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DISCIPLINA: ECONOMIA AZIENDALE . I.T.S.E. AMMINISTRAZIONE FINANZA E MARKETING CLASSE V MODULI UNITA’ DIDATTICHE 1. LE IMPRESE INDUSTRIALI U.D.1. CARATTERI STRUTTURALI ED ORGANIZZATIVI U.D.2. LA GESTIONE U.D.3. IL SISTEMA INFORMATIVO U.D.4. LA CONTABILITA’ GENERALE ED IL BILANCIO D’ESERCIZIO 2. ANALISI, REVISIONE E CERTIFICAZIONE DI BILANCIO U.D.1. L’ANALISI PER INDICI U.D.2. L’ANALISI PER FLUSSI U.D.3. LA REVISIONE E LA CERTIFICAZIONE DEL BILANCIO 3. LA VALUTAZIONE DEL PATRIMONIO AZIENDALE U.D.1. I BILANCI STRAORDINARI U.D.2. LA VALUTAZIONE AZIENDALE IN MOMENTI STRAORDINARI 4. LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA ED IL CONTROLLO DELLA GESTIONE U.D.1. LA CONTABILITA’ DI GESTIONE U.D.2. PIANI E PROGRAMMI AZIENDALI 5. LE IMPRESE BANCARIE U.D.1. IL RUOLO DELLE BANCHE U.D.2. IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO U.D.3. LA GESTIONE DELLE IMPRESE BANCARIE U.D.4. LE OPERAZIONI DI RACCOLTA U.D.5. I FIDI BANCARI U.D.6. LE OPERAZIONI D’IMPIEGO

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DISCIPLINA: ECONOMIA AZIENDALE.

I.T.S.E. AMMINISTRAZIONE FINANZA E MARKETING CLASSE V

MODULI UNITA’ DIDATTICHE

1. LE IMPRESE INDUSTRIALI

U.D.1. CARATTERI STRUTTURALI ED ORGANIZZATIVI U.D.2. LA GESTIONE U.D.3. IL SISTEMA INFORMATIVO U.D.4. LA CONTABILITA’ GENERALE ED IL BILANCIO D’ESERCIZIO

2. ANALISI, REVISIONE E CERTIFICAZIONE DI BILANCIO

U.D.1. L’ANALISI PER INDICI U.D.2. L’ANALISI PER FLUSSI U.D.3. LA REVISIONE E LA CERTIFICAZIONE DEL BILANCIO

3. LA VALUTAZIONE DEL PATRIMONIO AZIENDALE

U.D.1. I BILANCI STRAORDINARI U.D.2. LA VALUTAZIONE AZIENDALE IN MOMENTI STRAORDINARI

4. LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA ED IL CONTROLLO DELLA GESTIONE

U.D.1. LA CONTABILITA’ DI GESTIONE U.D.2. PIANI E PROGRAMMI AZIENDALI

5. LE IMPRESE BANCARIE

U.D.1. IL RUOLO DELLE BANCHE U.D.2. IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO U.D.3. LA GESTIONE DELLE IMPRESE BANCARIE U.D.4. LE OPERAZIONI DI RACCOLTA U.D.5. I FIDI BANCARI U.D.6. LE OPERAZIONI D’IMPIEGO

MAPPA CONCETTUALE "MODULO 1"

LE IMPRESE INDUSTRIALI

ASPETTI STRUTTURALI

ASPETTI GESTIONALI

ASPETTI CONTABILI

Le principali classificazioni

La struttura Del patrimonio

Le strutture organizzative

Scritture d’esercizio

Le principali Scelte operative

I processi produttivi

I settori della gestione

Scritture di Fine periodo

La formazione del reddito

La contabilità generale

Il sistema informativo

Bilancio D’esercizio

MODULO 1

LE IMPRESE INDUSTRIALI

U.D.1 Caratteri strutturali ed organizzativi Le imprese industriali sono aziende di produzione diretta che attuano la trasformazione delle materie prime in semilavorati o prodotti finiti destinati allo scambio nel mercato. Tali imprese a differenza delle imprese mercantili, attuano sia un processo tecnico sia economico. I processi attraverso i quali si ottiene la produzione, ha subito nel corso degli anni notevoli trasformazioni in relazione ai continui progressi delle tecnologie che hanno portato a stili di vita diversi ed a richieste sempre più esigenti da parte dei consumatori. Le imprese industriali si sono via via adattate a queste mutevoli esigenze individuando delle linee di azione ben precise che possiamo così sintetizzare:

• continua innovazione tecnologica • orientamento della produzione al cliente • qualità totale • nuovi sistemi di gestione della produzione

Uno dei principali problemi che si pongono alla costituzione di un’azienda industriale è la sua localizzazione, ossia la scelta del luogo geografico dove ubicare la sede e/o le eventuali filiali in cui sarà attuata la produzione o la commercializzazione di un determinato prodotto. In considerazione di ciò occorre analizzare una serie di molteplici fattori che incideranno sulla gestione economica dell’impresa e che possiamo così riassumere:

• vicinanza dei mercati di sbocco e di approvvigionamento delle merci • personale qualificato • disponibilità di fonti di energia • infrastrutture adeguate • possibili finanziamenti pubblici • possibilità di reperire finanziamenti a basso costo • altro ancora

Tali fattori, occorre puntualizzare, sono di fondamentale importanza per la determinazione dell’avviamento aziendale, cioè della sua capacità reddituale. La struttura organizzativa di un’impresa industriale è costituita dalle singole funzioni aziendali, le quali sono espletate dagli organi ai quali sono assegnati dei

compiti, mansioni e posizioni ben precise nel rispetto di determinati rapporti gerarchici fra le varie unità organizzative le quali sono stratificate in vari livelli di autorità e di responsabilità. Le strutture organizzative più comuni sono:

• la struttura funzionale • la struttura divisionale • la struttura per matrice

La struttura funzionale è costituita da un modello organizzativo nel quale le attività sono raggruppate in base a funzioni aziendali omogenee (marketing, produzione, amministrazione, personale, ecc.). Tale struttura organizzativa non risulta di tipo gerarchico, ma si propone come un modello che adotta il principio della specializzazione e quindi l’assolvimento di compiti avviene in base alle specifiche competenze di ciascun organo aziendale. La struttura divisionale è adottata da aziende di grandi dimensioni, le quali hanno una diversificazione delle produzioni e/o delle aree geografiche in cui operano. Per tali imprese la direzione delle singole funzioni aziendali è affidata ad organi responsabili di una certa attività, area geografica, linea di produzione ecc.. Per tali ragioni essa risulta una struttura di tipo decentrata, in quanto le singole divisioni, sono dotate di autonomia operativa e la direzione preposta è responsabile della redditività della divisione stessa. La struttura per matrice è adottata da imprese di grandi dimensioni che operano su commessa o per progetti e che attuano una divisione per funzione e per progetto da realizzare. In tale struttura organizzativa, i singoli progetti, produzioni o commesse di lavorazione, hanno una gestione separata delle attività e degli organi che sono preposti alla sua realizzazione, pur mantenendo una direzione generale unica che garantisce il raggiungimento degli obiettivi primari aziendali. U.D.2 La gestione La gestione è l’insieme delle operazioni aziendali rivolte al perseguimento degli obiettivi aziendali. L’impresa industriale attua una serie di operazioni che possiamo così classificare:

• operazioni di finanziamento • operazioni di investimento • operazioni di trasformazione fisico-tecnica • operazioni di disinvestimento

La gestione può essere analizzata sotto l’aspetto economico, finanziario e tecnico. L’aspetto economico è relativo al sostenimento dei costi ed al conseguimento dei ricavi che influiscono sulla determinazione della redditività aziendale. L’aspetto finanziario è relativo al reperimento delle fonti di finanziamento a titolo di capitale proprio o di capitale dei terzi. L’aspetto tecnico si riferisce ai processi interni di trasformazione. Una delle problematiche relative alla produzione è relativa al perseguimento della flessibilità e dell’elasticità. Per flessibilità s’intende la capacità del sistema produttivo di adeguarsi in tempi rapidi a modifiche strutturali nella composizione dei prodotti per andare incontro alle mutevoli richieste del mercato. Per elasticità s’intende la capacità del sistema produttivo di adeguarsi in tempi rapidi a volumi produttivi diversi in relazione alle specifiche richieste del mercato. L’automazione dei processi di produzione è vista nell’ottica della flessibilità e dell’elasticità e persegue i seguenti obiettivi:

• diversificare la produzione • migliorare la qualità • aumentare la flessibilità e l’elasticità produttiva • rispondere in modo puntuale alle specifiche richieste del mercato

E’ comunque importante far notare che un elevato grado di automazione richiede ingenti investimenti ed elevate professionalità, per cui diventa fondamentale un’analisi attenta dei costi – benefici per individuare in modo corretto l’opportunità in termini economici di procedere ad operazioni che possono incidere in modo rilevante sulla redditività aziendale.

U.D.3 Il sistema informativo E’ l’insieme delle persone, dei mezzi e delle procedure con cui si attua la raccolta,l’elaborazione, lo scambio e l’archiviazione dei dati, allo scopo di ottenere un flusso organizzato di informazioni che gli organi aziendali possano utilizzare per assumere razionalmente le decisioni. Le scelte di investimento, soprattutto nelle grandi imprese, costituiscono delle scelte guidate: Le alternative sono spesso molteplici e non di rado celano il sostenimento di costi indiretti e di difficile preventivazione, sorge a tal proposito la necessità di reperire, prima di attuare l’investimento, tutti i dati necessari all’individuazione dei rendimenti attesi. Tali dati ci sono forniti dalla contabilità generale, dalla contabilità industriale, dalla programmazione, dal budget, dall’analisi degli scostamenti e dall’analisi di bilancio, per essere infine selezionati, sintetizzati e interpretati dal sistema informativo direzionale. Una scelta di investimento sbagliata può comportare la perdita dei rendimenti previsti e nei casi peggiori l’eliminazione del prodotto venduto sul mercato o addirittura cambiamenti strutturalmente rilevanti come la cessione di rami o di complessi aziendali. Attraverso una continua analisi dei costi è possibile raggiungere gli obiettivi prioritari preventivati, prefissati dalla programmazione e dal budget. L’analisi degli scostamenti ci permette di individuare tempestivamente il mancato raggiungimento degli obiettivi anche parziali e quindi di attuare tutte le azioni correttive che si ritengono idonee a ripristinare una condizione ottimale di efficienza gestionale.

U.D.4 La contabilità generale ed il bilancio d’esercizio La parte dell’economia aziendale che si occupa della rilevazione delle operazioni di gestione prende il nome di contabilità e se questa si riferisce alle operazioni di gestione compiute durante l’esercizio, prende il nome di contabilità generale. La contabilità generale occupa un posto intermedio fra il controllo preventivo e il controllo consuntivo della gestione. La contabilità generale infatti serve per annotare le operazioni di gestione man mano che queste sono compiute attraverso la rilevazione di movimenti di valori finanziari ed economici. La rilevazione può avvenire in ordine cronologico o sistematico negli strumenti della contabilità generale che sono fondamentalmente:

• il libro giornale su cui si registrano in ordine cronologico, tutte le operazioni di gestione

• il mastro su cui si rilevano in modo sistematico le operazioni di gestione • il piano dei conti che è costituito da un elenco con codifica aperta di tutti i

possibili conti che interessano una specifica impresa.

Sui libri contabili le rilevazioni aziendali sono annotate sia durante l’esercizio (scritture di esercizio) che alla fine del periodo amministrativo (scritture di assestamento). Le scritture di esercizio rilevano i fatti aziendali che si sono svolti durante il periodo amministrativo, viceversa le scritture di assestamento integrano e rettificano opportunamente costi e ricavi, elementi attive passivi del patrimonio al fine di determinare il reddito dell’esercizio e di rappresentare il patrimonio di funzionamento. Queste ultime informazioni sono contenute in un documento contabile che prende il nome di bilancio d’esercizio. Il bilancio d’esercizio può definirsi come quel procedimento tecnico contabile di determinazione e di rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria a fine esercizio e dei risultati economici prodotti dalla gestione. Il bilancio d’esercizio è disciplinato dagli articoli 2423 e seguenti del Cod.civ., mentre fiscalmente non è redatto un bilancio apposito ma in sede di dichiarazione dei redditi occorre trasformare il redito contabile in reddito fiscale mediante la stesura di un quadro predisposto a tal fine. Il bilancio quale documento consuntivo, assolve a funzioni conoscitive e di controllo svolgendo un’importante funzione per i terzi che mediante la stesura di un “quadro fedele” rappresenti in modo chiaro e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria d’impresa nonché il risultato economico conseguito. Affinché il bilancio risponda agli obiettivi di funzione informativa la sua redazione deve seguire i principi contabili che dovranno essere tenuti presente nell’interpretazione delle quantità economiche e finanziarie in esso contenute.

I principi generali che regolano la redazione del bilancio sono:

• chiarezza (intelligibilità) • neutralità (imparzialità delle informazioni in esso contenute) • competenza economica (attribuzione dei costi e ricavi all’esercizio stesso) • prudenza (i costi anche se solo previsti possono essere imputati, i ricavi

possono essere rilevati solo se effettivamente conseguiti) • criterio del costo (quale criterio base per la valutazione dei valori patrimoniali) • la comparabilità dei bilanci fra più esercizi • la costanza nell’applicazione dei criteri di valutazione • la valutazione separata (che preclude la possibilità di inserire voci eterogenee

in uno stesso gruppo di bilancio)

Il bilancio d’esercizio si articola in tre documenti inscindibili che sono: lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa rispettivamente disciplinati dagli articoli 2424 – 2425 – 2427 del Cod. civ.. Il bilancio è accompagnato dalla relazione sulla gestione redatta dagli amministratori e tende ad illustrare l’andamento della gestione aziendale nel suo complesso. Altro documento di bilancio è la relazione del Collegio Sindacale mediante la quale tale organo riferisce all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sulla tenuta della contabilità nel rispetto della disciplina giuridica, fiscale e dei corretti principi contabili. Se la società ha azioni quotate in borsa, altro documento accompagnatorio che completa il sistema informativo di bilancio è la relazione di certificazione rilasciata da società di revisione al fine di accertare l’attendibilità dei valori di bilancio e la corrispondenza fra i documenti contabili e le valutazioni in esso contenute. Le società quotate sono inoltre soggette al controllo operato dalla CONSOB che ove ritenga non sufficienti le informazioni di bilancio al fine di una rappresentazione corretta e veritiera della realtà aziendale, può richiedere informazioni complementari tra cu il rendiconto finanziario e il prospetto delle variazioni intervenute nelle voci del patrimonio netto. L’articolo 2426 del cod. civ. individua i criteri di valutazione tra cui risultano rilevanti il criterio del costo quale limite massimo per le valutazioni di immobilizzazioni, rimanenze di magazzino e titoli, mentre per le partecipazioni è previsto il criteri alternativo del patrimonio netto, che consiste nella valutazione di tali titoli in misura percentuale rispetto al patrimonio netto della società emittente in base all’ultimo bilancio regolarmente approvato. In particolare le immobilizzazioni sono inscritte in bilancio al costo di acquisto o di produzione sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio tenendo conto della loro residua possibilità di utilizzazione secondo la predisposizione dei piani di ammortamento. In base ai principi di prudenza e di competenza, se i costi d’impianto, ampliamento, ricerca, sviluppo e pubblicità erogano utilità nell’ambito di un singolo esercizio, vanno imputati a tale esercizio quali costi di competenza, viceversa saranno

ammortizzati a quote costanti entro un termine massimo di cinque anni, sempre dietro consenso del Collegio Sindacale. L’avviamento inserito in bilancio con il consenso del Collegio Sindacale, può essere iscritto se e solo se è stato sostenuto un costo a suo titolo e sarà ammortizzato entro un termine massimo di cinque anni. Le rimanenze riguardanti materie prime, prodotti in corso di lavorazione, semilavorati, prodotti finiti, merci e titoli che non costituiscono immobilizzazioni, devono essere valutate in base al minor valore fra il costo di acquisto o di produzione ed il valore di presunto realizzo sul mercato. I beni fungibili, invece, sono valutati con il metodo della media ponderata, del LIFO o del FIFO. Se tale valutazione risulta discostarsi in modo apprezzabile dai valori correnti di mercato, tale differenza va indicata nella nota integrativa al fine di far trasparire eventuali riserve occulte.

MODULO 2

ANALISI, REVISIONE E CERTIFICAZIONE DI BILANCIO U.D.1 L’analisi per indici (la rielaborazione) Il bilancio d’esercizio redatto dagli amministratori assolve principalmente ad una funzione di rendiconto della gestione. La vecchia normativa non prevedeva chiare tavole di sintesi che invece sono state prese in considerazione con l’attuazione della IV direttiva CEE al fine di migliorare la capacità informativa dei bilanci pubblicati. I bilanci precedenti presentavano valori di contenuto non omogenei e quindi era necessario procedere alla rielaborazione del bilancio per ottenere maggiori informazioni sulla situazione economica e finanziaria d’azienda. Il nuovo bilancio dà maggiore chiarezza ma non elimina la necessità di procedere ad ulteriori riclassificazione in funzione di diversi scopi conoscitivi. Lo stato patrimoniale attraverso un prospetto a sezioni divise contrappone gli impieghi alle fonti. Le attività sono classificate tenendo conto della destinazione degli impieghi e le passività in base alla provenienza delle fonti. Per il conto economico si è abbandonata la configurazione a “costi, ricavi e rimanenze” per passare alla configurazione a “valori e costi della produzione” redatta con prospetto a forma scalare. Tale configurazione richiede il calcolo di alcuni risultati parziali non sempre di facile interpretazione e non coincidente con i concetti di margini parziali elaborati dalla dottrina, è appunto per questi motivi che rimane la necessità di procedere alla rielaborazione di bilancio. Attraverso l’analisi di bilancio possiamo ottenere informazioni:

1. relative alla capacità reddituale 2. relative alla consistenza patrimoniale 3. relative alla solvibilità 4. relative allo studio dei flussi patrimoniali e reddituali nel tempo 5. relative all’idoneità a raggiungere gli obiettivi formulati nei piani.

Commento alla rielaborazione dello stato patrimoniale Il criterio di rielaborazione dello stato patrimoniale, contrappone gli impieghi alle fonti considerando la capacità di divenire rispettivamente liquide ed esigibili nei successivi dodici mesi: Si parla a tal proposito di “criterio finanziario” di classificazione. Gli impieghi sono divisi in capitale fisso relativi ad investimenti di durata superiore all’anno, e capitale circolante relativo ad investimenti di durata inferiore all’anno. Il passivo è distinto in capitale proprio, espressione del capitale di rischio, e da capitale dei terzi, espressione dei debiti di finanziamento e di funzionamento. La distinzione fra indebitamento a breve termine e indebitamento a medio e lungo termine, agevola le analisi di solvibilità e di solidità aziendale. La

distinzione fra attività immobilizzate e attività a breve fa riferimento a una liquidità di funzionamento e non derivante da processi di liquidazione totale o parziale dell’azienda stessa. Commento alla rielaborazione del conto economico Il conto economico può essere rielaborato con varie configurazioni, ciò nonostante esiste sempre una netta separazione fra gestione tipica e gestione extra – caratteristica. La gestione tipica fa riferimento all’area della scelta relativa al processo produttivo del settore nel quale opera l’azienda, con particolare riguardo ai processi di acquisizione, trasformazione e scambi della produzione aziendale. La separazione della gestione tipica dalla gestione extra – caratteristica si prefigge di isolare gli effetti delle politiche finanziarie e patrimoniali sulla redditività dell’impresa e di evidenziare i riflessi di operazioni non ricorrenti sui risultati indicati in bilancio. Il processo produttivo d’impresa permette di recare incrementi di valore ai beni e servizi impiegati nella produzione. Tale maggiore valore prende nome di valore aggiunto. Matematicamente esso è determinato dalla differenza tra i ricavi ed i costi dei beni e servizi impiegati nella produzione. Se dal valore aggiunto detraiamo i costi del personale otteniamo il margine operativo lordo (MOL) che rappresenta l’indicatore di redditività lorda della gestione prima dell’imputazione degli ammortamenti. Sottraendo dal MOL gli ammortamenti otteniamo il reddito operativo indicatore del livello di economicità della gestione, e che rappresenta anche la quota di risultato disponibile per la remunerazione del capitale finanziario sia esso proprio che dei terzi. Detraendo ancora il risultato della gestione finanziaria e patrimoniale otteniamo il reddito della gestione corrente che al netto di tutti quegli elementi di costo e ricavo che non hanno carattere di ricorrenza e normalità (gestione straordinaria), otteniamo il risultato al lordo delle imposte. Detraendo infine le imposte otteniamo l’utile d’esercizio. Gli indici di bilancio L’analisi di bilancio può essere condotta sia per indici sia per flussi, ma occorre innanzi tutto che i bilanci oggetto di analisi siano stati revisionati al fine di disporre di dati sufficientemente attendibili nel rispetto dei corretti principi contabili. E’ necessario inoltre, come abbiamo già detto, procedere alla rielaborazione finanziaria dello stato patrimoniale e alla rielaborazione del conto economico in forma progressiva. Dopo avere attuato ciò è possibile partendo dall’analisi dei dati di bilancio attuare l’interpretazione prospettica che persegue l’obiettivo di formulare giudizi di normalità, di efficienza e di rischio al fine di formulare previsioni

attendibili sulla futura gestione aziendale. Procedendo all’attuazione dell’analisi per indici è possibile raggruppare tali indici in tre categorie:

1. indici di andamento 2. indici di composizione 3. indici di rapporto

Gli indici di andamento servono per pianificare la dinamica temporale delle grandezze (TREND). Il confronto fra le variazioni che tali grandezze assumono nel tempo è indicatore delle politiche seguite e dell’efficienza e dell’efficacia degli interventi adottati. Gli indici di composizione esprimono l’incidenza in percentuale di ciascun elemento del patrimonio rispetto al totale degli investimenti e dei finanziamenti permettendo di attuare un quadro di sintesi sull’equilibrio fra attività e passività. Riferiti al conto economico esprimono l’incidenza delle varie classi di costi e dei risultati intermedi in percentuale rispetto al fatturato e al valore della produzione. Gli indici di rapporto fra valori di bilancio indicano la proporzionalità o meno tra le singole voci, consentendo di formulare apprezzamenti sulla gestione reddituale corrente e finanziaria d’impresa. In relazione all’oggetto d’informazione distinguiamo gli indicatori di struttura, di redditività, gli indici finanziari e di liquidità. Gli indici di struttura sono relativi al capitale circolante netto, al margine di tesoreria e al margine di struttura. Il C.C.N. è la differenza fra le attività a breve e le passività a breve. Esso esprime un’importante condizione di equilibrio finanziario, patrimoniale nel breve periodo in quanto riflette le scelte imprenditoriali in relazione alle fonti di finanziamento reperite per finanziare gli investimenti aziendali. Se il C.C.N. risulta maggiore di zero significa che l’impresa ricorre a fonti permanenti per finanziare l’attivo immobilizzato e anche una parte del circolante. Se il C.C.N. risulta negativo, negativa risulta la situazione finanziaria e patrimoniale, in quanto rileva la copertura dell’attivo immobilizzato anche con fonti finanziarie a breve termine, In generale si può affermare che diminuzioni del C.C.N. sono da attribuirsi ad investimenti a capitale fisso mediante liquidità, indebitamenti a breve per investimenti di fattori produttivi a lungo, svalutazioni delle rimanenze. Aumenti del C.C.N. sono invece generalmente riconducibili a situazioni come disinvestimenti, rimborsi di debiti a breve, aumenti di mezzi propri e autofinanziamenti. IL MARGINE DI TESORERIA si ottiene dalla differenza tra le disponibilità liquide e le passività correnti. E’ indicatore della liquidità d’impresa considerando valori monetari e creditizi ed escludendo le scorte di magazzino. In caso di valori negativi

l’equilibrio finanziario verrà a dipendere dalla capacità aziendale di sostituire le fonti a scadenza con altre e soprattutto dalle prospettive future. Non sempre infine se il margine assume valori positivi, le condizioni sono favorevoli infatti, la formazione di notevoli risorse liquide può essere dovuta ad una mancata espansione della liquidità. IL MARGINE DI STRUTTURA si ottiene dalla differenza tra il capitale netto e le immobilizzazioni nette. Il margine di struttura negativo in presenza di valori positivi del capitale circolante netto, significa ricorso all’indebitamento a medio e lungo termine per la copertura degli investimenti durevoli. Il margine di struttura positivo esprime quindi la possibilità dell’azienda di ricorrere a nuovi finanziamenti per l’espansione dell’attività. Il margine di struttura negativo esprime spesso sintomo di squilibri finanziari per insufficienza di mezzi propri, situazione che potrebbe compromettere anche l’equilibrio economico. Per quanto invece attiene agli indici di redditività bisogna analizzare il conto economico. Esso permette di individuare il risultato netto dell’esercizio e una serie di risultati parziali come il margine operativo lordo ed i reddito operativo, sia in valore assoluto sia in valore percentuale rispetto ai ricavi netti di vendita o al valore della produzione. Il R.O.E. esprime la redditività del capitale proprio ottenuto dal rapporto fra reddito netto e capitale proprio, tale indice esprime l’efficienza globale di tutte le scelte imprenditoriali, sintetizza l’efficacia della gestione aziendale ed individua la remunerazione degli investimenti attuati in azienda. Il R.O.E. dipende dalla redditività del capitale investito, dall’indice di indebitamento e dal tasso di incidenza della gestione extra – caratteristica. Altro indice è quello della redditività del capitale investito (R.O.I.), indicatore di efficienza e di efficacia con la quale si sono gestiti i singoli settori aziendali. E’ un indicatore di economicità globale, vale a dire delle capacità di sfruttare, attraverso politiche di gestione appropriate, gli investimenti al fine di produrre un flusso di reddito adeguato alle risorse impiegate. Esso è determinato dal rapporto fra il risultato operativo e il totale degli investimenti e risulta influenzato dall’inflazione e dalle politiche di ammortamento. Infatti ammortamenti accelerati si riflettono sia sul reddito operativo sia sul capitale investito. L’indice di indebitamento sarà preso in esame successivamente in relazione all’analisi finanziaria d’impresa. Il TASSO D’INCIDENZA DELLA GESTIONE EXTRA – CARATTERISTICA esprime invece l’onerosità dell’indebitamento ed è utilizzato per illustrare gli effetti delle scelte finanziarie sulla redditività netta dell’azienda. Esso è determinato dal rapporto fra il reddito netto ed il reddito operativo e risulta frequentemente minore di uno, per effetto del costo del denaro (i) che tende ad assorbire i risultati operativi al margine operativo. A sua volta il R.O.I. è influenzato dalla redditività sulle vendite (R.O.S.) e dalla rotazione degli impieghi.

Il R.O.S. individua la capacità aziendale di conseguire volumi di vendita a prezzi adeguati alla copertura dei costi sostenuti. Tale redditività è data dal rapporto tra il reddito operativo ed i ricavi netti di vendita. Esso sintetizza l’efficienza e l’efficacia delle operazioni di acquisto, di produzione e vendita. Molti sono i fattori che lo influenzano tra cui variazioni nelle vendite e nei costi di produzione che se non compensati si riflettono sul reddito operativo. Aumenti delle vendite accompagnati da aumenti meno che proporzionali del reddito operativo individuano una situazione negativa nella quale i costi per la produzione aumentano più di quanto aumentano i ricavi, per cui risulta eccessivamente oneroso aumentare la produzione. L’effetto combinato del R.O.S. con la ROTAZIONE DEGLI IMPIEGHI, determinato quest’ultimo dai ricavi di vendita sul capitale investito, evidenzia che eventuali valori insoddisfacenti del RO, potrebbero dipendere da un volume di vendite insufficienti rispetto alla capacità produttiva degli impianti e al volume degli investimenti e al volume degli investimenti effettuati per attuare le vendite stesse. Prendendo in esame l’analisi della struttura finanziaria si considera anzitutto IL TASSO DI INDEBITAMENTO (LEVERAGE) al fine di studiare il contributo dato dal capitale proprio agli investimenti aziendali. Esso è dato dal rapporto fra il capitale investito e il capitale proprio ed indica il livello di indebitamento ed in questo senso consente di valutare la proporzionalità fra il capitale di rischio e il capitale di credito. Esso esprime quindi un certo grado di rischio inerente agli investimenti finanziari, sia per i soci sia per i finanziatori esterni. In questo senso si chiarisce il concetto di leva finanziaria in relazione agli effetti positivi o negativi sulla redditività aziendale in presenza di determinati livelli di costo dell’indebitamento e di redditività di capitale investito. Il giusto rapporto di proporzionalità tra il capitale proprio e dei terzi dipende da molteplici fattori come la redditività aziendale, la variabilità dei risultati, le condizioni generali dell’impresa, dal costo del denaro e dalla scadenza dei debiti, per cui si può concludere che tale indice non può essere determinato a priori, ma si può affermare che in media un indice superiore a tre evidenzia un eccessivo indebitamento. Altri indici da prendere in esame per l’analisi finanziaria sono quelli che rispecchiano il grado di solidità patrimoniale, in particolare il margine di struttura già preso in esame e L’INDICE DI COPERTURA GLOBALE DELLE IMMOBILIZZAZIONI, dato dal rapporto tra il capitale permanente e le immobilizzazioni. Esso integra le informazioni del margine di struttura e del C.C.N., in quanto indica quanta parte degli investimenti durevoli sono finanziati con debiti a medio e lungo termine unitamente al capitale di rischio. Se tale indice risulta maggiore di uno, pur evidenziando una situazione di equilibrio, occorre comunque valutare se le condizioni di onerosità dei debiti consolidati sono coerenti con i livelli di redditività e di rischio presentati dall’azienda a rimborsare tali finanziamenti consolidati. Considerando infine l’analisi della liquidità, è possibile studiare la solvibilità aziendale cioè la capacità di far fronte agli impegni finanziari di prossima scadenza.

Il primo indice da prendere in esame è l’INDICE DI LIQUIDITA’ CORRENTE, dato dal rapporto fra attivo circolante e passività correnti. Tale indice serve per valutare la solvibilità aziendale nel breve andare. La necessità di ricorrere ad un’indicatore di tal genere risulta molto importante, infatti tutte le scelte aziendali sia di tipo economico che finanziario, sono collegate alla liquidità esistente. Tale indice risulta comunque poco significativo in quanto, nell’attivo circolante sono ricomprese le rimanenze e per talune imprese queste ultime hanno lunghi cicli di realizzo in termini di liquidità. Tale problema è risolto dall’INDICE DI LIQUIDITA’ SECONDARIO (INDICE ACIDO), dato dal rapporto tra attivo circolante al netto delle rimanenze e le passività a breve. Esso misura l’equilibrio fra le attività e le passività a breve riferite solo a valori monetari e creditizi ad esclusione delle scorte. Infine è possibile considerare l’INDICE DI LIQUIDITA’ PRIMARIA (indice secco) dato dal rapporta fra le disponibilità liquide e i debiti di prossima scadenza. Tale indice esprime la capacità aziendale a far fronte con i valori monetari disponibili ai debiti scadenti nell’arco di pochi giorni individuando la solvibilità aziendale in un dato istante e facendo fronte al problema sollevato sul significato dell’indice di liquidità secondaria che prendendo in esame le passività a breve, considera una solvibilità aziendale in un arco temporale sicuramente più esteso e quindi meno significativo.

U.D.2 Analisi di bilanci per flussi Le imprese che operano in un determinato mercato devono attuare un sistema di scelte al fine di affrontare i calcoli di convenienza che sono costituiti da metodi e procedure necessarie per formulare scelte d’investimento oculate. La logica di tali sceltesi basa sulla loro economicità e cioè:

1. sull’attitudine dell’impresa a realizzare l’autosufficienza economica 2. nell’attitudine dell’impresa ad attuare un’adeguata autocopertura finanziaria

degli investimenti

Per autosufficienza economica si intende la capacità dell’impresa di remunerare tutti i fattori della produzione senza compromettere le condizioni di sviluppo. Per adeguata copertura finanziaria si intende la capacità di far fronte in ogni istante al fabbisogno finanziario generato dalla gestione. Essendo l’impresa un sistema socio-economico preordinato al raggiungimento di determinati obiettivi, essa risulta operante in un sistema di mercato che tende ad influenzare il suo stesso operato. Nel mercato si vengono così a formare vari gruppi di interesse, che formulando delle attese nei confronti dell’impresa esigono informazioni di carattere patrimoniale, economico e finanziario. Il bilancio d’esercizio raggiunge in parte tali obiettivi in formativi che tuttavia per le imprese di grandi dimensioni quotate in borsa non risultano sufficienti per cui il bilancio deve essere corredato da prospetti supplementari indispensabili per una maggiore completezza delle informazioni. Tali documenti sono costituiti da prospetti di riclassificazione di bilancio, dal prospetto delle variazioni del patrimonio netto e dal rendiconto finanziario. Il rendiconto finanziario è un documento contabile informativo che mette in evidenza le variazioni dei fondi (flussi finanziari) avvenute nell’esercizio per effetto delle operazioni aziendali. L’analisi per flussi evidenzia la dinamica finanziaria richiedendo l’applicazione di tecniche particolari per l’individuazione delle fonti di finanziamento e la loro relativa destinazione negli impieghi. Il rendiconto finanziario è quel prospetto che esamina tali flussi evidenziandone le cause che li hanno generati. L’analisi finanziaria può essere condotta alla interpretazione dei flussi di capitale circolante netto e dei flussi di liquidità, redigendo quali prospetti riepilogativi i relativi rendiconti finanziari. Tale documento risulta quindi molto significativo ai fini informativi sia per i soci sia per i terzi comunicando apprezzabili informazioni sul contributo della gestione alla formazione dei debiti per TFR, sulla destinazione degli utili, sugli investimenti e sulle fonti di finanziamento reperite a tal fine. Al fine della redazione del rendiconto finanziario è necessario disporre di:

1. due stati patrimoniali comparati

2. il conto economico dell’esercizio considerato 3. informazioni integrative desumibili dalla relazione degli amministratori.

Dall’analisi di tali documenti e dalla rielaborazione dei dati in essa contenuti si predispone il foglio di lavoro, documento necessario per la compilazione successiva del rendiconto finanziario. Tale documento si compone di tre prospetti. Il primo prospetto esamina i flussi che si riferiscono alle fonti delle risorse finanziarie e alle loro modalità di impiego. Se le fonti risultano maggiori degli impieghi la gestione ha generato nuovi mezzi finanziari per l’esigenza di breve periodo, viceversa tali mezzi finanziari risultano assorbiti dalla gestione aziendale. Nel secondo prospetto sono rappresentate le variazioni intervenute nei singoli elementi che costituiscono il capitale circolante netto. Dall’analisi delle singole voci relative all’attivo circolante e alle passività correnti si evincerà un aumento o una diminuzione del capitale circolante netto, in relazione ad aumenti o diminuzioni di gruppi che lo compongono. Nel terzo prospetto sono riportate tutte quelle voci che non comportano variazioni del capitale circolante netto. U.D.3 La revisione e la certificazione del bilancio Per revisione si intende una procedura di controllo totale o parziale della contabilità aziendale. Essa consiste infatti in quel complesso di operazioni volte ad accertare la correttezza delle rilevazioni contabili, l’affidabilità e l’attendibilità delle informazioni desumibili dalla contabilità generale e dal bilancio d’esercizio. La necessità di operare in tal senso scaturisce dal fatto che il bilancio esprime un’informazione rilevante per il mercato ed il risparmiatore che ha investito in azioni quotate, nonché per i terzi creditori che trovano in esso una misura di garanzia patrimoniale. La certificazione di bilanci consiste i un giudizio professionale riguardante l’attendibilità del bilancio in conformità a riconosciuti principi contabili, alla normativa civilistica e alle disposizioni fiscali i materia. Al giudizio di certificazione si perviene attraverso la complessa procedura di revisione dei conti che mira attraverso un’analisi puntuale ad accertare il processo di formazione del bilancio. La revisione può riguardare sia l’intera contabilità aziendale sia una parte di essa e può essere svolta sia da soggetti sia operano all’interno dell’azienda sia da componenti del collegio sindacale che da soggetti esterni rappresentati dalle società di revisione. La revisione interna o auditing interno consiste normalmente in un controllo delle scritture elementari arrivando difficilmente alla revisione del bilancio d’esercizio. Essa ha lo scopo di ispezionare il lavoro svolto nelle diverse sezioni aziendali evidenziando eventuali disfunzioni attraverso la corrispondenza fra i documenti originari e le scritture contabili controllando in tal modo gli aspetti formali della contabilità generale. L’auditing interno spesso supplisce alle deficienze del collegio

sindacale che dovrebbe attuare un controllo sull’operato degli amministratori, tale controllo incontra comunque un limite logico in quanto sia gli amministratori sia i sindaci sono nominati dall’assemblea composta non di rado da soci amministratori, con tali presupposti il controllo viene ad assumere una funzione meramente formale in quanto manca l’elemento dell’indipendenza quale fattore essenziale per l’assolvimento dei compiti da parte del collegio sindacale. L’auditing esterno è operato dalle società di revisione che nel rispetto dei principi di revisione procedono al rilascio del giudizio finale di certificazione. La certificazione del bilancio risulta obbligatoria nei confronti delle società con azioni quotate in borsa, delle aziende municipalizzate, delle società editrici, delle imprese di assicurazione ed altre ancora specificatamente menzionate dal Dpr 136/75. Tutte le altre società che non sono soggette alla certificazione possono comunque chiederla, in tali casi il soggetto aziendale è spinto dall’obiettivo di accattivarsi la fiducia di tutti coloro che intrattengono operazioni finanziarie o economiche nei confronti dell’azienda stessa. In relazione alle direttive impartite dalla Consob la revisione contabile è attuata nel rispetto dei principi contabili e dei principi di revisione che consistono, questi ultimi, in un insieme di norme etiche e di regole tecniche. I revisori contabili, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Consob, devono avere un’adeguata preparazione ed esperienza nel settore specifico di intervento garantendo inoltre la propria imparzialità nei confronti delle persone che costituiscono gli organi aziendali della società revisionata. L’operato dei revisori è attuato nel rispetto di determinate regole tecniche che consistono nella fissazione di un programma di lavoro tendente a preventivare le singole fasi della revisione e ad un controllo della stessa. La prima fase consiste nella nomina del responsabile che assolverà alle mansioni di coordinatore seguendo lo svolgimento del piano di lavoro e impartendo delle direttive ai revisori contabili. La società di revisione richiede, agli amministratori, tutti i documenti originari e il sistema contabile da essi derivato, in modo tale da potere attuare un sistema di controllo preventivo e successivo sulla gestione aziendale e quindi sulla formazione del bilancio d’esercizio. Tale sistema di controllo si attua attraverso l’accertamento dell’esistenza fisica dei beni che costituiscono il patrimonio aziendale mediante un riscontro tra documenti originari e scritture contabili ed infine mediante il confronto fra queste ultime ed il bilancio d’esercizio. La complessa procedura di revisione trova giusta conclusione nel giudizio di certificazione ossia in un’attestazione sull’attendibilità dei valori di bilancio. Le società di revisione rilasciano un giudizio di certificazione nel caso in cui questo risulti positivo, evidenziando eventuali dissonanze rispetto ai corretti principi contabili (giudizio con eccezione). Nel caso in cui sussistono delle incomprensioni relative ad alcuni dati contabili la società di revisione emette un giudizio con riserva. In ultima analisi consideriamo il

caso in cui il giudizio di certificazione non è rilasciato in relazione al mancato rispetto dei principi contabili o nel caso di impossibilità nell’esprimere un giudizio di attendibilità sul bilancio per mancanza o sottrazione di dati necessari a tale scopo.

MODULO 3

LA VALUTAZIONE DEL PATRIMONIO AZIENDALE

U.D.1 I bilanci straordinari Il bilancio straordinario è un particolare documento contabile, formato da un prospetto del patrimonio (ad eccezione del caso della liquidazione che comprende anche il Conto economico), che è redatto in momenti eccezionali della vita aziendale e che mette in evidenza il valore economico dell’azienda in tali contesti. Ci vogliamo riferire ai momenti della costituzione, della cessione, della trasformazione, della fusione, della scissione, della scorporazione, della liquidazione, dell’ingresso o del recesso di un socio in società e nei casi di aumento del capitale sociale in società per azioni. L’inventario di costituzione viene redatto nel momento di costituzione dell’impresa e, mette in evidenza, la consistenza patrimoniale in quell’istante. Viene redatto per mettere in evidenza il valore del patrimonio netto iniziale che è costituito dai conferimenti effettuati dal soggetto aziendale in sede di costituzione. La cessione si realizza mediante il trasferimento di un complesso aziendale o di una sua parte. Si parla di cessione in senso stretto quando il cedente riceve in contropartita denaro dal cessionario; si parla di cessione per apporto o conferimento quando il cedente riceve in contropartita quote o azioni da parte del cessionario. In entrambi i casi si redige un bilancio straordinario di cessione che mette in evidenza il valore economico aziendale da cui si ricava il prezzo di cessione. La fusione si realizza mediante la concentrazione o assorbimento di due o più società al fine di costituire organismi aziendali di maggiori dimensioni e di più ampie competitività sul mercato. Si parla di fusione per unione, quando le società preesistenti cessano di esistere per dare vita ad una società di nuova costituzione di più grandi dimensioni; si parla di fusione per incorporazione o assorbimento quando una società più grande incorpora una o più società di più piccole dimensioni. In questi casi si redige un bilancio straordinario di fusione con lo scopo di individuare le quote o azioni da assegnare ai soci delle società che si sciolgono o che vengono incorporate. Il rapporto tra il numero di azioni vecchie da annullare rispetto alle azioni nuove da assegnare individua il rapporto di cambio. Con l’istituto della trasformazione, una società cambia forma giuridica all’interno della stessa classe sociale o trasformandosi da società di persone in società di capitali o viceversa. In tali casi viene redatto un bilancio straordinario di trasformazione che assume particolare rilevanza nel caso in cui una società di persone si trasforma in società di capitali, in quanto, la responsabilità dei soci diviene limitata e per dare una

maggiore garanzia ai terzi creditori, la valutazione dei valori di bilancio deve attenersi ad una relazione di stima da parte di un perito nominato dal presidente del tribunale ove ha sede legale la società. La liquidazione è un caso di cessazione assoluta della società in cui il patrimonio aziendale viene trasformato in liquidità attraverso il realizzo disgiunto delle attività e l’estinzione delle passività. L’inventario di liquidazione è un bilancio straordinario che mette in evidenza ciò che rimarrà al termine della procedura di liquidazione, cioè il patrimonio netto di liquidazione. I criteri di valutazione adottati per la redazione del bilancio straordinario, si definiscono criteri di cessione e sono diversi da quelli adottati per il bilancio d’esercizio poiché diverse sono le finalità della loro redazione. In particolare:

• i valori finanziari certi sono valutati al loro valore nominale • i crediti al loro valore di presunto realizzo • i debiti al valore di presunta estinzione • i fattori pluriennali e le scorte di magazzino al costo di riacquisto o di

riproduzione

Come abbiamo già precisato, la redazione del bilancio straordinario è necessaria per determinare il valore economico dell’azienda, tale valore basandosi su criteri di valutazione diversi da quelli adottati per la redazione del bilancio d’esercizio, non coincide con la valutazione del patrimonio di funzionamento ma può risultare rispetto a quest’ultimo maggiore o minore. Esso risulterà maggiore nei casi in cui l’azienda ha ottenuto un avviamento positivo (goodwill), minore nei casi in cui l’azienda ha ottenuto un avviamento negativo (badwill). Il valore economico dell’azienda quindi, deve essere inteso come quella somma degli elementi patrimoniali, che in una specifica organizzazione economica, permettono di produrre nuova e maggiore ricchezza che è incorporata nel suo insieme e che costituisce quell’elemento dinamico della gestione che si concretizza nella capacità reddituale aziendale (avviamento). Sintetizzando possiamo anche scrivere: Valore economico aziendale = Patrimonio netto + Avviamento

U.D.2 La valutazione aziendale nei momenti straordinari Nei momenti straordinari della vita aziendale la valutazione del patrimonio segue uno dei seguenti criteri:

• metodo patrimoniale • metodo reddituale • metodo misto

Il metodo patrimoniale Il metodo patrimoniale consiste nella valutazione del complesso aziendale attraverso la determinazione del patrimonio netto rettificato ottenuto mediante opportune rettifiche apportate al patrimonio netto contabile risultante dalla redazione del bilancio d’esercizio. In tutti i casi di trasferimento del complesso aziendale, il patrimonio va valutato ai valori correnti e non ai valori contabili desumibili dal patrimonio di funzionamento, ciò è dovuto a varie cause fra cui l’aumento dei prezzi di mercato dei fattori produttivi, errori negli accantonamenti, annacquamenti o riserve occulte, ecc. Il metodo reddituale Il metodo patrimoniale presenta però una grande pecca, quella di attribuire una valutazione considerando il patrimonio aziendale in un suo momento statico. Questo problema è risolto con il metodo reddituale, il quale considera il patrimonio nel suo aspetto dinamico, tenendo conto cioè della capacità reddituale aziendale e quindi del valore di avviamento. L’avviamento dipende da molteplici fattori tra cui:

• l’ubicazione aziendale • la vicinanza ai mercati di approvvigionamento e di sbocco • la capacità di reperire finanziamenti a basso costo • la professionalità dello staff • un’organizzazione efficiente delle risorse umane e materiali • relazione favorevoli con gli interlocutori sociali (enti, imprese, istituzioni, ecc.) • ecc.

L’avviamento può essere determinato come differenza fra il valore economico attribuito all’azienda (quando questo è conosciuto) ed il valore del patrimonio netto rettificato, in simboli:

A = W – K

Se il valore economico del complesso aziendale non è conosciuto a priori, questo può essere determinato con il metodo reddituale attraverso la capitalizzazione del reddito medio prospettico annuo (R) e attraverso un certo tasso di redditività (i) che si presume di durata indefinita, in simboli:

W = R/i

Esempio: Supponiamo che il patrimonio netto rettificato di un’azienda sia di 1.850 milioni e sia il suo reddito medio prospettico annuo sia di 200 milioni, considerando un tasso di redditività annuo del 10%, il valore economico del complesso aziendale sarà così determinato: W = R/i = 200/0.10 = 2000 Per cui il valore di avviamento sarà pari a : A = W – K = 2000 – 1.850 = 150 Il metodo misto Il metodo reddituale, come abbiamo visto, si basa sulla determinazione del valore di avviamento per la valutazione del complesso aziendale, non prendendo nella giusta considerazione la valutazione degli elementi patrimoniali. Questo problema è risolto con il metodo misto che si basa sia sulla valutazione del patrimonio sia sulla valutazione del valore di avviamento. L’avviamento (A) viene valutato attraverso la capitalizzazione del sovraprofitto (S), per cui il valore economico del complesso aziendale sarà:

W = K + S/i Facendo riferimento all’esempio precedente, si consideri la determinazione del reddito medio di settore (K * i): K* i = 1.850 * 0.10 = 185 Per cui il sovraprofitto sarà pari a: S = R – (K * i) = 200 – 185 = 15 Per cui l’avviamento sarà così determinato: A = S/i = 15/0.10 = 150 Ed il valore economico: K 1.850 A 150 W 1.700

Modulo 4LA CONTABILITA’ DI GESTIONE

IL SISTEMA INFORMATIVO DIREZIONALE Il sistema informativo direzionale è l’insieme dei processi, delle tecniche e degli strumenti con cui si raccolgono, rappresentano, analizzano i dati e si interpretano le informazioni derivanti dalla loro elaborazione, al fine di supportare le decisioni degli organi direzionali. Il sistema informativo direzionale dà luogo alla contabilità direzionale; esso si avvale:

- del budget; - della contabilità gestionale; - della contabilità generale; - della valutazione delle performance; - del reporting.

LA CONTABILITÀ GESTIONALE La contabilità gestionale è quella parte del sistema informativo che consente di attuare il controllo della gestione nell’aspetto economico, attraverso la misurazione, la rilevazione, la destinazione, l’analisi dei costi e dei ricavi. La contabilità gestionale, detta anche contabilità industriale, ha per oggetto i fatti interni di gestione; in altre parole, si occupa delle varie fasi con cui si attua il processo produttivo all’interno dell’impresa. La contabilità gestionale misura i costi di prodotto, individua la struttura dei costi di prodotto, calcola i risultati economici parziali. A tal fine essa rileva i costi dei fattori produttivi nel momento in cui vengono utilizzati per la produzione e in base alla loro destinazione a un oggetto (prodotto, commessa – prodotto spazialmente precisato che si distingue per caratteristiche fisiche, tecniche e qualitative; è l’output delle imprese a produzioni singole e si può distinguere in commessa pluriennale, se richiede tempi di produzione superiori all’anno, e commessa corrente, in caso contrari – , lotto – insieme di prodotti fabbricati in serie che, rispetto a un modello base, presentano alcune caratteristiche comuni e alcune differenze –, segmento di mercato ecc.). Il costo dei prodotti fabbricati è una variabile cruciale del vantaggio competitivo (leadership di costo e differenziazione), ma per raggiungere e mantenere una posizione di eccellenza sul mercato occorre considerare anche altre variabili, quali la qualità e la tempestività nel soddisfare le esigenze del cliente. Per gestire i costi bisogna conoscere quali fattori li originano e quali relazioni li legano agli output dell’impresa; pertanto è anzitutto necessario procedere a:

- definire gli oggetti di cui si vogliono misurare costi, ricavi e risultati; - classificare i costi aziendali; - scegliere le modalità di calcolo e di ripartizione; - individuare il momento di effettuazione del calcolo.

L’OGGETTO DI MISURAZIONE L’oggetto di misurazione (o oggetto di calcolo) è l’entità di cui si vuole conoscere il costo e, ove possibile, il ricavo e il risultato economico. La scelta dell’oggetto di misurazione deve rispondere alle esigenze conoscitive dell’impresa e dipende dai suoi fattori critici di successo. La scelta dell’oggetto di misurazione può privilegiare una prospettiva di tipo produttivo: in tal caso l’oggetto di misurazione può essere il singolo prodotto, la linea di prodotti, il processo produttivo o le singole fasi di esso. Altre prospettive di osservazione portano il management a scegliere oggetti di calcolo più sofisticati quali i canali distributivi, il sistema clienti, le unità organizzative, le aree strategiche d’affari, le zone o le aree geografiche e così via. LA CLASSIFICAZIONE DEI COSTI A seconda dei dati in base ai quali si calcolano, i costi si distinguono in:

- costi effettivi: si determinano con riferimento a una specifica produzione già effettuata (costi consuntivi) o da effettuare in futuro (costi previsti);

- costi standard: si determinano in base a un’ipotetica produzione, in funzione di condizioni poste alla base di calcoli; in altre parole, rappresentano i costi che l’impresa sosterrebbe se operasse nelle condizioni ipotizzate.

A seconda dell’oggetto per il quale sono stati impiegati i fattori produttivi consumati, i costi si distinguono in:

- costi specifici: sono i costi dei fattori produttivi e delle attività impiegati specificamente ed esclusivamente per ottenere un oggetto;

- costi comuni: riguardano i fattori e le attività impiegati per svolgere più produzioni nello spazio o nel tempo, ossia si riferiscono a più oggetti;

- costi generali: sono sostenuti per l’impresa nel suo complesso; possono riguardare l’attività produttiva, commerciale o amministrativa. Ne sono esempi i costi degli organi sociali e le imprese dirette.

A seconda del modo con cui i costi dei fattori impiegati sono riferiti all’oggetto del calcolo, i costi si distinguono in:

- costi diretti: sono quei costi specifici che vengono riferiti a un dato oggetto in modo immediato, in base ai consumi dei fattori produttivi e delle attività specificamente assorbiti dall’oggetto;

- costi indiretti: vengono suddivisi tra vari oggetti di calcolo in base a criteri soggettivi di ripartizione; corrispondono ai costi comuni e generali e a quei

costi specifici che non si è in grado o non si ritiene conveniente misurare oggettivamente per riferirli direttamente all’oggetto.

A seconda degli effetti delle decisioni aziendali, i costi si distinguono in: - costi cessanti: sono i costi che non vengono più sostenuti in seguito alla

decisione presa; - costi emergenti: sono i nuovi costi che l’impresa deve sostenere in seguito alla

decisione presa.

A seconda della possibilità di eliminarli cessando i fabbricare determinati beni, i costi si distinguono in:

- costi evitabili: sono i costi che risultano eliminati quando si cessa di produrre determinati beni (sono i costi variabili e alcuni costi fissi specifici di quella lavorazione);

- costi inevitabili: sono quelli che non possono essere soppressi anche se vengono eliminati determinati prodotti (sono i costi fissi sostenuti per dotare l’impresa di una data capacità produttiva e distributiva).

A seconda della funzione aziendale a cui si riferiscono, i costi si classificano per destinazione in:

- costi di produzione, detti anche di fabbricazione o industriali; - costi di vendita, detti anche di distribuzione o commerciali; - costi amministrativi; - costi finanziari; - costi tributari, si riferiscono alle imposte dirette; le imposte di fabbricazione

(accise) sono invece elementi dei costi di produzione.

A seconda dei fattori produttivi ai quali si riferiscono, i costi si distinguono in: - costi reali: riguardano fattori produttivi ottenuti dall’impresa pagando un

corrispettivo (beni strumentali, compensi per prestazioni di lavoro dipendente o autonomo, interessi su capitali di debito, ecc.);

- costi figurativi: sono relativi a fattori a disposizione dell’impresa, senza obbligo di remunerazione; non sono costi realmente sostenuti, ma solo stimabili sulla base delle remunerazioni che il titolare o i soci avrebbero percepito impiegando i capitali in investimenti alternativi o che l’imprenditore avrebbe potuto percepire svolgendo la propria attività presso terzi.

A seconda del momento in cui si effettua il calcolo, i costi si distinguono in: - costi preventivi (o predeterminati): si calcolano con riferimento a una

produzione futura, prima della sua attuazione, per rendere possibile il successivo controllo o per orientare le decisioni aziendali; possono essere costi previsti o costi standard;

- costi consuntivi: si calcolano con riferimento a una produzione già effettuata; il confronto con i costi preventivi consente di misurare gli scostamenti e

analizzarne le cause; servono inoltre per effettuare valutazioni e per calcolare risultati economici parziali.

La qualità e l’idoneità di un prodotto o di un servizio a soddisfare le aspettative dei clienti e negativamente con il riscontro di difetti o nella non conformità alle esigenze. Per cliente si intende sia il cliente esterno, a cui si vendono prodotti e servizi, sia il cliente interno, a cui perviene il semilavorato o a cui si presta il servizio. La qualità ha rilevanza strategica e viene considerata un fattore critico di successo. I costi connessi alla variabile qualità si classificano in:

- costi di prevenzione: sono sostenuti per evitare la fabbricazione di prodotti difettosi o non rispettoso degli standard prefissati; si riferiscono alla selezione dei fornitori, alla scelta degli impianti e dei macchinari, all’addestramento del personale, ecc.;

- costi di ispezione: sono sostenuti per verificare la qualità dei materiali da impiegare e dei prodotti ottenuti e accertare il rispetto delle procedure stabilite dell’impresa;

- costi di non conformità: sono costi che si subiscono in caso di fabbricazione di prodotti difettosi (interruzione delle lavorazioni, eliminazioni degli scarti, sostituzione dei prodotti già consegnati ai clienti, ecc.);

- costi per perdite di opportunità: riguardano i danni all’immagine, dell’impresa e le vendite che si perdono per la “non qualità”; sono costi che non possono essere rilevati, in quanto invisibili.

LA VARIABILITÀ DEI COSTI Quando si osserva la relazione esistente tra livello dei costi e volumi di produzione, i costi si distinguono in variabili, fissi, semivariabili o semifissi. Costi variabili: al variare delle quantità prodotte variano proporzionalmente (costi proporzionali) o più che proporzionalmente o meno che proporzionalmente. Si sostengono solo se si produce e in una misura che dipende dalle quantità prodotte. Incidono sul costo unitario in misura costante. Sono tipicamente costi variabili il costo delle materie prime, delle parti componenti, della manodopera diretta.

euro cv = costo variabile unitario

q = quantità prodotta CV = costo variabile progressivo

q

CV = cv x q

Cosi fissi: entro i limiti della capacità produttiva data, non variano al variare del volume di produzione. Il loro ammontare dipende dalla struttura tecnico-organizzativa e dalla conseguente capacità produttiva. Si sostengono anche in assenza di produzione perché sono costi di struttura (o di capacità) sostenuti per mantenere in vita l’impresa e poter disporre di una certa capacità produttiva, indipendentemente dal fatto che essa sia sfruttata o dal suo grado di sfruttamento. Poiché un’impresa ha una determinata struttura che cambia solo in base a decisioni di medio/lungo periodo, nel breve periodo si ha una unico livello di costi fissi. Incidono sul costo unitario del prodotto in misura decrescente rispetto alla quantità fabbricata. Sono tipicamente costi fissi le quote di ammortamento, i canoni di locazione e leasing finanziario, i premi di assicurazione.

Costi semilavorabili o semifissi: sono formati da una parte fissa, che si sostiene anche in assenza di produzione, e da una parte variabile, che si sostiene in funzione delle quantità prodotte. Se prevale la componente fissa sono detti semifissi, se prevale quella variabile sono detti semivariabili. Rispetto all’impresa nel suo complesso, i costi del personale possono essere considerati prevalentemente come costi fissi. Rispetto a singole parti dell’impresa o a singoli oggetti di misurazione è invece possibile distinguere tra componenti variabili e componenti fisse. A tal fine i costi del personale devono essere scissi in:

- costi inerenti ai dipendenti direttamente impiegati nell’attività produttiva (manodopera diretta). Detti costi si considerano: a) costi variabili a imputazione diretta; b) costi fissi specifici;

- costi inerenti ai dipendenti impegnati nelle attività di supporto, di controllo, di supervisione, di direzione (manodopera indiretta).

q

CF

euro

CF = costi fissi q = quantità prodotta

DIAGRAMMA DI REDDITIVITÀ E BREAK EVEN ANALYSIS Il diagramma di redditività mette in evidenza le relazioni tra costi variabili, costi fissi, ricavi e volumi di produzione e consente di determinare a quale grado di sfruttamento della capacità produttiva, o in corrispondenza a quale volume di vendita, o a quale ammortamento di fatturato dell’impresa si realizza l’equilibrio economico. Il punto di equilibrio corrisponde al punto di intersezione della retta che rappresenta i costi totali con la retta che rappresenta i ricavi. A sinistra del punto di equilibrio i costi totali superano i ricavi e l’impresa sopporta perdite; a destra del punto di equilibrio i ricavi superano i costi e l’impresa consegue utili. Nel punto di equilibrio, costi e ricavi si equivalgono e il risultato economico è uguale a zero (pareggio). Esso è dato dall’equazione: p x q = CF + cv x q da cui q = CF : (p – cv) la differenza tra prezzo di vendita e costi unitari variabili (p – cv) costituisce il margine di contribuzione con il quale ogni prodotto partecipa alla copertura dei costi fissi. Dal diagramma di redditività si possono trarre le seguenti osservazioni:

a) per coprire i costi è necessario raggiungere un volume di attività pari a quello indicato dal punto di equilibrio; solo con un volume superiore a quello corrispondente al punto di equilibrio si realizza un utile;

euro

area di perdita

q

area di utile

punto di equilibrio

CF

b) le imprese che hanno elevati costi fissi presentano un punto di equilibrio molto alto e una gestione rigida: se si manifestano consistenti contrazioni dei ricavi, non potendo ridurre i costi fissi, possono facilmente cadere in area di perdita.

L’analisi costi-volumi-risultati (break even analysis) consente di stabilire come si modifica il risultato aziendale se varia l’importo dei costi variabili unitari, la quantità prodotta e venduta, il livello dei prezzi di vendita, la struttura organizzativa e produttiva. Con essa si è in grado di determinare quale ammontare dei ricavi deve essere raggiunto perché l’impresa ottenga un prefissato risultato economico, o di quanto è possibile subire la compressione dei ricavi, prima che l’impresa operi in perdita. La break even analysis consente cioè di indagare la compatibilità tra potenzialità del mercato e struttura produttiva. L’individuazione del pareggio è inoltre molto utile se collegata alla dimensione temporale della gestione poiché consente di individuare l’epoca idonea per attenuare operazioni di incentivazione, sconti, promozioni: quando, nel corso dell’anno, si è certi di aver raggiunto il punto di pareggio si possono attuare politiche commerciali aggressive. L’impiego del diagramma di redditività per il calcolo del break even point e, quindi, l’analisi costi-volumi-risultati incontra però vari limiti di applicazione:

a) non sempre i costi variabili e i ricavi variano linearmente, quando ciò non avviene dovrebbero essere studiate funzioni matematiche diverse dalle rette;

b) le quantità prodotte sono ipotizzate uguali a quelle vendute, prescindendo dalle esistono iniziali e dalle rimanenze finali che nella realtà esistono e spesso non hanno importo coincidente;

c) il diagramma costituisce un modello eccessivamente semplificato per le imprese multiprodotto; il rapporto tra le vendite dei vari prodotti non si presenta infatti costante nel tempo e i risultati subiscono l’influenza delle variazioni che intervengono nel mix delle vendite;

d) la distinzione tra costi fissi e costi variabili non sempre è facile e le difficoltà crescono al crescere della complessità aziendale.

LA CONTABILITÀ GESTIONALE A COSTI DIRETTI A seconda del metodo con cui si calcola il costo di un oggetto, la contabilità generale può essere tenuta:

- a costi diretti (direct costing); - a costi pieni (full costing).

La contabilità gestionale a costi diretti attribuisce all’oggetto di costo sia i costi variabili sia i costi fissi specifici (costi diretti). La differenza tra ricavi netti di vendita dei prodotti e costi diretti ai prodotti determina il margine di contribuzione. Nella contabilità a direct costing vengono calcolati due margini di contribuzione:

1) il margine di contribuzione di primo livello, o margine lordo di contribuzione: evidenzia in quale misura le vendite sono in grado di coprire tutti i costi fissi; esso è dato da: ricavi netti di vendita – costo variabile industriale del venduto;

2) il margine di contribuzione di secondo livello, o margine netto di contribuzione: misura il contributo delle diverse produzioni alla copertura dei costi fissi comuni e generali; esso è dato da: margine di contribuzione di primo livello – costi fissi specifici.

In sede di calcolo dei costi di prodotto la metodologia del direct costing ha il pregio di essere semplice e oggettiva. Tuttavia p poso significativa in quelle imprese dove la complessità operativa (mix di prodotti, ingenti investimenti in ricerca, sviluppo e qualità, impiego dell’automazione, ecc.) aumenta i costi comuni e generali a scapito dei costi specifici variabili e fissi. LA CONTABILITA GESTIONALE A COSTI PIENI La contabilità generale a costi pieni (full costing) attribuisce all’oggetto di calcolo sia i costi variabili sia i costi fissi. I costi sostenuti possono essere riferiti all’oggetto del calcolo:

a) con imputazione diretta, se si tratta di costi sostenuti specificamente per l’oggetto di cui si vuole determinare il costo; detti costi sono riferiti all’oggetto di calcolo con misurazioni oggettive;

b) con imputazione indiretta, se si tratta di costi comuni e generali, o anche di costi specifici che non si ritiene opportuno imputare direttamente; i costi indiretti sono ripartiti tra più oggetti di calcolo con criteri soggettivi che possono basarsi sui volumi (quantità prodotte, quantità di materie prime consumate, ore di lavoro impiegate, ecc.) o sulle attività necessarie alla produzione (numero prelievi da magazzino, numero attrezzagli, numero di controlli di qualità, ecc.).

Nelle imprese industriali si hanno le seguenti configurazioni di costo: - costo primo: è dato dalla somma dei costi specifici imputati direttamente; - costo industriale o costo di produzione: si ottiene aggiungendo al costo primo

una quota di costi generali di produzione imputati indirettamente secondo vari possibili criteri comuni;

- costo complessivo: si ottiene aggiungendo al costo industriale una quota di costi generali di amministrazione e di vendita, una quota di oneri finanziari e una quota di oneri tributari;

- costo economico-tecnico: si ottiene aggiungendo al costo complessivo quote riferibili agli oneri figurativi.

IL CALCOLO DEI COSTI BASATO SUI VOLUMI Quando il processo produttivo è semplice ed è possibile individuare una proporzionalità tra livello dei costi e quantità prodotte, l’imputazione dei costi indiretti avviene proporzionalmente ai volumi di produzione. In tal caso il calcolo dei costi pieni si esegue attraverso le seguenti fasi:

1) la contabilità generale rileva i costi classificati per natura (materie prime, personale, servizi, ecc.);

2) si riclassificano i costi per funzione aziendale (costi di produzione, commerciali, amministrativi, ecc.);

3) si riferiscono i costi diretti immediatamente all’oggetto di calcolo; 4) si procede all’imputazione indiretta per destinazione dei costi comuni e

generali supponendo l’esistenza di una relazione di proporzionalità tra un dato tecnico (o una quantità oggettivamente determinata o un costo diretto già calcolato) e i costi da ripartire.

L’imputazione indiretta dei costi può essere effettuata su base aziendale (a sua volta attuata su base unica o su base multipla) o con riferimento ai centri di costo (in cui il calcolo è più accurato). L’IMPUTAZIONE SU BASE AZIENDALE Con l’imputazione su base unica aziendale si sommano tutti i costi indiretti da ripartire in modo da ottenere un unico importo che viene successivamente suddiviso tra i vari oggetti di calcolo scegliendo una sola base di riparto. Con l’imputazione su base multipla aziendale si classificano i costi da ripartire in gruppi omogenei e per ciascun gruppo si sceglie la base di riparto ritenuta più razionale e opportuna. LA LOCALIZZAZIONE DEI COSTI La localizzazione dei costi consiste nell’attribuzione dei costi ai centri nei quali o per i quali sono stati sostenuti. Un centro di costo può essere:

- reale, se corrisponde a unità organizzative fisicamente individuabili (un reparto, un magazzino, ecc.)

- di comodo, se pensato fittiziamente in relazione a costi che non si possono, o non si ritiene opportuno riferire a reali centri (per esempio, i fitti passivi di fabbricati, i costi di manutenzione, pulizia e climatizzazione dei fabbricati possono essere riferiti a un fittizio “centro esercizi fabbricati”).

A seconda dell’attività svolta, i centri di costo si distinguono in quattro tipologie: a) centri produttivi: corrispondono ai reparti in cui si effettuano le trasformazioni

delle materie prime o l’assemblaggio delle parti componenti i prodotti; i

reparti produttivi a loro volta possono essere distinti a seconda della fase di lavorazione che vi si svolge;

b) centri ausiliari: sono quelli che forniscono servizi ad altri centri e le cui prestazione possono essere misurate in unità fisiche;

c) centri comuni di servizi alla produzione: sono quelli che forniscono prestazioni agli altri centri e la cui attività non può essere misurata in unità fisiche;

d) centri funzionali: sono aggregazioni a cui si riferiscono i costi sostenuti per le funzioni comuni.

Un centro di responsabilità è un’unità organizzativa dove si svolge una certa attività sotto la direzione e il controllo di un capo che ne è il responsabile. L’ACTIVITY BASED COSTING Con l’activity based costing il costo pieno dell’oggetto di calcolo è dato dalla somma dei costi diretti e dei costi indiretti della attività svolte per realizzarlo e collocarlo sul mercato. L’adozione dell’activity based costing richiede che l’impresa proceda a:

1) individuare le attività svolte per realizzare l’oggetto di misurazione; 2) individuare gli elementi che generano il costo di tali attività (cost driver).

I cost driver (o generatori di costo) sono gli elementi nei quali si manifesta l’attività produttiva; rappresentano quindi la causa del sostenimento dei costi. L’activity based costing è il metodo del full costing su base multipla aziendale nel quale i tradizionali centri di costo sono sostituiti dalle attività e le basi di imputazione dei costi indiretti sono costituite dai cost driver. La metodologia ABC richidendo la scomposizione dei processi gestionali in attività elementari, consente di migliorare la conoscenza dei fenomeni aziendali e quindi ottimizzare la gestione. I COSTI CONGIUNTI I costi congiunti sono costi comuni ai prodotti ottenuti e la comunanza deriva da esigenze tecniche (non è possibile produrre certi prodotti senza ottenerne anche altri). A seconda delle caratteristiche dei prodotti il riparto del costo industriale del processo può avvenire con diversi procedimenti. I criteri di riparto dei costi congiunti sono:

- l’indice quantitativo: quando tutti gli articoli possono essere espressi in un’unica unità di misura fisica, si sceglie come base di riparto tale unità di misura fisica;

- i ricavi: quando tutti gli articoli ottenuti hanno la medesima importanza commerciale, si possono utilizzare come base di riparto i ricavi di vendita effettivi o presunti;

- il presunto ricavo al prodotto secondario: quando si ottengono prodotti principali e secondari si può attribuire al prodotto secondario un costo pari al presunto ricavo di vendita; il rimanente costo industriale del processo è ripartito fra i prodotti principali con uno dei precedenti criteri;

- l’imputazione al prodotto principale: quando il prodotto secondario è uno scarto di lavorazione o comunque ha una trascurabile importanza commerciale, il costo del processo produttivo è interamente attribuito al prodotto principale o ripartito fra i prodotti principali.

LA CONTABILITA’ GESTIONALE E LE VALUTAZIONI DI MAGAZZINO Le materie prime, sussidiarie e di consumo, le parti componenti, ecc. acquistate all’esterno vengono caricate a magazzino al costo d’acquisto. Gli output dell’impresa vengono caricati nel magazzino prodotti al costo di produzione. A seconda che l’impresa adotti un sistema a direct costing o a full costing, i valori di carico sono diversi a causa dell’esclusione o dell’inclusione dei costi indiretti nel costo di produzione. Le rimanenze devono essere iscritte al costo d’acquisto o di produzione, che comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto e può comprendere anche altri costi, per la quota imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione. Se la valutazione è effettuata con la metodologia del direct costing, il risultato economico dipende dal volume delle vendite e non dalla quantità prodotta; i costi di struttura incidono totalmente sull’esercizio, essendo considerati costi di periodo, da far gravare sullo stesso. Se la valutazione è effettuata con la metodologia del full costing, il valore attribuito alle rimanenze include una parte dei costi di struttura che viene così trasferita all’esercizio successivo. L’EFFICACIA E L’EFFICIENZA L’efficacia è la capacità di conseguire gli obiettivi prefissati. Si misura confrontando gli obiettivi realizzati con quelli prestabiliti, obiettivi che possono essere espressi in termini di qualità, quantità, tempo. L’efficienza è il rapporto tra risorse consumate (input) e risultati ottenuti (output). Indica la capacità dell’impresa di utilizzare in modo ottimale le sue risorse (eliminando sprechi e sfridi).

PIANI E PROGRAMMI AZIENDALI

Per direzione d’impresa (management) si intende l’attività di determinazione degli obiettivi strategici (a medio-lungo termine) e operativi (a breve termine), di individuazione dei processi e degli strumenti (strategie, piani, budget) da utilizzare per il raggiungimento degli obiettivi e di controllo dei risultati. Il controllo della gestione (management) è il processo attraverso il quale gli organi aziendali definiscono gli obiettivi di breve periodo da perseguire, raggiungono un accordo sull’utilizzo e la distribuzione delle risorse disponibili, analizzano le differenze tra obiettivi e risultati allo scopo di misurare le prestazioni di ogni organo e di migliorare i futuri processi decisionali. Le previsioni sono la base per la pianificazione della gestione: è indispensabile prevedere per attuare il processo di direzione e controllo della gestione. Le previsioni sono possibili solo se si possiedono dati precisi sull’attività passata, che consentono di valutare il comportamento in relazione alle variabili future che si dovranno affrontare. Senza un’attività di previsione, non è possibile effettuare alcuna pianificazione e programmazione. Il processo di direzione e controllo della gestione si articola secondo diverse fasi:

• definizione degli obiettivi generali; • individuazione delle linee di azione per il raggiungimento degli obiettivi; • stesura di piani e programmi; • reporting, attività costante di rilevazione di risultati; • riscontro, confronto tra risultati consuntivi e dei reports con i valori di budget; • analisi degli scostamenti per individuare cause ed eventuali responsabilità; • interventi di rettifica, sia nei confronti degli obiettivi sia dei programmi.

Fanno parte della direzione le seguenti fasi: definizione degli obiettivi, individuazione delle linee di azione, budget, interventi di rettifica. Fanno invece parte dell’attività di controllo della gestione: budget, reporting, analisi degli scostamenti e rettifica. La pianificazione è il processo attraverso il quale si definiscono gli obiettivi di medio-lungo periodo e si individuano le azioni e gli strumenti per raggiungerli. Con la pianificazione si definiscono gli obiettivi, le risorse, le politiche aziendali. Lo scopo essenziale della pianificazione è quello di permettere all’azienda il miglior sfruttamento possibile delle sue potenzialità, per raggiungere i risultati che vengono indicati come obiettivi, compatibilmente con i mezzi di cui si dispone. La pianificazione aziendale si articola su due livelli:

• pianificazione globale, che riguarda l’azienda nel suo complesso;

• pianificazione settoriale, che riguarda singoli settori e funzioni aziendali, ma che è parte integrante della pianificazione globale, della quale rappresenta l’articolazione necessaria per il coinvolgimento di tutta la struttura dell’azienda.

Per quanto concerne l’estensione temporale, la pianificazione può riferirsi a: • medio-lungo termine (pianificazione strategica), in un arco di tempo che va da

3 a 5 anni, e che si traduce in piani strategici; • breve termine (programmazione) riferita all’esercizio amministrativo e

articolata a livello infrannuale (semestrale, trimestrale, mensile…), che si traduce in piani costituenti il budget.

Nella fase di definizione degli obiettivi è importante individuare il traguardo al quale vuole giungere l’attività aziendale: dove si vuole arrivare. L’individuazione delle linee d’azione è parte del processo decisorio e si attua mediante la selezione delle migliori soluzioni possibili per il raggiungimento del fine voluto. Per strategia si intende la linea d’azione che viene ritenuta più idonea per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, con particolare riferimento al medio-lungo periodo. La definizione degli obiettivi rappresenta la prima fase del processo di pianificazione e ha lo scopo di quantificare i risultati che l’azienda intende raggiungere attraverso la gestione.

La determinazione degli obiettivi è interpretata come sistema incentivante nei confronti dell’intera struttura aziendale. Gli obiettivi dell’azienda possono essere rappresentati su due diversi livelli:

• Obiettivi globali: sono detti anche istituzionali e rappresentano il fine ultimo per il quale l’azienda si costituisce e prosegue la sua attività;

• Obiettivi speciali: sono gli obiettivi operativi o strumentali e rappresentano le linee che guidano la gestione; sono indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi globali. Possono riferirsi ai mercati o ai prodotti (obiettivi reali) oppure al reddito o al fatturato (obiettivi monetari).

Il processo di decisione si concretizza nella impostazione della strategia (o delle strategie). Viene formalizzata e resa operativa per mezzo della elaborazione dei piani, programmi e budget. I piani si riferiscono a un arco di tempo mediamente intorno ai 5 anni. I programmi operativi costituiscono l’articolazione dei piani strategici a livello di singolo esercizio amministrativo e fissano gli obbiettivi intermedi che consentono di raggiungere gli obbiettivi fissati. I budget costituiscono a loro volta l’articolazione dei programmi operativi d’esercizio a diversi aspetti e funzioni aziendali

Il business plan (o piano di impresa) è il documento nel quale vengono sintetizzati gli elementi del progetto imprenditoriale che si intende sviluppare. Per svolgere la sua funzione, il business plan deve rispondere a due esigenze fondamentali:

• Descrivere l’idea imprenditoriale; • Formulare i preventivi patrimoniali, economici e finanziari.

Il business plan è formato da due parti: una descrittiva e una numerica. La parte descrittiva deve rappresentare la sintesi del progetto o dell’idea imprenditoriale e deve contenere i seguenti elementi essenziali: - tipo di attività o progetto specifico; - soggetti da coinvolgere nel progetto; - analisi e descrizione del mercato; - analisi e descrizione della concorrenza; - posizionamento dell’impresa e descrizione del prodotto o servizio da realizzare; - ubicazione dell’impresa; - decisioni in merito alle leve di marketing e formulazione del piano di marketing

relativo all’impresa o al progetto.

La parte numerica del business plan è costituita da una serie di budget, nei quali vengono riportate le proiezioni economico-finanziarie relative all’attività da interpretare o al progetto da iniziare. Tali budget sono i seguenti: - budget degli investimenti; - budget economico; - budget patrimoniale; - budget finanziario; - analisi dei flussi finanziari; - analisi del punto di pareggio.

Il sistema di controllo è un insieme di procedure per mezzo delle quali si verifica il raggiungimento o meno degli obiettivi mediante un impiego efficiente ed efficace delle risorse dell’azienda. Il sistema di controllo si articola in due fasi:

• verifica del raggiungimento degli obiettivi: si attua per mezzo della determinazione degli scostamenti tra i risultati attesi e i risultati effettivi; è il cosiddetto controllo di efficacia;

• verifica del consumo di risorse: per raggiungere gli obiettivi, sono state impiegate delle risorse e si tratta di valutare se tale consumo è accettabile o meno; è la fase denominata controllo di efficienza.

Il semplice controllo non ha senso se non permette l’applicazione di successivi interventi di regolazione dell’intero sistema di pianificazione. I requisiti del sistema di controllo sono: - localizzato; - approfondito; - tempestivo; - sistematico; - concomitante; - rapido; - economico.

Per attuare il controllo di gestione è necessario disporre di un particolare ed evoluto sistema informativo, che prende il nome di sistema informativo direzionale. Il sistema informativo del controllo di gestione (direzionale) è il processo con cui si raccolgono i dati e si rappresentano, analizzano, elaborano e interpretano al fine di indirizzare le decisioni degli organi aziendali. In particolare, il sistema informativo direzionale, che origina la contabilità direzionale, si avvale di: - budget (operativo e funzionale) - contabilità generale - contabilità gestionale - reporting, inteso come insieme di relazioni e di rapporti, per comunicare i risultati

del controllo

Oltre ai problemi legati ai costi e alla qualità, occorre tenere in considerazione due nuove variabili competitive molto importanti: il tempo e l’innovazione. In precedenza, il problema essenziale era quello di tenere sotto controllo la qualità del prodotto e il costo delle strutture, oggi le imprese devono essere molto attente alle nuove richieste provenienti dal mercato (innovazione) e in grado di soddisfare queste richieste nel minor tempo possibile. Il controllo strategico è il nuovo controllo di gestione che per poter tenere sotto controllo le nuove variabili, le aziende devono disporre di nuovi strumenti di controllo, che permettono di gestirle in un continuo confronto con i concorrenti (competitors). Il controllo di gestione (management control) è il processo attraverso il quale i dirigenti influenzano gli altri membri di un’organizzazione al fine di rendere esecutive le strategie dell’impresa CONTROLLO E GESTIONE DEI COSTI Nella gestione aziendale, gli interventi economici possono essere effettuati sui costi e sui ricavi. Se il risultato economico non è soddisfacente, è possibile migliorarlo agendo in due direzioni: Ø Aumentando i ricavi: le possibilità di poterli controllare sono minori rispetto a

quello di controllo dei costi. Poiché sono molte le variabili esterne che intervengono nel conseguimento dei ricavi e che possono così sfuggire al controllo dell’impresa.

Ø Diminuendo i costi: il controllo dei costi è un sistema di rivelazioni contabili e di interventi operativi per definire le aree aziendali in relazione alle quali è possibile ridurre l’ammontare dei costi, nel rispetto degli obiettivi qualitativi, quantitativi e temporali in precedenza programmati.

Il controllo dei costi è un momento fondamentale del controllo di gestione e si presuppone che l’azienda disponga di un sistema di calcolo e contabilità dei costi: la contabilità gestionale. I costi vengono considerati in contabilità gestionale secondo vari criteri: 1. In base ai dati utilizzati per il calcolo:

� Effettivi: si riferisce a una produzione specifica gia effettuata (consuntivi) o futura (preventivi)

� Standard: si calcolano in base a congetture immaginando una produzione ipotetica

2. In base al rapporto esistente fra costi e volumi di produzione:

� Fissi: non variano al variare della quantità prodotta all’interno di determinati intervalli di produzione

� Semivariabili: una parte fissa e una variabile � Variabili: variano al variare della produzione

1. proporzionale se varia in modo proporzionale 2. progressivi varia in modo più che proporzionale 3. regressivi varia in modo meno che proporzionale

3. In base all’oggetto per il quale sono stati consumati i fattori produttivi: � Specifici: impiegati per un oggetto � Comuni: costi base riferiti a più produzioni nel tempo e nello spazio � Generali: riferiti all’azienda nel suo complesso

4. Classificati in base a un oggetto di calcolo: � Diretti: sono riferiti ad un oggetto in modo immediato ed inequivocabile � Indiretti: vengono suddivisi fra più oggetti in base ai criteri di riparto più o

meno soggettivi

5. In base alla destinazione: � Costi di produzione: � Costi di distribuzione � Costi amministrativi � Costi finanziari � Costi tributari

I costi fissi sono quei costi che non variano nell’ambito della capacità produttiva dove per capacità produttiva si intende un livello massimo di prodotti oltre il quale l’azienda non può andare se non fa investimenti di notevoli identità La break even analysis, o analisi dei costi-volumi-risultati, si può ricorrere per la soluzione di problemi riguardanti la redditività dell’azienda. Permette di evidenziare l’andamento dei costi e dei ricavi in determinate ipotesi e di individuare il punto di equilibrio, cioè il livello di produzione e di vendite in corrispondenza del quale viene raggiunto il pareggio tra costi e ricavi. L’analisi del punto di equilibrio permette di determinare i ricavi e per ottenere dei profitti, si deve analizzare la redditività globale. Per mezzo del diagramma di redditività si può evidenziare il punto di equilibrio, detto anche punto di pareggio o punto di indifferenza. Il punto di equilibrio individua due aree: Ø L’area di perdita (costi totali superano i ricavi) Ø L’area di utile ( ricavi superano i costi)

Nell’ambito del controllo dei costi, la break even analysis permette di cogliere gli effetti sulla redditività delle variazioni sia nei costi fissi sia nei costi variabili.

� Variazione nei costi fissi se i costi fissi aumentano la retta dei costi totali si sposta verso l’alto senza modificare la pendenza. Se i costi fissi diminuiscono, il punto di pareggio si raggiunge in corrispondenza di un quantitativo di produzione o di vendite inferiore per cui si ha parità di condizioni aumenta l’utile.

� Variazione dei costi variabili se aumentano si accentua l’inclinazione verso l’alto della retta e anche il punto di pareggio si trova in corrispondenza di un maggiore quantitativo di produzione o di vendite; se diminuiscono si sposta verso il basso

Per configurazione di costo si intende un processo di graduale accumulazione di costi diretti e indiretti riferiti ad un dato oggetto; questo processo può comprendere tutti i costi riguardanti l’oggetto (full costing) oppure fermarsi a livelli intermedi. Nelle imprese industriali le principali configurazioni di costo sono le seguenti:

� Costo primo dato dalla somma dei costi specifici imputati direttamente � Costo industriale si ottiene sommando al costo primo la quota di costi

generali indiretti di produzione � Costo complessivo si ottiene aggiungendo al costo industriale una quota di

costi di amministrazione e di vendita, una quota di oneri finanziari e una di oneri tributari.

BUDGET Il controllo budgetario è uno strumento di programmazione e di controllo della gestione aziendale per mezzo del budget. Il budget è l’insieme dei documenti mediante i quali si qualificano gli obbiettivi di breve periodo collegati all’acquisizione e all’utilizzo delle risorse da parte delle varie unità funzionali in cui è suddivisa l’azienda. Il budget delle varie funzioni aziendali si riassumono nel budget economico. L’insieme dei budget economico, finanziario, degli investimenti e patrimoniale, costituisce il budget operativo d’esercizio. La pianificazione strategica ha come scopo la fissazione degli obbiettivi e delle linee operative nel m/l termine, in un arco tempo che va dai 3 ai 5 anni. Ma la specificazione, anche in termini quantitativi, si ha nei budget. Con il termine budgeting si intende il processo per mezzo del quale il budget viene elaborato, diretto e controllato: rappresenta l’insieme di operazioni che trasformano gli obbiettivi in gestione reale, monetaria quantificata. Il budget economico è la risultante dei singoli budget settoriali (funzionali) articolati su base annua o infrannuale, che in un’azienda industriale possono essere: il budget delle vendite, B. della produzione e delle rimanenze di prodotti finiti, B. degli acquisti, B. dei costi generali industriali, commerciali, amministrativi, B. del personale, del costo dei servizi e del godimento dei beni di terzi, B. degli oneri e dei proventi vari. Il budget finanziario ha per oggetto la previsione dei flussi monetari in entrata e in uscita: debiti e crediti di regolamento, finanziamenti attivi e passivi, flussi di cassa. Il suo scopo è quello di quantificare le necessità di carattere finanziario e di definire le eventuali eccedenze da investire. Il budget degli investimenti in immobilizzazioni tecniche ha come oggetto l’acquisizione e la dismissione di immobilizzazioni., in sintonia con la pianificazione a m/l termine e con il budget della produzione: si tratta del budget che si occupa della definizione e dell’aggiornamento della struttura aziendale. L’elaborazione del budget patrimoniale che si configura come una situazione patrimoniale anticipata, necessita dei dati elaborati a livello di budget economico finanziario, delle immobilizzazioni. Il budget operativo d’esercizio rappresenta l’insieme dei budget precedenti e configura in anticipo la situazione patrimoniale, economica e l’andamento finanziario, nonché le programmazioni settoriali, formulate a livello d’esercizio amministrativo. Il reporting è l’insieme di rapporti e relazioni redatti da coloro che sono responsabili di un budget e contenenti i dati consuntivi rilevati nella gestione aziendale.

MODULO 5

L’ATTIVITA’ FINANZIARIA E CREDITIZIA

U.D.1 Il ruolo delle banche Le aziende a qualsiasi settore appartengano, hanno bisogno per lo svolgimento della loro attività, di capitale di credito che viene normalmente abbinato al capitale proprio per effettuare operazioni di investimento in fattori della produzione. L’importanza del credito si può ben capire in quanto grazie ad esso, è possibile effettuare investimenti in strutture fisse (impianti, attrezzature, macchinari, ecc.), senza avere l’immediata disponibilità finanziaria. La conseguenza di ciò è la moltiplicazione del volume di affari con indubbi benefici su tutto il sistema economico. L’attività tradizionale bancaria era costituita essenzialmente dalla raccolta di risparmio da soggetti in condizioni di avanzo finanziario e nell’impiego di tali fondi presso le famiglie e le imprese che necessitano di tali forme di finanziamento (soggetti in disavanzo). Il ruolo dell’intermediazione bancaria, oggi, riveste una notevole importanza per gli effetti sul sistema economico infatti possiamo dire in generale che l’attività creditizia svolta dalle banche:

• trasforma il risparmio da infruttifero a fruttifero permettendo il formarsi e lo svilupparsi delle attività produttive;

• permette la raccolta di risparmi di modesta dimensione che di per sé risulterebbero inadatti ad alimentare la produzione;

• agevola con molteplici interventi i rapporti economici attinenti alla produzione e al consumo, sia a livello nazionale che internazionale.

A seconda dei soggetti che ricorrono al credito possiamo distinguere il credito alla produzione dal credito al consumo. Il credito alla produzione necessita alle imprese per l’acquisto dei fattori della produzione a medio e lungo ciclo di utilizzo, mentre il credito al consumo necessita al consumatore finale per l’acquisto di beni destinati all’utilizzo familiare. Le funzioni fondamentali del sistema creditizio risultano essere le seguenti:

• funzione di politica-economica • funzione di stimolo al risparmio ed alla produzione • funzione di investimento • funzione di servizi • funzione monetaria • funzione creditizia

La funzione di politica-economica si concretizza nell’intervento dello Stato nell’economia attraverso l’allargamento o la restrizione del credito mediante il sistema bancario. Tali operazioni tendono a privilegiare o meno determinati settori produttivi rispetto ad altri e svolgono un ruolo decisivo per il progresso economico del nostro Paese. La funzione di stimolo al risparmio ed alla produzione in quanto le banche attuano la raccolta del risparmio stimolando attraverso azioni promozionali, lo spirito di previdenza fra il pubblico. Al tempo stesso le banche concedono finanziamenti alle imprese stimolando il settore produttivo. La funzione di investimento è relativa agli investimenti strutturali o in titoli che la banca effettua come forme durevoli di impieghi. La funzione dei servizi si è sviluppata vieppiù nel corso degli ultimi decenni e consiste nella diversificazione dei prodotti bancari sempre più rispondenti alle specifiche necessità della clientela. Rientrano in tali servizi alla clientela gli sportelli automatici, la canalizzazione dello stipendio, pensioni, utenze, il factoring, il leasing, l’amministrazione fiduciaria di patrimoni mobiliari e immobiliari, ecc.. La funzione monetaria che consiste nella creazione di mezzi di pagamento (moneta bancaria). La funzione creditizia che consiste nell’intermediazione operata dalla banche fra i risparmiatori (operazioni di raccolta) e gli investitori (operazioni di impiego). La domanda e l’offerta dei capitali costituisce il mercato dei capitali in cui, si formano i prezzi che si chiamano tassi di interesse. Il mercato dei capitali si suddivide in mercati diretti ed in mercati aperti. I mercati diretti sono quelli in cui le parti si accordano personalmente, senza alcuna intermediazione, sulle condizioni di scambio. A tal proposito ricordiamo le operazioni tra banca e cliente nelle operazioni di deposito o di richiesta di un finanziamento. I mercati aperti, sono mercati organizzati in cui le contrattazioni avvengono attraverso gli intermediari finanziari, le contrattazioni danno luogo a prezzi ufficiali che vengono resi noti al pubblico nazionale o internazionale mediante appositi strumenti di comunicazione. Il mercato aperto è a sua volta costituito dai mercati monetario, finanziario e dei cambi. Il mercato monetario, dà luogo a contrattazioni di capitali a breve scadenza (al massimo diciotto mesi) al fine di finanziare il capitale circolante delle aziende che ne fanno richiesta.

Il mercato finanziario, permette la negoziazione dei capitali a media e lunga scadenza al fine di finanziare il capitale fisso delle aziende che ne fanno richiesta. Fa parte del mercato finanziario il mercato mobiliare in cui avvengono le negoziazioni di azioni e obbligazioni. Se tali titoli sono di nuova emissione si parla di mercato primario, se i titoli sono già in circolazione si parla di mercato secondario. Il mercato mobiliare si distingue in mercato ufficiale e mercato parallelo. Nell’ambito del mercato ufficiale le contrattazione avvengono durante le sedute di borsa o nel mercato ristretto, con l’intermediazione degli agenti di cambio i quali devono attenersi ad un rigido regolamento; nell’ambito dei mercati paralleli avvengono negoziazioni di titoli non ammessi nei mercati regolamentati ma tuttavia effettuate da agenti di cambio. Il mercato dei cambi si concretizza in negoziazioni in valute estere. Se le operazioni sono effettuate a pronti si parla di prezzi spot, viceversa se sono a termine si parla di quotazioni forward

U.D.2 Il sistema bancario italiano Il sistema bancario italiano ha subito nel corso degli anni notevoli cambiamenti le cui tappe fondamentali sono le seguenti:

• le norme del 1926 • la riforma bancaria del 1936 • il rinnovo della legislazione ed il T.U. bancario

Nel 1926, al fine di tutelare gli interessi dei risparmiatori, furono emanati dei decreti che istituirono la Banca D’Italia quale unico istituto di emissione e quale ente di controllo del sistema creditizio. Fu inoltre imposto alle altre banche di iscriversi in un apposito albo, di effettuare un accantonamento minimo del 10% degli utili e di presentare il bilancio d’esercizio alla Banca d’Italia. Nel 1936, dopo la grande crisi mondiale del 1929, il legislatore intervenne al fine di facilitare gli investimenti industriali in strutture per rilanciare l’economia e per aumentare la liquidità si dispose l’acquisto delle partecipazioni industriali possedute dalle banche.

In tali anni furono istituiti L’IMI (istituto mobiliare italiano) e L’IRI (l’istituto di ricostruzione industriale) al fine di finanziare le imprese per la ricrescita economica attraverso il sistema delle partecipazioni statali. Con la riforma del 1936 si affermò quindi la funzione di interesse pubblico del credito basata sulla specializzazione temporale ed operativa (distinzione fra banche operanti a breve termine e banche operanti a medio e lungo termine) e sulla necessità di negare alle banche alcuna forma di partecipazione azionaria nelle imprese. Il rinnovo della legislazione bancaria prese le mosse dai primi degli anni ’70 attraverso dei provvedimenti legislativi per il recepimento delle direttive comunitarie che portarono alla omogeneizzazione operativa delle banche, indipendentemente dalla loro forma giuridica, e al processo di “despecializzazione” già a partire dagli anni 80, processo mediante il quale anche le banche di credito ordinario poterono effettuare operazioni a medio e lungo termine. Un altro momento importante del processo di riforma fu la legge Amato del 30 luglio del 1990 la quale favorì il processo di integrazione fra banche, la privatizzazione di istituti pubblici ed il rafforzamento della struttura patrimoniale attraverso emissione di azioni sul mercato. Questo processo di rinnovo della legislazione bancaria, trovò un effettivo riordino nel Testo Unico delle norme in materia bancaria e creditizia istituito con decreto legislativo del 1° settembre del 1993 ed entrato in vigore dal 1° gennaio del 1994. La caratteristica fondamentale di questo decreto fu il riconoscimento della despecializzazione creditizia sia dal punto di vista istituzionale, temporale, ed operativo che ha permesso alle banche di operare contemporaneamente a breve medio e lungo termine offrendo alla propria clientela una gamma di servizi sempre più ampi secondo il modello della banca universale. La despecializzazione portò inevitabilmente ad una revisione dei modelli organizzativi che permise una crescita sia di tipo dimensionale che operativa attraverso la costituzione di:

• gruppi plurifunzionali • banche universali

Il gruppo plurifunzionale è costituito da più banche giuridicamente distinte in cui esiste una capogruppo la quale individua la politica aziendale da percorrere fra banche che offrono alla clientela una vasta gamma di servizi anche nel settore parabancario. La banca universale è una banca abilitata ad effettuare una vasta gamma di operazioni di intermediazione finanziaria e di servizi accessori e complementari. L’attuale struttura del nostro sistema bancario è così strutturato:

Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio è un organo politico a cui compete la funzione direttiva e di controllo del sistema bancario. Il Ministro del Tesoro emana dei provvedimenti e decreti in materia creditizia ed attua la vigilanza sulla Banca D’Italia. La Banca D’Italia è l’istituto di emissione ed attua il controllo sulle singole banche (vigilanza informativa, regolamentare ed ispettiva). Essa inoltre attua il servizio di tesoreria provinciale dello Stato per effettuare pagamenti e riscossioni per conto dell’Erario. Attua il finanziamento alle banche con operazioni “pronti contro termine” per riequilibrare momentanei squilibri monetari. Tiene l’albo delle banche che esercitano il credito su tutto il territorio nazionale le quali devono ricevere un’apposita autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia.

COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL CREDITO ED IL RISPARMIO

BANCA D’ITALIA

GRUPPI PLURIFUNZIONALI

BANCHE UNIVERSALI

MINISTERO DEL TESORO

U.d.3 La gestione delle imprese bancarie Le banche attuano sia la gestione del passivo che dell’attivo. La gestione del passivo consiste nelle operazioni di raccolta fondi e la gestione del passivo consiste nelle operazioni di impiego fondi. In tale attività di intermediazione le banche devono attuare un compromesso fra le esigenze di liquidità, solvibilità e redditività. Il grado di liquidità è misurato dal rapporto fra depositi ed impieghi. La solvibilità è misurata dal rapporto tra il patrimonio netto ed i depositi. La redditività è misurata dal rapporto tra utile netto e patrimonio netto. Nascono da ciò le seguenti esigenze operative:

• combinare la durata delle operazioni di raccolta con quelle di impiego fonti in modo tale da mantenere la liquidità necessaria a restituire in qualsiasi momento il capitale ai risparmiatori;

• creare riserve di liquidità che possono essere di prima linea e di seconda linea. Sono riserve di prima linea quelle relative ad attività infruttifere ed immediatamente utilizzabili (denaro in cassaforte). Sono riserve di seconda linea quelle attività fruttifere il cui utilizzo può comportare un costo (investimenti in titoli).

Il raggiungimento di certi livelli di redditività per una banca, passa dalla individuazione del margine di interesse che è la conseguenza del meccanismo della doppia forbice. In altre parole, il divario fra i tassi attivi relativi ai finanziamenti concessi ed i tassi passivi pagati sulle operazioni di raccolta, costituisce per la banca un primo margine di interesse. Inoltre, ogni banca fissa il proprio prime rate, ovvero il tasso minimo corrisposto alla migliore clientela sui finanziamenti concessi, ed il top rate, ovvero il tasso massimo applicato sui finanziamenti concessi. Il divario tra i due tassi è variabile nel tempo e dipende dalla politica monetaria adottata dalla Banca D’Italia. E’ importante a questo punto enunciare il margine di intermediazione che esprime il risultato dell’attività bancaria caratteristica. Esso si ottiene sommando al margine di interesse, il risultato economico derivante dai servizi bancari prestati alla clientela, ed il risultato economico delle operazioni in titoli ed in cambi. Altro importante aspetto della gestione bancaria è il frazionamento dei rischi che consiste nella diversificazione degli impieghi in diversi settori produttivi in modo tale da evitare che il crollo di un unico settore produttivo si ripercuota negativamente sull’intera gestione bancaria. Ciò si realizza sia attraverso l’estensione degli sportelli bancari su tutto il territorio, sia attraverso il processo di integrazione fra banche.

U.d.4 Le operazioni di raccolta Le operazioni di raccolta costituiscono la provvista fondi per la quale le banche divengono debitrici nei confronti della propria clientela e per tale ragione si parla di operazioni passive bancarie. I depositi bancari costituiscono la principale operazione di raccolta fondi mediante la quale la banca riceve dai depositanti somme in denaro, ne acquisisce la disponibilità, le rende fruttifere e si obbliga a restituire somme della stessa specie monetaria alle scadenze convenute o dietro un congruo preavviso stabilito dalle parti o dagli usi.

La banca paga al depositante un interesse che, a seconda dei tipi di deposito, può essere liquidato periodicamente o essere versato al risparmiatore con il capitale al momento dell’estinzione. I depositanti possono richiedere tale servizio bancario per diverse necessità:

• in previsione di future e/o impreviste spese di notevoli entità; • in attesa di decisioni di investimento fruttiferi; • per usufruire del servizio di cassa

Il volume complessivo dei depositi raccolti dipende da molteplici fattori, fra i quali:

• dall’andamento generale dell’economia del Paese • dalla misura del tasso d’interesse corrisposto dalle banche • dall’inflazione • dalla politica monetaria seguita dalle autorità competenti

In base alle modalità di attuazione del rapporto, i depositi bancari si possono distinguere in:

• depositi semplici: quando il depositante deve ritirare la somma depositata in un’unica soluzione

• depositi a risparmio: quando il depositante ha facoltà di effettuare diversi prelevamenti e versamenti la cui movimentazione deve avvenire esclusivamente in denaro contante • conti correnti passivi: che si contraddistinguono per l’elevato numero di

operazioni anche relative a servizi collaterali ed accessori, i cui movimenti avvengono sovente mediante emissione di assegni ed utilizzo di carte elettroniche.

In base alla durata del rapporto, i depositi bancari si distinguono in: • depositi rimborsabili a vista • depositi rimborsabili con preavviso • depositi a scadenza fissa

In base al tipo di contratto stipulato, i depositi bancari si distinguono in:

• depositi a risparmio libero: quando sono rimborsabili a vista o con brevissimo preavviso

• depositi a risparmio vincolato a scadenza fissa o indeterminata: i primi possono essere ritirati solo alla scadenza convenuta, mentre i secondi solo dopo un periodo di preavviso

• certificati di deposito: sono depositi semplici a scadenza fissa • conti correnti: sono rimborsabili a vista o con brevissimo preavviso.

La terminologia usata per i depositi a risparmio e la seguente: La consistenza media è l’ammontare delle somme che risultano mediamente depositate presso la banca in un determinato periodo di tempo. La movimentazione di un conto esprime la frequenza e l’entità dei prelevamenti e dei versamenti effettuati in un determinato periodo di tempo. La giacenza media è il periodo medio di tempo in cui una certa somma rimane depositata in banca. La velocità di circolazione esprime il numero delle volte in cui un deposito si rinnova integralmente in un certo periodo di tempo I depositi a risparmio costituiscono una forma di impiego della ricchezza monetaria sottratta al consumo immediato. Essi sono rappresentati da un libretto di deposito, rilasciato da una banca, che in relazione ad ogni singola operazione di prelevamento o di versamento deve essere presentato allo sportello bancario. Il libretto deve chiaramente indicare se è nominativo o al portatore ed il saldo deve risultare sempre a credito del depositante. All’apertura del deposito, il depositante, esibisce un documento di riconoscimento e firma una scheda chiamata “specimen” al fine di riconoscere effettuare opportuni controlli nelle operazioni future. I versamenti possono essere effettuati da chiunque, viceversa nel libretto nominativo i prelevamenti possono essere effettuati solo dall’intestatario che all’atto dell’accensione del deposito ha apposto la propria firma sia sul libretto che su un’apposita scheda tenuta dalla banca. In caso di smarrimento o di furto del libretto occorre effettuare la procedura di ammortamento che consiste nel darne immediato avviso alla banca mediante un apposito numero verde e se si tratta di un libretto nominativo, occorre anche fare una denuncia presso l’autorità giudiziaria. La banca blocca il deposito e trascorso un

periodo di tempo prestabilito provvede ad emettere un duplicato annullando il vecchio libretto. I certificati di deposito sono titoli di credito negoziabili, nominativi o al portatore, rappresentativi del deposito di una somma di denaro vincolata per un determinato periodo di tempo. Essi si distinguono in:

• certificati di deposito a breve termine: sono offerti dalle banche in sottoscrizione a tassi lievemente superiori a quelli dei depositi liberi di uguale consistenza. Sono titoli di credito a scadenza fissa emessi al portatore in tagli prefissati.

• certificati di deposito a medio termine: sono emessi da grandi banche specializzate con scadenze comprese fra i 18 ed i 60 mesi per concedere finanziamenti ad aziende industriali a medio e lungo termine.

• certificati di deposito in valuta estera: sono emessi da banche che dietro apposita autorizzazione della Banca d’Italia effettuano finanziamenti a breve o a medio termine nelle principali valute estere.

Il c/c di corrispondenza è un contratto mediante il quale la banca si obbliga ad effettuare il servizio di cassa per conto della propria clientela attraverso una diversificata gamma di servizi ed inoltre nel concedere finanziamenti a tassi convenuti. I c/c di corrispondenza possono essere relativi sia ad operazioni passive di raccolta fondi, che ad operazioni attive di impiego. A tal proposito si distinguono in:

• c/c di corrispondenza passivi: presentano normalmente saldi a credito della clientela

• c/c di corrispondenza attivi: presentano normalmente saldi a credito della banca che ha concesso alla propria clientela delle aperture di credito in c/c

• c/c per elasticità di cassa: presentano una alternanza fra saldi a credito o a debito secondo le esigenze di cassa del cliente

Dietro specifica richiesta del cliente, la banca sottopone la stipula di una lettera contratto prestampata che riporta le condizioni generali del c/c. Il cliente firma tale contratto ed un’apposita scheda “specimen” per permettere agli impiegati di effettuare un controllo sulle successive operazioni. Si procede quindi alla registrazione della prima operazione relativa ad un versamento da parte del cliente ed il rilascio del libretto degli assegni da parte della banca.

Periodicamente o annualmente la banca procede alla liquidazione delle competenze le quali dipendono dalla trattativa fra banca e cliente in merito:

• ai tassi d’interesse • alla commissione di massimo scoperto • alle spese di tenuta conto

I tassi d’interesse possono essere sia creditori che debitori. I tassi creditori si applicano sui Numeri determinati sui saldi a favore della clientela. I tassi debitori si applicano sui Numeri determinati sui saldi a debito della clientela. La commissione sul massimo scoperto è un compenso aggiuntivo dello 0.125% a favore della banca e si calcola sul saldo dare più elevato per scoperture superiori ai dieci giorni risultante dallo scalare interessi. Le spese di tenuta conto sono somme fisse a favore della banca che vengono calcolate per ogni operazione registrata nell’estratto conto. Tutte le operazioni effettuate vengono registrate nell’estratto conto, che costituisce un documento che riepiloga in ordine cronologico i movimenti in dare o in avere ed i relativi saldi riferiti ad un determinato arco temporale. Attraverso tale documento il correntista ha la possibilità di prendere nota delle operazioni effettuate e di segnalare alla banca eventuali errori riscontrati. In ordine di valuta le operazioni vengono inoltre riepilogate nello scalare o staffa da cui si determinano i Numeri dare o avere su cui calcolare gli interessi debitori o creditori. I due documenti precedenti sono integrati dal prospetto di competenze e spese che riepiloga i tassi di interesse applicati, la decorrenza delle valute, la capitalizzazione degli interessi e tutte le somme addebitate o accreditate al cliente a qualsiasi titolo.

U.d.5 I fidi bancari Ogni impresa, per potere effettuare investimenti in fattori produttivi, necessita di mezzi di finanziamento. I finanziamenti si distinguono in finanziamenti a titolo di capitale proprio e finanziamenti a titolo di capitale di credito; questi ultimi vengono normalmente richiesti alle aziende di credito. Le imprese richiedono alle banche sia finanziamenti a breve termine per finanziare l’attivo circolante, che a medio e lungo termine per finanziare investimenti in beni strumentali. Le banche per concedere un finanziamento alle imprese istruiscono una pratica di fido che si concretizza nell’importo massimo che la banca concede al proprio cliente in relazione alle doti morali e reddituali da quest’ultimo possedute. Il fido può essere:

• generale: quando il cliente può utilizzare il fido ottenuto per qualunque tipo di operazione

• particolare: quando il cliente può utilizzare il fido entro importi limitati e prefissati per ogni operazione

• diretto: quando il fido è utilizzato dalla stessa persona che lo ha richiesto • indiretto: quando il cliente ottiene di poter cedere i propri crediti alla banca,

assumendo la veste di obbligato in via di regresso

Secondo le modalità di utilizzo il fido può essere: • di cassa: se è utilizzabile mediante uno o più prelevamenti in denaro come ad

esempio le aperture di credito e gli anticipi su fatture • per firma: se è utilizzabile mediante l’impegno di firma che la banca si assume

al fine di garantire obbligazioni del proprio cliente come ad esempio gli avalli e le fideiussioni

Le banche sono obbligate a tenere il libro fidi su cui annotano per ogni singola concessione di fido, il nome dell’affidato, l’importo, le modalità di utilizzo e la scadenza convenuta. Al fine di evitare che un singolo cliente possa ottenere da più banche fidi multipli, è stata istituita la Centrale dei rischi presso la quale le singole banche devono mensilmente segnalare i fidi concessi alla propria clientela e i relativi utilizzi. La concessione di fido avviene attraverso determinate fasi che sono:

• la richiesta di fido: il cliente deve fare una espressa richiesta la quale deve risultare da un apposito documento debitamente firmato. La richiesta di affidamento deve indicare l’importo richiesto, la durata e le eventuali garanzie prestate. Le persone fisiche devono inoltre indicare tutte le passività esistenti alla data della richiesta; le società di persone, gli enti e le associazioni

riconosciute, devono allegare copia dell’ultimo bilancio regolarmente approvato o una situazione contabile recente; le società di capitali devono allegare copia dell’ultimo bilancio regolarmente approvato. L’ufficio fidi procederà a richiedere tutti gli altri documenti utili per l’istruttoria delle pratiche. Se il cliente rilascia dichiarazioni false ricade nel reato di mendacio bancario.

• L’istruttoria di fido: è costituita da molteplici ricerche, analisi ed elaborazioni

mediante le quali l’ufficio fidi valuta l’opportunità di concedere il finanziamento. In particolare la banca si accerta delle doti morali del cliente richiedendo informazioni alla Centrale dei rischi e consultando il Bollettino dei protesti tenuto presso la Cancelleria del Tribunale. La banca si accerta inoltre delle capacità reddituali attraverso un’attenta analisi dei bilanci presentati mediante la quale sarà possibile desumere gli equilibri aziendali e le prospettive di redditività future.

• Proposta di fido: l’ufficio fidi che ha portato a termine la fase istruttoria, in

caso di esito positivo fa una proposta di fido individuando la somma finanziabile, la durata e le modalità di utilizzo.

• La delibera di fido: è l’atto finale con il quale la banca delibera l’esecutività

dell’operazione di fido.

U. d. 6 Le operazioni di impiego Adesso prendiamo in considerazione le operazioni attive per la banca che determinano interessi attivi, sconti attivi, commissioni attive e di converso il sorgere di rischi inerenti gli investimenti effettuati. Fra le varie operazioni di impiego fondi ricordiamo:

• Le aperture di credito • Le sovvenzioni cambiarie • Lo sconto cambiario • Gli anticipi su fatture • Le anticipazioni garantite • Il riporto • I mutui

L’apertura di credito è un contratto mediante il quale la banca si obbliga a tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro che lo stesso ha facoltà di utilizzare sotto varie forme fra cui prelevamenti in contanti e richieste di accettazioni, avalli e fideiussioni. Secondo le modalità di utilizzo le aperture di credito si distinguono in:

• aperture di credito per cassa: quando il cliente utilizza il finanziamento ricevuto effettuando uno o più prelevamenti in contanti. La somma può essere messa a disposizione su di un c/c ed in tal caso si distingue l’apertura di credito ordinaria in c/c da quella per elasticità di cassa a seconda che il cliente abbia o meno la facoltà di reintegrare il finanziamento ottenuto con successivi versamenti.

• Aperture di credito per firma: mediante il quale la banca si impegna ad accettare una tratta o di garantire mediante avallo o fideiussione un obbligazione che il proprio cliente ha assunto verso terzi

Le sovvenzioni cambiarie è un prestito che la banca attua direttamente nei confronti della clientela contro rilascio di un pagherò richiedendo come garanzia un avallo o una fideiussione. Alla scadenza la sovvenzione può essere rinnovata totalmente o parzialmente mediante l’emissione di un nuovo pagherò.

Lo sconto cambiario è un’operazione mediante la quale la banca anticipa l’ammontare di effetti con scadenza successiva con clausola “salvo buon fine”, trattenendo a titolo di compenso per l’operazione lo sconto e le commissioni d’incasso. La cambiale per essere ammessa allo sconto deve possedere i “requisiti di bancabilità” che permettono inoltre alla banca di scontarla presso altre banche. Tali cambiali devono contenere almeno due firme di persone solvibili, devono avere una scadenza non superiore a sei mesi, devono scadere su piazze su cui la banca possiede filiali e non devono presentare clausole che ne limitano l’esercizio dei diritti cambiari. L’operazione di sconto viene concessa dietro ottenimento di un fido che nel caso specifico prende il nome di “cifra di castelletto”; l’importo viene screditato su di un c/c di corrispondenza. L’operazione si svolge attraverso tre fasi:

• La presentazione degli effetti: il cliente compila un’apposita di stinta di presentazione degli effetti allo sconto effettuando le girate in bianco sulle cambiali

• Verifica dei requisiti di bancabilità • Accredito del netto ricavo sul c/c di corrispondenza

Gli anticipi su fatture sono forme di finanziamento che la banca accorda ad imprese di sicura solvibilità in relazione alla presentazione di crediti di fornitura rappresentati da fatture di vendita. Il finanziamento consiste nell’anticipare normalmente fino all’80% del valore delle fatture e corrispondendo la differenza ad avvenuta riscossione delle stesse che la banca riscuoterà mediante bonifici effettuati dai debitori. L’anticipo verrà o accreditato in c/c di corrispondenza oppure addebitato sul “Conto Anticipi su fatture” che presenterà una scopertura sulla quale si calcoleranno gli interessi a favore della banca fino al ricevimento del bonifico da parte della banca. Le anticipazioni garantite sono operazioni mediante le quali la banca mette a disposizione del cliente una somma commisurata al valore dei beni che vengono ceduti in garanzia. Le anticipazioni possono essere:

• A scadenza fissa: quando la banca si obbliga a versare al cliente il netto ricavo al momento della stipulazione del contratto ed il cliente assume l’impegno di restituire alla scadenza il valore nominale dell’anticipazione.

• In c/c: quando la banca si impegna a mettere a disposizione del cliente una determinata somma ed il cliente ha facoltà di utilizzarla secondo le proprie esigenze. Gli interessi sono determinati all’atto di liquidazione periodica del c/c.

All’estinzione del contratto la banca è obbligata a restituire beni della stessa specie di quelli ricevuti in pegno. I motivi che spingono la clientela verso tale tipo di operazione sono relativi all’ottenimento di un finanziamento senza dovere rinunciare alla proprietà dei beni pignorati, oppure la sottoscrizione di fondi pubblici o privati senza avere la necessaria liquidità. Il riporto è un contratto mediante il quale una persona detta riportato trasferisce la proprietà ad un’altra persona detta riportatore di titoli di una determinata specie ad un determinato prezzo. In un primo momento il riportato trasferisce dei titoli per un determinato prezzo ed in un secondo momento il riportatore trasferisce titoli della stessa specie al riportato ad un determinato prezzo. Si parla di riporto:

• Alla pari: se i due prezzi sono uguali • In senso stretto: quando il prezzo a pronti è inferiore al prezzo a termine • Deporto: quando il prezzo a pronti è maggiore del prezzo a termine

Il riporto viene redatto sul fissato bollato in due esemplari, uno per il riportato e d uno per il riportatore. L’art. 1551 del cod. civ. stabilisce che se entrambe le parti non adempiono al contratto nei tempi prestabiliti, ciascuno conserva ciò che ha ricevuto all’atto della stipulazione del contratto.

I mutui sono operazioni di finanziamento assistite da pegno o ipoteca. La garanzia viene trascritta nei registri immobiliari in caso di mutuo ipotecario ed il creditore ha facoltà di rivalersi sull’immobile in caso di inadempienza del debitore. L’importo dell’ipoteca ha un valore nettamente superiore al valore del mutuo concesso al fine di garantire la banca contro eventuali svalutazioni del bene e nella corresponsione degli interessi. All’estinzione del mutuo occorre estinguere anche l’ipoteca con la cancellazione dal pubblico registro dietro apposita domanda che attesta l’avvenuta estinzione del debito.

La domanda di richiesta del mutuo viene effettuata su di un apposito modulo da cui devono risultare le generalità del richiedente, la descrizione dell’immobile da ipotecare, la destinazione del finanziamento, la somma richiesta e la durata del prestito. L’immobile viene stimato ed il finanziamento ottenuto si aggira normalmente intorno al 75% del suo valore. Il tasso d’interesse applicato può essere fisso o indicizzato rispetto al mercato dei capitali.