Ligure) per cui si è avvertita l’oppor-tunità che pure la nostra rete si occupi di tale problematica:essendone stato moderatore nelle Sessioni Parallele della7° conferenza Nazionale HPH il Dr. Franco Ripa (insieme alDr. Predonzani) il Coordinamento della Rete HPH piemonte-se lo ha invitato a costituire un gruppo di lavoro tra le 7aziende interessate e di convocarlo presso l’ASO S. Gio-vanni Battista di Torino entro il mese di gennaio.Auguro a tutti buon lavoro ed un felice anno nuovo!

Piero Zaina

Anno Nuovo: cresce l’attività della Rete HPH piemontese

Nella conferenza HPH di Torino del novembre 2003 unasessione molto articolata è stata dedicata ad un tema parti-colarmente attuale: l’Ospedale senza dolore. La rete HPHPiemonte e Valle d’Aosta, prendendo spunto anche da si-gnificative esperienze già sviluppate in alcune Aziende (ASL1 Torino, ASL 4 Torino, ASL 7 Chivasso, ASL 21 Casale,ASL Valle d’Aosta, Ospedale Gradenigo Torino, ASO SanGiovanni Battista Torino) sta avviando lo specifico progetto

regionale coordinato dal dott. Franco Ripa e dalla dott.ssaAnna De Luca dell’ASO San Giovanni Battista di Torino. Le Aziende che si sono trovate in un primo incontro prelimi-nare presso l’ospedale Molinette lo scorso 23 gennaio han-no condiviso le reciproche esperienze, sottolineando alcunedimensioni centrali relative in particolare alla “consapevolez-za” del dolore da parte dei vari attori in campo, al ruolo chepuò rivestire in tale ambito la “formazione/informazione”, al-l’esigenza di definire sotto il profilo più squisitamente tecnico“standard” di riferimento per gli Ospedali e, più in generale,per i sistemi aziendali in una logica generale di integrazione.Tali dimensioni, peraltro, possono rappresentare altrettantistimoli per la ricerca di specifiche azioni da sviluppare nelleAziende.In tal senso è in fase di definizione lo specifico progetto cheporterà un contributo importante nei prossimi cinque anni allosviluppo della rete HPH anche sul tema del dolore e, in ge-nerale, sulla centralità della persona nello specifico ambito.

Franco Ripa

“Ospedale senza dolore”: infase di avvio la Rete Piemonte e Valle d’Aosta

Il presente articolo ha lo scopo di illustrare le modalità operati-ve riferite al Gruppo Umanizzazione dei Servizi Sanitari.Come già evidenziato nell’incontro regionale del 19 settembre2003 il gruppo ha deciso di lavorare per il prossimo quinquen-nio sul tema del “miglioramento dell’accoglienza alla personastraniera che afferisce ai Servizi Sanitari”. La scelta di tale te-matica è legata alla comune conoscenza della criticità d’ac-cesso e di utilizzo dei servizi sanitari da parte dei cittadinistranieri sempre più presenti in tutte le realtà rappresentate.Il gruppo riunitosi il 27 ottobre ’03 risultava composto da:Marisa TOSO PRESIDIO GRADENIGO - TORINO; TaniaRE RICERCATRICE; Giorgina GIOLITO PRESIDIO S. CA-MILLO - TORINO; Giuseppina VIOLA ASL 4 TORINO; Cristi-na TORGANO, ASO MAGGIORE CARITÀ - NOVARA; Patri-zia MARTINOLI, ASO MAGGIORE CARITÀ - NOVARA; Ti-ziana RAVERA ASL 10 PINEROLO; Majid NEJAD ASL 2TORINO; Anna PERSICO ASO OIRM - S.ANNA - TORINOIn sede di riunione si sono discusse le iniziative presentate alivello aziendale in riferimento al tema enucleato. Dal dibattitoè emersa l’articolazione del lavoro da svolgere sottolineandol’importanza di supportare gli operatori (amministrativi e sani-tari) che lavorano a diretto contatto con gli utenti stranieri. Stimolati ed arricchiti dalla 7° Conferenza Nazionale degliOspedali per la Promozione della Salute, i partecipanti algruppo si sono ritrovati in data 3 dicembre ’03 iniziando adelaborare un ipotesi di progetto sulla base della griglia sug-gerita per la redazione dei progetti HPH revisione 9/03.Per ridurre le criticità dell’accesso al Servizio Sanitario daparte del cittadino straniero, gli obiettivi individuati dal grup-po risultano essere:- verso gli operatori: renderli consapevoli ed informati del

loro ruolo nell’accoglienza (ipotesi di corso di formazione)- verso il cittadino straniero: renderlo informato sugli

aspetti di utilizzo dei Servizi Sanitari (predisposizione dimateriale informativo multilingue)

- verso gli operatori e i cittadini stranieri: migliorare la co-municazione e l’integrazione culturale (mediazione culturale).

Nell’incontro del 13 gennaio ’04 il gruppo continuerà a lavo-rare sul progetto con lo scopo di produrre una traccia più ar-ticolata e contestualizzata definendo le priorità degli inter-venti da attuare.L’entusiasmo e l’interesse non mancano!

Giuseppina Viola, Marisa Toso

Umanizzazione deiServizi Sanitari

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Page 6: Prom. Salute n.1/2004 10-02-2004 14:37 Pagina 1 SalutePromozione Salute 3 La sicurezza stradale sta, faticosamente, diventando un pro-blema riconosciuto a tutti i livelli sociali;

Le reti HPHLe reti HPH6Promozione Salute

Nel Convegno HPH di Torino del 21-22 Novembre 2003 èstata prevista una Sessione Parallela relativa a: “Integrazionee Promozione della salute delle donne e dei bambini in Ospe-dale” – Moderatori Fabrizio Simonelli – Grace Rabacchi.Nel corso della Sessione sono state presentate relazioni delleAziende Sanitarie di Reggio Emilia – Valle D’Aosta – Imperia– Cremona – Milano Ospedale Sacco e della Rete LombardaHPH.Inoltre, hanno presentato comunicazioni alcune Aziende Sa-nitarie afferenti alla Conferenza Permanente degli OspedaliPediatrici e Materno Infantili italiani, costituitasi a Firenze aGennaio 2003, nell’ambito dell’area prioritaria HPH: Ospeda-le Bambin Gesù di Roma, Ospedale Salesi di Ancona, ASOO.I.R.M. – S.ANNA di Torino.Le tematiche sviluppate hanno riguardato i servizi di media-zione culturale, l’accoglienza alle donne immigrate ,i gruppi dilavoro sull’abuso sessuale ed il maltrattamento dei minori, ilCentro Soccorso Violenza Sessuale di recente attivazionepresso l’Ospedale S.ANNA di Torino.Nell’ambito del Gruppo Tecnico HPH della Conferenza Per-manente degli Ospedali Pediatrici Italiani sopracitata, troveràcontinuità il lavoro di coordinamento e coprogettazione nazio-nale sulle tematiche di comune interesse.Per quanto riguarda il Centro SVS (Centro Soccorso ViolenzaSessuale) dell’Ospedale Ostetrico – Ginecologico S.ANNA diTorino, si rende noto che:Il Centro S.V.S. dell’Ospedale Ostetrico Ginecologico S.AN-NA di Torino, ha avuto avvio nel maggio 2003, come centromedico specialistico integrato e multidisciplinare per fornireappropriata assistenza nei casi di violenza sessuale nei con-fronti delle donne.Questo progetto sperimentale si sviluppa grazie ad una coo-perazione interistituzionale (Azienda Sanitaria OspedalieraO.I.R.M.-S.ANNA – Aziende Sanitarie della Regione Piemon-te – Assessorato alla Sanità – Assessorato alle Politiche So-ciali – Commissione Regionale Pari Opportunità – Universitàdegli studi di Torino – Coordinamento Cittadino Contro la Vio-lenza alle donne del Comune di Torino), che ne rappresenta ilvalore aggiunto.Il Progetto S.V.S. è inserito nella rete dei progetti HPH(Health Promoting Hospital).

Le caratteristiche del Centro S.V.S.Per garantire assistenza appropriata alle donne che hannosubito violenze, si attiva un Centro di Soccorso Violenza Ses-suale, prevedendo, nell’ottica dello sviluppo di sinergie fra idiversi livelli istituzionali, la cooperazione fra interventi sanita-ri e sociali, con integrazione Ospedale - Territorio.Nell’elaborazione del progetto, si è tenuto conto della neces-sità di un avvio graduale, a titolo sperimentale per un periododi due anni, con costante monitoraggio nel tempo, e di conte-nere al massimo i costi, per i noti vincoli finanziari.

1) L’intervento nell’emergenza.Si prevede una accoglienza con regole di comportamento ap-propriate e condivise, con tempi variabili a seconda della situa-zione, un intervento tecnico che segua un protocollo prestabili-to, la compilazione di una scheda che sia utilizzabile sia per laraccolta dati sia per un eventuale referto e iter giudiziario.

2) L’intervento di più lungo periodo.Alla donna vittima di violenza viene offerta la possibilità di unfollow-up medico presso il Centro e, qualora si ritenga oppor-

tuno, un intervento di tipo psico-sociale e legale, in stretta in-terconnessione con il territorio e con il volontariato sociale.La violenza sessuale è un fenomeno drammatico e comples-so che richiede un lavoro professionale di carattere multidi-sciplinare:

• Fondamentale, soprattutto nella fase di emergenza, è il ruo-lo della Ginecologa che offre una prima accoglienza e racco-glie la storia della violenza e l’anamnesi sanitaria e socio - fa-migliare. Inoltre effettua la visita ginecologica, gli esami batte-riologici e infettivologici, la profilassi per le malattie sessual-mente trasmesse, l’intercezione post - coitale, la raccolta del-le prove ai fini medico - legali, l’eventuale denuncia di reatose procedibile d’ufficio. Se lo ritiene necessario, può attivarela consulenza del Medico Legale.Il Centro S.V.S. può quindi essere sempre utilizzato come ri-sorsa non solo dalle vittime di violenza ma anche dagli Ospe-dali, dalle Forze dell’Ordine, dalla Magistratura.La Ginecologa, inoltre, programma i successivi momenti di fol-low up per i controlli sanitari e infettivologici. In tali momenti diincontro è presente anche l’Ostetrica e l’Assistente Sociale.

Il Centro fornisce quindi:• Il servizio di pronto intervento• Il servizio telefonico di informazioni e di appuntamenti • Il follow-up medico - ginecologico• La consulenza Medico - Legale• La consulenza psicologica di prima valutazione• L’assistenza sociale iniziale

Si prevede il coinvolgimento delle seguenti figure professionali:• Medici specialisti in Ostetricia - Ginecologia• Medici specialisti in Medicina Legale• Psicologa• Ostetrica• Assistente Sociale

La modalità organizzativa ottimale, già sperimentata in Italiapresso il Centro S.V.S. (Centro Soccorso Violenza Sessuale)della Clinica Mangiagalli dell’ICP di Milano, prevede l’attiva-zione di un ambulatorio con presenza attiva di un Medico Gi-necologo nelle ore feriali diurne e, per le restanti ore, con unServizio di Pronta Disponibilità.

La valutazione dell’intervento.Il progetto prevede la periodica valutazione dell’interventocon indicatori quali - quantitativi predefiniti, e la predisposizio-ne di una relazione annuale sull’andamento del progetto.Si prevede una domanda di circa 80 casi di violenza sessualeall’anno, e si precisa che da maggio 2003 al 31/12/2003, so-no stati presi in carico 44 casi di violenza.

ConclusioneIl Centro S.V.S. trova la sua collocazione presso l’ASOO.I.R.M.- S.ANNA, sperimentando un modello di organizza-zione e di gestione interistituzionale innovativo eventualmen-te trasferibile in altre strutture sanitarie, in funzione della mis-sione aziendale di fornire prestazioni di alta specializzazionenel campo della diagnosi e cura, gestire programmi di pre-venzione, svolgere attività di ricerca e didattica, essendo inol-tre sede di Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Oste-tricia e del Corso di Laurea in Ostetricia.Al fine di avviare un coordinamento Regionale delle Aziendeinteressate a sviluppare il Progetto HPH “Fasce deboli”, sichiede di voler comunicare la propria disponibilità a:

Dott. Grace RABACCHIDirettore Sanitario Presidio Ospedaliero S.ANNA

C/so Spezia, 60 10126 - TORINOTel. 011/3135960 - 011/3134200 - Fax 011/3134238

E-mail: [email protected]

Progetto HPH Fasce deboli

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Page 7: Prom. Salute n.1/2004 10-02-2004 14:37 Pagina 1 SalutePromozione Salute 3 La sicurezza stradale sta, faticosamente, diventando un pro-blema riconosciuto a tutti i livelli sociali;

Le reti Città SaneLe reti Città SanePromozione Salute

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Al termine del primo anno di attività si è convocata presso lasede CIPES la riunione costitutiva Comitato Regionale diCittà Sane Piemonte.Erano presenti, tra gli altri, Eleonora Artesio presidente eRocco Graziadei coordinatore di IV Commissione della Circo-scrizione 6, Vincenzo Costantino per il Comune di Alessan-dria, Edgardo Filippi del CIPES di Cuneo, Giovanni Giannuzzipresidente del Forum Salute della VII Circoscrizione, una im-portante delegazione del Comune di Torino (il consigliere co-munale Lucia Centillo ed i responsabili della Divisione serviziSociali, Monica Lo Cascio, Patrizia Ingoglia, Carlo Mastrogia-como), Nicola Massobrio dell’Ospedale Evangelico Valdese,Giuseppe Acquafresca (rappresentante dell’ARPA presso laCIPES), Tania Re (consulente in progetti Comunitari). Le Circoscrizioni 5 (in quella sede rappresentata dal Vice-presidente CIPES E. Chiara anche Presidente del localeForum Salute), 6 e 7 erano presenti in quanto socie dellaCIPES e sedi di Forum della Salute.Assente Mario Carzana per la regione Piemonte in quantoimpegnato fuori sede, il tavolo della Presidenza era rappre-sentato da Enzo Demaria, vicepresidente ANCI, e, per la CI-PES, da Sante Bajardi, Michelangelo Petrolo, Beppe Signore.Nel corso dell’incontro sono stati presentati gli Atti del Con-vegno tenutosi a Torino (Sala Carpanini) nel giugno 2003 ela cui stesura ha implicato non solo un lavoro di sempliceraccolta dei testi ma di riflessione del Relatori rispetto all’in-tero processo. L’elemento giudicato dagli intervenuti come una dei princi-pali “motori” della promozione locale di salute è stato quellopolitico. L’azione verso le Amministrazioni piemontesi do-vrebbe essere finalizzata ad evidenziare le attività di buonapratica per la salute già originariamente attuate.Agli amministratori dovrebbe essere chiesto di investire in sa-lute sin da subito, basando il proprio giudizio, almeno in unafase iniziale, sulla base di elementi non necessariamente fon-dati su evidenze scientifiche. Il “sentito” dei Cittadini, il biso-gno così come percepito, può essere già un buon punto dipartenza. È cioè opportuno che la politica adotti sin da subitofra i suoi obiettivi programmatici locali prioritari un’impostazio-ne esplicitamente orientata alla promozione della salute.Un’organizzazione più tecnicamente corretta che preveda lastesura di profili e piani di salute basati su data base di morta-lità e deprivazione e l’utilizzo di indicatori specifici richiedeuna disponibilità di tempo, risorse, consapevolezze non sem-pre immediatamente disponibili. L’adozione di profili di salutefondati su indicatori riconosciuti resta comunque un obiettivo.La promozione di azioni intersettoriali ed interistituzionalidovrà comunque avvalersi dell’ausilio di tecnici esperti, pos-

sibilmente di diversa provenienza. Questo per evitare la “sa-nitarizzazione” dell’approccio alla Promozione della Salutecome, al contrario, di solito succede.I rappresentati degli enti e associazioni presenti hanno di-chiarato la loro disponibilità a far parte del Comitato Regio-nale assieme ai rappresentanti di CIPES Piemonte. A questisi affiancheranno quanti saranno designati dai costituendiComitati di distretto. Tra i presenti è stato nominato un Co-mitato Esecutivo che coordinerà le varie attività.

E.C.

Costituito il ComitatoRegionale del Piemonte

La sesta Circoscrizione del Comune di Torino ha istituito nel-l’autunno 2001 il Forum della Salute. Questa decisione na-sce dalla consapevolezza che la condizione di salute di unterritorio è prodotta dalla combinazione dei fattori ambientali,economici e culturali che influenzano l’esposizione al rischioe l’adozione di stili di vita adeguati o meno a presentare e ri-cercare il benessere. Il tema salute è quindi trasversale a tut-te le politiche e può essere adeguatamente valorizzato soloin una ottica partecipativa che coinvolga tutti gli attori.L’attività del Forum si è orientata verso il target adolescentinella preoccupazione di non enfatizzare gli aspetti estremi diesposizione al rischio, quanto piuttosto di esaminare i per-corsi di normalità (la scuola, il tempo libero, lo sport) affin-ché ogni esperienza conosca l’apprendimento libero e con-sapevole di un sano stile di vita. Di qui gli incontri con lescuole, volti a promuovere la cultura della solidarietà comenel caso delle conferenze sui trapianti; le relazioni con glienti di promozione sportiva rispetto alla tutela della praticasportiva dalle degenerazioni indotte dall’uso di sostanze vol-te ad enfatizzare le prestazioni individuali; la collaborazionecon le scuole per favorire la relazione tra adulti e giovani at-traverso gli sportelli di ascolto e di consulenza psicologica.

Rocco Graziadei, Coordinatore IV Commissione

6° Circoscrizione e salute

Nella prosecuzione del viaggio teso a dare concretezza alprogetto Rete Città Sane a Cuneo, si stanno avviando i con-tatti con i comuni limitrofi compresi nell’ambito del DistrettoSanitario. I criteri che ci stanno muovendo in questo senso, per auspi-care la condivisione sia per la stesura del progetto che per ilsuo successivo sviluppo concreto, sono rappresentati dalleaffinità geografiche, climatologiche, culturali, sociali e pro-duttive.Il lungo cammino, finalizzato ai contatti ed alla informazione,ci porterà nei prossimi mesi al completamento del triangolovirtuoso: conoscere, condividere, collaborare.E, benché ancora in fase di gestazione, pensiamo di presen-tare questa ipotesi di lavoro ai candidati della ormai prossimatornata elettorale per il governo della Provincia di Cuneo.Riteniamo infatti che nelle loro proposte e dichiarazioni di im-pegno, che andranno a formulare a tutti i cittadini, essi deb-bano assumere responsabilmente anche i principi e gli obiet-tivi su cui si fonda il progetto Rete Città Sane, che rappre-senta per la comunità provinciale una opportunità strategicadi programmazione dello sviluppo del territorio nell’ottica diuna concreta produzione della Salute individuale e collettiva. Un progetto in cui si chieda ai cittadini di essere non solooggetto ma soprattutto il soggetto di buone pratiche per unavita sostenibile ed equa.

Edgardo Filippi

Rete Città Sane a Cuneo

Un momento dell’incontro

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Le reti Città SaneLe reti Città Sane8Promozione Salute

➯ Segue a pag. 9

L’amministrazione provinciale, attraverso l’assessore aiservizi sociali Armando Pagella, ha stipulato una conven-zione, finanziata nel bilancio 2004 recentemente appro-vato, col servizio sovrazonale di epidemiologia dell’ASL20 di Alessandria per avviare una ricerca sui profili di sa-lute della popolazione provinciale.Questa importante iniziativa conferma una scelta fatta al-l’inizio legislatura dall’amministrazione provinciale diAlessandria di introdurre la tutela della salute dei cittadinitra i temi da affrontare e sostenere pur non avendo unacompetenza gestionale specifica.Seguendo questa scelta è stato: • Costituito il patto per la salute con la presenza dei livel-

li istituzionali, sociali, del volontariato, delle aziende sa-nitarie provinciali;

• Svolta una presenza attiva nel settore quadrante sani-tario;

• Avviato un confronto col CIPES e con gli enti locali.Attraverso la costruzione dei “profili di salute” intesi comestrumento che consente di indagare diverse aree temati-che con importanti ripercussioni sullo stato di salute, sulbenessere, sulla qualità della vita delle persone, agevo-leranno la definizione di obiettivi di salute della provinciadi Alessandria, dei suoi distretti delle principali città. Nona caso il comune di Valenza componente della rete “cittàsane”, ha iniziato il suo percorso in stretta collaborazionecon l’amministrazione provinciale.I profili di salute influenzeranno le scelte “di Salute” nonsolo nel settore sanitario ma in tutte quelle politiche chedirettamente o indirettamente hanno ripercussioni sullostato di salute.I principali obiettivi dei profili saranno: • Offrire informazioni sullo stato di salute nella provincia

di Alessandria;• Identificare problemi di salute;• Individuare aree prioritarie di intervento;• Fornire idee per possibili soluzioni;• Monitorare l’efficacia di quanto sarà intrapreso.Il percorso, ovviamente, considerata la complessità nonpotrà concludersi nei sei mesi della convenzione ma do-vrà proseguire come, del resto, evidenziato all’unanimitàdella commissione consiliare provinciale competente.In prima approssimazione le criticità che investono il ter-ritorio alessandrino riguardano:• Anziani (la provincia è al secondo posto in Italia);• Stili di vita;• Infortunistica (incidenti stradali prima causa di morte in

età giovanile superiore alla media regionale);• Ambiente;• Malattie cardiovascolari;• Tumori;• Malattie respiratorie (problema rilevante) • Diabete mellito (superiore alla media nazionale);• Malattie genito/urinarie;• Salute mentale.

Si prevede un primo momento pubblico di confronto, incollaborazione col CIPES, entro marzo 2004.

Mario Corrado

I profili di salute in evidenza nella provincia di Alessandria

Progettare per tuttiL’abolizione delle barriere architettoniche e la progettazionedegli spazi urbani fruibili da tutti i cittadini sono i temi trattatiin questo e nel prossimo numero di Promozione Salute perverificare che cosa è cambiato nel modo di concepire lo spa-zio e le opere che su esso si possono realizzare per soddi-sfare le esigenze dell’uomo e nei comportamenti sociali.

Per vivere l’uomo ha dovuto “inventarsi” l’architettura e quin-di le città, speciali contenitori costruiti in funzione ed a favo-re dell’essere umano, per proteggerlo dalle sollecitazioniambientali, permettendo e favorendo lo svolgimento delleattività sociali e lavorative, alleviando le tensioni del vivere:la casa come strumento prioritario per ricostruire la propriaforza lavoro ed il proprio benessere fisico e psicologico.Le città però sono state progettate per l’uomo “normale”,con caratteristiche fisiche, motorie e sensoriali assolutamen-te nella media, così le città si sono sempre più riempite dibarriere di ogni genere. La prassi progettuale corrente ha, finora, scarsamente con-siderato il fatto che una persona attraversi, durante la vita,diverse fasi evolutive e differenti condizioni di salute e di ef-ficienza. Questa scarsa o inesistente considerazione è unadella cause che ha contribuito e ancora contribuisce ademarginare e a segregare.

Ma quali e quante sono le barriere che troviamo nelle nostrecittà?Lo chiediamo ad Eugenia Monzeglio, docente del Politecni-co di Torino, Dipartimento Casa-città, socia del CERPA Italia(Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell'Accessibilità),Centro che sviluppa la sua attività in più ambiti: iniziativepromozionali, elaborazione di strategie che favoriscono unamaggiore crescita e sensibilità culturale verso il problemadella mobilità, accessibilità e fruibilità dell'ambiente da partedi tutti gli individui, di tutte le categorie sociali con particolareattenzione per quelle ritenute più deboli; studio e applicazio-ne di nuove tecnologie che possano condurre ad una pro-gettazione e realizzazione della qualità nel settore architet-tonico, urbanistico ed oggettuale. Monzeglio, inoltre, è mem-bro del comitato direttivo dell’ULCES (Unione lotta control’emarginazione sociale) e collabora con altre associazione,tra cui la CPD di Torino (Consulta per le persone in diffi-coltà) e l’associazione IDEA di Alessandria. La presenza di barriere rende invivibile o vivibile con grandidifficoltà lo spazio urbano, determinando l’insorgere del-l’handicap: una patologia fisica non è sufficiente a rendereun individuo “handicappato”, ma questa condizione si mani-festa per effetto dello scontro tra le capacità funzionali e lerichieste dell’ambiente costruito e del contesto sociale.Si può definire barriera architettonica qualsiasi ostacolo o im-pedimento al libero svolgimento delle azioni ed all’evoluzionepersonale del soggetto considerato. Oggi nelle nostre cittàcoesistono diversi “tipi” di barriere: barriere fisiche evidenti,barriere fisiche nascoste, barriere latenti, barriere percettive.Le prime comprendono scalini troppo alti o troppo bassi enon associati a scivoli, marciapiedi troppo stretti, attraversa-menti non segnalati, pavimentazioni sconnesse o scivolose,rampe di scale non affiancate da ascensori, corridoi angusti,servizi igienici impraticabili, ingressi negati, edifici e spaziaperti di difficile o impossibile utilizzo da parte di molte per-sone anche se esenti da vistose disabilità.Le barriere fisiche nascoste non sono evidenziate da nes-sun disposto normativo ed emergono nella pratica corrente

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Opinioni a confrontoOpinioni a confrontoPromozione Salute

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come veri e propri ostacoli: un parapetto che non permettedi vedere bene all'esterno o che invita a sporgersi, l'eccessi-va altezza di un davanzale, che non impedisce o ostacolanessun movimento, ma che limita la visuale, costituisconovere e proprie una barriere architettoniche.Situazioni di scarsa o inesistente accessibilità non imputabi-le a barriere fisiche precise, ma di fatto aventi lo stesso ef-fetto costituiscono le barriere latenti come la mancanza diparcheggio riservato in luoghi di larga affluenza di pubblico,eccessiva lontananza della zona di parcheggio dal percorsopedonale, grande distanza superabile solo a piedi per rag-giungere il luogo al quale si è diretti.Le barriere percettive, infine, sono determinate da difficoltàdi ricezione ambientale di un segnale (barriere sensoriali) odi interpretazione dello stesso (barriere cognitive), che coin-volgono l’orientamento, la localizzazione, la possibilità dideambulare in sincronia con gli altri e limitano in particolarele capacità di comunicazione e di relazione delle personecon disabilità sensoriali e difficoltà intellettive, o semplice-mente distratte, ansiose, vivaci.

Esistono altri ostacoli non visibili, ma più profondi e più dif-ficili da superare: le barriere psicologiche, relazionali, so-ciali e culturali. Qual è il loro peso in una società che sem-bra più aperta e sensibile ai problemi di chi è più debole edin difficoltà?Fra queste possiamo comprendere anche quelle etniche, re-ligiose, razziali e comunicative ancor più discriminanti edemarginanti delle barriere fisiche perché non eliminabili tra-mite l’applicazione di provvedimenti legislativi, ma richiedentiun processo di evoluzione della mentalità, degli usi e dei co-stumi, sostenuto dalle istituzioni educative e formative. Laglobalizzazione, poi, avrebbe dovuto cambiare qualcosa, so-prattutto in termini di apertura mentale e culturale, ma atutt’oggi nulla è mutato. Viviamo in un clima culturale soloapparentemente più sensibile ed aperto ad istanze che chie-dono sia il rispetto dei diritti di tutti (abili e disabili, efficienti enon produttivi, autosufficienti e dipendenti), sia il superamen-to di mentalità e di condizioni di vita emarginanti e segregan-ti, nel quale in realtà la diversità fa ancora paura perché met-te in discussione le sicurezze dell’ordinaria normalità.Il problema però non è solo etico, ma ha evidenti risvoltieconomici: una città piena di barriere è una città disecono-mica, che rende “handicappati”. Pertanto nel bilancio dellescelte progettuali, è bene tenere presenti anche i costi so-ciali ed economici, che si pagano progettando solo per unafetta di popolazione, quella ritenuta normale o, con un termi-ne di cattivo gusto, “normodotata”, impedendo l’utilizzo dellospazio a una parte dell’utenza.

Come operare affinché si riduca sempre più lo scarto trapossibilità/abilità della persona e le offerte dell’ambiente nelquale si vive per trasformare la città globale distante e geli-da in un contesto sociale solidale?La risposta è piuttosto semplice. E’ possibile creare un con-testo solidale lavorando in due direzioni: progettare per tutti ediffondere la cultura della diversità a partire dalle istituzionieducative, che devono porre al centro dei programmi di stu-dio il concetto di “progettare per tutti”. Solo così si potrà co-minciare a cambiare il modo di vedere, di concepire e dicreare un nuovo edificio, un nuovo spazio, una nuova città…Per diffondere la cultura dell’integrazione, della pari dignitàe del rispetto delle persone cosiddette “diverse”, del loro di-ritto alla libera mobilità ed autonomia è inoltre fondamentaleche non vengano più in alcun modo eluse le disposizioninormative a tutti i livelli di emanazione (locale, regionale,statale, comunitaria), che da tempo sanciscono la soppres-sione e la non costituzione delle barriere architettoniche.

Che cosa significa progettare” per tutti”?Si progetta “per tutti” quando a partire dalla fase iniziale didefinizione del progetto, nella mente e nel cuore del proget-tista c’è la volontà di “dare forma” a spazi utilizzabili da ogniessere umano, privi di ostacoli o fonti di pericolo, senza sot-toporsi a sforzi, senza richiedere l’aiuto di altri, con l’obietti-vo di realizzare spazi, edifici, oggetti utilizzabili da qualsiasipersona, ricorrendo anche a modalità di utilizzo diversificateed al supporto della tecnologia. Ancor meglio se tali spazisono anche confortevoli, psicologicamente accettabili, gra-devoli e piacevoli sotto il profilo estetico. “Tutti” significa chegli utenti di un spazio devono poter essere indistintamentebambini, ragazzi, giovani, adulti, anziani senza escludere apriori alcuno. Come può essere educativo e culturalmenteformativo per un bambino vedere che il proprio compagnoaccede alla scuola tramite un ingresso posteriore, o che lapropria mamma in carrozzina deve aspettarlo fuori dal nego-zio, non può entrare con lui in gelateria, non può accompa-gnarlo ai giardini, in chiesa, al catechismo, in spiaggia?Inoltre, nessuno ha bisogno di pavimentazioni sconnesse, in-gressi difficilmente identificabili, porte e corridoi stretti, ascen-sori impraticabili, lunghe scale, servizi igienici simili a gabbie!

In questa nuova modalità progettuale come si caratterizzala segnaletica?Gli elementi di segnaletica sono importanti per indirizzare,indicare un percorso, per orientarsi; naturalmente devonoessere di facile comprensione e riconoscibilità. Caratterizza-zioni cromatiche, pittogrammi possono senz’altro agevolarechi ha limitazioni intellettive, chi ha problemi di orientamen-to, chi ha confusione mentale, dovuta magari al fisiologicoinvecchiamento, ma renderanno comunque più immediato econfortevole la fruizione degli spazi per qualsiasi persona.Allo stesso modo un servizio igienico ben dimensionato eben attrezzato (senza ricorrere a speciali e costosi sanitari oa un eccesso di strumentazione di sostegno) con vaso, la-vabo, specchio, appendiabito, piano di appoggio, che puòdiventare fasciatoio per i neonati, non solo sarà fruibile perchi deambula con carrozzina, ma senz’altro andrà bene perl’adulto con bambini piccoli e in definitiva per qualunque per-sona.

Mariella Continisio

➯ Segue da pag. 8

Il Centro Psicoanalitico di trattamento dei malessericontemporanei offre accoglienza e ascolto a genitori,educatori, insegnanti, medici, avvocati, operatori socia-li…, che segnalino una disagio in relazione al mondodell’infanzia.

Capita a volte che un bambino manifesti, nel linguaggio e nel comportamento, disagio,sofferenza, malessereCapita a volte che la convivenza con un bambinodesti preoccupazione perplessità, vergogna.Che cosa gli stà accadendo? Che cosa fare con lui? Che ne è del suo desiderio?

Il disagio di un bambino difficilmente può arrivaread esprimersi nella parola e a tradursi in unarichiesta d’aiuto.

Occorre nella maggior parte dei casi che unadulto lo interpreti e, lasciandosene interrogare,se ne faccia carico

CEPSI Via Guastalla 13 bis TorinoTel. 011/8170959, 8158643 - Fax 011/8170202E-mail: [email protected] www.cepsi.it

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10Promozione Salute

Ricordate la vicenda dei bambini di Augusta, non lontano da Sira-cusa, quando ci si accorse dopo molto tempo, troppo tempo, chemalformazioni, aborti, malattie e tumori, che avevano una stranaincidenza in quella zona, erano collegati con l’inquinamento cau-sato da un insediamento industriale i cui scarichi finivano in ma-re? Ricordate pesci al mercurio, arsenico, nichel e piombo? Certoche lo ricordate perché ne ha parlato tutta la stampa, ma forsequello che non ricordate è che le prime segnalazioni di devono adun pediatra della zona che volle capire la causa di quelle cardio-patie infantili tanto frequenti e di quelle malformazioni all’apparatourogenitale con una percentuale 4 volte superiore all’atteso.Ricordate la brutta storia della chimica a Mantova, emblematica diuna vera e propria crisi ambientale di tutta la chimica italiana,quando ci si accorse di un incidenza di sarcomi con un tasso dipercentuale molto superiore all’atteso? L’indagine epidemiologi-ca era iniziata nel luglio 1998 a seguito della segnalazione -pubblicata su Epidemiologia e Prevenzione da parte di GloriaCostani, medico di medicina generale convenzionato con la ASLdi Mantova, presidente provinciale di Legambiente e membrodei Medici per l’Ambiente – di un cluster di sarcomi dei tessutimolli, cioè un addensamento spazio-temporale di una rara for-ma di tumori maligni in corrispondenza dell’insieme delle frazio-ni del comune di Mantova site a ridosso del polo industriale del-la città (Chimica Enichem, Metalmeccanica Belleli, RaffinerieIES) e degli insediamenti industriali di Valletta Valsecchi.Partendo da questi due esempi, ma se ne potrebbero citare anco-ra mille altri, abbiamo pensato ad un progetto che riconoscesse aimedici, in particolare a quelli di medicina generale, un ruolo codifi-cato di “piccola vedetta lombarda”di deamicisiana memoria.Va aggiunto che negli ultimi anni abbiamo assistito ad una rapi-da crescita di reti di medicina generale (RMMG) particolarmentein Gran Bretagna ed Olanda. Ciò riflette una serie di bisogni chevanno dall’informazione sulle malattie che si presentano nell’a-rea delle cure primarie, ad una aumentata esigenza di ricercastrutturata nella stessa area, fino ad una definizione di contenutidella medicina generale in forme accettabili anche da parte delmondo accademico. Caratteristica comune delle RMMG, intesecome gruppo di ricerca e di lavoro insieme, è il fatto di essereun’entità che opera nell’area delle cure primarie e che coinvolgemedici di medicina generale (MMG). La rete permette successi-vamente anche lo sviluppo di iniziative e di altre attività sempree comunque nell’ambito della medicina generale, e consente al-tresì lo sviluppo delle abilità e della fattibilità della ricerca chenasce e si sviluppa tra i MMG, e generalmente funziona con unmeccanismo non gerarchico tra i suoi componenti.Si possono considerare due tipi di reti: una in cui le iniziative na-scono e si sviluppano all’interno della RMMG e un’altra in cui iMMG sono coinvolti nella raccolta dati da parte di un ente ester-no per motivi di ricerca o di sanità pubblica. Nonostante questadistinzione, l’obiettivo principale in entrambi i casi è quello di ot-tenere una specifica precisa tipologia di informazione.Il termine di “medico sentinella”, o meglio di “rete di medici sen-tinella”, deriva principalmente dalla funzione di “guardia” messalì per proteggere la popolazione dai rischi legati alla salute e diosservatorio privilegiato per le istituzioni sanitarie. La funzionedei medici sentinella è quella di monitorare l’incidenza e la pre-valenza e la progressione di una malattia o di una serie di pato-logie nel tempo in gruppi di popolazione oppure in zone geogra-fiche prestabilite.Con queste premesse l’Area di Epidemiologia Ambientale ARPAPiemonte, con sede a Grugliasco (Torino), e la sezione regiona-le del Piemonte dell’ISDE (International Society of Doctors for

Environment)-Italia hanno presentato un progetto di ricerca allaRegione Piemonte, che è stato approvato e finanziato, dal titolo“Una rete regionale di medici sentinella per le segnalazioni dipatologie con eziologia ambientale”.Quali sono le finalità del progetto?Strutturazione di una rete di medici finalizzata:1. al rilevamento dei bisogni sanitari della popolazione2. al monitoraggio dello stato di salute della popolazione, stili equalità di vita, consumo delle risorse, incidenza e prevalenza dimalattie legate a inquinamento ambientale;con un doppio meccanismo di informazioni:1. in senso centripeto: i medici segnaleranno in tempo realeeventuali noxae patogene dimostrate o anche solo sospettate alivello delle loro realtà periferiche, identificando eventuali con-nessioni tra ambiente e problemi di salute presenti nel territoriodi loro competenza. Anche semplici impressioni potranno esse-re inviate al centro, dove verranno controllate, assemblate, valu-tate, verificate, catalogate, ecc.2. in senso centrifugo: il centro invierà dati, informazioni, pubbli-cazioni scientifiche relative a cause ambientali di malattie, chepossano in qualche modo aumentare il rischio di eventuali pato-logie nella zona di competenza del medico/terminale perifericosia di base che ospedaliero. In questo senso importante sarà lacollaborazione di strutture piemontesi come DO.R.S. (centro diDocumentazione bibliografica e fattuale su tutti i settori della sa-lute) e come il Centro di Prevenzione Oncologica (CPO), nellasua componente di centro di documentazione sui cancerogeni.Nel maggio scorso si è svolto il primo incontro preparatorio incui si sono tracciate le prime indicazioni relative alla prima fasedel programma che ovviamente prevede una formazione speci-fica dei medici coinvolti. All’incontro hanno partecipato una deci-na di persone tra cui Benedetto Terracini, epidemiologo, EnnioCadum, responsabile del progetto, Mario Frusi, segretario dellasezione di Cuneo dell’ISDE-Italia, rappresentanti di DO.R.S., diARPA Piemonte, ed il sottoscritto.I successivi appuntamenti sono stati a settembre ed ottobre. Chifosse interessato può richiedere informazioni a:- ISDE. Gianfranco Porcile, tel. 0173.316455 (lavoro) o

0173.293422 (casa) o 348.5600035- ARPA. Ennio Cadum tel. 0114017693; fax 0114037125;

[email protected] particolare rivolgiamo un caldo appello a tutti i medici del Pie-monte, in particolare ai medici di Medicina Generale, perché ènecessario coprire tutto il territorio della regione e i colleghi chehanno dato finora la propria disponibilità sono ancora in numerotroppo carente per coprire tutte le varie necessità e tipologiegeografiche: si è calcolato che come minimo sono indispensabili40 MMG sparsi in maniera omogeneamente diffusa sul territoriopiemontese. Una importante collaborazione che si potrà instau-rare è quella con la CIPES, Confederazione Italiana per la Pro-mozione della Salute e l’Educazione Sanitaria - Federazione delPiemonte, in particolare con Sante Baiardi, che ne è il Presiden-te e che recentemente è stato nominato anche socio onorariodell’ISDE-Italia: tra l’altro il CIPES Piemonte ha creato un impor-tante Centro di Documentazione, che potrà essere molto utileper l’attività di formazione dei medici sentinella di domani.Le prospettive per il futuro sembrano incoraggianti: tale progettoè stato l’ispiratore di un progetto analogo che presto sorgerà inEmilia-Romagna grazie a Paolo Lauriola dell’ARPA di Modena eforse potrebbe crescere fino a diventare una specie di progettosu scala nazionale, grazie all’impegno e alla favella toscana diRoberto Romizi.La strada è lunga, ma la direzione imboccata è quella giusta.Concludiamo questa breve carrellata su un progetto che ha co-minciato a muovere proprio adesso i primi passi con il motto deiMedici per l’Ambiente: “Per l’ambiente siamo tutti responsabili. Imedici lo sono due volte”.Gianfranco Porcile, Referente sezione Cuneo ISDE-Italia, Via Cadorna 49, 12051 Alba (Cuneo) Tel.0173.293422, Fax 0173.316222 - [email protected]

Rete di Medici Sentinellacon ARPA PiemonteUna nuova iniziativa dei medici per l’ambiente

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Opinioni a confrontoOpinioni a confrontoPromozione Salute

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Fin dai tempi passati, un capo autorevole, umano, disinteressa-to è sempre stata una prerogativa indispensabile e determinan-te per il buon funzionamento delle Aziende.Una prerogativa che anche nell’attuale business world si rinno-va e si fortifica con vigore.Oggi, all’alba del terzo millennio, numerosi studi e altrettante ri-cerche sociologiche hanno infatti dimostrato con evidenza cheanche le organizzazioni hanno un’anima, in quanto caratteriz-zate dalla presenza di individui, di processi di gruppo, di rela-zioni interpersonali. Le aziende sanitarie rappresentano peraltro un esempio ecla-tante in tal senso.Questo pone l’accento sul fatto che l’insoddisfazione, la demo-tivazione professionale e l’inefficienza produttiva del personalesanitario a volte sono frutto di un anomalo rapporto con il “Ca-po”, sia esso Dirigente medico, Dirigente Infermieristico, o altrafigura imputata a ricoprire un ruolo di coordinamento. Egli spes-so risulta infatti scarsamente sensibile e poco solerte a svilup-pare un “saper essere” attento all’elemento umano, all’ambien-te informale dell’organizzazione, alle relazioni interpersonali, al-la comunicazione. Poco incline ad incoraggiare i lavoratori adaccrescere il proprio potenziale, a sostenerli nel realizzare ipropri bisogni di riconoscimento e di appartenenza. Tutti ele-menti da tenere in debita considerazione, considerato che l’uo-mo per sua natura è un insieme inscindibile di fattori razionalied emotivi e non può quindi essere trasformato in una macchi-na raziocinante, come ampiamente dimostrato dal movimentodelle “human relations”, iniziato negli anni ’40 in reazione all’in-dirizzo della scuola classica che aveva posto l’attenzione sul-l’ambiente fisico senza considerare l’elemento umano. Cosa significa essere Capo (ideale)Molteplici sono le volte in cui ci si domanda chi è un “Capo”?Letteralmente parlando la sua definizione consiste in “personainvestita di specifiche funzioni di comando” e pertanto in gradodi far svolgere oggettivamente dei compiti agli altri, ovvero aisuoi collaboratori, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati inuna determinata situazione. Ma pur riconoscendo questo suonobile ruolo, una tale definizione collocata nel presente conte-sto socio-sanitario risulta alquanto deficitaria, poco esauriente,insomma incompleta.Oggi nelle aziende sanitarie è tempo di un capo/leader che nonsi accontenta della buona esecuzione lavorativa dei suoi subor-dinati, ovvero di fare eseguire le cose agli altri, ma è capace dimobilitare il loro impegno. Un capo/leader che dai suoi collabo-ratori vuole anche il “cuore” e li conduce ad appagare così an-che l’ autorealizzazione personale.Quello di cui si anela nell’ambito delle organizzazioni sanitarieè quindi la presenza di un capo/leader carismatico, ben accet-tato dai collaboratori, provvisto quindi di autorevolezza e nonsolo di autorità. È il caso di sottolineare, a tal proposito, chel’autorità conferita da un ruolo non implica direttamente l’auto-revolezza. L’autorevolezza comporta infatti la stima e la fiduciariconosciuti al modo di comportarsi e di agire di una determina-ta persona, la quale sia a livello personale che nei rapporti so-ciali, provoca una influenza “positiva” sulle persone che quoti-dianamente incontra, in virtù delle sue caratteristiche personali,quali: equilibrio dinamico, capacità di comunicazione, consape-volezza delle difficoltà, non arrendevolezza, apertura al nuovo. Azioni positive per essere un Capo autorevole (ideale)Il Capo che adotta uno stile direttivo ed uno stile di comporta-mento volti a rispondere sia alle situazioni contingenti sia ai biso-

gni di coloro che dipendono da lui, sarà più efficiente e potrà cosiraggiungere i suoi obiettivi e quelli dell’organizzazione.Detto ciò, a prescindere da formule “magiche” da applicare perdivenire il Capo ideale che ogni collaboratore auspica di incontra-re lungo la strada del suo percorso professionale, di certo va det-to che esistono delle azioni positive, delle combinazioni essen-ziali di facile attuazione che, attuate nel quotidiano, possono faci-litare il ruolo di Capo e consentono di ottenere buoni risultati an-che in termini di collaborazione efficiente da parte dei lavoratori.Volendo spiegare il concetto con un esempio, si può prenderecome riferimento un’ orchestra di musicisti, dotata di un maestroche scandisce i ritmi, i tempi, le pause. Poiché l’obiettivo consistenel suonare una sinfonia melodiosa, il maestro d’orchestra deveaccertarsi che tutti i musicisti seguano lo spartito, suonino in mo-do regolare, senza stonature, con la stessa forza e la stessa tec-nica impartita. Solo cosi il successo ed il trionfo sono assicurati!Lo stesso succede in un’azienda ospedaliera che ha per finalitàl’assistenza, la cura, la prevenzione. La qualità del servizio ed ilsuo effettivo rendimento dipende dal fatto che l’attività di ogni di-pendente venga proiettata verso l’obiettivo globale stabilito.Quindi tra le azioni positive che un Capo-leader deve applicarein ambito sanitario, non possono essere escluse le seguenti:- Non perdere il contatto con la realtà. Acquisire quindi la capa-cità di essere flessibili, di ascoltare, di sviluppare una significati-va sensibilità nei confronti di tutto quanto l’ambiente invia.- Essere in grado di cambiare approccio a seconda delle situa-zioni e del personale.- Impegnarsi a potenziare l’abilità e la capacità dei propri colla-boratori, a favorire la loro crescita professionale, ad accrescerela loro motivazione, a concretizzare i loro bisogni di riconosci-mento, di realizzazione, di senso di appartenenza attraverso ilcoinvolgimento e la partecipazione nello sviluppo e nello svolgi-mento delle attività di lavoro, in un “clima” dinamico, produttivoed accogliente.- Chiarire quali sono gli obiettivi, l’attività da svolgere, le moda-lità ed i tempi di realizzazione del piano lavorativo, i riconosci-menti previsti. Fare quindi in modo che gli obiettivi identificativengano fatti propri dai collaboratori. Ogni collaboratore deve in-fatti avere dei compiti ben definiti, precisi e soprattutto compresi.- Favorire il rapporto interpersonale, cercando di fare in modoaltresì che i membri del gruppo integrino le loro diverse perso-nalità. Deve quindi essere incoraggiata la cooperazione, la coe-sione e lo spirito di gruppo- Elogiare i collaboratori quando svolgono un buon lavoro in mo-do da gratificarli per l’attività svolta. Troppo spesso vengono ac-centuati solo i biasimi.- Fornire possibilità di carriera, non solo con incentivazioni eco-nomiche, ma anche con avanzamenti di responsabilità, con de-leghe, ecc. Sono opportunità che spingono a fare sempre di più.- Adottare una comunicazione empatica, trasparente, chiara ecomune che consenta una situazione favorevole alla collabora-zione ed all’intesa.Queste sono alcuni degli aspetti organizzativi e relazionali di cuiogni Dirigente deve adottare per concretizzare in maniera effi-ciente e completa il suo mandato di responsabile, coordinatore. CONCLUSIONEConcludendo si può affermare che nelle Aziende ospedaliere viè sempre più la necessità di un Capo capace di scuotere i propricollaboratori, di innescare in loro sentimenti positivi, di accende-re il loro entusiasmo, facendo leva sulle loro emozioni nella giu-sta direzione. La figura del Dirigente autoritario (autocratico) chenon si preoccupa dei suoi collaboratori e si limita ad esercitare lapropria autorità è out. Oggi lo sguardo è rivolto ad un Coordina-tore motivazionale, che compie un servizio con competenza tec-nica e con un saper essere assertivo, dotato di una spiccata in-telligenza emotiva e propenso a stimolare e mantenere alto l’im-pegno dei collaboratori facendo leva: sulla comunicazione effica-ce, sull’aiuto vicendevole, sulla reciproca stima, sulla soluzionedei conflitti mediante aperta e leale spiegazione delle parti.

Barberis Mariarita

“Saper essere” un capo idealenelle aziende sanitarie… mitoo realtà?

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A.S.L. 2 Torino

Aso, Asl, Ospedali al lavoroAso, Asl, Ospedali al lavoro12Promozione Salute

A.S.L. 4 Torino

Si è realizzato, ed è al terzo anno diattività, un progetto di RETE che vedecoinvolti l’ASL 2, la Circoscrizione 3 etutte le scuole dalle Materne alle Me-die Inferiori del territorio corrisponden-te alla Circoscrizione 3.Obiettivo del Progetto è quello di darerisposte condivise al Disagio espressodai bambini fra i 3 e i 14 anni. A tal fineè stato attivato un servizio di Sportellidi Ascolto Psicologico per i bambini, iragazzi, le loro famiglie e gli insegnan-ti.La RETE ha operato a tre livelli:- Il livello dei Responsabili delle sceltedi intervento: Coordinatori della IV e VCommissione della Circoscrizione 3,Direttori del DMI e della NPI dell’ASL2, Direttori delle Scuole.- Il livello del coordinamento: Coordi-natore delle Scuole, Coordinatore peril DMI e la NPI dell’ASL 2, InsegnantiReferenti di ogni singola Scuola.- Il livello dell’intervento tecnico: Psico-logi degli Sportelli, Referenti scolastici.Nel corso della Conferenza organizza-ta il 16 ottobre si è parlato di interventidi Rete e sono stati illustrati sia i datirelativi all’utenza che ha utilizzato ilservizio nell’a.s. 2002/2003, sia i risul-tati dell’indagine svolta dalla scuola re-lativa all’immagine del servizio dato.Il lavoro dei tecnici è stato precedutodall’intervento del Direttore generaledell’ASL 2 Dr. Brambati, del Presidentedella Circoscrizione 3 Dr. Paolino, deicoordinatori della IV e V CommissioneProf. Scarlatelli e Prof. Bucciol, delRappresentante del D.M.I. Sig.ra Cen-tillo, dell’Assessore all’Istruzione dellaProvincia di Torino Dr. Oliva, del Rap-presentante dell’Assessorato all’Istru-zione del Comune di Torino Dr.ssaCampini, del Direttore del Comprenso-rio scolastico M.L. King Prof. Sarritzu edel Direttore della scuola ToscaniniProf. Dino.Questa larga rappresentanza da partedei Responsabili degli Enti preposti al-le scelte sanitarie, politiche, educativee sociali, ha permesso di rendere visi-bile l’importanza di un progetto di Retee l’attenzione a questo posta quandosi tratta di soggetti in età evolutiva.È stata questa, infatti, la sottolineaturadi ciascun intervento che ha accomu-nato i diversi punti di vista.I tecnici che hanno operato nei dueanni già trascorsi hanno potuto cosìconstatare come l’efficacia dell’inter-vento diretto con l’utenza dipenda nonsolo dalla qualità tecnica e dalla forma-zione professionale dei singoli opera-tori, ma anche, e talvolta in modo con-

sistente, dal funzionamento della Retea tutti i livelli, da quello decisionale aquello operativo.Tutti i contributi hanno evidenziato lanecessità di un intervento di Preven-zione Primaria fin dalla Scuola Mater-na e il Prof. Oliva ha sottolineato la ne-cessità di estendere il Progetto allaScuola Media Superiore.Questa affermazione trova risonanzanelle indicazioni della Regione Pie-monte che, nelle linee guida sull’Adole-scenza, evidenzia la necessità di apri-re spazi di ascolto psicologico nellescuole medie superiori, e nel progettodel Centro Adolescenti dell’ASL che in-dividua la fascia 14-18 anni come prio-ritaria per gli interventi di sostegno psi-cologico alla crescita.Chi si rivolge allo Sportello di Ascolto,infatti, porta una domanda che rispec-chia un disagio, un malessere percepi-to all’interno delle relazioni famigliari,scolastiche e con i coetanei; aspettinon necessariamente connotati sulversante della patologia ma che evi-denziano uno star male che può nonessere ancora chiaro e definito, che faancora parte dell’evoluzione fisiologi-ca, ma che può virare in una futura pa-tologia se non affrontato nel qui ed oradella fase di crescita in atto.Il Dr. Brambati nel suo saluto ha sotto-lineato l’importanza di un interventoprecoce, utile per favorire una crescitasana e per individuare i primi segni diun possibile malessere, che motiva l’u-tilizzo di risorse tecniche proprie dellaSanità, in ambito diverso dai luoghi isti-tuzionali deputati all’intervento sanita-rio, in questo caso la scuolaL’attenzione all’intervento precoce edal rispetto della globalità della personanelle diverse fasi dello sviluppo deibambini e dei ragazzi, sono stati evi-denziati allo stesso modo dal Dott.Paolino e dai Proff. Sarritzu e Dino tra-smettendo così un messaggio di condi-visione di un progetto che è maturatoattraverso un lavoro costante di con-fronto che ha contribuito alla definizio-ne della Rete.Rete che la sig.ra Centillo ha ribaditoessere metodo e scelta organizzativaper il D.M.I. perché, “in qualsiasi nododella rete, la persona che rappresentail suo bisogno di salute sia in grado ditrovare tra le molteplici offerte dei ser-vizi una risposta personale adeguataed immediata o venga accompagnatonel suo percorso assistenziale pressoil servizio di competenza per soddisfa-re in modo efficace la domanda di sa-lute”.

Amalia Chirico,D.S.S.D. Centro Adolescenti

Progetto di RETE“Sono qui per te, ti ascolto”

Pet therapy: un’amica a quattrozampe per gli anziani

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L’ASL 4 ha intrapreso un progetto di PetTherapy per migliorare la qualità dellavita degli anziani ospiti che vivono il di-sagio di una malattia mentale o che nonsono autosufficienti, con l’inserimento diun cane residente. L’arrivo di un cuccio-lo assicura, infatti, affetto costante econtinuo, e la creazione di un forte le-game emotivo fra cane e pazienti. Un’esperienza che in Italia conosce an-cora poche forme applicative. Gilda –così si chiama – è una meravigliosa cuc-ciola di sette mesi di Golden Retriever, digrande dolcezza e sensibilità. È stata in-trodotta presso la RSA (Residenza Sani-taria Assistenziale) di via Botticelli 130 epresso il Centro diurno per malati diAlzheimer Aurora di via Schio 1 dell’ASL4: in pochissimo tempo ha conquistatotutti, pazienti e personale sanitario!La realizzazione del progetto – ideatodal Servizio Veterinario dell’ASL 4, diret-to dal dr. Leonardo Surico, e dalla Ge-riatria territoriale, diretta dal dr. PietroLandra, si avvale della collaborazionedella dr. Anna Maria Cavallero, punto diriferimento per l’inserimento del cane.L’attuazione del progetto è seguita dauna valida équipe di medici, veterinari,etologi, psicologi ed infermieri e prevedeche sei persone con ruoli specifici, di cuiquattro dipendenti della struttura sanita-ria, si occupino direttamente di Gilda. Il cane risiede all’interno della RSAstessa dove è stato creato uno spazioin cui sono garantite tutte le esigenzedell’animale. Il personale che si occupadi lei sta già partecipando ad un corsodi formazione di base per la riuscita delprogetto, interagendo tutti e in egual mi-sura con Gilda affinché possa avere co-stantemente vicina una figura di riferi-mento essenziale per il suo equilibrio. In seguito il gruppo di lavoro accederàad un corso di specializzazione neces-sario per l’abilitazione brevettata.Il progetto, cui partecipano anche lecooperative KCS caregiver e Valdocco,gode del sostegno del Rotary Club Tori-no Mole Antonelliana, di alcuni dipen-denti del San Paolo Imi e della collabo-razione del Laboratorio di Etologia delDipartimento di Biologia Animale e del-l’Uomo dell’Università degli Studi di To-rino.I risultati raccolti ad oggi dimostranoche la convivenza pazienti-Gilda funzio-na bene: gli Ospiti delle strutture sonoaffettuosi, protettivi, ‘teneri’ nei confrontidella cucciola e, oltre a prendersi curadi lei, di sicuro sono felici di avere ‘il lo-ro cane’.

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Aso, Asl, Ospedali al lavoroAso, Asl, Ospedali al lavoroPromozione Salute

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A.S.L. 9 IvreaA.S.L. 13 Novara

A.S.L. 19 Asti

Il dr. Guido Massimello e il dr .PietroLandra, corresponsabili del progetto in-sieme al dr. Leonardo Surico e al capo-sala Franco Cirio, sottolineano inoltreche l’ingresso di Gilda nella ResidenzaSanitaria aprirà le porte ad un’altra ini-ziativa: la futura creazione di una picco-la area dedicata ad ospitare gli animalidi proprietà dei pazienti ricoverati tem-poraneamente, qualora sia documenta-ta l’assenza di congiunti che non pos-sano occuparsene: “In un momento incui i cani sono stati portati tristementealla ribalta delle cronache noi rimania-mo un gruppo di romantici che conti-nuano a credere che il cane sia il mi-gliore amico dell’uomo”.

A cura dell’Ufficio Stampa ASL 4Dr. Silvana Patrito

Sono al via, nelle scuole canavesaneche hanno aderito, alcuni progetti dieducazione alla salute attivati dal Di-partimento di Prevenzione dell’ASL 9con il suo settore di Educazione Sani-taria.Un primo progetto, denominato BIP-BIP e proposto alle terze classi dellescuole medie inferiori, è rivolto allaprevenzione del trauma cranico e spi-nale. Il percorso educativo è attivato instretta collaborazione con l’AziendaOspedaliera C.T.O. di Torino, che è ilcentro di riferimento regionale del pro-getto. L’importanza dell’iniziativa è evi-dente se si considera che il traumacranico è la prima causa di morte e digrave invalidità nella fascia di età 15-25 anni. L’intervento di sensibilizzazio-ne nelle scuole prevede un confrontotra gli studenti sulla base dei temi pro-posti da un cd-rom che illustra le con-seguenze delle lesioni del sistema ner-voso centrale causate dagli incidentistradali, evidenzia i comportamenti arischio da evitare e incentiva l’utilizzodei dispositivi di sicurezza. Un secondo progetto, finanziato con icontributi del Fondo nazionale per lalotta alla droga, è rivolto a prevenire ledipendenze attraverso il potenziamen-to delle life skills, cioè delle abilità divita (l’autoefficacia, la comunicazioneefficace, la capacità di risolvere i pro-blemi, la comprensione e condivisionedelle regole). Il percorso educativo èrealizzato in collaborazione con il La-boratorio di Psicologia dello Sviluppodell’Università di Torino e la Fondazio-

ne Ruffini Onlus di Ivrea. L’iniziativacoinvolge i docenti e gli studenti di al-cune classi delle scuole elementari emedie inferiori.Un terzo progetto, attivo da anni e ri-volto agli studenti del biennio dellescuole medie superiori, è centrato sutematiche relative alla sessualità. L’ini-ziativa si propone di aumentare le co-noscenze degli studenti sulle principaliproblematiche connesse alla contrac-cezione e alle malattie sessualmentetrasmesse per promuovere appropriaticomportamenti preventivi. Inoltre, diinformare sui servizi offerti dall’ASL 9,con particolare riferimento agli spazi diaccoglienza per gli adolescenti indivi-duati all’interno dei consultori familiari.

Il Direttore Generale (Dott. Carmelo DEL GIUDICE)

L’Azienda Sanitaria Locale n° 13 di No-vara ha presentato, venerdì 12 dicem-bre 2003, il progetto integrato dicontinuità assistenziale ospedale –territorio per il paziente oncologiconei Distretti di Novara e Galliate, chesarà operativo dal mese di febbraio2004.Il progetto si pone l’obiettivo di erogareinterventi che siano fra di loro integratie che abbiano al centro il malato onco-logico e la sua famiglia, cercando disoddisfarne i bisogni.Obiettivo perseguito anche dalle Asso-ciazioni di Volontariato ed in particolaredalla Lega Italiana per la lotta contro itumori che da anni opera sul territorioe, nel progetto, garantisce l’assistenzasanitaria tramite una convenzione conpersonale infermieristico.Il percorso tipo del paziente, destinata-rio delle cure palliative domiciliari, pre-vede l’individuazione del suo bisognopresso il Centro Accoglienza e Servizi(CAS) dell’ASO Maggiore della Caritàdi Novara, fino alla definizione di unpiano assistenziale.L’Unità di Cure Palliative rappresentala struttura specialistica che coordinale cure palliative ai fini di una gestioneunitaria in continuità assistenziale deimalati dall’ospedale, alle cure domici-liari, al ricovero in Hospice e garanti-sce, inoltre, con il Servizio delle CureDomiciliari, con il Coordinamento diPolo e con la Struttura Complessa diOncologia Medica la continuità tera-peutica, assistenziale e organizzativa.L’attività di cure domiciliari è svolta daun Team multidisciplinare formato damedici, infermieri, psicologi, assistenti

sociali, volontari – in particolare dellaLega Italiana per la lotta contro i tumori- e altri specialisti che lavorano in mo-do univoco per il raggiungimento di unobiettivo comune: qualità di vita del pa-ziente e della famiglia.Il Team deve essere inserito e perfetta-mente integrato nella rete dei servizi dicure palliative e deve offrire rispostetempestive, efficaci e continue fino al-l’ultimo istante di vita degli assistiti. Il Medico di Medicina Generale (medi-co di famiglia), responsabile dell’assi-stenza al singolo paziente, attiva le cu-re domiciliari per i pazienti a domicilioo su richiesta di un Medico ospedalieroin caso di dimissione protetta (con ilconsenso del MMG).

Elena Vallana, URE ASL 13

L’ASL 19, attraverso la sua struttura diPromozione ed Educazione alla Salutee con il cospicuo contributo dei Lyonsdi Asti, ha promosso un progetto speri-mentale di sensibilizzazione sulla sicu-rezza stradale, rivolto agli studenti chefrequentano gli Istituti Superiori di Astie provincia, da svolgersi in due anniscolastici (2002/2003 e 2003/2004).Al momento si sono svolti i vari focusgroup, condotti dai due psicologi, chehanno coinvolto una ventina di studentiper ognuno dei 5 Istituti aderenti allafase sperimentale (Giobert, IAL-For-mazione, Manzoni, Marello, Monti).Tra le proposte concrete di interventoemerge una netta prevalenza di richie-ste di interventi di prevenzione secon-daria, cioè centrati proprio sulla limita-zione del comportamento a rischio esui suoi effetti, soprattutto in ambitoextrascolastico: regole più severe den-tro le discoteche e maggiori controllifuori, aumento di frequenza dei con-trolli da parte delle forze dell’ordine so-prattutto nel rispetto o inasprimentodelle leggi già esistenti (multe più sala-te, ritiro sistematico della patente), mi-glioramento della viabilità, diminuzionedella velocità delle automobili e re-sponsabilizzazione dei genitori in talsenso, rendere l’esame per la patentepiù efficiente e più utile (meno teoria epiù pratica).Attualmente sta iniziando la 2° fase delprogetto: negli Istituti che aderiscono siterrà il corso di formazione degli stu-denti che hanno dato la loro disponibi-lità a diventare dei “peer educator”,cioè a portare avanti interventi educati-vi nei confronti della popolazione sco-lastica del proprio Istituto.Alla fine del progetto è previsto un con-vegno per la diffusione dell’iniziativa.

Progetti di educazione alla salute attivati dall’asl 9

Continuità assistenziale per il paziente oncologico

Sicurezza stradale

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Aso, Asl, Ospedali al lavoroAso, Asl, Ospedali al lavoro14Promozione Salute

ASO S. CROCE

A.S.L. 20 Alessandria

I farmaci non sono ciliegieUn progetto di educazione sanitaria nelle scuole relativo alla farmacovigilanzae all’uso corretto dei farmaci

A.S.L. 21 Casale

Progetto ospedale senza dolore

Interventi sul cuore in toracoscopia

Il Servizio Farmaceutico Territorialedell’A.S.L. 20 ha promosso, per l’anno2003 – 2004, un progetto di educazio-ne sanitaria denominato “I farmaci nonsono ciliegie”, approvato e finanziatodalla Regione Piemonte.Il suddetto progetto consta di un pianodi educazione al farmaco rivolto aglistudenti dei primi anni della ScuolaMedia Superiore, al fine di favorire l’u-so consapevole ed appropriato dei far-maci fin dall’adolescenza, in modo ta-le da creare nelle future generazioniuna diversa coscienza verso il “bene”farmaco.Le Dott.sse Eliana Spinelli e SilviaPernigotti – personale specializzatodel Servizio Farmaceutico Territoriale -, coordinate dalla Dott.ssa DanielaCantù – Responsabile del Servizio –hanno tenuto un ciclo di tre lezioni perclasse presso il Liceo Scientifico, Li-ceo Classico e Liceo Linguistico G.Peano di Tortona, con i seguenti obiet-tivi:- Favorire l’adozione di sani stili di vitaed insegnare ai ragazzi cos’è un far-maco, come averlo, conservarlo,quando scade, come eliminarlo sescaduto- Evidenziare che la prevenzione allamalattia deve essere attuata mettendoin atto stili di vita corretti, anziché in-gerendo medicine- Spiegare l’importanza del foglietto il-lustrativo, il significato della farmaco-vigilanza, sensibilizzando i giovani alproblema delle reazioni avverse dasegnalare al medico curante o al far-macista- Evidenziare il ruolo essenziale delmedico e del farmacista nell’assunzio-ne dei farmaci, sottolineando i rischidell’autoprescrizione- Contrapporsi al consumismo stimo-lando un’interpretazione critica deimessaggi pubblicitari sui medicinali- Coinvolgere i giovani studenti in pia-ni di informazione preventiva destinatia tutta la popolazioneAl termine delle lezioni gli alunni, dopoaver compilato un questionario da cuiè emersa il loro particolare interesseagli argomenti trattati, dovranno crea-re uno slogan o disegno relativo allafarmacovigilanza, capace di riassume-re gli insegnamenti acquisiti.Il lavoro migliore, giudicato da unaCommissione esaminatrice costituitapresso l’A.S.L., verrà premiato con unpersonal computer. Tutte le Scuole

Medie Superiori di Tortona hanno ade-rito all’iniziativa, per un totale di circa340 alunni.Per ulteriori informazioni:Dott.ssa Daniela Cantù Responsabile Servizio FarmaceuticoTerritoriale - ASL 20, Tel. 0131865357

Ottanta sono stati i partecipanti delruolo medico e di quello sanitario, peracquisire una cultura ed una forma-zione sempre più qualificata per i pa-zienti.Si è appena concluso il progetto for-mativo per il personale dell'Asl 21coinvolto nel Progetto Ospedale Sen-za Dolore, che già si pensa ad un al-tro percorso per l'anno appena inizia-to.A darne notizia è lo stesso responsa-bile della terapia antalgica dottor Ro-berto Bellini che, insieme al direttoredell'Unità Operativa di Anestesia eRianimazione dottor Francesco Rica-gni, ha messo a punto e realizzato, ilprogetto descritto. Come si ricorderà nello scorso anno,nei mesi di maggio ,ottobre e dicem-bre,sono stati realizzati tre stageaventi per oggetto il problema del do-lore nelle sue diverse angolazioni.I corsi sono stati molto seguiti e han-no suscitato interesse tra i partecipan-ti che sono stati ottanta, ripartiti trapersonale medico, infermieristico etecnico del ruolo radiologico.Anche i docenti sono stati scelti tra ilpersonale medico e non medico ap-partenente alle varie specialità: que-sto allo scopo di migliorare l'attualestato culturale in campo algologico edi elevare le conoscenze specificheteoriche e pratiche nel campo.L'iniziativa che si è rilevata positiva,porterà ad una prossima e precoce at-tuazione di un protocollo di valutazio-ne e trattamento del dolore postope-ratorio.Conferma Bellini: "vi sarà una strettacollaborazione tra le unità operativechirurgiche e quella di anestesia e te-rapia antalgica. Ciò permetterà di ri-durre le complicanze, di comprimere igiorni di degenza e di qualificare leunità operative stesse".Il progetto che, come detto è statoconcepito ed elaborato dal Direttoredell'Unità Operativa di Anestesia eRianimazione, dottor Francesco Rica-gni e dallo stesso dottor Roberto Belli-ni allinea in realtà l'Asl 21 con quellaformazione e quel "trend" culturale piùavanzato in materia che, tra l'altro, la

Presso il reparto di cardiochirurgia del-l’Ospedale Santa Croce di Cuneo di-retto dal dr. Claudio Grossi è iniziatol’utilizzo della tecnica “Heart Port Ac-cess”. Tale sistema consente di eseguire in-terventi sul cuore con piccole incisionitoraciche con l’ausilio della toracosco-pia. Con questo termine si definisce unsistema ottico con telecamera che vie-ne inserita all’interno del torace e con-sente la visione ingrandita del campooperatorio all’interno del cuore. Allametodica contribuisce in modo efficacela collaborazione con l’anestesista chepartecipa attivamente completando,con il monitoraggio pressorio ed eco-cardiografico, le informazioni necessa-rie all’espletamento dell’operazione. Con tale metodica è possibile lasciareintatto lo scheletro della gabbia toraci-ca, senza tagliare lo sterno o le coste,viene inoltre significativamente ridottal’estensione delle incisioni cutanee. La tecnica d’intervento rimane sostan-zialmente invariata, mediante l’utilizzodella circolazione extracorporea che èindispensabile in caso d’interventi diquesto tipo a cuore aperto.I vantaggi sono pertanto funzionali,con un più rapido recupero postopera-torio, ed estetici con cicatrici che, nelcaso di giovani donne, possono esse-re facilmente mimetizzate nel solcomammario. I malati operati hanno avuto un decor-so senza complicazioni e alcuni hannogià lasciato il nosocomio.Questi interventi sono i primi eseguitiin Piemonte e mantengono la qualitàdelle prestazioni dell’Azienda SantaCroce e Carle e del Dipartimento Car-diovascolare, diretto dal prof. Uslen-ghi, all’avanguardia tecnica e tecnolo-gicaLa diffusione di questa metodica è tut-tora abbastanza limitata per la com-plessità degli interventi cardiaci; tutta-via in alcune patologie, rappresentatisoprattutto da malattie della valvolamitralica ed alterazioni congenite delsetto interatriale, si sono raggiunti, ingruppi selezionati per le idonee carat-teristiche, risultati comparabili quelli ot-tenibili con la tecnica tradizionale consternotomia. Questi interventi sono i primi di un pro-gramma che prevede l’impiego di que-sta tecnica in tutti i casi in cui le condi-zioni lo renderanno possibile.

legge stessa prevede e regolamenta.Renato Celeste, Uff. Stampa Asl 21

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Page 15: Prom. Salute n.1/2004 10-02-2004 14:37 Pagina 1 SalutePromozione Salute 3 La sicurezza stradale sta, faticosamente, diventando un pro-blema riconosciuto a tutti i livelli sociali;

Scuola e saluteScuola e salutePromozione Salute

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Dati recenti acquisiti dalla rete nazionale di rilevazione dell’I-stituto Superiore di Sanità evidenziano una diffusione dellemalattie sessualmente trasmesse superiore al 20% nella po-polazione al di sotto dei 25 anni. È perciò fondamentale chela scuola dia continuità agli interventi di prevenzione anchenei confronti di queste patologie. Purtroppo, soprattutto negliultimi anni, gli interventi in tema di educazione alla salute in-contrano una diminuzione d’interesse e di partecipazione daparte degli studenti, con il rischio di un mancato o modestoraggiungimento degli obiettivi educativo-formativi.Non sempre la lezione frontale da parte dei docenti o la confe-renza da parte di esperti esterni rappresentano modalità co-municative efficaci a causa dell’episodicità degli interventi, delloro taglio prevalentemente informativo più che formativo, enell’unidirezionalità della comunicazione “verticale” dagli adultiagli studenti che può veicolare non poche incomprensioni epone i destinatari in un ruolo prevalentemente passivo e com-porta uno scarso coinvolgimento dell’intelligenza emotiva.La convinzione che l’impiego di metodologie alternative ri-spetto a quelle tradizionali potesse migliorare la ricaduta de-gli interventi ha spinto alcuni docenti del nostro Istituto alla ri-cerca di nuove modalità didattiche. In particolare l’interesseera rivolto all’individuazione di metodologie che integrandol’informazione e la formazione rendessero gli stessi studentinon solo destinatari ma anche attori principali, favorendo sia iprocessi di empowerment che una maggiore continuità del-l’intervento. La risposta alla nostra esigenza è stata indivi-duata nell’anno 2000/2001 nella proposta offerta dalCE.SE.DI. della Provincia di Torino, in collaborazione con l’I-stituto Analisi delle Dinamiche di Relazione (A.D.R.) e conl’Associazione Dire A.I.D.S., di costituire nel medio e lungotermine un Centro Risorse per la peer education.Attraverso questa metodologia i ragazzi diventano soggetti at-tivi della conoscenza e della propria formazione, e quindi indi-vidui capaci di scelte e comportamenti informati, supportati daiformatori e dagli insegnanti che devono creare le condizioniaffinché essi acquisiscano responsabilità ed una capacità pro-gettuale autonoma e possano confrontarsi tra loro e con glistessi adulti in un processo di arricchimento reciproco. Dopo un percorso di formazione, che ha coinvolto tre docentidel nostro Istituto, insieme ad altri insegnanti in servizio in di-verse scuole medie superiori, abbiamo individuato un nucleoiniziale di una decina di allievi motivati alla peer education, eli abbiamo formati sugli aspetti tecnico-scientifici dell’A.I.D.S.e delle M.S.T. mentre gli esperti dell’Istituto A.D.R. hanno cu-rato la formazione sui temi della comunicazione e della rela-zione, sullo sviluppo dell’autostima, della capacità di parlarein pubblico e di lavorare in gruppo. Il team di lavoro costituitoda docenti tutor ed esperti ha inoltre predisposto le opportu-nità affinché gli studenti potessero sperimentarsi nella proget-tazione di attività di vario genere da proporre ai coetanei nel-le rispettive scuole d’appartenenza.Gli interventi di peer education progettati, organizzati e gestitidai peer educator nella propria classe o in altre classi dell’Isti-tuto, e coordinate da noi insegnanti tutor, sono state oggettodi monitoraggio e di supervisione in occasione di incontri pe-riodici seminariali con l’équipe allargata costruita dagli espertie da docenti tutor e peer educator delle altre scuole coinvoltenel progetto. Questo ci ha consentito di realizzare interventi divalutazione dell’intervento formativo, attraverso il confronto

sugli aspetti di forza ma anche sulle difficoltà emerse nelle va-rie scuole, e di predisporre gli opportuni correttivi al progetto.Durante gli interventi in classe i nostri peer educator hannosomministrato ai coetanei un questionario in ingresso e inuscita, e dalla comparazione delle risposte è emerso un signi-ficativo grado di acquisizione delle informazioni, già messo inevidenza dagli stessi peer nella comunicazione al XVI Conve-gno Nazionale “A.I.D.S. e sindromi correlate” organizzato dal-l’A.N.L.A.I.D.S. a Torino nel mese di Novembre 2002, e recen-temente riproposto al Convegno Nazionale sulla peer educa-tion che si è tenuto recentemente a Verbania nel mese di Ot-tobre 2003. La valutazione degli atteggiamenti e dei compor-tamenti, non è altrettanto agevole ed immediata, ma siamo lu-singati dal grado di partecipazione e dall’interesse che i com-pagni hanno dimostrato, non solo durante gli incontri in classema anche successivamente, in momenti e sedi informali.In conclusione, il bilancio ormai triennale conferma la poten-zialità innovativa di questo approccio che lo fa risultare unastrada privilegiata da percorrere per la costruzione di percorsidi prevenzione primaria nei confronti dell’A.I.D.S. e delleM.S.T. e ci induce alla prosecuzione dell’attività. Nel correnteanno scolastico 2003/2004 daremo corso alla formazione deipeer educator di terza generazione ed è nostra intenzionecoinvolgere come destinatari dell’intervento non solo classidell’Istituto, ma anche alcune Scuole Medie, come abbiamoprevisto nel Progetto recentemente presentato al Concorsobandito dall’A.N.L.A.I.D.S. nazionale e A.N.L.A.I.D.S. Lom-bardia, risultando tra gli Istituti vincitori in sede nazionale.In base al percorso svolto possiamo sostenere che la peereducation ha i requisiti adatti per produrre salute intesa nonsolo in senso preventivo nei confronti dell’A.I.D.S e delleM.S.T., obiettivo primario, ma nelle varie accezioni di ben-es-sere in senso fisico, psichico e sociale. Questa metodologia,infatti, valorizzando non solo la dimensione cognitiva ma an-che quella affettiva, e veicolando life skills, produce un fortecoinvolgimento sia dei peer educator che dei coetanei desti-natari dell’intervento. In entrambi i ruoli gli adolescenti assu-mono un atteggiamento attivo e protagonista, e accade chesi possano liberare potenzialità destinate a rimanere ine-spresse con un diverso approccio metodologico.

Maria-Vittoria BossolascoDocente Referente Commissione Educazione

alla Salute I.P.S.I.A. “A. Gobetti Marchesini” - Torino

Un’esperienza di “peereducation” a scuolaPrevenzione dell’A.I.D.S. e delle malattie sessualmente trasmesse

Un importante Seminario organizzato dagli Assessorati allePolitiche Sociali e alla Sanità della Regione Piemonte ha da-to inizio ad un piano di formazione integrata degli operatorisanitari e sociali che si svilupperà nel corso di tutto il 2004 econsentirà l’utilizzazione generalizzata dell’ICF, cioè del mo-dello elaborato dall’OMS per sostituire il vecchio strumento didiagnosi delle disabilità, l’ICDM 80.L’evoluzione del concetto di salute - che questa rivista ha col-locato al centro della sua analisi fin dal suo primo numero -ha imposto in questi anni anche un approfondimento del con-cetto di disabilità, che ha dato luogo ad un approccio cultura-le del tutto nuovo e originale rispetto ai precedenti. Infatti, laclassificazione internazionale ICF contribuisce al superamen-to della disabilità come categoria a sé, e quindi dei disabilicome gruppo sociale a sé stante, in quanto parte dal presup-

Disabilità e salute:un nuovo modello OMS

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16Promozione Salute

Nell’ultimo giorno del 2003, sul BUR n° 53, veniva pubblicata laD.G.R. n° 51-11389 recante d p c m 29 novembre 2001, allega-to 1 punto 1 .c. Applicazione livelli Essenziali di assistenza all’a-rea dell’integrazione socio sanitaria. La Regione Piemonte arri-va tra le ultime in Italia a dotarsi dei LEA (livelli essenziali di as-sistenza); dopo una lunga gestazione costellata da raccolta difirme (35000) da parte di un comitato apposito che vedeva im-pegnate alcun organizzazioni di volontariato (AVO, SEA, UTIM,LPD; DIAPSI, CSA, AIMA; gruppi di volontariato Vincenziano,società di san Vincenzo De Paoli, con l’adesione del forum peril volontariato e del Forum del forum del terzo settore) al fine diaddivenire ad un Tavolo di concertazione con la Giunta Regio-nale e stabilire i criteri di attuazione dei LEA stessi; dopo unpresidio organizzato dallo stesso Comitato davanti alla sede delConsiglio Regionale (21-10-2003); a seguito di una lunga e ser-rata trattativa che ha visto coinvolti oltre alla Regione Piemonte(Assessorato alla Sanità e Assessorato alle Politiche Sociali edella Famiglia) e al Comitato, pressoché tutta le parti sociali eistituzionali (CGIL – CISL – UIL - Piemonte, FENASCOP, Coor-dinamento case alloggio HIV, ANCI Piemonte, Federsanità AN-CI Piemonte, Lega Autonomie Locali, Consulta Piccoli Comuni,Unione Province Piemontesi, UNCEM), anche in Piemonte si èarrivati alla definizione della normativa di attuazione dei LEA. La DGR consta di tre allegati:All.1, che tratta l’Accordo degli indirizzi, linea guida e percorsiper l’applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)sull’area socio sanitaria; All.A, che fissa “L’articolazione delle cure domiciliari nella fasedi lungo-assistenza”;All.B, che stabilisce “L’articolazione dei servizi e degli inter-

venti Socio Sanitari per persone con disabilità”.L’atto regionale conclude l’iter normativo nazionale che partedal D.Lgs N° 502/92 “Norme per la razionalizzazione del ser-vizio sanitario nazionale”, gia modificato e integrato, seguito adistanza dalla L. 328/2000 “Norme per la realizzazione del si-stema integrato di intervento e servizi sociali,” DPCM del14/2/2001” Atto di indirizzo e coordinamento in materia di pre-stazioni socio-assistenziali,” dall’Accordo Stato–Regioni dell’a-gosto dello stesso anno,ed infine dal DPCM 29/11/2001 ”Defi-nizione dei Livelli Essenziali di Assistenza.”La normativa piemontese arriva quasi ultima rispetto alle altreregioni, ma, forse per questo motivo, avvalendosi cioè dell’e-sperienza di chi era partito prima, il risultato del documentopuò ritenersi soddisfacente.L’applicazione dei LEA in Piemonte si rende necessaria non so-lo e non tanto per l’adempimento di normative nazionali, ma so-prattutto per arrivare a quella interpretazione delle prestazioni edei servizi in ambito socio sanitario, calate nella realtà territorialepiemontese, di cui da sempre i cittadini ne sentono il bisogno.Vi è una notevole necessità di chiarezza anche in previsionedei Piani di Zona (che stentano a diventare realtà operative),sulle competenze tra le aziende sanitarie e i comuni e per essigli enti gestori dei servizi socio assistenziali in relazione a quelleprestazioni di carattere sanitario ma a rilievo sociale, dove nonesiste un confine definito tanta è la connessione, per cui il siste-ma integrato è l’unica soluzione ai problemi del cittadino utente.L’allegato 1) prevede l’attuazione dei LEA, omogenea su tutto ilterritorio regionale, per le prestazioni socio sanitarie riguardanti:1) assistenza programmata a domicilio (Cure domiciliari) ad

esclusione delle prestazioni rivolte ai soggetti per cui il de-creto non prevede compartecipazione alla spesa da partedegli stessi /comune;

2) assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale a fa-vore dei disabili;

3) assistenza territoriale residenziale a favore delle personecon problemi psichiatrici in strutture a bassa intensità assi-stenziale;

4) assistenza territoriale residenziale nella fase di lungo assi-stenza a favore di persone affette da HIV;

5) assistenza territoriale residenziale a favore di anziani nonautosufficienti.

Questo primo impatto dei LEA ha carattere sperimentale delladurata di tre anni, durante i quali ci vorrà un continuo monito-raggio da parte del tavolo della concertazione, con le eventua-li correzioni lungo il percorso, in modo che alla fine del triennioentrino a regime.In questa fase di sperimentazione rientra anche la parte econo-mica che è completamente a carico della ASL, per le prestazio-ni strettamente sanitarie, mentre per quelle socio sanitarie sonoper metà a carico della ASL stessa e per l’altra metà a caricodell’utente (se ha un reddito sufficiente) oppure del Comune.Nell’accordo non mancano comunque alcune necessarie pun-tualizzazioni da parte del Comitato promotore della raccoltadelle firme che possono così essere individuate:a) il S S N mantiene la titolarità delle prestazioni per i soggetti

affetti da malattie invalidanti e non autosufficienti;b) il reddito per la compartecipazione al costo eventuale della

prestazione dovrà essere quello dell’utente (e non dei fami-liari);

c) sostegno alle famiglie (500 euro al mese??), che si fannocarico di tenere in casa un congiunto gravemente non auto-sufficiente.

Pertanto le ASL devono incentivare le cure domiciliari comediritto dei cittadini; gli enti locali devono avere le risorse ne-cessarie per garantire gli interventi non solo domiciliari ma an-che nei centri diurni assistenziali e nelle strutture residenziali.Il momento della normativa, seppur lungo e sofferto è supera-to: si tratta ora di esaminare e verificare la pratica attuazioneche, probabilmente non avrà minori ostacoli e difficoltà.

Giuseppe Marescotti

posto che ogni persona, in qualunque momento della sua vi-ta, può trovarsi in condizioni di salute che, in un ambiente ne-gativo, possono diventare disabilità.A scanso di equivoci, nello stesso acronimo ICF si parla diclassificazione internazionale del funzionamento, della disabi-lità e della salute. Il valore di questa impostazione, che è sta-ta definita biopsicosociale, è di facile intuizione: abbiamo difronte un modello universale, integrativo, interattivo, dal qualepossono scaturire orientamenti per l’integrazione scolastica elavorativa anche in altri paesi, con la conseguente fuoruscitadell’Italia dall’attuale posizione di isolamento, che consente ainemici dell’inclusione sociale prevista dalla nostra legislazio-ne di porre in essere ostacoli quotidiani sulla strada dell’inte-grazione. Per fare un esempio, dopo l’introduzione della cul-tura dell’ICF, a Salamanca gli Assessorati all’Istruzione, agliAffari Sociali e alla salute hanno messo insieme i loro budgetper realizzare interventi in modo che i principali aspetti dellavita delle persone non rimangano in ombra nel momento incui si imposta un progetto mirato.Nei prossimi mesi, dunque, nelle diverse realtà territoriali dellanostra regione avrà luogo la formazione sull’ICF degli operatorisanitari e degli operatori sociali. E gli operatori delle scuole?Certo potranno leggersi per conto proprio i 1490 codici checostituiscono l’ICF, certo potranno organizzarsi una formazio-ne separata, certo potranno cercare “ICF in Italia” sul sito delMinistero del Lavoro e della Politiche Sociali, ma un’occasio-ne di formazione integrata assume di solito un peso e un si-gnificato ricchi di potenzialità. Si può rimediare?

Guido Piraccini

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Anche la Regione Piemontesi è dotata dei LEA

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Centro di documentazioneCentro di documentazionePromozione Salute

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Proseguiamo la segnalazione di Attidella Regione Piemonte (leggi, Delibe-re, Determinazioni, ecc…), che a no-stro giudizio possono avere un certointeresse per quanti si interesano diPromozione della Salute. Presso la no-stra sede sono a disposizione dei soci,delle Associazioni, ecc… I bollettini uf-ficiali che contengono gli atti citatiDGR-17 novembre 2003, n. 79-11035BU n. 50. approvazione linee d’indirizzoper lo sviluppo di una rete di servizi chegarantisca livelli adeguati di interventoin materia di affidamenti famigliari e diadozioni difficili di minori in attuazionedella legge 149/2001 “diritto del minoread una famiglia” (modifica L.184/83) D.D. 8 settembre 2003, n. 303BU 48 Promozione Salute Piemonte,Istituzione Gruppo di lavoro tecnicoscientifico Fumo.Anno 2003D.P.C.M. 29 novembre 2001,BU n. 53 Allegato 1.c Applicazione li-velli Essenziali di assistenza all’areadell’integrazione socio sanitariaD.G.R. 23 dicembre 2003, n. 64-11402.BU n. 53. Ordinanza del presidente delconsiglio dei ministri 20 marzo 2003, n.3274 (“Primi elementi in materia di crite-ri generali per la classificazione sismicadel territorio nazionale e di normativetecniche per le costruzioni in zona si-smica”) Disposizioni attuative dell art. 2D.G.R. 27 ottobre 2003 n. 13-10773BU n. 49 Costituzione dell’organismodi coordinamento delle attività sanitariesvolte nell’ambito della città di Torino;modificazioni e integrazioni alla DGR20-10006 del 21 luglio 2003D.D. 28 novembre 2003, n. 446. BU n.2. Promozione della salute. Conven-zione MIUR per lo svolgimento di atti-vità di educazione scolastica.Legge Regionale 8 gennaio 2004, n. 1BU n. 2. Norme per la realizzazionedel sistema regionale integrato di inter-venti e servizi sociali e riordino dellalegislazione di riferimento.D.G.R. 27 ottobre 2003 n. 12-10772 BU n. 47. Accordo quadro sulla colla-borazione istituzionale tra la RegionePiemonte e le Aziende sanitarie Regio-nali per lo studio e approfondimentodelle problematiche sanitarie.D.G.R. 17 novembre 2003, n. 57-11013BU n. 47 supplemento n. 2. Protocollodi intesa tra Regione Piemonte e Ordi-ne Mauriziano di Torino. Provvedimenticorrelati all’autorizzazione dei ministeriVigilanti sull’Ordine Mauriziano.

Atti dellaRegionePiemonte

Quanti intendono arricchire CeDocon il contributo delle proprie espe-rienze e/o degli enti in cui operanosono pregati di trasmetterci copiadei materiali con la scheda, recu-perata dal sito www.cipespiemon-te.it, debitamente compilata.Quanti ci trasmetteranno anche ilfile del materiale, anche solo perla parte più significativa, esso saràallegato al relativo record e quindiaccessibile e recuperabile dagli uti-lizzatori della Banca Dati CeDo.

Per ulteriori informazioni o per segnalare l’invio di materiali si prega di avvaler-si della e.mail [email protected]

Tommaso Cravero

L’Amministrazione Comunale di Gru-gliasco ha prodotto e diffuso l’opu-scolo “TUTTI HANNO DIRITTO ALLECURE SANITARIE” al fine di fornirealle famiglie con persone affette damalattie croniche e invalidanti tutte leinformazioni necessarie per affronta-re le difficoltà che sovente incontranonel far curare i propri famigliari dalServizio Sanitario.Non sempre i cittadini conosconoquali sono i lori diritti alle cure sanita-rie e non sempre i Servizi fornisconole dovute informazioni sulle leggi vi-genti.Nell’opuscolo vengono riassunte leprincipali norme sulle quali si basa ildiritto alle cure sanitarie, con partico-lare riferimento ai malati cronici nonautosufficienti ed alle persone grave-mente disabili.Inoltre vengono forniti i recapiti deiDifensori Civici e dalle Associazioni diVolontariato a cui è possibile rivolger-si per ottenere tutte le informazioninecessarie sulle procedure da segui-re per il rispetto del diritto alle curesanitarie.

Giacomo L.Vaccarino, LA FOLLIA RAP-PRESENTATA. Matti, degenerati e idiotinella letteratura e nell’arte figurativa italia-ne, Firenze Atheneum 2001, pagine 157.Pubblicato con il contributo della Regio-ne Piemonte e del CISO Piemonte.

Il tema della follia, già molto analizzato insede storiografica e nell’ambito dellescienze sociali, viene affrontato in que-st’opera da una prospettiva diversa è ab-bastanza originale, quella della produzio-ne letteraria ed artistica ottocentesca. Laletteratura e anche la pittura presentanouomini e donne che escono dalle regolemorali, sociali e politiche di una societàborghese ordinata e benpensante, aiquali vengono contrapposti personaggiben integrati, laboriosi, moderati, mogli emariti esemplari, senza grilli per la testa,senza sogni e passioni “esagerate”.Arte, scienza e senso comune, raffor-zandosi reciprocamente, denunciano intal modo la completa estraneità della fol-lia, la sua negatività di fronte alla razio-nalità della società borghese, la sua im-produttività di fronte all’etica del lavoro eall’economia del profitto, il disordine ar-recato dal pazzo contrapposto all’ordinesociale borghese.

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Sala CelliSala Celli18Promozione Salute

Correva l’anno 1947 quando incontrai il timido studente GigiResegotti nelle aule austere della Facoltà di Medicina e Chi-rurgia; non che io fossi meno timorosa di quanto saremmostati in procinto di affrontare.Fu una discreta e simpatica frequentazione di studio che allafine divise le nostre strade: Gigi divenne un valido Ematologocon una cultura internazionale, io un semplice Medico Inter-nista inserito in una struttura sanitaria dove si curavano pa-zienti affetti da malattie professionali, oltreché moglie e ma-dre, attività altrettanto gratificante e piena di soddisfazioni.Ma non solo questa fu l’attività di Gigi, che solo recentemen-te ho scoperto attraverso il suo delizioso libro “Ricordi di unEmatologo Gourmet”, presentato nel caldo ambiente dellaCIPES, accompagnato da un simpatico rinfresco preparatodalle sue esperte mani e geniali neuroni! Gradevole e piace-vole la lettura del libro del Nostro, in quanto disinvoltamentedescrive la sua vita di ricercatore alternata a quella di gour-met: esperto quindi ormai nella scienza medica e nella al-trettanto appassionante scienza gastronomica.Nutrirsi per l’uomo non significa semplicemente mangiare,gusto e piacere del cibo hanno un valore psicologico che le-ga l’alimentazione agli stati d’animo e allo stile di vita di cia-scuno.Prendendo in prestito un idea della saggezza popolare “Noisiamo quello che mangiamo”, il cibo diventa energia ma an-che pensiero.Concludo riportando qui uno scritto del grande PellegrinoArtusi, rivolto alla STAMPA dell’epoca (1897), poco inclinealla divulgazione, a quei tempi, di Edizioni culinarie: “Dun-que anche Lei, perché questo lavoro sa di STUFATO, sde-gna forse di prenderlo in considerazione? Sappia però e lodico a malincuore che con le tendenze al materialismo e aigodimenti della vita, verrà giorno e non è lontano che saran-no maggiormente ricercati e letti gli scritti di questa speciecioè di quelli che recano diletto alla mente e danno pascoloal corpo, a preferenza delle opere, molto più utili all’umanità,dei grandi scienziati!”

Maria Grazia Lunel Zaina

“L’amico ritrovato”

Luigi Resegotti, Ricordi di unematologo Gournet, DanielaPiazza editore

Da sinistra: Anna Provana,Ernesto Bodini,Luigi Resegotti,

Sante Bajardi

Molto opportunamente Sante Bajardi che conosce bene lagente, ha fatto stampare un opuscolo che verrà inviato a tuttii lettori di Promozione e Salute, in cui sono riportate le vi-gnette che ieri facevano bella mostra di se tutto intorno allaSala Celli e che nessuno dei numerosi intervenuti all’inaugu-razione della mostra ha degnato di uno sguardo. Ai vernissa-ges, si sa, si va per vedere e per farsi vedere. Vedere nonciò che viene esposto, ma gli ALTRI, e quanto è avvenutonella Sala Celli non ha fatto eccezione tanto più che gli AL-TRI, erano esponenti politici di primo piano che non si sonolimitati a portare il saluto “personale e dell’Istituzione che hol’onore di rappresentare” ma hanno cercato di calarsi nell’at-mosfera con commenti spiritosi sulla situazione del momento.La satira e l’ironia sono strumenti di promozione della saluteo di lotta politica a seconda di come vengono usati e ognunoli legge dal suo punto di vista. Ma certamente sono un effica-ce strumento di comunicazione e la scelta della CIPES è si-curamente stata una scelta felice. Castigat ridendo mores, di-cevano i romani e pochi più di loro avevano ragione di farlo.La CIPES non deve castigare i costumi, ma deve aiutare lepersone a ritrovare il loro valore anche in mezzo alle diffi-coltà, perché è questo l’empowerment e deve farsi voce dichi voce non ha, magari con una vignette centrata, perchéquesta è l’advocacy. Non ha deluso l’attesa Bruno Gamba-rotta sempre spiritoso, mai polemico, attento a promuoverela persona con un sorriso, capace di dare voce alle attese ditutti, anche a quella del buffet, molto apprezzato e gustoso,che ha concluso la riunione.Claudio Mellana ha condotto la riunione al cui successohanno contribuito largamente la Presidente Bresso e l’As-sessore Lepri. E sono sicuro che la sera molti avranno final-mente visto le vignette di cui si parlava, nella loro poltrona dicasa grazie all’opuscolo e le avranno apprezzate.

Luigi Resegotti

Allegri e longeviDisegni, vignette strisce umoristiche in mostraalla Sala Celli

Uno sguardosulla sala

Da sini-stra: Enri-co Chiara,MercedesBresso,ClaudioMellana,StefanoLepri, Bru-no Gamba-rotta

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Page 19: Prom. Salute n.1/2004 10-02-2004 14:37 Pagina 1 SalutePromozione Salute 3 La sicurezza stradale sta, faticosamente, diventando un pro-blema riconosciuto a tutti i livelli sociali;

Vita CipesVita CipesPromozione Salute

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Il nostro consueto “report” sulla promozione della salute edintorni è questa volta relativamente meno ricco di attivitàed iniziative per gli effetti della pausa natalizia e di fine an-no; elenchiamo come sempre schematicamente:• Martedì 25 novembre 2003, presso il SER.MI.G., su inizia-tiva dell’Associazione di Volontariato per l’Inserimento e laProfessionalità degli Handicappati (AVIPH), della RegionePiemonte, dell’I.P.S.S.C.T.S. “C.I. Giulio” si è svolto un con-vegno regionale dal titolo “Il disabile promotore di progressosociale: scelte politiche e strategie”; i lavori si sono articolatiin tre sessioni: “Disabilità e formazione culturale”, “Disabilitàe legislazione”, “Disabilità e strutture territoriali e socio-sani-tarie”. L’apertura del convegno è stata caratterizzata dai sa-luti di Giampiero Leo, Assessore alla cultura della RegionePiemonte, Don Giuseppe Trucco, Vicario Episcopale dellacittà di Torino, Luigi Catalano, Direttore Regionale MIUR, Er-nesto Olivero, presidente del Sermig; essendo impossibileriferire le numerose comunicazioni delle tre ricche sessionidi lavoro, sottolineamo gli interventi di Gianni Oliva, Asses-sore al Sistema Informativo educativo della Provincia di Tori-no, di Tiziana Nasi, Presidente regionale FISD (Sport disabi-li), di Paolo Ferrero, Presidente della Consulta delle personein difficoltà, di Stefano Lepri, Assessore ai Servizi socio-as-sistenziali di Torino; importanti esperienze sono state porta-te dai presidi Piero Nicosia, IPS Boselli, Marco Masuelli delGiulio, che ha anche presieduto la seconda sessione, LauraVercelli della Scuola media Manzoni e da numerosi Ammini-stratori locali della cintura torinese. Collateralmente al con-vegno la Rete di Associazioni “Un passo insieme” ha pre-sentato un progetto relativo alla realizzazione di un Centrodi formazione di gruppi operativi sulla disabilità e sulle op-portunità territoriali per la riabilitazione neuro-motoria.• Sabato 29 novembre 2003 su iniziativa del Comitato di ge-stione del Fondo speciale per il Volontariato in Piemonte,unitamente ai nove Centri di servizio provinciali per il Volon-tariato della nostra regione, si è svolto un convegno su: “So-stegno e promozione del Volontariato: un sistema articola-to”, in cui si è approfondito il ruolo e l’attività del Comitato edei Centri di servizio; particolare attenzione è stata dedicataai servizi, idee e progetti per il Volontariato, ai compiti delleFondazioni bancarie, ai rapporti Enti locali Volontariato edalle novità per il Volontariato emergenti dalla nuova leggeregionale “Norme per la realizzazione del sistema regionaleintegrato di interventi e servizi sociali” (legge applicativa del-la legge 328 Turco).• Martedì 2 dicembre 2003, la Polisportiva Marchesa in col-laborazione con la CIPES e la SUISM Torino (Scuola Uni-versitaria Interfacoltà di Scienze Motorie) ha tenuto un con-vegno su “Gli inconvenienti della terza età: i piccoli e grandimali del corpo non più giovane”; hanno relazionato Antonel-la Eskenazi, geriatra e fisiatra dell’Ospedale Maria Adelaide,Rosanna Macchiarulo, medico anestesista specializzato inagopuntura dell’Ospedale Giovanni Bosco, Piero Boscarato,maestro Shiatsu, ha moderato l’incontro Claudio Zignin, do-cente SUISM Torino.• Giovedì 4 dicembre 2003 una rappresentanza della CIPESha partecipato alla VII Conferenza dei Servizi dell’Asl 4 pre-sieduta dal Direttore Generale Dott. Giulio Fornero.• Mercoledì 10 dicembre 2003 presso il Centro CongressiTorino Incontra è stato presentato “Il piano dei servizi sociali2003-2006 della Città di Torino”, illustrato da Stefano Lepri,Assessore alla famiglia ed ai servizi sociali di Torino, Miche-le Paolino, Coordinatore dell’Assemblea dei Presidenti diCircoscrizione, Domenico Gallo, Presidente della IV Com-

missione consigliare permanente, Rappresentanti del TerzoSettore e Organizzazioni Sindacali, Dirigenti della DivisioneServizi sociali; sono intervenuti alla presentazione SergioChiamparino, Sindaco di Torino, il Vicesindaco Marco Cal-garo, Mariangela Cotto, Assessore alle politiche sociale del-la Regione Piemonte, Maria Pia Brunato, Assessore alla so-lidarietà sociale della Provincia di Torino.• Sabato 13 dicembre 2003 l’Associazione Arcobaleno On-lus, che si occupa di problemi connessi alle dipendenze edemarginazione ha presentato il proprio calendario “via deimatti numero 04”. Nella simpatica manifestazione, svoltasial Basic Village di Torino, sono state esposte le tavole origi-nali del calendario; i partecipanti sono stati allietati da unaperformance di danza organizzata da Mariachiara Raviola, iltutto si è concluso con aperitivo e caldarroste.• Mercoledì 17 dicembre 2003 la CIPES ha partecipato allaConferenza Stampa indetta dalla Provincia di Torino in cuisono state presentate le proprie iniziative nel campo dellaSicurezza stradale.• Giovedì 18 dicembre 2003 presso la Prefettura di Torino, inoccasione della presentazione del Rapporto annuale INAIL2002, sono stati illustrati i dati INAIL relativi al territorio pie-montese; tale evento è stato lo spunto per una riflessionesulla sicurezza nel mondo del lavoro e sulla collaborazionetra le Istituzioni interessate.• Giovedì 8 gennaio 2004 il gruppo torinese di Emergencyha promosso un affollato incontro pubblico al Teatro Nuovosul tema “Medici di guerra, inviati di Pace” con gli interventidi Gino Strada e Teresa Sarti. La CIPES e il CISO hannovolentieri collaborato alla diffusione della notizia dell’incon-tro.• Sabato 24 gennaio 2004, su iniziativa della ComunitàMontana Val Pellice unitamente al Centro CoordinamentoVolontariato Val Pellice e La Bottega del Possibile, si è svol-ta una giornata di lavoro sul tema “Costruire insieme un mo-dello di welfare locale: gli strumenti per lo sviluppo del terri-torio e del sistema de servizi”; i lavori sono stati condotti daFranco Dalla Mura, avvocato amministrativista ed esperto dipolitiche sociali. Nella seduta mattutina sono stati toccati al-cuni temi fondamentali, quali le politiche sociali ed il welfarelocale, la sussediarietà orizzontali nel sistema dei servizi, ilruolo degli Enti locali nel sistema dei servizi e degli interven-ti sociali. Nella seduta pomeridiana sono stati toccati temiprevalentemente gestionali, quali la distinzione tra i concettidi acquisto, esternalizzazione e sussidiarietà, le normativein tema di gestione dei servizi pubblici locali e le implicazioninel sociale con particolare riferimento ai Piani di Zona, il si-stema locale dei servizi e degli interventi sociali alla lucedella “legge Turco” e della relativa legge regionale applicati-va N° 1/2004.• Lunedi 26 gennaio 2004 il Servizio di Prevenzione e Sicu-rezza degli Ambienti di Lavoro dell’Asl 1 di Torino ha tenutoun seminario su “Analisi degli accadimenti infortunistici nellacittà di Torino negli anni 1999, 2000, 2001, 2002”. I lavori,articolatisi in numerose e qualificate comunicazioni, sonostati conclusi dal Direttore Regionale Mario Valpreda.Concluso il nostro excursus cronologico, vogliamo dare labuona notizia che il Centro Psicoanalitico di trattamento deimalesseri contemporanei offre accoglienza ed ascolto a ge-nitori ed educatori, medici, avvocati, operatori sociali, chesegnalino un disagio in relazione al mondo dell’infanzia, me-diante colloqui clinici, trattamenti psicoterapeutici, gruppi cli-nici, accoglimento e trattamento per il bambino affinché pos-sa dare voce alla propria storia. Più dettagliate notizie possono essere ottenute presso ilCentro stesso, Via Guastalla 13 bis Torino,tel. 0118170959, 0118158643,e-mail [email protected].

Beppe Cervetto

Asterischi di vita

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AssociazioniAssociazioni20Promozione Salute

Il 9 gennaio 1995 la Giunta Regionale del Piemonte, condeliberazione n. 41-4233, definì, tra le altre cose, i requisiti,minimi, strutturali e di personale delle RSA e delle RAF e sispinse oltre.Determinò anche quanto sarebbe stato il rimborso dovutoalle strutture, pubbliche o private, ovvero i costi a carico delSSN e dei cittadini.Così per una RSA fu prevista una tariffa giornaliera di150.000 Lire (pari agli odierni € 77,47) di cui Lire 91.000 acarico del SSN e 59.000 di quota a carico dell’assistito.Per le RAF la tariffa venne determinata in Lire 122.000 algiorno, ovvero € 63,01.A 9 anni di distanza le tariffe rimborsate non si discostanoda quelle cifre pur in presenza di modificazioni significativesia sotto il profilo delle spese correnti sostenute dalle IPAB,sia sotto il profilo della tipologia di ospiti oggi presenti nelleresidenze.Cosa è avvenuto in questi anni?Innanzitutto la spesa sanitaria nella nostra Regione chesembrava non dover avere freni si è scontrata con la durarealtà dei fatti e dei deficit delle ASL e ASO.Se una delle modalità di risparmio che le ASL hanno attuatoper rientrare dai deficit è stata quella di limitare il numerodei ricoveri di anziani nelle RSA e nelle RAF, l’altra è stataquella di bloccare la tariffa giornaliera a quella definite dallaDGR del 1995.Eppure da allora il contratto nazionale di lavoro dei dipen-denti delle IPAB, ovvero quello stesso dei dipendenti degliEnti Locali, è stato aggiornato per ben 4 volte e se la spesaper il personale incide, mediamente, per il 70% circa dellaspesa complessiva di ogni ente, si può immaginare quantociò abbia già pesato sui costi generali.Va da sé poi che anche le utenze, i beni e i servizi in questianni hanno subito rilevanti incrementi.Si può tranquillamente stimare tra il 20 e il 25% questamaggior spesa complessiva.Come hanno dunque fatto le IPAB pubbliche in questi anni asopravvivere?In parte erodendo, per chi ne disponeva, il patrimonio, inparte procrastinando sempre di più i pagamenti ai fornitori,quindi mascherando il deficit con una sorta di diluizione chenon può certamente reggere oltre un certo periodo.Alcuni hanno intrapreso la strada di subappaltare a coope-rative l’assistenza diretta, sia quella infermieristica che quel-la assistenziale.Certamente questa ultima scelta assicura un certo risparmiosulla spesa per il personale, in cambio però di una qualitànon certo brillante, anzi di una qualità incerta.La “flessibilità” del personale nel campo della cura alle per-sone è ormai accertato che riduce drasticamente la sogliadella qualità delle prestazioni erogate.E non perché il personale delle cooperative sia compostoda soggetti poco professionalizzati ma perché fruendo diuna retribuzione e di diritti normativi molto inferiori a quellidei dipendenti degli Enti locali, la mobilità tra loro è molto al-ta.In una certa misura è quello che accade per quanto riguar-da gli infermieri che non hanno interesse a lavorare, neppu-re come dipendenti, nelle IPAB, in quanto la retribuzioneche queste sono in grado di offrire, rispetto agli enti delSSN, è nettamente meno appetibile.Così nelle case di riposo per anziani, bisogna avere il co-raggio di dirlo, l’assistenza infermieristica è ormai pressochéaffidata a infermieri di nazionalità non italiana, che spesso

Ipab per anziani: unapolitica di corto respiro

parlano e comprendono con difficoltà l’italiano (proprio congli anziani!) o a infermieri che lavorano anche 16 ore al gior-no, con un livello di attenzione che si rappresenta da solo.E non vi è chi non comprenda l’importanza di avere perso-nale profondamente motivato a lavorare con gli anziani.Ma se le IPAB pubbliche sono in difficoltà pur non perse-guendo la logica del profitto come fanno le RSA e le RAFprivate a sopravvivere in un contesto così definito?È quello che incuriosisce ogni buon amministratore pubbli-co.Applicando rigorosamente, e non si vede perché non do-vrebbe essere così, le norme esistenti a fronte delle tarifferimborsate da ASL e cittadini, o Comuni in loro vece, non sicapisce come si possa, non dico guadagnare, ma non per-dere.Il dubbio è che gli amministratori pubblici delle IPAB, che va-le la pena ricordare non ricevono nessuna indennità per laloro attività, siano considerati amministratori di serie B aiquali non viene in realtà richiesto di amministrare i loro entima di traghettarli con un poco di buon senso, oltre alla indi-spensabile onestà, alla inevitabile estinzione degli enti.Ma per questo sono più che sufficienti i dirigenti, i responsa-bili della gestione ai quali non è chiesto di dare risposata al-le esigenze della collettività ma di gestire al meglio le risor-se esistenti.Sarebbe dunque importante avere qualche risposta da partedi chi, più bravo di noi, spighi come si possa amministrareoggi come le regole e le tariffe di 9 anni fa.Sarebbe anche interessante sapere l’esito dei controlli dellecommissioni di vigilanza nei confronti delle IPAB pubbliche enei confronti delle RSA e delle RAF private.Recenti, clamorosi, avvenimenti hanno fatto parlare chiara-mente i mezzi di informazione di “insufficienza” nei controllisulle strutture private che erogano prestazioni sanitarie.Comunque è del tutto evidente che siamo ormai giunti all’e-stremo della politica della lesina. Esauriti o quasi i patrimoni,le IPAB pubbliche dovranno innalzare bandiera bianca e gliamministratori non potranno far altro che consegnare lechiavi dei loro enti ai comuni i quali si dovranno accollarecosì i loro deficit, passati e futuri.Sarà la dimostrazione di come si sia perseguita una politicadi corto respiro.

Claudio Mellana, Presidente Opera Pia Lotteri

La KJ + (ONLUS) (Associazione di Volontari che si occupadi sostegno ai disabili visivi) con il Progetto “Viviamo megliola cecità” ha realizzato un’iniziativa rivolta ai famigliari dipersone non vedenti o ipovedenti. Oculisti, Psicologi, Gene-tisti, Pedagogisti ed altri esperti del settore, nel corso di unciclo di 6 seminari a partire dal 10 gennaio 2004 incontre-ranno le famiglie per aiutarle ad affrontare le difficoltà delrapporto. Gli incontri si svolgeranno il sabato con orario 15-18 e saranno conclusi da incontro finale nel mese di giugno2004.

L’associazione: KJ + (ONLUS) è formata da un gruppo di

KJ + O.N.L.U.S.

Viviamo meglio la cecitàCiclo d’incontri con i famigliari dei non vedenti

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AssociazioniAssociazioniPromozione Salute

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volontari che nel 2000 ha deciso di riunirsi in associazioneper aiutare il disabile visivo ad integrarsi più facilmente nellasocietà.Il principale scopo dell’Associazione è quello di sostenere ildisabile nella scoperta delle sue qualità, dei suoi talenti, delsuo reale potenziale e farlo divenire artefice consapevoledella propria vita, agevolandone fin dove è possibile la pie-na integrazione.La KJ + ha organizzato, in questi anni un corso di formazio-ne per tutti coloro che intendevano svolgere attività di volon-tariato in questo campo. Ha inoltre organizzato gite culturalio di puro svago, accompagnamenti individuali e presso uncorso di yoga rivolto a non vedenti ed ipovedenti. Questi ed altri progetti ancora sono stati possibili grazie alcontributo delle Istituzioni (Regione, Provincia e Comune)che hanno autorizzato e finanziato le varie iniziative.Sede operativa:C.so Monte Grappa 42Tel. 347 0570300 - 335 6608036

➯ Segue da pag. 20

Spesso il rapporto solidaristico, basato sul principio del do-no che si istaura tra volontari e persone in difficoltà, tendead assumere le caratteristiche di una relazione di aiuto e diassistenza. Questa cornice, in qualche modo sostenuta espesso rafforzata dalla propria organizzazione o dai servizipubblici con i quali, necessariamente, i volontari si devonorapportare, impedisce all’azione volontaria di uscire dalla lo-gica degli interventi disarticolati ed esclusivamente interper-sonali (volontario/persona in difficoltà).Se, viceversa, l’etica del dono viene intesa come etica dellareciprocità e della responsabilità che convive con i diritti dicittadinanza sociale, allora l’azione volontaria acquista unadimensione più ampia ed entra in un’ottica di lavoro di reteche valuta progettualità ed obiettivi, in termini di relazioni ed’impatto sull’insieme della comunità.E agire in una logica di lavoro di Comunità, significa favorirelo sviluppo di processi di crescita, individuali e collettivi incui i singoli, i gruppi e le stesse persone in difficoltà, posso-no più facilmente divenire risorsa per sé e per gli altri.Partendo da queste premesse e riconoscendo il valore dellaformazione come spazio indispensabile per conoscere, ri-cercare, costruire, il Centro di Servizi per il Volontariato,IDEA SOLIDALE, in collaborazione con l’ARCI, propone unpercorso di formazione sulla conoscenza e l’uso degli stru-menti del lavoro di comunità. L’obiettivo del corso è favorireil passaggio dei soggetti coinvolti a livelli più alti di autono-mia e di consapevolezza per costruire, attraverso i compor-tamenti quotidiani, contesti di vita più “sani” e solidali e rida-re un senso alla vita comunitaria.Il corso, rivolto a volontari del Terzo Settore e a cittadini attiviche operano o prestano il proprio servizio volontario nell’am-bito territoriale delle Circoscrizioni 9 e 10 di Torino e nei Co-muni di Moncalieri e di Nichelino, si terrà presso il Circolo M.Dravelli di Moncalieri, a partire da sabato 7 Febbraio 2004.Per le iscrizioni rivolgersi alla Segreteria di IDEA SOLIDALE– CESVOL Corso Novara 64 Torino (h. 9.00 – 17.00).Per ulteriori informazioni rivolgersi alla segreteria ARCINA,Via Cernaia 14 Torino, tel. 011/5613113 (h. 15.00 – 19.00);referente progetto: Emanuela Russo.

Maria Signorello

L’azione volontarianella comunità solidale

Sulla stampa Italiana:

La Sanità Pubblica all’ultimo stadio. Il sistema nazio-nale è a pezzi, dal letterale decadimento strutturale distrutture obsolete, insane e deprimenti alla mancanza dirisorse per un funzionamento minimo dei servizi. Ricer-ca nulla unico vantaggio ai privati.

L’Italia non manterrà gli impegni di Kioto: Avremmodovuto ridurre del 6,5% le emissioni di Gas, invece so-no aumentate del 7,3%, nella migliore delle ipotesi, sen-za peggiorare ulteriormente, nel 2010 produrremo lostesso tasso di inquinamento del 1990. I paesi ricchinon soni disposti a diminuire i profitti, ma vogliono im-porli ai Paesi Poveri. (È follia omicida e suicida). Iintan-to i ghiacci si sciolgono e il futuro sarà un alternarsi disiccità e alluvioni. (Giustamente ogni causa produce ilsuo effetto, quindi perché lamentarci?)

L’effetto serra spazzerà via un milione di specie, questaalmeno è una delle tante probabilità che gli studiosi stan-no valutando, e tutti, comunque, concordano su un pun-to: il cambiamento del clima globale è di gran lunga laminaccia più seria e urgente che incombe sull’umanità.

OMS: cresce il divario tra nord e sud del mondo inmateria di salute. Questo è quanto denuncia l’ultimorapporto annuale dell’OMS. Una bambina in Giapponeha speranza di vivere fino a 85 anni, in Sierra Leone fi-no a 36. Il decesso prima dei 5 anni è di 4 per 1000 inGiappone e di 303 per 1000 in Sierra Leone.L’AIDS ha inoltre ridotto di 20 anni la speranza di vita inAfrica. L’OMS ritiene urgente procedere alla ricostruzio-ne dei sistemi sanitari.

Più malati i veterani della guerra del Golfo. Questo èquanto ha verificato e pubblicato il British Medical Jour-nal. Sono necessari ulteriori approfondimenti ma, co-munque la sindrome del Golfo continua ad essere unamalattia vera, anche se sfuggente.

L’influenza quest’anno pare essere più “cattiva” delprevisto. Gli USA prevedono il doppio delle vittime e laFrancia ha già gli ospedali pieni. Ecco come distinguer-la da altri malanni di stagione. Secondo l’OMS devonopresentarsi contemporaneamente i seguenti sintomi:febbre superiore a 38°, ad esordio brusco, dolori mu-scolari o articolari, malessere generale, mal di testa,tosse e mal di gola.

AIDS allarme crescente. Aumento di casi sia tra eteroche omosessuali, ogni giorno 10 nuovi casi in Italia. Nelnostro Paese sono stati diagnosticati, nel primo seme-stre 2003, 848 casi. I casi di malattia conclamata dal1982 al 2003 sono 51.968. I decessi, per lo stesso pe-riodo, sono stati 33.564.I bambini malati fino a giugno 2003 sono 725.La maggior fonte di contagio sono i rapporti sessualinon protetti.

Un rapporto dell’UNICEF sulla situazione africana denun-cia che entro il 2010 saranno 20 milioni gli orfani da HIV.

Renata Simonotti

NEWS:

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Cipes CuneoCipes Cuneo22Promozione Salute

Il CONTESTO del PROGETTOIn seguito alla positiva esperienza della "Festa per il Ben-essere psichico" organizzata dall'Associazione "MenteInPa-ce" a Cuneo nel giugno 2003, imperniata sull'evento teatraleanimato dai volontari dell'Associazione, che ha coinvolto po-sitivamente e attivamente numerosi fruitori dei Servizi di Sa-lute Mentale dell'ASL 15 di Cuneo, si è voluto proseguire nelpercorso con un progetto teatrale che sta partendo proprioin queste prime settimane del 2004.Il progetto, che è stato patrocinato dalla CIPES Piemonteed è stato finanziato con i fondi del Centro di Servizi per ilVolontariato “Società Solidale”, è stato messo a punto par-tendo dalla considerazione che l'attività teatrale, in virtù del-le sue qualità formative, educative e socializzanti, è risultatacentrale e vincente per il raggiungimento dei principali obiet-tivi dell'Associazione MenteInPace: superamento dello stig-ma psichiatrico, sensibilizzazione intorno alla sofferenzaemozionale, attivazione di una rete che coinvolga l'interotessuto sociale e (soprattutto) le Associazioni di Volontaria-to, nell'ottica della formazione di nuovi volontari capaci di re-lazionarsi proficuamente con le persone psichicamente sof-ferenti.Pertanto l’Associazione MenteInPace, volendo utilizzare evalorizzare la risorsa interna costituita dai soci già formati ailinguaggi espressivi del teatro, con il progetto “Dire, Fare,Donare! Attori di solidarietà” ha inteso creare le condizioniaffinché anche altre persone (in particolare i propri soci),possano usufruire di un percorso formativo dimostratosi effi-cace nel favorire le capacità introspettive, socializzanti e re-lazionali della persona: qualità che sono indispensabili siaper affrontare e gestire il rapporto con la problematicità psi-chica sia per animare attività ricreative in un’ottica di ben-essere anche in contesti di disagio.Va sottolineato che, a tal proposito, l'Associazione MenteIn-Pace ha già coinvolto come suoi volontari alcune personeche soffrono o hanno sofferto emozionalmente: adeguata-mente formate, esse costituiscono una risorsa particolar-mente preziosa nell'affrontare ed aiutare altri a superare ilproblema della sofferenza psichica.

Il percorso è iniziato dunque nelle prime settimane di gen-naio 2004 e vede coinvolte circa 25 persone: alcune sonooperatori dei Servizi di Salute Mentale, altre sono fruitori de-gli stessi, altre ancora sono volontari, alcuni dei quali già for-mati (sono quelli individuati all’interno del progetto comeanimatori e come osservatori ma comunque partecipanti!),altre infine sono persone che affrontano per la prima voltal’esperienza di crescita umana e relazionale attraverso ilteatro. Sono questi ultime i principali destinatari del proget-to.Dalle fasi preliminari finora condotte e in base all’esito delprimo incontro teatrale, è già emerso quanto il progetto ab-bia fatto presa sul tessuto sociale cittadino, coinvolgendonumerosi giovani, soprattutto universitari, desiderosi di avvi-cinarsi all’arte teatrale, che confluiranno nel gruppo volonta-rio dell’Associazione MenteInPace.Tutto il lavoro è curato da Elena Cometti (ideazione, proget-

tazione e conduzione del laboratorio teatrale) e da PinaGonzalez (conduzione del laboratorio teatrale) con il qualifi-cato apporto dell’Associazione MenteinPace e la collabora-zione dei Servizi di Salute Mentale dell’ASL 15 di Cuneo, delCIPES, della Cooperativa Proposta 80 e dell’’Associazioneculturale e teatrale THEES. Dalla metà di gennaio alla metà di giugno 2004 è previstodunque il percorso formativo vero e proprio (fase teorico-pratica). Mentre dalla metà di settembre alla fine di dicem-bre 2004 avrà luogo la fase di allestimento scenico che daràesito alla rappresentazione teatrale nell'ambito della pro-grammazione annuale dell'Associazione (fase applicativa)Di seguito illustriamo sommariamente la strutturazione delprogetto “Dire, Fare, Donare. Attori di Solidarietà ”

I DESTINATARI del PROGETTOII progetto è destinato a:- soci dell'Associazione "MenteInPace" (gli utenti e gli ope-ratori dei Servizi di Salute Mentale, le persone che non han-no un rapporto diretto con i Servizi sopra citati ma che giàsi sono ampiamente coinvolte nella precedente iniziativadell'Associazione, con particolare attenzione agli studentidella Scuola Secondaria Superiore e dell'Università);- soci di altre Associazioni che concorrano al raggiungimen-to delle medesime finalità (per esempio quelli delle Associa-zioni che hanno collaborato alla "Festa per il Ben - esserepsichico": AICE, AVIS, CIPES, DIAPSI, THEES).

GLI OBIETTIVI GENERALI del PROGETTOIn generale si intende mettere in grado i destinatari, attra-verso un percorso introspettivo e socializzante, di approfon-dire e migliorare le proprie capacità relazionali e comunicati-ve nell'ottica di favorire l’incremento della qualità nella prati-ca dell'attività di volontariato.Si intende perseguire il raggiungimento di tale obiettivo at-traverso:1. miglioramento della qualità della relazione in un contesto

di disagio;2. acquisizione di competenze per gestire momenti di ani-

mazione sociale.

GLI OBIETTIVI SPECIFICI del PROGETTOSi tratta di obiettivi tesi soprattutto alla acquisizione di com-petenze di tipo comunicativo:• effettuare un percorso di autoconoscenza psico-fisica• favorire l'autoascolto• imparare ad ascoltare gli altri• aprirsi alla relazione con "l'altro"• formare un gruppo• imparare a esprimersi e a mettersi in gioco in uno spazio

protetto• proporsi come gruppo all'estemo e verificare, attraverso

una rappresentazione teatrale nel più ampio contesto so-ciale, le competenze acquisite

• favorire la collaborazione, il coordinamento e la condivisio-ne di principi fra realtà territoriali, in particolare il mondoscolastico, quello universitario e le associazioni che si oc-cupano delle tematiche affrontate dall'iniziativa proposta

• creare attenzione intorno al disagio psichico• sviluppare il dibattito inerente la diversità, l'alterità e la dif-

ferenza• favorire l'inserimento degli utenti dei servizi, attraverso

l'apporto dei volontari, nella realtà sociale circostante• superare il pregiudizio psichiatrico e incentivare la comuni-

cazione della sofferenza emozionale

I CONTENUTI FORMATIVI del PROGETTOIn considerazione degli obiettivi, questi sono i contenuti sucui si è cominciato a lavorare concretamente e su cui conti-nueranno a lavorare per alcuni mesi le 25 persone coinvolte

Dire, fare, donare!…..Attori di solidarietàL’Associazione “MenteInPace” avvia a Cuneo il progetto formativo per un teatro che sia veicolo di comunicazione tra "mondi diversi”, per un obiettivo che è comune a tutti: la solidarietà sociale

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Cipes CuneoCipes CuneoPromozione Salute

23nella formazione:• lavoro sul corpo• lavoro sulla voce• acquisizione di maggiore consapevolezza circa le proprie

capacità comunicative verbali e non verbali• potenziamento delle qualità e attitudini personali• acquisizione di maggiore fiducia in se stessi e sicurezza

nei rapporti interpersonali• sviluppo di capacità organizzative, mnemoniche e percetti-

ve• lavoro sulla concentrazione e sull'attenzione• accrescimento della consapevolezza di sé• espressione e riconoscimento delle proprie emozioni• lavoro sull'ascolto interiore e sull'ascolto degli altri• espressione personale al fine di superare la paura della

propria unicità ed originalità• accettazione di sé nella propria globalità (fisica, emotiva e

mentale)• dialogo fra identità differenti per arrivare alla reale cono-

scenza dell'altro• verifica pragmatica della diversità come norma

LA VALUTAZIONE del PROGETTOQuesti gli strumenti e gli indicatori che saranno utilizzati pervalutare il processo ed i risultati del progetto:- test preliminare e test di gradimento finale - interviste all’inizio, in itinere e finali;- schede di osservazione.- presenze e partecipazione- n° di volontari partecipanti al corso formativo che si attive-

ranno in una esperienza di animazione sociale

LE RISORSE ed i LUOGHI per realizzare il PROGETTOIl percorso formativo vede impegnati 7 operatori di cui 2 confunzioni di conduttori del laboratorio, almeno 2 con funzionidi animatori (personale già formato in precedenti percorsi dicui sopra), 2 con il ruolo di osservatori ed 1 addetto alla se-greteria amministrativa.Le attività formative si svolgono presso strutture comunali(palestra di Via Piave, 4 e Civico Teatro Toselli): l'Associa-zione ha infatti voluto individuare degli spazi al di fuori deiServizi di Salute Mentale, che fossero ben inseriti nellarealtà sociale cittadina, allo scopo di favorire l'integrazionesociale delle persone emozionalmente sofferenti.Articolo a cura di: Elena Cometti, Ugo Palomba, Mario Silve-stro, Maria Grazia Tomaciello. (recapito dell’AssociazioneMenteInPace: Cuneo, Viale Angeli n. 21 - 0171/66303)

"Il concetto di un ospedale comepromotore di salute non significache l'ospedale abbia cambiato lasua funzione principale da quellacurativa a quella di promuoverela salute, ma che ha incorporatonella propria cultura e nel lavoroquotidiano l'idea della promozio-ne della salute del suo personale,dei pazienti e delle loro famiglie"(dott.sa Mila Garcia Barbero).

Si è costituita in Cuneo una nuova associazione, che intendeoperare nell’ambito specifico del volontariato culturale. Nefanno parte un nutrito gruppo di operatori nel campo della pit-tura, del teatro, della scultura, della danza, della letteratura,della critica, della fotografia ecc. L’associazione ha preso simbolicamente il nome di MAGAUda un antico strumento agricolo, capace di scavare nella terraper prepararla alla fertilità.Magau intende infatti contribuire alla diffusione della culturanella nostra provincia, suscitando le capacità creative del cit-tadino. La cultura è intesa da Magau non solo come “sapere”,ma anche e soprattutto come capacità di “relazionarsi in mo-do nuovo con gli altri”. L’associazione desidera essere uno stimolo per migliorare irapporti dell’individuo con se stesso, quelli del cittadino con lasocietà e con l’ambiente. Magau esprime uno spirito laico, ma di una laicità orientataverso la solidarietà, l’aiuto reciproco, la comunità e la collabo-razione tra gli individui. Vuole essere attenta a cogliere i valorispirituali della nostra epoca per il progresso della comunità. La porta di Magau è aperta a tutte le persone di buona vo-lontà che hanno desiderio di esprimersi creativamente. Per informazioni e iscrizioni è possibile fare riferimento a Lu-ciano Jolly presso la sede provvisoria di Magau in via LuigiNegrelli 35 - Cuneo (tel. 0171- 634 573)

Nasce l’Associazione“Magau” il volontariatonel campo della cultura

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Page 24: Prom. Salute n.1/2004 10-02-2004 14:37 Pagina 1 SalutePromozione Salute 3 La sicurezza stradale sta, faticosamente, diventando un pro-blema riconosciuto a tutti i livelli sociali;

24Promozione Salute

BOLOGNA, MARTEDÌ 9 MARZO 2004PALAZZO D’ACCURSIO

CAPPELLA FARNESE, PIAZZA MAGGIORE, 6

8.45 Registrazione dei partecipanti9.15 Saluti autorità9.45 Le nuove metodologie di programmazione nel

campo della salute pubblica Giuseppe Cosenza,Direttore Comune di Bologna

10.00 Titolo (?) Gabriele Cavazza, Direttore sanitario, AUSL di Bologna

10.15 La Valutazione d’Impatto di Salute (VIS/HIA) Mar-co Martuzzi, Resp. Programma VIS - OMS Roma

10.30 Coffe Break11,00 Il Progetto Città Sane - OMS e la valutazione d’im-

patto di salute Fulvia Signani, Coordinatore Asso-ciazione ‘Rete Italiana Città Sane - OMS’

11.15 Il progetto PHASE OMS e CE Leah Janss Lafond,Project Manager, Progetto Phase, OMS Europa

11.30 Il significato della VIS/HIA nei Piani per la SaluteMarco Biocca Angelo Stefanini, Reg. Emilia-Roma-gna

11.45 Come tradurre la VIS/HIA nelle decisioni del go-verno locale: Intervengono: Paolo Pascucci, Abra-mo Guerra, Umberto Parisi, Alberto Caldana, Massi-mo Maria Molinari, Aldo Bacchiocchi, Maria Teresa

Fabbri, Sergio Cecotti,13.00 Sintesi degli elementi emersi Gian Paolo Salvioli,13.30 Lunch

Training di formazione sulla Valutazione d’Impatto di Salute

15.00 Il Manuale per l’applicazione della VIS/HIA delProgetto ‘PHASE’

16.00 Coffe Break 16.15 Esperienze nel contesto europeo ed italiano18.30 Sintesi dei lavori pomeridiani

Mercoledì 10 marzo 2004Oratorio S.Maria della Vita, Via Clavature, 8

(numero chiuso)

9.00 Un caso di applicazione: il libro bianco del Welfaredella Comunità Europea (momento esperienziale)

12.30 Conclusioni del momento formativo

Modalità d’iscrizione: è richiesto l’invio per fax 051.4293451o via e-mail: [email protected] il 20 febbraio 2004.La mattina del 10 è momento esperienziale a numero chiu-so, verranno privilegiate le iscrizioni di persone rappresen-tanti o legate a Comuni aderenti all’Associazione Rete Italia-na Città Sane - OMS.

TERZO MEETING NAZIONALEPOTENZA, 22, 23 APRILE 2004

PROGRAMMA

Gli investimenti per la salute, le politiche dei Comuni, i bisogni dei cittadini

22 aprile 20049.00 Saluti della Presidenza della Rete, del Responsabile

del Progetto Città Sane Europa e di Autorità Nazionali10.00 Città Sane nella politica della salute11.00 La salute è un guadagno? (Tavola rotonda)Pausa pranzo15.00 I fattori sociali determinano la salute15.30 Avvio sessioni parallele

- Profili di salute per Piani per la salute- Fonti informative per la salute (Centri di documen-

tazione, Osservatorio Nazionale)- Progetti di formazione per Città Sane - Esempi di progetti su popolazioni estese- Setting di salute: le Città, le Scuole, gli Ospedali- Comunicare la salute: nuovi linguaggi per nuovi

metodi

- Le buone pratiche: progetti a confronto18,00 Assemblea dell’Associazione

Gli strumenti per la salute23 aprile 20049.00 Restituzione in plenaria delle considerazioni delle

sessioni10.00 Pianificazione Urbana e Salute10.30 Pausa caffè10.45 La Valutazione d’Impatto di Salute (VIS)11.15 Un manuale per il Progetto Città Sane11.45 Dibattito12.30 Sintesi e conclusioni

Tempi per abstract: possono inviare abstract soggetti sia iscritti alla Associazio-ne Rete Italiana Città Sane-OMS che no entro il 29 feb-braio 2004 a [email protected] conl’indicazione della Sessione nella quale intendono presenta-re l’esperienza.La valutazione degli elaborati, inviati conformemente allaschema previsto, avverrà a cura della Coordinatrice e delComitato Tecnico della Rete

CONVEGNO NAZIONALE

CONOSCENZE PER LA DECISIONE:LA VALUTAZIONE D’IMPATTO DI SALUTE

CITTÀ SANE: COSTRUIRE LA GOVERNANCE PER LA SALUTE

Rete Italiana Città Sane - OMSAssociazione senza scopo di lucro

ASSOCIAZIONERETE ITALIANA CITTÀ SANE-OMS

Organizzazione Mondialedella Sanità

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